The Last Night Of The Summer

di Fra_2897
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Quella mattina aprii gli occhi presto,quando la sveglia segnava ancora le 5.30.
Era il 5 Giugno,ed il caldo cominciava a farsi sentire.
Girai il cuscino dal lato fresco,e mi rigirai più volte nel letto tentando invano di riaddormentarmi;dopo svariati tentativi,rinunciai. Così scalciai via le coperte,mi alzai e andai a spalancare la finestra sperando almeno così di sentire sulla pelle un po d'aria fresca...ma niente.
Il cielo cominciava ad illuminarsi,ed in lontananza si potevano scorgere i primi leggeri raggi di sole,che davano inizio ad un nuovo giorno.
C'era silenzio,Parigi era ancora addormentata,in tutta la sua bellezza,così mi soffermai per ammirarne meglio i dettagli...
E quando la vidi veramente capii,capii per la prima volta che mi sarebbe mancata. Inizialmente non avevo dato molto peso al fatto di andarmene dalla mia città,ma in quel momento immersa nel silenzio e nella sua più totale bellezza capii che mi sarebbe mancato tutto di quel posto,gli antichi palazzi,di fronte la finestra della mia camera,la torre Eiffel,che dalla mia visuale sembrava minuscola,ma pur sempre bellissima,le piccole vie illuminate da lucine scintillanti,la vecchia casetta di legno nel parco,dove quando da bambina mi sentivo sola,o sentivo la mancanza di mamma e papà andavo a rifugiarmi,e puntualmente Michael veniva,e mi faceva compagnia in silenzio aspettando che mi sentissi pronta per parlare,e che dicessi che era tutto ok...
Lui,era una di quelle persone delle quali non potevo fare a meno,era mio fratello,e gli avevo sempre voluto bene,ma dopo l'incidente tutto per noi era cambiato,e così anche il nostro rapporto,eravamo più che semplici fratelli,lui per me era tutto,c'era sempre quando avevo bisogno di lui,mi aveva sempre protetta,e aveva sempre cercato di fari stare bene mettendo me al primo posto...SEMPRE.
Di lui potevo fidarmi,e lo stesso poteva fare con me...
Poi c'era lei,Lola,la mia migliore amica,era stata la prima persona a parlare con me quando arrivai a Parigi,e di li non c'eravamo più lasciate,eravamo inseparabili. Le volevo un bene dell'anima. L'avevo salutata la sera prima e mi aveva promesso che sarebbe venuta a trovarmi. Era una bella ragazza,poco più bassa di me,con capelli biondi corti,che portava sempre scompigliati e occhi azzurrissimi. Aveva la carnagione chiara e solo a volte le guancie si coloravano di rosa.
Mi voltai a guardare la sveglia che adesso segnava le 6.00,così andai in bagno,mi liberai della culotte e della canotta bagnati dal sudore,entrai nella doccia e finalmente l'acqua fresca mi fece svegliare del tutto.
Una volta uscita mi avvolsi nell'asciugamano,andai in camera mia e presi i miei pantaloncini di jeans ed una maglietta rossa con i pois bianchi dalla valigia che lasciai aperta,avrei sistemato dopo le ultime cose...
Quando mi fui vestita,con i capelli ancora bagnati,andai in cucina e aprii il frigorifero,il mio stomaco brontolava,ma dato che odiavo il latte,optai per una barretta di cioccolata e del succo.
Guardai l'orologio,che adesso segnava le 6.40.
Così mi sedetti sulla piccola poltroncina vicina alla finestra,e cominciai a mangiucchiare la mia barretta guardando fuori,non volevo perdermi niente di quel posto nelle ultime ore che mi restavano li,osservai tutto nei minimi particolari,così che le immagini avessero potuto rimanere impresse nella mia mente,e se avessi sentito nostalgia di casa,l'avrei comunque ritrovata nei ricordi...
Certo,non era la prima volta che cambiavamo casa,prima dell'incidente vivevamo in Italia,a Venezia,ma quando ci siamo dovuti trasferire qui,eravamo piccoli,ed ero contenta di andare via da quella città troppo piena di vita e di ricordi,i MIEI ricordi...i NOSTRI ricordi.
Purtroppo zio Dave, nonchè nostro tutore legale,ha lasciato la sua fidanzata Doreen, e così ha deciso di tornare da sua madre,nella sua città natale:SALEM,almeno per ora,non ha ancora le idee ben chiare su quello che farà quando sarà finita l'estate.
< Buongiorno! > la voce di Michael mi fece sobbalzare,si era appoggiato allo stipite della porta,aveva addosso una T-shirt grigio scuro e dei jeans neri.
Mio fratello era bello,non a caso molte ragazze gli andavano dietro,era di corporatura muscolosa,alto più o meno 1.83 m,aveva i capelli neri arruffati,e gli occhi verdi,che cambiavano colore in base alla luce...Bello,si,avevo sempre pensato che lui fosse bello,ed infatti lo era,com'era completamente diverso da me,che ero alta circa 1.67m,di corporatura normale,con occhi castano scuro,e lunghi capelli castani,lisci,tremendamente lisci...
Eppure,le persone dicevano che nonostante la diversità,saltava subito all'occhio che fossimo fratelli...
Quando mi alzai per buttare ciò che rimaneva della mia barretta,mi venne incontro,e mi diede un bacio sulla fronte.
< Buongiorno > sussurrai,la mia voce uscì un po smorzata,così mi schiarii la gola...< Dave dorme ancora? > chiesi.
< E' in bagno... > rispose riempiendosi una tazza di latte.
< Ok. > dissi tornando in camera mia,per infilare le ultime cose in valigia.
Quando Dave fu uscito dal bagno,mi lavai i denti e misi un leggero strato di fondotinta,per coprire le occhiaie,che mi erano venute per il poco sonno di quella notte,pettinai i capelli,che ormai erano quasi completamente asciutti e poi tornai in cucina, < Buongiorno Chris! > .Dave stava seduto su una sedia con in mano una tazza di caffè e fissava la televisione...< Buongiorno Dave! > risposi.< Siete pronti? > chiese a me e Michael,che nel frattempo aveva finito di fare colazione.
< Si. > mentii,non ero per niente pronta,non volevo andarmene,ma per legge,dato che mio fratello non aveva ancora compiuto 18 anni,eravamo costretti a seguirlo.
Mi ero sempre trovata bene a Parigi,e mi dispiaceva lasciarla,mi dispiaceva lasciare tutti i miei amici,la mia scuola e tutto il resto.
Il lato positivo,era però che avrei rivisto mia cugina Cathleen, nonchè mia migliore amica,che viveva li da circa 4 anni...
Io e lei eravamo sempre state unite,come sorelle,era più grande di me di circa 5 mesi,ed essendo coetanee,avevamo sempre condiviso tutto,finché un giorno per aiutare la nonna rimasta sola dopo la morte del nonno,si era dovuta trasferire con la sua famiglia li da lei.
Di questo ero immensamente felice.

< Chris,hai bisogno di una mano? > Michael stava portando fuori i suoi bagagli.
< No,ce la faccio. > dissi prendendo le ultime cose rimaste per portarle fuori.
Salimmo sul taxi,e ci dirigemmo all'aereoporto.
Quando arrivammo erano le 9.30,e dopo aver fatto tutti i controlli necessari,finalmente salimmo sull'aereo.
Qualche ora dopo mi addormentai.

Era buio,stavo correndo,ma non sapevo dove stavo andando,scappavo da qualcosa...da qualcuno,ma non riuscivo a capire da chi...
Qualcosa mi bloccò,un muro. Era un vicolo cieco.
Mi voltai,e nella penombra riuscii a vedere chi mi stava inseguendo.
Erano due uomini ed una donna,vestiti di nero, con dei mantelli rosso scuro.
L'uomo più alto,quello che mi parve avere una sfumatura di blu nei capelli,si avvicinò a me con un sorriso malefico. Chiusi gli occhi.


Mi svegliai sobbalzando sul sedile dell'aereo,Michael si girò a guardarmi.
< Tutto bene? > chiese con espressione interrogativa. < Era solo un incubo. > sussurrai,per convincere più me stessa che lui. < Quanto ho dormito? > chiesi sentendomi un ancora un po scossa.
< 7 ore > rispose lui sorridendo < Non hai dormito stanotte? > continuò.
< Non tanto > risposi.
Mancavano ancora 3 ore di viaggio,circa,così presi il mio mp3,misi le cuffie,e mi sistemai sul sedile.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ecco qui,il secondo capitolo della mia storia,non è granché ma serviva alla storia per presentare dei nuovi personaggi,e quello nella foto è uno di loro,capirete da soli chi è...
Bene,mi farebbe piacere che chi ha letto il primo leggesse anche questo...Come al solito,non abbiate timore a commentare e a dirmi se secondo voi c'è qualcosa che non va...accetto i consigli di tutti e sono immensamente grata a chi spende del tempo per leggere quello che scrivo...
Vi lascio al capitolo ;)
 
 
 
 
Capitolo 2
 
 
Le ultime ore di volo passarono in fretta.
Atterrammo all'aereoporto di Salem,che erano circa le 23.00.
Una volta scesi dall'aereo trovammo zia Coreen e zio Jack (i genitori di Cathleen),che ci stavano aspettando...
Ci dirigemmo verso la loro auto e caricati i bagagli salimmo per andare a casa.
La città era sempre la stessa di quando da bambina venivo a trovare i nonni ,certo,erano passati 4 anni dall'ultima volta ma li,in quel posto,potevo sentire un certo senso di familiarità e per questo Salem mi piaceva.
Quando fummo arrivati,saltai fuori dalla macchina e dopo aver salutato e abbracciato ripetutamente nonna, chiesi: < Cath dov'è? > lei mi guardò e sorridendo mi rispose < E' in camera sua,va da lei ti stava aspettando. > allora mi catapultai dentro casa per raggiungere Cathleen.
La villa di mia nonna era abbastanza grande composta da due piani e una piccola mansarda al terzo, che da bambini usavamo come stanza per i giochi.
La camera di Cath si trovava al secondo piano, infondo al corridoio.
Quando entrai, esaminai la stanza ma non le saltai addosso come mi ero ripromessa di fare perché non era sola;
stava seduta sul letto a gambe incrociate, al suo fianco c'era una ragazza e un'altra era seduta vicino la scrivania.
Quando Cath mi vide, si alzò di scatto e mi si buttò addosso facendomi perdere l'equilibrio, per poco non caddi.
< Chris,oddio,sei qui finalmente! > gridò allentando la presa ferrea che aveva sul mio collo, mi stava soffocando. 
Sorrisi. 
< A quanto pare si! > le dissi.
Quando si staccò completamente da me, entrò in camera sua e mi fece cenno di seguirla.
< Loro sono Micol... > disse indicando la ragazza seduta vicino la scrivania...
< e Juliet, > chinando leggermente il capo per indicarmi l'altra ragazza.
< Le mie migliori amiche > aggiunse.
< Piacere di conoscervi, io sono Christine,ma potete,anzi dovete chiamarmi Chris! > dissi sorridendo mentre mi avvicinavo alle ragazze.
Micol si alzò,venne verso di me e dandomi la mano,accompagnata da un bacetto sulla guancia disse < Il piacere è nostro è una fortuna averti qui,Cath non la smetteva più di parlarci di te! > mi misi a ridere.
Era davvero carina, aveva grandi occhi azzurri e dei capelli corti e lisci di uno strano colore che batteva sul rossiccio...
< Già...è una vera fortuna che tu sia arrivata, sarebbe stato un inferno sopportarla anche solo un altro minuto. > disse Juliet riferendosi a Cath.
Poi si alzò, mi venne incontro e mi salutò abbracciandomi. 
Lei, aveva dei capelli castano chiaro, occhi verdi e a differenza di Micol -che era più o meno della mia statura- solo più alta di me di qualche centimetro.
Cath invece era magnifica come sempre.
I capelli riccissimi le arrivavano alle spalle, erano biondi, con delle tonalità sul marroncino che si schiarivano leggermente sulle punte. 
I grandi occhi color nocciola erano invece ricoperti da uno strato di spesse ciglia. Era stupenda.
Dopo esserci salutate, scendemmo di sotto, era tardi e le ragazze dovevano andare via, così zio Jack le riaccompagnò a casa...
Al suo ritorno, cenammo tutti insieme e dopo aver portato le mie cose in camera cominciai a sistemarle.
La stanza era grande più o meno quanto quella di Cath, ma a differenza della sua, la mia era al primo piano in fondo al corridoio, proprio dietro la scala.
Il letto era abbastanza grande per una sola persona e di fronte a questo si apriva una porta-finestra che dava al piccolo giardino recintato sul retro della villa.
Ero stanca e avevo un mal di testa tremendo, quindi decisi che avrei finito la mattina dopo di sistemare tutto.
Velocemente mi cambiai,andai in bagno a lavarmi e poi passai dalla sala da pranzo dove Michael, Jack e Dave stavano parlando di non so cosa, per dare la buonanotte. 
< Io sono stanca morta, vado a dormire. >
< Notte. > mi risposero Jack e Dave in coro.
Michael mi si avvicinò < Tutto ok? > mi chiese. 
< Certo, ho solo un po di mal di testa, niente di cui preoccuparsi. > mi abbracciò < Notte allora. > .
Così andai in camera e mi tuffai sul letto, dovetti rigirarmi più volte ma alla fine riuscii ad addormentarmi.
Quella notte nonostante il mal di testa dormii bene.
 
La mattina dopo fui svegliata da voci e risate che provenivano da un'altra stanza.
Mi alzai, ero completamente riposata e del mal di testa della sera prima non c'era più neanche l'ombra; meglio così, pensai.
Mi venne in mente di chiamare Lola che mi mancava già tantissimo, ma poi ci ripensai, per via del fuso orario.
Così presi un cambio di vestiti puliti, andai in bagno e mi feci la doccia. 
Quando uscii, mi asciugai velocemente, misi i pantaloncini grigi, ed una maglietta blu larga e bucherellata, poi dato il troppo caldo, decisi nonostante il mal di testa della sera prima di non asciugare i capelli.
Mi lavai i denti e poi mi guardai allo specchio.
Avevo i capelli scompigliati, se qualcuno mi avesse visto così, avrebbe sicuramente pensato "hei, questa è una pazza!", ma nonostante tutto, sul mio viso non c'erano segni di stanchezza, come le occhiaie del giorno prima, così decisi che non serviva del fondotinta.
Andai in cucina per salutare gli altri, ma prima di entrare mi bloccai per un istante.
Avevamo ospiti, e se c'era una cosa che odiavo era quando la gente mi guardava- cosa che stavano già facendo- e dato il mio aspetto da "sembroappenascappatadaunmanicomio" questo era inevitabile, guardai di fronte a me e riconobbi subito Micol e Juliet che parlavano con Cath.
Oh grazie al cielo! Erano li. Così sospirai e poi entrai. Le raggiunsi a testa bassa,senza badare ai ragazzi che mi guardavano incuriositi e sussurrai un < Buongiorno ragazze. > dandogli un bacio sulla guancia...
Micol mi guardò. < Sei molto sexy vestita così lo sai?! > disse soffocando una risata. 
< Certo,come no. Se avessi saputo prima di avere ospiti, non sarei di certo uscita così dalla mia camera, anzi, forse non sarei uscita proprio. >
Juliet mi mise una mano sulla spalla come per confortarmi, ma anche lei non poté fare a meno di ridacchiare.
< Sei bellissima Chris! > mi disse sorridendo.
< Certo,certo. > bofonchiai guardando tutte e tre le ragazze in cagnesco.
< Ok,ragazzi questa è Chris, mia cugina! > Disse Cath rivolta ai ragazzi, che ci stavano osservando incuriositi.
Poi si rivolse a me,< Loro sono Chad, Den, Ethan il cugino di Juliet e Zach. >
Alzai la testa, e accennai un sorriso timido, stavo facendo la figura della stupida!
Così mi feci avanti < Piacere di conoscervi! > dissi sorridendo mentre li guardavo uno per uno...
Chad, era poco più alto di me, aveva capelli marroni, con riflessi ramati e dietro gli occhiali, nascondeva dei gradi occhi color nocciola.
Den, era più piazzato rispetto a Chad, avevo dei muscoli enormi, e la sua T-shirt nera aderentissima, li metteva in risalto. 
Aveva occhi verdi e capelli corti ricci di un colore che poteva sembrare nero.
Ethan era il più alto tra i ragazzi, anche lui come gli altri era muscoloso, ma era più slanciato rispetto a Den e per via dell'altezza sembrava anche più magro.
Lo guardai in faccia e lui mi sorrise, rimasi un attimo ipnotizzata, dalla bellezza così semplice di quel ragazzone.
I suoi occhi erano verdi,così chiari da sembrare trasparenti,riuscii anche ad intravedere delle leggere sfumature di giallo e color nocciola,i capelli marroncini,erano lisci e mettevano in risalto il suo bel viso.
Poi mi resi conto che lo stavo ancora fissando, e così anche se a malincuore distolsi lo sguardo.
Ma, quando dal piccolo del mio metro e sessantasette mi permisi di guardare l'ultimo, quello che si chiamava Zach, mi sembrò di rimanere folgorata.
Non era solo bello, era inquietante, la sua bellezza faceva paura.
I capelli, biondo chiaro (che alla luce assumevano diverse tonalità di biondo e di marrone),ricadevano ribelli sul viso perfetto, le labbra,(be quelle si che erano delle labbra!) erano carnose, ma non troppo, il labbro inferiore leggermente più grosso di quello superiore, il naso dritto e quando arrivai a fissare gli occhi, mi pietrificai, non avevo mai visti niente di così ipnotico in vita mia.
Dio che occhi! 
Erano...profondi, troppo, per essere solo degli occhi.
Credetti di non riuscire più a distogliere lo sguardo.
Erano grigi, o forse celesti,non riuscii a decidere il colore, perché quando si muoveva questi cambiavano tonalità, dal grigio scuro al più chiaro e così per il celeste...Non erano semplici occhi "chiari", no.
Non avevo mai visto niente di simile, senza sfumature non "trasparenti" come quelli di Ethan che poco prima mi erano sembrati belli.
No. Questi in confronto erano...erano...non riuscii neanche a trovare le parole per descriverli...
Cath mi tirò un pizzicotto sul braccio tossendo,per attirare la mia attenzione.
Per quanto tempo ero rimasta così?Oddio che figura!
Indietreggiai, ma quando mi permisi di guardare di nuovo per un brevissimo istante il ragazzo, notai che mi stava fissando con una strana espressione a metà tra il divertito e l'inorridito.
Abbassai lo sguardo, non riuscivo a reggere tutta quella profondità, sembrava immensa.
Poi come al solito arrossii e lui lo notò, perché soffocò una risata.
Ok in quel momento avrei voluto sprofondare.
E sicuramente se ne avessi avuto la possibilità lo avrei fatto volentieri.
< Prima che arrivassi tu, stavamo prendendo in considerazione l'idea di andare al mare, ma ora che noto l'orario non mi sembra più il caso. >
Si rivolse a me indicando l'orologio, erano le 11:57.< Quindi...che si fa ragazzi? > chiese euforica. < Forse, come prima cosa sarebbe una buona idea, se andassi a darmi una sistemata! > Affermai cercando di tenere il tono più basso possibile, così che gli altri non mi sentissero.
Ma il mio tentativo fallì, perché sentii qualcuno soffocare una risata, sembrava sul punto di cedere, non alzai neanche lo sguardo per vedere chi fosse,no ne avevo bisogno.
Senza degnarlo di uno sguardo, facendo la parte dell'indignata, passai di fronte a quell'adorabile e fastidioso ragazzo-non avevo notato fosse così alto- e mi diressi il più velocemente possibile in camera mia.
 
Ripescai dalla valigia -che dovevo ancora finire di svuotare- il mio vestitino estivo preferito e lo indossai, era azzurro, a bretelline, con una piccola fascia nera che si stringeva sotto il seno, poi cadeva liscio corto fin sopra il ginocchio.
Misi le mie zeppe nere poi passando davanti allo specchio,mi pettinai i capelli che si erano asciugati ritornando lisci spaghetti e misi uno strato leggero di lucidalabbra,così uscii dalla mia camera e andai dagli altri, che stavano ancora parlando in cucina.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
 
Stavo andando dagli altri,quando sentii provenire delle voci dal piano di sopra.
Da dove mi trovavo,non riuscivo a vedere chi fosse,ma riuscivo benissimo a sentire cosa stavano dicendo.
Certo,non era giusto origliare le conversazioni altrui,ma loro erano in casa mia,parlando senza prendersi il disturbo di abbassare la voce,perché mai non avrei dovuto ascoltare?
Se avevano qualcosa da nascondere sarebbero andati da un'altra parte a parlare.
Salii due gradini della scala per vedere chi fosse.
Oh-oh.
Zach e Ethan.
< .....sto come ti guardava? > riuscii a sentire solo per metà la domanda che Ethan rivolse all'amico.
< Certo che l'ho visto. > Rispose l'altro in tono consapevole sorridendo.
< Secondo me gli piaci. > No, non mi piaceva affatto!
< Ok e anche se fosse? > disse l'altro in tono acido.
L'amico sorrise e poi rispose < Oh andiamo,anche tu l'hai praticamente consumata con gli occhi! > .
< Hei amico, chiunque l'avrebbe fatto! No dico, ma l'hai vista?! > rispose con tono schifato < è una Byron,anzi LA Byron, mi aspettavo di meglio! Quelle come lei non dovrebbero andare in giro così, è assolutamente inconcepibile, goffa e sgraziata! E' terribile! Una bambina. > continuò.
Mi sembrò che qualcuno mi avesse tirato un pugno in pieno petto.
Quel ragazzo cominciava a darmi seriamente sui nervi.
< Io non credo sia così sgraziata come dici, era bellissima anche così. > rispose Ethan.
Oh grazie al celo almeno qualcuno di umano c'era!
< Non abbastanza! > rispose quell'altro.
Schifata.
Si ero completamente schifata, nessuno mi aveva mai mancato così tanto di rispetto, senza neanche conoscermi poi!
< Chris, ragazzi muovetevi! > la voce di Juliet che ci chiamava mi fece sobbalzare, così saltai giù dalle scale e rotolai nel bagno, in modo che non mi vedessero, non avrei fatto storie, non per ora almeno.
Non volevo rovinare la giornata agli altri.
Dopo circa 5 minuti quando mi fui assicurata che i ragazzi fossero tornati dagli altri, uscii dal bagno e mi diressi in cucina.
Non ero una di quelle che si chiude in una stanza a piangere soprattutto per tipi come quello,quando entrai lui mi guardò sorpreso.
< Siete sicuri di volere che io venga con voi? > chiesi acida fulminandolo con lo sguardo.
Lui sollevò le sopracciglia, poi lanciò un'occhiata all'amico che mi guardò incerto.
Cath a sua volta mi fulminò con lo sguardo < Che diavolo stai dicendo? > mi sussurrò all'orecchio, le sorrisi.
< Oh niente di che,voglio solo essere sicura che tutti gradiscano la mia presenza. > risposi tranquilla.
< Perché non dovrebbero?! >
Continuò.
< Oh niente,lascia stare. > dissi e poi le sorrisi.
Per quanto facevo la dura, non lo ero, assolutamente,quindi lasciai perdere, forse avevo sentito male e comunque perché doveva importarmi di lui?
< Quindi che facciamo? > chiese Chad < Che ne dite di un bel picnic? > propose Micol...
< Certo, potremo andare nella casetta nel bosco! > disse Cath.
Era una piccola casetta di legno, nel bel mezzo del bosco, situata vicino al piccolo ruscello,una meraviglia della natura.
I miei genitori e quelli di Cath l'avevano comprata quando eravamo piccoli e ci portavano li a giocare;  ci avevamo passato giornate intere,ma dopo la morte dei miei genitori non ci ero più tornata,non ero neanche passata a prendere le loro cose,era tutto ancora li così come loro lo avevano lasciato 7 anni prima .
< Oh...Chris,ovviamente se te la senti... > continuò quando si ricordò.
< Certo,certo...Orami è passato tanto tempo... > le dissi sorridendo ,non lo chiese a Michael, perché lui era già tornato un paio di volte li quando io mi ero rifiutata di farlo.
< Ragazzi? > chiesi per avere la loro approvazione.
< Oh certo,va benissimo > disse Den che era rimasto in silenzio fino a quel momento, e poi anche gli altri annuirono.
Avvisammo gli zii che si erano appena alzati presi le chiavi della casa e poi uscimmo.
I ragazzi erano venuti con due macchine,quella di Chad e quella di Zach,così ci dividemmo.
Io,Den,Micol e Cath nella macchina con Chad, ovviamente, e gli altri con Zach.
Dopo aver ripetuto la strada per la casa a Chad per circa 20 volte, finalmente arrivammo.
Era tutto come lo ricordavo.
Non era cambiato niente, aprii la porta ma prima di entrare mi soffermai un attimo,chiusi gli occhi e inspirai.
L'odore rimasto intrappolato in quella casa mi colpì, facendo riaffiorare tantissimi ricordi...
Immaginai la voce di mia madre che chiamava me Michael e Freya, che all'epoca aveva solo 4 anni.
Rividi papà che ci rincorreva per il bosco e noi che giocavamo felici…Era tutto così uguale,  eppure tutto così diverso allo stesso tempo...
Riaprii gli occhi, entrai e spalancai le piccole finestre, non era enorme, solo una stanza, composta da una piccola cucina, con un tavolo forse troppo grande per quell'ambiente, dall'altra parte c'era un divano che si poteva trasformare in letto e poco più in la una porta che portava al piccolo bagno.
Era così piccola. Così bella,piena di magnifici ricordi.
Osservai le pareti fatte di mattoni, il pavimento di moquette, la vecchia lampada sul tavolo...
Tutto era così perfetto per me...avrei potuto vivere li dentro.
Sopra una mensola erano posati dei libri di papà e vicino a questi c'era una cornice con una nostra foto, mi avvicinai e la accarezzai, eravamo tutti e cinque insieme, al decimo compleanno di Michael.
< Si può? > disse Cath entrando nella stanza.
< Oh certo vieni. > .
Avevamo portato con noi il necessario per il picnic così si avvicinò al tavolo e posò sopra il cestino.
< E' così bello qui! > disse allegra < Ti ricordi?Quando ci venivamo  tutti insieme?Com'eravamo felici?! > chiese.
< Certo che mi ricordo... > le sorrisi... < Comunque,dove sono gli altri? >
< Devono essere qui fuori da qualche parte. > rispose.
< Ok,io torno subito, voglio andare a vedere il ruscello. > mi sorrise e poi uscii dalla casa.
Poco più in la, nella foresta si sentiva il rumore dell'acqua del piccolo ruscello che scorreva.
Mi avvicinai.
Quando arrivai vicino mi chinai a sfiorarne, la superficie bagnata, era fredda.
Poi mi alzai e mi sedetti sotto un albero, per ripararmi dal sole di mezzogiorno.
La vista era magnifica,al di la del ruscello cerano delle piccole collinette e poi nient'altro che il bosco...
Potevo completamente immergermi nella natura, così mi rilassai e chiusi gli occhi.
Qualche istante dopo,però fui costretta ad aprirli perché sapevo di non essere più sola.
Una risatina snervante proveniva da qualche metro più in la, e io sapevo a chi appartenesse.
L'avevo odiata sin dal principio.
Zach era seduto su un masso e mi guardava.
< Oh no,anche qui no! > sbottai.
Mi tirai un po su.
< Che vuoi? > chiesi acida… Forse un po troppo.
Il sorriso scomparve poi alzò il sopracciglio, mossa che a quanto pare gli piaceva molto, dato che lo aveva già fatto per circa 30 volte nelle ultime ore.
< Non essere scortese. > mi disse con tono altezzoso.
< Oh ma per favore! >  Tremendo, ecco cosa era, anzi io ero tremendamente infastidita da lui, e nello stesso tempo tremendamente attratta da ogni suo piccolo movimento.
Mi faceva schifo quella sensazione!
< Mi spieghi cosa vuoi da me, simpaticissimo ragazzo sconosciuto?! > dissi in tono sarcastico.
Sorrise leggermente < Oh, da te proprio niente. > Certo come no! < Tanto per chiarire la faccenda, se sono sgraziata, goffa, immatura o bambina, sono problemi miei, sei pregato di non esprimere il tuo parere o perlomeno evita di farlo così apertamente in casa mia! > dissi < te ne sarei davvero grata! > aggiunsi infine con un sorriso schifato sulle labbra.
< mmmh... > disse lui guardandomi serio < Lo sai che è maleducazione origliare le conversazioni altrui? >
Deficiente.
 < Lo sai che è maleducazione parlare male di una persona,perlopiù se sei in casa sua,e tanto per la cronaca non stavo origliando. > Ok, mi stavo comportando da ragazzina altezzosa e anche un po stronza, ma lui non era da meno, quindi ... combatti il nemico con la sua stessa arma, al diavolo la buona educazione!
< Hai intenzione di restare o sei venuto solo per darmi fastidio? > chiesi con aria arrogante.
Più che una domanda era un pensiero espresso ad alta voce,così non lo feci rispondere, perché mi alzai e tornai dagli altri.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Mentre tornavo alla casa,udii le voci dei miei amici che si divertivano;in effetti non era un vero e proprio picnic.
Voglio dire, avevamo una casa e un tavolo fuori con delle sedie, quindi quello tecnicamente, non era un picnic.
Cath e le ragazze avevano già apparecchiato la tavola, così entrai e le vidi intente a cucinare;
...o meglio, Cath spalmava della senape su alcune tartine, Micol stava condendo un'insalata e Juliet si occupava dei panini.

All'interno c'era anche Den che tentava di tagliare delle patate in maniera decente.
Mi lavai le mani e mi avvicinai. 
< Da qua, faccio io. >  dissi sorridendogli.
Si fece da parte senza protestare.
Me la cavavo in cucina, a casa ero io che mi occupavo di questo, dato che Dave lavorava e Michael…bhe…lui era meglio se restava lontano dai fornelli. 
L'ultima volta che l'avevo lasciato cucinare, aveva fatto una torta alla nutella che sapeva di pesce, non osai neanche chiedere quali ingredienti avesse usato.
Tagliai le patate a cubetti e le feci ricadere nella ciotola dell'insalata, Micol la girò, prese una forchetta e ne assaggiò una.
< Perfetta! > esclamò sorridendo, poi si girò verso il lavandino e quasi vi lanciò la forchetta dentro.
Presi i panini che Juliet aveva finito di preparare e li portai fuori dagli altri.

Finito di mangiare, ripulimmo e decidemmo di fare una passeggiata.
Ci fermammo vicino al piccolo ruscello;
Micol e Cath si tolsero le scarpe e immersero i piedi nell'acqua fredda. 
Juliet, Michael, Den e Zach erano seduti sull'erba e chiacchieravano, mentre io Chad e Ethan restammo seduti sotto il grande albero a parlare.
< Da quanto vi conoscete? > chiesi curiosa, mentre osservavo da vicino un trifoglio che avevo strappato da un mucchietto sull'erba.
< Io e Zach, praticamente da quando siamo nati, mentre con Den,Chad e le ragazze da qualche mese. > disse Ethan. 
La luce del sole metteva in risalto le stupefacenti sfumature verde/giallo/nocciola dei suoi occhi.
Rimasi ancora una volta a fissare quei suoi occhi così belli, ma questo mi riportò alla mente un'altra cosa.
Quegli occhi grigio/azzurri, così profondi, così belli seppure così tremendamente inquietanti. 
Si. 
Inquietanti perché non avevo mai pensato che potesse esistere qualcosa di così profondo.
Un pozzo, un oceano, impallidivano di fronte a cotanta perfezione.
Alzai gli occhi e notai che mi stava fissando, quando però incontrai il suo sguardo non riuscii a reggerlo, così anche se a malincuore, girai la testa e mi concentrai sull'acqua gelida del ruscello, che in confronto pareva nulla.
< mmh, non ti è dispiaciuto lasciare Parigi, i tuoi amici, o magari anche, be...un ragazzo... > chiese Chad rompendo il silenzio che si era creato.
< Oh, be...certo è ovvio, ma a parte la mia migliore amica Lola, non avevo moltissimi amici , non ho mai creduto molto nell'amicizia, e le persone molto spesso mi etichettavano come quella strana, solo perché preferivo mettere le cuffie del mio mp3 piuttosto che stare a parlare con quattro galline di quanto fosse figo il capitano della squadra scolastica di nuoto, per quanto riguarda il ragazzo... > scossi la testa e sorrisi "anche quelli si tengono alla larga" aggiunsi mentalmente.
Molti ragazzi, mi avevano detto che ero bella, simpatica e dolce (le solite cose che si dicono in genere alle ragazze), altri ancora non mi avevano mai sopportato, forse perché ero l'unica fra tante che riusciva a tenergli testa a differenza di tutte che si limitavano a gracchiare frasi del tipo " hei, sei un porco! " oppure "Oh, ma finiscila ahahah! " .
Fatto sta che come tutti gli altri quando un ragazzo mi si avvicinava e capiva com'ero fatta decideva che era meglio lasciar perdere.
< Oh, allora c'è speranza?! > disse Den, che si era avvicinato a noi.
< Ma smettila!! > rispose Ethan tirando un pugno sul braccio dell'amico in modo scherzoso.
Mi permisi solo per un attimo di guardare nella direzione di Zach e vidi che teneva la testa bassa e sorrideva soddisfatto. 
Non so perché, ma in quel momento, mi venne voglia di andare a parlare con lui.
Solo due secondi dopo, quando il cervello si ricollegò al resto del corpo, capii che era stata un'idea assurda, così scossi la testa per scacciare quei pensieri.
< So che è una domanda stupida, ma quanti anni avete? > chiesi.
< Chad 17 quasi 18, io 19, Zach 18 e Ethan 20. > mi rispose subito Den.
Passammo il pomeriggio così, a parlare dei nostri gusti in fatto di musica, dolci, fiori ecc...
Quando la sera tornammo a casa, tutto era buio, segno che gli altri stavano già dormendo.
Scesi dall'auto e salutai tutti con un cenno della mano. 
< Ci vediamo domani. > mi disse sorridente Ethan. 
< Certo, a domani > risposi ricambiando il sorriso.
Poi mi diressi verso il portico di casa.
Ero esausta, così dopo essermi lavata, diedi la buonanotte a Cath e Michael e andai in camera mia.
Mi buttai sul letto ma per via del troppo caldo non riuscii a prendere sonno...
Qualche minuto dopo ero ancora li che mi rigiravo nel vano tentativo di addormentarmi.
Poi però delle voci mi distrassero... 
Mi avvicinai alla porta della mia camera per sentire meglio, attenta però a non fare rumore.
< Com'è andata la giornata? > riconobbi subito la voce, era Dave.< Tutto bene...per ora. > M
ichael.

< Sei sicuro? Voglio dire...niente di sospetto ? > chiese interessato.
< Assolutamente niente. > rispose con voce seria mio fratello.
< Non dovete perderla d'occhio... MAI. Neanche per un istante. > aggiunse deciso mio zio.
< Non preoccuparti...i ragazzi lo sanno benissimo... >
< Bene...ora va a dormire, si è fatto tardi... >
< Certo...notte Dave... > disse infine Michael.
< Notte. >

Tornai a letto, sempre attenta a non fare rumore.
Una marea di domande mi vorticavano nella testa...
Cosa intendeva Dave con "qualcosa di sospetto?" o con "non dovete perderla d'occhio?" e mio fratello? cosa significava "i ragazzi lo sanno benissimo?" Quali ragazzi?...Cosa sapevano benissimo?
Tormentata da questi dubbi, nel silenzio più totale di quella notte, finalmente mi addormentai.

ANGOLO AUTRICE:

Salve a tutti carissimi lettori!
Siamo ancora all'inizio della storia, quindi questi capitoli servono un po' a presentarvi il mondo e i personaggi con i quali più in la si articolerà la storia...
Non sto qui mezz'ora a parlare, altrimenti divento noiosa, quindi, voglio ringraziare chi legge e aggiungere, che mi farebbe piacere ricevere qualche vostra recensione! :D
Al prossimo capitolo! ;) Fra_2897

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 
 
Il mattino seguente mi alzai presto,così quando scesi per fare colazione la casa era ancora deserta.
Mi ritornò subito in mente la conversazione di Michael e Dave della sera prima: stavano parlando di me? Sicuramente. 
Avrei chiesto a Michael più tardi.
Stava diventando un vizio origliare le conversazioni altrui, non ne andavo fiera, certo, ma gli altri non facevano che venirmi incontro.
Voglio dire, se qualcuno ha qualcosa da nascodere, perchè mai dovrebbe parlare apertamente in un posto dove altre persone potrebbero sentire?
Mi avvicinai al frigorifero e presi una bottiglia di succo d'arancia.
Ne versai un po in un bicchiere e lo bevvi velocemente, poi tornai in camera mia.
Solo in quel momento quando vidi i miei vestiti sparsi per tutta la camera, mi ricordai che non avevo ancora disfatto la valigia.
Ero qui da circa tre giorni e me lo ero completamente dimenticata!
Sprecai circa un'oretta per mettere tutto in ordine al suo posto, quando ebbi finito andai in bagno e mi feci una doccia rinfrescante.
Una volta uscita, mi arrotolai nell'asciugamano e com'era mio solito fare lasciai i capelli bagnati e li legai in una treccia morbida.
Avevo dimenticato il cambio di vestiti puliti in camera, così senza pansarci - convinta che la casa fosse ancora vuota - uscii velocemente dal bagno. 
Troppo velocemente. 
Perché non feci in tempo a fare due passi fuori la porta, che urtai contro qualcosa o meglio qualcuno.
Alzai gli occhi preoccupata per chi potessi trovarmi di fronte e quando lo feci notai che il ragazzo guardava di fronte a sè con aria seria. 
Poi però abbassò lo sguardo; quando lo fece i suoi occhi incontrarono i miei e di nuovo mi persi in quello che a parer mio doveva essere qualcosa di illegale. 
Zach.
Sorrise e mise una mano sulla mia spalla per allontanarmi leggermente da lui e guardarmi meglio. 
Abbassai lo sguardo e arrossii leggermente.
< Scusami. > dissi tentando di avere un tono freddo e distaccato ma con scarsi risultati. 
< Ok, ho capito che tu e gli abiti non andate d'accordo, me lo ricorderò la prossima volta. > ridacchiò. Odioso. 
< Come vuoi. > risposi acida, poi lo sorpassai e feci per andarmene ma rimasi di stucco quando lui mi prese per il braccio e disse: < Aspetta, non andartene. > 
Mi voltai, ma stavolta non feci l'errore di guardarlo negli occhi, semplicemente mi concentrai sulla T-shirt azzurra e aderente che metteva in risalto i pettorali, poi passai alle labbra carnose, agli zigomi e...NO
Concentrati Chris, di qualcosa! 
Ritornai a guardare la maglietta e sospirai. 
< Cosa c'è? > chiesi quasi con tono rassegnato.
< Senti, abbiamo iniziato con il piede sbagliato, voglio dire, tu ora vivi qui staremo spesso insieme, ci vedremo quasi tutti i giorni, quindi non ho intenzione di sopportarti per tutto il tempo. > disse con un ghigno sulle labbra.
Il mio cuore però smise di battere un momento, quando mi resi conto che aveva pronunciato le parole "staremo spesso insieme" quindi, questo cosa significava? 
Voleva forse dire ricominciamo tutto da capo? 
Per quanto lo volessi, sarebbe stato troppo semplice per lui, così decisi di girare un po intorno all'argomento. 
< Hai fatto tutto tu. > dissi in tono altezzoso alzando un sopracciglio. 
Lo sentii sorridere ma poi tornò serio.
< Oh, andiamo... > sbuffò poi si schiarì la voce e mi porse la mano. 
< Io sono Zach Daren Cuthbert, spero ti troverai bene qui. > disse alzando gli occhi al cielo.
Non me ne accorsi neanche, che con l'altra mano, quella che non teneva tesa verso di me, mi prese il mento e mi costrinse a guardarlo, stavolta non mi opposi. 
Presi la sua mano e la strinsi forte < Christine Greta Byron. Ma puoi chiamarmi Chris. > risposi, poi sorrisi. 
Spalancò gli occhi e alzo le sopracciglia, cercando di soffocare malamente una risata senza successo, infatti ridacchiò.
Avevamo ancora le mani strette, così quando abbassai lo sguardo sulle nostre dita, lui fece lo stesso e poi lentamente lasciò la mia mano. 
Lo guardai e di nuovo i suoi meravigliosi occhi incontrarono i miei. 
Li fissai cercando di capire ancora una volta come tanta meraviglia e tanta profondità potessero appartenere ad uno sguardo, ma anche stavolta non ottenni niente.
Se continuavo a fissarlo così mi avrebbe sicuramente presa per pazza. 
< Davvero ti chiami Greta? > scoppiò senza più riuscire a trattenere la risata.
Non ridere, non ridere, non ridere! Mi ripetevo.
Ma il tentativo fallì, perché anche a me scappò un risolino. 
< Questo nome non è di suo gradimento signor Daren? > dissi.
Adesso stavo ridendo.
Mi guardò con una strana espressione a metà fra il divertito e il finto offeso.
Alzò un sopracciglio.
Abbassai per un secondo lo sguardo e mi resi conto di essere ancora in asciugamano, arrossii violentemente. 
< Ehm...Sarebbe il caso di mettermi qualcosa addosso, non credi? >. 
Assunse un'espressione pensierosa e corrugò le sopracciglia.
< Mmmh...devi proprio? Sai…a me sta bene anche così… >  
Scemo! 
Gli tirai un piccolo schiaffo sul braccio e dissi: < Si. Devo! > . 
Sbuffò e poi fece spallucce; mi voltai per andare in camera ma poi mi bloccai e girai la testa < Un'ultima cosa...A cosa devo tutta questa gentilezza? > . 
Roteò gli occhi e mi guardò. < Accontentati ok? > disse alzando le mani. 
Sorrisi. Era già tanto da parte sua.
Così mi voltai e andai nella mia stanza.
 
Era davvero successo tutto o me lo ero solo immaginato?
Con il cuore che mi batteva ancora a mille infila la biancheria intima, poi presi dei pantaloncini di jeans e li abbinai ad una canotta aderente, rosa chiaro che metteva in risalto la mia carnagione scura.
Infilai le mie Superga blu e poi andai davanti allo specchio.
Sciolsi i capelli e li intrecciai di nuovo in una morbida treccia disordinata, poi uscii dalla stanza.
Entrai in soggiorno e notai che c'erano solo Ethan e Zach.
< Che fine hanno fatto gli altri? > domandai. 
Ethan alzò la testa e sorrise.
< Cath è di sopra, si sta vestendo, Den e Chad sono andati a prendere le ragazze. > 
Zach mi fissava. 
< Che c'è? > chiesi sedendomi sul divano dove stava seduto lui. 
< Ho fatto presto come avevi detto tu Daren. > dissi sottolineando l'ultima parola. 
Ethan ci guardava dall'altro lato della stanza appoggiato alla finestra. 
< Brava. > disse e poi sorrise. 
Michael entrò dalla porta e si avvicinò. 
< Buongiorno ragazzi! > li salutò mentre si chinava per darmi un bacio sulla testa. 
< Buongiorno...Posso parlarti un momento? > gli chiesi. 
Mi guardò stranito per un attimo, poi fece spallucce e rispose < Ok. > 
Mi alzai < Scusateci un momento. > dissi ai ragazzi, loro sorrisero e lo seguii fuori dalla stanza. 
< Dimmi tutto. > disse in tono allegro. 
< Di cosa stavate parlando ieri sera tu e Dave? > domandai.
Ogni segno di allegria scomparve dal suo volto, che diventò di pietra per un attimo, poi si riprese e disse < C-cosa?...Tu?...Ehm no, niente di importante...non preoccuparti. >  si sforzò di sorridermi.
No, caro ora mi dici tutto! 
< Non...cercare di nascondermi le cose, dimmi la verità. > dissi decisa.
< Cosa hai sentito? > mi chiese allarmato. 
< Oh, be...Niente di sospetto? Non dovete perderla d'occhio...I ragazzi lo sanno benissimo! > dissi citando le frasi che avevo sentito la sera prima, lo guardai. 
< Cosa? Cosa o meglio, CHI non dovete perdere d'occhio? Cosa sanno i ragazzi? > gli chiesi in tono calmo. 
< Senti, non è niente di cui tu debba preoccuparti ok? Fidati di me, lascia stare. >  fece per andarsene ma lo bloccai prendendolo per un braccio. 
< No. > dissi, non avevo nessuna intenzione di lasciar perdere.
Non mi aveva mai nascosto niente, non vedevo il motivo per il quale avrebbe dovuto farlo ora.
< Per favore, ti ho detto che non è niente d'importante. > disse supplicandomi con lo sguardo.
< Non mi hai mai nascosto niente, sei tu quello che dice sempre che tra noi non ci sono segreti. >
Lo sguardo supplichevole scomparve e lasciò il posto ad uno freddo e distaccato. 
< Senti, smettila, ok? Io ho la mia vita non posso dare sempre retta a te o stare sempre con te o risolvere i tuoi problemi e mi dispiace ma stavolta non ti dirò niente, non sono affari che ti riguardano! > Disse tutto molto velocemente.
< Nessuno ti ha mai obbligato a fare niente, ti ringrazio di aver "risolto sempre i miei problemi", ma dato che pensi questo, da oggi tu pensi ai tuoi e io ai miei. > risposi quasi gridando.
Lui scosse la testa, come dispiaciuto, poi si voltò e se ne andò.
Io rimasi li, come una stupida a fissare il punto nel quale era scomparso.
Non mi aveva mai detto cose del genere, in quel modo poi!
Ero ancora frastornata quando tornai in soggiorno e in silenzio mi sedetti nello stesso posto di prima.
Zach e Ethan parlavano, ma quando videro il mio strano comportamento si zittirono e si girarono a guardarmi. 
< C'è qualcosa che non va? > mi chiese Ethan.
Scossi la testa. < No...niente. >
Avevo gli occhi lucidi, ma cercai con tutta me stessa di non piangere.
No, non avrei mai pianto davanti a loro, avrei fatto la figura della scema, ed in effetti potevo sembrare tale, quante volte si litiga tra fratelli? 
Tante. 
Ma con Michael era sempre stato diverso, dopo l'incidente, lui era riuscito in qualche modo a colmare il vuoto che si era creato nel mio cuore.
Mai un litigio serio, non mi aveva mai trattato in quel modo, non ero abituata a queste sue reazioni, perché così non ne aveva mai avute.
Cos'ero io per lui? Un peso? 
Si, ero un peso, me lo aveva detto chiaramente " Io ho la mia vita non posso dare sempre retta a te o stare sempre con te o risolvere i tuoi problemi. " 
Più chiaro di così.
La cosa più brutta però, era che aveva ragione, ero sempre stata un peso per lui, ero un'egoista.
Mi sentivo la gola bruciare e la testa mi pulsava per via delle lacrime trattenute, così ingoiai rumorosamente e mi stropicciai gli occhi indifferentemente, poi presi un respiro profondo, alzai la testa e sorrisi ai due ragazzi che continuavano a fissarmi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
 
 
Poco dopo Michael rientrò nella stanza, sembrava essere più calmo, comunque non gli rivolsi la parola e non lo guardai.
< Ragazzi potrei parlarvi un secondo? > chiese ai due ragazzi nella stanza con il suo solito tono gentile.
< Certo. > rispose Ethan. 
Fecero per uscire dalla stanza ma io li bloccai. 
< No, me ne vado io, tanto devo uscire. > dissi prendendo per un braccio Zach che si stava alzando dal divano.
Così mi misi in piedi, sorpassai Michael senza guardarlo e uscii dalla porta.
< Dove vai? >  mi chiese prima che potessi fare un passo fuori da questa.
< A fare due passi. > risposi guardandolo.
< Dove? > insistette lui.
< Senti, non ho detto che sto andando a fare una rapina o un omicidio, sto solo andando a fare una passeggiata! > sbottai riprendendo a camminare.
< No! > stavolta la voce che m'interruppe fu quella di Zach. 
Ma che c...?
< Cosa c'è ancora? > Guardò prima Michael poi Ethan.
< Ehm... be... hanno detto che oggi pioverà, non ti conviene uscire non hai neanche la macchina. > disse un po confuso anche lui dalle sue stesse parole.
< Grazie del consiglio. > mi girai, ma di nuovo fui costretta a bloccarmi, perché Ethan parlò.
< Posso accompagnarti io? > propose.
No. 
Cominciavo ad innervosirmi, così presi un respiro profondo e poi parlai.
< Sentite, siete gentili a preoccuparvi, ma non c'è bisogno... Zach siamo in piena estate ci saranno 30° all'ombra, comunque se dovesse piovere tornerò a casa. Ethan sei gentile, ma non ho bisogno di qualcuno che mi accompagni, ora se volete scusarmi... > detto questo mi voltai e mi diressi verso la porta per uscire da quella casa.
 
Fuori la giornata era perfetta, il sole era alto in cielo, e nessuna nuvola osava coprirlo, sembrava esserne il padrone, l'aria era caldissima e si sentivano gli uccellini cinguettare.
Non sapevo dove fossi diretta ma iniziai comunque a camminare.
Mi fermai dopo circa 10 minuti, mi trovavo nel bosco.
Quel posto lo conoscevo bene, era uno dei miei preferiti da bambina.
Ci passavo intere giornate a giocare con mio padre.
Lui faceva il geologo e amava la natura; era un tipo curioso,appassionato del mondo che lo circondava e aveva trasmesso anche a me questa passione a differenza sua però, che amava restare con i piedi per terra a me piaceva sognare, infatti ero appassionata di astronomia.
Le stelle, mi avevano sempre affascinato perché nonostante tutto cambiasse intorno a me loro rimanevano sempre li, immutate e perfette.
Immortali e bellissime.
Mi guardai intorno, nonostante il bosco non fosse tanto diverso da quando ci giocavo da bambina mi appariva cambiato, fin troppo, la bellezza di quel posto era rimasta, ma adesso era oscurata da un velo di tristezza e malinconia.
Sospirai e poi andai a sedermi su un tronco caduto poggiando la schiena su un albero vicino. 
Chiusi gli occhi per rilassarmi e mi addormentai.
 
Ero da sola nel bosco buio. La luce della luna faceva intravedere il viso dell'uomo che avevo davanti. Era sempre lo stesso, quello che precedentemente, mi era parso avere i capelli di una strana sfumatura  sul blu.
Sapevo di essere in un sogno, ma nonostante questo, rabbrividii per la paura, quell'uomo aveva un non so che di terrificante.
Indietreggiai e lui di conseguenza si avvicinò di un passo..."Greta..." sussurrò con una voce che mi fece sobbalzare.
"Greta...Tu,ci servi" Mi chiamava Greta, il mio secondo nome, che non tutti conoscevano,e che sicuramente nessuno usava mai.
"Verrai con me...?" sembrava più un affermazione che una domanda. Si avvicinava sempre di più.
"Stammi lontano!" dissi con voce tremante ma decisa allo stesso tempo.
"Non fare così...è tutto inutile, tu verrai con me..." continuò "se solo... non fosse così presto..." disse dispiaciuto.
"Così presto per cosa?" chiesi guardandolo negli occhi.
Questi erano neri, tutti completamente NERI!
Distolsi lo sguardo all'istante e barcollai nel tentativo di indietreggiare ancora.
"Oh, mia cara...Non c'è fretta, capirai tutto quando sarà il momento." mi rispose.
D'un tratto me lo ritrovai davanti.
Era a pochi centimetri da me, ma non riuscivo a guardarlo in faccia, perché era troppo alto, i miei occhi non arrivavano neanche alle sue spalle.
Mi prese con forza il mento e mi costrinse a guardarlo.
Ero terrorizzata. 
Presi il suo polso, e lo strattonai in modo tale che mi lasciasse il viso.
Lui lo fece.
Indietreggiai ancora.
Mi guardò e posi sorrise mentre si riavvicinava.
"Però...ti prometto una cosa" disse accarezzandomi la guancia.
"Tornerò presto...Tornerò a prenderti, per davvero."
 
Mi svegliai di soprassalto, per il cellulare che squillava incessantemente nella tasca dei miei pantaloncini. 
< Pronto? > risposi, avevo ancora la voce roca per via del sonno.
< Si può sapere che fine hai fatto?! > era la voce di Chat, che urlava arrabbiata.
Quanto avevo dormito? Allontanai un attimo il cellulare per controllare l'orario sul display: le 12.35.
Considerando che ero uscita di casa verso le 10.00 era normale che fosse preoccupata.
Mi schiarii la gola.
< Ehm... a dire la verità mi sono addormentata... Ma ora torno a casa. >
sbuffò spazientita.
< Ti sembra normale che sono qui a chiamarti e mandarti messaggi da più di due ore e tu non rispondi? > disse irritata.
< Dove sei? > aggiunse.
< Nel bosco, ma ti ho detto che sto tornando, quindi ci vediamo tra dieci minuti. > sbadigliai. 
< Si,ciao. > e riattaccò.
Non potevo biasimarla, ero completamente sparita eppure non avevo sentito il cellulare che squillava.
Lo rimisi in tasca e mi incamminai verso casa.
 
Durante il tragitto, non potei fare a meno di ripensare all'uomo del sogno, era strano ma il mio stomaco si dimenava ancora per la sensazione di paura e ansia.
Eppure non era reale.
"Tornerò a prenderti,per davvero." Cosa significava?
Avevo paura, perché l'ultima volta che mi ero sentita così, era stato molti anni prima, quando precedentemente all'incidente, avevo sognato tutto, la casa che bruciava, io che tentavo di attraversare il fuoco per arrivare dai miei genitori e dalla piccola Freya, i vigili del fuoco che mi tiravano fuori e Michael che mi abbracciava...Avevo sognato tutto prima che accadesse, un avvertimento, una premonizione,ma non avevo detto niente agli altri, era solo un sogno, e poi all'epoca avevo solo dieci anni.
Eppure dopo sette anni, riprovavo la stessa sensazione di angoscia mischiata alla consapevolezza che stesse per succedere qualcosa.
Scossi la testa per scacciare via quei pensieri.
Ero arrivata davanti la porta di casa così entrai e mi diressi in cucina.
Come al solito c'erano i ragazzi che mi aspettavano impazienti, e dal soggiorno si sentivano le voci degli zii che guardavano la tv, commentando un programma sportivo.
La zia doveva essere al lavoro e sicuramente nonna era in giardino a curare le sue piantine.
Non entrai subito nella stanza, prima mi fermai davanti la porta e presi un grande respiro, per calmarmi e togliermi di dosso quella sensazione terribile.
Poi camminai fino a colmare la distanza che c'era tra me e la porta.
< Era ora! > sbottò Cath quando mi vide entrare. 
Mi guardava infastidita. 
< Senti, scusa ok? E che sono andata a fare una passeggiata e mi sono addormentata. > dovevo proprio dirlo davanti a tutti?
Si, dovevo! < e...non ho sentito il cellulare... > dissi facendo spallucce. 
< Ma... > iniziò. 
< Va bene...ok,lasciamo stare... > disse infine. 
< Stai scherzando, vero? > si intromise Michael. < Non lasciamo stare un bel niente, la signorina la prossima volta starà più attenta a non addormentarsi nel bosco! > disse in tono ironico. 
Lo guardai in cagnesco. 
< Che vuoi dire? > sbottai.
Mi guardò severo < Sono tuo fratello maggiore e come tale, ho il dovere di punirti se fai qualcosa che non dovresti fare, quindi mi dispiace, ma sei in punizione per le prossime due settimane. > Ma che...? Aveva forse bevuto? Cosa stava blaterando? 
< Ma che stai dicendo? > chiesi stranita. 
< Mi dispiace. > disse facendo spallucce e scuotendo la testa.
Era pazzo! Lui che metteva in punizione me? Per cosa poi? Per una cosa del genere. 
Avevo già chiesto scusa... < Tu hai capito male, se pensi di avere questo diritto solo perché sei più grande di qualche anno. > dissi fredda. < Non sei ne mio padre, ne tantomeno il mio "tutore"! > aggiunsi infine. 
< Certo, ma zio Dave è d'accordo con me. > rispose. 
< Si, mi dispiace ma è così. > disse questo alle mie spalle.
Mi voltai.
Qui sono tutti fuori di testa! In fondo non ho ucciso nessuno! 
Scossi la testa < Siete tutti fuori di testa! > sbottai, poi mi girai e superai velocemente mio zio, per andare nella mia camera.
 
Entrai e mi richiusi la porta alle spalle, poi mi buttai sul letto e rimasi a pensare.
Una cosa era certa, qui erano tutti fuori di testa.
Un raggio di sole mi colpì, così quando mi voltai a guardare la porta finestra ebbi un'idea.
Se fossi uscita di li, anche solo per una o due ore, nessuno se ne sarebbe accorto.
Lasciai il cellulare sul letto, mi alzai, spalancai la finestra e uscii nel grande giardino.
Piano mi avvicinai alle pareti della casa e mi abbassai per non essere vista attraverso le finestre.
Mi fermai quando sentii delle voci...< Avete esagerato, in fondo non ha fatto niente di grave. > Ethan.
< E' per il suo bene. > si intromise Zach. 
< Con lei qui per due settimane,sarà più facile. > Michael.
Sarà più facile cosa?
Scossi la testa, superai il recinto e poi accelerai il passo sempre di più.
Fortunatamente nonna doveva essere già rientrata.
Avevo bisogno di stare per conto mio, almeno per un po’.
Saaaalve gente, scusate la lunga attesa ma è vacanza per tutti credo possiate capirmi!!
Ecco qui un nuovo capitolo per la storia, ma non ammazzatemi dato che ancora non ci sono molti momenti Chris/Zach ecc... So che volete la "passione" ma per me è ancora presto, non mi piace affrettare le cose, vi posso solo assicurare che se seguirete la storia ci saranno dei colpi di scena e chissà ... forse salterà fuori un altro contendente per il cuore della nostra Crishtine!!! Spero vi piaccia se vi va leggete e recensite :D
Baci Fra_2897

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 
 
Camminai molto e mi fermai soltanto dopo mezz'ora.
Ero in città seduta su una panchina dall'altro lato della piccola chiesa, quando vidi un gruppo di ragazzi che si avvicinava.
Non sapevo se rimanere ferma li, oppure andare via facendo finta di niente.
Optai per la prima opzione, era giorno e c'era molta gente in giro, non poteva capitarmi niente di male.
Così rimasi li seduta e alzai la testa per guardare il cielo.
Quando però l'abbassai il gruppetto era sempre più vicino, così riuscii a vedere il ragazzo che stava davanti agli altri.
Lo esaminai per bene.
Aveva occhi scuri e capelli neri arruffati. Mi soffermai a guardarlo molto più a lungo di quanto avessi dovuto fare, poi mi sorrise.
Li, con quel sorriso mi ricordai.
Era lui, Jackson, il mio migliore amico da bambina, lo adoravo, stavo sempre con lui, ed era incredibile rivederlo dopo tanto tempo.
Nonostante fosse più grande di me di solo un anno, mi parve enorme.
Mi salutò con la mano e accelerò il passo per raggiungermi.
Saltai giù dalla panchina e gli corsi in contro.
Poi gli saltai letteralmente addosso.
< Non ci posso credere! Sei tu! > gli dissi, ero ancora avvinghiata a lui.
Ricambiò l'abbraccio e mi strinse.
< Mi sei mancata. > mi sussurrò all'orecchio.
Mi staccai leggermente da lui.
Era diventato enorme.
Più alto di me - non che ci volesse molto - muscoloso e potrei aggiungere, bellissimo.
Aveva la carnagione scura, più o meno come la mia.
< Dio, come sei cambiata. Quando sei tornata? > mi disse guardandomi da capo a piedi. 
Feci spallucce.
Salutò i suoi amici e così rimanemmo soli.
< Qualche giorno fa...Non credevo abitassi ancora qui, non ci siamo più visti. Raccontami un po...come sei stato in questi anni? >  sorrise.
Ricordai che quando avevo 7 anni mi ero presa una cotta per quel sorriso così dolce e bello.
Mi faceva piacere vedere che il nostro rapporto, nonostante la lontananza, non fosse cambiato.
Superata la cotta, per me era sempre stato come un secondo fratello.
< Be... a parte il fatto che mi sei mancata...tutto bene... sai ho lasciato da poco la mia ragazza. >  lo guardai, ma non sembrò triste per questo. 
< Oh...mi dispiace...come mai? > . 
Fece spallucce.
< Semplicemente, non era adatta a me. Tipica bambolina bionda che pensa solo ad essere popolare...e bla...bla...bla... > . 
Sorrisi. 
< Tu,invece? Quanto resti? > mi domandò. 
< Resto...non vado più via. > dissi felice. 
< Davvero? > i suoi occhi sprizzavano felicità, così annuii e lui mi abbracciò. 
< Aspetta che lo dica ai miei. Saranno al settimo cielo! > .
I suoi genitori mi avevano sempre voluto bene, lui era figlio unico e quindi per loro ero come la figlia che non avevano mai avuto.
Gli volevo un bene dell'anima.
Poi però mi ricordai che i sui erano amici dei miei zii e non dovevano assolutamente sapere che io ero qui, fuori di casa, quando avrei dovuto essere in punizione. 
< Ehm...in realtà...non credo sia una buona idea che tu glielo dica adesso. > dissi mordicchiandomi il labbro inferiore.
< Che hai combinato? > mi chiese divertito. 
< Be...in mia difesa dico che non ho fatto niente di così grave, ma comunque dovrei essere in punizione... > scoppiò a ridere.
< E' proprio da te... > disse tra una risata e l'altra.
< E' ridicolo, questa mattina stavo facendo una passeggiata e mi sono addormentata nel bosco, non ho sentito il cellulare che squillava e quando sono tornata a casa Dave e Michael hanno perso la testa. Ma a parer mio hanno esagerato. >  dissi sicura.
< ...Be, sono sempre stati molto protettivi nei tuoi confronti, soprattutto tuo fratello. > disse.
Guardai l'orologio, dovevo tornare a casa, così alzai lo sguardo e poi parlai < Puoi aiutarmi ad evadere? > chiesi con occhi da cucciolo sporgendo il labbro inferiore così da sembrare una perfetta bimba alla quale non si può dire di no, lui sospirò. 
< Tutto quello che vuole principessa. > 
Sorrisi. 
< Ok, allora tu fatti trovare pronta per le 21.30, quando senti il campanello suonare, esci di casa e aspettami all'incrocio infondo alla strada, al resto penso io. > 
Mi aveva sempre appoggiata, anche quando avevo in mente cose pazze o insensate. 
< Ok, grazie mille. > lo abbracciai forte e gli stampai un bacio sulla guancia.
< Mi sei mancato tanto. > dissi infine.
Poi mi voltai e camminai verso casa.
 
Arrivai alla villa circa mezz'ora dopo e sempre molto silenziosamente scavalcai la recinzione, attraversai il giardino -facendo attenzione alle finestre - e prima di girare l'angolo mi bloccai spiando, nel caso qualcuno avesse avuto la felice idea di uscire in giardino a prendere un po d'aria.
Ma la fortuna era dalla mia parte, infatti il giardino era deserto.
Così lo attraversai velocemente ed aprii con la chiave che avevo appesa al collo la porta/finestra della mia camera che avevo chiuso dall'esterno in modo tale che nessuno potesse entrare.
Entrai e la richiusi alle mie spalle, poi rimisi la chiave al suo posto, attaccata alla collanina d'argento.
Mi avvicinai alla porta interna della camera e aprii anche quest'ultima.
Mi tolsi la maglietta e rimasi in reggiseno, anche questo rosa, con dei ricami bianchi.
Poi mi buttai sul letto.
Neanche due minuti dopo, lo schermo del computer sulla scrivania si illuminò, così mi alzai e andai a sedermi sulla sedia di fronte ad esso.
Era arrivata una e-mail dalla Francia, precisamente dalla mia migliore amica Lola, che avevo completamente dimenticato di chiamare in questi ultimi giorni.
Mi affrettai a leggerla.
Fortunatamente le punizioni di Dave non limitavano l'uso del Pc o del Cellulare.
 
"Chris,già mi manchi...qui va tutto bene.
Per l'estate sono arrivati dei ragazzi fantastici, e sarebbe bellissimo se tu fossi qui per poterli conoscere.
C'è uno in particolare...che...ehm...be non è male.
Anzi, che dico non è male?! E' praticamente perfetto. Hai presente quei bellissimi ragazzi che sembrano usciti da un romanzo della Meyer? Be...questo è meglio!..."
Posso immaginare, fidati che posso!
"Sarebbe tutto più bello se tu fossi qui... Potresti consigliarmi e farmi coraggio come solo tu sai fare.
Ho paura... Mi ha invitata ad uscire, io non ci ho pensato due volte ed ho accettato, ma se stessi correndo troppo?
Se mi stessi illudendo? O se facessi qualche figura di m***a?! (al diavolo la finezza! ù.ù)
Dovresti vederlo, ti giuro, che non ho mai visto niente di più bello. Si chiama Joseph.
E' alto, muscoloso, biondo e ha degli occhi...che...non so come descriverti...sono di un verde così...così...Be ti ho dato l'idea - almeno spero - scusami se non riesco a scriverti in modo decente, ma...be credo che ormai tu mi conosca abbastanza, da capire che sono completamente andata."
Non mi parlare di occhi!
"Ma...basta parlare di me, devi raccontarmi tutto...Li com'è? Hai conosciuto ragazzi o ragazze nuove? (Soprattutto ragazzi...ovviamente. ù.ù) oh, si... ci dev'essere per forza qualcuno! Scrivimi tutto, ogni singola cosa, ogni particolare.
Dio come vorrei esser con te! Ora però, devo andare, mia madre mi chiama, vuole che l'aiuti a mettere a posto la libreria...Yeeee...che felicità! -.-"
Ci sentiamo presto...
PS:Ti prometto che appena posso prendo un aereo e vengo li!
PPS:Al più presto ti manderò anche una foto con tutti i nuovi ragazzi, gli ho parlato di te!"

Finito di leggere, risposi:
 
"Tesoro mio, non hai idea di quanto mi manchi anche tu...E si, lo so che sono imperdonabile perché non ti ho chiamato, ma tra il fuso orario e i nuovi incontri, non ho avuto il tempo e il modo di farlo.
Qui è...ok...Non sto male, ma mi manca Parigi, mi manchi tu e tutto il resto.
Per non parlare di mio zio e Michael, sono completamente fuori!
Mi hanno messa in punizione per due settimane, solo perché oggi facendo una passeggiata, mi sono involontariamente addormentata sotto un albero! Ma dico io!
Comunque, tralasciando questo piccolo "dramma" personale, tutto sommato non è  male stare qui...
Di ragazzi be si, ne ho conosciuti alcuni e uno è abbastanza carino, si chiama Zach..."
Carino? Solo carino? BUGIARDA!
"Ma dovresti vederlo è uno stronzo! Totale! Appena ne ha l'occasione è li pronto a fare qualche battutina stupida!
Ma vabbè... tralasciando questo oggi sono "evasa" dalla mia camera, e indovina un po chi ho incontrato?!
Jackson! Si, il mio Jack! E' magnifico, almeno in questa gabbia di matti c'è qualcuno che mi aiuta...
Stasera mi aiuta ad uscire di qui... Ti giuro, gli voglio tremendamente bene! E poi è così bello! Dovresti vederlo!
Per quanto riguarda quel ragazzo, Joseph, be vai, buttati, sii te stessa e vedrai che andrà bene.
Non avere paura.
Ora vado, ma ti prometto che ti chiamerò presto.
                                                                            Un Bacio."
Finii di scrivere, ed inviai.
Poi mi allontanai dalla scrivania alzandomi dalla sedia e infilandomi la canotta, che avevo lasciato sul letto.
Speravo in un ultima possibilità, così presi un profondo respiro, e spalancai la porta della mia camera, avviandomi verso la cucina.
Come avevo previsto Dave era li, stava seduto su una sedia e guardava la TV.
Mi avvicinai e toccandogli un braccio dissi < Posso parlarti? > il mio tono era cordiale ed educato, se volevo ottenere qualcosa questo era il miglior modo.
Rimase serio e fece cenno di si con la testa però non spense la TV, non abbassò il volume, ne tantomeno si degnò di guardarmi.
Così mi sedetti su una sedia in attesa che mi guardasse.
Dopo qualche secondo si girò sospirò e abbassò di poco il volume della TV.
Io sorrisi gentile.
< Senti. So che ho sbagliato ad addormentarmi così. > sembrava una barzelletta, non lo avevo neanche fatto di proposito. 

Dissi facendo gli occhi da cucciolo, di solito nessuno resisteva a questi.
Mi guardò disperato poi scosse la testa e abbassò lo sguardo. < Io...Non posso...senti facciamo che...sei in punizione solo per una settimana, non chiedermi altro. > niente da fare.
Il sorriso sparì dalle mie labbra < Grazie lo stesso. > dissi a bassa voce, poi mi alzai e tornai in camera.
Be, era meglio di niente.
Erano le 15.30.
Non avevo pranzato e lo stomaco brontolava, ma nonostante avessi dormito tanto ero stanca, inoltre, non avevo voglia di andare in cucina per prendere qualcosa da mangiare, così mi buttai sul letto e dopo poco mi addormentai.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
 
Quando qualche ora dopo mi svegliai e misi i piedi per terra nel tentativo di alzarmi dal letto, fui costretta a bloccarmi.
La testa mi pulsava, gli occhi bruciavano e i contorni degli oggetti e dei muri che mi circondavano non erano più nitidi come prima.
Doveva essere colpa degli occhiali, si perché avrei dovuto portare gli occhiali, ma la sbadataggine me li aveva completamente fatti dimenticare da quando ero arrivata qui. 
Rimasi così per qualche secondo, poi mi alzai e lentamente raggiunsi la borsa sulla scrivania, dovevano essere da qualche parte li dentro, frugai un po e non trovandoli, presi la borsa la ribaltai facendone cadere tutto il contenuto sulla scrivania.
Passai in rassegna tutto ciò che c'era.
Un porta monete, la pochette per i trucchi, dei fazzolettini, l'mp3 con le cuffie ma niente porta occhiali.
Strano, ricordavo perfettamente di averli messi li.
Mi sforzai di ricordare mentre rimettevo al loro posto nella borsa gli oggetti.
Mi guardi intorno ma niente. 
Spariti, volatilizzati.
La testa mi scoppiava così mi risedetti sul letto e mi massaggiai le tempie.
Vorrei solo quegli stupidi occhiali! Solo che fossero qui, sulla scrivania! Urlai mentalmente.
Poi mi alzai, avrei chiesto a Michael se lui li aveva visti da qualche parte, quando lo feci, però fui costretta a strizzare più volte gli occhi, per capire se stessi vedendo bene o cosa.
La scatoletta contenente gli occhiali era li, semi aperta davanti ai miei occhi, accanto alla borsa sulla scrivania.
No, non è possibile.
Mi affrettai a prendere quei maledetti occhiali e a metterli.
Stavo diventando pazza? Probabile.
Eppure ero più che sicura di aver controllato, prima li non c'era niente.
Se non: La mia borsa, un porta penne, dei post-it e il piccolo computer portatile.
Niente di più.
Niente occhiali.
Alzai le spalle come se stessi parlando con qualcuno e poi controllai la sveglia.19.45 
Avevo dormito circa 4 ore.
Mi stiracchiai girando il collo indolensito prima da un lato e poi dall'altro.
Poi mi alzai e andai nel soggiorno.
Mi sedetti sul divano poggiando la testa alla spalliera morbida e invitante.
Chiusi gli occhi respirando piano, il mal di testa era quasi scomparso del tutto.
Un colpo di tosse richiamò la mia attenzione.
Non aprii gli occhi, sapevo chi era, non so come ma ero sicura fosse lui. 
< Ciao Zach. > dissi alzando prima la mano e poi lo sguardo.
Lentamente il dolore si era calmato completamente, lo sapevo che era colpa degli occhiali!
< Bonsoir Mademoiselle. > 
Intonò il saluto in perfetto accento francese, accompagnato da un occhiolino e un sorriso – mozzafiato - aggiungerei. 
< Comment ça va? > risposi io, fiera della mia perfetta conoscenza delle lingue, perché non è da tutti saper parlare tre lingue dalla nascita, ad altri erano necessari svariati anni di studio per impararle perfettamente.
Io invece sapevo benissimo Italiano, Francese, Inglese e me la cavavo abbastanza anche con lo Spagnolo e il Tedesco.
Mia madre era professoressa universitaria di lingue, così era sempre stata ossessionata dal fatto che io dovessi saper parlare bene oltre l'italiano, almeno l'inglese e il francese.
Sorrise, roteando gli occhi consapevole del tono di sfida usato da me pochi istanti prima per rispondere alla sua muta provocazione.
Non leggevo nella mente, ma si capiva benissimo che lo aveva fatto apposta, daltronde sapeva che venivo da Parigi.
Sospirò 
< ..benissimo grazie... > aggiunse sbuffando, mentre venne a sedersi accanto a me.
Aspettai per fargli capire, che a quel punto avrebbe dovuto chiedere lui a me se andava tutto bene.
Ma aspettai inutilmente perché dopo un minuto ero ancora li a guardarlo corrugare le sopracciglia facendo finta di niente.
Così parlai io. 
< Oh, si certo tutto bene anche per me, grazie per l'interessamento! > dissi euforica gesticolando per prenderlo in giro.
Alzò gli occhi al cielo e poi scosse la testa, prendendo un profondo respiro.
Si passò una , mano tra i capelli biondi, poi tornò a guardarmi. 
< Lo sai che sei sexy con gli occhiali cherie? > disse con voce seducente, mentre si mordeva le labbra e arricciava il naso per prendermi in giro.  
< Cherie?...Ma per favore! Puoi fare di meglio! > 
Alzò un sopracciglio < Ma davvero? > disse in tono ironico. 
< Davvero. > confermai, guardandolo negli occhi, ormai mi ero abituata alla sensazione di immenso che ci si poteva trovare.
Si avvicinò con il viso al mio. 
< Ma non ce l'hai una casa? > dissi in tono di sfida. 
< So che muori dalla voglia di baciarmi. > mi sussurrò con tono consapevole e altezzoso.
Il fiato freddo mi colpì sulla fronte, provocandomi tanti piccoli brividi che percorrevano la spina dorsale, partendo dal basso, fino ad arrivare al collo.
< Oh, non sai quanto... > dissi lentamente con voce altrettanto consapevole, altezzosa e ci aggiungerei anche sensuale. 
Mi avvicinai ancora di più, i nostri nasi ora, quasi si toccavano. 
Gli sfiorai delicatamente con la punta delle dita il braccio, disegnando tanti piccoli cerchietti immaginari e poi proprio sul più bello quando le nostre labbra stavano per toccarsi, successe tutto in un attimo. 
Con la mano libera, che tenevo appoggiata dietro la schiena afferrai un cuscino, lo portai davanti a me e glielo scaraventai in faccia.
Poi mi alzai e gli passai di fianco. 
Era ancora immobile, con gli occhi spalancati e le sopracciglia sollevate, quando mi chinai per sussurrargli lentamente all'orecchio: < Non te lo hanno insegnato?... A giocare col fuoco ci si brucia ... Mon Chéri! > sorrisi quando alzò leggermente la testa per guardarmi e notai che aveva un sopracciglio alzato ed un leggero ghigno sulle labbra.
Poi me ne andai, lasciandolo li seduto.
 
Andai in cucina dove la nonna e zia Coreen stavano preparando la cena.
< Vi do una mano. > dissi, ma la nonna fece cenno di no con la testa.
< Se vuoi puoi portare questi fuori. Qui abbiamo finito > disse sorridente indicando i piatti messi ordinatamente uno sull'altro che stavano sul tavolo.
Aspetta un momento... Ha detto fuori? Che vuol dire fuori? No, non mi dire...No, merda! Non oggi!
Mi mordicchiai le labbra spazientita...
< Fuori?! > chiesi incerta piegando la testa da un lato.
Lei annuì, così rassegnata presi i piatti e li portai in giardino, sistemandoli sopra la grande tovaglia con i girasoli, sull'enorme tavolo.
A cena con noi, restarono Zach, Ethan e Juliet - che rimasi sorpresa quando la notai stare sempre appiccicata a mio fratello - gli altri tre, erano dovuti andare ad una festa organizzata dai genitori, non ho ben capito in onore di chi o di cosa.
Da quando ero arrivata, erano sempre stati qui, tutti i giorni, non che non mi piacesse averli come ospiti, ma semplicemente mi sembrava strano...
Mangiai di fretta, e quando alle 21.32 suonò il campanello scattai in piedi urlando velocemente < Vado io! >, forse un po troppo velocemente, infatti tutti si girarono a guardarmi.
Così mi affrettai ad aggiungere < Ho già finito di mangiare, così voi potete continuare. > spiegai, sperando di sembrare almeno un po convincete.
Poi andai verso la porta e sapendo di trovarci Jack dietro la spalancai, facendo segno di parlare a bassa voce, dato che da quando mi ero alzata, li fuori era calato un silenzio che si manteneva ancora ora.
< Cambio di programma, resti a cena. > sussurrai al ragazzo che mi guardava con aria confusa. 
< Cosa è successo? > chiese con un tono altrettanto basso.
< Gli è venuta la felice idea di cenare fuori, perciò niente più evasione. > scossi la testa. 
< Quindi tu ora resti a cena. Hai saputo da amici che siamo tornati e stasera sei venuto a trovarci, per salutare. > 
Sorrise esasperato, poi mi diede un bacio sulla guancia, si raddrizzò e disse < Signor si signora! >, sorrisi, così richiusi la porta e lo accompagnai nel giardino.
Quando entrammo tutti ci guardarono e riuscii a percepire un veloce movimento, qualcuno si era appena riseduto. 
Grandioso, adesso mi spiano anche! 
Comunque, pregai che chiunque fosse non avesse sentito niente, mi avvicinai al tavolo, sorrisi entusiasta ed esordii con un: < Guardate un po chi è venuto a trovarci? > .


ANGOLO AUTRICE: Ebbene si! Eccomi qui ritornata dopo un periodo di assenza ingiustificabile per voi, lo so mi vorreste uccidere o sottopomi a delle torture medioevali e potrete farlo dopo aver letto il capitolo e magari avermi detto cosa ne pensate... No, ok...scherzi a parte mi scuso con tutti i lettori per la lunghissima assenza ma il pc ha fatto i capricci e mi è servito un po' di tempo per recuperare i capitoli...
Ora basta, prometto che aggiornerò più spesso adesso... ditemi che ne pensate di questo capitolo se vi va..
Baci Fra_2897

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
 
 
Dopo svariati saluti, abbracci e roba varia, feci accomodare Jack al mio fianco.
Restammo seduti al tavolo ma nessuno di tutti e due toccò niente, io perché avevo già mangiato, lui anche, aveva ringraziato e si era scusato perché aveva già cenato.
< Scusami, scusami davvero tanto, appena finiscono ce ne andiamo in camera, così possiamo parlare liberamente. > sussurrai avvicinandomi al suo orecchio, per non far sentire agli altri.
< Non preoccuparti. > rispose lui passandomi una mano dietro la schiena.
Non mi sembrava ancora vero che fosse qui, così senza pensarci, mi avvicinai gli diedi un bacetto sulla guancia e poi mi tuffai completamente fra le sue braccia.
Lui sorrise e ricambiò l'abbraccio stringendomi forte.
Restammo così per qualche secondo.
< Ti voglio bene. > gli dissi infine quando mi staccai da lui.
Avevo quasi le lacrime agli occhi per la gioia.
< Anche io ti voglio bene. > rispose sorridendo, per poi sciogliere definitivamente l'abbraccio.
Quando alzai la testa però, notai che Juliet - sempre appiccicata a mio fratello - , Zach e Ethan ci guardavano.
Be, la mia famiglia era abituata al rapporto fraterno che c'era tra me e Jackson, mentre loro forse non si aspettavano un comportamento così...dolce?
Sorrisi, mentre gli altri distoglievano lo sguardo.
Solo Zach rimase a guardarci con un'espressione schifata; sopracciglia corrugate, naso arricciato e labbra tese in una smorfia.
Lo fissai limitandomi ad alzare le spalle e sorridere, sapevo che gli dava fastidio.
Poi presi il bicchiere di coca davanti a me e mentre me lo portavo alla bocca facendo cadere il liquido fresco e frizzante in gola, lui disse: < Hai mai pensato di fare l'attrice? > .
Sorrise. 
Sapevo bene a cosa si stava riferendo e sobbalzai quando ripensai a quello che era accaduto prima.
Il suo fiato sul mio viso, i nostri nasi che si sfioravano, le nostre labbra a pochi millimetri di distanza le une dalle altre...
Tossii quando il liquido mi si fermò in gola, mozzandomi il respiro.
Presi un profondo respiro, poi lo guardai, mordendomi le labbra per la rabbia, con tanta violenza che temetti potessi bucarle.
Lui sogghignò, poi mi guardò a sua volta sorridendo consapevole del fatto che avessi capito a cosa si riferiva.
Stronzo. Riuscii solo a pensare.
Poi parlai. 
Fregato. 
Non avrebbe mai ammesso di non essersi accorto della mia recita di prima, eppure io sapevo benissimo che ci era cascato in pieno.
Non rispose, si limitò a guardarmi inarcando le sopracciglia come faceva sempre.
Nel frattempo, gli altri avevano finito di mangiare, così mi proposi per aiutare a ripulire, ma Coreen mi disse che non c'era bisogno.
Allora mi rivolsi a Jack < Che facciamo? > chiesi.
Lui guardò qualcosa dietro di me e indicò il dondolo alle mie spalle.
L'aria fuori era perfetta, così fui ben felice di rimanere in giardino a  fare due chiacchiere.
Ci sedemmo.
< Allora, c'è qualcosa che dovrei sapere? > mi chiese corrugando le sopracciglia.
< No...niente di nuovo... > a parte sogni inquietanti, mal di testa, occhiali che spariscono e ragazzi stronzi, aggiunsi mentalmente.
 
Restammo così, seduti a parlare per un po'.
Poi verso le 23.00 mi salutò dicendomi che l'indomani mattina si sarebbe dovuto alzare presto per una partita di football.
Lo accompagnai alla porta e poi tornai al dondolo, buttandomici sopra, facendolo muovere avanti e indietro, mentre quel venticello provocato dal movimento, mi faceva rilassare completamente.
Chiusi gli occhi ma fui costretta a riaprirli immediatamente, perché non appena lo feci visualizzai l'uomo, quello che mi perseguitava nei sogni.
Riuscii solo a sentire una voce che gridava il mio nome. 
Greta.
Poi mi alzai in fretta per dirigermi velocemente in camera mia.
 
 
Prima di entrare però mi scontrai contro Ehan, che notando la mia paura e vedendo il mio passo frettoloso mi chiese se ci fosse qualcosa che non andava.
Lo guardai, la testa iniziava a fami male.
< Sei stato tu? > gli chiesi
< Dovrei sapere di cosa stai parlando? > mi rispose corrugando le sopracciglia.
< Fuori, sei stato tu a chiamarmi Greta? > aggiunsi frettolosamente .
< No, io ero dentro...ma, aspetta un momento cosa è successo? > .  
Sospirai, ora ero più calma. 
< Non lo so. Ho chiuso gli occhi, ho visto quell'uomo e poi ho sentito che qualcuno, qualcuno che urlava il mio nome. > spiegai. 
< Quale uomo? > chiese. 
Si era fatto improvvisamente serio.
Poi mi ricordai che non avevo parlato con nessuno dei sogni e del mal di testa che li seguiva ogni volta.
< Ehm...Nei sogni, mi è capitato già alcune volte..C'è un uomo, alto, con i capelli sfumati di blu scuro... > .
Non so perché gli dissi quelle cose, so soltanto che avevo bisogno di parlarne con qualcuno e quindi senza badare alle conseguenze e al fatto che molto probabilmente si sarebbe fatto una risata sopra tutta questa storia, gli raccontai tutto.
< Non so perché e tu penserai che sono solo sogni, ma mi chiama Greta e parla del fatto che io dovrei andare con lui ma che è troppo presto, so che non è reale, ma quando capita, mi terrorizza letteralmente. Per non parlare del fatto, che questi sono seguiti da tremendi mal di testa che passano dopo pochi minuti. > dissi tutto d'un fiato senza bloccarmi.
Poi mi portai le mani alla testa, il dolore adesso era acuto e bruciante.
< Stai bene? > mi chiese abbassandosi quando notò la smorfia di dolore che mi attraversò il viso.
< Si, è sempre così tra qualche minuto sarà passato. > risposi a voce bassa.
< Vieni. > disse guidandomi verso la cucina, mi poggiai sulla sedia e bevvi l'acqua che mi aveva offerto.
Posai il bicchiere e mi portai le mani alla testa, nel tentativo di far passare il dolore, che solo ora notavo, dopo ogni sogno o "apparizione" diventava sempre più forte e permanente.
La vista come al solito era annebbiata ma in più ora ero anche troppo surriscaldata.
In quel momento entrarono nella stanza Michael e Juliet, seguiti da Zach.
< Va meglio? > mi chiese Ethan tendendo una mano verso di me per sfiorarmi la fronte.
Quando lo fece, però si ritrasse immediatamente. 
< Ah...ma che?...sei bollente! > disse. 
< Che succede? > chiese Michael curioso.
Non risposi, ora che finalmente il bruciore intenso alla testa si era leggermente calmato, preferii non parlare come precauzione.
Rimasi li, con la testa fra le mani mentre Ethan spiegava agli altri quello che era successo e quello che avevo raccontato a lui.
Nel frattempo il dolore era diminuito ancora.
Quando ebbe finito di ascoltare, Michael si avvicinò e mi toccò la fronte che sentivo ancora troppo calda rispetto ad una temperatura nomale.
Poi si abbassò, mi abbracciò piano e mi sussurrò: < Non preoccuparti, passerà presto. > . 
Lo sapevo che sarebbe passato, infatti pian piano il dolore stava lasciando libera la mia mente e i miei occhi ripresero a vedere con lucidità.
Lui deglutì rumorosamente e io capii che c'era qualcosa che non mi aveva detto, qualcosa che sospettavo già da un po'...
< Va meglio. > dissi staccandomi leggermente da lui, per guardarlo in faccia.
Sorrisi per sembrare più convincente.
Il dolore era scomparso la vista era tornata perfetta e la mia temperatura anche.
Poi aggiunsi: < Devi dirmi cosa sta succedendo e so benissimo che sai di cosa sto parlando. Basta con le bugie. > .
Passò in rassegna gli sguardi degli altri tre ragazzi nella stanza che annuirono.
Poi mi guardò, ed infine disse: < Devo raccontarti un po' di cose. >


Angolo Autrice:
Salve carissimi lettori... Eccomi con un nuovo capitolo fresco fresco...
Il precedente non ha ricevuto recensioni, quindi mi sa che non è piaciuto a nessuno...
Dopo questo capitolo c'è quello che definisco il capitolo di "svolta" della storia, in quanto finalmente verranno spiegate molte delle cose che sono successe fin'ora, ma non vi anticipo nulla...
Sto pensando inoltre che se la storia non vi interessa o non vi piace e non riscuoterà un po' più i successo non continuerò a pubblicarla..
Io avrei già 20 capitoli pronti ma se li pubblicherò starà solo a voi.
Spero vi farete risentire e non abbandonerete la storia, mi dispiacerebbe moltisso!!
Baci Fra_2897

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 
 
Si sedettero tutti intorno al tavolo, Michael era quello più vicino a me.
Mi prese una mano e iniziò a giocherellare con le nostre dita.
< Allora, cos'è che devo sapere? > dissi in tono serio ritraendo la mano.
Alzò lo sguardo e i suoi occhi carichi di preoccupazione incontrarono i miei.
< Noi, discendiamo da un'antica famiglia Americana, i Byron. Loro non erano del tutto normali. > si fermò un attimo, sospirò e poi riprese < Era una famiglia di streghe. La più potente, quella che comandava su tutte le altre...La famiglia reale. A contrastarla però c'erano gli Audrey. > indicò Ethan. < ...la sua famiglia e i Cuthbert, ovvero la famiglia di Zach. > disse tutto molto velocemente.
Mi venne quasi da ridere. 
Streghe? Ahah. Si certo, come no.
 E poi cosa? Tu sei un lupo mannaro e Juliet un vampiro.
Corrugai le sopracciglia. 
< Maverick e Amabel Byron erano all'inizio del 1800 le due persone che avevano maggior rilevanza sociale nella famiglia, perché lui era stato eletto insieme alla moglie Amabel dal Gran Consiglio della Stregoneria, rappresentante ufficiale dei Byron.
Le grandi Famiglie, quelle reali avevano tutte dei rappresentanti che di solito venivano scelti per discendenza, anzianità o in questo caso per potenza. Infatti Maverick era uno degli stregoni più potenti e temuti che ci fosse in circolazione. Questi, si occupavano delle questioni politiche, economiche e territoriali. Proprio per questo erano costretti ad intrattenere finti rapporti "amichevoli", con i loro eterni avversari, ovvero le altre due famiglie reali e altrettanto potenti: gli Audrey e i Cuthbert. > .
Dentro di me pensavo "deve aver bevuto qualcosa che gli ha fatto male!", ma lo lasciai comunque continuare senza interromperlo. 
Maverick, era un uomo altezzoso, orgolioso, pieno di se, non gli importava di niente se non dei soldi e del potere. Al contrario però Amabel, che era stata costretta a sposarlo, per via dei matrimoni combinati, era una donna d'animo gentile, sempre disponibile e altruista.
Fu proprio questa, che un giorno mentre passeggiava con la sua dama di compagnia trovò qualcosa.
Era un cestino e al suo interno vi era adagiato un fagottino.
Quando la donna vi si avvicinò, quello che c'era li dentro si mosse.
Poi la vide.
Era una bambina, la più bella che avesse mai visto.
Aveva grandi occhi color cioccolato che si adattavano perfettamente alla forma leggermente arrotondata del visino paffuto, eppure tanto delicato.
Continuava ad agitarsi, racchiusa nella sua delicata copertina di seta, eppure non piangeva.
Teneva gli occhioni spalancati, fissi sulla donna e quando questa si avvicinò, le sue piccole e delicate labbra a forma di cuore si sollevarono in un dolce sorriso.
Fu in quel momento, quando la vide sorridere, così innocente, così sola, che decise di tenerla con se.
Solo con il passare del tempo questa si rese conto della potenza della bimba - che avevano chiamato Greta -  anche lei era una strega, a soli due anni però, aveva già la potenza di un adulto, infatti oltre ad avere un intelligenza molto superiore rispetto alla norma, aveva poteri paragonabili quasi ad una strega completa.
Quando Greta ebbe compiuto 14 anni, la sua potenza divenne completa.
Ora era persino molto più forte del padre Maverick.
Con la ragazza dalla loro parte i Byron erano in assoluto la famiglia più potete.
Maverick aveva ottenuto ciò che voleva e aveva intenzione di sfruttarlo, così contro la volontà di Greta e Amabel, dichiarò guerra agli avversari che si allearono tra di loro.
Greta rifiutò di combattere così i Byron passarono in svantaggio. Maverick morì subito e poco dopo anche Amabel fu catturata ed uccisa. La ragazza invece, riuscì a scappare.
Divenuta grande si sposò e ebbe due figli, nessuno dei due però aveva ereditato la straordinaria potenza della madre.
Dopo qualche anno gli Audrey e i Cuthbert riuscirono a trovarla e tornarono a darle la caccia, così quando riuscirono a catturare i figli, la ragazza appena ventenne cercò in tutti i modi di portarli via ma non ci riuscì, allora fu costretta ad usare tutta la sua potenza, ma lo sforzo le costò la vita.
Il marito e i bambini riuscirono a scappare. 
Lei invece aveva fatto proprio ciò che i "cacciatori" si aspettavano che facesse, liberando tutta la sua energia che loro erano riusciti a catture.
Era l'ultima notte d'estate dell'anno 1837. >
Sembrava una  di quelle storielle che si leggono nei vecchi libri per bambini.
Sospirai. 
< Ok, sorvolerò sul fatto che molto probabilmente hai bevuto qualcosa che ti ha fatto male e ti sta facendo dire queste cavolate...Ma anche se fosse, tutto questo cosa c'entra con me? > . 
Dovevo essere collegata in qualche modo a questa "Greta".
Si, poteva sembrare sensato tranne per il fatto che tutto il resto era assurdamente ridicolo.
Il suo sguardo si fece ancora più serio e mi penetrò, come a volermi scavare dentro, come a volermi convincere che stesse dicendo la verità.
Poi ricominciò a parlare. 
Ed è questo che adesso vogliono da te...Tu sei la sua discendente, a differenza di tutte le altre però, hai il potere. Tale e quale a quello che aveva lei.
Loro vogliono questo, vogliono fare a te quello che hanno fatto a lei.
Vogliono ancora più potere, così da poter sottomettere anche il Gran Consiglio della Stregoneria.
Stanno distruggendo tutto e tutti, anche le popolazioni che risiedono nel territorio che un tempo era dei Byron>. 
Stavo seriamente iniziando a preoccuparmi. 
Parlava sul serio?
< Oh.oh. Frena, ma parli sul serio? > dissi in tono stranito.
Lui sospirò e scosse la testa come disperato, poi mise le sue mani sulle mie braccia e le strinse forte.
In quel momento, il suo tocco mi provocò strane sensazioni, pian piano la consapevolezza che quella non fosse una bugia, si faceva strada dentro di me, diventando sempre più chiara e sicura.
< Devi credermi. Non sono mai stato più serio. > Disse puntando i suoi grandi occhi verdi nei miei.
Quello che vidi però mi fece scattare all'indietro, allontanandomi da lui.
Nei suoi occhi, c'era lo stesso terrore che senza saperne il motivo provavo anche io adesso.
C'era angoscia, frustrazione, paura e convinzione. 
< Basta, Smettila! > sbottai all'improvviso.
Ma lui non accennò a muoversi, rimase li davanti a me a fissarmi.
Non stava mentendo, sapevo che diceva la verità, eppure la mia parte razionale, era ovviamente in contrasto con tutto questo e non riusciva a capacitarsene.
Ripensai ai miei sogni, all'uomo che mi diceva che gli servivo ma che era ancora troppo presto.
Da quanto ne sapevo io, l'estate termina il giorno dell'equinozio d'autunno, che dovrebbe cadere intorno al 22 o 23 Settembre e noi eravamo ancora al 18 Giugno, era ovvio che fosse troppo presto.
Nonostante mi ripetevo di non farlo, lo feci.
Balzai in piedi e in un secondo mi ritrovai dall'altra parte della stanza, con gli occhi dei quattro ragazzi puntati addosso.
< Se...se voi...cosa ci fate voi qui? > dissi con voce tremante rivolgendomi ai due ragazzi seduti al tavolo.
Avevo paura.
< No, non preoccuparti, non avere paura, loro sono dalla nostra parte. >
Disse Michael tentando di sorridere, per rassicurarmi.
Non mi mossi. 
< Io e zio Dave sappiamo di questa storia praticamente da sempre.
Negli anni, le due famiglie hanno sempre controllato le discendenti Byron in cerca di quella che avesse ereditato i poteri. E poi sei arrivata tu. Così, il Consiglio che ora è alla pari degli Audrey e dei Cuthbert, consapevole di quello che questi vogliono fare, hanno convocato noi e gli altri ragazzi.
Siamo...una specie di programma, un programma di protezione… per te.
Loro sono qui perché lavorano per il Consiglio, sono dalla nostra parte, sanno che quello che stanno facendo le famiglie non è giusto. > mi spiegò con voce calma.
< Anche gli altri ragazzi… Dan, Chad e Micol sono...sono... > stavo per dire stregoni, ma la parola mi si bloccò in gola, così optai per qualcosa che potesse esprimere il concetto < Sono a conoscenza di tutto questo? > .
Lui scrollò la testa < No, e non devono saperlo, gli unici a conoscenza di questo siamo noi e la nostra famiglia. > . 
Mi avvicinai leggermente, facendo piccoli passi molto lenti. 
< E’ per questo che ti comportavi in modo strano? Prima la scenata, poi la punizione? >.
Alzò le spalle. 
< Credevamo che non saperlo, per te fosse meglio, ma ci sbagliavamo. Per quanto riguarda la punizione, mi dispiace, ma dovevo trovare un modo per saperti al sicuro. > . 
Poi mi si avvicinò e mi abbracciò. 
< Questo cosa vuol dire? Che starete sempre qui, per me? > .
Mi guardò con compassione < Mi dispiace. > mi sussurrò posandomi la bocca sui capelli. 
< E il mal di testa, dopo gli incubi? > chiesi poi. 
< Loro sanno benissimo che tu non sei in grado di usare i tuoi poteri, non ancora almeno, per adesso sono come disattivati e non saresti neanche in grado di sprigionare tutta la tua energia, proprio come vogliono. Quindi, stanno bloccando i tuoi poteri, la tua mente che si surriscalda per il tentativo di far uscire qualcosa che è stato forzato a rimanere li. Fanno tutto questo, perché quando sarà il momento lasceranno libera la tua mente, che a quel punto farà uscire tutta insieme l'energia accumulata, come serve a loro. Ah, prima che tu me lo chieda...no, questa storia non ha niente a che fare con le famose streghe di Salem. >
 
Un idea mi si formò nella mente e quando divenne troppo chiara parlai.
< Sono stati loro, vero? > dissi.
Gli occhi mi pungevano, ma non avrei pianto, non riuscivo a farlo. 
< Sono stati loro a provocare l'incendio che uccise mamma, papà e Freya. > non era più una domanda, sapevo che era così.
< Hanno pensato… > mi spiegò. < …che eliminando la tua famiglia, sarebbe stato più facile prendere te, ti avrebbero cresciuta e poi giunto il momento avrebbero fatto quello che c'era da fare. Sfortunatamente per loro non hanno tenuto conto di me e Dave, così hanno cambiato i loro piani...il resto lo sai già. > .
A quelle parole, mi si mozzò il respiro, ero stata io, era tutta colpa mia, era per me che loro erano morti.
Mi sembrò di essere trafitta da tante piccole lame appuntite, più e più volte.
Non dissi nulla ne guardai nessuno, semplicemente mi staccai da mio fratello e mi voltai per uscire da quella stanza che mi pareva diventare sempre più piccola, troppo stretta per riuscire anche solo a respirare.
Michael mi prese la mano, come a volermi fermare.
Io mi scostai e scossi la testa.
Avevo gli occhi lucidi, ma non riuscivo a piangere e questo forse, era uno dei tormenti peggiori.
Era come se sapevo di essere colpevole di tutto e volessi punirmi soffrendo.
Soffrendo così tanto da non riuscire a respirare.
Soffrendo dentro, all’interno, così che nessuno tranne me avesse potuto vederlo.
La cosa peggiore era però sapere che tutto quello lo meritavo.
Non piansi, solo mi voltai un attimo a guardare mio fratello negli occhi e poi uscii da quella stanza.


Angolo Autrice:
Ed eccomi di nuovo qui con, finalmente, il capitolo che vi farà capire un bel po' di cose...
Mi ci è voluta taaanta fantasia quando l'ho scritto, ma alla fine dopo tanto devo dire di essere soddisfatta di ciò che ne è uscito, spero sia lo stesso per voi.
Fatemi sapere che ve ne pare!!
Baci, Fra_2897

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
 
 
< Non ce la faccio! > sbottai disperata lasciandomi ricadere sull'erba umida del piccolo giardino.
Juliet e Zach erano di fronte a me e cercavano di insegnarmi ad utilizzare i miei poteri.
La lezione del giorno era " il fuoco " .
< So che è difficile, lo so ma concentrati. > mi disse Juliet con tono di incoraggiamento.
La casa era abbastanza isolata, quindi il giardino sul retro era perfetto per le esercitazioni.
Feci come mi aveva spiegato prima.
Allungai un braccio e aprii la mano con il palmo rivolto verso il cielo, piegai leggermente le dita, come a voler sostenere una coppa invisibile e poi mi concentrai.
Chiusi gli occhi. 
Esclusi tutto il resto, c'ero solo io e nient'altro.
Mi rilassai e feci quello che mi aveva detto di fare " visualizzare l'obbiettivo " .
Immaginai una piccola palla di fuoco che lentamente prendeva vita racchiusa nella mia mano.
Sentivo il fuoco che si formava dentro di me e poi con molta potenza, arrivava fino alla punta delle dita, formando una sfera incandescente. 
Feci un respiro profondo, mi concentrai sempre di più su questa immagine e quando riaprii gli occhi, lo vidi.
Il fuoco era li fra le mie mani, incandescente, eppure non bruciava.
Ce l'avevo fatta.
Non mi mossi, rimasi così a fissare la mia mano per alcuni istanti.
Poi mi concentrai di nuovo e visualizzai la sfera crescere di forma e dimensione, focalizzai l'obbiettivo e cercai di liberare più potenza possibile.
Il fuoco oscillò, poi il piccolo incendio si allargò, ma quando realizzai quello che ero riuscita a fare era già troppo tardi.
La mano era tornata vuota, senza ne bruciature ne rossore.
Me la avvicinai al viso, rigirandola più volte da un lato e poi dall'altro per controllare che non ci fossero danni. 
Niente. 
Era perfettamente intatta.
Alzai lo sguardo e fissai i due ragazzi che a loro volta fissavano me.
Juliet sorrise. 
Zach invece, fece un cenno d'assenso.
Nonostante lo sforzo non fosse stato enorme, la testa mi girava, conseguenza del fatto che la mia mente veniva bloccata da alcuni psicopatici che volevano uccidermi per prendere il mio potere.
Erano passate due settimane da quando avevo scoperto la verità.
Inizialmente ero rimasta chiusa in camera a pensare a tutto, anche al fatto che la morte dei miei genitori fosse colpa mia.
Poi però nonostante il dolore fosse ancora li a tormentarmi, lo avevo messo da parte - se così di può dire - per concentrarmi sugli allenamenti.
Mi avevano spiegato che avrei dovuto imparare ad usare i miei poteri, almeno in parte, perché quando fosse giunto il momento avrei dovuto combattere.
Avremmo dovuto combattere.
Non c'era altra soluzione.
Dovetti aggrapparmi al braccio di Zach per non cadere.
Lui di conseguenza mi prese per le braccia aiutandomi a stare in piedi. 
Avevamo passato le ultime settimane insieme e dato che stavano giorno e notte qui, avevo avuto modo di conoscerlo meglio.
< Non sono riuscita a controllarlo. > bisbigliai scuotendo la testa.
< Te l'ho detto, devi andarci piano, il tuo potere è più forte di qualsiasi potere normale e per questo, ci vuole più impegno per controllarlo, più energia, se ci aggiungi il fatto che qualcuno cerca di bloccare la tua mente...Per oggi hai fatto già tanto. Ora riposati, riprendiamo domani. > mi disse senza mollare la presa.
Erano le cinque di pomeriggio, mi ero allenata per tutta la giornata ma volevo continuare, potevo continuare.
La testa mi girava ancora, ma riuscii comunque a rimanere in piedi in modo equilibrato.
Così mi staccai da lui. 
< No. Io voglio continuare. > affermai decisa.
< Per favore, fidati di noi. Per oggi hai esaurito tutta l'energia, non riusciresti a fare di meglio. > mi disse sicura Juliet. < E poi, dobbiamo prepararci. > sorrise. 
< Cath è di sopra, che aspetta che finisca l'allenamento. Non facciamola attendere oltre. > .
Era il compleanno di Chad, avrebbe compiuto 18 anni, quindi aveva deciso di fare le cose in grande, affittando una di quelle mega-ville con piscina e tutto il resto.
Ovviamente, aveva invitato mezza città.
In quel momento, festeggiare era all'ultimo posto della lista delle cose che avrei voluto fare, anzi forse in lista non c'era neanche.
Ma i ragazzi avevano insistito per andarci e così adesso ero costretta a seguirli.
Stupido programma di protezione.
Juliet s'incamminò verso casa e io rimasi li a fissare Zach.
Più che fissare, lo stavo implorando con gli occhi.
Lui consapevole mi sorrise, come a prendermi in giro.
< Brutto str... > mi mise un dito davanti la bocca per zittirmi 
< Alt, alt...Queste non sono parole adatte ad una signorina. > disse prendendomi nuovamente in giro.
Scostai la sua mano e gli puntai un dito al petto. 
< Tu, se davvero sei qui per proteggermi, be allora fallo. Ti prego, non farmi affrontare tutto questo. >
< Oh, adiamo, che vuoi che siano due o tre ore in compagnia delle tue amiche, mentre vi preparate per una festa? Ogni ragazza lo adorerebbe. > fece spallucce
< E lo adoro anche io, ma non adesso, non con tutto quello che sta succedendo. Se solo penso che dovrò passare delle ore con loro sommersa da trucchi, scarpe e vestiti.. >
Sollevò un sopracciglio e sul suo volto apparve un ghigno divertito.
Nel frattempo Juliet si era avvicinata e mi tirava per un braccio.
< Ti prego. > tentai infine.
Ma lui alzò le mani e scosse la testa.
< Sei proprio uno stronzo. > dissi infine.
Poi rimasi a guardarlo, mentre Juliet mi trascinava in casa.
 
Passarono due ore e le ragazze avevano speso tutto quel tempo solo per scegliere i vestiti.
Eravamo nella camera di Cath.
Quando tutte furono vestite e truccate mi guardarono come se all'improvviso si fossero ricordate che c'ero anch'io, che per tutto il tempo non avevo fatto altro che guardare e dire " si, quello ti sta bene " oppure " Non preoccuparti del colore, si intona perfettamente alla tua carnagione ” . 
Io, ero ancora in Jeans e maglietta.
< Ok. > disse Cath. 
< Ora tocca a te. > 
No, ti prego.
Pensai di rifiutarmi, ma fu tutto inutile, perché in un batter d'occhio ero già nella mia stanza, sommersa da un mucchio di vestiti che avevano tirato fuori dal mio armadio.
Così mi rassegnai e decisi di godermelo, dopo due settimane di stress, avrei fatto finta di niente per una sera.
In fondo non era così male l'idea.
Sospirai e alzai gli occhi al cielo.
Poi mi alzai e iniziai a rovistare nell'armadio.
Quando trovai quello che cercavo lo mostrai alle altre.
< E' perfetto. > disse Micol. 
Sorrisi.
Mi feci una doccia veloce e poi mi infilai il vestito.
Abbastanza semplice, eppure molto bello.
Era un vestito aderente, che scendeva fino a metà coscia, ne troppo stretto ne troppo largo.
Il colore era azzurro chiaro e nella parte del seno, sopra la stoffa, erano ricamati piccoli fiorellini di pizzo nero.
Era senza bretelle, si allacciava dietro il collo e la spalla rimaneva scoperta.
Cath si offrì di truccarmi ed io accettai volentieri, Juliet invece si occupò dell'acconciatura.
Quando ebbero finito, mi alzai e Micol mi diede le scarpe che aveva scelto.
Non protestai, in effetti quelle erano tra le mie preferite.
Erano abbastanza semplici altre circa 12 cm, tutte nere, davanti erano aperte e senza decorazioni, si arricciavano leggermente al centro nella fascia frontale.
Erano le 20.30 e noi avevamo appuntamento alla villa con i ragazzi alle 21.00.
Presi la pochette nera e prima di uscire dalla stanza passai davanti allo specchio.
Il vestito mi stava perfettamente e aderiva a meraviglia alle curve del mio corpo, i capelli invece erano stati arricciati e raccolti in una crocchia ordinata dietro la testa, con qualche brillantino qua e la e qualche ricciolo che mi ricadeva sul viso.
Il trucco, perfetto anche quello, non troppo forte, ma delicato.
Uscii dalla stanza e mi diressi in soggiorno dove si trovava Michael che ci stava aspettando.


ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti... non oso neanche immaginare quanto vorreste uccidermi per questo ritardo stratosferico (ok, forse un po' lo immagino), chiedo umilmente perdono, il mio pc, come avevo già detto precedentemente, si è bruciato...ho dovuto recuperare tutti i dati e forse ho perso anche qualche capitolo che avevo già scritto. Insomma un casino!! Spero il capitolo vi piaccia e spero anche che continuiate a seguirmi e lasviarmi qualche recensione per farmi sapere che ne pensate.
Baci, Fra_2897 :)

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
 
 
Arrivammo alla villa più o meno in venti minuti.
Scesi dalla macchina, attraversammo l'enorme giardino con la fontana ed entrammo in quella che a parer mio era la casa più bella che avessi mai visto.
L'interno non era da meno, era stato addobbato perfettamente con ghirlande, fiori e qualche tavolo qua e la ricoperto di roba da mangiare o piramidi di bicchieri di cristallo e champagne.
Chad aveva fatto davvero le cose in grande.
Quando ci vide, si fece spazio tra la folla e si avvicinò.
< Ciao ragazzi! > disse sorridente < Siete arrivati finalmente. >
< Già. Tanti auguri. > sorrisi e lo abbracciai, le ragazze fecero la stessa cosa, Michael invece accompagnò l'augurio con una pacca sulla spalla.
< Hei, devo farti i complimenti, questo posto è davvero bellissimo. > dissi guardandomi intorno.
< Grazie mille, 18 anni si compiono una volta sola no? > sorrise.
Chiacchierammo per un po, e dopo avergli dato il nostro regalo, si allontanò per andare ad accogliere gli altri invitati.
Non credevo ci fosse posto per altra gente, nonostante la grandezza della casa.
Le mie ipotesi erano fondate, aveva invitato più o meno tutta la città.
Gli altri intanto si erano allontanati.
Così non sapendo che fare, iniziai a girare tra la folla in cerca di qualche viso conosciuto.
Micol e Cath parlavano con due ragazzi e pensai che interromperle sarebbe stato poco carino.
Lo stesso con Juliet e Michael, che se ne stavano in un angolino da soli a ridere e scherzare e a consumarsi con gli occhi.
Dopo qualche minuto passato così a girare nella speranza di incontrare qualche persona di mia conoscenza, finalmente intravidi Zach dietro il gruppo di persone che avevo davanti.
Così mi feci spazio e andai da lui.
Prima di farmi notare però restai ad osservarlo.
Se possibile era ancora più mozzafiato e sconvolgente del solito.
Portava una camicia bianca non del tutto abbottonata e incastrata nei pantaloni scuri quasi neri.
Mi si mozzò il respiro.
Distolsi lo sguardo, solo quando una ragazza mi passò di fianco e involontariamente urtò contro la mia spalla.
Intanto lui aveva salutato Chad e adesso si stava guardando intorno.
< Hei. > dissi mentre mi avvicinavo. 
Si voltò. 
< Hei. > rispose facendo un cenno con la mano.
Quando fui abbastanza vicina, mi squadrò da capo a piedi e poi accennò un sorriso.
< Com'è andata? > chiese trattenendo un ghigno.
Alzai gli occhi al cielo. 
< Per le prime due ore è stato tremendo, non ho fatto altro che dire " si quello è ok " , " No, quel colore è orrendo. " oppure " Quelle scarpe non si abbinano a tutto il reso! ” Davvero terribile.> dissi scuotendo la testa. 
Abbassò la testa da un lato e poi con lo sguardo percorse tutto il mio corpo, partendo dalle scarpe, fino ad arrivare ai capelli, aveva un espressione pensierosa.
Poi raddrizzò la testa e mi guardò. 
< Bè, direi che ne è valsa la pena. >  disse sollevando leggermente le sopracciglia con fare indifferente. 
Lo guardai con una finta espressione stupita. 
< Mi hai fatto un complimento? > chiesi con fare sorpreso. 
< Non ti ci abituare. > osservò lui. 
Sorrisi e scossi la testa.
< Mi sa che siamo solo io e te. > dissi facendo spallucce, non che la cosa mi desse fastidio, anzi.
Però decisi di stuzzicarlo un po. 
< Perché dove sono gli altri? > chiese curioso, passando in rassegna i visi della folla di fronte a noi in cerca di qualcuno che conoscesse. 
< Micol e Cath parlavano con due ragazzi e Juliet e Michael erano attaccati come due ventose. > risposi accompagnando il tutto con una finta espressione schifata.
Lui Sorrise, lasciando scoperta la fila di denti drittissimi e bianchi. 
< Quindi, dovrò sopportarti tutta la sera?! > aggiunsi con fare scocciato. 
Rise ancora.
< Ahah. Bella questa. Sono io che al massimo dovrei sopportare te e comunque non ci metto niente a trovare due ragazze che siano disposte a farmi compagnia. > .
Si guardò intorno < Potrei chiedere a lei. > disse indicando una bionda con un mini abitino scollatissimo, rosso fuoco e dei tacchi a spillo da 20 cm. 
< O a lei. > indicò un'altra bionda con una gonnellina che copriva a malapena il sedere e un mini top brillantinato.
Questa ci passò davanti e sorrise a Zach facendogli l'occhiolino. 
< Vedi? Quindi il problema è tuo. > sogghignò.  
< Ti piacciono le bionde? > chiesi alzando un sopracciglio. 
< Mmm... Be si... Non sono male, ma di solito preferisco le more. > rispose sollevando leggermente un angolo delle labbra carnose. 
< Bene, io vado a fare amicizia. > mi fece un occhiolino. 
< Ci si vede in giro. > concluse. 
< Aspetta... Ethan non viene? >  chiesi io nel tentativo di allungare la conversazione per farlo restare ancora un po con me.
< Si, ma arriva più tardi, aveva dei servizi da sbrigare. > detto questo girò i tacchi e sparì fra la folla.
Io rimasi li, di nuovo da sola.
Mi guardai in torno c’era troppa confusione.
Così uscii dalla casa e mi diressi vicino alla fontana.
Poi mi sedetti sul bordo.
Non c'era quasi nessuno, se non qualche ragazzo che ogni tanto passava per entrare nella villa.
Il cielo non era nuvoloso e da dove mi trovavo si potevano vedere le stelle nella loro più totale bellezza.
Rimasi così a fissarle per qualche minuto, poi abbassai lo sguardo, quando sentii dei passi avvicinarsi.
Di fronte a me c'era un ragazzo che mi sorrideva.
Un sorriso strano, inquietante.
Era alto, con capelli e scuri e occhi chiari. 
Bello. 
Non mi venne altro da pensare se non che era bello.
Quando però incontrai il suo sguardo, una sensazione terribile mi colpì.
Una piccola vocina dentro di me diceva di alzarmi e correre via. 
< Ciao. > disse con voce decisa, poi lentamente facendo piccoli passi, si avvicinò e mi si sedette accanto, io mi allontanai.
< Lo sai che sei proprio bellissima? > mi chiese.
Mi alzai di scatto e mi voltai incamminandomi verso la casa.
Ma lui mi bloccò prendendomi per un polso.
< Che c'è...Non ti piaccio? > chiese con voce dispiaciuta.
< Non so chi tu sia, ma lasciami, subito. > gli dissi scuotendo il braccio.
< Oh, che stupido. Non mi sono presentato, io sono Daniel Cuthbert, un cugino di Zach, tu devi essere Greta. > da come pronunciò quel nome, capii che sapeva tutto.
< Lasciami. Ora. > sibilai a denti stretti.
Ma lui fece tutto il contrario, mi attirò a se e mise un braccio in basso dietro la mia schiena.
< Non mi toccare. > Urlai. 
Cercai con tutte le forze che avevo di divincolarmi, ma era più forte di me e non di poco, poi mi concentrai e tentai di far apparire del fuoco nella mia mano, ma fu tutto inutile.
Anzi, servì solo a peggiorare la situazione, perché lui mi strinse più forte e piano piano si incamminò verso un lato del giardino, in un posto più appartato. 
Gli tirai un calcio, ma riuscì a scansarlo, i miei pugni invece sembravano non fargli neanche il solletico.
< Per ora, voglio solo...un bacio...nient'altro. > sorrise. 
< Non ti avvicinare. > Dissi in tono fermo.
Ma fu tutto inutile, perché in pochi secondi, mi ritrovai schiacciata contro un albero con le sue labbra sulle mie.
La sua lingua chiedeva accesso alle mie labbra che si serrarono all'istante.
Mi baciava con passione e io stavo li, tentando di divincolarmi senza nessun risultato.
Lentamente, la sua bocca scese sul mio collo.
Desiderai con tutta me stessa che si allontanasse, così all'improvviso, qualcosa lo colpì facendolo ricadere a pochi metri da me.
Ero stata io, il mio potere.
Non ebbi il tempo di muovermi e di realizzare ciò che avevo fatto, che me lo ritrovai di nuovo vicino che mi sorrideva divertito e allo stesso tempo più maligno di prima.
Indietreggiai.
Prima che potesse sfiorarmi ancora però, qualcosa lo scaraventò dall'altra parte del giardino e questa volta non ero stata io.
Il ragazzo steso al suolo, alzò leggermente la testa per guardarmi e poi sparì nel nulla.
Un attimo prima c'era e poi niente.
Il vuoto assoluto.
Non mi mossi, restai li a guardare il punto in cui era sparito.
< Stai bene? > Zach mi si parò davanti prendendomi il viso tra le mani per accertarsi che non ci fossero ferite. 
< Io...quel...lui mi ha... > non terminai la frase. 
< Ti ha toccata? Cosa ti ha fatto? > chiese guardandomi negli occhi.
Mi tranquillizzai solo quando incontrai l'oceano che vi trovavo ogni volta.
Sospirai.
< Lui mi ha... baciata... be... ha tentato di andare oltre... ho cercato di fermarlo, ma non ci sono riuscita, se non solo per un momento. > dissi con voce triste e ancora un po tremante.
Serrò la mascella, si era irrigidito.
Poi però fece ciò che non mi sarei mai aspettata da lui.
Mi si avvicinò mettendomi una mano dietro la testa e una dietro la schiena e poi mi strinse a se, con delicatezza, come se avesse paura di farmi del male.
< Non preoccuparti, è andato via. > disse in tono gentile.
Ricambiai l'abbraccio, e mi concessi per pochi secondi di godermi quel momento, così restai immobile, stretta a lui e sicura nel suo abbraccio, così caloroso e forte.
Poi si staccò da me e mi guardò.
< Grazie. > sussurrai guardandolo. 
< Vuoi tornare a casa? > mi chiese 
< No. Doveva essere una serata normale, ma ora so che non è possibile. > scossi la testa. 
< Comunque voglio restare. Devo solo andare al bagno. > cercai di sorridere, ma risultavo falsa anche a me stessa.
Mi accompagnò nella villa e poi mi diressi in bagno.
Gli occhi mi pungevano, ma non avrei pianto lo sapevo, non riuscivo a piangere.
Il problema, era che tutto era accaduto troppo velocemente, non riuscivo a gestirlo ne tantomeno a sopportarlo e solo il pensiero che sue settimane prima mi trovavo a Parigi a vivere normalmente la mia vita, mi faceva stare peggio.
Mi guardai allo specchio. 
Avevo un aspetto malandato.
I capelli erano completamente disfatti, ed il rossetto sbavato su tutto il mento.
Mi lavai la faccia, tanto poco mi importava del trucco a quel punto e sciolsi i capelli lasciandoli ricadere ricci sulla spalla.
Poi sospirai e tornai dagli altri.


Angolo autrice: Eccomi qui con un altro nuovissimo capitolo...Il precedente non vi è piaciuto? Fatemi sapere cosa ne pensate, per me è importantissimo il vostro parere, spero che con questo andrà meglio.
Baci, Fra_2897 :)

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13
 
 
Quando tornai nella stanza principale, dove tutti gli altri ballavano e si divertivano, cercai con lo sguardo Michael, era la persona che più avrei voluto vedere in quel momento.
Poi lo individuai, era in piedi in un angolo e parlava con Zach, nel frattempo anche Ethan era arrivato e si era unito alla conversazione.
Juliet e Cath ascoltavano senza dire niente.
Sapevo stesse raccontando il fatto appena successo e proprio non mi andava di stare li ad ascoltare la storia, per poi sentirmi dire " Hei, come stai? " oppure " Non ti preoccupare " o ancora " Stai tranquilla " se c'era una cosa che odiavo era proprio essere commiserata.
Prima mi era piaciuto sentirmi " protetta " da Zach, mi aveva aiutato, ma ero ancora frastornata per l'accaduto, o forse mi era piaciuto semplicemente perché si trattava di Zach.
Avevo sempre amato le storie con " la principessa in pericolo e il cavaliere che la salva " , ma quando poi sei tu che devi essere salvata, è un vero schifo.
La voglia di andare da Michael mi era passata e fortunatamente prima che potessi muovermi, mi ritrovai davanti Jackson che sorrideva.
< Jack! Ci sei anche tu! > sorrisi abbracciandolo.
< Già, a questa festa non manca proprio nessuno. > ricambiò il sorriso.
< Onestamente c'è troppa confusione e poi mi sto anche annoiando. > dissi
< Che fine hanno fatto i tuoi amici? O quello che ti mangiava con gli occhi l'altra sera...com'è che si chiama? Ah si... Zach. > rise.
Io feci una smorfia e gli tirai un pizzicotto sul braccio.
< Ah! Che c'è, è vero! > .
Alzai gli occhi al cielo e poi aggiunsi < Ma smettila. Non hai niente di meglio da fare?> mi guardò pensieroso. 
< Mmmh...Che ne dici se andiamo via di qui? > mi si illuminarono gli occhi, lui era il mio angelo custode, era proprio quello che volevo.
Ora, volevo andare via di li. 
< A casa mia? > chiesi.
< E' fatta! > annuì
< Devo solo avvisare Michael. >
Detto questo presi un respiro profondo e sorrisi, mi piaceva stare con Jack, lui mi faceva dimenticare tutto e arrivava sempre al momento giusto.
Poi ci avvicinammo ai ragazzi che continuavano a parlare.
Quando mi videro tra loro calò il silenzio.
Tutti si girarono a guardarmi.
Lanciai un'occhiata a Jack che si vedeva lontano un miglio stava trattenendo una risata.
< Siamo ad una festa. Non ad un funerale, rilassatevi ragazzi! > esclamai sorridente. 
Intravidi Zach scuotere la testa e sorridere.
Gli altri non si mossero.
< Dico sul serio, rilassatevi. > feci spallucce. 
< Ah, comunque volevo avvisarvi che io vado via con lui. > feci un cenno verso Jack che alzò la mando a mò di saluto.
< Dove andate? > chiese Michael. 
< A casa. > dove altro potrei andare se non sono al sicuro neanche li?!
I ragazzi si guardarono per un momento, come se stessero intrattenendo una conversazione telepatica.
Poi Ethan si girò a guardarmi < Chris...senti... > ma non lo feci finire, non avrei permesso a nessuno di rovinare il mio momento felice in quella giornata.
Così, alzai una mano per interromperlo. 
< Sentite...Basta così per stasera sul serio, vado a casa. Ve l'ho già detto è una festa, divertitevi... Ah e se vedete Chad, chiedetegli scusa da parte mia e ditegli che non stavo tanto bene e sono tornata a casa. > . 
Cath, che fino a quel momento era stata in silenzio disse: < Sta attenta. > .
Io feci spallucce, mi voltai e trascinai Jack fuori da quel posto infernale.
 
Quando arrivammo a casa, nonna venne ad aprirci la porta, era tardi, ma lei aveva l'abitudine di andare a dormire quando la notte era calata già da un po'.
Mia nonna, Elizabeth.
Era sempre stata una persona attiva e amichevole con tutti.
Infatti nonostante i suoi 72 anni, agli estranei appariva sempre più giovane.
Era una bella donna, con il viso a forma di cuore e dei grandi occhioni blu, scalfiti dal peso degli anni.
Altruista e generosa. 
Metteva sempre gli altri prima di se stessa e se poteva fare qualcosa per qualcuno, era li, pronta a sacrificarsi per aiutare il prossimo.
< Come mai siete tornati prima? > chiese guardando prima me e poi Jack mentre andava a sedersi sulla sua poltrona in un angolo della cucina.
< A dire il vero, ci stavamo annoiando e poi c'era un tale confusione. > arricciai il naso.
Lei fece spallucce, < Avete almeno mangiato? > chiese mentre richiudeva con cura la sua copia del libro di Sonetti di Shakespeare.
Amava leggere e questa passione posso dire di averla ereditata da lei.
Non avevo mangiato niente, se non una manciata di arachidi che avevo preso girando qua e la fra i tavoli del buffet e adesso che me lo faceva notare, il mio stomaco si stava contorcendo e tirava calci dall'interno.
Avevo avuto la mente troppo occupata per pensarci, almeno fino a quel momento.
< Io no. Infatti ho fame e non poca. > poi mi avvicinai al frigorifero e lo aprii. 
< Tu? > chiesi rivolgendomi a Jack che si era seduto su una sedia. 
< Hai mangiato? > 
Mi guardò < Oh, si...Sai non c'era niente di meglio da fare alla festa. > sorrise.
Preparai due Sandwich e gliene offrii uno, lui lo rifiutò così li mangiai entrambi io.
Poi salutammo nonna, che aveva ripreso a leggere e andammo in camera mia.
Mi buttai sul letto e rimasi così a guardare il soffitto.
Lui fece la stessa cosa però dall'altra parte.
< Hei... ma tu non eri in punizione? > mi chiese alzando la testa per guardarmi.
< Sono passate due settimane. > risposi.
< Già, be sono state dure? Tutta da sola per 14 giorni chiusa in casa? > mi prese in  giro.
Non hai idea di quanto siano state realmente dure.
Avevo passato praticamente tutti i giorni a fare pratica con i poteri.
Sarebbe stato meglio essere sul serio in punizione.
Ma ovviamente, questo non potevo dirglielo.
Afferrai un cuscino e glielo lanciai, lui lo prese al volo e ridendo me lo rilanciò.
Questo mi prese in pieno viso.
< Hei! > esclamai alzandomi per buttarmi addosso a lui con il cuscino tra le mani.
Una...due...tre cuscinate, poi mi guardò con aria di sfida e mi fece cadere sul letto cadendomi addosso.
Cominciò a farmi il solletico.
Sapeva che lo soffrivo tantissimo.
Dal cuscino, intanto erano fuoriuscite delle piume che svolazzavano qua e la.
Cercai con tutta me stessa di non gridare, per non svegliare o far preoccupare gli altri, ma non riuscii a trattenere un piccolo urlo. 
< No...ti...p-prego, smettila. > dissi ridendo come una matta e agitandomi sul letto.
< Eh, no. Cara. Non ti ricordi? Non si provoca Jackson Reese. > disse sorridendo beffardo.
< B-basta finiscila. > continuavo a ride. 
A quel punto, mi si avvicinò e senza smettere di farmi il solletico mi guardò negli occhi.
I nostri visi erano vicinissimi.
< Chiedimi scusa. > disse lui alzando un sopracciglio. 
< Mai! > risposi in tono affannato.
Così corrugò le sopracciglia e poi riprese a farmi il solletico più forte di prima.
< Aah. > urlai.
Proprio in quel momento, la porta della camera si spalancò facendo rimanere me e Jack immobili.
Era seduto sulle mie gambe con le mani sui miei fianchi, io invece avevo le mie sulle sue braccia.
Sull'orlo della porta c'era Zach che ci fissava con le sopracciglia sollevate.
Potevo immaginare cosa potesse sembrare quella scena agli occhi di un estraneo, ma non era così.
Non lo sarebbe mai stato.
Io vedevo Jack come un fratello, non avrei potuto vederlo diversamente e lo stesso era per lui.
Jackson mi guardò. 
< Ehm...vi lascio soli. > disse arricciando il naso mentre scendeva dal letto, io gli sorrisi. 
< Ci vediamo. > aggiunse anche lui sorridente, poi fece un cenno con gli occhi verso Zach, che continuava a guardarci e io gli lanciai il cuscino che di nuovo fece fuoriuscire delle piume .
< CI VEDIAMO. > dissi scandendo bene le parole, poi uscì facendo entrare l'altro ragazzo e chiudendosi la porta alle spalle.
Nel frattempo, un piuma mi era finita in testa così la presi e me la rigirai tra le mai.
Poi mi tirai un po su.
Zach intanto si era poggiato al muro di fianco al letto.
< Ti piace quel tizio? > chiese con espressione schifata.
No che non mi piaceva, almeno non in quel senso. 
< Cos'ha che non va? > chiesi sbuffando.
< Mmmh...be...semplicemente, non è me. > scherzò lui. 
E aveva proprio ragione, non mi piaceva perché non era lui e a me piaceva lui.
Alzai gli occhi al cielo. 
< Comunque che c'è? > chiesi ributtandomi sul letto per fissare il soffitto.
< Niente, sono appena arrivato e poi ho sentito urlare, quindi sono venuto a vedere cosa fosse successo. > alzò le spalle scocciato.
< Comunque, volevo parlare di quello che è successo stasera. > aggiunse.
Il tono scherzoso era sparito, lasciando il posto ad uno esperto e serio.
< Cosa? > chiesi.
Se c'era una cosa di cui non volevo parlare era proprio quella.
< Lo so sai, cosa sarebbe accaduto se non fossi arrivato in tempo, vero? Sarebbe andato oltre e... >
non trovò le parole adatte per continuare, era la prima volta che vedevo Zach Daren Cuthbert rimanere senza parole.
Chiusi gli occhi per un secondo, poi li riaprii e sospirai.
< Lo so. Cavolo, certo che lo so. Voi credete che io sia scema? Credete che non abbia capito che sono in pericolo, che non sono al sicuro nemmeno qui, nella mia camera? > sbottai con tono arrabbiato.
< Non potete pretendere che io passi 24 ore su 24 attaccata a voi, perché dovete proteggermi, vi ringrazio, davvero. Ma non mi interessa il programma di protezione, perché se deve succedermi qualcosa, succederà prima o poi. > dissi in tono rassegnato.
A quel punto, lui mi guardò con occhi che ribollivano di rabbia.
< Noi, rischiamo la vita ogni secondo per stare con te e proteggerti, non puoi comportarti così, come se niente fosse. > sbottò.
Era furioso.
< Lo so! E vi dico grazie per questo, ma non sono stata io a volerlo, non l'ho chiesto io. Mi dispiace. > dissi quasi urlando.
Avrei voluto piangere e maledii me stessa per non riuscire a farlo, così… sarebbe stato più facile.
Mi guardò schifato e quando notai l'espressione nei suoi occhi, il mondo mi crollò addosso.
Quegli occhi che avevo tanto amato, adesso erano pieni di odio e disprezzo.
Non erano gli stessi, mi parevano vuoti e senza profondità.
Poi parlò sputando le parole, che mi colpirono come fossero lance appuntite. 
< Sei solo una stupida bambina viziata! Va al diavolo. > mi urlò in faccia.
Così girò i tacchi e uscì dalla stanza facendo sbattere la porta alle sue spalle.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
 
 
< Ecco qua. > disse Cathleen lasciando cadere i libri impolverati sul piccolo tavolino in legno che avevo di fronte.
Quando sono state portate qui queste cose?
Ci trovavamo nella piccola mansarda all'ultimo piano di casa nostra, il posto dove da bambina giocavo con lei, Michael e molte volte anche con Jack, eppure non ricordavo di aver visto mai libri del genere li sopra.
Tossii. 
< Cosa possiamo trovare in questi libri? > chiesi avvicinandone uno per ammirarlo meglio.
Con il dorso della mano, spazzai via i residui di polvere accumulati sopra di esso, così da poter leggerne la scritta che compariva in caratteri antiquati sulla copertina rigida: " Antica arte della stregoneria " .
Nonostante avesse un aspetto vecchio e malandato, quando ne sfogliai le pagine ingiallite, notai che le scritte e le figure erano ancora intatte, nitide, come fosse stato appena stampato.
< Le risposte a quello che cerchiamo. > rispose prendendone uno.
< Tu inizi con quello, io vedo se qui c'è qualcosa. > fece un piccolo cenno con la testa verso il libro che aveva aperto tra le mani.
Aggrottai le sopracciglia... 
< Mmmh...e precisamente, cosa stiamo cercando? >
Alzò gli occhi al cielo e sbuffò < Stiamo cercando un modo per tenere al sicuro la tua mente, i tuoi poteri. Qualcosa che riesca a proteggerli, almeno in parte. Sai già che per una strega perdere tutti i poteri equivale a morire e se non dovessimo riuscire a proteggerti quando arriverà il momento, almeno così saremo sicuri che non morirai. >
Annuii abbassando gli occhi sul libro che iniziai a sfogliare dalla prima pagina.
C'erano cose che non mi sarei mai aspettata di vedere.
Incantesimi di localizzazione, di controllo mentale o fisico, pozioni della verità e roba varia, ovviamente sul libro erano presenti tutti i pro e i contro, le avvertenze per l'uso, alcune formule o pozioni erano efficaci solo se usate in un periodo prestabilito, alcune non avevano effetto su streghe e stregoni, altre sugli umani e così via. Sul manuale erano inoltre scritte accuratamente tutte le istruzioni per mettere in atto quello che vi si poteva leggere.
Ovviamente ogni capitolo (come fosse una cosa normalissima) era accompagnato da dettagliate illustrazioni di vario tipo e disegni variopinti.
Arrivai a metà libro e la testa iniziò a farmi male, riconoscevo quel dolore che ormai mi tormentava da giorni, sapevo che non era causa dei capelli bagnati o della poca frequenza con cui utilizzavo gli occhiali da vista.
Speravo, però che trovando il modo di proteggere i miei poteri, avrei protetto anche la mia mente, così anche il dolore sarebbe svanito.
Ma questa ovviamente era solo una mia supposizione, perché da quel poco che conoscevo di magia, quando del potere si sovrappone ad altro potere, non porta mai nulla di buono e la mia mente era già controllata (bloccata più che altro) da quelle persone che volevano " uccidermi " per assicurarsi il meglio di me, ovvero: il potere.
Posai il libro sul tavolo, quando il mal di testa divenne così forte che la vista si appannò e delle lacrime scesero sulle mie guance involontariamente.
Nel frattempo Cath, assorta com'era nel cercare " risposte " su quel grosso librone che aveva fra le mani, non si era accora che stavo poco bene e anche se fosse non avrebbe potuto fare granché, nessuno poteva fare nulla...
Dovevo solo sopportare qualche minuto e poi sapevo che sarebbe passato.
Così, per non recarle disturbo o farla preoccupare inutilmente, feci quello che facevo tutte le volte che capitava ed ero in compagnia di qualcuno, mi allontanai velocemente con una scusa.
< Devo andare un attimo al bagno, torno subito. > fece un ceno d'assenso con la testa, la mia voce non aveva tremato e dato che non aveva alzato la testa dal libro - fortunatamente - non mi aveva visto in faccia, perché se lo avesse fatto avrebbe capito tutto e dato che la conoscevo bene, si sarebbe anche allarmata inutilmente.
Così uscii a grandi passi, molto velocemente dalla stanza e scesi al primo piano, sempre attenta a mettere lentamente un piede dopo l'altro per non cadere.
Fortunatamente, nessuno mi vide, così sgattaiolai nel bagno e mi ci chiusi dentro.
Mi raggomitolai sul pavimento portandomi le gambe al petto e posandoci sopra la testa con gli occhi chiusi.
Sembrava come se qualcuno stesse bombardando la mia testa dall'interno, mi sentivo bruciare.
Singhiozzai involontariamente e quando una fitta più forte mi colpì dovetti trattenermi dall'urlare.
Mi portai le mani alla testa e con gli occhi ancora chiusi feci dei respiri profondi.
Restai così per 10 minuti abbondanti, finchè il dolore non svanì completamente, poi mi alzai e passai davanti allo specchio.
Avevo gli occhi arrossati per via delle lacrime, così mi lavai e asciugai velocemente la faccia.
Poi risalii da Cath, che nel farattempo era passata a sfogliare un altro manuale.
Completai la ricerca su quello che precedentemente avevo lasciato sul tavolo,ma non trovandoci niente, rovistai fra i libri sparsi qua e la di fronte a noi.
Doveva esserci qualcosa, doveva per forza, non avrei potuto sopportare ancora a lungo il dolore.
Scorsi alcuni titoli di ciò che avevo tra le mani: " Formule di base " e " Pozioni naturali " e ancora " I livelli avanzati e il controllo degli elementi: Terra, Acqua, Aria e Fuoco. "
Tutte cose utili ma non a me in quel momento.
Rovistai ancora un po, poi trovai un libro dal titolo " Amuleti e Talismani " .
Li poteva esserci qualcosa. 
Lo aprii e lessi quello che c'era scritto: " Gli amuleti e i Talismani sono oggetti consacrati per costruire catalizzatori di energia attraverso i quali la forza scorre per cercare di raggiungere l'obiettivo, che colui che ha costruito l'amuleto si è prefissato. Se portato addosso il talismano esercita sul possessore un forte influsso sia a livello protettivo che di carica personale, aiutandolo a superare le difficoltà... ”
Sotto la spiegazione c'era un vasto assortimento di immagini fornite di nome e descrizione.
Erano davvero molti, così cercai quello che poteva essermi d'aiuto.
Talismano della forza, della bellezza, della resistenza...Dopo svariati minuti passati così a cercare e ricercare, trovai quello che poteva fare al caso mio Talismano di Protezione.
Lessi la descrizione: " Questo talismano, ha la caratteristica di proteggere una parte fisica della persona che lo indossa... ”
Specificava una parte fisica, ma non ero sicura che la mente fosse proprio intesa come parte fisica, così cercai ancora e mi soffermai sotto il nome di " Protezione mentale "
Che diceva: " Questo è un talismano molto prezioso e richiede molta cura dalla persona che lo forgia.
Ha la caratteristica di sciogliere gli incantesimi che vengono lanciati a chi lo indossa.
Attenzione però, perché quello che vale per la mente non vale per il corpo e viceversa... "
Quindi da quello che avevo capito, questo talismano proteggeva o corpo o mente.
Continuai: " Ciò che serve per la sua creazione è un pezzo d'argento non lavorato e un diamante grezzo. "
Così di seguito continuava con le caratteristiche del diamante: " Per gli antichi Greci e Romani i diamanti erano le lacrime degli dei e i frammenti di stelle cadenti, gli Indù, addirittura, incastonavano i diamanti negli occhi di alcune loro statue. 
Secondo la tradizione il diamante ha la proprietà di sciogliere gli incantesimi o rivelare la verità, ma può perdere per sempre questa proprietà qualora venisse usato in maniera impropria. "
Poi elencava varie scritte e istruzioni su come fare per crearlo.
< Cath, forse ho trovato quello che ci serve. > dissi guardandola, era più di un ora che eravamo li a cercare senza risultati, così appena dissi queste parole, mi guardò e sorrise, borbottò un " finalmente! "
E poi aggiunse < Fa vedere. > 
Gli feci vedere quello che avevo trovato e quando ebbe finito di leggere, fui felice di sentirle dire che secondo lei era una buona idea.
< Ora il problema è uno solo... > dissi mordicchiandomi il labbro < Dove lo troviamo un diamante grezzo? > scossi la testa esasperata.
Possibile che non me ne andasse bene una?
< Oh, per quello non c'è problema! > disse con uno strano sorriso sulle labbra.
< Ce lo daranno i ragazzi. > disse convinta.
Scoppiai a ridere, una risata isterica < Certo come no, perché tutti in fondo abbiamo un diamante grezzo nel cassetto! > sorrisi ironica.
< Ma quanto sei scema a volte? > ridacchiò < Sono stati mandati qui dai membri anziani del consiglio e possono benissimo chiederlo a loro e anche se fosse, Juliet, Ethan e Zach hanno forse anche più soldi del consiglio stesso, non impiegherebbero molto a recuperare un diamante. > concluse facendo spallucce.
< Sapevo che avevano dei soldi da parte, ma non credevo tanti. > dissi guardandola.
< E non hai visto casa loro! > sbottò entusiasta.
< Perché? Cosa ha di tanto speciale? > 
< Mmmh...niente, quando la vedrai capirai. > 
Ero proprio curiosa di vedere dove i tre ragazzi vivevano, non mi avevano mai parlato di casa loro e adesso che ci pensavo, non mi avevano mai parlato neanche dei luoghi dove risiedevano il consiglio e le famiglie degli Audrei, dei Cuthbert e da qualche parte anche i Byron.
< Dove...si trova il consiglio...? > chiesi dopo qualche secondo di silenzio. 
< Cioè voglio dire, è qui da qualche parte, oppure si può raggiungere solo con la stregoneria? >
< Oh, si può raggiungere solo ed esclusivamente con la stregoneria, è diciamo un " mondo a parte " , ma tanto tempo fa, un gruppo di persone seguì uno stregone e lo vide mentre apriva il portale,così lo oltrepassò.
Il Consiglio li scoprì, ma a loro fu dato il permesso di rimanere, così si stabilirono li e andando a vivere nei luoghi controllati dalla " famiglia " alla quale avevano scelto di far parte.
E così che ancora oggi ci sono umani nei territori degli Audrei dei Cuthbert e quello che rimane dei territori che una volta erano dei Byron, ovviamente questi non possono rivelare a nessuno la stregoneria e ovviamente non sono capaci di praticarla. >
< Cosa ne è stato della popolazione dei Byron? Dopo la guerra intendo... > chiesi improvvisamente ansiosa per la sorte di quelle povere persone.
< Molti sono stati catturati e uccisi, altri resi schiavi e altri sono stati lasciati li, ma comunque senza più una casa o un posto dove stare, dato che avevano distrutto tutto. Pian piano, però sono riusciti a risollevarsi e a ricostruire la città, ma ora che ti hanno trovata, gli Audrey e i Cuthbert hanno ricominciato a distruggere tutto, forse perché sperano che così tu ti consegni a loro nella speranza di farli smettere. >
Rabbrividii a quelle parole, all'improvviso mi passarono nella mente una marea di immagini strazianti. 
C'era del fuoco, delle case quasi completamente distrutte, persone che piangevano per la morte dei loro cari, bambini che cercavano i genitori, c'era distruzione, c'era angoscia.
Sentii l'impulso di proteggerli, come fosse mio dovere e in effetti lo era, perché se loro erano li in quelle condizioni era solo per colpa mia, non che lo avessi voluto, ma se non fosse stato per me, sicuramente non sarebbero stati così disperati.
< E' terribile. > dissi piano, la voce mi si bloccò in gola.
< Riesco a vederli. > sussurrai.
< Già, è terribile. > rispose.
< No, tu...non capisci, noi dobbiamo aiutarli, IO devo aiutarli. >  dissi con voce tremante. 
< Hei, noi non faremo proprio niente, non adesso almeno, dobbiamo prima assicurarci che tu rimanga al sicuro, non possiamo farci niente per ora. > Scosse la testa e poi uscì dalla stanza per dirigersi al piano terra.
Io presi il libro di Amuleti e Talismani e la seguii.
< Che vuol dire non possiamo farci niente? Se stanno così è per colpa mia, ci dev'essere un modo! > sbottai.
< No che non c'è, dobbiamo restare concentrati sul nostro obbiettivo, quando avremo finito con te, forse riusciremo ad aiutarli. >
< Senti, sei anche tu una Byron ok? Come puoi lasciarli morire così, ci sono dei Bambini. > 
Quasi urlai esasperata. 
< Se non vuoi aiutarmi, allora lo farò da sola. > aggiunsi decisa.
Stavamo scendendo la scala di fronte alla porta d'ingresso.
< Senti, toglitelo dalla testa, ok? > disse mentre scendevo l'ultimo gradino.
< Cos'è che si deve togliere dalla testa? > 
Era stato Ethan a parlare e dietro di lui c'erano Zach - che non mi aveva più rivolto la parola dalla sera della festa, cioè quasi una settimana prima - Juliet e Michael. 
< La signorina. > disse Cath indicandomi < Ha intenzione di fare l'eroina e salvare i suoi sudditi. > disse intono scherzoso.
< Io sono seria. > le sussurrai in un orecchio.
< Cosa? > chiese Juliet divertita dalla scena.
< Vuole aiutare gli abitanti di Byron City... > disse < Da sola. >
Sbuffai. 
< E' colpa mia se sono in quelle condizioni, quindi farò qualcosa per aiutarli, con o senza il vostro aiuto, non vado a suicidarmi! > esclamai convinta.
< Mi dispiace ma è fuori discussione. > sorrise Michael.
< E noi siamo d'accordo con lui. > puntualizzò Ethan.
< Davvero non capite? > sbottai < Quelle sono persone che stanno male per colpa mia!Voi cosa fareste al mio posto?! > chiesi
< Mi dispiace, so che dev'essere terribile, immagino come ti senti, ma non possiamo farlo, non PUOI farlo, non adesso, almeno. > mi disse Michael.
Stavo per ribattere ma Zach parlò per primo.
< Avete trovato qualcosa in quei libri? > chiese, ma non mi guardò.
Capivo di averlo ferito e avevo provato più volte a chiedergli scusa, ma non voleva sentire ragioni, a volte faceva finta di non sentirmi neanche.
< Certo. > esclamai, cogliendo al volo l'occasione per parlargli. 
< E' tutto qui dentro. > indicai in libro che avevo in mano.
Fece un cenno d'assenso con la testa e poi si rivolse a Cath. 
< Di che si tratta? > 
< Un talismano. > esclamò Cath. 
< E ci serve il vostro aiuto per costruirlo. >

Angolo autrice: Ed ecco il nuovo capitolo che serve più che altro da passaggio nel corso della storia... forse non vi sta piacendo abbastanza o c'è qualcosa che non vi convince? Fatemi sapere che ne pensate..
Baci Fra_2897

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
 
 
< ...Ed è per questo che ci serve un diamante grezzo. > esclamò Cath dopo aver spiegato a tutti la faccenda del talismano.
< Possiamo procurarlo. > disse Ethan. < Ci servono solo un paio di giorni. >
In quel momento il cellulare squillò dentro la mia tasca, mi allontanai dagli altri e risposi.
< Pronto? > 
< Chris! > trillò una voce dall'altro capo del telefono.
Lola, la mia migliore amica, quella che avrei dovuto chiamare molti giorni prima e della quale mi ero completamente dimenticata.
< Lola, ciao! > la salutai.
< Come vanno le cose li? > chiesi in tono allegro.
< Oh, tutto bene, ma non sono a Parigi. > disse in tono vago.
< Davvero? E dove sei? > 
< Ehm, se proprio lo vuoi sapere… apri la porta. > 
< Che...?> non finii la frase che il campanello suonò.
Mi precipitai alla porta e quando l'aprii la vidi con il cellulare in mano che sorrideva a mio zio Dave dietro di lei.
< Ma…? Lola! > sbottai.
Chiusi il cellulare e le saltai letteralmente addosso, per poco non cademmo.
< Sei qui. Davvero! > dissi felice.
< Eh già, mi sei mancata tesoro! > disse lei stringendosi ancora di più nell'abbraccio.
< Anche tu, mi sei mancata tanto, che bello poterti abbracciare! Perché non mi hai detto niente? > 
< Io e tuo zio volevamo farti una sorpresa, resterò solo per 5 giorni, ma è sempre meglio di niente! > 
Mimai un grazie a Dave che in cambio sorrise e poi sciolsi l'abbraccio. 
Aiutai Lola a portare le valigie in camera mia e poi le dissi:  < Vieni, devo presentarti delle persone. > 
La guidai in soggiorno dove gli altri stavano discutendo e tossii per attirare l'attenzione di tutti.
< Ragazzi, lei è Lola, una mia amica di Parigi. > sorrisi
< Lola, loro sono Juliet, Ethan e Zach. > feci indicando i ragazzi.
< Piacere di conoscervi. > disse in tono gentile
< Il piacere è nostro. > sorrise Zach.
Michael si avvicinò e la salutò con un abbraccio < Ciao Lola. > disse. 
< Ciao Mike. > rispose lei.
Anche Cath la salutò in modo caloroso, nonostante l'avesse vista solo poche volte molti anni prima.
Lola, era una ragazza molto bella, aveva lunghi capelli biondi, mossi leggermente sulle punte e grandi occhi azzurri, inoltre era un po più alta di me.
< Ricordi che ti ho parlato di Joseph?... Be ci sono uscita altre tre volte, devo dire che mi piace un sacco, è così gentile, così premuroso... > disse mentre ci accomodavamo sul piccolo divano.
< Be,che posso dire, oltre al fatto che è fortunato ad avere una ragazza come te?! > esclamai.
< Hei,hei non correre troppo con la fantasia,certo,ci siamo scambiati qualche bacio ma per adesso niente di più. > fece spallucce.
Una voce interruppe la nostra conversazione 
< Chi è il fortunato? > chiese Zach con un ghigno sulle labbra accomodandosi vicino a Serena.
< Ehm, non mi sembra il caso di parlare di questo con un perfetto sconosciuto. > disse lei sollevando le spalle.
< Oh, giusto. Che maleducato, non mi sono presentato, io sono Zach Cuthbert. > disse lui sorridendo spavaldo, sapeva giocare bene le sue armi.
< Be allora si da il caso... > rispose Lola, non facendosi incantare dai suoi profondi occhi grigio/azzurri, che a quanto pareva stregavano solo me.
< …che non mi sembra il caso parlare di questo con un perfetto sconosciuto di nome Zach Cuthbert. > sorrise soddisfatta.
< Eh, che modi...Come siamo aggressive! > fece in finto tono di scherzo lui.
Lei in cambio alzò gli occhi al cielo, poi si voltò verso di me < Fa così anche con te? Siete amici? >
A quella domanda scattai in piedi < Si...ehm, no, voglio dire non più, cioè...un pò > balbettai.
L'ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento era parlare del nostro "rapporto".
Zach mi guardò per un istante e quando i miei occhi incontrarono i suoi, abbassai lo sguardo con le guance in fiamme.
< Io...io devo uscire un attimo. > dissi a voce bassa.
< Dove vai? > chiese Zach in tono freddo e distaccato.
Avrei voluto che l'avesse fatto per me, perché ci teneva, ma sapevo che lo faceva solo per dovere, era il solo motivo per il quale mi rivolgeva la parola, quelle poche volte che lo faceva.
< Qui fuori...Torno...subito. > farfugliai.
Velocemente lasciai la stanza e uscii fuori in giardino.
Mi sedetti sul dondolo e chiusi gli occhi.
Qualche minuto dopo sentii qualcuno tossire.
Alzai lo sguardo e vidi Zach a qualche metro di distanza da me.
Il cuore iniziò a battermi forte, sembrava volesse uscirmi dal petto.
Lui restò immobile dov'era, così la speranza che fosse venuto per parlarmi svanì all'istante.
< Mi ha mandato Ethan, lui non poteva venire. > disse
< Non ho bisogno di qualcuno che mi controlli nel giardino di casa mia, puoi anche andare via se non vuoi stare con me. > dissi abbassando la testa all'indietro, lui non si mosse.
Dopo qualche secondo, decisi di fare un ultimo tentativo, avrei tentato solo un ultima volta di sistemare le cose.  
< Zach... > chiamai.
Non rispose.
< Zach! > 
Ancora niente, così mi alzai e andai di fronte a lui.
< Ti sto parlando, guardami! > sbottai.
Abbassò leggermente lo sguardo.
< Zach...ti prego, non fare finta che io non esista,te lo chiedo per favore. > dissi in tono più gentile possibile.
< Che cosa vuoi? > Disse lui.
< Voglio scusarmi, scusarmi con te per come mi sono comportata, per quello che ho detto, ti prego scusami, ma smettila di comportarti come se io non esistessi. >
...
< Ti prego. > lo implorai.
< Perché dovrei? > disse abbassando lo sguardo, così che i suoi occhi incontrassero i miei.
Lo fece consapevolmente, perché sapeva l’effetto che mi provocavano ogni volta.
Quando li vidi però, in cuor mio sapevo che qualcosa si era rotto, spezzato, perso per sempre.
Il suo sguardo.
I suoi occhi, non erano più i suoi.
Non per me, almeno.
Tutto ciò che avevo visto fino ad allora, mi sembrò essere solo frutto della mia immaginazione.
La profondità, le due piccole -ma immense- pozze d'acqua, l'oceano celato dietro al suo sguardo...
Tutto, tutto era sparito, lasciando spazio ad un paio di semplici, banali, freddi e distanti occhi azzurri.
Lui non era più lui.
< Perché io a te ci tengo. > dissi con un ultimo filo di speranza nella voce, abbassando lo sguardo.
Deglutii per mandare giù il groppo che mi si era formato in gola.
< Questo non cambia le cose. > concluse lui in tono ancora più freddo di prima.
Il filo si ruppe e la speranza andò perduta in mille pezzetti.
< Perché? > chiesi.
< Perché fai così, ti ho già chiesto scusa, che bisogno c'è di non rivolgermi neanche la parola? > sbottai arrabbiata.
< Noi non possiamo essere amici. > disse solo lui.
< Perché? > chiesi
< Io non voglio essere tuo amico. > concluse, nel modo più tranquillo possibile.
In quel momento, mi sembrò come se qualcosa dentro di me si stesse sgretolando.
< Bene...come vuoi. > dissi.
Mi guardò per un attimo, ma riabbassò subito lo sguardo.
< Potresti lasciarmi da sola, per favore? > chiesi in tono distaccato.
Non si mosse.
< No?...Bene. Allora vado via io. > detto questo mi voltai e tornai in casa.
 
< Lola? > chiesi oltrepassando la porta del soggiorno e guardandomi intorno.
< Sono qui. > gridò dalla cucina.
Andai da lei e mi sistemai su una sedia al suo fianco.
< Signora, devo farle i complimenti per la splendida casa, da quello che ho visto è magnifica. > si rivolse a mia nonna, che armeggiava vicino alla cucina, in tono gentile.
< Oh, grazie mille cara...Ma non chiamarmi signora, mi fai sentire vecchia... Chiamami Elizabeth, Liz, Beth... Insomma come vuoi ma non signora. > scherzò lei.
< Nonna, hai bisogno di una mano con la cena? > chiesi io.
< No tesoro, ho quasi finito. > rispose sorridendomi.
< Allora. > mi rivolsi a Lola, < Vieni con me, ti faccio fare il giro della casa. > mi alzai e la trascinai per le varie stanze, evitando però l'ultimo piano, perché mi ricordai che prima io e Cath avevamo lasciato sul tavolo di legno, praticamente in bella vista i libri e non mi sembrava proprio il caso di farglieli vedere.
Finito il giro, entrammo in camera mia e ci sedemmo sul letto.
< Ancora non mi sembra vero che tu sia qui. > le dissi stringendole le mani.
< Neanche a me sembra vero. Sono così felice! > rispose in tono allegro.
< Devo chiederti scusa. > dissi vergognandomi un po.
Che razza di amica ero, se avevo anche dimenticato di chiamarla? < Nell'ultima e-mail avevo promesso che ti avrei chiamata... > lasciai la frase in sospeso, senza sapere cosa aggiungere per giustificare il mio comportamento.
< Non preoccuparti, so che qui è tutto nuovo per te, ti sarà passato di mente. > sorrise e fece spallucce.
Era davvero un tesoro.
< Ma piuttosto... > continuò dopo pochi secondi di silenzio, guardandomi in maniera strana. 
< Tu e quel ragazzo... Zach... > si bloccò un attimo e proprio in quell'attimo, tutto il dolore di prima riapparve.
Mi sembrò che il cuore facesse fatica a battermi nel petto.
< Ti piace, vero? > chiese in tono a metà tra il divertito e il dispiaciuto.
< NO! > sbottai, balzando in piedi.
Le scappò un risolino.
< No, cioè voglio dire...si, è un bel ragazzo, ma niente di più... > la voce si affievolì man mano che pronunciavo le ultime parole.
< Dai... > disse alzandosi anche lei per guardarmi negli occhi.
< Sono la tua migliore amica, lo sai che a me puoi dirlo. > mi prese la mano, come per confortarmi.
< Ma è la verità! > Bugiarda.
< Chris! > mi rimproverò lei.
Sbuffai.
< Mi piace e credo di essermi innamorata di lui. > dissi tutto d'un fiato.
La prima volta che lo ammettevo ad alta voce, mi sembrò di essermi liberata di un piccolo peso, condividendo questa cosa con qualcuno.
La vidi sgranare gli occhi e poi sul suo viso apparve un sorriso raggiante.
Praticamente mi saltò addosso e mi abbracciò.
< Oddio! Ma è fantastico! > urlò contenta.
Mi staccai un po’ da lei.
< Sssh, non urlare, ricorda che è nell'altra stanza. > dissi piano < E poi non direi proprio che è fantastico, dato che neanche mi parla! > feci spallucce.
Il sorriso dal suo volto scomparve.
< Oh, ma come..? Raccontami tutto. > disse con un espressione triste.
< Non...non c'è niente da raccontare... > sbottai < Lui non vuole essere mio amico e basta. > distolsi lo sguardo e fissai la porta.
< Ehm, dobbiamo andare, la cena sarà pronta. > dissi avviandomi.
Lei mi seguì senza dire una parola.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
 
 
Io e Lola non parlammo più di quell'argomento.
Il giorno dopo, così, decisi di portarla a casa di Jackson per farglielo conoscere.
Da quando ero tornata a Salem, ci ero andata solo due volte, perché di solito la mia "banda di protettori" -non potevo far altro che riderci sopra- consigliava apertamente che fosse meglio far venire lui a casa e non il contrario.
Questa volta però, mi ero fermamente opposta e poco m'importava della loro disapprovazione.
La mia amica Lola era qui e ci restava solo per pochi giorni, non mi avrebbero rovinato anche il poco tempo che avevo a disposizione da passare con lei.
Cath sarebbe venuta con noi, ma era rimasta a casa a ripulire la soffitta e ne aveva approfittato per dare un'occhiata ai libri di stregoneria e magia (sotto mio stretto consiglio).
Ovviamente, per riuscire ad avere il permesso di uscire da sola, avevo dovuto fare una serie di lunghe promesse e avevo ascoltato più o meno dieci volte le stesse raccomandazioni da persone diverse, ma alla fine avevano ceduto, eppure non ero del tutto convinta che nessuno dei ragazzi mi stesse seguendo. 
Comunque, continuai a camminare, la casa di Jack distava solo pochi isolati dalla mia e con Lola al mio fianco non mi sarei potuta fermare per accertarmi di essere realmente sola.
Avrei risolto la questione più tardi.
 
Arrivammo alla casa e la madre di Jack, Anise, venne ad accoglierci alla porta sorridendo gentilmente come sempre.
< Ciao Chris, tesoro! > disse abbracciandomi.
Era una donna dal cuore d’oro, sempre gentile e premurosa, ed era molto affezionata a me, come io lo ero a lei.
< E ciao anche a te! > sorrise porgendo la mano a Lola.
< Oh, Anise! Lei è Lola, una mia carissima amica di Parigi. > dissi.
Le due si sorrisero e dopo essersi presentate, Anise ci fece entrare in casa.
< Accomodatevi... > disse facendo segno verso il divanetto in cucina < Jack è di sopra che fa la doccia,dovrebbe scendere a momenti. > 
Io e Lola accettammo il suo "invito" e ci accomodammo sul divano, mentre lei si avvicinò al tavolo e ne raccolse da sopra dei bicchieri che infilò nella lavastoviglie.
< Ragazze, posso offrirvi qualcosa? > chiese in tono gentile.
< Oh, per me solo dell'acqua, grazie. > rispose Lola sorridendo.
< Io sto bene così. Grazie. > rifiutai.
Anisa portò il bicchiere con l'acqua a Lola e poi uscì dalla stanza congedandosi con un "torno fra un momento".
< E' davvero una signora adorabile! > esclamò la mia amica, non appena questa fu uscita dalla stanza.
< Già. > dissi < Lo è... E anche il marito e il figlio sono altrettanto adorabili! > dissi sincera.
Non rispose e dopo pochi secondi Jack entrò nella stanza.
Era mezzo nudo, portava un pantalone di tuta, ed era senza maglietta.
Notai Serena irrigidirsi sul posto e sgranare gli occhi alla vista di lui e dei suoi addominali scolpiti.
Posò il bicchiere mezzo pieno sul tavolo e balzò in piedi.
Trattenni a stento le risate.
Mi alzai anche io e abbracciandolo salutai Jack.
< Ciao Chris! > mi baciò la testa.
Mi staccai da lui e gli sorrisi, poi mi voltai verso Lola, che era ancora imbambolata a guardarlo.
Sorrisi. 
< Lola, lui è Jack, il mio migliore amico -fratello- qui a Salem. > dissi toccandole un braccio per farla rinvenire dal suo stato di trance.
< Jack, lei è Lola, la mia migliore amica -sorella- di Parigi. > Lui sorrise e le porse la mano.
E se possibile a quella vista, lei sgranò ancora di più gli occhi.
Tossì e poi sbatté le palpebre, come se si stesse riprendendo da un sogno ad occhi aperti.
< Ehm, si. > disse con voce squillante < Piacere di conoscerti. > e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi.
Lui ricambiò e le presentazioni furono interrotte da Anise che entrò in cucina dicendo: < Chris, c'è qualcuno per te alla porta, dice che è urgente. > fece spallucce.
< Oh, ok...Ragazzi torno subito. > così dicendo andai verso la porta.
Mi bloccai a pochi passi dall'uscio quando vidi chi c'era fuori ad aspettarmi.
Daniel Cuthbert.
Il cugino di Zach, nonchè mio aggressore alla festa di Chad.
Feci alcuni passi indietro, lui sorrise divertito dalla scena.
< Oh, ci rivediamo... > disse in finto tono innocente.
< Che cosa vuoi? > chiesi decisa, scandendo bene le parole.
< Sai, qualcuno ti ha dato il dono della bellezza...e della forza...peccato che nessuno ti abbia insegnato ad aspettare. > fece una smorfia.
< Sul serio, non sto scherzando. Cosa vuoi? > 
< Mi sembra di essere stato chiaro, l'altra sera, intendo. > fece una pausa. 
< Io voglio te. > sorrise
Deglutii.
< Sai che questo non sarà mai possibile, perché sono io che non voglio te. > dissi decisa.
< E sai anche che se volessi potrei ucciderti in un secondo, daltronde lo hai detto tu che qualcuno mi ha donato la forza. > Continuai.
< Certo. > annuì lui < E so anche che non sei ancora in grado di usare tutto il tuo potere e se anche lo facessi ti indebolirebbe fino ad ucciderti. Non credo ti convenga sai? > fece una smorfia e alzò le spalle.
< E poi, dopo quello che sto per farti vedere cambierai idea e verrai via con me...Ne sono sicuro. > sorrise.
Somigliava molto a Zach, tranne per il fatto che aveva i capelli molto più scuri dei suoi e gli occhi azzurri, privi di profondità e ricchi di mistero, che quando incontrarono i miei mi fecero sobbalzare.
Trasmettevano terrore, inquietudine, spietatezza...
Uno strana sensazione crebbe pian piano in me...
Scossi la testa per scacciare via quei pensieri.
< Ora stai molto attenta a quello che ti mostrerò. > disse guardandomi serio.
Non ebbi il tempo ne di rispondere ne di riflettere su quello che disse, perché in un istante la mia mente venne invasa da alcune immagini nitide e definite.
Mi si mozzò il respiro, quando capii cosa rappresentavano.
Era una stanza buia, non si riusciva a definirne bene ne i contorni, ne tantomeno gli oggetti che la riempivano.
L'unico spiraglio di luce, penetrava da una finestrella chiusa con delle sbarre, che metteva in evidenza l'ultima cosa che mi sarei aspettata di vedere.
Zach.
Era disteso per terra nella penombra, non cosciente, con il pantalone fradicio e la camicia sporca di sangue colato dalla faccia.
Su questa c'erano infatti, vari graffi, lividi e tagli profondi.
Lo stesso era per il pezzettino di petto che la camicia semiaperta lasciava intravedere.
Macchie di lividi viola ricoprivano tutto il corpo.
Era pallido e non si muoveva...
Sembrava che qualcuno avesse succhiato via la sua forza vitale.
Rabbrividii e il respiro cominciò a farsi affannoso.
Non riuscivo a vederlo in quello stato, non potevo vederlo così.
Scossi la testa, ma le immagini rimasero nitide e visibili nella mia mente.
Vidi Daniel stringere un pugno con violenza e nello stesso istante, nella mia mente Zach sussultò scosso da violenti fremiti e sputò del sangue dalla bocca.
Daniel continuò a farlo, ancora, ancora e ancora.
Lanciai un piccolo urlo, non curandomi del fatto che qualcuno potesse sentirmi.
Vedere Zach soffrire in quel modo, mi procurava dolore, non solo mentale, stavo male.
Provavo un dolore fisico insopportabile, non riuscivo a tollerare che qualcuno gli facesse tanto male.
< Basta, basta! Smettila, ti prego, smettila subito! > quasi urlai con gli occhi colmi di lacrime.
Sorrise e la visione svanì, lasciandomi sconvolta.
Daniel fece qualche passo verso di me.
Non mi mossi.
Mi prese la mano e mi tirò fuori dalla casa, io mi staccai da lui subito.
< Vedi cosa succede a scherzare con il fuoco? > mi guardò intensamente < ...ci si brucia > disse
< ...e se non vuoi che lui si bruci più di quando già non lo sia....Da ora in poi farai quello che ti dirò io. > sorrise soddisfatto.
In quel momento mi sentii la persona più inutile sulla faccia della terra.
Che senso aveva, avere a disposizione la mia potenza, tutto il mio potere, senza saperlo usare?
Avrei potuto chiedere aiuto, ma non l'avrei fatto...
Non se in gioco c'era la vita della persona che amavo.
Il ragazzo che avevo di fronte, mi guardò maligno e accennò un sorriso.
Se avesse voluto che io facessi qualcosa per salvare la vita a Zach, l'avrei fatta.
Richiusi la porta della casa alle mie spalle e mi avvicinai riluttante a Daniel, che rimase a fissarmi immobile...
Non aspettava altro che quel momento.
Mi prese la mano e la strinse fra le sue, portandosela alla bocca e poi annusandone l'odore.
Non mi opposi.
< Vedo che cominci a ragionare. > esclamò alzando gli occhi al cielo, come fosse una cosa ovvia.
< Sei stato tu... > dissi ritraendo poi  la mano.
Sorrise, sapeva a cosa mi riferivo.
< C'eri tu dietro il suo comportamento degli ultimi giorni... > . 
Non era una domanda, ma un'affermazione, ne ero sicura.
< Si. > ammise soddisfatto < Ho creato un clone di Zach. Alquanto banale > aggiunse < ma la parte divertente e che i tuoi amichetti e sopratutto tu, non vi siete accorti di niente. > 
Provai immediato sollievo, sollievo perché ora sapevo che la persona che aveva detto di non voler essere mio amico, che a stento mi aveva parlato non era realmente lui.
Si avvicinò e mi accarezzò la guancia, sistemandomi poi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
< Ti osservo da molto tempo sai? Molto più di quanto tu possa immaginare...Tutto era programmato, ogni singola cosa e dalla sera della festa ho messo in atto il mio piano. Conosco troppo bene mio cugino e sapevo che avrebbe reagito esattamente così. Poi ho tolto di mezzo il vero Zach e ho fatto entrare in campo il clone, sempre quella sera a casa tua. Tu e il tuo amichetto avvinghiati sul letto...è stato davvero divertente. > sorrise spensierato e mi batté un colpetto sulla spalla sinistra, come per invitarmi ad unirmi alla sua risata.
Deglutii < Ti ho già fatto questa domanda, ma le circostanze sono cambiate, quindi te la rifaccio: Cosa vuoi da me? > chiesi guardandolo fisso negli occhi.
< Quello che anche gli altri vogliono da te. > fece spallucce.
< ...il tuo potere...Io però voglio TE con il tuo potere, io e te insieme, neanche immagini quello che possiamo fare. > gli brillarono gli occhi a questa affermazione.
< Ti insegnerò come tirar fuori il potere, molto più velocemente di quanto abbiano fatto fino ad ora i tuoi amichetti...e poi, quando sarai pronta, verrai via con me...Ecco quello che voglio, io non ti farei mai del male. > disse guardandomi.
< Ma, se sarò costretto a forzarti ad unirti a me, be...sappi che lo farò ed il prezzo da pagare sarà la vita del tuo caro, piccolo ed innocente Zach. > concluse.
< Arriveresti ad uccidere tuo cugino? > chiesi schifata.
< Fossi in te non mi preoccuperei di quello che potrei arrivare a fare...ma comunque se sarà necessario, si. Lo ucciderò. > fece spallucce.
< Lui starà bene? Se io faccio quello che vuoi, lui poi starà bene? > chiesi.
< Oh, certo. Lo lascerò andare e per lui sarà come fossero passati normalmente questi giorni, ricorderà ciò che è accaduto alla festa e i giorni successivi normalmente, come se non fosse successo niente. Non avrà più ferite e sarà sano come un pesciolino rosso. > sorrise.
< ...ma se dovessi fare qualcosa di sbagliato... > indicò un medaglione rotondo che aveva al collo che senza neanche un tocco si aprì.
Al suo interno aveva una strana forma scavata nell'argento.
Poi si sfilò un anello che portava al dito -che notai avere la stessa forma scavata nel medaglione solo questa era rialzata- e lo avvicinò a quest'ultimo...
< Vedi, se questi due oggetti dovessero combaciare, se io li facessi aderire l'un l'altro, a Zach non resterebbe che qualche secondo di vita...Quindi con me farai la brava. > sorrise.
Il panico si impadronì di me, il solo pensiero che quegli oggetti potessero anche solo sfiorarsi mi fece entrare nel panico.
< Potresti...per favore...allontanarli? > deglutii.
Rise.
< Oh, certo, certo. > disse richiudendo il medaglione e rimettendosi l'anello al dito.
< Per quanto riguarda Zach, si risveglierà nel suo letto, come nuovo. Ora devo andare. Ma avrai presto mie notizie. > fece per andarsene, ma poi si girò tenendo un dito alzato, come volesse puntualizzare qualcosa.
< Ah, quasi dimenticavo. > fissò i suoi occhi di ghiaccio nei miei.
< Non devi dirlo a NESSUNO. > sottolineò l'ultima parola. 
< Stai bene attenta a quello che fai. E ricorda, una, anche una sola mossa sbagliata e la sua vita è finita. > detto questo, sfoderò un sorrisino ironico, poi si volto e andò via.
Rabbrividii alle sue parole e rimasi li per qualche istante a riflettere su ciò che era appena successo, poi mi voltai e rientrai in casa.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17
 
 
Rientrata in casa, andai verso la cucina e notai Jack e Lola che ridevano e scherzavano spensierati.
Mi sembrò strano che qualcuno lo facesse ancora, che gli altri si divertissero. 
Ma comunque era normale, le loro vite erano perfette, normali come quelle di tutti gli adolescenti del mondo.
Qui il problema ero io, io che mi stavo rovinando l'adolescenza, e che stavo rovinando la vita alle persone che mi stavano intorno.
Andare con Daniel, decidere di seguirlo, era ciò che mi meritavo, ed in fin dei conti sarebbe stata la cosa più giusta da fare, così gli altri avrebbero potuto riprendere le loro vite normalmente e godersi gli anni che si dicano siano i più belli.
Sospirai. 
< Di che parlate? > chiesi.
Mi guardarono. 
< Oh, finalmente! Chi era alla porta? > chiese Jack.
Lola annuì per confermare la sua domanda.
Ecco, a questo non avevo pensato...
Sviai la risposta dicendo: < Non sai che non si risponde ad una domanda con un altra domanda? > cercai di sorridere, ma con scarsi risultati.
< E tu lo sai che io ti conosco troppo bene per capire che stai cercando di sviare la risposta. > sorrise Jack.
Deglutii. 
< Alla porta, non era nessuno, solo un ragazzo che mi aveva vista e credeva di conoscermi, ha detto che somigliavo ad una persona a cui lui tiene molto e io gli ho detto che si sbagliava. Tutto qui. > mentii.
Si scambiarono uno sguardo d'intesa molto veloce e poi Lola disse < Ok, diciamo che ti crediamo. > alzò gli occhi al cielo.
chiesi allarmata toccandomi la tasca dei jeans alla ricerca del cellulare.
Lo sfilai e lo aprii: le 17.50
Avevo promesso a Michael che sarei stata via al massimo un'ora e dato che ero uscita di casa verso le 17.00 decisi che per il mio bene -ero già abbastanza controllata-  fosse meglio tornare a casa.
< Noi dovremmo andare. > guardai Lola.
Fece una smorfia < Ma come, di già? > chiese sbuffando.
Si stava proprio divertendo con Jackson e in effetti a guardarli bene, insieme non erano affatto male.
< Si. > dissi decisa < Ti avevo detto che non potevamo stare via troppo. > 
< Uff...Ma spiegami almeno il perché! > sbottò.
< Perché ho detto a Michael che saremmo state a casa per le 18.00 e sai com'è fatto... > lasciai la frase in sospeso, aveva capito quello che volevo dire.
< Ma non potresti chiam... >
Non la feci finire di parlare < NO! >.
Jackson nel frattempo ci guardava divertito.
< Ok... > sbuffò alzandosi dal divanetto.
Salutammo Jack che ci accompagnò alla porta e prima di chiuderla mi avvicinai a lui e gli sussurrai all'orecchio < Vieni a trovarci, lei resta con noi fino a giovedì sera. > 
< Così poco? > chiese scherzando lui.
Poi mi abbracciò e chiuse la porta.
 
 
 
< Non credere che non l'abbia capito, sai. > dissi a Lola quando entrammo in casa.
< Cosa? > chiese con finta aria innocente.
< Che Jack ti piace. > alzai le sopracciglia e la guardai.
< Ma che dici...certo che non mi piace... > fece una pausa.
< No, stavo scherzando, mi piace, eccome se mi piace! > sbottò lei con gli occhi che le brillavano.
Sorrisi < Qualcosa mi dice che vi rivedrete prima della tua partenza. > feci spallucce ed entrai in cucina.
< Sono a casa. > Gridai in modo che gli altri potessero sentire.
Poco dopo in cucina Ethan ci raggiunse e non fui affatto sorpresa di vederlo li, ormai vivevano in casa nostra.
Lo salutai. 
< Preparate i pigiami per stasera. > disse lui ridendo.
< Che...? > lo guardai.
< Pigiama Party. > disse socchiudendo gli occhi e ridendo.
< E' stata un'idea di Cath e Juliet, non c’è stato modo di fermarle. > aggiunse infine arricciando il naso.
< Ho chiamato Zach e ha detto che lui è d'accordo. > fece spallucce.
Deglutii rumorosamente e avvampai forse per l'agitazione.
Lui se ne accorse e si avvicinò allarmato. 
< Che c'è? > chiese < Stai bene? >
Tossii. 
< Si! > sbottai cercando di calmarmi. 
< Hai...hai chiamato Zach? Come sta? > domanda stupida,  che non riuscii a trattenere.
Corrugò le sopracciglia. 
< Certo, sta bene...perché, non dovrebbe? > chiese curioso di sapere i motivi della mia reazione.
< No, ehm...cioè si è che...stavo pensando ad altro e quindi... niente lascia perdere. > mi affrettai a dire, poi sorrisi per rendere più credibile la cosa.
< Io e Michael siamo di sopra, se vi serve qualcosa chiamate. > mi lanciò un'occhiata strana e uscì dalla cucina.
Lola che era rimasta a guardare disse: < Mi dispiace...per Zach, intendo. > 
Sorrisi < Oh, non preoccuparti si sistemerà tutto. > 
Ed era vero, si sarebbe sistemato tutto ,quando me ne sarei andata io.
 
Qualche minuto dopo, il campanello suonò e mi precipitai frettolosamente alla porta.
Quando l'aprii e lo vidi, in tutta la sua bellezza e la sua perfezione, mi sembrò che l'intero mondo fosse scomparso.
C'era solo lui e stava bene.
La cosa più importante era che stava bene.
< Sei qui... > sussurrai,  poi senza dargli il tempo di rispondere lo abbracciai, un abbraccio caldo e gentile che lui ricambiò solo dopo qualche secondo.
Quando mi resi conto di ciò che avevo fatto però, mi staccai subito da lui e le mie guance avvamparono. 
< Ops... > sussurrai evitando il suo sguardo.
Lui mi posò un dito sotto il mento e mi costrinse a guardarlo, aveva un sopracciglio alzato e sorrideva divertito.
Il cuore prese a battermi più forte, troppo forte.
Doveva farmi per forza quell'effetto ogni volta che lo guardavo negli occhi?
Non riuscii a distogliere lo sguardo, perché nonostante la vergogna per il gesto fatto e per le mie guance che probabilmente ora sembravano dei pomodori, rivedere quegli occhi, quell'oceano di pace e tranquillità, mi portò tanta sicurezza, e se non fosse stato per lui che mi diede una pacca sulla spalla,sarei potuta rimanere ore a fissarli.
< Scusa.. > dissi deglutendo.
< Oh, non scusarti cherie, ti capisco... è difficile non essere colpiti dal mio fascino. > sorrise e alzò le spalle.
In un altro momento avrei pensato o detto qualcosa per smentire quelle parole, ma non ora.
Non lo feci, perché sapevo benissimo che quelle parole non erano mai state più vere.
L'unico problema, però era che io non ero solo stata "colpita" dal suo fascino, io me n'ero proprio innamorata.
Ero innamorata di LUI.
Ero innamorata di una persona che non avrei mai potuto avere e che mai avrei avuto.
L'unica consolazione era che stava bene e dopo, quando sarei andata via sarebbe stato ancora meglio.
 
 
Dopo cena, io e le ragazze andammo in camera mia per cambiarci.
< Davvero... > dissi non appena la porta si richiuse alle nostre spalle < Fate sul serio? Un pigiama party. Non abbiamo più 12 anni. >
Cath mi guardò < Oh, andiamo ci divertiremo. > sorrise.
Alzai gli occhi al cielo.
Quando le ragazze ebbero finito di mettere i loro pigiami io stavo ancora rovistando nell'armadio in cerca del mio.
< Dove diavolo è finito! > sbottai.
Dopo alcuni secondi, ricordai che lo avevo messo proprio quella mattina nel cesto della biancheria sporca e che molto probabilmente adesso era in lavatrice.
Di solito in questi casi dormivo in culotte e canotta, ma ora...Ora non mi restava altro che la camicetta intima e quella era l'ultima cosa che mai avrei pensato di mettere in un'occasione del genere. 
Non era molto corta, nera e con un fiocchetto bianco che si stringeva sotto il seno. Il problema era che lasciava scoperto un bel pezzo di gamba e non copriva molto della scollatura.
La tirai fuori dal cassetto e la indossai.
< Oh, Chris. Ti sta d'incanto e non è per niente volgare. Poi hai un fisico perfetto. > disse Juliet in tono gentile.
Cath e Lola concordarono.
< Non direi. > dissi facendo una smorfia < ...e Michael mi ucciderà. >
< Mike se ne farà una ragione, la sua sorellina non è più una bambina che gli piaccia o no. >  disse ferma Lola, spingendomi fuori dalla porta della mia camera.
< E poi ti ricordo che la scelta è tra questa o la culotte. > sorrise. 
< Con quella si che andrebbe fuori di testa, il fratellone! > aggiunse Cath mentre entravamo in salotto dove ci aspettavano i ragazzi.
Deglutii quando mi resi conto che tutti mi stavano fissando.
Ovviamente le mie guance non mancarono il loro appuntamento con i pomodori e avvamparono.
Zach mi guardò da capo a piedi e sorrise fra se abbassando poi lo sguardo.
< Chris! > sbottò Michael alzandosi dal divano.
Come previsto, pensai.
< Che c'è...? > risposi io cercando di tirare giù il più possibile la camicetta.
Impresa inutile, perché quando le gambe venivano coperte di più, la scollatura si metteva sempre più in evidenza.
Lasciai perdere.
< Ti...ti sembra questo il modo...vai a cambiarti. > disse scuotendo la testa. 
< Subito. > ordinò.
< Ehm. Non credo. > dissi.
< Stai scherzando vero? Va a cambiati. > ripeté l'ordine.
< Non sono una bambina e poi la scelta era fra questa... > dissi indicando la camicetta < o la culotte. > sorrisi soddisfatta.
Lo vidi deglutire, ma prima che potesse dire qualcosa, Juliet si avvicinò a lui e gli accarezzò un braccio.
< Dai Mike. Lasciala stare, non ha niente di male, è solo una camicia da notte. > 
Lui la guardò e sembrò rilassarsi.
Quei due nascondevano qualcosa.
Michael si calmò e si accomodò sul divano con Juliet, io invece presi posto fra Zach e Cath mentre Lola si sedette vicino Ethan.
Fecero partire un film horror e quando fu quasi a metà dissi a Cath: < Avrei potuto chiedere anche a Jack di venire. > 
Mi guardò, ma prima che potesse rispondere Zach si avvicinò a me, < Mmmh, no. Non mi piace quel tizio. >
Alzai le sopracciglia e lo guardai scettica. 
< Scusa? > chiesi. 
< Non deve mica piacere a te! > conclusi.
< Perché a te piace? > chiese lui malizioso.
< E' una domanda a trabocchetto. > dissi io.
< Può essere. > annuì.
< Mi piace, ma non nel modo in cui credi tu. > dissi.
< E poi...> mi affrettai ad aggiungere < ...a me piace un altro. >
Sembrò rimanere un attimo spiazzato dalle mie parole e poi rispose < Davvero? >
< Davvero. > confermai. 
< Oh, e sentiamo chi sarebbe, il fortunato? > sorrise sarcastico.
Tu, tu! Sei tu! Gridava la mia mente. E' il momento giusto, diglielo! Ora! Continuava a ripetersi.
Ma invece che confessargli tutto dissi < Non lo conosci. E comunque, non sarebbero affari tuoi. > e gli lanciai un cuscino sulla pancia.
< Who. > ridacchiò lui < Come siamo antipatiche stasera cherie! >
< Ma non stavi guardando il film?! > sbottai.
< Si, ho ragione. Stasera sei proprio antipatica!> disse voltandosi a guardare il film con una smorfia sulle labbra.
Qualche secondo dopo si avvicinò e mi sussurrò in un orecchio < Ah, per tua informazione, questo film l'ho già visto tre volte: la protagonista morirà decapitata dall'uomo che la sta inseguendo. > Sorrise quando lo guardai e scossi la testa rassegnata.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18
 
 
Quando il film finì, rimanemmo a parlare seduti sui divanetti.
< Cosa avete fatto di bello questa mattina? > chiese Ethan, rivolgendosi a me e Lola.
< Siamo andate a casa di Jackson, niente di che. > risposi facendo spallucce.
< Vorrei precisare... > disse Lola alzando le sopracciglia.
< ..che IO, sono stata da Jack, LEI invece > continuò in tono grave indicandomi < ...è stata tutto il tempo fuori, a parlare con uno SCONOSCIUTO, almeno così ci ha detto... > terminò con un sorrisino sulle labbra.
Per lei era un gioco ma non sapeva in che guaio mi aveva cacciata, dicendo quelle cose.
Balzai in piedi molto velocemente e notai che i ragazzi nella stanza si erano irrigiditi e mi fissavano.
< Popcorn! > quasi urlai la prima cosa che mi venne in mente.
Popcorn... Popcorn? Ma che diavolo mi è saltato in testa?  pensai. 
< Ho voglia di popcorn! Chi ne vuole? > mi affrettai ad aggiungere.
Feci per andarmene in cucina, ma una mano forte mi afferrò il polso. Zach.
Deglutii. 
Questa non ci voleva.
Loro che sapevano, non avrebbero creduto che uno sconosciuto mi aveva scambiato per qualcuno di sua conoscenza, anche perché qui in città conoscevo quasi tutti.
< No. I popcorn aspetteranno. > disse Zach. 
< Siediti e raccontaci un po...Chi era quello sconosciuto? >
Senza poter fare altrimenti mi sedetti.
< Era, solo...un ragazzo... > sussurrai.
Così però non convincevo neanche me stessa.
Mi feci coraggio e parlai, con più determinazione possibile, per quanto ne fossi capace. 
Dovevo fargli credere a quella storia, altrimenti si che erano guai!
< Era un ragazzo. > dissi in tono deciso < che mi aveva scambiata per una sua amica, tutto qui. > feci spallucce e mi rialzai dal divano.
Notai che Zach e Michael si scambiarono delle occhiate veloci e poi uscii dalla stanza, determinata più che mai a rilassarmi anche per pochi secondi.
Mi avviai velocemente in camera, chiusi la porta e mi buttai sul letto.
In quel giorno era la prima volta che rimanevo sola e questo mi fece chiarire un po’ di cose.
Non era neanche un mese che ero arrivata in quella città, che già dovevo tener conto, ad un gruppo di streghe e stregoni che mi volevano fare fuori, ad uno stregone pazzo che voleva che andassi via con lui, un gruppo di protezione che non faceva altro -anche se in buona fede- che peggiorare le cose, ed in più, ora ci si metteva sempre più forte, il sentimento che io provavo per uno stupido ragazzo, con due stupidissimi occhi che mi parevano stupidamente perfetti.
Stava sul serio succedendo tutto a me?
Come a voler rispondere a quella domanda, qualcuno bussò alla porta e l’aprì, mentre io mi rimettevo in piedi.
Alzai gli occhi al cielo quando vidi Juliet entrare e sorridermi.
< Cosa c’è? > chiesi con tono scocciato.
Alzò le spalle e si sedette sul letto, giocherellando con un filo che fuoriusciva dalla cucitura del lenzuolo.
< E solo… > iniziò < che non vedo il motivo per il quale non ti fidi di noi… > scosse la testa.
< Puoi dirci la verità! > aggiunse in fine.
No, no che non posso!
Avrei voluto urlargli in faccia, ma naturalmente non lo feci, per due ragioni:
Come prima cosa, avrei ammesso che prima nel soggiorno con gli altri, avevo detto una bugia, ed era proprio l’ultima cosa che mi serviva in quel momento.
Come seconda cosa, non avrei mai urlato in faccia a quella piccola ed esile ragazza, perché quella situazione non era colpa sua, perché voleva solo aiutarmi e perché se volevo sfogarmi, di certo non era quello il modo migliore per farlo.
< Certo, io vi ho detto la verità. > mentii con disinvoltura.
Le bugie hanno le gambe corte!
Me lo ripeteva sempre mia madre, quando da bambina cercavo di nasconderle qualcosa.
Sorrisi a quel pensiero, un sorriso malinconico consapevole che quei tempi non sarebbero più tornati.
Il problema, era che non ero più una bambina e adesso si trattava di nascondere cose ben più gravi di un vaso rotto nell’ingresso o un brutto voto a scuola.
Ora c’era in ballo la vita di qualcuno e questo qualcuno per me era troppo importante.
< Certo tesoro, ti crederei, ma andiamo…Popcorn? > chiese corrugando le sopracciglia, al ricordo del mio tentativo di coprire la bugia poco prima in soggiorno.
La guardai con fare offeso. 
< Hei! > sbottai < Chi, non ama i popcorn? > alzai le sopracciglia come fosse una cosa ovvia.
Anche lei alzò un fine sopracciglio guardandomi, con la tipica espressione da: ”Pensi che sia scema, o cosa?” e se mi avesse fatto quella domanda, state certi che avrei risposto “cosa”.
< Seriamente. > disse infine guardandomi.
< Seriamente… > risposi io
< Voi siete stati mandati qui per aiutarmi contro quei pazzi che vogliono uccidermi e questo mi sta bene… >
Sorrisi spazientita.
< Quello che è successo oggi > aggiunsi, < non ha a che vedere con i pazzi che vogliono uccidermi, quindi… > la guardai < non vi riguarda. > terminai il mio discorso tutto d’un fiato e poi sbuffai.
< Davvero? > chiese lei guardandomi negli occhi, quella era l’ultima domanda, lo si capiva dal tipico sguardo “mi sto fidando di te” .
Mi passai nervosamente una mano tra i capelli.
< Davvero. > conclusi, ricambiando il suo sguardo penetrante.
Sembrò rilassarsi e questo mi fece capire che aveva deciso di fidarsi delle mie parole.
< Bene, ora puoi andare a riferire agli altri il nostro bel discorsetto… >
Dissi con un sorrisino acido, consapevole che l’avrebbe fatto non appena avesse raggiunto i ragazzi nell’altra stanza.
< Oppure… > aggiunsi quando si alzò dal letto alzando gli occhi al cielo.
< Puoi restare qui e fare quello che ti pare, tanto me ne vado io. > conclusi con un alzata di spalle.
Uscii dalla stanza e andai in cucina, mi appoggiai al tavolo per riflettere, ma fu tutto inutile, in quel momento mi passavano troppi pensieri per la testa e avevo bisogno di una distrazione.
Sapevo che quello che stavo per fare era la cosa più stupida e insensata che potesse venirmi in mente, ma d'altronde in quel periodo nella mia vita, non c’era più niente di sensato.
Feci spallucce, come stessi parlando con qualcuno, ma in realtà lo facevo per convincere me stessa ed io lo sapevo bene.
Poi mi avvicinai ad un mobiletto in basso della cucina e l’aprii.
Non reggevo molto l’alcol, quindi sarebbero bastati pochi sorsi a farmi dimenticare tutto.
Così, presi una bottiglia senza neanche vedere quale -in quel mobiletto, tanto c’era solo roba abbastanza alcolica- ne svitai il tappo e cominciai a bere…1 sorso, 2 sorsi, 3 sorsi…senza fermarmi, la gola mi bruciava ma non staccai la bottiglia dalle labbra.
Non so quanto bevvi precisamente, so solo che quando finii, ero abbastanza “allegra” e avevo ottenuto il risultato desiderato.
Richiusi la bottiglia e la rimisi al suo posto, poi corsi in soggiorno e chiamai Lola gridando: < Loooola! >
Lei si voltò e mi guardò, mentre le facevo cenno con un dito di avvicinarsi.
Quando fu uscita dalla stanza le sorrisi.
< Questa serata è di una noia mortale. > dissi facendo una smorfia.
< Avevo pensato quindi, di chiamare Jack, per andare in discoteca tutti insieme! > conclusi. 
< Che ne dici? > sorrisi euforica.
< Wow! Si assolutissimamente si! Lo sai che adoro le discoteche! > Si, lo sapevo e sapevo anche che io le odiavo, ma era proprio il tipo di distrazione che mi ci voleva.
Tutta entusiasta, Lola mi seguì in camera, dove dopo aver chiamato Jack e chiesto se voleva unirsi a noi, ci preparammo.
Feci una doccia lampo e poi lavai i denti e risciacquai bene la bocca con il colluttorio così da eliminare ogni traccia di puzza d’alcol, questa servì a farmi riprendere leggermente, ma rimasi comunque abbastanza brilla.
Entrate in camera, Lola tirò fuori dalla valigia un mini vestitino blu, lucido e aderente, che abbinò a delle scarpe altrettanto blu e lucide tacco 12.
Io invece, scelsi un mini tubino nero, senza bretelline con un piccolo spacco sul fianco che lasciava intravedere la pelle, che abbinai a delle decoltè rosse.
Una volta vestite passammo al trucco e ai capelli.
Optai per la matita nera sugli occhi e  il rossetto rosso, stirai i capelli e tirai fuori dall’armadio la borsetta abbinata alle scarpe.
Non appena la trovai, qualcuno bussò alla porta e senza neanche aspettare il mio consenso entrò.
< Ragaz… > iniziò il ragazzo, quando però vide il nostro aspetto, si fermò sulla porta, alzando le sopracciglia.
< Hei! > sbottai < Avrei potuto essere nuda, Zach! > quasi urlai < Non si usa aspettare?! > 
< Mmmh, no tesoro, non è nel mio stile e se fossi stata nuda, me ne sarei fatto una ragione, anche se riprendermi dallo shock sarebbe stato difficile. > concluse la frase con un finto tono terrificato.
Deficiente. Pensai.
< Cos’è giocate a vestirvi come la mamma? > chiese in un ghigno.
< No. > dissi mentre prendevo per il braccio Lola e la trascinavo fuori dalla camera ridendo.
Mi bloccai di fronte a lui e gli sorrisi. 
< Andiamo in discoteca. >
Così uscii dalla camera, lasciando li il ragazzo che aveva sollevato le sopracciglia sorpreso. 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19
 
 
< Hei, ferma, aspetta un attimo! > sbottò Zach mentre mi dirigevo in salotto per salutare gli altri.
Sbuffai bloccandomi e voltando la testa per guardarlo.
< Ci sono problemi? > feci una smorfia e sbuffai come una bambina.
fece indicandomi < lo sai benissimo. > sollevò le sopracciglia sorridendo sarcastico mentre si posizionava di fronte a me.
< Io? >  feci con finto tono sorpreso < Io non credo ci siano problemi per una normalissima serata in discoteca con due buoni amici. > sorrisi.
Mi guardò come se volesse uccidermi.
< Credi ci siano problemi? Perché se ne hai puoi esporli con tranquillità, io e Lola > dissi mettendole una mano sulla spalla < siamo qui  e ti ascoltiamo molto volentieri. >
L’espressione sarcastica sul suo volto svanì quando sentendo quelle parole capì cosa avevo intenzione di fare.
Si guardò un attimo intorno come per trovare qualcosa da dire e poi parlò. 
< Si. > disse calmo guardandomi < Dove credete di andare conciate così? Tuo fratello non ti farà  mettere piede fuori dalla porta. > osservò come fosse cosa ovvia.
In quel momento di quello che pensava o voleva mio fratello m’importava poco o niente e comunque sapevo benissimo che ci aveva rifilato la prima gli era passata per la testa. 
< Aaah, ho quasi diciassette anni. > puntualizzai. 
< Al diavolo Michael e le sue manie da fratello geloso, non sono più la sua bambina! >  sollevai le spalle e feci una smorfia.
Feci per sorpassarlo, ma quando misi un piede di fronte all’altro inciampai. 
Sarei caduta a terra se non fosse stato per lui, che mi prese per un braccio così velocemente da ritrovarmi schiacciata al suo petto.
Iniziai a ridere, ma quando vidi la sua espressione seria mi allontanai da lui e cercai di trattenere le risate mordendomi le labbra.
< Che diavolo ti prende? > chiese.
Mi scappò un risolino.
< Sei ubriaca, vero? > disse annuendo come per rispondere alla sua domanda.
Strinse la presa sul mio braccio, senza farmi male.
< Pff! > finsi aria innocente < No, ma che diciii?! > 
< Laaasciiiami staare, deeevoo uscire. > dissi liberandomi dalla sua presa e prendendo sottobraccio Lola, che aveva osservato la scena e rideva sotto i baffi.
< Noi usciamo! > urlai dirigendomi verso la porta e poi aprendola.
Quando richiusi la porta alle nostre spalle guardai Lola ancora attaccata al mio braccio e scoppiammo a ridere.
< Ti sei ubriacata! > disse fra una risata e l’altra.
< Solo un pochiiiino. > feci segno con la mano.
Prima che potessimo muovere un passo però, la porta dietro di noi si aprì.
Ci voltammo e ci ritrovammo di fronte Michael, con un espressione sul volto incomprensibile.
Scoppiai a ridere ancora più forte quando lo vidi.
< Che diavolo state facendo? > chiese squadrandoci dalla testa ai piedi, per poi tornare a rivolgere gli occhi nei miei.
Mi stavano seriamente dando fastidio.
< Non ci vedi? > feci acida < stiamo uscendo! > sbuffai.
Lola annuì al mio fianco ignorando la realtà dei fatti.
Mi poggiò una mano sulla spalla.
< Si, certo come no. > disse < Su, torniamo dentro. > cercò di attirarmi a lui, ma io scrollai le spalle e scostai la sua mano.
< Noi dobbiamo uscire. > scandii bene quelle parole sollevando le sopracciglia.
< Tu, ora entri in casa! > sbottò lui.
< Vogliamo scommettere?! > dissi in tono di sfida mettendomi le mani sui fianchi come una bambina capricciosa.
Mi ricordai delle ultime settimane e delle nostre lezioni pomeridiane.
Quasi tutti i giorni, infatti Michael, Juliet, Cath, Zach e Ethan, mi davano delle lezioni di “ magia ” se così si possono chiamare. 
In più, avevo letto molto sui libri che conservavamo nella soffitta e ora ero in grado di usare il mio potere. 
Non tutto ovviamente, non ero ancora in grado di liberare la potenza di cui tutti avevano tanto parlato, ma per adesso sapevo fare abbastanza cose e fra quelle cose avevo imparato anche a creare delle “barriere”.
L’avevo letto qualche giorno prima, in un pomeriggio di noia in uno dei tanti libri di Magia e Stregoneria, sapevo che ero capace di farlo, era una cosa abbastanza semplice, anche se non l’avevo ancora provato. 
Era l’occasione giusta per mettermi alla prova.
Feci come ricordavo aver letto, chiusi gli occhi e mi concentrai.
Immaginai i 5 ragazzi - perché adesso dietro Zach e Michael erano arrivati anche Chat, Juliet e suo cugino Ethan - Intrappolati in una bolla solida, quasi indistruttibile.
Poi, nella mia mente la bolla si trasformò in una casa, ne immaginai i dettagli, immaginai la casa che avevo di fronte sbarrata, i ragazzi chiusi al suo interno.
Quando finalmente sentii una piccola bolla di energia crearsi nella mia mano destra, riaprii gli occhi.
Erano passati si e no 5 secondi da quando li avevo chiusi e gli altri mi guardavano silenziosi.
Aprii la mano contenente la piccola sfera di energia e poi la lasciai andare davanti a me.
Questa si sollevò veloce e leggera e andò a posarsi sul muro della casa.
La bolla scoppiò e nella mia mente apparve l’immagine della casa racchiusa in essa.
Ce l’avevo fatta, ero riuscita a creare la mia bolla/barriera.
Decisi di testare il lavoro appena fatto e feci qualche passo indietro.
Come mi aspettavo Michael scattò in avanti, ma non riuscì a superare la porta della casa, nella quale senza saperlo era intrappolato.
< Ma che..?! > iniziò.
Cercò di fare un altro passo e nella mia mente, vidi la barriera vibrare leggermente nel punto in cui l’aveva colpita con il piede, senza però provocare danni, ci sarebbe voluto molto di più di un calcetto per far crollare o solo lesionare quella “ bolla ”.
Guardò Zach che sembrò non capire, così, anche lui fece per uscire, ma niente.
Allora tirò un calcio, poi un altro e un altro ancora.
La barriera vibrò, ma rimase intatta.
Sentivo il potere di quella “cosa” nella mia mente, potevo controllarla a mio piacimento.
Sorrisi delle espressioni inebetite dei cinque ragazzi che avevo di fronte, intanto anche gli altri due avevano iniziato a tirare calci e pugni a quella che a parer mio era la cosa più fenomenale che avessi mai creato in quasi 17 anni di vita.
Lola osservava la scena, con un’espressione a metà tra il divertito –vedendo i ragazzi litigare e picchiare il “ nulla ” - e il 
curioso – non capendo che diavolo stesse succedendo - e rideva sotto i baffi.
< Greta… > disse Juliet guardando i ragazzi.
Ethan avanzò quanto glielo permetteva il “ muro invisibile ” e mi guardò. 
< Chris, ascolta… > iniziò, ma non lo feci finire di parlare. 
< No! > sbottai < Ascoltate, sono più forte di tutti voi messi insieme. > sorrisi < e se voglio andare in una stupida discoteca, ci andrò. Con o senza il vostro permesso. > 
< Non sei ancora più forte di noi, non puoi controllare i tuoi poteri, lo sai già! > disse Michael a bassa voce.
Alzai le sopracciglia e feci una smorfia.
< Non ho bisogno di controllare TUTTI i miei poteri, per essere più forte di voi. > così, mi voltai e feci per andarmene, ma qualcuno urlò alle mie spalle.
< Chris! > disse Zach tirando un calcio al “ muro invisibile ” che vibro nella mia mente.
Sbuffai e mi voltai.
< Fammi uscire di qui… Ora. > disse a denti stretti, ma vedendo che io gli ridevo in faccia aggiunse:
< Ti giuro che appena esco di qui… > mi lanciò un’occhiata di fuoco, ma non lo feci finire.
< Ecco, appunto. Qualsiasi cosa tu voglia fare, devi prima uscire di li. Poi ne riparliamo. > alzai le spalle, presi la mano di Lola e mi voltai dirigendomi verso il luogo dove dovevamo incontrarci con Jackson.
 


Buonasera a tutti!!
Eh si, sono tornata... sapete che vi dico? L'estate è iniziata, io ho voglia di scrivere e tante idee che mi frullano per la testa, e ho pensato che - anche se non sono seguita da tante perosone - sia giusto continuare, per quelle che invece hanno sempre seguito e aiutato la storia con le loro recensioni.
Questo capitolo non è granché ma serviva alla storia come punto di "svolta", perché dopo si chene succederanno di cose!!! Lo dedico a chi mi ha sempre seguita, grazie di cuore.
Baci, Fra_2897 :)
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


 Capitolo 20
 
 
Camminammo per due isolati e ci fermammo solo quando vedemmo una macchina accostata vicino al marciapiede.
Ci avvicinammo e Jackson ci venne incontro sorridente.
Era bello, più degli altri giorni e notai la mia amica sgranare gli occhi, quando sotto la luce fioca del lampione sulla strada, la figura alta del ragazzo si faceva più visibile.
< Buonasera bellissime. > ci salutò Jackson mettendosi fra me e Lola e appoggiando le sue braccia sulle nostre spalle.
< Che volete fare stasera? > chiese appoggiandosi ad un lato della sua Volkswagen Passat Coupé.
< Discoteca! >  dissi io.
< Discoteca? > chiese lui voltandosi a guardare Lola per avere una sua conferma.
Questa, che intanto era rimasta imbambolata a guardarlo, tossì indifferente spostando lo sguardo e annuì < ...e discoteca sia! > disse.
Salimmo in macchina e ci dirigemmo in una piccola e affollata discoteca di Salem.
Una volta entrati ci dirigemmo verso il bancone.
Il barman un ragazzo piuttosto giovane, che poteva avere si e no 24 anni, ci offrì dei bicchierini di vodka e io mandai giù il mio prima che potessi rendermi conto del bruciore alla gola.
Dopo un altro bicchierino, Jack si alzò con Lola e si misero a ballare, io invece rimasi seduta per un po a fissare gli altri, quando all’improvviso, mi sentii avvolgere per i fianchi da due braccia possenti.
Mi irrigidii sul posto, quando voltai la faccia e vidi chi mi stava trattenendo.
Daniel aveva le labbra a pochi centimetri dal mio orecchio e sentivo il suo respiro freddo scendermi giù per il collo.
Deglutii e poi parlai. 
< Qui vicino ci sono Lola e Jakson, potrebbero vederci. >
< Lo so, tesoro, lo so. E’ per questo che ora io e te ce ne andiamo in un posto più appartato. > 
Dovevo fare quello che mi diceva, non c’era altra soluzione.
Così mi alzai, controllai che Lola e Jack non mi stessero osservando e poi seguii fuori dalla discoteca Daniel.
Camminammo vicini per pochi metri, poi giunti vicino ad un piccolo edificio, che una volta doveva essere stato uno ripostiglio di qualche negozio, mi superò, aprì la porta e mi fece entrare.
Mi guardai intorno, la mia ipotesi era confermata.
Infatti, nella grande stanza poco illuminata c’erano degli scatoloni sparsi qua e la e più in fondo sulla destra, una piccola scrivania, anche questa con sopra altri scatoloni.
< Cosa c’è? > chiesi guardando Daniel che nel frattempo si era seduto su una scatola rigida.
< Voglio darti la prima lezione. > disse guardandomi serio.
< Adesso? > 
< Si, adesso. >
Alzò una mano e mi fece cenno di avvicinarmi.
Io lo feci, bloccandomi a pochi passi da dove si trovava lui.
< Quello che hai fatto stasera. > disse.
< E’ carino, ma non abbastanza potente da tenerli rinchiusi li dentro per più di mezz’ora. > fece una smorfia che mi ricordò incredibilmente Zach.
Deglutii ripensando al ciondolo che avevo a pochi metri di distanza e che poteva uccidere la persona che amavo in meno di un secondo.
Averlo li, a qualche passo da me senza poter fare niente mi faceva sentire completamente inutile e impotente.
Annuii e poi lo guardai in attesa che continuasse.
I suoi occhi incontrarono i miei.
Li chiuse un attimo e poi li riaprì, ma quando lo fece questi non erano più quelli di prima.
Balzai all’indietro quando notai che adesso, avevano il colore del fuoco e a guardarli, mi sembrava di vedere delle scintille.
< Oh… mio… > cercai di dire.
Lui non disse niente, solo aprì una mano ed in questa comparve del fuoco all’istante, come se l’avesse fatto senza il minimo sforzo, poi la fiammata aumentò e dopo qualche secondo svanì, portandosi via anche le fiamme dagli occhi del ragazzo.
< Tu… i tuoi occhi. > iniziai.
< Questo… > rispose lui senza farmi finire < Era lo stato avanzato. >
< Di che parli? > chiesi corrugando le sopracciglia.
< Scommetto che i tuoi amichetti non ti avevano mai parlato di una cosa del genere… >  disse sorridendo consapevole.
< Esistono quattro stati avanzati. > Spiegò.
< Terra, acqua, aria e fuoco. > si avvicinò a me fermandosi a pochi centimetri di distanza.
< Ogni strega o stregone è in grado di arrivare ad uno solo degli stati avanzati, quello al quale è destinato dalla nascita, io sono arrivato al fuoco. > concluse.
< Come funziona? > chiesi improvvisamente desiderosa di saperne di più su quella faccenda.
< Vedi… > mi disse < Quando i miei occhi hanno cambiato colore, era perché, dal normale stato sono passato a quello avanzato. Adesso, il mio potere è tornato normale, sono stato io a cambiarlo, e posso farlo ogni volta che voglio a mio piacimento. Il potere diventa incredibilmente più forte rispetto a quello normale. L’unica l’imitazione e che si hanno sotto controllo solo gli elementi appartenenti al proprio stato, ma credimi ci si può fare di tutto. Cose spettacolari, che neanche immagini. >
Disse accarezzandomi una guancia.
< Non tutti gli stregoni, però… > aggiunse < Sono in grado di trovare il loro stato avanzato… > 
< Alcuni ci provano per tutta la durata della loro vita, non ottenendo altro che l’indebolimento del potere base, che li porta così alla morte. > fece spallucce.
 < I ragazzi… > sussurrai.
< Oh, tutti loro hanno raggiunto lo stato avanzato, ma hanno preferito non parlartene, hanno pensato che se fossi stata a conoscenza di tutta la verità, avresti potuto fare qualcosa di male e metterti contro di loro e hanno deciso che tenerti all’oscuro di tutto fosse più... convenievole > rispose.
Non ci potevo credere, ancora segreti!
Dopo tutte le volte che mi avevano detto di fidarmi di loro!
< Tu.. > disse allora < Sei così potente, perché sei nata con il dono di poter raggiungere tutti e quattro i livelli avanzati. > 
Non avevo mai sentito prima niente del genere.
Eppure nelle ultime settimane avevo letto molto riguardo alla magia.
< Greta era come te. > continuò. 
< E l’unico giorno in cui è riuscita a raggiungere i quattro livelli contemporaneamente, è stato proprio l’ultimo giorno d’estate. Per questo si dice che solo in quel giorno si possa privare completamente una strega dei suoi poteri. >
< Per quanto si può restare in uno stato avanzato? > chiesi.
< Dipende dalla quantità di energia che si usa. Più potenza liberi, meno durerà il tempo in cui potrai restare in uno stato avanzato. >
Ero improvvisamente desiderosa di approfondire le mie conoscenze su quell’argomento.
Sapevo che non potevo fidarmi di lui, sapevo che dovevo fidarmi dei miei amici, ma sapevo anche che mi avevano mentito e adesso era giunto il momento di fare di testa mia.
< Voglio provare. > dissi all’improvviso.
Un sorrisino divertito comparve sul volto del ragazzo di fronte a me.
< Sei determinata. > sollevò le sopracciglia.
< Mi piace… > disse puntando i suoi occhi di ghiaccio nei miei.
Deglutii, ma ressi il suo sguardo.
Dopo qualche secondo disse : < Siamo qui per questo, quindi cominciamo… >
< Cosa… cosa devo fare? > chiesi ansiosa di cominciare e anche un po’ impaurita per quello che di li a poco sarebbe successo.
< Chiudi gli occhi… > disse avvicinando incredibilmente il suo viso al mio.
Lo feci.
< Ora devi visualizzarti. Devi immaginare di trovarti nel nulla, avvolta da una luce bianca,la tua potenza. >
Nella mia mente si formò l’immagine di me, avvolta in una luce bianca, splendete, una luce bellissima e potente.
Più la luce diventava forte, più mi sentivo potente.
< Lo sento… > dissi in un sussurro.
< Bene… > soffiò quella parola sul mio volto.
< Ora, devi far si che questa luce diventi tua. Falla tua. Falla diventare una parte di te. >
Ancora una volta mi ritrovai a fare quello che mi diceva quel ragazzo, che fino ad ora avevo sempre pensato essere qualcosa di negativo.
Feci un respiro profondo, poi la luce divenne più forte, così forte da far male, così forte da non riuscire a guardarla.
La immaginai essere una parte di me, immaginai quella potenza fondersi con ogni particella del mio corpo.
< Adesso.. > continuò < Devi cambiarla…Devi darle fuoco, fai si che quella luce diventi fuoco… >
Nella mia mente, la mia figura circondata da quel filo di luce bianca, si incendiò di un fuoco che non bruciava.
Sentivo il potere, sapevo di esserci riuscita.
Aprii gli occhi e mi ritrovai a fissare quelli di ghiaccio del ragazzo.
C’ero riuscita e lo capii anche dalla faccia soddisfatta di Daniel.
La ragazza nella mia mente, riaprì gli occhi.
Adesso questi erano Rossi, bruciavano.
Non ebbi il tempo di sperimentare il mio nuovo stato però, che Daniel cambiò espressione.
< Stanno arrivando. > disse allontanandosi e voltandosi a guardare la porta.
Sentii il potere indebolirsi, fino a diventare piccolissimo per poi sparire.
Anche i miei occhi tornarono del loro colore naturale.
< Chi? > chiesi guardando anche io la porta.
< I tuoi stupidi amichetti. > sputò quelle parole.
< Per stasera basta così. > disse infine.
Lo guardai, ma non dissi nulla, perché all’improvvisò sparì.
Proprio come aveva fatto la sera della festa, era sparito nel nulla, lasciandomi li, piena di dubbi e domande da fare.
Qualche secondo prima che i ragazzi spalancassero la piccola porta del magazzino, un piccolo foglietto volò tra le mie mani:

                                                                DOMANI,QUI, ALLA STESSA ORA.
                                                                NON PARLARNE CON GLI ALTRI.
                                                                                                                   D.
Feci solo in tempo a ripiegare il biglietto ed infilarlo nella borsa, prima di vedere la porta spalancarsi per far entrare i ragazzi, che non avevano proprio l’aria di essere del tutto calmi.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21


 
Presi un respiro profondo, mentre la porta si spalancava e lasciava entrare Michael e Zach.
Non riesco neanche a descrivere le loro facce.
Sui loro volti, non c'era solo rabbia, c'era qualcosa che li rendeva addirittura ridicoli.
< Buonasera. > dissi guardandoli.
< Bu.. Buonasera? > quasi urlò Zach.
Il suo sguardo ribolliva di rabbia.
Feci una smorfia.
< Chris!! > disse Michael guardandomi.
Nei suoi occhi vagava un misto di rabbia, paura, sollievo ed infine felicità
< Cosa? Cosa c'è Mike? >  gli sputai quelle parole addosso con tutta la rabbia che avevo dentro.
Mi ero fidata, avevo fatto di tutto pur di seguire i loro consigli, di ascoltarli e loro avevano semplicemente deciso che sarebbe stato meglio mentire.
< Tu.. non.. non capisci. > mi disse lui guardandomi negli occhi.
Ridicolo.
Semplicemente ridicolo.
Ecco cosa pensavo di lui in quel momento.
< Si tratta della tua vita. > continuò
Come se gli importasse davvero.
< Non stai prendendo questa cosa seriamente. > s'intromise Zach rabbioso.
Nei suoi occhi blù mi sembrò di vedere delle scintille.
Basta.
Questo era davvero troppo.
< Perché, tu si? > urlai.
< Voi si? La prendete seriamente? > dissi ridendo.
Era un sorriso amaro, quasi cattivo.
< Stai scherzando, vero? > mi urlò avvicinandosi.
Adesso si trovava a pochi centimetri dal mio corpo.
Ci guardavamo negli occhi.
Non riuscivo a credere che quelle bellissime pozze d'acqua, quell'immensità, quegli occhi dei quali mi ero stupidamente innamorata, avessero potuto mentirmi così.
Come già successo molte volte in passato, abbassai lo sguardo.
Stavolta però non lo feci perché fosse troppo da sopportare per il mio piccolo cuore.
Lo feci perché dentro di me, una piccola parte si agitava sussurrandomi che non mi sarei mai più dovuta fidare di quello sguardo.
Nel frattempo Michael era uscito dall'edificio facendo sbattere la porta.
< Sei... sei solo una stupida ragazzina. > disse avvicinandosi pericolosamente al mio volto.
Non mi mossi, non perché non volessi, semplicemente perché non ci riuscii.
Lo guardai piena di odio e di rimorso, ma provavo quei sentimenti solo verso me stessa.
Rimorso, perché non ero riuscita a stagli lontano e ancora una volta nonostante la mia mente mi diceva di spostarmi, il mio corpo non ne voleva sapere neanche di fare un minuscolo movimento.
Odio, perché nonostante tutto, non riuscivo ad odiarlo.
Era una lotta.
Una lotta con me stessa.
Una lotta interiore.
< Sei una stupida. >  mi sussurrò ancora una volta.
Il suo fiato freddo colpì le mie labbra rendendo ancora più forte la consapevolezza di quanto fossimo realmente vicini.
Vicini, come non lo eravamo mai stati prima, mentre io ero lontana, da lui, e da tutte le bugie.
Annullò completamente la distanza che mi permetteva di restare lucida e le sue labbra sfiorarono le mie.
< Ti devi fidare di me. > disse.
Ma sapevo che non avrei potuto, non li, non in quel modo.
Per quanto lo desiderassi, non era quello il momento o il posto giusto.
Poggiò delicatamente una mano dietro la mia testa, accompagnando le nostre labbra, che adesso aderivano perfettamente le une alle altre.
Ci stavamo baciando, per quanto potesse sembrare un bacio.
La mia mente era affollata da tantissimi pensieri, troppi, così da non riuscire neanche a mettere a fuoco ciò che stava succedendo.
Sentii il calore, il SUO calore sulle mie labbra e fu probabilmente la sensazione più bella che avessi mai provato in vita mia.
L'unico problema era che io non lo volevo, non così.
Gli occhi bruciavano per via delle lacrime che non avevano intenzione di scendere e anche se dovetti fare ricorso a tutta la mia forza di volontà, mi staccai da lui.
Abbassai lo sguardo e quando lo feci, con mia immensa sorpresa, una lacrima scivolò  lungo la mia guancia.
Lui mi guardò combattuto, in silenzio.
< Non... non posso. Non ci riesco. > sussurrai solamente.
Non sapevo bene neanche io a cosa fosse riferito.
Se al bacio, o al fatto che dovessi fidarmi di lui.
Un'altra lacrima bagnò la mia guancia.
Lui alzò la mano e la catturò con il pollice.
Prima che potesse fare altro però, mi allontanai da lui spazzando via bruscamente con la mano le altre lacrime.
Io non piangevo. 
Mai.
Questo era troppo.
Troppo per me, che all'improvviso mi ritrovavo in un mondo fantastico, pieno di bugie, dolore e purtroppo anche amore.
Ingoiai per ricacciare giù il groppo che mi si era formato in gola.
< Scusami. > dissi cercando di sorridere con fare indifferente.
Ovviamente i risultati furono pessimi.
< Non mascherare le tue emozioni. Non con me almeno. Non fare finta di non sentire niente, perché io so che lo senti anche tu. >
Si riferiva forse al fatto che non riuscivo a guardarlo negli occhi senza che il cuore mi uscisse dal petto, o al fatto che avevo le farfalle nello stomaco ogni volta che sentivo la sua voce o immaginavo la sua figura? Provava anche lui le stesse sensazioni? Conoscendolo non mi avrebbe mai rivelato la verità più di quanto non avesse già fatto con questa esclamazione.
< Sii sincera con me. > disse infine.
Con questa piccola frase però, riuscì a riportare a galla tutto, l'odio, la rabbia per tutte le bugie che mi avevano detto e che forse continuavano - LUI continuava - a dirmi.
< Vorrei poterlo essere. > dissi.
Poi mi voltai e uscii velocemente dall'edificio.
 
                                                                                         * * *
 
Più tardi tornai in discoteca solo per avvisare Jack e Lola che andavo via con i ragazzi.
Durante il tragitto verso casa, seduta sui sedili posteriori della piccola Mercedes di Zach, non proferii parola.
Non dissi niente, neanche quando arrivata a casa mi ritrovai di fronte Ethan, Juliet e Cath non proprio felici per quello che avevo fatto quella sera.
Non dissi niente perché non sapevo cosa dire. A quel punto anche cercare di parlare con loro mi sembrava inutile.
Avevo una confusione tremenda in testa, era davvero successo tutto a me? Tutto in una sera?
Avevo scoperto di essere capace di fare cose straordinarie al di sopra della norma.
Avevo scoperto inoltre, che tutte le persone alle quali volevo bene, mi avevano mentito perché non si fidavano di me.
E poi... avevo baciato  Zach.
Troppo, decisamente troppo.
Il giorno seguente, decisi che sarei tornata da Daniel con tantissime domande da porgli.
Adesso mi sembrava la persona più vicina che avevo per capire qualcosa in questa faccenda.
Per poter andare avanti avevo bisogno di risposte e lui poteva darmele.
 
                                                                                            * * *      
 
Quella notte sognai.
Era buio, tanto buio da non riuscire a vedere quello che mi circondava.
Sentivo vicino a me, la presenza di qualcuno, una presenza oscura.
Aprii la mano, e una piccola pallina di luce vi si formò in essa.
La allargai, così da riuscire a vedere almeno quello che avevo di fronte.
Alzai lo sguardo e fissai gli occhi del ragazzo.
Occhi che celavano la forza.
Occhi che celavano potere, accesi di rabbia e cattiveria.
Daniel stava di fronte a me e mi guardava.
Allargai la sfera di luce che avevo nella mano, e il ragazzo fece lo stesso.
Quando guardai meglio, però, notai che la sfera che teneva in mano non era fatta di pura luce, era qualcosa di più oscuro.
Al centro di questa sfera vi era un piccolo nucleo rosso che brillava, ed intorno a questo immersi in quella luce macabra vagavano delle scie scure, scie che parevano intrappolate, scie che volevano uscire.
La mia visuale si allargò, e ad un tratto non ebbi più bisogno della mia sfera, perché l'ambiente intorno a me s'illuminò.
Daniel si spostò al mio fianco così da mostrarmi ciò che vi era alle sue spalle.

Zach.

Non il solito Zach.
Aveva profonde occhiaie che circondavano i suoi meravigliosi occhi, che adesso parevano di ghiaccio.
Era esile e sembrava sul punto di collassare.
Al centro del suo petto, proprio dove avrebbe dovuto esserci il cuore, un piccolo puntino rosso, non più tanto brillante, proprio come quello che vi era nella sfera di Daniel.
Poi la visuale cambiò, ci fu di nuovo buio e poi di nuovo luce.
Chiusi gli occhi un momento, e quando li riaprii, restai senza fiato.
La paura si impossessò di me.
Daniel, con la sua lucente e macabra sfera nella mano destra, passava di fianco a dei ragazzi, facendoli cadere al suolo, privi di vita, con un solo tocco.
Più vite rubava, più la piccola sfera rossa e la luce macabra che era con essa aumentavano.
Daniel alzò lo sguardo così  terribile e sorrise guardandomi negli occhi.
Solo quando mi avvicinai, notai le identità dei ragazzi che adesso giacevano privi di forza vitale al suolo.
Michael, Zach, Juliet, Cath e Ethan.
Erano morti.
Sapevo che era colpa mia e nonostante tutto non riuscivo a dispiacermene.
Un attimo, poi alzai lo sguardo, sorrisi al ragazzo e mi avvicinai a lui.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22
 
Quando mi risvegliai dopo quell'incubo, non riuscii più a riaddormentarmi, nonostante la sveglia sul comodino vicino al mio letto segnasse le 4.30 del mattino, più cercavo di non pensare e più la mia mente si concentrava sulle immagini di quella sera e del sogno.
Era come essere in un labirinto nei film horror, quando più corri via dal nemico, convinto di essere quasi vicino all'uscita e più ti inoltri nelle tenebre di quel posto infernale.
 
Senza via d'uscita.
 
Ero sicura che quel sogno avesse un significato, ma c'erano troppe nuove cose e troppa confusione per riuscire a pensare lucidamente e a ricreare nella mia mente una conclusione che potesse avvicinarsi anche in piccola parte alla verità.

Sapevo di essere all'oscuro di molte cose e nonostante Daniel mi avesse rivelato parte della storia non mi fidavo di lui. 

Non potevo dimenticare però, che lui aveva in mano la vita di Zach, che con un piccolo tocco tra il medaglione e l'anello, poteva mettere fine alla sua esistenza in pochi secondi e nonostante mi avesse mentito non riuscivo ad odiarlo, perché mi ero innamorata di lui.
Il solo pensiero della morte di quel ragazzo mi faceva sentire svuotata con un grosso macigno nel petto, come se qualcuno mi avesse strappato via il cuore e ci avesse messo una grossa pietra al suo posto.
Pensare che poteva accadere per un mio errore amplificava di cento, mille volte quella sensazione già devastante di suo.

Quindi, buono o cattivo, sincero o bugiardo, giusto o sbagliato che fosse, l'unica possibilità che avevo era quella di fare ciò che diceva Daniel.

Questo però davanti ai suoi occhi.

Ero quasi del tutto sicura che in un modo a me ignoto Daniel mi controllasse anche quando non era con me, ma questo non avrebbe cambiato i miei piani dovevo andare fino in fondo e scoprire la verità, con il piccolo particolare che avrei dovuto fare molta, moltissima attenzione a non farmi scoprire da Daniel o dai ragazzi.
Doveva essere una cosa che dovevo fare da sola e l'avrei fatta.

Cambiai i miei piani per quel giorno e decisi che avrei evitato di andare da lui, avevo bisogno di verità e sicuramente il modo migliore per averla sarebbe stato cercarla da me.

Avevo a disposizione il potere e adesso che ero in grado di raggiungere almeno uno dei quattro livelli avanzati, la mia potenza si era moltiplicata.

Doveva pur servire a qualcosa l'essere una delle streghe più potenti, no?

Avevo il potere e dovevo usarlo.

Avevo il potere e l'avrei usato.

Scalciai via le coperte ed oltrepassai il lettino provvisorio di Lola - che avevamo montato vicino al mio - facendo molta attenzione a non svegliarla.
La sveglia ora segnava le 4.50, quindi avevo più o due ore prima che gli altri si fossero svegliati.
Percorsi il corridoio per arrivare in soffitta, senza accendere la luce e facendo attenzione a non fare rumore entrai nella grande stanza.
L'aria era fresca e l'ambiente era illuminato solo dalla luce limpida della luna che entrava dalla piccola finestrella.
Chiusi la porta alle mie spalle e lasciai la luce spenta per precauzione, sapevo bene che nel buio della notte se l'avessi accesa anche con la porta chiusa avrebbero potuto vedermi, quindi materializzai una piccola sfera luminosa nella mano, abbastanza per permettermi di vedere gli oggetti in modo chiaro senza esser vista all'esterno della camera.

Mi diressi verso la libreria fermandomi di fronte al ripiano che ospitava il libro del quale avevo bisogno.
AMULETI & TALISMANI.
L'avevo consultato pochi giorni prima per riuscire a trovare qualcosa che riparasse la mia mente e ciò che vi avevo letto era stato interessante.

Lo sfilai dalla fila di libri di magia e iniziai a sfogliarlo velocemente saltando le prime pagine che contenevano la descrizione generale e mi concentrai sugli amuleti. 
Dovevo saperne di più su tutta quella faccenda, ma la cosa più importante era che non potevo correre rischi, quindi avevo deciso di partire dall'ostacolo più grande: l'amuleto/collana di Daniel.

Sfogliai più pagine e mi fermai soltanto quando lessi il titolo di una pagina quasi del tutto vuota:

" MORS TUA VITA MEA "

Rabbrividii al solo leggere quelle parole. Avevo studiato il Latino sia con mia madre che nei tre anni di liceo che avevo frequentato a Parigi, e mi era capitato di vedere questa frase già altre volte.

Il suo significato letterale era: La tua morte è la mia vita.

Un po' drammatico, pensai.

Sotto l'enorme titolo scritto in un particolare carattere che sembrava parecchio antico, vi erano poche righe e nient'altro, il resto del foglio era immacolato, completamente bianco, tanto bianco da sembrare più luminoso degli altri fogli di quel vecchio libro.
Sembrava una pagina fatta di proposito per attirare l'attenzione del lettore.
Le poche righe dicevano così: "Rarissimo amuleto che può essere forgiato solo da un Anziano, permette di creare una forte connessione con la forza vitale di una persona. Viene forgiato insieme a ciò che può distruggerlo."

E poi nient'altro.

Evidentemente la persona che aveva scelto quel titolo era abbastanza melodrammatica.

Ero sicura che il medaglione fosse quello, e che " ciò che può distruggerlo " , fosse il piccolo anellino che Daniel mi aveva mostrato due giorni prima insieme alla collana.
Quello che non riuscivo a capire però, era la parte che richiedeva il potere di un ANZIANO.
Gli anziani erano i 20 membri del Gran Consiglio della stregoneria, ed erano stati proprio loro a metterci in guardia dal pericolo dei Cuthbert e degli Audrei, perché avrebbero dovuto forgiare un medaglione che mettesse in pericolo la vita di Zach e perché avrebbero collaborato con Daniel?

Le parole del libro scorrevano nella mia mente come i titoli di coda di un film, ed erano seguite da tantissime domande che a questo punto stavano solo peggiorando la situazione
Ero andata li per avere alcune risposte, ma queste stavano creando solo altre domande e non era decisamente quello che mi aspettavo.

Richiusi il libro piena di rabbia per quella situazione che sembrava non avere mai fine. 
Poi lo riposi dove si trovava all'inizio, aprii la porta e feci sparire la piccola sfera luminosa che avevo lasciato volteggiare sul libro per illuminarlo.

Andai in bagno , mi sciacquai la faccia e mi lavai i denti, poi scesi le scale e mi diressi in cucina.
Fuori dalla finestra, il sole aveva iniziato ad illuminare con i sui caldi raggi un'altra giornata di inizio Luglio.

Mi fermai un attimo a guardare fuori e capii che quella notte, qualcosa in me era cambiato.

Mi sentivo più potente, più determinata e più sicura.

Qualche secondo dopo, mi sentii sfiorare la spalla da una mano calda.
Non ero per niente sorpresa della sua presenza in casa mia, ero solo sorpresa del fatto che dopo la serata del giorno prima venisse ancora a cercarmi.

Mi volti ed alzai lo sguardo per guardarlo negli occhi.

Tutta la rabbia della serata passata era svanita, sapevo che mi aveva mentito, ma non riuscivo ad essere arrabbiata con lui, non riuscivo a non far battere il mio cuore a mille ogni volta che percepivo la sua presenza.

< Buongiorno... > mi sorrise lui.
Capii che non voleva parlare di ciò che era successo, e per adesso andava bene anche a me, più in la ne avremmo parlato.
Sorrisi. 
< Siamo sicuri che tu abbia una casa? Non è che sei un senzatetto che vive sotto i ponti? > scherzai io.
< Non far finta che non ti piaccia avermi sempre tra i piedi. > alzò un sopracciglio puntando le sue iridi color ghiaccio nei miei occhi.
< Sempre un simpaticone... anche di prima mattina. > dissi io con un sorrisino ironico , tirandogli un buffetto sul naso come se avessi a che fare con un bambino.
A quel banale tocco però, nella mia mente si ricrearono le immagini della serata precedente, e anche se avevo deciso che per il momento sarebbe stato meglio sorvolare su quell'argomento , le parole mi uscirono di bocca senza pensarci.
< Quello che hai detto ieri sera... > me ne pentii non appena pronunciai l'ultima lettera. Abbassai la mano e notai che il sorriso e la furbizia nei suoi occhi scomparvero, lasciando spazio ad uno sguardo freddo e distaccato e un'espressione fin troppo seria.
< Cosa? > chiese lui in tono serio.
< Quello che hai detto riguardo alle emozioni... hai detto che sentivi qualcosa... > feci una pausa chiedendomi mentalmente se fosse davvero la cosa giusta da fare.
Ma dovevo avere risposte e anche se non potevo concentrarmi su quello, ormai avevo iniziato, tanto valeva terminare il discorso e chiudere lì la faccenda.
< Era vero...? > chiesi.
Dentro di me tirai un sospiro di sollievo, ma con il cuore a mille nell'attesa della sua risposta, c'era ben poco per il quale essere sollevata.
< Oh, quello! > disse accennando un mezzo sorriso.
Un piccolo gesto che mi fece quasi fermare il cuore per un istante.
< Ma no! Sai com'è... Mi conosci, dovevo trovare un modo per convincerti, e quale sarebbe stato migliore del mio irresistibile fascino? >
Concluse con un occhiolino che voleva dire: " Dimentica quelle parole, era solo un gioco. Amici come prima. " 
Per lui magari era realmente così, ma non sapeva che dicendo quelle cose, aveva fatto crollare anche l'ultima certezza che rimaneva nella mia vita, LUI.

Ero patetica, perché nonostante tutto mi ero illusa, anche sapendo che non sarebbe mai stato possibile che uno come lui fosse solo minimamente interessato a me.

< Ehi? > mi sfiorò il braccio per farmi rinvenire dal mio stato di muta riflessione, ma io lo scansai indietreggiando di qualche passo.
Per una volta che avevo deciso di aprirmi con qualcuno, di superare le mie barriere...

Avevo sbagliato tutto. 

A quel punto, forse ero io quella sbagliata.

< Si, certo... che stupida. > dissi facendo un sorriso così falso e amaro, che non sembrava vero neanche a me stessa.
I suoi occhi vennero attraversati per un attimo da compassione e poi dispiacere.

PATETICA.

Stavo facendo la parte della patetica.

< Cioè, voglio dire... domanda stupida, pff.. è ovvio che è così, volevo che sapessi che anche per me è lo stesso, giusto per non creare malintesi... > accompagnai la frase con un gesto della mano, come a spazzare via l'aria per puntualizzare l'ovvio.
Lui alzò le sopracciglia e mi guardò con un'espressione divertita.
< Avevi paura... che mi fossi illuso? > ridacchiò.
Non risposi e restai a guardarlo con una faccia da ebete. 
< Si guarda, non ho dormito stanotte perché questo dubbio mi divorava il cervello! > conclusi con una voce da " finta " ( alla fine non tanto ) innamorata, mimando infine la forma di un piccolo cuoricino con le mani.
< Sei proprio uno stupido! > e poi scoppiai a ridere.
Mi guardò con un espressione da finto offeso, ma non aggiunse altro perché io lo sorpassai e senza dire una parola ritornai in camera mia.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


                                                               Capitolo 23
Nel pomeriggio quando entrai in cucina, i ragazzi erano tutti radunati intorno al tavolo, così mi avvicinai per sentire ciò che dicevano.
< Questo è il diamante. > disse Zach mettendo sul tavolo una grossa pietra trasparente e brillante.
< ..ed ecco l'argento. > s'intromise Juliet.
Solo quando ripensai ai giorni passati mi ritornò in mente l'amuleto, che a quanto pareva dal momento in cui avevo raggiunto il primo livello avanzato non mi serviva più.
La mia mente era diventata più forte e per il momento nessuno riusciva ad oltrepassarla.
Tossii per attirare l'attenzione dei presenti, che concentrati com'erano sul tavolo e sugli oggetti, non si erano accorti della mia presenza.
< Avrei potuto essere Lola...come le avreste spiegato tutto questo? > chiesi puntando il dito contro il tavolo e ciò che vi era sopra.
< Lola ci aveva detto che usciva con Jack...e così..abbiamo pensato che.. > tentò di spiegare timidamente Juliet.
< In effetti ha ragione. > la interruppe Ethan. 
< D'ora in poi faremo più attenzione. >
< Ehm... comunque volevo avvisarvi che non ho più bisogno del talismano. >
< Che vuol dire non hai più bisogno del talismano? > chiese Cath guardandomi.
< Che non ne ho più bisogno, il mio potere è diventato più forte, la magia non può penetrare nella mia mente adesso, almeno non quel tipo di magia. >
Avevano in volto un'espressione strana ed interrogativa e si guardavano come se stessero comunicando telepaticamente. 
In quel momento mi venne il dubbio che fossero realmente capaci di farlo e che mi avessero tenuta all'oscuro anche di questo.
< Ma, non è possibile...non... > la frase di Michael rimasta a metà mi incuriosì.
< La mente è  protetta solo con il livel... > Neanche Cath finì la frase che la sua espressione divenne di ghiaccio.
E con la sua anche quella di tutti gli altri.

Ecco il tasto dolente.

Le bugie hanno le gambe corte ed ora ne pagavano le conseguenze.

< Livello? Che livello? > dissi con un finto sorrisino innocente.

Nessuno parlò.

< Avete parlato di un livello... che cos'è? > chiesi di nuovo.

< ...il livello..ehm... vogliamo dire che...la mente può essere protetta solo con un livello più avanzato di magia... > iniziò Michael.
Bene, finalmente avevano deciso di fidarsi di me e di dirmi la verità, mi sentii subito meglio e piena di gratitudine per loro che mi stavano rivelando tutto una volta per tutte.
< ...alla fine delle lezioni! > s'intromise Ethan, guardando gli altri con una strana espressione di rimprovero.

Alla fine delle lezioni? 
Ma che...?

< Quando avremo finito le nostre lezioni e il tuo potere sarà sviluppato, ecco cosa intendeva Michael con livello avanzato. >
Mi sembrò di vedere Zach lanciare un'occhiata contrariata all'amico.

Comunque non riuscivo a crederci.
Erano riusciti ancora una volta a mentirmi, per giunta lo avevano fatto in un'occasione che sarebbe stata perfetta per rivelarmi tutto.

Loro non si fidavano di me.

Non so perché ma la cosa mi fece male e mi infastidì a tal punto che persi il controllo di me stessa.
Iniziai a tremare, la mia pelle diventò sempre più bollente e gli occhi iniziarono a formicolare.
Non appena mi resi conto di ciò che stava accadendo, mi allontanai dal tavolo e corsi fuori dalla cucina, entrai nella prima stanza che mi ritrovai davanti e mi ci chiusi dentro.
Cercai di fare profondi respiri, ma era tutto inutile, avevo l'adrenalina alle stelle e mi sentivo così potente da respingere anche un camion con la sola forza del pensiero.

Dovevo fare qualcosa.

Mi sentivo impazzire, era come se il mio corpo avesse bisogno di usare quella potenza.
Realizzai solo qualche minuto dopo passato così a cercare di calmarmi e di riprendere il controllo, che mi trovavo in bagno, così corsi allo specchio e verificai i miei sospetti.
I miei occhi erano rossi e al loro interno miriadi di scintille infuocate li rendevano irresistibili e pericolosi.
Avevo raggiunto il livello avanzato, senza volerlo.
Questa non era una buona cosa.
Era qualcosa più grande di me che non riuscivo a controllare.
E pensare che era successo tutto solo per una bugia mi faceva rabbrividire.
Cosa sarei stata in grado di fare, senza neanche volerlo, se mi avessero fatta arrabbiare seriamente?
Scossi la testa, ma la rabbia cresceva per quella situazione senza fine.
Mi concentrai sull'immagine riflessa nello specchio, ma dopo qualche secondo questo si ruppe con un rumore assordante che rimbombò nella piccola stanza.
Non so come, mi ritrovai per terra.
Ero stata scaraventata via dalla mia stessa potenza.
Passai qualche secondo per terra, terrorizzata e poi finalmente ritornai in me.
Giusto in tempo per vedere la chiave nella serratura che si muoveva magicamente e la porta spalancarsi al mio fianco.
Mentre qualcuno entrava nella stanza io rimasi raggomitolata per terra a fissare lo specchio andato in mille pezzi.
Non mi mossi neanche quando mi resi conto che un piccolo rivolo di sangue mi scendeva lungo la fronte e arrivava alla guancia.

< Chris... > disse il ragazzo.
Poi si alzai leggermente lo sguardo concentrandomi sulle sue meravigliose pozze d'oceano blu.
< Zach.. > sussurrai piano.
< Dio mio Chris! Stai bene? Che diavolo hai combinato? > chiese quasi arrabbiato abbassandosi al mio fianco.
Quando però vide che gi occhi mi divennero lucidi, la sua espressione si addolcì e catturò una goccia di sangue che mi scendeva  lungo la guancia. 
Feci cenno di si e allora mi allungò una mano intorno alla spalla per sorreggere il mio peso mentre mi rialzavo.
Mi aiutò ad arrivare in soggiorno e a sedermi sul divano, i suoi occhi erano terrorizzati e non riusciva a staccare lo sguardo da me e dal sangue che avevo sul viso, eppure sembrava combattuto, si teneva a distanza e dopo il breve contatto tra le nostre mani aveva evitato anche di sfiorarmi.
Forse credeva che facendo così, avrebbe messo in chiaro che io per lui ero solo un'amica, anche se non c'era alcun bisogno di farlo perché l'avevo già capito.
< Sto...sto bene. > dissi facendo un piccolo sorriso.
< Non è niente.. è solo un graffio. > aggiunsi strofinando la mano sopra la ferita che a quanto pareva doveva essere abbastanza profonda.
Feci una smorfia e non riuscii a controllare un gemito di dolore.
< Sta ferma. > disse lui afferrando la mia mano e allontanandola dalla ferita.
Quando però si accorse che come lui anch'io fissavo le nostre mani intrecciate, allontanò la sua velocemente.
< Fa vedere... posso curarla. > disse rialzando la mano, stavolta con diversi scopi.
Quando capii le sue intenzioni sobbalzai allontanandomi da lui per quanto lo permetteva il divano.
Niente magia. 
Non adesso.
< No, no e no... niente magia... mi farò medicare la ferita da Coreen. >
< Sono le 18.00 e Coreen non tornerà prima delle 21.00... Non mi sembra il caso. > sentenziò lui scuotendo la testa.
Ci pensai su e poi decisi.
< Dovrebbe essere in pausa adesso...La chiamerò e le chiederò se può venire. >

Chiamai mia zia e gli spiegai che mi ero fatta un piccolo graffio e che avevo bisogno di una sua medicazione.
L'ospedale nel quale lavorava distava solo pochi isolati dalla nostra casa, così, arrivò dopo pochi minuti entrando in tutta fretta nel salone con in mano la sua valigetta.
La ferita - che nel frattempo avevo coperto con un panno asciutto, per farla smettere di sanguinare - iniziò  bruciarmi ancora di più e quando allontanai leggermente il panno per mostrarla a Coreen, mi sembrò che tante piccole spine mi trafiggessero più e più volte proprio in quel punto.
Arricciai il naso cercando di trattenere le lacrime.
< Oh tesoro, ma che hai combinato? > chiese mia zia avvicinandosi per verificare la gravità della situazione.
In realtà non lo sapevo neanche io...
Che ho combinato?  
Continuavo a ripetermi nella mente.
Eppure ero sicura di non avere del tutto avuto il pieno controllo delle mie azioni.
Era come se il corpo facesse delle cose che la mia mente non pensava neanche.
E la ferita - per quanto male facesse - era la parte minore di tutta la faccenda, mi sentivo impazzire.
Il taglio era abbastanza profondo e partiva dal centro della fronte, proprio sopra il sopracciglio, andando a finire fino alla tempia sinistra.
Coreen applicò alcuni punti di sutura, e finì il lavoro disinfettando e coprendo tutto con un grosso cerotto bianco.
Io aspettai paziente che finisse il tutto senza lamentarmi, mentre Zach rimase per tutto il tempo in piedi a qualche metro di distanza da noi, senza disturbare.
< Ti serve qualcosa? > chiese solo a Coreen.
Lei disse di no e ringraziò
 Quando ebbe finito, mi rimisi seduta facendo movimenti lenti, la ferita ora bruciava di meno, ma la testa aveva iniziato a pulsarmi anche nelle parti non coinvolte nell'incidente.
Non diedi a vedere che sentivo ancora dolore e quando mia zia me lo richiese per l'ennesima volta affermai di non sentire quasi nulla.
Non volevo sembrare troppo esagerata o melodrammatica.
Spiegai a mia zia che lo specchio era andato in mille pezzi perché molto probabilmente la mia magia non era ancora del tutto stabile, quindi poteva capitare che facessi accadere cose senza volerlo.
La stessa versione diedi a Zach ed in seguito anche ai ragazzi.
Che sembrarono crederci senza troppi dubbi.
Prima di andare, Coreen mi somministrò un antibiotico e alcune pillole contro il dolore, disse a Zach di assicurarsi che riposassi un po' , poi se ne andò.

Quando sentii la porta richiudersi mi alzai dal divano e raggiunsi Zach nell'ingresso.
< Dove sono andati a finire gli altri? > chiesi quasi del tutto sicura che non mi avrebbe detto la verità
< Sono andati a casa nostra per preparare una piccola festa che avevamo intenzione di dare stasera. >
 Una festa.
A casa loro!
E io non ne sapevo nulla?
Morivo letteralmente dalla voglia di vedere dove abitavano, da tantissimo tempo.
< Ma ora li chiamo e gli dico che non se ne fa più nulla. > alzò le spalle.
< Cosa? No...perché dovresti annullare tutto?! >
< Chris.. > mi guardò gentile.
< Non ti lasceremo a casa da sola tutta la sera... >
Non so se disse così perché non volevano che rimanessi da sola a casa nelle mie condizioni ( non tanto critiche alla fine ) o perché non si fidavano di quello che potevo combinare.
< Oh, ma certo che non rimarrò da sola. Verrò anch'io alla festa. >
Sorrisi piano per evitare altre fitte alla testa.
< Credo proprio di no. >
Mi guardò sollevando le sopracciglia, quasi con tono divertito.
< Tua zia è stata chiara, devi riposare, e mi ha anche chiesto di costringerti se fosse stato necessario. > cercò di trattenere una risata poiché anche lui sapeva quanto odiassi delle situazioni del genere.
Lo guardai aggrottando le sopracciglia.
In effetti forse per lo spavento, mi sentivo un po' stanca, ma non ero malata.
< Avere un graffietto sulla fronte non significa essere malati. >
Borbottai.
< E lo sai anche tu quanto è iperprotettiva Coreen. >
Per una volta mi diede ragione e poi alzò gli occhi al cielo.
< Va bene, verrai con noi... ma non ti perderò d'occhio per tutta la sera. >
Lo guardai sollevando un sopracciglio.
< Mi prendi in giro? > chiesi sollevando le sopracciglia in un gesto spontaneo che mi provocò una fitta di dolore alla fronte. 
Non che mi desse realmente fastidio averlo tra i piedi per tutta la sera.
<  Ti sembro uno che scherza? > fece indicandosi il viso.
< Zach, piantala! Saremo a casa tua, cosa vuoi che mi succeda? >
Lui mi guardò arricciando il naso.
< Ehm... Forse dovresti prima vedere la "casa" credo cambierai idea. >


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