Ricordi leporini - Fazzoletti, intrugli e squisiti ninnoli

di valentinamiky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parsifal e Merlin ***
Capitolo 2: *** Arthur e Gwaine ***
Capitolo 3: *** Merlin e Arthur ***



Capitolo 1
*** Parsifal e Merlin ***


Seconda classificata al contest "Un cucciolo tutto per me" indetto da faBry ^_^ Il banner (non è un amore?! *_*) is made by Shurei




Note varie:

1) Cominciamo dai disclaimer, prima che li scordi come al solito. Tutti i personaggi citati appartengono alla BBC e ai rispettivi autori (e, già che ci siamo, apriamo uno spiraglio pubblicitario per ringraziare gli attori dell’ottimo lavoro svolto! *ç*). Il coniglio credo sia proprietà di faBry e se non è così, glielo regaliamo per Natale XD Gli eventi narrati sono frutto di fantasia, non intendono offendere nessuno (tantomeno Colin, Bradley, o Tom) e, tanto per cambiare, non ci guadagno una cipolla marcia, a meno che dopo averla letta, qualcuno non decida di mandarmi alla gogna!

2) Gli eventi possono essere inseriti tranquillamente tra la fine della terza serie e la quarta.

3) Non avendo elementi solidi per la caratterizzazione di Parsifal, mi sono basata sulle informazioni reperite dalle leggende arturiane, dove il cavaliere è descritto come il più forte tra i suoi “colleghi”, ma anche come timido e sempre pronto ad aiutare gli altri in caso di difficoltà.

4) Non sarà il solito Merthur (per quanto mi sarebbe piaciuto uno struggente sacrificio di Merlin e un disperato Arthur che cerca di salvarlo dando prova di inestimabile virilità e, perché no, facendo sbavare le fan che a detta di Bradley, amano vederlo sudato e febbricitante per le sue eroiche gesta XD), perché ci saranno due adorabili interferenze. Gwen...è la terza XD Ma non badate troppo a lei! (Non ho nulla contro Angel, ma non rientra tra i miei personaggi preferiti. E non è per conformismo: ammetto che in alcuni momenti è davvero una cara ragazza, ma a parte questo, potrebbe tranquillamente stare con Lance e lasciare in pace l’altra coppietta!). Anche Gwaine, però, ci metterà lo zampino, a modo suo.

Ricordi leporini
Fazzoletti, intrugli e squisiti ninnoli


Parsifal e Merlin

 

Il principe Arthur osservava il suo valletto e Sir Parsifal sull’orlo di una crisi isterica, in attesa di delucidazioni. Ma i due ragazzi non riuscivano a spiegare in alcun modo come si fosse giunti a quell’increscioso malinteso. Il tutto, mentre Gwaine se la rideva di gusto e sotto lo sguardo vigile di... “Merlin”.
Gli occhi cerulei del reale babbeo si fissarono, luccicanti d’ira, sul cavaliere: era imbarazzante ammetterlo, ma convinto che il valletto fosse caduto vittima di un malefico sortilegio, aveva perfino concesso a quell’essere di dormire sul suo reale letto in uno slancio di compassione!
-Non ridere, Gwaine! È anche colpa tua!- intimò.
Il castano alzò le mani, in cenno di resa, ma non riuscì a smettere davvero di ghignare in modo irritante.
Il principe levò gli occhi al cielo, esasperato; quindi, si rivolse al proprio servitore.
-Se tu sei qui...vorreste spiegarmi chi o cosa sarebbe quello?- sbraitò, puntando il dito verso l’omonimo del giovane mago.
-Beh, Sire, in realtà c’è una spiegazione a tutto, solo che...- tentò timidamente il moro.
-Merlin!- Arthur sibilò il suo nome, in quella tonalità unica con cui era solito rivolgersi al valletto quando era infuriato. Ma stavolta, il ragazzo non fu il solo a sentirsi tirato in causa: l’omofono rizzò le orecchie lunghe e nere, zigando stridulo. Si sollevò sulle zampette posteriori e mise così in bella mostra il fazzoletto blu che portava legato al collo.
-Perdonatemi, Sire, ma come potevo non confonderli? Sono due gocce d’acqua!- Gwaine rischiò di soffocare tra le risate.
Anche Sir Parsifal fu costretto a mordersi le guance per non sorridere: aveva pensato esattamente la stessa cosa, quando lo aveva trovato.
-Sire, temo che ci sia stato un errore. Quello è solo un mio amico- spiegò invece, accomodante e si apprestò a narrare l’accaduto...

***

Lo aveva guardato con quei suoi occhietti intensi e blu, reclinando il capo e arricciando il nasino roseo. Aveva assunto un’espressione così dolce, abbassando le lunghe orecchie nere, che il povero Sir Parsifal proprio non se l’era sentita di abbandonarlo nel mezzo della foresta, in balia di cacciatori e bestie feroci: sembrava così inerme e indifeso. E, dannazione, somigliava incredibilmente a Merlin!
Scacciò quel pensiero, afferrando la creatura per la collottola. Il pelo corto e soffice gli aveva solleticato le dita.

Il coniglio nano si ritrovò tra le sue mani, e annusò il cavaliere, spaurito, con il cuoricino che batteva come impazzito nel tenero petto. Ma appena comprese che il giovane non gli avrebbe recato alcun male, si acciambellò placido tra le braccia muscolose e la cotta di maglia, strappando al cavaliere un lieve sorriso.
Parsifal osservò il terreno circostante, alla ricerca di depressioni o tane, ma futilmente.
-Ehi, piccoletto. Ti sei smarrito? Qui è pericoloso per te- sussurrò dolce, carezzando il dorso della bestiola.
-Sir Parsifal. Trovato qualcosa?- la voce dell’erede al trono giunse distante ma chiara.
Il cavaliere della Tavola Rotonda nascose il leporide nella maglia, affrettandosi a negare e balzò in sella al suo destriero, pronto a svignarsela. La sua priorità, ora, era salvare quella creatura dall’imminente banchetto che si sarebbe tenuto a corte.
-Perdonatemi, Sire. Ma ho appena ricordato di dover sbrigare una commissione piuttosto urgente- blaterò, allontanandosi in fretta e in furia.
-Ma che gli è preso?- il principe ereditario restò ammutolito e fissò a bocca spalancata le spalle del cavaliere mentre questi spariva nel fitto della boscaglia.

Quando Gaius aprì la porta di casa, si ritrovò di fronte ad un inaspettato visitatore.
-Sir Parsifal! Cosa posso fare per voi? Siete ferito?- il cerusico lo scrutò con apprensione, alla ricerca di contusioni, ematomi, lesioni o qualunque cosa giustificasse la presenza del ragazzo nella sua umile dimora. La sola stranezza che poté notare, tuttavia, furono gli occhi lievemente arrossati ed il naso evidentemente tappato, a giudicare dalla voce con cui il giovane gli rispose.
-Oh no, non temete Gaius. Stavo solamente cercando Merlin. Come sta?- il cavaliere sorrise, gentile.
A quelle parole, il medico di corte rimase, se possibile, ancor più interdetto.
-Ha ancora un po’ di influenza, ma da domani potrà ritornare alle sue mansioni. Da quella parte- replicò, indicando la stanza del ragazzo, osservando il giovane con malcelata curiosità ed un sopracciglio inarcato. Si comportava in modo strano, come se nascondesse qualcosa nella maglietta.
Gli diede le spalle, pronto a tornare alle sue occupazioni, ma qualcosa lo trattenne.
-A quanto pare un virus si sta diffondendo nella cittadella. Per caso siete stato contagiato?- s’informò, già pronto a somministrargli qualche intruglio maleodorante.
-Oh, no. No, questa è solo...etchù!...allergia...-lo rassicurò il cavaliere, senza riuscire a trattenere un sonoro starnuto.
-Allergia? E a cosa?- Gaius lo scrutò curioso. Erano quasi in inverno, periodo insolito per quel disturbo.
-Ehm...- il giovane fece scattare velocemente lo sguardo da un capo all’altro della stanza, finchè i suoi occhi non si posarono su qualcosa di appropriato.
-Alla cicoria! Vogliate scusarmi, ma ora ho proprio bisogno del vostro assistente- biascicò, bussando alla porta di legno.
Il mago, felicissimo della visita, aprì l’uscio della sua stanza, invitando il cavaliere ad entrare rivolgendogli un sorriso radioso.
-Sir Parsifal!-
-Merlin, ti ho detto mille volte di non essere così formale.-lo rimproverò il cavaliere, assumendo un’espressione offesa.
-Ma tu sei un...Oh, e va bene Parsifal! Accomodati!- lo incitò, tirando su col naso.
Il medico di corte si domandò se, per caso, non avesse perso qualche importante pezzo: non aveva mai notato un simile affiatamento tra i due giovani. Inoltre, il cavaliere stava palesemente mentendo, poiché presentava i sintomi dell’allergia ancor prima di entrare in casa. Allargò le braccia, guardandosi attorno con aria confusa e rassegnata.
“Qui gatta ci cova!” pensò, prima di tornare allo studio di polverosi almanacchi e alle sue ampolle, come se la faccenda non lo riguardasse. Oh, ma avrebbe parlato con Merlin appena possibile.

Il moro rabbrividì e si affrettò a raggiungere il letto, per avvolgersi nuovamente nella coperta.
-Cosa ci fai qui? Pensavo fossi alla battuta di caccia con gli altri-
Il cavaliere annuì.
-Infatti, ma non è stata una giornata molto proficua. Gli animali hanno già iniziato ad andare in letargo- lo informò, con occhi luminosi e leggermente gonfi.
-Sembra che la cosa non ti spiaccia. Ma Parsifal, sei sicuro di sentirti bene?- il moro ricambiò l’occhiata, preoccupato.
-Tranquillo, mi passerà entro domani. Comunque, tralasciando il fatto che non sia un grande appassionato di caccia, ho trovato qualcosa che volevo assolutamente mostrarti- l’altro infilò la mano nella maglietta, apparentemente per frugare alla ricerca di qualcosa.
Quando la tirò fuori, il giovane mago trattenne il respiro, per lo stupore e la meraviglia: Parsifal teneva nella mano un minuscolo batuffolo di pelo.
-Ma...ma è adorabile!- Merlin si tuffò sull’esserino, prendendolo tra le mani, tremanti per l’emozione. Era un coniglietto nano, nero come il carbone, con gli occhietti blu e tondi. La bestiola si alzò sulle zampe posteriori, arricciando il nasino per annusare il moro, quindi balzò sul letto del mago e si acciambellò tranquillo, perfettamente a suo agio e già pronto a schiacciare un pisolino.
-Era tutto solo, nel bosco e non volevo che qualche belva feroce lo sbranasse, non potevo abbandonarlo. Sono riuscito a nasconderlo, prima che il principe lo vedesse. Temevo che lo avrebbe fatto arrostire.- gli confidò il cavaliere. –Mi chiedevo se per caso fosse un problema per te nasconderlo qui...-
Merlin alzò la testa, sconvolto: stava per ribattere che non poteva farlo, per quanto gli piacesse l’animaletto e che Gaius non sarebbe stato d’accordo. Ma incontrando gli occhi castani, dolci e supplicanti di Sir Parsifal, le parole gli morirono in gola. Come poteva dire di no ad un amico?
-Ecco, io...ne sarei felice- abbozzò un timido sorriso, accarezzando il dorso del coniglietto.
Il cavaliere ricambiò, raggiante e il mago non poté fare a meno di pensare che l’amico avesse davvero un cuore d’oro.
Lo aveva sempre considerato un giovane dolce e premuroso, ma questa sua caratteristica emergeva ogni volta che incontrava qualcuno in difficoltà; non era semplicemente forte. Aveva un animo nobile e generoso. Proprio per questo, si era immediatamente trovato a suo agio con Parsifal.
-Grazie Merlin! Mi sarebbe piaciuto occuparmene personalmente, ma purtroppo ho appena scoperto di avere una tremenda allergia al pelo dei leporidi!- questo disagio non impedì al cavaliere di accarezzare dolcemente il dorso del coniglietto.
Il moro rise, divertito, prima di imitare l’esempio del più grande e fare i grattini sulla nuca del batuffolo.
-Parsifal, ha già un nome?-
Inspiegabilmente, il castano arrossì, a disagio.
-Ecco...uhm...no!-
Il mago scrutò con curiosità il volto dell’altro, ma preferì non indagare oltre.
-Allora potremmo sceglierlo insieme- sorrise, prendendo in braccio il coniglietto, che si acciambellò sulle sue ginocchia.
-Credo che prima dovremmo osservarlo per qualche giorno. Così riusciremo a dargliene uno appropriato- suggerì il cavaliere, trovando l’appoggio del servitore.

Il principe Arthur si congedò con un cenno del capo dai cavalieri della Tavola Rotonda, ringraziando nuovamente Elyan per l’ottimo consiglio che gli aveva dato: ancora qualche giorno e la cara Guinewere avrebbe festeggiato il compleanno. Inutile dire che aveva pensato senza sosta a cosa donarle, ma alla fine si era ritrovato costretto a chiedere il parere di qualcuno che conoscesse bene i gusti della giovane. E chi, meglio del fratello, poteva aiutarlo in quell’ardua impresa?
“Gwen ama i fiori” gli aveva risposto.
Perfetto.
Ma un omaggio floreale, sarebbe stato fin troppo scontato. Aveva regalato centinaia di bouquet alla ragazza, voleva sforzarsi di apparire creativo questa volta: si trattava della sua futura regina, in fondo.
Il merito dell’illuminazione vera e propria, ad essere onesti, spettava a quell’idiota di Gwaine ma non lo avrebbe mai rivelato al diretto interessato, per evitare che si esaltasse troppo. Quando il cavaliere aveva sollevato la borraccia per bere, la manica della sua camicia era scivolata leggermente, lasciando scoperto il suo bracciale di cuoio.
Guinewere amava i fiori e tutte le donne amano i gioielli.
Arthur si gongolò: avrebbe regalato alla ragazza un braccialetto con fiori di campo e nastri intrecciati. Era certo che la ragazza avrebbe preferito qualcosa di semplice, senza contare che non potevano permettersi di dare nell’occhio. Ed un gioiello prezioso al polso di una serva sarebbe parso sospetto.
Poteva accantonare il problema, ma questo non fece che irritare il giovane rampollo: ricordò di aver speso inutilmente la giornata in una battuta di caccia deprimente, senza contare che Sir Parsifal li aveva abbandonati proprio sul più bello, affermando di aver scordato una commissione importante. Ma per quanto potesse apparire sciocco, il biondo aveva intuito perfettamente che si trattava di una scusa.
Inoltre, quell’idiota di Merlin aveva abilmente evitato quella sfacchinata grazie al suo altrettanto stupido raffreddore. Ma si sarebbe vendicato il giorno dopo, appena il valletto fosse tornato al lavoro! Avrebbe affidato a lui l’incarico di recarsi nella città bassa e farsi confezionare il prezioso dono per la fanciulla.
Anzi, perché attendere oltre? Gli avrebbe affidato immediatamente l’incombenza, sottolineando di dare la precedenza assoluta a quella commissione rispetto alle altre faccende. Compresa quella di destarlo il mattino seguente. Ne avrebbe approfittato per riposare.
Smontò dal cavallo, consegnandolo ad un servitore affinché lo riconducesse nelle stalle e scattò, diretto alla casa del medico di corte.
Di certo, non si aspettava di trovare Sir Parsifal sulle scale, di ritorno dagli alloggi del cerusico.
-Sir Parsifal?-
-Sire!- il giovane rispose sbalordito e...era panico quello che Arthur leggeva nei suoi occhi?
Il principe fissò perplesso il cavaliere.
-Posso chiederti cosa stavi facendo?- sorrise affabile, per addolcire la pretesa.
Il ragazzo si grattò la nuca, imbarazzato.
In altre circostanze, il biondo lo avrebbe certamente preso in giro: vedere un colosso come il castano così impacciato era a dir poco assurdo. Eppure, Sir Parsifal era davvero una paradossale miscela di forza, temerarietà e timidezza.
Il giovanotto balbettò qualcosa a proposito di una visita di cortesia a Merlin, prima di dileguarsi, sotto gli occhi increduli del reale somaro. Dunque era quella la famosa “commissione urgente”?
Il principe spalancò la porta, indignato.
-Gaius! Dov’è Merlin?-
L’anziano sobbalzò e una fialetta gli scivolò dalle mani, infrangendosi sul pavimento. Molto pazientemente la raccolse, nonostante qualche acciacco alla schiena, salutando reverenziale l’erede al trono prima di rispondergli.
-In camera sua. È ancora influenzato, ma entro domani...- il medico scosse la testa, rendendosi conto che il biondo era già sparito oltre la porta.
-Ah! Benedetto ragazzo!- sospirò tra sé, rassegnato.

Merlin aveva adagiato il coniglietto al centro di un asciugamano pulito e gli aveva lasciato a disposizione un vecchio vaso, come lettiera. Di sicuro non sarebbe riuscito a nasconderlo a lungo a Gaius, per questo avrebbe convinto il cerusico a tenerlo quella sera stessa,durante la cena. Il giorno seguente si sarebbe procurato erba, fieno e paglia, indispensabili per nutrirlo e tenerlo al caldo.
Accarezzò ancora una volta il dorso bruno del coniglietto, poi lo coprì con il lembo libero della pezza.
Fece appena in tempo a nasconderlo tra il comodino e il letto, quando una chioma bionda fece irruzione nella sua stanza, facendolo saltare sul materasso.
-Si...Sire?- balbettò, con la tachicardia. Se avesse visto il cucciolo, gli sforzi di Parsifal per nasconderlo agli occhi del principe nella foresta si sarebbero rivelati inutili! Doveva distrarlo.
L’erede al trono sbatté la porta, adirato ed il suo servitore pregò che la creatura non fosse morta d’infarto. Per quale ragione l’asino era così furioso? Forse per lo scarso bottino?
-Merlin- sibilò, puntandogli contro un dito.
-Posso...ehm...fare qualcosa per voi?-
-Voglio che domattina ti rechi nella città bassa. Donerò a Gwen un braccialetto con dei fiori, per il suo compleanno. Fiori intrecciati tra loro. Dovrai farlo confezionare, possibilmente a tuo nome- Arthur parlava come se avesse un diavolo per capello. Ma che gli era preso? Meglio non contraddirlo.
-Bene.-
-Oh, Merlin. Voglio che te ne occupi con la massima urgenza. Prima di tutte le altre mansioni-
-Certo, Sire-
-Il che sottintende, che non voglio essere svegliato prima di due veglie e mezza!-
Il valletto annuì, con un’espressione furbetta.
-E non fare quella faccia!- lo rimbeccò il reale babbeo.
-Quale faccia?- sapeva di irritare il principe, fingendo di non capire. Ma almeno, gli avrebbe fatto scordare qualunque cosa lo avesse fatto adirare in quel modo. Ah, com’era altruista!
Il biondo ringhiò, furibondo, quindi abbandonò la sua stanza. Per l’incolumità del suo servitore, che altrimenti avrebbe fatto una brutta fine, possibilmente strozzato dalle sue mani.
“Ma cosa diamine ci faceva Parsifal, in casa di Merlin?” rimuginò, ancora una volta. Niente da fare, inspiegabilmente, quella faccenda lo rendeva furioso.
Soprattutto perché, ciò che faceva un servitore nel suo tempo libero, non lo riguardava; ma il fatto che si trattasse di Merlin, lo irritava. Fin troppo!
Non bastava quell’imbecille di Gwaine, a ronzare intorno al suo valletto come un’ape attorno al polline. No, ora ci si metteva anche Sir Parsifal!
La cosa peggiore, era che una simile sciocchezza non avrebbe dovuto infastidirlo fino a quel punto. Insomma, si trattava pur sempre di Merlin, quell’impiastro del suo servitore. Della sua goffaggine, della sua stupidità, della sua irriverenza. Delle sue orecchie da mordere e...
No, un momento. Questa da dove gli era uscita?
Sotto lo sguardo costernato di una guardia, il principe tirò una testata al muro. Forse, il sole di quella mattina, gli aveva dato alla testa

-Merlin?- Gaius fece capolino nella stanza, curvo su sé stesso.
Il giovane era ancora avvolto nelle coperte: era strano, ma non riusciva a smettere un secondo di tremare, cosa che insospettì il medico.
-Ti senti bene?-
-Non è nulla- lo rassicurò il ragazzo, facendo scorrere velocemente le mani sulle esili braccia nel vano tentativo di scaldarsi.
Ma il suo mentore fece una smorfia poco convinta e poggiò il palmo sulla sua fronte.
-Hai ancora un po’ di febbre. Forse sarebbe meglio se restassi a casa anche domani, rischi una ricaduta- ponderò. Ma Merlin scosse il capo.
-Non se ne parla, l’asino era già abbastanza irritato. Mi spedirebbe direttamente alla gogna- si lamentò, procurando una pacata risata da parte del cerusico.
L’uomo tornò serio in breve tempo: non era tempo di scherzare.
-Merlin...cosa voleva Sir Parsifal da te?-
Il ragazzo esibì l’espressione innocente meno credibile del suo repertorio. Non era proprio capace di mentire al suo mentore.
-Nulla-
-Merlin?-
-Nulla d’importante. Solo...chiedermi un favore-
Il medico alzò un sopracciglio.
-Un favore- ripeté, scettico.
Merlin sospirò. Il segreto non avrebbe retto fino all’ora di cena. Sperò solamente che il cerusico non si arrabbiasse troppo.
-Ecco...ha trovato un cucciolo ma non può occuparsene, perché è allergico-
-Un cucciolo? E tu cosa c’entri?-
-Beh, ecco...-
-Merlin, non ti avrà chiesto di tenerlo qui, spero- nonostante il tono calmo e pacato ed il cordiale sorriso, il giovane mago intuì che di lì a poco, l’uomo gli avrebbe fatto una ramanzina.
-Ma Gaius. Non posso abbandonarlo, è...- provò inutilmente a spiegare le proprie ragioni, ma il cerusico non ne volle sapere nulla.
-Non se ne parla, Merlin. Non possiamo tenere animali in questa casa, te l’ho già spiegato. Ho a che fare con malati e ferite! Non sarebbe igienico!- sbottò.
-Ma ...-
-Niente “ma”, Merlin. Se vedo quell’animale gironzolare per casa, lo faccio arrosto!- minacciò, esasperato, prima di avviarsi alla porta. Dopo averla aperta, si voltò a guardare nuovamente il suo protetto. –Oh, Merlin. La tua medicina aspetta!-
Così dicendo, abbandonò la stanza.
Il giovane mago si lasciò ricadere all’indietro, sul letto: odiava quel miscuglio di erbe maleodorante, quasi quanto lo stufato di ratto!
Reclinò il capo, per guardare l’asciugamano a terra. Il coniglio ricambiò lo sguardo, mentre le narici lavoravano frenetiche; sembrava spaventato, quindi il moro lo prese in braccio, coccolandolo.
-Non temere, non permetterò che ti faccia arrosto- promise, facendogli i grattini sulla testolina.
L’erbivoro zigò in risposta, riconoscente.

Il giorno seguente arrivò fin troppo in fretta: Gaius lo chiamò dalla cucina e Merlin lo raggiunse, infreddolito e ancora intontito dal sonno.
Si stropicciò gli occhi come un bambino, sedendosi a tavola.
-‘giorno Gaius- sbadigliò.
L’anziano rispose al saluto con un cenno del capo, porgendogli una ciotola ricolma di latte e cereali.
-So che devi andare nella città bassa, questa mattina. Già che ci sei, potresti procurarmi ortica, equiseto e alloro? Sto finendo le mie scorte-
Il giovane annuì, alzandosi: non aveva molta fame.
Tornò in camera, per vestirsi e raccattare le sue cose.
Uscendo, non si rese conto che il coniglietto si era intrufolato nella sua tracolla.
-Sarò di ritorno per pranzo- annunciò, salutando il cerusico.
-Merlin, non scordare la tua medicina- fu la risposta che ottenne dalla porta chiusa del bagno.
Il mago sospirò, afferrando al volo la boccetta che faceva bella mostra di sé sul tavolo, con il suo colorito verde rancido, infilandola distrattamente nella borsa prima di uscire controvoglia.
Il contatto con l’aria fredda di ottobre lo fece rabbrividire; si strinse nella giacca marrone, tremando come una foglia.
Dannato asino capriccioso!
Immaginò con una punta d’invidia il principe che ancora si crogiolava al calduccio tra le reali coperte e non poté fare a meno di sbuffare.
I suoi passi veloci risuonavano nel silenzio del mattino: c’erano poche persone per strada, la maggior parte indaffarate a stendere il bucato o tagliare la legna da ardere.
I mercanti avevano appena cominciato ad allestire le bancarelle.
-Buongiorno, signora Wister- salutò cordiale una donna pasciuta, dalle gote belle rosse, intenta a sistemare delle cassette di gerani. La fioraia lo fissò stralunata.
-Oh, ma tu sei il servitore del principe. Cosa posso fare per te, ragazzo?- domandò, appollaiandosi tra un cesto di gigli ed uno di lavanda.
Merlin sorrise, accingendosi a spiegare la ragione della sua visita a quell’ora del mattino.
-Certo che posso confezionarti un bracciale. Dimmi, che fiori vorresti?- domandò, ammiccando, come se avesse già intuito tutto.
-Non saprei, mi affido a voi. Ma vorrei che fosse degno di una principessa- bisbigliò, come se le stesse rivelando un gran segreto.
-Capisco. Il principe ti ha ordinato di procurarti un regalo per Gwen- annuì la donna, comprensiva.
-Oh no. No, non è per Gwen!- si affrettò a negare Merlin, impacciato e demoralizzato per essere stato scoperto così alla svelta. Perché le donne erano così perspicaci?
-Oh, perdonami Merlin. Hai ragione, finiresti nei guai se lo scoprisse qualcuno! Fingerò di non averlo capito- la signora Wister gli fece l’occhiolino, poi si chinò per prendere una cesta, sotto al bancone. –Che ne dici delle orchidee? Fragranza delicata e petali vellutati. Mi sembrano l’ideale per una donzella e poi sono il simbolo dell’amor cortese; inoltre, vanno molto di moda, quest’anno e difficilmente le malelingue troveranno un aggancio cui appigliarsi!-
Il valletto del principe annuì confuso, subissato dalle troppe informazioni: la testa gli doleva in un modo insopportabile. Il fiore era grazioso e delicato, quindi accettò senza remore.
-Quando potrò ritirarlo?-
-Torna tra un’oretta, caro. Non vedo molti clienti in giro, lo finirò in men che non si dica!- rispose, già intenta ad intrecciare il gambo dell’orchidea ed alcune foglie con del nastro rosa.
Merlin la ringraziò e si affrettò verso le mura: se si fosse sbrigato, avrebbe terminato tutte le commissioni entro un’ora e avrebbe così fatto ritorno al castello, dove lo attendeva il babbeo reale.
“Ancora addormentato al calduccio”, gli ricordò una vocina sadica nella sua mente.
-Asino!- biascicò, allontanandosi dal mercato.

Merlin asciugò con la manica rossa la fronte imperlata di sudore. Non poteva affermare di sentirsi molto bene, quindi si affrettò a riporre tutte le erbe raccolte nell’apposita sacca, già pronto a tornare a Camelot.
Doveva ancora ritirare il bracciale per Gwen e comperare una cesta per il coniglietto: né lui né Parsifal potevano tenerlo, ma forse la mulatta lo avrebbe accudito volentieri. Vivendo da sola, era sicuro che le avrebbe fatto buona compagnia. Ne avrebbe parlato al più presto con il cavaliere, ma avrebbe convinto Gaius a tenerlo almeno fino al compleanno dell’amica: sarebbe stato il loro regalo.
Un giramento di testa, tuttavia, costrinse il moro a far scorrere via i pensieri per sostenersi al tronco di una vecchia quercia.
Aveva le vertigini e ben presto iniziò a tossire, ripetutamente. Si accasciò a terra, inspirando a fondo per recuperare un minimo di energie, ma il mondo attorno a lui continuava a vorticare.
Cercò a tentoni la tracolla: aveva scordato di prendere la medicina prescrittagli da Gaius, ecco perché gli era tornata la febbre! Doveva prenderla al più presto.
Ma quando aprì la sua borsa di pelle, trovò il coniglio accovacciato al suo interno, la fiala tra le zampette (come fosse riuscito ad aprirla, sarebbe rimasto un mistero) e, parola di Merlin, il moro non aveva mai visto nessuno trangugiare così avidamente gli intrugli imbevibili di Gaius!
-Tu sei...l’erbivoro più dispettoso che abbia mai visto!- lo rimproverò il mago, corrucciato, senza però riuscire ad apparire convincente: come poteva arrabbiarsi seriamente con la bestiolina? Poi, anche volendo, in quel frangente non ne aveva davvero la forza.

Il leporide tese le orecchie, senza rendersi conto del disastro appena combinato; leccò con la lingua umida le dita del padroncino, che sorrise, rassegnato.
-Ecco, prendi questo- mormorò affannato, legandogli attorno al collo il suo foulard blu. –Vai a cercare Gaius. Portalo qui, d’accordo?-
Il batuffolo nero, dopo un’ultima lappata, annusò l’aria e saltellò via, sparendo oltre i cespugli nella direzione della cittadella.
-Speriamo bene...- Merlin si abbandonò tra i ciuffi d’erba, sfinito e debilitato, con il gelo che gli penetrava fin nelle ossa. Chiuse gli occhi, cercando la concentrazione necessaria per placare i tremiti e, perché no, magari alzarsi in piedi...

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Capitolo 2
*** Arthur e Gwaine ***


Dunque...inizio col dire che sono commossa *_*
Fin'ora, sembra che questa sia la storia più seguita tra quelle che ho scritto! (Anche se forse, è merito del coniglio XD)
Quindi mi pare doveroso ringraziare tutte voi, che avete letto, commentato, aggiunto la storia tra le preferite e le seguite: Il_Genio_del_Male, XMoonyx, elfin emrys, Chiby Rie_chan, frida_E, Agito, cassy_star, catrock91, Charlie_Winchester, Clhoe, Dors, fliflai, Fyki, gaarashun, ginnyx, Sara_Matta, SilviAngel e Sui. GRAZIE, anche a tutti coloro che hanno semplicemente letto!
Poi...che altro dovevo dire? Ah! Sì, sì: il terzo (e ultimo) capitolo è a buon punto ^__^
Se poi Arthur collaborasse, mi farebbe un piacere. Invece, se ne sta alla scrivania a guardarmi torvo...bah! Chissà poi perché!
Spero che ora la grandezza dei caratteri vada bene =)


AVVISO: questo capitolo potrebbe contenere scene cruente, ma ci tengo a precisare che nessun coniglio è stato maltrattato in fase di scrittura!



Arthur e Gwaine
 

 
Quando Gwaine si ritrovò davanti agli occhi un coniglietto nano, nero, con gli occhi blu come zaffiri e un fazzoletto del medesimo colore legato al collo, sbatté più volte le palpebre, confuso.
Boccheggiò, senza riuscire a dire nulla di sensato, almeno finchè il cucciolo non balzò tra le sue gambe, sfiorando uno stivale con la zampetta.
-Amico, sei tu?- soffiò incredulo, sollevando la pallina nera. –Ma che ti è successo?-
Ne aveva viste di tutti i colori, da quando era giunto a Camelot, ma mai aveva assistito ad una simile trasmutazione. Quella sì che era stregoneria!
Era Merlin, di sicuro.
Come poteva esserne certo? Beh, semplice.
Il modo in cui lo fissava, con i suoi occhietti dolci e profondi, lo avrebbe riconosciuto tra mille.
Quel coniglietto era proprio il servitore del principe, non aveva dubbi!
Si schiarì la voce, per allontanare il desiderio di stringerlo e coccolarlo. Maledizione, per quanto potesse essere adorabile quel botolo di pelo, era pur sempre il suo migliore amico e se avesse fatto una cosa così imbarazzante, una volta tornato umano, non sarebbe più riuscito a guardarlo in faccia!
“E ora? Pensa, Gwaine...pensa!”
Le elucubrazioni del giovane furono bruscamente interrotte dal richiamo di una donna corpulenta.
-Oh, signora Wister! Buongiorno a lei! Sempre splendente, fiore tra i fiori!- la elogiò, inchinandosi leggermente e baciandole la mano grassoccia.
Il donnone rise.
-Sir Gwaine, siete un adulatore nato!-
-Cosa posso fare per voi?- sorrise il castano, agitando la testa per scostare un fastidioso ciuffo di capelli dall’occhio sinistro. Il gesto ebbe l’effetto di far sospirare almeno un paio di donzelle trasognate, attorno a lui.
-Mi domandavo se per caso vi fosse capitato di vedere Merlin. Doveva passare a ritirare un bracciale, ma non l’ho più visto e sono un po’ preoccupata- confessò la fioraia.
Il cavaliere spostò rapidamente lo sguardo dalla donna al bracciale di orchidee che teneva in mano. Poi, sul coniglio che teneva in braccio. Quindi tornò a guardare la signora.
-Oh, temo che sia stato trattenuto in altri impegni. Lo dia a me, lo recapiterò personalmente- assicurò, porgendo una moneta dorata alla fioraia.
-Vi ringrazio, Sir Gwaine. E salutate Merlin da parte mia!- lo congedò, riponendo il braccialetto in un grazioso pacchettino, decorato con fiori e foglie essiccati.
Il giovane sospirò.
Quella faccenda non gli piaceva affatto.
Si affrettò verso la cittadella, diretto alla casa del cerusico: era risaputo che Gaius avesse sempre una soluzione, non solo per le malattie, ma anche per le questioni magiche. Tra loro, era il più anziano e certamente, spulciando tra i suoi polverosi appunti avrebbe trovato il modo di far tornare umano il suo amico.
Era già pronto a sgattaiolare su per le scale, quando una mano grossa e decisa afferrò la sua spalla, costringendo il cavaliere a voltarsi: si ritrovò ad un palmo dal naso di Arthur.
-Buongiorno Sire. Dormito bene?- sorrise, sornione.
-Come un ghiro in letargo- il ghigno del biondino era troppo affabile, sintomo evidente del suo pessimo umore.
-La cosa mi rende felice. Vogliate scusarmi- il castano provò a sfuggire dalle grinfie del principe, ma quello fu più svelto di una faina nel ripescarlo.
-Hai visto Merlin, per caso?- gli occhi azzurri lo scrutavano, indagatori, minacciando lapilli alla prima avvisaglia di risposta poco gradita.
-Ecco...io...- cosa doveva fare? Ammettere di avere il valletto reale tra le braccia?
Il futuro re guardò casualmente la pallina nera che il sottoposto teneva stretto e ghignò.
-Quello è per il banchetto?-
Gwaine lo fulminò con lo sguardo, oltraggiato.
-Non oserete mangiare Merlin!-
Il principe strabuzzò gli occhi.
-Non pensavo che...Cielo, Gwaine, sei un fanatico! Gli hai perfino messo un fazzoletto al collo e lo hai chiamato come lui? Personalmente, penso sarebbe meglio se gli confessassi i tuoi sentimenti!- scosse il capo, fraintendendo.
Nonostante le parole, però, la sola idea che il cavaliere si dichiarasse al suo servitore, gli dava parecchio fastidio. Solo perché una possibile relazione tra i due, li avrebbe distratti dai loro impegni, si disse.
Il castano aprì la bocca in una “O” perfetta, indignato.
-Merlin ha proprio ragione quando afferma che siete un asino! Ma non vi rendete conto che questo è il vostro servitore? È opera della magia! E poi, scusate, ma quali sentimenti e sentimenti?-
Arthur perse metà del discorso: la sua mente era rimasta a “Questo è il vostro servitore”.
-Ne sei sicuro?- biascicò, sotto shock.
-Certo! A proposito, immagino che questo fosse per voi. Anzi, per Gwen!- borbottò il cavaliere sottovoce, porgendo furtivo al suo signore il sacchettino contenente il bracciale.
-Lo aveva lui?- chiese conferma, indicando allibito il coniglio, che in tutta risposta si voltò, come se il principe lo avesse appena offeso in modo imperdonabile.
-Non ha fatto in tempo a ritirarlo, purtroppo. Quando l’ho trovato, era nei pressi della bancarella di fiori.-
Arthur non sapeva se scoppiare a ridere e prendere in giro il servitore per quelle orecchie (doveva ammetterlo, avrebbe dovuto riconoscerlo proprio grazie a quelle) o sentirsi in colpa per averlo maledetto, quando svegliandosi, si era reso conto di che veglia fosse. Era ovvio che il poveretto non fosse riuscito ad assolvere ai propri doveri, in quelle misere condizioni.
Sbuffò, mettendo a tacere il dilemma e prendendo il coniglio in braccio.
-Chiama Gaius, io cercherò di impedire che finisca nelle cucine- ordinò infine.
Il cavaliere annuì e con agilità sparì sulle scale.
 
Arthur aveva nascosto il coniglio sotto la giacca rossa e si era affrettato a raggiungere le sue stanze, sperando di non essere intercettato da nessuno durante il percorso. Proprio mentre si accingeva ad abbassare la maniglia ed entrare nella camera reale però, una voce lo raggiunse dal fondo del corridoio. Purtroppo per lui, il proprietario sembrava troppo giovane perché fosse il cerusico.
-Sire, vostro zio ha chiesto di voi.- lo informò Sir Leon, con un cenno rispettoso.
Il Principe si strinse la giacca addosso, per nascondere meglio l’animaletto; se il suo sottoposto notò il rigonfiamento del pesante tessuto, non lo diede a vedere.
-Riferisci che sarò da lui tra un attimo-
Appena il cavaliere si congedò, il biondo si abbandonò a un sospiro di sollievo e sparì all’interno della sua stanza.
Si guardò attorno, cercando un luogo dove nascondere il suo valletto, che nel frattempo aveva iniziato a sgranocchiare le decorazioni del suo pacchetto.
-Non ti azzardare, Merlin! Quello è il regalo di Gwen!- sbottò, allontanando con un gesto rapido e secco la confezione dalle grinfie dell’erbivoro, che zigò contrariato.
Arthur sbuffò.
-Ho capito, hai fame. Ti porterò...qualcosa. Ma tu non azzardarti a toccare il bracciale, o finirai alla gogna!-
Il coniglio reclinò il capo, quindi balzò in terra, per grattarsi il collo con una zampina.
-Come sarebbe a dire che non te ne importa niente?- il principe quasi urlò, dandosi immediatamente dell’idiota: forse, in quelle condizioni, il suo servitore non era in grado di capirlo. Diamine, stava parlando con un coniglio, che cosa stupida!
-Devo andare, tu non ti muovere- sibilò minaccioso, puntando un dito contro la creatura, che arricciò il naso, bloccandosi all’istante.
Arthur gonfiò il petto e annuì soddisfatto, quindi si recò nella sala del trono, dove lo attendeva Agravaine.
 
-Dove ti eri cacciato?- Gaius si voltò, appena la porta si aprì cigolando. Ma quello che si ritrovò dinnanzi, non fu il viso del suo protetto, bensì quello intraprendente di Gwaine
-Oh, perdonatemi, ero certo che fosse...-
-Lo so, Merlin- lo interruppe il giovane, con un sorriso tirato. –L’ho appena affidato al principe-
Gaius girò su sé stesso, con in mano due ampolle, contenenti un liquido bluastro ed uno giallognolo.
-“Affidato”?-
Il cavaliere si grattò la nuca: non sapeva proprio da dove cominciare.
-Merlin è un coniglio- lo informò.
Il cerusico fece una smorfia sospettosa.
-Siete stato alla taverna di prima mattina?-
-Non ho bevuto, Gaius. Merlin è vittima di un incantesimo! Si è trasformato in un coniglio!-
Il medico lo scrutò dubbioso.
-Ne siete certo?-
-Avete mai visto un coniglio andarsene in giro con un fazzoletto al collo?-
Il mentore del ragazzo abbandonò le ampolle sul tavolo di legno, muovendo dei passi acciaccati verso l’uscita.
-Dov’è?- domandò, vagamente irritato: in quel palazzo non aveva mai un istante di pace. Come poteva preparare le sue medicine, se veniva interrotto in continuazione per ogni misera sciocchezza?
Inoltre, quella storia aveva dell’assurdo: Merlin, un coniglio? Impossibile!
Certo, Camelot era impregnata di magia fin nelle fondamenta; ma che il suo protetto si fosse trasformato di punto in bianco in un leporide, gli pareva eccessivo.
-Ve l’ho detto, l’ho affidato al principe. Lo avrà portato nelle sue stanze.- rispose, affrettandosi a seguire il medico di corte, già diretto verso gli alloggi del giovane Pendragon.
 
Se c’era una cosa che Sir Parsifal adorava, era starsene seduto con la schiena appoggiata al tronco di un albero, inspirando a pieni polmoni il profumo di sottobosco e beandosi del cinguettare circostante.
Possibilmente, leggendo un buon libro.
Era in quella radura da ore e se ne rese conto solo quando l’aria fredda lo fece rabbrividire. Si alzò per sgranchirsi le gambe: doveva tornare al castello, prima dei rintocchi dell’ora nona, o il principe lo avrebbe rimproverato per il ritardo agli addestramenti.
Ripose lo scritto nella saccoccia e cercò con lo sguardo il sentiero poco distante.
Stava già percorrendo a ritroso la stradina quando un rumore di rami spezzati lo allertò; velocemente, portò la mano sull’elsa della spada, pronto ad impugnarla per contrattaccare, in caso di necessità. Scrutò con attenzione ogni angolo del bosco, reattivo.
Una sagoma indistinta si mosse, oltre un cespuglio e il cavaliere sguainò la lama d’acciaio.
-Chi è là?- gridò.
Non ottenne alcuna risposta, ma in compenso, davanti ai suoi occhi si palesò una persona esile e barcollante. I capelli avevano un aspetto scarmigliato, con le foglie secche rimaste impigliate tra le ciocche brune.
-Merlin! Cos’è successo?- il ragazzo ripose la spada, correndo incontro al giovane, che aveva ormai riconosciuto: appariva sfinito ed il pallore sul suo viso era ben poco rassicurante.
Prima che riuscisse a raggiungerlo,infatti, il mago si accasciò al suolo privo si sensi. Il cavaliere si affrettò a soccorrerlo per scoprire che la sua fronte era a dir poco bollente.
Aprì la casacca, estraendone una maglia pesante, che aveva portato per precauzione, in caso fosse scesa la temperatura e coprì il servitore come meglio poteva.
-Non temere, ti porto subito da Gaius!- assicurò, come se il povero moro potesse sentirlo.
Quando lo sollevò, si stupì di quanto un coetaneo potesse esser leggero. Ma allontanò subito quel pensiero: non aveva un secondo da perdere.
 
Di ritorno dall’incontro con Agravaine, che gli aveva consigliato di recarsi al più presto in città per verificare che i preparativi della festa stagionale di Samhain procedessero per il meglio, il principe si scontrò con il cerusico e Gwaine.
-Oh, Gaius! Per fortuna! Accomodati.- lo accolse, sospingendolo oltre la pesante porta intarsiata.
-Mi è stato riferito che Merlin è diventato un coniglio. È vero?-
-Lo vedrai tu stesso, Gaius- assicurò Arthur, guardandosi attorno concitato. –Ma dove si è cacciato? Eppure gli avevo detto di non muoversi...-
Gwaine ed il cerusico osservarono i gesti rapidi del loro signore, mentre questi metteva a soqquadro la camera da letto.
-Merlin! Vieni subito fuori!- gridò, sfinito. Non ottenendo risposta, sbuffò contrariato, cercando soccorso negli occhi stralunati dei due presenti.
Fu giusto in quel momento, che le orecchie del castano captarono un rumore interessante. Come se un topo stesse sgranocchiando qualcosa.
-Lo sentite anche voi?- bisbigliò, facendo cenno di mettersi in ascolto.
I due annuirono.
Quando il principe si voltò nella direzione da cui sembrava provenire, sbiancò di colpo: quella dannata polpetta era sulla sua scrivania e infieriva con i dentini e l’avida boccuccia sul bracciale di Gwen, ormai ridotto ad un paio di orchidee mangiucchiate. Le foglie? Un lontano ricordo.
Il nome del suo valletto echeggiò per i corridoi del palazzo con una nota più che minacciosa.
Poco dopo, si scatenò il putiferio: Arthur correva da un lato all’altro della camera, inseguendo un coniglio che schivava, zigzagando, ogni suo tentativo di cattura.
-Aspetta solo che ti metta le mani addosso, Merlin! Finirai in padella, stavolta!-
Gwaine rincorreva il principe, sperando di salvare il suo migliore amico da una fine certa; il medico di corte era rimasto semplicemente pietrificato al centro della stanza, seguendo con occhi increduli gli agili saltelli del coniglio. Merlin si era davvero trasformato.
Chi poteva averlo ridotto così?
Il reale babbeo esultò mentalmente, credendo di avere il leporide in pugno e accingendosi a catturarlo con uno scatto felino. Piegò le ginocchia per darsi lo slancio, pronto ad agguantarlo con un salto: nella sua rosea immaginazione, sarebbe atterrato vicino alla porta, con l’animale ben stretto tra le mani, in trappola.
Ma non aveva previsto il leggero bussare alla suddetta e l’entrata improvvisa di Gwen.
-Sire...Oh!- la ragazza, che era entrata distrattamente, fu letteralmente assalita da una pallina nera, che approfittò della confusione generale per sparire in fondo al corridoio, mentre il rampollo della famiglia reale cascava malamente ai piedi della fanciulla.
-Guardie! Prendete quel coniglio!- sbraitò il giovane Pendragon, rialzandosi fulmineo e correndo come se si stesse allenando per una maratona, con Gwaine e la mulatta alle calcagna: sebbene la faccenda non le fosse affatto chiara, anche la ragazza si ritrovò, suo malgrado, coinvolta nelle ricerche. Se non altro, almeno per il senso di colpa.
 
Gaius, ancora sconvolto, si diresse a casa: di certo, la “corsa campestre” non era l’attività più adatta ad un povero vecchio come lui e i ragazzi gli avrebbero sicuramente fatto la cortesia di riportargli Merlin, una volta riagguantato. Nel frattempo, si sarebbe dedicato in pace al suo lavoro.
Tuttavia, appena arrivato in fondo al corridoio, non riuscì a trattenere un pensiero che da tempo lo assillava: “Ma è mai possibile che in questo castello non ci sia un attimo di tranquillità?”
Come se una forza superiore trovasse immensamente divertente ribadire il concetto, quando il medico di corte arrivò a destinazione, trovò la porta spalancata. Il cerusico sollevò un sopracciglio, dubbioso: che un ladro si fosse introdotto in casa sua? Forse, era il caso di allertare le guardie. Stava già per tornare sui suoi passi, quando dallo studio fece capolino il viso apprensivo di Sir Parsifal.
-Gaius! Per fortuna siete tornato! Non sapevo dove cercarvi!- esclamò, trascinando concitato il pover’uomo dentro casa. –Ho trovato Merlin nel bosco, sta piuttosto male-
In quel preciso momento, l’anziano pensò di essersi completamente ammattito: ciò che affermava il cavaliere non aveva senso. Merlin non poteva essere nel castello e nel bosco nello stesso momento!
-Siete assolutamente certo che si tratti di lui?- domandò, scettico.
-A meno che qualcuno non abbia posseduto il suo corpo...direi di sì-
Il cerusico scosse la testa, sempre più confuso.
-Ah...ehm...ecco... Mi sono permesso di portarlo in camera e...- Parsifal iniziò a farfugliare, evidentemente a disagio. Ma il medico non ci badò più di tanto.
Quando entrò nella stanza del suo assistente, spalancò la bocca: il cavaliere aveva perfettamente ragione, quello era Merlin! Quindi, il principe stava inseguendo un semplice coniglio?
Se il mago non fosse stato così pallido, probabilmente il cerusico si sarebbe abbandonato ad una sonora risata.
-Ha la febbre alta. Sir Parsifal, potreste portarmi un po’ d’acqua?-
Il giovane annuì e sparì alla ricerca di un catino.
Così affaccendato, Gaius scordò completamente la confusione che il piccolo animaletto nero stava scatenando nel castello e dal canto suo, Parsifal la ignorava del tutto. Perciò, i due seguitarono semplicemente a prendersi cura del malato per tutto il pomeriggio.
 
-L’avete trovato?- domandò Arthur, col fiato ormai corto.
Lancelot scosse il capo e Elyan seguì il suo esempio; Gwaine aveva appoggiato le mani alle ginocchia, ansimante, mentre Gwen teneva una mano sul fianco. Per lo sforzo, aveva delle fitte insopportabili alla milza. Tutti erano accomunati dal rossore in volto e dai capelli scarmigliati.
Il principe aveva mobilitato praticamente mezza Camelot per dare la caccia a Merlin. In realtà, aveva addirittura pensato di far suonare l’allarme, ma la mulatta l’aveva distolto da quella pessima idea: la bestiola si sarebbe certamente spaventata a morte e allora chissà quando l’avrebbero riacciuffata.
Ormai, non esisteva guardia che non fosse a conoscenza della fuga del coniglio ed il portone d’ingresso era stato chiuso, per impedire al leporide di scappare nella cittadella; ciononostante, le ricerche non avevano dato i frutti sperati.
-Forse, ormai è tardi- bisbigliò Elyan.
Se gli fosse stato possibile, il biondo lo avrebbe certamente fulminato con lo sguardo.
-Voglio che continuiate a cercarlo, sono stato chiaro?- sibilò. –Io proverò nell’ala nord-
Gwen annuì, annunciando che si sarebbe occupata dell’ala est.
Lancelot e Elyan si spartirono la zona a sud e quella a ovest.
-Allora io proverò nelle cucine- sospirò Gwaine rassegnato, ricevendo un’occhiataccia da parte di tutti.
I giovani si separarono, ma Arthur e Gwaine seguirono lo stesso percorso: il cavaliere sarebbe entrato in cucina, mentre il figlio di Uther avrebbe dovuto proseguire oltre il corridoio per raggiungere la sua meta. Qualcosa però, gli fece repentinamente cambiare idea, raggelando entrambi i ragazzi. Una serva, uscendo dal locale con una collega, commentò qualcosa riguardo al piatto del giorno: coniglio ripieno.
-Hai visto come lo ha scuoiato? Non ho mai visto nessuno così abile con i coltelli alla mano!- assicurò la giovane donna, gesticolando animatamente per imitare i movimenti dello chef.
Il principe boccheggiò, pallido in viso e con la nausea che gli attorcigliava lo stomaco.
Era un incubo, non c’era altra spiegazione!
Con uno slancio, si precipitò all’interno della cucina. Quando vide l’enorme mannaia in mano al capocuoco, si sentì quasi mancare. La vide abbattersi senza pietà sulla carne rosea e sentì le ossicine spezzarsi con un sonoro crack. Trattenne miracolosamente un conato di vomito, ma non riuscì ad impedire ai brividi di corrergli lungo la schiena. O di provare una dolorosa morsa al petto. Per un momento infinito gli sembrò che la mannaia avesse colpito il suo cuore.
-Sire, vi sentite bene?- domandò lo chef, preoccupandosi nel vedere il giovane Pendragon così terreo in viso.
Gli avrebbe voluto gridare che no, non poteva stare bene.
Che era un assassino senza pietà.
O che aveva appena decapitato un ragazzo di appena vent’anni e non un coniglio.
L’uomo lo avrebbe certamente preso per pazzo, ma cosa poteva fare?
Si sentiva male, perché aveva appena perso Merlin.
Non avrebbe mai più udito la sua voce o i suoi commenti idioti.
Non avrebbe più rivisto i suoi occhi o il suo sorriso.
Diamine, com’era potuto accadere?
Senza volerlo, sentì una lacrima scivolare sulla guancia.
-Sire!- Gwaine, che era rimasto pietrificato fino a quel momento, sconvolto e sofferente almeno quanto il suo principe, indicò con un dito tremante ed una nota esaltata nella voce un angolino della cucina. –Guardate sotto a quel ripiano!-
Arthur fu costretto a deglutire almeno un paio di volte, prima di rialzare lo sguardo. La prima cosa che i suoi occhi lucidi avvistarono, fu il mobile indicato dal suo cavaliere. Sotto di esso, nascosto nell’ombra, tra le foglie di lattuga scartate, tremante come una fogliolina c’era...
-Merlin- il principe sussurrò appena il nome del suo servitore, ma fu come se il solo pronunciarlo, gli avesse restituito l’abilità di respirare. Non vi erano dubbi: quello era proprio il suo coniglietto nero, con gli occhietti dolci e blu e il fazzolettino al collo.
Si avvicinò al ripiano con passo cauto, per non spaventare ulteriormente la bestiola dopo che aveva assistito a quel macabro spettacolo.
-Vieni qui...- Un sussurro gentile, dolce.
Ancora tremante di paura, il coniglietto iniziò a muovere le zampette, incerto. Quando, finalmente uscì allo scoperto, il principe lo attirò a sé, accogliendolo tra le braccia e lo avvolse nella giacca, protettivo.
Arthur si abbandonò ad un lungo ed agognato sospiro liberatorio, che tra le altre cose gli restituì in parte il colorito. Senza dire una parola al meravigliato cuoco di corte, si allontanò il più possibile da quel locale infernale, ordinando a Gwaine di avvertire gli altri.
Il cavaliere soppresse a fatica l’istinto di seguire il principe: doveva avvisare i suoi amici del ritrovamento.
 
Il principe si abbandonò sfinito sul letto, con l’animaletto ancora ben stretto al petto; i loro cuori battevano impazziti, quasi seguendo lo stesso ritmo.
“Se ti fosse accaduto qualcosa, io...”
Il fastidioso groppo che gli si era formato in gola era ancora lì, senza possibilità di trovare sfogo. Non gli era concesso piangere, doveva sempre mostrarsi una guida forte. Un punto di riferimento per gli altri, proprio come suo padre gli aveva insegnato: era questo ciò che tutti si aspettavano dall’erede al trono. Ciò che sarebbe diventato, per il popolo di Camelot.
Ma un faro non può considerarsi tale, senza una luce che lo animi.
E senza la sua luce...senza la luce racchiusa negli occhi di Merlin, Arthur si sentiva perso.
Poteva rifiutarsi di ammetterlo per tutta la vita a venire.
Ma non riusciva più mentire a sé stesso: ormai i sintomi erano fin troppo lampanti.
...non me lo sarei mai perdonato
Merlin, senza preavviso, balzò sul cuscino.
Il giovane Pendragon ebbe appena il tempo di vederlo gonfiare le guanciotte, prima che l’animaletto avvicinasse il musino alle sue labbra, sfiorandole con il nasino umido.
Forse voleva essere un semplice ringraziamento, ma il principe ne rimase sconvolto. Certo, in quella forma il valletto non si rendeva conto dei suoi gesti. Altrimenti, non avrebbe mai agito in quel modo: una simile intraprendenza non poteva essere associata al suo goffo servitore.
Però, quando la bestiola prese a leccarlo sul viso, fu costretto ad allontanarla per rialzarsi di scatto.
-Ora finiscila, Merlin!- intimò, sperando che la sua rabbia risultasse credibile.
Dannazione, perché in quella stanza faceva tanto caldo? Non voleva aprire la porta, per paura che la creatura scappasse di nuovo, quindi si limitò a socchiudere appena la finestra, dopo averla raggiunta con grandi falcate.
Il coniglietto lo scrutava curioso, con la testolina chinata, di lato.
Se non gli avesse appena dimostrato una simile irriverenza, Arthur lo avrebbe certamente definito adorabile. No, no, no! Non poteva affibbiare a Merlin un simile aggettivo!
Accidenti, che confusione!
Ma la cosa che più lo sconvolse di quei “baci”, fu il realizzare che, solo il pensiero, gli procurava il batticuore.
Non gli era mai accaduta una cosa simile, nemmeno con Gwen.
Che fosse stato contagiato dal famoso virus di cui aveva parlato Gaius alcuni giorni prima? Eppure, questa ipotesi non lo convinceva per niente...

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Capitolo 3
*** Merlin e Arthur ***


Ricordi Leporini
Fazzoletti, intrugli e squisiti ninnoli


Merlin e Arthur
 

Quando Merlin riaprì gli occhi, era ormai calato il sole. Voltandosi, trovò Sir Parsifal addormentato con la testa appoggiata sulle braccia, incrociate sul materasso.
-Ti sei ripreso, Merlin!- la voce di Gaius lo raggiunse, dalla porticina della stanzetta. Il cerusico lo guardava con aria serena, evidentemente sollevato dalle sue condizioni.
-Gaius?- sussurrò appena, per non svegliare il riposo del cavaliere.–Che cosa è successo?-
-Sir Parsifal ti ha trovato questa mattina nel bosco. Avevi la febbre alta, quindi ti ha riportato qui. Sei stato fortunato, se non ti avesse incontrato, a quest’ora saresti congelato-
A quelle parole, Merlin ricordò quanto accaduto: il coniglietto aveva bevuto la sua medicina, quindi il mago lo aveva spedito alla ricerca del medico. Alcuni minuti dopo aveva provato a rialzarsi, per raggiungere la città bassa ma dopo qualche passo le forze lo avevano nuovamente abbandonato facendogli perdere i sensi.
Si sollevò leggermente e Parsifal mugugnò, prima di seguire il suo esempio.
-Merlin, stai bene?-
-Si. Grazie a te- il mago sorrise, dolcemente.
-Oh, figurati. Ma cosa ci facevi laggiù?-
-Stavo raccogliendo le erbe per Gaius, ma il nostro coniglio ha bevuto la mia medicina, così...- Merlin fu bruscamente interrotto dalla voce stridula del cerusico.
-Coniglio? Quale coniglio?-
-Ieri ho trovato un coniglietto nero, nel bosco. Si era smarrito e me ne sarei occupato personalmente, ma...- l’intervento di Parsifal fece boccheggiare il medico di corte.
-Dimmi, Merlin. Hai dato il tuo fazzoletto a quel coniglio?- indagò l’anziano.
Il moro annuì, spiegando che lo aveva fatto perché certo che l’animaletto avrebbe ritrovato, fiutandola, la strada di casa e “avvisato” Gaius del suo malore.
L’uomo sospirò stancamente.
-Gaius, è successo qualcosa?- Parsifal non riuscì a nascondere l’apprensione per quella creatura così piccola e indifesa.
-Il principe è convinto che quel coniglio sia Merlin, vittima di un incantesimo- spiegò, osservando il suo protetto, serio.
-Oh, no! Quando scoprirà la verità mi manderà di nuovo alla gogna!- il ragazzo impallidì.
Parsifal sospirò: dovevano parlare con il principe, il prima possibile.
 
Nel frattempo, Arthur era chiuso nella sua stanza, a rimuginare sull’accaduto. Merlin dormiva placidamente ai suoi piedi, dopo essersi agitato come un folle per tutto il pomeriggio: aveva corso per la stanza del reale babbeo senza un attimo di tregua, come se gli eventi della tarda mattina non lo avessero minimamente scosso.
Al contrario, l’erede al trono non riusciva a dimenticare la morsa dolorosa che aveva provato al petto, temendo che il suo servitore fosse morto.
Guardò la pallina nera, appallottolata sul suo letto e si lasciò sfuggire un sorriso. Senza che se ne rendesse conto, la sua mano si mosse verso l’animaletto, posandosi sul pelo lucido e morbido per accarezzarlo delicato, come se avesse paura di fargli male.
Si domandò se, una volta tornato umano, i suoi capelli neri avrebbero mantenuto la stessa consistenza. Forse, erano sempre stati così, ma lui non aveva mai avuto l’occasione per scoprirlo.
Quando finalmente, il principe si accorse di ciò che stava pensando, avvampò: di recente gli capitava fin troppo spesso di fare certi, imbarazzanti pensieri sul suo valletto. Prima le orecchie, ora i capelli. Forse, la prossima volta avrebbe pensato alle sue labbra.
Già.
Sarebbe stato grandioso se Merlin lo avesse baciato, non col musino di un coniglio, ma con le sue labbra morbide e...
Il grido del principe risuonò nel castello.
Merlin sobbalzò, rotolando giù dal materasso; atterrò sul pavimento, zigando contrariato per il brusco risveglio.
-E non lamentarti, è tutta colpa tua! Non ti bacerò mai, Merlin! Mai! Capito?-
L’animaletto lo ignorò, tuffandosi invece su una ciotola colma di verdure, che Arthur si era fatto portare quel pomeriggio da Gwen. Ovviamente, solo dopo aver nascosto il braccialetto mangiucchiato che avrebbe dovuto donare alla ragazza. Sarebbe stato troppo imbarazzante, se lei lo avesse visto nelle attuali condizioni.
-Non ignorarmi, idiota! Ti manderò alla gogna!- sibilò, furioso.
-Sire?-
Il principe si voltò di scatto verso l’intruso. Non si stupì più di tanto, vedendo Gwaine accanto alla porta, con un irritante ghigno stampato in faccia. Accidenti a lui e alla sua mania di entrare nelle camere altrui senza bussare!
Un momento. Se si trovava lì, era possibile che stesse...
-Gwaine. Stavi origliando, per caso?- domandò, con falsa noncuranza.
-Io? Non oserei mai!- il cavaliere alzò le braccia, con l’espressione innocente di un bambino colto con le mani nella marmellata.
Tanto, che il giovane Pendragon gli puntò contro la spada.
-Gwaine...se stavi origliando, io...-
-Io non stavo origliando! Semplicemente, camminando in corridoio, non ho potuto fare a meno di ascoltare ciò che stavate sbraitando. Ma non era mia intenzione farlo!- si difese il castano.
Il principe arrossì.
-Cos’hai sentito, esattamente?-
-Beh...avete minacciato di mandare alla gogna Merlin.-
Arthur sbuffò: allora, si trattava semplicemente di questo. Per fortuna non aveva sentito i suoi precedenti deliri!
-E avete urlato che non l’avreste mai baciato...- osò il cavaliere, con un sorriso a dir poco malandrino.
Il biondo si sentì gelare, certo che il sangue avesse smesso di scorrergli nelle vene: Gwaine aveva sentito. Eccome, se aveva sentito!
-Io...io...- avrebbe voluto minacciarlo, picchiarlo, mandarlo alla gogna per un mese. Insomma, fare qualunque cosa, ma riuscì solamente a farfugliare, sconclusionato.
-Oh, non vergognatevi, Sire. Non c’è nulla di male e di certo, non lo dirò a nessuno- lo rassicurò il giovane, senza levarsi dal viso l’espressione da imbecille.
-Questo è poco ma sicuro! Se oserai dirlo a qualcuno, renderò la tua vita un inferno!- sbottò il biondo, più frustrato che realmente in collera: c’era poco da fare, la colpa era solamente sua e della sua dannata boccaccia. Se non avesse gridato in quel modo...
Ma quando si trattava del suo servitore idiota, non riusciva proprio a controllarsi!
Questo, lo aiutò a ricordare che il cerusico non aveva ancora trovato una soluzione. O, se lo aveva fatto, non aveva avvisato il principe.
-Hai notizie di Gaius? Ha trovato un modo per farlo tornare normale?-
-Ecco...in tal proposito, c’è una cosa che dovreste sapere.- il castano si bloccò: era certo che la reazione del suo signore sarebbe stata spropositata.
-Avanti, parla!- sbottò il biondo, incrociando le braccia al petto, in attesa.
Gwaine optò per una soluzione molto più semplice: si spostò di lato, rivelando la presenza di due persone, celate all’ombra del corridoio. Quando i due avanzarono, il principe boccheggiò sconcertato.
Sir Parsifal entrò nella stanza dell’erede al trono, subito seguito da...Merlin.
Arthur fece scattare lo sguardo fino all’angolino della stanza, dove il coniglietto nero era ancora intento a sgranocchiare gambi di sedano.
-Ma che...- tornò a guardare Merlin.
Il suo servitore sosteneva il suo sguardo, ma sembrava mortificato, per qualche ragione a lui sconosciuta.
Improvvisamente, il principe si sentì immensamente idiota: aveva accudito per tutto il pomeriggio un semplicissimo coniglio? Quindi, mentre lui si preoccupava per l’incolumità di Merlin, dov’era il suo valletto?
Una vocina sadica e maliziosa gli disse che, probabilmente, era con Sir Parsifal, visto che il cavaliere aveva disertato l’addestramento pomeridiano.
Questa prospettiva, unita a quella ancor peggiore che i due avessero udito lo stesso urlo “casualmente origliato” da Gwaine, lo mandò in tilt.
La tensione era palpabile, ma venne bruscamente tagliata dal cavaliere castano, che iniziò a ridere sguaiato, senza riuscire a trattenersi.
 
***
 
-E questo è tutto, Sire- concluse Parsifal.
Arthur era, se possibile, ancor più arrabbiato: si sentiva così...
Stupido.
-Vorresti dire che quello sarebbe un comunissimo coniglio?- sbraitò, rosso in viso.
Aveva davvero rischiato un arresto cardiaco per un...leporide?
-Perdonatemi. Ma avevo paura che lo avreste fatto arrostire- confessò il ragazzo, imbarazzato.
-Sta tranquillo, lo farò!-
-Sire...- Parsifal lo supplicò con lo sguardo, ma Arthur era troppo adirato e ragionare con lui in quelle condizioni, sarebbe stata un’impresa impossibile per chiunque. O quasi.
-Sparite dalla mia vista! Tu, Gwaine e quell’ammasso di pulci!-
I due cavalieri scattarono a recuperare il cucciolo, pronti ad eseguire l’ordine. Anche Merlin era sul punto di seguirli e sgattaiolare via con loro, ma la mano possente del principe si abbatté sulla sua spalla, per trattenerlo.
-Tu, Merlin, no! Ho alcune faccende per te, non vorrai lamentarti, spero- le labbra del principe erano piegate in un sorriso, ma i suoi occhi azzurri sprizzavano desiderio di vendetta.
-Oh, no. No...certo che no, Sire- Merlin si disse che, forse era meglio assecondare i capricci del principe, per una volta.
Anche se a voler mettere i puntini sulle “I”, non era affatto colpa sua!
-Bene. Chiudi la porta.- ordinò, voltando le spalle al servitore e dirigendosi al centro della stanza.
Il moro si domandò, per un momento, se Arthur non desiderasse infilzarlo con la spada, lontano da occhi indiscreti.
Spinse la porta, richiudendola per poi voltarsi apprensivo a guardare il principe.
Arthur.
Il suo destino...
Che tentava evidentemente di incenerirlo con lo sguardo.
Una volta tanto, ringraziò il cielo di aver dato a lui il dono della magia e non all’asino: se così non fosse stato, l’erede al trono sarebbe già riuscito nel suo poco nobile intento.
Il giovane Pendragon estrasse da un cassetto della scrivania un oggetto malridotto e lo sventolò davanti agli occhi del mago.
-Dimmi Merlin. Sapresti dirmi cos’è questo?- mentre parlava, il principe lo fissava come se lo volesse trapassare con gli occhi.
-Ehm...non saprei- farfugliò il moro.
-Strano, dato che avresti dovuto ritirarlo questa mattina. Oh! Dimenticavo!- esclamò, battendosi platealmente una mano sulla fronte. –Forse non lo riconosci perché mancano le orchidee!-
Il valletto sbiancò, nel realizzare che quello doveva essere il bracciale per Gwen. O meglio, lo era stato, fino a quella mattina.
-Che gli è successo?- gridò, scandalizzato.
-Quel vostro coniglio idiota l’ha mangiato, ecco cos’è successo!-
Merlin boccheggiò, seriamente dispiaciuto.
-Io...ve ne comprerò un altro, Sire. Domattina!- assicurò, mortificato.
Il principe annuì non sembrava ancora soddisfatto.
-Puoi contarci! È il minimo che tu possa fare, essendo il padrone di quel...quel...- Arthur non riusciva a trovare le parole per definirlo.
E senza una ragione apparente, accadde: guardò Merlin cercando soccorso, perché sicuramente il moro, molto più esperto di lui quanto a parlantina, avrebbe trovato le parole adatte.
Invece, queste gli morirono in gola appena incontrò le sue iridi blu.
Merlin schiuse le labbra, probabilmente per chiedergli qualcosa, forse preoccupato da quell’improvviso silenzio.
Ma Arthur non glielo consentì.
Si chinò su quella bocca invitante, rapito dalla sua perfezione.
Forse, era stata l’espressione del moro a sedurlo tanto da tentare la sorte. Non voleva staccarsi da lui. Probabilmente, sarebbe stato il loro primo e ultimo bacio, voleva viverlo.
Merlin spalancò gli occhi, confuso, senza riuscire a muoversi almeno finchè il biondo non affondò le dita tra i suoi capelli.
Una strana forza s’impossessò del mago, che risalì istintivamente con le mani sulle spalle del futuro re. Lo sentì irrigidirsi per un momento, forse di sorpresa; poi la lingua del principe gli carezzò le labbra e dei brividi corsero lungo la sua schiena. Non era del tutto sicuro che fossero dovuti alla febbre.
Probabilmente, Arthur era impazzito.
Oppure, stava sognando.
Non era possibile che, improvvisamente, il babbeo si fosse innamorato di lui.
Risvegliato proprio grazie a quel dilemma, si scostò dal corpo del principe, come se toccandolo si fosse scottato.
Il biondo lo guardò imbambolato, prima di recuperare la solita aria strafottente, attendendo delle proteste che, era certo, non si sarebbero fatte attendere per molto. In fondo, si trattava pur sempre del suo logorroico servitore. Sembrava quasi che si divertisse nel porgli domande inutili e idiote.
-Che...che state facendo?- il moro temeva la risposta, ma ne aveva un assoluto bisogno. Altrimenti, sarebbe impazzito.
-Ti restituisco il bacio, mi pare ovvio!- ghignò l’altro: come volevasi dimostrare, Merlin non si smentiva mai.
Il mago inarcò un sopracciglio, scettico.
-Ma di che state parlando?-
-Il coniglio, Merlin! Mi ha “baciato” ed essendo il suo padrone, devi assumertene le responsabilità! Quindi, ora pagherai per quello che quel...botolo ha fatto!- Arthur sembrava divertirsi un mondo.
Forse, vedendo la propria espressione scandalizzata, anche Merlin avrebbe reagito allo stesso modo. Purtroppo per lui, non aveva a disposizione alcuno specchio.
-Perché? Che altro vi avrebbe fatto?- chiese, senza mascherare una nota di panico nella voce.
-Vuoi davvero saperlo?-
Merlin deglutì, mentre il biondino si avvicinava a lui, umettandosi le labbra come se il servitore fosse una preda particolarmente succulenta.
Il valletto si ritrovò quindi a indietreggiare, fino a raggiungere la parete fredda, contro cui Arthur lo bloccò con uno sguardo così intenso da farlo sciogliere. Tanto che abbassò lo sguardo, per accertarsi che le proprie gambe non si fossero trasformate in budini.
Il principe avvicinò il viso all’orecchio del mago, sussurrando con voce calda e sensuale.
-Ha dormito nel mio letto...- nel dirlo, fece scorrere le dita sul braccio del servitore.
A quelle parole, Merlin avvampò e fu costretto a voltarsi, troppo imbarazzato per continuare a sostenere lo sguardo del principe.
-Siete...un babbeo.- mormorò, abbandonando la testa contro la superficie fredda.
Arthur sorrise, scostandosi leggermente.
Quando si era reso conto di aver baciato Merlin, una ferrea morsa gli aveva attanagliato lo stomaco: temeva che il moro lo avrebbe respinto disgustato. Invece, aveva corrisposto il suo bacio.
Forse erano entrambi vittime di un incantesimo.
Ma anche se fosse stato così, non era affatto intenzionato a scioglierlo.
-Sai, Merlin. Credo di aver trovato il modo di zittirti!- ghignò.
-Davvero? E quale sarebbe?- era certo che fingendo di non capire, la “testa di fagiolo” avrebbe agito di conseguenza.
Infatti, ben presto si ritrovò nuovamente schiacciato contro la parete, mentre le labbra del principe s’impossessavano delle proprie, questa volta con maggior impeto.
Merlin non riusciva più nemmeno ad elaborare un pensiero coerente, assediato com’era dalle attenzioni del principe che lo stava letteralmente prendendo d’assalto con baci, carezze e bisbigli arrochiti dal desiderio. Per non parlare delle sue dita, che scendevano e risalivano seguendo la linea dei fianchi provocandogli brividi di piacere.
Un ultimo sguardo, acceso di passione. Di parole troppo a lungo taciute.
Poi, senza smettere di baciare il moro, Arthur lo attirò a sé e Merlin, senza sapere come, si ritrovò ad atterrare sulla superficie più soffice che avesse mai provato; in uno sprazzo di lucidità, immaginò che dovesse trattarsi del letto del principe...
 
Gwaine osservò l’amico, annoiato: erano nella sua stanza da un’eternità ormai e Parsifal non aveva fatto altro che tagliuzzare carote per Merlin, accucciato tranquillo e beato sul tappeto.
-Ehi, che ne facciamo di lui?-
-Non ne ho idea. Io sono allergico, non posso tenerlo qui- spiegò il più alto, scrollando le spalle.
Il castano si aprì in uno dei suoi sorrisi sghembi.
-Beh, se Arthur non lo vuole e tu non puoi tenerlo, potrei occuparmene io- suggerì, rallegrandosi appena vide il compagno aprirsi in un sorriso.
-Allora dovrai cambiargli nome. Continuando di questo passo, non faremo che confonderlo con l’altro Merlin!-
-Se lo chiamassi Merlin Jr., riuscirei a distinguerli.- Gwaine sorrise scaltro: non aveva alcuna intenzione di ribattezzare l’animale, dopo averlo chiamato con lo stesso nome per tutta la giornata, durante le estenuanti ricerche. E poi si somigliavano davvero troppo! Non sarebbe riuscito a trovare nulla di più azzeccato.
-Ma è troppo lungo- Parsifal scoppiò a ridere, contagiando anche l’altro cavaliere.
-Solo Junior?-
Gwaine non ottenne risposta, perché qualcuno bussò alla porta, interrompendoli; quindi corse ad aprire, stando ben attento che il cucciolo non uscisse dalla soglia. Davanti ai suoi occhi c’era una stanchissima Gwen.
I due giovani si stupirono nel vederla, ma la invitarono comunque ad accomodarsi e mettersi a proprio agio. La mulatta rifiutò cordialmente: la sua non era una visita di cortesia. Mentre stava tornando a casa, il medico di corte l’aveva intercettata, pregandola di riferire un messaggio ai cavalieri.
-Gaius vorrebbe vedere quel coniglio.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata interrogativa, quindi annuirono.
 
Pochi minuti dopo, i tre entrarono nella dimora del medico di corte, dove trovarono anche uno sconvolto Merlin e il principe Arthur, apparentemente calmo.
Indizi che terrorizzarono Gwaine e Parsifal: non osavano pensare alla punizione che l’amico fosse stato costretto a subire, per mano del rampollo reale. Da come apparivano, doveva essere stato terribile, soprattutto a giudicare dall’aria serena e composta del babbeo (o forse dovremmo dire “dal suo malcelato ghigno soddisfatto”?), mentre il servitore se ne stava appollaiato su una sedia sgangherata, rosso in viso e con i capelli neri arruffati, evitando accuratamente di alzare lo sguardo. I due ignoravano che Merlin era semplicemente troppo confuso e imbarazzato per guardare Gwen, dopo quanto era accaduto nella stanza dell’erede al trono che, dal canto suo, le sorrise in un modo diverso dal solito.
Uno spiegazzamento di labbra piuttosto tirato, a dire il vero. Distogliendo immediatamente lo sguardo, a voler essere precisi.
Il cerusico, ignorando le preoccupazioni dei due ragazzi, tese una mano verso di loro, per farsi consegnare la bestiola.
-Cosa succede, Gaius?- domandò preoccupato Parsifal.
-Volevo solo verificare una cosa- replicò il medico, prendendo tra le mani il coniglio per studiarlo minuziosamente. Dopo un’attenta analisi, lo riconsegnò nelle mani di Gwaine –Beh. Ho pensato che qualcuno di voi volesse tenerlo, quindi credo vi sarà utile sapere che è una femmina!-
Gaius ridacchiò, alle reazioni stupite e shockate dei giovani. Quella di Merlin, tra tutte, era la più contenuta: aveva aggrottato la fronte, scrutando il coniglio come per dire “Oh. Davvero?”
Poi c’era Parsifal, che dopo un primo momento di smarrimento, aveva guardato sorpreso la bestiola, o Gwaine, con la mascella che rischiava di cadergli a terra. Il più comico di tutti, però, era proprio Arthur, che aveva additato la creatura aprendo e chiudendo la bocca senza riuscire a pronunciare una sillaba.
-Forse, dovrei offendermi- sbottò Merlin, fingendosi offeso. –Mi avete scambiato per lei!-
-Ora capisco perché mi è corsa incontro- ghignò invece Gwaine, accompagnando le parole con il suo usuale cenno di testa, colpendo inavvertitamente Parsifal con la chioma nocciola.
Il cavaliere rispose con uno scappellotto.
Gwen che non aveva capito nulla di quella storia, complice forse la stanchezza e l’aver badato al Re per tutto il giorno, si congedò dall’allegro gruppetto. Cercò con lo sguardo il principe, che stava battibeccando con Merlin per l’ennesima volta; in quegli ultimi giorni, sentiva il futuro sovrano distante, ma doveva cercare di non pensarci. Sicuramente, quando Arthur sarebbe salito al trono, le cose sarebbero cambiate.
 
Alcuni giorni dopo, Merlin, ormai completamente ristabilito, incrociò la mulatta nel corridoio: la giovane sembrava sconvolta.
-Gwen?- provò a richiamarla, ma il gesto ebbe un risvolto imprevisto: la serva scoppiò a piangere e corse via, intimandogli di lasciarla in pace senza riuscire a guardarlo in faccia.
Il moro, sorpreso da una simile reazione, s’infilò nella stanza di Arthur, che lo aveva fatto convocare con una certa urgenza; senza contare la vocina che gli suggeriva di andare da lui, per ottenere delle risposte all’insolito comportamento dell’amica.
-Oh, Merlin.- il principe abbandonò l’espressione pensierosa che il servo era assolutamente certo di aver intravisto quando aveva spalancato la porta, trovandolo seduto alla scrivania.
-Problemi con Gwen, Sire?- osò, più per reale preoccupazione che per stuzzicarlo.  
L’asino lo squadrò piccato.
-È mai possibile che tu debba sempre essere così diretto?-
Il servitore scrollò le spalle, ancora in attesa di una risposta. Arthur si ritrovò, malgrado tutto a sospirare, arrendevole. Tanto, trattandosi di Merlin, non aveva possibilità di uscire vittorioso da un battibecco. E, al momento, non aveva né la voglia né la forza per intraprenderne uno, quindi...
-L’ho lasciata e non l’ha presa molto bene- sospirò, con espressione indecifrabile.
Merlin boccheggiò, sconvolto.
-Come sarebbe a dire “l’ho lasciata”? Perché avete fatto una cosa del genere? Voi amate Gwen!-
Arthur si aprì in un sorriso stanco.
-Non è così- rispose semplicemente, prima di alzare il capo e rivolgere lo sguardo al valletto. –Le voglio molto bene, per questo mi spiace vederla soffrire in quel modo. Ma non potevo starle accanto fingendo che i miei sentimenti fossero ancora sinceri. Inoltre, sono certo che non starà sola a lungo...-
Merlin colse il velato riferimento a Lancelot. Era certo che Arthur stesse soffrendo più di quanto non volesse ammettere, quindi optò per un cambio d’argomento.
-Avete bisogno di qualcosa?-
Arthur lo fissò divertito.
-Non cambiare argomento!-
-Ma voi...mi avete fatto chiamare!- protestò.
-Per dirti che ho lasciato Gwen. Quindi, come vedi, dovrai ascoltarmi fino alla fine. E poi, non volevi sapere la ragione?-
Il mago osservò a bocca spalancata il ghigno soddisfatto del babbeo e si avvicinò alla scrivania a passo di carica, fermandosi davanti a lui incrociando le braccia, corrucciato.
-Bene, allora! Sentiamo!-
Arthur non l’avrebbe mai detto a voce alta, ma era più che evidente il suo divertimento all’irritazione del servitore.
-Diciamo che...penso continuamente a un’altra persona- ammise, abbandonando repentinamente ogni ilarità. Serio come se stesse per affrontare una battaglia mortale.
Merlin provò un tuffo al cuore: allora era questo? C’era un’altra.
Stupidamente, aveva pensato che quanto era accaduto alcuni giorni prima, avesse qualche importanza anche per il principe.
Avrebbe preferito essere ucciso mille volte, piuttosto che sentirgli dire quelle parole.
Nonostante tutto, sorrise stoico, con aria di sfida.
-E chi sarebbe la sfortunata?-
Arthur si alzò, appoggiando le mani al piano di legno, senza abbandonare nemmeno per un istante il contatto visivo.
-Non riesci davvero a immaginarlo?-
Sembrava quasi una domanda retorica, ma Merlin non capiva. Si era forse perso qualche importante pezzo di quel misterioso puzzle? Forse, durante una festa, il principe si era invaghito di una donzella? A quella prospettiva, avrebbe certamente preferito Gwen; almeno, il suo era un amore sincero e disinteressato.
Il mago scosse il capo, titubante. A quel cenno, il reale babbeo circumnavigò il mobile, per piazzarsi di fronte a lui, a un palmo dal suo naso.
-Allora sei davvero un idiota, Merlin-
Prima che il servitore riuscisse a ribattere qualcosa, Arthur lo zittì con un bacio...
 
Parsifal osservò indignato Gwaine, mentre coccolava senza un attimo di tregua la povera Jule.
-Vuoi lasciarla in pace, una buona volta? La stai terrorizzando con la tua brutta faccia!- se gli fosse stato possibile, avrebbe afferrato la coniglietta tra le proprie mani, pur di allontanarla dalle grinfie dell’altro cavaliere.
-Guarda, Jule! Parsifal è geloso!- il castano ridacchiò alla reazione scandalizzata del cavaliere. –Dai, non essere timido. Ammettilo!-
-Idiota- Parsifal si limitò a lanciargli addosso un cuscino, ma l’altro seguitò a ridere come un imbecille, pur allontanando da sé la bestiola per metterla al riparo da eventuali colpi.
Di lì a poco, si scatenò una battaglia che disseminò parecchie piume d’oca sul pavimento e sul mobilio circostante, oltre a sommergere la coniglietta nera che si divertiva un mondo a scrollarsele di dosso e rincorrerle; solo dopo parecchi minuti, i due cavalieri si accasciarono esausti a terra, la testa appoggiata al materasso alle loro spalle.
-Sei il solito casinista!- ridacchiò il più alto.
-Guarda che hai iniziato tu, stavolta- gli ricordò Gwaine, sbuffando.
-Per te è sempre colpa mia!- puntualizzò l’altro, con una smorfia.
-Solo perché la tua espressione offesa è impagabile-
Parsifal guardò l’amico come se fosse impazzito, quindi scoppiò a ridere, seguito a ruota dal castano.
Ormai erano diventati grandi amici, ma non era abbastanza.
Non per Jule che sì, era solo una leporide, ma era anche molto sveglia.
La cucciola si avvicinò saltellando ai ragazzi, mettendosi proprio al centro tra i due.
Parsifal e Gwaine la accarezzarono distratti nello stesso momento, ritrovandosi con le mani sovrapposte; il primo bofonchiò qualcosa riguardo la sua allergia, allontanandosi imbarazzato, mentre il secondo era rimasto inspiegabilmente sconvolto.
Jule li guardò con i vispi occhi azzurri.
Sì, c’era ancora parecchio lavoro da fare, ma poteva affermare di essere a buon punto anche con i due cavalieri. Senza alcun dubbio, entro poche settimane, sarebbe riuscita nel suo intento!
 
Note finali:
Come vedete, il coniglio in realtà era una femminuccia! E come può un membro del gentil sesso non tifare per lo slash?! XD
Il rating sarebbe più giallo che arancione ma nell’indecisione ho preferito abbondare. ^_^ Spero che anche questo ultimo capitolo vi sia piaciuto (e che abbiate apprezzato gli accenni Gwarcival finali XD)
Alla prossima! (Ne approfitto per fare pubblicità a “41 di sangue”, per chi ancora non l’avesse letta) ^_^

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