Born for this [Momentaneamente Sospesa]

di __Aivlis
(/viewuser.php?uid=116211)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Franklin ***
Capitolo 2: *** 2 - Never Let This Go ***
Capitolo 3: *** 3 - My Heart ***
Capitolo 4: *** 4 - Adore ***
Capitolo 5: *** 5 - Another Day ***



Capitolo 1
*** 1 - Franklin ***


Disclaimer. I fatti riportati di seguito non sono fatti realmente accaduti. La maggior parte delle cose narrate è di mia inventiva pertanto non vi venga in mente di copiare quello che ho scritto perché tanto vi scopro ^^. Frannie è l'unico personaggio di mia invenzione in questo capitolo. Hayley Williams, Josh e Zac Farro e Jeremy Davis sono personaggi realmente esistenti ma con questo scritto non intendo dare un'idea neanche vaga del vero carattere dei personaggi, e non scrivo a scopo di lucro.

Avvertimenti. Questo è il primo capitolo della mia prima fanfiction in questa sezione e spero davvero che vi piaccia. Ho cerato di attenermi quanto più possibile alla realtà ma sono finita con lo stravolgere completamente tutto. Forse potrà capitare che certi dati non coincidano con quelli reali per motivi tecnici (chiedo venia). Buona lettura.

*


Dicembre 2003, Franklin.

Si guardarono negli occhi per l'ennesima volta, proprio come facevano due amici che si conoscevano da una vita. Nessuno che fosse estraneo avrebbe mai detto che la loro amicizia era iniziata da poco più di quattro mesi. In fin dei conti il tempo conta poco quando ci sono di mezzo i sentimenti. Per Josh, Hayley era “quel folletto spuntato fuori dal nulla che gli aveva sconvolto la vita”, e anche dopo soli quattro mesi poteva dire di volerle bene come alla sorella che non aveva mai avuto. 
Hayley si alzò dalla poltrona su cui era seduta e si avvicinò a Zac, il fratello di Josh.
« Allora, vogliamo combinare qualcosa: sì o no? »
Gli si era parata davanti in tutta la sua bassezza, approfittando del dislivello causato dal fatto che lui stava ancora poltrendo sul divano. Aveva puntato le mani sui fianchi e spostato il peso su una sola gamba, scrutandolo con quegli occhi furbi e vispi. 
« Agli ordini! » aveva replicato Josh, osservando la scena da qualche metro più in là, evidentemente divertito. 
Zac si alzò passando a pochi centimetri dal volto di Hayley, costringendola ad alzare lo sguardo di qualche centimetro.
« ...ma ricorda che rimarrai una nana a vita. » le aveva detto Zac, come per completare l'esclamazione del fratello.
Hayley aveva arricciato leggermente il naso e storto la bocca e si era voltata passeggiando lentamente verso il suo microfono. Intanto, i due fratelli si erano lanciati un'occhiata incisiva che entrambi erano stati in grado di decifrare al volo.
Sin da quando Hayley era arrivata in città i due erano stati subito d'accordo sul fatto che la ragazza fosse un uragano senza pietà, ma nel senso buono. Stare con lei era come entrare in una lavatrice in piena centrifuga, e poi è ovvio che quando ne uscivi ti sentivi un po' scombussolato rispetto a prima, anche solo per un secondo, e avevi il bisogno di riprendere il fiato. Lei era esattamente così, era l'effetto che faceva su tutti. Ti sapeva travolgere con il suo carattere deciso e, più di ogni alta cosa, con la sua voce divina. Era così che si trasformava ogni volta che prendeva in mano un microfono; se prima era la piccola fiamma da proteggere – ma da lontano, per non rischiare di bruciarsi –, allora diventava la valanga che ti trascinava giù con lei. Hayley era tutte queste cose messe insieme, condite con il rosso vivo dei suoi capelli che la rappresentava in pieno. 

« Facciamo qualcosa dei Foo Fighters? » 
« La conosci The Pretender? » 
« Sì, quella va bene » 
Quando Hayley iniziò a cantare, Zac si chiese come facesse ad adattare perfettamente ogni singola canzone che le veniva in mente in base alla sua tonalità di voce. In una parte del suo cervello era convinto che se le preparasse tutte a casa per impressionarli come solo lei sapeva fare.
Hayley era stata, per Zac, la ventata d'aria buona che gli serviva. Era arrivata così, senza “ma” e senza “perché”, e lo aveva smosso dalla sua staticità proprio nel momento in cui ne aveva più bisogno. E se prima la sua vita era vuota e grigia, vissuta solamentre tramite gli occhi del fratello, ora era come vivere in un uragano ventiquattro ore su ventiquattro. Lui, Josh ed Hayley erano diventati così i tre moschettieri della situazione. Sempre insieme, incondizionatamente, e non solo perché Hayley non aveva molti amici in quella nuova città, ma soprattutto perché tra di loro c'era quell'alchimia speciale che si ha con poche persone. E con lei, anche il rapporto tra i due fratelli era cambiato, in un certo senso. 
Se avessero dovuto fare una paragone, avrebbero preso sicuramente come esempio il burro di arachidi nel toast (perché Hayley adorava il burro di arachidi) in cui Josh e Zac facevano la parte delle due fette di toast e Hayley era il burro di arachidi che mancava per tenerli insieme. 
« Ottima scelta, e mi siete piaciuti! » 
Lei era tutto ciò che era mancato nelle loro vite per essere perfette.
« A dire la verità oggi non ho proprio voglia di suonare, credo di non stare tanto bene » 
« In effetti sei un po' bianchino, Josh » aveva ironizzato Hayley. 
Le era sempre piaciuto prendersi gioco di quei due. In qualche modo si era sempre sentita la “piccoletta” del gruppo, aveva trovato un rifugio tra le braccia dei due fratelli Farro, proprio quello che le era servito sin da subito quando era ancora la nuova arrivata in quel piccolo paesino. 
I primi tempi che aveva trascorso a Franklin erano stati a dir poco infernali. Per una ragazza di quindici anni, approdare di punto in bianco in una nuova città poteva essere qualcosa di veramente traumatico. Era un po' come saltare da un muretto leggermente troppo alto: rischiavi di farti male se non c'era nessuno a riprenderti al volo. Lei da quel muretto ci si era dovuta buttare necessariamente da sola, ed era stato un volo anche troppo alto, per i suoi gusti. 
Nella sua vecchia città aveva le sue amiche, senza le quali non usciva mai. Aveva il carattere carismatico del leader, ma non esiste leader senza il suo gruppo, e così lei era cresciuta: con un gruppo a proteggerla, sempre e comunque. Ma il leader dovette presto abituasi ad una nuova realtà.
La cosa buffa, era che Josh e Zac erano quelle persone che l'avevano presa al volo giù dal muretto, solo che erano stati inaspettati e anche un po' in ritardo.
Camminare per i corridoi di una scuola sconosciuta era stata l'esperienza peggiore che Hayley avesse in memoria, ma già da subito aveva potuto toccare con mano il carattere sferzante di quella città fatta di lustrini e arcobaleni fuori, ma che dentro, nel suo nucleo, era assetata di qualcosa di necessariamente più losco e oscuro. E così Hayley aveva fatto presto a ritrovarsi al centro dell'attenzione della gioventù di Franklin. 
Quando i due fratelli Farro le si erano avvicinati, una mattina, nel corridoio scolastico mentre riponeva i suoi libri nell'armadietto, Hayley aveva avuto anche un po' paura.
La prima impressione che ebbe di loro fu un flash d'infanzia: PincoPanco e PancoPinco di Alice nel paese delle meraviglie. Le sembravano proprio loro. Non erano gemelli, ma era palese il loro legame di fratellanza, e si erano avvicinati a lei come due soldati di un battaglione: spalla a spalla, formando un muro umano invalicabile. Erano questi due ragazzi, alti almeno dieci centimetri in più di lei – o forse anche quindici – che si erano fatti avanti e le avevano detto: « Ciao, tu sei Hayley, vero? Quella nuova? » 
« Noi siamo Josh e Zac Farro e ci chiedevamo se le voci su di te fossero vere » 
« Perché se così fosse, sarebbe davvero fico! Nel senso, se io avessi una collezione di ragni in camera ne andrei molto fiero e la farei vedere a tutti » 
Parlavano a sincrono, uno dopo l'altro, proprio come il cartone animato a cui assomigliavano, e presero Hayley in contropiede nonostante anche loro fossero evidentemente nervosi. 
Hayley non sapeva cosa rispondere. Era rimasta scioccata dal fatto che ci fosse gente che mettesse in giro voci su di lei, ma ancora di più per il fatto che queste voci dicessero di una sua presunta collezione di ragni. 
« Ah.. b-bhe.. » 
Nonostante tutto, quale occasione migliore per farsi degli amici? A distanza di tempo Hayley non andava fiera di quello che aveva fatto, ma non rimpiangeva niente. 
Cercò di mostrarsi più naturale possibile e prese la palla al balzo.
« .. in effetti è vero. Io.. io ho.. molti ragni a casa mia.. molti, davvero molti.. » 
« Oh ma è fantastico! » esclamò Zac.
« Magari un giorno potresti... ecco, non so... farceli vedere.. » lo incalzò il fratello.
Ed era stato così che si erano conosciuti, e in un certo senso la loro amicizia era basata su una menzogna. Menzogna che però era costata ad Hayley un pomeriggio di fatiche per distogliere i due fratelli dal voler vedere a tutti i costi questi fantomatici ragni. Le ci vollero sei ore e una montagna di scuse per sviare il discorso, ma alla fine era riuscita ad arrivare a fine giornata ancora tutta intatta, solo con due amici in più. 
Il giorno dopo andò da loro e gli disse la verità, malgrado il rischio di tornare ad essere sola. 
Forse fu proprio questo che conquistò Hayley, il fatto che i due Farro, dopo la sua ammissione di verità, non se ne andarono come lei stessa si aspettava. 
« Troveremo qualcosa di meglio da fare » le aveva risposto Josh. E agli occhi di Hayley, i due ragazzi divennero due eroi mascherati pronti a tutto per difenderla.
Dopo quel pomeriggio, Hayley non ricordava giornata che non avesse passato con loro almeno in parte.
« A che pensi? » 
La voce del più grande dei fratelli, Josh, la ridestò da quella valanga di ricordi così recenti.
« A niente.. » 
Hayley alzò lo sguardo sugli occhi di Josh e lo abbassò al suolo subito dopo. 
« Allora noi andiamo.. ci vediamo domani a scuola » 
« Sì. A domani, e ricordatevi gli appunti di scienze! » gli urlò dietro guardandoli uscire dalla piccola porta di metallo del garage. Li vide correre incontro ad un tramonto più bello del solito. 
Dopo poco, uscì anche lei. Si allontanò a piccoli passi dal viale interrato del garage e risalì il lieve pendio fino ad arrivare al giardino di casa. Rimase affascinata dalla prospettiva che le si parò davanti: il cielo era rosso, di una rosso passione che lentamente sfumava in rosa e poi celeste, e questa luce riflessa sulla piccole e leggere nuvole sembrava volerle ricordare che aveva finalmente trovato qualcosa di bello. Bello come un'amicizia vera. Anzi, due al prezzo di una.
Pensò che forse trasferirsi a Franklin poteva essersi trasformato dalla cosa più butta del mondo a quella più bella.

*


Hayley guardava l'intera sala mensa dal suo angolo – in alto a destra, per la precisione – come ogni giorno. Ormai, quel piccolo rettangolo di sala era diventato il loro. Era di certo il posto più brutto e più triste dell'intera sala, e forse era per quello che nessuno ci si era mai seduto prima, se non in caso di emergenza, ma a loro non importava. Erano loro tre, chiusi nel loro mondo, e la felicità in quell'angolo buio la portavano da casa. Gli bastava essere insieme per divertirsi.
Il cibo della mesa poteva essere l'unica nota negativa di quei momenti insieme, ma alla fine bastava non pensarci e ricordarsi che mangiare serviva a nutrirsi e che era assolutamente necessario. O meglio, questo era quello che Zac le ripeteva sempre, ogni volta che si rifiutava di pranzare e lasciava il vassoio a qualche centimetro da lei, incrociando le braccia al petto in segno di protesta. I due fratelli in questo erano molto più pratici, per loro non faceva differenza un'aragosta succulenta o un piatto di piselli verdi molto più simili a plastica che a verdure. Non che Hayley fosse abituata a mangiare da Dio tutti i giorni, nella sua vecchia città, ma perlomeno era cibo commestibile.
Il cibo era stato uno dei primi fattori che le avevano fatto odiare quella scuola, e di conseguenza anche quella città. Lei non avrebbe mai voluto lasciare il posto in cui era cresciuta, ma “cause di forza maggiore” - come le aveva denominate suo padre riferendosi al suo maledettissimo lavoro - li avevano obbligati a fare le valigie e trasferirsi. 
Hayley guardò fuori dalla finestra il cielo grigio: in qualche modo i temporali le avevano sempre tirato su il morale, e Josh non aveva fatto altro che prenderla in giro per questo, ripetendole all'infinito che era un paradosso vivente, ma a lei piacevano da pazzi. 
Se si fermava un secondo in più a scavare nella sua memoria, si accorgeva di molte coincidenze strane. Tutti i fatti importanti della sua vita avevano avuto un unico sfondo, che sapeva benissimo riconoscere in una giornata di pioggia. Tante volte aveva dovuto sorbirsi i discorsi di sua madre sulla predisposizione al cambiamento che avrebbe potuto assumere grazie al buonumore derivante dalle giornate piovose, ma erano tutti discorsi che non facevano parte del suo essere. Per Hayley, era solo il destino.
Tornò con l'attenzione all'interno della sala e allungò leggermente il collo per scrutare la situazione quando il suo sguardo incrociò quello di un un ragazzo, probabilmente più grande di lei. Non lo aveva mai visto in giro. Stava seduto sulla sua sedia, con i gomiti appoggiati al tavolo ed un braccio abbassato verso l'interno. L'aveva guardata con quegli occhi per un istante solo - attirato forse dalla sua chioma fulvia -, e poi aveva subito abbassato lo sguardo, tornando a parlare con i suoi amici. Era stato un contatto durato forse una frazione di secondo, ma in quel lasso di tempo, Hayley si era bloccata e contemporaneamente aveva memorizzato la sua barba incolta e il cappello di lana fascirgli la testa. C'era qualcosa in quel ragazzo che la incuriosiva. Non era attrazione, era meglio descrivibile come voglia di tornare indietro ad un passato che le era stato portato via. Per qualche strano, assurdo motivo, quel ragazzo le ricordava la sua vecchia Meridian. 
« Hayley, torna tra noi » 
Una mano agitata davanti al suo volto le coprì la visuale, mano che poi ricondusse al braccio di Josh. 
« Ehi, ci sei? » 
« Sì, ehm.. scusate, mi ero distratta »
« Stavamo dicendo che gli U2 sono un band rivoluzionaria! Vero Zac? » 
« Sì, assolutamente! Mi hanno cambiato la vita, dico sul serio » 
Nessun discorso su alcun tipo di musica sarebbe stato in grado di distrarla da quel pensiero fisso che le si era insinuato in testa. C'era quel volto impresso nei suoi pensieri. E più ci pensava più la malinconia la portava via con sé, e una voragine le si apriva nello stomaco. 
« Scusate ragazzi, io devo andare, mi sono ricordata di dover passare per casa prima di iniziare lezione. Ci vediamo, eh » 
Se ne andò nel giro di mezzo secondo lasciando i due fratelli con il discorso ancora in bocca. 
« Certo che è strana, però » 
« E te ne sei accorto solo adesso? » lo derise Josh dandogli una bonaria botta in testa. 
Hayley non aveva dato peso alle repliche dei suoi amici. Semplicemente, aveva preso i suoi libri in mano, la borsa in spalla e si era avviata in tutta fretta verso l'uscita della sala, lanciando un'occhiata furtiva alla sua destra per vedere se il misterioso ragazzo fosse ancora lì, ma come in ogni film che si rispetti, era sparito. 
Hayley si chiedeva se fosse possibile che un volto le avesse fatto tornare in mente sedici anni della sua vita. Si chiedeva se fosse giusto che dopo tutto quel tempo passato a stipare i suoi ricordi in un cassetto ormai pronto ad esplodere; dopo tutte quelle fatiche, fosse arrivato qualcuno, di punto in bianco, e lo avesse fatto scoppiare. 
Aveva in testa mille immagini, di vie, di piazze, volti che aveva cercato con tutta se stessa di dimenticare, e fino a quel momento aveva creduto davvero di esserci riuscita, ma quando arrivi ad un punto del genere, quando ti senti gonfia come un palloncino di ricordi sottovuoto basta poco a farti esplodere. 
Camminava sul corridoio con passo spedito quando sentì che non riusciva più a trattenersi. Approfittò del fatto che non ci fosse nessuno per chiudersi in bagno e piangere fino a farsi sanguinare gli occhi. 
Si chiuse l'ultima porta alle spalle e scivolò con la schiena contro il muro, proprio accanto al water. Si sentiva una stupida a reagire così, dopo tutto quel tempo.
Quattro mesi di un'esistenza possono bastare a mandarla in frantumi? Lei era stata convinta che tutti i suoi sforzi l'avrebbero ripagata, e solo adesso la realtà le veniva sbattuta in faccia con una brutalità senza eguali. 
Pensava alla vita che aveva lasciato, al futuro che non le era stato concesso, alle sue amiche, quelle di una vita, con cui pensava sarebbe cresciuta e morta. 
« Promettimi che staremo per sempre insieme » 
« Per sempre, sì! » 
Quelle voci di bambina si facevano largo nella sua testa in una maniera troppo prepotente e le rimbombavano nelle orecchie. 
Ricordava i piani per il futuro che si erano fatte, progetti che sarebbero comunque andati in fumo, ma che a loro piaceva credere possibili. Era un illusione alla quale Hayley non era stata pronta a rinunciare. 
Cercò tra tutti i fogli e ai libri che aveva fatto cadere atterra un pezzo di carta pulito su cui scrivere, mentre alcune lacrime bagnavano il pavimento e tutto ciò che toccavano. 
Scrivere era stata la sua salvezza, da quando aveva sei anni. Una delle poche cose, a parte la musica, che erano in grado di sfogarla in qualsiasi circostanza. 
Era così che faceva, quando stava male, prendeva il primo pezzo di carta nel raggio di un metro e iniziava a scrivere frasi sconclusionate. Nella sua mente da adolescente sognava che un giorno, quelle stesse frasi potessero diventare testi di canzoni scritte da lei. Ed era un pensiero che fino a poco tempo prima avrebbe detto irrealizzabile, ma con Josh e Zac stava diventando, piano piano, la realtà di tutti i giorni. 
When we get home I know we wont be home at all. This place we live it is not where we belong”, le prime due frasi che le erano venute, così, di getto.
In cima al foglio un solo nome, il nome che odiava e amava al tempo stesso, il nome che le stava cambiando la vita in bene e in male. “Franklin”.

*


I giorni avevano improvvisamente cominciato a scorrere veloci, ed Hayley aveva capito che quando hai uno scopo, un motivo per alzarti la mattina e trascinarti fino a scuola, il tempo si ristringe a tal punto che in un battito di ciglia è già sera. Quando vivi la giornata solo per quelle poche ore in cui sai di poter soddisfare la tua sete, allora il mondo comincia a farsi un po' più interessante.
Era passata una settimana da quando Hayley aveva visto Jeremy per la prima volta. Jeremy, era così che si chiamava, lo aveva scoperto pedinandolo invece di andare a lezione, vedendo quali corsi frequentava e andando poi a cercare sue informazioni sugli archivi scolastici. Un lavoro che le era costato molto tempo e il rischio venire sospesa per essersi intrufolata clandestinamente nella segreteria scolastica. Ma ci era riuscita, ed ora aveva un nome da associare a quel volto. 
Jeremy era un ragazzo come molti. Aveva qualche anno in più di Hayley e il fatto che avesse già la barba gli conferiva un aria molto più affascinante, nella testa di Hayley.
E così aveva passato una settimana: spiandolo furtivamente – cercando di non farsi accorgere da Josh e Zac -,  studiando ogni sua mossa e ogni suo spostamento per così tanto tempo che poteva dire di conoscerlo da una vita. 
L'idea che i fratelli la scoprissero in qualche modo la terrorizzava. Il loro rapporto era uno tra i più forti legami che era mai riuscita a costruire con qualsiasi persona, ma al tempo stesso era un'amicizia così strana che non sapeva bene come comportarsi. Erano una squadra, tutto qui. 
Fino a quel momento non si era mai posta problemi di quel genere. Più semplicemente, non se la sentiva di confessargli la presenza di un altro ragazzo nella sua vita, qualcuno che non fosse uno di loro, e se non fosse stato che il suo cervello era per forze di cose collegato con le sue azioni, sicuramente non avrebbe voluto dirlo neanche a se stessa.
Quella mattina, invece, era diversa. Si era svegliata con una strana sensazione, e per l'ennesima volta si era sentita stupida. Infondo chi era lei? Una ragazzina che si divertiva ad improvvisarsi stalker, e per cosa? Per conoscere da vicino la vita di un perfetto sconosciuto che non si sapeva per quale assurdo motivo le ricordava com'era la sua vita prima di trasferirsi a Franklin. Tutta quella faccenda non aveva senso. Si sentiva dannatamente schiava dei suoi ricordi e fin troppo suscettibile. Non era abituata a venire dominata da altre persona, e non sarebbe stato di certo questo Jeremy a cambiare le regole della sua vita. Ed era stato forse per quello che si era decisa a porre fine a quell'agonia. Avrebbe smesso di cercarlo con lo sguardo, di seguirlo, e di fare qualsiasi cosa che avesse avuto a che fare con lui.
Ripensava ai suoi stessi ragionamenti mentre riponeva i libri del giorno nel suo armadietto, poi prese quelli della prima lezione e lo richiuse. Si avviò verso la classe di Storia con la mente forse un po' troppo tra le nuvole, perché non si accorse neanche quando andò a sbattere contro qualcosa o contro qualcuno. I suoi libri caddero rovinosamente a terra e stette lì a fissarli per una frazione di secondo prima di alzare lo sguardo su quel ragazzo che le stava chiedendo ripetutamente scusa. E quando mise a fuoco la vista rimase un attimo con le parole in bocca. 
« Scusa, non volevo. Sono tremendamente in ritardo, non guardavo dove stavo andando e.. » 
Parve arrestarsi nel momento esatto in cui i suoi occhi incrociarono quelli di Hayley. Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio.
« No, no. Ehm, non ti preoccupare, non è niente.. »
« Sono davvero molto in ritardo, scusa. Ma prometto che prima o poi mi farò perdonare » prese a dire mentre si abbassava a raccogliere un libro, poi si alzò e glie lo porse. « Adesso scappo, ci vediamo ». Sorrise, e in meno di una manciata di secondi si era già dileguato. 
Ed ecco che era bastato uno sguardo durato una frazione di secondo a smontare i ragionamenti di un'intera nottata insonne. Tutte le sue convinzioni e le sue prese di coscienza distrutte in meno di un attimo. E se prima si era sentita una stupida, ora era davvero convinta di esserlo.
Si accorse di essere in ritardo quando nel corridoio cominciò a non esserci più nessuno. Strinse a sé la piccola pila di libri e abbassò la testa mentre si avviava verso la classe, con aria disarmata e rassegnata. 
La prima lezione di quel giorno fu una delle più strazianti a cui aveva mai partecipato. Tralasciando la sofferente spiegazioni del signor Hammer sugli atomi di carbonio, il problema principale dell'agonia di Hayley era da ricercare in quei dieci secondi di fuoco che aveva appena passato. Si disse che sbattere addosso ad un armadio a due ante già non era un buon modo per iniziare la giornata, se ci si aggiungevano tutti i suoi buoni propositi e le intenzioni di non incentrare più la sua giornata su quello stesso armadio – fattore su cui Hayley aveva tanto a lungo lavorato –, poteva benissimo constatare che quella giornata sarebbe stata inevitabilmente lunga e sofferente.
Dopo aver passato quasi l'intera prima mezz'ora a tamburellare nervosamente con la matita sulla pila di libri che era rimasta intatta sul suo banco, le venne in mente qualcosa da fare. Prese a rovistare tra le sue scartoffie in cerca di un foglio ben preciso. Quando lo ebbe trovato provò la stessa sensazione di quando si sta per leggere l'ennesimo capitolo del proprio libro preferito. 
Ripensò alla settimana precedente e a quello che era successo, al suo ennesimo pianto chiusa in quel lurido bagno del piano mensa, e si chiese se tutta quella sofferenza sarebbe mai finita. 
Con i fratelli Farro aveva trovato il suo porto sicuro, il suo appiglio per non sprofondare nel vuoto. Ma come faceva quando loro non c'erano e tutta quell'aura di protezione che l'avvolgeva, improvvisamente spariva? Faceva ciò che aveva fatto quel giorno: piangeva, o si dedicava alla ricerca di un perfetto sconosciuto. A volte immergersi nelle vite degli altri ci viene più facile che guardare dentro alla nostra, perché viste da fuori quasi tutte le storie appaiono più brillanti. 
Lesse velocemente la prima riga in quella calligrafia sconnessa che tanto era mutata durante gli anni. 
When we get home I know we wont be home at all”
Franklin non era mai stata casa sua. Josh e Zac, loro sì. Ma non quella città. Non si era mai fidata dei prati verdi illuminati dal sole, né dell'aria fresca della campagna. Non aveva mai nemmeno provato a farsela piacere. Il suo era un rifiuto categorico che non accettava obiezioni. Non si era fatta ammaliare, tutto qui, non ne aveva avuto il coraggio. Avrebbe significato tradire la sua vita, quindi se stessa. E per colpa di quei piccoli punti presi che componevano il suo naturale carattere era ferma in uno stato a tratti vivo e a tratti morto. Buio senza i suoi due eroi, bello quando le erano attorno. Franklin non era il suo posto, e in cuor suo sapeva per certo che non lo sarebbe mai stato. 

*

 

« ...e quindi alla fine ci ha rinunciato. Non so voi, ma io con una classe come la mia mi sarei licenziato »
« Vedi, Zac... non tutti hanno paura di un branco di adolescenti urlanti e in piena crisi ormonale! » gli aveva risposto Hayley, divertita.
Zac aveva fatto spallucce di rimando e si era avviato verso la sua batteria. 
Lui aveva sempre questi comportamenti così particolari agli occhi di Hayley. Era spensierato, e, forse per i suoi quattordici anni che non dimostrava affatto, forse per quel suo modo di essere estremamente leggero, in certi sensi, infondeva in Hayley una sensazione di calma profonda. Aveva su di lei lo stesso effetto del profumo di rose o di caffé alla mattina, sembrava risvegliarla da quel torpore buio in cui poltriva. Si sentiva viva accanto a lui. 
Pochi metri più avanti Josh accennava a qualche accordo con la sua chitarra. Lui invece era il fratello che non aveva mai avuto. Era un po' come avere un'amica donna al fianco. Se lei iniziava a parlargli di smalti o vestiti, lui finiva inevitabilmente per calarsi nella parte e assumere quell'aria lievemente effeminata di cui, subito dopo, si vergognava. Fissava per pochi secondi un punto fisso nello spazio e sembrava realizzare in cosa Hayley stesse cercando di trasformarlo, e allora scuoteva la testa e imprecava ad alta voce. Era una scena che si ripeteva di continuo, forse per quel potere che Hayley aveva di ipnotizzare le persone e persuaderle nel tentativo di fargli fare cose che in uno stato di coscienza non farebbero mai. 
Hayley si voltò, prima verso l'uno poi verso l'altro, e sorrise.
« Per vostra informazione, tra meno di due settimane compio sedici anni! » 
Josh smise di colpo di suonare e la guardò confuso.
« E ce lo dici adesso? » le disse, preoccupato.
« Certo! Quando, sennò? » 
« Magari con qualche settimana in più di anticipo? » aggiunse Zac, anche lui evidentemente scosso.
Come avrebbero fatto ad organizzare il compleanno del secolo in così poco tempo? Tutti sapevano che i sedici anni erano un traguardo, e se Josh guarda indietro di un anno ricordava ancora bene la sua festa. Era stato qualcosa di completamente fuori di testa, una delle feste che non avrebbe mai dimenticato. E voleva che fosse così anche per la sua Hayley. Aveva sempre voluto il meglio per lei, fin da quando aveva iniziato a capire che poteva essere una persona importante nella sua vita, perché aveva avvertito la sua inesorabile bontà, sotto la scorza da ragazza dura.
« Ehi, calmatevi! Avete delle facce... » 
Hayley si voltò lentamente e andò a recuperare le sue cose da sopra la panca vicino all'entrata del garage. 
Intanto, Josh e Zac si scambiarono uno sguardo di intesa, leggendo uno nella mente dell'altro.
Josh parve ripensarci e cambiò subito argomento.
« Che giorno è di preciso? »
« Il 27 » rispose Hayley sovrappensiero mentre impilava ordinatamente tutte le sue scartoffie.
« Avevi in mente qualcosa di particolare? » disse Zac, rimbeccando il fratello.
« Nah, niente di che. Magari usciamo, come al solito »
« Ci sarebbe un gruppo della zona che suona all'Underground, sai quel locale a pochi isolati dalla scuola? »
« Mh, ci si può fare un pensiero. Domani mi spiegate tutto per bene. Adesso devo andare a studiare Biologia, perciò ci vediamo a scuola »
Hayley sorrise e i due fratelli Farro la videro sparire oltre la porta di metallo. 
« Siamo davvero nella merda, vero? » chiese Zac al fratello.
« Come diavolo facciamo ad organizzare tutto in meno di una settimana e mezzo? » 
« E dobbiamo anche comprarle un regalo che non ci faccia passare per degli idioti » 
Quel piccolo particolare inutile era, nella testa di Josh, un problema insormontabile. Non vedeva via d'uscita: sarebbero arrivati il giorno del suo compleanno con uno stupido “regalo dell'ultimo minuto” al quale lei avrebbe reagito esclamando: “wow, è bellissimo”, e così il suddetto regalo sarebbe andato a fare compagnia agli altri regali di zie e nonne, nell'angolo più buio del ripostiglio, lì dove sostavano tutti gli oggetti inutilizzati. E quella prospettiva lo terrorizzava. 
Per una persona normale, una settimana e mezzo sarebbe stata abbastanza, ma tutti sapevano che Josh non lo era affatto.

 

*


Hayley aveva visto la locandina del concerto al quale Josh e Zac volevano portarla, appesa alla bacheca scolastica, sullo spazio dedicato agli annunci degli alunni, il fatto che si trovasse proprio accanto a quello del club di scacchi non aveva fatto che aumentare la sua diffidenza. 
Si trattava di un gruppo di poco rilevo di nome “The Factory”, attivo da poco più di un anno, di cui facevano parte alcuni ragazzi dell'ultimo anno. Niente di esaltante ma, a detta di Josh, sarebbe stata un'esperienza che avrebbe migliorato l'apporto vocale di Hayley nel loro gruppo.
« Perché? Noi abbiamo un gruppo? » gli aveva risposto Hayley, serafica. 
« Non fare l'ironica. Vedere una donna all'opera è un occasione rara. Almeno ti sentirai meno... moralmente sola quando faremo il nostro primo live »« Certo, porterò con me il vago ricordo di un concerto a cui ho assistito svariati anni fa in cui si esibiva un'anonima cantante. Ma dovrei ricordarmi sicuramente di lei, perché cavolo, era una ragazza! No, Josh, non attacca.. Non vedo cosa possa esserci di bello in una serata del genere »
« Senti Hayley, mettiamola così: è il tuo compleanno e non ti farei mai fare qualcosa se non avessi la certezza assoluta che ti divertirai come non mai, va bene? Non dico che sarà la serata della tua vita ma ti garantisco che sarà bella »
Hayley aveva guardato fuori dal finestrino dell'auto, rassegnata. 
« Va bene » il suo occhio cadde sul contachilometri « ma vai piano che ancora non mi fido ad entrare in macchina con te »
« Solo se mi prometti che verrai »
« Certo che verrò! Voi siete l'alternativa più allettante », sorrise.
« Meglio così... »
E fu in quel preciso instante, nel momento esatto in cui Josh aveva distolto lo sguardo dalla strada e l'aveva rivolto a lei, sorridendo, che  si era resa conto di cosa sarebbe stato per lui sapere che nei pensieri di Hayley c'era spazio anche per qualcun altro. 
Il loro rapporto era sempre stato qualcosa di così particolare che entrambi avevano sempre fatto difficoltà a definire, ma sicuramente non avrebbero potuto dire che tra loro non ci fosse una punta di malizia non dichiarata. Loro due si piacevano, quello era scontato, ma era sempre stato un sentimento soffocato dalla paura di Hayley di tuffarsi in qualcosa di cui nemmeno lei era sicura, e da quella di Josh di perderla ancora prima di averla imparata a conoscere. Ma a loro non importava, era un equilibrio in cui si trovavano bene entrambi, finché nessuna forza esterna interveniva, e forse la paura di Hayley che Jeremy avrebbe potuto rappresentare una minaccia per quel meccanismo perfettamente incastrato non era poi così infondata. Josh si sarebbe sentito tradito da quell'attaccamento morboso che Hayley aveva nei confronti di quello che Jeremy rappresentava per lei, ovvero un porto sicuro dove nascondersi, qualcosa che fosse in qualsiasi modo molto più stabile di ciò che Josh e Zac potevano offrirle. E allora avrebbero sofferto entrambi, ognuno per un motivo diverso, e non avrebbero potuto fare niente per cambiare le cose. Perché se non potevano fare niente per dare una svolta a quella situazione quando le acque erano calme, non avrebbero potuto farlo neanche quando il mare era in tempesta. 
Hayley aveva paura – ed era la prima volta da quando era in quella città – di perdere quei due fratelli mancati che l'avevano sempre sostenuta, e allora capì di aver trovato qualcosa di cui essere gelosa, qualcosa da preservare fino alla morte pur di costruirsi un angolo di mondo solo per lei, dove poter reinventarsi daccapo e leccarsi le ferite di quel trasferimento, finalmente in pace. 
Erano entrati da poco nel locale e già potevano distinguere una piccola folla di persone. Sembrava quasi che quel gruppo, i The Factory, potessero vantare una discreta quantità di fan che urlavano il loro nome sotto il palco. Hayley pensò che infondo non sarebbe stata una brutta serata: c'era molta gente, da bere a metà prezzo e quella che poteva prospettarsi buona musica. Sarebbe stato un buon modo per dimenticare tutti i dilemmi e i castelli in aria della settimana precedente. Era arrivato il momento di voltare pagina e chiudere una volta per tutte il capitolo Jeremy. 
Di lì a qualche qualche giorno sarebbe stato natale, lo avrebbe festeggiato con i suoi per la prima volta da quando erano a Franklin e il clima rigido sembrava far calare bene nella parte tutta la città. Sarebbe stato un bel fine anno, il lieto fine del primo capitolo con il suo sguardo da “ce l'ho fatta” perennemente stampato in faccia. Ma per il momento, Hayley si sarebbe limitata a godersi quella serata al meglio con i suoi due nuovi migliori amici.
« Ehi, Hayley, prendiamo un tavolo..? » disse Zac, svegliandola dai suoi pensieri. 
« Come? Ah, sì... » 
« Cos'hai, Hayls? Sei strana oggi.. » Josh la osservava pensieroso mentre si dirigevano verso il primo tavolo libero. 
« No, niente.. » 
Josh la guardò più intensamente una volta che furono seduti. 
« Ragazzi, io vado ad ordinare. Il solito, no? »
« Sì, Zac.. » gli rispose Josh, senza guardarlo in faccia. « Non fare la furba con me, ti conosco abbastanza da sapere che c'è qualcosa che non va » continuò quando furono soli.
« Cosa vuoi che ci sia, Josh? Niente, sono solo un po' stanca »
« Mh, faccio finta di crederti... ma non finisce qui » 
Hayley sorrise cercando di sdrammatizzare la sua aria da duro, e si sentì sollevata quando lo vide ricambiare anche lui con un sorriso.
Per quei due minuti si era sentita indagata, come se qualcuno le stesse puntando un faro in volto, e poi quella tensione se n'era andata scemando con il sorriso di Josh, segno che i sospetti erano stati chiariti, almeno per il momento. E dire che non ci sarebbe stato modo per gli altri di intuire cosa Hayley avesse complottato durante i giorni passati, ma in qualche modo era lei stessa a sentirsi in colpa. Scrollò le spalle cercando di non pensare più a niente e si concentrò sul palco, dove un uomo aveva preso posto al microfono, intendo ad ottenere l'attenzione del pubblico.
Un rumore sordo e fastidioso si sprigionò nell'aria – doveva essere il microfono – seguito dalla voce forte e decisa di quell'uomo.
« Bene, ragazzi, è arrivato il momento che tutti voi stavate aspettando.. » 
Un boato dalla folla riempì l'aria.
« Ecco a voi.. i The Factory » 
Le luci si spensero e si riaccesero dopo qualche secondo. Una bellissima ragazza sostava davanti al suo microfono e iniziò a parlare al pubblico. Hayley non fece molto caso a cose stesse dicendo perché il suo sguardo e la sua attenzione fu attirata dal personaggio alla destra della cantante. Capelli lunghi, barba incolta... e il suo cuore smise di battere per una frazione di secondo. Quel ragazzo che stava suonando il basso con i The Factory, che probabilmente era anche membro effettivo di quel gruppo, era proprio Jeremy. Il suo Jeremy. 
« Oh cazzo! » esclamò Hayley involontariamente.
« Come dici? »
« Ehm.. no, dico.. sono forti! » si riprese accennando un sorriso falso. 
A quanto pareva era come una sorta di maledizione: ogni volta che si riprometteva di chiudere con quel capitolo, ecco che lui spuntava fuori dai luoghi più disparati, e non poteva davvero credere che con tutti i locali che ci fossero in quella stramaledetta città, entrambi si fossero ritrovati proprio all'Underground.
Nota per Hayley: racimolare informazioni prima di assistere ad un concerto.
« Lei canta davvero bene »
« Oh, sì. E' vero »
« Era questo che intendevo con “miglioramento dell'apporto musicale del nostro gruppo” » affermò Josh, fiero di sé. Per una volta sentiva di aver fatto qualcosa di giusto. Osservava lo sguardo adorante di Hayley e si rese conto di averla fatta felice, anche se non riusciva a capire perché fosse così tanto felice.
« E ti dico, di nuovo: ma noi abbiamo un gruppo? » 
« Il gruppo c'è, è il nome che manca »
« Aah, ora è tutto chiaro » annuì Hayley ironica, tenendo lo sguardo sempre fisso su Jeremy. 
Lo fissò per quasi tutto il tempo, tranne durante qualche pausa per bere o fare la disinvolta con Zac e Josh, per non farsi scoprire miseramente. La faccenda stava diventando più dura del previsto.
Ad un tratto, finita quella che avevano annunciato essere la penultima canzone, la cantante – Frannie – prese il suo microfono e iniziò a parlare al pubblico.
« ...ma ora è il momento di augurare il più bel compleanno di sempre ad una persona che sta lì tra il pubblico » 
Lo stomaco di Hayley parve contorcersi in una microsecondo.
« Tanti auguri ad Hayley Williams, che sta seduta proprio a quel tavolo laggiù. Buon sedicesimo compleanno, cara! » 
« Ma cosa...? »
Era sicuramente diventata di un color porpora molto più tendente al fucsia, si era sentita avvampare. Quello doveva essere un piano di quelle due pesti che si portava dietro. 
Si voltò lentamente verso Zac e Josh, con il suo sguardo peggiore.
« Voi ovviamente non c'entrate niente con tutto questo, vero? » 
Li vide ridersela alla grande dall'angolo più sperduto del divanetto su cui sedevano. 
« Andiamo Hayley, non potevi sperare che tutto filasse liscio, no? »
« Maledetti! Sapete quanto io sia suscettibile su queste cose! »
« E forse è per questo che l'abbiamo fatto » rispose Zac, tra una risata e l'altra. 
Hayley allungò una mano lanciando qualche schiaffo un po' ovunque su quell'ammasso di ciccia con le convulsioni ma non poté trattenere una risata: in fin dei conti tutta quella storia le aveva fatto piacere, e aveva anche giocato a suo favore. Infatti, nel momento in cui Frannie aveva detto il suo nome indicandola, lo sguardo di Jeremy le era parso accendersi di colpo. Hayley era sicura di aver avuto una sorta di allucinazione, eppure nella sua infantile ingenuità sperava davvero di averci visto giusto.
« Me la pagherete » Vi amo per quello che avete fatto.
Infondo era partita con il piede sbagliato in tutto, quella sera. Si era prospettata una serata come tante e invece aveva tutto ciò che desiderava, lì, a portata di mano. Aveva i suoi migliori amici a riscaldarle l'umore, ottima musica e soprattutto Jeremy, quell'incognita che si era intromessa nella sua vita con un'insistenza inaudita.
Hayley, nel corso degli anni, non aveva mai incontrato qualcuno che le facesse l'effetto che le faceva Jeremy, e quello faceva paura. Era stato un colpo di fulmine andato a parare dritto dove faceva male, nel punto più sensibile che Hayley avesse in corpo. Nella parte inconscia, quella dei ricordi e delle emozioni, quella in cui aveva racchiuso tutto ciò che di più prezioso aveva per non sottoporlo al lento scorrere del tempo. Ed era stato come un urto improvviso, senza paragoni, che aveva smosso tutta la sua vita e l'aveva cambiata impercettibilmente. Ed erano stati quegli occhi a ricordarle chi era e chi voleva essere. Le avevano parlato, le avevano detto “vai avanti per la tua via e non guardarti indietro, ma ricordati sempre chi sei”. 
Quegli occhi le avevano trasmesso la vita del mondo in una frazione de secondo.
Prese dalla borsa il suo bloc notes e una penna, lo appoggiò su una gamba e annotò qualche parola:
Maybe never will I have to answer again to anyone”
Zac l'aveva guardata di sottecchi e poi aveva subito distolto lo sguardo, tornando a parlare con Josh di qualcosa di superfluo, agitando il suo bicchiere a destra e a sinistra.
Ormai ci erano abituati a vederla scrivere ed appuntare note su quel taccuino. Sapevano che per lei era un gesto essenziale per non impazzire, e sapevano anche che era da quel taccuino che Hayley tirava fuori i testi che poi gli proponeva, ed erano tutt'altra storia paragonati a qualsiasi “pensiero” o “appunto”. Quella era poesia e in quanto tale possedeva un equilibrio che non andava interrotto per nessun motivo al mondo. Ed era forse per quello che quando Hayley tirava fuori quel bloc notes era come se una bolla di sapone le si materializzasse intorno, e finché non aveva finito di scrivere potevi anche far finta che non esistesse. Loro avevano imparato a rispettarla anche in questo senso. 
La prima impressione che Zac aveva avuto di Hayley era stata quella della classica impavida dai capelli color fuoco, ed era quasi stato messo in soggezione da questo suo aspetto. Col tempo aveva imparato a vederla con occhi diversi. Perché se da fuori Hayley sembrava una ragazza forte e ribelle, era solo un dettaglio superficiale, perché dentro era piccola e fragile, sensibile e intoccabile, per certi versi. Era un qualcosa da proteggere, perché se la si lasciava sola le spuntavano fuori gli aculei, come ad un'istrice, e la vedevi mettersi subito sulla difensiva con tutti. Era un suo aspetto pungente che non facilmente passava inosservato e che non tutti sapevano capire. Ed era anche per quello che Zac le stava accanto senza avvicinarsi troppo, perché aveva paura che quella bomba a mano, da un momento all'altro, potesse esplodere.
La vide richiudere il blocchetto e rimetterlo in borsa. 
« Allora? Vogliamo andare? »
« Sì, ma prima vado in bagno » disse Zac.
« Io vado a pagare » 
« E io? » 
« Tu mi aspetti fuori » sorrise Josh.
« Mh, ok. Ci vediamo fra poco »
Si alzarono dal tavolo in contemporanea e ognuno si diresse verso la propria meta. 
Hayley si mise la borsa in spalla e andò verso la porta d'ingresso, costeggiò il locale in direzione del parcheggio quando sentì delle voci gridare dalla porta sul retro.
« ...no! Non è possibile che sia ogni volta la stessa storia, Frannie! Io non ne posso più! »
« E allora come mai sei ancora qui da me, eh? Perché continui ad andare avanti con tutta questa buffonata? » 
La seconda voce era quella di Frannie, ma Hayley non aveva saputo dare un volto alla prima. 
Frannie era una ragazza ordinaria, la vedeva sempre girare per la scuola con quell'aria vissuta che le conferiva un'aura di ridicolezza tutt'intorno. Non le era mai andata a genio, ma la sua voce era senza dubbio mozza fiato.
Ci fu un attimo di silenzio e un sospiro maschile.
« Allora vuoi sapere perché sono ancora qua? » aveva continuato la prima voce con un tono più basso e calmo. « Se non fosse stato per iThe Factory questa storia sarebbe finita da un bel pezzo, ecco! »
Si sentì il rumore di uno schiaffo e il rumore di tacchi sull'asfalto. 
Hayley sostava dietro l'angolo leggermente sporta in avanti. Allungò il collo per osservare la scena e vide Jeremy toccarsi una guancia con la mano. 
Decise di non pensarci e di fare finta di niente. Si tirò su il cappuccio e si mise le mani nelle tasche della felpa, poi si diresse verso l'angolo opposto dell'edificio, cercando di mostrarsi noncurante mentre gli passava di fronte. Sentiva il cuore rimbombarle forte nel petto.
« Hey! Tu sei Hayley, giusto? » Il suo cuore perse un battito. Si arresto e si voltò.
« Sì, sono io »
« Devo ancora sdebitarmi per averti fatto cadere i libri l'altro giorno, non volevo » 
« Oh, no. Non ti preoccupare. Non è niente » gli sorrise e si accorse di non riuscire a guardarlo negli occhi.
Anche lui accennò un sorriso e poi parve ridestarsi.
« Ah, scusa per.. » e alzò una mano ad indicare una scia immaginaria che seguiva le orme di Frannie. «...tutta la scena » 
« Oh, bhe. No, no.. » Hayley fece spallucce e sperò con tutta se stessa che Jeremy l'avrebbe salutata lì. Invece le si avvicinò facendole mancare il respiro. 
« Comunque piacere, Jeremy » e le porse la mano.
Hayley ricambiò la stretta con poca forza.
Le luci rossastre della strada riflettevano sull'asfalto bagnato e per una frazione di secondo quella scena le sembro dannatamente perfetta. Tirava un leggero vento freddo che le pungeva in volto e il contatto con la mano calda di Jeremy la fece rilassare. Fu un contatto che durò un'eternità. La celebrazione di tutto quello che aveva sempre pensato di lui. Un porto sicuro, lontano dal mondo.
« Cavolo, stai gelando... vieni dentro » 
« N-no, grazie. Sto raggiungendo i miei amici. Anzi, si staranno chiedendo dove sono finita » sorrise incerta.
Jeremy annuì, guardando un punto indefinito dell'asfalto. 
« Quindi auguri, di nuovo.. » alzò lo sguardo e lo posò negli occhi di lei, colpendola di nuovo come la prima volta. Dritto dove fa male.
Un cellulare squillò ed Hayley realizzò che fosse il suo solo quando la tasca della felpa cominciò a vibrarle distogliendoli entrambi da quel contatto non materiale. 
Jeremy spostò lo sguardo altrove grattandosi la nuca con una mano, mentre l'altra riposava in tasca.
Hayley prese il suo cellulare e rispose. 
« Ehi, Josh. Sto arrivando » 
Aspettò la risposta del suo interlocutore e richiuse la chiamata.
« Quindi.. io vado »
« Ci si vede a scuola, Hayley »
Da brava adolescente, pensò che il suo nome pronunciato da lui suonava molto meglio del solito.

*

 

Non era come guardare l'alba dalla spiaggia, ma se ti concentravi sulle sfumature dei colori e sulle altre sensazioni, potevi scoprire che forse quel panorama era anche meglio dell'oceano. 
Erano circa le sei della mattina quando Hayley, Josh e Zac avevano deciso di guardare l'alba dalla collina dietro casa di lei. Quel posto era uno dei primi che aveva colto la sua attenzione quando si era trasferita, e l'aveva aiutata a sopravvivere e a vedere in Franklin qualcosa che potesse assomigliare a casa. Il cielo aveva una strana sfumatura di azzurro, molto più tendente al bianco, e l'aria era fredda sulla sua pelle. Era sicura di avere il naso arrossato.
« Prima o poi ce lo dirai cosa ti prende questi giorni? » 
« E non rispondere che non è niente, perché non ci crediamo » aveva completato Zac.
« Ok, c'è qualcosa.. »
Che senso aveva continuare a mentire? Si era detta che il primo passo per ammettere a se stessa i sentimenti che provava per Jeremy, sarebbe stato ammetterli anche agli altri.
« Sapete, stavo pensando che ci potremmo chiamare Paramore » continuò, poi.
« Paramore? Ma che nome è? »
Zac si era voltato verso di lei con aria scettica.
« Oggi ho fatto una lezione di francese sull'amore nella storia e una delle tante tipologie di amore era quello segreto. Il termine usato per descriverlo è molto simile alla parola Paramore, ma più difficile da pronunciare » 
« E perché proprio “amore segreto”? » 
Hayley aveva sospirato e rivolto lo sguardo verso il sole oltre le colline. Non era quello il momento adatto, non si sentiva ancora pronta. Aveva fatto un passo verso la sincerità ed era rimasta bloccata con i piedi in due staffe. Dopotutto non sarebbe stato male rimanere in quella condizione posticcia ancora per un po'. 
In cuor suo sperava che i ragazzi ci sarebbero arrivati da soli, anche se la vedeva una prospettiva davvero molto lontana. 
Si era alzata dall'erba umida facendo pressione con le mani sul terreno, e una volta in piedi le aveva strofinate sulla stoffa dei pantaloni per asciugarle. 
« Magari ve lo dico un altra volta.. » 
Aveva porto una mano a Zac e una a Josh invitandoli ad alzarsi. Questi avevano accettato l'aiuto e si erano drizzati in piedi con un leggero slancio. 
« Adesso andiamo a casa » aveva concluso Hayley.
« Hayls, prima di andare abbiamo una cosa per te » le aveva detto Zac fermandola per un braccio. Josh aveva tirato fuori un involucro arancione dalla sua tracolla e glie lo aveva allungato.
Hayley l'aveva preso e se lo era rigirato tra le mani per qualche secondo, in preda alla felicità. 
« Che cos'è? » aveva chiesto alzando lo sguardo sui suoi amici.
« Aprilo » le aveva fatto cenno Josh.
Hayley aveva scartato il regalo con estrema calma accartocciando l'involucro in un pugno. Tra le sue mani c'era un microfono nuovo di zecca, e non un microfono come gli altri. Aveva l'impugnatura a righe arancioni e gialle e su un fianco padroneggiava la scritta “Hayley” in brillanti bianchi. Era il microfono più bello che avesse mai visto in vita sua. 
« Ragazzi, è bellissimo! » 
Era sicura che il suo sorriso sesse sprizzando gioia ovunque. 
« Per i nostri Paramore » 
Hayley aveva emesso un gridolino soffocato e aveva saltellato verso di loro, carica di felcità. Li aveva abbraccati con tutta la forza che aveva in corpo. 
« Vi voglio bene, ragazzi »
« Anche noi » le aveva risposto Zac per entrambi. 
« Ora andiamo o mia madre mi taglia la testa »
« Sono le sei e mezza della mattina, Hayley, non credo che tua madre possa arrabbiarsi più di quanto non sia ora » 
« Grazie della positività, Josh » glia aveva sorriso mentre si dirigevano verso la macchina.
E in quella serata qualcosa di grande era cambiato. Ora c'erano i Paramore, qualcosa di più di tre strumenti messi inseme, qualcosa di concreto in cui confidare, qualcosa in cui riporre le proprie aspettative. Erano loro tre a combattere contro il mondo, a discapito di tutto quello che sarebbe potuto succedere. 

*

Note. Bene, questo era il primo capitolo e da adesso in poi credo che aggiornerò un po' random, ovvero appena ho il capitolo pronto. Cercherò comunque di essere costante, ma non vi prometto niente dato che non ho nient'altro di pronto, per adesso. Ringrazio chiunque abbia un parere da esprimere, lasciate una recensione.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 - Never Let This Go ***


© Amor Vincit Omnia 02/11/2011


Image and video hosting by TinyPic


Quella notte l'incavo che la sua testa creava nel cuscino sembrava molto più scomodo del solito. Si sistemò meglio le coperte addosso e cercò di fare un breve resoconto degli ultimi avvenimenti. 

Aveva un gruppo vero – con un nome altrettanto vero – e dei migliori amici fantastici. Aveva conosciuto Jeremy e ora lui le aveva chiesto di sostituire Frannie nel suo gruppo, i The Factory, dato che lei aveva deciso di andarsene per motivi che le erano ancora ignoti.
In qualche modo, Frannie rappresentava precisamente lo stereotipo di persona che Hayley voleva diventare. Era bella, intelligente, popolare e cantava divinamente. Il fatto che fosse l'ex fidanzata di Jeremy era un dato che Hayley continuava a sostenere irrilevante ma che in realtà era uno dei motivi principali per cui la venerava e odiava al tempo stesso. La verità era che si era sentita subito minacciata da quella presenza imponente e fastidiosa. Era stata un ostacolo ancora prima che Hayley potesse rendersene conto e se n'era andata con la stessa indifferenza con la quale era arrivata.
Ma in quel momento niente sarebbe stato tanto potente da farla cadere da quel piedistallo d'oro sul quale si sentiva. Era tutto perfetto e d'improvviso le paranoie sul trasferimento si erano in un certo senso minimizzate. Non c'era niente di cui aver paura. Per la prima volta sentiva di avere la sua stessa vita in mano.
Si rigirò ancora sul cuscino. Dopo qualche minuto ci rinunciò e accese la luce del comodino.
Prese istintivamente il cellulare e osservò attentamente il display.

Una chiamata persa: Jeremy – ore 10:30

Alzò lo sguardo verso la sveglia e constatò che stava cercando di dormire da circa venti minuti e che era abbastanza presto da poter richiamare Jeremy.
Con il cuore dai palpiti accelerati e il respiro corto, premette il tasto verde.
« Hayls! »
Hayley sentì una forte pressione al petto quando quella voce così sua le inondò le orecchie.
« Jeremy... ehm, mi hai chiamata per caso? »
I rumori di un pub e della musica, qualcuno che imprecava e subito dopo, il tutto, ovattato.
« Sì, scusa. Ti avevo chiamata perché non sapevo cosa fare e mi chiedevo se avevi voglia di lavorare a qualche canzone, ma immagino che starai per andare a dormire »
« A dire la verità non ci riesco.. » accennò una risata maldestra « ...non so perché »
« Perfetto! Allora passo da te? »
In quel momento Hayley si sentì maledettamente di troppo nella sua vita. Magari era con gli amici, a divertirsi in un pub di periferia. Se lo immaginava appoggiato al bancone con una birra in mano e quello sguardo da angelo caduto stampato in faccia.
« Beh sì. Nel senso, no! »
« ..non vuoi che venga a casa tua? »
« Cioè, sì. Solo che.. »
Intanto si era seduta con la schiena contro il muro e aveva raccolto le ginocchia al petto.
Continuò: « niente, non vorrei disturbarti »
« Hayley, innanzitutto ti ho chiamata io. E poi tu non disturbi mai, lo sai.. »
« Ok, ma credo che dovrai entrare dalla finestra » rise tra sé immaginando la scena.
« Per quale motivo dovrò entrare dalla finestra? » chiese Jeremy, ridendo.
« Sai, non credo che i miei genitori sarebbero contenti se un ragazzo - per giunta più grande di me - venisse in camera mia alle dieci e mezza di sera mentre sono in pigiama. Sarebbe strano, non credi? »
Jeremy parve pensarci su.
« Sì, in effetti hai ragione »
Quando Jeremy la avvertì che stava arrivando le si gelò il sangue nelle vene. Succedeva sempre da quando si vedevano. Lui attaccava il telefono, e quel “bip” le faceva chiudere lo stomaco.
Si guardò intorno in cerca di qualcosa fuori posto. Poi abbassò lo sguardo verso se stessa e decise di cambiarsi. Aprì l'armadio e si spogliò velocemente. Indossò un paio di jeans e una maglietta a maniche corte. Anche solo stare in camera sua insieme a Jeremy le metteva pressione, accoglierlo in pigiama sarebbe stato un po' troppo. Non erano ancora arrivati a quel livello di confidenza, come era con Josh e Zac.
Josh. Lui era un problema, invece. L'unico tassello fuori posto nella vita di Hayley, in quel momento. Lui e l'ostinazione di lei di voler eliminare per punto preso ogni ostacolo che le si poneva davanti. In qualche modo sarebbe dovuta riuscire a congiungere quelle due realtà. Da una parte Jeremy e dall'altra Josh. L'amore non corrisposto e l'amicizia. Scelse di non pensarci.
Quando decise che poteva essere presentabile si spostò verso un altro armadio, leggermente più piccolo, e vi tirò fuori la sua chitarra blu notte. Adorava quell'oggetto. Era stata la sua prima chitarra e, a distanza di anni, era ancora viva e vegeta. Pensò al giorno in cui avrebbe dovuto comprarne una nuova e le venne un po' di malinconia. Si sedette sul letto rifatto alla meno peggio e appoggiò la chitarra sulla gamba destra mentre posizionava accanto a sé il quadernino che usava per comporre.
Da qualche giorno stava lavorando ad una canzone, ed era ormai decisa a farla sentire a Jeremy. Le piaceva che lui commentasse i suoi lavori, o forse le piaceva solo il fatto che lui stesse lì ad ascoltarla senza mostrarsi annoiato o imbarazzato. C'era questo legame un po' più intimo – o forse semplicemente su un livello diverso rispetto al resto del mondo – che li univa, in un certo senso. Non c'era vergogna quando tra loro si frapponeva una chitarra.
Iniziò a pizzicare le corde tese e all'improvviso qualcuno bussò alla finestra. Appoggiò la chitarra accanto agli spartiti e si avvicinò per aprire. Vide Jeremy seduto sul tetto accanto al vetro che la guardava con lo sguardo affaticato.
« Ma una scala no, eh? »
Hayley rise e sentì l'adrenalina salirle alla testa.
« Dai, entra. E fai piano che altrimenti svegli tutti »
« A proposito. Non pensi che mettendoci a suonare alle undici della sera rovineremo un po' tutti i piani per non farci scoprire? »
« Tranquillo, la camera è insonorizzata » fece avvicinandosi al letto mentre Jeremy sbucava dalla finestra.
« Ah, buono a sapersi »
« Sì, è stato un po' un regalo per aver accettato il trasferimento senza troppe storie. I miei sentivano di dover ricompensare questo “calo affettivo”, in qualche modo. »
Si sedette sul letto mentre Jeremy appoggiava il giacchetto su una sedia. Prese in mano la chitarra.
« Volevo farti sentire una cosa prima di proporla agli altri »
Jeremy annuì e poi prese Hayley in contropiede: « A proposito, quando me li fai conoscere? »
Quello era uno di quegli argomenti tabù che non avrebbe mai voluto affrontare. Non era ancora riuscita a conciliare bene tutto quello che era successo in quei giorni. Tutte le uscite che aveva avuto con Jeremy erano sempre passate inosservate dato che gli impegni di lui erano tanti da non permettergli di vedersi ad orari proponibili. In parte questo giocava a favore di Hayley che non aveva ancora avuto bisogno di inventare scuse.
Non era riuscita a trovare il momento adatto per dirlo a Josh, tutto qui. E il fatto che desse tutta quest'importanza alla sua opinione la faceva sentire terribilmente stupida, ancora una volta.
« Te lì farò conoscere.. » disse con lo sguardo basso verso gli spartiti che teneva in mano. « …prima o poi » continuò alzando lo sguardo verso Jeremy, sorridendo.
Jeremy si sedette accanto a lei e le prese bruscamente i fogli di mano.
« Ehi! » esclamò lei.
Lo osservò scorrere lentamente i pentagrammi e si sentì come fosse sotto i riflettori.
« Niente male » prese la sua chitarra dalla custodia e incitò Hayley ad imbracciare la sua. « Dai, attacca »
« Cos'hai in mente? » lo guardò torvo.
« Niente, su! » disse dando una leggera botta al suo dito indice puntato su di lui.
Hayley si spostò leggermente verso i fogli che Jeremy le aveva posizionato ordinatamente sul letto.
Lo guardò un secondo negli occhi prima di iniziare a pizzicare lentamente le corde. Dopo le prime due battute iniziò con il primo accordo e si stupì quando sentì Jeremy ricominciare con le prime note e seguirla mentre iniziava a cantare. Chiuse gli occhi e sentì che Jeremy aveva smesso di suonare. Fece finta di essere da sola.
 « Maybe if my heart stops beating
it wont hurt this much.
And never will I have to
answer again to anyone..
Please don'y get me wrong »
Aprì gli occhi stando attenta a non rivolgere lo sguardo a Jeremy e continuò con gli accordi del ritornello a cui mancavano ancora le parole. Quando ebbe finito alzò gli occhi e lo guardò con aria incerta.
« Allora? »
« Hayley è fantastica! »
« Mi è piaciuto quello che hai fatto a inizio canzone »
« Ho solo riportato quello che hai scritto tu, quindi il merito è il tuo »
Si sentì avvampare mentre Jeremy la guardava fissa negli occhi.
Nel momento esatto in cui entrambi stavano suonando Hayley si era finalmente sentita piena di qualcosa di grande. C'era stato un minuto in cui si era sentita in sintonia con Jeremy, ma soprattutto con se stessa. Non le capitava da molto tempo.
E allora il suo cervello si scollegò per un secondo solo, secondo che bastò a rovinare i piani di un mese intero.
« Jeremy, che ne pensi di venire a fare qualche prova con noi, qualche volta? » dopo averlo detto si mise una mano davanti alla bocca e a giudicare dallo sguardo sbigottito di Jeremy doveva avere una faccia davvero buffa.
« Questo vuol dire che conoscerò i famosi “altri”? »
« In un certo senso.. »
« Allora sì, ci sto »
Hayley sembrò pensarci su e poi fece due brevi collegamenti. Josh la conosceva molto bene. Se avesse portato quella canzone alle prove, lui avrebbe capito tutto e il castello sarebbe crollato miseramente. Tutta quell'intimità che li univa sarebbe scomparsa ed era l'ultima cosa che voleva accadesse.
« Ma non credo che porterò questa canzone alle prove... »
« Perché? E' perfetta! Cos'ha che non va? »
« Niente.. solo che.. non mi va di portarla, ecco tutto »
Jeremy non era una persona ingenua, e già da tempo stava sospettando qualcosa. In tutta quella storia era riuscito ad avere la presunzione di pensare che magari Hayley provava qualcosa per lui. Quel suo modo di guardarlo quando pensava che lui non si accorgesse era bastato a farglielo capire. E tutto perché in realtà era stato lui il primo a sospettare di provare qualcosa per lei. Poi ci aveva pensato e si era guardato alle spalle. Con Frannie era andata proprio così, e la fine che avevano fatto era nota più o meno a tutta la scuola. Con Frannie era stato quanto di più sbagliato era potuto succedere e il solo pensiero di dover ripercorrere un sentiero dove aveva già camminato gli faceva venire il mal di testa. In più, Hayley era diversa. Leggeva qualcosa nei suoi occhi che non aveva visto negli occhi di Frannie e si era ripromesso che la cosa sarebbe caduta sul nascere.
Ora la guardava intenta a scrivere in quel quadernino che si portava sempre dietro. La pelle diafana e i capelli del colore del fuoco. Il profilo del naso e della bocca.
Ci sono tentazioni alla quale sarebbe meglio non cedere. Ci sono cose che sono troppo difficila da gestire per essere portate avanti.
Se solo si fosse abbandonato alle sue sesazioni, avrebbe rovinato tutto quello che stavano costruendo. Ne era certo.
Poi, ad un tratto, Hayley alzò gli occhi verdi nei suoi. E sorrise.

*

Provare con i The Factory era ormai diventata consuetudine dei giovedì sera, quando Josh e Zac erano troppo occupati con gli allenamenti di football per accorgersi della mancanza di Hayley.
I ragazzi del gruppo erano tutti più grandi di lei ma, nonostante questo, c'era un aria rilassata nella sala prove di Eric, il batterista.

Era un ragazzo che frequentava l'ultimo anno, il classico maschio alfa dei gruppo. Moro, occhi chiari. Quello che doveva essere il sogno di tutte le ragazze che lo vedevano camminare per strada. In effetti anche Hayley ci aveva fatto un pensiero la prima volta che lo aveva visto, ma con Jeremy nella stessa stanza le veniva difficile pensare ad Eric come a qualcosa di più di un semplice compagno di gruppo.
Aveva la classica aria scalmanata da “sono il tipo di ragazzo che i tuoi ti dicono di non frequentare”. Una grande mascella da uomo fatto e finito, i lineamenti duri e i muscoli scolpiti. Una cresta nera sparata in aria e delle piccole gocce di sudore ad imperlargli la fronte per completare il quadro perfetto dell'uomo ideale.
Ed era proprio stando davanti a quel personaggio, durante le prove, che si era accorta di cosa c'era che non andasse in quel gruppo. Nonostante l'unità di base, c'era tensione tra Jeremy ed Eric, la stessa tensione che c'è tra maestro e allievo. Chi dei due fosse il maestro e chi l'allievo era da decidere di volta in volta, data l'intercambiabilità dei loro ruoli. Si punzecchiavano a vicenda come due bambini di quinta elementare e Hayley aveva capito che Jeremy non era destinato a rimanere in quel gruppo ancora a lungo. O forse lo pensava solo nella speranza che un giorno avrebbe deciso di entrare permanentemente nei Paramore.
Mentre il suo cervello viaggiava anni luce da quella stanza, la seconda canzone in programma era già finita da qualche secondo.
« Ehi, Davis! Hai fatto un ottimo acquisto con la Williams, eh! » aveva esclamato Eric asciugandosi il collo con un piccolo asciugamano bianco, come se Hayley non fosse a pochi metri da lui.
Lei non aveva fatto neanche troppo caso al tono con cui aveva parlato e tanto meno agli appellativi con cui l'aveva denominata.
Jeremy si era voltato lentamente e lo aveva guardato bruscamente dritto negli occhi.
« Intanto, si chiama Hayley! Seconda cosa: non è un acquisto, Eric, né merce di scambio o roba simile, ok? »
La tensione aveva improvvisamente infestato l'aria e tutti gli altri erano rimasti con il fiato leggermente corto, compresa Hayley.
« Andiamo, Jeremy! Stavo scherzando! »
Il tentativo di Eric di smorzare l'aria servì in modo limitato. Tutti si concentrarono su altre cose, ma ad Hayley non era sfuggito lo sguardo ancora teso di Jeremy mentre si abbassava a prendere una bottiglia d'acqua. Se ne era stata zitta facendo finta di non ascoltare pur di non dover prendere parte a quel duello. L'ultima cosa che avrebbe voluto era essere la causa dei dissidi all'interno dei The Factory, perché non erano il suo posto e perché si trattava di Jeremy.
Dopo altre quattro canzoni la voce di Hayley cominciava a chiedere pietà.
« Ragazzi, io no credo di riuscire a continuare »
« Sei un po' deboluccia, eh! »
Eric l'aveva guardata con aria maliziosa proprio quando Hayley pensava di essere sopravvissuta agli scontri da prime donne di quei ragazzi.
« Hayley, andiamo. Ti riporto a casa. Tanto qua abbiamo finito, no? » Jeremy aveva accentuato l'ultima frase in direzione di Eric, lasciando intuire la diversa funzione che avrebbero dovuto assumere quelle stesse parole.
Hayley si lasciò trascinare fuori dalla sala prove da Jeremy, raccogliendo al volo le poche cose che aveva con sé. Uscirono dalla porta senza neanche salutare gli altri, forse troppo intenti a riporre i loro strumenti nelle custodie.
Stettero in silenzio per metà del viaggio finché Hayley non si decise a porre fine a quel tacere così assillante.
« Cosa c'è che non va tra te ed Eric? »
La domanda le venne forse un po' troppo fredda e distaccata. Se ne accorse quando vide Jeremy impallidire ed irrigidirsi sotto la fioca luce dei lampioni stradali ad intermittenza.
« Niente. Cosa dovrebbe esserci, scusa? »
Ma il suo tentativo di sembrare rilassato non passò di certo inosservato agli occhi di Hayley. Se c'era qualcosa che sapeva fare davvero bene era capire le persone anche quando esse non volevano farsi interpretare.
« Non prendermi in giro, vi siete quasi ammazzati, là dentro. E non continuare a negare, se ne sono accorti tutti »
« Ok, forse qualcosa c'è, ma non è niente di rilevante, in ogni caso »
Hayley odiava le persone così, quelle che non si preoccupano di mostrare i proprio sentimenti al mondo, ma quando gli vengono chieste spiegazioni iniziano a far finta di niente, come a prendersi gioco di chi gli sta parlando.
Incrociò le braccia al petto e sprofondò nel sedile per qualche secondo. Con la coda dell'occhio vide Jeremy distogliere lo sguardo dalla strada e rivolgerlo a lei per una frazione di secondo. Allora ci ripensò e si tirò su dritta con le spalle.
« Niente di rilevante? »
« Niente di rilevante »
« Niente di rilevante per il mondo o solo per te? »
« Oh, insomma! Sono storie che non ho voglia di rivangare, ecco tutto! E poi mi ha dato fastidio come ti ha trattata »
Hayley ci pensò su per qualche secondo.
« Non c'è bisogno che mi proteggi, posso farlo benissimo da sola » concluse voltandosi verso il finestrino, offesa più perché lui non accennava a volerne parlare che per il fatto che lui l'avesse in qualche modo difesa.
« Non mi è sembrato » borbottò Jeremy con un tono di voce basso per non farsi sentire da Hayley. Ma lei lo sentì benissimo, solo fece finta di niente. Le prudevano le mani e sentiva che se avesse aperto bocca avrebbe sicuramente rischiato di tirargli un pugno in faccia.

*

Hayley camminava a testa bassa stretta nel suo giacchetto con collo e metà testa avvolte in una grande sciarpa color lilla. Era completamente assorbita dalla musica sparata nelle orecchie tramite le cuffiette prontamente intrecciate al disotto dei vestiti. Sentì una voce ovattata urlare il suo nome e quando alzò lo sguardo si ritrovò a pochi metri da uno Zac sconvolto e affaticato.
Qualche mattina capitava di incontrarsi all'incrocio delle due vie di casa loro, e in quel quadro perfettamente familiare mancava solo un tassello.
« Buongiorno a te, Zac » gli aveva detto Hayley togliendosi le cuffie dalle orecchie e facendole scivolare sopra alla sciarpa.
« 'giorno Hayls, è da circa venti metri che ti chiamo »
« Scusa, avevo le cuffiette... Ehi, riprenditi »
Zac si era accasciato con le mani a fare perno sulle ginocchia e sembrava stesse per svenire.
« Scusa, non sono allenato »
« A proposito di allenamenti, dov'è Josh? »
« Sottoscrivo: a proposito di allenamenti, si è fatto male ieri sera. Non ho capito bene come abbia fatto, credo che qualcuno gli sia andato accidentalmente addosso. Comunque entra più tardi »
Avevano ricominciato a camminare lentamente verso la scuola e Hayley si era rimessa una sola cuffietta.
Dopo il litigio con Jeremy, Hayley si era sentita tremendamente in colpa. Se l'era presa perché Jeremy non voleva parlarle di qualcosa di suo, quando invece era lei la prima a non volergli parlare di Josh e Jeremy. Si era detta che doveva trovare una soluzione a tutti i costi, ma non aveva trovato nessuna via d'uscita finché Zac non le era comparso davanti come un miraggio.
Dalla sua, Zac aveva l'innocenza di un tredicenne un po' maldestro e l'affidabilità di un pastore tedesco. Con il tempo aveva capito di potersi fidare di lui in qualsiasi evenienza, anche perché era l'unico a non entrarci davvero niente in tutti quei sotterfugi.
L'aveva guardato ancora un po' con la coda dell'occhio e si era chiesta se fosse giusto implicarlo in qualcosa che sapeva per certo avrebbe gravato sul suo morale.
« Zac.. »
« Mh? » l'aveva guardata, innocente.
« Ho bisogno di dirti una cosa »
« Ok, spara »
Fece un respiro profondo e provò ad organizzare le parole secondo un ordine logico.
« Io... mi piace una persona, ecco. »
Zac sembrò bloccarsi per una frazione infinitesimale di secondo.
« Mmh, ok. Josh lo sa? »
« Ecco, io non voglio che tu glie lo dica »
« E come mai? »
Hayley si fermò a pensare per qualche secondo. Perché non voleva dirglielo? Perché il loro rapporto superava qualsiasi altro legame. Perché il “non-detto” e il “non-fatto” alle volte pesano più del resto.
« Perché non voglio fare.. confusione, diciamo »
« Mh »
« Un'altra cosa... »
Zac l'aveva guardata facendole segno di proseguire.
« Ho iniziato a cantare con il suo gruppo »
« E chi sono? »
« I The Factory »
« Ma sono quelli... quelli del tuo compleanno! Ecco dove eri andata a finire dopo il concerto! »
L'espressione di Zac era quella trionfale di chi aveva ricongiunto tutti i pezzi di un grande puzzle. Era buffo, in un certo senso. Poi si fece di nuovo serio.
« Hai intenzione di lasciarci? Intendo, di lasciare i Paramore? » disse con troppa leggerezza.
« Non devo necessariamente lasciarvi per cantare con i loro »
« Ok, a me basta questo. Un curiosità: chi dei tre è quest'uomo misterioso? »
« Come fai a sapere che il ragazzo che mi piace e uno dei The Factory »
Zac aveva abbassato la testa e l'aveva guardata con l'espressione di chi la sa lunga sul suo conto.
« Ok, è abbastanza ovvio. E' il bassista, Jeremy, e... credo di piacergli, non so »
« Secondo me dovresti dirlo a Josh, e magari questo Jeremy potrebbe darci una mano dato che l'unico elemento che ci manca è il basso »
Hayley ebbe un tuffo al cuore e sentì la gola secca.
« Non penso sia una buona idea »
« Io penso di sì »
Le sembrava troppo tranquillo mentre apriva la porta della scuola con nonchalance. Parlava come se tutta quella storia fosse qualcosa di ordinario. Come se in qualche modo se lo aspettasse. Oppure era davvero così ed era lei a farsi troppe paranoie.
« Ascolta, Hayley. Non potete andare avanti a fare gli amici innamorati per tutta la vita, è una maschera che hanno capito tutti, ormai. Era normale che sarebbe arrivato un momento del genere. Inevitabile. » Inevitabile. « E poi non è detto che tu debba dirgli subito che ti piace. Magari prima glie lo fai conoscere, poi introduci il discorso in modo un po' più ovattato »
Hayley era rimasta allibita. Non solo il piccolo Zac, dal canto suo, ci aveva capito più di loro in tutto quel groviglio di emozioni, ma era riuscito anche a trovare una soluzione al problema.

*

« Well this is not your fault,
but if I'm without you
then I will feel so small.
And if you have to go
well, always know that you shine brighter than anyone does. »

Zac l'aveva guardata fisso negli occhi prima di ricominciare a suonare. Nella sua mente, ogni piccolo tassello stava andando al suo posto e ora Hayley si sentiva dannatamente sotto accusa. Ogni parola che cantava era come un atto maldestro che meritava di essere punito con altrettanta incisività. Tutta quella pressione, quei due occhi indagatori puntati su di lei in ogni momento utile, la stavano facendo soffocare. Per qualche minuto si era anche pentita di aver confessato tutto a Zac, poi si era resa conto che senza quel passo non avrebbe neanche mai avuto il coraggio che aveva ora di mostrarsi per quello che provava.

« And if you ran away,
I still wave goodbye watching you shine bright »

Quando il rumore della chitarra andò sfumando, Zac fece finta di niente e andò a prendere la sua bottiglia d'acqua. Hayley si voltò dal lato opposto roteando su un solo piede, con il microfono in sospeso attaccato al cavo che aveva in mano, aspettando i commenti generali.
« Abbiamo bisogno di un bassista » sentenziò Josh, facendo andare l'acqua di traverso a Zac. Non fece in tempo a voltarsi per osservare la scena che Hayley lo stava già fissando adirata.
Zac le fece cenno di parlare, muovendo il capo in direzione di Josh.
« Sì.. beh, in effetti avrei la soluzione.. » cominciò a dire Hayley guardando ovunque all'infuori che nella direzione di Josh.
« Ah, sì? Ovvero? »
Hayley rise mentalmente osservando l'espressione felicemente stupefatta di Josh. Lui, ignaro di tutto, non sapeva ancora che quel cambiamento avrebbe potuto modificare tutto ciò che si erano costruiti intorno con tanta pazienza.
« Hai presente i The Factory? Il loro bassista potrebbe, forse, accettare di fare qualche prova con noi... per darci una mano »
« Ma è perfetto! Allora digli che va bene.. ma, tu come lo hai conosciuto? »
Non fu spaventata da quella domanda quando vide che, nel dirla, Josh aveva iniziato a riporre la chitarra nella sua custodia.
« La sera del mio compleanno, passavo di lì e si è fermato a farmi gli auguri, niente di più... »
Ecco qual'era il danno nel dire cose di troppo. Quel “niente di più...” era stato totalmente non necessario.
Josh voltò la testa verso di lei e la guardò dubbioso, poi si voltò di nuovo e fece finta di niente. L'arte oratoria non faceva per lei.
C'era la sua vita e l'equilibrio che si era creato. C'erano Josh e Zac e i Paramore. C'era quel microfono che le avevano regalato. C'era quel piccolo garage che era l'unico posto che sentiva di poter chiamare casa. Le mura scrostate e rovinate dalla muffa e dall'umidità. L'aria pesante di un locale interrato reso bello dalle loro presenze. E poi c'era Jeremy. E l'altro gruppo. E una sala prove che era tutt'altra storia. E i contrasti appartenenti ad un altro universo. E tutte quelle cose inutili in cui non si sentiva contata. La vita di quei ragazzi ribelli e troppo grandi per lei. Da una parte c'era chi era e dall'altra chi voleva essere.
Josh la guardò di nuovo e con un gesto sciolto si mise lo zaino in spalla.
« Io vado »
Hayley era rimasta impalata in mezzo alla sala, davanti all'asta del microfono per tutto il tempo. Aveva incrociato le braccia al petto e, fissando un punto preciso del pavimento, aveva iniziato a riflettere.
« Credo che tu l'abbia combinata più grossa di quel che pensi, ma che gli stia dando più peso di quello che realmente merita »
Anche Zac stava per andarsene, lei l'aveva intuito dal modo frettoloso con cui stava riponendo le sue cose nella borsa.
Hayley si concentrò ancora sulle perle di saggezza del suo amico e si chiese se avesse ragione anche questa volta.
« Bella canzone, qualunque uomo ti cadrebbe ai piedi »
La voce di Zac le perveniva da dietro. Non fece in tempo a voltarsi che era già sparito oltre la soglia.
C'erano le spalle esili ma forti di Josh, e quelle altrettanto forti ma sconosciute di Jeremy. C'erano due mondi opposti in conflitto fra loro. E due Hayley diverse. In qualche modo.
In quell'istante il mondo intero complottava contro di lei. Ne era sicura.
Le venne in mente di mandare a puttane tutto, magari. Le venne quasi voglia di andarsene di nuovo. Di trovare un posto in cui ci fosse qualcun altro a decidere per lei. Le venne la malsana idea di resettare e ricominciare. Se solo qualcuno le avesse detto che c'era un modo per mandare indietro il tempo, avrebbe venduto l'anima al diavolo per scoprirlo. Avrebbe appoggiato i piedi su un sentiero diverso da quello in cui adesso si trovava persa. Avrebbe scelto altrimenti, e quegli occhi azzurri non le si sarebbero impiantati nel cuore con tanta brutalità da toglierle il fiato.
Fece un respiro profondo. Chiuse gli occhi un istante soltanto e quando li riaprì si decise a mettere in ordine.

*

Camminare fianco a fianco con Jeremy alla luce del giorno aveva fatto sentire Hayley stranamente sollevata. La mattutina luce del sole cercava invano di scaldare l'atmosfera mentre l'aria fredda e statica imprigionava il mondo in uno stato di lenta trasformazione. Quella mattina era tutto più lento.
Sembrava un campo di battaglia dopo lo scontro finale; loro, i superstiti.
Hayley aveva i lobi delle orecchie congelati e, se non fosse stato per il cappello di lana che indossava, il discorso sarebbe valso per tutto il resto della testa.
Quella mattina era diversa dalle altre e bastava guardare il sorriso compiaciuto di Hayley per accorgersene.
Jeremy era passato a prenderla in macchina risparmiandole per una volta il lungo tragitto a piedi. Quando Jeremy glie lo aveva proposto, la sera prima, era stata titubante. Aveva paura di spostare l'ordine delle cose, come quando giochi a Shangai e devi stare attento a come muovi i pezzi per evitare di far crollare tutto. Così aveva soppesato la richiesta e l'aveva scandagliata con attenzione decidendo, alla fine, l'opzione che lei stessa riteneva sbagliata.
Si era chiesta cosa avrebbero pensato Josh e Zac non vedendola arrivare all'incrocio, come tutte le mattine. Sapeva già quali giri di pensieri avrebbe fatto il cervello di Josh e quante maledizioni le avrebbe rivolto, invece, Zac, che già la odiava abbastanza per averlo costretto a tacere una verità importante a suo fratello.
Ora Hayley non pensava più a niente di tutto quello. Sentiva di aver superato il confine razionale delle cose fattibili, e superato quel limite, si era detta, non avrebbe avuto più importanza di niente.
Il fatto è che gli aveva detto di sì, ed ora si trovava a scuola con qualche minuto di anticipo sugli altri.
Tra Jeremy ed Hayley non c'era niente di esplicito, né la situazione accennava a voler mutare. Hayley era indubbiamente innamorata di quegli occhi e del resto, e forse anche Jeremy lo era. Lei vedeva come la guardava e per quanta modestia potesse ostentare con gli altri, dentro di sé la convinzione che qualcosa di più si nascondesse dietro a quei gesti, si annidava come una presenza quasi fastidiosa.
« C'è una festa, sabato questo. La organizza un gruppo di queste parti, non so bene per quale motivo. Ma siamo invitati. I The Factory, intendo »
Jeremy si era voltato verso di lei come se avesse aspettato tutta la mattina per dirglielo.
« Ah, non so, sai. Avevo promesso a Josh che avremmo fatto una maratona di horror a casa mia »
Dopo lo sguardo deluso: « Ah, sì. Chiedigli se vogliono venire, magari la maratona la rimandate ad un'altra serata, no? »
« Proverò, ma non ti assicuro niente. »
Hayley stette bene attenta ad allacciare ogni parola alla successiva per evitare di incepparsi e maledirsi mentre si rifiutava di continuare a parlare. Allora glie lo chiese, convinta di non poter più tornare indietro: « Pranzi con noi, oggi? » Poi si era ricordata di respirare,
« Così ti presento Josh e Zac » aveva continuato, con più calma.
Jeremy l'aveva guardata dall'alto e aveva scosso la testa.
« Perché sento che c'è qualcosa che non va, ogni volta che mi parli di loro? »
« Cosa vuoi che ci sia, Jeremy? Assolutamente niente » riuscì a dire con il cuore in gola. Gli diede uno spintone verso l'esterno facendolo barcollare leggermente. Lui si era lamentato e si era subito riavvicinato gonfiando il petto come un pappagallo.
« Ehi, piccoletta! Ce l'hai con me? » le aveva detto camuffando il suo tono di voce dietro a quello di un classico buttafuori da discoteca.
« Ti mancano una cinquantina di chili per quel ruolo, Jay » rise, lei.
Per quel lasso di tempo si era sentita in cima al modo, di nuovo. Aveva pensato che magari la faccenda si sarebbe sistemata in qualche modo. Non vedeva conclusione negativa per quella storia di incastri. Non esisteva un finale che implicasse delusioni o rinunce. Dentro di sé sapeva per certo che c'era un modo, uno qualsiasi, per riprendere la sua vita per i capelli e portarla di nuovo in alto. L'unico problema è che non sapeva ancora come.

Dopo una certa quantità di ore passate a scaldare il banco, l'aria nel cortile non aveva accennato ad aumentare la propria temperatura. Nonostante questo, tutti i ragazzi della scuola si ostinavano ad uscire per fumarsi una sigaretta o amoreggiare con la propria fidanzata, aprendo e chiudendo il portone della mensa e causando ad Hayley un raffreddamento da escursione termica ripetuta.
« No, davvero. Non possono continuare ad aprire e chiudere quella cavolo di porta! »
« Non c'è momento che ti stia meglio di quando sei arrabbiata »
Hayley l'aveva guardato storcendo leggermente la testa mentre masticava il primo boccone di pollo. Mantenne quello sguardo inquisitore per un po', finché Jeremy non capì da solo dove lei volesse andare a parare.
« Ah, no. E' per i capelli. Quando ti arrabbi sembri un.. fiammifero »
« Ehi! » gli diede una botta sulla spalla con tutta la forza che aveva in corpo con l'unico risultato di avere una mano leggermente ammaccata.
« Non è divertente prenderti a pugni, sappilo »
Jeremy accennò un sorriso che Hayley stette a fissare con concentrazione, tanto che si accorse tardi che Josh e Zac avevano raggiunto il loro tavolo.
« Hayley » aveva cantilenato Zac passandole una mano davanti alla faccia. Da quel gesto Hayley aveva capito che sarebbe stato un lungo e doloroso pranzo.
« Ehi, ragazzi. Questo è Jeremy ed è colui che ci aiuterà con le parti di basso. Quindi... siamo fortunati »
Josh lo guardò dapprima storto e poi curioso. Allungò una mano verso quella di Jeremy e la strinse.
« Lui è Josh » si rivolse a Jeremy. « e lui è Zac » e rivide la stessa scena ripetersi per la seconda volta.
Si misero seduti accanto a loro e Zac intraprese una vivace e simpatica conversazione con Jeremy.
Nota per Hayley: uccidere Zac.
Dopo varie battutine e riferimenti, secondo Zac, puramente casuali, Hayley si accorse di quanto Josh fosse concentrato sul suo cibo. Qualcosa stava succedendo, ed Hayley se ne era accorta forse in tempo.
« Quei maledetti bastardi hanno tenuta aperta la porta per tutto il tempo, adesso sto gelando » commentò, Hayley, innocentemente.
« Oh, tieni Hayls » fece Jeremy togliendosi il cardigan di lana che indossava e porgendoglielo.
Hayley si congelò all'istante. Davanti a lei si stagliavano due figure diametralmente opposte. Jeremy le stava porgendo il suo maglione in un gesto di cavalleria assolutamente romantico, e qualche centimetro più a destra Josh guardava la scena con uno sguardo mezzo schifato.
« Sì, grazie » si ritrovò a dire, non volendo.
Si era infilata la felpa alla meno peggio e quello che era accaduto era stato fatto cadere così.
Solo dopo il pranzo, in un angolo appartato dell'edificio, proprio dietro ad una colonna, Hayley era stata trascinata da Josh e ora ne guardava il volto livido.
« Spiegami questa storia »
« Cosa? »
Faceva finta di niente, ma entrambi sapevano qual'era il problema, chi con certezza, chi lo sospettava solamente.
« Gli piaci, è evidente »
« E.. e anche se fosse? »
« A te piace? »
C'era stato un attimo di silenzio nel quale Hayley si era persa e non aveva saputo cosa rispondere.
« Non è questo il punto » riuscì a tirare fuori.
« Quanti hanno ha in più di te? E poi.. poi se entra nei Paramore e magari iniziate ad uscire insieme e poi vi lasciate, i Paramore non avranno futuro, lo sai questo, sì? »
« Tu vaghi troppo con la testa » disse prima di accennare a voler rientrare nell'edificio.
« Ah sì? “Oh, tieni Hayls” » imitò. « Da quant'è che vi conoscete? Una settimana? Forse dieci giorni.. »
« Cosa diavolo c'è che non va in te, Josh? » gli abbaio conto, ammutolendolo.
Ma lo sapeva bene, Hayley, cosa c'era che non andava in lui.
Josh sospirò, per poi continuare: « Non mi fido, ecco tutto » e abbassò lo sguardo.
« Ma ti fidi di me, giusto? »
In teoria, pensò.
Annuì senza troppo vigore.
« Allora io ti dico che è un grande bassista e che non c'è niente di cui preoccuparsi »
Allora sì. Si voltò e uscì di scena, mettendo fine a quei pensieri taciuti troppo oltre.
Tornò nell'edificio e si recò verso il proprio armadietto con l'orgoglio ferito e la sensazione di essere stata scoperta.

*

« Maybe if my heart stops beating
it wont hurt this much.
And never will I have to
answer again to anyone.. »

Non poteva credere che le moine Jeremy fossero riuscite a convincerla a farlo. Cantare quella canzone davanti agli altri. Scoprirsi del superfluo e rimanere nuda. I suoi sentimenti, le sue emozioni. Tutto in quelle parole così piene di lei, ed ora tutto che si riversava sugli altri come un fiume.
« Io... » aveva iniziato a dire, Josh, quando Hayley ebbe finito « io credo di avere qualcosa che possa andare bene per il ritornello »
Continuò a rovistare nella sua borsa fino a tirarne fuori un foglio sgualcito e glie lo porse.
Hayley lesse quella calligrafia che conosceva tanto bene.

“Because I'll never let this go,
but I can't find the owrd to tell you
I don't want to be alone
but now I fell like I don't know you”

Alzò lo sguardo verso Josh, sorpresa. Si sentì come quando alle elementari si scambiava bigliettini ripiegati con cura con i suoi compagni di classe. Quando volevi dire qualcosa che altrimenti non saresti riuscito a dire. Come quando si aveva paura di guardarsi negli occhi. Come adesso. Hayley l'aveva guardato negli occhi e lui aveva abbassato lo sguardo.
Jeremy si sporse per leggere e una melodia che ricordava bene gli balenò in testa.
« Ascoltate, questo potrebbe starci bene, credo »
Prese a raccattare accordi dalla sua memoria e a legarci dietro quelle parole. Alla fine ne venne fuori qualcosa di buono. Nonostante i sentimenti nudi. Nonostante gli sguardi negati. Nonostante gli studenti che passavano e li guardavano storto. Che guardavano quei quattro ragazzi seduti sulla fredda scalinata del cortile. Quattro cuori e quattro menti sbandate, l'una incosciente dell'altra. Nonostante tutto questo. Avevano prodotto qualcosa di buono.
Poi Hayley aveva posato lo sguardo su Zac, che sapeva tutto, e lui aveva ricambiato alzando le sopracciglia come a lavarsi le mani dei suoi problemi.
« Sono tra l'incudine e il martello e prima o poi uno di voi due dovrà cedere » le aveva detto, più tardi, sulla strada di casa, lontano da tutti.
Lei si era voltata a guardarlo mentre camminava a passo lento, come se il mondo intero stesse aspettando solo loro.
« Cos'è successo? »
« Senti, io non dovrei dirtelo, ma mi sembra un po' palese dopo quello che è successo oggi. Intendo, la canzone che hai cantato e tutto il resto. Mi ha chiesto di... indagare. Vuole sapere a chi si riferisce. Nel senso, a chi pensavi quando l'hai scritta... »
« Cosa gli fa pensare che sia dedicata a qualcuno in particolare? »
Zac l'aveva guardata in modo molto eloquente. Di nuovo.
« Ti conosce abbastanza da sapere che non scrivi niente a caso »
Hayley non aveva risposto. Aveva infilato le mani in tasca e si era chiusa un po' di più nel cappotto.

*

Il cellulare aveva iniziato a squillare proprio nel momento esatto in cui Hayley era intenta ad aprire il libro di storia. Era il fato che non voleva farla studiare, e non la sua svogliatezza cronica come tutti pensavano.
« Pronto? »
« Hayley, sono Josh »
« Ehi »
Le si chiuse lo stomaco, ma cercò di non darlo a vedere.
« Senti posso... posso chiederti una cosa senza che litighiamo di nuovo? »
A quando pareva il piccolo uccellino aveva deciso di volare senza l'aiuto di mamma Zac.
« Credo di sì... »
« Quella canzone, oggi... so che non scrivi mai niente a caso... per chi era? » chiese riportando le stesse parole del fratello.
« Potrei farti la stessa domanda »
Josh sembrò accorgersi immediatamente del leggero cambiamento di voce che aveva subìto Hayley.
« Ok, come non detto. Fai finta che non ti abbia chiamata »
Il click del telefono riagganciato fece sussultare Hayley in maniera quasi impercettibile.
Hayley appoggio bruscamente l'apparecchio sul tavolo della cucina, si alzo e andò in camera sua.
C'era qualcosa in quel loro indagare su di lei che le dava fastidio. Sentiva il bisogno di andare da Jeremy e portarlo via da quel posto.
Nella sua testa, l'adolescente che era il lei stava prendendo il sopravvento, e si sentiva tanto come la protagonista di quei film della Disney, quelli che aveva sempre odiato. Stava diventando uno stereotipo, contro tutto quello che aveva sempre predicato, e se l'amore doveva avere quell'effetto non era disposta a stare al gioco.
Guardò l'orologio e si disse che poteva permettersi di andare a dormire con qualche minuto di anticipo rispetto ai suoi solito orari. Si cambiò in fretta e si raggomitolò sotto le coperte, trovando la forza - tra le lacrime che avevano iniziato a rigarle il viso in direzione del cuscino - di andare avanti a testa alta e fingere di non sentirsi in colpa per tutto quello.

*

Note: Spero che vi sia piaciuto perché ci ho messa davvero molto per scriverlo, anche se poi non è che sia veramente soddisfatta di quello che è venuto fuori. Fatemi sapere cosa ne pensate lasciando una recensione, anche crudele se volete XD.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 - My Heart ***


 
© Amor Vincit Omnia, 2011

Image and video hosting by TinyPic



Che non era una festa come le altre, i ragazzi lo avevano capito molti metri metri prima di arrivare all'entrata del locale, dove la musica assordante arrivava forte e chiara. Quelle onde sonore di post-hardrock arrivavano alle orecchie di Hayley e le attraversavano il corpo fino a colpirne il midollo dandole quel senso di onnipotenza a cui non era troppo abituata.

Dopo molte fatiche, era riuscita a convincere Josh a seguirli a quella festa, realizzando quella che lui stesso aveva definito “un'idea da pazzi”, e solo ora Hayley capiva che, in un certo senso, il ragazzo aveva ragione. 
Avanzarono verso il locale guidati da Jeremy che sembrava essere molto più esperto di loro. Si sentivano tutti un po' fuori luogo tranne lui, e infondo così doveva essere. Loro erano un gruppetto di ragazzini alle prime armi con strumenti e vita, e, ai loro occhi, i ragazzi “grandi” come Jeremy rappresentavano una realtà pressoché irraggiungibile. Cosa ci facevano loro che non avevano a malapena l'età per bere, tranne Zac, in una festa dove gente ubriaca stava agli angoli della strada baciando ragazze probabilmente fatte? Se lo stavano chiedendo tutti e tre. 
In realtà Hayley un suo scopo ce l'aveva, e se lo era prefissato qualche giorno prima, sedendo al tavolo in cucina insieme a sua madre. Era arrivato il momento di dare una svolta alla situazione, e con la grinta di una sedicenne in crisi ormonale era sicura che avrebbe ottenuto ciò che voleva. O meglio, quella sicurezza era stata parte integrante di lei fino al pomeriggio, dopodiché se ne era andata, insieme alla sua autostima, sostituita da una buona dose di trucco e profumo. 
Hayley poteva dire di aver passato uno dei pomeriggi peggiori della sua vita, senza dubbio. Era tornata a casa dopo scuola in un fremito che le percorreva tutto il corpo e, con l'eccentricità di chi sta per toccare il cielo con un dito, aveva gettato la borsa di scuola ad un angolo della camera per poi scendere frettolosamente le scale verso la cucina, dove sua madre stava ripulendo le stoviglie del pranzo. 
« E' oggi! » aveva esclamato con un sorriso a trentadue denti. Sua madre l'aveva osservata, sorridendo, e aveva visto in lei le sembianze di una Hayley che piano piano si creava una vita in cui lei non era più ammessa. Sua figlia stava crescendo, e lei non era ancora pronta al cambiamento.
E così, con il fedele aiuto di sua sorella Jess, erano salite al piano di sopra realizzando amaramente che i piani per la serata erano stati mandati in fumo da una macchia di candeggina accidentalmente versata sulla maglia della serata. Così, con un pizzico di risentimento nei confronti di sua madre, Hayley era salita in macchina e tutte e tre insieme – lei, sua madre e sua sorella – erano partire alla ricerca del vestiario perfetto. Tornarono a casa con qualche capo in più e il morale, soprattutto quello di Hayley, completamente a terra. E lì era iniziata la frustrazione.
Quando erano scattate le nove della sera, Hayley aveva già digerito la cena e si era fiondata in camera sua con tutta l'agitazione che aveva in corpo; aveva preso i vestiti dal letto e si era vestita velocemente, poi si era guardata allo specchio e aveva constatato che tutte le sue paure si erano avverate. Nel timore di sentirsi fuori luogo aveva finito per vestirsi nell'unico modo che non la facesse sentire troppo per la situazione, ma tutti sapevano che il binomio jeans e maglietta non era azzeccato per una festa, e il fatto che al posto delle solite sneakers ci fossero un paio di stivali nuovi non cambiava di certo la situazione. Quindi era arrivata sua sorella che l'aveva truccata – ed Hayley a quel punto si era sentita un pagliaccio – e aveva sostituito la T-shirt con una camicia un po' più femminile. In quel momento “sentirsi fuori luogo” era diventato un eufemismo. 
Si era guardata allo specchio più volte fin quando i suoi occhi avevano cominciato a pungerle e la gola a stringersi per trattenere la lacrime, poi aveva fatto un respiro profondo e, aprendo l'armadio, nell'angolo più buio, aveva scovato una vecchia gonna in stile scozzese che aveva abbinato con delle calze a rete fitta e una T-shirt con scollo a V. Nonostante sua sorella, che la guardava con il volto contratto in una smorfia di disgusto, e il fatto che sembrasse inevitabilmente una bambina, lei si sentiva bene così. Ovviamente non riuscì ad uscire di casa senza che sua sorella mettesse mano sul suo stile scambiando in modo tattico la maglietta con una canottiera scavata sulla schiena e con il collo a V, il tutto ornato dal tocco di classe conferitole dalla cinta borchiata che sua sorella aveva posato sui suoi fianchi. E quindi, con il morale un po' risanato rispetto a prima, era uscita di casa, e ora si trovava lì, a pochi passi dal locale, accompagnata da un crescendo di agitazione mista a disagio. 
Quando arrivarono all'entrata del locale, trovarono un marasma di persone che ballavano e cantavano al ritmo di musica scadente di un gruppo live assolutamente sconosciuto mentre i restanti membri dei The Factory li accoglievano.
Abbandonati i convenevoli e le frasi di circostanza, Hayley si tolse il giacchino e riscontrò che la sua minigonna scozzese stava sortendo qualche effetto. Sentì gli occhi di molti su di sé ma fu sicura di esserselo immaginato, dato che le persone attorno a lei stavano tutte ballando e che la maggior parte di loror erano già ubriache. 
« Noi andiamo a bere » le aveva detto Jeremy passandole davanti seguito dai due fratelli Farro. Quei tre avevano iniziato a sopportarsi - con la sorpresa di tutti qulli che li conoscevano - e in un certo senso anche a diventare amici, e Hayley non poteva credere che stesse succedendo davvero. 
Si guardò intorno e constratò di essere rimastra tragicamente sola, alzo lo sguardo e poco più in la vide Eric che la guardava con sguardo ammaliatore. Rise mentalmente perché Eric era davvero bello e perché le facevano strano quegli occhi su di sé. Decise di non pensarci e si diresse anche lei verso il bancone dove gli altri avevano già ordinato da bere. Anzi, l'aveva fatto Jeremy per tutti, dato che era l'unico che poteva farlo. 
« Ehi, ordinami qualcosa » 
« Analcolico, giusto? » aveva scherzato lui.
« Sì, certo... Come no.» l'aveva apostofato Hayley ironica.
« Ecco tieni » disse Jeremy porgendole un bicchiere conetenete un intruglio colorato « ma vacci piano »
« Non hai idea di con chi hai a che fare, Jerm » 

Hayley cercò di farsi spazio tra le gente che si muoveva a ritmo di musica e rischiò lo svenimento quando le venne a mancare l'aria. Aveva bevuto troppo, lo riconobbe da sola quando sentì la testa pulsarle a ritmo di musica. Stava cercando Jeremy da più di quindici minuti e Josh e Zac avevano deciso di mandare proprio lei a cercarlo con la scusa che "era più piccola e quindi poteva infilarsi meglio tra la gente". Josh aveva giurato di dovergli dire qualcosa di “davvero importante”, tanto da obbligarla in quell'impresa titanica. 
Nota per Hayley: mai are retta a Josh quando hai bavuto troppo.
Riuscì ad arrivare sana da un capo all'altro della grande sala e, solo in quel momento, quando uscì dal marasma di persone, si accorse di Jeremy.
Si bloccò sulla sua posizione e le ci volle qualche secondo per inquadrare bene la situazione. Nella sua testa, l'alcool stava prendendo il sopravvento.
Sgranò leggermente gli occhi e allora realizzò tutto. 
Sotto la fioca luce rossa dei neon, Jeremy e Frannie si stavano baciando addossati al muro, ed Hayley aveva immaginato quella scena miliardi di volte, nel buio della sua camera da letto, ma mai aveva pensato che si sarebbe potuta avverare. E, nonostante tutto quello che aveva ingurgitato, nel suo sterno – ne era certa – qualcosa si incrinò leggermente. Sentì dolore fisico al petto come se qualcuno stesse cercando di sfondarglielo a calci.
Tutto quello che alla fine rimase nella sua testa, fu Jeremy che attaccava al muro Frannie e le loro bocche che si cercavano avidamente, con una passione che apparteneva solo agli adulti, o agli adolescenti dell'ultimo anno, e allora si era sentita infinitamente insignificante. 
« Ehi, bellezza » 
Sentì una voce familiare provenire da dietro di lei, si voltò e vide Eric. Decise, senza neanche parlarne prima con se stessa.
« Andiamo a bere » ordinò.
Lo prese per un braccio e lo trascinò faticosamente fino al bancone. 
« Ho bisogno che tu e la tua maggiore età mi ordinino da bere, ho intenzione di iniziare a divertirmi sul serio » 
Ma intanto nella sua testa quell'mmagine era ancora vivida e, inconsapevolmente, dentro di lei era scattato qualcosa per cui non si torna indietro, una decisione ferrea che avrebbe portato a conclusione più grandi di lei. Aveva finito; Jeremy - almeno nei termini in cui l'aveva sempre posto - era finito. O meglio, erano finiti i sentimenti che continuava, stupidamente, a provare per lui. Voleva davvero convincersene. 
« Capisco » aveva risposto l'altro, con quegli occhi azzurri pieni di pericolo. 
E sentirsi esclusa da un mondo che infondo le apperteneva non era da lei, non glie lo avrebbe permesso.
Forse era per questo che Eric, da così pericoloso, era diventato in un baleno anche così attraente. 
« Short o cocktail? »
Perché alle persone piace giocare con il fuoco quando si pensa di non aver nulla da perdere.
« Short » 
Dopo pochi minuti il suo short era pronto sul tavolo accanto a quello di Eric. Hayley fece per portarsi il bicchierino di vetro alla bocca quando la mano di Eric le fermò il braccio con una presa forte di chi sa cosa vuole. 
« Aspetta, brindiamo a qualcosa » 
« A cosa? » 
« Alla notte, all'alcool e alla vita, per esempio » 
C'era qualcosa di sbagliato in ogni parola che usciva dalla sua bocca.
Entrambi portarono i bicchierini alle labbra e ingollarono il contenuto in una sola sorsata. Hayley sentì bene il pizzicore alla gola e un attimo dopo lo stomaco bruciarle.
Anadarono avanti per molto, fino a che Hayley non riuscì più a dire quanti short avesse bevuto, sentiva solo la testa girarle.
« Dite al mondo di fermarsi » esclamò noncurante di Eric che la guardava divertito.
« Dai, ancora uno » la incitò.
Bevve ancora, ancora e ancora. Fino a che dovette fermarsi perché la sua gola si chiudeva in modo automatico ogni volta che cercava di ingollare ancora qualcosa.
« Basta, andiamo a ballare. Siamo stati seduti su questa sedia anche troppo a lungo » 
« Come desidera » la beffeggiò, lui, rapito un po' da quella sua determinazione improvvista. 
D'altro canto, Hayley sapeva cos'era a farla parlare: l'alcol e la delusione. Ma non si sentiva in diritto di essere delusa, non si sentiva più in diritto di poter essere triste, non adesso che aveva tutto ciò che aveva sempre desiderato, Jeremy a parte, e questo conflitto l'annientava ancora di più. Si trattava solo di riempire i buchi rimsti vuori, rattoppare la propria vita alla meno peggio.
Allora Eric la prese per mano e la portò proprio al centro della sala, là dove centinaia di adolescenti sudati stavano appiccicati come sardine in una scatola troppo stretta e si muovevano a sincrono sulle note di una canzone che Hayley confondeva con tutti gli altri suoni provenienti dall'esterno. 
Ricordava solo gli sguardi di Eric nella sala prove dei The Factory che improvvisamente acquisivano un significato ben preciso, quello che non era riuscita, o non aveva voluto carpire da sobria. Ora la situazione le era ben chiara e quando decidi di mandare a farsi fottere il mondo, il passo da fare per assecondare qualcuno nei suoi intenti è advvero molto corto. 
Baciare Eric era stato diverso da tutti gli altri baci che aveva dato in vita sua, era stato qualcosa di imprevedibile e passionale, qualcosa che le era entrato in testa come un fastidioso motivetto di sottofondo. In qualche modo, con la testa fluttante tra mille pensieri a cui non dava ascolto, non si accorse neanche delle mani di Eric che scivolavano lentamente sul suo corpo con una maestria che in una situazione diversa l'avrebbe spaventata, mentre ora le sembrava del tutto normale. 
Hayley si voltò dandogli le spalle e continuò a ballare dando occhiate a destra e a manca. Poco più avanti intravide i volti di Josh e Zac che uscivano dal locale, e per una frazione di secondo fu anche tentata di seguirli, poi ci ripensò e si voltò di nuovo verso Eric. Lo guardò negli occhi cercandi di racimulare quel poco di concentrazione che le era rimasta, cercando di capire come stessero le cose, facendo il punto della situazione. 
« Ehi, andiamo a bere qualcosa. Offro io. » le disse sorridente. 
Si diressero al bancone sudati e stanchi, dopo una lunga lotta tra l'ammasso di gente. Si sedettero su due sgabelli vicini e, dopo che Eric ebbe ordinato da bere, la baciò di nuovo con un intensità tale da mandarla su di giri, più di quanto non fosse già. Sentiva la testa pesante ed era quasi sicura di avere un'aspetto orribile. 
Bevve l'ennesimo drink senza neanche assaporarne il gusto, solo per principio, e si chiese, per la prima volta, se fosse l'unica tra i due ad essere ubriaca, ma neanche volendo sarebbe riuscita a capirlo. 
« Io vado in bagno, tu aspettami qua » 
Si diresse verso il bagno, che le era stato indicato prima che cominciasse a bere, cercando di stare attenta alle persone che involontariamente le sbattevano addosso. 
Era quasi arivata alla sua mèta quando incimpò su qualcosa e sentì una mano tirarla al volo verso l'alto, brandendola per un braccio. Sentì la stretta ferrea che l'aveva salvata da un capitombolo coi fiocchi premere con violenza relativa sulla sua pelle bianca, ed ebbe quasi male. Si rimise in piedi alla meglio e alzò lo sguardo. 
« Hayley, sei sola? » Jeremy la guardava, più che preoccupato.
« No, sono con Eric » rispose con tono ovvio, come se tutti sapessero dove fosse e con chi. 
« Eric chi? » 
Hayley ci pensò su e si chiese se per caso la persona che le stava parlando non fosse Jeremy, poi allontanò la visuale e vide a tratti quello che le sembrava esser il volto di Frannie, allora ne fu sicura. 
« Eric dei The Factory, tonto » gli battè la mano aperta in testa, leggermente.
« E che ci fai tu con Eric? » 
All'improvviso Hayley non ebbe più voglia di parlare, non davanti a loro due, in ogni caso, allora si voltò nuovamente verso Jeremy con sguardo fiero e divertito.
« Bevo! » esclamò divertita, prima di voltarsi e raggiungere la porta del bagno tra mille ostacoli.. 
Quando tornò da Eric - dopo un tempo interminabile passato ad evitare gente che vomitava agli angoli del bagno stando certa che nessuno la vedesse nuda -, le sembrava di essere rinata. Non perché fosse successo chissà cosa, ma semplicemente perché, quando aveva incontrato Jeremy, era stata convinta di aver fatto centro al bersaglio. 
Una volta arrivata da Eric, non poté non accasciarsi sul bancone, stremata. 
« Credo di averti fatto bere troppo » disse Eric, più per se stesso che per Hayley, che sembrava non ascoltarlo gran che. 
« No, no, tu sei un bravo ragazzo, Eric » gli aveva risposto, con tutta sorpresa di lui, mentre se la caricava in spalla come fosse un sacco di patate più che una persona in carne ed ossa.
« Dove mi porti? » gli parve di sentirla biascicare in modo incomprensibile. Non rispose, perché tanto sarebbe stato inutle. 
Si diresse verso l'altra parte della stanza, dove c'erano i divani, e la fece sedere, più comoda che sugli sgabelli, poi si sedette accanto a lei. 
Giusto il tempo di guardare la pista che sentì la testa di Hayley appoggiarsi alla sua spalla, abbassò lo sgurdo e la vide con gli occhi chiusi. 
« Non puoi metterti a dormire adesso, la notte è giovane » rise di lei o con lei, Hayley non lo capì affatto.
Lei parve ridestarsi di colpo guardandolo fisso negli occhi con lo sguardo tra l'infuriato e il perplesso. 
Eric non disse niente, si limitò a baciarla ancora voltandosi nella sua direzione, e sorrise tra sé quando Hayley ricambiò il bacio. 
Rimasero così per un tempo imprecisato, tra baci e sguardi e le mani di lui sul corpo di lei, entrambi sicuri che l'indomani solo uno di loro si sarebbe ricordato tutto, e l'interessata non sarebbe stata Hayley.
Non era solo per vendetta che lo stava facendo, ma più per sentirsi amata da qualcuno. Sentire di non essere poi così orribile o antipatica o qualsiasi cosa fosse stata a spingere Jeremy così dannatamente lontano da lei. Ed Eric era lì e le aveva mostrato attenzioni dal primo giorno, anche se non nel modo a cui Hayley era abituata. 
Eric era uno scoglio diverso da superare, qualcosa di intrigante e sconosciuto, qualcosa che poteva farla spaventare quanto bastava per non sentirsi in colpa. E le andava bene così.
Eric era il suo capro espiatorio, e quella sera si sentiva libera di fare ciò che voleva.

*

Si svegliò la mattina seguente e la prima cosa che salì al suo cervello fu l'ultimo fotogramma di una serie infinita che le era passata davanti agli occhi come in un sogno sbiadito.
Fu un risvegio lento, senza dubbio. Prima gli occhi si aprirono, poi la mente si svegliò e, in un crescendo di consapevolezza, Hayley prese atto di tutti i postumi che si andavano aggregando nello schedario immaginario nella sua testa. 
Aveva gli occhi doloranti, i capogiri e un senso di nausea infondo allo stomaco. E quando si specchiò, quella mattina, constatò di essere conciata peggio di ciò che immaginava. Aveva il volto pallido, e le bocca screpolata le pizzicava per via del trucco ancora addosso dalla sera prima. 
Si infilò in doccia senza pensarci, con movimenti fluidi e perfettamente in successione, in automatico, e solo dopo aver preso realmente coscienza di se stessa, iniziò a pensare al sabato sera trascorso. 
Quanto tempo era che non si ubriacava a quei livelli? Troppo tempo. 
Quando uscì dalla doccia si ripromise che sarebbe stata l'ultima volta, sapendo bene che in realtà non sarebbe stato così.
Inutile mentire a se stessa, di Eric si ricordava bene, ma fu un'altro fatto che le affiorò in testa con una lentezza da uccidersi; fu come un flash, e all'improvviso Jeremy baciava Frannie addosso ad un muro sotto al led rosso, e la rabbia le cresceva dentro, ed Eric le andava incontro con passo felpato, e tutto il resto era ciò che aveva in memoria. Ma non riusciva davvero a mettere in ordine priorità, desideri e fatti. 
Dopo essersi avvolta accuratamente un asciugamano color lilla attorno al corpo, si fermò un secondo davanti allo specchio per esaminarsi affondo e per controllare se qualcosa in lei fosse cambiato. Prese una spazzola e inziò a torturarsi i capelli lentamente. 
Aveva così tante cose in testa e così poca voglia di mettere tutto in ordine che si concentrò su pochi fatti, i più importanti e vitali. Era quasi sicura che Eric l'avesse riportata a casa - poiché a quell'ora l'effetto dell'alcool aveva già cominciato a scemare -, ma il tragitto che l'aveva portata direttamente davanti al portone di casa era ancora misterioso. 
Ripercorrendo i suoi passi fino in camera, poi, ricordò di non aver svegliato nessuno e, fortunatamente, di non essersi fatta beccare dai suoi. Una volta arrivata, tra grandi difficoltà, in camera, aveva fatto l'immenso errore di accendere la luce. Sua sorella aveva alzato la testa con gli occhi ancora semichiusi e aveva imprecato a bassa voce.
« Hayley, ma hai idea di che ore sono? » 
Poi l'aveva vista farfugliare qualcosa e aveva capito che le sue condizioni non erano delle migliori.
« Ok, ti sei ubriacata » aveva continuato dopo essersi drizzata sui gomiti.
« Bingo! » aveva replicato Hayley prima di buttarsi a peso morto sul suo letto.
« Non voglio saperne niente! » 
Dopodiché sua sorella aveva spento la luce e da lì fu buio totale, nel vero senso della parola. Ora si trovava lì, e faceva difficoltà a porre in ordine cronologico gli avvenimenti della serata. 
Si vestì in poco tempo e, con i capelli ancora sgocciolanti, si diresse in camera. Osservando il letto, già perfettamente rifatto, di sua sorella, capì che doveva essere uscita già da parecchio.
Stendendosi sul suo letto sfatto, invece, pensò di essere così diversa da sua sorella. Jess era ordinata, composta, puntuale e santa, mentre Hayleye era l'esatto opposto di tutte queste cose, mentre lei era grezza, costantemente in ritardo e le piaceva fare piccoli furti nei negozi di caramelle o ubriacarsi come aveva recentemente fatto, si alzava sempre troppo tardi la mattina e lasciava sempre tutto in disordine. Erano estremamnte diverse, ma in quella battaglia contro il mondo si erano sempre spalleggiate in discreto silenzio, come due amanti che non hanno il coraggio di confessarsi il loro amore. E può essere un silenzio che uccide, a volte, quello tra sorelle. 
Jess aveva sei anni più di Hayley, e non l'avrebbe aiutata a risolvere i suoi problemi. 
Un rumore acuto la ridestò dai suoi pensiersi.

From: Eric to Hayley  1:00 pm

Non so se ti ricordi anche solo qualch epiccola cosa di ieri sera, ma non mi importa più d tanto. Ti va se ci vediamo più tardi? Sono disposto ricordarti cosa hai fatto esattamente ieri sera. 
Eric.

Inizialmente Hayley si fece prendere da una sottospecie di panico, come ansia da prestazione; Eric era molto più di quello che lei stessa si prospettava per sé, ma non era Jeremy, ad ogni modo. Forse la rabbia nei confronti di Jeremy poteva essere maggiore dell'adorazione che coltivava nei suoi confroti, e lo slancio che le provocava dentro poteva davvero servirle a prendere la palla al balzo, in qualche modo, perché sapeva che Eric era un treno che potevi decidere di prendere e magari poi pentirti, o non prendere e lasciarlo andare sapendo bene che non sarebbe mai più tornato. 
Non c'era niente di male in un'uscita tra amici, e nella sua ipocrisia lo sapeva anche lei.
Hayley era sconvolta, non poteva davvero crederci.

Eric, di fronte a lei, aspettava una sua reazione dopo il racconto appena terminato, ma evidentemente la rossa non ricordava gran parte delle cose che aveva fatto la sera prima. 
« Stai davvero dicendo che ho insultato Kathrine senza un motivo valido? » 
Poi pensò che nel corso di quel primo anno a Franklin, di motivi per insultarla ne aveva avuti parecchi.
« Direi di sì » rise lui, diverito al ricordo di Hayley che passava accanto all'altra imprecandole contro con aria indifferente. 
« Non è da me, davvero » 
« Strano, ieri sera mi sei sembrata... molto in te, diciamo » rispose malizioso, riferendosi a tutt'altro che insulti. 
Le si avvicinò lentamente ed Hayley arretrò in maniera impercettibile, si strinse nella sciarpa e si sistemò meglio il cappello mentre cercava di ostentare una forza d'animo che non possedeva, guardandolo fisso negli occhi. 
L'aria intorno a lei era così fredda che dalla sua bocca uscivano nuvolette bianche ad ogni respiro, ma in quel momento si sentiva come dentro ad un forno a microonde e forse stava anche sudando, non sapeva dirlo con precisione. Era panico, non semplice paura, era tutto ciò che non aveva mai provato, e era quasi sicura non fosse amore. L'effetto che Eric aveva su di lei era lieve passione, ma faceva paura; era qualcosa di sconosciuto e strano. Una perversione che incrociava il bene e il male in un unico, flebile sentimento. 
« Per quanto è successo ieri.. » aveva iniziato ad un tratto.
Eric non le premise di finire la frase e la baciò; quel semplice contatto ricordò ad Hayley molte più cose di quanto aveva fatto un racconto lungo venti minuti. All'improvviso, tutto quello che voleva dire fluttuava nella sua testa senza trovare via d'uscita, dopodiché rinunciò e assecondò Eric senza neanche pensarci troppo. Si disse che non c'era niente di male nel sentirsi amati, una volta ogni tanto, e, seppur lentamente e cautamente, si decise a volersi abituare a quella che poteva diventare una convivenza non troppo forzata ma che le avrebbe senz'altro fatto bene, malgrado non fosse Jeremy, o perfortuna. In quel momento, il rancore che provava per Jeremy era direttamente proporzionale all'attrazione che aveva nei confronti di Eric. La delusione per quel bacio contro l'emozione ingiustificata per Eric, che non era amore, e questo Hayley ci teneva a ripeterselo più volte. 
Eric, in quel frangente, rappresentava la scialuppa di salvataggio arrivata nel momento in cui sentiva di aver toccato il fondo, e quel bacio era ciò che le serviva per risalire. Il problema si sarebbe posto quando fosse tornata in superficie e anche oltre, sulla terra ferma, e Eric non le sarebbe più bastato. Si chiese se era un rischio che era disposta a correre.
Improvvisamente si allontanò da lui e, nonostante questo, Eric non fece una piega; con lui era così, come se sapesse già tutto prima che accada. 
« Io non so se posso farlo » abbassò lo sguardo sui propri piedi allineati sopra l'erba fredda e umida di Gennaio e ripensò a tutto quello che era successo. Per la prima volta, nei suoi pensieri non c'era Josh o Zac, e in un certo senso neanche Jeremy in quanto tale. Le sembrava un mondo diverso quello che stava appena spermentando, un mondo dove esistevano solo loro due in quel determinato momento e non c'era posto per il passato o per il futuro, ma solo per qui ed ora. Niente ansie, niente aspettative e niente paure, e in un certo senso neanche amore. Solo quel bacio, in quel momento, e i suoi occhi ora. 
« Hayley, non pretendo niente, però mi piaci, perché non avrei dovuto farlo? » 
Hayley lo vide parlare con disinvoltura, e le sembrò di non avere niente a che fare con quella determinazione.
Eric era nei suoi pensieri, con tutta probabilità, ed era bello, e confortante, e il pensiero che non fosse Jeremy non aveva attraversato la sua mente neanche per un secondo. 
Allora Hayley si avvicinò lentamente e gli diede un leggero bacio a fior di labbra, come a sigillare un patto fatto in silenzio che comprendeva solo due individui di tutto il mondo. Con quel bacio, Hayley aveva accettato il compromesso.
Non c'era niente di pesante come l'amore. Erano solo lei e lui.

Così, nel breve tragitto che conduceva dal parco dove si erano rintanati a casa di Hayley, si erano un po' raccontati a vicenda, ed Hayley aveva scoperto, con suo stupore, che Eric non era l'uomo perfetto come voleva mostrare alla gente , e nemmeno cattivo come lo dipingeva Jeremy. Era un ragazzo come ce ne sono a bizzeffe, niente di più e niente di meno. In particolare tendeva a guardarla sempre costantemente negli occhi mentre le parlava ed era una cosa che la mandava su tutte le furie. Così Hyalye, con la sua particolare gentilezza che era nota a tutti, glie lo faceva notare, lui rideva e rispondeva che non ci faceva apposta. E anche se quel sorriso l'aveva un po' delusa, Hayley rimase - se non felice - se non altro soddisfatta.
Hayley, in quel breve lasso di tempo, aveva conosciuto una piccola parte di lui, una parte davvero molto piccola, di questo era certa, e fua nche questo a consigliarle di non demordere. Eric non era una di quelle persone che riesci ad inquadrare in un solo pomeriggio, ma andava scoperto un po' per volta, ammesso che lui te lo permettesse.
« Toglimi una curiosità... » aveva detto ad un tratto Hayley, facendolo incuriosire. « Cosa c'è che non va tra te e Jeremy? » 
Eric aveva distolto lo sguardo da lei e aveva mosso la testa di lato. 
« Sapevo che prima o poi sarebbe saltato fuori il discorso » disse prima di portarsi una mano dietro alla testa per grattarsi il collo in una posizione che ad Hyaley ricordava molto Josh quando era in difficoltà. « Diciamo che è una storia morta e sepolta, niente di importante » 
Hayley aspettò che Eric iniziasse a raccontare, ma questo non avvenne.
« E non hai intenzione di raccontarmela? » 
« Sinceramente? No. » 
Hayley sbuffò vigorosamente e incrociò le braccia al petto. 
« Perché nessuno di voi vuole raccontarmi questa cavolo di storia? » 
« Forse né io né Jeremy abbiamo voglia di rivangare il passato. Dopotutto: il passato è passato ed è meglio che rimanga tale » 
Hayley lasciò cadere il discorso perché sapeva che stava sbattendo contro un muro di cemento armato, sia con Eric che con Jeremy. 
Uno dei suoi principali difetti era sempre stato la curiosità, che il più delle volte sfociava in un fastidioso interrogatorio frozato a cui sottoponeva il malcapitato da cui voleva avere determinate informazioni. E questo sarebbe andato bene se fosse stata un poliziotto, ma era solo una ragazza troppo curiosa che aveva deciso di limare quel suo lato fastidioso senza ottenere grandi risultati. 
Ripensò ai suoi buoni propositi e stette zitta in attesa che Eric cambiasse argomento. 
« Raccontami dei Paramore... » 
« Noi siamo... » ma si accorse di non sapere da dove cominciare « ho conosciuto Josh e Zac appena sono arrivata qui a Franklin, circa sette mesi fa, e abbiamo formato i Paramore all'incirca un mese dopo, adesso c'è dentro anche Jeremy, almeno credo » 
Hayley vide Eric storcere impercettibilmente il naso quando aveva nominato Jeremy, allora smise di parlare, aspettando ancora una volta che fosse lui a continuare.
« Sarei curioso di sentirvi suonare, e di sentirti cantare canzoni che hai scritto tu, ovviamente... »
Hayley arrossì leggermente pensando a lei che cantava i testi di Frannie, e rabbrividì appena.
« Vi esibirete prima o poi, no? »
« Mmh, non saprei dirlo con precisione, ma credo che ci sarà molta strada da fare prima di arrivare ad esibirci per un pubblico che non sia mia madre » rise, piano.
Rivolse lo sguardo verso la strada e verso le persone che camminavano - chi in fretta e chi con calma - su quella via. C'era troppa gente per essere Domenica, e tra tutta quella gente fece quasi fatica a riconoscere le figure di Josh e Zac che camminavano proprio verso di loro. Hayley sentì un colpo all'altezza del petto, una scarica elettrica che si propagò fino agli estremi del suo corpo, allora respirò a fondo e ponderò i pensieri. Calcolò le possibili vie di fuga in una frazione di secondo e constatò che non ce n'erano. Aspettò qualche altro secondo che uno dei due alzasse gli occhi davanti a sé e quando Josh lo fece, si sentì tremendamnete sotto accusa. 
« Ehi, Hayley! » lo sentì esclamare avvcinandosi a lei abbastanza da distinguere la grande figura che le camminava accanto. Quando le fu davanti lo guardò con aria interrogativa prima di parlare.
« Cavolo, ieri sera eri in condizioni pessime! » 
« Grazie Josh per avermelo ricordato » Colpita e affondata. 
« Alla fine come sei tornata a casa? Ho visto che Jeremy era... impegnato, diciamo » aveva continuato Zac, esitando sulle ultime parole e seguendo con uno sguardo da cucciolo che poteva significare uno “scusa” muto per averle ricordato quella parte di serata. 
Hayley non rispose, si limitò ad indicare Eric stringendo le labbra e guardando basso. 
« Piacere, Eric » si espose l'altro, con sguardo da spaccone, ed era questo che Hayley non sopportava di lui. 
Zac aprì bocca per parlare: « Ma voi due- »
« -dobbiamo andare, sì. E' davvero tardi » lo interruppe Hayley, trascinando Eric dietro di sé mentre si faceva strada tra i due fratelli. 
« Ci vediamo domani a scuola, eh. Ciao, ciao! » 
Come sempre, non stette a sentire quello che avevano da ridire e portò Eric lontano dalle grinfie di quei due. Non c'era un vero motivo che la spingeva a nascondere ogni sentimento che provava nei confronti di qualcuno, erano solo di occhi di Josh che le impedivano di farlo. 

*

Quando Josh aveva chiesto ad Hayley chi fosse quel ragazzo che la stava riaccompagnando a casa qualche giorno prima, la tensione aveva avvolto il garage in tutta la sua grandezza ed ora Hayley si era pietrificata sul suo posto. 
« Un amico! » si affrettò a dire, ma tutti si voltarono verso di lei indagando con gli occhi, e allora non ruiscì a fingere oltre. 
« Ok, diciamo che forse potrebbe esserci qualcosa di più di una semplice e innocua amicizia, ecco » non solo dal suo tono di voce si capiva che era agitata; gesticolava nervosamente con il microfono che teneva in mano e si mordeva l'interno della guancia insistentemente tra una parola e l'altra.
« Ma poi lui non è il batterista dei The Factory? » il genio, Zac, aveva parlato.
« S-sì, Zac. E' lui » 
Jeremy volse lo sguardo altrove facendo finta di niente, come se tutti quei discorsi non lo toccassero minimamente, quando invece stava cercando di attutire il colpo meglio che poteva.
« Non eri tu che lo odiavi, una volta? » chiese Josh con voce fioca; lui che aveva gettato l'amo. 
« Si cambia idea nella vita, no? » 
Hayley capì la gravità dell'aria attorno a lei che la schiacciava al suolo e fu sicura di essere diventata paonazza per via della scarica elettrica che le era arrivata finò in cima alla testa; era una di quelle situazioni che stano in equilibrio per miracolo, e si cheise che colpa poteva mai avere se stava solo cercando di essere felcie almeno per po'. Anche se non era con Jeremy la felicità che aveva trovato, e anche se Josh poteva non essere d'accordo.
« Ah me non è mai pisciuto quello lì, comunque » aveva continuato Josh, quasi leggendo nei pensieri di Hayley. 
« Non è male! E' non è bastardo come sembra » 
Il rumore di un oggetto che cade al suolo li interruppe dai loro discorsi, si voltarono verso di Jeremy e videro che si abbassava a raccogliere i pezzi del suo cellulare che nell'impatto si era disfatto. 
« Ehm, scusate... » disse tirandosi in piedi con i vari componenti del cellulare tutti in una mano. 
« Possiamo concentrarci sulla musica? » aveva chiesto, poi, quasi impassibile.
« A proposito di questo, ho una grande notizia per tutti! » disse Zac, fiero. « Anzi due, la prima: Jeremy, sei ufficialmente nella band dato che... e qui arriva la seconda notizia: sabato faremo il nostro primo concerto live! » e con amaro stupore, Zac scoprì che il boato da stadio che si aspettava sarebbe arrivato, non si era levato, anzi, le facce di tutti si erano fatte impaurite. 
« Stai scherzando. » disse Hayley, con tono fermo e deciso. Ed era un'afermazione, non una domanda. 
« Ragazzi, forse avere capito male. Ho detto che facciamo un concerto, live, e ci pagheranno anche... » 
« Facile per te che stai quasi dietro le quinte »
« Vuoi dire che dovrò cantare davanti a tutti? » 
« Posso ancora ritirarmi dal fare parte della band? » 
Le proteste degli altri non importavano a Zac, lui era al settimo cielo anche per tutti gli altri.
« Sì, sì e no, Jeremy, non fai più in tempo a ritirarti » aveva risposto lapidario, Zac, che dal canto suo non ammetteva repliche di alcun tipo. « quindi credo sia meglio che iniziamo a provare se non vogliamo arrivare a sabato senza una scaletta preparata »
L'atmosfera si fece frizzante non appena tutti si furono ripresi, e il discorso su Eric era stato dimenticato in pochi minuti. 
All'improvviso erano tutti concentrati sulla loro musica, ed un misto di paura ed emozione stava già facendo il nido nei loro sterni. 
Hayley aveva creduto in quel preogetto sin da quando i ragazzi le avevano regalato quel microfono, e quel giorno aveva fatto a se stessa una semplice promessa: che sarebbe andata avanti con i Paramore fino alla fine, e che non avrebbe mai permesso a niente e a nessuno di distruggerli.

*

Con le ossa dolenti e la gola secca, Hayley era scesa dalla macchina di Josh che l'aveva fermata proprio davanti a casa sua. Poteva dire che erano state le prove più faticose che avesse mai fatto, ma erano state così dure per un giusta causa. 
Guardando indietro a qualche mese, si sorprese di come le cose erano cambiate e i ricordi aumentati, insieme a tutte le canzoni che avevano scritto fino a quel momento, e di come ogni singola canzone parlasse di loro, in un modo e nell'altro. Per tutti i significati che i ragazzi non riuscivano a decifrare - e anche per quelli che alcuni di loro sapevano riconoscere nella vita i Hayley, ringraziava solo il fato. 
Si mise lo zaino in spalla e attraversò il breve cortile calpestando l'erba perfetta sotto i suoi piedi mentre l'aria fredda della sera le inondava i polmoni.  Girò le chievi nella toppa e già prima di aprirla sentì degli urli provenire dall'interno. Quando si chiuse la porta alle spalle, si volto verso la cucina dove sua madre aveva appena smesso di inveire contro suo padre, e a vedere quella scena, ad Hyaley si chiuse lo stomaco. Sua madre la guardò con aria supplice e cercò di nascondere gli occhi lucidi che ad Hayley, suo malgrado, non erano sfuggiti. 
Allora Hayley si voltò verso il divano dove sua sorella stava seduta a braccia incrociate. 
« Cosa sta succedendo? » chiese con voce tremante guardando prima a destra verso sua sorella, poi subito a sinistra verso la cucina. 
« Assolutamente niente, amore » si affrettò a dire sua madre, accennando un sorriso che sul suo volto sfigurato era risultato infinitamente triste.
« Stanno litigano da quindici minuti » aveva risposto lapidaria sua sorella, senza spostarsi dalla sua posizione. Poi si era alzata di scatto e aveva continuato: « ma qui facciamo finta che vada sempre tutto bene, giusto? » 
Aveva alzato al voce di qualche tono verso i suoi genitori che ora la guardavano impietriti dall'altra parte dell'atrio. Hayley stava semplicemente lì, nel mirino di quei volumi, ad assorbire come una spungna tutto ciò che sentiva, e a catalogare i pensieri in ordine di gravezza. 
« Ma cosa dici, tesoro... » continava, la madre. 
« Basta, cazzo! » 
« Qualcuno mi dica cosa sta sucecdendo! » urlo allora Hayley, in preda alla disperazione. 
« Forza, avanti. Ditele cosa sta succedendo a questa famiglia.. » li incitò la più grande. 
« Jess... » aveva mormorato suo padre, guardandola con tono di rimprovero e supplica. 
« No! Credo sia giusto che anche lei sappia » rispose lapidaria, rivolta verso Hayley.
« Sapere cosa? » 
Hayley era sicura avere un'aria da cane bastnato e gli occhi lucidi perché si stava facendo pena da sola. 
« Hayley, cara.. » aveva fatto per iniziare sua madre. 
« Cosa? » rispose guardando ad intermittenza, prima gli occhi di sua madre, poi il volto di suo padre che assimilava abbassando gli occhi al suolo. 
« Io e tuo padre... ci stiamo separando » concluse poi, scossa da una serie di emozioni troppo sbagliate per essere reali. 
In quel preciso istante, Hayley, ne fu sicura, sentì qualcosa di infinitesimamente piccolo e micidiale insinuarsi nel suo sterno e farle, man mano, un male assuramente reale. In un attimo gli occhi le pungevano dalle larime che voevano scendere, e le sembrò che il mondo fosse sospeso ad aspettare una sua reazione. Ma in quei casi c'era di mezzo l'orgoglio, e fuggire al piano superiore per non farsi vedere mentre piangeva era stata la prima cosa che le era venuta in mente. 
Quando suo padre aveva accennato a seguirla, Hayley non aveva potuto vedere sua sorella stopparlo di colpo e seguirla senza che i suoi genitori facessero lo stesso.
Hayley si era sdraiata sul suo letto abbracciando un cuscino con tutta la rabbia che aveva in corpo, perché si sentiva abbandonata, sentiva di essere impotente, e sapeva di esserne sempre stata a conoscenza.
Aveva avuto la situazione davanti agli occhi per molti mesi, da quando i suoi genitori avevano smesso di guardare la televisione abbracciati l'un l'altra, e da quando aveva scoperto suo padre dormire sul divano, qualche sera. Ma era stata in silenzio, perché queste sono cose dei grandi e lei non c'entrava niente, e ad essere sinceri non aveva neanche mai voluto pensarci. Aveva sempre fatto finta di niente e soffocato il dolore allo stomaco e il senso di nausea che tutta quella situazione le aveva creato e si era fatta forza illudendosi di viaggiare troppo di fantasia, ma ora che aveva la situazione sbattuta in faccia, qualce difesa le era rimasta? Non aveva un piano di salvataggio, e si odiò per non averci pensato prima. 
Sua sorella era entrata in camera lentamente, con tutto il silenzio che si deve ad un lutto del genere, ad una famiglia che - anche fosse solo nella tua testa -, lentamente, muore. 
L'aveva guardata un attimo e poi si era alzata dal letto in fretta per raggiungerla e abbracciarla forte, come quando erano piccole, come quando la sua adolescenza non le teneva così dannatamente lontane. 
« Ehi, ti va di andare a prendere una boccata d'aria? » 
Hayley annuì senza dire niente, con lo sguardo sformato dai sinhiozzi e le guancie umide di lacrime salate che le avevano fatto colare il mascara.
« Allora andiamo » 
Quando passarono nell'atrio, suo padre si teneva la testa seduto sulla sedia della cucina mentre sua madre attendeva in piedi infondo alle scale
« Dove andate? » 
« Fuori di qui, quest'aria non si respira per questa sera » 
E Jess le aveva risposto in modo così fulmineo che lei non aveva avuto il coraggio di aggiungere altro, così aveva messo il suo cuore nelle mani di Jess, perché confidava che fosse una persona responsabile, e si era ritirata dal dare accorgimenti su orari o altre cose che una mamma dice ai propri figli quando escono a quell'ora della sera. 
Jess aveva tenuto Hayley nella sua stretta per tutto il tragito, per proteggerla dal mondo, perché non se lo meritava. Ne era sicura. 
Ad Hayley, tutte quelle scene da film le addossavano una malinconia infinita, una di quelle che ti si appiccica come colla addosso, quelle che vedi anche un po' da fuori, e capisci che stai piengendo come pianegresti per un film in TV. E questo non fa che rattristare la situazione; paragonare la tua vita ad un film. 
Quando furono arrivate al parco, Hayley aveva sesso di piangere e Jess non aveva ancora aperto bocca. Il suo cellulare squillò ma Hayley non ebbe voglia di leggere il messaggio.
« Posso? » aveva chiesto sua sorella.
Lei aveva annuito.

From Eric to Hayley - 10:06 pm

Ehi bellezza. Che ne dici se domani sera ti passo a prendere per andare alle prove? 

« Ehi, non mi avevi mai detto di avere un'ammiratore! » 
« Chi è? » 
« Un certo Eric che dice che sei una bellezza! » ripose Jess facendosi sorpresa per smorzare la tensione. 
Hayley le strappò il cellulare di mano e lesse velocemente. Un'altra voragine le si aprì all'altezza dello stomaco aggiungendosi a quella più grande. 
Non era abituata a tutte quelle novità. Non aveva un ragazzo da più di un anno, ed era stata una cosa molto diversa da Erc o da qualsiasi altro. Si sentiva in soggezione, e non era sicura che fosse davvero il caso di andare avanti. Si chiedeva come mai non sentisse la necessità asfissiante di vederlo, per esempio, come si vede nei film. Forse c'era qualcosa di sbagliato in lei, sbagliato su tutta la linea.
« E' un amico... » aveva mormorato asciugandosi le lacrime mentre con l'altra mano componeva un messaggio di risposta. 
« Come no. E poi, le prove di che? » 
« Del gruppo? » 
Jess le rivolse uno sguardo eloquente e interrogativo.
« Dell'altro gruppo, non i Paramore » 
« Chi sono i Paramore? »
Solo in quel moemnto Hayley si accorse di quanto lei e sua sorella fossero distanti anni luce. Per lei la musica era tutto, mentre per l'altra era qualcosa di tralasciabile. Hayley facevano cose nella vita che a Jess erano completamente estranee. 
Il fatto è che non erano mai state così vicine prima di allora; Hayley non ricordava altro momento, all'infuori di quello, in cui si erano scambiate un abbraccio sincero. Ora, invece, avevano un male comune da condividere, ma che, per adesso, Hayley preferiva rimanesse nascosto nell'ombra della vergogna. 
E così aveva iniziato a raccontare una storia che dal fuori sembara di qualcun'altro, ed ebbe la possbilità di capire di aver esagerato ogni cosa. Di essersi attaccata a certe figure con troppa forza, e era finita per farsi male da sola. 
Jeremy non era il principe azzurro. Josh e Zac non erano la sua ancora di salvezza ed Eric non era il classico ripiego. Nonostnte questo, la sua vita era così piena di vita che non le dispiaceva. Nonostante la malinconia, nonostante le disgrazie, nonostante i suoi genitori, che poi non facevano realmente parte della sua vita, ma erano dentro ad essa in modo scontato. 
Finito il racconto, Hayley sentì di voler urlare al mondo, non importava cosa, voleva solo urlare. Voleva far capire a tutti che c'era anche lei, e che non poteva rigirare le cose a suo piacere, non poteva correre ovunque e su tutti, ma doveva andarci con i piedi di piombo se non voleva farsi male, e tutto senza prendere decisioni affrettate. 
« Secondo me non dovresti fartelo scappare questo Eric, sembra un ragazzo d'oro » 
« Molti sono contrari a questa affermazione » 
« E a te importa davvero cosa dicono o pensano gli altri? »
« E' solo che quando non hai più nulla a cui aggrapparti ti senti quasi in dovere di dare peso agli altri. Quando ci siamo trasferite è stata la cosa peggiore che mi è mai successa, e lo è tutt'ora... » 
« Lo è stato anche per me, ma fidati, faresti meglio a pensare con la tua testa invece che con quella degli altri. Sei tu quella forte tra le due, prenditi tempo, perché alla tua età la vita non va da nessuna parte senza di te »
« Strano, ho sempr epensato fossi tu quella forte, io sono sempre stata il brutto anatroccolo della situazione »
Jess sorrise vedendola riflettere.
« Andando avanti, ti accorgerai che gli altri non ti vedono necessariamente con gli stessi occhi con cui ti vedi tu. Ecco perché per prima cosa bisogna piacere a noi stessi, e poi agli altri... »
Hayley da quelle parole aveva estratto l senso applicabile alla sua vita, e per una attimo le parve che tutto prendesse senso.
Si presero per mano e si incamminarono sulla strada di casa lentamente; ad ogni passo cresceva un po' la paura di rientrare, ed Hyaley realzzò di non aver chiesto a Jess nessun tipo di spiegazione. Si prefissò di farlo quando fossero state entrambe sotto le coperte, perché al buio certe confessioni vongono più spontanee.
Davanti alla porta di casa, videro loro padre piangere seduto sullo scalino di pianerottolo. 
Era sempre stato un bell'uomo, dopotutto, e la sua giovane età non aveva fatto altro che rendere più tenera la scena. Hayley pensò a tutti gli amori che iniziano e poi falliscono e a tutta la malinconia che il mondo doveva aver accumulato, e si chiese se ne valesse la pena.
Suo padre si asciugò le lacrime non appena le vide, e le osservò finché non entrarono in casa - dove la madre le aspettava impaziente - ma quando le vide non disse niente di ciò che si era prefissata. Così le due sorelle salirono le scale, mute, e si prepararono per la notte, curandosi le ferite tra loro come quando erano picccole. Per Hayley, il tocco di Jess che le spazzolava i capelli era così familiare che si chiese come aveva fatto ad andare avati senza esso per tutto questo tempo. 
« Sai cosa serve a te per non soffrire in quel modo, come hai fatto con Jeremy, intendo? » 
« Cosa? » 
« Autostima » 
Hayley si era voltata verso di lei con sguardo dubbioso.
« Di cosa stai parlando? » le chiese spaventata. 
« Di sentirti bella senza sentirtia anche in colpa. Ti ho vista l'altra sera mentre ti preparavi per la festa, era come se facessi tutto in funzione degli altri. Dovresti innamorarti di te stessa prima di provare a farlo con altri. » 
« E cosa avresti in mente? » 
Hayley si voltò di nuovo e abassò le spalle, rilassandosi. Il suo discorso non faceva una piega.
« Per esempio, questo rosso spento... » cominciò trattenendo tra le dita una ciocca dei capelli di Hyaley « facciamo una tinta? » le chiese, su di giri. 
« Eh? » 
« Fatti bionda, magari, oppure rossa, ma rossa arancione, eh » 
« Oppure entrambi »
Hayley stessa si stupì di essere eccitata all'idea di tingersi i capelli. In effetti non aveva mai pensato di poterlo fare, pensava che i suoi non le avrebbero permesso di farlo, ma in quel momento la rabbia che rovava nei loro confronti e la loro stessa debolezza le concedevano, almeno nella sua testa, di poter fare qualsiasi cosa. 
« Magari lo facciamo uno di questi giorni, no? » puntualizzò, Hayley, concorde all'idea della sorella.
« Va bene, ma adesso andiamo a dormire, forza » 
Hayley non si era mai accorta di come Jess diventasse una sorta di mamma, in questi casi, non si era mai accorta di quella protettività che mostrava nei suoi confronti.
« Cos'è cambiato? » 
La voce di Hayley arrivava alle orecchie di Jess trasportata dal buio di quella stanza, minuti dopo.
« Niente, è sempre stato così, è solo che non te ne sei mai accorta » 
« E ora che succederà? » 
« Non lo so, Hayls » 
Hayley rimase in silenzio, calcolando cosa dire e se dirlo.
Jess sentì dei movimenti e subito dopo dei passi incerti avanzare verso il suo letto. Attimi dopo, sentiva il volto di Hayley a poco spazio dal suo.
« Posso? » chiese Hayley sollevando leggermente le coperte del letto di Jess.
Jess sorrise tra sé perché la sua sorellina, nonostante tutto, in quel lasso di tempo in cui si erano allontanate non era cambiata di una virgola.
« Sì, dai » 
E tra le braccia di Jess il mondo sembrava fare meno paura, ed Hayley si sentiva senz'altro più al sicuro, in quella notta che sembrava così diversa dalle altre.

Note: Salve a tutti! Allora, comincio col dire che è stato un periodo infernale per via dello studio e della ginnastica che si stanno coalizzando contro di me (>_<), e che quindi non sono molto soddisfatta di questo nuovo capitolo, ma spero che almeno a voi piacerà.
La storia sta prendendo una piega inaspettata e posso affermare che i personaggi stanno facendo tutto da soli, lo giuro! Ho cercato di ribellarmi ma proprio non ce l'ho fatta (lol). A parte tutto, c'è davvero molto di me in questa fanfiction e ne sono contenta, in un certo senso.
Sto cercando di rendere regolari gli aggiornamenti ma per farlo devo vedere ancora un po' come continuo, dopodiché cercherò di prefissarmi dei giorni di pubblicazione.
Quindi invito tutti quelli che leggono (perché lo vedo che leggete, eh) a lasciare una recensione e farmi sapere la vostra.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 - Adore ***


© Amor Vincit Omnia, 20/12/2011

Image and video hosting by TinyPic



Si stava ancora chiedendo come avesse fatto a trascinarsi a scuola quella mattina. Si era svegliata tra le braccia di Jess – nella stessa posizione con cui si era addormentata la sera prima – con la testa ancora affannata dove i ricordi di ciò che era successo erano ancora ingarbugliati tra loro. Aveva pianto talmente tanto che ora, a distanza di una notte, gli occhi le bruciavano ancora, e sentiva di non aver avuto il tempo necessario ad assimilare il tutto; le ossa le dolevano come se avesse fatto a cazzotti con qualcuno. E in un certo senso aveva fatto a cazzotti con il mondo, l'altra sera.
Mentre riponeva i libri nell'armadietto si stupì di come il mondo non reagisse a quella che per lei era stata, e tutt'ora era, una catastrofe. Si trovava lì, come tutte le mattine, a sistemare il materiale scolastico, a guardare un gruppo di ragazzi più grandi passarle accanto, e l'idea che fosse stato tutto un sogno le volò via dalla mente non appena la sfiorò. Se prima era confusa per i suoi conflitti amorosi, ora di quella confusione le importava più poco.
Chiuse l'armadietto – il quale provocò un rumore metallico che le suonava sin troppo familiare – e si diresse verso i bagni. Nel tragitto, le parve di intravedere la chioma castana di Jeremy e si fermò un secondo a scrutare tra la gente senza avere il coraggio di avvicinarsi. Seppe che era lui quando lo vide voltare la testa verso di lei, inaspettatamente, ma si spense un po' quando vide l'imponente figura di Frannie dietro di lui. Era alta, bella come sempre, sorridente e – cosa più importante – era accanto a Jeremy. I desideri di Hayley esauditi in un'unica persona.
Jeremy agitò una mano nella sua direzione e lei capì di essersi incantata sulla sua figura solo quando vide Frannie sorridere velatamente. Allora alzò la mano e ricambiò il saluto prima di prendere coraggio e avvicinarsi. Non seppe bene cose stesse facendo finché non si ritrovò davanti alla coppia.
« Buongiorno Jeremy »
« Ciao Hayley »
Lo vide  soffermò sul volto di Hayley per qualche secondo in più, notandolo diverso dagli altri giorni, come se fosse stata stanca con quel viola che le cerchiava impercettibilmente gli occhi. Istintivamente, gli venne in mente di chiederle spiegazioni, e solo dopo si ricordò di Frannie, accanto a lui, che guardava l'altra con sguardo curioso.
« Ti presento Frannie » le disse rivolgendosi alla ragazza accanto a lui.
Il sorriso di Frannie si espanse mostrando i denti più bianchi e perfetti che Hayley avesse mai visto, gesto che la fece sentire ancora più a disagio. Non c'era competizione.
Dopo qualche attimo di silenzio, si accorse del lieve imbarazzo che la stava dividendo dagli altri due, e così si affrettò a compiere il suo scopo.
« Pranziamo insieme oggi? »
Dopo che ebbe parlato si accorse di quanto fosse suonata male quella frase.
« Da amici, intendo... dovrei parlarti di una cosa del gruppo, ecco... »
In realtà non era Jeremy che la preoccupava, ma quegli occhi color giaccio che la scrutavano da un angolo della scena. Pensava che doveva esser parsa come una piccola e inutile illusa, una di quelle che se ti soffermi troppo a guardarle potresti anche metterti a piangere per il dispiacere. Ovviamente Hayley non si accorse di come i suoi pensieri rispecchiassero la stima che aveva di sé.
« Sì, devo parlarti anch'io »
« Ok, a dopo »
Detto questo si dileguò in un baleno stringendo forte i libri al petto. Quando fu in bagno, si liberò le mani da quelle pagine piene di sapienza e le appoggiò sul ripiano in marmo, guardandosi allo specchio con aria dubbiosa.
Forse sua sorella aveva ragione, doveva tingersi i capelli, o magari solo provare a truccarsi un po'. Alle altre bastava così poco a renderle divine, perché non poteva essere la stessa cosa anche per lei?
Perché sono sempre stata il brutto anatroccolo della situazione, ecco perché.
Era inutile, neanche Eric poteva servire a cambiarle idea. C'era che quando era con lui non ci pensava neanche, ma non poteva dire di sentirsi realmente bella. In una società adolescenziale fondata sull'apparenza, Hayley continuava a sentirsi dannatamente fuori luogo.
Sentiva gli occhi pizzicarle come se si stesse per mettere a piangere, e sapeva che avrebbe solamente riattivato un ciclo ormai stanco, e avrebbe banato delle guance che ne avevano abbastanza. Fece un paio di respiri profondi e, seppur con qualche difficoltà, riuscì a bloccare la reazione involontaria. Notò comunque che i suoi occhi erano diventati leggermente lucidi.
Magari mettersi nelle mani di Jess sarebbe stata la soluzione migliore, ma, nonostante la sorellanza ritrovata, non sarebbe bastata una notte insieme per ricostruire daccapo una fiducia che sembrava morta e sepolta.
Premette le mani sugli occhi chiusi per eliminare i segni della frustrazione e poi si passo due dita appena sotto la palpebra portano via quel minimo di lucido che le si era venuto a formare.
Quando statuì che era pronta, riprese i libri e si diresse in aula aspettando l'ora di pranzo, che arrivò comunque troppo presto.
In poco tempo si era ritrovata ad aspettare Jeremy all'uscita dell'aula di storia come un pulcino impaurito e aveva sussultato quando il ragazzo le aveva posato una mano sulla spalla per farla voltare.
« Ti ho spaventata? »
« Sì... Dai, andiamo »
Si avviarono verso la sala mensa con passo veloce dettato dalle gambe di Hayley che si muovevano in modo automatico, come se velocizzando i movimenti avesse potuto far andare avanti il tempo in un baleno e finire quel pranzo entro i tempi.
« Hayley, rallenta, santo cielo! »
« Troveremo i posti migliori se ci sbrighiamo »
« Da quando in qua pensi a trovare i posti migliori? Ti sei sempre accontentata del tavolo peggiore della sala »
Hayley non rispose finché non fu seduta al tavolo opposto a quello di sempre, completamente dall'altra parte della stanza.
Appoggiarono le borse e successivamente si diressero verso il bancone.
« Allora? Idee per il concerto? »
« Forse ho qualcosa di più in mano, ma penso che due o tre pezzi basteranno, no? » aveva risposto la rossa appoggiando il suo vassoio sull'impalcatura in acciaio subito dopo di Jeremy.
« Penso di sì, infondo è il nostro primo live »
« Avresti dovuto dire “vostro”, tu ci sei abituato a queste cose »
« E' sempre un'emozione, non credere. Sono contento che il tuo primo live sarà con i Paramore e non con i The Factory, sai? »
« Perché? » chiese Hayley scorrendo la fila di qualche postazione.
« Perché il tuo gruppo sono i Paramore, è evidente... i The Factory stanno tramontando »
« A questo proposito, se sapessi il motivo per cui stanno finendo potrei anche fare qualcosa per salvarli »
Hayley si stupì di come calava la tensione quando non c'era Frannie di torno.
« Tu non devi salvare proprio niente, ormai non c'è più niente da fare, ci stiamo uccidendo a vicenda da molto tempo » disse seguendo Hayley al tavolo.
« Non pensi che forse – aveva cominciato Hayley, titubante, mentre si metteva a sedere al suo posto – se Frannie tornasse nella band... al posto mio...  allora le cose di sistemerebbero? Infondo andavate alla grande quando c'era lei, mi avevi detto. E visto che ora tu e Frannie... » lasciò la frase volontariamente a metà per lasciarla completare nella testa di Jeremy.
« Sai cosa? Penso che la faccenda andasse male già da tempo, Frannie è stata la goccia che ha fatto, anzi, che sta facendo traboccare il vaso. E poi Frannie nei The Factory non vuole tornarci, e loro non la vogliono »
Hayley si limitò ad annuire addentando il suo cheeseburger e chiedendosi come fossero arrivati all'argomento.
« Comunque sì, sto di nuovo con Frannie... o perlomeno ci stiamo riprovando » aveva continuato lui, vedendola voltare lo sguardo altrove.
E ora arriva la note dolente – pensò Hayley.
« Tu invece, hai iniziato ad uscire con Eric? »
Sembrava più un'accusa che una domanda.
« Ci siamo visti domenica scorsa, eravamo stati insieme alla festa ma ero troppo ubriaca per ricordarmi »
« Io mi ricordo perfettamente »
« Cosa? »
« Tu avvinghiata ad Eric sulla poltrona »
Hayley si sentì avvampare e rimase congelata da quell'affermazione; ancora un volta non riuscì a distinguere se fosse una semplice constatazione o un'accusa violenta. Jeremy non aveva utilizzato nessun tono in particolare e quando aveva finito di sputare la sua sentenza, aveva dato anche lui un morso al panino.
« Buono il pranzo oggi » aveva poi cercato di cambiare argomento.
« Anche io mi ricordo vagamente qualcosa. Tu che spalmi Frannie sul muro... e con passione, anche »
Hayley cercò di risultare il più ironica possibile, perché a metà frase aveva avuto paura di sembrare troppo scontrosa e acida.
Lui l'aveva guardata per un secondo di più, e probabilmente stava pensando al modo migliore per cambiare argomento.
« Comunque, a proposito di Eric... non voglio farti la paternale, ma – Hayley abbassò la testa con noncuranza non appena capì dove volesse andare a parare – ti chiedo solo di andarci con i piedi di piombo »
« Guarda che non è stronzo come sembra, anzi... »
« Hayley, non puoi negare che io lo conosca da più tempo e sappia come è fatto. Diciamo che ho visto come si comporta con le donne e ti ripeto di starci attenta, tutto qui »
Hayley rimase un po' attonita quando lo sentì pronunciare la parola “donna” senza troppi indugi, riferito a lei, che donna non si era mai sentita. “Bambina”, sì, ma “donna”, mai. Allora abbassò di nuovo il capo guardando il cibo sul suo piatto con aria triste, come se quei fottuti broccoli le avessero davvero fatto il torto più grande.
« Hayls? »
« Mh? »
« Che c'è che non va? »
« Cosa intendi dire? »
« Diciamo che non ti vedo proprio in forma, oggi, ecco »
« Davvero, non è niente »

*

« e allora gli ho detto: “hey, amico.. lo sai che le batterie non sono tutte uguali?”. Roba da matti... »
Ascoltare Eric era diventato uno dei passatempi preferiti di Hayley, in quel periodo. Avevano iniziato ad uscire molto frequentemente, quasi sempre, a dirsi la verità, e ad Hayley piaceva passare del tempo con lui. Aveva ormai imparato a tagliare fuori quei comportamenti un po' egocentrici che lo caratterizzavano, e a concentrarsi sul meglio che aveva da offrirle, niente di più e niente di meno.
« Cosa c'è che non va? » le disse, vedendola moralmente atterra.
« Perché tutti pensate che ci sia qualcosa che non va? »
« Forse per le occhiaie, o perché sei stata in silenzio per tutto il viaggio. Ho capito che guido talmente bene da farti addormentare e che di solito sono io quello che parla tanto, ma oggi stai esagerando »
« E' che non è la giornata migliore dell'anno, tutto qui »
« Me ne vuoi parlare? è successo qualcosa? »
Hayley era titubante, ma poi si chiese per quale motivo aveva deciso di iniziare quell'avventura con Eric. Non era forse per trovare conforto in un modo diverso da Jeremy?
« E' successo qualche giorno fa... » aveva iniziato, ed Eric aveva iniziato ad ascoltarla con attenzione « … ho scoperto... che i miei stanno per separarsi. Mia sorella sapeva già tutto e io no, non so se sono rimasta peggio per questo e perché stanno per separarsi »
« Hayley mi dispiace... comunque, se vuoi qualche parere, sono figlio di divorziati, potrei darti una mano »
« Non so, è che il pensiero di non vivere più tutti sotto lo stesso tetto, la paura di rimanere sola quando anche Jess se ne andrà... sono cose che solo a pensarci ho la pelle d'oca... » spiegò con voce rotta dalla voglia di piangere. E in effetti non riuscì a trattenersi troppo. Strinse le labbra per bloccare le lacrime fino all'ultimo, ma poi non ce la fece più e svuotò la bocca dall'aria mentre una lacrima allontanava i suoi occhi per rigarle una guancia. Istintivamente, si coprì il volto con le mani una vicina all'altra e piegò la testa in avanti.
Eric la vide e in un certo senso la capì, ricordava bene quando quelle stesse emozioni era stato lui a provarle, sulla sua pelle, svariati anni prima.
Fece in tempo ad accostare davanti al garage e ad inserire i freno a mano prima di abbracciare Hayley dandole tutto il conforto che a lui era stato negato. Ricordava di come cercasse disperatamente qualcuno che gli stesse vicino quando i suoi erano troppo occupati con le liti, con gli avvocati e tutto il resto, e non si sentiva di lasciarla in balia delle sue stesse emozioni.
Rimasero in macchina ancora molti minuti, a parlare di questo o quell'argomento, giusto per sdrammatizzare ed aspettare gli occhi di Hayley riprendessero un colore normale. Poi scesero dalla macchina e si diressero verso la porta del garage.
Mentre Eric alzava con forza la porta scorrevole, Hayley cercava di non pensare che quella era la prima volta che arrivavano alle prove insieme. Non poteva davvero immaginare quali sarebbero state le reazioni dei ragazzi.
Quando entrarono, Hayley sentì gli occhi su di sé nonostante tutti avessero continuato a svolgere le normali azioni di sempre.
« 'sera, ragazzi » aveva esclamato Eric, ed Hayley si trattenne dal dargli una pacca sul braccio per farlo smettere di parlare.
« 'sera » fu quindi costretta a salutare, lei.
« Sera, ragazzi » aveva risposto il chitarrista.
« Cos'è, Eric? te la fai con la rossa, adesso? »
« Falla finita, Finn »
« Hai capito la Williams... Tanto innocente, e invece... »
« BASTA! » esclamarono sia Eric che Jeremy all'unisono. Poi si voltarono l'uno verso l'altro, imbarazzati, senza avere il coraggio di aggiungere nient'altro. Come al solito, Hayley si stava dimostrando essere la pietra dello scandalo, e si rese conto di quanto fosse difficile convivere in una stanza piena di maschi in crisi ormonale, non che la sua mente arrivasse a pensare che magari alcuni di loro potessero essere in qualsiasi modo attratti da lei, ovviamente.
« Facciamo queste prove, forza... »
E parve che, dopo quell'evento iniziale, le acque si calmarono, ma Hayley pensò che fosse perché stavano suonando una canzone dietro l'altra senza concedere a nessuno il tempo di respirare o fare qualche commento scomodo.
Alla settima canzone, Hayley aveva un mal di testa atroce e la gola secca.
« Basta, vi prego » esclamò.
« Forza Hayley, l'ultima » la incitò Jeremy.
« Ok »
« “When everything seems too dark to go on alone” » aveva iniziato a cantare, quasi controvoglia; la sua voce stava chiedendo pietà. « “There will be something, or someone, who will pick you-” » si fermò all'improvviso quando si accorse di aver stonato l'acuto. E dire che non le era mai successo di sbagliare in maniera così evidente, e per questo si vergognò. Vide Eric – che davanti a lei stava continuando a suonare – guardarla e dirle, tramite espressioni del volto, che non importava e di andare avanti comunque. Fu un gesto piccola ma che per Hayley valse quanto il mondo intero. Allora ricominciò con più vigore, carica di una forza che sembrava aver perso, in quei giorni.
Parecchie ore dopo, Hayley sedeva accanto ad Eric dall'altra parte della città, lassù dove il tramonto era l'unica magra consolazione nella vita di una sedicenne in pericolo. E mentre il sole si nascondeva lentamente, Hayley parlava e parlava.
Eric teneva la sua mano nella propria, come a trasmetterle quella forza di cui aveva bisogno.
La vide come qualcuno che ha il cuore svuotato di tutto, come se ogni parola che usciva dalla sua bocca fosse inutile rispetto al tumulto del niente che aveva dentro. La osservò attentamente: le sue labbra che si muovevano mentre parlava, i capelli rossicci raccolti in una coda bassa e laterale e la sua pelle a contatto col rosso del tramonto; gli occhi stanchi. Capiva la sua sconfitta interiore perché l'aveva vista con i suoi occhi, vedeva la sua vergogna nonostante lei continuasse a volerla nascondere. Una ragazza suicida che cerca di trovare la forza di respirare ancora, nonostante tutto. E per la prima volta, Eric aveva soltanto ascoltato qualcuno, invece di parlare; e vide Hayley con i suoi stessi occhi.
Hayley aveva quasi paura in quella confessione convulsa, e si lasciava andate lentamente, in un decrescendo di tensione che non riconosceva più come sua. E quella stretta di mano quasi le fece capire che doveva trovare una ragione, una qualsiasi per non affogare. Tenersi stretta a qualcuno per non morire dentro, anche se non sapeva ancora chi. Ma la cosa che più li colpì, quella sera, non fu tanto l'aver trovato una parte di loro stessi, quanto l'aver capito, entrambi, che la speranza è l'ultima a morire.

*

Hayley stava facendo avanti e indietro spostando il peso del corpo prima sui talloni e poi sulle punte dei piedi e viceversa quando capì che i giorni erano passati troppo in fretta.
Fissò lo sguardo sulle mani di Zac che si muovevano sapientemente tra tutti i meccanismi della sua batteria e le venne un senso di nausea.
« Vedrai, il tuo nuovo look piacerà a tutti » le disse Zac vedendola agitata.
Alla fine sua sorella aveva avuto la meglio e l'aveva convinta a tingersi i capelli. Niente di esagerato, aveva solo reso il suo rosso spento un rosso fuoco molto più acceso. Ricordava ancora di essere quasi svenuta quando si era guardata allo specchio, a lavoro completato, mentre il sorriso di sua sorella esprimeva il suo compiacimento per l'opera completata. Attualmente, l'unico ad averla vista era stato Zac – a parte Jess e i suoi genitori, che non avevano osato mettere bocca sul nuovo cambiamento ma si erano limitati a coprirla di futili complimenti volti solamente ad ingraziarsi di nuovo la figlia –, e forse era anche per questo che stava per svenire. Ma il motivo principale del suo disagio le tornava in mente ogni volta che volgeva lo sguardo attorno a sé. Si trovavano su di un palco – che per l'occasione era stato allestito decentemente –, e per la precisione si trattava del primo vero palco dove si sarebbero esibiti, proprio la sera stessa.
Hayley scorse lo sguardo  lungo tutto lo sfondo e infine sulla chitarra di Josh.
« Vedrai, saranno qui a momenti » le disse Zac, indicandole la chitarra con un gesto noncurante, neanche l'avesse letta nel pensiero.
Si era già maledetta abbastanza per essersi tinta i capelli proprio il giorno del concerto, tanto che non ricordava bene come le fosse venuto in mente di farlo proprio oggi. La sua autostima poteva essere già abbastanza sotto terra senza dover anche subire una prova di coraggio a quei livelli. In quel momento l'unica cosa che le stava davvero importando era l'opinione che gli altri potevano avere di lei nell'insieme, non solo peri i capelli.
« Zac, siamo tornati! »
Sentì la voce di Jeremy, così profonda e diversa dalla sua, provenire da quelle che dovevano fungere da “quinte” proprio dietro al palco.
Si volto improvvisamente e i suoi occhi si posarono prima su uno stupito Jeremy e subito dopo su Josh che, qualche metro dopo di lui, era sconcertato.
« Hayley! »
« Hayley? »
« Eh... » si limitò a rispondere alle facce ebeti dei due – soprattutto quella di Josh.
« Cavolo Hayley ma stai benissimo! » le era venuto incontro Jeremy, toccandole la nuova chioma fulvia.
« Stasera faremo un figurone, ne sono certo » continuò.
« Grazie Jay » rispose prima di voltarsi verso Josh.
« Stai davvero bene » le si era avvicinato lentamente, e altrettanto piano aveva parlato, quasi in un sussurro per non farsi sentire degli altri.
« Grazie » aveva mormorato Hayley.
C'era questo imbarazzo tra di loro, da quando aveva iniziato ad uscire con Eric, che aveva fatto affievolire il legame che prima li univa. Non c'era più quella necessità opprimente da parte di Hayley che la costringeva a tenerselo stretto come se non esistesse nessun altro al mondo in grado di farla stare bene. Non c'era più niente del genere. La famiglia si era allargata in poco tempo, e i contrasti accentuati. Non c'era più motivo di stringersi l'uno all'altro per paura di morire dal freddo.
« Viene Eric stasera? »
« Mi ha detto di sì, poi non so »
« E se non lo sai tu chi lo sa? »
« Smettila Zac »
« Ok la smetto » e riprese a smanettare con le aste della batteria.
Hayley riprese posto sul metro quadrato di palco, che non aveva mai abbandonato da quando era arrivata, cercando di immaginare la folla al posto del vuoto dinnanzi ad esso. Non ci stava riuscendo.
Decise di andare a prendere una boccata d'aria.
« Io esco » disse prima di voltarsi velocemente e uscire dal retro.
Quando fu fuori si accorse che Josh l'aveva seguita.
« Come stai? »
« Dipende dai punti di vista »
« Spaccheremo tutto, stasera »
Negli occhi di Josh, Hayley vide la convinzione che ce l'avrebbero fatta, ma era un sentimento troppo distante da lei per convincerla fino in fondo. Allora si limitò ad annuire pur di non dare ascolto al tumulto che aveva dentro e che minacciava di esplodere; lo vide rientrare abbassando lo sguardo.
Era triste vedere come in poco tempo un legame si era creato e quanto poco era bastato ad allentarlo. Non che le cose fossero cambiate radicalmente, il loro legame era sempre lì, quella ad essere cambiata, in un certo senso, era stata Hayley. O forse, ad affievolire quel legame era stata la consapevolezza, da parte di Josh, che Hayley non sarebbe mai potuta essere per lui ciò che sperava, ed Hayley, dal canto su, aveva fatto di tutto per respingere qualsiasi tipo di sentimento avesse mai provato nei confronti dell'amico, per paura di perderlo; e ora che stava riversando i suoi sentimenti su qualcun altro che non era né Josh né Jeremy, sentiva di averlo perso comunque. Cacciò via quei pensieri per non peggiorare la situazione e, quando Josh se ne fu andato, prese il cellulare di tasca componendo il numero di Eric.
Dopo qualche squillo, la sua voce piena e grave le inondò gli orecchi.
« Hayley »
« Ciao Eric, volevo ricordarti di questa sera »
« Sai che non potrei dimenticarmene. Ci vediamo prima? »
« Io sono qua, stiamo montando gli strumenti quindi quando vuoi mi trovi qui »
« Bene, allora passerò a salutarti e farti in bocca al lupo »
Eric era un ragazzo a posto, se era questo che la gente voleva sapere, ed Hayley stava bene con lui, in tutto e per tutto. Era diventato il suo porto sicuro, la persona che non l'avrebbe mai giudicata davvero, e in certe circostanze sembrava l'unica in grado di capirla davvero.
Jeremy era sempre lì, in un angolo della sua mente, circondato dai paletti che Hayley vi aveva imposto e non accennava ad andarsene; se non altro, ogni giorno che passava faceva sempre meno male, e quella convivenza forzata non poteva che farle bene. Sulla parte di cuore che lo ospitava, si era andato creandosi come un callo, un cuscinetto protettivo che con il tempo andava indurendosi e rafforzandosi, anche se a volte bastava uno spillo per trapassarlo e farle male, ma lei non ci faceva più caso, ormai.
Sospirò rimettendo il suo cellulare a posto. Più cercava di concentrarsi più le veniva in mente il fatto che avrebbe dovuto cantare difronte ad un pubblico vero, e più lo stomaco le si chiudeva.
Rientrò per andare a controllare la situazione.
« Ci siamo, la batteria è montata »
« Non ci resta che fare il sound check e poi possiamo anche buttarci sul cibo, no? »
« Jeremy, riesci a non pensare al cibo per tipo dieci minuti filati? »
« Non ti prometto niente, Josh »
Hayley avrebbe voluto rispondere con una delle sue battute sarcastiche, ma non ci riuscì. Si limitò ad avvicinarsi al microfono e ad aspettare che tutti impugnassero i loro strumenti.
« Cosa proviamo? » chiese Hayley spaventandosi quando la sua voce risuonò inaspettatamente per tutta la stanza.
Gli altri accennarono qualche risata ma si arrestarono subito quando videro Hayley sbiancare.
« Io direi Never Let this Go, comunque » rispose Josh, trattenendo a stento le risate.
Hayley non ci fece nemmeno caso. Appoggiò entrambe le mani sul microfono accanto a lei e aspettò che gli altri iniziassero a suonare; e quando lo fecero, sentì lo stomaco chiudersi ancora di più. Immaginò la folla davanti a lei e per qualche secondo si dimenticò di dover cantare. Fortunatamente riuscì ad iniziare al momento giusto.
Quando cantò, si concentrò totalmente sulla parte tecnica e sul risultare bene al microfono. Non fece neanche caso ai volumi, non le importava davvero. Neanche della storia che quel testo raccontava, neanche del fatto che il diretto interessato fosse proprio dietro di lei.
Quando la canzone finì, Josh e Zac si scambiarono un'occhiata d'intesa riferita ad Hayley che poi condivisero anche con Jeremy. Tutti compresero che era ora di salvare un'amica che rischiava di affogare.
« Quindi abbiamo fatto, adesso possiamo andare a mangiare? » disse Jeremy per sdrammatizzare.
Nel frattempo Hayley era rimasta impietrita sul suo posto e non accennava a volersi muovere. Stava pensando che magari se avesse detto a Jeremy che tutto quello che la canzone diceva era dedicato a lui, allora qualcosa sarebbe cambiato e quel fardello che ogni tanto si frapponeva tra lei ed Eric se ne sarebbe andato.
Fu tolta con violenza dai suoi pensieri e riportata alla realtà dalle mani di Zac che molto delicatamente l'avevano presa e sbattuta avanti e indietro scompigliandole la nuova chioma.
« Sì, andiamo forza »
Non fece in tempo a voltarsi che Josh la caricò a sacco di patate su una spalla, e in quel momento Hayley non poté non chiedersi cosa spingesse la gente a farlo ogni volta che la vedevano un po' sulle nuvole.
« Josh, mettimi giù! »
« Sto trasportando la star, dovresti essermene grata »
Hayley fu sorpresa da due cose: prima di tutto, da quello slancio di affetto a cui non era più abituata; per secondo,da quell'averla messa al centro di un concetto in cui entravano bene tutti e quattro. Lei non era la star, né voleva esserlo. Anzi, l'unica cosa che voleva davvero fare era scappare ed andare a seppellirsi sotto le coperte di casa sua con un film strappalacrime e del buon gelato alla vaniglia a farle compagnia.
« Jeremy, prendi un foglio che scriviamo la scaletta » gli disse con la voce smorzata dalla posizione scomoda.
Era un grande giorno, quello lo sapevano tutti, ma nessuno sapeva cosa aspettarsi.
Mangiarono tutti a volontà tranne Hayley che non toccò cibo – ma ci pensò Jeremy a finire anche il suo – e scrissero la scaletta in pochi secondi. Non c'era molto da scrivere, dovevano aprire il concerto ad un gruppo più importante e quattro canzoni potevano andare più che bene.
Pochi minuti prima dell'inizio del concerto vero e proprio, Hayley si rigirava tra le mani il foglio con i nomi delle canzoni scritto nello stampatello sbilenco di Zac. Lo rilesse per l'ennesima volta.
“Never Let This Go, My Heart, Conspiracy, Franklin”. Cinque canzoni, nient'altro. Era anche tutto quel che di concreto avevano costruito insieme.
Ad un tratto Eric le mise le mani sopra alle spalle ed Hayley sussultò di nuovo. Capì di essere tropo nervosa.
« Hey.. sono passato solo a salutarti, non voglio ucciderti, 'sta tranquilla »
« No, è che sono leggermente agitata, sai com'è »
« Andrai alla grande e … wow che colore fiammante! »
« Grazie » iniziò poco convinta « ma non ne sono troppo sicura » continuò cercando di spostare il centro della conversazione.
« Senti, so bene come canti e una voce come la tua non capita molto spesso, se è questo che intendi. Ma sei Hayley Williams, nessuno può fermarti se tu non glielo permetti » disse Eric giocherellando convulsamente con le ciocche di capelli di lei.
Hayley lo guardò negli occhi e vide la sincerità. Dopo tutti quei giorni non aveva ancora imparato a fidarsi completamente perché i pregiudizi erano duri da sfatare, ma ci stava lavorando su.
« Grazie Eric »
« Dovere. Ora vado a cercare un posto in prima fila, e fidati, con questi capelli farai svenire l'intero pubblico maschile. Dovrò darmi da fare per ristabilire le proprietà, alla fine del concerto! » le disse prima di dileguarsi con un bacio a fior di labbra.
Attimi dopo, Hayley era ancora lì con la sensazione delle sue labbra sulle proprie. L'effetto che le faceva quel ragazzo era qualcosa di estremamente misterioso anche per lei, sapeva solo di sentirsi un po' più leggera di prima.
Fu solo un attimo, ad ogni modo. L'ansia tornò a tormentarla non appena il presentatore salì sul palco.
In realtà non era un vero presentatore, ma solo il padrone del locale che annunciava la serata. E in pochi secondi tutti gli altri erano dietro di lei pronti a salire.
Quando Hayley fu davanti a tutti, si sentì infinitamente piccola. Sapeva di dovere l'affluenza di persona solamente al gruppo principale, ma come inizio era anche troppo.
Si voltò verso gli altri che si guardarono incerti.
« Venite qua » disse Jeremy.
Allora tutti andarono verso di lui e seguirono i suoi movimenti molto velocemente. Si misero incerchio l'uno accanto all'altro.
« Allora ragazzi, non mi importa come andrà, questo è solo l'inizio. Siamo i Paramore, cazzo! Stendiamoli tutti »
Le parole di Jeremy erano state capaci di far tornare la carica a tutti, soprattutto ad Hayley. Allora ripresero i loro posti e il concerto iniziò con una velocità impressionante.
« Grazie di cuore, noi siamo i Paramore » aveva accennato Hayley dopo la prima canzone, osservando se tra il pubblico ci fosse Eric o Jess o i suoi genitori.
Poi iniziò My Heart e proprio in quel momento Hayley riconobbe la figura imponente di Eric che la guardava dalla prima fila. Quella canzone era per lui, nel senso più profondo del termine.
« I am finding out that maybe I was wrong
That I've fallen down and I can't do this alone
Stay with me, this is what I need, please? »
Eric  sorrise a quelle parole, ma solo Hayley sapeva quanto fossero vere.
Nessuno si salva da solo. Era una delle poche certezze che Hayley aveva acquisito. Tutti abbiamo bisogno di una spalla su cui piangere, una amico a cui raccontare le nostre giornate, un amore innocente nel quale riversare le nostre energie. Lui era ciò che aveva cercato da quando era arrivata a Franklin. E non poteva essere Josh, e forse nemmeno Jeremy, in quel momento. Forse perché quella canzone rappresentava Eric, ed Eric non era nessun altro se non se stesso.
« This heart, it beats, beats for only you
My heart, my heart is your's »
La paura era scomparsa di nuovo, al contatto con i suoi occhi. E la musica le penetrava nelle vene come una droga. Chiuse gli occhi per assaporarla meglio.
Si sentiva viva come non lo era da tempo, come non era stata con nessun altro.
« My heart is your's
My heart is... »
Finita la seconda canzone, Hayley sentiva di non voler più scendere dal palco. Era come se fosse destinata a stare lì per la vita.
Si voltò verso gli altri e gli rivolse un sorriso a trentadue denti. Jeremy le fece l'occhiolino e Zac le sorrise mentre Josh si limitò a volgerle un'occhiata furtiva.
Prima o poi si sarebbe abituata ai suoi sbalzi d'umore, ne era certa.
Eseguirono le ultime due canzoni con una facilità che gli era stata donata da non sapevano neanche loro quale entità, e conclusero lo show alla grande sotto glia applausi di quasi tutte le persone presenti.
Hayley non si era mai resa conto di quanto quelle canzoni parlassero di lei e della sua vita, era stato come uno sbattersi in faccia la verità dei fatti tutto in una volta sola. E si era accorta che la sua vita, dopotutto, le piaceva semplicemente perché non era piatta, bensì viva e ricca di emozioni, seppur non sempre felici. E le andava bene così.
Fecero un breve inchino prima di uscire dal palco e dirigersi nelle quinte dando il cinque al gruppo seguente che nel frattempo percorreva la loro stessa strada dal lato opposto.
Non fecero in tempo a stravaccarsi sui divani che già stavano arrivando i primi amici. Per primi entrarono Eric e Frannie, e l'atmosfera si era fatta tesa quando i due si erano lanciati occhiati omicida.
« Hayley, siete stati magnifici! E Davis, non ti avevo mai visto da fuori, sei davvero forte... »
« Grazie Eric » rispose l'altro abbracciando Frannie.
Erano quelle affermazioni di circostanza che in quelle situazioni mostravano il mettere da parte i conflitti a fronte di successi ben più grandi.
« Sono esausta! » sospirò Hayley abbandonandosi ancora di più sulla poltrona.
« Col tempo passa » rispose prendendola per i fianchi e incitandola a sedersi sopra alle sua gambe.
Hayley eseguì ciò che il corpo dell'altro implicitamente le consigliava, in modo del tutto automatico, e lasciò che le braccia di lui le cingessero i fianchi.
« Eri bellissima, lo sai? »
Hayley fu sicura di essere diventata rossa. Sentiva il cuore tamburarle pericolosamente. Sorrise senza aggiungere altro.
Gli altri non avevano aggiunto niente, forse anche per stanchezza, e si erano lasciati cullare dalle note del gruppo a cui sarebbero dovuti essere riconoscenti a vita.
E' incredibile come in poco tempo le situazioni possano ribaltarsi. Pochi mesi prima erano solo quattro piccoli illusi, e ora sentivano di avere il loro piccolo mondo in mano. Erano i Paramore, e quella sera quella parola aveva assunto un significato più profondo, più concreto che mai. Era la loro vita e non avrebbero potuto chiedere niente di meglio al mondo.

*

Note: Bene, spero che questo ennesimo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono (quattro gatti lol). Poi cosa? Una recensione non fa male a nessuno ^_-
Bye bye!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 - Another Day ***


Amor Vincit Omnia ©

*

...there's always another day.

Quella sera l'aria era calda, segno che l'estate si stava avvicinando pericolosamente, e, dopo tutto quel tempo in cui non era successo niente di rilevante, era come se il mondo si fosse congelato assieme alle strade coperte di ghiaccio e al vento gelido e minacciasse di riprendere il suo corso da un momento all'altro. Era un periodo terribilmente monotono, e quando ti riduci a compiere sempre le stesse azioni tutti i santi giorni, allora è segno che stai iniziando a morire un po', ed era una teoria su cui Hayley aveva fondato il suo mondo.
Gli inverni sono strazianti. Per quanto tu cerchi di far cambiare le cose, esse rimangono al loro posto. Forse perché la gente si fa pigra, o forse perché i cervelli vengono congelati dal clima rigido – ipotesi che Hayley non aveva mai scartato. Eppure sembrava essere quello, l'equilibrio che era andata cercando. Doveva esserlo, per forza. Avere un rapporto stabile con qualcuno era un'esperienza nuova: qualcosa di talmente bello da toglierti il fiato, ma anche talmente fragile da tenerti sulle spine tutti i giorni.
Mentre Hayley afferrava il microfono sotto al lieve applauso di un pubblico un po' più denso della prima volta, pensava a quanto la musica le aveva fatto bene in quel periodo. Forse era nata per scatenarsi sul palco, e forse – finalmente – aveva trovato la sua vera dimensione; un modo per “sbocciare”, - come le aveva detto Jess, quando un giorno Hayley si era azzardata ad uscire di casa con una linea di matita sotto gli occhi –, qualcosa che le desse la sicurezza dei movimenti e la determinazione di chi nasce per vincere. O forse erano le urla delle persone che la guardavano da qualche centimetro più in basso e la acclamavano, e tra questi poteva riconoscere volti familiari, oltre alla piccola schiera di fan che avevano cominciato a portarsi dietro da qualche tempo. La sorte aveva voluto che tutti avessero imparato a chiamarla “cantante dei Paramore” prima ancora che “quella nuova dei The Factory” e per questo ringraziava il cielo o chi per lui.
I momenti in cui sentiva di poter toccare il cielo con un dito erano aumentati di pari passo con quelli in cui sentiva di poter affrontare qualsiasi situazione. E aveva capito di non aver più bisogno che sua sorella la sorreggesse per affrontare i suoi problemi, nonostante la situazione tra i suoi non avesse accennato a voler cambiare. Quando tornava a casa dai concerti o dalle giornate di prove e vedeva suo padre dormire sul divano, le faceva quasi tenerezza, più che dispiacere. Guardandoli, aveva capito che finire una storia è difficile quasi quanto iniziarla, e forse era per questo che lei ed Eric erano ancora insieme e ancora uniti, dopo quasi sei mesi. 
Lui c'era sempre stato. Era diventato una di quelle presenze che se vengono a mancare potresti anche morire. Un punto fermo su cui sai che potrai far sempre affidamento, e quella era una certezza a cui Hayley non sarebbe stata disposta a rinunciare molto facilmente. 
« I don't mean to run,
But everytime you come around I feel,
More alive, than ever » 
Aveva iniziato a cantare, dopo una breve introduzione volta a scaldare il pubblico - come aveva imparato a fare prima di ogni concerto -, e poi aveva guardato tra l'ammasso di gente in cerca di quel volto che non sarebbe mai mancato. Ed era lì, in prima fila, come sempre. 
Questa volta era diverso, però. Quella canzone era per lui, e lui stesso, Eric, lo sapeva e sorrideva per questo. 
Ed ora Hayley si ritrovava a fare quello che non si sarebbe mai immaginata di essere in grado neanche di concepire. 
Era la prima volta che suonavano quella canzone, e anche la prima volta che Eric la sentiva. 
« If I let you love me,
Be the one adored,
Would you go all the way?
Be the one I'm looking for? »
Si ricordava bene qualche giorno prima, quando si era decisa a voler completare quel maledetto testo. Aveva messo il punto finale e non aveva potuto aspettare a chiamare Jeremy e dirgli di raggiungerla. Avevano provato la melodia, che era venuta fuori in maniera quasi automatica e poi, insieme agli altri, si erano messi a comporre il resto delle parti. Era stata la cosa più naturale che tutti avessero mai fatto. Forse perché la situazione si era stabilizzata, e quel legame delicato nei confronti di Josh si era affievolito, o forse perché i disaccordi tra Jeremy ed Eric avevano accennato a voler terminare. 
Alla fine avevano tutti ottenuto quello che desideravano, e il successo minacciava di arrivare da un momento all'altro, o forse era quello di cui si volevano autoconvincere tutti. 
Eric era stato la sua salvezza, in qualche modo. Nonostante gli inizi non avessero prospettato nulla di buono, e nonostante Hayley avesse sempre visto più difetti che pregi in quel ragazzone di cui poi, alla fine, aveva capito di non poter fare a meno. Ma gli aveva voluto bene sin dall'inizio, quando l'unica cosa che li accomunava erano i The Factory, lo capiva ogni volta che il suo cuore perdeva qualche battito quando lui la toccava, o dalla felicità che l'avvolgeva quando solo stavano abbracciati sotto le coperte mentre la televisione trasmetteva qualche orrendo film romantico. L'amore stava nelle piccola cose, e mai prima di allora Hayley l'aveva capito. 
« ...be the one I'm looking for? » 
Gli ultimi accordi di chitarra e un finale degno di nota. Si spengono le luci e dopo poco lo show riprende come se non fosse mai realmente iniziato.

« Conquisteremo il mondo, ora ne sono certo! »
L'euforia di Josh tendeva sempre a convincere anche gli altri. Cosa molto pericolosa. Erano stati avvertiti dall'inizio di tenere i piedi per terra. 
« Siamo tutti aspettando, Josh » 
« Arriverà, state tranquilli » 
« Cosa arriverà? » chiese Eric comparendo all'improvviso da dietro l'angolo del locale. 
Si trovavano tutti fuori per accompagnare “gentilmente” Jeremy a fumare la sua classica sigaretta post- concerto, ed Eric li aveva raggiunti come suo solito.
« Il successo, caro Eric » 
E così aveva finito per diventare uno di famiglia, nei Paramore. Zac lo adorava e Josh non stravedeva per lui, ma se non altro Hayley era riusciva a strappargli un “è abbastanza simpatico” dopo molte difficoltà. Per Jeremy la situazione era abbastanza stabile. Non lo adorava, ma neanche lo odiava più, e ancora entrambi si ostinavano a voler tenere il segreto sulla storia che li aveva divisi così nettamente. Hayley, dal canto suo, aveva deciso che primo o poi qualcuno si sarebbe fatto avanti e avrebbe sputato il rospo senza troppi giri di parole, quindi si limitava ad aspettare pazientemente.
« Già... il successo » disse Eric con aria mezzo sognante. « Andiamo Hayley? » continuò, poi, rivolgendosi alla ragazza. 
« Sì, arrivo subito. Ragazzi è stato fantastico, come sempre » 
« Domani pranziamo insieme? Devo parlarti di una cosa » le chiese Josh, incuriosendola. 
« Dovrei preoccuparmi? » chiese ridendo.
« No, stupida! »
« Allora a domani » 
Così detto si voltò verso Eric e prese la via del parcheggio.
« A volte mi chiedo come hai fatto ad acquisire tutta questa carica, sul palco » 
« Me lo chiedo anche io » 
« Comunque la canzone era bellissima, sai? » le disse prima di cingere le spalle con un braccio. 
« Ah sì? » rispose lei, ironica. 
« E condivido tutto. » Riprese dopo qualche attimo: « Ora che ha voglia di fare, madame? » 
« Film a casa mia? » 
« Andata » 

Hayley si svegliò di scatto e la prima cosa che vide davanti a sé fu la forte luce del televisore proiettata su di lei. Le ci volle un po' per inquadrare la situazione e solo dopo qualche secondo si rese conto di essersi addormentata addosso ad Eric. 
Si voltò verso il comodino e constatò che avevano dormito per ben cinque ore filate. Allora osservò Eric che non aveva cambiato posizione da quando si era addormentato e si disse che sarebbe stato meglio svegliarlo. Nonostante la sua vita da rock star stesse prendendo il sopravvento, conservava ancora un certo senso di responsabilità. A quel pensiero le venne automatico voltarsi verso il letto di sua sorella, fortunatamente ancora vuoto. Non era ancora tornata, per fortuna. 
« Hey, Eric » disse dolcemente mentre con una mano gli muoveva una spalla. 
« Eh? Sì? Che c'è? » esclamò sollevando di scatto la testa. 
« Ci siamo addormentati, devi tornare a casa » 
« Oh, cazzo. Domani lavoro. Ok, me ne vado, dammi un secondo per svegliarmi del tutto » 
Lo vide stropicciarsi gli occhi e pensò che poteva essere la creatura più bella del pianeta. 
« Tanto la strada la sai, no? » disse senza alzare troppo la voce. « Io devo farmi la doccia ancora, e fra due ore devo essere a scuola, quindi mi conviene avviarmi » 
« Ok, ok. Fai quello che devi, io farò piano » 
Il fatto che Eric per andarsene dovesse passare accanto a quel relitto umano che era suo padre, non la turbava nemmeno un po'. Eric era stato l'unico fino a quel momento che era stato in grado di capirla. Non come Josh che si era limitato ad annuire comprensivo, e neanche come Zac o Jeremy. Lui l'aveva aiutata concretamente, e in un certo senso l'aveva tirata su dal fondo quando ormai era scivolata inesorabilmente. 
Gli diede un bacio e se ne andò in bagno, dove rimané per circa mezz'ora a togliersi le scorie del concerto di dosso. 
Quando tornò in camera si accorse subito del bigliettino rosa – preso dal blocco sopra alla scrivania – che riportava la calligrafia tondeggiante di Eric. 
“Non vorrei correre troppo, ma ogni volta che sei accanto a me mi sento più vivo che mai. Non so che magia hai usato, ma sei riuscita a farmi cadere ai tuoi piedi. Ti voglio bene.         Eric” 
Hayley lesse quelle parole con tutta l'eccitazione che aveva da dimostrare. Lo piegò in due e lo ripose sotto la lampada del comodino. Poteva esistere giornata con un inizio migliore?

« Allora come stai? » 
Hayley l'aveva guardato attentamente da sotto le ciglia, tanto per cercare di indovinare dove volesse andare a parare. Per un attimo soltanto ebbe la sensazione di avere davanti a sé un perfetto sconosciuto.
« Non lo so » 
D'altra parte, Josh stava cercando in tutti modo di trovare qualcosa di familiare negli occhi di Hayley, così cambiati negli ultimi tempi. 
« Com'è la situazione a casa? » 
« Non accenna a voler cambiare. A questo punto non mi resta che sperare in una separazione improvvisa » accennò Hayley, trattenendo a stento un singulto di dispiacere. Non era triste, solamente stanca. 
« Però mi sembri migliorata dai primi tempi » 
« Se ti riferisci alle occhiaie magicamente scomparse, è che ho iniziato a truccarmi »
E' vero, anche se non c'era bisogno – pensò Josh, non volendo. 
Per un periodo di tempo Josh aveva pensato che quel suo cambiamento fosse dovuto al suo costante stare con Eric, che la voleva forse un po' più perfetta di quanto non fosse già. Poi invece aveva capito che era sempre lei, sempre bella, solo più donna, e che non c'era niente di male in questo. 
« Comunque sì, sto meglio di qualche mese fa, ho imparato ad abituarmi a mio padre che dorme sul divano » 
C'era un'aria di insofferenza costante, in quella casa, ma era una cosa da cui potevi decidere di fuggire, o rimboccarti le maniche  e imparare a sopportare. Senza altre vie di fuga, per sopravvivere Hayley aveva scelto la seconda opzione. 
« Pensavo, no? Ormai abbiamo qualche canzone, si potrebbe provare a contattare qualche casa discografica Abbiamo pure una schiera di fan che partecipano regolarmente ai nostri concerti, non ci manca niente » 
Josh ci voleva andare cauto, perché vedeva Hayley come se fosse sul filo di un rasoio, e non voleva farla precipitare. 
« Va bene, mettiamoci all'opera » era stata una frase che necessitava di enfasi, ma arrivò senza di essa. 
« Sei sicura? » 
« Sono determinata, e questo e quello che voglio fare, quindi sì, sono sicura. Bisognerà sentire gli altri e organizzarci- »
« Già fatto » la anticipò lui, pur non vedendola felice come avrebbe voluto. 
Lei parlava come se ci fosse assoluto bisogno di calibrare ogni azione, lui, invece, agiva senza pensarci neanche. 
« Allora vado a mettermi all'opera, tu fai lo stesso » 
Lo vide prendere le sue cose dal tavolo e volare via come era arrivato lasciandola da sola al centro della sala mensa a pensare che magari l'entusiasmo dell'amico poteva essere più che giustificato.

Si avvicinò ad Eric con in mano la custodia di un dvd horror. Era l'ennesimo film che Hayley gli presentava davanti agli occhi, e sperava essere l'ultimo di una lunga lista di rifiutati. 
« Che poi io gli splatter non li ho mai capiti davvero » lo sentì mormorare. 
« Perché tu non capisci l'arte » rispose, decisa a far valere le sue idee. 
Eric lanciò un'occhiata alla copertina e fece cenno si no con la testa e facendo un'espressione schifata. 
« Eh no, eh! Allora lo scegli tu »
« Ma se tipo andassimo a prenderci qualcosa in un bar? E' una delle prime giornate di sole della stagione, non chiudiamoci in casa... » disse abbracciandola e posandole la bocca tra i capelli.
Si scambiarono uno sguardo di intesa prima di uscire velocemente dal negozio sotto gli occhi stanchi di quel metallaro tatuato e grasso seduto alla cassa.
Una volta fuori, l'aria fredda lì colpì immediatamente, e fu per questo che Hayley si sciolse al contatto con la mano calda di Eric.
« Devo parlarti » disse lui.
« Ok, dimmi » disse ostentando una naturalezza che non stava avendo. In realtà, nel suo stomaco aveva cominciato a muoversi qualcosa.
« Voglio raccontarti la storia di Jeremy, però devi promettermi che cercherai di vederla in modo imparziale » disse Eric, voltandosi solo un attimo verso di lei, che nel frattempo non accennava a voler distogliere lo sguardo da lui. Adesso che era arrivato il momento tanto atteso, era combattuta tra la curiosità a l'incertezza. Ma la prima, ovviamente, vinse sull'altra.
« Ok, racconta » disse lei.
Eric prese un respiro profondo e iniziò a parlare in modo incerto. « Qualche anno fa, credo due anni, con i The Factory eravamo già un gruppo solido, un po' come ora voi Paramore » Fece una pausa calibrando le parole con attenzione. « Jeremy era con Frannie già da molto. Si può dire che, in un certo senso, i The Factory esistano grazie a loro. A quei tempi io e Jeremy eravamo amici per la pelle. Siamo cresciuti insieme, eravamo vicini di casa quando eravamo bambini, ci siamo cresciuti a vicenda... » disse parlando a raffica, senza dare l'opportunità ad Hayley di intervenire. Le parole gli fluivano fuori dalla bocca come un muragliono compatto, come se avesse raccontato quella storia altre mille volte.
Le ultime perole gli uscirono di bocca con gli occhi rotti e lo sguardo perso, e in quel momento, guardandolo, Hayley capì cosa volesse davvero descrivere. Era quel momento in cui ti accorgi di aver perso qualcosa che nessuno potrà più ridarti.
« Continua » disse Hayley.
« Poi è successo qualcosa - ancora non so dirmi cosa - e ci siamo trovati ubriachi ad una festa, e Frannie era così bella. Forse non l'ho mai ammesso, ma per lei ho sempre avuto un debole » rise Eric, voltandosi a guardarla per un secondo.
« Cosa è successo di preciso? » chiese Hayley, cercando di sorvolare sull'ultima frase, giusto per non aggravare la sua già pericolante situazione d'autostima.
« E' successo che ho fatto sesso con Frannie » confessò, tutto d'un fiato.
Hayley sentì quelle parole senza ascoltarle davvero. Quello era probabilmente il tassello mancante, il pezzo che le era sempre mancato per chiudere il discorso con Jeremy. Ecco perché si comportavano così, ecco il perché di tutte quelle battutine.
« E poi » chiese lei.
« Poi Jeremy ci ha scoperti, non so come - anche se sono sicuro sia stata lei a dirglielo - e per qualche giorno la situazione è stata congelata in quel modo. Al fattaccio si è aggiunto che Frannie ha avuto un ritardo di un mese abbondante. Eravamo solo io, lei e Jeremy a sapero, ma quel periodo è stato orrendo per tutti » disse Eric, lasciando Hayley pietrificata.
Nel frattempo erano arrivati a destinazione, al piccolo bar dove andavano di solito, e si fermarono lì davanti in automatico, fermi l'uno davanti all'altra.
« Eravamo una famiglia, e siamo arrivati ad un punto di stallo. Fortunatamente Frannie non era incinta » disse vedendo Hayley tornare a respirare regolarmente « e Jeremy l'ha perdonata, ma non ha perdonato me. Si sono rimessi insieme e da quel giorno io sono stato fermamente convinto che quei due si siano rimessi insieme perché erano convinti di dover dimostrare qualcosa a qualcuno. Tipo che il vero amore vince sempre, e cose del genere  » 
« Magari avevano semplicemente deciso di fregarsene di te, no? » e per quanto avesse tentato, non era riuscita a camuffare quella punta di acidità nella sua voce. Forse sapeva che stava sbagliando, ma lei era sempre stata pronta a combattere per cause perse, o comunque finite da tempo, come quella. Se fosse stata lei la protagonista, o solamente un personaggio secondario, forse Eric le sarebbe stato antipatico, ci avrebbe litigato, e non si sarebbero più parlati. Fu per questo che decise di contenere la sua grinta, per preservare ciò che aveva, come le avevano sempre insegnato.
« Non farmi la morale, ho già pagato per quello che ho fatto »
Lei stette un po' in silenzio ad osservare l'ombra di una sedia proiettata contro il pavimento.
« Cosa dovrei fare, io, adesso? » 
« In che senso? »  
« Chi mi garantisce che tu non lo faccia di nuovo? » 
« Forse il fatto che io abbia pagato cara questa storia? Andiamo Hayley, non fare lo stereotipo. Te l'ho raccontato perché non voglio segreti tra noi, non devi dare peso a tutto quello che ti dico »
« Come faccio a fidarmi di te? Jeremy è uno dei miei migliori amici, come faccio a convivere con questo, adesso? » disse Hayley alzando il tono di voce e gesticolando vistosamente. Si stava facendo prendere dal panico, era evidente.
E mentre lei continuava a parlare, Eric le si avvicinò lentamente e le prese i polsi. 
« Ok, basta » sussurrò.
Hayley lo guardò negli occhi e ci vide dentro il suo mondo che andava in fiamme.
« Perché hai deciso di dirmelo proprio adesso? » 
« Perché forse i The Factory si scioglieranno »
Hayley non seppe cose rispondere. Loro erano una realtà diversa da tutto il resto, erano l'opposto della sua vita, un posto in cui non sarebbe mai stata realmente lei, ma solo il rimpiazzo di una storia troppo debole per esistere. Era per questo che Frannie se ne era andata dal gruppo, allora. 
« Perché hai aspettato così tanto prima di dirmelo? » continuò Hayley con le lacrime agli occhi. Ora ne era consapevole: in tutti quei mesi lei era stata solo il rimpiazzo perfetto, un modo per dimostrare a Jeremy che aveva vinto lui in ogni caso.
« Non lo so, non volevo far finire le cose sul nascere » 
« Quindi io sarei il rimpiazzo, vero? » 
« Hayley ma che stai dicendo, certo che no » le rispose avvolgendola tra le sue braccia. 
« Ho passato quasi sei mesi cercando di diventare come Frannie, ora che credevo di essere riuscita perlomeno a sentirmi bene essendo me stessa mi rendo conto che sono sempre stata la brutta copia. Io non posso competere con Frannie, è questa la verità. » 
« Tu sei migliore di lei, e anche migliore di me » le disse Eric, affievolendo il tono di voce.
« Scusami, devo andare » disse lei, spingendoselo via di dosso, come se facendolo avrebbe eliminato anche tutti i problemi a lui associati. Non voleva che lui la vedesse piangere, perché era abituata che i suoi sentimenti erano suoi e basta, perché era già successo una volta e se ne era pentita, e perché la rpima regola della vita, per lei, era sempre stata: mai mostrarsi vulnerabili.
Corse via. Verso cosa, non lo sapeva.  

*

Quando Hayley vide Jeremy arrivare in lontananza si chiese quali parole avrebbe usato per raccontargli ciò che era venuta a sapere, ma non fece in tempo a raccogliere qualche parola sensata che lui era già a pochi passi da lei. 
Stava seduta sul muretto di cemento armato davanti al garage e stava godendosi il primo sole primaverile della stagione, ma i suoi pensieri erano rivolti ad argomenti decisamente differenti da quel sole che lentamente scaldava tutto.
Certe rivelazioni uno dovrebbe decidere all'inizio se farle o no, e dal momento che decidi di dire tutto, dovresti farlo all'inizio di una storia, non nel bel mezzo. Questo Eric non l'aveva capito, purtroppo.
La storia che Hayley aveva sempre cercato di scoprire le era stata così sbattuta violentemente in faccia. I ruoli erano stati decisi e le colpe affibbiate a chi ne aveva. Niente di più e niente di meno, quella era una storia che stava distruggento Hayley dall'interno. In quel momento neanche Eric era riuscito a capire la sua situazione. 
« Buongiono Hayley, non entri? »
« No, devo parlarti, in realtà » disse saltando giu dal muretto e pulendosi le mani sui pantaloni. 
« Dai, spara! » le si rivolse con il basso ancora in spalla.
« Ho parlato con Eric, mi ha raccontato il motivo per cui vi odiate e, ecco, volevo chiederti scusa »
« Non posso credere che te lo abia detto! » disse lui.
« Io non capisco davvero perché volevate tenermi all'oscuro di tutto, alla fine per me non è così importante » disse Hayley, mentendo.
« Per noi sì, però... forse più per me che per lui » rispose accennando a dirigersi verso la porta del garage.
« Aspetta un attimo, spiegami perché poi hai perdonato Frannie e non Eric » 
« E' una storia morta e sepolta, Hayley, finiamola qui »
Hayley gli lasciò fare due passi ma poi lo fermò di nuovo, avendo trovato le parole giuste. 
« Io... io devo saperlo! » 
« Perché? » si era voltato, lui.
Allora Hayley aveva deciso di mettere tutte le carte in tavola e spiegargli tutto. Della sua gelosia nei confronti di Frannie e di come avesse cercato disperatamente di assomigliarle, in quegli ultimi tempi, e Jeremy l'aveva ascoltata con uno sguardo non troppo partecipe, solo dubbioso.
« Perché non mi ha mai detto niente? »
Perché eri troppo, per me.
Solo in quel momento Hayley capì davvero cosa volesse dire mettere le carte in tavola, e ciò che prima aveva cercato di omettere le stava uscendo di bocca senza che lei avesse alcun potere su se stessa.
« Tu mi piacevi, Jeremy, è per questo che sono entrata nei The Factory ed è per questo che sei entrato nei Paramore » 
Jeremy rimase immobile senza avere il coraggio di proferire parola. Si disse che certe cose non andrebbero mai dette.
« Hayley... » 
« No, non c'è bisogno di dire niente, mi è passata, e no, non sei nei Paramore solo per questo, sei rimasto perché dopotutto ho imparato a volerti bene sotto un'altro piano. Adesso ho Eric, e mi sta bene così » disse lei, tutto d'un fiato.
Lui la guardò con aria circospetta, indeciso sul da farsi.
« Quindi siamo amici, io e te? »
« Suppongo di sì » gli rispose avvicinandosi per abbracciarlo.
Dopo pochi secondi Jeremy esordì con: « Ma quindi i testi delle canzoni... » 
« No, questa è una storia che non racconterò oggi, mi dispiace » e sorrise tra sé perché i castelli che si era costruita intorno erano finalmente crollati. 
« Va bene, va bene » 

*

Jeremy si chiuse la porta della sala prove alle spalle con forza, trasmettendole tutta la rabbia che aveva accumulato negli ultimi quarti d'ora. La confessione di Hayley gli aveva in un certo senso aperto gli occhi sulla realtà dei fatti: i The Factory stavano in piedi solo per merito dell'orgoglio pressante di entrambi, e lui aveva deciso in poco tempo di non voler contribuire a qualcosa che implicasse Eric. 
In un tempo in cui le responsabilità della maggiore età erano ancora decisamente lontane, Eric era stata la sua casa, e con lui aveva condiviso tutti i  momenti salienti della sua crescita, insieme alle cavolate infantili. Ricordava che non ci fosse avvenimento che non venisse condiviso da entrambi, non ricordava ragazza di cui entrambi non fossero al corrente. Ogni cosa, ogni momento, ogni tassello della sua vita era stato cullato da quello sfondo che rappresentava il suo migliore amico, il fratello che non aveva mai avuto. 
Jeremy si diresse verso la sua macchina senza neanche guardare in faccia la povera aHayley che arrivava dal senso opposto.
« Jerm, dove vai? » gli chiese, senza ottenere risposta se non il rumore della portiera della sua auto che sbatteva violentemente. 
Il primo impatto con le parole di Hayley, qualche giorno prima, era stato naturale, perché di fronte agli occhi della ragazza nessuno sembrava in grado di reagire in modo scellerato. Ma quando, in solitudine, ci aveva ragionato sopra, aveva capito che non era quello il modo di andare avanti. Avrebbe messo fine a quella storia, e così aveva fatto prima di uscire dalla sala prove.
Hayley cercò di lasciarsi alle spalle lo sguardo adirato dell'amico per cercare di fare spazio al ragionamento razionale prima di entrare nella sala prove dei The Factory. Quando fu dentro, le cose gli furono un po' più chiare.
La visione di Eric con la testa e i pugni appoggiati al muro non fu la prima cosa che le saltò all'occhio, ma le facce dispiaciute e quasi spaventate degli altri erano state quelle che le avevano fatto capire cosa era successo.
« Beh? » aveva esclamato, cercando le conferme di cui aveva bisogno.
Eric aveva alzato lo sguardo su di lei mostrandole gli occhi arrossati prima di dare quello che poteva essere l'ennesimo pugno contro il muro. 
« E' passato Jeremy, poco fa » aveva accennato a dire, uno degli altri, in modo quasi ironico.
« Hayley, possiamo parlare? » le aveva poi chiesto Eric, sollevandosi dalla sua posizione. Da quando avevano litigato era la prima volta che si rivedevano, ed Hayley non aveva davvero niente da aggiungere.
In realtà, le cose che avrebbe voluto dire erano tante, ma erano talmente tanto confusionarie nella sua testa che nessuna di esse era in grado di uscire.
Allora si limitò ad annuire e a seguirlo di fuori.
Forse nella sua testa Hayley era riuscita a capire tutto prima ancora che Eric proferisse parola, e forse avrebbe fatto meglio a non andare alle prove, quella sera.
Una volta che furono fuori dalla sala prove, Eric aveva iniziato a camminare velocemente sul marciapiede in direzione di casa della ragazza.
« Ti accompagno a casa » 
« Puoi rallentare il passo? Non riesco a starti dietro! »
Alllora il ragazzo aveva rallentato impercettibilmente prima di voltarsi per mezzo secondo verso di lei.
« Si può sapere cosa ti è saltato in mente? »
« Cosa? » 
« Hai raccontato a Jeremy quello che ti ho detto? »
« Cos'è? Era un segreto? »
« No, ma una storia da non rivangare, non avevi il diritto di metterti in mezzo » 
Hayley fece fatica ad assimilare quelle parole.
« Non posso più nemmeno raccontare i miei sentimenti a qualcuno? Quella storia era di ostacolo tra me e Jeremy, ho voluto abbattere un muro » 
« Sì, ma non era tuo diritto! Non dovevi farlo, come fai a non capirlo, Hayls! » 
« Vuoi spiegarmi cosa diavolo è successo? »
« E' successo che Jeremy oggi è entrato in sala prove e mi ha sbraitato contro sbattendomi in faccia i veri motivi per cui abbiamo continuato a rimanere insieme ai The Factory, e la parte più brutta è che aveva fottutamente ragione! »
« Che significa? »
« Che non c'è più nessun gruppo, niente di tutto quello per cui ho lottato, e la colpa è anche mia, ma tu non avresti dovuto parlare Hayley, davvero non avresti dovuto » 
« Sei stato tu a mettermi in mezzo, per primo, raccontandomi tutta la storia! Io e te stiamo insieme, santo cielo, dovrebbe almeno importanti di come mi sento! Dopo che me ne sono andata non hai neanche provato a richiamarmi. Io provo a mettere in ordine nella mia testa e tu che fai, mi urli contro? Che colpa ho avuto in tutta questa storia? » gli urlo contro lei, quando le lacrime avevano cominciato a rigarle il viso più per rabbia che per tristezza.
« Quella di aver messo becco in una storia che non ti riguarda, diamine! » le aveva detto voltandosi di scatto e smettendo, così, di camminare.
Hayley era rimsta impetrita sul suo posto quando Eric le aveva urlato sopra, perché non aveva mai avuto la facoltà di rispondere a certe affermaizoni. Era combattuta tra l'orgoglio e il senso di colpa.
« Tu non sopporti il fatto che io stia bene insieme a Jeremy a prescindere da te, è questo il vero problema. Ma l'ho capito, io. Non sono Frannie! Io non sono come lei! » aveva urlato sulle ultime due frase più per se stessa, perché non era convinta di quello che lei stessa stava affermando.
« Tu non capisci... » aveva scocco la testa l'altro, riprendo a camminare, ma lentamente.
« Certo, non capisco.. non capisco per quale motivo non sopporti che io sia felice! Tu e Jeremy avete litigato, vi parlate a stento, ma io no, io ho ancora la possibilità di creare qualcosa, nella mia vita » continuò ad urlare, rimanendo nella stessa posizione di prima.
« A differenza mia... »
Dopo quella frase, le parole che aveva appena detto le erano sembrate fin tropo colpevolizzanti.
« Eric, vai a casa, fatti una doccia e un esame di coscinza. Quando sarai pronti a rispettarmi e a comprendermi, ti prego, torna da me. Ma torna solo quando sarai di nuovo quello di prima » disse prima di voltarsi ed andarsene.
Secondo lei, quando Eric le aveva racconato quella storia, era stato come se avesse deciso di mettere in gioco il suo passato, e di conseguenza quello di Jeremy, in modo pubblico. Era la storia che aveva bisogno di essere smascherata, e così sarebbe dovuta andare.

*
Note. Con un ritardo imperdonabile sono riuscita ad aggiornare. Non aggiungo nient'altro perché rischio di sfociare nel drammatico. Qualsiasi recensione negativa sotto a questo capitolo è interamente condivisa anche da me. Però commentate, che sono curiosa, su *^*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=838604