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Idea di
Arwen297 – Personaggi di Naoko Takeuchi
Il buio della notte aveva inglobato in
se stesso qualsiasi cosa: forme, colori, la vita degli abitanti della piccola
isola che nelle ore di buio dormivano profondamente, troppo stanchi della vita
che alla luce del sole scorreva frenetica in quel piccolo angolo di paradiso a
una quarantina di chilometri dalla costa.
Intorno a quella punta di smeraldo che
si ergeva fiera sul mare solo il blu cobalto degli abissi più profondi.
Il silenzio della casa era interrotto
solamente dal rumore del mare furente che sembrava sferzare in ogni angolo o
anfratto l'isola, sembrava persino giungere fino all'abitazione, poco lontana
dalla passeggiata del piccolo paesino cullato dalle braccia di Morfeo.
Marzio Chiba ascoltava ogni rumore
intorno a lui, il mare sembrava quasi voler ingoiare la terra, ferendola con i
suoi schizzi potenti; le onde si univano per poi esplodere in una miriade di
minuscole gocce quando colpivano senza pietà la roccia calcarea. Aveva poco più
di vent'anni, l'età giusta per iniziare a prendersi cura del sostentamento della
famiglia, aveva pertanto inziato ad aiutare i suoi genitori nella coltivazione
del loro piccolo pezzo di terra, che nonostante le ridotte dimensioni aveva dato
loro sempre ciò di cui avevano bisogno. Loro erano figli della Terra, da
generazioni nonostante abitassero su di un'isola, gli abitanti non mettevano più
piede su una barca che li riportasse sulla Terra ferma.
Alcune antiche leggende narravano
infatti che nel mare avessero dimora creature al quanto mostruose, pronte a
tutto pur di attirare negli abissi gli esseri umani incauti che avessero
solamente osato attraversare la distesa d'acqua per tornare sul continente. In
giro si diceva che in tempi remoti il capostipite della loro gente avesse
chiesto il permesso a queste strane creature di abitare l'isola per sfuggire
alla malvagità di alcune battaglie che avevano devastato parte della sua
famiglia, e il destino aveva voluto che le creature accettassero di buon grado,
a patto che la specie umana non invadesse il mare con navi, rubando i suoi figli
per mezzo della pesca. E sopratutto a patto che non ci fossero incroci tra le
loro razze. L'uomo accettò.
Se tutto ciò era frutto solamente
dell'immaginazione di qualche vecchio andato con gli anni il giovane Chiba non
poteva decisamente saperlo. Gli antichi racconti sostenevano che gli esponenti
femminili della razza erano qualcosa di meraviglioso da cui non riusciuvi più a
togliere gli occhi di dosso eppure - nonostante amasse passeggiare per ore sulla
spiaggia - punto d'incontro tra i due regni, non ne aveva mai avvistata una in
tutti i vent'anni della sua vita. Il mare rimaneva fermo immobile sempre nello
stesso punto quando non vi erano burrasche in corso come quella notte, poteva
stare tutto il giorno nella stessa posizione senza che la massa d'acqua lo
inglobasse e ciò lo rilassava parecchio. Certo da quando aveva iniziato a
coltivare la terra il suo tempo era notevolmente diminuito, ma non perdeva mai
l'occasione per recarsi sulla battigia.
Sospirò nel buio, sperava ardentemente
che il vento e la pioggia di quella notte non distruggessero la serra che con
tanta fatica e sacrifici avevano costruito l'estate precedente, altrimenti gran
parte degli ortaggi per l'autunno sarebbero andati persi, infliggendo alla sua
povera famiglia un periodo di stenti.
Avrebbe voluto essere utile in qualche
modo che andasse oltre il lavorare la terra, ma i suoi genitori nonostante lui
fosse sempre stato portato per lo studio non gli avrebbero mai permesso di
rompere per primo il tabù derivato dalla leggenda e per tanto – difficoltà
economiche a parte – non aveva neanche senso chiedere una cosa del genere. I
suoi genitori per quanto fossero buone persone, erano molto all'antica.
Nonostante sua sorella Rea non avesse ancora compiuto la maggiore età, infatti,
stavano già pensando a quale buon partito destinarla e a volte il loro
atteggiamento sembrava così poco consono al mondo al di la dell'isola. Spesso
quando era nel punto più alto dell'isolotto vedeva la civiltà scorrere poco
lontano, navi lussuose e gigantesche, altre lunghe e piene di strane scatole di
metallo. Cose sconosciute a lui che era sempre cresciuto in quel fazzoletto di
terra, ma che lo attraevano parecchio. Non si capacitava di come quell'isola
ancora non fosse entrata nel giro commerciale di chi, venendo dall'esterno era
ben lungi dal farsi condizionare dalla mentalità chiusa del luogo. In cuor suo
continuava sempre a sperarci per entrare un pò in contatto con la vita che non
aveva mai conosciuto. Ma sapeva anche nel profondo del suo essere, che un
miracolo del genere non sarebbe mai avvenuto. Per il resto del mondo quell'isola
era deserta. E i mille abitanti che la occupavano non sarebbero dovuti nemmeno
esistere. Eppure non vi mancava niente: le scuole c'erano fino al Liceo, il
comune e l'ospedale non mancavano. Ma la verità era che quei rari visitatori che
vi giungevano per rinfornire i pochi negozi, venivano trattati in modo ostile e
distaccato da tutti gli abitanti, e questo non li invogliava a tornare con la
loro famiglia.
La bufera sembrava essersi calmata con
l'apparire dei primi raggi di luce che filtravano tra le imposte che chiudevano
la finestra, anche quella notte si era svegliato con largo anticipo, rispetto
all'orario che vedeva la restante parte della sua famiglia lasciare il caldo
delle coperte intorno alle sette del mattino. Era più forte di lui, in quel
periodo si sentiva irrequieto, stufo di quella vita che lo trascinava senza
convolgerlo realmente, stufo di essere confinato su quel piccolo paradiso in
terra, e non vedeva decisamente l'ora di trovare il serpente della tentazione
per essere cacciato da li, e poter andare punto e a capo facendo ciò che voleva
veramente della sua vita.
Si girò su un fianco nel letto in modo
da osservare il centro della stanza che pian piano riacquistava il suo volume
man mano che la luce cresceva all'esterno dell'abitazione, la piattezza della
notte finalmente avrebbe lasciato spazio all'eplosione vivace dei colori del
mondo che lo circondava.
Si decise ad alzarsi e a prepararsi
prima di scendere giù in cucina a fare la colazione, per la sorella e i
genitori. Cucinare gli piaceva abbastanza, e a volte quando doveva mangiare da
solo amava sperimentare ingredienti nuovi, creando nuove alchimie che
deliziavano il palato. Poi le riproponeva alla restante parte della famiglia
appena se ne presentava l'occasione. Fissò la sua immagine stanca per aver
dormito veramente poco nello specchio del bagno che gli restituì il riflesso di
un ragazzo alto all'incirca un metro e ottanta, bruno dai profondi occhi blu con
la pelle cotta dal sole dell'estate appena finita. Si lavò il viso con
dell'acqua gelida in modo tale da svegliarsi totalmente, poi lavò i denti e si
fece una doccia.
Mezz'ora più tardi era già di sotto
impegnato nella preparazione della colazione. L'abitazione era piuttosto
piccola: al piano terra c'era un piccolo salotto rustico, con un camino in
pietra un divano a tre posti e una poltrona, il pavimento era in legno. Separata
dalla sala per mezzo di un arco e un muretto vi era la piccola cucina, grande
abbastanza da contenere tutto il necessario per il genere di funzioni a cui
doveva adempiere. Al secondo piano accessibile da una scala sempre in legno
sulla destra dell'ingresso c'erano il bagno, e tre camere. Tranne che nella sala
e nel bagno, il pavimento dell'abitazione era in cotto.
Prese delle fette di pane da tostare,
sopra le quali poi mise della marmellata, dopo di che accese il fuoco sotto la
caffettiera già pronta sul fornello e in un altro pentolino versò il latte per
sua sorella che sapeva sarebbe scesa da li a poco per recarsi a scuola. Rea
aveva i capelli corvini come lui, e due occhi neri come due tizzoni ardenti che
riflettevano a pieno il suo carattere. Sentì i passi della ragazzina
precipitarsi giù dalle scale con lo zaino sulle spalle.
"Buongiorno fratellone" esclamò non
appena si sedette al suo posto, davanti al piattino già posato sulla tovaglietta
che usavano per la colazione, di fronte al suo e perpendicolarmente alle due dei
loro genitori.
"Giorno a te piccola" mormorò lui
versandole il latte al cioccolato nella tazza, e portando in tavola il pane
ancora fumante insieme al barattolo di marmellata ai mirtilli. Si versò poi
anche lui del latte al quale aggiunse del caffè. Nel giro di mezz'ora i due
ragazzi furono raggiunti da entrambi i genitori.
Erano le nove del mattino quando
insieme alla madre si diresse verso al loro piccolo terreno per saggiare i danni
che la tempesta verificatosi nella notte aveva provocato, la donna al suo fianco
dai capelli di un castano ramato appariva preoccupata per l'entità del danno,
non lo aveva detto ma lui lo percepiva dal fare ansioso che aveva acquisito non
appena ebbero messo i piedi fuori di casa. Suo padre si era dovuto recare da un
loro amico, dall'altra parte dell'isola per aiutarlo a far nascere un puledro di
cui il loro unico cavallo, uno stallone di quattro anni marrone rossiccio, dalla
estremità nere era il padre. Il proprietario della giumenta non aveva abbastanza
denaro per chiamare il veterinario del paese, e per tanto avrebbe dovuto farlo
nascere da se il piccolo, pregando in Dio che il parto non si fosse rivelato
fatale per i due animali.
Arrivati al campo dopo una camminata di
quasi un'ora su un sentiero sterrato che partiva poco lontano dalla loro
abitazione, lo spettacolo non era dei più confortanti ma neanche dei più
devastanti di come avevano immaginato, al contrario di quello che lui stesso
aveva immaginato, la piccola serra che cullava al suo interno pomodori e altre
delicate verdure aveva retto senza subire nessun danno, per quanto riguardava il
resto del campo era stato invaso da foglie, tronchi e anche qualche alga
arrivata li trasportata dal vento impetuoso che aveva udito soffiare dal caldo
del suo letto.
"Sarà meglio darci una mossa a pulire
tutto sto disastro" esclamò la madre guardandosi intorno "In modo tale da
terminare il lavoro entro stasera"
Si quella sarebbe stata una lunga
giornata.
Per fortuna che le temperature erano un
pò più miti rispetto all'estate appena trascorsa, e quindi non sarebbe arrivato
bollito a casa quella sera.
"Ok" si limitò a dire, prima di
afferrare gli attrezzi necessari a mettere posto, sperava infatti di finire in
tempo per scendere giù nella piccola insenatura poco lontana dal campo a godersi
il mare, prima di tornare poi a casa come tutte le sere.
In breve tempo l'aria si riempì del
cigolio della cariola arruginita che spingeva dietro alla madre intenta a
raccogliere tutti i rifiuti portati li dalla notte con una pala, facendo
attenzione a non staccare preocemente le verdure coltivate all'esterno della
serra perchè più resistenti o semplicemente poichè erano ancora troppo giovani e
ancora troppo poco cresciute per essere grandi abbastanza da essere straripate
dal vento. Man mano che la mattinata avanzava portava dietro di se anche il
calore di Ottobre a causa dell'estate che ancora non voleva lasciar spazio
all'autunno.
Finirono di raccogliere i legni e le
foglie che era ormai ora di pranzo, avevano portato lo zaino con il pranzo, e
come ormai era abitudine nella bella stagione, si misero a pranzare all'ombra
del vecchio albero secolare che sorgeva in un angolo del terreno accanto al
cancello d'ingresso.
" Quando hai intenzione di mettere su
famiglia?" la domanda arrivò inaspettata.
"Mamma ho solamente vent'anni" mormorò
lui mandando giù il boccone.
"E beh? Io e tuo padre ci siamo sposati
che ne avevamo diciannove e lui ventuno" rispose lei.
"Non vi è nessuna ragazza sull'isola
che mi piace alla quale chiedere la mano" rispose lui senza dare troppo peso al
discorso, in fondo non era colpa sua se a suo parere l'unica ragazza carina era
sua sorella. E poi lui era un uomo, poteva aspettare anche qualche anno in più
prima di prendere moglie e nessuno avrebbe detto niente, non era mica una
ragazza che poteva attrarre mal dicenze sul suo mancato accasamento. Idee
stupide se non addirittura sciocche.
"Non è importante la bellezza, prima o
poi nella convivenza di tutti i giorni i sentimenti sbocciano prima di quanto tu
creda" continuò la madre, senza battere ciglio.
"Non è un problema aspettare qualche
anno non trovi? Meglio pensare a Rea prima non credi visto che è una donna"
rispose lui, ignorando il senso di colpa che sentiva salire nei confronti della
sorella, sapeva quanto lei odiasse l'imposizione del matrimonio, ma sapeva anche
che non vi erano speranze per una vita diversa e quanto fossero viste male le
donne non sposate sull'isola. Se poi si aggiungevano le voci che voleva la
brunetta in possesso di alcuni poteri di divinazione la faccenda non migliorava
senz'altro. Anzi, se possibile peggioravano sensibilmente.
"Se non ti serve il mio aiuto io farei
un salto sulla spiaggia a vedere un pò se trovo qualche conchiglia interessante
da portare a Rea" mormorò il ragazzo dopo qualche minuto, non avrebbe sopportato
altro di quel discorso. Non quel giorno.
"No vai pure controllo le piante nella
serra e do loro l'acqua e poi possiamo tornare a casa" gli rispose la donna.
Marzio allora si alzò diretto al
sentiero che scendeva verso il mare, passò attraverso un piccolo bosco di pini
marittimi che lasciavano penetrare i raggi luminosi del sole che beffardo si era
affacciato attraverso le nubi del temporale. Il canto degli uccellini solleticò
i suoi timpani, mentre il rumore delle onde del mare diveniva man mano sempre
più forte e presente attorno a lui mentre procedeva verso la spiaggia. Il
sentiero era ricavato tra le rocce calcaree, ed era sterrato a volte tagliato da
qualche roccia più prominente delle altre, ma esisteva da anni e non si era mai
deteriorato molto poichè in parte coperto dalle chiome degli alberi.
L'insenatura verso cui era diretto era
di piccole dimensioni e sconosciuta ai più, gli unici che sapevano della sua
esistenza erano gli animali dell'isola: più volte aveva scorto qualche foca o
dei gabbiani sonnecchiare placidamente al sole, per poi scappare in acqua o
alzarsi in volo non appena si accorgevano della sua presenza. Arrivò nei pressi
dell'ultima curva e si bloccò di scatto.
Alle sue orecchie giunse una melodia
ben lontana da quella naturale delle onde del mare. Si fermò ad ascoltarla,
sembrava provenire da uno strumento musicale, mosso e utilizzato dalle onde era
incantevole una melodia simile.
Si decise a compiere qualche passo
verso la spiaggia, curioso di sapere chi produceva una musica di tale belezza,
cercò di non compiere nessun passo che potenzialmente fosse rumoroso. Arrivò ai
limiti del sentiero pur rimanendo nascosto tra le fronde degli alberi, mentre
un'espressione carica di meraviglia si dipingeva sul suo volto. Mai avrebbe
pensato di poter ammirare nella sua vita una creatura di simile bellezza.
Note dell'Autrice:
Era un racconto scritto per altri scopi primari ai quali non ho potuto dare per
così dire ascolto a causa degli impegni dell'ultimo periodo. Come al solito
preferirei non essere recensita dalle persone di sesso maschile perchè sono
fidanzata. La storia penso che si concluderà nel giro di massimo otto capitoli
non di più. Spero inoltre che avvenga un ripristino veloce delle mie storie
perchè per chi segue "I Gemelli maledetti" è pronto il prossimo capitolo, mentre
per l'altra long fic non ricordo il punto in cui ero arrivata visto che ho perso
il file e quindi finché non saranno ripristinate le storie non potrò
continuarla. Vi ringrazio per la pazienza che dimostrate, e soprattutto per il sostegno che alcune di voi mi hanno dato i giorni scorsi, non vi nomino perché sicuramente dimenticherei qualcuna, ma sappiate che ho apprezzato molto, non pensavo di essermi costruita un angolino in una sezione in cui sono presenti molti giganti :) .
Buona Domenica.
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