Una Nuova Minaccia - Il Ritorno di Hitomi

di mysticmoon
(/viewuser.php?uid=583)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Un Anno di Distanza ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il Treno del Destino ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Un Anno di Distanza ***


Capitolo 1

Un Anno

di Distanza

 

- E’ già passato un anno da quel giorno… sembra tutto così vicino e contemporaneamente così lontano!  Da quando sono tornata sulla Terra Van non mi ha mai contattata. Forse sono una sognatrice ed una stupida a chiedermelo, però … Van, stai pensando a me? Perché, perché, perché non ti fai sentire? Mi manchi tantissimo! Questo significa che tu non senti la mia mancanza, lo capisco… eppure non posso lasciarti andare. Se anche questo sogno andasse in frantumi… tutto sarebbe perso se anche tu svanissi nel nulla.

Hitomi Kanzaki rimirava il panorama dal colle del santuario, vicino alla scuola, persa nei suoi pensieri.

Quel luogo così calmo le infondeva serenità non solo perché tranquillo. Da un anno a quella parte, quella macchia di alberi che circondavano la costruzione era diventata molto speciale: era stato lì che per la prima volta aveva salvato la vita a Van, il giorno del loro primo incontro. O forse, come spesso le veniva in mente, aveva rischiato di ucciderlo con le sue suggestioni?  Lo sguardo della ragazza si abbassò alla maglietta. Era lì, al centro del petto, che fino a qualche mese brillava il ciondolo ereditato da sua nonna, un monile dall’immenso potere arrivato lì direttamente da Gaea. Il funzionamento del potere d’Atlantide, forza racchiusa in quella rosea pietra, non le era ancora chiaro, nonostante avesse passato parecchio tempo a pensarci da quando era tornata sul suo pianeta d’origine.

In quei giorni il vento le portava il dolce profumo dei peschi, che in quel momento dell’anno erano al culmine della loro fioritura, e le scompigliava delicatamente i corti capelli castano chiaro.

Sul piano fisico non era cambiata molto nell’arco di quell’anno. I suoi capelli erano più corti, era cresciuta in altezza di qualche centimetro ed i suoi lineamenti si erano fatti più decisi per via di un lieve deperimeto.

Ripensando al giorno del loro primo incontro, la mente di Hitomi non potè fare a meno di andare a finire sul pensiero del senpai Amano. Il giovane era partito da quasi sei mesi ma i suoi sentimenti per lui erano cambiati da parecchio. Rise, pensando che quel ragazzo dai lunghi capelli castano scuro era un ricordo lontano già prima della sua partenza.

Da quando la nostra giovane ragazza aveva posato gli occhi su quel ragazzo con i neri capelli scompigliati che lottava contro un drago qualcosa era cambiato in lei, ed il tempo passato su Gaea aveva scavato un solco profondo tra loro due, mostrando a Hitomi quanto il suo sentimento per il senpai fosse qualcosa di vuoto ed infantile, un sentimento basato solo sulla smisurata ammirazione che nutriva per il corridore. La scoperta che Yukari, la sorridente amica di una vita, provasse un affetto talmente profondo per entrambi e fosse disposta a mettere da parte i suoi sentimenti per Amano in nome della loro amicizia le aveva fatto capire davvero quale importanza potesse avere per lei e quanto affetto le dimostrasse l’amica. A questo, in quegli stessi giorni, si era unita la sensazione di vuoto e di nostalgia che aveva provato. Una sensazione che aveva avuto un nome quando il re di Fanelia, a bordo del suo Escaflowne, era sceso dal cielo per riportarla sul pianeta dal quale potevano essere ammirate due lune.

- Hitomi, adesso stai esagerando! Non puoi continuare di questo passo. Nossignore!

Hitomi guardò in basso e vide la cara amica Yukari che si avvicinava a lei con aria irritata, salendo con non poca fatica tra gli alberi.

- Non ti alleni da una settimana, e questo non va, Hitomi, te lo devo proprio dire – continuò lei, affrontando gli ultimi scalini- Le gare scolastiche sono fissate per domani e tu non puoi tirarti indietro all’ultimo momento. Sei la nostra punta di diamante, lo sai, quindi adesso muovi i tacchi e mi segui in pista. Hitomi, hai sentito cosa ti ho detto?

La ragazza dai capelli biondi, di nuovo immersa nei suoi pensieri, non la ascoltava, troppo impegnata per ascoltare qualcosa che ormai sentiva poco, un’attività che sentiva sempre meno vicina a sé.

“Ti rivedrò mai, Van? Mi manchi da morire!” erano le parole che risuonavano ripetutamente nella sua mente, e che sentiva ripetute nel vento, quasi anche quell’elemento le fosse vicino.

- Insomma Hitomi, vuoi rispondermi per l’amor del cielo?- disse, ormai infuriata, Yukari, prendendola per un braccio e iniziando a scuoterla con forza.

- Ehi, ma vuoi staccarmi il braccio?

- Finalmente la principessa si è svegliata! Stavo parlando di cose che ti riguardano e tu cosa fai? Guardi il vuoto imbambolata e sospiri. Questo non va bene, Hitomi. Cerca di concentrarti sulle gare invece di sognare ad occhi aperti.

- Va bene, ti ascolto. Che cosa mi stavi dicendo?- disse Hitomi con aria irritata.

- Finalmente sua eccellenza è tornata sulla Terra! Ti stavo dicendo che devi muoverti o perderai la forma fisica. Domani devi correre, non dimenticartelo- disse Yukari.

- E chi sei tu per ordinarmi questo? Domani correrò solo se sarà mio desiderio farlo, chiaro?- rispose un po’ sgarbatamente Hitomi.

Il piglio di Yukari si fece più deciso. Piantò i suoi occhi direttamente in quelli di Hitomi e, senza abbassare lo sguardo per un solo istante, le puntò un indice sotto al naso in segno di ammonimento,

- Primo, non fare certi scatti contro di me, signorinella, perché potresti pentirtene amaramente. Secondo, se proverai a rispondermi in questo modo una seconda volta non sarò così gentile da non usare le mani. E terzo, ma più importante, sbaglio o sono ancora la tua manager, signorina Hitomi Kanzaki? Perciò muovi quelle gambe e vai in pista, capito?

Rendendosi conto che aveva fatto perdere le staffe la sua migliore amica, cosa assai rara per una persona tranquilla come Yukari Uccida, Hitomi arrossì ed abbassò lo sguardo.

- Scusami Yukari – sussurrò - Ma non so cosa mi sta succedendo in questo periodo. Sono… strana… e triste…. Mi dispiace darti dei problemi, credimi… ma è più forte di me.

Piccole lacrime iniziarono a scorrere sul volto della bionda, che lentamente portò le mani al viso e ve lo nascose.

- Non prendertela tanto, Hitomi. Scusami tu piuttosto, non avrei dovuto reagire in un modo così furioso, ma cerca di capire anche le mie motivazioni. Da quando il senpai Amano se n’è andato sei tu quella più veloce del club di atletica ed è normale che io, in qualità di manager, debba strapazzarti un po’ ed aspettarmi il meglio da te. Non voglio darti un carico aggiuntivo a quello che già hai... se vuoi possiamo parlare di ciò che è accaduto un anno fa. Magari…

-  Sei davvero molto gentile Yukari e lo so che sei una persona fidata…. ma ciò che accadde un anno fa non posso rivelartelo. Mi dispiace. Per il resto… ti capisco. Lo so che contate su di me e che ti ho dato la mia parola che avrei partecipato… ma non me la sento proprio di correre domani. Ho un brutto presentimento, Yukari. Sento che domani accadrà qualcosa di spiacevole durante la gara.

- Avanti Hitomi, non puoi lasciarci a piedi- protestò- E poi, quella sensazione non potrebbe essere uno dei postumi dell’influenza che hai avuto? A volte capita.

- Forse hai ragione…. ma ho lo stesso timore di cosa potrebbe accadere domani- disse Hitomi, sperando che l’amica la lasciasse libera dal suo impegno.

- Allora correrai- le chiese trepidante Yukari.

La sua espressione, un misto tra attesa e fiducia, fecero cedere definitivamente Hitomi.

- Va bene, se proprio devo … lo farò. Ho dato la mia parola e farò ciò per cui ho preso un impegno - disse Hitomi, sforzandosi di sorridere.

- Allora allenati, oppure farai brutta figura domani- disse Yukari, sorridendole.

- Ok, inizio immediatamente a farlo. Ma tu devi seguirmi al mio stesso passo almeno fino alla pista- disse Hitomi, cominciando a correre giù per i gradini, seguita a fatica dall’amica.

Yukari, guardando la schiena fasciata da una classica T-shirt bianca, ripensò a quanto fosse diversa l’amica da quando era tornata da quello strano mondo. Lei non le aveva mai detto nulla e, come più volte aveva detto lo psicologo da cui era andata, l’allucinazione poteva essere dovuta allo stress, allo shock per la sparizione dell’amica o poteva semplicemente essere stato un gioco di luci dovuto a un fulmine caduto, per una strana coincidenza, in una sera di cielo sereno.

Ma Hitomi era svanita sul serio e quando era ricomparsa non era più lei. Per parecchi giorni le era sembrata la stessa poi, come un fiore a cui mancano l’acqua e la luce, Hitomi aveva iniziato ad appassire. Lentamente la sua passione per la corsa era diminuita, usciva sempre meno in sua compagnia, parlava meno e con un numero di parole più limitato. Sempre più spesso era assorta nei suoi pensieri e sospirava spesso, quasi portasse nel cuore un fardello molto pesante.

Spesso Yukari l’aveva invitata a confidarsi ma lei aveva sempre sminuito il tutto, raccontando quella che era definita “versione ufficiale”, ossia che lei avesse approfittato del fulmine per allontanarsi non vista e che aveva vissuto per la strada fino al suo ritorno.

Non aveva mai parlato di eventi particolari oppure di incontri significativi, eppure sembrava che qualcosa fosse accaduto. Con quella versione non si spiegava la tristezza e l’apatia.

Scosse il capo, vedendo Hitomi imboccare la strada ed aumentò la velocità, lasciandosi indietro tutti quei pensieri.

 

La pioggia scrosciava insistentemente sul regno di Fanelia.

Van Slanzar de Fanel, re di Fanelia, si stava allenando nell’uso della spada all’interno del giardino del suo palazzo, sotto l’occhio attento e molto critico della fidata Merle.

Il re era cresciuto molto in altezza durante quell’anno, aggiungendo anche dei muscoli più forti al suo fisico asciutto.

I capelli, neri come la pece, erano stati tagliati da poco, quindi non risultavano cambiati rispetto a come erano l’anno precedente.

Improvvisamente Van sbagliò un movimento elementare ed abbassò la guardia, cosa che in battaglia poteva essergli fatale.

Venne immediatamente rimproverato dal suo istruttore, un nerboruto uomo giunto dalle terre del Nord.

- Maestà, ma che cosa state combinando? Un errore del genere è fatale in battaglia! Deve essere più concentrato, maestà. Non dovete distrarvi con altri pensieri!- lo rimproverò, stando bene attento a non superare i limiti di confidenza che aveva prefissato con il sovrano.

L’uomo guardò il giovane che, fermo in mezzo alla pioggia, fissava l’elsa della sua spada con aria seria.

Van non lo stava ascoltando. La sua mente era altrove, protesa verso Hitomi, quella che il popolo chiamava affettuosamente “la Veggente della Luna dell’Illusione”. Pensava a come dovesse stare, a cosa stesse facendo in quel momento sul suo pianeta e soprattutto se lo stesse pensando quanto lui pensava a lei.

- Vogliamo smettere per oggi, maestà? Mi sembrate un po’ fuori fase- disse l’istruttore, rinfoderando la spada.

- E’ sicuro che a lei non dia fastidio? – chiese il sovrano, richiamato alla realtà dalle parole dell’uomo.

- Certamente. Ci rivediamo qui domattina, mio re- disse l’uomo, inchinandosi prima di congedarsi da lui.

Un sorriso amaro si fece largo sul Van, che rimase fermo lì, sotto la pioggia, per qualche minuto.

Pensava a lei ed alla sua incapacità di contattarla. Sapeva che era strano, dato che quando lei andata via, nonostante il suo cuore desiderasse il contrario, era riuscito nel suo intento mentre in quel momento, quando il suo pensiero fisso era quello di poterla abbracciare di nuovo, non era in grado neanche di visualizzare la sua immagine.

Improvvisamente fu riscosso dal suo torpore da una mano che si posava sulla sua spalla. Era Merle.

- Signorino Van, vada a coprirsi. Se rimane qui vi prenderà un malanno.

- Hai ragione Merle. E’ meglio che rientri- disse Van, dedicando un sorriso alla gattina che gli era amica sin dalla più tenera età, una presenza che l’aveva sostenuto in più di un momento difficile e una ragazza con cui poteva parlare di Hitomi in completa libertà.

Le passò un braccio attorno alle esili spalle e la strinse a sé per un attimo, poi corse verso il palazzo, seguito a ruota da Merle.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2: Il Treno del Destino ***


Nota del 18/09/2006

Nota del 18/09/2006

Ringrazio tutti quelli che hanno recensito.

Questa era la mia prima fanfiction, datata 2001, che adesso sto epurando da errori di ortografia e strafalcioni vari.

E’ completa, non preoccupatevi, ma il lavoro di revisione va un tantino a rilento.

Piano piano aggiungerò tutti i 22 capitoli di questa storia ed i 15 del seguito.

 

Capitolo 2

Il Treno

Del Destino

 

Ben presto una fitta pioggia aveva preso ben presto il posto del sole nei cieli sopra la città dove abitava Hitomi, costringendo le ragazze a interrompere l’allenamento prima del solito.

Yukari, che abitava non molto lontano dalla scuola, aveva atteso che Hitomi finisse di cambiarsi poi, dopo averle ricordato a quale ora dovesse presentarsi a scuola il giorno dopo, era tornata a casa di corsa, lasciando l’amica da sola.

Hitomi, abitando non così vicino alla struttura, aveva deciso di tornare a casa in treno, per evitare di bagnarsi come un pulcino durante il lungo tragitto che la separava da casa sua. Nonostante la distanza tra casa e scuola potesse essere coperta anche con l’autobus, Hitomi preferiva la ferrovia, che era un pochino più costosa ma che la trasportava a minor distanza da casa sua ed in un tempo minore.

Seduta su una panchina della stazione, Hitomi ripensò alla serie di eventi che l’aveva costretta a partecipare a quella gara.

Era guarita dall’influenza poco più che una settimana prima, ma questo non sarebbe stato un problema se si fosse trattato di una banale influenza.

Era stata ricoverata in ospedale per qualche giorno per via della febbre altissima e dei problemi a livello respiratorio, ma era accaduto quando era già stata iscritta, e, avendo preso un impegno con Yukari, non poteva tirarsi indietro.

Come spesso le ripeteva l’amica, era lei la punta di diamante della squadra d’atletica leggera, ed anche se non era in ottima forma aveva buone possibilità di vincere.

Appena arrivò il treno Hitomi, ancora soprappensiero, salì meccanicamente sul primo vagone che trovò, l’ultimo del convoglio.

A quell’ora non c’era nessuno in giro ed il vagone era completamente vuoto, solo per lei, così si sedette su un sedile accanto ad un finestrino e chiuse gli occhi, sperando che la sua mente si decidesse a calmarsi.

Hitomi si era allenata duramente per tutto il pomeriggio, sia per testare le sue possibilità sia per non pensare troppo a Van.

Purtroppo sia allora sia nel tragitto tra la scuola e la stazione dei treni che in quello stesso momento, pensava intensamente al giovane re di Fanelia.

Erano trascorsi pochi minuti dalla partenza quando Hitomi aprì gli occhi e si voltò verso il finestrino.

Fu allora che vide qualcosa d’orribile all’esterno della carrozza.

- Fa che sia una visione… Fa che possa intervenire…- si disse tra sé e sé immediatamente Hitomi.

Davanti ai suoi occhi c’era un’immagine mostruosa. Vedeva un luogo a lei familiare, la sua città, mentre pioveva fitto. Quella, però, non era normale acqua piovana, ma sangue, molto sangue, che ricopriva tutto di un vermiglio strato di morte, mentre delle fiamme continuavano a salire su per i tetti delle case. Dal treno non riusciva a udirle ma, vedendo tanti esseri umani muoversi in fretta con il volto contratto, comprese che in molti stavano gridando. 

Hitomi toccò il vetro freddo e in quel momento, quasi il freddo la destasse dal torpore, la visione finì ed Hitomi si ritrovò di nuovo nel normale vagone, tremante e madida di sudore freddo, con il cuore che balzava con forza contro le costole.

- Nnnnnnnnnnnnnnnnnnnoooooooooooooooooooooooooooooooooo!

Il grido di Hitomi era udibile solo da lei, chiuso nella sua mente, ma non per questo era meno straziante guardare i suoi occhi, specchi di quella muta disperazione.

La pioggia cadeva a catinelle mentre il treno proseguiva il suo viaggio sopra un ponte che attraversava un’insenatura della costa, percorrendo sul mare per circa duecento metri.

Le grandi onde che sbattevano contro i piloni di legno erano alte e forti a causa della pioggia.

Fu allora che uno dei piloni cedette.

Il pilone in questione in quel momento sorreggeva la parte posteriore del treno, così questa parte del convoglio fu la prima a sprofondare verso il mare, che si trovava almeno venti metri più in basso. 

Hitomi sentì uno schianto tremendo dall’esterno ed improvvisamente il pavimento del vagone le mancò da sotto i piedi mentre s’inclinava e fu solamente grazie ad i suoi pronti riflessi ed al suo sangue freddo che riuscì ad aggrapparsi ad uno dei sostegni, prima che il vagone finisse in verticale.

I vagoni che ora penzolavano nel vuoto erano ancora attaccati alla parte anteriore del treno, ma il punto di connessione era troppo sottile per riuscire a sorreggere il peso dei vagoni.

Hitomi, aggrappata a quel palo, era terrorizzata. Dall’esterno le giungevano i rumori cigolanti del metallo che si stava spezzando lentamente, mentre il vagone dondolava sempre più.

Ad un tratto vi fu uno scatto improvviso del vagone verso il basso, mentre il metallo continuava a lacerarsi come se fosse una semplice striscia di stoffa. Ormai la caduta dei vagoni nella fredda acqua marina era questione di pochi minuti, se non di secondi.

Quell’improvviso scossone fece allentare la presa di Hitomi sul palo, ma non lo lasciò andare, decisa a resistere fino a quando l’ultimo briciolo di forza non fosse svanito.

La situazione sembrò farsi stazionaria per quanto riguardava lo staccarsi del vagone ma Hitomi oramai era stremata e sapeva che non sarebbe riuscita a resistere ancora per molto né sarebbe riuscita a muoversi verso l’alto, in direzione del portello.

- E’ la fine per me - si disse, ormai completamente demoralizzata e con le spalle ormai a pezzi  – Tra poco sarò soltanto un ricordo.

Lentamente le dita scivolarono via e, dopo un ultimo sforzo disperato, lasciò completamente la presa.

Hitomi cominciò a cadere nel vuoto e in quel momento le passò davanti ai suoi bellissimi occhi verdi la vita che aveva vissuto, ma l’immagine che le si fermò davanti agli occhi fu quella più appropriata: il ricordo di Van che le salvava la vita nella cava dei drag energist, il giorno in cui, per salvarla mentre cadeva giù in una profonda voragine, Van aveva spiegato le sue candide ali, rivelandole di essere un discendente della stirpe d’Atlantide.

- Van, ti prego, aiutami. Solo tu puoi salvarmi- sussurrò Hitomi mentre precipitava verso l’ignoto.

Una sola lacrima solcò il volto della ragazza a quel pensiero.

Sicuramente sarebbe morta schiantata contro il portellone del vagone o, se fosse sopravvissuta al duro impatto, sarebbe affogata dentro al vagone quando questo fosse precipitato in mare.

Hitomi non avrebbe avuto scampo se una colonna di luce azzurra non l’avesse portata lontano da quel luogo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Capitolo 3
Di Nuovo
Insieme


Sul regno di Fanelia quella notte pioveva.
Il grande temporale del pomeriggio si era smorzato in una fitta pioggia che bagnava le campagne, donando prezioso nutrimento alle colture in via di maturazione.
Van, dopo aver fatto una sontuosa cena, stava disteso supino sul suo letto ad occhi aperti, immerso nei suoi pensieri. Stava riflettendo sulla sua attuale situazione, incapace di prendere sonno.
Davanti ai suoi occhi dondolava lentamente il ciondolo lasciatogli da Hitomi quando era tornata sulla Luna dell’Illusione, scandendo lo scorrere dei secondi che pian piano si tramutavano in minuti ed in ore.
Erano trascorsi parecchi mesi dalla loro separazione, aveva visto e conosciuto moltissime persone, alcune tra le quali erano le dame più ricche e più belle di Gaea ma nessuna era riuscita a fargli cambiare idea: Van aveva nella mente solo e soltanto la sua dolce Hitomi.
Non era mai riuscito a mettersi in contatto con lei durante quel lungo anno e gli dispiaceva di questo, visto che lei non aveva nessuna possibilità di contattarlo e quindi avrebbe potuto preoccuparsi.
Ad un tratto gli tornò alla mente una frase che Hitomi gli aveva detto e cioè che i sentimenti raggiungono sempre il cuore delle persone e che per questo poteva chiamarla anche con il pensiero.
In effetti una volta aveva funzionato ma da allora non aveva più provato davvero a contattarla.
Non l’aveva mai ammesso apertamente ma aveva avuto ed aveva tuttora paura che Hitomi non provasse più i sentimenti di un anno prima. A questo poi, con il passare dei mesi, si era aggiunto il pensiero che potesse essersi contrariata per il fatto che non si era più fatto sentire e che quindi l’avrebbe solo infastidita se avesse cercato di contattarla.
Per un istante prese in considerazione l’idea di concentrarsi e chiamarla. Desiderava ardentemente poter rivedere quegli occhi dolci ed il suo dolce sorriso, voleva abbracciarla di nuovo e non lasciarla andare mai più.
Era innamorato davvero della ragazza della Luna dell’Illusione ma il pensiero di poter vedere in quei vivaci occhi solo rabbia o, ancora peggio, delusione,lo fece desistere immediatamente.
Non aveva intenzione di rovinarle la vita costringendola a stare al suo fianco eppure desiderava davvero tanto poterla vedere di nuovo, solo per un istante…
Stava ancora rimirando il ciondolo, perso nel suo dilemma, quando quest’ultimo cominciò a brillare intensamente, come faceva quando si esprimeva un desiderio.
Lui, molto sorpreso da questo cambiamento, lo gettò a terra spinto dall’istinto.
Lui non voleva esprimere quel desiderio! O forse sì?
Era combattuto da settimane tra il suo desiderio di incontrarla nuovamente e la paura di vedere solo le ultime ombre di quella psedorelazione che avevano vissuto l’anno prima.
- Voglio vederla- sussurrò mentre il monile compiva la sua parabola discendente- Io voglio rivedere Hitomi.
Quasi nello stesso istante in cui il monile toccò il pavimento, una colonna di luce azzurra apparve all’interno della stanza ed in essa sentì un urlo agghiacciante che già conosceva e, quasi contemporaneamente, una figura femminile venne deposta sul pavimento.
Van immediatamente si sporse per vedere chi fosse stato trasportato nel suo mondo, sperando con tutto il cuore che la persona che era letteralmente piombata in casa sua fosse la stessa che aveva monopolizzato i suoi pensieri negli ultimi mesi.
Non rimase sorpreso quando vide una ragazza distesa a faccia in giù sul pavimento. Il fatto che indossasse un’uniforme scolastica uguale a quella che indossava abitualmente la ragazza proveniente dalla Luna dell’Illusione che gli aveva rubato il cuore gli dava conferma che si trattava proprio di Hitomi.
- Hitomi!Hitomi sono io! Mi senti?- gridò Van scendendo dal letto per avvicinarsi a lei, preoccupato per il suo silenzio.
Non appena fu più vicino a lei Van constatò che aveva perso i sensi e, con la maggior delicatezza possibile, la sollevò dal freddo pavimento di pietra per adagiarla sul suo letto, sperando che si svegliasse in fretta e che non avesse lesioni invisibili ad occhio nudo.
Nonostante il suo stato di incoscienza lo preoccupasse Van non poteva negare di essere davvero molto felice. Hitomi era finalmente tornata su Gaea.
Certo, aveva una brutta sensazione in fondo al cuore, quasi un presentimento di svenuta, che smorzava un poco il suo entusiasmo ma non per questo non era felice per l’arrivo imprevisto.
Rimase per alcuni lunghi minuti a osservarla, studiando ogni minimo cambiamento che il tempo aveva lasciato su di lei.
Alla fioca luce delle ultime fiamme del fuoco i suoi tratti apparivano più aguzzi e donavano un tono di maturità a quel volto dai tratti delicati. Quando l’aveva portata sul letto aveva sentito che il suo peso era sceso sensibilmente ed ora che l’aveva disteso sul suo grande letto poteva vedere quanto sottili fossero le sue dita e come il suo ventre fosse piatto.
Come guidato da una volontà superiore la sua mano destra si posò su quel volto pallido e l’accarezzò.
Forse fu proprio grazie a quel contatto che Hitomi, lentamente, riaprì gli occhi e si guardò attorno.
Ammetteva di trovarlo un po’ strano come paradiso.
Si trovava in una stanza illuminata da una fioca luce che proveniva da un camino, deposta su un letto senza altri fronzoli se non un baldacchino dal colore indefinibile. La stanza era piuttosto spartana, ammobiliata soltanto con quel letto, un grande e sobrio armadio in noce ed un tavolo con due sedie sul quale era posizionato un candeliere piuttosto ossidato. Le mura in pietra, il baldacchino che la sovrastava e l’arazzo sulla parete alla sua sinistra lo facevano apparire più come un castello medioevale piuttosto che come un luogo di eterni piaceri.
Lentamente i suoi occhi si spostarono verso la finestra.
Fu allora che Hitomi notò ciò che le fece capire che quello era il suo personale paradiso.
Van era seduto al suo fianco, il volto illuminato dalle fiamme del camino ed un lieve sorriso sul volto.
- Hitomi, come ti senti?- le chiese Van, rimasto in silenzio fino a quel momento.
- Van!- esclamò Hitomi, tirandosi su con l’ausilio delle braccia - Van, ti prego, dimmi che non sei solo una visione. Dimmi che sei reale e che non sono morta. Ti prego…
Tra i singhiozzi Hitomi gettò le braccia al collo di Van e cominciando a piangere con maggiore intensità, ignorando completamente la domanda postagli dal monarca.
- Hitomi…- fu l’unica parola che riuscì a sussurrare Van, poi l’abbracciò e la strinse a sé, in atto di protezione. Era rimasto sorpreso dalla sua violenta reazione: non l’aveva mai vista in condizioni del genere e gli si stringeva il cuore sentendola piangere sulla sua spalla, ma non poteva negare che quella situazione gli donasse anche un certo piacere. L’impulsivo gesto di Hitomi gli permetteva di stringerla a sé senza doverle dare alcuna spiegazione e senza provare alcun imbarazzo nell’accarezzare quella schiena squassata dai singulti.
Qualche minuto dopo, quando Hitomi riuscì a calmarsi abbastanza da smettere di piangere e lasciarlo andare, Van andò al camino e mise all’interno altra legna, donando così alla stanza un’aria più accogliente e permettendo ai due di studiare meglio quanto l’azione del tempo avesse modificato il loro aspetto.
- Grazie mille Van- sussurrò Hitomi, rivolgendogli uno sguardo pieno di gratitudine- Tu mi hai nuovamente salvato la vita.
- Che cosa intendi dire?- chiese Van, molto sorpreso dalle parole della ragazza.
Si avvicinò nuovamente a lei con aria preoccupata. Sperava tanto che il suo istinto l’avesse tradito quella volta, invece la sua sensazione si stava rivelando giusta.
- Van- disse Hitomi, cercando di essere il più calma possibile per evitare di causare troppe preoccupazioni a Van e controllare meglio le sue parole- per l’ennesima volta tu mi hai salvata, anche se non te ne sei reso conto. Tu desideravi che io tornassi qui su Gaea, non è vero?
Van, per un attimo, rimase sorpreso dalle parole della ragazza.
Sì, l’aveva desiderato ed avrebbe voluto gridarlo al mondo intero che desiderava stare con lei ma al tempo stesso si vergognava di affrontare quella tematica con Hitomi.
Era la prima volta che ammetteva un simile desiderio davanti a lei ed improvvisamente arrossì, imbarazzato per il dover fare un’ammissione del genere.
- Sì, è vero Hitomi. Volevo rivederti ed ho espresso questo desiderio.
- Anch’io avevo tanta voglia di rivederti, Van. Tantissima.
Quelle parole fecero sentire Van più leggero, come se un peso si fosse improvvisamente dissolto ed ora potesse respirare più liberamente. Adesso sapeva che Hitomi voleva rivederlo tanto quanto lui desiderava incontrarla nuovamente.
- Hitomi- disse, tornando alla discussione- cosa stava accadendo di tanto pericoloso da mettere a repentaglio la tua vita?
- Ero su un treno. Stavo tornando a casa dopo gli allenamenti. Molto presto si terrà una gara ed io ero tra i partecipanti. Durante il tragitto in treno ho avuto un’orribile visione, Van.
- Che cosa accadeva? Nuovi nemici all’orizzonte per Gaea?
Hitomi sorrise debolmente.
- No, non sono nemici per te, Van. La visione riguardava la mia città. Presto accadrà qualcosa di terribile nel mio mondo. Non so esattamente di cosa si tratterà ma sarà orrendo.
Portò una mano alla bocca per trattenere un conato di vomito che quel pensiero le provocava.
- Ho visto… ho visto fiumi di sangue. E fiamme alte. Forse si trattava di una guerra… ma non ne sono sicura.
- C’era qualcosa di strano?
- No- disse Hitomi, scuotendo il capo- E’ una sensazione. Una bruttissima sensazione.
- Deve essere stato davvero orribile per te vedere tutto ciò - disse Van con aria dispiaciuta - Poi cosa è accaduto? Dai tuoi racconti mi è parso di capire che quello che tu chiami treno è una specie di grande carro con un uomo che lo conduce.
- Sì, un treno è più o meno questo. Devi sapere che sulla mia città pioveva moltissimo. Il treno stava transitando su un ponte ed io ero da sola nella carrozza. Non ne sono sicura, ma penso che abbia ceduto un pilone ed io mi trovavo proprio nello scompartimento dopo quella sotto la quale aveva ceduto il pilone. Il ponte ha ceduto e la parte terminale del treno è finita a perpendicolo sull’oceano. Mi sono aggrappata ad un palo ma sapevo che non ce l'avrei fatta a resistere a lungo. Ultimamente la mia forma fisica non è delle migliori.
- Cosa sarebbe accaduto se tu avessi lasciato la presa?
- Ho rischiato di cadere prima contro il portello del vagone. Mi sarei come minimo rotta qualcosa se fosse accaduto e in ogni caso il vagone sarebbe caduto in mare e sarei affogata di certo. Per questo, mentre cadevo verso il portello, ho sperato di poterti rivedere. Stavo per morire.
-Come hai fatto ad utilizzare il potere d’Atlantide a distanza? Insomma, se ne sei capace, potevi contattarmi.
- Non credo che il mio arrivo qui sia stato esclusivamente merito mio. L’abbiamo pensato insieme ed è per questo che adesso mi trovo qui. Sono stati i nostri desideri congiunti a permettermi di arrivare qui.
- Vedi… io l’ho desiderato davvero soltanto dopo aver visto il ciondolo iniziare a brillare.
- Non pensavi a me?
- Sì. Certo che ti pensavo… ma non ero sicuro di volerlo veramente. Avevo paura che tu… che tu mi odiassi per non averti mai contattata o che non volessi vedermi perché sulla Luna dell’Illusione avevi una tua vita. Cerca di capire, Hitomi. Io…
- Lo capisco. Anche io ho avuto questi dubbi e adesso sappiamo che sbagliavamo ad aver paura che la distanza potesse farci dimenticare l’uomo dell’altra. Mi sei mancato moltissimo. Sai, in quel momento, mentre cadevo, mi è tornato alla mente un ricordo molto simile a quello che mi stava accadendo e mi sono ritrovata qui.
- Il giorno in cui sei caduta in una frattura del terreno in quel cimitero di draghi ed io ti ho salvata mostrandoti le mie ali.
- Esatto Van, proprio quel ricordo.
Per un paio di minuti i ragazzi si guardarono, poi Hitomi sorrise debolmente e si mise a sedere sul letto.
Van la vide improvvisamente vacillare e subito si parò davanti a lei per sorreggerla, in modo tale che non potesse cadere sul pavimento.
Quando le mani di Van passarono attorno alla sua vita e la fronte di Hitomi, calda, si posò su quella di Van il mondo improvvisamente cambiò.
Entrambi arrossirono mentre sentivano il respiro dell’altro sulla pelle, le labbra vicine come mai prima di allora e gli occhi completamente persi in quelli della persona di fronte. Nessuno dei due riusciva a parlare, timorosi che quella magia potesse essere rotta da un qualche suono fuoruscito dalle loro labbra.
La magia fu rotta da Merle. La ragazza gatto entrò in camera di Van dalla finestra, visto che era uscita fare una passeggiata subito dopo la cena e rimase di sasso. La sua sorpresa non fu poca vedendo una donna tra le braccia del suo signorino Van, che tanto aveva sofferto per la veggente della Luna dell’Illusione.
Istintivamente il pelo sulla sua schiena si rizzò e delle affilatissime unghie spuntarono dalle dita.
Con il massimo del silenzio scivolò nella stanza appiattendo le orecchie e si avvicinò al letto. Non poteva credere ai suoi occhi. Van sembrava perso nello sguardo di una tizia così simile a Hitomi che se non fosse stato impossibile che si trattasse di lei avrebbe potuto scambiare per la nemica di vecchia data.
Era a poco meno di tre metri dai ragazzi quando si rese conto che si trattava davvero di Hitomi e che, se prima stava interrompendo un tradimento di Van ai danni di Hitomi, adesso stava rovinando il loro primo incontro da un anno a quella parte.
Lentamente rinculò verso la finestra e sarebbe riuscita a uscire senza essere notata se non fosse stato per il ciondolo. La parte di metallo aguzzo si infilò nel cuscinetto della delicata mano destra e la donna non poté evitare di imprecare per il dolore.
I ragazzi si voltarono improvvisamente verso di lei.
- Ops, scusate se ho interrotto, continuate pure. Io vado a farmi un altro giretto.
A quelle parole i ragazzi passarono dal un lieve rossore ad un colore viola acceso.
Fu Van il primo che riuscì a spiccicare parola, lasciando andare Hitomi in fretta. Si vergognava molto per essersi fatto trovare in simili atteggiamenti con la ragazza. Era normale che accadesse qualcosa tra loro dopo quel periodo di separazione, ma questo qualcosa non doveva certo diventare di dominio pubblico e Merle era celebre per la sua capacità di rendere di dominio pubblico ogni segreto.
- No, Merle, non interrompi niente di ciò che stai pensando- spiegò, evitando di guardare la ragazza che ridacchiava vicino a lui- Hitomi era solo inciampata.
Il volto di Merle si illuminò.
- Allora posso festeggiare il ritorno di Hitomi- disse, catapultandosi sul letto e leccando con energia la faccia di Hitomi.
Lei sì che è veramente cambiata si disse Hitomi mentre la guardava.
In quell’anno Merle era cresciuta davvero moltissimo. Innanzitutto era diventata più alta e snella, con i suoi capelli rosa si erano allungati moltissimo, fin sotto i fianchi, era vestita in modo notevolmente più curato, ma ciò che colpì maggiormente Hitomi fu la straordinaria somiglianza di Merle con Naria, la donna leopardo.
- Merle, che concime ti hanno dato quest’anno? - chiese sorridendo, anche se forzatamente, Hitomi alla giovane donna-gatto.
Merle sorrise, poi si rivolse a Van:
- Sono così felice per voi, Signorino Van! Finalmente ci siete riuscito a riportarla su Gaea. Mi dica, che cosa avevate sbagliato nel procedimento?
Hitomi rise lievemente, vedendo Van arrossire un po’ a quell’uscita di Merle, poi prese la parola.
- No Merle, non è stato Van a portarmi qui, o perlomeno non volontariamente. E’ stata una fortunata coincidenza.
- Che cosa intendi dire, Hitomi, con le parole non volontariamente? Come ha fatto allora il signorino Van a portarti qui dalla Luna dell’Illusione? E cosa intendi dire con fortunata coincidenza? Mi spiegate che cosa è successo, visto che non ho ancora capito nulla di tutta questa storia.
Van notò che Hitomi era davvero molto stanca, oltre che molto demoralizzata, così intervenne nella discussione.
- Merle, adesso basta. Hitomi ha avuto una giornata piena e deve essere molto stanca. Sarà meglio continuare la discussione domattina.
Lo sguardo che la gatta rivolse al suo re fece sorridere Hitomi: Merle non voleva affatto lasciar perdere e cercava di convincerlo facendo leva sulla tenerezza che potevano provocare quei suoi grandi occhi blu.
Non era gelosa del bel rapporto che si era instaurato tra Van e la gatta, sapeva che molto probabilmente di lì a qualche giorno avrebbe saputo quanto Van si fosse appoggiato a quell’amica intima per superare la nostalgia ed apprezzava Merle anche per questo. Sapeva che per lei Van non era un semplice amico o un semplice re; era un fratello a cui era legata in modo quasi morboso ed il fatto che non avesse fatto una scenata di gelosia di fronte alla scena che si era presentata di fronte quando era entrata nella stanza le faceva onore.
Il suo celebre sguardo da spezzare il cuore, però, quel giorno non riuscì a far cambiare idea al re ed alla fine sospirò e si voltò verso Hitomi, delusa.
- Purtroppo ha ragione il signorino Van. Ci vediamo domattina, Hitomi. Ti fermerai qualche giorno, vero?
La ragazza annuì poi rivolse lo sguardo a Van. Intimamente sperava che lui si fermasse qualche minuto in più, con una scusa qualsiasi. Non voleva implorarlo davanti a Merle e, per dirla tutta, non voleva neanche implorarlo perché non voleva che lui restasse lì perché provava pietà per la sua condizione. Non voleva ammettere che il solo pensiero di chiudere gli occhi la paralizzava e stringeva il suo stomaco in un forte nodo. Aveva paura di rivedere quello scempio, quella landa di dolore che la sua visione aveva mostrato come ipotetico futuro della sua città.
- A domani, Hitomi- disse Van, incamminandosi verso la porta mentre la gatta lo seguiva.
- Buonanotte Van- disse Hitomi, simulando dietro un pallido sorriso la paura e la delusione.
Van si stava incamminando verso il suo studio quando Merle gli tagliò la strada. Aveva l’aria di volergli graffiare un polpaccio e Van decise di non rischiare di scoprirlo.
- Signorino Van! - lo rimproverò Merle – Perché le date la buonanotte in questo modo così freddo! Insomma, non la vedete da un anno e questo è il massimo che riuscite a dire! Io proprio non vi capisco! E poi aveva l’aria strana. Non stava bene e per capirlo non c’era bisogno di uno spirito di osservazione molto acuto. Voleva restare sola con voi, signorino Van, e magari anche riprendere quello che avevate interrotto, come mi pare giusto che facciate dopo un anno intero di separazione.
Van, che già era cupo, abbassò gli occhi e le fece cenno di seguirlo nello studio.
Appena Van ebbe chiuso la porta alle sue spalle, disse:
- Merle, stasera non era proprio serata di discorsi del genere per Hitomi, per questo non le ho rivolto un saluto più caloroso. Tu lo comprendi perfettamente che mi è costato davvero molto non rivolgerle il saluto così come avrei voluto ma stasera è stato molto meglio così.
- Come mai, signorino Van? Che cosa le è accaduto da rendere questa vostra necessità in secondo piano? Non capisco- disse Merle, sorpresa da quella dichiarazione.
- Merle, non dovrei essere io a parlartene ma se vuoi capire come mai non ho affrontato l’argomento: Hitomi ha avuto una visione.
- E allora? Non è mica la prima volta che succede che abbia una visione del futuro. Ormai dovrebbe essersi abituata.
- Certo, ma è la prima volta che una sua visione riguarda il suo mondo. Da quanto mi ha detto è stata una visione di totale distruzione della sua città.
- Ora capisco come mai non avete accennato a cose del genere questa sera ma qualcosa di più caloroso potevate farlo.
- Purtroppo non è tutto: Hitomi ha anche rischiato di morire questa sera ed è solo grazie al potere d’Atlantide ed ai miei pensieri su di lei che lei ora è salva e si trova qui.
- Adesso capisco il perché è stata una fortuna! Povera Hitomi! Deve essere stata proprio un’orribile giornata per lei - disse Merle – Ma se permette signorino Van, vorrei darle un consiglio dal profondo del cuore. Lei sa perfettamente che io voglio sia il vostro bene che quello di Hitomi, per questo la prego di accettarlo.
- Dimmi pure Merle. Tu sei la nostra amica più fidata e i tuoi consigli sono sempre preziosi.
- Io vi consiglio di starle molto vicino in questi giorni e non di trattarla con freddezza. Non dico farle dichiarazioni d’amore spassionate, ma la prego di combattere la vostra timidezza e di comportarvi con calore. Deve stare davvero molto male, e l’unico che possa tenerla su di morale è lei, per questo vi consiglio di rimanere al suo fianco, soprattutto stanotte. Sarà terrorizzata, poverina.
Van rimase in silenzio per qualche secondo.
- Hai ragione tu, Merle. Non posso lasciarla sola dopo tutto quello che ha passato.
- Non dimenticatevi che la vostra Merle ha sempre ragione - disse la donna-gatto sorridendo maliziosamente – Ma ora corra da lei.
- Grazie tante Merle. Se non ci fossi bisognerebbe inventarti- disse Van sfrecciando fuori della stanza.
Rimasta sola nella stanza Merle tirò un sospiro. Non era affatto tranquilla
Dire che le vuole bene dell’anima è dir poco! Hitomi, spero che tu ti renda conto del grandissimo tesoro che hai. Per favore, non spezzargli il cuore un’altra volta. Non potrebbe sopportarlo.
Poi aprì la finestra e uscì dalla stanza.
Van corse velocemente sino alla porta, poi, con molta cautela, la aprì ed entrò nella stanza.
- Chi è?- chiese Hitomi, balzando su come se l’avessero punta.
- Non preoccuparti, sono io - disse Van a bassa voce - Stavi dormendo? Se è così ti lascio riposare…
- Non dormivo.
- Come mai? Dovresti essere davvero stanchissima dopo la giornata che hai passato.
- Hai ragione Van. Dire che sono davvero esausta è dir poco, ma ogni volta che chiudo gli occhi … Ogni volta che chiudo gli occhi mi si parano davanti quelle orribili immagini e non posso proprio fare a meno di riaprirli. Non riesco proprio ad addormentarmi con quelle immagini davanti agli occhi. Ho paura che possano diventare realtà… non voglio che succeda questo e so che forse non accadrà perché il destino non è prestabilito… ma non riesco a dormire. Non ce la faccio, Van.
- Capisco. Anche a me è successo.
- E’ stato quando fu distrutta Fanelia, vero?
- Sì.
- Mi dispiace riportarti alla memoria tutti quei brutti ricordi, Van. Mi dispiace moltissimo.
- Non preoccuparti Hitomi.
- Tu lo puoi dire quanto vuoi ma io non posso non sentirmi in colpa per cià che è accaduto. Ti sono caduta qui tra capo e collo, senza sapere davvero come possa essere accaduto, e ti racconto tutte queste cose riportando alla luce vecchi ricordi. Non vorrei farlo, davvero…
- Non fa niente. Sono io quello che desidera aiutarti. Tu hai fatto lo stesso per me un anno fa.
Hitomi cercò di sorridere ma tutto ciò che riuscì a fare fu una smorfia amara.
- Van, in questo momento sai che cosa avrei voglia di fare?
- No, Hitomi.
- Avrei voglia di tornare sulla Terra. Forse potrei ancora salvarla dal suo crudele destino.
- Credi di essere in qualche modo collegata a tutto ciò?
- Non lo so, Van. Ma devo tornare sul mio mondo.
I due rimasero intrappolati per qualche secondo in un imbarazzante silenzio, poi Van si avvicinò al letto, si sedette sul bordo di quest’ultimo e le disse:
- Ricordati Hitomi che io sarò sempre al tuo fianco, qualsiasi cosa accada e che con me tu ti potrai sempre sfogare. Io ti voglio bene.
- Anch’io Van. E tanto.
In quel momento Van si rese conto che gli occhi di Hitomi si stavano riempiendo di grosse lacrime.
Vedendo le lacrime, la strinse dolcemente a sé, e lei fece lo stesso, scoppiando di nuovo in lacrime e singhiozzi sulla sua spalla.
Rimasero stretti in quel modo per moltissimi minuti e Van si sciolse da quel lungo abbraccio solo quando si accorse che Hitomi, ormai sfinita, si era finalmente addormentata. Non potendo permettere che Hitomi rimanesse in quella posizione per il resto della notte, la prese tra le sue braccia, poi, delicatamente la adagiò di nuovo sul letto, le rimboccò le coperte, si sedette su una sedia di vimini accanto al letto e depose la sua mano su quella di Hitomi per farle sentire che le era sempre vicino.
Van, anche lui molto stanco, si addormentò su quella sedia, ma il destino volle che la sua mano non scivolasse mai da quella di Hitomi, come se, anche nel sonno, sapesse che la ragazza ne aveva bisogno.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Capitolo 4

Van si svegliò alle prime luci dell’alba, quando Hitomi giaceva ancora addormentata sotto le coperte.
Van, nonostante fosse intorpidita, non mosse la sua mano. Desiderava evitare che Hitomi si potesse svegliare solo perché a lui formicolava un po’ l’estremità.
Pochi minuti dopo Merle s’introdusse di soppiatto nella stanza.
- Allora, come sta oggi?- sussurrò Merle, seduta sul davanzale.
- Non lo so. Era davvero molto scossa per l’accaduto ma è forte quindi ha reagito molto bene- disse sottovoce Van.
- In che senso?- gli chiese Merle.
- Vuole tornare sulla Terra e fermare la distruzione- rispose.
- Lei sulla Terra non è una semplice ragazza di sedici anni?
- Merle, in effetti hai ragione ma non posso arrendermi. Se ho visto quel futuro è perché posso e devo fare qualcosa per impedire che diventi la realtà del mio mondo- disse Hitomi.
- Sei sveglia!- disse sorpreso Van.
- Sì, lo ero dall’inizio della vostra conversazione- disse Hitomi, alzandosi a sedere sul letto- Non volevo origliare ma non sapevo come fare per non interrompervi...
- Non avresti dovuto preoccuparti di questo. Stavamo parlando di te!
Hitomi annuì.
- Adesso puoi parlarmi quindi di ciò che è accaduto.
La ragazza guardò la donna-gatto, annuì nuovamente e prese fiato.
- Non importa dove mi trovavo, Merle, né come sono arrivata qui. Tutto ciò che ha importanza è che ho visto la mia città bruciare e fiumi di sangue scendere dal cielo. Il mio mondo era completamente devastato ed è stata una sensazione forte quanto le mie visioni qui su Gaea.
Era una visione, di questo ne sono più che sicura.
- Ma è solo una sensazione, giusto?- disse Van.
- Sì, una sensazione. E allora?- disse Hitomi, intuendo qualcosa nella voce di Van.
- Quindi non era una vera e propria visione.
- Ma si avvicinava parecchio… dove vuoi andare a parare, Van?
L’uomo si morse il labbro inferiore poi sospirò e parlò.
- Volevo dire… se non era una vera e propria visione potrebbe non corrispondere reale, Hitomi. Potrebbe essere qualche reminescenza di quando sapevi che con il potere d’Atlantide potevi essere un pericolo per l’incolumità di Gaea, oppure di quando eri la causa della guerra contro Zaibach. Sappiamo bene quanto tu ti sia sentita in colpa per ciò che è accaduto, anche se involontariamente, a causa tua. In ogni modo, sia che questa sensazione si rivelasse reale che no, non credo che dovresti tornare sulla Luna dell’Illusione. Il tuo mondo potrebbe essere pericoloso in questo momento, almeno in questo momento- disse Van.
Hitomi si fece immediatamente scura in volto.
- Che cosa vorresti dirmi, Van Slanzar de Fanel? Che fino a quando ero la sconvolta ragazza che aveva appena sfiorato la morte potevi essere d’accordo con me ma quando il mattino dopo, presupponendo che sia più calma e razionale, dovrei trovare giusto lasciare che distruggano tutto mio mondo solo perché io, quella che potrei salvarlo, sono qui al sicuro? Posso comprendere la tua preoccupazione per me, ma in qualsiasi caso devo tornare sul mio pianeta, almeno per avvertire la mia famiglia del pericolo. Non posso fare altrimenti, Van, e tu lo sai.
- Allora verrò anch’io con te - disse Van – Se vuoi tornare in quel posto io starò al tuo fianco e ti difenderò se la situazione dovesse peggiorare.
- Mi dispiace Van ma non posso permetterlo. Questo è un mio preciso dovere e solo io devo adempierlo - disse Hitomi – Ti chiedo solo di permettermi di tornare sul mio mondo tramite il ciondolo.
- Ma non capisci che ti voglio aiutare?- disse Van, leggermente adirato.
- Lo capisco, e so anche che potresti essermi di molto aiuto - disse con calma Hitomi – Ed è proprio questo il motivo per cui non posso permetterti di venire insieme a me sulla Terra.
- Ma perché?- gridò Van.
- Io finirei per appoggiarmi a te, e non posso permettere che ciò accada. Non posso permetterti di rischiare la vita. Il tuo posto è qui, nel regno di Fanelia, a vegliare sul tuo popolo. Sei un re adesso ed il tuo regno ha bisogno di te- disse Hitomi con aria molto seria.
Poi, con decisione, si alzò ed uscì con passo calmo e spedito dalla stanza.
- Aspetta Hitomi!- gridò Van, affacciandosi dallo stipite della porta, ma riuscì solo a vederla svoltare nel corridoio mentre correva in direzione del parco del palazzo.
Merle, che non si era espressa in merito a questa faccenda, non salutò neanche il re: balzò rapidamente sull’albero di fronte alla finestra e scese agilmente, in modo da poter raggiungere Hitomi o almeno sapere dove stava andando.
La trovò seduta sulla sponda del piccolo laghetto del parco, appoggiata al tronco di uno dei tanti alberi che lo costeggiavano, con le ginocchia raccolte al petto e il mento appoggiato ad esso.
Merle si avvicinò lentamente a lei e si sedette al fianco. Dopo qualche minuto di pesante silenzio, Merle prese fiato. Voleva parlare chiaramente a Hitomi, anche a costo di ferirla.
- Hitomi- esordì- Capisco perfettamente ciò che provi, ma non devi torturarti in questo modo. Sono sicura che la tua visione non si realizzerà se il signorino Van verrà con te per darti una mano.
- Merle, lui non verrà con me- disse seria Hitomi, senza sollevare nemmeno la testa.
- Ma perché non vuoi che venga con te? Lui ti potrebbe essere di grande aiuto. L’hai detto tu stessa.
- Allora neanche tu riesci a capire?!- disse Hitomi, e solo allora Merle si accorse che stava piangendo.
- Hitomi, io ci provo, ma non riesco a comprendere come mai tu ti sia intestardita in questo modo. Salveresti sicuramente il tuo mondo se ci fosse anche lui con te- disse Merle con tono dispiaciuto.
- E se magari non ce la facessimo? Hai pensato a questo? - disse disperata Hitomi, sollevando di scatto la testa e protendendosi verso Merle - Hai pensato che se nel tentativo di salvare il mio mondo lui morisse questo regno perderebbe il suo re? A me non resterebbe nessuna ragione per continuare a vivere ma per questo popolo? Non esisterebbe più la dinastia De Fanel ed io non voglio che questo accada. Se questo non fosse sufficiente… io lo amo Merle ed è anche per questo che non posso permettergli di morire per il mio mondo. Van ha il diritto di vivere, di avere una vita lunga e felice. Se sulla Terra lui dovesse morire io non potrei mai perdonarmelo.
Detto questo riappoggiò la testa sulle ginocchia, mentre altre grosse lacrime le rigavano il dolce viso.
- Hitomi …- disse piano Merle, comprendendo a pieno lo stato d’animo della ragazza.
- Mi capisci ora, Merle?- chiese debolmente Hitomi.
- Sì, ora capisco il motivo per cui non vuoi che ti segua e sono motivi molto validi… ma lascia che ti racconti un fatto molto importante su Van- disse Merle, guardando la ragazza accanto a sé con aria seria.
- Dimmi pure Merle- disse Hitomi, asciugandosi le lacrime dagli occhi con una manica della camicetta.
- Van è stato molto male quando sei partita. Non si esercitava più come prima con la spada, era sempre svogliato e con la testa tra le nuvole, non mangiava quasi più. Non si è mai ripreso completamente dalla vostra separazione. E’ stato visitato dai migliori medici di Gaea, ma non c’è stato nulla da fare, non era una malattia, ma la tua nostalgia a ridurlo in quel misero stato. Ora invece è tornato se stesso. Lo vedo dai suoi occhi. C’ è di nuovo il vero Van in lui e questo solo perché ci sei tu.
- Che cosa intendi dire Merle?
- Intendo dire che Van ti vuole così bene che il rischio di morire per te non lo spaventa minimamente, Hitomi. E ti chiedo di rinunciare a questo folle piano, sia che tu sia sicura che quello che hai visto fosse una visione sia che fosse solo il parto della tua mente. Se tu provi almeno la metà dell’amore che Van prova per te puoi capire perché non dovresti partire, men che meno da sola. Hitomi, per favore, non spezzagli il cuore un’altra volta, perché se lo farai non ci sarai tu a raccogliere i cocci del suo cuore ma la sottoscritta. E non è affatto un bello spettacolo, credimi.
Il volto di Hitomi rifletteva perfettamente quanto fosse contrariata.
- Ma che cosa credi Merle? Che io non abbia sofferto? O che non ami abbastanza Van? - gridò, tra le lacrime, Hitomi, voltando la testa per guardare in volto l’amica dalla folta pelliccia - Se è così, ti sbagli di grosso. Tu non sai cosa ho passato io. Ed i cocci del mio cuore la sottoscritta li ha dovuti raccogliere da sola, fare finta di stare bene con l’unico obiettivo di non far preoccupare amici e parenti, mangiare anche quando lo stomaco sembra contenere un macigno. Io non avevo neanche la possibilità di entrare in contatto con voi, Merle, e non ricevendo messaggi da parte di Van io mi sono sentita male, persa, distrutta da questa distanza. Poteva essere accaduto di tutto qui ed io ero costretta a stare sulla Terra, impotente, ad aspettare un vostro segno di vita.
- Tutto qui?
Il tono di sfida della giovane donna gatto irritò ancora di più Hitomi.
- No, non è tutto qui. Sono stata anch’io nelle stesse condizioni di Van. La sola differenza tra me e lui è che io non potevo parlare di lui con nessuno. Io dovevo correre, studiare, essere una brava ragazza per non deludere tutte le persone che avevano fiducia in me. Ma sai come stavo davvero io? Conosci cosa c’era dietro i miei sorrisi o cosa si nascondeva nelle mie gambe mentre le spingevo al massimo su una pista di atletica? Io dentro mi sentivo morire perché stavo lì, impotente, ad aspettare e sperare che Van fosse in salute, che tu fossi felice e che questo mondo esistesse ancora. Non potevo sapere cosa accadeva qui, non avevo più vostre notizie e non potevo neanche appellarmi ad un ciondolo che esaudisce i desideri. Ho avuto paura per voi, che vi fosse successo qualcosa di brutto ma per te questo non ha la minima importanza, Merle. Tu pensi solo al tuo adorato signorino Van e a come stava male… non hai mai pensato a cosa provavo io in quei giorni. Io sono felice quanto Van di averlo ritrovato ma adesso il mio mondo rischia di finire, io lo so ma per egoismo voi vorreste che io rimanessi qui, al sicuro, mentre la mia famiglia è in pericolo. No, non posso accettarlo come voi non potevate accettare che la vostra amata Fanelia venisse rara al suolo da Zaibach!
- Scusami Hitomi se sono stato così ottuso nonostante tu mi avessi già detto chiaro e tondo come mai volevi tornare lassù. Sai, ora ho capito perché non vuoi che venga con te sulla Luna dell’Illusione - disse Van, sorridendo lievemente mentre si spostava da dietro una quercia, suo nascondiglio, per mostrarsi ai due esseri viventi di sesso femminile- Ma tu cosa hai fatto la volta scorsa? Non sei andata nell’impero di Zaibach con mio fratello Folken nonostante sapessi come la pensavo riguardo questo tuo intento? Allora io farò come te, che ti piaccia oppure no. Se quello è il luogo che tu vuoi difendere io verrò con te e sarò il tuo braccio armato e la tua assicurazione. Tu non sai combattere con la spada mentre io sì. Se è davvero un luogo tanto pericoloso è meglio che io sia con te per proteggerti.
- Va bene Van, hai vinto. Hai ragione quindi se vuoi venire con me sulla Terra, vieni pure- disse stancamente Hitomi, ormai sconfitta dalla loro opprimente pressione.
Van sorrise, sollevato per aver finalmente convinto Hitomi a portarlo con sé.
- Avrei bisogno di parlarti in privato. Posso?
Hitomi annuì, poi si alzò ed avvicinò a lui.
- Non ti dispiace, vero Merle?- chiese Van alla fedele amica.
Merle scosse il capo e con agili balzi la ragazza-gatto si allontanò, lasciando soli Van e Hitomi, l’uno accanto all’altra vicino all’albero.
- Mi dispiace di quello che ho detto, Hitomi- disse subito Van- Sono stato uno stupido e ti chiedo scusa per aver messo in dubbio le tue parole e ferito i tuoi sentimenti… Hitomi, ti senti bene?
Hitomi non rispose, ma si lasciò scivolare contro il tronco dell’albero fino a sedersi.
La ragazza non aveva una bella cera: gli occhi, fissi in un punto indefinito dell’ampio parco, le si erano gonfiati ed arrossati; i capelli erano così bagnati dalle lacrime e dal sudore che le si erano incollati al viso a ciocche irregolari; respirava poco e male; e, a causa della colorazione pallida della sua carnagione e del sudore che le imperlava la fronte, dava l’impressione di essere completamente sfibrata.
Van, vedendola in quello stato pietoso, si sedette accanto a lei.
- Hitomi… se qualcosa non va dovremmo parlarne- sussurrò. Ma lei non rispose.
Van, nel tentativo di trasmetterle un po’ di calore umano e farle capire che non doveva tenergli il broncio, le passò un braccio sulle spalle, e fu allora che si accorse che il collo della ragazza si stava coprendo di un sudore freddo e appiccicaticcio.
I suoi occhi erano vuoti, distanti, fissi nel vuoto.
- Hitomi… tu stai male!
Il suo respiro accellerò rapidamente e gli occhi iniziarono a muoversi da un lato all’altro, rapidi come se stessero seguendo una partita di ping pong.
Van posò una mano sul polso sinistro della ragazza e percepì chiaramente che le pulsazioni del suo cuore erano aumentate ed accelerate.
In pochi istanti Hitomi iniziò a tremare come una foglia.
- Che cos’hai Hitomi?- le chiese terrorizzato, ma lei non rispose.
In quel momento Hitomi Kanzaki era distante anni luce da quel luogo: stava avendo un’altra visione.
Hitomi aveva a malapena visto Merle balzare via, poi, in meno di un secondo, era stata catapultata in un altro luogo. Si trovava sul suo pianeta, in un’immensa savana costellata da pochissimi alberi ed un piccolo corso d’acqua, dove stavano giocando dei bambini che sorridevano felici nonostante la sporcizia che li copriva e gli abiti laceri che indossavano.
- Devo essere finita in Africa - si disse, vedendo, oltre ai bambini, anche una giraffa che accudiva il suo cucciolo ed un branco di zebre che pascolava placidamente nei pressi del corso d’acqua- Cosa ci faccio io qui? Fino ad un attimo fa ero su Gaea, mentre ora… ora mi trovo sul mio pianeta, in una savana. Che cosa ci faccio qui?
Questo pensiero la sfiorò solo per un attimo, poi decise di non pensarci. Le faceva già male la testa, pulsando ritmicamente, e non voleva crearsi degli altri interrogativi, oppure la testa rischiava di scoppiarle davvero. Non riusciva a comprendere che quella era un’altra di quelle vivide visioni che più volte l’avevano sconvolta.
Una piccola zebra le si avvicinò al piccolo trotto e lei, intenerita, si chinò per accarezzarle il musetto striato. L’animale si avvicinò ancora di più, sino a quando la mano di Hitomi non entrò in contatto con il suo ruvido mantello. Non appena Hitomi l’ebbe toccata, quella piccola bestiolina e tutti gli altri esseri viventi che le stavano attorno emisero un suono acuto e fastidioso ed in un istante si tramutarono in orribili scheletri insanguinati.
Hitomi corse verso l’acqua ma non appena si sporse e la toccò anche quella si era tramuta in sangue. Hitomi cercò di pulirsi le mani sul rado manto erboso ma a quel contatto anche l’erba e i radi alberi inaridirono in modo totale e repentino.
Un improvviso fascio di luce fece apparire una figura nella savana. Hitomi si accorse che era una figura a lei del tutto sconosciuta, così fece un paio di passi avanti. La luce che lo avvolgeva era accecante, così Hitomi poteva vederne solo i particolari più importanti. Era un uomo molto alto e snello, completamente calvo e un lungo naso a punta. Indossava un lunghissimo abito che gli giungeva sino alle caviglie, ed un mantello.
Ad un tratto davanti a quell’uomo apparvero un muro di mattino scuri ed altre tre persone, due adulti ed un ragazzino, anch’esse coperte da quella luce accecante.
L’uomo cominciò a parlare con voce stentorea e a Hitomi completamente sconosciuta:
- Dov’è? Dovete dirmelo!
- Non lo sappiamo, ed anche se lo sapessimo non te lo diremmo mai- rispose seccamente uno dei due adulti. Hitomi rimase sorpresa nel sentirla. Riconobbe immediatamente quella voce: era la stessa di suo padre, non aveva alcun dubbio, perciò questo significava che le altre due figure erano sua madre e suo fratello minore.
- Non può essere! Non può essere!- sussurrò, allibita di fronte a quella scena.
- Ne siete proprio sicuri? E’ questa la vostra decisione? Non mi direste mai dov’è ora la vostra ragazza?- disse lo sconosciuto.
- Per caso sei sordo? Sì, è questa la nostra decisione definitiva- rispose il fratellino di Hitomi.
- Bene. Ve la siete voluta voi- disse l’uomo.
Lo sconosciuto alzò le mani sopra la testa e lanciò un orribile grido. Dalle sue mani scaturì una sfera, prima piccolissima, poi, via via, sempre più grande, fino a diventare enorme.
Di scatto la sfera esplose, mostrando il suo contenuto. Hitomi gridò quando almeno un centinaio d’affilatissimi coltelli, con un gesto del capo dell’uomo con il mantello, furono lanciati contro la famiglia di Hitomi, trafiggendo i tre senza pietà.
Hitomi, a quella scena, cadde sulle ginocchia tra l’erba secca e si portò le mani alla testa per non sentire i gemiti strazianti dei suoi familiari ma questi divennero ancora più udibili.
Dopo una manciata di secondi che Hitomi percepì come eterni l’orrenda scena scomparve e di fronte a Hitomi ora c’era un corpo esanime di una persona che Hitomi conosceva, quasi completamente maciullato ma facilmente riconoscibile dal braccio destro in lega metallica: era il fratello di Van, Folken.
Ad un tratto il corpo di Folken si sollevò e disse, con una voce non sua che proveniva dall’oltretomba, una sola, semplice parola:
- Morirai!
A quella visione Hitomi gridò, mentre l’erba e le foglie degli alberi, scossi dal vento, sembravano ripetere il suo nome, come una lugubre cantilena. Sentì un gelido coltello infilarsi nel petto e gridò di dolore mentre questo sembrava espandersi all’interno del suo petto.
In quel momento gridò e spalancò gli occhi.
La ragazza, sorpresa, si ritrovò di nuovo accanto a Van, appoggiata al tronco di un albero.
Lui era chinato su di lei, ed aveva un’espressione molto preoccupata dipinta in volto.
Finalmente riuscì a sentire di nuovo le parole che diceva. La stava chiamando disperatamente, e guardandolo fisso negli occhi, si notavano delle lacrime che tentavano di fare capolino.
- Van- fu l’unica parola che riuscì a sussurrare Hitomi. Poi qualcosa la ghermì. Non era dolore ma qualcosa di diverso, come se qualcuno avesse toccato la sua anima con qualcosa che la cristallizzava, bloccandola e tirandola di nuovo in quelle tenebre intrappolatici che le impedivano di esprimere coscientemente idee e pensieri. Come una spettatrice esterna, Hitomi osservò impotente il proprio corpo reagire senza che lei lo controllasse.
- Hitomi, finalmente mi hai risposto - disse Van con tono sollevato- Che cosa ti sta succedendo?
- Devo tornare a casa, Van. Non posso perdere tempo. Non posso- disse Hitomi, che stava vaneggiando in stato di shock psicogeno.
- Sì Hitomi, ma dopo, quando starai meglio- disse Van, non comprendendo la gravità della situazione.
Hitomi sorrise ed allungò la mano verso il volto del ragazzo.
- Povera piccola zebra, che dieta dimagrante hai fatto per arrivare a quella forma perfetta? Hai bevuto il vino della fonte? Oppure il vino di papà, mamma e quel rompi del mio fratellino?
Immediatamente Van impallidì.
- Hitomi, cosa ti sta succedendo?- chiese Van, sorpreso dalle strampalate parole di Hitomi.
- Hai mangiato il corpo di Folken, il fratellone di Van? Se è così sei stata cattiva. Lui ha le ali, sai? Può volare e …
Improvvisamente Hitomi tornò in sé e, strabuzzando gli occhi, perse conoscenza tra le braccia di Van.
Van, anche se era rimasto molto turbato dagli strani vaneggiamenti di Hitomi, non perse tempo e, di corsa, la riportò immediatamente nel palazzo, gridando:
- Chiamate un dottore, presto! Sta male! Chiamate subito un dottore!
I cortigiani eseguirono immediatamente l’ordine impartitogli dal proprio sovrano, mentre Van trasportava in fretta Hitomi nella sua stanza.
Spalancò di getto la porta e rimase senza parole: all’interno della stanza trovò ad attenderlo Allen e Millerna.
I due, vedendo quell’inaspettata scena, rimasero impietriti, poi Millerna, rendendosi conto che la situazione non era rosea, prese in mano la situazione.
- Van, stendila immediatamente. Allen, portami immediatamente la mia borsa della medicina.
Il ragazzo obbedì con prontezza, deponendola sul letto mentre la donna si avvicinava e, con fare esperto, iniziò la visita.
- Cosa è successo a Hitomi?- chiese mentre contava le pulsazioni.
- Non lo so. Era sconvolta, poi ha cominciato a tremare, vaneggiava, ed infine è svenuta.
- Ne sei sicuro? Era molto sconvolta?- disse, aprendo la borsa offertale dal cavaliere celeste senza neanche guardarla- Allen, portami una candela immediatamente.
Il cavaliere si allontanò nuovamente con prontezza mentre Van guardava preoccupato la pallida ragazza.
Millerna continuò in silenzio la sua visita, controllando la reazione delle pupille allo stimolo luminoso.
- Poi tremava, ed è rimasta cosciente per qualche minuto prima di svenire, vero?
- Esatto. Era fredda, tremava, sudava freddo… non so come sia potuto accadere…
- La situazione è molto seria. Siamo davanti a quello che i miei insegnanti definiscono come uno shock. Dobbiamo agire in fretta o rischiamo di perderla.
Van esegui alla lettera le istruzioni che la giovane regina d’Asturia impartiva a lui ed al suo cavaliere: la coprì con molte coperte poi le tolse i cuscini da sotto la testa ed un paio glieli mise sotto i piedi, in modo da metterli più in alto della testa ed infine chiamò Merle, chiedendogli di andare in cucina far preparare del tè molto forte, in modo da avere una maggiore concentrazione di caffeina, molto utilizzata nella cura degli shock.
Dopo aver compiuto queste operazioni, fece cenno ad Allen e Millerna di mettersi comodi.
Millerna si sedette sulla sedia, Allen si sistemò sul davanzale della finestra, Van si sedette sul letto, accanto a Hitomi, e le prese la mano, mentre Merle si accoccolò ai piedi di Hitomi, visto che Millerna aveva detto che doveva stare al caldo, e nonostante la preoccupazione per la salute dell’amica ed il senso di colpa per essere stata tra le cause di quel fortissimo stress, si addormentò.
Per molti minuti i tre non parlarono, persi nei loro pensieri o concentrati sulla ragazza che riposava in quel letto.
- Mi dispiace di avervi accolta in questo modo, regina Millerna- disse Van nel tentativo di iniziare una discussione.
- Non preoccuparti Van, ma dammi del tu, come facevamo un anno fa. Mi fa una strana impressione sentirmi dare del lei da te- replicò la giovane regina d’Asturia.
- Va bene Millerna- disse Van.
- Van, spiegaci cos’è successo. Insomma, non è certo cosa da tutti i giorni incontrare un re che corre nel suo palazzo con una ragazza proveniente dalla Luna dell’Illusione in stato di shock tra le braccia. Com’è successo?- chiese Allen.
- Non lo so, ma credo che sia stato più di un fattore a ridurre Hitomi in queste condizioni.
- Ma che cosa?
- Vi racconterò molto in breve cosa è accaduto. Tutto è cominciato quando ha avuto una visione sulla distruzione del suo mondo mentre era sulla Terra. Ha rischiato di morire pochi secondi dopo e solo grazie ad una fortunata coincidenza è riuscita ad arrivare qua grazie al potere d’Atlantide. Stamattina abbiamo avuto una lunga e faticosa discussione, ed è stato dopo quest’ultima che si è sentita male. Ma credo che ci sia ancora qualche causa di affaticamento. Hitomi non è persona che si esaurisce così facilmente- disse Van, con aria stanca.
- Oh mio Dio! Tutto ciò deve essere stato terribile per Hitomi- disse Allen.
- Sì, era sconvolta, ma stava reagendo bene, tanto che voleva tornare subito sul suo pianeta per cercare di salvarlo- disse Van.
- Ma che cosa avrebbe potuto fare lei per fermarli? Il suo mondo deve essere diverso dal nostro.
- Infatti, lo è, ma lei crede di essere la causa di tutta quella distruzione- disse, con tono molto stanco, Van.
- Van, sei molto preoccupato per lei, vero?- chiese gentilmente Millerna.
- Sì. Ho davvero molta, molta paura per la sua incolumità, poi, sono io la causa del suo malessere. Era a causa mia che era sconvolta- disse Van, sul punto di mettersi a piangere.
- N …Non … d … dirlo … n … neanche … per … s … scherzo, … Van- riuscì a sussurrare Hitomi, aprendo a malapena gli occhi.
- Hitomi! - esclamò Van, accasciandosi sulla sua mano e sciogliendosi in un pianto liberatore - Non farlo più. Non mi lasciare più. Mi sento completamente perso senza di te.
Millerna ed Allen li guardavano sorridendo, Merle continuava a dormire, completamente all’insaputa del lieto evento, mentre Hitomi, vedendo Van così sconvolto, sorrise e cominciò ad accarezzargli dolcemente una guancia con la punta delle dita.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=83913