Solo io posso vivere per sempre

di Malvagiuo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Erede di Serpeverde ***
Capitolo 2: *** Il dolore di diventare immortali ***
Capitolo 3: *** E lei venne al mondo ***
Capitolo 4: *** Tornerò presto ***
Capitolo 5: *** Notte d'agguato ***
Capitolo 6: *** La notte del marchio ***



Capitolo 1
*** L'Erede di Serpeverde ***





Tom Riddle era al culmine dell’eccitazione.
Dopo tanti anni di faticose ricerche, finalmente eccola davanti ai suoi occhi.
L’entrata della Camera dei Segreti. Il santuario di Salazar Serpeverde.
Tale era la frenesia di Riddle da fargli dimenticare di applicare persino i più semplici incantesimi di protezione all’ingresso del bagno, affinché nessuno interferisse nella sua mistica riunione con i misteri del passato. Si lasciò cadere nel grande pozzo oscuro e, dopo un tempo che parve interminabile, atterrò su una superficie ruvida e scricchiolante. Il terreno estremamente friabile gli rese difficile alzarsi in piedi, in mancanza di un appoggio stabile.
«Lumos» mormorò il ragazzo.
La sfera di luce sprigionatasi dalla bacchetta illuminò quello che sembrava un piccolo cimitero degli animali: ossa ovunque, ma nessuna che sembrasse appartenuta a un essere umano.
Riddle sorrise. Era sulla buona strada, decisamente.
Avanzò con la bacchetta in mano, con le orecchie spalancate e gli occhi vigili, dallo sguardo quasi allucinato. Lì dentro, nascosta da qualche parte, c’era la sua eredità. L’eredità che il grande, lo straordinario, il supremo fondatore di Hogwarts aveva lasciato in serbo per colui che si fosse dimostrato tanto abile da raggiungere la Camera.
Dopo centinaia e centinaia di anni, finalmente qualcuno era arrivato.
Riddle era il primo a violare quel luogo da quando era stato sigillato da Serpeverde in persona, ne era certo.
 
Passando oltre passaggi cavernosi e dall’aspetto lugubre, ma affascinanti agli occhi del giovane Prefetto, raggiunse una nuova soglia. Dall’intarsio elaborato, dalle incisioni a forma di serpente, dall’aura di compattezza che emanava, Riddle comprese che aveva raggiunto la meta. Ecco l’ultimo ostacolo da superare.
«Alohomora» esclamò.
Non accadde niente.
«Stupeficium».
Ancora niente. Una punta di irritazione fece capolino nel suo animo. Non era abituato al fatto che i suoi incantesimi non sortissero effetto.
E poi rise.
Una risata fredda, eppure contagiosa.
Si diede dello stupido, per non aver pensato al sistema più ovvio per aprire quel cancello.
«Apriti» sussurrò allora, in un linguaggio gelido, sibilante, in grado di far gelare il sangue nelle vene.
Immediatamente, un rombo sordo echeggiò nelle cupe profondità della caverna. Vide la magia all’opera, percepì le serrature magiche scattare al suo ordine emesso in Serpentese, e dopo pochi istanti ecco il poderoso cancello dischiudersi di fronte a lui.
Come un animale famelico, Riddle si avventò verso l’entrata, ansioso di scoprire quale tesoro avesse richiesto una protezione tanto elaborata.
Ed eccola, infine.
La Camera dei Segreti.
Riddle non badò all’opprimente miasma che pervadeva ogni angolo del luogo, non badò al tanfo di chiuso, di morte e di umido. Non avrebbe desiderato trovarsi in nessun altro posto in quel momento. Quella era la sua casa. Lì, coperte da secoli di solitudine e silenzio, erano custodite le radici del suo passato più remoto.
La statua di Serpeverde troneggiava al centro della Camera, a conferma delle sue supposizioni.
Riddle vi si avvicinò e la toccò, riverente. Mai prima d’allora aveva provato un simile sentimento per qualcuno. Nemmeno a Silente era stata concessa, da parte sua, tale onorificenza.
Forse fu proprio il tocco a scatenare l’attivazione del meccanismo.
 
Pochi istanti dopo, ecco un nuovo rombo sordo, stavolta proveniente dalla statua stessa.
Dopo un attimo di esitazione, Riddle si allontanò da essa, e vide il mutamento che stava avvenendo. La bocca dell’effigie si stava lentamente aprendo, anzi spalancando. Una voragine nera ben presto si affacciò sul volto scolpito di Salazar Serpeverde.
Il fetore proveniente da quel buco era peggiore di qualsiasi altra cosa avesse mai percepito, tanto che persino Riddle fu costretto a turarsi il naso con la mano. Ma non era certo l’odore ciò che lo inquietava.
Un rumore terribile, angosciante, cominciò a sollevarsi all’interno della voragine.
Un sibilo potente, furioso, la cui potenza aumentava di secondo in secondo.
E Riddle capì.
Capì che cosa stava per uscire da quel buco prima ancora che potesse vederlo con gli occhi.
Capì che cosa il suo illustre antenato gli aveva lasciato, affinché continuasse la guerra contro i Mezzosangue e i traditori della razza magica.
E infine lo vide.
Un corpo gigantesco e sinuoso, verdastro e rilucente, che strisciava aggraziato e pesante dalla bocca di Salazar Serpeverde.
Un mostruoso Basilisco dagli occhi dorati. Occhi che avrebbero dovuto pietrificarlo, ma che su di lui non ebbero effetto. La possente bestia si raggomitolò su se stessa, fissando il padrone che aveva atteso per tanti anni.
Riddle sentì qualcosa colargli lungo la guancia. In un primo momento temette fosse sangue, o comunque una reazione all’impatto diretto con lo sguardo del Basilisco. E invece no. Era una lacrima.
Una lacrima di commozione.
Riddle si rese conto di non aver mai visto niente di più bello in vita sua. Ed era commosso che quella creatura maestosa, simbolo supremo del suo potere di vita e di morte sugli uomini, fosse ai suoi ordini. Ce l’aveva fatta. Il suo destino era compiuto.
L’Erede di Serpeverde poteva cominciare la sua opera.

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Capitolo 2
*** Il dolore di diventare immortali ***




La prima sensazione che percepì fu sgradevole. Cominciava a diventare doloroso. Sapeva che poteva succedere, ma questo non gli aveva impedito di provare timore. Qualcosa gli scorreva attraverso, saturando il sangue, straripando nelle carni, fluendo attraverso la bacchetta.
Era opprimente.
Strinse i denti, costringendosi alla calma. Un venticello si sollevò accanto a lui, agitandone le vesti e facendole apparire animate. Infine, tutto cessò.
Si lasciò cadere a terra, provato. Non era stato faticoso, ma lo aveva turbato. Lo sgomento però fece presto spazio all’entusiasmo, alla gioia selvaggia che provava quando le cose andavano come immaginava.
Il primo Horcrux era pronto.

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Capitolo 3
*** E lei venne al mondo ***




Quando gli si avvolse attorno al corpo, lui ebbe l’impressione che intendesse sedurlo. Un movimento sinuoso, languido, lussurioso.
Invece intendeva ucciderlo.
Puntò la bacchetta contro di lei, come a volerla infilzare. Sentì qualcosa fluire dolorosamente attraverso di sé, mentre mormorava parole gelide e terribili. Un dolore soffocante, una sensazione di brusco strappo all’altezza del cuore, un flusso inarrestabile che lo pervase e sgorgò attraverso la bacchetta, penetrando nella carne di lei.
Infine, il dolore cessò. La stretta si attenuò.
L’essere gli scivolò di dosso, mentre i suoi pensieri gli si affacciavano per la prima volta nella mente, così come i suoi prendevano possesso della sua.
«Benvenuta al mondo, Nagini».

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Capitolo 4
*** Tornerò presto ***




Il Signore Oscuro attendeva. Le palpebre erano serrate, facendolo sembrare addormentato. L’espressione non era serena, pareva che un sonno agitato tormentasse la sua mente. C’erano altri nella stanza e nessuno osava fiatare.
Finalmente, il servo apparve.
Un essere meschino, infido, ma estremamente prezioso.
Il Signore Oscuro non diede segno di essersi accorto della sua presenza.
«Mio Signore» mormorò la patetica creatura, intimorita ma decisa. «Posso consegnarvi i Potter».
Gli occhi di Voldemort si spalancarono all’istante. Non degnò di uno sguardo il servo.
Lentamente, come per pregustare al meglio quel momento tanto atteso, si alzò.
«Tornerò presto» disse ghignando, e scomparve.

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Capitolo 5
*** Notte d'agguato ***




Sento che sta per cominciare.
Il dolore pervade i miei muscoli. È luna piena.
La casa è a pochi passi da me.
Il monotono canto delle cicale è spezzato dal rumore di una porta che si apre di scatto. Esce un bambino. Si mette a giocare e ride.
Anche io mi metto a ridere. Lui si gira, spaventato. Mi vede in mezzo all’erba alta. Il terrore che gli leggo addosso mi eccita ancora di più. Rido mentre il dolore mi dilania, come se le mie carni si strappassero all’unisono.
Per il resto della notte, non sarò umano.
Da questa notte in poi, non lo sarà nemmeno Remus Lupin. 

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Capitolo 6
*** La notte del marchio ***




Quando per la prima volta lo vidi, mi domandai che razza di uomo fosse. Anzi, ammetto che mi chiesi perfino se davvero fosse un uomo. Il volto serpentesco, il colorito cinereo, gli occhi rossi e fiammeggianti... più un serpente che un essere umano.
Mi incuriosiva, suppongo. Per questo gli scagliai contro una maledizione.
Lui la neutralizzò con disinvoltura, quasi con pigrizia, e ne rimasi sbalordita. Nessuno aveva mai respinto con tanta indifferenza una delle mie stregonerie. Quell’essere mi fissò compiaciuto, divertito dal mio sbigottimento. Le sue labbra sottilissime si incresparono in un sorriso, e non potevo sapere che quello sarebbe stato uno dei pochissimi che mi sarebbe capitato di vedere delinearsi sul suo viso. L’avessi saputo, avrei fatto di tutto per imprimerlo a fuoco nel mio cervello.
«Quella maledizione era potente» sibilò il Signore Oscuro. «Ma io posso insegnarti a trasformarla in qualcosa di terrificante».
Fu allora che dentro di me scattò qualcosa. Qualcosa di inaudito, di mai provato.
Dapprima non riuscii a capire che cosa fosse. Subbuglio? Timore magari, oppure riverenza?  “No”, mi dissi. “È qualcosa di... osceno”.
Capii di esserne attratta quando, dopo aver udito un boato assordante, dalla punta della sua bacchetta scaturì un maleficio talmente rapido e aggressivo che, colpendomi in pieno ventre, mi scagliò con violenza a diversi metri di distanza. Il dolore risvegliò in me l’eccitazione. Lui era forte, era grande... ed era in grado di dominarmi. Nessuno, tra i molti uomini che avevo incontrato in passato, era stato capace di farlo.
Mentre ancora mi rigiravo, dolorante e frastornata, sul terreno, il Signore Oscuro si avvicinò a passo lento. Quando mi fu accanto, mi accorsi quanto fosse terribile la mole di colui che mi sovrastava. In tutta la mia esistenza, quella fu la prima occasione in cui mi sentii davvero impotente.
Intuii di amare la forza invincibile che scaturiva dal suo corpo.
Si inginocchiò e appoggiò la punta della bacchetta sul mio petto.
«Bellatrix Lestrange, questa notte sei chiamata a decidere il tuo destino» mormorò. «Vuoi condividere la gloria di un mondo epurato dall’infezione babbana, al mio fianco, come Mangiamorte... oppure vuoi essere semplicemente la moglie di Rodolphus Lestrange?»
Spalancai gli occhi, rendendomi conto della portata di quella proposta.
Li sentii gonfiarsi di lacrime, percepii la gioia, la più pura felicità, il gaudio più grande erompere dal mio cuore, domandandomi come fosse possibile per un organo tanto piccolo contenere una quantità di emozioni così immensa.
«Io voglio essere una Mangiamorte. Lo voglio con tutto il cuore».
Il Signore Oscuro non sorrise.
Si limitò ad afferrarmi il braccio con risolutezza e a scoprirlo dalla manica della veste. Mi puntò la bacchetta contro l’avambraccio e ne avvertì la punta premere decisa sulla mia carne. Un istante dopo, un bruciore lancinante si propagò nelle mie vene, nelle ossa e in ogni fibra del mio essere. Urlai, dimenandomi per la sofferenza, ma lui mi tenne l’avambraccio immobile, senza far caso all’agonia cui mi costringeva.
Quando tutto fu finito, ansimavo senza controllo. Se prima avevo pianto di gioia, ora le lacrime che mi rigavano il viso erano dovute alla terribile esperienza appena vissuta.
Ero talmente sconvolta da non accorgermi del meraviglioso tatuaggio nero che mi ornava la parte interna del braccio, sinuoso e cupo, dal profondo e terribile significato.
«Toccami, Bella» disse Voldemort.
Mi girai verso di lui, confusa. Vidi che mi porgeva il suo avambraccio, dove campeggiava un marchio identico al mio, anche se più grande.
Senza indugiare, obbedii. Quando il mio indice toccò il teschio, l’intero marchio si tinse di un nero vivido, vibrante e vivo. Un nuovo bruciore arse il mio braccio, ma questa volta più lieve.
Sorrisi. Capii che era fatta.
Il mio destino era appena stato deciso.

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