Marilena di Eleanor _ Jude _ Michelle (/viewuser.php?uid=146840)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lacrime di pioggia ***
Capitolo 2: *** La verità ***
Capitolo 3: *** "NO" ***
Capitolo 4: *** Perdonami ***
Capitolo 1 *** Lacrime di pioggia ***
Lacrime di pioggia
LACRIME DI PIOGGIA
“Adiòs!”
Marilena
uscì di casa sbattendo rumorosamente la porta e stringendo fra le dita i
pochi soldi che era riuscta a prendere dal salvadanaio di sua sorella.
Non
ne poteva più dei continui litigi dei suoi genitori, di suo padre che
tornava ubriaco tutte le sere, sempre con meno soldi, e che si divertiva
a sfogarsi su di lei, che ormai era piena di lividi su ogni centimetro
di pelle.
Adesso era lì, seduta su una panchina dell'areoporto di Buenos Aires, in attesa del suo volo per Londra..
Aveva
solo 16 anni ma ne dimostrava almeno 18, così, insieme ai soldi, aveva
“preso in prestito” da sua sorella anche la carta d'identità e il
passaporto, sperando che se ne accorgesse solo dopo la sua partanza, o
meglio ancora, che non se ne accorgesse per niente.
Nessuno
sapeva della sua partenza, tranne la sua migliore amica, Diana, che di
sicuro non l'avrebbe tradita spifferando tutto; per il resto era sicura
che nessuno avrebbe notato la sua assenza, forse dopo un paio di mesi,
ma tanto nessuno si sarebbe sprecato a cercarla.
Immersa nei suoi pensieri, Marilena fu interrotta dalla voce dell'altoparlante che avvisava dell'arrivo del suo aereo.
Fin
lì era andato tutto bene, i soldi le erano bastati, il passaporto non
aveva destato sospetti e le poltrone dell'aereo erano incredibilmente
comode.
Aveva
deciso di andare a Londra per poi dirigersi a Liverpool. Diana c'era
stata, e diceva che era un posto carino, e poi a dirla tutta era l'unico
posto lontano da casa che conosceva almeno un po', grazie alle
descrizioni di dell’amica.
Perdendosi nuovamente nei suoi pensieri, Marilena si addormentò..
Dopo
ben 18 ore di volo, fatte di mangiare e dormire interrotte da qualche
sguardo fuori dal finestrino, arrivò all'areoporto di Londra. Dopodichè
prese la metro e, lasciandosi il sole alle spalle, arrivò in una umida e
piovosa Liverpool.
Era
ora di pranzo ma lei non aveva fame, o meglio, cercava di convincersi
di non avere fame, perchè non aveva più soldi nemmeno per comprarsi un
panino, allora decise di mettersi subito alla ricerca di un posto in cui
dormire e magari anche di un lavoro per pagarsi l'affitto.
Trovò
una piccola pensioncina ma abbstanza grande per lei, e il proprietario
aveva accettato che la stanza venisse pagata tra un paio di giorni,
nella speranza che trovasse un lavoro e trovò anche quello.
Trovò
lavoro in una bar, abbastanza frequentato, come cameriera, l'unico
ostacolo per lei era la lingua. Non sempre capiva cosa volevano i
clienti, e la maggior parte delle volte il proprietario, l'unico che
capiva un po' lo spagnolo, finiva per sgridarla e minacciarla di
licenziamento.
Quel
giorno era piuttoeto tranquillo, c'erano stati pochi clienti e lei era
stata abbastanza efficiente nel capire le ordinazioni. Era quasi
arrivato l'orario di chiusura e Marilena era intenta a strofinare il
bancone con uno straccio, quando all'improvviso la porta si spalancò.
Entrarono quattro ragazzi ben vestiti che parlavano con un tono di voce
decisamente alto; ridevano e scherzavano complimentandosi a vicenda con
delle pacche sulle spalle. Il locale, vista l'ora, era completamente
vuoto e uno dei ragazzi prendendo posto in uno dei tavoli, urlò alzando
una mano verso il bancone.
“Quattro birre, grazie!”
Sicuramente
il carettere di quel ragazzo non si intonava per niente all'abito nero
che ondossava, elegante con giacca, cravatta e camicia bianca; erano
vestiti tutti nello stesso modo..
“Signorinaa!!”
Il
ragazzo urlò di nuovo guardando nella sua direzione. Marilena si
affrettò ad andare al tavolo dei quattro e a domandare, semplicemente
guardandoli con aria interrogativa, cosa volessero ordinre.
“Quattro birre” , disse sempre lo stesso ragazzo.
Ma la sua attanzione venne richiamate da un altro ragazzo, a suo parere il più carino dei quattro.
“Salve!”, disse lui.
La stava fissando e lei faceva lo stesso, dopo avergli risposto con un pessimo accento.
“Salbe..”
Poi distolse lo sguardo da quei meravigliosi occhi verdi che l'avevano rapita e guardando verso gli altri tre, chiese:
“Cuatro.. bira?”
“Sì! L'avrò detto minimo cinque volte!”
Quel ragazzo più parlava più diventava antipatico; ma chi si credeva di essere?!
Marilena
si diresse verso il bancone per prendere quello che avevano ordinato,
per poi tornare subito al tavolo con quattro bicchieri colmi di birra.
“Aquì!”, disse sorridendo.
Li
distribuì ai quattro, ma quando arrivò all'ultimo, il più carino, e lui
la guardò con i suoi occhi verdi, lei si sentì quasi svenire e il
bicchiere gli scivolò dalle mani, così che la birra cadde tutta addosso
al povero ragazzo.
Lui si alzò di scatto dalla sedia..
“Cazzo!”
Era mortificata, non sapeva cosa dire. Iniziò a farfugliare qualcosa di incomprensibile..
“Perdòname! Yo no sè lo que estaba piensando..”
“Come scusa?!”
“Sìgueme.. te ayudarè.. y pèrdoname por favor..!”
… poi prese il ragazzo per un braccio e lo trascinò in bagno.
“Ehm.... non ti preoccupre faccio da solo. Ragazzi! Una mano!”
“Ma di che ti lamenti?! È pure carina!”. Sempre quello antipatico.
“Ma cavolo! Non la capisco nemmeno... chissà che mi vuole fare!”
“Hahahahah!!”
“Ridi, ridi..!”
Marilena
non aveva capito un'accidenti di quello che avevano detto, ma non se ne
preoccupò molto, il suo unico pensiero era quello di rimediare la sua
orribile figura con quel bel ragazzo.
“..Sìgueme..”
Arrivarono
alla toilette del locale e Marilena cercò di togliere la giacca al
ragazzo, per cercare di ripulirla, ma lui continuava a dimenrsi e ad
allontanarsi da lei, come se fosse quasi impaurito.
“Puede quitarse el abrigo?”
“No no... sto apposto.. per questo ci vole un'altra persona.”
“Para que pueda limpiarlo..”
“Oh merda! Joooohn!”
Sicuramente stava chiamando uno dei suoi amici, ma lei non capiva perchè..
“Por qué te gritas?”
A quel punto dalla sala si senti un grido divertito..
“Tranquillo Paulie..!”
Il
ragazzo la guardava malissimo e a quel punto lei si arrese, si mise le
mani tra i capelli e si guardò allo specchio, disperata.
“Marìa virgen..!”
“Maria... si. Vergine!? Oddio..”
“Ok.. haora sòlo.. yo me voy si tu no quieres mi ayuda!”
Marilena uscì dal bagno innervosita seguita da quel ragazzo che saltava con lo sguardo allibito da lei ai suoi amici..
“Ma chè le hai fatto?!”
“Io?! Lei che ha fatto a me!”
“Che ti ha fatto??”
“Parlava
ma io non capivo! Diceva che me lo voleva " limpiado.." ma che vuol
dire? E... poi mi ha detto Maria... Vergine! Ma non sembrava tanto casta
e pura!”
“Cioè?! Che avete fatto lì dentro?”
“Avete!?! Lei che ha fatto li dentro! Mi toccava... ! John dai andiamo via...”
I
due continuavano a parlare sotto gli sguardi degli altri amici che
intanto si erano messi a mangiare dei salatini, come se stessero vedendo
un film; intanto si sentiva il proprietario del locale che urlava..
stava licenziando Marilena, infatti dopo un po' usci correndo.. si
sedette su una panchina poco lontana dal locale e scoppiò a piangere.
A
quel punto intervennero anche gli altri due, che smisero di mangiare
quando il proprietario li cacciò dal locale, che a quell'ora doveva già
essere chiuso.
“Hey Paul, ma quella è... la ragazza che ...”
“Si la ragazza casta... vai da lei, poverina!”
Si
lasciò convincere dagli amici, e mentre loro aspettavano in macchina,
lui raggiunse Marilena che stava sulla panchina con la faccia tra le
mani per nascondere gli occhi gonfi, unico segno del suo pianto, dato
che le lacrime si confondavano con le fini gocce di pioggia che le
accarezzavano delicatamente i capelli, quasi la volessero consolare.
“Hey.. scusa per prima, se.. ho pensato male.”
Quella voce.. pensò
lei. Era proprio lui, per colpa sua era stata licenziata. Voleva essere
arrabbiata con lui, doveva esserlo, ma no, non era arrabbiata; era
quasi felice di sentire che qualcuno si fosse preoccupato per lei,
soprattutto se quel qualcuno era il ragazzo più bello che avesse mai
visto.
Avrebbe
voluto voltarsi per godersi ancora la vista del verde dei suoi occhi,
ma allo stesso tempo non voleva che lui la vedesse in quello stato; così
fece finta di niente e non si mosse minimamente.
Fu
allora che sentì le mani del ragazzo sul suo viso; le spostò le mani e
con una carezza fece in modo che il suo sguardo si alzasse su di lui..
“Hey.. tutto bene?”
Prese
un fazzoletto dalla tasca e glie lo porse, ma ormai era completamente
zuppo, come loro, che si misero a ridere alla vista del fazzoletto
sgocciolante. Poi tornarono seri..
“Ti
ha licenziata, vero? Mi dispiace è tutta colpa mia.. Senti, se vuoi ti
posso riaccompagnare a casa, se non è troppo lontana, ma se non vuoi non
importa, insomma sei libera di fare quello che vuoi..”
Marilena lo stava ascoltando attentamente ma con un'espressione completamente persa.
“Ah, già.. tu non mi capisci..! Allora facciamo così: iniziamo dal principio. Io mi chiamo P-a-u-l..!
“Paul!”
Marilena
sorrise, almeno come si chiamava l'aveva capito così poteva smettere di
chiamarlo “quel bel ragazzo”; si chiamava Paul: niente di più facile!
Ora toccava a lei..
“Yo soy Marilena!”
A
giudicare dal sorriso sul volto di Paul, anche lui doveva aver capito,
così dopo aver ripetuto un paio di volte i loro nomi si misero a ridere.
“Senti, si sta facendo tardi! Ti va se ti accompagno a casa? ..Ca-sa..?!”
Paul fece con un gesto delle mani il disegno di una casa, e Marilena capì.
“Casa!? Nooo! Tengo que pagar el alquile! Como hago si no tengo trabajo?!”
Si rimise le mani tra i capelli e i suoi occhi azzurri si stavano riempiendo di nuovo di lacrime.
“No! E adesso perchè ricominci a piangere?”
Marilena
non capiva, ma non solo non capiva le sue parole, non capiva nemmeno
come gli fosse vento in mente di scappare di casa, come avrebbe fatto
senza soldi e dove sarebbe finita, forse sotto un ponte, ma soprattutto
non riusciva a capire come mai quel ragazzo fosse ancora lì, con lei,
che nemmeno conosceva.
Dalla
triste e arrabbiata espressione che invadeva il suo volto rigato dalle
lacrime Marilena si lasciò andare in un pianto fragoroso, dopotutto era
ancora una ragazzina e non era così forte come pensava..
Il
ragazzo le sfiorò una spalla, forse per abbracciarla e cercare di farla
smettere di piangere, ma al suo tocco lei si alzò velocemente e iniziò a
correre, sempre piangendo, verso non so dove.
Mentre
lui rimase lì, immobile, stupito e frustrato per quello che era appena
successo, lei continuava a correre senza una meta, pensando al brivido
che le aveva percorso tutto il corpo quando la mano fredda del ragazzo
l’aveva toccata. Forse, pensò, era colpa dei vestiti bagnati..
Eleanor
Note dell'autore: Anche se la storia è firmata Eleanor
(io), parte del merito va a Michelle che mi ha aiutata nei dialoghi e
soprattutto mi ha spinta a continuare nei momenti di crisi.. grazie!
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Capitolo 2 *** La verità ***
La verità
LA VERITÀ
Ne
era certa: sarebbe morta. E se non fosse morta di fame o freddo, si
sarebbe uccisa da sola, tanto ormai non aveva più senso vivere, se
quella si poteva chiamare vita.
Erano
tre giorni che non mangiava e che per dormire si doveva accontentare di
una panchina alla fermata della metro, non aveva più forze, stava male,
sicuramente aveva la febbre e come se non bastasse la sua autostima
l’aveva abbandonata già da tempo. Una cosa sola riusciva a farla stare
meglio: il pensiero di quel ragazzo che aveva conosciuto il giorno del
suo licenziamento. Doveva ricordare quel giorno come il più brutto della
sua vita dato che da quel giorno aveva cominciato a vivere per strada,
ma invece lei lo ricordava volentieri... I
suoi occhi verdi e profondi, le sue lunghissime ciglia che facevano da
contorno, le sue labbra che ricordavano vagamente un cuore...
…
“Ma è possibile che non riesci a staccarti da quella foto?!”
“Johnnie, stai zitto, sto cercando di pensare a come rintracciarla!”
“Rinuncia, tanto non è per te.. non la capisci nemmeno quando parla! Non avrete mai una storia.”
“Tanto per la cronaca, io non voglio nessouna storia, tantomeno con Marilena..!
Non
era molto convinto di questo, non faceva altro che pensare a lei e
vedere la sua foto lo metteva di buon umore, ma allo stesso tempo era
triste perchè non la poteva vedere di persona.
“Cacchio, ti piace parecchio se sbagli pure il suo nome!”
“Non ho sbagliato nome!” , e con occhi sognanti disse: “Si chiama Marilena...”
Fu interrotto dall’ amico che si avvicinò e gli strappo via di mano la carta d’identità della ragazza.
“Guarda che qui c’è scritto Maria Soledad Martinez.” Disse indicando il nome sotto la foto.
“E’ impossibile, lei mi ha detto di chiamarsi Marilena, me lo ricordo bene!”
“Le cose sono due: o non hai capito un tubo di quello che ti ha detto o ti ha mentito per un qualche strano motivo”.
I
due si sedettero sul tappeto contemplando la foto e cercando di pensare
a non si sa cosa poi, dopo nemmeno un minuto, Paul si alzò e senza dire
niente prese la giacca e uscì di casa fumando una sigaretta.
…
Le
porte della metro si aprirono e quello che vide bastò a farle tornare
il sorriso. Era lui, l’immagine che persisteva nella sua mente era
reale, l’unico che avrebbe potuto farla stare meglio.
Nonostante
il suo forte desiderio di perdersi nei suoi occhi, cercava di fare
finta di nulla e di non farsi notare, ma a suo malgrado, la vide:
“Hey! Marilena!!!”
Sentì
la sua voce in lontananza nonostante fosse abbastanza vicino, lo vide
cominciare a correre verso di lei con un espressione preoccupata. Era
sempre più vicino, contava i secondi che li separavano ma ad un certo
punto la vista le si annebbiò e da lì in poi fu tutto buio.
…
Le
faceva male la testa.. Si guardò intorno, si sentiva disorientata e non
sapeva dove era, la poca luce della luna che entrava dalla finestra le
fece capire che era notte e che non era più alla stazione della metro.
Si
alzò a sedere sul letto, un letto morbido con una calda coperta, e
accostò la testa verso la porta; sentiva delle voci sconosciute, tranne
una. Non riusciva a percepire le parole, che comunque non avrebbe
capito, ma era certa che si trattasse di Paul. Ad un certo punto sentì
delle urla e la porta che sbatteva, poi dei passi che si dirigevano
verso la stanza in cui si trovava. La porta si aprì e nel buio riconobbe
la figura del ragazzo, il suo principe azzurro (così aveva cominciato a
chiamarlo) che si avvicinava a lei.
“Ehm... Come ti senti?”
“ … Dònde estoy..?”
“ A Ca-sa...”
“ Casa..? Yo no tengo una casa..”
“ Casa mia.. capisci? Tu capire?”
Fece il disegno di una casa con la mano e poi si indicò così che Marilena potesse capire.
Marilena
provò ad alzarsi ma subito dopo perse l’equilibrio a causa della sua
tesata che cominciava a girare e cercò un appoggio al corpo di Paul.
“ Hey! Piano..!”
Lui
la prese tra le braccia e la appoggiò a se per poi rimetterla sdraiata
sul letto.Le appoggiò le labbra alla fronte per sentirle la temperatura
ma si soffermò più del dovuto e Marilena cominciò a tremare nonostante
la febbre le fosse scesa. Quando staccò le labbra dalla sua pelle
accennando a un bacio, i loro sguardi si incrociarono. Marilena sentiva
il suo respiro farsi sempre più veloce e irregolare e quello del ragazzo
che le stava di fronte, a pochi centimetri dal suo viso, accarezzarle
dolcemente la pelle. Si perse nei suoi occhi fino a quando non senti una
leggera pressione sulle labbra e realizzò che la stava baciando. Quel
bacio durò pochi secondi ma quei pochi secondi le sembrarono
un’infinità. Sentiva ancora il suo sapore sulle labbra, era intenta a
catturarne ogni singola sfumattura mentre lui si dimenava dopo essersi
alzato velocemente dal letto, non la guardava nemmeno e lei cercava di
capire almeno una parte delle sue veloci e confuse parole.
“Odio
che idiota, sono un perfetto idiota perchè cavolo ho fatto una cosa del
genere, Paul cosa diavolo ti è preso! La conosci da solo 2 giorni! Stupido, stupido sei un emerito cretino! Ma che cavolo... ora cosa penserà di me!?”
Non
capiva una parola ma non le importava, stava lì sdraiata sul letto
sfiorandosi le labbra con la lingua per ricercare il sapore del bacio di
Paul. Lui se ne accorse e si fermò improvvisamente fissandola negli
occhi. Lei lo guardò per un attimo senza sapere che fare, poi si alzò
come ipnotizzata e si ritrovò davanti a quel viso angelico, lui le
strinse le braccia calde e la baciò di nuovo con passione.
…
Si
stavano guardando da più di un’ora, abbracciandosi, senza nemmeno
parlare, fino a quando non vennero interrotti da un ragazzo alto, con i
capelli neri e gli occhi chiari.
“Hey Paul, dobbiamo andare...! Ma.. chi è la ragazza!?”
Paul si alzò e la prese per mano portandola verso il ragazzo..
“Brian ti presento.... ti presento... Marilena credo..”
Poi
si diresse velocemente verso una stanza e uscì con in mano il suo
zaino. Vi estrasse il borsello, prese la carta d’identità, come se fosse
sua, e mentre lei lo guardava stupita, si catapultò su di lui per
cercare di riprendersi le sue cose.
“Dònde lo has tomado? Esa es mi mochila!”
Probabilmente Paul si accorse dell’errore quando gli strappò lo zaino di mano e lo guardò arrabbiata.
“Porquè estaba aquì?”
Paul la stava guardando senza capire una parola, e a quel punto intervanne il ragazzo di capelli neri che li stava guardando quasi divertito:
“Chiede perchè il suo zaino ce l’avevi tu..”
“Io l’ho trovato qui, John dice che gli l’ha dato il proprietario del bar quando l’ha licenziata”
Il ragazzo si girò verso di lei e tradusse quello che aveva appena detto l’amico. Finalmente qualcuno che parlava la sua lingua!, pensò.
Capì
tutto e si voltò verso Paul per fargli vedere che non era più
arrabbiata, con un’espressione così tenera e ingenua da sembrare quasi
una bambina che guarda i genitori dopo aver rotto qualcosa.
Paul
la guardò dolce e le accarezzò una guancia con la mano. Marilena si
appoggiò delicatamente sul palmo e si rifugiò tra le sue dital, sentendo
il ruvido dei calli sui polpastrelli. Poi Paul scosse la testa come per
risvegliarsi e guardando verso il ragazzo, che li fissava sempre più
stupito, disse:
“Brian,
chiedile perchè mi ha detto di chiamersi Marilena e invece sulla
carta d’identità c’è scritto un altro
nome..!”
Il ragazzo tradusse e dopo aver discusso per un po’ con Marilena si rivolse di nuovo all’amico.
“Dice
che quella non è sua, l’ha presa a sua sorella, per venire
qui. Lei viveva a Buenos Aires ed è scappata di casa”
“Quindi!? No, spiegami: i documenti sono tutti falsi? E allora lei chi sarebbe??”
“Si
chiama Marilena Martinez, ha 16 anni e ora come ora il suo punto di
riferimento e la sua unica ragione di vita sembreresti essere tu..!”.
Marilena
guardò Paul in attesa di una sua reazione, infatti lui passava da lei
all’amico con un’espressione vuota, quasi inumana, niente a che vedere
con l’espressione dolce che l’aveva fatta innamorare; ad un certo punto
si fermò e con lo sguardo perso nel vuoto si lasciò cadere sul divano,
confuso e incredulo.
Eleanor
Note dell'autore: come nel capitolo precedente, ringrazio
Michelle per gli aiuti che mi ha dato e sottolineo il fatto che la
protagonista, Marilena, dovrebbe parlare spagnolo, ma dato che io
non so lo spagnolo ho usato un semplice traduttore e probabilmente la
maggior parte delle frasi non avrà senso. Mi scuso e auguro
buona lettura a tutti!
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Capitolo 3 *** "NO" ***
"NO"
“NO”
Probabilmente
non sarebbe dovuta scappare in quel modo, ma che ci poteva fare?!
Dopotutto Paul era l’unica persona che contava nella sua vita, anche se
lo conosceva appena, lo amava. Glie lo aveva detto e anche bene, era una
delle poche frasi che conosceva nella sua lingua e lui l’aveva capita
sicuramente, ma ha preferito stare zitto con lo sguardo fisso nel nulla,
anzi no, non è rimasto zitto, no.. ha fatto di peggio, ha scelto di
dire la parola più struggente che potesse scegliere in quel momento: No.
No..
sapeva cosa voleva dire, il “no” è uguale in tutte le lignue, il “no”
spezza il cuore, il SUO “No” avrebbe finito per spezzarle la vita
intera.
Era uscita da un paio d’ore da casa di Paul ma si ricordava tutto perfettamente..
La
sua testa che oscillava da lei a Brian, poi il suo sguardo vuoto, il
suo “No” al “Ti amo” che gli aveva rivolto, le lacrime che iniziavano a
scenderle sul volto, il mondo che le cadeva addosso, la fredda maniglia
della porta, il rumore della serratura che sbatteva dietro di lei, le
numerose scale che a fatica aveva sceso, gli amici di Paul che ridevano
davanti al portone, la strada infinita, la panchina del parco..
Questa la sequenza di immagini che si ripetevano ininterrottamente dentro la sua testa.
Era
tornata alla panchina dove aveva parlato per la prima volta con Paul,
dove scoprì quale fosse il suo nome, dove lui l’aveva consolata...
Sembrava così sincero invece l’aveva solo ingannata, aveva giocato con
il suo cuore come un pallone da calcio con cui i bambini smettono di
giocare dopo averlo bucato.
Quella panchina sarebbe stata la sua casa, almeno finchè non avesse trovato il coraggio...
…
“Sono un idiota, sono un idiota, sono un idiota..”
“Dai, Paul.. se ci pensi bene era troppo piccola per te, forse hai fatto bene a lascirla andare”
Andava
avanti così da più di un’ora, lui che sbatteva la testa sul muro
continuando a dire di essere stato un idiota, e i suoi amici che
cercavano in qualunque modo di farlo smettere. Avevano provato con
qualsiasi cosa, prima gli hanno detto di andare a cercarla, poi di
chiamare la polizia, poi di lasciarla stare e dimenticarsela, cercavano
di convincerlo che aveva fatto bene, poi che aveva sbagliato e
proponevano modi per rimediare allo sbaglio, ma qualunque cosa dicessero
per lui non andava bene.
Sinceramente
non li ascoltava nemmeno, pensava solo al pianto di Marilena che aveva
sentito quando era uscita sbattendo la porta. Lui si era alzato e
correndo verso la porta aveva afferrato la maniglia per aprirla e
rincorrerla ma poi, sentendo il suo pianto, si era bloccato, aveva
pensato che era ancora una bambina e che stare insieme non sarebbe stato
un bene per nessuno dei due, ma si sbagliava. Il problema è che lo
capiva solo adesso, adesso che forse sarebbe stato troppo tardi per
rincontrarla..
“Paul, finiscila! Vai a cercarla se per te è così importante, in fondo l’età non conta!”
“John!
Basta! Non la rivedrò mai più, capisci! Ho fatto un
errore irreparabile, le ho spezzato il cuore! “
“Beh,
potevi anche pensarci prima invece di autolesionarti per una settimana!
Magari potevi anche cercare di tornare da lei.”
John aveva ragione, non lo voleva ammettere ma era così, e come se non bastasse ci si mise pure Ringo:
“
Ma cavolo, Paul! Vai da lei!! Non lasciartela scappare.. vedrai che lei
non ti respingerà, fagli capire quello che pensi veramente.”
Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che John e Ringo si misero a discutere su come avrebbe fatto a riconquistarla.
“Si, la fai facile tu.. Non si capiscono nemmeno! Ci vorrebbe almeno un traduttore.”
“ No, John, non c’è bisogno del traduttore... bastano i gesti”
“Si.. e magari si porta dietro un blocco per fare dei disegnini..! Ma fammi il piacere, Ringo!”
“Io caro Jhonny..... gesti come: abbracci e baci! Ma cavolo apri quel cervellino!”
“Il
mio cervello è molto più aperto del tuo... Non può presentarsi dal
nulla e baciarla, ti ricordo che l’ha quasi buttata fuori di casa..”
“ Ma lo ha fatto involontariamente!!!”
“Senti, stai zitto..”
“No, zitto ci stai tu..”
I
due iniziarono a litigare prendendo come spunto argomenti a caso e
dimenticandosi completamente del povero Paul che li guardava infuriato.
“ Zittiiiiii!...”
A quel punto i due litiganti si fermarono, storditi dal tono della sua e si girarono all’unisono per guardarlo.
“.... Smettetela di litigare! Non ho chiesto il vostro aiuto! Posso fare benissimo da solo! “
Paul
era stufo dei litigi di quei due, come se non avesse già abbastanza
problemi per conto suo. Prese la giacca e si fiondò sulla porta
accendendosi una sigaretta. Appena aprì la porta per uscire, sbattè
contro la figura di George.
“ Cazzo, George... Ti vuoi togliere dai piedi?!”
“Hey! Fai più paino Paul... e comunque la tua ragazza l’hanno ripresa a lavorare nel locale...”
Paul
si girò un istante verso l’amico, con gli occhi che avevano ripreso a
brillare nella speranza di poter rincontrare Marilena, e poi cominciò a
correre giù per le scale, inciampando a quasi ogni scalino per poi
dirigersi velocemente verso il locale dove l’aveva incontrata per la
prima volta.
…
Da
tre giorni aveva ricominciato a lavorare nella birreria di Maxwell,
quella in cui aveva cominciato a lavorare quando era arrivata a
Liverpool. Gli aveva riofferto il lavoro dicendo che non trovava nessuno
disposto a pulire il locale dopo la chiusura, ma in realtà sapeva che
gli aveva solamente fatto pena. Una ragazza, una bambina, che vive per
la strada senza mangiare e che l’unica cosa che la tiene in vita è il
suo scarso coraggio e la paura del suicidio; si, perchè aveva pensato
anche a quello, tanto ormai non aveva più niente da perdere ma quando fu
sul punto di farla finita le forze le vennero meno e abbandonò l’idea.
Maxwell era stato la sua salvezza.
Ora
era lì ad aspettare che l’ultimo cliente finisse la sua birra e se ne
andasse, era intenta a fissare le lancette dell’orologio quando venne
distratta da una voce familiare che le parve urlasse il suo nome.
“Marilena!!!! Marilenaaaaaa!”
Non
capì subito di chi si trattasse, le sembrava la voce di Paul ma non
aveva senso che fosse tornato da lei, quindi si mise l’animo in pace e
tornò a guardare il suo orologio, ma di nuovo...
“Marilena!!”
Questa
volta non ebbe più dubbi, era Paul. Lo vide entrare di corsa dalla
porta dirigendosi verso di lei, ma poi si fermò esattamente in mezzo
alla sala fissandola negli occhi, sembrava quasi impaurito..
Cosa
voleva da lei, perchè era tornato proprio quando le cose cominciavano
ad andare meglio? Lui era l’origine di tutti i suoi guai, non lo voleva
riveder mai più, ma molto probabilmente il suo cuore non era d’accordo
con lei dato che iniziò a bettere sempre più veloce, sembrava che
volesse uscirle dal petto per andare dal suo amore, ma lei fece di tutto
per reprimerlo e per nascondere il suo respiro che si faceva sempre più
irregolare.
Non
aveva il coraggio di parlare, si aspettava che lo facesse Paul ma anche
lui non pronunciava una parola. Rimasero a fissarsi per dieci buoni
minuti, fino a che uno dei due non ruppe il ghiaccio:
“ Marilena... mi dispiace.”
“Paul..”
Marilena
iniziò a piangere disorientata e forse anche un po’ arrabbiata; come
osava ripresentarsi dopo che l’aveva trattata in quel modo..
“ Marilena tu non mi capirai.. ma io ti devo dire una cosa...”
“ Adiòs!”
Non
lo fece nemmeno finire di parlare, si voltò e lo urtò con la spalla
tentando di andarsene. Lui però pronto le afferrò un braccio e la tirò
verso di se, dicendole la cosa che meno si aspettava...
“ Marilena! Te quiero.”
A
quella parole si fermò e guardò Paul dritto negli occhi, forse per
capire se diceva sul serio o la stava solo prendendo ingiro un’altra
volta..
“Marilena.. perdoname..”
“Porquè tu has dicho.. No..?”
Pronunciò
queste parole con un’esagerata delicatezza e quasi non si sentirono.
Lui la stava guardando, senza darle la minima risposta, forse non ha capitò, pensò, però adesso ha detto che mi ama..
Forse era vero, forse no, ma lei era sicura che senza il suo principe
non poteva vivere, ormai faceva parte di lei. I suoi pensieri la
travolgevano, mentre si perdeva negli occhi di Paul a pochi centimetri
dai suoi, quando improvvisamente lui la avvicinò ancora di più a se e la
baciò.
Le
si fermò il respiro, un po’ per l’emozione, un po’ per il cuore che le
batteva a più non posso, un po’ per la foga di Paul, che dal semplice
sfiorarle le labbra era passato ad esplorare ogni angolo della sua bocca
in una strana danza passionale.
Eleanor e Michelle
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Capitolo 4 *** Perdonami ***
PERDONAMI
PERDONAMI
Erano
passate due settimane da quando aveva ritrovato il suo principe,
passavano tutto il tempo insieme. All’inizio bastavano i loro sguardi, i
loro baci, poi Paul aveva iniziato a insegnarle un po’ l’inglese, ed
era brava! Adesso si capivano e così lei aveva potuto raccontargli la
sua storia e il perchè fosse scappata di casa e quando gli stava
raccontando del tentato suicidio si vedevano i suoi occhi lucidi che
stavano per scoppiare a piangere. Lui invece non le aveva detto molto,
anzi nulla.
Ora
era lì sul divano, con gli occhi di Paul puntati addoso, la accarezzava
con lo sguardo sfiorandole con una mano ogni centimetro di pelle
libera. Si stava avvicinando, sempre di più fino a che non sentì il suo
respiro sul collo. Sentì le sue mani calde salirle sulla schiena fino al
reggiseno, mentre le sue labbra le divoravano il collo e il petto.
Non
era la prima volta, l’avevano già fatto ed era stato meraviglioso, per
lei ovviamente era statà una novità ma lui la faceva sentire sempre a
suo agio.
“ Marilena senti.. io,io ..”
Paul si fermò improvvisamente quando sentì la porta sbattere.
“Paul, sei un idiota! Come lo spieghi questo?!”
John era furioso, e urlando sbattè il giornale in faccia a Paul, indicando la foto sulla copertina..
“ Ma cosa! John! Calmati!”
“No
che non mi calmo, lo sai che ci sono fotografi pronti a farci foto
ovunque, e tu ti fai immortalare mentre baci una sedicenne?!”
“ Cosaa! Oddio... John adesso!? Non mi rendevo conto...”
Marilena non capiva era disorientata dal loro comportamento...
“ Paul ma cosa succede!? Cos’è questa storia dei fotografi!? “
“Già, Paul.. cos’è questa storia?!”
“
Beh.. io veramente.. Marilena ascoltami attentamente, quello che ti sto
per dire non deve influire per niente nel nostro rapporto ti prego.”
“Paul, ma cosa stai dicendo..?”
Era sempre più confusa e preoccupata per l’espressione che aveva invaso il volto di Paul.
“
Io... io non sono l’uomo che ti aspettavi, non sono il ragazzo normale,
che può uscire con chi vuole ed avere un rapporto normale.. io sono
diverso Marilena, io sono famoso, è per questo che siamo finiti in prima
pagina.”
“Non capisco, Paul...”
Invece aveva capito, ma non voleva ammetterlo. all’inizio aveva pensato: forte, è famoso!, ma ora si sentiva di nuovo tradita e presa ingiro da quello che pensava potesse essere l’uomo della sua vita.
“ Marilena... Marilena! Ti prego prova a capire la situazione in qui ero messo... te l’avrei detto!”
“No,
non me l’avresti detto, non hai fatto altro che mentirmi tutto questo
tempo, da quando mi conosci non hai fatto che mentirmi!”
Non
sapeva che fare, avrebbe voluto andarsene ma qualcosa la tratteneva,
forse sperava che Paul dicesse qualcosa che potesse farle cambiare
idea.. ma non fu così. Anzi, fu John a parlare.
“Se non vuoi complicazioni è meglio che tu te ne vada.”
“ Si John, hai ragione meglio che me ne vada!”
Aprì
la porta rumorosamente per uscire, ma la forte mano di Paul la
trattenne per un braccio; si guardarono per un istante, poi la lasciò e
lei comiciò a correre piangendo...
Un
boato acuto fece tramutare quella situazione di agitazione in un
momento di silenzio... come se Paul fosse ad un tratto diventato sordo.
Non sentiva nulla, soltanto il battito affannoso del suo cuore e le urla
provenienti dalla strada. Venne colpito dalla spallata di John che si
precipitò fuori correndo verso il corpo inerte di Marilena. Paul venne
risvegliato dal tocco di una mano sulla spalla, era Ringo che non faceva
altro che chiedergli se stesse bene, ma lui non rispondeva e sentendo
la voce di John urlare il nome di Marilena , si girò di scatto e si
catapultò vicino a lei tenendole la povera mano ancora un po’ calda.
“ Marilena ti prego, ti prego non mi lasciare! Marilena io ti amo, perdonami...perdonami!”
Paul
urlava disperato, prese il piccolo corpo di Marilena e lo strinse a se
baciandolo. Le lacrime gli scendevano graffiandogli il viso, fino a
quando una mano lo spostò dicendogli che la dovevano portare via. Lui
gaurdò John, impaurito, e il suo amico lo convinse a restare a casa,
dicendo che ci avrebbe pensato lui.
“ John vado io con lei!”
“ No... Paul stai a casa, sei troppo sconvolto, ti chiamo quando saprò qualcosa.”
Paul annuì senza togliere lo sguardo dal corpo immobile di Marilena che veniva portato via.
…
C’era
una gran confusione, i medici correvano da una parte all’altra della
sala e come se non bastasse la presenza di John aveva attirato
all’ospedale alcuni fotografi. Era nella sala principale, stava
aspettando Paul che doveva arrivare da un momento all’altro. I medici
avevano detto che il battito si stava facendo più regolare e che
probabilmente si sarebbe ripresa, ma John a questo non credeva; lui
aveva visto come era ridotto il fragile corpo di Marilena, l’aveva vista
respirare affannosamente, però non poteva dire a Paul quello che lui
pensava accadesse, allora lasciò perdere, sperando che si sbagliasse.
Paul arrivò in preda al panico, voleva assolutamente vedere Marilena ma John lo fermò.
“Non puoi entrare, non può entrare nessuno..”
Lo
accompagnò davanti alla stanza di Marilena e aspettarono
lì delle ore, finchè i medici non li rimandarono a casa.
Paul
sempre più preoccupato rimase fuori dall’ospedale tutta la notte in
attesa di qualche notizia e lo stesso la notte successiva, ma non
accadeva mai niente di nuovo, non poteva entrare e i medici dicevano
sempre le stesse cose. Alla fine i suoi amici l’avevano convinto a
ritornare a casa, nonostante si opponesse con tutte le sue forze, ma
doveva almeno dormire, così abbandonò l’idea di accamparsi fuori
dall’ospedale e si convinse a tornare.
Passò
più di una setttimana e ancora non c’era nessuna novità, ma Paul
continuava a ripetere che ce l’avrebbe fatta, che appena si sarebbe
svegliata l’avrebbe portata al mare e che si sarebbero divertiti un
mondo.
…
Erano
davanti alla porta della stanza di Marilena, come di consueto, erano lì
tutti i giorni da tredici giorni, Paul li aveva contati, e tutti i
giorni era sempre la stessa storia: i medici dicevano che si sarebbe
ripresa però non facevano entrare nessuno e Paul stava diventando matto.
Quel
giorno però fu diverso da tutti gli altri... ad un certo punto la porta
si aprì e il medico che vi uscì si diresse piano vero di loro.
“Mi dispiace.” , disse.
Paul era senza parole, non voleva capire, aveva una faccia stravola.
“ Cosa!? Cosa è successo!”
“Abbiamo fatto di tutto, ma non l’abbiamo potuta salvare... nemmeno il bambino.”
“Sta scherzando... bambino, che bambino!?”
Le
lacrime iniziarono a scendere incoscientemente bruciandogli gli occhi.
La vide per l’ultima volta da uno spiraglio della porta della sua
stanza, mentre John lo stava portando via cercando di tranquillizzarlo,
ma sapeva che non ci sarebbe riuscito in alcun modo.
“ No! Non è possibile! Marilena! Marilena, amore mio... noo! John ti prego lasciami, lasciami andare..!”
John
continuava a camminare, non rispondeva per paura che anche lui potesse
iniziare a piangere, peggiorando ancora di più la situazione; cercava
solamente di trattenere Paul in qualche modo e di nascondere il suo
dolore ai flash dei fotografi che avevano circondato l’ospedale.
“ John! Ti prego lasciami! Lasciami andare da lei, ti prego!”
John
lo lasciò, non ce la faceva a vederlo così, pensò che rivederla
un’ultima volta e dirle addio lo avrebbe fatto stare meglio... forse.
Paul corse verso la stanza di Marilena non appena senti la mano di John allentarsi appena.
Era immobile su quel letto, sembrava un angelo, anzi probabilmente lo era davvero...
“Non
scorderò mai il tuo sorriso, il luccichio dei tuoi occhi, i tuoi modi
di fare, che rivedrò in ogni cosa che mi circonda. Amore se ti avessi
detto la verità ora saremo stati felici io, te e il nostro bambino... Ti
amo e ti amerò per sempre. Per me non è un “addio” , ma uno “ciao”,
resterai sempre nel mio cuore. Te quiero.”
I
medici entrarono e lo tirarono via dal corpo senza vita; lui,
disperato, stava piangendo a dirotto e non voleva lasciare la mano
fredda della sua Marilena. Soffocò un ultima frase e poi scomparve
dietro la porta trascinato dai medici...
“Marilena perdonami..”
Michelle e Eleanor
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