Lucky I'm in love with my best friend.

di u n b r o k e n
(/viewuser.php?uid=121560)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** who's that boy? ***
Capitolo 2: *** you just saved my life. ***
Capitolo 3: *** damn, can i have my breakfast now? ***
Capitolo 4: *** school playboy. ***
Capitolo 5: *** invisible star. ***
Capitolo 6: *** drums lesson. ***
Capitolo 7: *** sick for you. ***
Capitolo 8: *** what's on everybody's mind? ***
Capitolo 9: *** you, me and the toilet. ***
Capitolo 10: *** would you like to fall in love? ***
Capitolo 11: *** stupid girls. ***
Capitolo 12: *** prince charming lives in a castle. ***
Capitolo 13: *** pretty little bitch. ***
Capitolo 14: *** what a wonderful day. ***
Capitolo 15: *** styles' gang. ***
Capitolo 16: *** it's an ice cream world, you see. ***
Capitolo 17: *** fucking lucky genius. ***
Capitolo 18: *** do you think he's drunk? ***
Capitolo 19: *** fuck it. ***
Capitolo 20: *** paris, je t'aime. ***
Capitolo 21: *** do you like horror movies? ***
Capitolo 22: *** best timing ever. ***
Capitolo 23: *** you know i like to play hard. ***
Capitolo 24: *** me? apologizing? never ever. ***
Capitolo 25: *** she puts my world upside-down. ***
Capitolo 26: *** a jimmy page guitar. ***
Capitolo 27: *** something's changed. ***
Capitolo 28: *** romeo & juliet: the backwords story. ***
Capitolo 29: *** derry is the way. ***
Capitolo 30: *** full tide. ***
Capitolo 31: *** long live to the queen & the king. ***
Capitolo 32: *** summer paradise. ***
Capitolo 33: *** forever young. ***
Capitolo 34: *** one direction. ***
Capitolo 35: *** innocent jokes. ***
Capitolo 36: *** grounded... again. ***
Capitolo 37: *** she's got a wild side. ***
Capitolo 38: *** winter is the hardest season. ***
Capitolo 39: *** you know what? go to hell. ***
Capitolo 40: *** consideration. ***
Capitolo 41: *** everything flows. ***
Capitolo 42: *** that was it. ***
Capitolo 43: *** epilogue - good luck. ***



Capitolo 1
*** who's that boy? ***



Destiny.

La fine dell'estate non è mai tanto pesante come nel primo giorno di scuola. O almeno questa è la mia opinione. E' proprio nell'istante in cui il rumore assordante della sveglia ti cava le orecchie e apri gli occhi di scatto che ti accorgi che siamo in autunno. E autunno vuol dire scuola. E allora rimani a fissare impotente il soffitto della tua camera, chiedendoti se esiste un modo per ripartire da capo, tornare a giugno e rivivere l'estate di nuovo. Perché adesso è come se l'estate non ci fosse mai stata: una volta che è finita, svanisce nel bagaglio di ricordi, completamente schiacciata dall'anno scolastico precedente e quello successivo: e a quel punto ha la stessa utilità che può avere una corsa di dieci minuti prima di un bigné alla crema. Pari a zero, insomma. La tua estate svanisce così, ed è come se non fosse mai esistita: e ti chiedi per quale motivo allora c'è stata, se non è servita a un bel niente.
E anch'io, come ogni teen-ager che si rispetti, facevo questa riflessione, avvolta tra le lenzuola del mio letto, più perché mi sentissi protetta che perché effettivamente avessi freddo. Ci sono certe estati che ti cambiano la vita e hanno ripercussioni anche sulla tua vita "invernale": e poi ci sono quelle estati che sono capitoli a parte, situazioni estranee a tutto il resto e che non incideranno mai sulla tua vera vita. La mia estate non era stata nessuna delle due: sarebbe stato un po' presuntuoso dire che era stata buona a nulla, ma non ci avevo fatto niente di buono, sostanzialmente. Quei tre mesi pieni di calore e ghiaccioli avevano fatto da segnalibro alle pagine della mia vita: avevo smesso di scriverne una parte, mi ero presa una pausa, e adesso ecco che cominciavo con l'altra.
Che cosa voglio dire, in poche parole? A giugno mi ero trasferita a Los Angeles, e considerato che avevo passato buona parte della mia vita a New York, nella costa opposta, era un grande cambiamento per me. Cogliendo l'occasione degli studi universitari di mio fratello, avevo convinto mia madre a far trasferire tutta la famiglia, liberandomi finalmente della mia vecchia scuola.
Perciò eccomi qui. Nuovo anno, nuova vita, giusto? Cercavo di vederla con positività, almeno.

Mi guardai intorno un po’ spaesata: il corridoio era deserto e silenzioso, e avevo come l’impressione che la campanella fosse suonata già da un pezzo.
Merda, pensai. Era davvero così indispensabile per me arrivare in ritardo anche il primo giorno di scuola?
C’era solo un ragazzo qualche metro più in avanti, che camminava con calma e disinvoltura, come se fosse addirittura in anticipo. Diedi una rapida occhiata all’orologio, e sì, eravamo entrambi abbastanza in ritardo. Senza indugiare più di tanto lo raggiunsi e richiamai la sua attenzione.
«Scusa, sono in ritardissimo» dissi alle sue spalle. In quell’esatto istante lo vidi voltare la testa e fronteggiarmi: mi scontrai con i suoi occhi verdi, quasi trasparenti, che in quel momento mi scannerizzavano dall’alto verso il basso. Aveva i capelli ricci ed arruffati che gli conferivano un’aria un po’ disordinata, ma non trasandata. «Potresti dirmi che lingua è questa?» ripresi porgendogli il fogliettino degli orari «credo che la vostra segretaria sia straniera, o analfabeta».
Per qualche strano motivo però, non riuscii facilmente a distogliere l’attenzione dalla sua figura. Feci correre lo sguardo lungo i suoi lineamenti, alla disperata ricerca di qualche dettaglio che avrebbe potuto far scattare la campanella nella mia mente: perché io lo avevo già visto. Non riuscivo a capire dove, né quando, né come, ma man mano che lo scrutavo realizzavo sempre più che quegli occhi si erano già posati su di me altre volte, e che avevo già avuto occasione di avere a che fare con lui. Da qualche parte.
Per qualche istante anche lui sembrò totalmente disinteressato alla domanda che gli avevo posto, ed era rimasto a fissarmi con un’espressione che vagava tra il perplesso ed il sorpreso. Poi lo vidi scuotere leggermente la testa, e concentrò la sua attenzione sul foglio che aveva tra le mani.
«Sei a chimica la prima ora» spiegò decifrando i geroglifici del mio orario. Lo guardai per un attimo stupita, domandandomi come diavolo avesse fatto a capire cosa c’era scritto lì. Forse sarebbe stato così gentile da tradurmi il resto dell’orario.
Sollevò lo sguardo per poi guardarmi da capo a piedi un’altra volta. «Sei fortunata, ci vado anch’io. Ti accompagno» disse, e senza aggiungere altro si avviò verso quella stessa direzione, con le mani in tasca e un’aria svogliata. E fu con la stessa aria svogliata che biascicò un “mi scusi” poco interessato al professore per il ritardo di dieci minuti alla sua lezione. Lo seguii fino all'interno dell'aula e sostenni sicura lo sguardo del professore: sebbene non volessi deludere le aspettative di mia madre, non volevo neanche fare la brava bambina. Quella non ero io, e per qualche minuto di ritardo non sarei diventata una pecorella pentita che abbassava lo sguardo innocentemente. Non ero proprio fatta così. 
«Penso di doverti dare il benvenuto nella scuola» disse noncurante dell’occhiataccia che in quel momento gli stava lanciando il professore dall’altra parte dell’aula. «Sono Harry, piacere» aggiunse mentre ci accomodavamo in uno dei banchi all’ultima fila.
«Sono Destiny» risposi mentre tiravo fuori dalla mia borsa il libro di chimica nuovo di zecca, ancora impacchettato. Avevo avuto così tanto da fare con la casa e i preparativi per la scuola che non ero riuscita a riservarmi neanche cinque minuti per spacchettare i libri. Poco male. Cominciai a spacchettarlo, causando un rumore un po’ fastidioso all’interno della classe; vidi un qualche paio di occhi posarsi su di me, fissandomi in maniera diffidente. «Beh?»  domandai con tono provocatorio, continuando il mio lavoro in serenità. Nel frattempo sentivo Harry sghignazzare al mio fianco.
«E… si vede tanto che sono nuova?» domandai scrollando le spalle con disinvoltura, mentre aprivo il libro ad una pagina a caso.
«Se ti metti a spacchettare qui i libri lo rendi piuttosto evidente» rise lui leggermente.
«Tu dici?» domandai con un sorriso sarcastico «Beh non mi interessa più di tanto. Ieri non ho avuto tempo di farlo, perciò lo faccio adesso».
«Come vui tu. Io non ho niente in contrario» lo vidi fare spallucce, noncurante. «In ogni caso io conosco tutti in questa scuola. Tu sei una faccia nuova. Non del tutto... ma nuova in questa scuola, sì» commentò pensieroso.
«Che vuoi dire?» domandai curiosa. Che la pensasse anche lui come me?
«Non lo so» disse lui mentre scarabocchiava disegni indecifrabili su una pagina del suo libro. Poi distolse lo sguardo e si concentrò per qualche secondo su di me, restando in silenzio. E, ancora una volta, mi ritrovai investita da quella terribile sensazione di de-ja vu, come se quell’incrocio di sguardi fosse già capitato altre volte. C’era qualcosa di tremendamente familiare in quei tratti, ne ero sicura. «Ho la sensazione di averti vista da qualche parte. O meglio, di conoscerti già»
«Certo, è strano» mormorai perplessa mentre tiravo fuori una mela dallo zaino e l’addentavo. «Hai idea di dove possiamo esserci visti?» ma lui non fece in tempo a rispondere, perché il professore si era fermato proprio davanti al mio banco, e mi fissava con disapprovazione.
«Non si mangia in classe, signorina…»
«Miller, signorina Miller. E non ho fatto colazione stamattina» lo interruppi impertinente. Dopo tutto mia madre si era anche raccomandata che mangiassi, no? E in ogni caso era sempre stato più forte di me avere un brutto voto in condotta.
«Se un certo liquido inizia a bollire a 100° C ed è completamente trasformato in vapore a 108° C, a che temperatura inizia a bollire?» domandò lui incrociando le braccia al petto, mentre mi fissava con un’aria saccente.
A quelle parole allargai un grande sorriso prima di rispondere. «A 104° C» dissi con serenità.
«Com’è chiamato un passaggio di stato da un solido ad un vapore?»
«Sublimazione. Avanti, questa è chimica per bambini!» quasi lo schernii, evitando però di ridacchiargli in faccia. In effetti sarebbe stato esagerato. Lui chinò il capo in segno di resa e girò i tacchi per tornare poi alla cattedra. Non ero mai stata una studente modello, ma ero brava a scuola: i professori non potevano lamentarsi dei miei voti, considerato che studiavo e ottenevo degli ottimi risultati; certo, c’era sempre stata quella pecca della condotta… ma non potevo farci nulla. Erano i professori che mi provocavano, ed io, per il carattere che avevo, non potevo certo star zitta e lasciarmi maltrattare. Sorrisi vittoriosa, per poi girarmi verso Harry alla mia sinistra. «Allora?» domandai.
Notai che lui mi fissava con un’aria divertita e sorpresa, e quando il professore fu abbastanza lontano ridacchiò di gusto. «Sei stata grandiosa» disse in un’ampia risata. «Ti sei appena guadagnata la mia stima, e il posto accanto a me a pranzo».
Sollevai un sopracciglio. «Cos’è, ci stai provando?» dissi schietta.
Lui per tutta risposta rise di più e scosse la testa. «Decisamente no» si morse il labbro inferiore «ma se ti va puoi sederti con me a pranzo. Magari scopro pure dove ti ho vista prima» propose scrollando le spalle.
Feci anch’io spallucce con noncuranza ed annuii. «Oh, d’accordo»
«Styles, Miller» ci richiamò all’attenzione la voce del professore, adirata «se avete intenzione di fare così per tutta l’ora potete benissimo recarvi nell’ufficio del preside»
Sentii Harry sbuffare al mio fianco, e feci lo stesso, prima di alzarmi e prendere la mia tracolla. «Bene, dovevo conoscerlo prima o poi» mormorai tra me e me, attraversando l’aula con il ragazzo alle mie spalle.
«Che bel modo di cominciare l’anno, neh?» commentò lui non appena fummo in corridoio.
«Fantastico. Ma ci sono abituata, in realtà» osservai pensierosa, con un leggero sorrisetto sulle labbra. Nella vecchia scuola il preside era diventato ormai il mio migliore amico: passavo ore nel suo studio a discutere con lui sulla mia disciplina e condotta ma, logorroico com’era, finivamo per farci delle chiacchierate sugli argomenti più vari davanti ad una tazza di tè. Ecco un altro motivo per il quale mia madre aveva accettato di farmi cambiare scuola: non ero mai stata uno stinco di santo e in qualche modo sperava che un nuovo inizio mi avrebbe fatto mettere la testa a posto, ma io ero dell’idea che, come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio. E io non potevo cambiare da un modo all’altro in un batter d’occhio; l’indisciplina sta a me come il pane sta alla nutella.
«Meglio così» disse lui abbassando lo sguardo con un sorriso, evidentemente doveva aver capito a cosa mi riferivo.
Non sapevo esattamente come fosse il preside della nuova scuola, ma mi erano giunte voci sul fatto che fosse parecchio severo con i suoi studenti, e che fosse solito convocare i genitori per un nonnulla. E francamente avrei preferito che mia madre non venisse a sapere di questo mio piccolo diverbio con il professore.
Ma purtroppo dovetti ricredermi quando l’uomo in carne seduto dietro alla scrivania ci accolse nel suo ufficio con un cenno del capo, come se ci stesse aspettando da un pezzo, con un «Il professor Williams mi ha avvisato per telefono. Ho già chiamato i vostri genitori, stanno arrivando»
Deglutii rumorosamente, immaginandomi la faccia di mia madre, delusa e incazzata allo stesso tempo, che mi fissava. E poi ovviamente sarebbe arrivata la ramanzina, che non tardava mai ad arrivare: e possibilmente qualche punizione.
«Styles, è un piacere rivederla. Signorina Miller, già qui?»
 «Salve, preside!» disse Harry calorosamente, noncurante del tono freddo e distaccato dell’uomo. Si andò ad accomodare ad una delle poltrone che stavano di fronte alla scrivania, e io feci lo stesso. «Come sta? Passata bene l’estate? Ma aspetti, è abbronzato! E’ stato a mare? Veda, sono venuto a trovarla appena ho potuto!» continuò sarcastico, con la voce di chi incontra un amico di vecchia data. Mi morsi il labbro inferiore, nel tentativo di trattenere le risate. Il preside tuttavia mantenne il suo atteggiamento composto e distaccato.
«Ho passato una bellissima estate, sfogliando i tuoi fascicoli e chiedendomi per quale motivo ti abbiamo promosso» al che Harry arricciò il naso in una specie di smorfia, ma non ebbe il tempo di ribattere. «Allora, avete intenzione di continuare così?» disse l’uomo tamburellando con le dita sul tavolo. Harry sollevò leggermente le spalle, come a dire “sì, molto probabilmente sì” ma io intervenni.
«Veramente io ho solo mangiato una mela e risposto alle domande del professore» mi giustificai.
«In maniera arrogante, mi è stato riferito» ribatté lui.
«E allora? E’ colpa mia se sono intelligente?»
«Già. Le sembra qualcosa di oltraggioso?» intervenne Harry «Siamo… siamo chiaramente vittime di un complotto»
Stavo per dire che concordavo con lui, ma in quello stesso istante una quarta figura entrò nella stanza. Era un uomo di mezza età, dai capelli ricci come quelli di Harry, solo più ordinati e definiti: portava una giacca che gli conferiva un’aria piuttosto seriosa, ma non aveva nessuna cravatta al collo. Al suo ingresso vidi Harry drizzarsi a sedere e allargare lo sguardo.
L’uomo sospirò leggermente, sconsolato, e fece balenare lo sguardo su Harry, poi si rivolse al preside. «Buongiorno signor Preside. Mi dispiace per mio figlio…» cominciò.
«Oh, non si preoccupi. Non è mica colpa sua» lo interruppe l’uomo da dietro la scrivania. Un nuovo scatto della porta mi obbligò a distogliere lo sguardo dal padre di Harry, perché era ormai matematico che quella che stava per varcare la soglia era mia madre. E infatti eccola, in tutto il suo splendore.
E ovviamente, preferisco specificare per le povere anime prive di senso dell’umorismo, sono ironica: non c’era niente di splendente in mia madre quella mattina. Aveva le sopracciglia corrugate, lo sguardo assassino, le spalle contratte e i pugni chiusi: ecco, aveva assunto quella che io chiamavo la posizione Destiny-sei-morta. Sin dal piccola avevo imparato a guardarmi bene da quel suo sguardo omicida, e ogni qualvolta la vedevo serrare i pugni o contrarre le spalle mi affrettavo ad allontanarmi dal suo raggio d’azione nel più breve tempo possibile. Solo che adesso non potevo scappare.
Poi però qualcosa cambiò nel suo sguardo. La vidi scambiarsi per un attimo un’occhiata con il padre di Harry e rimanere di stucco: quasi non mi calcolava, in pratica. E non lo fece per un po’, rimanendo a guardarsi con l’uomo di fronte a lei, che la fissava di rimando.Inarcai un sopracciglio aguzzando gli occhi per seguire meglio la scena.
«Megan? Sei tu?» disse lui, sconvolto.
«Nick? Nick Styles?»  rispose lei di rimando, allargando un enorme sorriso. «Non ci posso credere».

u n b r o k e n corner;
Hi everyone!
Qui è Carla che vi parla u.u (?) fa rima! *-* okay basta u.u
dunque, ci tenevo a dire che questa fanfiction significa davvero molto per me perché ha una lunghiiiiiissima storia che magari un giorno vi racconterò. Sappiate solo che non è tutta farina del mio sacco, e anche se adesso io la sto "mettendo insieme" il merito non è solo mio, ma anche di Manuela, l'originaria in possessione di quest'account u.u ecco, io mi sono intrufolata insomma!
Va beh spero che vi piaccia e sarebbe carino se recensiste *-* grazie mille gente! bye bye <3
P.S. Un giorno riuscirò a rendere il layout più carino, magari quando prenderò confidenza con i codici ç.ç per adesso è così, sorry çç
P.P.S.S. Edit: sono riuscita a sistemare il font e la dimensione, alleluja *-* 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** you just saved my life. ***



Harry.

Inutile dire che ormai mi ero preparato psicologicamente alla strigliata di mio padre: e invece eccolo lì che mi ignorava bellamente, e non aveva occhi che per quella donna quasi-sconosciuta.
Quasi perché anche lei aveva un'aria piuttosto familiare, ma probabilmente avevo questa sensazione solo perché lei era l'esatta fotocopia della ragazza che stava seduta di fronte a me. La reazione di mio padre mi aveva sorpreso in ogni caso. Era entrato nella stanza con un'espressione infuriata, mentre adesso chiacchierava tutto allegro con quella donna misteriosa, senza degnarmi di un minimo sguardo. Non che alla fine fosse un grave problema per me, anzi: magari sarei anche riuscito a sgattaiolare fuori dalla stanza senza dovermi sorbire la predica di mio padre, che certamente questa volta non avrebbe risparmiato una bella punizione. Dopo tutto, il discorso di quella mattina era stato parecchio eloquente.
Era stato uno di quei discorsi seri, dai quali non si può evadere: dovevo migliorare la mia terribile media, aveva detto. Sì, certo. Come se non sapesse anche lui che non c'era storia con me. Ma, considerato che l'anno precedente avevo seriamente rischiato la bocciatura, quest'anno i miei avevano preferito prevenire il danno anziché doverlo curare. In pratica volevano che
studiassi. Quella parola era arrivata come un fulmine a cielo aperto: non avevo mai dovuto pensarci seriamente prima d'ora, ero sempre stato bravo con bigliettini e roba del genere in classe, e non avevo mai effettivamente avuto bisogno di aprire un libro. Certo, a volte qualche brutto voto ci scappava; ma io più che altro li consideravo incidenti di percorso. 
E così anche il primo giorno di scuola mio padre mi aveva guardato uscire da casa con il suo solito sguardo da se-non-torni-con-buoni-voti-ti-strangolo e, cosa ancora più assurda, stavolta anche mia madre l'aveva appoggiato: il che voleva dire che era piuttosto grave. Mio padre era sempre molto severo con me, ma mia madre era decisamente più permissiva. E se per una volta anche lei lo appoggiava nelle sue strigliate mattutine, era segno di qualche cambiamento serio.
Ma non ci avevo fatto caso più di tanto, tant'era che, alla prima ora del primo giorno di scuola, stavo seduto nella poltrona del preside, a gambe accavallate, con la caviglia appoggiata al ginocchio, e un'espressione annoiata.
«Ma tu non eri a New York?» chiese mio padre con un sorriso più ampio che mai. 
«Già!» rispose Megan. «Fino a qualche settimana fa. Jason si è trasferito qui all'università, e anche mio marito, io e Destiny ne abbiamo approfittato per cambiare aria»
«E' incredibile, quanto tempo è passato dall'ultima volta?» il tono di mio padre sembrava piuttosto emozionato. 
«Un sacco di tempo» annuì lei. «Destiny ed Harry dovevano avere... Oh mio Dio, Harry!» mentre parlava il suo sguardo balenò su di noi, e insieme a quello di mio padre finalmente ci degnarono di attenzione. I suoi occhi brillarono per un momento quando mi vide, e si avvicinò per scompigliarmi i capelli. Ritrassi la testa all'indietro rigidamente, guardandola in maniera diffidente dal basso, ma lei sembrò non farci troppo caso. «Sei cresciuto un sacco. Mi ricordo di te quando ancora lottavi nel fango con Destiny».
«Io... cosa?» domandai stralunato. Incrociai lo sguardo della ragazza, altrettanto sorpresa. 
«Come, non vi ricordate?» intervenne mio padre, ed era sul punto di continuare il suo discorso, quando fu interrotto da un «ehm ehm» proveniente dall'altra parte della scrivania. Tutti i nostri sguardi si puntarono verso il preside, che aveva osservato la scena in silenzio, giocherellando impazientemente con la sua penna laccata blu Mont Blanc. La prima a parlare fu Megan.
«Ci scusi» disse con una punta d'imbarazzo. «Allora, ehm... che ha combinato mia figlia?»
«Il signorino Harry e la signorina Destiny» disse l'uomo schiarendosi la gola, con un tono che mi faceva venire tanta voglia di ficcargli la sua amata penna su per il... naso. «hanno chiacchierato e mangiato in classe, e risposto in maniera arrogante al professore» continuò.
Mio padre sospirò leggermente, ma fu ancora la donna accanto a lui a rispondere.  «Ci dispiace immensamente», disse.
«Ciò nonostante» disse l'uomo, come se non avesse udito minimamente il commento della donna «essendo questo il primo giorno di scuola, vedrò di essere clemente. Non metterò alcuna nota, ma» e qui si rivolse a me e a Destiny, guardandoci con quei suoi piccoli occhi neri e penetranti, da sopra le lenti degli occhiali «considerate questo come un avvertimento. Non voglio più vedervi qui dentro per almeno un altro po' o scatteranno i problemi. Intesi?» concluse il suo discorso con tono severo, ma ero più che sicuro che l'ultima parte fosse rivolta in particolare a me.
«Intesi» risposero all'unisono i nostri genitori per noi. 
Il preside era un omaccio antipatico e noioso. Faceva sempre gli stessi discorsi idioti, e lo definivo anche un po' stupido. Questo era anche uno dei motivi per cui amavo prenderlo per il culo durante le ore che passavo seduto alla sua scrivania, quando i prof mi mandavano da lui per atteggiamenti "poco disciplinari".
«Allora, mi spiegate cos'è questa storia?» chiese Destiny non appena fummo fuori dalla presidenza. La stessa domanda stava per sfiorare le mie labbra in quel preciso istante, perciò rimasi a bocca spalancata, guardando mio padre e Megan, in attesa.
«Andiamo, non vi ricordate proprio nulla?» chiese la donna rivolta a noi due. «Destiny, è Nick non ricordi? Il mio vecchio amico. E lui è Harry! Il bambino che picchiavi quando eri piccola!» disse la donna divertita. 
Strabuzzai gli occhi. «Cosa?!» domandai incredulo, guardando mio padre. Lui annuì, come per testimoniare la cosa.
Destiny invece sembrava essere meno sorpresa, e guardarmi sotto un'altra luce. «Harry? Harry!» la ragazza guardandomi allargò un sorriso stranamente preoccupante. 
«Starete scherzando, vero?»
«No che non scherziamo» mi rassicurò Megan. «Ma fatti raccontare qualcosa da Destiny, lei sembra ricordare le vostre marachelle» concluse con un occhiolino. 
Marachelle? Possibile che fossi io l'unico a non avere la più pallida idea di cosa stessero dicendo? Mio padre sorrideva tutto contento e annuiva, neanche fosse la reincarnazione della Monnalisa fatta uomo. Sbuffai piano. Però in tutta questa situazione una cosa buona c'era.

«Bene, allora adesso io torno a lezione» dissi scrollando le spalle e con la più totale disinvoltura mi incamminai per il corridoio.
Ma non ebbi neanche il tempo di fare tre passi che già la voce di mio padre mi richiamò, ferma e convinta, alle mie spalle. «Fermo lì». Chiusi gli occhi per un momento e sospirai, prima di girarmi verso di lui, in attesa. Lo sapevo che non avrei potuto evitarla, ma in quel momento sembrava totalmente fuori dal mondo: non avrei mai immaginato che se ne sarebbe ricordato così in fretta. Lo guardai, in attesa. «Pensavi davvero di essere riuscito a evitarlo?» domandò con una punta d'ironia «Noi due ne abbiamo già parlato. Ti spetta una punizione esemplare, signorino. Niente più chitarra, batteria, pianoforte; niente amici, niente telefono, niente computer. Farò in modo che studiare diventi il tuo unico passatempo. Non ho intenzione di vederti rischiare l'anno un'altra volta»
«Papà...» dissi con uno sbuffo. 
«Niente ma. Avresti dovuto pensarci prima di questo. Sono profondamente deluso da te. Ti chiedo di studiare e impegnarti a scuola, e tu cosa fai? Ti fai mandare in presidenza il primo giorno. Non sarò più tanto transigente».
«Non abbiamo fatto nulla di male, davvero mamma» sentii la voce di Destiny intromettersi, rivolgendosi alla donna.
«Forse è meglio che ne parliamo a casa. Il punto è a casa di chi. Non so se dopo questo ti permetterò ancora di vivere da sola».
Sospirai piano, poco interessato alla discussione delle due donne. E adesso, come cazzo facevo? Il cellulare mi serviva, era una cosa indispensabile. Le uscite e gli amici... pure. Per un sedicenne queste sono tutte cose fondamentali, specie se si vuole mantenere una vita sociale all'interno del liceo. E poi cavolo, come sarei riuscito a resistere senza musica? Per me la musica era tutto. Non sarei andato avanti un giorno senza poter toccare la mia chitarra o la tastiera o la batteria e per giunta avrei dovuto studiare, e poi perché? Perché quello stupido del professore di chimica era talmente idiota da non potere accettare che-
«E se dessi ripetizioni a Harry?» 
«Cosa?» disse la voce curiosa di Megan.
«Cosa?» ripeté mio padre aggrottando le sopracciglia.
«EH?» mi voltai verso la ragazza, cercando di afferrare il senso del suo discorso. Lei ci guardò tutti, ma si fermò ad osservare mio padre.
«Ha detto che Harry ha bisogno di migliorare a scuola, no? Io vado bene. Potrei dargli delle ripetizioni» disse con calma, scrollando le spalle come se nulla fosse. Un attimo, un attimo. 
«Saresti davvero disposta a dargli delle ripetizioni, Destiny?» disse Megan, fissandola in tralice.
«Certo» disse lei annuendo, sicura. «Potrei aiutarlo» concluse seria. C'era qualcosa nel suo sguardo però, che mi diceva che non era esattamente come stava cercando di farla passare. Ma al momento tutto ciò che mi importava era scappottare questa punizione.
«Certo, con una mano studierei con più volontà» osservai ad alta voce, scambiando uno sguardo con Destiny. In un attimo capii il suo piano. E dovetti ammettere che era geniale, tanto da rimproverarmi di non averci pensato io stesso. Cavolo, se quella ragazza era sveglia. Nessuno dei due avrebbe studiato: ma sarebbe stata una scusa perfetta per 1. evitare la punizione 2. far credere a mio padre che mi sarei impegnato nello studio. Quindi almeno due buoni motivi per i quali questo piano era perfetto, almeno per me.
«Se lo aiuto io non avrà bisogno di punizioni. Mi prenderò cura personalmente del fatto che studi tutto ciò che c'è da studiare. E nel frattempo tu mamma ti assicuri che io non mi distragga troppo dai miei doveri» Destiny rincarò la dose, con un mezzo sorriso stampato sul volto, segno che probabilmente avevamo questa battaglia in pugno. 
«Promettete che vi impegnerete?» disse mio padre con uno sbuffo. Non poteva fare altre polemiche di fronte ad un piano perfetto come questo. 
«Te lo prometto», sorrisi vittorioso. 
«Allora presumo che sia un accordo. Noi andiamo. Cercate di non farvi sospendere prima del resto della giornata» e detto questo, entrambi si allontanarono nel corridoio. 
Restammo lì fermi in silenzio, fino a quando le due sagome non furono ben lontane, e ci ritrovammo completamente soli.
Sospirai sollevato. «Sei un genio. Mi hai appena salvato la vita» commentai rivolgendomi a Destiny.
Lei si strinse nelle spalle ed abbozzò un sorriso. «Figurati. Che abbiamo adesso?» domandò la ragazza dopo una rapida occhiata al suo orologio. La prima ora era ormai finita, e presto i corridoi sarebbero stati gremiti di gente che sgambettava qua e là, primini in cerca delle aule e ragazzi dell'ultimo anno a cazzeggiare in giro fino a quando non si faceva troppo tardi. 
Scrollai le spalle sistemandomi meglio la tracolla sulla spalla. «Io avrei spagnolo, tu non so. Ma sinceramente non ho molta voglia di andarci.  Ti va di fare qualcosa, o vuoi fare la brava ragazzina e tornare in classe?».

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** damn, can i have my breakfast now? ***



Destiny.
 
Feci una smorfia a sentirmi chiamare "brava ragazzina". «Proprio no» dissi scuotendo la testa «Facciamo qualcosa» acconsentii annuendo convinta. 
Non avevo alcuna voglia di tornare in classe dopo ciò che era successo e, visti i precedenti, in ogni caso avrei passato il resto della giornata a litigare con altra gente. Perciò dopo tutto questo era un favore che facevo ai professori. No?
«E così vivi da sola?» domandò infilando le mani in tasca casualmente, mentre camminavamo.
Sorrisi abbassando lo sguardo ed annuii: «Tecnicamente non vivo da sola» spiegai «ho un appartamento mio, ma è proprio sotto quello di mio fratello, che si è trasferito qui per stare più vicino all’ università».
«Oh», annuì lui «beh, è comunque una ficata» constatò annuendo sapientemente. Qualcosa nel suo sguardo mi suggeriva che anche lui moriva dalla voglia di vivere da solo. E in effetti non aveva tutti i torti: da quando avevo un appartamento tutto mio avevo sicuramente più libertà. A mio fratello Jason importava poco se tornavo più tardi la sera o passavo tutto il pomeriggio fuori con gli amici; nessuno mi ordinava di pulire la mia camera ogni cinque secondi e nessuno poteva buttare via le birre che tenevo in frigo. Certo, se quel rompipalle di mio fratello non ci fosse stato le cose sarebbero andate di gran lunga meglio, ma dopo tutto era anche grazie a lui che mia madre aveva acconsentito a farmi vivere da sola. Non mi avrebbe mai lasciato fare una pazzia del genere se non ci fosse stato lui come mio "supervisore".
Risi leggermente, sollevando le spalle. «Già, sì, è fico» commentai.
«Allora, cosa vuoi fare? Se restiamo qui ci sgamano» proruppe lui guardandosi intorno con disinvoltura, probabilmente per assicurarsi che ci fosse via libera. Eravamo arrivati nel cortile interno della scuola, ma, essendo questo completamente deserto, dovevamo fare in fretta prima che un professore si accorgesse della nostra presenza.
«Beh, come puoi aver capito non ho fatto colazione...» cominciai portando una mano alla pancia, che brontolava incessantemente. Non potevo farci nulla, la mattina non carburavo se non mettevo qualcosa sotto i denti; e in più ero tremendamente isterica a stomaco vuoto.
«C’ è uno Starbucks qui vicino» propose lui, fermandosi davanti al cancello chiuso. Lo scavalcò con una disinvoltura che lasciava ben intendere che questa non era certo la prima volta che evadeva da scuola in quel modo. Dopo che mi ebbe dato una mano a fare lo stesso, ci incamminammo in silenzio per strada.
La città di Los Angeles non era poi tanto differente dalla mia New York: sempre tutto molto caotico, uomini e donne che camminavano tutti indaffarati portando con sé ventiquattr’ore come fossero tanti tesori di gioielli e denaro; turisti meravigliati dai maestosi grattacieli che altro non erano che uno dei tanti uffici della città. Los Angeles tutto sommato mi piaceva: ci avevo passato la mia infanzia e avevo dei bei ricordi, nonostante molte cose sembravano essere cambiate.
Assaporare l’ aria di libertà era qualcosa che amavo e che mi capitava solo quando facevo cose definite “poco responsabili”, come marinare la scuola, o ubriacarmi, o dormire fuori la notte. Non ti puoi dichiarare libero se segui le regole, in quel modo non sei altro che un oppresso. Ma se le infrangi, invece, ti senti indistruttibile.
«Allora, spiegami questo tuo piano geniale delle ripetizioni» esordì lui giocherellando con la cannuccia del suo frappè, mentre appoggiava un gomito al tavolino al quale eravamo seduti. C'era un incredibile via-vai di persone da Starbucks, neanche fosse un ufficio della posta. La gente entrava, prendeva un caffè ed usciva di corsa, pronta a tornare a rincorrere le lancette di un orologio. Era un po' come il pit-stop di una corsa automobilistica. Le macchine entravano fermandosi per neanche cinque secondi per il rifornimento, e poi correvano fuori per tornare in pista.
Sollevai un angolo della bocca e poi scrollai le spalle. «E’ semplice» spiegai «tuo padre vuole che tu studi, no? E mia madre ha bisogno di sapere che io mi sto responsabilizzando. Ecco un modo per far credere loro che è quello che stiamo facendo». Allargai le braccia, come se fosse ovvio. Già: perché dare delle ripetizioni a qualcuno sembrava proprio un atto da persona matura e responsabile, no? Ed era stato proprio questo che aveva colpito mia madre, non se lo aspettava. E il fatto di averla presa in contropiede aveva senza dubbio giocato un vantaggio importante, che aveva portato ad ottenere il consenso da parte sua e di Nick. Harry mi ascoltò esporre la mia teoria sorridendo e annuendo al contempo, come fosse illuminato.
«Geniale» commentò guardandomi, e notai una nota di sorpresa mista ad ammirazione nei suoi occhi. «Ma non dovremo... ecco, studiare veramente, vero?» aggiunse poi con un tono estraneo ed una smorfia in volto. Scoppiai in una sonora risata.
«Se continui a fare schifo a scuola tuo padre si potrebbe insospettire, però» replicai sollevando un sopracciglio.
«Non ho intenzione di mettermi a studiare seriamente» scosse lui la testa, serio.
«E se facessimo cinquanta e cinquanta? Magari non studiamo sempre, ma qualcosa dovresti pur farla».
«Facciamo venticinque e settantacinque» propose inclinando leggermente la testa di lato, con un sorriso divertito dipinto sul volto.
Roteai gli occhi ridendo. «Come vuoi tu. Ma ogni tanto dobbiamo aprirli, quei libri».
«Vedremo» osservò con un ghigno divertito sul viso, guardandomi sottecchi.
Una cosa era certa: non era un tipo a cui piaceva studiare, e questo era scontato. Sarebbe stato difficile convincerlo anche solo a leggere la prima riga di un libro di testo; ma dopo tutto, diciamoci la verità, neanche io avevo tutta questa voglia di studiare e fare ripetizioni a qualcuno. A scuola me la cavavo semplicemente perché ero intelligente, non passavo molto tempo a studiare perché memorizzavo in fretta e avevo un ottimo metodo di studio. Non ero mai stata una secchiona. Ero solo, a detta dei miei professori, piuttosto sveglia. Ma ciò in ogni caso non cambiava il fatto che mettermi seduta e ferma a studiare era una delle cose che più detestavo.
«E cos'è questa storia che i nostri genitori sono amici?» domandò poi Harry, prima di bere un sorso dal suo bicchiere. Sospirai leggermente, richiamando alla mente quei pochi ricordi che avevo di lui da piccolo. In un primo momento non ero riuscita a capire chi diavolo fosse, ma non appena mia madre mi aveva ricordato del ragazzino che picchiavo quand'ero piccola, tutto era stato più chiaro. E un nitido flash di un bambino paffutello e riccioluto dagli occhi vispi aveva immediatamente fatto capolino tra i miei ricordi. Quello stesso bambino che staccava la testa alle mie bambole e con il quale finivo per fare le lotte con il fango e il wrestling, tanto che spesso i nostri genitori dovevano separarci.
«Tuo padre e mia madre erano molto amici da ragazzi» spiegai semplicemente, prima di bere un sorso del mio caffè, «e per un po' le nostre famiglie si sono frequentate».
«E noi due ci picchiavamo?» domandò perplesso.
«Beh, eravamo molto piccoli» arricciai il naso «ma ero più io che picchiavo te».
«Non ci credo».
«Ma è vero» ridacchiai «tu mi distruggevi i giocattoli e io ti picchiavo. Non ti ricordi nulla?» chiesi curiosa.
«Uhm, ho qualche ricordo vago» disse lui grattandosi il mento. «Dovevi essere proprio un maschiaccio, all'epoca» osservò. 
«Più o meno. Diciamo che non ero una tipa da vestitini e fiocchetti» risi leggermente, prima di dare un morso al mio muffin.
«Devi avermi dato del filo da torcere. Sembri una tipa tosta» disse lui, con un sorrisetto dipinto sul volto. In quel momento incrociai il suo sguardo, e per un attimo mi persi nei suoi occhi chiarissimi. Non seppi esattamente definire il colore, erano come una fusione perfetta tra uno zaffiro ed uno smeraldo, un colore così raro e interessante. Erano piuttosto belli, dovevo dire.
«Neanche tu sei stato da meno» commentai, alzando la manica della mia maglietta ed indicando un segno sul mio braccio. «Ecco, me l'hai fatta tu» dissi. Lui osservò la sottile linea rosea sul mio braccio quasi con orgoglio, allargando un sorriso. Ricordavo ancora come me l'ero procurata: la sua famiglia era venuta a pranzo da noi e lui mi aveva completamente distrutto la casa delle bambole. A quel punto l'avevo aggredito e, siccome una cosa tira l'altra, mi ero ritrovata con una bella cicatrice sul braccio, a testimoniare la sua vittoria schiacciante in quella battaglia. Ma anche io avevo avuto i miei trionfi, come quella volta che gli avevo distrutto la sua preziosa nuova betoniera. Scoprii inaspettatamente di ricordare molti particolari della mia infanzia che pensavo aver seppellito per sempre. Era un po' strano.
«Ma davvero? Mi sono vendicato e neanche lo sapevo. Grandioso!» rise guardandomi. 
Scossi la testa divertita e mi sistemai la manica. Rimanemmo a parlare del più e del meno ancora per un po', fino a quando non ci accorgemmo che l'ora di colazione si stava facendo più ora di pranzo. Harry era un tipo simpatico, fui contenta di notare. Chissà, forse queste ripetizioni non sarebbero state poi tanto male.

u n b r o k e n  corner~
Ciao bella gente! Allora siccome io sono stupida, nel capito precedente non ho aggiunto le note finali, mi dispiace çwç però capitemi e guardate un po' l'ora in cui l'ho postato D: (l'ora in cui si postano i capitoli è visibile? NON LO SO. Sappiate che era parecchio tardi AHAHAHAH)
By the waay! Allora volevo ringraziare chi ha recensito e i 9 che hanno inserito la storia tra le seguite (: Un grazie speciale a Grouper barra Vichi, che boh, io mi prostro dinnanzi alle sue fanfiction e lei viene a leggere questa merdina qua *-* e le piace pure! hahaha grazie mille ♥
E poi, ovviamente, un grazie GIGANTESCO a MANUELA, perché questa fanfiction la scrive e l'ha scritt anche lei ♥ Grazie per i consigli, per sopportarmi tra i miei mille dubbi, e grazie anche a tu per aver letto questa cacca trascritta u.u 
Ah e poi volevo dirvi che questi primi tre capitoli non mi sono piaciuti molto, quindi vi capisco se li odiate. Spero di migliorare con i prossimi, anche perché questi primi tre erano decisamente troppo dinamici, ma credetemi non potevo fare altrimenti per ragioni superiori! hahaha troppo complicato da spiegare u.u
Grazie a tutti quanti! Sarebbe bellissimo se foste di più a recensire, ma grazie mille comunque *-*
Carla :3

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** school playboy. ***



Destiny.

«Dunque, penso sia chiaro a tutti come si forma il congiuntivo dei verbi spagnoli» la professoressa Terence indicò con il dito la lavagna voltandosi verso la classe, per poi passarci a rassegna uno per uno. Un biondino in terza fila non aveva capito, perciò questa si immerse per l’ennesima volta in una profonda e accurata spiegazione della lezione del giorno. La professoressa Terence aveva la faccia allungata e i denti sporgenti e, essendo una maniaca della dizione, aveva il vizio di aprire un po’ troppo la bocca ogni qualvolta dovesse pronunciare una lettera che le permetteva di mettere in mostra i suoi bei denti. Considerato poi che insegnava spagnolo e quell’innumerevole quantità di “S” le dava la possibilità di sorridere a trentadue denti ogni tre secondi, uno a quel punto cominciava a farsi meno domande sul perché fosse soprannominata “Cavalla” dagli altri studenti.  Dei lunghi capelli color biada le scendevano giù lungo il viso, spenti e morti come fili di stoppa. Aveva dei lucenti e ghiacciati occhi azzurri, chiari e limpidi come il cielo, ma era pressoché impossibile riuscire a scorgerli, coperti com’erano dall’ammasso incolto dei suoi capelli.
Stavo facendo uno schizzo di lei sul mio quaderno, mentre il resto della classe prendeva freneticamente appunti. Non mi andava di ascoltare la sua spiegazione, sarei benissimo riuscita a capire la lezione dal libro. Avevo lasciato la sua faccia, ma avevo preferito creare una versione “centauro” di lei, e dovevo ammettere che stava venendo fuori anche piuttosto bene.
«Per la prossima volta completate gli esercizi sul libro e coniugate i verbi scritti alla lavagna» nitrì la professoressa, cercando inutilmente di sovrastare il suono della campanella, che nel frattempo era venuta a salvarci dall’inferno.
Con un sospiro sollevato chiusi il quaderno e mi mischiai al resto della massa di ragazzi che confluiva nella sala da pranzo della scuola. Mi guardai intorno alla ricerca di un tavolo libero, o di qualche faccia familiare con cui sedermi. Ma le probabilità di trovare un tavolo al quale avrei potuto sedermi senza essere fissata come fossi un’aliena o una sorta di insetto fastidioso nel purè di qualcuno erano infinitesimali: nelle prime due settimane passate a scuola avevo avuto occasione di appurare che la St. Monica, come del resto tutte le altre scuole dell’universo, non faceva certo eccezione in fatto di organizzazione gerarchica. C’erano i cheerleader, i secchioni, e via dicendo: inutile che stia qui ad illustrarvi la piramide sociale del liceo.
Questi stupidi gruppi non mi erano mai andati molto giù. Partendo dal fatto che comunque non mi rispecchiavo in nessuno di loro, era stupido dividere la “società” della scuola.
Finii al tavolo insieme a Crystal e Sarah, due ragazze che avevo conosciuto qualche giorno prima. Con Crystal ci eravamo trovate subito: eravamo sulla stessa lunghezza d'onda e la pensavamo allo stesso modo su molte cose. Sarah era tutta un'altra storia. Francamente la trovavo un po' smorfiosa e troppo sicura di sé, non era proprio il tipo di ragazza con cui mi trovavo. Ma in ogni caso era la cugina di Crystal, perciò...

«Che fai domani pomeriggio, Destiny?» mi domandò Crystal mentre pranzavamo.
«Uhm, dovrei dare delle ripetizioni a Styles» dissi con indifferenza. «Perché?»
Le mie parole furono automaticamente seguite da un susseguirsi di colpi di tosse; mi voltai, mentre Sarah si picchiettava più volte il petto con il pugno.
«Tutto bene?» domandai.
«Styles? Quel Styles?» fece lei sollevando un sopracciglio e guardandomi di scatto.
Sollevai le spalle. «Non so. Quanti Styles ci sono in questa scuola?»
«Stai parlando di Harry Styles?» chiese poi con uno sguardo allarmato. Annuii lentamente, cercando di capire la ragione del suo stupore. Lei spalancò per un attimo la bocca e strabuzzò gli occhi, continuando a fissarmi. Non potei fare a meno di pensare che assomigliava a uno di quei pesci rossi che osservavano il mondo da dentro alle loro bocce di vetro. Ad eccezione del fatto che lei sembrava un po' più incazzata dei pesciolini dentro alle bocce, che normalmente vivevano la loro vita in tutta tranquillità.
«Harry Styles è quello per cui Sarah ha una cotta» esordì Crystal roteando gli occhi al cielo.
Sospirai e tirai la testa all'indietro. Mi mordicchiai il labbro inferiore sforzandomi di non ridere, e passai a guardare Sarah.
«Esiste una ragazza in questa scuola che non abbia una cotta per lui?» chiesi. Crystal sollevò una mano mentre masticava. «A quanto pare noi due siamo le uniche eccezioni» dissi con un falso tono di preoccupazione nella voce. «Presto, dobbiamo trovare un bunker per nasconderci dallo charme di Mr. riccioli d'oro!» afferrai la mano di Crystal mentre la guardavo con fare drammatico, e insieme scoppiammo a ridere.
Nelle passate due settimane, per completare il mio ritratto mentale di Harry Styles, avevo potuto appurare che a scuola aveva la fama di rubacuori: tutte le ragazze con cui avevo parlato avevano confessato un debole per lui, oppure avevano semplicemente sfoderato uno sguardo languido e un sorriso da pesce lesso al suo passaggio. Il che mi aveva lasciato intuire parecchie cose. Inutile dire che, a giudicare dagli sguardi compiaciuti di Harry, tutte queste attenzioni non gli davano poi tanto fastidio: al contrario. Piuttosto sembrava approfittare degli ormoni impazziti delle liceali che gli andavano dietro, per divertirsi. O almeno così mi era stato detto.
Eppure a differenza dei soliti latin lover delle scuole, tutti muscoli e niente cervello, lui almeno una mente per ragionare ce l’aveva. Le lezioni di chimica accanto a lui erano uno spasso: prendere per il culo Williams e la sua irritabilità da donna incinta era diventato praticamente il mio passatempo preferito, uno dei pochi motivi per cui potevo ancora definire la scuola “divertente”. Ecco, se non altro era intrattenente stare con lui.
«Ridete pure voi due. Quel ragazzo mi muore dietro» disse lei muovendo le sopracciglia con un sorrisino dipinto sul volto. «Oggi non faceva altro che guardarmi in corridoio» aggiunse con aria saccente.
«Ti muore dietro?» domandai inarcando le sopracciglia cercando di far trasparire tutto il mio sarcasmo dal tono di voce. Lei annuì reggendo il mio sguardo e io mi lasciai andare in una risata non troppo calcata. «Credimi, lo conosco. Lui non muore dietro a nessuno» dissi con tono sicuro.
«Lo conosci?» Domandò lei  spostando in avanti il corpo, improvvisamente interessata.
«Sì, da quando sono una bambina. Siamo amici di infanzia e fidati, se gli piacessi te lo avrebbe detto senza fare giochetti. Evidentemente ti sbagli.» Le dissi sorridendo. La realtà era che tutte queste cose le immaginavo, non le sapevo  per certo, ma i pochi dati che il comportamento di Harry mi forniva mi dicevano che era proprio quel tipo di persona. E di certo non mi andava di dare quella soddisfazione a Sarah.

Lo vidi in corridoio quel pomeriggio al cambio dell'ora, mentre io e Sarah ci dirigevamo verso l'aula di inglese. Anche se non era esattamente solo.
«Ehm ehm» dovetti schiarirmi la gola più volte prima di vederlo staccarsi da quella biondina che gli stava letteralmente mangiando la faccia. Si guardò intorno con aria stizzita, e quando incontrò il mio sguardo sembrò rilassarsi. Sarah mi tirò la manica facendomi cenno di allontanarci, ma io rimasi ferma dov’ero. Non era mica un problema mio. Lui indietreggiò con la testa fino ad appoggiarla ad un armadietto, mentre la ragazza che stava di fronte a lui rimaneva a bocca aperta a fissarlo stupita, come una bottiglia a cui hanno appena tolto il tappo.
«Che c'è?» domandò, mentre la piovra giocherellava disinteressata con il colletto della sua camicia.
«Buongiorno Harry. Non ti facevo tipo da chirurgia plastica alle labbra, sai? Quanti milligrammi di silicone ci sono là dentro?» esordii mascherando una risata, e soffermai lo sguardo sulle sue labbra gonfie e arrossate. Il ragazzo avrebbe dovuto ringraziarmi, perché se non li avessi interrotti in tempo quella cozza gli avrebbe completamente divorato la bocca.
«Ah. Ah. Ah. Che cosa vuoi?» ripeté con una traccia di ilarità nello sguardo. Mi fissava curioso, un angolo della bocca sollevato e aveva appena incrociato le braccia al petto, in attesa. Sembrava che la sua irritazione per il fatto che lo avessi interrotto fosse svanita non appena aveva visto la mia faccia. «Ci vediamo dopo, Tiffany?» Harry sfoderò il sorriso più falso di sempre - come facevo a sapere che era falso? Beh, lo sapevo e basta - e la ragazza senza dire una parola si allontanò, non prima di aver fulminato sia me che Sarah con lo sguardo.
Che liberazione.
«Allora, cosa c'è?» fece lui.
«Volevo solo sapere se domani vieni ancora da me.» dissi «Per studiare» chiarii.
Lui mi fissò per qualche secondo ancora, le labbra appena socchiuse e l'espressione pensierosa. «Sì, certo» disse poi scrollando le spalle.
Oh, ma che onore. «Okay allora. Ci vediamo» replicai, prima di voltarmi. Feci per andarmene, ma mi bloccai un attimo. «Oh, e puoi portarti la tua amica, domani. Sai, per rilassarti tra una pausa e l'altra.» dissi sorridendo e  piegando leggermente la testa per godermi la sua reazione, e come avevo previsto rimase leggermente perplesso dal mio "invito".
Presi per un braccio Sarah - che nel frattempo era caduta in uno stato di trance - e la trascinai via.
«Ciao Harry!» gli gridò lei voltandosi.
Lui la guardò per un istante con le sopracciglia aggrottate, poi le fece un cenno con la testa. «Ciao, Sammy!» disse.
Francamente cominciavo a pensare che il ragazzo fosse un po’ lunatico. Qualche ora prima rideva come una iena alle mie battute durante chimica, mentre adesso quasi non mi calcolava. Scrollai le spalle, in fondo non erano mica problemi miei. Lasciai perdere i miei pensieri e cercai di concentrarmi di più sui discorsi di Sarah, che però in quel momento non mi sembrarono più sensati.
«Hai visto, Des? Ha anche un nomignolo per me!» disse con sguardo sognante, lo stesso sguardo languido da pesce lesso che avevano tutte le altre ragazze quando lo guardavano. Lo stesso che aveva quella Tiffany. Ma che ci trovavano di così incredibile di lui? Okay, era pure un bel ragazzo, ma a me dava solo l’impressione di uno che amava soltanto divertirsi.
«O forse si è solo dimenticato il tuo nome» cercai di abolire il palazzo di fantasie che stava costruendo, ma era troppo tardi ormai. Aveva cominciato a creare scenari immaginari di un possibile primo appuntamento quando avevo fatto la saggia scelta di mandarla a quel paese, e dirigermi da un'altra parte senza neanche salutarla.


u n b r o k e n corner;
SSSSHALVE GENTE! cioè salve a quei pochi che seguono la ff, però va beh già per me è tanto, perciò a voi che leggete, grassshie <33
Btw, questo capitolo è stato veramente un parto. L'ho scritto due volte, mi sono fatta aiutare da quella santa di Manuela - che tra l'altro ha scritto parti lei in questo capitolo, perciò non è totalmente scritto da me u.u - e ancora non lo trovo perfetto '-' ma beh, quale dei miei capitoli si avvicina anche solo alla decenza? °-° AHAHAH basta lamentele comunque, eccovelo qua spero sia di vostro gradimento, se no va beh andatevene a quel paese, con tanto amore <3
Quiiindi un grazie gigantesco a Manu che mi sopporta sempre <3 alle 12 che seguono la ff e all'1 che l'ha messa come preferita :3 vi voglio bbbbbene!
Charlie ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** invisible star. ***



Destiny.

«Che cosa diavolo ci fai tu qui?!» gridai all'improvviso uscendo dal bagno, con solo una tovaglia addosso, e ritrovandomi faccia a faccia con l'ultima persona al mondo che avrei voluto vedere in quel momento.
«Quanto siamo irritabili. Ero venuto a farti visita, da bravo fratello» disse il biondino guardandomi dall'alto verso il basso, a braccia conserte.
Signore e signori, vi presento l'unica pecca del mio appartamento: il mio irritante, ficcanaso e rompipalle vicino di casa. Mia madre mi aveva lasciata vivere da sola soltanto perché al piano di sopra stanziava mio fratello maggiore, "più responsabile e più maturo di una sedicenne come te". Ad affliggermi una maggiore condanna per essermene andata di casa così giovane, ci aveva pensato sempre mia madre, dando a Jason le chiavi del mio appartamento e così la possibilità di entrare e uscirne a suo piacimento; cosa che, ovviamente, a lui non dispiaceva affatto.
Sbuffai e sistemai il nodo della tovaglia, passandogli accanto. «Jason, vattene».
Lui per tutta risposta ignorò la mia richiesta e mi seguì fino alla mia camera, dove gli sbattei con grazia la porta in faccia.
«Hai dato una ripulita a questo posto» il suo tono sorpreso giunse dall'altra parte della porta. «Cos'è, viene il Papa a farti visita? Oppure è passata di qui la mamma?» sghignazzò.
«Vaffanculo» gridai, sempre con la mia solita eleganza. Mi infilai i pantaloni della tuta e una felpa a caso prima di andargli ad aprire. «Che c'è? Non posso aver voglia di rimettere un po' le cose a posto?» domandai mentre lui si accomodava sul mio letto, ma evidentemente queste mie parole ebbero su di lui l'effetto di una barzelletta alquanto divertente. «Non c'è niente da ridere» mi finsi offesa. Presi posto sulla sedia della scrivania e portai le ginocchia al petto, per poi lanciargli un'occhiataccia.
«Sì certo, come no» disse lui, ancora quella stupida smorfia divertita incastonata sul volto. «Allora, chi è che aspetti?».
Mi grattai la guancia con fare disinteressato e concentrai lo sguardo sulle fantasie floreali del copriletto. «Ma proprio nessuno» feci, cercando di lasciar trasparire una certa ovvietà dalle mie parole.
Il ragazzo appoggiò gli avambracci alle ginocchia e piegò il busto in avanti, senza interrompere il contatto oculare tra noi due. «Bugiarda» mi schernì qualche secondo più tardi, con un sorrisino vittorioso.
Tirai la testa all'indietro con uno sbuffo. Ve l'avevo già detto che mio fratello è un rompipalle? «Ricordi Harry, il figlio di Nick, l'amico di mamma? Viene per studiare» mi arresi e riassunsi velocemente, con una scrollata di spalle.
Lui aggrottò le sopracciglia e annuì lentamente. «Sì, mi ricordo. Ma è un ragazzo?» domandò sospettoso, con il tono più alto di un'ottava.
«No, non più. Si è sottoposto ad un intervento un paio di anni fa, adesso è Harriet» dissi sarcasticamente appoggiando il mento al ginocchio, prima di scoppiare in una risatina.
«Lo sai che la mamma non vuole che ti porti i ragazzi a casa» obiettò lui, tentando di mascherare il sorriso che aveva fatto capolino sul suo volto.
«E allora?» mossi le sopracciglio, assumento un'espressione corrucciata. «Harry viene per studiare. E poi mamma lo sa».
«Okay, okay. Ma sappi che vi terrò d'occhio».
«Sì certo Jas, come vuoi tu...».
Jason se ne andò più tardi, solo dopo avermi costretta a preparargli un tè e fare una chiecchierata con lui. Non mi dispiaceva passare del tempo con mio fratello, ma francamente detestavo il pessimo tempismo dei suoi attacchi di affetto fraterno.
Harry arrivò più tardi nel pomeriggio: non aveva portato con sé i libri, ma pensò bene di presentarsi con un'aria non poco incazzata, ed un broncio che avrebbe fatto invidia a Squiddy di Spongebob.
«Non mi va di studiare» aveva esordito varcando la soglia dell'appartamento, con uno sbuffo.
«Chissà perché ne avevo il presentimento sin dall'inizio» alzai gli occhi al cielo, chiudendo la porta alle mie spalle. 
«Hai qualcosa da bere?» domandò semplicemente, non appena arrivammo in soggiorno. Senza dire nulla andai a prendere due bottiglie di birra dal frigo e gliene porsi una, dopo aver tolto il tappo. 
Bevemmo il primo sorso contemporaneamente.
«E' tutto okay?» domandai, scrutando la sua espressione.
«Tutto a posto, grazie» e tracannò un altro lungo sorso di birra.
«Sicuro?» mi sentii in dovere di replicare. Insomma, era ovvio che non era tutto okay.
Lui annuì semplicemente e riportò la bocca alla bottiglia. «Cazzate» disse poi con una scrollata di spalle. 
«Mhm» commentai semplicemente. Se non voleva parlarne non vedevo il motivo di insistere più di tanto.
«Vuoi qualcosa da mangiare?».
«No».
«Non ti va proprio di aprire libro?».
«No» rispose seccamente.
Passammo qualche altro minuto, tra sorsate e sospiri, senza dirci praticamente nulla. Non mi ero mai trovata veramente a disagio con lui, e d era una situazione parecchio strana. Per una volta nella vita mi ritrovai a corto di parole. Sospirai, nuovamente. Cominciava a diventare parecchio irritante. Se aveva intenzione di continuare così per tutta la serata, con il suo umore paragonabile solo a quello del prof. di chimica, avrebbe anche potuto andarsene subito. Non sopportavo la gente lunatica.
In fondo a me bastava che mia madre mi credesse responsabile, e a lui che suo padre lo pensasse a studiare seriamente. Considerato che nessuna delle due cose veniva davvero attuata, eppure i nostri erano caduti nella trappola come polli, avremmo potuto benissimo continuare in questo modo, pur non vedendoci. Non ce n'era bisogno, no?
«Senti» esordii «hai intenzione di fare così per tutto il tempo? Sinceramente mi annoia, e avrei di meglio da fare che sopportare te e i tuoi strani cambiamenti d'umore». Harry rimase interdetto per qualche istante, poi vidi un sorrisino beffardo farsi largo sul suo volto, mentre continuava a fissarmi attento. «E che ridi a fare?» chiesi incrociando le braccia al petto, irritata.
«Uh, okay» disse qualche istante dopo scuotendo la testa più volte «Scusami, ero... sovrappensiero» aggiunse, sempre con quell'aria di uno che era appena volato giù dalle nuvole. 
Sentivo ancora il suo sguardo addosso, e mi metteva parecchio a disagio. Di solito gli sguardi della gente non mi preoccupavano più di tanto: però quando era lui a fissarmi, specie con tanta insistenza, era un'altra cosa. Mi sentivo più stupida, più a disagio, e più irritata insieme. Non sapevo quanto potessero essere contrastanti queste tre reazioni, però era quello che scatenava in me.
«D'accordo» sostenni comunque il suo sguardo, annuendo. 
Entrambi bevemmo un altro sorso di birra.
«Allora, vedo che non hai portato Tiffany» scherzai sollevando un sopracciglio, attenta alla sua reazione.
«Chi? Oh, ci siamo lasciati» fu la sua risposta. Fui un po' stupita nel notare l'indifferenza nella sua voce, tanto che evitadi di dirgli che mi dispiaceva. Dubitavo che a lui fosse dispiaciuto più di tanto.
«Oh. Sembravate molto uniti ieri».
Lui accennò ad un sorrisino ed annuì. «Sì beh, l'ho lasciata dopo la scuola» spiegò.
«Ah, capisco» mi sforzai di non ridere, poi feci spallucce. In fondo la sua vita sentimentale non era cosa che mi riguardava, e neanche mi interessava a dire il vero. «E con tuo padre come va?».
«Va...» rispose lui sul vago «non sono riuscito ad evitare proprio tutte le punizioni».
«Mi dispiace. Cos'è che ti ha vietato?».
«Non posso toccare la macchina per un mese. E lo stesso vale per la chitarra».
«Suoni la chitarra?» lo interruppi, quasi con gli occhi che mi brillavano per la scoperta. 
Lui annuì. «Veramente ora non più. O almeno, per il prossimo mese».
«Allora abbiamo trovato qualcosa da fare» obiettai, e non gli diedi neanche il tempo di rispondere che lo presi per mano e lo trascinai fuori dalla cucina, fino alla mia stanza preferita della casa.
Era una camera ampia e luminosa, sovrastata da un grande pianoforte a coda, nero e lucido. In un angolino giacevano poi le mie chitarre, mentre dall'altra parte una batteria un po' troppo impolverata. Il tutto completato da un televisore, un divanetto ed una maxi bacheca piena di foto appesa al muro, che raccontava gli ultimi sedici anni della mia vita. Quel posto era semplicemente il paradiso.
«Che te ne pare?» dissi, senza nascondere l' orgoglio per la mia dimora.
Lui indugiò ancora qualche attimo sugli strumendi con sguardo alquanto sorpreso. «Dico che possiamo benissimo studiare qui» dichiarò allargando un sorriso, per poi attraversare la stanza e porre meglio sotto esame le mie chitarre. Prese una Gibson, una tra le mie preferite, e fece passare la tracolla oltre la spalla: cominciò a pizzicare le corde, dapprima con un po' di tentennamento, poi sempre con una maggiore decisione. Non riuscii a riconoscere la canzone che stava suonando, ma era veramente molto bravo: si muoveva con scioltezza e decisione, riusciva a farla sembrare la cosa più semplice del mondo. Le sue dita spaziavano con naturalezza sulle corde, e la sua espressione era totalmente persa nelle note, il suo sguardo indecifrabile: quasi come fosse nato suonando quello strumento. Come dicevo io, c'è a chi la musica piace, c'è chi la musica la vive. 
All'improvviso la melodia s'interruppe, e portò via con sé anche i miei pensieri. Troppo distratta da quella sua performance, mi resi conto solo dopo che lui stava lì a fissarmi, con un gran sorriso stampato sul volto, come quello di un bambino che ha appena imparato a nuotare senza braccioli; quegli occhi trasparenti, nei quali riuscivo quasi a specchiarmi, brillavano come mai avevo visto e sulle sue guance lievemente imporporate erano apparse due adorabili fossette, che rendevano la sua immagine più innocente, ma al tempo stesso incredibilmente ammaliante. 
«Che c'è?» piegò leggermente la testa di lato, perdendo quella sua espressione sognante che fino a poco prima avevo ammirato.
Fu come risvegliarmi da una trance. Scossi la testa e poi risi. «Niente. Sei davvero bravo».
«Già, sono geniale» rimise a posto la chitarra e tornò a guardarmi. «Nah, è tutto esercizio». In quel momento sembrò essere distratto da qualcos'altro. «Ehi, bella batteria. Non pensavo la suonassi» osservò avvicinandosi allo strumento e picchiettò con le dita su di esso.
«A dire la verità non sono poi così brava: prendevo lezioni a New York, ma ora che mi sono trasferita non ho ancora trovato qualche anima pia disposta a sarcrificarsi e insegnarmi qualcosa» risi evitando il suo sguardo.
Per qualche secondo ancora un'espressione pensierosa balenò sul suo volto. «Potrei darti delle lezioni io» e si accarezzò il mentò con l'indice e il pollice, il viso ancora un po' corrucciato. 
Il mio volto s'illuminò, come quello di una bambina a cui regalano inaspettatamente un lecca lecca. «Lo faresti davvero?» domandai contenta.
«Certo, dovrò pure... ehm, sdebitarmi, no? Per le ripetizioni» mormorò quasi fra sé e sé, come se fosse sorpreso delle sue stesse parole.
«Ripetizioni?» sollevai un sopracciglio scettica. Non che quelle fosse proprio da definirsi ripetizioni. «Oh, certo» risi. «Beh, grazie. Sappi che ci conto, eh».
«Una promessa è una promessa» annuì lui sicuro, per poi guardarsi intorno. «Comunque, questo posto è una ficata. L'hai arredato tu?»
«Eh già» mi buttai pesantamente sul divano e gli feci posto accanto a me, mentre tiravo la testa all'indietro fissando il soffitto, persa nei miei pensieri. «Volevo dipingere il tetto con qualcosa tipo alla Pollock. Oppure un cielo stellato. Sarebbe proprio bello» osservai con un sospiro. 
Adoravo le stelle. Adoravo il fatto che potevano sembrare così piccole e insignificanti viste dalla terra, ma di fatto erano più grandi dello stesso sole. E non si vedevano tutte spesso: riuscivi a vedere quei cieli affollati di stelle solo se ti trovavi in un posto buio e lontano dai centri abitati, e solo pochi riuscivano ad apprezzare una tale bellezza. Ricordavo ancora i week-end di campeggio con la mia famiglia, il cielo brillante di stelle che, in quei momenti, sembrava esserci solo per me: mi aveva lasciata ammaliata. Un po' come gli occhi di Harry. 
No, un momento. Che razza di pensieri metteva in piedi la mia mente contorta?
Il suo «mhm» di risposta alle mie parole mi fece comprendere che anche lui era parecchio preso dalle sue riflessioni. 
«Ecco, ero indecisa tra le stelle e le nuvole. Ma le nuvole sono troppo tranquille per me» continnuai il mio monologo, al quale stavolta però lui volle intromettersi.
«Che vuoi dire?» domandò incuriosito, mentre sollevava anche lui lo sguardo verso le stelle invisibili del mio soffitto, con un'aria serena.
«Che le nuvole mi sembrano così ordinarie. Il cielo ne è pieno» spiegai.
«Ma il cielo è pieno anche di stelle».
«Sì, ma quante stelle riesci a vedere chiaramente, la sera? Tre o quattro. E almeno una di queste è un aereo».
«Questo perché siamo in città. Se fossimo in un posto buio, tipo in montagna...».
«Non ho detto che non ci siano» lo interruppi «solo che nessuno le vede. Ma è meglio così, no? Pensa se tutte le stelle in cielo fossero visibili. Nessuno ci farebbe più caso, e non verrebbero apprezzate. Non riusciamo mai a cogliere la bellezza delle cose quando ce l'abbiamo sotto gli occhi».
Lui indugiò per qualche istante. «Ed è per questo quindi che vuoi un cielo stellato dipinto sul tetto?».
Annuii lentamente. «Sì» sospirai «però non voglio il cielo di Los Angeles. Voglio il cielo che si vede in montagna, dove le stelle ti abbagliano, e non le puoi proprio contare».
Lui annuì piano, guardando quel cielo sul tetto, e sorrise.


u n b r o k e n corner;
Perciò, tizie! Questo capitolo lo posto anche per festeggiare le canzoni di Up All Night che sono uscite *O* e anche perché era troppo tempo che non postavo .__.'' scusate! Devo dire che però sono stata piuttosto ispirata, e che il capitolo successivo è già quasi completo, ovviamente si parla della prima bozza. La cosa che mi ha preso un po' di tempo è stato il ricopiare tutto sul pc, perché ultimamente il mio cervellino si è deciso che se non scrivo su carta non produrrà più niente di decente. Peeerciò sono costretta ad assecondarlo çç 
In secondo luogo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Inutile dire che a me, come al solito, non soddisfa al 100%, ma forse avrete già capito come sono fatta .__. by the waaay, vi volevo dire che se vi interessa su twitter sono @charliebelieves, non so, se volete chiedermi qualcosa oppure volete che vi avverto quando posto un nuovo capitolo! (:
Grazie a tutti quelli che seguono, e un grazie ENORME a manuela <33333
ps. so che non c'entra niente, ma qual è la vostra canzone preferita di Up All Night? La mia penso sia More Than This *---*
Okay basta me ne vado!
CIAO A TUTTI E ALLA PROSSIMA! 
Charlie :3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** drums lesson. ***



Destiny.

Quando incontri per la prima volta una persona e ci passi un po' di tempo, cominci lentamente a delinearne i tratti del carattere e inevitabilmente te ne fai un'idea, sebbene molto approssimativa.
Personalmente cerco sempre di non dare troppo peso alle prime impressioni, e conoscere a fondo una persona prima di giudicarla o crearne un quadro ben preciso della mia mente. Ma le prime impressioni sono qualcosa che non si cancella, che rimane impresso nella memoria delle persone. Perciò è imbarazzante quando il tuo migliore amico ricorda la magra figura che hai fatto al vostro primo incontro; ciò nonostante, continuo a sostenere che le prime impressioni non siano importanti.
Con Harry, per esempio, mi era impossibile ricordare la prima vera impressione che avevo avuto di lui, ma, dati i nostri passatempi alquanto pacifici in tenera età, non mi era difficile dedurre che era stata sicuramente pessima.
Anche se, a pensarci meglio, Harry era una situazione completamente estranea. Era come se ogni volta che lo vedessi fosse il nostro primo incontro. Quando mi aspettavo di sapere cosa avrebbe detto o fatto, mi sorprendeva completamente e mi lasciava spiazzata, cambiando spesso atteggiamenti e modi di fare: un attimo era gentile e disponibile, un altro scherzoso e ribelle, un altro ancora era irritato oppure annoiato. Mi sentivo come se fossi costretta a salire su una macchina del tempo ogni volta, e a rivivere il nostro primo incontro ancora e ancora, come in uno di quei film di fantascienza dove la macchina del tempo si rompe. Da un lato era però divertente. Era bello non sapere che aspettarsi da lui, essere sorpresa ogni volta dai suoi cambiamenti d'umore e dalle sue trovate spesso idiote per far passare il tempo. Anche se non mancavano i diverbi tra di noi: per roba stupida certo, tipo una partita alla Wii o il possesso del telecomando, ma non eravamo venuti alle mani solo perché lui si era ricordato, proprio sul più bello, che io ero una ragazza e che come tale non andavo picchiata. Lui e la sua stupida galanteria schizofrenica.
Dopo tutto anche lui aveva i suoi difetti: era testardo, arrogante, competitivo, superbo e spesso facilmente irritabile: una versione maschile di me, in poche parole. Avevamo quindi scoperto che eravamo incredibilmente simili, e che dei caratteri del genere difficilmente andavano d'accordo. Ragion per cui da piccoli ci dilettavamo in campionati di wrestling ogni volta che eravamo insieme. Ecco perché ci eravamo promessi a vicenda che avremmo fatto in modo che i nostri caratteracci non avessero avuto la meglio sulla nostra amicizia.
«Giusto per non scannarci a vicenda» aveva detto lui con uno dei suoi sorrisi d'angelo mentre stringeva il mio mignolo con il suo, suggellando un patto ormai inviolabile. Credeteci o no, ma le promesse fatte con i mignoli sono le più impegnative.
«Certo, Styles. Lo sappiamo entrambi che hai una paura matta che io ti faccia un occhio nero» avevo ribattuto io sagacemente.
«Sì, anche quello. Tu sei troppo violenta e, francamente, mi fai paura» scherzò.
«Non è vero che sono violenta! Si chiama legittima difesa, quando un riccio idiota di quattro anni ti tira i capelli».
Lui rise. «Destiny, sei un maschiaccio» disse e subito dopo emise un debole lamento di dolore, per la gomitata che gli avevo appena scagliato in pieno stomaco. «Non si era detto niente più botte?» replicò in una smorfia sofferente e un'aria di disappunto alle mie risa.
«Facciamo da questo momento in poi» ridacchiai e gli feci una linguaccia.
Così passavamo i nostri pomeriggi di studio: buttati sul divano a chiacchierare con una bottiglia di birra tra le mani, oppure a suonare qualche strumento, o a fare una partita alla Wii; spaventoso da credere, ma qualche volta ero pure riuscita a fargli aprire i libri, anche se per poco. Non importava cosa facessimo, inevitabilmente mi avrebbe portato a dei terribili crampi allo stomaco per colpa delle risa che mi provocavano lui e le sue battute idiote. Mai in vita mia lo avrei ammesso, ma stare con lui mi metteva incredibilmente di buon umore, mi faceva venir voglia di ridere, ridere, e ridere ancora: di fare stupidaggini e stare in piedi fino a tardi a discutere sulle cose più insensate, come fossero di importanza vitale.
Ecco perché le prime impressioni non servivano a nulla, ecco perché non si deve mai giudicare un libro dalla copertina. Non l'avrei mai detto, ma Harry Styles si stava rivelando un amico fantastico.

«Oggi ti va se suoniamo un po' di batteria?» aveva esordito quel pomeriggio entrando in casa mia. A quelle parole i miei occhi brillarono di sorpresa. Non avevamo più parlato delle lezioni di batteria: un po' perché - stranamente - eravamo riusciti a trovare altri passatempi altrettanto divertenti. Pensavo, anzi, che se ne fosse dimenticato.
«Dicevi sul serio allora? M'insegnerai?» chiesi, non potendo mascherare il mio buon umore.
«Certo» un sorriso si fece largo sul suo volto «andiamo» fece, prima di prendermi la mano, e mi condusse per il corridoio. Inizialmente fui sorpresa da questo suo gesto, così innocente e fatto con tanta naturalezza: non che avesse dovuto sorprendermi più di tanto, insomma, eravamo amici e non c'era niente di male. Strinsi la sua mano e lo seguii fino alla stanza degli strumenti. Incredibile come si muovesse in casa mia con tanta disinvoltura: dopo circa due settimane che passavamo il tempo lì dentro, ormai ne conosceva quasi ogni centimetro.
Ero entusiasta, sia perché non vedevo l'ora di tornare a torturare la quiete fin troppo armoniosa di mio fratello al piano di sopra con quei piatti spaccatimpani, e anche perché io ed Harry avevamo trovato un altro passatempo che, considerate le mie doti catastrofiche con la batteria, ci avrebbe tenuti occupati per parecchio tempo.
Al contrario, scoprii che Harry era un eccellente batterista: rimasi a guardarlo a bocca aperta mentre improvvisava un ritmo che mi sembrò parecchio complicato. Muoveva le braccia con scioltezza fino a colpire i piatti, e stava a tempo con la testa, spostandola avanti e indietro, mentre i suoi morbidi ricci saltellavano qua e là disordinati. Quando ebbe finito lanciò una bacchetta in aria e la lasciò roteare, per poi afferrarla proprio nel momento giusto.
«Oooh, io voglio imparare a fare queste cose, sai che figata?» dissi di colpo ed andai a sedermi accanto a lui, che mi guardava perplesso. «Non dico tirare la bacchetta, in aria, ma tutti quei giochetti con le dita, capisci?» risi, cercando di spiegarmi meglio.
Poi fece roteare la bacchetta che teneva in mano ad una velocità assurda: sembrava quasi che volasse sulla sua mano, e che l'impedimento fisico delle sue dita non esistesse. «Così?» domandò.
«Esatto!» replicai entusiasta battendo le mani come una bimba piccola di fronte ad un clawn che le ha appena gonfiato un palloncino. «Che aspetti, insegnami!».
«Okaaay!» roteò un'ultima volta la bacchetta, e poi la mise nella giusta posizione nella mia mano. Con le sue dita lunghe e affusolate spostò sapientemente le mie, in modo da far compiere alla bacchetta un giro completo. «Visto? E' facile» commentò allontanandosi un po' con il busto. «Basta solo un po' d'allenamento».
Lo guardai effettuare una dimostrazione a rallentatore con l'altra bacchetta, ed annuii con sicurezza.
«Okay, credo di aver capito» dissi tra me e me e cominciai a far ruotare quella che avevo tra le mani con calma. Vedendo che il giochetto mi riusciva, e pure decentemente, decisi di aumentare la velocità.
Fino a quando la bacchetta non mi scivolò via dalle mani.
E andò a colpire Harry dritto in faccia.
«CAZZO!» esclamai rizzandomi all'in piedi e strabuzzando gli occhi. Mi portai una mano alla bocca, mentre la sua andava a coprirsi il naso. «Oddio! Scusa scusa scusa! Sanguina? Vado a prendere la cassetta del pronto soccorso» riuscii a biascicare, ancora sotto shock. Non gli lasciai neanche il tempo di parlare, che ero già di ritorno con la cassetta in mano. Con mio sommo orrore scoprii che sì, sanguinava. Non troppo, ma abbastanza da mandarlo in tilt.
«Merda» lo sentii mormorare mentre contemplava il suo riflesso sulla superficie nera e lucida del pianoforte accanto.
Aprii la cassetta, un po' incerta sul da farsi. Ehi, ero al liceo, non studiavo mica medicina all'Università. E non ero neanche mai stata ad un qualche corso di pronto soccorso, perciò dovevo affidarmi... all'istinto? Presi un paio di bende umide e mi avvicinai di più a lui.
«Non devi tenere la testa all'in su» dissi contrariata e scossi la testa. Avevo letto da qualche parte che era la cosa più sbagliata che si potesse fare in questi casi, anche se la facevano tutti. Gli misi delicatamente una mano dietro ai ricci e gli abbassai il capo, fino a quando non incrociai i suoi occhi cerulei.
«Certo che devo tenerla su! Il sangue dovrà pur rientrare , no?!» disse lui agitando le braccia nervosamente mentre io, in un tentativo disperato, lo ripulivo dal sangue.
Sollevai le sopracciglia e lo guardai sottecchi, un po' stranizzata, sforzandomi di non scoppiargli a ridere in faccia. «Harry, che cazzo stai dicendo?» mormorai pulendogli i residui di sangue dal viso.
«Non ne ho idea» si lasciò andare in una risata, smorzata subito da una smorfia di dolore.
«Mi dispiace davvero» il sorriso che era apparso sul mio volto si spense, e mi mordicchiai il labbro inferiore. Ero davvero un disastro: solo io sarei riuscita a fare una cosa del genere, trovavo sempre il modo di rovinare ogni cosa.
Lui scosse la testa. «Sei un pericolo pubblico» scherzò portandosi una mano sul naso, un po' più gonfio e rosso del solito.
«Ha l'aria di fare parecchio male» commentai «Scusami, davvero. Non faccio che combinare disastri» abbassai la testa, dispiaciuta.
«Bob fa biemte» replicò lui in un'assurda voce nasale, che ci costrinse entrambi in una risata. In quel momento mi resi bene conto della situazione. Eravamo uno di fronte all'altro, ridevamo entrambi, gli sguardi spiritati per l'isteria del momento. Ed eravamo anche parecchio vicini.
«Forse dovremmo fare un po' più d'attenzione» mormorò lui una volta che ci fummo ripresi, massaggiandosi il naso.
«D'accordo, allora se vuoi ti prendo un casco, dei guanti e cominciamo» scherzai.
«Non ce ne sarà bisogno» sorrise «tu cerca di non farti prendere troppo dall'agitazione. So che sono bello, ma cerca di contenerti».
Risi insieme a lui e gli feci una linguaccia. «Ti piacerebbe!» sollevai un sopracciglio.
Lui scrollò le spalle, e sembrò pensarci per un istante. «Sì, francamente sì» ridacchiò con fare sarcastico, ma in qualche modo riuscivo a notare una nota di sincerità che traspariva dalla sua espressione. E per qualche ragione ancora a me oscura, questa cosa mi fece anche piacere. «Direi basta per oggi con i giochetti con le bacchette. Meglio se suoniamo sul serio» riprese, e non potei essere più d'accordo su questo punto. Cominciò col mostrarmi una sequenza piuttosto elementare, che riuscii ad imitare senza troppe difficoltà.
«Visto? Sono brava» lo guardai, soddisfatta.
«Bene, allora facciamo qualcosa di più difficile» disse e mi mostrò un'altra sequenza, un po' più veloce e complessa della prima. Provai tre volte a riprodurla, ma per qualche motivo veniva sempre fuori un ritmo inascoltabile, niente di simile a ciò che mi aveva mostrato lui.
«Okay, posso farcela» strinsi gli occhi e cercai di concentrarmi.
«Puoi farcela» mi fece eco lui. Mi sorprese totalmente però, quando fece passare un braccio oltre le mie spalle, in modo da mettere la mano sopra la mia e afferrarmi il polso, e fece lo stesso con l'altra. Il suo petto sfiorava delicatamente la mia schiena, e sentivo il suo caldo respiro soffiarmi sul collo. Mi risultò difficile mantenere la concentrazione.
«Sei troppo tesa» osservò, stringendo delicatamente la presa sui miei polsi. Le sue mani erano incredibilmente morbide, osservai. Non è una cosa che ci si aspetterebbe, specie da un ragazzo sedicenne abituato a guidare moto e a suonare la chitarra: stava di fatto, però, che erano davvero soffici. «Rilassati, okay?» mormorò, e il suo soffio delicato mi solleticò leggermente il collo. Era davvero così vicino?
Annuii lentamente e presi un bel respiro, cercando di sciogliere le spalle e i muscoli delle braccia. Lui aspettò qualche istante e poi riprese quei movimenti, facendo muovere le mie braccia a tempo, in modo che colpissi i piatti nel giusto ordine.
«Visto?» disse infine, a pochi centimetri dal mio orecchio. «Prova da sola adesso» lasciò cadere le braccia, ma rimase in quell'esatta posizione: potevo sentire il suo petto gonfiarsi contro la mia schiena ad ogni respiro, e questo era già abbastanza per distrarmi. Per non parlare di una sua mano che, quasi casualmente, era andata a posarsi sul mio fianco. Sospirai piano.
Da sola mi sforzai di imitare ciò che avevo appena fatto sotto la sua guida, e con mia somma sorpresa mi riuscì decentemente. Mi appoggiai appena a lui, soddisfatta del risultato.
«Brava!» disse alle mie spalle, e dal suo tono di voce dedussi che stava sorridendo.
«Già! Hai visto, sono un...» mi voltai a guardarlo, e fui costretta a bloccarmi dal completare la frase, perché mi accorsi che i nostri visi si trovavano a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. Mi specchiai nei suoi occhi, mentre le sue iridi si perdevano nelle mie. Un sorriso si fece largo sul suo volto, e mi fissò per qualche istante le labbra. Il suo viso si fece pian piano più vicino, le sue pupille più grandi, il suo respiro più calmo e regolare. Quasi sussultai quando il suo naso arrivò a sfiorare il mio.
«Direi che per oggi basta così con la batteria» mi decisi a dire, ritraendo la testa. «Dopo tutto ti ho già quasi rotto il naso. A proposito, come va? Sicuro di non volere del ghiaccio? Scommetto che fa male. Sono un completo disastro. Magari la prossima volta dovremmo studiare soltanto, no? Considera che il test di spagnolo è la prossima settimana, e tu l'ultima volta hai preso F. Se vuoi prendere una C in questo devi almeno aprire il libro, no? Dovremmo organizzarci un orario ben preciso, e decidere i giorni in cui studiare. So che non ami farlo, ma è necessario...»
Lui interruppe il mio monologo scoppiando a ridere, e tirò la testa all'indietro.



u n b r o k e n corner;
Ciao genteee! Non aggiornavo da un sacco di tempo ç_ç Scusate il ritardo, giuro che non l'ho fatto apposta s:
Volevo ringraziare chi legge e chi segue la storia, però tipo sarebbe carino se recensiste in più, mi farebbe piacere leggere cosa ne pensate della storia! Ecco, magari ç___ç anyway, come al solito un grazie enorme a Manu che mi fa da cavia per la lettura di ogni capitolo u.u <3
Non so quanto passerà perché posti il prossimo, ma ne ho già scritto un pezzo, perciò spero non molto... Bye bye lovely people! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** sick for you. ***



Harry.

«Spostati, Zayn! I tuoi capelli mi oscurano la visuale» mormorò Louis cercando di spostare con le mani la testa di quest'ultimo, e posizionò la propria in allineamento con il buco sul muro. Zayn, che teneva Louis sulle spalle non ci pensò due volte a lasciarlo andare, e il ragazzo si ritrovò a terra con un tonfo secco. Il moretto soffocò una risata mentre l'altro arrancava e cercava appigli con le mani per potersi rialzare, e nel frattempo lo inceneriva con lo sguardo. 
«Malik, sei un uomo morto!» disse, e poi si rivolse a me con sguardo da cucciolo. «Harry, amore mio, mi aiuti?» fece, sporgendo il labbro inferiore in avanti, a mo' di broncio. Sorrisi lievemente e gli afferrai una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi. 
«Giuro che il culo della McDonald è qualcosa di incredibile» udimmo la voce di Zayn, che nel frattempo era occupato a sbirciare oltre il buco nel muro. Louis non aspettò altro e si avventò di nuovo sul ragazzo: a questo punto cominciò una lotta interminabile per chi avrebbe dovuto accaparrarsi la visuale migliore. 
Permettetemi di spiegare meglio la situazione: lo spogliatoio dei ragazzi e quello delle ragazze erano confinanti. Non vi sarà difficile perciò immaginare a cosa erano arrivate le menti pervertite dei ragazzi della scuola, pur di rifarsi un po' gli occhi ogni tanto. Qualcuno - un genio, aggiungerei - era riuscito a creare un buco nel muro, che dava una perfetta visuale dello spogliatoio femminile. Ogni tanto ci andavamo anche noi, alla fine dell'ora di educazione fisica delle ragazze, giusto per passare un po' di tempo. 
Rimasi per qualche minuto ancora a guardare i miei amici che si litigavano quel buco, divertito. In quel momento Louis aveva buttato a terra Zayn, che si era poi appeso alle sue caviglie in un disperato tentativo di attirarlo a se, ma quello stava saldo con i piedi per terra: perciò il moretto si arrampicava lungo le sue gambe, con la speranza di riuscire a fargli perdere l'equilibrio. Osservai la scena estremamente divertito. Ero sicuro che non potessero esistere due persone più stupide, e allo stesso tempo più spassose. Zayn era il tipico playboy della scuola: se c'era gente che pensava che fossi io si sbagliava di grosso, oppure ancora non aveva conosciuto lui. A me piaceva passare il tempo con le ragazze, ma Zayn era il tipo che si portava una ragazza a letto una sera sì e l'altra pure. Non esisteva una ragazza in quella scuola che lui non conoscesse bene, e intendo davvero bene. Ma era solo una specie di "hobby", il suo: per il resto era un normalissimo ragazzo come tanti, a cui piaceva giocare a calcio e che ogni tanto sapeva essere più infantile di qualunque bambino di dieci anni. 
Louis era il mio migliore amico in assoluto: era incredibilmente divertente, ed era la persona più fidata che avessi mai conosciuto. Era un anno più grande di me ma a volte anche lui poteva sembrare quello piccolo tra noi due. Ricordavo ancora quella volta in cui, rimasto a corto di soldi, aveva finito per rubare al negozio di caramelle perché aveva un disperato bisogno di un lecca lecca. Era spesso infantile e immaturo, ma quando le circostanze lo richiedevano sapeva essere la persona più seria del mondo, ed era per me il fratello maggiore che non avevo mai avuto.
«Ehi, ma quello schianto chi è?» alla fine erano riusciti a trovare una posizione soddisfacente per entrambi: avevano le teste una attaccata all'altra, e guardavano dentro alla fessura con un occhio ciascuno.
«Mmmh, è quella nuova. La Miller, se non sbaglio» fece Louis, e per poi continuare con un apprezzamento sulle gambe della ragazza. 
«Levatevi di mezzo» dissi e mi avvicinai ai loro corpi, per poi dare una gomitata a Zayn e farli cadere entrambi per terra, come due tessere del domino. Probabilmente i loro sguardi non dovevano essere per niente cortesi in quel momento, ma non ci badai troppo: mi posizionai di fronte al buco e guardai all'interno. C'erano un mucchio di ragazze che si cambiavano, e nel frattempo ridevano e chiacchieravano tra di loro. Lasciai spaziare lo sguardo lungo la stanza e la individuai appena qualche secondo dopo: era in intimo, e rideva divertita alle parole di qualche altra ragazza fuori dalla mia visuale. Feci cadere il mio sguardo sulle curve sensuali del suo corpo, sulla sua pelle abbronzata e tonica, assaporando il potere dell'invisibilità. Non mi ero mai accorto di quanto potesse essere sexy, fino a quel momento: ogni suo movimento mi catturava, era come una calamita che mi richiamava ogni secondo sempre di più. Tutto quello che volevo era raggiungerla. L'avevo considerata una bella ragazza, sì, ma non l'avevo mai davvero guardata con quell'ottica. Dovevo dire che Zayn aveva proprio ragione: era uno schianto vero e proprio.
«Harold che c'è, hai trovato la donna dei tuoi sogni?» udii la voce di un Louis sarcastico al mio orecchio. 
«Uh?» dissi, e distratto e di malavoglia ritrassi la testa, per poi guardare i miei amici in volto. 
Zayn mi diede una pacca sulla spalla e rise. «Ti sei incantato, amico» sollevò un sopracciglio.
«Nah, io stavo guardando...» biascicai senza finire la frase, e corrugai le sopracciglia, pensieroso. Non riuscivo a capire dove stava il problema: mi si chiudeva lo stomaco e avevo la gola secca, e mi girava pure un po' la testa. Non capivo perché mi faceva quest'effetto... era lei? Non poteva essere. Io non provavo cose del genere per le ragazze, e non mi capitava mai. Scrollai le spalle e sospirai, cercando di buttare fuori, insieme all'aria, anche tutti i pensieri complicati che avevo in testa.
Forse avevo solo un po' d'influenza.
 
«Stai scherzando?» il biondino strabuzzò gli occhi e smise di suonare la chitarra: mi guardò sollevando un sopracciglio, come se avessi appena detto una delle cose più assurde di sempre. 
Scossi la testa, con l'espressione più seria che potessi avere. «Dico davvero, Niall» confermai e mi sdraiai sul mio letto, per poi portarmi le mani dietro alla nuca. Fissai il soffitto con aria assorta, mentre con la coda dell'occhio vedevo Liam e Zayn che smettevano di litigarsi la poltrona e si fermavano per ascoltare la nostra conversazione, interessati.
«Vuoi dire che non ha voluto baciarti?» domandò ancora il ragazzo, fissandomi dai piedi del letto. 
Mi morsi il labbro, senza distogliere lo sguardo dal soffitto. «Non direi proprio che non ha voluto... si è tirata indietro, ecco» spiegai. Era stata una strana reazione la sua: da come aveva reagito prima ero quasi sicuro che non si sarebbe opposta se avessi tentato di baciarla, anche perché non lo aveva fatto quando mi ero avvicinato e l'avevo aiutata con la batteria... ma perché si era ritratta proprio in quel momento?
In quel momento irruppe nella conversazione la risatina sarcastica di Louis. «Il che vuol dire che non ti voleva baciare» sentenziò roteando gli occhi, e si avvicinò al letto, per poi pizzicarmi la guancia. «Ohh, il nostro Harry è triste perché è stato rifiutato» disse, con la voce di una mamma che parla al figlio che è appena caduto dalla bicicletta e si è sbucciato un ginocchio. 
«E smettila, idiota» dissi e scacciai via la sua mano, sforzandomi di non ridere, mentre Niall riprendeva a suonare i suoi accordi con la chitarra. 
«Non capisco perché ci sei rimasto così male. E' solo una ragazza, no?» disse Zayn, che nel frattempo era riuscito a guadagnarsi il posto sulla poltrona (mentre Liam si era dovuto accontentare del puffo a terra), con una scrollata di spalle. Lo guardai per un istante ed annuii. Infatti io non c'ero rimasto male, dopo tutto. Capitava che una ragazza mi rifiutasse, e non ne facevo una tragedia... Anche se no, quella era proprio la prima volta che qualcuna non voleva baciarmi. Avevo sempre ottenuto risposte positive dalle ragazze e non ero abituato ai rifiuti. Ci si sente così deluso? Forse tutto quel disappunto stava anche nel fatto che ero sempre stato sicuro di me e delle mie doti in campo di flirt, perciò non avrei mai pensato neanche lontanamente che lei potesse respingermi. Quindi c'era anche stata la sorpresa. 
«Sì, è solo una ragazza. Però...»
«Però è la prima volta che qualcuno ti rifiuta» completò Liam per me, sapientemente. 
Sospirai ed annuii. «Infatti. E' per questo».
«Forse sei arrugginito...» mi provocò Zayn con un risolino. 
«Ti ricordo che stavo con Tisha fino alla settimana scorsa» sollevai un sopracciglio con un'espressione eloquente.
«Era Tiffany» mi corresse Liam.
«E' uguale».
«Secondo me questa è una tipa tosta» intervenne Louis, incrociando le braccia e appoggiandole al bordo del letto. «Non sembra una di quelle che si fanno abbindolare con un sorrisino. Sembra invece che abbia davvero una testa pensante» il suo tono sembrava quasi meravigliato dalle sue stesse parole. 
Annuii per confermare. «Credimi, ha una testa più che pensante» dissi, e tornai a guardare il soffitto della stanza. Destiny era una delle poche ragazze davvero intelligenti che avevo conosciuto in vita mia. La maggior parte delle altre erano ochette oppure secchione fissate con lo studio, poco aperte alle novità.  
Niall portò le braccia al cielo, come ad invocare un qualche dio dal cielo, la chitarra ancora in grembo. «Se neanche Styles riesce più a flirtare con le ragazze, ci sarà mai una minima speranza per noi mortali?» domandò. 
«Ehi, parla per te, gnomo!» fece Zayn guardandosi le unghie sapientemente, e si levò una risata generale. Sospirai, assorto. 
«Ehi, ma invece non è che questa tipa ti piace? Intendo, sul serio?» disse d'un tratto Louis, strizzando un po' gli occhi mentre mi guardava, proprio come faceva quando capiva che avevo qualcosa da nascondergli. Lo guardai innocentemente, e poi scoppiai in una risata.
«Piacermi? Lei? Ma proprio no!» dissi divertito, ma lui scosse la testa.
«Non me la racconti giusta tu, Styles» affermò senza slacciare i nostri sguardi per un istante.
Scrollai le spalle e scossi la testa, guardandolo. «Credimi, non c'è niente».
Destiny? Piacere a me? Ma neanche per sogno. Semplicemente l'apprezzavo come ragazza, e trovavo belli i suoi modi di fare, e i suoi atteggiamenti, ecco. O a livello fisico. Ma niente di più. 
Fui assorto dai miei pensieri, e mi ritrovai quasi a fare una lista mentale di ciò che mi piaceva di lei.
Il modo in cui si mordeva il labbro inferiore sforzandosi di non ridere alle mie battute; gli sguardi sottecchi che mi riservava quando dicevo qualcosa di stupido o insensato; la maniera in cui inciampava goffamente in giro, il suo coporirsi la bocca con una mano, mortificata, dopo avermi quasi rotto il naso; il suo modo unico di prendere per il culo gli insegnanti, la gioia che era apparsa sul suo viso quando aveva imparato a far ruotare la bacchetta. Il suo sorriso, così caldo e naturale, era come la fioritura a primavera: sbocciava spontaneamente sul suo volto angelico e non l'abbandonava quasi mai.
Non riuscivo a trovare neanche un difetto in lei. Era così perfetta, nel suo essere del tutto naturale. Non esagerava mai con il trucco, non si portava dietro uno specchietto come tutte le altre, perché non le importava di apparire perennemente impeccabile: e ciò nonostante, ero sicuro che per quanto avessi continuato ad esaminare ogni aspetto di lei, non avrei trovato una singola cosa che non mi piaceva.
Ma in fondo l'apprezzavo solo fisicamente. No? Il suo carattere non c'entrava. La sua personalità forte, il suo essere così tremendamente testarda, l'incredibile dedizione che aveva per le sue passioni, la dolcezza e l'ingenuità che a volte prendevano il sopravvento su di lei, il suo spiccato senso dell'umorismo... erano qualità che io apprezzavo, certo, ma niente di più.
Provavo solo una grande stima nei suoi confronti. Ecco, sì.
Il fatto che sentissi una morsa allo stomaco ogni volta che era troppo vicina, l'avevo già risolto: avevo l'influenza, ecco perché. Era la cosa più ovvia di questo mondo, tanto che non c'avevo pensato prima. Magari mi sarebbe venuta la febbre e sarei potuto rimanere qualche giorno a casa da scuola.
Sì, ero malato. Malato di lei.


u n b r o k e n corner;
dunque salve gente! :3 In questo capitolo ho inserito finalmente quei quattro persi, scommetto che si sentiva la mancanza, no? Harry senza di loro era incompleto <3 ma premetto già che non saranno molto presenti durante la fanfiction, che sarà più incentrata sulle vicende tra Harry e Destiny. Però va beh, non potevano mancare *-* Comunque non sono pienamente soddisfatta del capitolo, specie l'ultima parte che non mi piace proprio D: lascio il giudizio a voi!
Innanzi tutto volevo ringraziare i 5 che hanno recensito l'ultimo capitolo, vi amo ç___ç è grazie a voi che ho postato questo capitolo oggi, ho pensato che dovevo farvi leggere il resto e ho fatto in modo di finirlo prima! Perciò vi prego continuate a recensire perché mi date lo stimolo per scrivere! *-* 
Anyway, ringrazio i 23 che seguono la storia, i 4 che l'hanno inserita tra le ricordate e i 5 che l'hanno inserita tra le preferite. Grazie tanto a Manuela, perché questa storia la sto scrivendo io, ma l'abbiamo creata insieme <3 u.u
Preannuncio che non so quanto passerà per il prossimo capitolo, potrebbero essere un paio di giorni come due settimane ç_ç sto avendo un brutto periodo a scuola ed è tempo di compiti in classe D:
Mi dileeeeeeguo!
Grazie a tutti :DDD
Charlie ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** what's on everybody's mind? ***



Destiny.

«Lui ha cercato COSA?» urlò Crystal fulminandomi con due occhi che sembravano fanali di un'automobile.
Finii di masticare il biscotto che avevo in bocca, con estrema calma. Sapevo che avrebbe reagito così: nelle ultime settimane avevo imparato a conoscere Crystal e, per quel poco che ne sapevo di lei, questa notizia l'avrebbe fatta andare su di giri. «Ha cercato di baciarmi» completai la sua stessa frase, non appena ebbi ingoiato il boccone. A questo punto Crystal tossicchiò colpendosi ripetutamente il petto, e andò ad inondare di briciole il mio povero candido copriletto: mi allontanai un po' con espressione disgustata, e fissai con aria mortificata il letto, che avevamo ridotto ad una schifezza. «Crys, che schifo!» storsi il naso.
«Scusa, scusa» rantolò lei prendendo un fazzolettino per poi cominciare a pulire quel caos, un po' distratta; sollevò la testa e mi guardò. «Quindi vi siete baciati?» domandò.
Scossi la testa ripetutamente. «No, ti ho detto che ha solo provato  a baciarmi. Mi sono rifiutata io» spiegai, mentre l'aiutavo a raccogliere le briciole. Il film non era ancora iniziato, e noi già avevamo ricreato sul mio letto la perfetta riproduzione di un porcile vero e proprio. Eravamo due ragazze, sì, ma possedevamo la stessa cura e lo stesso ordine di un qualunque ragazzo maschio: a dir la verità, la mia camera era un po' paragonabile alla Stanza delle Cose Nascoste di Harry Potter, non so se avete presente. Un grande ammasso di cianfrusaglie gettate a casaccio qua e là, vestiti per terra o sulla sedia, addirittura sulle mensole. Ma io vivevo in simbiosi con il mio disordine, era il mio caos personale che mi permetteva di raggiungere l'ordine mentale necessario. O semplicemente la poca voglia di mettere a posto, ma questo ha poca importanza.
«Quindi fammi capire» concluse Crystal mettendosi comoda sul letto, mentre io facevo partire il DVD alla televisione «sei stata tu a non volerlo baciare».
Scossi la testa e roteai gli occhi al cielo, e poi mi buttai letteralmente sul letto accanto a lei. «Molto bene Crystal, ci sei arrivata» scherzai, fingendomi assorta dai titoli di testa.
Lei mi diede una gomitata leggera. «Ma... perché?» domandò innocentemente, come se non riuscisse a spiegarsi la natura del mio gesto.
La guardai, con fare sorpreso. «Perché non mi piace. Ovvio, no?» dissi con una scrollata di spalle. Mi sembrava di parlare con Sarah, che dava per scontato che Harry fosse l'unico ragazzo della terra, e che fosse naturale che tutte le ragazze gli andassero dietro come pecore con un pastore: ma non era affatto così, ed ero convinta che Crystal la pensasse come me.
«Pensavo che ti piacesse» ammise lei spostando lo sguardo sullo schermo, e mettendo in bocca l'ennesimo biscotto.
«Direi proprio di no» risi solo al pensiero. «Che cosa te l'ha fatto pensare?» domandai.
«Non so, forse il fatto che hai praticamente passato quasi tutti i pomeriggi delle ultime due settimane insieme a lui».
«Ma studiamo» mi difesi.
«Studiate anche il sabato?» domandò sagacemente, sollevando un sopracciglio. Mi fissò con uno sguardo quasi ironico, ed allargava un sorriso soddisfatto sulle sue labbra, come volesse dire "ehi bellezza, ti ho scoperta. Sputa il rospo". Ma io non avevo niente da rivelarle: Harry era solo un amico, punto. Perciò mi sforzai di ridere, osservando la sua espressione.
«Cos'è quell'aria da Sherlock Holmes? Credimi, io e Styles siamo solo amici» ribadii.
«E allora perché ha cercato di baciarti?» disse eloquentemente con una scrollata di spalle: evidentemente si aspettava una sola risposta, ma non era quella che le sarebbe arrivata da me. Avrei dovuto confessare che Harry mi piaceva? Neanche per sogno. Anche perché non era vero.
«Perché lui ci prova con tutte, lo sappiamo. E io non voglio essere una delle migliaia di ragazze della scuola che possono vantare di averla data ad Harry Styles» dissi francamente, con una smorfia, mentre l'immagine di quella bionda cotonata che stava attaccata alle sue labbra l'altro giorno in corridoio mi balenava in mente. Non sarei mai stata come quella Tiffany, non mi sarei mai fatta usare così da un ragazzo.
«Ah-ah!» esclamò di colpo Crystal, indicandomi con l'indice, con un'aria vittoriosa in volto. «Allora ammetti che non l'hai baciato per paura di essere una delle tante, ma che in realtà ti piace!» mi accusò.
Scossi la testa ancora una volta. «Credi davvero che non sappia quando mi piace un ragazzo?» Insomma, non ero così stupida: se un ragazzo mi piaceva seriamente allora sentivo una morsa allo stomaco quando lo vedevo, il cuore mi batteva a mille e diventavo incredibilmente agitata, specie nelle situazioni imbarazzanti. Quando cominciavo ad essere in tensione, poi, avevo la malsana abitudine di diventare incredibilmente logorroica, ed ero anche una visione comica da vedere, perché cominciavo a parlare a macchinetta, senza freni: sembravo quasi uno di quei stupidi personaggi dei cartoni animati per bambini, tipo Dora l'esploratrice, che parlavano a vanvera da soli, senza aspettarsi risposta dagli spettatori.
Perciò in conclusione, Harry non mi piaceva. Queste cose non erano capitate con lui. E se era successo, si trattava di uno sbaglio.
Crystal scrollò le spalle e tornò a concentrarsi sul film. «Se non lo sai tu. Però ti ricordo che neanche Allie voleva dare una chance a Noah all'inizio, e lui finì per essere l'amore della sua vita».
La guardai sollevando un sopracciglio. Forse perché stavamo guardando The Notebook in quel momento, e a lei piaceva fare paragoni tra la vita reale ed i film, forse perché la ragazza stava seriamente impazzendo, ma lì per lì non capii proprio il nesso logico della sua frase con la mia situazione sentimentale - che poi, situazione sentimentale neanche era. «Che cosa?» domandai, esterrefatta.
«Mettiamola così: e se Styles fosse l'amore della tua vita, e tu non gli dai una chance?» spiegò lei, con il tono più serio che mai, e fu proprio questo suo atteggiamento riflessivo e serioso che mi fece scoppiare a ridere.
«Stai scherzando?» dissi tra le risate. Potevo immaginare Harry in tutti i modi, ma era proprio l'immagine di amore della vita di qualcuno che era impossibile da dipingere nella mente, semplicemente perché sapevo che lui non avrebbe potuto esserlo. E non solo per me, ma per nessuno: insomma, vi immaginate Harry che sta seriamente con una ragazza fissa, Harry che si inginocchia davanti a lei con un anello in mano, Harry all'altare? Al pensiero scoppiai ancora di più a ridere, incredula. Le mie risate riuscirono a trascinare anche quelle di Crystal, e ben presto ci ritrovammo a ridere entrambe con le lacrime agli occhi, e neanche noi due ne sapevamo il vero motivo.
«Beh, non si sa mai» disse lei infine, con una scrollata di spalle.
«Scusa, ma non eri tu quella che detestava la fama da playboy di Harry a scuola?» domandai.
«Sì, ma tu sembri molto presa da lui. E poi ho pensato che voi due stareste benissimo insieme» obiettò lei.
«Dunque... Primo, io non sono presa da lui. E secondo, credimi, non staremmo per niente bene insieme. Ti ho mai detto che da piccoli ci prendevamo a pugni? Ci odiavamo dal midollo» scherzai.
«E ti hanno mai detto che l'odio è una forma di amore?» rise lei.
Per tutta risposta presi uno dei cuscini del mio letto e glielo scagliai in faccia. «Tu sei fissata» risi, scuotendo la testa.
«Scommettiamo che tu e Styles finirete per essere più di semplici amici entro la fine di questo mese?» disse sicura mentre annuiva sapientemente.
«Come vuoi tu» roteai gli occhi, e tornai a concentrarmi sul film, che fino ad ora era andato avanti senza che nessuno vi prestasse particolare attenzione.
«Bene. Tanto io non mi sbaglio mai».
«Mhm...» non mi preoccupai neanche di risponderle davvero. Non aveva senso continuare a parlarne, ciò che avevo da dire sull'argomento l'avevo già detto: Harry non mi piaceva ed eravamo amici, punto e fine. Perciò mi lasciai tutti quei pensieri contorti alle spalle, e presi a mangiare biscotti, alla faccia della dieta, mentre Allie e Noah stavano sdraiati in mezzo alla strada a fissare il cielo, nella mia scena preferita di The Notebook.

«Mamma?» domandai d'un tratto, con un tono curioso nella voce. Avevamo passato tutto il pomeriggio insieme, e adesso mi stava aiutando a lavare le stoviglie - che per la cronaca non toccavo da due giorni. Una cosa molto mamma&figlia insomma: lei sciacquava, insaponava e risciacquava - praticamente tutto - e io asciugavo. Avevamo portato avanti l'attività in un silenzio pacifico, quasi tombale: gli unici rumori che si potevano sentire erano lo scrioscio incessante dell'acqua che fuoriusciva dal rubinetto e lo strigliare della spugna sui piatti di ceramica. Continuai a parlare senza aspettare una sua risposta, mentre a testa bassa asciugavo un bicchiere. «Tu e Nick... siete sempre stati solo amici?».
Lei distolse per un attimo la sua attenzione dal fiotto d'acqua e mi rivolse uno sguardo enigmatico. «In che senso?» chiese, aggrottando le sopracciglia.
«Intendo... non siete mai stati, dico, insieme? Tipo... ragazzo e ragazza».
A quelle parole la donna allargò un sorriso, quasi fosse intenerita dalla mia domanda. Rimasi in silenzio per un istante, in attesa. Ma lei scosse la testa, e aspettò qualche secondo prima di parlare. «No, mai. Nick è sempre stato un amico. Il mio migliore amico» rispose con semplicità.
Rimasi interdetta. La complicità che avevo notato nei loro sguardi quel giorno, e che ricordavo dalle poche memorie che avevo di quando ero piccola, mi aveva sempre suggerito che ci fosse stato qualcosa di più. «E non c'è mai stato neanche un po' di imbarazzo?» chiesi imperterrita.
Lei rivolse nuovamente la sua attenzione al piatto, per poi risondere alla mia domanda. «Proprio no. Non te l'hanno mai detto che un ragazzo e una ragazza possono essere solo amici?» rise, e io con lei.
Era vero, e in quella conversazione stavo sembrando io la mamma apprensiva e curiosa, e lei la figlia moderna e giovanile. Le rivolsi un sorriso debole. «Sì, ma... non so, sembravate essere stati qualcos'altro» mi giustificai.
«Oh beh, se t'interessa così tanto una volta ci siamo baciati» ridacchiò divertita. Alla vista della mia espressione esterrefatta si decise a continuare: «stavamo giocando al gioco della bottiglia» rise «niente di più, lo giuro. Lui è sempre stato come un fratello per me».
A quelle parole allora spalancai la bocca. «Giocavi al gioco della bottiglia?» chiesi scioccata.
«Cos'è, pensi che non sia stata giovane anch'io?» scoppiò a ridere e scrollò le spalle con noncuranza, con un lieve sospiro. «Sono stata, purtroppo. Aah, magari potessi tornare indietro nel tempo». Potevo leggere una leggera nota di malinconia nei suoi occhi, come se avesse voluto tanto ritornare a quei tempi di gioventù, come se tutto in quell'età fosse più bello e colorato.
«Non è tutto rosa e fiori nell'adolescenza, mamma» sospirai pensierosa, e solo allora mi accorsi che stavo asciugando lo stesso bicchiere da almeno cinque minuti. Lo posai e presi a sfregare una forchetta.
«Lo so che non lo è. Credi che non sappia in che casini si vada a ficcare un'adolescente? Ti ricordo che sono io quella che è rimasta incinta di tuo fratello a diciott'anni» scherzò con leggerezza.
Già. Mamma aveva avuto Jason a neanche vent'anni, e il padre, non appena saputa la notizia, l'aveva abbandonata, con un bimbo in grembo, pochi soldi, e una vita da costruire tutta da sola. Ogni volta che pensavo a quel bastardo che aveva fatto questa schifezza a mia madre mi veniva voglia di fargli fare la stessa fine che aveva fatto la betoniera di Harry, quando eravamo piccoli. E così mia mamma era rimasta senza nessuno... ma mi aveva detto che Nick in quel periodo era stato dalla sua parte. «E' stato Nick in quel periodo ad aiutarti» dissi pensierosa, mentre nella mia testa cercavo di immaginare una Megan ed un Nick diciottenni, che affrontavano problemi ben più grandi di loro.
Lei annuì, con un sorriso stampato sulle labbra. «Nick in quel periodo è stato splendido» disse, smettendo per un attimo di lavare i piatti, e lasciando che l'acqua scivolasse sulle sue mani, in un fiotto veloce e fulmineo, proprio come il tempo sembrava scorrerle davanti agli occhi, a ritroso. «Era con me quando ho scoperto di essere incinta. Mi ha sostenuto sin dall'inizio, è stato sempre dalla mia parte. Mi ha anche accompagnato ai corsi pre-parto» il suo racconto di fermò un attimo, per lasciare spazio ad una sua risata, limpida e innocente, e al contempo forse un po' malinconica, probabilmente per qualche ricordo che io non potevo sapere. «Quando mi si sono rotte le acque, mi ha portato lui all'ospedale e ha aspettato fuori per tutto il tempo» sospirò. «Devo a lui un sacco di cose».
Sorrisi lievemente, ripensando a come avevo giudicato male quell'uomo riccioluto che aveva gridato di fronte a Harry: avevo pensato che fosse troppo severo e forse anche un po' cattivo con suo figlio, ma come si poteva pensare una cosa del genere di una persona che, lo scoprivo solo adesso, aveva fatto tutte queste cose per mia madre? Non potevo far altro che ringraziarlo mentalmente con tutto il cuore.
«Per un po' è stata dura» disse poi, con una scrollata di spalle. «Sai, tuo fratello neonato, io diciottenne... e ho dovuto mettere da parte l'università. Ma poi è arrivato tuo padre» e qui il suo sorriso si allargò «e si è sistemato tutto». Notai lo sguardo di mia madre, era un misto tra il sognante e l'estasiato, e avevo un aggettivo perfetto per quello sguardo: era innamorata. Adoravo il rapporto che avevano i miei genitori: ogni volta che si guardavano riuscivo a percepire il loro amore, ed era proprio questo che io desideravo in una relazione. Non ero mai stata una sognatrice romantica né sdolcinata, ma era bello pensare che un giorno qualcuno avrebbe potuto volermi bene per come ero nella realtà. Mi chiedevo solo se questo qualcuno sarebbe arrivato, prima o poi. O forse sarei finita come quelle vecchie rimbambite che si vedono nei film: sola in una casa gigantesca, con minimo un centinaio di gatti.
«Parlando di Nick» esordì ad un tratto mia madre, chiudendo il getto d'acqua e voltandosi verso di me, per poi appoggiare gli avambracci al ripiano della cucina. «Come vanno le ripetizioni con Harry?» domandò, sollevando un sopracciglio.
Riuscii a percepire una nota di sospetto nella sua voce. Perché doveva essere così tanto diffidente con me? Okay, forse non aveva tutti i torti, però... «Oh, benone. La settimana prossima c'è il test di chimica, e stiamo studiando per quello. Ma è migliorato molto» grazie a Dio sapevo mentire bene.
«Ah davvero?» domandò lei, portandosi una mano al mento e fissandomi in tralice. Mi sentivo sotto esame, ma cercai di non farci troppo caso e continuai ad asciugare un piatto, imponendomi di farlo con calma e naturalezza. «Tuo fratello mi ha detto che sente la batteria quando c'è Harry».
Fanculo a Jason. «Sì, la suoniamo ogni tanto nelle pause dallo studio. Harry è davvero bravo, sai? Mi sta insegnando un paio di cose» ammisi con più naturalezza possibile, con una scrollata di spalle. Non c'era niente di male, dopo tutto. E in fondo un po' avevamo anche studiato... ecco, anche se magari avevamo più passato il tempo a girarci i pollici e a fare altra roba che sui libri: ma avevamo comunque studiato.
«Oh, d'accordo» disse lei con una scrollata di spalle, e cominciò a mettere i piatti che avevo asciugato nella credenza. «Sai, sono stata molto sorpresa di questo tuo gesto» ammise «non pensavo che ti saresti mai messa ad aiutare qualcuno in questo modo».
Sorrisi tra me e me, quasi maleficamente, mentre lei era voltata. «Beh sai... è per aiutare un amico» scrollai le spalle, fingendo l'espressione più neutrale che mai.
«Mmh, devo preoccuparmi?» disse con il suo tono apprensivo: ma mia mamma non era brava a fare la madre premurosa e preoccupata, perciò ogni qualvolta che cercava di fare la seria non faceva altro che farmi ridere.
«Che vuoi dire?» chiesi mordendomi il labbro inferiore, per trattenere una risata. Sarebbe stato poco rispettoso nei confronti del suo - ahimè terribile - tentativo di fare la madre all'antica.
«Nel senso che spero tanto che voi due non siate ritornati ai vostri vecchi passatempi» sorrise e incrociò le braccia al petto.
Risi e scossi la testa. «Sta' tranquilla, abbiamo promesso che non ci saremmo picchiati più» le ammisi.
«Bene, allora devo preoccuparmi che facciate dell'altro?» sollevò un sopracciglio guardandomi con un sorrisino divertito. No, non sapeva proprio fare la mamma apprensiva. Era più un'amica più grande e matura, per me.
La guardai, fingendomi esterrefatta. «Mamma!» dissi e le diedi uno spintone amichevole. «Siamo solo amici» scossi la testa ridendo.
Ma che avevano in testa tutti? Mi chiedevo perché dovessero tutti ipotizzare una mia relazione con Harry. Dopo tutto che c'era di male se due amici passavano un po' di tempo insieme? Sospirai impercettibilmente.
Sì, d'accordo, lui aveva cercato di baciarmi: ma era passata, e non era più successo niente tra di noi. Tra l'altro ero più che sicura che lui se ne fosse già dimenticato, essendo sempre così preso da tante ragazze. Io ero stata solo una delle molte con cui aveva provato: a differenza che io non c'ero stata, perché non ero una di quelle troiette del liceo che aprivano le gambe come fossero porte automatiche di un ascensore.
E non lo sarei mai diventata, neanche per lui.


u n b r o k e n corner;
sssshalve gente! Comincio col dire che questo capitolo non è niente di che (e come mi ha fatto giustamente notare _Shebelieves_, sì, lo dico sempre ma giuro che non lo faccio a posta D: lo penso sul serio! çç), però ci tenevo comunque, specie per l'ultima parte. Mi dispiace non poter approfondire di più la storia di Nick e Megan, però ci tenevo almeno a darvi un'idea del rapporto che c'è tra i due! Vorrà dire che tutto il resto rimarrà un segreto tra me e manuela (?) hahaha
Ringrazio tanto quelli che hanno recensito e chi mi ha scritto su twitter, siete tutti fighi! *___* AMO le vostre recensioni! In particolare ho apprezzato quella di IscarrotTIME, perché io amo le recensioni lunghe :') grazie beibe! <3 Vi prego vi supplico in ginocchio (?) continuate a recensire! Il mio obiettivo per questo capitolo è arrivare a cinque recensioni, almeno! Please? *occhi dolci*

Comuuuunque! Il prossimo capitolo è quasi completo, ma siccome è un capitolo che voglio fare per bene mi prenderò un po' di tempo per rileggerlo e modificarlo come si deve u.u Spero che questo sia stato di vostro gradimento!
Oddio, spero di non aver scordato niente da dire D:
Okay, me ne vado. Alla prossima!
Charlie ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** you, me and the toilet. ***



Harry.

«Forza ragazzi, non voglio più vedere nessuno giù dal pulmino! Tutti ai vostri posti!» gracchiò la voce irritante del professor Williams che, facendo avanti ed indietro con le braccia, cercava di spingere il nostro gruppo verso le porte dell'autobus, quasi fossimo un branco di pecore da rinchiudere nel recinto. Sbuffai irritato, e aspettai che qualcun altro salisse. «Styles! Che fai lì impalato? Ti voglio su quell'autobus entro tre secondi!» lo sentii gridare.
«Giuro che se non fosse che per questa gita abbiamo rimandato il test di letteratura, l'avrei già mandato a quel paese da un po'» mormorai, salendo sul pullman.
«Andiamo al museo delle scienze, non è una vera e propria gita» puntualizzò Liam, che era salito subito prima di me.
«Sì sì, quello che è. Basta che non stiamo in classe, e mi va bene tutto» obiettai, scatenando una delle solite risatine di Niall. Non m'importava dove saremmo andati: l'importante era stare il più lontano possibile dalla scuola, dai banchi e dalle verifiche, e per me si trattava già di una giornata di vacanza. E se il professore la considerava come una lezione vera e propria... beh, tanto meglio per lui.
Aggrottai le sopracciglia, sorpreso, quando vidi le postazioni di quella mattina. Liam e Louis erano seduti in due posti a metà dell'autobus, e proprio davanti a loro stavano Zayn e Niall. Tutti e quattro sembravano troppo occupati a chiacchierare tra di loro per accorgersi di me. «Ehm ehm» mi schiarii la gola, attirando l'attenzione. «Cos'è questa storia?» dissi, lasciando trasparire dalla mia voce un tono piuttosto contrariato «Non ci pensate a me?»
Louis allargò uno dei suoi ampi sorrisi e scrollò le spalle. «Mi dispiace, Styluccio. Ma siamo cinque e qualcuno dovrà pure star da solo. Chiedi a Williams, forse ti fa sedere accanto a lui» ridacchiò divertito, trascinando anche tutti gli altri.
«Siete degli stronzi» scossi la testa ridendo appena, e mi guardai attorno alla ricerca di un posto vuoto. Ne vedevo uno accanto ad una ragazza riccia, con gli occhiali da vista dalla montatura multicolore ed un migliaio di bracciali diversi. Vicky Dickens, aveva vinto il torneo di scacchi l'anno precedente. Mi girai dall'altra parte, deciso a trovare qualcos'altro. Un altro posto libero era accanto a un ragazzo intento a scaccolarsi pubblicamente la narice destra. Passiamo avanti. Sbuffai, e lasciai spaziare il mio sguardo ancora nel corridoio dell'autobus, e mi arrestai quando vidi un posto vuoto vicino ad una brunetta con le cuffie alle orecchie, e dall'espressione assorta. Sorrisi, compiaciuto dalla mia fortuna.
«Che fai? Non puoi sederti qui!» si lamentò lei togliendosi le cuffie dalle orecchie, dopo che mi fui accomodato al suo fianco.
«E' un piacere anche per me vederti, Destiny» dissi sarcastico, appoggiando le spalle allo schienale del sedile.
Lei sbuffò. «Dai, alzati» ripetè.
«E perché mai?» domandai, fingendo un'aria innocente.
«Perché avevo conservato questo posto per la mia amica Crystal, non ce ne sono altri liberi».
Scossi la testa. «Ti sbagli. Può sempre sedersi accanto al ragazzo che si scaccola in seconda fila» dissi con tranquillità e appoggiai anche la nuca alla testiera, abbassando le palpebre e incrociando le braccia al petto.
«Oppure potresti andartici a sedere tu» rispose lei, ostinata.
«Ma neanche per sogno. Io resto dove sono seduto».
La sentii sbuffare e lasciarsi andare con veemenza contro lo schienale del sedile, che traballò un po'. «A volte ti detesto proprio, sai?» disse.
Aprii gli occhi e ruotai leggermente il collo, per andare ad incrociare il suo sguardo. Le rivolsi un sorriso beffardo. «Picchiami, dai» la provocai. Di certo non mi sarei mai aspettato di ricevere un pugno sul fianco in risposta. «Ahia!» mi lamentai, massaggiando il punto che aveva colpito. «Avevamo detto niente più botte» strinsi gli occhi ad una fessura e inchiodai lo sguardo su di lei.
«Mi hai provocata tu» incrociò le braccia al petto con espressione soddisfatta, come se avermi fatto male fosse stata la più grande soddisfazione di sempre.
«Miller, sappi che non mi hai fatto niente» le feci una smorfia.
«Vuoi che ritenti, Styles? O preferisci stare zitto subito?»
«Quanto sei permalosa» roteai gli occhi ridendo appena, per poi darle un pizzicotto su una guancia.
Alla fine Destiny si rassegnò alla mia presenza, e finimmo per chiacchierare durante tutto il viaggio d'andata. Ogni tanto vedevo Niall, Louis, Liam e Zayn che si voltavano verso di noi e ridevano, per poi scambiarsi battute tra di loro. Cercavo di non farci troppo caso, ma mi chiedevo che cosa avessero tanto da ridere.
Il museo si rivelò una noia mortale: fummo costretti a seguire una guida che creava discorsi più lunghi del tempo che impiegava mia madre in bagno, e per spiegarci ogni singolo oggetto esposto in quel luogo. Perciò ci fu un sospiro di liberazione generale, più tardi, quando il professore annunciò che avremmo potuto fare un giro da soli. Niall, Liam e Zayn si diressero al ristorante al piano superiore - Niall doveva per forza mangiare, o sarebbe svenuto da un momento all'altro, aveva detto - e io rimasi con Louis a passeggiare in giro.
«Allora? Tu e la Miller?» domandò lui ad un tratto, infilando le mani in tasca e guardandomi.
«Io e la Miller cosa?» chiesi, fingendomi sorpreso dalle sue parole: ma sapevo esattamente cosa intendeva.
«Sai cosa voglio dire» mi sorrise: uno dei suoi sorrisi canzonatori, ma allo stesso tempo così gentili ed educati. Solo lui riusciva a sorridere in una maniera simile.
Roteai gli occhi al cielo e sbuffai. «Non c'è niente, sul serio. E' un'amica e basta» ribadii aggrottando le sopracciglia.
«Un'amica che ti piace» ribatté ridendo, ma non ebbi tempo di rispondere perché in quel momento ci accorgemmo che una ragazza si dirigeva nella nostra direzione, chiamandomi a gran voce. «Penso che voglia te» sussurrò lui divertito.
«Ciao Harry!» disse lei, per poi gettarmi le braccia al collo ed abbracciarmi. Sospirai impercettibilmente e mi sottrassi dopo qualche istante alla sua stretta.
«Ciao, Sally» le risposi con poco entusiasmo, forzando un sorriso.
Lei me ne rivolse uno a trentadue denti. «Ecco, veramente è Sarah. Ma se vuoi chiamarmi Sally, fai pure!» mi fece l'occhiolino e si ravvivò i capelli color biondo cenere. La guardai sorpreso, e riuscii a percepire Louis accanto a me che stentava a trattenere una risata.
«Oh, ehm... okay» dissi semplicemente. Quella ragazza era a dir poco ossessionata da me. Sapevo di piacere a molte ragazze della scuola, ma lei mi veniva dietro sempre, e la cosa peggiore era che fosse davvero convinta di piacermi. Ma siccome io proprio non riuscivo a mandarla giù, tendevo ad evitarla il più possibile: era una bellissima ragazza, per carità, ma era un po' troppo ossessiva. «Vado in bagno» dissi ad un tratto, cogliendo la prima scusa che mi veniva in mente in quel momento per allontanarmi. Senza indugiare più di tanto mi diressi verso i bagni, e chiusi la porta alle mie spalle, che fece però uno scatto più secco e forte del solito, alquanto preoccupante. Mi voltai e cercai di aprirla, ma sembrava quasi... incastrata. Sbuffai e impiegai più forza nello spingere, ma niente.
«Non ci posso credere» sussurrai tra me e me, dopo qualche altro tentativo fallito. Estrassi il cellulare dalla tasca, ma mi accorsi, mio malgrado, che non c'era campo. Diedi un calcio alla porta, con uno sbuffo. E adesso che cazzo facevo?
Tentai altre volte di spingere la porta, ma era proprio bloccata. Fanculo a me e alla mia idea idiota di andare in bagno per evitare Sarah. Qualche istante dopo la porta del bagno delle donne si aprì.
«Che stai facendo?» domandò Destiny, guardandomi a bocca aperta, mentre davo calci alla porta.
«E' bloccata» spiegai abbassando di nuovo la maniglia e cercando di spingere con la spalla, ma riuscii solo ad ottenere qualche livido.
«Cosa?!» si avvicinò, con una nota di panico nella voce.
«Stai calma. Verranno a cercarci» dissi, «il tuo cellulare non prende, vero?».
Lei sospirò sconsolata e scosse la testa.
«Perfetto!» sorrisi sarcastico, e mi sedetti a terra. «Accomodati pure. Mi sa che staremo qui per un po'» affermai scocciato, e incrociai le braccia al petto.

«Okay, la mia è più una curiosità» esordii io, mentre tamburellavo con le mani sulle ginocchia. Eravamo chiusi in bagno da almeno un'ora e, non avendo parecchio da fare, avevamo preso a giocare ad obbligo e verità. Ma siccome nessuno dei due aveva ancora scelto l'obbligo, il gioco si era trasformato in "verità".
Indugiai con lo sguardo su di lei per qualche istante, poi parlai. «Hai passato praticamente tutta la vita a New York... ma non ti sento mai parlare della tua scuola o dei tuoi vecchi amici. Non ti manca?» domandai, con una scrollata di spalle. In tutto il periodo di tempo che avevamo trascorso insieme, quando cercavo di capire un po' di più sul suo passato e sulla vita che aveva a New York, lei evitava accuratamente l'argomento. M'interessava sapere com'era stata la sua vita dall'altra parte del paese, che cosa faceva per passare il tempo, e soprattutto, perché non ne parlava mai. Dopo tutto aveva passato una vita lì, e non sembrava averne la minima nostalgia.
Lei annuì piano e sospirò. «Il fatto è che... mi trovavo bene all'inizio, a New York» cominciò «Avevo i miei amici, a scuola andavo bene ed era tutto a posto. Poi l'anno scorso ho cominciato ad uscire con un tizio che si chiamava Jake, era capitano della squadra di football. Quando però ho capito che da me voleva solo una cosa, l'ho lasciato. E a quel punto lui ha cominciato a mettere in giro voci su di me, voci false; alla fine, tutta la scuola era convinta che io fossi una troia, e che fossi stata con mezza squadra di football» completò, con una smorfia d'indignazione dipinta sul volto. «Così i miei hanno deciso che era il caso di trasferirci, e abbiamo colto la palla in balzo quando Jason ha detto che sarebbe venuto a vivere qui per l'Università. Ed ecco spiegato perché New York non mi manca per niente» disse in conclusione, allargando le braccia e sollevando un angolo della bocca. Non sembrava soffrirne di questa cosa, ma dal suo sguardo percepii che come argomento non le piaceva molto: non era difficile capire il perché.
«Io non penso che tu sia una troia» obiettai, quasi innocentemente. Destiny, per me, era tutto fuorché quel tipo di ragazza, quelle disponibili con tutti, che avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di passare una nottata di "divertimento" anche con il primo ragazzo che incontravano. E credetemi, io di quelle ragazze ne conoscevo un paio.
«Oh beh, grazie. Ma non ci penso più ormai». Lei mi sorrise e scrollò le spalle. «Piuttosto, tocca a me!» si portò una mano al mento, accarezzandolo con l'indice ed il pollice, in un'espressione pensierosa; sembrò rifletterci per qualche secondo, poi parlò: «Il giorno che sei venuto per la prima volta da me eri incazzato. Come mai?».
Arricciai le labbra e guardai per un istante il lampadario del bagno, e la luce fioca che dipanava nella  stanzetta piccola e umida. Richiamai alla mente quel pomeriggio, e la litigata con il mio migliore amico: Louis si era incavolato con me perché gli avevo promesso che l'avrei accompagnato alla partita di football, che però era finita per essere il giorno stesso in cui io e Destiny avevamo fissato le ripetizioni. Cosa che, ovviamente, io avevo dimenticato, e lui c'era rimasto parecchio male. Avevo cercato di farglielo capire ma si era rifiutato di ascoltare, così avevamo litigato di brutto quel pomeriggio. Detestavo discutere con Louis: era il mio migliore amico, e quando litigavamo e io non avevo qualcuno con cui confidarmi - perché di solito era lui quello con cui mi confidavo - andavo su tutte le furie, e diventavo piuttosto irritabile.
Ma quella sera non avevo avuto bisogno di confidarmi con lui, e in meno di tre secondi l'arrabbiatura era passata. Come? Era stata lei. Non sapevo neanche in che modo, ma le sue parole, quei suoi sguardi, la sua finta aria incazzata nei miei confronti... avevo trovato tutto terribilmente adorabile e divertente, che avevo quasi totalmente dimenticato Louis per il resto del pomeriggio. Non sapevo neanche in che modo c'era riuscita, eppure l'aveva fatto. E avevo anche passato una bella serata con lei, dovevo dire.
«Avevo litigato con Louis. Niente di particolare» spiegai, con una scrollata di spalle. Non era niente di che dopo tutto.
«Uhmmm, capisco».
«Provi ancora l'impulso di picchiarmi, come quando eravamo piccoli?» chiesi.
No, perché io provo tutt'altro impulso quando sono con te... mi ritrovai a pensare. Evitai di rifletterci troppo, e aspettai per la sua risposta.
«Tutte le volte che ti vedo» rise «maledico il giorno in cui ho promesso che non ti avrei più picchiato!»
Le feci una smorfia. «Tanto lo fai comunque, sempre» ribattei, e le scompigliai un po' i capelli.
«Con quante ragazze della scuola sei già stato?» chiese poi, di colpo.
La fissai, mentre pian piano un sorriso beffardo si faceva largo sul mio volto. Voleva sapere con quante ragazze della scuola ero stato, seriamente? «Beh... con un paio» dissi con leggerezza.
Sollevò un sopracciglio, con aria diffidente. «Andiamo, non mentire. Lo sappiamo entrambi che mezza scuola ti viene dietro»
«Diciamo più che è tutta la scuola che mi viene dietro» replicai, con una punta di superbia «Ma non sto mentendo, il numero non lo ricordo davvero» ammisi: nei passati due anni di liceo ero stato con diverse ragazze, e quasi con nessuna avevo mai superato un mese. Non era una cosa di cui mi vantavo, ma non c'era neanche da vergognarsene: dopo tutto avevo sedici anni e mi divertivo, che c'era di male? Sarebbe stato peggio se una cosa del genere l'avesse fatta un adulto, non credete? Ma io a quest'età potevo permettermelo. E poi non era certo colpa mia se ero incredibilmente affascinante, e avevo tutta la popolazione femminile della scuola ai miei piedi. Tutta, tranne una, forse.
«E che mi dici di te?» chiesi, sorridendole sornione, e dandole una leggera gomitata «tu mi vieni dietro?».
Lei ridacchiò, per tutta risposta. «La prossima domanda, Styles» disse.
«Ma è questa, la domanda» replicai.
Lei rise leggermente e scosse la testa. «Non mi piace, cambia».
«Cosa ti piace di me?». Quelle parole mi uscirono dalla bocca quasi involontariamente, di botto: non appena mi erano balenate in testa non ero più riuscito a trattenerle, e così gliele avevo spiattellate lì, in faccia. La fissai, con le sopracciglia sollevate leggermente ed un sorriso beffardo stampato sul volto, mentre mi guardava di rimando, evidentemente presa alla sprovvista dalla mia domanda. Le sorrisi, quasi a incoraggiarla. Vidi il suo sguardo indugiare su di me, per più di qualche secondo: i suoi occhi erano fissi sui miei, e non accennavano a muoversi ancora. Mi specchiai in quelle iridi color cioccolato, e attesi per la sua risposta.
Qualche istante dopo lei sollevò di poco lo sguardo, e il suo sorriso si allargò. «I tuoi capelli» rise, prima di arruffarmeli «mi sono sempre piaciuti un sacco i ricci» osservò, giocherellando con un boccolo sulla mia nuca.
Ricambiai il suo sorriso. «Eh già, i miei ricci racchiudono un sacco di charme» scherzai, con una finta espressione maliziosa in volto, per poi sistemarmi il ciuffo che cadeva disordinato sulla fronte.
«Bene, tocca di nuovo a me» si schiarì la gola. «Cos'è che piace a te di me?» disse sollevando un sopracciglio, ma già mi aspettavo questa domanda. Indugiai per un secondo sui suoi occhi da cerbiatta: erano lucidi e color nocciola, e riuscivo a specchiarmici dentro, tant'erano splendidi. Erano belli, ma c'era qualcosa di lei che mi piaceva di più. Lei aprì le labbra in un sorriso, e per un istante sentii una morsa allo stomaco.
Però mi sforzai ad abbassare ancora di più lo sguardo, fino al suo petto, e finsi un sorriso beffardo.
Lei spalancò la bocca quando si accorse dove stavo guardando, e mi diede uno schiaffo sul braccio. «Sei un pervertito, Styles!» esclamò, indignata. Risi e scossi la testa, conscio del fatto che probabilmente avevo rovinato un bel momento.
«Scherzavo, scherzavo» risi, sollevando in aria le mani in segno di resa, anche in modo da pararmi da suoi possibili futuri colpi. «Vuoi sapere la verità?» le dissi, ed indugiai qualche secondo prima di continuare, mentre la guardavo negli occhi. «Il tuo sorriso. Lo trovo magnifico».

u n b r o k e n corner;
Hello people! Scrivo di fretta perché devo uscire, ma mi sentivo in colpa ad uscire senza aver postato il capitolo çç oddio vi ringrazio un sacco per le vostre recensioni! SEI! Per me sono davvero un'infinità! Vi amo :3 Continuate a recensire, vi prego! Ditemi che ne avete pensato di questo capitolo, cosa vi è piaciuto e cosa no u.u e sarebbe bello se mi consigliaste cosa vi piacerebbe vedere nei prossimi capitoli, magari potrei accontentarvi *-*
E poi trenta che seguono la storia? Dico, t r e n t a. Cioè. Grazie grazie grazie! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e abbiate apprezzato la parte derry! 
A me non piace tanto la parte centrale, ma va beh D: si sa che io non sono mai soddisfatta di quello che scrivo! Oggi sono stata a teatro a vedere il musical dei promessi sposi u.u che frega a voi?, vi chiederete. Non ve ne dovrebbe fregare niente però ringraziate Alessandro Manzoni perché mentre guardavo Renzo e Lucia che facevano gli innamorati m'è venuta qualche ideuccia :3 non c'entra niente con loro, ma boh tutta quell'aria amorosa mi ha ispirata per Destiny ed Harry (?)
Poooi cosa vi dovevo dire? Spero di portarvi sotto il vischio i due entro Natale, ma mi sembra un po' impossibile ç__ç sicuramente lo farò entro la fine delle vacanze u.u
Voglio ringraziare tanto Ila e Nena che sono tanto carucce e mi incoraggiano tanto *O* e poi Manuela! <3 haha ormai la ringrazio ad ogni capitolo, si sarà stancata.
Oddio, queste note stanno diventando più lunghe del capitolo. LOL me ne vado e vi lascio in pace.
CCCCCCIAO!
Charlie 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** would you like to fall in love? ***



Harry.

La pioggerella di metà ottobre a Los Angeles veniva giù dritta e veloce, in minuscole goccioline che sembravano piccoli aghetti. Erano continui e a mala pena visibili: sembrava quasi che la nuvola che sovrastava la città volesse sbrigarsi ad esaurire la pioggia, per spostarsi da un'altra parte, in modo da evitare tutte le lamentele della gente: perché quella era Los Angeles, lì non c'era mai una nuvola, non poteva piovere.
A me la pioggia piaceva. Si dice che vogliamo ciò che non abbiamo, e forse era per questo che quel pomeriggio decisi di uscire, per godermi l'aria fresca e il piacere di poter sentire cadermi addosso qualche goccia, che non fosse quella di un irrigatore.
Il parco quel pomeriggio era popolato solo da me ed un gatto appostato sotto qualche panchina più in là, in cerca di riparo. Io mi godevo semplicemente il panorama autunnale avvolto dal più pacifico silenzio, e le piccole goccioline fresche che andavano a schiantarsi sul mio volto. Cercavo di non pensare a nulla, piuttosto tentavo di liberare la mente dai pensieri che l'avevano affollata ultimamente fin troppo.
«Haaaarry!».
Io ed il gatto ci scambiammo un'occhiata sorpresa; lui mi guardò innocente, come a dire "io non ho parlato".
Bene. Ciò voleva dire che, a meno che lui non mentisse, e mi ritrovassi davanti un gatto parlante, io ed il micio stavamo per essere raggiunti da una terza presenza; presenza che possedeva la squittente voce di... «Sarah!» allargai un sorriso quanto meno falso quando la biondina dalle curve più profonde dello sguardo si accomodò sulla panchina, accanto a me.
«Ciao! Che coincidenza, eh? Non c'è proprio nessuno».
Coincidenza? Ecco spiegato perché avevo sentito dei passi alle mie spalle all'entrata del parco.
«Sta piovendo» sentenziai, senza preoccuparmi di nascondere il mio tono scocciato. Lei sollevò la testa ad osservare il cielo. «Sai, non smette di piovere se glielo chiedi con la forza del pensiero» dissi sarcastico.
Lei scoppiò in una risata piuttosto esagerata, e mi diede una pacca sulla spalla. «Ma no, sciocchino» Sciocchino? «Pensavo che non piove mai qui» si fece seria.
Sollevai un sopracciglio. «Per forza, siamo a Los Angeles».
«Sì, ma voglio dire...». Mi accorsi che si era fatta più vicina. Troppo vicina. «Voglio dire, è bello che piova per una volta. Non trovi?». A quel punto si era aggrappata alle mie spalle, in modo da poter raggiugere più facilmente il mio viso. Non riuscii a fare a meno di allargare un sorriso, divertito dal suo comportamento ridicolo.
«Già, trovo» dissi, ma a quel punto le nostre labbra si sfioravano e lei, con una mossa repentina, si attaccò completamente alle mie. Proprio in quel momento mi staccai.
«Scusa, ma... no» dissi e scossi la testa.
«Ma perché? Perché no?» chiese ostinata.
Già. Perché no, Harry?
Sarah era una bella ragazza, abbastanza popolare nella scuola, faceva pure parte della squadra delle cheerleaders. Era stata per qualche settimana con Niall, ma non contava. Perché le avevo detto di no? Sapevo solo che non mi andava più di tanto: okay, magari non mi sarebbe dispiaciuto baciarla, ma sapevo che lei voleva di più da me. Ed io ero... confuso.
«Scusami, devo andare» dissi velocemente e mi allontanai dalla panchina, le mani in tasca ed un migliaio di pensieri per la testa.

Il cameriere appoggiò il vassoio con le nostre ordinazioni al tavolo, piuttosto bruscamente, e si allotanò senza fare altro.
«La finezza» osservai mentre guardavo il ragazzo allontanarsi verso uno degli altri tavoli, per prendere le ordinazioni. Presi il bicchiere con il mio drink ed Heat, di fronte a me, fece lo stesso, ma sollevò le sopracciglia prima di bere.
«Già cugino, perché tu sei la persona più fine del mondo, vero?» scherzò. Risi leggermente e bevvi un sorso del drink, senza rispondergli.
Non vedevo da un po' di tempo mio cugino Heat. Era un peccato perché lui per me era come un fratello maggiore e adoravo passare del tempo con lui, ma era inevitabile che ci vedessimo raramente, visti i suoi studi universitari. Però ogni tanto trovavamo il tempo di vederci ed andare al pub insieme, come stavolta.
«La scuola, piccoletto?» esordì lui.
Una delle cose che più odiavo era quell'appellativo: e più lo detestavo, più veniva usato su di me da tutti i miei cugini, essendo io il minore, a parte mia sorella.
«Al solito» scrollai le spalle con indifferenza, prima di bere un'altra sorsata. «Per colpa di quell'idiota del preside mio padre mi ha tolto la macchina», sbuffai.
Lui rise di gusto, e mi diede una pacca amichevole sulla spalla. «Ci sono passato anch'io, ti capisco» rise. «Mai pensato a qualche fuga clandestina?» scherzò.
«Ho dovuto pagare Ronnie perché non dicesse a mio padre che avevo preso la macchina di nascosto» sorrisi sarcastico.
Lui si abbandonò ad una risata. «Quella bambina è un genio», commentò.
«Sì, un genio del male» roteai gli occhi al cielo, ripensando ai dieci dollari che mi era costata quella piccola fuga per andare a casa di Louis.
Dieci anni, una lingua lunga ed un salvadanaio pieno di furbizia: questa era mia sorella Ronnie, che, nonostante la giovane età, conosceva i più subdoli trucchi della persuasione e del raggiro. A causa dei suoi piccoli ricatti e giochetti, era riuscita ad essere la persona con il portafoglio più pieno in casa: eppure era così brava a nasconderlo, non ero mai riuscito a trovarlo.
«E a ragazze, come siamo messi?» ammiccò, aprendosi in un sorriso malizioso.
Sbuffai pesantemente. Perché la gente doveva continuare a farmi la stessa domanda? E perché, quando qualcuno poneva la questione, le uniche cose a cui riuscivo a pensare erano quel viso, quegli occhi, quel sorriso? Io non ero fatto per gli affari sentimentali: ero più il ragazzo da limonate per i corridoi della scuola e relazioni che duravano una settimana; i messaggini romantici, pensieri profondi e film strappalacrime al buio non facevano per me. L'idea che mi potesse piacere seriamente cominciava però ad insinuarsi nella mente pian piano, terrorizzandomi sempre di più.
Scossi la testa. «Niente» mentii.
Sì Harry, così, forza. Continua a negare l'evidenza, dissi a me stesso.
«Sei serio?» Heat era rimasto a bocca aperta, gli occhi strabuzzati e le sopracciglia sollevate, come un bambino al quale è stata appena rivelata l'inesistenza di Babbo Natale.
Alla visione scoppiai in una sonora risata e scossi un po' la testa. «No», dissi lentamente. Come avrei potuto mentire ad Heat? Oltre che ad essere impossibile, mi riusciva terribilmente difficile: la mia testa avrebbe finito per provocare il Big Bang n. 2 se non avessi parlato con qualcuno di quella situazione: e a Louis avevo scelto di non dire niente. Perciò lasciai prevalere la parte impulsiva di me - come al mio solito - e non aspettai un secondo di più per vuotare il sacco. Gli raccontai di come ci eravamo re-incontrati, della presidenza, della punizione, delle finte ripetizioni; gli dissi di come mi sentivo quando c'era lei, come mi aveva messo a soqquadro i pensieri, e come adesso non riuscissi più a far ordine nella mente per colpa sua.
«Non ci capisco più nulla, giuro» appoggiai la fronte alla superficie liscia del tavolo, sconsolato e più sereno al contempo, per tutti gli arrovellamenti mentali che avevo appena sputato fuori.
Heat rifletté qualche secondo ancora, accarezzandosi sapientemente la barbetta incolta, e fissando un punto lontano da noi. Poi tornò a guardarmi. «Cosa c'è da capire? Questa tizia ti piace» sentenziò.
Strinsi gli occhi ad una fessura e mi mossi il labbro inferiore.
Sentirlo dire ad alta voce era anche più strano, e sorprendente: fu un po' come quando, nel bel mezzo di un sogno, credi di cadere, e ti risvegli di soprassalto con il fiato corto, e per un attimo rimani spiazzato ed incredulo. La stessa cosa stava succedendo a me: cadevo lentamente dalle nuvole, e, all'affermazione di Heat, avevo cominciato la mia caduta in picchiata verso il suolo, e mi ero poi completamente schiantato contro la verità, che fino ad allora mi ero impegnato a negare con ostinazione. «Sì, penso che mi piaccia», mi decisi a dire, con un sospiro tra il sollevato ed il frustrato. Destiny mi piaceva, e seriamente: realizzai che non c'era nulla da fare, perché ormai c'ero dentro come un delinquente in prigione: e mi sentivo proprio come se avessi appena confessato chissà che crimine, aspettavo una condanna, che non arrivò.
«Buon per te, cugino. Ti auguro il meglio» mi sorrise, e ricambiai un po' incerto. «Ma sappi che tutte le ragazze le devi presentare prima a me, e poi allo zio» rise, ed io con lui.
Io ed Heat condividevamo, sin da bambini, un'indole molto simile, e che mia zia Julie considerava "da puttanieri". Entrambi l'avevamo ereditata da suo padre Joe, ovvero mio zio, che alla nostra età si dava parecchio da fare con le ragazze, e aveva anche molto successo. Il fratello, cioè mio padre, al contrario, era completamente diverso: aveva sempre avuto relazioni più durature e serie, e riusciva a stare con le stesse ragazze per mesi e mesi: praticamente l'opposto di noi.
In ogni caso, sul fronte Destiny ero ancora parecchio confuso: o meglio, era lei che mi confondeva. Riuscivo a percepire la sua agitazione quando era con me: il modo adorabile con cui parlava a macchinetta, arrossiva se eravamo troppo vicini, tutti indizi che mi avrebbero normalmente fatto pensare che le piacevo. Ma poi faceva cose come rifiutare il mio bacio e mi mandava completamente in tilt. Non sapevo cosa pensare di lei, o meglio, non sapevo cosa lei pensasse di me, il che era peggio.
«E tu, Heat? Come sei messo a ragazze?» la domanda a quel punto sorse naturale.
«Male, Hazza». Stavo per scoppiargli a ridere in faccia, ma il suo scuotere la testa sconsolato ed il suo sguardo vago mi suggerirono che era serio.
«Stai scherzando?» domandai sollevando un po' le sopracciglia. Heat era sempre stato un asso con le donne, sapeva come rimorchiare, quando e dove: il tempo di presentargli una ragazza e lui l'aveva già ai suoi piedi. Era da lui che avevo imparato quasi tutte le mie tecniche di flirt; mentre altre le avevo sviluppate per, diciamo, dote naturale. Comunque mi risultava assai impossibile che proprio lui fosse messo male in questo campo.
«No che non scherzo. Le donne non mi vogliono» ribatté lui, più sicuro che mai.
«Non sparare stronzate, Heat».
«Dico sul serio».
«Già. Scommetto che non ti porti qualcuna a letto da anni, ormai» feci io, sarcastico.
«Non parlo di quello» replicò, appoggiando i gomiti al tavolo, pensieroso. Sembrava voler soppesare le parole. «Le donne mi vogliono solo per scopare» sbottò ad un tratto, allargando le braccia.
E non è tutto ciò che vuoi fare tu: scopare?, fu la prima cosa che mi venne in mente: ma fortunatamente conservavo ancora in zucca qualche neurone di buon senso che mi bloccò dall'esporre certi pensieri.
«Perché, non ti interessa?» domandai curioso.
«Eh, ma Harry, tu non vorresti provare a innamorarti qualche volta?» domandò; sembrava più serio che mai.
La mia risposta già la conoscevo. Sì, un giorno anch'io avrei voluto provare ad innamorarmi, sentire quelle sensazioni che tutti dicevano di provare, o almeno accertarmi che l'amore esistesse. Non ci avevo mai creduto più di tanto, la parola "amore" era sempre suonata alle mie orecchie un po' come un'utopia irraggiungibile, qualcosa a cui tutti aspiravano ma che prima o poi si accorgevano non esistesse. Ma, se per caso l'amore fosse esistito per davvero, ero sicuro di volerlo sperimentare prima o poi nella vita.
«Penso di sì...» feci, un po' insicuro, ma lui non mi diede il tempo di continuare.
«Appunto» replicò «Per le ragazze sono solo uno con cui divertirsi. Vorrei per una volta essere trattato come uno con dei sentimenti».
Probabilmente doveva essere parecchio difficile farsi prendere sul serio, specie dopo essersi costruito una reputazione del genere in giro. Io ne sapevo qualcosa.
«Ti capisco» sospirai, sollevando lo sguardo al cielo e feci passare la punta delle dita sul bordo del bicchiere, distrattamente.
«Hey, non credere che per questo non voglia scoparmi una sexy che mi capita davanti» si affrettò a dire con una risata spensierata, alla quale mi unii. Heat non cambiava mai.
«Non mi sono mai ricreduto. So che, per quanto tu voglia innamorarti, nel profondo resti sempre lo stesso Heat».
Lui sorrise per un momento, riflessivo. «E tu resti sempre lo stesso Harry, per quanto ti stia innamorando. Solo che ti stai facendo meno puttaniere» si lamentò infine, come se fosse un peccato, e mi fece l'occhiolino.


u n b r o k e n corner;
Ciao gente! Come va? Spero bene u_ù dunque dunquee! Sono contentissima, grazie mille per le sei recensioni al capitolo precedente *---* cioè per me sono davvero tantissime, lo ripeto! Come al solito vi sprono a continuare a recensire, e sarebbe carino sentire il parere di chi non recensisce mai! :3 mi dispiace non aver potuto esaurire le vostre richieste e darvi il bacio tanto atteso, prometto che nei prossimi capitoli questi due zucconi lo capiranno che si devono baciare u.ù voi intanto stay tuned!
Dunque, in questo capitolo quell'idiota di Harry finalmente si rende conto che non è malato (-.-) ma che Destiny le piace! Adesso non ci resta solo che scoprire quando quell'altra stupida capirà che Harry è ciò che il suo cuore vuole u.u basta, non voglio commentare più di tanto, questo sta a voi! :D come al solito vi chiedo di scrivere cosa vorreste accadesse nei prossimi capitoli, a parte il bacio.
Che dire? Beh facciamo i soliti ringraziamenti! :3 grazie a chi segue la storia, chi l'ha messa tra i preferiti e i ricordati. Grazie a chi la recensisce, vi lowwo più di tutti *u* Grazie a Manuela che non si secca minimamente se le intaso l'account e che mi aiuta tanto *o* Grazie a Cccciusy perché mi crede una troglodita, il che in parte è vero (?). SHOUTOUT ALLA ZIA PEPPA! <3 Questo capitolo è dedicato ad una persona che ha rotto le balle perché fosse postato entro stasera, perciò eccotelo qua u.u contento? ahahah scherzo, ti voglio bbbbene <3
Ah, quasi dimenticavo! Ho cambiato font. Va beh probabilmente non ve ne frega niente, ma giusto per dirvelo u.u
Adesso che ci sono le vacanze spero di metterci poco per il prossimo capitolo!
By the way, se non posto entro Natale (francamente non so davvero se ci arriverò), vorrei cogliere l'occasione per fare gli auguri a tutti quanti! :)
WE WISH YOU A MERRY CHRISTMAS, AND A HAPPY NEW YEAAAAAAAR!
Vi amo tutti. Much love!
Charlie
>

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** stupid girls. ***



Destiny.

«Sembra poltiglia» si lamentò incresciosamente Crystal, mentre rimescolava per l'ennesima volta la misteriosa zuppa scura che ci era stata servita oggi a pranzo. Sollevò il cucchiaio vicino agli occhi, esaminandone attentamente il contenuto melmoso, e poi lo lasciò cadere nuovamente nel piatto. 
«Più che altro sembra acqua dei piatti sporchi» commentai con una smorfia disgustata, osservando l'ammasso scuro non identificato dentro al piatto della mia amica. «Spiegami perché hai voluto prendere la zuppa, se c'erano le lasagne» aggrottai le sopracciglia e con la forchetta ne misi in bocca un pezzo. Dopo poco mi ritrovai a sputarlo con poca grazia in un fazzolettino, e bevvi qualche sorso d'acqua, con aria disgustata.
«Perché sapevo com'erano quelle della mensa» rispose Crystal guardandomi sottecchi con aria sapiente ed un sorrisino sul volto. 
«Avresti potuto avvertirmi» protestai e misi in bocca un pezzo di pane, con l'intento di far passar via quel saporaccio. Ero sicura di non aver assaggiato niente di più tremendo: sapevano di plastica, veleno e detersivo, tutto insieme. 
«Naaah» disse sorridendo, «è sempre un piacere vedere qualcuno che assaggia per la prima volta le lasagne della cuoca della mensa».
Avevo davvero la migliore amica del mondo. Sbuffai, e misi tra me e lei il polpettone che aveva preso per sicurezza. «Sai, questo non è male. Sa quasi di carne» commentai masticando un pezzo un po' gommoso e poco saporito e, anche se un po' a fatica, riuscii a mandarlo giù: certo era meglio delle lasagne, e la zuppa di Crystal... non ci tenevo neanche ad assaggiarla. Dividemmo il polpettone in due e, anche se di mala voglia, cominciammo a mangiarlo. «Da domani mi porto il pranzo da casa» osservai, cercando invano di tagliare un pezzo di carne. 
«Quando sarò presidentessa degli Stati Uniti, imporrò a Burger King di servire tutte le mense scolastiche del paese» dichiarò con aria solenne Crystal, annuendo sapientemente.
«Oh, e dieci minuti in più per le pause tra una lezione e l'altra, grazie» dissi di rimando.
«E abolizione di educazione fisica».
«E del gruppo delle cheerleaders».
«Un'ora in più per il pranzo».
«E niente più matematica!» annuii convita, sventolando la forchetta come fosse la mia arma di difesa. «Non serve a niente» dissi allargando le braccia, e Crystal rise, per poi acconsentire alla mia richiesta.
«E un giornalino scolastico che funzioni per davvero!» protestò lei.
«Di cosa parlate?» 
Sia io che Crystal ci voltammo simultaeamente, mentre Sarah appoggiava rumorosamente il suo vassoio, praticamente vuoto, al nostro tavolo. 
«Facciamo progetti rivoluzionari per una scuola migliore» Crystal scrollò le spalle indifferente, e tornò ad avventarsi con poca enfasi sul suo polpettone.
«Io comprerei delle divise da cheerleader più belle, e farei cambiare i colori della scuola» s'intromise con entusiasmo. «Viola e giallo fanno a pugni tra di loro, non trovate? Io farei delle divise con colori più... trendy. Tipo il rosa ed il porpora, no? Oppure il lilla. Ecco, il lilla ci starebbe benissimo!»
Io e Crystal sollevammo un sopracciglio, contemporaneamente. «Ehi Sarah, oggi non dovevi sederti insieme alle altre cheerleaders?» domandò lei piegando leggermente la testa di lato.
Crystal, mi hai tolto le parole di bocca.
Sarah rise quasi nervosamente e bevve un po' d'acqua. «Mi sono seduta qui perché volevo raccontarvi le novità» ridacchiò, e qui si voltò verso me.
Mandai giù a fatica il boccone che stavo masticando e la guardai, in attesa. Sinceramente non poteva importarmi di meno se era riuscita ad ottenere il posto in cima alla piramide con le sue amichette cheerleaders, perciò sperai che facesse in fretta. La pausa pranzo stava per finire ed io ero riuscita a mandare giù a mala pena due bocconi di quel polpettone di plastica. «Mhm?» domandai, poco interessata.
Lei, al contrario, sembrava tutta emozionata di condividere con noi le novità. «Sono sempre più sicura di piacere ad Harry» disse e sollevò entrambe le sopracciglia.
«E come mai?» incalzò Crystal, notando che Sarah non aspettava altro che quella domanda. Era un po' come i bambini piccoli, non mangiano se non li imbocchi tu. Finsi un'aria totalmente disinteressata, ma avevo le orecchie ben dritte e pronte ad ascoltare le sue parole.
«Domenica ci siamo quasi baciati!» scoppiò, con un gridolino eccitato. Mi voltai verso di lei quasi di scatto.
«Oh davvero?» domandai, con un tono poco convinto. Non ne avevo mai davvero parlato con lui, ma da quel poco che era emerso dalle nostre conversazioni, Harry era risultato parecchio infastidito da quella ragazza.
«E come mai vi siete quasi baciati?» chiese ancora Crystal, ponendo enfasi sull'azione non compiuta.
«Non ho voluto io» rispose la ragazza prontamente, quasi stesse recitando una poesia.
«Certo, come no» finsi una risatina e tornai ad interessarmi al mio pranzo.
«Vuoi scherzare?» protestò la biondina, cominciando a scaldarsi «pensi che stia mentendo?». 
Era praticamente impossibile che Harry avesse tentato di baciarla. Certo, lui era il tipo che ci provava con tutte, ma lei proprio non la sopportava. E il solo pensiero che avesse potuto fare una cosa simile, che avesse potuto trattare me e Sarah allo stesso modo, quasi fossimo due oggetti qualsiasi, mi mandava in bestia. Non volevo avere nulla in comune con lei, eppure entrambe ci eravamo lasciate abbindolare da quello sguardo magnetico, quel sorriso meraviglioso, quelle adorabili fossette. 
Ma io e Sarah non avevamo niente in comune. E mai sarebbe stato così. 
«Sì, francamente penso che tu stia mentendo» risposi con una scrollata di spalle.
«Cos'è, pensi di piacergli più di me?» mi provocò.
Oh santa madre. 
«Io non penso proprio niente» scossi la testa con un risolino. «Penso solo che non sia vero che vi stavate quasi per baciare. Che tu gli piaccia o meno, problemi tuoi. Io non voglio c'entrare niente con questa storia» mi affrettai a dire. Per quel poco che conoscevo Sarah, se non avessi chiarito subito la situazione sarebbe andata in giro a raccontare a tutti che io avevo una cotta per Harry Styles.
Sarah non disse nulla; si limitò a sbuffare, si alzò ed andò via, senza neanche portare con sé il vassoio del pranzo.
 
Vieni da me stasera? H.
Mi rigirai il fogliettino che avevo trovato dentro all'armadietto tra le mani e mi voltai, per poi appoggiarmi ad esso. Non ero mai stata a casa di Harry. Da quando avevamo deciso questa cosa delle ripetizioni, avevamo sempre "studiato" da me: non avevo ben capito il perché di questo cambio di programma, ma non avrei avuto problemi ad andare io da lui stavolta. Ipotizzai che avesse problemi a venire, considerato che era ancora in punizione e non poteva usare la macchina. 
Ad ogni modo lo vidi in corridoio quel pomeriggio, che parlava concitatamente con Sarah. O meglio, era solo lui a parlare: lei si aggrappava al colletto della sua giacca e cercava di attirarlo a sé il più possibile, ma lui continuava a ripeterle qualcosa, con un'espressione seria. 
Contro ogni mio principio, mi avvicinai ai due con un gran sorriso stampato sulla faccia. 
«Harry, Sarah!» dissi contenta. Entrambi si voltarono verso di me e le loro reazioni furono parecchio diverse: Sarah lasciò andare il colletto di Harry e si appoggiò agli armadietti, incrociando le braccia al petto e mettendo su un'espressione alquanto infastidita; lui si limitò a sorridermi, sornione.
Fanculo a quelle fossette. 
«Ehi!» esclamò e si avvicinò per lasciarmi un bacio sulla guancia. Autocontrollo Des, autocontrollo. «Hai letto il mio biglietto?» chiese poi, continuando a guardarmi, ed estraniando completamente Sarah dalla conversazione; quest'ultima sembrava piuttosto irritata, ma fingeva comunque indifferenza.
Annuii senza dire nulla. «Ci vediamo da te stasera, allora» proclamai con un gran sorriso, rivolto principalmente alla ragazza che ci guardava infastidita. Non era da me essere così stronza, ma Sarah cominciava a starmi sul serio sulle palle, lei e la sua convinzione di essere il centro del mondo. Era peggio di qualunque altra ochetta della scuola, peggio perfino di quella Tiffany. 
«Okay, a stasera» mi sorrise ancora una volta prima di allontanarsi. 
Osservai l'espressione di Sarah cambiare, da irritata a infuriata. Mi avrebbe quasi fatto pena, se non fosse stato che negli ultimi giorni avevo preso a detestarla come non mai. 

u n b r o k e n corner;
Cioè, tipo adesso io vorrei anche sotterrarmi. Mi sento terribilmente in colpa, questo è il capitolo più corto della storia dei capitoli corti. E oltre ad essere corto, fa pure cagare. Senza contare poi che vi ho fatti aspettare un macello di tempo, e come vi ripago dopo le 9 (cacchio, N O V E! Vi amo troppo *o*) recensioni del capitolo precedente? Così. Vi prego non mi uccidete çç Se ho fatto questo un motivo c'è. Allora, con calma.
Primo, mi scuso per il ritardo. Colpa delle feste, e anche di un piccolo blocco. Fortuna che è passato in fretta!
Secondo, mi scuso per la schifezza del capitolo. 
Terzo, mi scuso per la sua cortezza e inutilità, ma c'è un motivo ed è che avevo programmato una seconda parte per questo, ma mi sono resa conto che era troppo importante, e tra l'altro se avessi dovuto inserirla in questo capitolo avrei dovuto tagliare un sacco di parti, e non mi andava di farlo. 
Vi prometto che farò in modo che il prossimo capitolo ne valga la pena! L'ho già completato e devo solo finire di copiarlo al computer. Spero tanto di poterlo postare al più presto, intendo tipo stasera stessa o domani, al più tardi giovedì.
Ringrazio di nuovo quelli che hanno recensito, AMO troppo le vostre recensioni, mi fanno venire voglia di scrivere e m'ispirano anche! Una di voi aveva espresso il desiderio di vedere Harry rifiutare Sarah davanti a Destiny. Beh, grazie per l'ispirazione, spero di aver dato giustizia alla tua immaginazione! ;)  Continuate a recensire, ve ne prego!
Ringrazio i 9 che hanno recensito il capitolo precedente, i 43 che seguono la storia, i 5 che la ricordano e i 18 che l'hanno inserita tra i preferiti. OMG sono contentissma *----*
Oh, un'ultima cosa e me ne vado. Ho trasformato questa storia in una serie, perché mi andava di scrivere una one shot su Negan, che ho postato, e mi farebbe piacere se andaste a dare un'occhiata! *-* Si chiama i'm a hot air-balooon e sarebbe bello ricevere qualche altra recensione, anche per sapere se volete leggere altri momenti Negan, ne ho a palate! E comunque manca ancora MOOOOLTO prima che la storia finisca, ma quando sarà finita penso già che mi piacerebbe creare un continuo... Ma è ancora troppo presto per dirlo! Okay, adesso me ne vado sul serio. Perdonatemi ancora per questo capitolo çç Bye bye!
Charlie ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** prince charming lives in a castle. ***



Destiny.

La casa di Harry era un po' diversa da come me l'ero immaginata. Avevo qualche vago ricordo di quand'ero piccola di un appartamento in centro molto carino, ma sapevo che qualche anno dopo la famiglia Styles si era trasferita in una nuova dimora. Di certo non mi aspettavo di trovarmi davanti una cosa del genere. Ricontrollai qualche altra volta il biglietto con l'indirizzo che mi aveva dato Harry, ma non sembravano esserci errori. Davanti a me si ergeva una gigantesca villa, con tanto di terreno, cancello e telecamere esterne lungo le mura di cinta. 
Mi avvicinai al campanello un po' intimidita, e schiacciai l'unico pulsante presente sul citofono, accanto all'elegante scritta in corsivo "Styles - Cox". Pochi attimi dopo una voce familiare rispose, e mi sentii quasi rincuorata di sentire Harry parlare, anche con quella voce un po' metallica che gli conferiva l'aggeggio. 
«Sono Destiny», dissi contro il microfono, e qualche istante dopo il cancello nero e lucido si spalancò, lasciandomi un'ampia veduta della villa. Attraversai il viale alberato e giunsi ad una specie di cortile, dove stavano posteggiate alcune macchine. Una volta che mi fui avvicinata alla casa, suonai il campanello. La porta si aprì e mi ritrovai davanti al ricciolino sorridente.
«Perché non mi hai detto che abitavi in un castello?», domandai a bruciapelo. 
La sua espressione divertita fu sostituita da una più confusa, ma qualche istante dopo sembrò afferrare. «Oh, non è proprio un castello... ma sì, è piuttosto grande», rise e si fece da parte per farmi entrare.
L'interno era ancora più spettacolare. Mi ritrovai in una specie di atrio-salone enorme, con due divani ed un tavolino. Tutto sembrava molto sofisticato e costoso, ma non c'era quell'aria fredda e poco ospitale che ci si aspetterebbe da un'abitazione del genere: al contrario, ogni elemento in quella stanza, dai tappeti ed i divani scuri e dai colori caldi al coloratissimo mazzo di fiori sul tavolino, ispirava un clima familiare e accogliente. 
Ero un po' scioccata da tutto quello... sfarzo. Non che non avessi mai visto cose del genere. Mio padre era un distinto avvocato e aveva permesso alla nostra famiglia di vivere in maniera più che agiata, senza contare poi che sia io che Jason avevamo il nostro appartamento personale. Ma casa di Harry era semplicemente... wow. Non c'era altro modo per descriverla.
La sua voce interruppe all'improvviso i miei pensieri. «Belle notizie, siamo soli!», si aprì in un caldo sorriso, guardandomi.
Quasi automaticamente anche sul mio volto apparve un sorriso, e, cosa peggiore per il mio orgoglio, fui contenta delle sue parole. «Oh, bene! Allora oggi possiamo... prenderci una pausa?», suggerii. Non che avessimo fatto così tanto, ma negli ultimi giorni avevamo aperto i libri qualche volta e, sorpresa delle sorprese, ero anche riuscita a fargli prendere una B- al test di spagnolo. Perciò qualcosa dopo tutto l'avevamo fatta. «Oggi non ho molta voglia di studiare. Non so, se vuoi facciamo qualcosa, ma...»
Fui interrotta dalla sua risata. La sua faccia si era già illuminata quando avevo detto che non mi andava di studiare, perché mai mi mettevo ad ipotizzare che lui morisse dalla voglia di gettarsi sui libri? Non cambiava mai.
«Pensi davvero che mi andrebbe di studiare?», sollevò un sopracciglio, eloquente. 
«No, infatti», risi leggermente, di rimando.
«Okay, vieni», mi fece segno con la testa di seguirlo e mi avviai dietro di lui, saltellando su per le scale.
«Vedo che siamo di buon umore?», constatò lui con un sorriso, spingendo la porta di una camera. Mi mise delicatamente una mano dietro la schiena e mi spinse dentro. 
«Abbastanza, sì», sorrisi. Non sapevo bene il perché, ma la sua presenza mi metteva di buon umore. Forse era la sua risata contagiosa, o forse erano i suoi occhi magnetici... ma basta pensarci troppo.
La sua casa era lussuosa allo stesso modo del salone, del terreno intorno e del viale alberato. A tutto questo però faceva eccezione la sua camera, che era quella di un normalissimo ragazzo della nostra età. Una chitarra riposava indisturbata sul letto, mentre una montagna disordinata di carte, caramelle ed altra roba occupava la scrivania, segno che non la utilizzava molto. Varie foto di amici e di famiglia ci fissavano dalle pareti, ed alcuni vestiti stavano disordinati su una sedia, alla quale era anche appesa qualche cravatta. Per il resto, comunque, era piuttosto ordinata: niente a che vedere con il caos che regnava sovrano in casa mia.
«Non vedevo l'ora di fare una pausa. Studiare è stressante», annunciò. Spostò via la chitarra e si sedette sul letto, facendomi cenno di accomodarmi accanto a lui. 
«Nessuno è mai morto di studio» risi roteando gli occhi e sedendomi sul letto. «Bleah, la mia ultima frase faceva tanto mia madre!» commentai con una smorfia. Mi voltai verso il comodino e presi in mano la cornice che conteneva la foto di un bambino riccioluto che sorrideva felice, con due dolcissime fossette sulle guance. «Oddio, ma quanto sei carino!», esclamai sorridendo. «Come facevo a picchiarti?», chiesi rivolgendomi a lui.
Harry si affrettò a sfilarmi la fotografia dalle mani e se la mise sopra la testa, con un'espressione divertita. «Semplice, perché io ero carino, ma tu eri spietata e cattiva».
Aggrottai la fronte e mi inginocchiai sul letto, con un gesto rapido recuperai la foto. «Eri un bel bambino», annuii convinta osservando l'immagine che lui tentava di riprendersi. «Non posso certo dire che non fossi un piccolo stronzetto, ma eri carino!».
«Oh, senti chi parla! Sono in condizioni di dire che tu fossi una stronzetta almeno quanto me», scherzò e mi diede una gomitata amichevole.
«Come no. Eri tu quello che mi distruggeva i giocattoli!», ribattei pronta, e mi sdraiai sul letto. «Non ti dispiace, vero? Ho avuto una giornata stressante», sospirai, fissando il soffitto.
«Come mai?», domandò lui, che anzi sembrava tutt'altro che scontento del fatto che fossi sdraiata sul suo letto, e si sdraiò accanto a me.
«Oggi ho avuto il test di spagnolo e di inglese, e ho quasi litigato con Sarah», sbuffai.
Lui si portò le mani dietro alla nuca, con aria rilassata. «E perché avete litigato?», chiese, dandomi un'occhiata con la coda dell'occhio, per poi tornare a fissare il soffitto.
Mi morsi il labbro inferiore concentrandomi su di una crepa sul tetto. Di certo non gli avrei detto il motivo della nostra discussione; mi sforzai di fare una risata, e scossi la testa. «Non chiedermelo, ti prego», dissi indifferente.
«Mhm...», mormorò lui, pensieroso. «Quella ragazza è un'idiota. Ha cercato di baciarmi, qualche giorno fa».
Dovetti impiegare tutte le forze del mio corpo per non scoppiargli a ridere in faccia. Oh, era così che stavano le cose allora. «Oh, davvero?», finsi un'aria sorpresa e sollevai un sopracciglio. Mi voltai e mi sdraiai a pancia in giù, appoggiando il gomito al copriletto ed il mento sul mio palmo; nel frattempo con il mio fianco sfioravo il suo, leggermente. «E perché non l'hai baciata?», domandai interessata, osservandolo dall'alto con aria soddisfatta.
Lui si limitò a specchiarsi nei miei occhi per un minuto buono, ma non disse nulla. Ogni volta che eravamo a questa distanza il cuore cominciava a picchiare forte contro il mio petto, proprio come un ladro che vuole buttare giù una porta chiusa a chiave; il mio cuore voleva far crollare le mura di autocontrollo e indifferenza che mi costruivo intorno quando c'era Harry. Quegli occhi verdi-blu cominciarono a suggerirmi che forse Crystal aveva ragione, forse quegli occhi appartenevano a qualcuno che per me era più di un semplice amico. 
«Mi sono persa qualcosa, stai con qualcuna al momento?». Ma io sapevo come trattava le ragazze. E per quanto volessi che fosse qualcosa di più per me, lui non avrebbe mai voluto ciò che volevo io. Perciò cos'altro avrei potuto ricavare da questa storia, se non sofferenza? Eppure, nonostante tutto, in cuor mio mi ritrovai a sperare che questa mia domanda trovasse risposta negativa. 
«No, con nessuna», disse con sguardo rilassato e mi fece l'occhiolino. 
«Styles! Ma saranno...», feci un veloce calcolo con le dita, «tre settimane che tu non stai con qualcuno! Che tu stia mettendo la testa a posto?», domandai ironica, sollevando un sopracciglio.
Lui mi guardò dal basso con aria enigmatica, e si inumidì leggermente il labbro inferiore prima di parlare. «Diciamo che sono preso da un'altra ragazza, al momento».
Fu come se il mio cuore - che avevo avuto bloccato in gola fino ad ora - avesse deciso di effettuare una caduta libera fino al mio stomaco, precipitando giù come un macigno. Delusione.
«Oh», riuscii solo a dire in un primo mento, con una scrollata di spalle. Ma ehi, io ero Destiny Miller e non mi perdevo d'animo in nessuna situazione. In fondo sapevo già dall'inizio che questa era una causa persa. «E come mai non è ancora caduta ai tuoi piedi?», domandai scherzando. Di solito tutte le ragazze della scuola si prendevano una cotta per lui. Perfino io. Cazzo, ero proprio come tutte le altre.
Lui mi guardò dal basso e scrollò le spalle. «Veramente non lo so. E' parecchio testarda», sollevò un angolo della bocca in un sorriso sarcastico e si avvicinò lentamente. Io non mi ero accorta che a furia di parlare con lui mi ero protratta in avanti, fino a ritrovarmi con la testa praticamente sopra la sua. Vedendo il suo volto avvicinarsi, finsi indifferenza e mi voltai dall'altra parte. Con la coda dell'occhio lo vidi sospirare, e poi dare un'occhiata al suo orologio da polso. Sbuffò.
«C'è qualche problema?», domandai voltandomi di nuovo verso di lui.
Lui scosse la testa. «Niente, è che tra un po' dovrebbe tornare mia sorella Ronnie da danza. Che rompiscatole», sbuffò nuovamente.
Mi aveva parlato qualche volta di Ronnie e della sua furbizia precoce, e io l'avevo già ammirata ancora prima d'incontrarla. «Mi piacerebbe conoscerla!» sentenziai dondolando una gamba.
«Ma non ne vale nemmeno la pena. E' una rompiscatole. Decisamente meglio se rimaniamo da soli».
Sorrisi, quasi pateticamente. Ovviamente quelle parole erano dette a caso, ma per me suonavano così bene. Sbuffai rumorosamente e scacciai i pensieri dalla mia testa. «Non ci credo. A te stanno sulle palle tutte le bambine carine, quindi...», non mi mossi di una virgola, e rimasi attaccata al suo fianco.
«Ma se eri tu che picchiavi me! E l'hai detto anche tu che ero un bambino carino», protestò, sollevando un sopracciglio.
«Io ho detto che eri carino esteticamente. Non caratterialmente!».
«Ehi, io ho un bel carattere», si lamentò, mettendo un broncio che mi costrinse in una sonora risata. «Al contrario di te, che sei sempre stata brutta e antipatica», rise di gusto, attento alla mia reazione.
Aggrottai la fronte e gli sferrai un leggero pugno sul petto. «Non sono antipatica», scossi la testa, «magari brutta ci può stare, ma antipatica no!» esclamai ridendo, e lasciai la mano dov'era. «Ad ogni modo sei troppo simile a me per insultare pesantemente il tuo carattere, quindi penso che starò zitta».
Lui rise e mi fece una linguaccia, vittorioso. «Non sei brutta», si fece un po' più serio, mentre mi fissava con quel meraviglioso mare verde-azzurro. Sembrava voler aggiungere qualcos'altro, ma si trattenne. «...e neanche antipatica. Scherzavo» continuò sorridendo dolcemente. «Pensi che avrei passato tutto questo tempo con te se ti avessi creduta brutta e antipatica, punizione o non punizione?», mi fece l'occhiolino, divertito.
Un gran sorriso prese vita sulle mie labbra. «Oh, ne sono onorata!» dissi con tono ironico. Alzai di poco le spalle, facendo scorrere lo sguardo sul suo collo, sulle sue labbra e ancora sui suoi occhi. Cominciai a muovere la mano sul suo petto in modo quasi impercettibile, sorridendo. Ormai era palese che mi piaceva, e dovevo arrendermi all'evidenza: ma non per questo avrei ceduto. 
Vidi il suo viso sotto di me avvicinarsi sempre di più, mentre il suo sgurdo si perdeva nei miei occhi. Rimasi a fissarlo, combattuta. Stava oltrepassando il punto di non ritorno, quello oltre il quale non avrei potuto più usufruire del mio autocontrollo. Ormai i nostri nasi si toccavano, e il suo respiro m'investiva interamente il viso.
Il cuore batteva all'impazzata nel mio petto, che era schiacciato contro il suo. La mia barriera di autocontrollo era crollata già da un po', ma piantai comunque gli occhi sui suoi, assorti, e mi cimentai in un'ultimo disperato tentativo di dar retta alla ragione.
«Comunque... il tuo letto è comodo» riuscii a sussurrare, senza però potermi allontanare granché dal suo volto.
Harry rise, piano ed in un tono smorzato, come se avesse paura di disturbare qualcuno. «Strano a dirsi però, visto che sei praticamente sopra di me» sussurrò con un'espressione divertita.
Stavo per scusarmi e sotterrarmi quaranta metri sotto terra, e ovviamente stare il più lontano possibile da lui, ma lo vidi avvicinarsi sempre di più; e poggiò le labbra sulle mie.
Mi sentii in paradiso.


u n b r o k e n corner;
oeifjrweoijfwoi visto che l'avrei postato presto? Mi sono sdebitata. Due capitoli in un pomeriggio gente, AMATEMI. E scusatemi per il finale a mo' di Mondo di Patty ma se no il capitolo sarebbe diventato troppo lungo... Anyway. Mi scuso tanto con Ila perché le avevo promesso che l'avrei postato domani ma proprio non ho resistito çç E' uno dei capitoli che mi piace di più, forse fin'ora il mio preferito. Non per come è scritto, quello lo sappiamo che fa cccchifo, ma per... boh, mi piace per quello che succede. (E te credo, finalmente c'è lo smack smack come dice la cara ccciusy!) Allora siccome ho ricevuto 4 recensioni al capitolo precedente - ovviamente per colpa mia, visto che ho deciso di postare questo capitolo ora - non posterò il prossimo se non riceverò... 7 recensioni? Che ne dite? E' un accordo? uù please ne ho bisogno çç
Btw, questo capitolo lo dedico ad un paio di persone:
- A Ila, perché è sempre la prima che recensisce e le sue recensioni sono le più belle doijgfoerijfoe. E scusa ancora se ho postato prima. Tanto love <3
- A cccciusy che era tanto curiosa che le ho pure spoilerato cosa succedeva in questo capitolo. Grazie per le recensioni e per il tuo supporto morale! (Lo so, lo so, sono troglodita!)
- A D. perché è una figa assurda. E poi le piacciono i miei capitoli... cioè. uù
- Alla Nena che anche se non ha recensito ultimamente so che legge la storia e il fatto che legga questa cacchetta quando lei scrive meraviglie... Boh è tutto :')
- Ad un certo tizio, - chi ha da intendere intenda - perché è una persona speciale e tanto taaaaanto wow <3 E anche se non legge questa fanfiction, non so, stasera sono sentimentale e m'andava di ringraziarlo! *-* Boh, ti voglio bbbbbene. Ciao eh! uù
- A tutti quelli che seguono e recensiscono, TAAAANTO AMORE! *-* 
- Manuela, cazzo, MANUELA. Primo, è una figa assurda, secondo, ha creato lei Destiny quindi tutti i complimenti che mi fate per questo personaggio... sono per lei AHAHAHAHAH. Il grazie più gigantesco va a lei, questo capitolo poi in particolare è come se l'avessimo scritto insieme! <333
- E infine a me (LOL), perché per scrivere questo capitolo ho avuto il blocco dello scrittore e alla fine ce l'ho fatta... E sapete cosa? Non è neanche tanto male. (FUCK YEAH visto che faccio passi avanti? *u*)
Spero che vi sia piaciuto, alla prossima! :') Fatemi sapere cosa vi piacerebbe leggere nei prossimi capitoli!
Charlie ♥

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** pretty little bitch. ***


<


Destiny.

L'orgoglio ti fa sentire forte, ma saperlo comandare ti fa sentire un dio.

Quanto è vero.
Tutte le volte che in quei giorni Harry si faceva troppo vicino, superando la mia barriera di autocontrollo, avevo imparato a scostarmi diligentemente, in modo che non fosse intaccato il mio orgoglio. Resistergli era diventata la cosa di cui più andavo fiera di me stessa; ma quanto ero soddisfatta, adesso, di aver ceduto? Non avevo mai considerato l'opportunità di lasciarmi andare davvero, anche perché ormai avevo preso la mia decisione: non avrei ceduto.
Ma grazie al cielo, invece, l'avevo fatto.
Le sue labbra erano la cosa più morbida che potesse esistere; più delle sue mani, che adesso stavano appoggiate delicatamente sui miei fianchi, e mi attiravano ancora di più verso di lui. Il bacio si approfondì, mentre stavolta mi ritrovavo distesa completamente sopra il suo corpo. Feci scorrere le mie mani dal suo petto fino ai suoi capelli riccioluti e presi a giocherellare con essi.
Sentivo quasi un urlo di gioia dentro me, per tutte le volte che avrei voluto rispondere alle sue provocazioni, ma non l'avevo fatto per il mio stupido orgoglio.
Continuai a baciarlo quasi avidamente, senza mai staccare le labbra dalle sue, se non per respirare qualche istante. E più andavamo avanti, più il bacio si faceva profondo e travolgente, mentre orgoglio, imbarazzo e inibizioni svanivano nel nulla.
Di solito in questi casi una ragazza dice che sente i fuochi d'artificio: ma non era esattamente il mio caso. Ero io il fuoco d'artificio. Mi sentivo ardere e scoppiettare, proprio come i fuochi pirotecnici nella notte di Ferragosto.
Ad un tratto le sue labbra smisero di muoversi, ma rimasero ferme sulle mie. Sentivo il suo petto gonfiarsi ritmicamente sotto di me a causa del respiro accelerato, mentre il mio cuore martellava nel petto. Restammo fermi per un istante ad ascoltare il silenzio assordante della sua camera; non ebbi neanche il tempo di chiedermi perché si era fermato, che aveva ripreso a baciarmi.
Ma proprio in quell'istante udii un rumore più vicino. Mi staccai da lui e mi voltai verso l'entrata della stanza, su cui stava ferma la figura di una bimba innocente, che ci guardava con gli occhi strabuzzati e la bocca spalancata, incapace di dire nulla. Non saprei dire quale delle mie due reazioni fu più istantanea: se la mia metamorfosi in un pomodoro vivente o il mio scattare all'in piedi con la velocità di un toast che schizza fuori dal tostapane.
Lei continuò a fissarmi con una faccia scioccata; poi passò a guardare Harry, e in seguito di nuovo me. Mi schiarii leggermente la gola: non era esattamente la maniera che avevo immaginato di conoscere la sorella di Harry. Risolsi di dire qualcosa, almeno per riempire il silenzio imbarazzante. «Tu... tu devi essere Ronnie, giusto? Io sono Destiny» le sorrisi amichevole avvicinandomi per stringerle la mano, che lei ignorò bellamente. Si limitò a dare un'altra occhiataccia ad Harry, che adesso era accanto a me.
Com'era possibile che lo sguardo di una bambina di dieci anni mi facesse sentire così dannatamente sotto accusa? Di solito reggevo gli sguardi e amavo la sfida. Mi sentii tanto come nella vecchia scuola: certo, magari la bambina non mi avrebbe urlato in faccia "troia", ma chissà cosa stava pensando di me.
«Perché stavi sbaciucchiando mio fratello?» chiese voltandosi verso di me, senza alcuna pietà. Riuscivo a leggere la rabbia nei suoi occhi. «Dovevate studiare, non è vero?» rincarò la dose. «Che succede se papà lo viene a sapere?» e qui si voltò verso Harry, che sospirò amaramente.
«Wow, sei piena di domande» osservai con un mezzo sorriso, nervosamente. Evitai di rispondere alla prima domanda e passai direttamente alla successiva. «Ci siamo presi... una pausa dallo studio» pronunciai sulla difensiva, come se quella bimba avesse il potere di sbattermi in galera per quello che avevo appena fatto. Lanciai uno sguardo disperato ad Harry, che ricambiò con uno più deciso e determinato.
«Okay marmocchia, adesso basta. Smamma» disse e fece per spingerla fuori dalla porta, ma lei non sembrava per nulla intenzionata ad andare via.
«E perché tu non la respingevi? La stavi baciando anche tu!» disse con aria scioccata rivolta al fratello, come a fargliene una colpa maggiore; m'indicò con durezza mentre parlava, quasi fossi un'assassina incallita.
«Ronnie, smettila» replicò lui deciso.
La bimba incrociò le braccia al petto e mostrò un mezzo sorriso. «Dico tutto a papà» annunciò.
Quelle parole sembrarono far destare Harry dalla sua collera momentanea, e la sua espressione cambiò. «No» disse con decisione.
«Sì invece».
«Non gli dirai nulla».
«Scommettiamo?».
Sospirò, sconfitto. «Okay, che cosa vuoi?».
Guardai scioccata la scena. Non avevo visto Harry piegarsi di fronte a nessuno, nemmeno davanti al preside della scuola: lui era quello che otteneva sempre ciò che voleva, in qualunque modo. Eppure eccolo lì, a braccia conserte, pronto a discutere un equo patto con sua sorella di dieci anni.
La bimba finse di pensarci su; poi ci guardò entrambi. «Sarete i miei schiavetti» proclamò con un sorriso maligno.
Incredibile quanto la piccoletta risultasse sveglia, nonostante la sua età, e pronta ad approfittare a suo beneficio di una situazione del genere. Senza dubbio aveva preso dal fratello maggiore. «Tua sorella non è poi così carina» sentenziai a bassa voce verso Harry. «Che intendi con schiavetti?» chiesi alla bimba, allarmata.
«Mhm, no. Ripensandoci voglio solo una cosa. Devi smettere di baciare mio fratello» disse infine, rivolta a me.
«D'accordo» dissi prontamente.
A quel punto Harry sbottò. «La vuoi smettere?! Ti porteremo a fare shopping e a prendere qualche gelato, ma niente di più».
E io che pensavo che sarei andata d'accordo con la bimba che tutti tranne Harry descrivevano come un angioletto. Lei invece sembrava detestarmi dal profondo, neanche le avessi ammazzato il gatto: ma io non avevo fatto niente di sbagliato.
Forse però era il modo in cui la stavamo affrontando, ad essere sbagliato.
Mi avvicinai lentamente e mi accovacciai vicino a lei, in modo da poterla fronteggiare. «Ad ogni modo, posso sapere perché ti dà tanto fastidio, splendore? Sei gelosa?» domandai accennando ad un sorriso intenerito.
Ronnie mi guardò con i suoi enormi occhioni. Non potei fare a meno di notare che era una bambina bellissima. Aveva la pelle chiara e candida, un visino sottile ed un corpicino fragile. I capelli castano lucente ricordavano quelli del fratello, con la differenza che i suoi erano liscissimi; ma l'elemento che più richiamava Harry erano gli occhi: aveva gli stessi oceani verde-azzurro, dentro ai quali avresti potuto perderti per ore, che rendevano il suo sguardo così speciale.
«Io... io conosco Harry da più tempo di te!» incrociò le braccia al petto, testardamente.
Per un momento mi fece tenerezza. Forse non era così terribile come avevo pensato, era solo un po' gelosa.
«Sai, anch'io ho un fratello più grande» le dissi, con un sorriso comprensivo. «E fa il modello, quindi potrai ben capire che è una calamite per ragazze» risi piano. Probabilmente e l'avessi trattata da adulta si sarebbe sentita meno in dovere di uccidermi. «Facevo sempre le cose peggiori a loro. Una volta ho riempito di yogurt la borsetta ad una ragazza perché si era permessa di dirgli che stava bene con una maglietta», risi divertita, e lei con me. «Poi però sono cresciuta, e ho capito che non ce n'era motivo. Io rimanevo sempre la principessa di mio fratello, anche se beh, ero più un soldato in prima linea che una principessa» scherzai, provocando ancora una volta le risate della piccola. «Non sono una minaccia» le sorrisi e le diedi un pizzicotto leggero sulla guancia.
«Sembri simpatica» Ronnie ricambiò il mio sorriso annuendo.
«Anche tu!» dissi rimettendomi all'in piedi, soddisfatta di me stessa.
Harry si avvicinò e scompigliò i capelli della piccola. «Nessuno ti può sostituire, sei tu la mia principessina, no?» sembrava anche intenerito dalla scena. La bimba sorrise e gli diede un bacio sulla guancia. «Perciò non dirai niente a mamma e papà?» riprese lui, con un tono ancora un po' allarmato.
«Sarà il nostro segreto» disse lei e ci fece l'occhiolino. «Vado a cambiarmi e guardo la TV!» annunciò poi, e  saltellando si allontanò dalla stanza, lasciandoci soli.
Harry si voltò lentamente verso di me e si schiarì un po' la voce. «Ehm, grazie» disse, senza riuscire a mascherare un sorrisino malizioso.
«Prego» mi fermai nuovamente a guardarlo negli occhi e bloccai appena in tempo uno dei miei sorrisi da ebete. «Beh è carina, in fin dei conti!» sentenziai, per riempire il silenzio fra noi: sentivo il suo sguardo, più fastidioso che mai, su di me.
«Aspetta e vedrai, la conosci da poco» disse poco convinto, visibilmente impegnato a rimuginare su qualcos'altro. Scrollai le spalle e non mi impegnai neanche a rispondere: entrambi sapevamo che la discussione su Ronnie non sarebbe andata avanti a lungo.  
«Tu mi piaci» affermò Harry a bruciapelo.
Sollevai la testa a quelle parole, sorpresa, e lo guardai con la bocca leggermente aperta. Non mi pareva possibile.
«Ehm, grazie?» dissi un po' insicura, sollevando un sopracciglio. Chi mi assicurava che non parlasse in termini di amicizia? Un "Mi piaci" che voleva dire "Ehi, sei forte" non era certo escludibile, conoscendo le abitudini di Harry in questo campo.
Mi guardò un po' confuso. «Sai» disse ridendo nervosamente, più nervosamente del solito. «Di norma quando ti dicono una cosa del genere dovresti rispondere con "Ehi, mi piaci anche tu!" oppure "No, mi fai schifo, rimaniamo amici"» scherzò, ma riuscivo a cogliere cenni di tensione nel suo sguardo. Roteò gli occhi e si lasciò cadere sul letto. «Comunque... prego» disse sarcastico, con una leggera scrollata di spalle.
Mi affrettai a scuotere la testa non appena udii la sua seconda affermazione. «No, no, no no no» presi a gesticolare nervosamente e lo raggiunsi sul divano. «Io... io pensavo, sai» balbettai «pensavo fosse più un "Mi piaci" da amici... del tipo "mi stai simpatica", ecco, seguito da una pacca sulla spalla» cercai di spiegargli il mio pensiero, che però detto ad alta voce suonava terribilmente idiota anche a me.
Lui mi fissò ancora per qualche istante, divertito, con quel suo sguardo sagace che in quel momento mi metteva in soggezione come non mai. «Spiegami come dovrei volerti dare una pacca sulla spalla dopo che è dieci minuti che ti bacio» chiese confuso, ma con un sorriso sornione.
Scoppiai a ridere, un po' imbarazzata. Aveva ragione. Quanto potevo essere idiota in certi momenti? «E' giusto» continuai a ridere annuendo, poi mi bloccai e lo fissai con un po' più di serietà. «Mi... mi piaci anche tu» mi costrinsi ad ammettere.
Il suo sorriso, già smagliante, si spalancò, e quegli occhi verde acqua brillarono un po' di più. Sembrò riflettere qualche istante ancora, poi i suoi occhi si scontrarono nuovamente con i miei.
«Quindi... quindi vuoi essere la mia ragazza?» chiese, un po' impacciato. In quel momento, un po' per il suo atteggiamento poco sicuro, un po' perché l'ultima volta che mi avevano fatto una proposta così esplicita ero alle elementari, non riuscii a fare a meno di ridere piano.
Rimasi interdetta: mi ero ripromessa che non mi sarei lasciata abbindolare dal suo fascino. Non volevo essere "una delle tante", ma non volevo neanche dirgli di no. La Destiny lucida e riflessiva non avrebbe mai accettato una proposta del genere su due piedi; ma la Destiny reduce da un bacio di Harry, in quel omento incantata da quei fondali marini che la scannerizzavano da capo a piedi, non poté far altro che accettare. «Sì» risposi, senza pensarci troppo.
«Fico» disse visibilmente contento, e si avvicinò per poi chinarsi verso di me, e poggiare le labbra sulle mie.
Dopo pochi istanti mi staccai, rimanendo a pochi centimetri da lui, ma abbastanza da poterlo guardare negli occhi. «Ho promesso a tua sorella che non ti avrei più baciato» aggrottai la fronte e risi. «Mi sento un verme» soffiai leggermente. No, evidentemente non mi sentivo un verme, visto che tempo due secondi ed avevo già ripreso a baciarlo. Sentii le sue labbra piegarsi in un sorriso sotto il mio bacio, e allungò le mani fino a stringerle intorno alla mia vita. Sua sorella se ne sarebbe fatta una ragione.
«Io no» disse staccandosi e sorridendomi. Rimase a fissarmi per qualche secondo ancora, poi allontanò il viso, con un'espressione un po' corrucciata e lo sguardo vago.
«Mhm?» lo incoraggiai a parlare; assumeva quell'espressione quando stava macchinando qualcosa, o aveva pensieri profondi.
«Non lo dobbiamo dire a nessuno» apostrofò, facendosi un po' più serio.
Sbuffai piano e voltandomi dall'altra parte. «L'avevo immaginato» annuii. Né i suoi né i miei genitori sarebbero potuti venire a saperlo, questo era ovvio. E forse di conseguenza avremmo dovuto tacere l'intera situazione a tutti, tutti fuorché sua sorella.
«Se mio padre lo viene a sapere sono nei casini» annunciò, «mi taglierà i viveri, e non mi lascerà più vederti. Penserà che non studiamo per niente. Perciò è meglio non dirlo a nessuno».
Annuii debolmente. L'idea di mentire a tutti non mi piaceva per nulla, ma me l'aspettavo. Suo padre era molto severo con lui e non avrebbe accettato una relazione del genere tra di noi, sapendo che avremmo dovuto studiare. Di conseguenza perciò non avrei potuto dirlo neanche a mia madre, considerati i stretti rapporti che i due avevano: si dicevano tutto, e mia madre non avrebbe aspettato un attimo a riferire tutto a Nick. Perciò forse era meglio non dire niente a nessuno. In fondo quanto poteva essere difficile? «Non c'è problema. Ad ogni modo studieremo ugualmente, perché tuo padre si fida di me».
Il suo prevedibile sbuffo arrivò poco dopo. «Per forza?» si lamentò, piantando gli occhi su di me.
«Per forza. Vuoi passarlo o no, quest'anno?» replicai, sostenendo il suo sguardo.
«Se non m'interessasse?» sollevò un sopracciglio a mo' di provocazione, e si avvicinò di più.
«Dovrebbe, invece. Vuoi davvero essere bocciato? Io non credo. L'anno prossimo siamo all'ultimo anno, lo sai? E poi c'è il college. Se volessi andare al college, non ti prenderebbero facilmente con una bocciatura alle spalle, lo sai vero? Ne va della tua carriera scolastica, dobbiamo salvarla al più presto. E poi non ho la minima intenzione di perdere la fiducia di tuo padre, ora che...»
Non riuscii a completare la frase, perché proprio in quel momento le sue labbra si erano posate sulle mie.

u n b r o k e n  corner;
aedkijewoirfje 15 recensioni?! SERIAMENTE? Tipo che ne avevo chieste la metà? çwwwç aah vi amo.
Anyway questo capitolo è dedicato ad una personcina tanto carina che risponde al nome di Nena. Considerato che questo è il 13 capitolo, e lei è la mia agente 0013 ero in dovere! E poi specialmente negli ultimi giorni quello che lei ha fatto per me è stato alijfrwoisdjsk perciò non potevo non dedicarglielo u.u è capitato a pennello!
Questo capitolo non mi piace molto per come è uscito (hahah come al solito) ma sono particolarmente legata al personaggio di Ronnie, e penso anche Manuela, perciò spero piaccia anche a voi <3
A proposito di Manuela, la ragazza ha detto che vuole dirvi due paroline. Non so cos'ha in mente e devo ammettere di essere parecchio curiosa, e al contempo spaventata o: Vi voglio solo dire che la ragazza vi vuole bene, anche se vi prenderà in giro o se vi insulterà in qualche modo, sappiate che lei è fatta così ma vi vuole bene AHAHAHAH. Vi lascio alle sagge parole della manu, buona giornata a tutti
Charlie


------
Hola bitches! sono la guest star di questo capitolo,e che guest star! no? non mi trovate abbastanza importante? beh accontentatevi pff D: Ok basta con le cazzate haha sono Manuela e mi sono intrufolata nel capitolo della mia carla per lasciare due paroline C: allora,non devo fare annunci speciali,o dire che i maya hanno sbagliato a calcolare la fine del mondo o: haha vorrei solo spendere due paroline per Carla e la storia,le ho chiesto io questo spazio perchè dopo tutte le volte che il mio nome è stato citato nei suoi capitoli per una volta voglia citare io questa meravigliosa autrice. Bene tutte avete capito quanto lei sia autocritica e_e io glie lo dico sempre che è bravissima ma lei non ci crede,e ringrazio tutte voi che come me state cercando di farlo entrare nella sua testolina bacata! Questa storia per me significa davvero tantissimo,harry e destiny sono due personaggi a cui mi sono attaccata da matti essendo la creatrice della seconda e non potrei essere più fiera di Carla per come li sta sviluppando e raccontando. Ha tutto inizio da una scuola e da due ragazzi,ma credetemi la loro storia d'amore deve ancora crescere e affrontare mille vicende. (si con questo spero di incuriosirvi haha) Io e Carla ci siamo divertite tantissimo facendoli ruolare e inventandoci sempre nuove storie.  Non conto le volte in cui ci siamo contattate su msn e ci siamo dette "ruoliamo! ci serve un'idea figa!" "io non ne ho!" "neanche io!" e due secondi dopo usciva una ruolata epica delle nostre *-* haha.                                                               
    Sono qui perchè non solo apprezzo Carla come scrittrice,perchè è innegabile che sia davvero brava,ma anche come persona. Il suo unico difetto è che è troppo buona,e questo è un difetto? perchè se non lo fosse sono convinta che lei sarebbe perfetta <3 Per cui a tutti voi che state leggendo,non smettete mai di farle complimenti perchè non solo se li merita,ma ha anche bisogno di convincersene! ma come fa a dire di non essere brava? Vorrei scrivere io così schifosamente come fa lei!  Sappiate che ci mette passione,che finito ogni capitolo lo fa rileggere a me dicendomi esattamente le stesse cose che dice a voi! "Manu fa schifo scusa çç". bah so mia me l'è da interner sta ragassa!  (traduzione per chiunque non sia del nord precisamente della romagna: non lo so,è da internare questa ragazza!)  Comunque uu adesso tolgo il disturbo ma non prima di avere detto tre cosine. 1. sono contentissima che la storia cominci ad avere successo,Carla se lo merita e anche questi meravigliosi personaggi C: 2. continuate a seguirla perchè vi prometto,io che so bene come andrà a finire,che ne vedrete delle belle! 3. Carla ti voglio taanto bene <3
Ps: Carla spero di non averti delusa <3
PPS: hai visto che non ho insultato nessuno? beh dai....rimedio!
IF YOU MOTHERFUCKERS DON'T LEAVE A REVIEW I WILL FIND YOU ALL AND KILL YA,I KNOW WHERE YOU ALL LIVE BITCHES.
- Manuela.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** what a wonderful day. ***



Destiny.

Quella mattina, l'unica cosa che mi bloccò dal cacciare un urlo disperato davanti allo specchio fu la mia voce roca e impastata dal sonno. 
«Oh merda», pronunciai flebilmente, tanto che anche se lo avessi sussurrato all'orecchio di qualcuno avrebbero fatto fatica a sentirmi. 
Rimasi ancora qualche secondo ferma a fissare il mio riflesso, interdetta. Le profonde occhiaie violacee raggiungevano gli zigomi e sicuramente non c'era bisogno di scrutare i miei occhi lucidi e arrossati per dedurre che avevo passato quasi tutta la notte insonne.
Jason si era portato una ragazza a casa la sera prima, e probabilmente ad un certo punto della serata aveva deciso di tenerle un corso accelerato di tip tap, per vendicarsi di me e della mia batteria. Solo che io non la suonavo a notte fonda. Così avevo passato buona parte del tempo che avrei dovuto dedicare a Morfeo a picchiare con il manico della scopa sul tetto, ahimé con scarsi risultati; e sarei anche salita nell'appartamento di Jason, se non fossi stata sicura di non voler vedere nulla. Non contento di questo, il mio amato fratellino aveva anche deciso di prendere in prestito la mia macchina per accompagnare a casa la sua dolce compagna, e me l'aveva lasciato detto tramite messaggio. Così ero costretta ad andare a piedi a scuola, per giunta.
In conclusione, al mio umore mattutino già di per sé paragonabile a quello di un toro infuriato, si aggiungevano le poche ore di sonno e la pioggia. Non avevo niente contro la pioggia in sé, ma era quella di Los Angeles che non mi andava giù; quella città era praticamente il tempio del sole a tutte le ore, ma c'erano quelle giornate, due, tre in tutto, in cui il cielo si sfogava facendo venir giù tutta la pioggia che tratteneva per un anno. La voglia di rimanere a casa stava per prendere il sopravvento su di me, quando ricordai all'improvviso del test d'inglese. Sbuffai pesantemente, e con la rapidità di un bradipo mi preparai ed uscii di casa, ombrello alla mano e tutta la mia buona volontà ancora sotto le coperte del mio letto. 
Le strade erano completamente deserte di passanti, mentre al contrario le macchine, che schizzavano un'enorme quantità di acqua grigiastra dal terreno, non si contavano quasi più. Evitavo le pozzanghere saltando qua e là per il marciapiede, tanto abilmente che lo stesso Super Mario mi avrebbe fatto una standing ovation. 
La pioggia picchiava tanto forte sulla stoffa dell'ombrello, quasi volesse sfondarlo, che era ormai impossibile riuscire ad udirne il ticchettio, per quanto fosse assordante e continuo. Nascosi la bocca dietro alla pesante sciarpa di lana ed infilai una mano in tasca; l'altra, costretta a reggere il metallo gelido del manico dell'ombrello e a sottostare a quella temperatura, implorava pietà. Le dita completamente ghiacciate erano divenute quasi bianche. E nonostante questo, tutto ciò serviva a ben poco, considerando che avevo le punte dei capelli totalmente fradice. Ovviamente però il fato decise che solo questo non bastava, e che avevo bisogno di una doccia per intero, così una macchina mi passò accanto leggiadramente e sollevò per aria tutta l'acqua della lunga pozzanghera che stava sotto di me, bagnandomi da capo a piedi. Sembravo la versione meno figa e più sciupata di quelle star musicali che girano il proprio video sotto la pioggia.
Sembrava proprio che il mondo oggi ce l'avesse con me. Mi chiesi se avevo fatto qualcosa di sbagliato, se avessi offeso per sbaglio qualche divinità o avessi fatto lo sgambetto a qualcuno senza farci caso. 
Mi fermai un attimo per imprecare, mentre il forte ticchettio delle goccioline contro l'ormai inutile ombrello coprivano il suono della mia voce, che così risultava anche a me lontana e ovattata.
«Serve un passaggio a scuola, dolcezza?», udii un'altra voce lontana e ovattata. Mi voltai e vidi una macchina accostata al ciglio della strada, dentro alla quale un ragazzo sorrideva con aria amichevole, aspettando risposta. Rimasi interdetta, e lui allargò il sorriso un po' di più, rassicurante. Aveva un'aria familiare. «Andiamo, non mordo mica!», scherzò e mi fece cenno con la testa di salire a bordo. Non me lo lasciai ripetere due volte: chiusi l'ombrello e mi accomodai sul sedile del passeggero. 
Fui immediatamente investita dal calore del riscaldamento, e presi a tremare ancora di più. «Grazie mille», dissi, con tutta la riconoscenza che riuscii a trovare. «Scusa se ti bagno la macchina», accennai al mio aspetto da pulcino bagnato.
Lui scosse la testa e mise in moto. «Non fa nulla. Allora, dove andiamo?». Gli diedi le indicazioni per arrivare alla scuola e lui annuì sapientemente. «E' la mia vecchia scuola», disse sicuro. 
«Non è un problema per te arrivarci, vero?».
Scosse la testa nuovamente e scrollò le spalle. «Tranquilla. Stavo andando in facoltà e ci sarei passato davanti comunque».
Sorrisi. «Mi hai salvato la vita. Ho il test d'inglese alla prima ora».
«Per un momento ho pensato che fossi una di quelle che non vanno in macchina con gli sconosciuti», sterzò, e mi lanciò un'occhiata fugace, prima di tornare a porre l'attenzione sulla strada.
«Non oggi», risposi, fissando le goccioline di pioggia che facevano a gara sul parabrezza.
«Quindi di norma sei la santarellina tutta casa e chiesa?», mi provocò.
«Di norma non accetto passaggi da chi non conosco».
Mi diede un'occhiata divertita. «Ma hai detto di sì a me perché sono irresistibile», affermò sicuro. 
«Ho detto di sì a te perché il riscaldamento della tua macchina era irresistibile».
Lui rise e scosse piano la testa. «Come hai detto che ti chiami?».
«Non l'ho detto», risposi prontamente, picchiettando con le dita sulle mie gambe.
«Come ti chiami allora?».
Esitai qualche secondo. «Destiny», dissi poi, annuendo.
Il suo sguardo si allargò, e mi lanciò un'altra veloce occhiata. «Destiny hai detto? Non è che per caso è Destiny Miller?», chiese, le folte sopracciglia aggrottate.
Stavolta fui io a rimanere di stucco. «Come lo sai?!», chiesi un po' allarmata.
Lui, avuta la conferma, scoppiò a ridere, mentre posteggiava nel parcheggio della scuola. Non capii cos'avesse il mio nome di tanto esilarante, ma ero più preoccupata del fatto che lo conoscesse. Rimasi a fissarlo mentre se la rideva di gusto, con un'espressione tra il curioso e l'esasperato. «Mi vuoi dire perché cazzo stai ridendo?», chiesi ad un tratto.
Lui mi guardò un po' in tralice e sorrise, scuotendo la testa. «Niente, niente», rise ancora guardandomi. 
«Mi dici almeno come ti chiami?», chiesi, mentre recuperavo le mie cose e scendevo dalla macchina, sentendo la campanella trillare.
«Sono Heat», disse con un sorriso.
Avrei voluto chiedergli come faceva a sapere il mio nome e fargli un lungo interrogatorio, ma ero già in un tremendo ritardo. Lo ringraziai nuovamente per il passaggio e chiusi la portiera.
«Buona fortuna per il test, e ricorda di non accettare caramelle dagli sconosciuti!», mi gridò da dentro la macchina mentre mi dirigevo all'interno dell'edificio. 
Però, nonostante il mio buon samaritano dell'ultimo minuto, arrivai comunque a test iniziato. Tutti sollevarono lo sguardo dai rispettivi fogli e fissarono il mio aspetto, che da fuori doveva sembrare orribile; perfino la prof fu intenerita, mi fece sedere e disse che mi avrebbe concesso qualche minuto in più alla fine per completare il compito. Recuperai una penna dalla borsa e mi sporsi verso il banco di Rebecca Dawnson, per chiederle la data; lei, tutta concentrata nel suo test, il capo chino e l'espressione corrucciata, allungò solo la mano ad indicare la lavagna, dove stava scritta a grandi lettere e nell'elegante calligrafia della prof, la data di oggi:
Venerdì 13 Dicembre
Adesso era tutto più chiaro.
 
«Hai i capelli bagnati», Harry prese una ciocca dei miei capelli tra l'indice e il medio e la esaminò da vicino, con attenzione. 
«Però, sei un acuto osservatore», dissi sarcastica mentre riponevo nell'armadietto gli abiti fradici di quella mattina; per fortuna che tenevo sempre un cambio lì dentro, o avrei finito per ammalarmi a passare tutta la giornata con quei vestiti. 
«E perché sono bagnati?», chiese curioso, come un bimbo che chiede alla mamma perché le foglie in autunno diventano gialle. 
«Non ho intenzione di ripeterti le dinamiche della mia giornata, Styles. Ti basti sapere che fuori sta piovendo, se non te ne sei accorto» dissi acida e chiusi di scatto l'armadietto, per poi appoggiarmi con le spalle ad esso. L'ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento era il suo sarcasmo. 
Lui sorrise caldamente e mi sistemò una ciocca bagnata dietro l'orecchio. «Sbaglio o qualcuno oggi è di cattivo umore?», scherzò sollevando un sopracciglio. 
«Cammina tu mezz'ora sotto la pioggia con un ombrello per puffi e con tre ore di sonno, fatti inondare di acqua da una macchina e poi ne riparliamo», incrociai le braccia al petto seccamente.
«Avresti potuto chiamarti, sarei venuto a prenderti io», replicò. 
«Non sei in punizione tu?», domandai sollevando un sopracciglio, e piantai lo sguardo su di lui. 
Si tirò leggermente all'indietro, come a pararsi da un colpo che stava per arrivare. «Mio padre mi ha restituito le chiavi della macchina due giorni fa. Ehm... non te l'avevo detto?», mormorò poi, mordendosi leggermente il labbro inferiore e con un'espressione colpevole. 
«Ma bravo, sei davvero un genio», roteai gli occhi al cielo, mentre tentavo con tutta me stessa di non urlargli in faccia. Era fatto così lui, non c'era nulla da fare, e una sfuriata non avrebbe certo fatto cambiare il suo atteggiamento. 
«Scusa?» tentò, cercando disperatamente il mio sguardo, ma si arrese e si allungò per darmi un bacio sulla guancia. 
Contrariamente a quanto si penserebbe, io ed Harry non trascorrevamo parecchio tempo insieme a scuola; lì lui era un personaggio piuttosto in vista tra gli studenti, e tutti avrebbero notato che si sbaciucchiava in corridoio con quella nuova, e anzi già molti sospettavano qualcosa. Ad ogni modo tenere nascosta la cosa non era granché difficile, considerati i pomeriggi che passavamo in solitudine a "studiare"; e io non pretendevo più di tanto. Non m'interessava tenergli la mano in pubblico o chiamarlo con stupidi nomignoli, non ero poi tanto possessiva e non trovavo per nulla indispensabile che la gente sapesse che stava con me. Certo, non mi andava molto a genio quando le solite ochette, convinte che fosse single, gli giravano intorno e ci provavano spudoratamente con lui, ma non era un grande problema, fino a quando lui non ci stava. 
Era passata una settimana da quando ci eravamo messi insieme, ed andava tutto bene: gli unici a sapere della situazione erano la piccola Ronnie e mio fratello Jason - perché sì, nonostante le litigate e tutto, il mio fratellone era sempre l'unico con cui mi confidavo a cuore aperto. E dopo una settimana Harry sembrava ancora parecchio interessato a me: non che dubitassi, certo, ma sin da quando avevo cominciato a capire che mi piaceva e che io piacevo a lui, il presentimento di venire usata come faceva con tutte le altre ragazze aveva persistito. Eppure no invece, e me ne ero accorta da sola, non mi trattava come aveva fatto con le altre. Era gentile, premuroso ed interessato. Era... diverso, in un certo modo. 
«Risparmiati le scuse», dissi fingendomi annoiata e scossi la testa.
«Mhm, allora non lo vuoi un passaggio a casa?», sollevò un sopracciglio e mi guardò in tralice. 
«Certo che lo vo...etchù!», strizzai gli occhi e mi coprii il naso con una mano, per poi scontrarmi di nuovo con i suoi occhi. «Sappi che questa è colpa tua!», lo apostrofai con una terribile voce nasale, e mi avvolsi la sciarpa attorno al collo. Possibile che fossi anche riuscita a raffreddarmi? Perfetto. Un venerdì 13 migliore non era mai esistito. 
«Sei tu che non mi hai chiamato, dolcezza», rise divertito, infilando le mani nelle tasche del suo lungo cappotto grigio. 
«Sei tu che non mi hai detto nulla della macchina», ribadii, prima di starnutire altre due volte. 
«Non è colpa mia se l'ho dimenticato!».
«Non è colpa mia se sei idiota», dissi eloquentemente, poi scossi la testa. «Andiamo in macchina, prima che qualche altra calamità si abbatta su di me». 

u n b r o k e n  corner; 
AAAAAAAAAAAHHHHH PORCA MERDA STRONZO DI UN COMPUTER. Okay mi sono sfogata. ç____ç In pratica avevo scritto tutte le note con tanto amore, poi per sbaglio ho ricaricato la pagina e mi ha cancellato tutto .__. fiùùù, adesso riscrivo tutto ma vi avverto che sarà tutto tanto caccoso, e che probabilmente le note saranno più lunghe del capitolo stesso!
ALLORA. Scusate il capitolo cortino e noioso çç L'ispirazione per la prima parte è venuta mentre mi trovavo in una situazione parecchio simile, se non identica, a quella della nostra bella Destiny. Quindi se avete avuto compassione per lei, abbiatene anche per me (?).
Poi, le recensioni negli ultimi due capitoli non sono aumentate, sono praticamente lievitate. Aaaah vi amo tutti voi bei piccoli recensori, vi abbraccerei uno per uno se potessi. Vi prego, continuate a recensire questa storia perché, anche se non se lo merita, ogni vostra recensione mi mette il sorriso per almeno un'ora, e non sto scherzando. Sono contentissima che apprezziate la storia e soprattutto i personaggi, che io personalmente amo, uno per uno *----* come ha detto Manuela, sono fantastici e credetemi ne succederanno delle belle! Siamo ancora all'inizio dell'inizio dell'inizio u.u Comunque ci tenevo a ringraziare anche qui Manuela perché nell'altro capitolo è stata dolcissima, mi sono pure commossa! (Lei lo sa, io mi commuovo per qualsiasi cosa, però va beh era bella çç) Per quanto riguarda me Manu dovrebbe avere uno spazio per sé qua nelle note e scrivere la sua ad ogni capitolo, non è giusto che lo faccia solo io perché lei è l'altra autrice e.e 
Anyway, il capitolo è dedicato ai 67 che seguono la storia, i 32 che l'hanno preferita e agli 11 che l'hanno inserita tra le seguite. IO VI A M O. 
Okay, ho altre due cosette da dirvi :3
La prima è che mi piacerebbe mettere uno spazietto qui sotto per rispondere alle vostre domande, se vi va. L'ho pensato perché in primo luogo se rispondo alle recensioni che mi lasciate vi arriva un messaggio privato, e mi piacerebbe farlo qui. E poi perché conoscendo me e la mia stupida testa bacata, potrei scrivere - o forse l'ho già fatto - qualcosa di ambiguo o che magari non capireste perché ho dimenticato di fornirvi di informazioni necessarie e__e credetemi mi conosco, so che lo farò prima o poi!
Comincio subito! *o*
myimmortal: Hai una comicità nel dire le cose che mentre leggo muoio da ridere da sola.
Riguardo a questo punto volevo chiarire una cosa. Essendo comunque che questa fan fiction proviene da varie role gdr, capita spesso che io prenda battute già scritte così come sono, anche perché cerco sempre di attenermi il più possibile alle ruolate. E io non faccio ridere. Non so far ridere e non sarò mai capace di essere comica, sacastica, ironica. Quindi se vi capita di ridere leggendo questa ff... sappiate che è solo merito di MANUELA e del suo fantastico sarcasmo u.u
liveforthem: l'unica cosa "brutta" (?) è che passa tanto tempo tra un capitolo e l'altro, ma se poi scrivi cose meravigliose varrà la pena aspettare. :3
Ecco, riguardo al punto delle cose meravigliose sono punti di vista. AHAHAHAHAHAHA comunque sono contenta che ti piaccia! :3 Mi scuso con tutti per il ritardo a postare, ma i compiti in questo periodo sono dei killer assatanati, appena trovo un attimo libero cerco sempre di scrivere ma a mala pena riesco ad accendere il pc in questo periodo ç___ç scusate tanto!
jas_: poi adoro il personaggio di destiny soprattutto ora che sta insieme a harry, anche se la proposta era piuttosto infantile ahahahaha
ahahah lo so, la proposta era alquanto infantile, ma era così nella role e ho deciso di lasciarla così perché... sì *o* personalmente poi, non so voi, ma io adoro la figura di Styles impacciato che non sa cosa fare davanti a Destiny, quando di solito lui sa sempre cosa fare in queste situazioni. Boh a me piace, spero l'abbiate apprezzato anche voi *---*
hotcoffee: Perchè quando Harry e Destiny sono cresciuti non si sono sentiti più? più frequentati?
Ecco probabilmente in questa parte non sono stata chiara ç__ç scusate! Allora, in pratica quando erano piccoli, fino all'età di cinque anni, la famiglia di Destiny viveva a Los Angeles. Poi si sono trasferiti a New York e di conseguenza i rapporti tra le due famiglie si sono affievoliti anche a causa della lontananza, e adesso la famiglia di Des è tornata a Los Angeles. Ye ye. 
Donna_Di_Cuori: Che cosa dolce che fa Nick, è un uomo da amare *_*
E poi mi fa pensare a Nick Jonas, quindi è ancor più da amare ahahahhahahahhah :)

AHAHAH a questo proposito ti suggerisco di guardare la seconda cosa che ho da dire, e capirai u.u
Okay, quindi se vi va potete lasciarmi delle domande e nel prossimo capitolo risponderò :3
La seconda cosa che ho da dire è... beh più che altro dovrei mostrarvela. Ecco qua u-u
Spero vi piacciano e soddisfino le vostre aspettative :)


Destiny.




Harry.




Heat.




Jason.




Niall.




Louis.




Zayn.





Liam.




Megan.


Nick. (immaginatelo quarantenne LOL)



 
Ronnie.
  
  

Sarah.




Crystal.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** styles' gang. ***



Destiny.

«A questo punto devi moltiplicare questo per questo, e poi semplifichi tutto... credo». Portai l'estremità della penna alla bocca e piegai leggermente la testa di lato, mimando con le labbra vari calcoli, in un sussurro. Non ero mai stata un asso in matematica, anzi, tutto il contrario: ero una schiappa. Era l'unica materia in cui avevo davvero problemi, eppure, imperterrita, cercavo con tutte le mie forze di spiegarla a quella testa bacata di Harry. Per quanto potesse essere sveglio, a volte sembrava avere l'intelligenza facilmente superabile da un bollitore.
«Credi?», disse lui sollevando un sopracciglio e guardandomi indagatore.
Tornai a fissare quella sequenza di numeri che per me sembrava arabo, mentre il mio cervello andava alla disperata ricrrca di una maniera logica di sciogliere quell'enigma, e portare tutta quella sfilza di simboli ad un unico risultato. Sbuffai pesantemente e diedi una leggera testata al tavolo. «Non lo so, non lo so», ripetei in un tono quasi disperato.
«Non possiamo prenderci una pausa?», propose il riccio lasciando cadere la penna.
«Un'altra?». Il mio tono scettico traspariva perfino dalla mia espressione. Ci eravamo già fermati tre volte, ed eravamo ancora al secondo esercizio dopo un'ora di "studio".
Lui scrollò le spalle. «La matematica è stancante».
«Ma se non abbiamo praticamente fatto niente», roteai gli occhi al cielo.
«Ma non ce la faccio. Non sono stimolato», borbottò come un bimbo piccolo, incrociando le braccia testardamente.
Lo guardai, enigmatica. «Non sei stimolato?», scoppiai a ridere. Sapevo dove voleva arrivare, ma non avevo intenzione di dargli corda.
«No, appunto», disse serio e inchiodò il suo sguardo su di me.
Scossi la testa e feci finta di non capire cosa intendesse, per poi tornare a concentrarmi su quei numeri. «Se passassimo alla teoria?», proposi con un'espressione un po' disgustata. Sfogliai il libro e arrivai alla pagina delle definizioni.
«Quadrato di binomio?», lo interrogai.
Si morse il labbro inferiore. «E' uguale alla somma tra il quadrato del primo termine, il doppio prodotto tra i due termini e... qualcos'altro», arricciò il naso, infastidito.
«E... il quadrato del secondo termine», completai per lui.
«Sì, lo sapevo», m'indicò con l'indice, e sorrisi divertita. «Era tutto quasi giusto, comunque», mosse le sopracciglia soddisfatto.
«Certo, certo», feci un cenno con la mano ad indicare che aveva poca importanza. «Cubo di trinomio?».
Si leccò le labbra e assuse un'espressione concentrata, prima di darmi la definizione corretta. Annuii, e lui sollevò entrambi i pugni al cielo in sengo di vittoria. «Sono un genio!» disse, mentre uno dei suoi inconfondibili sorrisi prendeva vita sul suo volto. Risi leggermente; le sue maniere autoelogiative erano tanto simili alle mie, mi ricordava me stessa ogni volta che ottenevo un successo in qualcosa. Feci qualche altra domanda, alla quale seppe rispondere in maniera completa ed esaustiva, con mia enorme sorpresa.
«E' incredibile. Stai davvero studiando, Harry?», domandai sbalordita.
Sollevò le sopracciglia e mi sorrise. «Non merito un premio?», domandò retorico, con fare malizioso.
Mi morsi il labbro inferiore. «Sì, direi proprio di sì», mormorai con sguardo altrettanto eloquente, e mi allontanai dall'altra parte del tavolo. «Tieni», annunciai poi sorridente, porgendogli il pacco di Haribo che avevamo cominciato poco prima, sotto il suo sguardo colto alla sprovvista. «Ecco, puoi finirle tutte tu», gli dissi, soddisfatta.
Ne mise una in bocca e la masticò, con aria delusa. «Sai che non intendevo questo», continuò, con aria imperterrita.
Piegai la testa di lato e lo osservai, assumendo un'espressione sorpresa. «Oh, e cosa intendevi allora?» chiesi con fare curioso.
Harry sollevò un angolo della bocca e si alzò in piedi, per poi circumnavigare il tavolo e raggiungermi. Si avvicinò di più e, afferrandomi per un polso, mi fece alzare: lo fronteggiai, ritrovandomi a due centimetri di distanza dal suo viso; distanza che, per via delle mie reazioni sempre poco lucide, avevo preso a definire pericolosa.
L'attimo prima del bacio è sempre il migliore. Non che superi il bacio stesso, ma è carico d'intensità e dolcezza, è l'attimo in cui gli sguardi si incrociano, i respiri si mozzano e il cuore perde un battito. Riesci quasi a percepire il sapore della persona che stai per baciare, ed il desiderio e l'attesa aumentano, fino a quando i due visi non si scontrano.
Harry non aspettò molto prima di azzerare le distanza tra di noi, e muovere le labbra con decisione sulle mie, ma con altrettanta dolcezza. Sentivo il suo profumo così vicino che quasi dava alla testa e il suo sapore che si insunuava all'interno della mia bocca. Proprio quando stava per approfondire il bacio mi tirai indietro di scatto e assunsi un'espressione divertita, che si trasformò in una risata incontrollata, una volta che lo misi bene a fuoco. Era rimasto ad occhi chiusi e la bocca ancora semi-aperta, in attesa di un mio intervento. Era a dir poco esilarante.
«EHI! Sfotti di meno», si lamentò indicandomi, sebbene anche lui apparisse parecchio divertito.
«Avresti dovuto vedere la tua faccia», continuai tra le risate, lasciandomi cadere sul suo letto.
«Sei una stronza!», si sedette accanto a me, guardandomi in tralice mentre ridevo.
«Scusa ma... non... ce la faccio... proprio!» ansimai tra una risata e l'altra.
Lui sollevò un sopracciglio e si avvicinò lentamente, con un'espressione che non mi piaceva affatto. «Vedrai adesso come ti faccio ridere io», mormorò maligno.
Spalancai gli occhi. «No, ti prego!» fu la mia supplica, ma era troppo tardi. Non feci in tempo a scansarmi perché aveva già preso a farmi il solletico. L'unica cosa che si udiva era la mia risata disperata, che era sempre stata troppo rumorosa; tentai inutilmente di bloccargli le mani dal solleticarmi i fianchi, ma era era troppo forte. Impotente, mi sdraiai sul letto con l'intento di sfuggirgli, ma di sicuro non potevo pensare ad una posizione migliore per farmi succube al suo solletico.
«Harry... ti prego... basta», implorai stremata, ma ottenni solo di aumentare il ghigno sul suo volto.
Evidentemente qualche angelo del cielo ascoltò la mia preghiera, anche se purtroppo la esaudì in una maniera non esattamente vantaggiosa.
La porta si spalancò di scatto e rumorosamente, ma non facemmo in tempo a ricomporci che quattro ragazzi avevano fatto irruzione nella camera, con tanta spontaneità e naturalezza, come se quello fosse il salotto di casa propria.
«E BRAVO STYLES!», gridò il primo di questi senza aspettare altro. Aveva i capelli color castano e degli occhi chiarissimi, in più un enorme sorriso compiaciuto dipinto sul volto; sembrava parecchio contento di aver colto Harry in fallo, e si rivolse agli altri tre con un'occhiatina complice.
«Ma aspetta, lei è quella delle ripetizioni?», domandò con aria palesemente divertita il moretto dalla carnagione più scura e il ciuffo alto quanto la metà del mio palmo.
«Pare di sì. Ma sembra più che Harry sia letteralmente sulla ragazza che sui libri.», rispose il primo ridendo.
«Louis che ne sai, magari i muri della stanza si sono improvvisamente ristretti e lui le è dovuto andare adosso per non morire!» il biondino riprese il suo amico con ironia pungente.
«Oppure era finito l'ossigeno e lo stavano per cercare l'uno nella bocca dell'altro!», propose con finto fare serioso quello dai capelli castani e la voce più profonda, incrociando le braccia al petto.
«State tutti zitti!», il ragazzo dalla carnagione scura interruppe la discussione degli amici sollevando le mani, indicando che lui aveva le soluzioni a tutti i dilemmi. «Lo so io cosa stavano facendo. Mi sembra evidente che stavano studiando che impatto ha la massa corporea sulla superfice di un materasso, e quindi la legge di gravità universale».
«Non so se vi siete resi conto che sono proprio qui», Harry li interruppe dalle loro congetture, con un'aria tra il divertito e l'infastidito.
«Oh scusate, non volevamo interrompervi», disse  il biondino più basso, riuscendo a stento a trattenere una risata.
«Ma che dici, Niall», disse il primo molto teatralmente, lanciandoci un'occhiata furbescamente. «Sono sicuro che non è un problema se stiamo qui, no?», ridacchiò e si venne a sedere con molta nonchalance sul letto accanto a noi. Aveva un enorme sorriso stampato sul volto, come se si aspettasse già di trovarsi quella visione davanti, una volta entrato in camera. Scrutava Harry sapientemente e con aria soddisfatta. Gli altri tre presero posto sulla poltrona e sulle sedie alla scrivania.
Harry sbuffò e si rimise a sedere, e così feci io, senza smettere di sostenere lo sguardo di quei quattro intrusi che, al contrario di me che ero parecchio imbarazzata, sembravano trovare tutta la situazione alquanto spassosa. «Non avete niente di meglio da fare che rompere, voi?», disse il ragazzo accanto a me, massaggiandosi le tempie.
«Ecco, vedi», cominciò Louis, «dovevamo andare a giocare a calcio al campetto qui vicino, ma era occupato. Zayn doveva andare in bagno, e poi a Niall è venuto un attacco di fame. Perciò eccoci qua», disse contento.
«Quindi siete qui per... il cibo?» chiese Harry, sollevando un sopracciglio.
Lui rise e gli scompigliò i capelli amorevolmente. «Ma no, sciocchino! A Zayn serve anche il tuo bagno», e in quel momento il moretto vicino alla porta uscì dalla camera, dopo aver rivolto un occhiolino ai presenti. «E alloooora, vi stavate divertendo eh?».
«Prima che veniste, sì; adesso che siete venuti a usufruire del mio cibo, del mio bagno e a prendermi per il culo, meno» disse Harry con una smorfia.
Nonostante la situazione parecchio imbarazzante, non potevo non provare un po' di simpatia per quei ragazzi, che sembravano così bravi ed allenati a sfottere Harry, cosa non facile.
«Loro sono Louis, Niall e Liam, e quello che è appena andato ad usurpare il mio bagno è Zayn», Harry fece velocemente le presentazioni. Non sembrava molto entusiasta dell'arrivo dei suoi amici, ma neanche tanto infastidito. Forse era più il fatto che ci avessero quasi colti in flagrante a dargli fastidio. Mi chiedevo cosa sarebbe accaduto se gli avessi lasciato approfondire quel bacio.
«Piacere ragazzi», allargai un sorriso amichevole, «sono...».
«Destiny», risposero i tre in coro, a cantilena. Fui sorpresa dalla reazione immediata e corrugai le sopracciglia, confusa.
«Diciamo che Harry parla spesso di te», mi chiarì le idee Niall, con un gran sorriso, mentre si ruotava sulla poltrona girevole.
Un sorriso involontario mi sfuggì sulle labbra: mi voltai verso Harry per cercare di nasconderlo agli altri, ma mi fu impossibile, e già erano scoppiati a ridere in contemporanea, alla vista della mia espressione.
«Uh, guardala sta sorridendo!», disse Liam addolcito.
«Come sono carini».
«Niall perchè cazzo non hai portato la tua Polaroid?», sbottò Louis irritato.
«Come facevo a immaginare di dover immortalare questo momento io?».
Louis sbuffò e si alzò dal letto per poi dirigersi verso il tavolo, dove sembrava aver adocchiato qualcosa di interessante. «Oooh, guarda, caramelle!», disse con una luce negli occhi, la stessa di un bambino che... beh, ha appena trovato delle caramelle. Prese il pacchetto tra le mani e ne mise una in bocca, in seguito si rivolse agli altri tre ragazzi con un sorrisino sul volto. «Hey ragazzi, ne volete?», disse prima di tirare qualche orsacchiotto gommoso qua e là; alcuni caddero sul pavimento disordinati, altri riuscirono a finire nelle mani dei ragazzi, che li divorarono in un sol boccone. In poco tempo, passandoselo a vicenda, riuscirono a finire il pacchetto.
«Horan, ti sei sfamato adesso?».
«Quanto zucchero oggi, credo di dover tornare in bagno», fece Zayn in tono divertito.
Harry osservò la scena esasperato, prima di mettere le mani tra i capelli e sospirare, sconfitto. Scoppiai a ridere divertita, notando la sua espressione.
Mi sbellicai dalle risate vedendoli finire in una guerra di Haribo, tirarsi a vicenda orsacchiotti gommosi come fossero munizioni, e insultarsi scherzosamente. Anche Harry finì per ridere e fu coinvolto per un po' nella lotta, fino a quando non esaurirono anche il secondo pacchetto di caramelle, che finì completamente sparso per la moquette della stanza.
Alla fine della lotta, Louis si sedette in mezzo a noi mettendo il suo braccio destro intorno le spalle di Harry e quello sinistro intorno alle mie. «Ragazzi, avete la mia benedizione», disse con aria solenne e con un gran sorriso stampato sul volto.
«Sì, ha parlato Fra' Cristoforo».
«Chiudi quella bocca Zayn, che ieri sono anche andato in ritiro spirituale».
«Guarda che se sei stato un pomeriggio a casa di tua nonna in campagna non vale come ritiro spirituale», sbottò sarcastico Liam scuotendo la testa.
«Harry, di caramelle ce ne sono ancora?».
«Sto cercando di affermarmi come uomo di fede e tu parli di caramelle?».
«Che c'è, io sono venuto per mangiare!».
«PIANTATELA!», urlò Harry ad un tratto.
C'era il caos totale. Chi raccoglieva caramelle da terra e le mangiava, chi roteava ininterrottamente sulla sedia girevole e cadeva a terra, chi addirittura aveva preso a saltare sul letto, senza la minima inibizione. Harry sembrava tranquillo e anzi divertito dalla situazione; all'inizio era un po' esasperato, ma non scioccato da tutto questo, come se fosse abituato a stare in un ambiente del genere con i suoi amici. Mi era capitato di vedere quei ragazzi a scuola scherzare e stare con Harry, ma avevo sempre provato indifferenza per loro. Nonostante avessero passato metà del loro tempo a sfottere me ed Harry, non avevo potuto fare a meno di ridere a crepapelle per le loro battute, anche involontarie, e semplicemente il loro modo di comportarsi così bizzarro e libero.
Quindi, al posto di fare algebra impiegammo il pomeriggio a fare ben altro; cosa che in ogni caso avremmo fatto. Solo che anziché "respirare l'aria della bocca dell'altro", come aveva suggerito Liam, passammo il tempo a tirarci altre caramelle, a fare una merenda degna di tale nome - pane e nutella, parecchio gradita dal biondino allupato - e a ridere a crepapelle.


u n b r o k e n  corner;


Okay allora questo capitolo è stato un parto. La prima parte mi è venuta fuori parecchio facilmente, ma le difficoltà sono cominciate quando Louis ha varcato la soglia della stanza. Volevo far ridere ma non sapevo come fare, avevo già accennato che sono una schiappa quando si tratta di sarcasmo ed è per questo che la seconda parte del capitolo è interamente stata scritta con l'aiuto, supporto morale, parole di manuela. Insomma tutto ciò che leggete che fa ridere, le battute dei ragazzi sono TUTTE di Manuela. Invece se vi capita di rimanere tipo allibiti di fronte a battute idiote e cretine quelli erano i miei penosi tentativi :3 che per qualche strano movito sono piaciuti a manu quindi li ho lasciati hahah
Anyway, per questo capitolo ringrazio immensamente Manuela perché praticamente l'abbiamo scritto insieme, le ho rotto le palle fino a mezzanotte e mezza e quindi beh spero solo che adesso non mi odi per questo çç haha manu ti voglio bene <3
Scusate tanto il ritardo ma è dovuto a più fattori: poca ispirazione, blocco, SCUOLA, SCUOLA, SCUOLA. Sto avendo un periodo tremendo e finisco sempre di studiare praticamente di notte, non ho davvero materialmente il tempo di scrivere anche se vorrei. Non so quindi quando la ff sarà aggiornata... spero presto ç__ç
comunque, sono contenta che vi siano piaciute le gif nel capitolo precedente, ma mi fa anche piacere che vi immaginiate certi personaggi in una maniera diversa, per esempio molte hanno detto che non immaginano Destiny come Demi, ma come Taylor Swift, Victoria Justice, e chi più ne ha più ne metta. Questa è solo una visione mia e di Manuela, ovviamente è questo il bello delle storie, gran parte è affidata alla vostra immaginazione :3
Ringrazio TANTO MA PROPRIO TANTO i 77 che seguono, i 37 che hanno inserito la storia tra i preferiti e i 14 che l'hanno messa tra i ricordati. VI AMIAMO!
Oh, e comunque questo capitolo si merita TANTE recensioni mi raccomando. Perché l'ultima parte è bellissima grazie all'apporto di manuela e poi noi ci abbiamo messo cuore e anima (in particolare manu) e ci siamo scervellate, quindi per favore ripagateci lo sforzo! Tanto amore.
Vi lascio a Manu che d'ora in poi lascerà le sue note insieme a me in ogni capitolo e vi farà ridere un po' :33
Charlie




Aloha a todos c: Sono Manuela,avete gia avuto modo di "conoscermi" Nelle note del capitolo precedente e adesso,per vostro enorme dispiacere e sfortuna,vi comunico ufficialmente che per volere di Carla Romperò i coglioni Scrivendo le mie note in ogni capitolo! Non piangete,ora mai non c'è più nulla da fare haahah no scherzo a me fa tanto piacere farlo per commentare ogni capitolo perchè questa storia è un pezzo del mio cuoricino e perchè mi ha fatto avvicinare a Carla come amica,che poi è il motivo principale per cui amo questa fanfiction <3 Quindi che a voi interessino o no,che voi le leggiate o no,scriverò le mie note ogni volta e se vorrete cagarmi ve ne sarò grata u.u LOL
Bene iniziamo il mio commento a questo capitolo c: Per Carla è stato un parto vero e propio,quindi a metà travaglio diciamo che io mi sono unità al team di ginecologi per.......Okay basta parlare sotto metafore non sono abbastanza intelligente HAHAHA insomma l'ho aiutata a terminare il capitolo con le battute dei cinque ragazzi v.v (non sono fan dei one direction,e ho anche fatto un po' di fatica ad associare le loro descrizioni a loro quindi vi chiedo umilmente perdono ma sono completamente ignorante in materia haha) Questo capitolo non proviene da una ruolata tra me e Carla,è tutto frutto della sua testolina quindi non credo di avere meriti u.u Ma io non ne ho e basta perchè è lei che scrive e scrive divinamente D:
La mia Destiny qui parla poco,preferisce tacere per ascoltare le minchiate dei ragazzi haha I ragazzi appunto sono un po' i protagonisti del capitolo e abbiamo cercato di renderli il più simpatici possibili,infatti,il nostro intento era di ricreare un'atmosfera di delirio generale dove ogniuno diceva la sua e insomma,non c'era neanche il tempo di respirare o: haha spero che lo abbiate percepito perchè dovrebbe essere propio il ritmo a rendere il capitolo divertente!  Okay la mia dose di minchiate le ho dette v.v Spero vi piaccia il capitolo e lasciate recensioni perchè ricordate che per Carla sono importantissime e sopratutto se le merita tutte :')
Alla prossima!
Ps che figo mi sembra di avere una rubrica su un giornale. Facciamo un sondaggio vi va? Lasciate scritto nella recensione delle proposte su come chiamare la mia rubrica HAHAHA vi aspetto numerosi u.u 


Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** it's an ice cream world, you see. ***



Harry.

«E' cattiva, dà sempre fastidio a tutti. Ieri ha tagliuzzato la gonna del tutù di Angela, e la scorsa settimano ha buttato le scarpette di Lucy nel gabinetto, solo perché le ha detto che aveva lo chignon storto. Non la sopporto». Ronnie sbuffò stufata, con le sopracciglia aggrottate. Era l'espressione che spesso assumeva quando qualcosa non le andava. Era sempre stata un'amante della giustizia, la piccoletta, e quando qualcosa non andava per il verso giusto lei la prendeva sul personale. La bambina teneva ben salda la mia mano, mentre con l'altra faceva dondolare quella di Destiny, nervosamente, presa dal suo raccoto. A danza con lei andava questa certa bambina di nome Chantal, che costituiva un incubo per tutte: le prendeva in giro e per di più commetteva atti di bullismo vero e proprio.
«Dalle un pugno sul naso», le consigliò d'un tratto Destiny. mentre camminavamo tranquillamente per le vie del parco. La ragazza sembrò riflettere qualche istante, poi riprese: «Ovviamente scherzavo eh», cercò di dire in maniera più conveniente possibile.
«Ma no, che scherzare», intervenni io sicuro e mi sporsi verso mia sorella. «Ronnie, un bel gancio dritto in un occhio, così impara. Però ricordati di tenere il pollice dentro al pugno o ti farai male».
«Così?», disse la bimba mostrandomi la sua piccola mano stretta ad un pugno, soddisfatta.
«Ecco, bravissima!», le sorrisi scompigliandole i capelli.
«Harry!», mi riprese Destiny, con un'espressione che balenava tra il divertito e lo scioccato.
«Che c'è?», domandai con aria innocente.
«Non puoi insegnare a tua sorella di dieci anni come fare a botte!».
«Ma questo non è fare a botte. Si chiama legittima difesa... in caso di rompimento di co-», stavo per continuare ma non riuscii a finire la frase, perché Destiny mi aveva coperto la bocca con una mano. Le diedi un piccolo morso, che la fece ritirare subito, insieme ad un lamento della ragazza.
«Ahi! Sei un cannibale Styles», si lamentò, tornando a porgere la mano a Ronnie, che nel frattempo osservava la scena divertita. «Non puoi dire le parolacce di fronte ad una bambina di dieci anni», ribadì.
Ridacchiai di gusto. Destiny ancora non conosceva bene la piccola Ronnie, non sapeva che sotto quel visino tanto aggraziato di una bimba di dieci anni si nascondeva un animo da scaricatore di porto; che posso dire, l'avevo educata a dovere.
Uno strattone al braccio mi costrinse a voltarmi verso l'insegna della gelateria. «Prendiamo un gelato? Ti prego ti prego ti prego», mi supplicò Ronnie tirandomi la manica della felpa e saltando su e giù.
«Va bene, ma niente triplo cono, perché non lo finisci mai e te lo sbrodoli tutto addosso».
La piccola sbuffò, ma acconsentì. Presi un cono al cioccolato per mia sorella e due al pistacchio per me e Destiny, che andammo a consumare su una panchina.
Era sabato mattina, ed il parco era gremito: ogni dove ci si voltasse si potevano trovare bambini che si rincorrevano, cani che abbaiavano, fanatici dello jogging che arrancavano zuppi dalla testa ai piedi di sudore. Il sole splendeva caldo e solitario nel cielo celeste, ogni tanto offuscato dal volo di qualche aquilone. Tolsi la felpa e la appoggiai allo schienale della panchina e ripresi a gustare il gelato.
«Posso chiedervi una cosa?», disse di punto in bianco Ronnie, non sapendo più da che parte leccare quella massa di cioccolato marrone che ormai gocciolava rovinosamente sui suoi pantaloni.
«Certamente», fece Destiny per incoraggiarla ad andare avanti.
«Perché non volete che mamma e papà sappiano qualcosa di voi?».
Io e Destiny ci scambiammo un'occhiata d'intesa, dopodiché m'irrigidii. «Non hai detto niente, vero?», dissi un po' sospettoso.
Lei scosse la testa più volte facendo ondeggiare la sua alta coda di cavallo. «L'ho promesso che non avrei detto niente, no? Te ne sei dimenticato?», ridacchiò divertita dalla mia domanda, che alle sue orecchie doveva sembrare tanto stupida. Ronnie era meschina a volte, fin troppo intelligente, testarda, ma era incredibilmente leale. «Ma... perché non devo dire niente?», domandò imperterrita.
«Ascolta», iniziò Destiny, accovacciandosi di fronte a lei, proprio come aveva fatto il giorno in cui l'aveva conosciuta. «I tuoi genitori sanno che noi due insieme studiamo. Ed è quello che facciamo. Ma se vengono a sapere che c'è anche qualcos'altro tra di noi potrebbero... fraintendere, e pensare che non studiamo». Parlò nella maniera più chiara possibile, eppure lo fece proprio come se si stesse rivolgendo ad un'adulta; era così che aveva parlato quando Ronnie ci aveva scoperti a baciarci, ed era riuscita a convincerla in meno di cinque minuti. E ancora rimanevo scioccato dalla sua capacità oratoria e dal suo modo di trattarla. Sorrisi guardandola parlare.
Ronnie seguì il suo discorso attentamente, facendo ripetutamente cenni con la testa. «Ma voi studiate, giusto?».
«Certo che studiamo. Però non vogliamo che i tuoi ed i miei geitori fraintendano, capito? Più avanti lo diremo a tutti», e le fece un occhiolino complice. «Tu però adesso non dire nulla, okay? E' il nostro segreto». Le pizzicò una guancia teneramente.
«Sarà il nostro segreto», ripetè Ronnie, suggellando il patto con una stretta di mignolo.
«E brava la mia principessina», dissi io e allargai le braccia per poi vederla fiondarsi contro il mio petto in un abbraccio. La strinsi e le diedi un bacio sulla testa, sotto lo sguardo intenerito della mia ragazza. Quando Ronnie si staccò mi ritrovai un'enorme macchia marrone sulla polo bianca, impressa come con lo stampino dal gelato che ancora teneva in mano.
«Fantastico», esclamai sarcasticamente, tra le risa delle due.
«Okay, Ronnie da oggi tu sei ufficialmente il mio mito», disse Destiny senza smettere di ridacchiare; frugò nella borsa e mi porse un fazzolettino.
«Seh, ho la ragazza più dolce del mondo», le dissi acido, mentre cercavo mio malgrado di rimediare a quell'obbrobrio sulla mia maglietta, ma che sembrava ingigantirsi sempre più con ogni tocco di fazzoletto.
«Meglio che lasci perdere, Harry», mi suggerì Ronnie divertita e mi porse la felpa, che rimisi addosso chiudendo la cerniera, in modo tale da nascondere la macchia.
«Harry, c'è qualcuno che ti saluta».
Sollevai la testa alle parole di Destiny e mi accorsi solo allora di due ragazzi in lontananza con un pallone che si avvicinavano. Strinsi gli occhi ed esaminai le loro facce. Il primo era Jacob Winston; era con me al corso di chimica ed era il capitano della squadra di basket. L'altro si chiamava Fred Campbell, squadra di baseball. Erano due ragazzi pompati e pieni di muscoli, dal cervello unicamente programmato per i risultati delle partite di fine di stagione. Non avevo niente contro di loro, anzi, ci andavo anche parecchio d'accordo. Non era mica colpa loro se erano stupidi. Mi alzai dalla panchina ed andai incontro a loro, con Destiny e Ronnie al seguito.
«Guarda chi c'è, Styles! Allora non sei morto», mi apostrofò Jacob colpendo il mio pugno con il suo e dandomi una pacca sulla spalla.
Risi e scossi la testa. «Sono stato un po' occupato...», replicai, con una scrollata di spalle.
«Oh, lo vediamo», intervenne Fred, con un'occhiata che non mi piacque per nulla a Destiny.
«Ragazzi, lei è Destiny, è una nuova studentessa», dissi poi, accennando alla ragazza. «Studia con me». Mi scoprii parecchio frustrato all'idea di non poter chiarire subito che quella era la mia ragazza, e che se quelle espressioni sognanti non si fossero volatilizzate tempo due secondi dalle loro facce, non avrei fatto alcuna fatica a spaccargliele.
«Sì, mi pare di averla già vista da qualche parte», esordì Jacob dopo averle stretto la mano e aver scompigliato i capelli di Ronnie.
«Sono dietro di te a chimica», riprese lei prontamente, «mi ricordo della tua testa».
«E io ricordo le tue provocazioni e le battute al prof», rise lui «sei grande!».
«Oh, ma grazie!», fece lei soddisfatta.
«Per colpa di quelle battute siamo finiti in presidenza il primo giorno di scuola», ricordai.
«Credevo che lo avessimo superato, Harry».
«E' colpa tua se mi hanno tolto la macchina e la chitarra per un mese», sollevai un sopracciglio.
«Beh adesso ce li hai di nuovo perciò non lamentarti», incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo.
«Sì, ma sono ancora costretto a studiare con te», dissi prima di mordermi il labbro inferiore, attento alla sua reazione.
Lei sollevò il viso, con orgoglio. «Sei stato tu che hai accettato», m'inchiodò poi con lo sguardo «e comunque è stata anche colpa tua se siamo finiti dal preside».
Jacob, Fred e Ronnie rimasero in silenzio ad osservare il nostro battibecco, parecchio divertiti.  «Comuuunque», disse Fred, dopo una risata. «Stasera c'è una festa a casa di Jimmy Carr. Ci siete?»
Ci riflettei qualche secondo. Probabilmente avrei dovuto accettare solo per me, visto che non eravamo ufficialmente una coppia, ma non avevo voglia di andarci senza di lei, in ogni caso.
«Ti va?», le chiesi facendo spallucce.
«Perché no», annuì convinta, e poi si voltò verso i due ragazzi. «Ci saremo».
«Perfetto», fece Jacob, «allora ci vediamo stasera».
«A stasera», risposi con un cenno della mano prima che i due si allontanassero.
Nel frattempo, mentre noi quattro chiacchieravamo, la povera Ronnie aveva tentato inutilmente di pulir via il cioccolato che aveva attorno alla bocca e sulla punta del naso. Sospirai paziente e mi accovacciai sui talloni di fronte a lei, le presi il fazzolettino dalle mani e l'aiutai a pulirsi. «Com'è che devi sempre ridurti ad uno schifo?», le domandai con un sorriso intenerito. Lei sollevò esageratamente le spalle e strabuzzò gli occhi, mentre sporgeva un po' il mento, in modo da potermi concedere di pulirla meglio. Quando ebbi finito tornai all'in piedi.
«Oh, la mia prima festa del liceo. Sono emozionata», disse poi Destiny, chiaramente in maniera sarcastica. «Scherzo, sarà divertente», scrollò semplicemente le spalle.
«Mhm, sì», annuii, «anche se Jimmy Carr è un gran figlio di papà», osservai roteando gli occhi. Non fraintendetemi: nell'ottica dei ragazzi a scuola che non mi conoscevano io ero il classico figlio di papà. Una bella macchina, vestiti firmati, una casa che sembrava una reggia, tutte le ragazze ai miei piedi; ero consapevole di avere questi requisiti e sapevo anche di avere certi atteggiamenti che rispecchiavano in tutto e per tutto la figura del figlio di papà. Ma io non ero come Jimmy. Lui era esagerato per qualsiasi cosa, era semplicemente indescrivibile. Anche lui un pompato, capitano della squadra di baseball della scuola, con tutta quella di cheerleaders ai piedi, con una mega-casa e una decappottabile parcheggiata sul vialetto. Il tipico ragazzo con cui sarebbe andato d'accordo uno come me. Esatto, sarebbe. In realtà non riuscivo a sopportarlo, ma essendo lui del "giro" di quelli popolari della scuola ero costretto a far finta di andarci d'accordo, sebbene fossi stato più volte vicino a farci a botte.
«Tanto meglio», ribattè Destiny, riportandomi alla realtà, «amo stare nelle belle case. Perché credi che passi così tanto tempo con te?», disse e sollevò un angolo delle labbra.
Le feci una smorfia. «Perché non puoi fare a meno di me», dissi con un tono ovvio.
Lei sollevò lo sguardo per qualche istante, e poi tornò a guardarmi negli occhi. «Mhm, no, è più per la tua collezione di chitarre», rise, e con lei Ronnie al seguito.
«Simpatica», le dissi roteando gli occhi al cielo.
«Almeno è intelligente», s'inserì Ronnie.
«Grazie mille», le sorrise l'altra lusingata.
«Sai cosa? Credo tu sia la mia preferita tra le ragazze di Harry», prese a dire la piccoletta, mordicchiando la cialda del cono, «le altre mi odiavano tutte, e mi buttavano fuori dalla stanza se entravo mentre sbaciucchiavano Harry, tu invece non ti sei neanche arrabbiata. E poi quelle altre non avrebbero mai voluto accompagnarmi a prendere un gelato, volevano tutte fare solo una cosa con Harry...». Le tappai la bocca prima che potesse andare oltre.
«Okay, è sufficiente!», esclamai, sotto la risata rumorosa di Destiny.
Ronnie mi leccò la mano e mi costrinse a spostarla, disgustato. «E comunque erano tutte oche».

u n b r o k e n  corner;
Hello people! scusate l'attesa ma come vi avevo anticipato la scuola in questo periodo mi sta succhiando anima, tempo e ispirazione. Anywaay, qua c'è il capitolo! Ecco che torna un personaggio che sia io che Manu adoriamo, cioè Ronnie :3 la piccola peste!
Btw, avete visto l'esibizione dei One Direction a Dancing On Ice? Harry mi sa che aveva il mal di gola poveretto, aveva la voce roca e Zayn ha cantato l'assolo di wmyb al posto suo çwç povero cucciolo, ha le corde vocali deboli.
Ecco, non so esattamente perché l'ho detto, mi andava di dirlo (?)
Oggi non ho molto da dire /: il prossimo capitolo è uno tra i miei preferiti e non vedo l'ora di scriverlo *---* uuh!
Ringrazio gli 87 che seguono la storia, i 16 che l'hanno inserita tra le ricordate e i 42 che l'hanno iserita tra le preferite. Siete TUTTI FIGHI!
Tanto love.
Charlie



Le minchiate di Zia Manuela.
Buonasera a tutte le nipotine di Zia Manuela. Come vi butta? sono tornata a rompere i coglioni nei capitoli di Carla c: come vi avevo gia detto sarò onnipresente e onniscente (avete il diritto di essere spaventati,perchè io vi sto osservando anche in questo momento).
Prima cosa che vi volevo dire u.u grazie a tutte le ragazze che mi hanno nominata nelle recensioni apprezzando le battute dei ragazzi.è vero non so nulla di loro,non essendo loro fan ma sono contenta di averci azzeccato *-* Naturalmente C'era Carla,che li ama alla follia e se avessi detto qualcosa completamente Non-OneDirection mi avrebbe corretta quindi tranquille siete nelle mani di una buona Fangirl u.u
Avete notato qualcosa nella lettura di queste poche righe? eh? eh? *-* è propio li in alto... Ebbene sì sotto consiglio di quella figa di sheloveshazza la mia rubrica ufficiale ha ora il nome di 'Le Minchiate di Zia Manuela' HAHA sinceramente è stata l'unica proposta che mi abbiate fatto,ma non per questo l'ho scelta v.v sono molto schietta se le vostre proposte mi avessero fatto schifo le avrei scartate TROLOL quindi cara,sono contenta di usare il tuo nome che mi piace un sacco!
Che dire di questo capitolo? So quanto tutte voi amiate la piccola terribile Ronnie *-* io stessa quando ci ho ruolato per la prima volta (Ronnie è un personaggio di invenzione di Carla) mi sono divertita tantissimo,e tra la mia Destiny e Ronnie vi anticipo,si creerà un rapporto anche più bello di quelle di cui leggete ora,aspettate e vedrete!
Harry si lamenta sempre della sorellina ma alla fine si adorano,non vedete quanto sono teneri? se non lo vedete, vedetelo u_u haha comuunque la passeggiata proviene sempre da una ruolata ed è una cosa molto carina che non poteva non comparire nella fanfiction,visto che è da lì che cominciate a vedere anche il lato buono della piccola Ronnie (si ne ha uno ve lo dico io!)
Passo a rispondere ogniuna di voi,sappiate che mi ha fatto molto piacere che abbiate letto anche le mie note :)
sheloveshazza Honey,non mi sono offesa tranquilla! E' un dato di fatto io essendo cazzona dico cazzate,do not worry! hahah no seriamente grazie della proposta e prego per le battute!
jas_ Parlavo propio di ciò che avevi detto tu prima c: Sono contenta di averci azzeccato ma come ho detto è anche merito di Carla u.u Grazie mille dei complimenti :)
liveforthem Grazie anche a te,hai detto qualcosa di molto simile a ciò che ha scritto Jas quindi vale lo stesso per te u.u e sei figa anche tu! haha <3 ti perdono se non ti è venuto in mente niente vah mi sento magnanima oggi U____U
xtaylorssmile Sono contenta che ti sia piaciuto Louis,essendo nella fanfic (poi sinceramente non so se anche nella realtà) il miglior amico di Harry,abbiamo voluto renderlo simpatico al massimo e forse anche un po' scemo! haha Grazie anche a te!
Bene bellezze sono contenta che mi abbiate scritto v_v Le minchiate di Zia Manuela tornano al prossimo capitolo,quindi qualsiasi cosa abbiate voglia di scrivermi sono qua c: Recensite ok? e___e fatelo o la mia Carletta va in crisi,se le merita! Alla prossima <3


 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** fucking lucky genius. ***



Destiny.

Sì beh, mi descrivevo continuamente come un maschiaccio, ma in realtà a volte mi odiavo. Mi guardavo allo specchio e desideravo maledettamente di potermi togliere quel nominativo dalla reputazione perchè ero terribilmente stanca: non mi piaceva essere vista come una di quelle ragazze superficiali che pensavano solo all'aspetto esteriore, smalto e eye-liner, ma non amavo neanche essere vista come "il ragazzaccio" di turno. Dopo tutto anche io avevo un lato femminile, nonostante non amassi farlo emergere nella sua totalità. Semplicemente perché, sin da piccola, mi ero sempre sentita a mio agio con le felpone di mio fratello Jason piuttosto che con i vestitini da bambolina, preferivo giocare alla play station che prendere il tè con le bambole. Che senso aveva poi?, mi ero sempre chiesta. Le bambole non potevano prendere il tè, perché erano bambole! Sin da piccola mi chiedevo che piacere ci provassero le altre bambine a mescolare una tazzina vuota e offrirla ad un oggetto inanimato. Ma comunque. 
Nonostante la mia predisposizione a fare il maschiaccio, avevo deciso di allontanarmi da quella figura di Destiny e cercare di essere un po' più femminile, almeno per quella sera. Volevo farmi particolarmente bella, e impiegai più o meno un paio d'ore, ma alla fine l'opera riuscì discretamente. Avevo indossato un vestito corto fino a sopra il ginocchio, nero e semplice, ma allo stesso tempo sexy; come al mio solito avevo aggiunto una moltitudine incredibile di bracciali e qualche collana, delle scarpe con un tacco vertiginoso, ed una borsetta in tinta con l'abito. 
Alla fine supposi che i miei sforzi di quella sera furono ripagati, o almeno io fui appagata dallo sguardo di Harry. Non appena avevo aperto la porta di casa lui aveva spalancatoi gli occhi sorpreso, fissandomi per qualche istante da capo a piedi. «Wow. Complimenti», era riuscito a dire, prima di avvicinarsi e lasciarmi un bacio sulla guancia. 
Sorrisi contenta chiudendo la porta alle mie spalle. «Grazie, anche tu stai bene», ricambiai. Aveva indosso un paio di jeans, una maglietta con lo scollo a V e una giacca un po' più elegante, ma non stonava per nulla. Mi prese per mano e mi guidò fino alla sua macchina posteggiata lì di fronte. 
«Sai che stasera dovremo essere solo amici, giusto?», ribadì salendo al posto di guida. 
Annuii con poca enfasi. «Lo so», sospirai, «sopravviveremo», dissi sarcasticamente sollevando le spalle. A me dopo tutto non importava niente se la gente della scuola lo sapeva o meno: avevo pochi amici e non mi interessava che sapessero quel che mi succedeva. In più così stavo vincendo la scommessa con Crystal. Fino ad ora non avevo però considerato gli aspetti poco pratici di questa festa: niente baci in pubblico, niente tenersi per mano, far finta di essere amici, concesso solo qualche ballo insieme. Ugh. Era un po' poco pratico certo, ma era necessario. 
«Beh, siamo sopravvissuti a te che suoni la batteria, possiamo affrontare tutto», disse sarcastico e mise in moto. 
Gli rivolsi una smorfia. «Guarda che io sono brava con la batteria», replicai fingendomi offesa e incrociai le braccia al petto, con un piccolo sbuffo. Ecco, forse ero meno brava a far roteare le bacchette con le dita, ma dettagli. 
«Mhm, certo», si finse distratto dalla strada, e tamburellò con le dita sul volante. 
«A proposito, credo di aver bisogno di altre lezioni di batteria. E' troppo che facciamo i responsabili e studiamo, sai?», gli feci notare. In effetti le ultime volte che ci eravamo visti, a parte le nostre continue pause, avevamo studiato, sostanzialmente. Certo, avevamo studiato come potevano studiare due ragazzi nella nostra posizione, ma diciamo che avevamo aperto i libri; e non era certo questo il nostro scopo iniziale. 
«Sono d'accordo anch'io», annuì sapientemente. «Sono stanco di studiare», tirò leggermente la testa all'indietro con uno sbuffo. 
Mi lasciai scappare una risatina: quella era forse la frase che più gli avevo sentito ripetere, nonostante però le volte in cui si era impegnato davvero a studiare si potevano contare con le dita di una mano. Ma Harry era così purtroppo, possedeva l'attenzione di un bambino di quattro anni e la stessa voglia di studiare di quella che aveva un gatto a fare un bel bagno in mare. 
«Allora aggiudicato», affermai mentre entravamo all'interno di una mega villa attraverso un enorme cancello. «Com'è bello qui», mormorai, guardando fuori dal finestrino il viale illuminato da piccole candele poste ai bordi di esso, fino a quando non arrivammo ad un parcheggio laterale. 
«Mpf, casa mia è più bella», mormorò lui scendendo dall'auto. 
«Cos'è, sei geloso?», chiesi evidentemente divertita mentre anch'io scendevo giù dall'auto, con evidenti più difficoltà: la macchina di Harry era alta un metro da terra e i miei tacchi erano sottili come spaghetti. Atterrai in malo modo e barcollando sull'asfalto, ma per fortuna, senza nessuna lesione.
«Non sono geloso, è un dato di fatto: casa mia è più bella di qui», riprese lui, mentre ci avviavamo verso l'entrata principale.
Non potevo dargli torto: casa sua aveva senz'altro più gusto, mentre questa sembrava un'accozzaglia di colori e di cose che non c'entravano per niente. Oltrepassammo una fontana enorme decisamente pacchiana, per poi giungere alla porta d'entrata. 
«Guarda chi c'è, Harry Styles!», ci accolse un enorme ragazzone con una bottiglia di birra in mano e lo sguardo un po' spiritato, segno che aveva già bevuto più del dovuto. Ipotizzai fosse Jimmy; si fece da parte e ci fece entrare. Poi passò a scannerizzarmi da capo a piedi, per ben due volte. 
«Ehi», fece Harry «lei è Destiny, la nuova studentessa», continuò con un tono serio.
Il ragazzo si rivolse verso di me con un tono ammiccante, sebbene continuasse a parlare con Harry. «Facciamo gli onori di casa, eh? Beh divertitevi, io vado!», disse con poco interesse e si allontanò, non prima di avermi dato un'altra occhiata che non mi piacque per niente, e anche Harry sembrava piuttosto irritato. 
«E' carino», dissi guardandolo allontanarsi e sollevai un sopracciglio, per poi ricevere un'occhiataccia da Harry. Che posso dire, amavo infierire. Risi divertita e scossi la testa. «Comunque ti ringrazio, ma ho una bocca e non ho paura di usarla. Sono capacissima di presentarmi da sola, sai?», dissi scoppiando a ridere. Fino a quel momento mi aveva presentata praticamente sempre lui, ma io non avevo problemi a dire chi ero: forse lui lo vedeva come un modo per essere galante ma a me non interessava, preferivo farlo da sola. Lui rise e scosse la testa.
Sebbene la festa fosse iniziata da poco, l'intera casa era già gremita e la pista da ballo era occupata da una massa informe di gente che si muoveva a casaccio. «Comunque», dissi e lo presi per un braccio per poi tirarlo all'interno della pista. «Gli amici possono ballare, vero?», domandai, quando già avevo allacciato le braccia attorno al suo collo e avevo cominciato ad ondeggiare a caso. Non ero una gran ballerina, ma qualcosa sapevo farla alla fin fine. 
Lui rise e sistemò le sue mani sui miei fianchi. «Sì, gli amici possono ballare», confermò sorridendomi dolcemente. Ogni volta che i miei occhi incontravano quegli specchi verdi, ogni volta che quelle fossette e quel sorriso prendevano vita sul suo volto, il mio cuore perdeva un battito. Automaticamente anch'io sorrisi, avvicinando di più il mio corpo al suo. 
«Perché pensi che i tuoi amici non approverebbero il fatto che stai con una ragazza?», domandai a bruciapelo. La domanda mi era passata parecchie volte per la mente ma non avevo mai trovato il "momento adatto" per porgliela. 
E una festa piena di gente lo è di certo; brava Destiny, dissi tra me e me. Ma non ero riuscita a trattenere la curiosità, mi era passata per la mente un istante e quello dopo ecco che gliel'avevo spiattellata in faccia, proprio come se per una volta il mio cervello avesse dimenticato di filtrare i pensieri. Beh, tanto meglio, adesso magari avrei avuto una risposta. 
Lui mi fissò per qualche istante con aria enigmatica ma allo stesso tempo parecchio sorpreso, come se non si aspettasse una cosa del genere da me.
Sbuffai. «Andiamo Harry, non sono stupida, me ne sono accorta», ribadii rincarando la dose.
Lui sospirò, mentre sembrava riflettere per trovare le parole giuste. «E'... insomma, è una specie di cosa che fanno tutti, no? Penso sia dovunque. Molti dei miei amici non ha mai avuto storie serie con ragazze. E nemmeno io. Solo per divertirmi, oppure perché la gente pensava che stessimo bene insieme. Io non ho mai provato sentimenti molto profondi», spiegò con una scrollata di spalle. 
E con me ci stai per divertirti o perché qualcuno pensa che stiamo bene insieme?, fu la prima cosa che mi venne in mente di dire, ma preferii rimanere in silenzio, lo avrei soltanto messo in difficoltà così.
«Quindi cosa sei, una specie di womanizer? Non ti ho ancora inquadrato bene», osservai serena piegando di poco la testa di lato ed osservando attentamente la sua espressione, con un sorriso. «Perché all'inizio mi sembrava di sì. Non che adesso abbia cambiato parere, ma sei molto più carino», constatai seria. Dovevo ancora capire se mi stava prendendo in giro o se il fatto che "gli piacevo seriamente" fosse serio; volevo accertarmi che non si trattasse del primo caso, in modo da evitare delusioni. 
«Più che altro sono stato con diverse ragazze», disse affilando lo sguardo, attento alla mia reazione. 
«Non penso sia una cosa brutta», obiettai. «Meglio divertirsi adesso a sedici anni che quando avremo messo su famiglia», risi un po' nervosamente. 
Lui annuì sapientemente. «Già. E non ho intenzione di programmare il mio matrimonio per un po' di tempo, per cui...», lasciò la frase in sospeso, e gli diedi uno schiaffetto sulla spalla. 
«Comunque sei un pervertito», affermai. «Sono curiosa», dissi poi avvicinandomi di più a lui «quante delle tue ex ragazze sono in questa stanza?». Alzai un sopracciglio divertita, in attesa della sua risposta.
Lui mi fissò per qualche istante ancora, interdetto. Era facile capire che la mia domanda l'aveva messo un po' in difficoltà, ed era questo più o meno il mio intento: oltre alla semplice curiosità, ovvio. Ma non mi sarei arrabbiata. Il passato era passato, e non avrei fatto alcuna scenata, anche venendo a sapere che era stato con ogni esemplare femminile all'interno della sala. «Non puoi chiedermelo davvero», disse, cercando di evitare la domanda.
«Andiaaamo». 
Sbuffò e si guardò intorno. «C'è un sacco di gente», mormorò tra sé e sé, poi tornò a guardarmi. «Va bene. Ma il passato è passato, okay?» ribadì guardandomi; annuii decisa. Si guardò in giro qualche istante ed indicò con la testa una biondina scheletrica seduta sul divano a chiacchierare con una mora con i capelli raccolti in una coda alta. «Katie Jackson, ne avrai sentito parlare a scuola. Capitano delle cheerleaders». Poi passò ad indicare la sua amica bruna, «quella invece è Samantha Bell, redattore dell'annuario scolastico e rappresentante d'istituto fino all'anno scorso». Il suo guardo corse lungo la sala e pronunciò nomi a casaccio. «Juliet Law, Dianne Gilbert, Phoebe McDonald... ma queste non le definirei esattamente ex», disse con un mezzo sorrisino sul volto. «Oh, e poi c'è Hannah Olivers, club di scacchi», finì con uno schiocco di lingua e mi guardò soddisfatto. 
«Wow», dissi sorpresa. «Stavi con una del club di scacchi?» sbottai poi, scoppiando a ridere. Non credevo che lui potesse arrivare così in basso.
Lui fece una smorfia. «Ci sono stato una o due volte... non è stata una bella esperienza. Ma mi serviva qualcuno che mi passasse le risposte del test di matematica», spiegò con una scrollata di spalle.
Spalancai la bocca, scioccata. «Ma sei incredibile!», sbottai, dandogli un altro schiaffetto sul braccio, che però lo fece ridere. Sospirai. Certamente non c'era paragone tra loro e me, erano tutte almeno la metà fisicamente, e una spanna più alte di me. Senza contare che in viso sembravano delle bamboline di porcellana. «Sono tutte bellissime», commentai tra me e me. 
«Tu sei bellissima», mi disse di rimando, per poi lasciarmi furtivamente un bacio nell'angolo della bocca e staccarsi subito. 
Un sorriso spontaneo prese immediatamente vita sulle mie labbra non appena le sue le sfiorarono, poi sospirai: non era giusto che il massimo che potevamo concederci era un bacio rubato, tra la confusione di una folla occupata a fare altro. Mi guardai in giro e quando fui abbastanza sicura che nessuno stesse guardando nella nostra direzione me lo trascinai su per le scale; aprii la porta di una stanza a casaccio e lo trascinai all'interno. 
Chiusi la porta a chiave e lo feci appoggiare ad essa. «Scusa» mormorai con un debole sorriso, prima di appoggiare le labbra sulle sue e presi a baciarlo, quasi avidamente. Lui appoggiò le mani sui miei fianchi e si chinò per rispondere meglio al bacio, prima con dolcezza, e poi sempre più con passione.
«Tu sei un fottuto genio» mormorò contro le mie labbra, con un sorrisino compiaciuto.
Mi aggrappai ai suoi fianchi e lo trascinai dall'altra parte della stanza, nell'oscurità, fino a quando non trovammo un ostacolo materiale a bloccarci la strada. «Siamo nella camera da letto dei genitori di Jimmy» trassi le mie conclusioni con una risata, notando l'enorme letto matrimoniale.
«Mi correggo» disse, e si sedette su di esso, per poi farmi accomodare sulle sue ginocchia. «Tu sei un fottuto genio fortunato».
«Lo so» sorrisi, e gli circondai il collo con le braccia, per poi farlo sdraiare completamente. Il mio naso sfiorava appena il suo, sentivo le sue mani salde sui miei fianchi, e il suo torace che si gonfiava ripetutamente sotto di me per il respiro accelerato. «Non entrerà nessuno, vero?» domandai, con un leggero tono di preoccupazione nella voce.
«Hai chiuso la porta a chiave» disse accennando ad un sorriso, mentre mi sistemava una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«E se ci vedono uscire insieme?»
«Non se ne accorgerà nessuno. C'è un casino lì sotto» disse con calma, ma questa volta non aspettò un secondo di più prima di riattaccare le sue labbra alle mie. Risposi al bacio e gli mordicchiai il labbro inferiore, mentre passavo le mani tra i suoi capelli.
«Te l'ho mai detto che amo i tuoi capelli?» dissi, staccandomi da lui. «Io e mia madre abbiamo questa specie di ossessione per i ricci» ammisi, giocherellando con uno dei suoi boccoli. Mamma mi aveva raccontato che adorava scompigliare i capelli di Nick, perché era rilassante: avevo subito pensato ad Harry. I suoi capelli erano fantastici, toccarli era una specie di antistress.
Lui rise e mi diede un bacio a fior di labbra. «Eh lo so, i ricci piacciono a tutti», disse sollevando le sopracciglia sapientemente.
«Mmh, modesto il ragazzo», commentai e scossi piano la testa. «Comincio a stare scomoda», annunciai e mi buttai sul letto di schiena, girai il volto per guardarlo. «Meno male che stasera dovevamo stare lontani», dissi scoppiando a ridere.
«Stasera non dovevamo farci scoprire», mormorò e si allungò per lasciarmi un bacio sul collo «ed è quello che stiamo facendo», ridacchiò, per poi puntellarsi e appoggiare la testa su un gomito, guardandomi dall'alto. 
«Mi piace questa concezione», risi guardandolo e lui ammiccò facendomi l'occhiolino. 
Se l'idea di nasconderci dagli altri e non fare sapere a nessuno che stavamo insieme era questa, allora forse avrei potuto cominciare a farci l'abitudine. 



u n b r o k e n  corner;
Sssssssalve a tutti! *o* volevo cominciare questa recensione dicendo che mercoledì è stato il compleanno di manuela, per cui FATELE GLI AUGURI O STAVOLTA SARO' IO A VENIRVI A CERCARE FINO A CASA. e.è detto questo, pace e amore per tutti <3
Questo capitolo è uno dei miei preferiti come vi avevo detto c: tanto amore per i due piccioncini <3 e su twitter avevo anche detto a Jimmyprotestedx che aveva anticipato qualcosa che accadeva in questo capitolo, senza volerlo. "Quelle galline che stavano con Harry voglio nome, cognome, indirizzo e numero di telefono"
  ahahahah visto beibe te l'avevo detto u.u
sheloveshazza: "non so cosa ma c'è qualcosa che non mi convince in quei due eh, solo il fatto di quando harry voleva spaccargli la faccia (Y)"
Mi spiace dirti che sono personaggi secondari D: beh forse magari jimmy invece... okay *si tappa la bocca* non devo spoilerare u-ù come è andata a milano? va beh poi ne parliamo su twatter. uu 
samemistakes_: "ma come ho potuto dimenticarmi di recensire lo scorso capitolo? comeee? perdonami, ti prego, non so come farmi perdonare, ma lo farò, yeppa çç"
Non preoccuparti tesoro sei perdonata <33 hahah
Bene, ringrazio come sempre i 91 che seguono la storia (cazzus ma siete TANTISSIMI! o:), i 47 che l'hanno inserita tra i preferiti e i 17 che l'hanno messa tra le ricordate :3 much loveee.
Voglio almeno 8 recensioni per il prossimo capitolo, yo. Daai çç sarebbe carino che per una volta scrivesse qualcosa chi non scrive mai niente, in fondo sbaglio o siete 91 a seguire? non avete proprio NIENTE NIENTE da dirmi? Cattivi. çwwwç AHAHAHAHAH va beh scherzo, ognuno è libero, ma sappiate che mi farebbe molto piacere :3
Un ringraziamento particolare a Francesca che ha letto questa ff in quanto? Tre-quattro giorni? Per lei è un record u.u per cui è una figa.
E ovviamente un grazie enorme come al solito a Manuela che anche se le rompo le palle è sempre carina e coccolosa con me. Ti voglio TANTO bene <3
Un bacio,
Charlie ♥



 

Le Minchiate di zia Manuela.
Buonasera nipotini miei! Come state? vi sono mancata? la risposta alla seconda domanda è piuttosto ovvia perchè,senza di come ci vivete? ztè. Prima di inziare a sparare a mille sappiate che pretendo che il numero di recensioni torni quello di una volta! Che avete vi siete afflosciate? Che volete che vi prescriva viagra? Oh C'mon bitches! HAHAHA Bene passiamo a parlare di questo bel capitoletto u.u Come sempre vi informo della natura del capitolo,questo arriva da una divertentissima ruolata fatta con Carla :) La prima festa a cui partecipa Destiny da quando è al liceo. Non è piena di amici nella nuova scuola,in realtà neanche vuole farsene,le bastano quelli che ha a condizione che siano veri e sinceri. E poi il suo bel ragazzo con il quale ancora non si rende conto di essere indissolubilmente legata *-* (aw si ha ragione una di voi lettrici che scrisse in una recensione "La tua rubrica dovrebbe chiamarsi 'le spoilerate di zia Manuela'" haha è vero forse un po' spoilero o: ma non esagero mai,non voglio farmi odiare da Carla! invece voi mi amate per questo si? u.u) E' da qui che cominciano le difficoltà tra Harry e Destiny nel tenere il loro rapporto nascosto. La situazione non piace a nessuno ma Nick fa il cattivone della fiaba in questo primo periodo e__e quindi bisogna sopportare haha fa anche una grande new entry la femminilità di Destiny che è una ragazza Bellissima,ma non è propensa a mettersi troppo in mostra e menomale! Ne abbiamo abbastanza nella vita reale di quelle troiettine no? haha bene u.u Adesso vi abbandono,rinnovandovi l'offerta di chiedermi ciò che volete perchè io sono qua! Alla prossima lettrici,recensite e continuate a seguire! <3 - Manu.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** do you think he's drunk? ***




Harry.

«Esci tra cinque minuti», mi ammonì attenta Destiny, per poi chiudere la porta alle sue spalle seccamente, e lasciarmi nella totale oscurità della camera da letto dei genitori di Jimmy. Ovviamente sarebbe stato troppo sospettoso vederci scendere insieme dal piano superiore, per cui decidemmo di uscire uno ad uno; o meglio, Destiny me lo impose letteralmente. A mio parere non se ne sarebbe accorto nessuno visto il caos al piano inferiore, ma forse era meglio essere più cauti.
All'incirca qualche minuto dopo anch'io ritornai tra la folla, e la intercettai vicino al piano bar a parlare con Jimmy. Lei chiacchierava tranquillamente, lui più che altro sorrideva ebete, annuiva, e ogni tanto abbassava un po' troppo lo sguardo dal suo viso. Repressi un grugnito nel petto e in poco tempo mi ritrovai dall'altra parte della sala, poi mi avvicinai con passo indifferente a loro.
«Ehi Destiny! Come va? Ti stai divertendo?», le dissi con un sorriso, come se non la vedessi dal momento in cui eravamo entrati nella casa. Diedi una pacca sulla spalla a Jimmy, volutamente un po' troppo forte. «Bella festa, amico», commentai annuendo leggermente. Certo, come se avessi partecipato.
Vidi la ragazza trattenere un sorrisino, e poi annuire fingendo disinvoltura. «Tutto bene, grazie», sorrise cordiale. Peccato per lei che non fosseuna grande bugiarda, ma Jimmy non aveva notato nulla.
«Harry! Dove sei stato?», fece Jimmy agitando un po' troppo la birra che aveva in mano. Sembrava brillo, e anche un po' su di giri.
«Uhm, ero al piano di sopra per...».
«Oh, tu e Katie non avete aspettato tanto, eh? Non avete disordinato troppo, vero? Oh, non importa, ci penserà l'impresa di pulizie», scrollò le spalle indifferente e mi diede qualche pacca sulla spalla, ammiccante.
«Scusa?», corrugai la fronte, mentre sentivo lo sguardo di Destiny che mi perforava da una parte all'altra.
«Katie Jackson», fece lui, «ti stava cercando prima, diceva che voleva parlarti», completò muovendo le sopracciglia eloquentemente.
«Ah», mi grattai la guancia pensieroso. La mia bionda ex, per come mi aveva guardato prima mentre ballavo in pista con Destiny, dubitavo volesse semplicemente parlarmi. «Non ci ho parlato», scossi la testa e scrollai le spalle.
«Comunque, è simpatica la ragazza che ti dà ripetizioni. E carina», aggiunse ridendo ammiccante, rivolto verso di me.
«Sono qui». Destiny non aspettò altro per inserirsi nella conversazione e far notare la sua presenza. Conoscendola, non doveva aver per nulla apprezzato il commento di Jimmy.
«Balliamo», disse deciso Jimmy, prendendola per un polso con poca grazia e conducendola sulla pista da ballo. Né io né lei avemmo il tempo di opporci, che già i due si erano mescolati tra la colorata massa di gente che ballava in disordine sulle note di una di quelle canzoni che danno alla testa. Cercai i due con lo sguardo all'interno della folla, ma si erano completamente persi.
Sbuffai: in fondo era solo un ballo, niente di che, giusto? Ma lui era Jimmy Carr. E io lo detestavo dal profondo. Inoltre, per quanto io potessi avere la nomina di "Don Giovanni", sicuramente le ragazze le trattavo in maniera diversa da lui.
O per lo meno io non le costringevo.
Esatto. C'erano brutte voci a scuola sul suo conto e su cosa avesse fatto a certe ragazze del primo anno l'estate precedente, ma non avevo mai avuto voglia di approfondire la storia: sapevo solo, di mio, che Jimmy sarebbe stato capacissimo di fare una cosa del genere, e non me ne meravigliavo più di tanto. Era per questo che adesso camminavo avanti e indietro fuori dalla pista, cercando almeno di individuare lui e Destiny con lo sguardo, giusto per essere sicuro. Non mi fidavo per nulla.
Mentre mi dirigevo dall'altra parte della sala, guardandomi da tutte le parti, vidi una testa bionda avvicinarsi a me, una fin troppo conosciuta.
«Haaaaarry!», disse questa con una voce nasale, sovrastando il fracasso della musica.
«Katie!», feci io con finto entusiasmo, mentre dentro di me sbuffavo esausto.
«Non ti vedo da molto», continuò imperterrita, cercando disperatamente il mio sguardo, che però a sua volta cercava disperatamente qualcun altro tra la folla.
«Mmh, è vero», mormorai distratto.
«Mi hanno detto che tu e Tiffany vi siete lasciati...».
«Già».
«Adesso lei sta con Frank Sullivan. Che troia eh?».
«Eh sì».
«Sai, anche io e Derek ci siamo lasciati».
«Sono d'accordo».
«Harry?».
«Dimmi», ripetei lasciando scorrere lo sguardo verso il bancone dei drink, ma ancora non li trovavo.
«Mi stai ascoltando?», fece la bionda incrociando le braccia al petto e lanciandomi un'occhiataccia, offesa.
«No, veramente no», risposi sincero, con un sorriso di scuse. «Ci vediamo dopo, okay?», la liquidai nel momento esatto in cui i miei occhi incontrarono la figura di Destiny, che cercava disperatamente di staccarsi da Jimmy; il quale, però, la teneva ben salda alla vita e la stringeva a sé. A grandi passi attraversai la sala, mentre ancora Katie mi urlava alle spalle.
«Okay, basta così», disse di colpo Destiny, cercando nuovamente di staccarsi da lui.
«No!», Jimmy protestò, attirandola ancora di più a sé.
«Ehi!», quasi gridai e feci per avvicinarmi ai due, ma non feci in tempo perché Destiny gli aveva già piazzato un calcio negli stinchi, e adesso sorrideva soddisfatta, facendo un passo indietro e guardando il ragazzo dolorante.
«Fatti una tazza di caffè», fece lei secca, con uno sguardo sprezzante che lasciava intendere un Sei patetico. Senza dire più altro mi adocchiò e mi si avvicinò decisa, mentre io cercavo di reprimere una forte risata.
«Ti sei divertita a ballare con quel bestione?», mi rivolsi a lei sarcastico, mentre ci siedevamo su un divano dall'altra parte della stanza. «Oh, e comunque bel calcio», mi complimentai e scoppiai a ridere divertito, lasciando passare un braccio oltre le sue spalle.
Lei arricciò il naso. «E' completamente ubriaco, e puzza come una distilleria. Credo mi butterà fuori appena avrà realizzato», rise leggermente e poi scrollò le spalle. «Oh non importa, se l'è meritato. La prossima volta terrà le mani a posto e ci penserà due volte prima di farmi orrende proposte».
La guardai accigliato. «Orrende proposte?», domandai. «Aspetta, non ti ha toccata vero?».
Lei scosse la testa e mi sorrise. «Sto bene. Mi ha solo toccato il sedere, e chiesto di salire in camera con lui. Ma sono sopravvissuta», fece una smorfia, e poi scosse le spalle.
«E' un maiale», commentai stringendo la mascella. «Ehi, e poi sono io il "womanizer"», dissi quel termine con tono sprezzante, «io sono il galantuomo della scuola».
Lei per tutta risposta scoppiò a ridere. «Tu sei molto più gentile, ma non ci credo che non hai mai proposto ad una ragazza di seguirti in camera!».
«Beeeh, ecco...», cominciai ridendo insieme a lei, ma in quel momento fummo interrotti da una figura barcollante che si parò davanti a noi. Aveva i capelli leggermente spettinati, gli occhi chiari erano spiritati e brillanti, ed il solito sorriso cortese era trasformato in un ghigno ebete e confuso.
«Dice che vuole un certo succo... Se le porto il punch è uguale?», domandò Louis gesticolando a casaccio, e poi spostò lo sguardo da Destiny a me.
«Louis?», domandai incerto, e poi scossi la testa. Doveva aver bevuto esageratamente anche quella sera, capitava spesso che alle feste si lasciasse andare.
«Harry?», domandò affilando lo sguardo e mettendo a fuoco la mia immagine. «Harry! Non sapevo avessi un fratello gemello. Posso mangiarlo o ti dà fastidio?», continuò lui con il suo sorriso cortese.
Io e Destiny ci scambiammo uno sguardo eloquente. «Lou, esattamente quanto hai bevuto stasera?», domandai sospirando e lanciando gli occhi al cielo.
«Baah, non saprei. Qualcosa qui, qualcosa lì... Ho perso il conto. Ma la ragazza che serviva i drink era molto carina», aggiunse, prima di lasciarsi andare in un risolino divertito.
Scossi la testa, non potendo fare a meno di ridere a mia volta. Louis era sempre esilarante quand'era ubriaco. «Con chi sei venuto, Louis?».
«Mmh, con l'elfo biondino. Ma adesso è sopra con una ragazza. Vuoi che te lo chiami? Non sarà tanto contento, però...»
Scossi la testa e recuperai il cellulare dalla tasca, per poi mandare un messaggio veloce a Niall. «Okay Louis, ti riaccompagnamo a casa», annunciai e poi mi rivolsi verso Destiny. «Tu vuoi restare?», domandai, ma lei era già in piedi e pronta ad andare.
«No, accompagniamo Louis dai, che da un momento all'altro vomiterà l'anima», rise sarcastica, anche se mi accorsi di una nota un po' apprensiva nella sua voce.
«Naah, non preoccuparti», fece Louis con un movimento della mano. «Ho già vomitato nelle scarpe di un tizio. Credo che se la sia leggermente presa», fece con aria dubbiosa.
«Okaay, meglio che andiamo», dissi deciso e infilai il cellulare in tasca. Non mi preoccupai neanche troppo di salutare Jimmy, ed uscimmo nel cortile dove stava posteggiata la mia auto. «Amico, vedi di non vomitarmi in macchina, o sei un uomo morto», lo ammonii accomodandomi sul posto di guida, mentre Destiny si sistemava in quello accanto a me.
«Harry, la tua macchina è troppo alta. Mi sembra di scalare l'Everest», protestò da dietro Louis, mentre cercava inutilmente di arrampicarsi nel sedile posteriore.
«Ho ragione, vero?», fece Destiny sporgendosi verso di lui. «Gliel'ho detto mille volte! E' impossibile salire in questo carro armato. Harry, perché non compri una scaletta?», continuò guardandomi, divertita.
Roteai gli occhi con uno sbuffo. «Louis, sali e chiudi la bocca».
«Calmati, curly boy. Sono salito», disse il ragazzo trionfante, e chiuse la portiera al suo seguito.
«Allora Louis, ti sei divertito stasera?», domandò Destiny voltandosi verso di lui, mentre mettevo in moto la macchina e partivamo.
«Parecchio!», affermò il ragazzo, che vidi sorridere a trentadue denti dallo specchietto.
«Ti ho visto ballare su un tavolo», disse lei ammiccando.
«Oooh, sì!», il suo tono si fece più spiritato. «Alcune ragazze mi hanno anche dato delle monetine perché mi spogliassi, ma io non faccio le cose così. Ho detto "NO! Io accetto solo banconote, o non se ne fa niente!"», concluse soddisfatto e incrociò le braccia al petto.
Scossi la testa, fermandomi allo stop e gli rivolsi un'occhiata divertita, mentre la risata cristallina di Destiny riempiva il silenzio dell'automobile.
«E voi due, vi siete divertiti?», domandò poi lui appoggiando i gomiti ad entrambi i nostri sedili, guardando prima me e poi lei.
«Sì, abbastanza», dissi io scrollando le spalle. «Non mi sono mai piaciute le feste di Jimmy, c'è sempre troppo chiasso», commentai.
«Mmh, capisco. Beh in ogni caso voi due vi siete appartati un po', no? Non penso abbiate avuto problemi con il chiasso», rise divertito Louis, guardandoci, in attesa.
Io gli lanciai un'occhiata in tralice, mentre Destiny si voltò completamente verso di lui. «Che vuoi dire?», chiese lei.
«Niente, solo che dovreste fare più attenzione quando andate a chiudervi nelle camere altrui», fece lui, per poi scoppiare in una risata furba e farle l'occhiolino.


u n b r o k e n  corner;
Sssssalve babies! Come va la vita? A me bene. Sicuramente meglio che al nostro Louis, che è completamente partito! LOL
In questo capitolo abbiamo: un Harry geloso (che addirittura RIFIUTA le avances di una ragazza e.e), una Destiny che ritorna alla sua mascolinità (GO DES!) e un Louis ubriaco u.u bello no? Yeeeah.
DUNQUE DUNQUE. Bando alle ciance. Ma sapete che abbiamo superato le 100 recensioni? *___* Sono contenta! E la fortunata che ha redatto la 100esima recensione è... *rullo di tamburi*
_gottabeyou_! Grazie cara :'D *VIRTUAL HUG*
Oh, ma avete visto il bel banner all'inizio del capitolo? *O* quello è merito di quel genio di jas_, che oltre ad essere una grafica fantastica scrive divinamente. Perciò passate a leggere le sue storie e.e mi raccomando! Ohw e Jas grazie tante ancora per il banner *---*
Ooh e poi che dovevo
dire? Come al solito ringrazio i 53 che hanno preferito la storia, i 22 che l'hanno messa tra le ricordate e i 94 che la seguono. VI AMO. *--------* Ah e poi ringrazio Franci che mi ha fornito le battute del punch e del gemello di Harry. Sei figa.
Recensite che fa bene alla salute!
Rispondo ad un po' di vostre recensioni :)

Crazyfor_Peter: Carla, beh sei un mito a scrivere (PS: mi rispondi con scritto come ti chiami su twitter?? DAIII)
Ti ho già rispos
to privatamente ma lo scrivo anche qui così che possano leggere anche gli altri, in caso siano interessati. Sono @charliebelieves, se volete che vi aggiorni ogni volta che posto basta che mi menzionate :')
Jimmyprotestedx: Cosa significa che Nick romperà le palle? è_é
Significa che lo scoprirete, tra un paaaaio di capitoli. E che io taglio le mani a Manuela! u.u AHAHA
letmeshine: Inanzi tutto volevo complimentarmi con Carla per come scrive bene e poi per i suoi personaggi che sono ben delineati e non incoerenti come in certe fanfiction si legge.
No va beh, tu non puoi capire quanto mi abbia fatto piacere leggere questa cosa *O* è una delle cose che cerco più di attenzionare, non voglio che i personaggi siano incoerenti, e soprattuto con Destiny pongo sempre molta attenzione: prima di farle fare qualsiasi cosa mi chiedo sempre "E' una cosa che Destiny farebbe? Aspetta, qui Destiny cosa direbbe?", insomma mi faccio tante pippe mentali capiamoci e.e però è bello sentire questa cosa perché voglio prima di tutto che i personaggi siano coerenti. Grazie quindi *-*
letmeshine: Carla dicci un po',com'è Manuela a scrivere? sarei curiosa di leggere qualcosa di suo ahah non vedo l'ora se un giorno vorrai farci provare!! E poi tu e Carla mi sembrate propio due amiche affiatate, che bel rapporto! <3 
Intanto posso dirti che sei tanto carina? Boh mi hai fatto simpatia, anche se non ti conosco <3 Okay comunque, Manu è bravissima a scrivere *---* senza contare poi che ha un sarcasmo innato e questo rende particolare tutto ciò che scrive, aggiunge sempre una spruzzata di suo :3 c'è un pezzo in particolare delle nostre ruolate - che avverrà MOOOOOOLTO più in là di questo capitolo - che mi piace tantissimo, e che mi ha fatto commuovere. Quindi, se riuscirò mai ad arrivare a quel punto della storia di Harry e Destiny - ve l'abbiamo già detto che è una cosa LUNGHISSIMA? çwç - quello lo lascio così com'è u.u Oh, e poi sì, io e Manuela ci vogliamo taaanto bene *O* dovete sapere che lei è la mia metà u.ù hahah
Okay le note sono diventate chilometriche, me ne vado e non rompo più le palle. Ciao bellezze.
Charlie



----------------------


Le minchiate di zia Manuela.
Buonasera nipotini! State bene? Inzio le mie note ringraziando tutti quanti per gli auguri ritardatari che mi avete fatto haha <3 e per Carla che vi ha minacciati se non me li avreste fatti naturalmente u.u Prima di cominciare il mio commento a questo capitolo dico due parole a qualcuna di voi <3 inanzi tutto sheloveshazza mi ha fatto notare che non sapete chi sono su twitter,quindi, io sono @delicioussmanu c: se non mi seguite seguitemi e se mi seguite vi amo *bandabaci* haha Okay,pooi u.u xtaylorssmile sappi che io leggo tuttoo baby e_e haha e con questa affermazione mi collego a _gottabeyou_ che mi ha definita inquietante. Mi definisco mortalmente offesa per questo e potrei lincenziarmi dalla mia rubrica. ma non lo farò perchè poi ha anche aggiunto che la rubrica le piace troppo e l'ho perdonata u.u haha scherzavo!
Clo_97,sheloveshazza,_gottabeyou_,JimmyProtestedx grazie per gli augurii c: all'ultima volevo anche dire che di Nick non posso più parlare perchè Carla mi ha appena minacciata di tagliarmi le mani HAHAH; jas_ grazie baby! e infine letmeshine Primo grazie di tutti i complimenti e della stima u.u secondo io non scrivo bene,però scrivo haha sai com'è! solo che la mia roba me la tengo per me per evitarvi problemi di digestione o stitichezza. Adesso vedo se riesco a spoilerarti qualcos'altro u.u haha no basta Carla mi uccide. scherzavo ç___ç e ultima cosa si voglio molto bene alla mia Carletta,si vede? haha è adorabile <3
Visto che mi sono dilungata troppo a parlare con voi,dirò giusto due cose sul capitolo. La prima è: Quanto cazzo è figo Louis ubriaco? (parla una non fan dei 1D HAHAH) ah e io non centro! le battute sono di Carla quindi clapclap! Centro invece con Destiny visto che mi prendo il merito del calcio negli stinchi che ha dato a Jimmy ma nient'altro uu haha Seconda cosa,quanto è gelosamente fantastico Harry? c: haha Lo è anche lei eh,lo vedrete non preoccupatavi (spoilercelato) Dopo questo Me ne vado va u.u alla prossima lettrici!
Ps: Se non nel prossimo capitolo,nei prossimi vedrete l'entrata di due personaggi Che io Amo. Una è un'altra mia figliola,la sorella di destiny. (non nel senso che è nata dalla stessa madre di Destiny ma nel senso che l'ho creata io come Destiny HAHA) sono sicura che li adorerete quanto me c: Ciao Zia Manuela Vi amo xx



 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** fuck it. ***



Harry.

A che serviva la storia? A niente. Avevo sempre trovato le ore della Hudson noiose ed irritanti, tanto più adesso che il mio migliore amico mi assillava, dal banco accanto. Mentre la prof si immergeva in una prolissa spiegazione della guerra di secessione, io m'impegnavo a fare palline di carta e a tirarle a casaccio in giro, un po' per divertimento, un po' per mostrarmi occupato e avere una ragione per non rispondere alle domande insistenti di Louis.
«Andiamo amico, perché non me lo vuoi dire?», fece lui piegando leggermente la testa e appoggiando entrambe le braccia sul banco, rilassato.
«Non c'è niente da dire», scrollai le spalle indifferente e appallottolai un pezzetto di carta, per poi lanciarlo sulla testa di Jennifer Duncan, nel banco davanti al mio. Questa si girò e mi lanciò un'occhiataccia, io sorrisi strafottente.
«Io credo che se vi siete chiusi dentro ad una camera da letto ci sia qualcosa da dire», insistette allacciando i nostri sguardi. Blu nel verde, rimasi a fissarlo per qualche istante.
Fanculo.
Perché nei film quelli che si erano presi una sbronza il giorno dopo non ricordavano niente di niente, e invece lui sembrava avere la memoria di un computer? Il giorno dopo la festa a casa di Jimmy Louis era ancora troppo in effetto post-sbronza per cercare di capire meglio la situazione, ma quel Lunedì non mi aveva dato pace e aveva mostrato di volerne sapere sempre di più a tutti i costi.
Sbuffai, strappando un altro pezzo di carta dal quaderno e concentrandomi in ogni mia azione, minuziosamente. Cercai un po' di tempo per riflettere ad una risposta plausibile, ma riuscii solo a pensare che se gli avessi detto "te lo sei sognato" avrei ricevuto come risposta niente di meno che uno scappellotto in testa. A Louis non piaceva sapere che gli mentissi, perché di solito ci dicevamo tutto: ma stavolta in meno lo sapevano e meglio era.
«Non abbiamo fatto niente», mi riuscii di dire lanciando a casaccio la pallina di carta in avanti, che però andò a cadere miseramente sul pavimento. Sospirai fissandola.
«Proprio niente niente?», incalzò lui, avvicinando il viso al mio banco per esaminare meglio la mia espressione.
Mi voltai verso di lui. «Niente, davvero».
«Ma non-».
Louis fu interrotto da Jennifer, che si era voltata nella nostra direzione. «Smettila immediatamente, Styles. O prendo tutte le fottute palline di carta che mi hai lanciato e te le faccio mangiare, alla fine dell'ora», disse seria la ragazza e mi fulminò con lo sguardo.
Le mandai un bacio in aria e le feci l'occhiolino. «Che c'è, ti ho distratta dai tuoi preziosi appunti?», scherzai, ma per tutta risposta mi ritrovai una pallina di carta tirata in un occhio.
«Ben ti sta», sorrise soddisfatta, mentre Louis prese a sghignazzare senza controllo.
«Zitto tu», lo fulminai, e presi a disegnare ghirigori con la matita sul banco.
«Quindi non vi siete nemmeno baciati?», riprese il moro guardandomi beffardo, in attesa di una risposta. Sapevo cosa stava pensando. Non esisteva che Harry Styles, il rubacuori della scuola, si portasse una ragazza in una camera per poi non farci niente. E in fondo aveva ragione.  
«No», mentii spudoratamente, continuando a pasticciare la superficie una volta candida del mio banco.
«Oh, giusto. Ad una festa tu prendi una ragazza, te la porti in una camera da letto e ci chiudi entrambi dentro per giocarci a carte. Che idiota, perché non c'ho pensato prima?», si batté una mano sulla fronte teatralmente, e poi mi sorrise.
Io lo guardai scuotendo la testa. Cosa avrei dovuto dirgli? Che aveva ragione? Che mi ero rinchiuso in quella stanza con Destiny perché era la mia ragazza e avevo bisogno di stare da solo con lei?
«Allora, chi è che ha vinto? Scommetto che avete giocato a scopa, vero?», ridacchiò divertito e ammiccante.
Sospirai e abbassai lo sguardo, senza fare a meno di ridere a mia volta.
«Andiamo, Harry. Ho visto come la guardi ogni volta. Vuoi davvero mentire al tuo migliore amico? Perché sappi che se mi dirai che non c'è niente, non ti crederò neanche per un secondo».
Sbuffai. «Okay, mi hai convinto», feci poi lasciando cadere la matita sul banco. «Stiamo insieme. Però l'altra sera ci siamo soltanto baciati», confessai, al che vidi la sua mandibola cadere. Rimase a bocca aperta qualche secondo ancora, e sbatté le palpebre un paio di volte prima di parlare di nuovo.
«Amico, perché non mi hai detto niente?», domandò, quando si fu ripreso dalla notizia.
«Perché non lo sa nessuno, e tu», e qui gli tappai la bocca con una mano, fissandolo di nuovo negli occhi «devi tenere la bocca chiusa, capito? Anche con i ragazzi», lo ammonii severo.
«E perché tutti questi segreti?», domandò una volta che si fu liberato dalla presa della mia mano.
«Perché Destiny dovrebbe darmi solo ripetizioni», spiegai.
Louis continuò a fissarmi in attesa, come se dovessi aggiungere qualcos'altro. «E allora?».
«E allora se mio padre lo scopre non mi permetterà più di vederla, e in più finirei in punizione», scrollai le spalle. Lui scoppiò a ridere, battendo la mano contro il banco. «Non c'è niente di divertente», dissi irritato, ma lui scosse la testa con il suo solito sorrisino.
«Da quando ti importa di tuo padre, Harry?», domandò scompigliandomi i capelli, lo sguardo spiritato.
Ritrassi la testa e scrollai le spalle. «E' una storia complicata», mi limitai a dire, semplicemente perché non sapevo come rispondere a quella domanda. Forse il fatto era che stavolta sapevo di aver toccato il fondo, e se mio padre l'avesse scoperto non avrebbe esitato più di tanto a rinchiudermi in qualche collegio svizzero.
«Aaah, lo sapevo che c'era qualcosa tra voi due!», riprese lui indicandomi sorridente. Roteai gli occhi. «Non era possibile che tu frequentassi così assiduamente delle ripetizioni, anche se fossero state con una ragazza», ridacchiò.
«Che posso dire?», sorrisi e feci spallucce.
«Non dirai niente, vero Lou?».
Lui mi guardò quasi scioccato. «Vuoi scherzare? Sei il mio migliore amico, non lo direi per niente al mondo», si fece incredibilmente serio.
«Grazie», dissi sincero. «Ti voglio bene», gli sorrisi grato.
Lui rise piano e mi arruffò i capelli affettuosamente. «Anch'io riccioli d'oro, anch'io. Ma vedi di non combinare troppi casini, eh? Avere di questi segreti non ha mai portato bene, credimi», annuì sapientemente. «Fai in modo di sistemare questa situazione al più presto».
Annuii a mia volta. Aveva ragione, non potevo certo mantenere questi segreti per molto. Al momento adatto avremmo detto tutto.

«Sei innamorato?», domandò poi a bruciapelo.
Mi voltai di scatto verso di lui, e presi a ridere nervosamente. «Vorrai scherzare, Lou?», domandai tra una risata e l'altra.
Amore, che parola grossa.
Quello tra me e Destiny non era amore... non ancora.
Cioè, no: si trattava solo di affinità, superava l'attrazione fisica ma non era certo un innamoramento. Insomma, ve lo immaginate, io che mi innamoro? Non era cosa da me.
Louis scrollò le spalle. «Non so, mi sembrava», affermò innocentemente.
«Da cosa?».
«Forse dal fatto che sembri molto più interessato più che alle altre ragazze. Andiamo, non hai mai rinunciato ad una partita di baseball solo per stare con qualcuna. Ammetti che qualcosa forse c'è», mi sorrise.
Mi schiarii la gola. «Beh... ecco», a dir la verità neanch'io sapevo come rispondergli, perché non lo sapevo proprio.
Il suono della campanella mi salvò. «Bene, la lezione è finita», annunciò la professoressa Hudson e si affrettò a cancellare alla lavagna, mentre piano piano l'aula si svuotava e anche io e Louis ci alzavamo dai nostri banchi. «Oh. Styles, Tomlinson, in punizione questo pomeriggio», disse poi con molta nonchalance, sorridendoci tranquilla.
Fanculo.

«Styles, ci vediamo più tardi da me?».
Sollevai un angolo della bocca. Per quel poco che poteva essere efficace, Destiny aveva preso a chiamarmi per cognome quando c'era altra gente in giro, come a confermare che tra noi non c'era niente di più che un semplice rapporto di amicizia. La guardai perplesso dall'alto, per poi spostare lo sguardo sulla sua amica bruna; strano che a lei non avesse detto nulla, nonostante si fossero conosciute da poco mi sembravano molto unite.
«Non posso venire», dissi semplicemente, senza mostrarmi troppo deluso.
«Come mai?», sollevò un sopracciglio, e fui soddisfatto nel vedere una nota di disappunto nel suo sguardo, mal nascosta.
«Sono in punizione», spiegai scrollando le spalle.
Allargò lo sguardo e poi scosse la testa, ridendo. «Di nuovo?»
«A quanto pare», sorrisi strafottente. Era la terza volta da lunedì scorso, ed era una vera e propria scocciatura rimanere bloccato lì a scuola per un altro paio d'ore, ma io ero incredibilmente orgoglioso, non mi sarei mai mostrato irritato o infastidito della mia situazione.
«Uhm, allora ci vediamo in giro. Arrivederci Styles», disse semplicemente, e dovetti sforzarmi di non riderle in faccia. Tutta quella freddezza era alquanto divertente.
«Okay, hai vinto la scommessa», udii Crystal dirle con uno sbuffo mentre si allontanavano, anche se non capii la natura di quelle parole.


u n b r o k e n  corner;
Sciao bellezze! Scusate se ci ho messo tanto per questo capitolo, ma avevo davvero poca ispirazione e così ho cominciato a scrivere altra roba, sempre riguardante la fanfic, ma si tratta di un capitolo più in là... beh poi vedrete u.u questo l'ho scritto tutto oggi e l'ho riletto una sola volta, perciò scusate se fa schifo ed è cortino, ma è più che altro un capitolo di transizione. Penso che nel prossimo farò entrare l'altra figliuola di Manuela :D è un personaggio particolare, o la amate o la odiate... di certo qualche nostro personggio non la amerà. Okay troppi spoiler e.e hahah
Questo capitolo è dedicato a cccciusy, che ama i Larry :3 sei tanto dolce e carina <3
Anyway! Ma voi lo sapete che, dopo le 100 recensioni per lo scorso capitolo, non solo abbiamo 100 seguitori (?) ma siamo anche tra le storie più popolari?! AAAAAH, quando l'ho visto sono sclerata! Vi amo davvero :')
Spero di postare il prossimo capitolo il più presto possibile. Ringrazio DI CUORE i 103 che seguono la ff, i 26 che la ricordano e i 62 che l'hanno messa tra le preferite. Per citare Harry a Sanremo, GRAZZI, GRAZZI! :')



Le Minchiate di Zia Manuela.
Buonasera bambole c: Zia Manu è tornata per dare brio a questo triste inizio di settimana! Da me ha ricominciato a nevicare .__. che cosa aberrante! Cioè dopo due settimane di neve, dopo che si son pulite le strade ricomincia? Are you fucking kidding me broh? Ok la smetto di prendermela con voi per il tempo haha veniamo a noi u.u Nipotine, mi fa tanto tanto piacere che apprezziate la rubrica e quindi visto che non ho niente di specifico da dire a nessuno in queste note, vi lascio un grande grazie perchè mi diverto tanto a scrivere la mia rubrica di minchia (di nome e di fatto) e voi siete propio Fighe. Beh siamo imparentate non poteva essere il contrario, No? Rispondo io, Ma certo che Si! Ma commentiamo questo capitolo *-* Questa volta non proviene da una ruolata Mia e di Carla, ma io da lettrice (e non da autrice indiretta) della storia trovo che sia un pezzo di narrazione importante in quanto, per la prima volta Harry si pone la fadilica domanda 'Che cos'è per me Destiny?' Ora, Per dare Suspance e fascino a queste mie unitli righe di nota, vi dirò che nessuno di voi potrà forse comprendere a pieno cosa c'è, cosa ci sarà tra Harry e Destiny. E non perchè siete delle stupide (perchè come ho gia detto siete mie """parenti""" e non potete essere stupide u_u ho trasmesso un gene della mia assoluta brilantezza e intelligenza ad ogniuna di voi HAHA) ma perchè la verità è, che non l'ho mai capito neanche io :') Quello che cerco di dire è che penso che io e Carla con questi personaggi abbiamo fatto un vero e propio capolavoro (viva la modestia haha) Perchè arrivare a commuoversi ruolando una storia d'Amore, credetemi non è da tutti! beh forse è da Carla che è molto sensibile, se non lo sapete ve lo dico io <3 haha ma vi dico anche che io non piango praticamente mai; E non mentirò dicendo che ho pianto Ruolando, ma mi sono emozionata da matti in certe parti *-* che non vi spoilero perchè ho il sospetto che se lo faccio ancora mi arriveranno lettere anonime di minaccia con le sillabe prese da ritagli di giornale HAHAH bene cosa stavo dicendo? ah gia... La domanda che si pone ora Harry è qualcosa di abbastanza astratto perchè ne accadranno di cose tra questi due ragazzi e vi assicuro che se avrete la pazienza di aspettare, vi emozioneranno quanto hanno emozionato me. Vi procureranno nodi allo stomaco insopportabili, avrete voglia di gridargli quanto sono stupidi, ma l'amore si tratta propio di questo no? Inconsciamente vi ritroverete nel mezzo di sentimenti forti che, sono sicura, Carla saprà raccontarvi benissimo. Sorriderete davanti al pc come ebeti a leggere di due ragazzi che potreste essere voi, sentirete strette al cuore e quando non ci saranno più Vi mancheranno. Queste sono tutte promesse che vi faccio e io le mantengo lo giuro <3
Bene donne, mi sto dilungando troppo mi sa D: haha dopo le ultime righe in cui ho fatto troppo poco la deficente (adesso mi sento in colpa!) Mi dissolvo u.u Continuate a seguire e recensite in tante! Zia Manuela Vi ama, alla prossima x


Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** paris, je t'aime. ***





Harry. 

Poi si chiedevano perché a volte li odiavo. Perché costringermi ad accompagnarli dall'altra parte del mondo per una semplice vacanza? Che poi, lo spevo, vacanza non sarebbe stata.
Mio padre era il direttore di un'importante casa discografica e la mia cattiva sorte aveva voluto che proprio in quel periodo dovesse recarsi a Parigi per lavoro; proprio tre giorni prima di Natale.
«Natale a Parigi, sarebbe così romantico!», aveva esordito mia madre con gli occhi che le brillavano non appena lui le aveva fatto la proposta di partire tutti insieme appassionatamente per la Francia. Ma un Natale romantico non dovrebbe implicare la presenza dei figli, giusto? Mi ero opposto fino allo stremo a questo viaggio: non solo ero già stato a Parigi migliaia di volte nonostante la mia giovane età, partendo avrei perso parecchie feste di Natale a casa di amici. E poi, diciamocelo, chi ama viaggiare con i propri genitori? 
Ma la risposta era stata un fermo e categorico no. Avevano dalla loro parte la scusa che durante la loro assenza per lavoro avrei dovuto fare da baby-sitter a Ronnie e che "non era un viaggio di famiglia senza di me". Ad ogni modo avevo cominciato a nutrire il sospetto che mi avessero trascinato fino a Parigi per allontanarmi dallo studio. O meglio, da una persona che per loro avrebbe dovuto significare studio, ma cominciavo a pensare che mio padre sospettasse qualcosa. 
La macchina parcheggiò di fronte all'ingresso dell'enorme edificio che era il nostro albergo. Scesi e mi diressi insieme ai miei e Ronnie all'entrata dell'hotel. Era un luogo parecchio lussuoso, dove regnava un silenzio elegante e professionale: la hall era gigantesca, luminosa e accogliente, il pavimento, le pareti e tutti i pezzi del mobilio avevano un colore chiarissimo, che non andava mai oltre il beige o panna. Sembrava di essere entrati in una specie di paradiso alternativo. Seduti sui divani, in attesa di essere ricevuti alla reception stavano una coppietta di giovani che si teneva per mano, con un mucchio di valigie al seguito e, dall'altra parte, una ragazza bionda con le braccia incrociate al petto e l'aria parecchio irritata e spazientita. 
Una donna impacchettata nel suo tailleur impeccabile si avvicinò a noi e mostrò il più ampio sorriso che potesse. «Signor Styles», disse con aria cordiale rivolta a mio padre. «Le porgo il benvenuto da parte di tutto lo staff dell'hotel», continuò e, cosa che mi sembrava impossibile, ampliò ulteriormente il suo sorriso. 
Mio padre annuì in modo professionale e sorrise a sua volta. «Grazie mille, buonasera».
La donna accennò ad annuire con la testa, poi rivolse un sorriso inquietante a me e a Ronnie, che mi teneva per mano. «Se volete seguirmi, provvederemo alla vostra sistemazione nelle camere», aggiunse, e ritornò dietro al bancone della reception, per poi mettersi a smanettare al computer. «Ecco a voi, dodicesimo piano, stanza 712», disse e porse la tessera ai miei genitori. «I vostri bagagli sono stati già portati in camera, Andrew accompagnali», disse ed un uomo si allontanò insieme a Ronnie e ad i miei. 
Per fortuna li avevo convinti a lasciarmi avere almeno una stanza tutta per me, o questa vacanza si sarebbe trasformata in tutti i sensi in un vero e proprio incubo. La donna quindi si rivolse a me, con lo stesso tono cordiale ed inquietante. «Lei è all'ottavo piano, stanza 523. Mi dispiace davvero ma non siamo riusciti a trovare due camere sullo stesso piano che rispondessero ai requisiti richiesti. Sono le stanze migliori che abbiamo», si scusò la donna.
Quattro piani di differenza con i miei genitori? Qualcuno lassù deve volermi bene allora.
Allargai un enorme sorriso e scossi la testa. «Non si preoccupi, va benissimo».
«Cosa?», una terza voce, adirata, si rivolse alla donna. Mi voltai, per vedere la ragazza che prima stava seduta con aria irritata vicino a me. «Sono qui da mezz'ora, arriva questo tizio in limousine e gli date le chiavi? Mi prendete per il culo?», disse in modo parecchio sgarbato, con la voce un po' troppo alta. La fissai con sguardo corrucciato. 
«Signorina, saremo subito da lei», fece la donna dietro al bancone, sempre con quel suo tono paziente e pacato. 
«Ma sti cazzi!», esclamò la bionda in malo modo, per poi scaraventarmi dall'altra parte. Sollevai un sopracciglio, sorpreso e al contempo infastidito, ma lei non ci fece troppo caso. «Vorrei avere le mie chiavi, grazie», sorrise sarcasticamente, noncurante della mia occhiata e di quelle del resto delle persone nella sala. 
«Ehi, senti un po' ma chi ti credi di essere?», feci io avvicinandomi e guardandola male. 
«No, chi ti credi TU di essere! Io sono qui da più tempo e ho diritto ad avere le chiavi della mia stanza!», sbottò questa. 
La guardai, un po' sprezzante. Perché mettermi a discutere? Non era certo colpa mia se per via di mio padre mi riservavano certi privilegi e non ci avrei mica rinunciato per un'arrogante come lei. Scossi la testa e tornai a rivolgermi alla donna alla reception. 
«Mi scusi», dissi cordialmente, senza far caso alla ragazza che ora mi fissava, furiosa. «Desidero la sveglia per le nove, domani mattina. E il servizio in camera». 
La donna annuì e scrisse tutto al computer, per poi prendere una tessera che avrebbe dovuto memorizzare come la chiave della mia camera. 
«Okay, lo ripeterò con più gentilezza», fece di nuovo la ragazza, appoggiando i gomiti al bancone della reception, «non mi interessa se non avete finito di riempire di petali di rosa la stanza di mister Fotti Posti qui», e fece un cenno con la testa indicandomi, «desidero avere le chiavi della mia stanza. Subito». 
La donna allungò la chiave verso di lei, con un lieve sospiro d'irritazione, mascherato poi da un sorriso irritato. «Eccole signorina, ma la devo pregare di non mettersi ad urlare all'ingresso di un hotel a cinque stelle».
«Dì un po', nessuno ti ha insegnato l'educazione?», sbottai avvicinandomi a lei, adirato. 
«Oltre a quella mi hanno anche insegnato a non farmi prendere in giro», rispose a tono la bionda, piegando leggermente la testa di lato. «E non mi interessa se sei l'erede al trono dell regina Elisabetta, sono venuta qui per prima e voglio essere servita per prima», disse seccamente.
«Ed è colpa mia? Saranno anche problemi tuoi!». Sicuramente io non c'entravo nulla: se mi riservavano questi trattamenti potevo mica rifiutare? Certo che no. Doveva mettersi il cuore in pace, o prendersela con l'hotel, io non potevo certo farci niente. «E fai meno l'arrogante». Le sbuffai praticamente in faccia, prima di prendere la mia tessera posata sul bancone, e fare un cenno alla donna, che a sua volta disse al facchino di accompagnarmi in camera, perché potesse mostrarmela. A quel punto mi voltai e la lasciai lì, dirigendomi agli ascensori. Di certo non mi sarei messo a discutere ora. 
 
«Ma sei pazzo?!», sbottò la voce fin troppo conosciuta, dall'altra parte del ricevitore. Mi buttai di schiena sull'enorme letto a due piazze della mia suite, tenendo il cellulare all'orecchio, e fissai il soffitto. 
«Ciao anche a te, Des», dissi sarcastico, con un sorriso dipinto sul volto.
«Hai idea di quanto costino le chiamate intercontinentali?». 
Scoppiai a ridere. «Vuoi scherzare? E quindi per te non dovremmo sentirci per una settimana intera?», sollevai un sopracciglio e roteai gli occhi. 
«Possiamo sempre messaggiare...».
«Non me ne frega della tariffa», risi, «come va?».
«Oh, benissimo», rispose prontamente, ma potevo udire una nota d'ironia nella sua voce. «Il mio ragazzo è dall'altra parte del mondo, la mia migliore amica questo pomeriggio fa la baby-sitter e l'unica libera era quella sanguisuga di Sarah. Per cui sono a casa a fare i compiti».
«Oh davvero?», risi leggermente. «E io che ero convinto che tu e Sarah foste amiche per la pelle!»
«Mhm, certo. Facciamo pigiama party continuamente. Tu come stai?».
«Beh...», sbuffai. Come stavo? Mi annoiavo da matti e volevo tornare a casa.
«Harry, non osare dire che non va bene perché giuro che vengo lì e ti picchio. Cazzo, sei a Parigi. E scommetto che adesso sei in una di quelle suite enormi dove lasciano i cioccolatini sul letto e le rose sul comodino. Abbi pietà dei meno fortunati, porca miseria!». Mi guardai intorno. In effetti ero in una di quelle suite da lei descritte, avevo trovato un cioccolatino alla menta sul cuscino e c'era un mini-frigo probabilmente più fornito del bar della scuola. 
Risi. Destiny non aveva avuto l'opportunità di viaggiare molto in confronto a me e m'invidiava, ma io ero già stato parecchie volte a Parigi e non c'era niente di nuovo per me. «Sei tu che me lo hai chiesto», ribadii. 
Sbuffò. «E non mi contraddire. Com'è stato il viaggio?». Con passo pesante mi alzai dal letto e mi diressi verso la porta-finestra della stanza, per poi aprirla e uscire fuori in balcone. 
«Mmh, il viaggio a posto. Sono un po' stanco, magari adesso mi metto a dormire... Domani mi aspetta una giornata di shopping stressante», roteai gli occhi in un'espressione annoiata. La piccola modaiola di casa non poteva certo sprecare un'occasione come quella per fare shopping in una delle città più alla moda del mondo: e siccome ero stato costretto dai miei a farle da baby-sitter, sapevo già che il giorno successivo sarei stato costretto a stare dietro a Ronnie in giro per tutta Parigi. L'idea non mi allettava per nulla, ma, ahimè, ero costretto. 
«Vedi di non andare dietro alle francesine», rise lei, «sappi che ho la mia piccola spia che mi riferisce tutto».
Sollevai un sopracciglio. «Ronnie? E quanto l'hai pagata?», ridacchiai.
«Non sono affari tuoi», rise lei di rimando dall'altra parte del telefono. 
Stavo per rispondere, ma lei m'interruppe. «Harry, devo scappare. Ci sentiamo più tardi, d'accordo?».
«Okay, a dopo», dissi semplicemente, prima di sentirla attaccare il telefono dall'altra parte. 
Mi appoggiai alla ringhiera e fissai il panorama. Parigi era una delle città più belle al mondo, non c'era che dire. Tutto sembrava più tranquillo e pacifico rispetto alla chiassosa e frenetica Los Angeles, perfino le macchine sembravano circolare con più calma. La gente passeggiava con lentezza per strada, nessuno con una ventiquattr'ore in mano, nessuno dava l'impressione di essere inseguito da qualcuno. Il tempo sembrava essersi fermato. Le case e gli altri palazzi erano meno inquietanti di quei mostri di ferro della mia città, e sembravano tutti piccoli e insignificanti, come dei sudditi fedeli che s'inchinano di fronte all'enorme Tour Eiffel, in lontananza ma ben visibile dal mio albergo. Non ero mai stato un grande amante di quella struttura di ferro, ma dovevo ammettere che aveva un suo fascino, specialmente di notte. Solo in quel momento, quando mi guardai finalmente davvero intorno, mi resi conto che non ero solo. 
«E tu che ci fai qua?», domandai con lo sguardo corrucciato, guardando male la bionda ragazza che aveva gridato alla reception, e che adesso stava seduta tranquillamente sulla ringhiera del mio balcone, a fumare una sigaretta.
Lei mi guardò con serenità, e sorrise impertinente. «Mi hanno dato la stanza qui accanto, per mia sfortuna. E questo balcone è in comune. Probabilmente sarà un termine nuovo per te, Mister Viziatello, ma vuol dire che per metà è tuo e per metà mio», disse prima di fare un altro tiro dalla sigaretta, e dondolare le gambe con calma. 
«So benissimo che cosa significa condividere. Ma evidentemente a te non hanno insegnato le buone maniere», sbuffai appoggiandomi alla ringhiera e fissando la strada sotto di me.
Lei fece finta di non avermi sentito. «E comunque se vai a chiedere alla donna della reception, magari ti costruiscono un muro qui sul balcone. Dimmi, sei sempre così viziato?».
Le feci una smorfia. «E tu, sei sempre così acida?», sollevai un sopracciglio. Cominciavo a non reggere più quella ragazza, e sicuramente non l'avrei retta dovendo stare nella stanza accanto alla sua per una settimana.
Lei sembrò rifletterci qualche istante. «Mhm sì, sempre».  


u n b r o k e n corner. 
Buonsalve bellezze! Mi scuso in anticipo per le minchiate che sto per dire, ma sapete, non è per niente facile cercare di dire cose sensate quando si ha la febbre a 38 D: bah ci provo lo stesso e mi scuso in anticipo - ma questo l'avevo già detto, vero? Visto? Che vi avevo detto?
Okay basta. Allooooora! Vi presento il tanto atteso personaggio! So che non ho accennato al suo nome, ma si chiama Charlotte :3 sinceramente non so cosa ne potrete pensare di lei, perciò il sondaggio di oggi è: Quali sono state le vostre impressioni della bionda acida? 
Sicuramente, come avevo accennato nelle note precedenti, Harry non la ama di certo AHAH :') insomma, qualcuno che si permette di dirgli che è viziato? e.e come si permette!
Okay queste stanno per diventare le minchiate di cugina carla per cui la taglio qui LOL anyway, io e Manuela ne abbiamo parlato un po' e abbiamo pensato che per sviluppare meglio la storia di questi due personaggi - di cui uno è Charlotte, ovviamente - abbiamo in mente qualcos'altro... Poi ve lo faremo sapere a momento debito, ma vi annuncio che l'idea è di Manuela e che... no basta non vi dico altro u.u 
Ringrazio come sempre TANTISSIMO i 105 seguitori (?), i 67 preferiti e i 27 che ricordano la storia :3 SIETE FIGHI!
Ogni volta quando scrivo queste note scordo sempre qualcosa che vi dovevo dire, e sento che adesso sto per scordare qualcosa ç__ç ohibò!

samemistakes_: ed io intanto sclero dsajkedfwacfedjn QUESTI DUE MI FARANNO PRENDERE UN INFARTO.
Oddio non sai quanto sono contenta che proprio quella parte ti sia piaciuta! Perché inizialmente non c'era ma poi l'ho aggiunta e infatti l'ho inviata separatamente a Manu... L'ho pensata proprio perché avevo appena parlato con te e mi sono detta "un po' di zucchero nel capitolo farà piacere a giusy" perciò considera che quella parte l'ho scritta pensando a te u.u quindi sono contenta che ti sia piaciuta, fine hahah :33
Jimmyprotestedx: perchè non ti iscrivi al sito e scrivi anche tu fan fiction?
AHAHAHAH eeehm... Anna, questo account è di manuela, qua sono io l'intrusa çç AHAHAH *sventola la manina* hello!
letmeshine: A proposito pensavo...questa coppia ha un nome? Tipo Hestiny?
LOL no, si chiamano Derry :') scusa ma suona meglio di Hestiny AHAHAH
xtaylorssmile: Ma della serie che tu mi lasci con una scommessa in ballo e io ci rimango alquanto di cacchina.
_gottabeyou_: VOGLIO SAPERE LA SCOMMESSA!! D:
jas_: ma cos'è sta scommessa? oddio sono curiosaa!
Okay a quanto pare ho fatto un po' di confusione. SCUSATE! Anche Manuela era rimasta perplessa riguardo a 'sta scommessa, ma io sinceramente pensavo fosse chiaro... evidentemente no, sorry! Comunque mi riferivo alla scommessa tra Crystal e Destiny per la quale avrebbe vinto Crystal se entro la fine del mese i due si fossero messi insieme... ma agli occhi di Crystal ha vinto Destiny perché loro non stanno insieme pubblicamente! ;) scusate la confusione çç
Ila_Payne: perchè questa storia è cosi iper-mega-super-extra STUPENDA che ieri mi è toccato stare sveglia fino all'una e mezza di notte per leggerla e oggi avevo ben 3 verifiche! ;)
AHAHAHAH ma davvero? Cavoli mi dispiace tanto, sorry! o': spero comunque che le tue verifiche siano andate bene, fammi sapere! :3 haha la tua recensione mi ha fatto sorridere come non mai :'3

Ohw, ho appena ricordato cosa vi dovevo dire. Questo capitolo è terribile - aspeeettate, aspettatee, fatemi parlare prima di dire le solite cose e.e - soprattutto nell'ultima parte perché, giuro, era molto più bella. Ma per un sacco di motivi ho dovuta tagliarlo e non penso di poterlo riprendere nel prossimo capitolo, anche per via della trama D: sapete, a volte mi sento molto come uno di quei registi che la gente detesta perché hanno rovinato il loro libro preferito... con questa fanfiction è un po' così, cerco al massimo di attenermi ma spesso non è possibile, e mi dispiace da morire. Spero tanto che un giorno Manu non mi linci per aver ucciso tutte le parti belle ç__ç
Detto questo scappo, che ho parlato troppo e mi fa già male la testa! D:
Vi amo :3
Charlie ♥


Le minchiate di Zia Manuela. 
¡Hola Sobrinas! ¿Cómo Estás? Vi scriverei tutte le note in spagnolo ma la dura verita è che non ne sarei capace e voi non leggereste perchè vi scassereste la minchia! Bien,ahora dopo questa introduzione alquanto demente passiamo a parlare dell'unico argomento per il quale sono qui *-* haha spendo prima di tutto due parole per tutte voi sobrinas che mi avete nominata nella recensione <3 (Per chi non avesse ancora capito, Sveglia cazzo Sobrinas significa nipoti di Zia in spagnolo!) hahaha okaaay u.u
samemistakes_ : Bitch please,i know that! haha no scherzo *ww* grazie di avermi definito una forza lol <3
MrEmMalik: Beh se gia sorridi come un'ebete ti dico che ancora non hai visto niente *-* ho gia cominciato a mantenere la mia promessa hai visto? uu
_gottabeyou_ : non puoi odiare la mia personaggia u.u non farlo sennò mi riprendo i geni di brillantezza che hai ereditato da me! haha
Jimmyprotestedx: Beh con te ho gia parlato su twitter e ti dico che... presto le tue preghiere saranno esaudite u.u dopo capirai perchè! haha ah e ricordo a tutti visto che appunto mel'ha richiesto anna che su twitter sono @delicioussmanu c:
letmeshine: Anche le tuee preghiere insistenti verrano esaudite :3 haha comunque non definirei le mie ultime note ADDIRITTURA emozionanti lol ma sono contenta che vi siano piaciute! e proibisco anche a te di odiare La mia Prole. Okay Sobrinas, a proposito di questo capitolo su chi concentrare l'attenzione, se non sulla nuova arrivata? Come vi ho gia detto, si è figlia mia. E si, il capitolo viene da una ruolata mia e di Carla. Ora, capisco che la mia figlioletta possa sembravi antipatica e acida, ma c'è un motivo u.u Ho creato questo personaggio con una storia ben precisa e dietro a lei c'è un passato che la porta a comportarsi così. A proposito di questo vi anticipo che io e Carla abbiamo parlato del fatto che probabilmente scriverò uno spin-off dedicato propio a lei e a qualcun'altro che gia conoscete ma non vi dico chi e__e haha sono una bastarda LOL se avrete voglia di vedere che mai sarà successo a questa ragazza per essere diventata così e di scoprire chi sarà il protagonista maschile di questo spin-off (che non durerà tantissimo penso) siete le ben venute quando comincierò a postare e mi farebbe tanto piacere se la seguiste appunto Ma tornando al capitolo... Potrà starvi sulle palle sta santa ragazza ma non negate che fa ridere e__e haha e poi è grintosa *-* io la adoro personalmente ma va beh sono un po' di parte! Ahh lo so che vi è mancata Destiny in questo capitolo c: ma non preoccupatevi Che torna v.v haha (potevate arrivarci dasole ma vabbeh HAHA) bene bene bene mi dileguo sobrinas, continuate a recenserie e seguite perchè ne vedrete di cotte e di crude... nelle note precedenti ricordate quando Carla ha scritto che si era dedicata alla stesura di un capitolo che vedrete più avanti? Beh tanto perchè sono una stronza spoileratrice e per mettervi curiosità vi dico che sarà un bel capitolo piuttosto convolgente c: haha
Zia Manuela vi Ama x


Charlotte.


Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** do you like horror movies? ***



Destiny.

«Ronnie? E quanto l'hai pagata?». La sua voce calda e meccanica rise dall'altra parte del telefono.
Sospirai lievemente, pensando ai pacchi di caramelle che avrei dovuto alla sorella di Harry una volta che sarebbero tornati dal viaggio a Parigi (stranamente, in quella famiglia erano tutti fissati con le caramelle); ma ne era valsa la pena, ne ero certa, non c'era  spia migliore della piccola Styles. 
«Non sono affari tuoi» risi piano incrociando le braccia al petto. 
Il suono trillante del campanello interruppe la nostra conversazione. «Harry, devo scappare. Ci sentiamo più tardi, d'accordo?» dissi velocemente, prima di alzarmi dal letto e dirigermi verso la porta.
Aspettai il suo «Okay, a dopo» prima di riattaccare il telefono e porlo nella tasca dei jeans. Corsi ad aprire alla porta, dietro alla quale stava Crystal che mi guardava con un sorriso soddisfatto. 
«Indovina?» disse aprendo ancora di più le labbra mentre sventolava in aria due biglietti. 
«Indovina cosa? Sei riuscita a far credere al tizio del cinema che hai meno di dodici anni per ottenere lo sconto al biglietto?» domandai sollevando un sopracciglio sarcastica. Lei scoccò la lingua al palato e mi avvicinò i due pezzi di carta alla faccia. «Andiamo a vedere un horror?» chiesi nuovamente, non appena riuscii a distinguere le lettere.
A quel punto lei annuì sogghignando. «Amo gli horror! Andiamo forza, sei pronta? Sbrigati!» disse tirandomi per un braccio, estasiata.
 
Il film non era niente male. Non andavo matta per gli horror, ma non facevo nemmeno parte di quella categoria di persone che non potevano nemmeno sentire nominare quel genere che tremavano e facevano gli incubi la notte. A me bastava pensare che tutto ciò che vedevo sullo schermo era finzione, e comunque ogni tanto faceva bene spaventarsi un po'. 
La storia seguiva una delle trame più banali di sempre, eppure era ben sviluppata. C'era la solita famiglia, con il solito papà avvocato, la madre casalinga e i figli che litigavano in continuazione, che si trasferiva nella usualissima casa infestata. Eppure il resto nella storia sembrava stranamente non essere banale, per cui la seguivo con interesse, prosciugando i miei pop-corn avidamente. I protagonisti più giovani della storia erano rimasti chiusi all'interno di un'inquietante stanza dei giochi, dove regnava un'atmosfera spettrale, e il cavalluccio a dondolo faceva venir voglia di scappare a gambe levate. Il ritmo diventava sempre più incalzante e la scena agghiacciante, il tutto accompagnato da una musica martellante che non faceva altro che suscitare sempre più ansia: nessuno nella sala osava parlare, tutti gli spettatori sembravano essere rapiti dall'enorme schermo e dagli avvenimenti. 
«IDIOTA, IO L'AVEVO DETTO DI NON CHIUDERE QUELLA FOTTUTA PORTA!» sbottò all'improvviso qualcuno nella fila davanti alla mia. Io e Crystal ci guardammo in faccia, senza poi poter fare a meno di ridacchiare tra di noi. Un mucchio di gente aveva mormorato qualche «Shh!» irritato, ma il ragazzo dai nobili suggerimenti nella fila più avanti non sembrava preoccuparsene troppo, era anzi impegnato a battere il cinque con il suo vicino. Strinsi gli occhi per mettere a fuoco le due figure davanti a me, e in un certo senso non fui sorpresa nel scoprire che una di queste era Louis. Eppure, non era stato lui quello a parlare.
«Ma che diamine gli prende? Non lo vede che è una camera infestata? Scappa, bimba deficiente! Cazzo giochi con le bambole?», riprese il primo, la cui voce mi apparse improvvisamente vagamente conosciuta. Allungai il collo per vedere oltre Zayn e Liam - sì, a quanto pare c'erano pure loro -  e mi accorsi con enorme sorpresa che il loquace ragazzo che stava rovinando il film a mezza sala non era altri che quello strano tizio dalle sopracciglia enormi che mi aveva dato un passaggio a scuola. 
«Des, quelli non sono gli amici di Harry?», mi sussurrò all'orecchio la mia amica. Sollevai un sopracciglio mentre quelli cominciavano una lotta con i pop-corn, tirandoseli a vicenda proprio come avevano fatto qualche settimana prima con le caramelle haribo. D'istinto mi scappò un sorriso divertito, e poi mi voltai verso Crystal. 
«Purtroppo sì», dissi in un sospiro, tornando a guardare lo schermo. 
Sfortunatamente mi riuscì parecchio difficile concentrarmi sulla trama del film quando quei cinque cretini continuavano a fare battute idiote ad ogni scena. Quando decisi che stavano esagerando, tirai un pop-corn sulla nuca di Louis e, soddisfatta della mia mira impeccabile, aspettai che si voltasse. «Ma che cazz... Destiny!», fece quando i suoi occhi finalmente incontrarono la mia figura. 
«Ehi genio, risparmiate le battute squallide per il circo», piegai leggermente la testa di lato. 
Un sorrisino compiaciuto si fece largo sul suo volto. «Destiny! Che ci fai qui?», domandò poi Niall, che si era appena voltato verso di noi. 
«Cerco di guardare un film in santa pace, ma a quanto pare è impossibile», arricciai il naso. Anche Heat si voltò verso di me, e mi fece l'occhiolino complice, come se fosse un amico di vecchia data. Non capivo questo suo atteggiamento con me: a mala pena ricordavo il suo nome e lui si comportava come se mi conoscesse da anni. 
Il film, comunque, non durò molto: dovetti constatare presto che quei cinque minuti delle battute dei ragazzi, nei quali mi ero distratta, erano stati fondamentali per lo sviluppo della trama e avevo perso praticamente tutto il filo logico del film, per cui adesso avevo una ragione in più per avercela con loro; in ogni caso non più tardi di un quarto d'ora dopo spuntarono sullo schermo i titoli di coda, e io e Crystal raggiungemmo l'uscita del cinema.
A quel punto Niall, Louis, Liam, Zayn e Heat si avvicinarono per invitarci ad unirci a loro a cena al McDonald's. Io e Crystal, i quali programmi fino ad ora si limitavano ad accamparci sul divano di casa mia ed ordinare una pizza, non ci riflettemmo troppo e accettammo volentieri: dopo tutto chi poteva mai rinunciare alle patatine impregnate nell'olio e agli enormi panini del McDonald's? 
Proprio una di quelle oliosissime patatine che io amavo finì per andarmi di traverso, quando mentre mangiavamo feci una scoperta alquanto inaspettata.
«Stai scherzando?», dissi strabuzzando gli occhi, verso Niall. 
Lui scosse la testa e mi sorrise. «Allora perché credi lui sia con noi?», e scrollò le spalle.
Spostai la testa da a Heat a lui, e poi da Niall a Heat. «Sei davvero il cugino di Harry?», gli chiesi spiazzata. 
Lui mentre masticava un boccone del suo panino mi sorrise a labbra serrate, e poi allungò una mano sopra il tavolo verso di me, porgendomela. «Piacere, sono Heat Styles», disse poi annuendo sapientemente. 
«Quindi Harry è tuo cugino», riflettei annuendo, sempre un po' sotto shock. Era una cosa che non avrei mai immaginato: non che non si somigliassero per nulla, ma semplicemente... non era qualcosa che mi sembrava possibile. 
«Già, il mio cuginetto», affermò lui infilando tre patatine contemporaneamente in bocca. 
Rimasi a guardare un attimo Crystal e Louis che si litigavano l'ultima crocchetta di pollo, e poi sollevai lo sguardo verso Heat, nuovamente. «Sei più grande?». 
«Ho ventidue anni», annuì in segno d'assenso. «Ma tu sei più grande di Harry, no?».
Scossi la testa e schioccai la lingua al palato. «Sbagliato. Ho sedici anni».
Lui sembrò un po' sorpreso quando disse «Davvero? Te ne avrei dato qualcuno in più sinceramente».
«Beh, posso dire fieramente di non essere un'adolescente infantile e viziata!», ribattei sorridente.
Lui scoppiò a ridere e mi guardò. «E che adolescente saresti?».
«Una che è abbastanza matura da poter fare tutte quelle cose che anche i ventiduenni possono fare», dissi sicura. 
Heat sollevò le sopracciglia, divertito. «Riusciresti a stare ai miei ritmi?», scherzò.
«C'è da chiedersi se tu riusciresti a tenere i miei!», risposi prontamente. Di sicuro non mi ritenevo meno intelligente o meno matura di una persona con sei anni in più di me. 
Rise divertito. «La prima sbronza?», domandò. 
«Quindici anni», dissi prima di bere un sorso della mia coca cola. «Hai intenzione di farmi una seduta di speed-questions?», ridacchiai. 
«Era solo una domanda», scrollò le spalle. 
«E tu, invece? Quando ti sei ubriacato per la prima volta?».
«Quattordici», fece con un sorrisino sornione dipinto sulle labbra. 
«Wow». Scrollai le spalle, come a minimizzare tutto ciò. «Io a quattordici anni mi sono fatta la prima canna», risi scherzando. 
«Io ho sempre fatto parte di compagnie parecchio particolari», ribattè.
«Me ne sono accorta», scoppiai a ridere, accennando agli altri ragazzi del tavolo, al momento impegnati in un serio dibattito sulla netta superiorità della Coca Cola alla Pepsi. 
Lui scosse la testa ridendo. «Loro sono più amici di mio cugino, infatti sono tutti al suo livello di intelligenza, non vedi?».
Scoppiai a ridere a quella battuta. «Me ne ero accorta, in effetti», risi di nuovo.
«Eppure tu non sembri al livello di Harry. Di solito non si circonda di gente così intelligente», ridacchiò. «Stranamente però mi hanno detto che passate parecchio tempo insieme».
«Studiamo soltanto», risposi prontamente, ma a queste mie parole lui scoppiò in una sonora risata.
«Mio cugino? Che studia? Questa davvero è la scusa più divertente del secolo».

charlie's corner. 
fuuu non ci posso credere che ce l'ho fatta a postare! Queste settimane sono state tremende perché non avevo uno straccio di ispirazione, sono finita per scrivere tipo quattro righi al giorno e mi sono portata dietro questo capitolo per quanto? due settimane? Scusate per il ritardo IMMENSO! E anche per il capitolo un po' scarno e bruttino ma sono arrivata ad un punto che volevo finirlo solo per passare al prossimo, in pratica: questo non mi piace per niente. Comunque beh in questo capitolo torna il nostro Heattuccio (?) tanto amato. Sono stata tanto contenta di leggere che molte di voi amano Charlotte, addirittura qualcuno ha detto che la preferisce a Destiny! o: haha non mi aspettavo addirittura questo! Una di voi ha addirittura paragonato me a Destiny e Manuela a Charlotte! Sinceramente sono rimasta un po' così o.o haha io e Destiny non ci assomigliamo praticamente per niente, anzi siamo praticamente l'opposto. Cooomunque. Devo dire che in queste due settimane i lettori sono cresciuti a DISMISURA! Sono rimasta scioccata, ma sono contentissima *-------* non mi aspettavo tutto questo successo, davvero! Grazie mille a tutti quelli che seguono, recensiscono e preferiscono la storia. Vi amo tanto xxx
Oh, un'ultima cosa. Ho letto i primi due capitoli dello spin-off che Manuela sta scrivendo (posso dirlo? çç boh va beh ormai l'ho detto ahaha) e sono aoeijwjoijweoijw non ci sono altri aggettivi. Per cuuuuui quando Manuela posterà la ff alla quale sta lavorando VOGLIO TANTE RECENSIONI PER LEI CAPITO?! Mi raccomando, perché se ne merita anche di più di quante ne riceva questa fan fiction, perché scrive benissimo e.e tutte quelle che sono curiose di vedere come scrive resteranno piacevolmente sorprese dalla nostra Manu, che ci racconterà la storia di Charlotte e coluidicuinonpossorivelareilnome splendidamente. Detto questo, spero di aver risvegliato la vostra curiosità per cui stay tuned! v.v 
Un bacio, Charlie 

Le Minchiate di Zia Manuela.
Non potrei mai, MAI per nessuno motivo iniziare a scrivere queste note senza dirvi che : CHARLOTTE AMA TUTTE VOI.
Sono rimasta davvero davvero stupita dall'accoglienza che avete dato a questa ragazza perchè sinceramente, mi ero immaginata l'avreste odiata tutti immaginandola come una possibile rivale di Destiny. E invece sono rimasta letteralmente basita dal leggere che qualcuno la preferisce persino a Destiny HAHAH Non so se si è percepito, immagino di sì, ma sono PIACEVOLMENTE sorpresa *---* Perchè è un personaggio che come vi ho gia detto adoro, e in cui mi rispecchio anche per certi aspetti.
Quasi tutte voi vi meritate una risposta diretta qui, perchè le vostre recensioni per la mia Char sono state grandiose u.u
sheloveshazza E' acida sì, ma ti assicuro che ha i suoi motivi u__u ha tutta una storia alle spalle che se vorrete seguire, vedrete in un altro frangente. Però sono contenta che ti piaccia *ww*
jas_ Ci hai fatte morire tu hahaha giuro! In realtà sarebbe davvero fighissimo se fosse realmente così ma no, Destiny e Carla sono parecchio diverse e io in comune con Charlotte ho solo il sarcasmo e la stronzaggine HAHAHA Comunque grazie alla tua idea abbiamo deciso di nominare des e char i nostri alter ego u.u LOL
_gottabeyou_ Tranquilla rimani mia nipote! Anche perchè vedrai cosa succederà u.u <3
Jimmyprotestedx Charlotte ha conquistato tutti, ti prometto che conquisterò anche te u.u
letmeshine Sono contenta che Charlotte vi ricordi me, davvero mi lusinga HAHA peccato che io sia stronza e basta, non ho storie tragiche alle spalle a differenza sua e__e
comunque, sono contenta che ti piaccia l'idea della mia fanfiction  Se andrà veramente in porto sarò contenta di averti come lettrice.
 Ms_MartyReid samemistakes_ LoveCarrots non c'è nulla da dire voi amate la mia Char quindi siete fighe, stop.
paynesmile haha ciao, piacere bellezza! Sono contenta di farti ridere, credo che sia più o meno questo il mio scopo qua dentro TROLOL
Ma adesso basta, bisogna dire qualcosa sul nuovo capitolo!
E su Heat.
Premetto: Come avete potuto vedere Heat porta il volto di Joe Jonas E, non so che rapporto abbiate voi con lui o con i Jonas Brothers, ma loro sono una delle cose più importanti della mia vita. Ecco, immaginate che siano per me quello che sono i One Direction per voi haha Quindi come non amare quel personaggio? Non si puo' u.u Io adoro anche lui, di cuore, anche se non è un mio personaggio. e neanche di Carla in realtà ma questa è un'altra storia haha
Carla si è lamentata di questo capitolo e l'avrà fatto anche la sopra con voi (sciocca!) ma io lo trovo adorabile *w* è di stacco, e una pausa da Harry e Des ci voleva perchè credetemi ne dovrete vedere ancora tante tra quei due! La parte del cinema è carinissima, e i ragazzi sono fantastici. Credo siano i miei personaggi preferiti della fanfiction *-* Figoni! LOL Quindi il capitolo e bello. diteglielo anche voi e__e
Prima di liquidarvi, vi dico due parole che ritaglio egoisticamente per il mio progetto. Ma Carla è tanto buona che non mi ucciderà! Come vi avevo anticipato, ho gia cominciato a scrivere uno spin-off. E vi annuncio che i protagonisti saranno Charlatte e... rullo di tamburi... Heat! Gia propio loro due LOL sono indecisa sul pubblicare in realtà, perchè mi scoccerebbe lasciare a metà la fanfiction e io mi conosco molto bene, se non sono abbastanza motivata ad andare avanti, smetterei. Quindi chiedo a tutte voi se vi farebbe piacere leggere uno spin-off del genere, se insomma siete interessati ad approfondire la storia di Charlotte c: Ad ogni modo se mi gira prendo a pubblicare tra poco haha sono in constante sindrome mestruale del cambio idea io haha Bene Donne, vi lascio! Alla prossima continuate a seguirci! Zia Manuela vi Ama x

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** best timing ever. ***



 

 

Harry.
«E come mai, siamo appena tornati e già ti butti sui libri?», chiese mio padre sospettoso mentre tentavo di uscire furtivamente dalla porta, ma invano. Sospirai piano.
«Saai... ho molto da recuperare!», dissi scrollando le spalle ed uscii più in fretta possibile.
Eravamo tornati la sera precedente, e dopo essermi ripreso dal jet leg con un paio di ore di sonno in più, adesso avevo bisogno di stare un po' con la mia ragazza. Cioè, di "studiare". Avevo una borsa con i libri all'interno ma dubitavo che ci saremmo messi a studiare, quel pomeriggio. Più che altro si trattava di una sorta di arredo di scena, giusto per sentirmi meno in colpa e far credere ai miei che stavo seriamente andando a studiare.
Destiny, non appena aprì la porta di casa, si allargò in un enorme sorriso e si buttò letteralmente contro il mio petto. Contento della sua reazione, allargai le braccia e la strinsi a me. 
 «Ciao», mormorò con serenità sorridendomi non appena si fu staccata, come se non ci vedessimo da dieci minuti; in fondo ero stato via solo una settimana. Ma durante la permanenza a Parigi avevo sentito che c'era qualcosa che non andava, perché avrei preferito stare con lei. Come se... mi mancasse. Sì, un po' mi era mancata, ma forse non era proprio il caso di farglielo sapere.
 «Ehi», le risposi altrettanto sorridente, prima di scoccarle un bacio sulla guancia.
 «Sei stanco? Dovresti essere tornato solo qualche ora fa», domandò andandosi ad accomodare sul divano e mettendosi sulle ginocchia. Mi sedetti accanto a lei scrollai le spalle.  «Non moltissimo. Un po', in effetti, ma ho dormito qualche ora», spiegai. 
 «Mhm, capisco». Destiny si posizionò dietro di me, sedendosi sullo schienale del divano, e cominciò a massaggiarmi le spalle.  «Devi essere comunque stanco», disse convinta, appena prima di lasciarmi un bacio sul collo. Per un attimo avvertii un leggero brivido nel punto in cui appoggiò le labbra; mi guardai intorno un po' spaesato, come alla ricerca di qualche finestra aperta, ma una parte di me sapeva già che una reazione simile non era dovuta ad uno spiffero. Sospirai, un po' confuso. 
«Fatto niente di interessante?», chiese mentre continuava a massaggiare lentamente la zona tra il collo e la spalla. Appoggiai rilassato la testa tra le sue gambe e chiusi gli occhi per un attimo.  
«No, sono state le solite cose. Ronnie voleva portarsi via mezza Parigi», sorrisi leggermente ancora ad occhi chiusi ricordando mia sorella alle prese con i commessi dei negozi più eleganti della città, mentre cercava di scegliere se era meglio prendere una cintura o una sciarpa Louis Vuitton. Per certi versi era a dir poco un'adulta: la sua ossessione per i negozi era risaputa, e sapevo mi avrebbe fatto passare un pomeriggio infernale, poiché ricordavo ancora quel terribile Natale passato a Milano; dovevo prendere un appunto, mai portarla nelle città della moda in vacanza. Questi discorsi mi fecero ritornare alla mente un'altra cosa: mi allungai verso la mia borsa per tirarne fuori un pacchettino Chanel. 
«Ehi, ti ho preso una cosa», le dissi con un sorriso, porgendoglielo. Lei lo guardò per un attimo con un'espressione mista tra lo stupore e la trepidazione. 
«Non dovevi! Grazie mille», mi sorrise, prima di prendere a spacchettarlo.
Scrollai le spalle. «Mi andava di farlo», spiegai. La verità era che, mentre Ronnie faceva su e giù nel palazzo di Chanel, non appena avevo visto quel foulard con i toni dell'azzurro, avevo subito pensato a lei, e a come quel colore le sarebbe stato bene addosso; per cui non c'avevo pensato due volte e l'avevo preso. Non ero mai stato il tipo di persona che pensa alle conseguenze o esamina ogni aspetto delle proprie azioni, non mi sarebbe mai passato per la testa che forse regalare un foulard Chanel alla mia ragazza di appena un mese era forse qualcosa di troppo pretenzioso, ma l'avevo fatto e basta, come tutto ciò che mi riguardava dopo tutto. 
 «E' bellissimo», concluse lei ammirando il foulard e facendo passare delicatamente le sue dita sulla seta. Allargai un sorriso, prima che questo fosse coperto dalle sue labbra, che mi lasciarono un tenero bacio a stampo. 
«E tu, che hai fatto in questi giorni?», chiesi incuriosito. 
«Assolutamente niente», ridacchiò, «ho studiato un po', ma davvero pochissimo. L'unica cosa eccitante che ho fatto è stata accompagnare mio fratello ad un servizio di Ralph Lauren». Annuii sorridendo. Destiny mi aveva parlato altre volte del lavoro un po' inusuale di suo fratello, che faceva il modello per varie marche d'abbigliamento.
Tornai a guardare di fronte a me, mentre lei da dietro prese distrattamente ad accarezzare i miei capelli, attoricigliando le dita con i ricci. Lo faceva spesso, avevo notato: era come una sorta di anti-stress, diceva la verità quando mi aveva confessato che i ricci erano quasi un'ossessione per lei. Appoggiai la testa alla sua gamba, fissando il vuoto di fronte a me. «Penso che mio padre cominci a sospettare qualcosa», annunciai di punto in bianco. 
«Cosa? Perché?», fece subito lei, allarmata. 
«Forse è sospettoso per il fatto che studi così spesso», spiegai, «in effetti non è una buona scusa», arricciai leggermente le labbra. Sia io che lei - ma soprattutto io - sin dall'inzio sapevamo che la scusa dello studio non si reggeva in piedi: lei era una brava studentessa, ma io ero a dir poco pessimo e non era certo possibile che da un totale disinteresse per la scuola passassi a quest'amore quasi ossessivo per i libri. Da un occhio esterno doveva sembrare tutto molto strano. Ma quando mai io mi ero preoccupato di guardare le cose da un'altra prospettiva?
«Pensi che non ci lascerebbe più frequentare? Insomma, studiamo lo stesso», Destiny scrollò le spalle, «forse siamo solo più facilmente distraibili», rise leggermente. 
«Non lo so... Tu non lo conosci. Spesso è tremendamente esagerato. Non mi va che venga a sapere di questa cosa adesso», spiegai. 
«Non capisco cosa c'è di male, però. Stiamo insieme, non stiamo mica progettando un attentato al presidente!», sdrammatizzò. 
Risi insieme a lei e mi voltai per guardarla negli occhi. «Già, ma per lui questa cosa potrebbe rappresentare un crimine bello e buono», scherzai, afferrandola per il polso e tirandola giù sul divano. Mi sdraiai su di esso e lei si posizionò esattamente sopra di me, quasi a leggermi nel pensiero. «Aspetteremo ancora un po' prima di dirlo agli altri. Non c'è fretta, no? Intanto possiamo stare insieme quanto vogliamo», le feci l'occhiolino e le diedi un altro bacio a stampo. 
Destiny appoggiò le mani sul mio petto e si fece leva per allontanarsi di qualche centimetro, in modo da guardrmi meglio in viso: «D'accordo, aspetteremo. Sperando che non succeda niente nel frattempo», convenne lei con un sospiro, dopo averci riflettuto qualche istante. 
Le sorrisi e appoggiai le mani sulla sua schiena, per poi attirarla delicatamente di nuovo verso di me; questa volta feci in modo che le nostre labbra si incontrassero e, per la prima volta dopo una settimana, intrufolai la mia lingua nella sua bocca in modo da scambiarci un bacio vero. 
Sarebbe quasi impossibile descrivere tutte le sensazioni che s'impossessavano di me quando quella piccoletta dagli occhi vispi stava a meno di dieci centimetri di me, figurarsi quando le nostre lingue si rincorrevano in una danza passionale come quella. E mentre lei - come volevasi dimostrare - giocava con i miei capelli, io facevo scorrere con delicatezza le mie mani sulla sua schiena, dal basso verso l'alto e viceversa. 
«Mi è finito il latte», una voce nuova irruppe prepotente nella stanza. «Non ti dispiace vero se...», questa si affievolì mentre parlava, e in quell'esatto istante sia io che Destiny ci accorgemmo di essere in una posizione non esattamente composta, e che stavamo continuando beatamente a limonare sotto gli occhi del nuovo arrivato. Destiny si staccò e si sedette sul divano con uno sbuffo; io feci lo stesso e mi voltai verso il ragazzo biondo che ci fissava con un'aria divertita ed un sopracciglio sollevato. Giocherellava con le chiavi di casa che aveva in mano e guardava prima me e poi Destiny, e viceversa, con un sorriso malizioso dipinto sul volto. Molto probabilmente era suo fratello Jason, supposi. 
«Ciao», dissi annuendo con calma. Non ero imbarazzato, ma più che altro infastidito dall'arrivo del ragazzo. 
«Il fatto che tu abbia le chiavi non ti autorizza ad entrare quando ti pare», sbuffò Destiny e roteò gli occhi. «Jason Harry, Harry Jason», fece molto velocemente le presentazioni e incrociò le braccia al petto, con aria irritata. 
Jason si avvicinò con un'espressione divertita e mi tese una mano. «Piacere», disse con aria amichevole.
«Piacere», annuii stringendogli la mano, prima che lui si rivolgesse di nuovo a Destiny.
«Mamma ha esplicitamente detto di non portare ragazzi a casa la sera. Anzi, di non portarne proprio direi», rise e bloccò la protesta di Destiny sul nascere. «Tranquilla, non le dirò niente».
«In teoria io sarei autorizzato a venire qui», ribattei con aria saccente e sorridendogli sereno.
Lui annuì lentamente. «Già, Des mi ha raccontato dell'intreccio "non diciamolo ai genitori" in stile Romeo e Giulietta», rise Jason divertito guardandoci. Sollevai un sopracciglio, pensieroso. Non l'avevo mai vista secondo quell'ottica, ed era una visione che tra l'altro non mi piaceva per niente. Primo, perché non ero mai stato un tipo romantico e sicuramente mai lo sarei stato; secondo, la mia storia con Destiny non era poi così "travagliata" e sicuramente non avevamo certi ostacoli. C'era solo qualche problema di percorso, ma non sarei mai arrivato ad uccidermi per una ragazza, Destiny o no che fosse. «Allora, che facevate di interessante?», disse poi il biondo avvicinandosi a noi per poi sedersi sul bracciolo del divano, mentre ci guardava con fare sarcastico. 
«Stavo controllando se aveva le carie, ovviamente», rispose prontamente Destiny con fare ironico, piegando di poco la testa. 
Sollevai un angolo della bocca per poi distendermi in un sorriso malizioso. «Tu hai i denti a posto», dissi sarcasticamente. 
Jason mi guardò attentamente per qualche istante, prima di parlare nuovamente. «Se ti ci vuoi solo divertire non ti conviene cominciarla questa cosa», fece un po' più serio, specchiandosi nei miei occhi.
Sostenni il suo sguardo con naturalezza e calma, ma mi feci più serio. «Non ne ho nessuna intenzione», dissi semplicemente, del tutto sincero. 
A quel punto Destiny sbuffò più forte, si alzò dal divano e sparì in cucina; ritornò con un cartone di latte e lo mise tra le mani del fratello, che poi spinse fino alla porta di ingresso con poca delicatezza. «Grazie mille per la visita e arrivederci Jason», e sbuffò di nuovo quand'ebbe chiuso la porta. «Certo che i nostri parenti hanno il miglior tempismo di sempre», disse guardandomi.

harry's corner.

Yo, buonasera bellezze! Come butta? 
V'è piaciuto il capitolo? A me sinceramente non tanto. Cazzo è sta cosa che ogni volta che io e la mia ragazza proviamo a limonare irrompe qualcuno nella stanza? e.e mi sono rotto, cavolo! Basically però alla fine ho dovuto lasciarlo pubblicare a carla: mi ha messo alle strette, l'ha dovuto riscrivere circa tre volte... vabbè chi se ne frega, tanto è lei che sgobba! LOOL. 
Ehi ehi, poi cos'è questa storia che io e quella snobbona di Charlotte dovremmo stare insieme? Cioè, vi rendete conto delle minchiate che sparate, gente? e.e Io? Con quella tizia? Ma non la vorrei re-incontrare neppure sul campo da wrestling quella, figurarsi farci una scappatella. Poi, sono fedele, io! *coff coff* Insomma, in ogni caso con quella non ci starei. UNDERSTOOD PEOPLE? Bene.  
E poi gente, ho visto che c'era qualcuno di voi non ricordava che Heat era mio cugino. Sveeeeglia belle addormentate, decimo capitolo, tutto dedicato a lui e me e.e cosa fate, leggete 'sta fanfiction un capitolo sì e l'altro no? Oppure ne leggete uno e scordate quello precedente? No, per capire. u.ù Scherzo comunque, sì, Heattuccio è mio cugino, e il suo fantastico nome di mmmerda lo deve a me <3 Se volete leggere la sua storia e quella di Charlotte, comunque, Destiny vi darà il link dello spin off scritto da Manuela e.e MI RACCOMANDO EH!
Un massive thank you a tutte voi che recensite, seguite, preferite e pappardelle varie. 
You're the best in the world! 
Adesso vi lascio che m'è venuta fame.
Harry. 


 
Destiny's Corner.
Cosa ci faccio qui...
Ah gia. Devo scrivere delle note per il capitolo. Così mi hanno detto.
E' bene che voi sappiate che Carla e Manuela mi hanno minacciata di morte dicendo che se non facevo questa cosa mi mandavano a casa qualche mangiamorte o all'imite uno due dissennatori.
* Pare che Carla abbia conoscenze ad Hoghworths ma Shh io non vi ho detto niente*
Bene che dire, come vi è sembrato questo capitolo?
Ciò che prime dire a me è questo : PER LIMONARE IN SANTA PACE IO ED HARRY DOBBIAMO TRASFERIRCI A TIMBUCTù?
No, fatemi capire. Voi con i vostri ragazzi fate così? c'è un/a fratello/sorella fastidioso/a che ha la tempistica di Ronnie e Jason? Perchè se è così siete messi malaccio miei cari.
Ho pensato che quest'estate quando me ne andrò in vacanza con mamma papà e Jason, lo buttero giu dall'aereo senza paracadute quando voleremo sopra il territorio amazzonico. Sapete dove ci sono i cannibali con le lance? ecco propio li!
Parlo di aerei perchè io sono particolarmente diabolica e mio fratello soffre di vertigini LOL
Ma tornando al capitolo... Carla è splendida come sempre, però ti scongiuro autrice, me lo lasci un attimo col mio ragazzo in santa pace? Fai presto tu a scrivere!
Bah comunque me lo dite chi cazzo è questa Charlotte? Ne parlano tutti... io sinceramente non so chi sia! ... DOVETE DIRMI QUALCOSA? EH? NON è CHE HO UN PALCO DI CORNA LA DIETRO?
attenti... siete tutti testimoni e se non mi dite niente l'ira funesta di Destiny (che è peggiore di quella di Achille) si scatenerà su di voi. E altro che lutti agli Achei, Io lancio Maledizioni su tutta Efp! Bene, me ne vado e___e Addio ragazzuoli. Love ya all xoxo Desy.
 
PS. RAGAZZI, ZIA MANUELA HA COMINCIATO A PUBBLICARE IL SUO SPIN-OFF!
www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=989076&i=1 ecco qua il link. La conosco Manuela, e adorerebbe se la lasciaste una recensione! Distribuirebbe caramelle a tutti quelli che leggono e recensiscono u.u Tra l'altro giuro che si sta impegnando quindi dai correte a leggere :'D

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** you know i like to play hard. ***



Destiny. 

«Minchia Harry, è una provetta, non stai versando i cereali nel latte. Porca miseria, vuoi fare un po' di attenzione?», sbottai esasperata sfilando il contenitore di vetro dalle mani del riccio, per poi versare qualche qualche goccia del suo contenuto all'interno di un'altra ampolla di vetro.
Harry incrociò le braccia al petto e sbuffò, seguendo apparentemente attento i miei movimenti. «Vedo che la tua finezza è andata a farsi un bel giretto», scherzò mentre tamburellava con le dita a tempo sul bancone sul quale lavoravamo.
Gli scoccai un'occhiataccia, mentre mescolavo il contenuto liquido dell'ampolla. «Senti chi parla. “Cazzo, sono in ritardo! Porca puttana, dove ho messo le chiavi della macchina? Merda, sono ancora in punizione!”», dissi in una perfetta imitazione della sua voce, e alla vista della sua espressione contrariata gli feci una linguaccia.
«Touchè», sbuffò incrociando le braccia al petto e appoggiandosi con i fianchi al bancone, con aria del tutto rilassata. Harry era il numero uno degli sfaticati: quando c'era qualcosa da fare trovava sempre il modo di togliersi il peso dalle spalle e lasciar fare a qualcun altro. E anche durante l'ora di chimica a scuola pretendeva che facessi tutto io: per quanto potessi costringerlo a lavorare, però, faceva in modo di far male anche la cosa più banale, così che potessi sostituirlo anche in quella.
«Styles, Miller! Poche chiacchiere e più lavoro. Dovete costringermi a separarvi?» la voce del professore si fece più vicina, fino a quando non raggiunse il nostro bancone, e osservava interessato il miscuglio quasi del tutto omogeneo che stavo miscelando.
«Certo che no, professore», rispose con prontezza Harry, annuendo sistematicamente e assumendo uno dei suoi sorrisi più falsi che avessi mai visto. Mi sforzai di non scoppiare a ridere; la cosa strana però era che, ogni qual volta sfoderava quella sua espressione da angioletto, qualsiasi adulto ci cascava come da copione.
L'uomo si accarezzò accuratamente il mento osservando il liquido dentro al contenitore, poi sollevò lo sguardo verso di me. «Molto bene, continuate così», disse prima di voltarsi verso il mio compagno di laboratorio. «Harry, perché sta facendo tutto la tua compagnia? Sai benissimo che per avere una sufficienza non puoi stare con le mani in mano», lo intimò con un tono di rimprovero.
«Vede professore», fece lui prontamente con un'aria un po' irritata, «io vorrei davvero lavorare, se non fosse che qualcuno qui ha certe manie di protagonismo», e qui mi scoccò un'occhiataccia eloquente.
Il prof si voltò verso di me, sollevato un sopracciglio e assunta un'aria di rimprovero. «Destiny, fai lavorare il tuo compagno. So che non sarà proficuo per il vostro voto, vista la sua incapacità, ma ha il diritto di lavorare. Non mi piacciono questi atteggiamenti, sai», mi rimproverò.
Sollevai entrambe le sopracciglia e spalancai la bocca «Cosa? No, ma guardi che-»
«Non importa! Voglio vedervi lavorare insieme, chiaro?», alzò leggermente la voce e sbuffò, prima di allontanarsi a grandi passi verso un'altra coppia nella stanza.
Bloccai l'irritante risatina di Harry scagliandogli un pugno sul braccio, al quale non riuscì a scansarsi. «Ahi, mi hai fatto male!», lamentò strofinandosi con la mano sul punto che avevo colpito.
«Sei uno stronzo», dissi scocciata guardandolo male.
«Tanto amore», rise divertito sfilandomi dalle mani il mestolo di vetro e la provetta. «Allora, cos'è questa roba e cosa dobbiamo fare?», disse deciso facendo un passo indietro e guardando attentamente il liquido che aveva cominciato a prendere il colore rossastro che ci aveva indicato il professore.
Sospirai, sfilandogli a mia volta la provetta dalle mani. «Dobbiamo “effettuare la separazione dell'elemento indicato attraverso la pratica della cromatografia su colonna, individuando l'opportuno eluente”», lessi il titolo dell'esercizio che ci aveva assegnato il professore.
Storse leggermente il naso. «In poche parole?».
«In poche parole dobbiamo mettere un po' di liquidi qua dentro e aspettare. Il resto dovrebbe farlo da sé», spiegai un po' distratta dal contenuto dell'ampolla a forma di goccia che stava sospesa sul nostro tavolo.
«Ah! E potevi dirlo prima!», continuò a tamburellare con le dita sul tavolo guardando indagatore tra le varie provette. «Quali dobbiamo mettere lì dentro?».
«Questa e questa. Poi aggiungiamo un bel po' di questo e abbiamo finito», dissi, indicando con le dita le varie boccette contenenti le sostanze che avremmo dovuto aggiungere al nostro miscuglio.
«E queste no?», domandò Harry indicando una serie di altri contenitori che io avevo ignorato.
Scossi la testa. «Quelle sono lì solo per confonderci», spiegai, poi gli indicai con un cenno della testa una boccetta. «Prendi quella e versane qualche goccio nell'ampolla», ordinai. Lui ubbidì. Una decina di minuti più tardi, dopo aver aggiunto gli altri liquidi e aver mescolato per bene, ottenemmo il composto dal colorito violaceo che si richiedeva per la parte finale.
«Direi che abbiamo finito!», dissi in tono trionfale.
Prima che potessi fermarlo, Harry svitò la vite che teneva l'ampolla sospesa sul tavolo e la sfilò dall'appoggio, sventolandola in aria come un trofeo. «E adesso che cosa dovrebbe succedere, scusa?», domandò interessato fissando il liquido violaceo da vicino.
«Harry, mettila a posto», lo avvertii severamente cercando di prendere il contenitore dalle sue mani, ma lo teneva ben alto al di fuori dalla mia portata, dal suo metro e ottanta di altezza.
«Voglio solo guardare che cosa succede qua dentro!», replicò lui innocentemente brandendo l'ampolla da una parte all'altra, facendo zampillare il liquido al suo interno.
Lo inseguii allungando le mani cercando di afferrare il nostro compito. «Non succederà proprio un bel niente se non lo posi. E' molto importante che sia fermo perch-attento!».
Proprio in quell'istante, mentre lui si allontanava da me, andò a sbattere di spalle con un nostro compagno, e successe proprio ciò che avevo predetto nella mia testa.
Crash.

«Non posso credere che hai rovinato il nostro compito!», sbuffai stancamente posizionando con forza una bottiglietta d'acqua sul mio vassoio. Ero una furia. Non solo aveva rovinato la nostra A assicurata, ma aveva anche fatto guadagnare ad entrami una punizione per aver distrutto l'apparecchiatura scolastica. E dopo tutto ciò ero parecchio sorpresa da me stessa, perché non gli avevo torto neanche un capello, reprimendo il costante desiderio di picchiarlo a sangue.
«Sai, quel foulard che ti ho regalato ti sta splendidamente», fece con aria innocente alludendo all'oggetto di seta che avevo intorno al collo.
«Non parlarmi», mormorai viperamente mentre scorrevamo col vassoio fino alla cassa della mensa. Feci per prendere il portafoglio, ma non ebbi neanche il tempo di aprire la borsa che Harry stava già allungando due banconote alla signora della mensa, con un gran sorriso dipinto sul volto.
«Sappi che pagarmi il pranzo non ti farà rientrare nelle mie grazie», dichiarai acida sedendomi al nostro solito tavolo, tra lui e Crystal.
Ormai era diventato abituale sederci allo stesso tavolo, sia i suoi amici che i miei: o meglio, Crystal. C'era anche Sarah al tavolo, ma non l'avevo mai considerata neanche una conoscente, figurarsi un'amica: e poi lei passava metà del suo tempo a parlare con la sua migliore amica Lucy, che per un fattore di comodità descriveremo come un'infante di cinque anni intrappolata nel corpo di una diciassettenne. L'altra metà del suo tempo Sarah lo passava, assieme alla sua amichetta, a flirtare con il mio ragazzo. C'è davvero bisogno che commenti?
«Destiny, ti hanno ucciso il gatto o cosa?», domandò sarcastico Louis scrutando con aria interessata la mia espressione.
Ignorai la sua domanda e occupai la bocca con un boccone di arrosto, – sì, quello che sapeva di plastica: scoprii presto che era il pasto migliore che la mensa della scuola potesse offrire – poi mi voltai verso Crystal, chiacchierando con fare disinteressato sull'andamento della giornata.  
«Diciamo più che altro che le ho ucciso la media in chimica», spiegò con tranquillità il riccio, appoggiando il braccio sullo schienale della mia sedia.
«Oh oh!», mormorò Niall prima di scoppiare in una delle sue risate, che stavolta non trascinò anche me.
«Se fossi in te non sarei così tranquillo. Ha tutta l'aria di volerti prendere a pugni da un momento all'altro», fece notare divertito Liam, mentre osservava la mia espressione.
Ben detto.
Harry rise rilassato, mentre io ed il coltello lottavamo contro l'arrosto intagliabile. «Puoi sempre fare coppia con me a chimica, Harry. Non mi arrabbio se mi fai prendere un brutto voto», s'intromise Lucy sfoderando un sorriso assolutamente rivoltante.
Nell'atto di fulminarla con lo sguardo fui colta da Crystal, che mi diede una gomitata amichevole, come a voler dire “lo so che ti piace Styles, è solo questione di tempo”. Ormai avevo imparato a leggerle nella mente e attraverso gesti come quelli: era quasi incredibile come fossi riuscita a conoscere una persona così bene in così poco tempo; come Harry, del resto.
«Non ce l'ho per il voto», ribattei lanciando un'occhiataccia al riccio che mi stava accanto, «ma perché questo pomeriggio sarò confinata qui a scuola in punizione per colpa di un idiota che non sa neanche tenere in mano una provetta».  
Si scatenò una serie di risate generali. «Almeno staremo un po' insieme, non sei contenta?», mi sussurrò all'orecchio perché gli altri non sentissero.
«No, per niente», annunciai e gli feci una smorfia.

«Andiaamo, non dirmi che ce l'hai ancora con me». Harry mi camminava a fianco mantenendo il mio passo e cercando al contempo di catturare il mio sguardo. Non che ce l'avessi davvero con lui così tanto da non parlargli: ma diciamoci la verità, era bello stuzzicarlo. Nella mia mente l'avevo perdonato già da un pezzo, ma c'era un che di incredibilmente soddisfacente nel vederlo pregarmi, quando era lui stesso il primo a sostenere fermamente che “Harry Styles non pregava nessuno, mai”.
«Scordatelo Styles», dissi fingendo un tono freddo, ma in men che non si dica mi ritrovai con le spalle contro gli armadietti e il suo viso a pochi centimetri dal mio.
«Sei una pessima bugiarda, Miller», soffiò sulle mie labbra con fare provocante, ed uno dei suoi sorrisini trionfanti dipinto sulle labbra. Le sue mani erano saldamente ancorate agli armadietti ai lati della mia nuca e non avevo modo di liberarmi dalla sua "gabbia".
«Harry, lasciami andare. Ci può vedere qualcu-»
«Non c'è nessuno, sono andati via tutti. E io non ti lascio andare fino a che non dirai che mi hai perdonato», ridacchiò assaporando la sua vittoria già prescritta.
Sospirai. Anch'io sapevo che non c'era più molto da fare, ma non demordevo certo così. «Beh allora possiamo stare qui anche tutto il giorno, non ho intenzione di perdonarti», affermai con un cenno secco della testa in modo da mostrarmi determinata. Anni di battaglia di “a chi ride prima” con mio fratello mi avevano insegnato che la convinzione è la chiave per il successo in certe occasioni. Ma sembrava che, ogni volta che il suo sguardo color smeraldo si faceva troppo vicino, tutta la mia convinzione evaporasse tutto ad un tratto, e proprio sul più bello. Allora quando pronunciai quelle parole lui sollevò un sopracciglio e si avvicinò lentamente, prima di tracciare la linea della mia mandibola con la punta del naso, con estrema delicatezza. A quel punto mi si mozzò il fiato.
«Sei proprio sicura di non volerci ripensare?», ripetè in un tono più basso e provocante.
«Sicurissima», mormorai cercando la stessa spavalderia di prima, che però si trasformò in un'affermazione poco convinta.
Fu quando cominciò a lasciarmi una serie di lievi baci sul collo che persi del tutto la cognizione di tempo e spazio, abbandonandomi completamente al suo dolce tocco. Harry sorrise sotto i baffi, probabilmente beandosi della capacità di ridurmi in un tale stato. «E'... è scorretto però», mormorai appoggiando la testa agli armadietti dietro di me.
«Probabilmente», ammise divertito, mentre attraverso una scia di baci risaliva su per il mio collo, fino ad arrivare alle labbra. «ma sai che mi piace giocare sporco», mormorò ancora una volta contro di esse, prima di dischiuderle e catturare la mia lingua in un bacio passionale.
Come mio solito lasciai scivolare le mani tra i suoi ricci e presi a giocherellare con quelli, mentre continuavo a baciarlo con sempre più coinvolgimento; stanca di essere ancora io quella con le spalle al muro, colsi un momento di sua distrazione per ribaltare la situazione e sbattere al muro lui, con poca grazia aggiungerei. Nonostante ciò lui sembrò apprezzare, e mi prese per i fianchi in modo da attirarmi ancora più a sé.
In certi momenti sarebbe anche potuta arrivare la banda bassotti vestita da clown a fare giochi pirotecnici, non me ne sarebbe importato più di tanto. Fu proprio per questo che quando la porta del corridoio si spalancò noi non ci facemmo tanto caso, ma i nostri cervelli registrarono il rumore e decisero di darci l'allarme solo qualche secondo più tardi, quando già una ragazza stava ferma in mezzo al corridoio con gli occhi strabuzzati e la bocca a forma di una gigantesca “O”. Sia io che Harry sobbalzammo sorpresi alla vista di Lucy, che dopo quella visione non sembrava certo raggiante; anzi. Non saprei descrivere la sua espressione dettagliatamente, perché non ebbi neanche il tempo di guardarla in faccia che già era scappata via in fretta e in furia, esattamente com'era arrivata.
«Io te l'avevo detto», sbuffai in faccia a Harry, che aveva ancora un sopracciglio sollevato e guardava in direzione della porta.
Spostò lo sguardo verso di me e si lasciò andare in una risata controllata. «Non è niente», disse con tranquillità. «Almeno mi hai perdonato?», domandò ammiccante.
«Mhm, direi di sì», mi allargai in un sorriso e mi allungai sulle punte per lasciargli un bacio sulla guancia.


charlie's corner.
buonasera amichetti miei! stavolta non ho da scusarmi perché penso di stare postando in tempo, o comunque prima rispetto a quanto vi ho fatto aspettare con gli altri capitoli o: eh beh, come ha giustamente detto una di voi - perdonatemi se non ricordo chi çç - questi capitoli sono un po' di passaggio, ma vi prometto che qualcosa di importante capiterà entro i prossimi cinque capitoli (?) eh lo so, i miei tempi sono un po' prolungati rispetto alle altre fanfiction, il fatto è che c'è così tanto da dire, e così poco spazio! al contrario di come dice la mia prof, non mi pare proprio di possedere il dono della sintesi in questi casi, ma okay io ci provo lo stesso. Anyway, occhio a Lucy eh! potrebbe essere meno innocua di quanto sembra, vi sto avvertendo. Personalmente credo sia il personaggio che odio di più, anche più di Sarah, anche perché si tratta di una vendetta personale e___e (ehm ehm, forse questo non avrei dovuto dirlo) Vabbeh, io e Manuela sappiamo di che parliamo!
In questo capitolo direi che si comincia a vedere un po' il rapporto di odio-amore di Destiny ed Harry, anche se per adesso è solo un accenno, ne avremo una visione più ampia e approfondita nei prossimi capitoli! Dunque, dovevo dirvi altro? Non credo.
Ringrazio tutti quelli che seguono, recensiscono e preferisco *-* Ho pensato ad una cosa! Visto che siamo vicini ai 100 preferiti, magari appena arriviamo ai 100 vi posto un bel capitolo luuuuungo luuuuungo, cioè tipo due capitoli in uno (?) Ho qualcosa in mente. So come on babies!

E SOPRATTUTTO. CORRETE A LEGGERE LA FANFICTION DI MANUELA E RECENSITELA, INSERITELA NELLE SEGUITE O NELLE PREFERITE PERCHE' VI STACCO LA TESTA!
Vi giuro è bellissima e merita molte più recensioni e persone che seguono ç__ç please!
ps. non posterò il prossimo capitolo se la fanfiction di manu non riceverà almeno 10 recensioni. mi dispiace per la dittatura ma se lo merita troppo! c:
Charlie



Le Minchiate di Zia Manuela.
Buonasera mie benamate Consanguinee. (Si scrive con la doppia E? Boh) Inizio dicendovi che, dato Che avete bellamente ignorato il mio spin-off Sto pensando di modificare il mio testamento, in cui avevo lasciato tutto alle mie nipotine. Mie eredi sarano soltanto le tre che mi hanno cagata u.u haha okay scherzo, cazzate, comunque mi spiace che abbia avuto così poco successo ma va beh capita c: vedrò che farne LOL ( Vi rilascio il link sperando non sia completamente inutle e__e http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=989076&i=1 venite a cagarmi ç_ç)
Bene parliamo di cose di granlunga più interessanti e serie.
Intanto sono contenta che vi siano piaciute le note scritte da Harry e Desy *w* Carla mi ha proposto questa cosa e l'ho trovata una figata assurda! E' piaciuto tanto anche a me scriverle c:
Altra cosa, Il fratello di Destiny è sempre uno dei miei personaggi (Si, sono madre di molti figli) E sinceramente non ricordo se qualcuno vi ha gia informato del fatto che il suo volto è Alex Pettyfer. Ora potete tranquillamente capire perchè fa il modello! haha quel ragazzo è troppo in tutti i sensi. Divento ninfomale solo a nominarlo MAAAA... commentiamo questo capitolo. Inanzitutto proviene completamente dalla mente di Carla, questo non è frutto di una ruolata u.u Personalmente ho amato alla follia l'ultima parte, cioè dito che i Derry sono fantastici!
Devo dire che Harry è stato particolarmente stronzo in questo capitolo ma mi è piaciuto un sacco! D'altronde il personaggio ormai lo conosciamo bene e possiamo aspettarci di tutto da lui!
Ma questa Lucy? Non so più se mi alloggia più su i coglioni lei o Sarah a questo punto! haha
Ad ogni modo conoscendo Destiny, Harry dovrebbe stare molto attento perchè dopo averle rotto l'ampolla la sua vendetta potrebbe essere di gran lunga superiore all'offesa, come rompergli la testa! Ma stavolta non la fa cadere, la sbatte contro un muro tanto forte che vediamo cosa ne esce HAHA no scherzo, Destiny ha un bel caratterino ma non è violenta. A meno che non la interrompano ancora mentre Limona con Harry. In quel caso, vedrete che farà un genocidio di Parenti.
Bene dette queste cose aggiungo come al solito i miei personali complimenti perchè il capitolo come sempre è scritto benissimo, è chiaro, scorrevole e divertente. Ma non mi aspetto mai il contrario da un'autrice brava come Carla <3
Vi abbandono adesso, nipotine! Alla prossima, Zia Manuela vi ama x


Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** me? apologizing? never ever. ***


 

TU che stai leggendo questa fanfiction.
Se non sei ancora passato dallo spin-off di Manuela,

fallo ora.


Destiny.

«Per la prossima volta voglio un lavoro scritto sulla produzione Shakespeariana». La voce flebile della professoressa White tentava invano di sovrastare quella trillante della campanella che segnava la fine dell'ora, ma sfortunatamente per noi la prof si accinse a scrivere i compiti alla lavagna, così che non ci fu più scampo. Sbuffai annoiata mentre raccattavo i libri dal banco; la scuola stava diventando sempre più noiosa, e le lezioni sempre più estenuanti: un po' perché erano appena finite le vacanze natalizie, un po' perché forse non avevo mai avuto tanta voglia di studiare, ma in quel periodo avrei comodamente trovato più appetibile una scalata a piedi nudi sull'Everest piuttosto che un compito come quello che aveva appena assegnato la White.
Cominciavo seriamente ad odiare sempre più le lezioni giornaliere; a parte chimica, per ovvi motivi. Ad eccezione di quando qualcuno distruggeva con le sue mani di ricotta i miei sogni di gloria. 
Scaraventai con poca cura i libri di inglese nell'armadietto, e nel prendere quelli della materia successiva mi accorsi di uno strano foglio rosa shocking mal piegato in un angolo. Mi ci volle meno di un secondo per realizzare che non apparteneva a me. Primo, detestavo il rosa shocking; secondo, detestavo il rosa shocking
Forse è un volantino per il ballo, pensai tra me e me. Rapita dalla curiosità improvvisa allungai una mano ed aprii quel foglio da Barbie. Con mia enorme sorpresa non si trattava di nessun invito al ballo scolastico, e non era nemmeno un buono per il budino della mensa. Nel complesso, invece, sembrava proprio una di quelle lettere di minacce che si vedono nei film, con le lettere ritagliate prese dai giornali e tutto; oltre questo, non aveva alcuna firma.
 
“So ChE CoSa sTaI fAcEnDo CoN hArRy S. tU nOn SeI aLlA sUa AlTeZzA, pErCiÒ sMeTtI dI ImPoRtUnArLo. AlTrImEnTi TuTtA lA sCuOlA lO sApRà”.
 
La lettera qui seguitava con una scritta a mano, evidentemente il mittente si era stufato a ritagliare:
 
“Non ho intenzione di rivelarti chi sono, ma tu lascia in pace Harry S. e smetterò di darti fastidio”. 
 
A quel punto l'intero corridoio era voltato verso di me, tutti sorpresa dalla mia risata così alta e fragorosa. «Che avete da guardare?», dissi verso di loro, allargando le braccia. «Ho appena letto una barzelletta», sventolai una mano, senza però riuscire a far scomparire quel sorrisino che mi era comparso sul volto. 
«Che barzelletta?», la testa bionda di Niall spuntò dal nulla e si sporse verso il foglietto che ancora tenevo in mano, e che feci in tempo a nascondere contro il mio petto.
«Cosa? Nessuna barzelletta», biascicai mordendomi un po' nervosamente il labbro inferiore. Non ero mai stata brava a mentire. 
Il biondino mi guardò sorpreso e sollevò un sopracciglio. «Ma come, hai appena detto...»
«Niente, non ho detto niente», gli scompigliai scherzosamente i capelli impedendogli di parlare ancora. «Devo scappare, ci vediamo a pranzo», dissi di fretta e mi allontanai verso l'aula di spagnolo, piegando in quattro quella srana lettera e infilandola in tasca. Purtroppo però non riuscii a deporvi anche i pensieri che portava: non che ne fossi preoccupata, anzi. Ero divertita, il genere di divertimento che mi aveva fatto scoppiare a ridere di punto in bianco nel bel mezzo del silenzio della lezione – cosa che mi aveva fatto guadagnare gli sguardi poco amichevoli della prof e del resto della classe. 
Ma non riuscivo davvero a venirne a capo. Quanto poteva essere stupida Lucy, da uno a dieci? Forse centomila. Non l'avevo mai reputata molto sveglia e avevo sempre pensato fosse a dir poco infantile, ma non credevo riuscisse ad essere addirittura così deficiente da pensare che non mi accorgessi che una cosa del genere poteva essere stata ideata da lei e da lei soltanto. Non ci voleva un oracolo per fare due più due, ed ero più che certa che la stessa piccola Ronnie si sarebbe messa a ridere di fronte ad una lettera del genere – dovevo chiamarla lettera di minacce? Non ci sarei mai riuscita; d'altronde affibbiare al pezzo di carta rosa shocking quell'appellativo non avrebbe fatto altro che stendere un velo di ridicolo sulle vere lettere da serial killer.
Ma dov'eravamo? Oh. Quindi era palese che fosse stata Lucy a fare quel biglietto. Era palese anche che Harry le piacesse, quello che non capivo stranamente era perché volesse minacciarmi di dirlo a tutta la scuola, non sarebbe stato a suo svantaggio tutto ciò? Beh, io l'avevo sempre pensato che era fuori di testa, e adesso ne avevo la netta conferma. 
Lucy era quel genere di ragazza che aveva mensilmente una nuova “passione”, che io definirei in maniera più adeguata come fissa. Una di quelle bimbette infantili che scoprivano un qualcosa di nuovo e ne diventavano grandi fan, per un mese o due al massimo, abbandonando poi il loro “amore della vita” per un qualcosa di più nuovo. Ultimamente, avevo sentito dire, era molto presa dai cartoni animati, Sailor Moon per la precisione. Crystal mi aveva raccontato che le aveva passate tutte, da Candy Candy, a Lady Oscar, per poi arrivare adesso alle guerriere della luna o come si chiamavano; e quindi andava in giro citando frasi dal cartone animato e indossando fiocchi abnormi in testa solo per assomigliare a Sailor Venus. A quanto mi avevano detto faceva anche parte di un club scolastico, quindi era schizzata in tutti i sensi. 
 
«Buongiorno!». Crystal posò con poca grazia il vassoio sul tavolo, e voltandomi mi accorsi della sua espressione, paragonabile solo a quella di mia madre il giorno in cui aveva scoperto che tenevo le birre nel frigorifero del mio appartamento. 
«Cos'è quella smorfia sul quel faccino adorabile?».
Come volevasi dimostrare, quel commento non fece altro che far aumentare maggiormente l'incazzatura presente sul volto della mia amica, che incenerì Zayn con lo sguardo senza dire nulla, e prese a mangiare in silenzio il suo arrosto. Crystal detestava tutte le attenzioni che il moretto le riservava, perché sapeva benissimo – tutti lo sapevano – che lui mirava solo ad una cosa: e Crystal non era decisamente il tipo di ragazza che di solito passava il suo tempo con Zayn. Ma si sa, desideriamo sempre ciò che non possiamo avere, e in quel periodo Mister Mi-Faccio-Tutte-Le-Ragazze-Della-Scuola-Malik aveva messo gli occhi sulla mia amica. 
«Che è successo?», le domandai io, appoggiando con aria disinteressata il gomito sul tavolo. 
Lei masticò un boccone e poi parlò. «Presente Fred Gilbert? Mi ha appena invitato al ballo di primavera», fece la mora con voce atona.
Rimasi a fissare il vuoto e ad ascoltare l'eco delle sue parole, mentre facevo mente locale, e la faccia del Fred Gilbert che conoscevo si faceva largo nella mia mente. «Aspetta... quel Fred Gilbert?», non feci in tempo a porre la mia domanda che già il nostro tavolo era scoppiato a ridere in maniera incontrollata, e Crystal, incapace di fulminare con lo sguardo tutti contemporaneamente, si limitò a fare una smorfia e ad annuire.
«Sei stata invitata al ballo da Fred Brufolo Gilbert?! Ma sei una sfigata!», ovviamente Louis non perse l'occasione per prenderla in giro, mentre se la rideva di gusto insieme a Harry, il quale era letteralmente piegato, con la testa appoggiata sul tavolo dalle risate.
«E tu che hai detto?», domandai con il naso un po' arricciato, figurandomi nella mente la faccia piena di brufoli del povero ragazzo.
«Mi ha fatto un po' di pena sinceramente...», spiegò lei, scrollando le spalle. 
«Pena?! Non deve farti pena!», la riprese per tempo Louis, «pensa a come deve essere baciarlo e sentirgli scoppiare le pustole. Scommetto che, messo com'è, avrà i brufoli anche nella lingua. Vuoi bere pus al posto del punch quella sera?».
Sconvolta, tirai a Louis un fazzoletto appallottolato. «Sei disgustoso!», mi lamentai, pur sempre ridendo. 
«E' la dura verità», spiegò lui scrollando le spalle. 
«Comunque gli ho detto di no», fece subito Crystal, sollevando le mani in segno di resa verso Louis. «Mi dispiace per lui ma mi fa impressione anche solo guardarlo in faccia, figurarsi doverci ballare assieme!», ammise facendo una smorfia. 
«Quindi... Qualcuno di voi ha intenzione di andare al ballo?», cominciò Sarah, posizionando lo sguardo casualmente su Harry accanto a me. Lui si guardò attorno indifferente e scrollò le spalle. Lo conoscevo bene, non era granché interessato a queste cose, o quanto meno non amava i balli della scuola in sé. Io me la cavavo a ballare, sebbene non fossi mai riuscita a tollerare le idiozie del re e della reginetta del ballo, le serate a tema e via dicendo. Trovavo fosse tutto un po' stupido, soprattutto perché i membri del comitato organizzativo corrispondevano in tutto e per tutto a quelli della squadra delle cheerlearders; ma, chissà, forse un pensierino quest'anno avrei potuto farcelo. 
«Io andrò sicuramente», Sarah riprese il suo monologo, prima d'incupirsi di colpo, «anche se non ho ancora un accompagnatore».
«Lo stesso vale per me», s'inserì Lucy, fulminando Harry con lo sguardo. 
Il riccio intanto, ignaro di tutto, si strafogava con le sue lasagne a testa bassa. Trattenni a stento una risata, e per evitare che scoppiassi a ridere di fronte a quella situazione assurda, presi un sorso d'acqua. 
«Io ho trovato oggi un volantino del ballo dentro all'armadietto!», riprese con finta eccitazione la moretta dall'altra parte del tavolo, prima di posare attentamente lo sguardo su di me. «E voi, avete trovato niente di interessante negli armadietti, oggi?», chiese di nuovo. 
Sollevai un angolo della bocca con espressione innocente, e scossi lentamente la testa. «Niente, a parte il mio libro di Storia e le matite fuori posto», risposi facendo spallucce. La sua espressione a quel punto era inguardabile, come se volesse davvero strozzarmi da un momento all'altro. Era parecchio inquietante, in effetti.  
«Harry?», lo richiamò lei, con sguardo languido. Ogni tanto mi mandava un'occhiataccia, alla quale non potevo fare a meno di rispondere. 
«Mhm?», mormorò lui sollevando la testa e facendo sfoggio di un'enorme macchia di sugo proprio attorno alla sua bocca. Scoppiai a ridere incontrollata sotto il suo sguardo indagatore, che sorrideva altrettanto. 
«Harry, sei leggermente sporco», rise Liam e io scossi la testa piano, mentre il diretto interessato sollevava un sopracciglio e mi guardava enigmatico. 
«Davvero?», domandò con aria innocente. Era assurdo come a volte riuscisse, con un'espressione, una parola o ad un semplice sguardo, a darmi l'illusione di avere ancora davanti quel bambino di sei anni dallo sguardo vispo e al quale amavo tirare i capelli, sia per dispetto che per il semplice piacere di farlo. Sorrisi, rapita da quella sua espressione fanciullesca. 
«Sei un idiota», mormorai semplicemente, prima di tirargli un fazzolettino. Mi accorsi a quel punto che tutto il tavolo aveva preso a fissarci, e che di conseguenza Lucy mi stava accoltellando con gli occhi.
Oh beh. 
 
La mora si parò esattamente di fronte a me, appoggiandosi con aria bravesca all'armadietto accanto al mio. «Dobbiamo parlare», disse decisa.
Oh sì, eccome se dobbiamo. «Ciao Lucy», le sorrisi amichevole, «bisogno di qualcosa?», posai alcuni libri nell'armadietto e ne misi altri nella mia borsa. 
«Hai ricevuto il mio biglietto?», sollevò un angolo della bocca in un'espressione spavalda, e incrociò le braccia al petto. 
«Oh sì, l'ho ricevuto. Un po' superfluo, non ti pare?», piegai la testa di lato e le sorrisi, acidamente. Adesso stava davvero cominciando a rompere le palle, e non avevo intenzione di tollerare più nient'altro.  
«Superfluo?», mi guardò un po' più a lungo con i suoi occhi neri e piatti, mentre aspettava una mia risposta.
«Sì, superfluo», continuai. «Perché non ho intenzione di “lasciar stare” Harry. E poi credimi, non penso neanche lui abbia voglia di lasciar stare me». Lei aprì la bocca e fece per parlare, ma la precedetti. «Cosa? Hai intenzione di dirlo a tutti? Fai pure. Non farai altro che fortificare il nostro rapporto, esponendoci davanti a tutta la scuola. Cos'è, pensi che sia tuo? Harry non è di nessuno. Né tuo, né mio, né di nessun'altro. E' una persona, e decide lui cosa fare e con chi stare. Perciò non venire a fare la ramanzina a me se lui non ti reputa abbastanza intelligente da passare il suo tempo con te», scrollai le spalle, come a scusarmi di qualcosa, ma ogni mio gesto in quel momento era pieno di sarcasmo e pena, profonda pena, nei suoi confronti. 
«Tu non hai idea di contro chi ti stai mettendo...», sibilò stringendo gli occhi la ragazza, ma io scossi la testa decisa.
«Credimi tesoro, lo so benissimo. Mi sto mettendo contro una bambina testarda che batte i piedi per avere il suo lecca-lecca. Una battaglia vinta in partenza, non trovi?», le feci un occhiolino, prima di chiudere il mio armadietto con un tonfo sordo ed allontanarmi, senza degnarla minimamente di altre attenzioni.  
 
«Louis mi ha detto che hai litigato con Lucy», Harry si buttò sul suo letto a pancia in giù, scostando con poca cura i libri di spagnolo, che atterrarono sul pavimento. Aveva uno strano sguardo in volto, come se fosse soddisfatto da tutto ciò; qualcosa mi diceva che sapeva anche il motivo del mio diverbio con la piccola fan del gatto Salem. 
«E Louis come lo sapeva?», domandai sollevando un sopracciglio mentre mi mettevo in braccio un cuscino e lo abbracciavo. 
«Era per i corridoi stamattina e ha sentito i tuoi toni soavi», rise divertito, lo sguardo proiettato da qualche altra parte, o meglio, a qualche descrizione di me fatta da Louis, «ha detto che litigavate per me». Eccolo, quel sorrisino ammiccante e pieno di sé che spuntava sul suo volto, dando vita a quelle inconfondibili fossette; avrei dovuto odiarlo, perché di mio detestavo le persone egocentriche, ma non riuscii a fare a meno di sorridere a mia volta. Era l'effetto che mi faceva lui. 
«Quell'idiota mi ha minacciata di dire tutto a tutti quanti», spiegai scrollando le spalle, mentre ripensavo al mio discorso trionfante di quella mattina. Era un peccato che non ci fosse stato qualcuno a filmarmi, era davvero qualcosa degno di un Oscar. 
Harry a quelle mie parole sembrò farsi più serio, strinse le spalle e mi guardò un po' corrucciato. «Pensi che lo farà?», domandò. 
«Non ne ho idea, ma chi se ne importa», scrollai le spalle. A dire il vero  credevo non lo avrebbe fatto per una serie di motivi, ma non potevo esserne sicura al cento per cento; c'era ancora una parte di me che era in dubbio – o meglio, che quasi sperava che lei rivelasse tutto. 
«Chi se ne importa?», ripeté lui guardandomi incredulo. «Non dovrebbe saperlo nessuno», fece con tono di rimprovero. 
Sbuffai. Lo sapevo. 
«Cazzo Harry, non l'abbiamo già tenuto nascosto abbastanza? Stiamo insieme da due mesi e ancora giochiamo a Romeo e Giulietta», sbottai. 
«E questo adesso cosa c'entra?», sollevò un sopracciglio e si mise a sedere sul letto, in modo da guardarmi meglio. Probabilmente aveva intuito che a quel punto ero come una bomba ad orologeria pronta allo scoppio. 
«C'entra, Harry. Ti interessa davvero così tanto cosa pensano gli altri? Non ti va di dire alla gente che per una volta hai una ragazza fissa? Oppure hai intenzione di mollarmi al più presto per mantenere le tue usanze?», dissi acida. Non avevo mai sopportato il fatto che si curasse di ciò che pensavano i suoi amici; diceva sempre che non gliene fregava niente del pensiero altrui, ma quando si trattava di Louis, Liam, Niall e Zayn, e quegli altri “fighetti” che era solito frequentare, beh, per loro ovviamente c'era una deroga. E un po' credevo fosse anche loro la colpa di tutta questa situazione assurda. 
«Ma che cazzo dici? L'ho fatto perché ci tengo a te. Non ti rendi conto che se mio padre lo viene a sapere non ci permetterà più di vederci?». Harry sembrava sorpreso, ma al contempo infastidito dalle mie parole. Sapevo che non erano cose che voleva sentirsi dire, e conoscendo lui e la sua mania di avere sempre tutto sotto controllo, le mie parole così inaspettate dovevano averlo irritato e non poco. Ma non avevo intenzione di stare ancora in silenzio. 
«Stronzate, Harry. Tu sei sempre quello spavaldo e che non ha paura di niente; allora per una volta abbi le palle di andare a parlare con tuo padre e dire le cose come stanno». 
«Vorrei capire qual è il tuo problema se aspettiamo ancora un po'. Pensavo fossi d'accordo a non dire nulla; o sbaglio?», m'inchiodò con lo sguardo. 
«Ero d'accordo, ma questa cosa sta degenerando. Se ne sono accorti tutti ormai, perché continuare a mentire?». 
«Perché...» 
«Perché niente Harry, non c'è un motivo. Tutta questa farsa è stata messa in piedi solo perché non ti va di scomodarti per una volta e rischiare davvero», gli puntai il dito contro, alzandomi in piedi dal letto, sotto il suo sguardo. L'aria ad un tratto era diventata pesante, e sapevo come sarebbe andata a finire.   
«Non si tratta di un rischio, è solo una precauzione! Pensi che non lo dirò a mio padre? Lo farò. Solo, non adesso», si spiegò gesticolando con le mani. 
«E allora quando? Quando ci scoprirà all'improvviso per sbaglio, come ha fatto Ronnie? O quando ci vedrà chiuderci in qualche posto, come è successo con Louis? Dimmi, quale momento cronico vuoi aspettare per sputare il rospo?». Se c'era una cosa che detestavo di lui, era il fatto che dovesse sempre toccare il fondo prima di imparare la lezione. E neanche quello bastava, a volte. 
«Non lo so, cazzo, non lo so!», disse con un tono di voce più alto, «so solo che questo non è il momento giusto!».
Sospirai, cercando di calmare il tono della mia voce prima di parlare nuovamente. 
«Bene, allora quando sarà il momento giusto chiamami, okay?», dissi con estrema calma, raccogliendo i miei libri dal letto e la mia borsa da sopra la scrivania. 
«Puoi contarci», sputò velenoso incrociando le braccia al petto, senza distogliere lo sguardo da me; poi non lo seppi più, perché andando via non mi voltai.
 
Non ci parlavamo da due giorni. Sembrava una specie di record. Ciò significava che non stavamo più insieme? Probabilmente no. Siedevamo sempre allo stesso tavolo a pranzo e ci salutavamo ancora, ma non avevamo scambiato altre parole oltre a “Ciao” e “Che ora è?”. Uhm, però a pensarci meglio il giorno prima gli avevo chiesto se il cheesecake fosse buono, e lui, senza sollevare lo sguardo o guardarmi negli occhi, aveva risposto di no.
Avevo costretto Crystal a sedersi al mio posto accanto a lui, mentre io mi ero accomodata sulla sua sedia. Più o meno tutti avevano notato questo cambiamento repentino nei nostri rapporti, e forse era meglio così, mi dissi: magari questo avrebbe giovato a mantenere il suo amato segreto. Inutile menzionare il fatto che Lucy sembrava estremamente soddisfatta da tutto ciò; e anche Sarah lo era, ovviamente, ma mai quanto la prima. 
«Cosa è successo tra te e il riccio?», mi domandò Crystal durante la lezione di storia. 
La guardai enigmatica. «Niente, perché? Dovrebbe essere successo qualcosa?», domandai fingendomi poco interessata.
«Non lo so, ma fino a due giorni fa vi facevate gli occhi dolci e adesso a stento vi salutate. Ti sei voluta sedere lontano da lui a pranzo e praticamente non lo calcoli più. Tutta questa roba mi ha fatto pensare che, non so, magari potrei sbagliarmi, ma avete litigato?», disse sarcastica sollevando un sopracciglio rivolta verso di me, ma io mi ero bloccata alla prima parte del discorso. 
«Io e lui non ci facciamo gli occhi dolci», affermai con una smorfia, provocando una risatina di Crystal.
«Vallo a raccontare a qualcun altro. Sicura di non avere nulla da dire?».
Scossi la testa violentemente. «E' tutto a posto, tutto come prima», finsi testardamente, ma per fortuna la mia migliore amica aveva il dono della pazienza e della poca curiosità, due motivi per i quali l'adoravo. Detestavo la gente che voleva sapere tutto e subito. 
L'avevo detto ad Harry che la gente se ne stava accorgendo; gli avevo detto che era inutile continuare a fingere perché tanto prima o poi tutti l'avrebbero capito, che avessimo parlato o meno. E così stava accadendo. Avevo sempre ragione, ma lui era troppo testardo e quindi non si sarebbe scomodato a venirmi a chiedere scusa o a dirmi che avevo ragione, era fatto così e basta. Io, naturalmente, non avrei mosso un dito: avrei aspettato che si sarebbe fatto avanti lui, in caso contrario allora forse non valeva davvero la pena aspettare. Per cosa, poi? Una relazione che non aveva una definizione propria e conoscevamo solo noi due? 
Più o meno erano questi i miei pensieri; quando lui non c'era, però. Al contrario, ogni volta che quei due oceani verde-azzurro si posavano su di me, anche solo per un secondo, anche per mandarmi una frecciatina poco amorevole, la mia mente andava in tilt e sentivo, nonostante tutto, le farfalle nello stomaco. Sì, nonostante tutto, nonostante i segreti e i litigi, la nostra testardaggine e i problemi, ne valeva la pena eccome. 
Ma io? Scusarmi? Mai e poi mai. 

charlie's corner.
- Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale - 
yo, people! ne è passato di tempo, eh? No va beh scusate tantissimo il ritardo, ma 1. vi avevo promesso un capitolo più lungo per l'arrivo ai 100 preferiti (WOOOO HOOOO, SIAMO A 107 PREFERITI *-*) e un capitolo lungo richiede più tempo e.e 2. quest'ultimo periodo con la scuola è stato orrendo, ho avuto un mucchio di compiti in classe ç__ç va boh! 3. io vi avevo avvertite e.e vi avevo detto che se la ff di manuela non avesse raggiunto 10 recensioni non avrei postato. E anche se ancora siamo solo a cinque... va beh, ma poi mi avete fatto pena :')
MA PER IL PROSSIMO CAPITOLO VOGLIO ALTRE RECENSIONI DA MANU, INTEEESI? SO GET YOUR FUCKING ASS IN THAT BEAUTIFUL FANFICTION OR I WILL COME AND KILL YA, BRO. 
Come sono fine :') AHAHAH btw ecco il link della fanfiction per chi non lo ricordasse!
Living Young and Wild and Free.
Also, questo capitolo, e soprattutto la prima parte, è dedicato ad una persona che è stata per me di graaaande ispirazione. E per quotare una sua frase, #getalife. - Sono cose che voi non potete capire, ma dovevo scriverlo scusate AHAHAHAH io e manu sappiamo perché :')
btw mi dispiace avervi fatto litigare i due piccioncini ç__ç ma la loro non è una di quelle relazioni rose e fiori, no a fatto. Perché a volte essere così uguali è peggio di essere uno l'opposto dell'altro, e spero di essere riuscita a far vedere il contrasto da siamo-tutti-marshmellow-e-ci-adoriamo a vorrei-tanto-strozzarti che purtroppo per noi e per voi accompagna tuuutta la relazione di Harry e Destiny; insomma, questo è solo un assaggio! Ma quello che io penso è - e penso che questo pensiero sia condiviso anche da manu - che questo rapporto sia uno degli aspetti più belli di loro due, e cioè il fatto che non sono scontati :') anche se personalmente trovo che un altro aspetto sia ancora più bello... ma non ho intenzione di dirvelo perché mi piace svelare le cose scrivendole, queste sono solo note aggiuntive! E poi c'è manu che spoilera già abbastanza u__u #laadoroperò
RICORDATE DI PASSARE DAL SUO SPIN-OFF!
Ohw, e poi vorrei pubblicizzare una fanfiction di cui mi sono innamorata, di una ragazza che è davvero bravissima a scrivere dijwfowiej
Passate tutti dalla fanfiction di Anna cliccando sul banner! :3

 

Bene, adesso vi lascio, torno a deprimermi che Demi Lovato è a Milano e io sono sul mio divano. #farima LOL
VISTO? SONO DISPERATA Ç___Ç
Charlie. 

 
Le Minchiate di Zia Manuela.
Oh, quanto mi è mancato scrivere le note! Voi non mi siete mancate per niente, però stare tutto questo tempo senza la mia rubrica mi è mancato una cifra. (scherzo, scherzo, lo sapete che dovete sentirvi amate da me solo se vi insulto) Che avete fatto tutto questo tempo? Scommetto che alcune di voi staranno rileggendo tutti i capitoli ai propi nipoti HAHA siete invecchiate, nel frattempo? va beh ci è voluto un po' ma cel'abbiamo fatta.
Poi non lamentatevi perchè avete visto quanto è lungo ( e sopratutto bellissimo) questo capitolo? Io e Carla sappiamo a chi è "dedicato" e per questo motivo lo adoro hahha
Inanzi tutto, grazie alle persone che sono passate da me a recensire :) Non sono dieci come si era stabilito, però non importa haha Non posto da un botto neanche io però provvederò questa settimana sicuramente se vorrete passare :)
Okay. La prima cosa che mi preme dire a proposito di questo capitolo è la seguente: Complimenti a Carla per aver fatto reagire Destiny Nell'esatto modo in cui l'avrei fatta reagire io *w* La cosa non mi sorprendere più di tanto perchè noi siamo telepatiche, ma mi è piaciuto da matti il dialogo con Lucy haha la più grande Epic Win vista nella fanfiction fino ad Ora. Insomma la prima parte è fenomenale *_____* Poi non so voi ma io sono morta dal ridere nel constatare che il bigliettino inviato da Lucy era mezzo scritto in un modo e mezzo in un'altro HAHAHA ecco in questa azione dovete vederci tutta l'essenza di quella ragazza: Un'idiota malata.
So che adesso per la seconda parte sarete tutte disperate, but don't worry my loves! Questo litigio era necessario, credo, e non lo sto dicendo perchè so come andrà a finire la storia ma, perchè come lettrice avrei dovuto aspettarmelo. Insomma Harry non puo' tenere il segreto per altri tre mesi e___e non va bene! E la mia Destiny, da brava si è ribellata! (tale madre tale figlia haha) Il suo caratterino prevedeva esattamente una reazione del genere. E poi io personalmente sono contenta che abbia sputato fuori cosa pensa u__u adesso harry sa che deve tenersela stretta, se la vuole <3 Quindi senza spoilerare nulla vi dirò solo : vedete questo litigio in modo Positivo, anche se so che vi risulterà difficile haha
Ah, so perfettamente di non stare dicendo le cose in ordine cronologico ( soffro di una rara patologia, per colpa della quale il mio corpo rigetta qulunque tipo di ordine. Vedi la mia stanza o la mia vita HAHA) comunque, Louis e Crystal che sfottono il povero brufolo mi hanno fatto crepare dalle risate hahaha fantastici!
Poi io sinceramente questa cosa di Zayn interessato a Crystal non la sapevo, Ma me Gusta! Vedremo cosa farà Carla in proposito u.u haha vorrei dirvi qualcosa di più ma non ne so nulla!
Bene Bene, Credo di aver esaurito le cose da dire c: Sono contenta che siamo tornate! lol
Alla prossima nipotine, Zia Manuela vi ama x

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** she puts my world upside-down. ***



Harry.

Sbuffai. Era mai possibile che quell'idiota di Lucy fosse sempre tra le palle? Avevo già rifiutato la sua amichetta Sarah e adesso mi toccava sorbirmi il seguito. Quella sanguisuga mi aveva pedinato per l'intera mattinata, aspettato fuori dalla porta del bagno dei ragazzi e osservato insistentemente a lezione di storia. Non ne potevo più, ed ero stato sul punto di dirle che, okay, aveva una cotta per me e lo accettavo, ma che almeno la “esercitasse” con più discrezione, evitando di crearmi altri fastidi. A pranzo aveva tentato più volte di parlarmi, dopo aver occupato il posto di Destiny alla mia sinistra – quest'ultima ne era stata più che contenta -, ma avevo la mente decisamente troppo tra le nuvole per degnarla dell'ascolto di anche solo un neurone del mio cervello. Alla fine non era sembrata molto contenta della mia tattica “sorridi, annuisci e spera che non ti abbia posto una domanda” 
 evidentemente era più intelligente di quanto pensassi. 
Ma, anche quando, tutte quelle sue attenzioni non facevano altro che farmela odiare sempre di più; perché, primo, detestavo le persone troppo appiccicose; e secondo, era fondamentalmente lei il motivo per il quale io e Destiny al momento non ci parlavamo. Non che con questo discolpassi la testardaggine incredibile della mia ragazza: anche lei aveva le sue colpe, certo.
Avevamo una pausa di circa mezz'ora appena dopo il pranzo, e per la prima volta in vita mia decisi di passarla da solo, consapevole di non poter rimandare più di tanto il colloquio con me stesso. Sdraiato a pancia in su sul prato del campetto da calcio, contemplavo con aria disinteressata il cielo limpido ed il sole che insistente picchiava sulle lenti dei miei occhiali da sole.
Tutta questa situazione con Destiny era a dir poco assurda: o meglio, per me era semplicissima, ma lei, come da copione per tutte le ragazze d'altronde, la stava rendendo terribilmente complicata. 
Non capivo per quale motivo aveva tirato in ballo quello stupido discorso dei miei amici, e di me che non volevo che lo sapessero: non erano certo loro il problema. O sì?
L'enigma principale stava nel fatto che il rapporto con lei era diverso da tutti gli altri. Ma non mi era mai importato granché del giudizio dei miei amici. Ma, come avevo più volte ribadito a Destiny, il motivo per cui volevo mantenere la storia segreta era mio padre, che sicuramente, una volta scoperto tutto ciò, mi avrebbe impedito di vederla.
Stronzate, disse una voce indefinita nella mia testa. Sai benissimo che non hai problemi a dire a tuo padre le cose come stanno, né tanto meno ne hai ad evadere da una sua punizione. E questo lo sa anche Destiny. Smettila di nasconderti.
Sospirai amaramente, mentre mi passavo una mano tra i ricci. Cento mila arrovellamenti mentali si sintetizzavano in quell'esatta frase che mi aveva regalato la mia coscienza, come a dire “fanne buon uso”, o meglio ancora “idiota, finiscila di fare coglione e risolvi questa situazione”.
Smettila di nasconderti. Nascondermi? Ma da cosa, poi? Io non mi nascondevo da niente, e se avevo deciso di non dire nulla ora era perché... perché era meglio così. 
Sbuffai, di nuovo. Perché doveva essere tutto così difficile?
La sintesi di tutto questo era dunque che erano passati cinque giorni dal nostro litigio e non ci eravamo ancora rivolti la parola. Lei perché evidentemente non aveva cambiato idea e io perché avevo un casino incredibile in testa e che, nonostante tutti i miei tentativi di sciogliere i pensieri, era rimasto tale e quale a prima. 
L'unica certezza che avevo riguardo a questa situazione? Volevo parlare con Destiny, perché non avrei sopportato di vederla un altro giorno a lanciarmi occhiatacce o ad evitarmi. E la cosa peggiore era che anche questa certezza, che ad altri sembrerebbe scontata, mi mandava in crisi più di tutto. 
Perché avevo bisogno di lei? Ero arrabbiato. Ero offeso. Eppure ogni singola volta che mi evitava in corridoio mi sentivo una merda ambulante. Non avevo mai provato una tale sensazione di impotenza: nella mia vita non ero mai dipeso da nessuno: anche a quattro anni, quando avevo perso di vista mia madre al supermercato, non avevo avuto alcun problema a raggiungere la cassa ed  aspettarla lì. Ma adesso non trovavo nessun punto d'arrivo, era tutto un groviglio di strade che, lo sapevo, non sarei riuscito a percorrere se non avessi avuto la certezza di avere Destiny al mio fianco. 
Era strano. 
Ma forse era proprio questo il problema, era questa inaspettata certezza che aveva causato in me un migliaio di dubbi, e anche la voglia di mantenere il segreto. Non ero ancora del tutto sicuro sul da farsi, ma forse avrei dovuto cominciare a mettere in pratica quella certezza, e parlarle. Non sapevo ancora bene come e di cosa, ma lo avrei fatto. 
Mentre continuavo a fissare il cielo sentii dei passi avvicinarsi sull'erba morbida e, per quanto desiderassi poter parlare con una sola persona in quel momento, sapevo già di chi si trattava. 
«Che fai, bel ricciolo?», domandò il mio migliore amico sdraiandosi sull'erba accanto a me. Louis sapeva perfettamente che quello era il mio posto preferito, dove spesso andavo a riflettere se avevo problemi o dubbi. 
«Niente, pensavo», dissi semplicemente scrollando le spalle. 
«Perché, tu pensi? Questa sì è una novità!», ridacchiò il moro gesticolando come suo solito. 
«Coglione», gli diedi una gomitata scuotendo lievemente la testa e sollevando di poco un angolo delle labbra.
«Allora è grave, se non ridi alle mie battute!», Louis spalancò gli occhi e sollevò leggermente il busto. «Su, racconta a zio Tommo, cos'è che attanaglia il tuo tenero cuoricino?».
Sollevai un sopracciglio, poi sospirai. «È...».
«Destiny», mi anticipò. Quando vide il mio sguardo perplesso, si affrettò a dire: «Andiamo, si vede da miglia di distanza. Me ne sarei accorto anche se non avessi saputo niente di voi due – a proposito, gli altri se ne sono accorti. Come mai avete litigato?».
Roteai gli occhi. Non potevo credere che fosse così evidente. Sintetazzai l'accaduto, sotto lo sguardo di un Louis improvvisamente fattosi serio. Non mi limitai semplicemente a raccontare della nostra discussione, ma decisi di sputare fuori tutti i dubbi e le ansie che mi aveva annebbiato la mente negli ultimi giorni. Sembravo un fiume in piena, parlavo e parlavo, fino a quando Louis non dovette fermarmi di sua iniziativa, per cercare di fare il punto della situazione. 
«Quindi mi stai dicendo che tu sei...», si bloccò per un attimo guardando la mia espressione, e poi scosse lievemente la testa, uno strano sorriso quasi comprensivo dipinto sul volto. «...che vuoi parlare con Destiny?».
Annuii meccanicamente. 
«E allora che stai a fare qui fuori? Aspetti che un piccione scambi la tua chioma per un nido e venga a cagarti in testa? Va' a parlarle, porca miseria!».
«Sai com'è, al momento è in classe. Magari aspetto la fine della lezione», dissi un po' acidamente. 
Louis lanciò le braccia al cielo, in segno di invocazione. «Dov'è finito il mio amico Styles che se ne sbatteva delle regole? Sei ancora in questo corpo o ti hanno rapito gli alieni?», lamentò, spostandosi prima che potessi colpirlo nuovamente.
«Taci, idiota di un Tomlinson», lo apostrofai, ma lui mi rispose con una risata. 
«Tu non riesci neanche a capire i tuoi stessi sentimenti e dici idiota a me?».
Sollevai un sopracciglio a quelle parole. «E adesso che diamine vorresti dire?».
«Niente, niente», rise, «piuttosto, ti ho trovato due DJ perfetti per venerdì sera!», cambiò con nonchalance il discorso, sicuro di stare puntando su un argomento al quale ero particolarmente interessato. E in effetti aveva ragione. Il venerdì successivo sarebbe stato il mio diciassettesimo compleanno, in occasione del quale, come ogni anno, avrei dato una festa con tutti i miei amici. Normalmente ero solito organizzarla insieme ai ragazzi e a Louis, che da sempre era considerato come il re indiscusso di tutti i party. 
«Davvero?», chiesi interessato, «E chi?».
Lui indicò se stesso con i pollici. «Ti presento DJ Tommo. Affiancherò DJ Malik durante la tua serata speciale», disse con un gran sorriso sulle labbra. 
Strabuzzai gli occhi. «Cosa? Tu e Zayn?! Lou, potevi dirmelo che avevamo sforato con il budget, ti avrei dato altri soldi!».
Ma lui scosse frequentemente la testa. «Ma no, è che io e Zayn ci divertiamo a farlo. Ti prego, ti prego, ti preeeeego!», congiunse le mani in atto di preghiera, impegnandosi in un'esibizione del “ti prego”, in confronto alla quale la piccola Ronnie non avrebbe saputo fare meglio. 
Sospirai. «A patto che mettiate buona musica!», lo ammonii sollevando l'indice, ma non feci in tempo a completare la frase che si era già buttato addosso a me per stritolarmi. 
 
«Dobbiamo parlare». Ecco; chiaro e conciso, a sangue freddo, con lo sguardo che penetrava nel suo, la fissavo con le braccia incrociate al petto, appoggiato al cruscotto della sua macchina, dove l'avevo aspettata perché non mi potesse sfuggire. 
«Tu dici?», replicò lei sostenendo il mio sguardo senza alcuna difficoltà. 
«Sì», dissi serio.
«Oggi non c'eri a chimica», osservò sempre impassibile. 
«Te ne sei accorta, eh?».
«Solo perché il prof mi ha dato una A all'esperimento di oggi, che ho fatto con un altro compagno», replicò acida.
Sbuffai e mi passai una mano tra i ricci. «Non sono venuto per litigare un'altra volta».
«Ah davvero?», incrociò le braccia al petto. «Allora sentiamo queste tue scuse», annuì con sicurezza. 
Per poco non scoppiai a ridere. Era davvero convinta che mi sarei scusato? Si sbagliava di grosso. Era già difficile quello che stavo per dire. «Non sono qui neanche per scusarmi», continuai con una voce inaspettatamente calma, mentre quegli occhi dentro ai quali mi sarei perso ogni volta mi scrutavano da capo a piedi, e quelle labbra che tanto avrei voluto sulle mie si schiudevano leggermente, in attesa delle mie parole, ma non dissi nient'altro. 
«Sappi che io non ho la minima intenzione di chiedere scusa», chiarì lei.
«Lo sapevo già», ammisi, «sono ancora del mio parere. Ma forse... forse aspettare non conviene più di tanto. È meglio se lo diciamo», continuai, con lo stesso sguardo sicuro e autorevole, ma consapevole di stare ripetendo in altro modo le sue parole di cinque giorni prima. 
«È quello che ho detto io». Mi mordicchiai il labbro superiore; sapevo che me l'avrebbe fatto pesare, era una cosa troppo “da Destiny”.
«Sì», dissi, con lieve titubanza. Sapevo che in un modo o nell'altro, per il suo sadico piacere, mi avrebbe costretto a dirlo, per cui presi un bel respiro, e via il dente, via il dolore. «Avevi ragione», affermai impassibile. 
Quella statua gelida che mi era stata di fronte fino ad ora si trasformò in un batter d'occhio in un'espressione trionfante, davanti alla quale non potei far a meno di piegare un angolo delle labbra a mia volta. «Soddisfatta adesso?», chiesi sollevando un sopracciglio.
Lei mi sorrise ed annuì senza aggiungere nulla, prima di fiondarsi tra le mie braccia. Mi lasciai invadere dal suo dolce profumo e le circondai la vita con le braccia, appoggiando il mento sulla sua spalla. Quella sensazione, poterla riavere finalmente così vicina dopo giorni nei quali mi aveva a mala pena salutato, fu incredibilmente piacevole. 
Improvvisamente, quasi come un acquazzone di primavera, fui investito da una seconda certezza: che, se per averla sempre con me, mi bastava ammettere di essere nel torto, allora l'avrei fatto altre cento, mille volte. Di nuovo però, questa certezza andava contro i miei principi di tutta una vita: ero io quello che da piccolo preferiva stare in punizione per un mese piuttosto che dire “mi dispiace” per aver rotto il vaso di mamma, ero io che non cambiavo mai idea per una questione di principio, ero io che dicevo che si faceva a modo mio, mio e basta.
In questo modo avevo sempre mantenuto ordine nella mia vita; certo, un ordine tutto mio, ma l'importante era che tutto filasse liscio. 
E invece adesso sembrava tutto scomposto, tutto in disordine, tutto nuovo e confuso.
La strinsi di più al mio petto.
Era lei, lei che metteva il mio mondo sotto sopra. 


charlie's corner. 
Siete contente, ho fatto presto presto *-* la verità è che ho avuto un pomeriggio di ispirazione, e ho scritto tutto il capitolo in circa tre ore di fila, e mentre scrivevo ogni tanto andavo a guardare le recensioni e vedevo che c'era RoseJonas_1D che recensiva e che ha quanto ho capito si è letti tutti i capitoli in un pomeriggio, mentre io scrivevo questo AHAHAH grazie mille per tutte le tue recensioni, mi ha fatto tanto piacere! Also, penso che da questo capitolo in poi comincerò a rispondere alle recensioni, perché sto cominciando a sentirmi davvero in colpa a non farlo D: anche se sono molto pigra lol apprezzo tantissimo <33
anyway, passiamo al capitolo. Premesso che comunque avevo in mente di fare un POV Harry prima dei "capitoli decisivi" - che poi sono i prossimi due e.e -, ma l'idea mi è venuta vedendo che praticamente tutti voi avete dato ragione a Destiny, crocifiggendo Harry. Ora, io trovo che Destiny abbia assolutamente ragione, ma non potevo andare avanti con la storia senza illustrarvi un po' cosa sta accadendo all'interno della mente del nostro Styles. Voi l'avete capito? Sicuramente sì, e anche Louis l'ha capito, ma conosce anche molto bene il suo migliore amico per cui fa parecchia attenzione a non pronunciare quelle paroline. Quindi sicuramente Destiny ha ragione - la donnaH ha SEMPRE ragione U____U ricordatelo! - ma non incolpiamo Harry per questo piccolo atto di egoismo. Primo perché Harry è egoista di natura, oltre al fatto che è presuntuoso, egocentrico e terribilmente lunatico, questi sono solo pochissimi dei milioni di difetti che ha 'sto ragazzo. Però povero, al momento è confuso, non ce l'abbiate con lui <3 boh, mi premeva particolarmente dirvi questo u.u
Dunque dunque, poi, come ho già anticipato, i prossimi capitoli saranno abbastanza corposi e importanti - soprattutto per quello dopo il prossimo -, scopriremo parecchie cose che potrebbero modificare il corso della storia. Okay, sto rivelando troppo e sembro peggio di zia manu e.e
A propooooooosito della zia manu! Ha postato il secondo capitolo della sua bellissima fanfiction e io VI IMPONGO di andare a leggerlo.
LINK.
Anyway, per il prossimo capitolo ce la facciamo ad arrivare a quindici recensioni? :3 per favooore! e soprattutto recensite da manuela che se ne merita anche di più! O il prossimo non lo posto neanche sotto tortura e.e 
Comunque vi amo lo stesso! Un bacio, 
Charlie. 



Le Minchiate di Zia Manuela.
Questa è la prova tangibile scritta nero su bianco del fatto che Zia Manu ha sempre ragione.
Eh bellini, io ve lo avevo detto di prenderlo bene questo litigio! Tra l'altro nel prossimo capitolo succederà una cosa troppo cool che però non posso spoilerarvi perchè sennò carla *tossisce* mi raggiunge con un'ascia e una sega elettrica *tossisce*
Bene, avete visto? I nostri ragazzi si sono riappacificati :') Dolci! A me è piaciuta moltissimo la sequenza riflessiva finale, personalmente! E' sempre sorprendentemente bello quando dalla mente di Harry escono questi pensieri no? haha come ha detto Louis, il riccio davvero Pensa? Bah O: Apparentemente sì! Testimoniamo questa scoperta lol
Ah l'inzio è scontato che è adorabile. Fino adesso abbiamo visto l'antipatia di Desy nei confronti di Lucy, adesso riscopriamo anche quella di Harry muahah un po' di alleati non fanno mai male. Ragazzi, non sentite l'amore dell'aria? Non vi viene da sospirare felicemente leggendo quella frase "Era lei, lei che metteva il mio mondo sotto sopra." A me sì *-* e io questa storia l'ho gia letta, riletta e amata ma non smetterà mai di emozionarmi! E pensate che qua siamo solo ai primi segnali di innamoramento c: anche se come avete potuto vedere Harry si rifiuta categoricamente di prununciare la parola amore e i suoi derivati.... che burlone! trolol
Sinceramente sono molto eccitata per il prossimo capitolo quindi sbigatevi recensite in venti tutti in una botta così Carla posta haha ma sopratutto prima di postarlo lo passa a me (oh yes bitches, i run this fuckin fanfiction!) E magari vediamo anche Sarah e Lucy Rosicare un po' :'D soddisfazione immane! Tu vuoi che ci lasciamo? Tiè, noi torniamo!
Penso che adesso siano in pace anche i vostri cuoricini oltre ad Harry e Destiny, perchè questo litigio si è risolto Ma non prendetevela troppo di lusso perchè nuove cose stanno per accadere! Cose che vooooi umani non avete mai visto prima d'ora!
Oddio queste note fanno schifo D: Oggi non mi sento per niente stronza e/o sarcastica, è stata una giornata terribile e ho esaurito le batterie. Bene dopo questa affermazione per niente attinente al resto (cosa molto da me) Vi abbandono u.u
Non primaaa di ricordarvi che io ho postato il secondo capitolo del mio spin-off : www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1012379 Venite a lasciarmi un parere vi scongiuro çwç
Carla è un angelo, continua a farmi pubblicità che probabilmente vi da sui nervi, ma se venite a leggere smetterete di curarvene! Non vi sentite la coscenza sporca? DAI VENIIITE hahah
ho anche risposto a tutte le vostre recensioni Carinissime, grazie a tutte!
Bene mi dissolvo, addio bellezze. Zia Manuela vi Ama xx

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** a jimmy page guitar. ***



Harry. 

Feci una smorfia di fronte all'immagine dei miei capelli scompigliati allo specchio, e mentre cercavo in tutti i modi di domare quei ricci impossibili, udivo in sottofondo le prove disastrose di Zayn e Louis. Perché gliel'avevo lasciato fare?
Ormai rassegnato all'orribile forma che i miei capelli avevano deciso di prendere proprio il giorno del mio compleanno, uscii dal bagno guardandomi intorno. La situazione, a parte capelli e DJ che si litigavano la console, sembrava positiva: per l'occasione avevo prenotato una delle migliori discoteche della città e l'avevo fatta chiudere apposta, in modo che al mio party fossero presenti solo ed esclusivamente i miei invitati. Ero arrivato lì mezz'ora prima insieme ai miei migliori amici per accertarmi che tutto fosse al proprio posto. E nonostante quella si prospettasse come una delle feste migliori dell'anno, il “prezioso” aiuto dei miei amici si stava rivelando sempre meno prezioso.
«Non puoi passare da Adele a Lady Gaga come se niente fosse, idiota!», sbraitava Zayn.
«Certo che posso, faccio quello che voglio. Sono il DJ, io».
«Woah, vola basso amico. Il vero DJ qui è solo Malik. Al massimo tu sei il co-DJ».
«Co? Co?! Io non sono il “Co” di nessuno, sia chiaro!», sbottò Louis, brandendo le cuffie della console per aria. 
Sospirai, cercando di mantenermi paziente. «Ragazzi, è davvero così difficile collaborare? Per piacere», domandai, passandomi una mano tra i capelli. «Louis, ridai quelle a Zayn e vedete di andare d'accordo», li ammonii. 
Il ragazzo sbuffò, prima di porgere al moro accanto a lui le cuffie che teneva in mano. «Pft, so io dove ficcargliele queste...», lo sentii mormorare mentre mi allontanavo. Scossi la testa, non c'era nulla da fare. 
«Niall! Quel cibo è per gli invitati», fui costretto a rimproverare il biondino quando lo trovai ad assaggiare in anticipo il cibo della festa. Era assurdo, erano lì per darmi una mano e mandavano all'aria la serata ancora prima che avesse inizio? Ero il più piccolo, eppure sembrava proprio che dovessi badare a dei bambini piccoli. A proposito di babysitting... dov'era finito il più serio e maturo del gruppo? Mi guardai intorno e non mi ci volle molto per trovare un assorto Liam seduto su uno dei divanetti del locale, impegnato a mandare qualche messaggio con il cellulare. Mi sedetti accanto a lui e appoggiai le spalle allo schienale, osservando la sua espressione. 
«Danielle non viene stasera?», domandai, e la vista del mio amico sollevare lo sguardo, interessato già alla prima parola della mia domanda, mi fece capire che avevo fatto centro: sapevo esattamente con chi stava messaggiando. Liam e la sua ragazza storica, Danielle, erano considerati la coppia più carina e promettente della scuola, erano stati re e reginetta del ballo l'anno precedente e via dicendo, erano adorati da tutti. 
Liam sorrise. «Sì, sta arrivando», annuì sicuro. 
«Perfetto. Non avrei sopportato di vedere il mio amico a messaggiare come un nerd durante tutta la sera del mio compleanno», scherzai dandogli una pacca amichevole sulla spalla. 
Lui rise e mi lanciò uno sguardo sagace. «Sfotti pure, Styles. Vedremo poi, quando ti innamorerai anche tu, chi sarà il nerd». 
Storsi il naso. «Impossibile che io faccia questa fine», dissi sicuro di me. Anche nella peggiore delle opzioni non sarei mai diventato sdolcinato e appiccicoso, semplicemente perché non sono fatto così. 
«Mai dire mai, Hazza. Spesso con le ragazze succede l'impensabile».
Eh già.
«Ma non con me», replicai imperterrito, scuotendo categoricamente la testa. Io, romantico? Né ora né mai. 
«Come dici tu, certo», annuì Liam, dando un'ultima occhiata allo schermo del suo cellulare, per poi sollevare lo sguardo. «A proposito, sbaglio o quella ragazza è leggermente in anticipo?», mormorò ammiccante Liam, indicando la nuova arrivata dall'altra parte della sala. 
Ovviamente lo era. Avevo chiesto a Destiny di venire alla festa per conto suo, così che la cosa non apparisse troppo sospetta agli occhi altrui. Avevamo deciso di dirlo ai nostri genitori, ma avevamo anche accordato che, visto che mio padre se la sarebbe presa parecchio e probabilmente mi avrebbe punito in qualche modo, forse era meglio farlo dopo la festa, così che non fosse in grado di privarmi proprio di quella. Motivo per cui adesso Destiny si era presentata con una scusa qualche minuto prima. 
Rimasi fermo a fissarla per almeno due minuti buoni mentre i miei occhi facevano su e giù sulle sue curve sinuose, ben messe in evidenza dall'abito scuro e attillato che indossava quella sera, e abbastanza corto da mettere anche in mostra gran parte delle sue gambe, lunghe e slanciate. Portava dei tacchi vertiginosi, come suo solito, eppure si muoveva su di essi con estrema disinvoltura, quasi fosse nata sopra delle scarpe con il tacco a spillo. I suoi capelli erano lasciati ricadere morbidi sulle spalle, ed un leggero tocco di trucco rendeva il suo sguardo più attraente. 
«Harry, chiudi la bocca o ti uscirà della bava», mi prese in giro Louis tra un colpo di tosse e l'altro dalla console, ma io avevo occhi solo per la mia ragazza in quel momento, perciò non feci caso al resto.  
Lei si avvicinò sorridente, prima di stamparmi un bacio sulla guancia. 
«Buon compleanno», disse soddisfatta.
Sorrisi sornione. «È la quindicesima volta che me lo dici, oggi», ridacchiai. 
«Che posso farci, amo i compleanni! Lo sai che da oggi in avanti quando qualcuno ti chiederà l'età dovrai rispondere diciassette e non sedici anni?», disse, visibilmente eccitata a quell'idea. 
«Certo, Capitan Ovvio. E tu lo sai che se ti rompo un uovo in testa puzzerai in maniera allucinante?». 
«Idiota», rise, dandomi una leggera spinta. 
Quella sera era così bella. Forse erano le luci, forse era il suo sorriso ammaliante o forse ero semplicemente io, ma non avevo mai provato tanta attrazione nei suoi confronti. 
«Vieni fuori con me?», domandò, avvicinandosi un po' di più. «Devo farti vedere una cosa».
Senza dire nulla né a lei né ai ragazzi, annuii, e dopo averla presa per mano la trascinai nel parcheggio, deserto a parte la sua macchina, la mia e quella di Louis. Aprì il cofano della sua e la vidi tirare fuori una custodia dalla forma fin troppo familiare, con un'enorme fiocco sopra.
«Tieni», disse porgendomela, una punta di imbarazzo nella voce. 
Rimasi a fissare per un attimo la custodia che avevo tra le mani in stato di shock. 
Mi aveva davvero comprato una chitarra? O erano i miei occhi che deformavano quell'oggetto? «L'ho presa ad un'asta. Insomma, so che avresti potuto benissimo comprartela da solo, ma... non lo so. Mi sembrava un bel regalo, puoi aggiungerla alla tua collezione. Non avevo molte idee in effetti, quindi se non ti piace non importa, davvero». La sua voce apparve leggermente nervosa, ma non badai troppo alle sue parole, impegnato com'ero ad aprire il mio regalo. Esaminai sotto la fioca luce del lampione la chitarra che tenevo tra le mani, con ammirazione.
Un segno estraneo accanto alle corde fatto con il pennarello catturò la mia attenzione, e delicatemente sfiorai con la punta delle dita quella parte di legno scuro, rapito dalla curiosità e dallo stupore. 
«Oh, è autografata da Jimmy Page», chiarì Destiny.
«Me ne sono accorto», mormorai meravigliato, spostando lo sguardo dalla chitarra a Destiny, e di nuovo da Destiny alla chitarra.
«Non so, magari volevi qualcos'altro...».
Scossi freneticamente la testa, in modo da impedirle di continuare la frase. «È... è  bellissima, mi piace davvero tanto», dissi sincero, continuando a fissare la meraviglia che avevo tra le mani. Non solo era autografata da uno dei miei miti, ma oltre tutto era una Gibson, la mia marca preferita di chitarre. Doveva esserle costata un occhio della testa, senza dubbio. «Non avresti dovuto, grazie mille», le dissi, prima di chinarmi e darle un bacio a fior di labbra.
«Sono contenta», sorrise lei con una scrollata di spalle. «In realtà ho passato parecchio tempo a fissarla chiedendomi se me l'avresti sbattuta in testa o cose del genere. Ma è andata bene», ridacchiò. 
«Sei sempre la solita esagerata», roteai gli occhi mettendole un braccio intorno alle spalle, mentre lei mi cingeva la vita e ci dirigevamo nuovamente all'interno del locale. 
 
«Yo yo yo! Questo è il vostro DJ Tommo che vi parla. Come procede la serata? Donzelle, siete tutte riuscite a strappare un ballo con il nostro bel festeggiato, alias Mister-stasera-faccio-strage-di-cuori-Styles? Mi pare un po' difficile, vista la sua evidente preferenza per una certa dama... ma non facciamo nomi! Comunque, adesso è meglio che vi lasci perché vedo già il nostro riccio preferito mandarmi un'occhiataccia dal fondo della sala... ahi ahi! La vedo brutta. Malik, portaci via!».
Scossi la testa, mandando un'altra occhiata eloquente al mio migliore amico, che di certo non poteva più far finta di non avermi visto. Destiny dal suo canto se la rideva di gusto, mentre un mucchio di gente in pista ballava sulle note di Domino di Jessie J. 
La serata tutto sommato procedeva bene. Gli invitati sembravano divertirsi, il cibo era sopravvissuto all'attacco di Niall e la musica che i due DJ avevano deciso di mettere era accettabile. Mentre mi impegnavo ad intrattenere una conversazione con Destiny e mio cugino Heat – avevo scoperto che questi si conoscevano già da prima, stranamente – sentii qualcuno bussarmi sulla spalla. 
«Sì?», domandai voltandomi, per poi ritrovarmi di fronte una ragazza alta e slanciata, dai capelli bruni, il viso tondo eppure al contempo sottile e da bambina; nonostante questo, però, aveva un paio d'anni in più di me. I tratti del viso erano familiari ai miei, simili le fossette e la forma degli occhi, sebbene però, a guardarla meglio, sembrasse una vera e propria versione più alta e più matura di mia sorella Ronnie. 
«Non mi abbracci neppure? Guarda che non ti do il favoloso regalo che ti ho preso, eh!», dichiarò quest'ultima, sfoderando la migliore delle sue espressioni da snob.
«Mel!», dissi contento. Allargai un enorme sorriso per la sorpresa e l'abbracciai calorosamente.  «Sono felice che tu ce l'abbia fatta. Destiny, lei è mia cugina Melissa. Melissa, lei è Destiny, una mia amica», feci le presentazioni con totale disinvoltura.
«Toh, chi non muore si rivede», udii Heat apostrofarla con una smorfia acida. 
Melissa si voltò verso di lui e lo incenerì con lo sguardo. «Brutto stronzo, non parlarmi», e incrociò le braccia al petto. 
«Con piacere», rispose lui e si limitò a distogliere lo sguardo verso la pista.
Trattenni a stento una risata, mentre al contrario Destiny corrugò la fronte incuriosita. Quei due erano fratello e sorella, e si battibeccavano un minuto sì e l'altro pure: adoravo vederli litigare, anche se ultimamente non capitava spesso, visto che erano entrambi al College, e Melissa ne frequentava uno fuori città, motivo per cui non la vedevo più tanto frequentemente come una volta. 
«Okay, che è successo tra voi due stavolta?», ridacchiai fulminandoli con lo sguardo, prima uno e poi l'altro. 
«Quest'idiota non poteva aspettare cinque secondi in più, e mi ha fatto venire qui in taxi», sbottò mia cugina in un tono acido. 
«Certo! E secondo te avrei dovuto ritardare alla festa del mio cugino preferito», e qui mi scoccò un'occhiata che, lo sapevo, pretendeva un mio appoggio in quella discussione, «per colpa tua e del tuo stupido mascara essiccato?», sbuffò ancora.
«Certo che sì. Mi ha lasciato a piedi Harry, rendiamoci conto!»
Scossi la testa, mentre a questo punto sia io che Destiny eravamo piegati in due dalle risate. 
«Voi due siete uno spasso», dichiarò lei, tenendosi la pancia dal ridere.
«Dai, smettetela di litigare. Piuttosto, dov'è il mio regalo?», chiesi sollevando un sopracciglio, in un'espressione eloquente. 
I due si guardarono in faccia istantaneamente. «Ethan... hai portato il regalo di Harry, non è vero?», cominciò Melissa con tono minaccioso.
Spostai lo sguardo da lei a Heat, che sembrava in seria difficoltà. «Eravamo d'accordo che l'avresti portato tu!», si discolpò lui immediatamente.
«Come diavolo avrei dovuto portarlo io, se mi hai lasciata a piedi?! Era implicito che, una volta che mi hai scaricata per i tuoi porci comodi, ci avresti pensato tu!».
«E come cazzo avrei dovuto capirlo, io?».
«Hai ragione, scusami. La prossima volta ti farò una mappa concettuale sulla tua lavagnetta personale. Ogni tanto mi dimentico che ho a che fare con un deficiente di prima categoria».
«Calma ragazzi», dissi tra le risate, scuotendo la testa. «Stavo scherzando, davvero. Non me ne importa niente del regalo», ribadii. «Sono contento che siate qui, intanto. Vedete di non fare troppa strage, mi raccomando. A proposito, Melissa, Jared White ti cercava», completai lanciando un'occhiata divertita a mia cugina, pregustando nella mia mente la sua reazione.
«Hai detto Jared White?!», strabuzzò gli occhi e le guance le si imporporarono lievemente; a quel punto cominciò a guardarsi freneticamente intorno. «E sai per caso dov'è adesso?», domandò isterica. Adoravo questi attacchi di panico esilaranti che aveva mia cugina; spesso, e soprattutto nell'ultimo periodo, riguardavano il suo viscido ex ragazzo del liceo, che guarda caso era stato invitato alla mia festa. Dite quello che volete: sarò anche uno stronzo, ma ehi, era il mio compleanno e avevo il diritto di divertirmi.
«Guarda, è proprio lì», indicai un moro dal doppio taglio e la giacca fucsia seduto al bancone dei drink. Non appena Melissa lo focalizzò, s'irrigidì di colpo. 
«Sicura di non voler andare a fare un salutino, Mel? Dopo tutto è una serata che chiede di te», sorrise Heat, ma a quel punto mia cugina era già ben lontana, mescolata tra la folla confusa e chiassosa di quella serata. Io e Heat scoppiammo a ridere quasi in contemporanea, e lui mi diede il cinque. 
«Non ci credo, l'hai invitato apposta?», intervenne Destiny guardandoci.
Scrollai le spalle. «Andiamo, ammettilo che è divertente», sorrisi. 
«Mia sorella e le sue fiamme sono sempre divertenti», rincarò Heat, rivolto principalmente verso Destiny, «avresti dovuto vederla due anni fa, quando stava con quel tizio. Si scambiavano i vestiti e si facevano i capelli a vicenda. Era una cosa ridicola, ecco perché adesso non vuole vederlo», a queste parole sia io che Destiny scoppiammo a ridere. Ricordavo ancora il mio stupore incredibile ogni volta che vedevo quel ragazzo con mia cugina, non avevo mai veramente capito perché fosse stata con lui, e per più di sei mesi anche. 
«Heat e le sue conquiste sono però più divertenti», dovetti ammettere, lanciando un'occhiata divertita a mio cugino, che si accarezzava sapientemente la barba.
«Fammi indovinare, sei un Don Giovanni anche tu, non è vero?», sollevò un sopracciglio Destiny. 
Heat scrollò le spalle. «E' una cosa di famiglia, ce l'ho nel sangue».
«Ehi Heat, ricordi Vanessa?», scherzai, per poi vedere una luce d'ilarità apparire nello sguardo di mio cugino, la quale non tardò a sfociare in una sonora risata.
«Eccome se la ricordo!», rise di gusto, «Le ho raccontato di essere figlio del governatore del Bangladesh e di dover partire il giorno dopo, e che non avrei potuto rivederla mai più. Se l'è bevuta totalmente».
Risi e scossi la testa al ricordo, mentre Destiny spalancava la bocca dallo shock. «Non ci credo. Esistono davvero ragazze così cretine?».
«Ne ho viste di tutti i colori, sai», commentò lui. 
«E adesso, Heat? C'è qualcun altro sotto torchio?», chiesi sollevando le sopracciglia. In effetti era un po' che mio cugino non mi parlava dei suoi affari di cuore, e, a parte quella che come aveva definito lui la “voglia di innamorarsi” un giorno, non sapevo più nulla riguardo alle sue ultime conquiste.
Ma in quel momento sembrava stranamente silenzioso. «Beh, diciamo che, forse, c'è una ragazza», disse enigmatico.
Sollevai un sopracciglio. «Mmh, e come ha abboccato stavolta?», chiesi interessato, ma non ricevetti alcuna risposta. 
«Oh andiamo è la tua festa, sono sicuro che non ti va di parlare di come io conquisto le ragazze. Piuttosto, Destiny! Tu e mio cugino Harry...», cominciò e rivolse un occhiolino alla ragazza.
«...siamo amici», completò lei facendosi seria, ma tutto ciò che ottenne fu una sonora risata in risposta.
«Oh certo, e mia sorella Melissa vincerà il premio Nobel», affermò scherzosamente. «Andate a raccontare balle a qualcun'altro, non sono nato ieri, piccoletti», e fece un occhiolino divertito. 
Sbuffai. «Farai meglio a non dirlo a nessuno». In fondo la storia la conosceva già per metà.
«Sarò muto come un pesce. Vado a prendere un drink, ci vediamo dopo», disse, prima di allontanarsi verso il bancone. 
«Andiamo così ragazzi! All day, all night!», la voce di Zayn arrivò a quella parte del locale attraverso gli amplificatori, i quali trasmettevano una musica a dir poco assordante. 
«Oh, vedo che vi state divertendo, ragazzi», udii la voce di Louis sovrastare di poco la musica. «Ho visto da qualche parte Niall Horan flirtare con una ragazza, è mai possibile? Pensavo sarebbe stato tutta la serata a ingozzarsi. E, a proposito di cibo, avete provato i muffin alle carote che ho ordinato apposta per voi, amici miei? …Okay, non mi guardate così. È vero, li ho presi per me, perciò NON VI AZZARDATE A TOCCARLI O VI TRUCIDO TUTTI, UNO PER UNO! Capito ingordo di un Niall?! Ho visto da qualche parte anche Sarah e Lucy che si divertivano a fare le coreografie delle cheerleader e qualcosa tipo la trasformazione di Sailor Moon, se non mi sbaglio. Posso darvi un consiglio, ragazze? Cu-ra-te-vi. Siete ad una festa. Ubriacatevi, ballate sul palo, rinchiudetevi in uno stanzino con qualche sconosciuto e scopate come dei gatti in calore, ma fate qualcos'altro!».
L'intera sala scoppiò a ridere, mentre Louis soddisfatto con il suo sorriso sornione aumentava il volume della musica.
Destiny si avvicinò al mio orecchio in modo che io sentissi. «Ti va di andare da qualche altra parte?», domandò. 
La guardai annuendo e la presi per mano. In mezzo a quell'enorme folla di gente che ballava in maniera confusionaria e caotica, nessuno si accorse di certo che il festeggiato mancava, e che per di più si era andato a chiudere con la ragazza all'interno del magazzino del locale. 
«Stavolta non hai avuto una grande fortuna», mormorai avvicinandomi a lei e feci sfiorare i nostri nasi, accennando alle mensole e alla merce imballata che avevamo intorno. 
«Non importa, vedremo di stare comodi lo stesso», ridacchiò leggermente circondandomi il collo con le braccia, prima di unire le nostre labbra in un bacio passionale. Misi le mani sui suoi fianchi e la feci indietreggiare fino a farle poggiare le spalle ad uno degli scaffali. Nel buio più totale, riuscivo a mala pena a vedere lei ad un palmo dal mio naso, e sentivo il chiasso attutito della musica al piano di sopra. 
«Questa cosa mi sa di deja-vu», mormorai sulle sue labbra, ansimante, ma non feci in tempo a prendere altra aria che già mi aveva ammutolito, infilando la lingua nella mia bocca. 
Fu in quel momento che la porta si spalancò. 

charlie's corner.
TAN TAN TAAAAAAAN! (?)
i know, i know, adesso vorreste tipo uccidermi ma vi prometto che posto subitissimo se recensite in 15 presto presto - perché ci arrivate benissimo, la verità è che siete solo pigre, perciò muovete il culo e fate queste recensioni u.u tra l'altro praticamente metà del capitolo successivo è già scritta (sì, era quel capitolo che stavo cominciando a scrivere di cui vi parlavo un po' di tempo fa). Ecco, a dire il vero l'avevo anche continuato e quasi finito, per giunta fatto leggere a manuela, ma quello stronzo del mio computer ha ben deciso di cancellarlo per cui una buona parte la dovrò riscrivere da capo :') penso manuela ricordi bene i miei scleri di quella serata AHAHAH volevo ammazzarmi, ma let's move on.
Il capiiiiitolo. A me non piace davvero per niente e spero di rifarmi con il prossimo, che tra l'altro è un capitolo abbastanza importante e a cui tengo molto asoidfqwoefw vedrò di mettermi d'impegno per benino! A parte questo, non sono per niente sicura sulle parti di Louis che ho scritto alla cazzo, però alla fine non mi veniva niente di meglio e leggevo che molte di voi volevano vedere DJ Tommo e Malik in azione e.e Vi piace Melissa? Personalmente adoro l'accoppiata fratello e sorella, sono fantastici! hahaha Che dire poi... i nostri due protagonisti a quanto pare non possono MAI e dico MAI pomiciare in santa pace che vengono sempre interrotti. Ma chi sarà stavolta? o: SI APRONO LE SCOMMESSE! Scrivete in recensione chi pensate che sia l'intruso stavolta, sono interessata a sapere cosa vi viene in mente :'3

Also, vorrei ringraziare tutti quelli che seguono/recensiscono/preferiscono/ricordano la fanfiction, ma anche quelli che leggono in silenzio e nell'anonimato, perché so che ce ne sono u.u I SEE YA! (?) okay, a dire il vero non ne sono sicura, ma so per certo che ce ne sono perché qualcuno mi ha contattata su twitter :') awh, siete davvero tutti adorabili! a proposito, il mio nick di twitter è @charliebelieves, per cui se volete chiedermi qualcosa oppure volete essere aggiornati ogni volta che posto menzionate pure! I'm here for ya.
E POI PASSATE DALLO SPIN OFF DI MANUELA O VI TRUCIDO! e.e peggio di come farebbe louis. il link l'ha messo manu sotto :3
Okay, I'm out! Vi lascio alle spassosisime note di Manuela, che stavolta si è davvero superata - sto ancora cercando di capire se è colpa del suo Bong di Prezzemolo o della Loccocosa come dice lei. Bah!
ADIOSSSSS
Charlie. 



Le Minchiate di Zia Manuela
hello bitches, qui è zia Manu *uuuuhhuhhh la folla è in delirio* Sono qui per commentare il capitolo di Carla, Si preannuncia una bella lotta...
ok non ho un futuro da cronista sportivo passiamo ad altro. Perchè ho appena scritto una cosa del genere? non lo so. Bene. non la cancellerò, non ho voglia di trovare un modo più figo di iniziare. Okay. well done. seems a good start. i don't think so but well, let's say something that makes a fucking sense. i'm feeling pretty stupid. okay let's get back to my language.
Je voulais dire que...... hahaha ok basta mi sono rotta il cazzo. non so neanche se ho scritto giusta la roba francese... Oddio che delirio basta scriviamo queste cazzo di note! HAHAH
Dopo queste poche righe di pura follia delle Diciotto e Quarantesette di Giovedì Dodici Aprile Duemilaedodici, Parlerei di questo capitolo.
A me è piaciuto tanto, come al solito ma indovinato come se n'è uscita Carla.. "Manu è noioso e lungo" Questa era la sua premessa...tszè premessa di sto cazzo!
Io credo che abbia ricreato molto bene l'effetto sopresa finale e che adesso tutti vi stiate chiedendo chi è che ha aperto la porta *suspaance* e che magari stiate leggendo le mie note solo perchè sperate in uno dei miei spoiler bastardi HAHAH non ve ne faccio, no no no no no no!
Vi dico solo di prepararvi a delle belle novità nel prossimo capitolo e... Dal prossimo capitolo!
Come era ovvio Louis e Zayn non ci hanno deluse haha io li affitterei come DJ alla mia festa di compleanno u_u magari lascio a casa Niall, per questa faccenda del cibo! Ah comunque pur non essendo propio fan dei ragazzi, dovete assolutamente riservarmi un'applauso perchè capisco tutti i riferimenti alle carote etc. Grazie, grazie.
haha coomunque vi è piaciuto il regalo di Destiny? io ho adorato questa parte *-* anche ruolarlo è stato fighissimo perchè ai tempi ci misi un po' a decidere per la chitarra autografata ma alla fine mi venne quest'idea fulminante! Questa parte, insieme al Discorso finale di Louis (HAHAHA EPIC WIN) è stato il mio pezzo preferito direi *w*
Avete conosciuto Melissa! Come vi sembra? Non è un mio personaggio HAHAHA finalmente entra qualcuno che non mi riguarda trolol Però avete visto il mio Heat *w* il mio affascinante Heat! E tra parentesi, c'è un chiaro riferimento a Charlotte quando parla di una certa ragazza u.u Si, ne approfitto per dirvi di venire da me a dirmi qualcosa (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1012379) perchè l'esito di questo spin-off è piuttosto deprimente hahah
Coooomunque se fossi in voi recensirei in tanti e in fretta u_u perchè voi non lo sapete chi entra da quella porta, io si! non soffritemi troppo in attesa dell'altro capitolo u.u
Ultima cosetta, ringrazio tutte le nuove lettrici che hanno lasciato scritto qualcosa del tipo che con la mia rubrica ridete tantissimo o che mi stimate tanto ** vi ringrazio e sono contenta di farvi sorridere, però non vi taggo perchè oggi sono tipo la pigrizia fatta Manuela. E mi è presa pure la Locchisia (cit. il mio prof di latino.) Okay basta haha vi abbandono!
Riflessioni Finali:
Non ho mai scritto note peggiori di queste. Vado a scavarmi un fossato finche non mi si staccano le unghie dalla dita come Rosso Malpelo di Verga. Nonostante questo continuo a scrivere cazzate.............................. non so perchè le mie dita si muovano ancora sulla tastiera STACCATEMI DAL COMPUTER, STACCATEMI STACCATEEEEEEEEEEM- *BOM*

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** something's changed. ***



Nick.

«Cos'è questa storia che servono alcolici qui?», dissi rivolto a Megan mentre scendevamo le scale verso il magazzino. «Ha diciassette anni, e molti dei ragazzi a questa festa non sono neanche maggiorenni», mi lamentai. Avevo supervisionato l'organizzazione della festa, ma a quanto pareva qualcosa ero riuscito a farmela scappare dall'occhio. Oppure era stato Harry abbastanza bravo da non farmene rendere conto, il che mi sembrava più che probabile.
Mio figlio mi aveva categoricamente vietato di mettere anche solo un piede nella discoteca in cui si teneva la sua festa, ma non mi fidavo poi tanto di lui; per cui io, Anne, Megan e suo marito avevamo organizzato una cenetta per noi adulti, sempre all'interno del locale, ma al piano di sopra.
E nonostante ci trovassimo ad un piano di differenza con la festa, né io né Meg avevamo resistito all'idea di andare a fare un piccolo controllo giù. Avevamo quindi di nascosto dato un'occhiata all'andamento della festa, e tutto sembrava tranquillo, anche se in mezzo a quell'ammasso di gente non eravamo riusciti ad identificare Harry e Destiny.
«Non mi piace l'idea che servano alcolici, per niente», aggiunsi infine, mentre raggiungevamo l'ultimo gradino.
«Non piace neanche a me», affermò Megan. «Purtroppo mia figlia lo fa lo stesso, sa che non deve ma il fatto che viva da sola non aiuta per niente».
«Vogliamo parlare di tutte le volte che Harry è tornato a casa mezzo ubriaco? Le ho provate tutte, ma tanto le punizioni gli scivolano addosso, e continueranno a farlo», scrollai le spalle. Per quanto  avessi provato a mantenere l'ordine in famiglia, Harry era la pecora nera, un po' come mio fratello, anzi ero più che sicuro che avesse ereditato da lui.
Posai la mano sul pomello della porta e la spinsi in avanti.
Beh, per lo meno adesso capivo il perché non avevamo avvistato né mio figlio né Destiny di sopra alla festa.
I due ragazzi, impegnati a far altro, si accorsero solo qualche istante dopo della nostra entrata, si staccarono e ci fronteggiarono, negli sguardi un misto tra il sorpreso e l'attonito.
Incrociai le braccia al petto e fulminai mio figlio. Cercai di incitarmi a star calmo, ma ero davvero furioso in quell'istante.
Possibile che sapesse come fare a deludermi ogni singola volta? Lanciai uno sguardo di fuoco al ragazzo, che, una volta ripreso dalla sorpresa, sosteneva il mio con facilità, seppure con un po' di riguardo.
«Mi avevi promesso che ti saresti impegnato», cominciai, con un tono inaspettatamente calmo. Ma Harry sapeva – e lo vedevo dal suo sguardo – che la tempesta stava per scoppiare. «Non ti ho creduto fino in fondo, ma andava bene. Sapevo che non avresti messo totalmente la testa a posto ma non mi importava, fino a che avresti rigato dritto», sospirai, per riprendere fiato: ero furioso. «Il fatto che non avessi mai avuto voglia di studiare l'avevo già capito, ma non pensavo saresti arrivato a tanto, ad usare qualcuno per evitare una punizione. Certo, adesso capisco da dove è venuta fuori tutta questa voglia di studiare», dissi sprezzante, con una punta di sarcasmo amaro. Stavo per continuare con il mio monologo ma fui interrotto da Destiny, la quale mi aveva rivolto un'occhiataccia velenosa.
«Non mi faccio usare da nessuno, non si preoccupi», rimbeccò sprezzante la ragazza. «È impossibile pensare che io piaccia a suo figlio?». In quel momento, a discapito della situazione, non riuscii a fare a meno di pensare che era l'esatta fotocopia di Megan quando aveva la sua età.
«Destiny, non parlargli così!», la riprese Megan al mio fianco.
La guardai con un'occhiata un po' dura, ma sicuramente meno di quella che avevo riservato a mio figlio. Dopo tutto, arroganza a parte, lei era solo un'altra delle innumerevoli vittime d'interesse che Harry avrebbe aggiunto alla lista. Non mi era mai piaciuto il modo in cui trattava le ragazze e le persone in generale, ma questa cosa aveva superato ogni limite adesso. Un po' perché mi sentivo in qualche modo protettivo verso la figlia di Megan, e un po' perché stavolta Harry aveva davvero toccato il fondo, sentivo che era il momento di finirla.
«Non sto dicendo che è impossibile», feci, «ma conosco Harry e so bene come ragiona. E credimi non sarebbe la prima volta che usa in questo modo una persona per riuscire nei suoi intenti», dissi, secco. «Allora sentiamo, perché non ci avete detto niente prima?», incrociai le braccia al petto, fissandoli in attesa.
Destiny sembrava pensierosa, e pian piano la vidi lasciar andare la mano di Harry, che in questo tempo era rimasto a fissarmi in silenzio con un'espressione mista tra lo stupore, l'irritazione e la rabbia.
«Non voglio usare nessuno!», sbottò di colpo, facendo sussultare sia me che Megan. «Non ti ho detto niente perché sapevo come l'avresti presa. Avresti pensato che non mi sarei impegnato a scuola e mi avresti impedito di vederla», disse rivolto verso di me, quasi a raffica. Ansimante, cercò poi di riprendere il respiro e di calmarsi. «Ma non è così», concluse.
«La sua media scolastica non calerà, visto che le interessa solo quello», fece d'improvviso Destiny con voce atona prima di attraversare la sala con passo deciso.
Lo sguardo di Harry la seguì fino a quando non scomparve su per le scale, e poi si affievolì lentamente; tornò a fissare me, e questa volta sembrava furioso. «Ma perché devi sempre dare la tua opinione come quella vincente? Il mio mondo non va come credi tu. Smettila di pensare di potermi leggere nella mente, okay?», sputò Harry rivolto a me, gli occhi verde smeraldo, uguali a quelli della madre, visibilmente infuocati.
«Non lo penso io. È quello che hai sempre fatto fin'ora con tutti», replicai guardandolo duramente.
«Tu non sai niente», disse guardandomi sprezzante, e sputò quelle parole come fossero veleno. Si passò nervosamente una mano tra i capelli e si guardò intorno, per poi tornare a fulminarmi con gli occhi. «È così difficile pensare che io ci tenga davvero a lei?».
Lo guardai per qualche istante, scrutando i suoi occhi che stranamente mi sembravano sinceri. Non che mi dispiacesse il fatto che stesse con Destiny. Anzi: tra le ragazze che aveva avuto questa sembrava decisamente la migliore; ma non sopportavo tutte quelle bugie, quei sotterfugi inutili che mio figlio si creava sempre attorno in queste situazioni, facendo così credere a tutti di qualche losco imbroglio quando non c'era niente di male sotto, in realtà. Ero ancora un po' dubbioso, nonostante tutto. «Se dici che ci tieni... Meg?», mi voltai verso la donna che mi stava accanto, in attesa del suo “verdetto”.
Harry sbuffò, esausto. «Non me ne frega un cazzo del vostro parere», disse sincero prima che Megan potesse proferir parola, per poi sorpassarci velocemente, e si avviò su per le scale.


Destiny.

Che schifo. Non mi andava di sentirmi dire che ero stato un passatempo per addolcire la punizione. E non mi sarei mai aspettata di dovermi trovare faccia a faccia con quell'idea, che mi faceva venir voglia di vomitare. All'inizio mi era sembrato un discorso senza capo né coda, una cosa così era troppo cattiva, ed Harry non era cattivo; ma il tono di suo padre era davvero sicuro del fatto suo.
«Mi serviva qualcuno che mi passasse le risposte del test di matematica», aveva detto la sera alla festa di Jimmy su una delle sue ex, quasi a volermi anticipare quale sarebbe stata la mia destinazione d'uso. Ma allora non ci avevo fatto molto caso. «Tu sei diversa», aveva detto ancora, magari per la centesima volta alla centesima ragazza. E io ci ero cascata, proprio come una primina che si era presa una cotta stratosferica per il più popolare della scuola. Era proprio l'idea di essere caduta in trappola ad irritarmi, più che il pensiero che lui mi avesse usato, perché in fondo avrei dovuto aspettarmelo. La cosa peggiore che mi potesse capitare, per quanto mi riguardava, era essere presa in giro da qualcuno, perché ero troppo orgogliosa e mi consideravo troppo intelligente perché accadesse proprio a me.
«Ehi», Harry si sporse oltre il finestrino aperto della mia auto. «Posso entrare?».
Dal posto di guida annuii flebilmente, mantenendo la stessa espressione. Lui non aspettò altro, aprì lo sportello e si accomodò sul sedile del passeggero.
«Non ti voglio rovinare il compleanno. Torna pure dentro, io vado a casa», esordii guardando di fronte a me.
Lo vidi con la coda dell'occhio scuotere la testa. «È il mio compleanno e voglio passarlo con la mia ragazza; se vai via tu vengo anch'io».
«Non puoi andartene dalla tua festa», dissi paziente, «Non preoccuparti. Scendi, avanti».
«Lascia perdere la festa, okay?», disse a voce un po' troppo alta, e non accennò a muoversi. Si schiarì poi la gola e fissò anche lui un punto imprecisato di fronte a sé. «Ce l'hai con me?», domandò.
«Forse», risposi prontamente. Se fossi stata sicura al cento per cento di ciò che aveva detto Nick non gli avrei più rivolto la parola. Ero ancora incerta, ma avevo imparato a mie spese che fidarsi troppo è incredibilmente sbagliato.
«Pensi che ti stia usando?», rincarò la dose.
«Non lo so», dissi sinceramente tirando un lungo sospiro.
Sbuffò piano, appoggiando un gomito al cruscotto. «Non capisco perché credi a quello che dice», replicò con una punta d'irritazione. «Lo sai che ci tengo a te, lui non ha capito niente. Non ti fidi?».
«Mi fido, ma tuo padre ti conosce da diciassette anni, e ho i miei motivi per credere che non sia completamente pazzo».
«Perciò pensi che avrei anche potuto dirti cazzate per tutto questo tempo, solo per un mio scopo personale?», domandò, senza nascondere una smorfia indignata sul viso.
«Non sarebbe insensato», ammisi, in tutta sincerità.
«Mi credi davvero così schifoso?».
«Dopo tutto non ti conosco da moltissimo. Potrebbe essere così», dissi pensierosa.
«È logico, no? Pensi ti abbia preso in giro e preferisci credere a mio padre, che di questa storia non ha capito una mazza», fece Harry in un tono amaro.
«Non ho detto che credo a tuo padre!», esclamai irritata. «Ho detto che è tra le opzioni. Sinceramente non amo l'idea; anzi, credimi, se fosse vero dovresti solo toglierti dalla mia vista più velocemente possibile».
Lo vidi serrare la mandibola e spostare lo sguardo verso il parcheggio. «Va bene, allora deciditi. Io te l'ho detto. Perciò non so, vedi tu a chi credere, o meglio, quale opzione scegliere», sentenziò con una smorfia acida.
Scossi leggermente la testa e sospirai. Lo conoscevo, Harry. Sapevo bene che un discorso del genere non sarebbe riuscito a comprenderlo né oggi, né mai. E non perché non ci arrivasse: ma semplicemente perché la sua mente non funzionava così. Per lui o era bianco oppure era nero, o era destra o sinistra. Non sopportava l'idea di dover valutare delle alternative, perché lui era una persona molto istintiva. Le cose dovevano essere in un modo o in un altro per forza. Non lo biasimavo per questo, sapevo che non mi avrebbe capita; ma non avevo certo intenzione di dargli ragione così facilmente, non prima di essermi assicurata al cento per cento di non essere un semplice passatempo per lui.
«Dovrei andare e scusarmi con mia madre», dissi con un tono di voce più calmo, togliendo la sicura dalla mia macchina. Ma non prima di aver chiarito con lui. «Okay», sospirai, «non voglio litigare con te. Tuo padre ha chiaramente detto che usi le persone e inizialmente mi è sembrata la cosa più assurda del mondo, poi mi è venuto qualche dubbio, ma non voglio scusarmi per questo. Sono naturalmente diffidente, sono io», scrollai le spalle. «Ma l'idea che tu possa avermi usato tutto questo tempo mi ha mandata in bestia. Io... non so che cosa fare. Forse è perché non ti conosco davvero così bene come credo, ma non riesco a capire quando sei sincero e quando menti», ammisi in tutta sincerità, con un sospiro.
Ci fu qualche attimo di silenzio, colmato dai nostri respiri irregolari e dall'eco ovattato e lontano della musica nel locale.
«Mio padre non ha torto marcio», lo sentii pronunciare quelle parole come fossero un'incudine pesantissima, che andava a scagliarsi all'interno dell'abitacolo, esattamente fra noi due. Mi voltai verso di lui e rimasi a fissarlo, in attesa. La sua voce era un po' roca, e parlò più lentamente del solito. «È... capitato. Non lo so, è una cosa che faccio da sempre, ma uso le persone. E all'inizio le ripetizioni erano solo un pretesto per evitare la punizione di mio padre», confessò, ma erano cose che già sapevo. «Poi all'inizio ci ho provato con te, perché in effetti pensavo che ci saresti cascata e avrei potuto divertirmi anche con te», disse, e istintivamente ripensai al pomeriggio in cui mi aveva dato lezioni di batteria e aveva tentato di baciarmi. «Ma ovviamente tu non sei come le altre ragazze, non ci sei cascata neanche per un secondo».
E invece sì, a quanto pare, quel pensiero amaro si fece largo nella mia mente immediatamente. Ma rimasi in silenzio, in attesa che lui continuasse a parlare.
«E non ti chiedi perché stai con me, adesso?», domandò incalzante.
«Perché sono un'idiota», bofonchiai incrociando le braccia al petto.
«No!», mi riprese subito con enfasi, «Qualcosa è cambiato, non te ne sei accorta? Non lo so, io mi sono accorto di tenerci tanto a te», spiegò abbassando lo sguardo. Stranamente, e questo non gli capitava mai, sembrava aver difficoltà a trovare le parole giuste. Continuava incessantemente a tamburellare con le mani sulle sue ginocchia, cosa che faceva sempre quand'era nervoso. «E non sopporto il fatto che tu dubiti di me», continuò
«perché- perché tu mi stai letteralmente mandando in confusione. Non so starti lontano e mi sento incredibilmente legato a te. Non mi era mai successo, non è una cosa da me. Sento che sto perdendo la mia indipendenza ed è tutta colpa tua. Ma sono già due mesi che mi scervello e non riesco a capire cosa diamine mi stia succedendo, solo adesso mi rendo conto di amarti. Per questo non sopporto che tu-»
«Aspetta. Cosa hai detto?», lo fulminai di scatto con lo sguardo, la voce smorzata dalla sorpresa.
Il suo sguardo si allacciò al mio e mi persi nei suoi occhi intensi, profondi, abissali.
«Ti amo, Destiny», ripeté con più calma e decisione.
Un colpo al cuore.
E poi un altro.
Aveva davvero detto di amarmi?
Prima ancora che la mia mente potesse metabolizzare a pieno quelle parole, mi sentii incredibilmente in colpa per aver dubitato di lui.
C'erano tante cose da dire, in quel momento. Alcune terribilmente sdolcinate, altre neanche un po'. Ma a volte le parole non servono proprio a niente.
Così mi fiondai tra le sue braccia.


charlie's corner.
First of all: visto che ho postato in tempo? :D
Secondo: siamo arrivati a 200 seguitori! (?) *O* cioè siete fantastici. Mi commuovo :')
Aaah, ci sono tantissime cose che vorrei dire! Troppe cose da dire, poco spazio e poco tempo - sì, perché alle nove meno un quarto di sera di domenica non ho ancora cominciato i compiti :') #sonoio
Comuunque. Direi di cominciare dai POV di questi capitoli. Per la prima volta ne abbiamo uno con due narratori; personalmente la scelta è stata durissima perché dovevo scegliere tra i POV di Harry, Destiny, Nick e Megan. Ho dovuto sacrificare Harry e Megan però alla fine... oh beh.
Vi avverto: la prima che se ne esce con un insulto per il mio Nick subirà una fine MOLTO MOLTO DOLOROSA. Perché è vero che in questo capitolo è un po' rompipalle ma andiamo, Nick non si può non amare :') boh, comunque sono parecchio affezionata a lui quindi non me lo insultate o vi lincio tutte e.e haha tanto love <3
Comunque qualcuna di voi c'è arrivata al fatto che era Nick ad aprire la porta! #YEAH siete tanto faighe babies.
Quindi, forse sarete un po' incazzate con Harry per il fatto che all'inizio pensava di usare Destiny, però come on, come fate a non addolcirvi una volta che le ha detto ti amo? :'3 AHAHAH comunque volevo chiarire una cosa! Destiny non dice ti amo, ma non perché non provi gli stessi sentimenti di Harry, anzi. Ho scelto di non farglielo dire, dopo averci pensato un po', semplicemente perché non credevo fosse il caso, perché sarebbe suonato un po' troppo da "visto che me l'hai detto tu, te lo dico anch'io, tanto per", non so se mi spiego D: haha ma Destiny non è assolutamente questo tipo di ragazza, e non mi piace il fatto che appaia così e.e
Inoltre, RICORDATE DI PASSARE DALLA FANFICTION DI MANUELA, CHE STA PER POSTARE IL TERZO CAPITOLO! YEPPAAAAAH!
Detto questo, una volta che posterò mi verranno in mente 13849213842 altre cose che avrei dovuto scrivere in queste note ma al momento tutto ciò a cui riesco a pensare è quel capitolo e mezzo di Promessi Sposi che non ho ancora letto. (O forse sono due? Oh Gosh)
Ricordate sempre che "Potrete perdere la fiducia in noi, ma MAI in voi stessi"
- mio padre e mia sorella stanno guardando Transformers o quello che è, e un robot ha appena detto sta frase, e anche se non ho la più pallida idea di cosa cazzo voglia dire mi andava di scrivervela LOOL - che gran figo che è Shia LaBeouf? *O*
okay fine dello sclero, Renzo, Lucia, Innominato e compagnia bella STO ARRIVAAANDO.
Charlie.



Le minchiate di Zia Manuela.
Inizio queste note scusandomi pubblicamente per le precedenti, ma mi giustifico dicendovi che i miei neuroni erano in vacanza alle bahamas. Bene :)
Questo capitolo è uno dei più importati della fanfiction quindi mi sento di fare la seria (HAHAH CAZZATE) no non ci riesco, però cercherò di trattenermi trolol. Principalmente, doveva essere una svolta nella storia perchè ora i genitori di Harry e Destiny sono a conoscenza del loro rapporto, ma adesso c'è un'altro motivo che sorclassa di gran lunga il primo. ti amo *---* ti amo! si sono detti ti amo <3 in realtà lo ha detto lui ma io, da creatrice di destiny, vi dico che lo ama anche lei haha (dai potevate arrivarci dasole) Nella ruolata non era previsto, infatti avrebbero dovuto dirselo più avanti ma secondo me ci sta tantissimo :') Mi è piaciuto da matti! Scommetto che i vostri cuoricini saranno in defibrillazione!
Troppe novità tutte in un capitolo eh? e_e Lo so, lo so! Adesso lascio le vostre testoline metabollizzare perchè non è finita quii sono lieta di annunciarvi che accadranno tante altre belle cosine *__* che però non vi spoilero perchè diciamo anche che ho rotto il cazzo di spoilerare haha inoltre come ho gia detto voi leggete solo per i miei spoiler quindi da oggi in poi SAPETE COSA? se mi leggete per gli spoiler smettete di leggermi perchè non ne farò più, pff! (okay magari capiterà.... è pià forte di me e poi è questo il mio ruolo haha)
Il primo pezzo è sotto un punto di vista dal quale non avete mai letto, Nick. Non sono sicura, ma non penso che ritroverete mai più qualcosa del genere quindi fate bene attenzione a come pensa Nicola perchè è molto importante u_u insomma lui come avete capito, immagina che il figlio stia usando desy e a lei vengono dei dubbi. Ma alla faccia di NicholasDiPocaFede poi finisce tutto bene *-* Adoro questo capitolo, l'ultima parte ha sorpreso tanto anche me <3
Mi congratulo con tutte quelle che hanno indovinato che propio Nick avrebbe aperto la porta, e mi dileguo! Alla prossima nipotine, zia Manuela vi ama xx

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** romeo & juliet: the backwords story. ***



 

Harry.
 
Era domenica sera. Sdraiato sul letto, con la testa leggermente sollevata e appoggiata alla testiera, mi rigiravo tra le mani una palla pazza che era sfuggita dalla camera di Ronnie e mi ero ritrovato davanti alla mia porta. Okay, al dire il vero era andata così: avevo aperto la porta della mia stanza ed ero entrato quasi di corsa, senza neanche accorgermi della pallina che giaceva sul pavimento; ci avevo messo il piede sopra ed ero bellamente scivolato a terra sbattendo la schiena. Se mi avesse visto qualcuno, anche la stessa Ronnie, mi avrebbe riso in faccia.
Da due giorni a questa parte la mia stanza era stata la mia unica compagna di vita, l'unico passatempo, e in un certo senso anche l'unico posto in cui volessi davvero stare. Lasciato solo con la mia solitudine, la mia pena stavolta era stata l'ergastolo due settimane senza telefono, computer, amici, macchina, uscite e soprattutto senza Destiny.
«Vedi, è questo che mi ha fatto arrabbiare, Harry. Avresti dovuto dirmelo prima. Perché tutti questi segreti?», aveva esordito mio padre la sera del mio compleanno, non appena io e la mia ragazza eravamo andati a scusarci per il nostro comportamento. «Cosa pensavi? Che non ti avessi più permesso di vederla per via della scuola? Non sono così crudele». E detto questo aveva segnato proprio nel centro. Sebbene lui sostenesse che non sarebbe mai stato così cattivo nei miei confronti, io rimasi convinto della mia idea: tant'era. «Forse adesso dovrei farlo per davvero, ma solo per come vi siete comportati», aveva continuato poi, additando sia me che Destiny con uno dei suoi sguardi severi e intransigenti. Nonostante ciò sapevo di averla scampata, e questo lo sapeva anche Destiny: il peggio era passato, ma adesso c'era da fare i conti con le punizioni temporanee. Niente di che, certo, ma era pur sempre qualcosa di parecchio fastidioso, specie per me. 
Destiny se la cavò con una semplice lavata di capo da parte di Megan e niente punizioni, ma, a parte questo, la donna, che lei stessa mi aveva descritto come chissà quale grande tiranna, convinse mio padre a diminuire la mia punizione da un mese a due settimane, con la scusa che sua figlia era comunque per me uno stimolo a studiare. Destiny era passata dall'essere una distrazione a diventare uno stimolo verso i libri: le cose perciò stavano decisamente andando per il verso giusto. L'unica cosa negativa al momento rimanevano le due settimane da scontare da eremita, o almeno così mio padre pensava sarebbero state. Ero un esperto nell'evadere di casa in queste situazioni, ma stavolta preferivo aspettare che il week-end passasse: non perché fossi spaventato, ma perché, qualora qualcosa fosse andato storto, stavolta avrei avuto effettivamente qualcosa da perdere. E sinceramente dovermi limitare a vedere la mia ragazza solo durante l'ora di chimica a scuola e a pranzo era già un vero strazio, per cui non volevo certo fornire a mio padre altre motivazioni per le quali sentirsi costretto ad allungare la tortura. 
Rapito dai miei pensieri e dagli strani colori della pallina che avevo tra le mani, il mio cervello registrò un po' troppo tardi che lo strano rumore intermittente, che udivo dalla porta-finestra che dava al balcone, era del tutto anomalo. A quel punto mi ci volle un attimo per capire che si trattava di un ticchettio troppo ritmico ed insistente per essere provocato dal vento o dal gatto che si era arrampicato fino al balcone. Incuriosito da ciò, mi alzai dal letto e raggiunsi la porta-finestra, per poi tirare la tenda. Dall'altra parte del vetro una Destiny in tenuta sportiva, ovvero pantaloncini e canottiera, mi salutava con la mano, sorridente, e pronta a lasciarmi senza parole. Spalancai gli occhi, sorpreso, e mi affrettai ad aprire la porta-finestra.
«E da dove diamine salti fuori, tu?», domandai guardandola incredulo e sollevando un sopracciglio. 
Lei scrollò le spalle indifferente. «Da casa mia», ridacchiò sarcastica aprendosi in uno dei suoi sorrisi smaglianti che adoravo. «Ciao!», disse raggiante prima di avvicinarsi e lasciarmi un lungo bacio sulle labbra, al quale ricambiai senza alcun indugio, stringendola di più a me. 
«Ciao», le sorrisi poi. Mi affacciai dal balcone della mia camera, tuttavia ancora un po' scioccato. «Ti sei arrampicata?», le chiesi aggrottando le sopracciglia. 
Destiny annuì con fare orgoglioso. «Mi sono proprio arrampicata!», disse, «È stato divertente, sai? Ho anche preparato gli indumenti da scalatrice», fece poi indicando il proprio abbigliamento.
Scossi la testa divertito guardandola. «Tu sei pazza», commentai ridacchiando leggermente. «Vieni, entriamo», la presi per mano e la trascinai all'interno della mia stanza, per poi sdraiarmi sul mio letto come prima e farle cenno di fare lo stesso. «Grazie di esserti arrampicata per me», dissi sorridendole e le lasciai un leggero bacio a fior di labbra. «Oh, e come ci sei arrivata fin qui?», domandai incuriosito.
Lei, sdraiatasi su un fianco e reggendo la testa con la mano chiusa a pugno, il gomito appoggiato al cuscino, scrollò le spalle. «Con le mie fedeli scarpe da ginnastica», disse con semplicità, il che mi fece strabuzzare maggiormente gli occhi. 
«Sei venuta fin qui a piedi da casa tua?!», ripresi scioccato, seppur cercando a stento di mantenere un voce di tono di basso, poiché Ronnie stava dormendo nella stanza accanto e i miei genitori guardavano un film al piano inferiore. «Ma è a isolati da qui!». Per raggiungere casa di Destiny impiegavo dieci minuti in macchina: il che voleva dire che a piedi doveva averci impiegato come minimo un venti, trenta minuti. 
«Pensi che non lo sappia? Ho le suole consumate!», fece lei ridendo. Poi scrollò le spalle indifferente. «Non importa, volevo vederti. Se fossi venuta con l'auto l'avrebbero sicuramente vista e non sapevo dove parcheggiare lontano da qui».
Le diedi un bacio a fior di labbra e le accarezzai delicatamente la guancia. «Grazie, davvero», dissi. Significava molto per me il fatto che avesse percorso tutto quello spazio a piedi solo e solamente per vedermi, per qualche ora o forse di meno. Voleva dire che davvero importavo qualcosa per lei, come lei era importante per me. «Ti amo», sussurrai, quasi inconsciamente. Da quando gliel'avevo confessato la sera del mio compleanno, e soprattutto l'avevo confessato a me stesso, non riuscivo a smettere di pensarlo. Due sole semplici parole sembravano adesso racchiudere tutte le risposte che avevo sempre cercato ogni singola volta che mi interrogavo su quelle strane sensazioni che lei mi provocava. E adesso che avevo finalmente scovato l'arcano, non avevo la minima intenzione di accantonarlo. Al contrario, dirle quello che provavo mi faceva sentire felice, a posto con me stesso. 
«Ti amo», ripeté lei. Sentirlo da parte sua era come prendere una grande boccata d'aria di campagna, pura e limpida, nel denso smog di Los Angeles. Il tono in cui lo dicevamo era sincero e carico d'affetto, del tutto differente dalla cantilena con cui le altre coppie si dicevano di amarsi. Forse per questo Destiny era diversa, forse per questo ci amavamo veramente. Magari eravamo solo due diciassettenni inesperti, e che cosa ne dovevamo sapere noi dell'amore?, avrebbe chiesto qualche vecchio saggio; ma sono sempre stato del parere che ci sono cose che non hanno età, come l'amore. E forse era vero, forse eravamo davvero giovani e inesperti e dovevamo ancora vivere tanto della vita, ma su questo non c'era alcun dubbio: per me, quello era amore. 
«Hai cambiato tutto», sussurrai, più per affermare un'altra nuova verità a me stesso che per comunicarla a lei. 
Lei mi osservò per qualche istante con la fronte corrugata. «Di che cambiamento parli? Se ti riferisci ai vestiti, lo so che non è proprio il mio stile ma dovevo scalare una casa e, sai, ho pensato di mettermi comoda!», ridacchiò divertita, ma io scossi la testa, un po' più serio.
«Non mi riferivo a quello», risi leggermente e le scostai una ciocca di capelli dal viso. «Parlavo del fatto che quando ci sei tu, io sono diverso».
Destiny a quel punto sembrò totalmente colta di sorpresa: il suo sguardo, da divertito e sereno, cambiò in un batter d'occhio, e si sciolse in un sorriso mentre mi guardava negli occhi. «Davvero?», disse avvicinando il suo viso al mio. «Non credevo che potessi essere così dolce». Prima che potessi rispondere mi colse in un lungo e passionale bacio. La strinsi di più a me appoggiando una mano alla sua vita, mentre al contempo lei giocava come suo solito con i miei riccioli. Mi mordicchiò il labbro inferiore teneramente, prima di sorridermi di nuovo, sfiorando il mio naso con il suo. 
«Non farci troppo l'abitudine», dissi contro le sue labbra con un leggero sorriso stampato sulle mie.
La mia presa sui suoi fianchi si fece lentamente sempre più leggera; fino a quando, con le punte delle dita, non presi ad accarezzarla in maniera provocante per poi finire eventualmente nel farle il solletico. Lei, colta completamente alla sprovvista, prese contorcersi sul letto, mentre la sua risata forte e cristallina riempiva il silenzio della stanza.
«Smettila, smettila ti prego!», implorò tra una risata e l'altra, mentre cercava disperatamente di bloccare le mie mani. Si sdraiò completamente sul letto ed io finii sopra di lei, ma non accennavo in nessun modo a porre fine alla mia tortura. «Harry! Se non la smetti subito ritiro tutto, non ti amo più!», borbottò ancora, e scoppiò in una nuova sonora risata. 
Divertito dalla situazione, scossi la testa guardandola dall'alto, mentre con le mani facevo su e giù per i suoi fianchi. «Tanto non ci credo», protestai con un sorriso mascalzone dipinto sul volto. Dopo essermi divertito un po' la lasciai andare, sdraiandomi accanto a lei. «Hai una risata rumorosissima», commentai sorridendole. 
«Lo so, l'ho presa da mia madre», rispose appoggiando la testa alla mia spalla, «tu vedi di non farmi ridere e siamo a posto».
«Allora vediamo di tenere quella tua boccaccia occupata», ripresi divertito, spostando stavolta lei sopra di me. Destiny si sistemò meglio e unì le nostre labbra dolcemente, in un bacio prima lento e tenero, poi più veloce e passionale. Facevo scorrere le mie mani su e giù per la sua schiena, accarezzandole i capelli o solleticandole i suoi punti deboli, mentre la sentivo avere i brividi su di me. Lei mi scompigliava a suo piacere i capelli, attorcigliando i ricci attorno alle sue dita e giocando con essi. 
Ad un tratto sentimmo dei rumori al piano di sotto e poi qualcuno salire su per le scale. «Sono i miei», dissi infastidito, un po' ansimante. Non ero del tutto sicuro se sarebbero andati direttamente a letto oppure passati a dare una controllata a me; in ogni caso ero obbligato a stare in camera ma senza chiudere la porta a chiave, per cui Destiny – non prima di aver sbuffato stancamente, mostrando così tutto il suo disappunto – si rifugiò sotto il letto per precauzione. 
Ed ecco infatti la maniglia della porta che si abbassava, e vidi entrare sia Nick che Anne. Io ero ancora sdraiato sul letto, nell'esatta posizione di prima – solo che adesso Destiny non era più sopra di me – e avevo ancora gli occhi spalancati, per cui non feci in tempo a fingere di dormire. Mia madre si avvicinò e si venne a sedere sul letto accanto a me, guardandomi con un'aria un po' apprensiva. «Come stai, tesoro?», chiese lei. Trattenni un respiro; poi lei allungò una mano per accarezzarmi i ricci. «Hai i capelli tutti scompigliati. Che hai fatto?», chiese poi.
«Niente», risposi pacatamente cercando di sembrare tranquillo, mentre nella mia testa maledicevo Destiny e la sua dannata fissazione per i riccioli. 
«Hai anche le labbra gonfie», disse poi divertita, e trattenni il fiato per un altro secondo. Potevo benissimo immaginarmi Destiny sghignazzare in silenzio sotto il letto in quell'istante.
«Tutto a posto?», chiese mio padre.
Mi misi a sedere sul letto, appoggiando la schiena alla testiera. «Sì, tutto meravigliosamente», dissi annuendo convinto, mentre nella mia testa pregavo che andassero via al più presto possibile.
Che volete? Perché non ve ne andate?, protestavo tra me e me, ma evidentemente nonostante stessi urlando nei miei pensieri loro non riuscivano a recepire il concetto, nemmeno dalle mie occhiate eloquenti.
«Va bene che sei in punizione, ma non c'è motivo che tu rimanga nella tua stanza, lo sai no?», disse mia madre accarezzandomi una guancia.
Sicuramente quella sera non c'era altra stanza in cui avrei voluto essere. 
Annuii guardandola. «D'accordo», dissi.
«Adesso vai a letto però. È tardi», fece mio padre. Li guardai dirigersi verso la porta della mia stanza, ed ero sul punto di fare un sospiro di sollievo; ma all'improvviso questi si bloccarono. Sulla soglia stava un'assonnata ed impaurita Ronnie in pigiama, che stringeva tra le braccia un elefantino di pezza. Corse ad abbracciare mia madre piangendo e mormorando frasi incomprensibili, soffocate dalla stoffa della sua maglietta. 
«Ho fatto un brutto sogno», si lamentò poi, «posso dormire con voi?».
Mia madre stava per rispondere, ma mio padre la interruppe per tempo. «Dormi con Harry per stanotte. Ti va?», disse con un sorriso, senza neanche chiedere il mio parere. Pronto? Avevo ospiti. Non potevo certo mettermi a fare da baby-sitter ad una bambina lagnosa. Ronnie mi guardò con gli occhi che luccicavano e sorrise speranzosa.
«Ma papà...», feci per lamentarmi scuotendo più volte la testa, ma Ronnie era già saltata sul mio letto e loro due erano usciti dalla camera, diretti verso la loro.
«Buonanotte!», urlò mio padre dal corridoio mentre io facevo una smorfia, e mia sorella si accoccolava sotto le coperte. 
Sospirai profondamente; beh, il peggio era passato. Destiny fece all'improvviso capolino da sotto il letto, con un sonoro «Buh!» e fece lanciare un urlo a Ronnie, che soffocai prontamente coprendole la bocca con la mano.
«Sta' zitta», le dissi, cercando di tranquillizzarla. L'ultima cosa che volevo era che i miei ritornassero per controllare cosa stesse succedendo. Lei fissò incredula prima Destiny, poi me, e ancora di nuovo Destiny.
«Se papà lo scopre passerai guai grossi, lo sai?», disse la bimba rivolta verso di me, sollevando un sopracciglio a mo' di rimprovero. Detestavo avere una sorella così piccola eppure così sveglia. 
«Tu pensa a farti gli affari tuoi e vedrai che vivi più a lungo», ripresi con una smorfia la bambina, la quale rispose con una linguaccia, che ricambiai a mia volta. «Non oserai dire nulla, vero? Se solo dici qualcosa a mamma o papà giuro che racconto di quando al centro commerciale te ne sei andata da sola con la tua amichetta», la minacciai. Ancora ricordavo quel pomeriggio, era stato terribile: avevo seriamente pensato di aver perso mia sorella da qualche parte.
La piccola Ronnie mi fissò, riducendo le palpebre a due fessure. «E va bene. Anche se dovrei essere io a sorvegliarti, secondo papà», disse con aria pomposa. Da quando mio padre le aveva dato l'autorizzazione a farmi da secondino e a controllare ogni mia mossa durante la punizione, mia sorella sentiva di aver ricevuto un compito importante.
«Vedo che capisci come funziona il mondo», risi divertito scompigliando i capelli bruni di mia sorella, mentre Destiny si sdraiava sul letto accanto a noi.
«Ciao piccola!», disse sorridente verso di lei, e mia sorella non aspettò un secondo di più per allacciarle le braccia al collo. «Comunque lei non dirà niente, non serviva certo il ricatto. Non è vero?», fece lei sorridendo a Ronnie. «Insomma tu lo capisci, no? Avevo bisogno di vedere il ragazzo che amo tanto». 
A quelle parole sia io che Destiny ci guardammo un po' allarmati. Lei non aveva fatto caso alle parole che aveva usato, ma effettivamente Ronnie non poteva immaginare che le cose tra di noi si erano fatte così serie: non sapevamo che reazione aspettarci da lei.
Ma la bambina scosse semplicemente la testa e disse: «Se me l'avessi chiesto tu avrei detto di sì, non c'era bisogno di un ricatto». Mi ritrovai a sospirare sollevato. Da una parte però mi chiedevo per quale motivo Ronnie non aveva fatto troppo caso a quelle parole, “il ragazzo che amo tanto”, che per me avevano un significato parecchio serio. Ma forse era un po' per la sua innocenza, che la portava a pensare che stare insieme equivaleva ad amarsi, forse un po' perché lei era stata la prima che dall'inizio aveva inquadrato la situazione. 
Sollevai un sopracciglio, di fronte alle parole di mia sorella, fingendomi offeso. «Cos'è, la conosci da un paio di mesi e già preferisci lei a me? Sono tuo fratello!», protestai.
Destiny la prese in braccio e le fece appoggiare la schiena al suo petto. «Anche tu mi conosci da un paio di mesi e già mi adori, Harry. È l'effetto che faccio sulle persone, sono incredibilmente magnetica!», disse lei scoppiando a ridere. La osservai, mentre con un'espressione distratta accarezzava i capelli di Ronnie.
E in effetti era vero. 


charlie's corner.

*si nasconde in un angolino*
Lo so, lo so, ci ho messo tanto e scusate. Il problema principale è stato che fino a ieri sera ho avuto un blocco tremendo! Non riuscivo a scrivere niente che mi piacesse su questo capitolo, eppure mi sono forzata a scriverne una parte perché vi stavo facendo aspettare troppo – oh, come sono buona e cara. AMATEMI! u.u - quindi se leggete dei pezzi e sentite una sensazione di nausea salirvi da dentro e dovrete correre al bagno... beh scusate, sono gli effetti del blocco di ieri sera, colpa mia. Ops. 
A parte questo, sono contentissima perché avete cominciato a recensire in più persone! Da ora in poi posterò i capitoli solo se quelli precedenti avranno ricevuto quindici recensioni (: Visto che ci sono 220 persone che seguono questa ff, perché recensiscono solo e sempre le solite 15? Non che mi stia lamentando, eh, per carità! Ma mi piacerebbe avere i pareri di tutti. Davvero mi farebbe moooolto piacere c:
Okay forse adesso sto pretendendo troppo AHAHAHAH sappiate che vi amo, dal primo all'ultimo, vorrei avervi tutti qui per abbracciarvi forte solo perché state leggendo <333 Vi ricordo inoltre di passare dallo spin-off di Manuela che vi garantisco, è bellissimo davvero! *---* sul serio io amo come scrive questa ragazza, e se vi piace Lucky non potrete non amare Living young and wild and free semplicemente perché Manuela scrive benissimo, punto. E mi raccomando recensitela!
Inoltre. So che questa cosa non c'entra molto con la fanfiction ma sapete, è sempre bello farsi pubblicità #trololol avete presente i gdr? Sono dei giochi di ruolo in cui una persona sceglie un personaggio e lo fa “vivere” narrando le sue azioni. È in questo modo che sono nati Harry e Destiny e così la loro storia – io ero Harry e Manuela Destiny, per la precisione u.u. Ultimamente la nostra Manuela ha creato un nuovo gdr, ambientato a New York. LINK! Vi assicuro che è bellissimo e se voi amate scrivere o ruolare è il posto perfetto. Inoltre ci siamo io e Manuela a ruolare lì dentro, per cui CHE COSA STATE ASPETTANDO? AHAHAHAHAH just kidding. Mi farebbe molto piacere se passaste, merita tanto (: 
Vi lascio con l'introduzione al gdr scritta da Manuela che fa venire i brividi a leggerla di quanto è bella. CLICCA. 
Accorrete numerosi u____u
Al prossimo capitolo (che purtroppo sospetto non sarà poi tanto presto! D: )
Charlie :)

Le Minchiate di Zia Manuela.
Salve fanciulle! da quanto non ci si sente ** siamo tornate più cariche di prima, yay! Allora bellezze, questo capitolo segna un po' una svolta e un nuovo inizio. Le cose tra Harry e Destiny si stanno facendo sempre più serie e adesso come vedete si dicono cosine dolci senza alcuna riserva *w* però non abituatevi a questo! Sono contenta di dirvi che harry e desy non sono una di quelle comunissime coppie sdolcinate che si dicono ti amo ogni secondo. Quindi non aspettatevi troppi momenti dolci, perchè loro sono fatto così e a me piacciono molto di più così u__u però dopo la confessione di harry un momento del genere ci voleva *-* ruolare questa parte mi è piaciuto moltissimo, voi che ne pensate di Destiny versione super dimanica? LOL è sempre fantastica :* (parla la mamma di parte) Adesso i ragazzi sono in punizione ma come vedete trovano ugualmente il modo di vedersi because love is stronger than all u_u Quando il perfido Nick (lol no, è solo un po' severo) revocherò la punizione ad Harry preparatevi a vederne delle belle perchè le vicende Derry sono ancora da raccontare! Come vi dico sempre, questi ragazzi non hanno ancora finito di farvi emozionare :') e io sono S I C U R A che vi facciano emozionare, visto il numero esorbitante di lettori a cui carla è arrivata! sono propio contenta che questa ff abbia ottenuto questo successo assolutamente meritato. Però il numero di recensioni è nulla confronto alla gente che mette le storie tra le preferite e seguite quindi lasciate scritto qualcosa per dincibacco u.u Bene in queste note non sono stata stronza/sarcastica/spoileratrice però tornerò alla carica. Oggi mi sento buona! sarà che siamo in vacanza, che c'è un bel sole o che la mia vita è propio bella : ]
Zia Manu vi ama xx
 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** derry is the way. ***




Destiny.

You don't know, oh oh, 
you don't know you're beautiful, oh oh,
you don't know you're beautiful, 
and that's what makes you beautiful. 
 
 
Probabilmente non era la reazione che i cinque si aspettavano da parte mia, dal momento che mi avevano chiesto un parere onesto, ma non riuscii a fare a meno di scoppiare in una risata incontrollata. 
«Che c'è?», domandò Niall innocentemente, una traccia di offesa nella sua voce. 
«Niente di personale, ma sembrate tutti sul punto di commettere un suicidio quando cantate. Specialmente tu, Liam», ridacchiai e portai le ginocchia al petto, per poi appoggiare la schiena alla testiera del letto di Harry. 
«Prendiamo questa cosa molto seriamente», spiegò il diretto interessato corrugando la fronte.
«Sai che questo è un attentato alla mia simpatia? Ragazzi, questa plebea si è permessa di dire che il re della risata sembra depresso quando canta. Perché non è ancora stata trasformata in polvere da qualche divinità?», rimbeccò Louis dopo che si fu alzato in piedi, indicandomi, mentre la risata contagiosa di Niall riempiva l'aria. 
«Dico la verità!», ripresi, facendo spallucce, sulla difensiva. «È una canzone allegra, perché dovete cantarla con quei musi lunghi?».
Zayn sbuffò, mentre Louis ed Harry mi guardavano perplessi. Conoscevo quegli sguardi e non presagivano niente di buono. 
«Io dico che va punita per questa sua bestemmia», annuì sagacemente Louis, senza mai distogliere lo sguardo da me. 
Harry sollevò un sopracciglio. «Torture di gruppo?», propose e non riuscii neanche a replicare perché in meno di un secondo mi furono tutti e cinque addosso. 
«Aaah!», mi lamentai, cercando con le braccia di sfuggire alla salda presa di qualcuno. Li avevo tutti completamente sopra di me e, in un vano tentativo di farmi il solletico, si muovevano a destra e a manca, con il solo risultato di crearmi un gran voltastomaco. «Siete cinque bisonti!», mi lamentai, ormai rassegnata a sottostare al loro peso, scatenando la risata di Niall e Liam. 
«Abbraccio di gruppo?», fece Zayn in una voce assurda ed immediatamente mi sentii ancora più in trappola, stritolata dalle loro "coccole". 
«Preferirei che le orgie le faceste in mia assenza», dissi sarcastica, trovato un buco per poter respirare. 
Louis ridacchiò. «Ma senza di te non sarebbe divertente», commentò prima di allungarsi per lasciarmi un bacio sulla guancia. Ciò costrinse Zayn a piegarsi di più verso di me e a darmi una gomitata sullo stomaco, il che mi fece emettere un lamento di dolore, insieme a procurarmi una smorfia in viso. 
«Basta così ragazzi, il divertimento è finito. È la mia ragazza e ci tengo che rimanga viva», protestò a quel punto Harry prima di spingere gli altri fuori dal letto. 
Sorrisi impercettibilmente. Faceva ancora un certo effetto sentirgli dire la mia ragazza, specie in pubblico. Mi faceva sentire amata, desiderata. Non che ne avessi mai necessitato davvero: non ero quel tipo di ragazza che si sentiva persa senza qualcuno accanto, non avevo bisogno di sentirmi parte di qualcosa. Ero Destiny, e io bastavo a me stessa. Ma Harry... era un'altra storia. 
Mi accoccolai contro il suo petto mentre gli altri quattro trovavano altre sistemazioni nella camera. 
«È così che stanno le cose, eh, Harry? Prima ero io il tuo unico amore e adesso... guardati!», rimbeccò Louis mentre si accomodava sul divano. «Ti sei trovato la ragazza», disse indicandomi con una smorfia sul viso, come schifato.
«Tu resti l'unico ed il solo per me, sappilo», rispose Harry mandandogli un bacio per aria, e beccandosi prontamente uno schiaffo sulla spalla da parte mia.
«Doppiogiochista», lo rimproverai scherzosamente, mentre lui mi stringeva di più a sé, un sorriso sornione stampato sul suo volto. 
«Comunque, non ci hai ancora detto che ne pensi della canzone», fece Zayn mentre, al solito, si litigava la poltrona con Liam. Niall stava comodamente sdraiato sul tappeto a strimpellare la chitarra, ad imitare chissà quale rockstar.
«Oh giusto, la canzone», feci io notando che cinque paia di occhi mi fissavano in attesa. «Mi piace. Siete davvero bravi. Dovreste pensare seriamente ad una carriera nel mondo della musica».  
«Ci abbiamo già pensato», disse prontamente Harry, «mio padre ha detto che ci farà provare, ma vuole che prima ci diplomiamo».
«Oh», dissi sorpresa, incontrando gli occhi verdi del mio ragazzo. Nick era tra i capi di una casa discografica, quindi di certo non sarebbe stato difficile per i ragazzi trovare un appoggio solido nel business. «Non avete intenzione di andare al college, quindi?», chiesi, sebbene la mia fosse più una domanda retorica.
«No. Almeno, non se la cosa va in porto», disse tranquillamente Niall, tornando a pizzicare le corde della sua fedele Gibson. 
«E speriamo che ci vada, in questo porto!», fece un Louis scaramantico, mettendo in bella vista le dita incrociate. «Non ho intenzione di stare sui libri anche dopo il liceo». Sorrisi alle sue parole: conoscendo Louis, doveva già essere un supplizio per lui l'essere costretto a passare un altro anno a studiare per il diploma.
«Lo spero per voi, ragazzi», feci con un sorriso incoraggiante. 
Personalmente, a dire il vero, non avevo mai pensato seriamente al dopo-liceo. Sarei andata all'Università, e questo era certo, ma ancora non sapevo quale, e dove. E il fatto che ormai il terzo anno fosse agli sgoccioli mi metteva un po' di inquietudine, iniettandomi il pensiero dell'ultimo anno, domande d'ammissione, Università, esami e via dicendo. Forse il fatto che Harry, l'eterno ritardatario e colui che più di tutti viveva alla giornata, avesse già un piano preciso per il futuro mi aveva leggermente fatta sentire... in ritardo
«Parliamo di cose meno lontane, dai», ci esortò Louis mentre si metteva meglio a sedere. «Tipo il ballo. Chi di voi va al ballo di fine anno? Io sono rimasto senza accompagnatore, a quanto pare», e detto questo gettò un'occhiataccia ad Harry, che rise di gusto. 
«Io vado con Danielle», disse prontamente Liam.
«A conquistare per l'ennesima volta il titolo di re e reginetta del ballo?», disse sarcasticamente Zayn all'amico. 
Il moro sbuffò. «Non posso farci nulla se la gente ci vota! E Danielle poi adora queste cose». 
Non avevo mai avuto l'occasione di conoscerla davvero, Danielle. C'avevo parlato sì e no qualche volta, ma niente di più; non avevamo alcun corso insieme, e in più era il capitano delle cheerlearders per cui non pranzava mai al nostro tavolo, essendo sempre occupata tra prove e coreografie, a detta di Liam. 
«Io dico che quest'anno qualcun altro vi soffierà il posto», affermò Niall lanciando un'occhiatina verso me ed Harry.
«Huh?», feci io, sollevando un sopracciglio. 
«Non se ne parla nemmeno. Io e Destiny non siamo tagliati per queste cose; cedo volentieri il posto a Liam», disse Harry in tranquillità, intrecciando le dita della sua mano con le mie. 
«Dici? Ma io vi vedevo benissimo sul palco a ringraziare i vostri fans, con le corone in testa e gli scettri in mano», replicò divertito Louis con una finta aria sognante. «Vi dovrebbero affibbiare uno di quei nomi per le coppie, presente?».
«Tipo Brangelina?», disse Niall.
«No! Idiota. Loro si chiamano Destiny ed Harry!», Louis roteò gli occhi al cielo.
«Evitiamo, per favore», protestai. A trovare un nome ridicolo per noi due ci aveva già pensato Crystal, non appena saputa la “notizia” – e ovviamente dopo che mi ero rassegnata a chiederle scusa almeno un migliaio di volte per non averle detto nulla prima riguardo me ed Harry. In ogni caso non avevo intenzione di sentir nominare quel nome assurdo ancora una volta.
«Derry!» Come non detto. Roteai gli occhi mentre sbuffavo e nascosi il viso nella spalla di Harry.
«Non ho voglia di sentire quel nome ridicolo di nuovo», mi lamentai, la voce soffocata dalla maglietta di lui. 
«E invece ho il sospetto che lo ripeteremo spesso», proferì Louis prima di rivolgermi una linguaccia.
Stavo per rispondere, ma il bussare improvviso alla porta della camera interruppe i miei pensieri. «Salve signor Styles», feci quasi in contemporanea con gli altri ragazzi, quando il volto del padre di Harry apparve da dietro la porta. 
Fece qualche passo in avanti, con un cenno della testa rivolto verso tutti. «Salve ragazzi. Destiny, credo che tu debba tornare a casa», disse. Nella sua voce non c'era nulla di autoritario o irritato, il suo sembrava più un consiglio o una specie di avvertimento. Corrugai la fronte mentre Harry, che non sembrava essersi accorto del tono di suo padre, strinse un po' di più la presa sulla mia mano.
«Papà, lei non...», si oppose, ma non fece in tempo a finire la frase che Nick scosse la testa e parlò nuovamente. 
«Non glielo sto imponendo. Solo che è successa una cosa, e Destiny farebbe meglio ad andare da sua madre adesso. Ha chiamato poco fa», completò poi rivolgendosi a me. L'espressione colpita del suo sguardo non faceva presagire niente di bello. 
«D'accordo», dissi mentre mi alzavo dal letto, per poi lasciare un bacio sulla guancia di Harry. «Ti chiamo più tardi», gli dissi e mi affrettai ad uscire dalla camera assieme a Nick.
 
Casa di mia madre non era lontana. Posteggiai nel vialetto ed uscii dalla macchina, per poi dirigermi verso l'entrata. Avevo provato più volte a chiamarla al cellulare, ma non avevo ricevuto alcuna risposta; mi ero almeno rincuorata del fatto che, se si fosse trattato di qualcosa di veramente grave, sarei dovuta andare in ospedale – e che consolazione! In ogni caso presi appunto mentalmente e, già che c'ero, maledissi l'estrema misteriosità di Nick Styles, il quale nemmeno tramite un indizio aveva voluto svelarmi cosa stesse accadendo in casa di mia madre. 
Quando entrai, tuttavia, la scena mi sembrò preoccupatamente troppo tranquilla. Non mi ci volle molto da quel momento per accorgermi che, più che la calma, era la tensione a dominare quel salotto. Mia madre stava comodamente seduta sul divano a sorseggiare un tè; non riuscivo a vederla in faccia poiché era di spalle, eppure dall'entrata avevo una perfetta panoramica dell'uomo che le stava di fronte – che, ovviamente, non era mio padre. Si trattava di un uomo sulla trentina, dai folti capelli neri e lo sguardo trionfante. Era un tipo magro ma decisamente robusto, e riuscivo ad intravedere, grazie alle maniche della sua camicia svoltate più volte, il segno di un tatuaggio sul braccio sinistro. Fissava mia madre con un'espressione carica di ilarità ed esuberanza, e rideva di gusto facendo tremare leggermente i cuscini del divano, su cui stava seduto con un'incredibile nonchalance, quasi fosse a casa sua. Mia madre, al contrario, pareva immobile.
Non appena lo sguardo di lui catturò la mia figura che si faceva strada in corridoio, si caricò, se possibile, di maggiore spirito. 
«Accidenti, è tale e quale a te la ragazza, eh Meg?», gracchiò l'uomo mettendosi meglio a sedere per osservarmi meglio. Mia madre si voltò e mi sorrise, un po' debolmente. 
Solo quando entrai in salotto mi accorsi di mio fratello seduto alla poltrona e della sua espressione vitrea. Sembrava non essersi accorto di me, così come sembrava non far troppo caso alle altre due presenze nella stanza. Stava zitto e fissava il vuoto, con la testa tra le mani e un'espressione che non gli avevo mai visto addosso.
«Jason?», lo chiamai, titubante.
Silenzio. 
«Porca miseria. Fatti vedere meglio!», fece ancora l'uomo rivolto verso di me, che in risposta si beccò un'occhiataccia da serial killer. «È uguale a te, per davvero. Accipicchia. Fossi stato più giovane...!», esclamò con un sorriso malizioso, continuando a guardarmi. 
Rimasi in piedi, a ricambiare il suo sguardo con freddezza. 
«Chi è lei?», chiesi distaccata. Quell'uomo non mi piaceva, non mi piaceva per niente.
«Oh, che maleducato. Non mi sono presentato», fece questo appoggiando il braccio allo schienale del divano. «Sono David, David Pierce. E sono anche il padre di tuo fratello, lì... Jason».



charlie's corner.
TAN TAN... TAAAN!
Okay, per chiunque non se lo ricordi - ho notato più volte nei lettori qualche sintomo di amnesia - consiglio di rileggere il capitolo ottavo della fic, dove Megan spiega tutto quanto :3 oppure se non l'avete mai letta c'è la one shot su Nick e Megan I'm a hot air-baloon. Boh, magari può interessarvi :3 per i più pigri invece, vi ricordo qua che Jason è il fratellastro di Destiny, in quanto Megan all'età di diciott'anni era rimasta incinta del suo ragazzo, che però, venuto a sapere della notizia la lasciò da sola.
Detto questo, vorrei prima di tutto scusarmi per i millenni che ho fatto passare prima di questo capitolo. Chiedo venia, ma avevo davvero POCHISSIMA ispirazione!
Tornando al capitolo, diciamo che qui si comincia a parlare di futuro... e questo futuro, cosa porterà ai nostri due protagonisti? Meglio che sto in silenzio v-v tanto poi c'è Manuela che vi spoilera tutto AHAHAHAH comunque diciamo che è un punto abbastanza importante, voglio sottolineare questo :)
Non ho molto altro da dire, se non esortarvi ancora una volta a passare a leggere lo spin off di manuela. 
Posterò il prossimo capitolo arrivata a 15 recensioni :3
UN BACIO, VI AMO TUTTI! xxx
Charlie (: 


Le minchiate di zia Manuela.
Fanciulle! Benritrovate con il vostro puntuale appuntamento con le mie cazzate <3 Come primissima cosa siete tutte tenute a lasciare gli auguri a me e Carla, in quanto la settimana scorsa abbiamo festeggiato il nostro anniversario u-u ci conosciamo già da un anno D: incredibile. un giorno di questi me ne libero perchè non ce la faccio più HAHAH scherzo, ovvio <333 che sarei senza la mia carletta? Ma passiamo al capitolo. Scriverò queste note come se fosse una recensione a Carla, siccome questo capitolo è interamente inventato da lei e io non mi prendo nessun merito! Partiamo dal presupposto che il capitolo mi è piaciuto tantissimo, ma adesso argomento anche l'affermazione u-u Va beh, il fatto che adesso harry e desy siano talmente vicini da amoreggiare tranquillamente davanti agli altri quattro ragazzi è un grandissimo passo avanti, non credete? poi adoro il louis che dipinge carla haha è meraviglioso! Allora, vorrei mettermi a spoilerarvi tutto perchè le cose che devono succedere da qui in poi sono asdingfibas *vv* ma vi dico solo: Attenti a questa questione della musica u.u Una cosa che mi ha colpita molto personalmente è stata la descrizione del padre di Jason. Non so se ricordavate, ma avevamo già accennato al fatto che Desy e Jason fossero fratellastri. Ahhh non ve lo aspettavate il papà di Jason! neanche io LOL è stata un'idea di Carla u_u comunque neanche io, propio come voi, so cosa aspettarmi da questo uomo singolare °--° staremo a vedere cosa partorirà la mente contorta di Carla ee Basta adesso vi mollo <3 ci si sente al prossimo capitolo donzelle! Zia manu vi ama xx

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** full tide. ***



Destiny.

«Des», mi richiamò per l'ennesima volta la voce di Harry dall'altra parte del telefono. «Des, ti vuoi calmare? Non ho capito una parola di quello che hai detto fino ad ora». La sua voce sembrava così tranquilla e pacata; io invece ero tutto il contrario. Da quando avevo udito dall'altra parte della cornetta il suo «Pronto?» non avevo fatto altro che parlare e parlare, ma d'altra parte avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno. E poi Harry lo sapeva, quand'ero affetta da ansia o nervosismo acuto non potevo fare a meno di diventare terribilmente logorroica: lui ci scherzava sopra, ma per me era una specie di tic. Avevo preso quindi a camminare avanti e indietro per la mia stanza con il cellulare all'orecchio e una gran confusione in testa; la quale, senza essere filtrata, veniva riversata fuori dalla mia bocca, arrivando probabilmente a confondere anche quel povero Harry che cercava di trovare un filo conduttore in quei miei pensieri disconnessi e disordinati. 
«Prendi un bel respiro e ricomincia da capo. Questa volta, con calma», m'incoraggiò la voce del mio ragazzo dall'altra parte della cornetta. Insipirai ed espirai lentamente, per poi sdraiarmi sul letto, nel tentativo di stare un po' ferma e tranquillizzarmi del tutto. Harry aspettò qualche secondo ancora prima di parlare. «Bene. Vuoi dirmi cos'è successo stasera?».
«C'era il padre di Jason a casa di mia madre». Pronunciai quelle parole con una calma che sorprese anche me. 
«Quello che l'ha lasciata quando ha scoperto che era incinta?». 
«No, un altro», dissi con una punta di sarcasmo fissando il soffitto di camera mia. 
Tuttavia il ragazzo ignorò la mia battuta. «E cosa voleva?»
«Non lo so! Non ci ho capito niente. Quando sono arrivata stavano tutti prendendo il té in salotto, tipo famigliuola felice, sai? Mia mamma però aveva la faccia di una uscita da un film horror e Jason sembrava essere stato appena investito da un camion. E quell'uomo, Pierce o come si chiama, se la rideva tutto tranquillo, come fosse a casa sua», dissi, scandendo bene le parole ed evitando in tutti i modi di ricadere nella mia parlantina: ero troppo nervosa per parlare a quella velocità, i miei pensieri si susseguivano con una rapidità incredibile in quel momento, e mi sembrava un attentato terribile doverli stroncare per far capire tutto al mio interlocutore. «Penso che sia venuto per conoscere Jason, considerato che non l'ha neanche mai visto. Ma sono passati diciannove anni, perché dovrebbe volerlo conoscere proprio adesso? Avrebbe potuto venire prima», riflettei ad alta voce. «Quindi sicuramente vuole qualcos'altro da lui. Forse vuole portarlo a vivere con sé chissà dove, tipo in Himalaya. Non oserà dire di sì, vero? Jason non può dirgli di sì, lui deve rimanere qui con me!», protestai, battendo un pugno sul copriletto. «Oppure è un drogato che ha speso tutti i suoi risparmi nel gioco d'azzardo, e magari adesso ha scoperto che Jason fa il modello e vuole dei soldi da lui!». Harry, che era rimasto ad ascoltare attento ogni mia parola, in quel momento ruppe il silenzio con una leggera risata. «Non c'è niente da ridere, idiota», dissi, al limite della sopportazione. Sentivo di stare per scoppiare una terza volta. 
«Secondo me stai esagerando, Des. Non è possibile che si trovasse nei paraggi e avesse voglia di conoscere suo figlio, che non ha mai incontrato?», ipotizzò Harry, quasi fosse un'ovvietà. 
«No che non è possibile», ribattei risoluta, «perché solo un emerito stronzo può abbandonare la ragazza che è appena rimasta incinta per paura. E questo stronzo non può di certo ritornare vent'anni dopo come se niente fosse, a chiedere di conoscere il figlio!». Quel pensiero mi mandava in bestia. Mi aveva sempre irritato e non poco l'idea che mia madre, la persona per me migliore al mondo, avesse dovuto ritrovarsi da sola in una situazione tanto difficile per colpa di un coglione del genere; e l'idea che io avevo appena parlato con quell'uomo... no, non riuscivo a pensarci. 
«Le persone possono cambiare; magari si è pentito».
«Pentito un corno! È ridicolo, non può pretendere questo da mia madre. Dopo quanto ha sofferto per colpa sua!», dissi secca. 
«Non può pretendere di conoscere suo figlio?».
«No, non può! Se l'ha lasciato non è più figlio suo».
Harry sospirò. «In ogni caso non penso voglia chiedere nient'altro a Jason, oltre che a conoscerlo».
«E invece io penso il contrario. Non hai visto la faccia di mia madre, non l'avevo mai vista così preoccupata! Anche quando mi sono rotta il braccio, due anni fa, lei rideva perché ero caduta in una maniera comica», dissi. Mia madre era sempre stata molto scherzosa e sarcastica: una versione più adulta e matura di me, in pratica. Vederle addosso quel sorriso spento e falso era stato uno shock per me, quella sera.
«Mhm. E tuo fratello che ha detto?», domandò Harry interessato. 
«Non lo so, non ha parlato per tutto il tempo. Adesso lui e questo suo padre sono fuori a cena», dissi, facendo ben risaltare con la voce il mio disgusto per quella situazione a dir poco improponibile. 
«Fuori a cena?», ripeté lui, ed era facilmente riscontrabile la sua sorpresa, che era quasi pari alla mia quando ero venuta a sapere della cosa.
«Già», dissi, appoggiando meglio la testa al cuscino. «Non capisco cos'abbiano da dirsi. Non si conoscono e non hanno un minimo argomento per poter intrattenere una conversazione». Sbuffai. Tutta quella situazione mi aveva messo una gran confusione per la mente. 
«Lo scoprirai, vedrai. Sono sicuro che se quest'uomo ha in mente qualcosa lo verrai a sapere presto», commentò lui. 
«Il punto è che non so se voglio scoprirlo», dissi con un sospiro rassegnato. «Lasciamo perdere, dai. Che avete fatto di bello in mia assenza tu e gli altri quattro idioti? Scritto un'altra canzone?», domandai incuriosita. 
«No», disse, e riuscivo a percepire il suo sorriso anche attraverso la cornetta. «Louis si è deciso ad andare al ballo ma non sa ancora a chi chiedere, quindi abbiamo finito per fare una lista delle più carine della scuola con le quali avrebbe potuto provare».
«Ma voi cinque una partita a calcio no, eh?».
«Non è altrettanto divertente», rise lui tranquillamente.
«E quindi Louis è in cerca di ragazze, eh?», affermai pensierosa. Ricordai che Crystal si era lamentata del fatto che nessuno, a parte Mister Brufoli, l'aveva invitata ad andare al ballo, per cui decisi di proporglielo. «Può sempre provare con Crystal, lei è libera», affermai.
«Per lei c'è già Zayn», ridacchiò la voce di Harry dall'altra parte. 
Spalancai la bocca. «Cosa?», dissi incredula. «Zayn ha intenzione di chiederle di andare insieme al ballo?».
«Sì, o almeno penso di sì. Sai com'è Zayn, è sempre molto sulle sue, fa tutto il misterioso... Ma credo sia interessato a lei», ammise tranquillo. Del fatto che Zayn ci provava con Crystal me ne ero già accorta, ma non avrei mai creduto che fosse tanto interessato a lei da arrivare addirittura a chiederle di andare insieme al ballo. Ero divertita dalla situazione, perché il ragazzo non sembrava avere occhi che per lei: evidentemente amava le sfide perché Crys non era per nulla una facile. 
«Così Zayn e Crystal finiranno per andare al ballo insieme», ripetei annuendo, come a fare un punto della situazione.
«Esatto».
«E noi?». 
«Noi cosa?», chiese lui, totalmente colto alla sprovvista. 
«Noi... noi ci andiamo al ballo?», domandai mordicchiandomi il labbro inferiore. Non ero mai stata una grande fan di tutte quelle frivolezze, ma passare una serata insieme ad Harry e gli altri in maniera un po' diversa non mi sembrava una brutta idea, anzi. «Harry?», dovetti richiamarlo all'attenzione perché rispondesse.
«Mhm, se tu vuoi andarci per me va bene», disse.
«E tu, vuoi andarci?», domandai, rotolando sul letto e finendo a pancia in giù. Mi puntellai sui gomiti e fissai la testiera di fronte a me. 
«L'idea non mi fa impazzire ma... okay. Dopo tutto è con te, e ci saranno anche i ragazzi. L'importante è che non sia in maschera».
Ridacchiai. «Tranquillo, è il ballo di fine anno. Basterà uno smoking», risi leggermente. «E saper ballare un lento». Non ero mai stata una gran ballerina, ma alla fine me la cavavo. E neanche Harry dopo tutto poteva lamentarsi, era nella norma. 
«Quello non è un problema».
«Sono stressata e ho sonno, penso che me ne andrò a letto. Buonanotte».
«Buonanotte Des», fece lui, dopo aver sospirato leggermente. 
«Attacca tu», dissi scherzosamente, curiosa di sentire la sua reazione.
«Destiny, ti ho appena dato la buonanotte. Non farmi fare l'incoerente e mandarti a fanculo, adesso», replicò ironicamente. Scoppiai a ridere. 
«A domani, ti amo», feci io. 
«Ti amo», disse lui, prima di riattaccare.
E almeno, in quel casino, c'era qualcosa che mi dava sicurezza.
 
Tre giorni. Erano passati ben tre giorni dall'irruzione di quell'uomo nelle nostre vite, e di mio fratello neanche l'ombra. Gli chiamavo anche due o tre volte al giorno, ma il suo cellulare sembrava come dimenticato da qualche parte. Chissà perché. Mia madre quando diceva di non sapere nulla riguardo alla faccenda sembrava sincera, e nel frattempo un grande senso di preoccupazione si era impossessato di me. Avevo un terribile presentimento, ed ogni volta che cercavo di esternarlo o di sfogarmi in qualche modo ricevevo per risposta che ero estremamente melodrammatica – intendiamoci, era solo Harry a dire questo.
Ma, a discapito di tutto ciò, percepivo che qualcosa di non molto piacevole stava per accadere; e il fatto che mio fratello Jason non si fosse fatto vivo per tre giorni interi di certo non migliorava le aspettative. 
«Dio, guardala. Ha dei capelli che sembrano fatti di stoppa. Non capisco come faccia Harry Styles a stare con una racchia del genere». Quelle parole mi distolsero dai miei arrovellamenti mentali e tesi bene l'orecchio per poter carpire il resto della conversazione che a quanto pare mi riguardava.
Scossi leggermente la testa con un sorriso soddisfatto e finsi di prendere appunti sul mio block notes, quando in realtà non mi perdevo una parola delle due ochette che stavano sedute al banco dietro al mio. Avevo sempre pensato che, una volta divulgata la mia storia con Harry, tutto sarebbe stato più semplice e mi sarei ritrovata in una specie di paradiso, capace di fare con lui quello che volevo e dove volevo. Beh, mi sbagliavo.
Era decisamente meglio. A tutte le ragioni sopraelencate si aggiungevano anche tutti gli adorabili commenti che mi riservava praticamente l'intero corpo studentesco femminile della scuola. Fossi stata un'altra li avrei potuti trovare parecchio irritanti, ma d'altronde c'ero abituata: nella vecchia scuola ero stata definita in maniere decisamente peggiori, per cui la cosa non mi toccava minimamente. Senza contare poi il fatto che, a dispetto di tutte le critiche e gli insulti, io avevo qualcuno che mi amava veramente. La vedevo in questo modo, io avevo Harry, quindi per quale motivo avrei dovuto dannarmi per ciò che la gente pensava di me? Non era mai stato un mio problema e non lo sarebbe diventato adesso, specie perché più che irritarmi, quei commenti mi lasciavano parecchio divertita. 
«Ma sì, vedrai che la lascerà tempo due secondi, quando si sarà accorto di quanto è terrificante».
«Eppure sembra che la cosa duri da molto. Me l'ha detto Kathrine; suo cugino sa per certo che si frequentano da prima di Natale», spiegò quella con la vocetta più acuta delle due.
«Naah», fece immediatamente l'altra. «E comunque non importa. Scommetto tutti i miei soldi che entro due settimane si lasceranno. Per lui sarà carina e tutto, ma dopo un po' Harry si stanca sempre delle ragazze». 
A quel punto non potei fare a meno di scoppiare in una piccola risatina. L'invidia, certo, era una brutta bestia. 
 
«Ti prego».
«No».
«Ti preeego».
«No».
«Daai».
«No».
«Per favore?».
«Harry, non ne ho la minima intenzione», sbuffai esausta. Ci dirigevamo all'uscita dell'edificio e il mio ragazzo, non contento del mio status già quasi completamente incazzato causa scuola e compiti, aveva ben deciso di sfidare ulteriormente il mio limite di sopportazione, pregandomi fino all'ultimo riguardo qualcosa su cui, lo sapeva, sarei stata intransigente.
«Ma, diamine, non ti costa niente!», borbottò mentre infilava le mani in tasca, tirando un calcio ad un sassolino per terra. Sperava di intenerirmi?
«Piuttosto che sprecare il tuo tempo a pregarmi per qualcosa che non otterrai, perché non lo impieghi mettendoti a studiare? Il compito di chimica di domani non sarà tanto facile».
«È per questo che ti sto chiedendo di darmi una mano. Ma non posso farci niente se ho una ragazza tremendamente egoista».
«Non mi stai chiedendo di darti una mano, vuoi che ti faccia copiare e basta», ribattei io lanciandogli un'occhiataccia con fare sapiente. 
Lui scrollò le spalle. «Che differenza fa? Non so niente, non riuscirò mai a memorizzare tutte quelle cose in un pomeriggio. Tanto vale che mi fai copiare».
«Non penso proprio, sai?», scossi la testa ripetutamente. «Puoi studiare benissimo, come tutti gli altri comuni mortali».
«Niente baci per una settimana, se non mi passi quel compito», disse a bruciapelo.
Ah, e così eravamo passati ai ricatti? Scrollai le spalle con fare indifferente. «Sopravviverò», feci io con impertinenza, rivolgendomi alle sue labbra piegate in un sorriso.
Harry m'inchiodò con i suoi occhi color smeraldo, i quali esprimevamo una certa ilarità. «Sei una stronza», ridacchiò scompigliandomi i capelli. 
Scrollai le spalle. «Lo so», ammiccai con tranquillità mentre avanzavamo per il parcheggio deserto.  
Come al solito io ed Harry eravamo sempre gli ultimi ad uscire dalla scuola: non che fossimo i tipi che si fermavano in biblioteca e via dicendo, ma preferivamo uscire quando la confusione da campanella era esaurita. Lì una macchina grigia fin troppo conosciuta stava ferma ad aspettare, nella più totale immobilità del luogo. 
«Non è tuo fratello, quello?», fece Harry completando i miei pensieri. 
Annuii leggermente mentre continuavamo ad avanzare verso la sua macchina. Jason, dall'interno dell'abitacolo non ci aveva ancora notati, per cui tamburellava tranquillamente con le dita sul volante, a ritmo di qualche canzone che da quella distanza non riuscivo a distinguere. 
«Ci sentiamo più tardi», dissi rivolta ad Harry e gli lasciai un bacio veloce sulle labbra prima di dirigermi verso la macchina di mio fratello. 
 
Il mare era tempestoso; l'alta marea trasportava le onde fino a ben oltre la battigia, bagnando la sabbia giallastra. Il cielo era limpido e il sole splendeva più del solito, tanto che era impossibile guardarlo senza dover strizzare gli occhi; tuttavia le numerose onde increspate e scure presagivano l'arrivo di una tempesta. 
Sia io che Jason camminavamo a piedi nudi sul bagnasciuga in un silenzio religioso. Era stato così anche in macchina: avevamo mantenuto un'atmosfera tombale, lasciando che la radio ci deliziasse con i vecchi successi di Madonna. Per quanto avessi voluto bombardarlo di un migliaio di domande, avevo capito che non era quello il momento e l'avevo lasciato guidare in pace.
Adesso invece, nel momento in cui probabilmente avremmo dovuto parlare, ero a corto di parole. Non sapevo da che domanda cominciare, se insultarlo pesantemente per avermi ignorato per tre giorni interi o se dargli semplicemente un pugno in pieno petto per il suo comportamento da testa di cazzo. «Che fine avevi fatto?», mi decisi a dire infine, rassegnata dal fatto che prima volevo chiarire questa situazione e poi magari avrei potuto minacciarlo di morte per l'ansia che mi aveva fatto venire negli ultimi giorni. 
«Stavo riflettendo», rispose quasi subito, come se sapesse da cosa sarebbe partito il mio interrogatorio. Mio fratello mi conosceva anche fin troppo bene. 
Lo guardai con aria interrogativa. «Riguardo a cosa?», chiesi paziente, nonostante fossi conscia del fatto che se avesse continuato a rispondere con due parole ad ogni mia domanda avrei facilmente commesso un omicidio, quel giorno. E a quel punto il povero Jason Miller sarebbe stato ritrovato annegato nelle acque gelide dell'Oceano Pacifico in circostanze pressappoco ignote. 
«Alla proposta che mi ha fatto David», disse. Continuai a guardarlo, in attesa: lo sapeva, non avevo intenzione di parlare ancora, se non prima di aver chiara tutta la situazione. «Lavora all'estero, in una ditta di import/export di frutta, e ne è il vice-direttore. Viaggia sempre il mondo e mi ha offerto un posto lì».
Spalancai gli occhi, dimenticando il mio proposito di non parlare fino a quando la situazione non fosse stata chiara. «Stai scherzando? E tu hai davvero intenzione di prendere in considerazione l'idea?», lo fulminai con lo sguardo.
«Ho già deciso», disse, con una calma estremamente irritante. «Voglio andare con lui».
Arrestai il passo all'improvviso, lasciando che un'ondata arrivasse a bagnarmi l'orlo del jeans, che avevo piegato più volte in modo da mantenerli asciutti. «Ma ti sei bevuto il cervello?», riuscii solo a dire, tant'era lo shock del momento. Non riuscivo a crederci, e più cercavo di inculcarmi l'idea che Jason volesse di sua iniziativa andare con il padre che: primo, non aveva mai conosciuto; secondo, aveva abbandonato sua madre dopo averla ingravidata non facendosi più sentire; terzo, era il padre che Jason da una vita aveva sempre dichiarato apertamente di odiare con tutto se stesso.
Qualcosa non tornava. «Cioè, fammi capire», dissi, cercando di ragionare con lucidità. Per cui repressi l'istinto di strangolarlo in quell'istante con le mie stesse mani. «Tu hai intenzione di andartene via, così», e schioccai le dita, «con una persona che ti è totalmente estranea, a girare il mondo?», completai, e man mano che parlavo la mia voce si faceva sempre più acuta, a sottolineare l'assurdità di quel pensiero. 
«È mio padre, Destiny», ribattè lui, sempre con la sua solita calma. 
Sollevai gli occhi al cielo. «E da quando, dimmi? Da quando è diventato tuo padre, da tre giorni? Prima però detestavi anche solo sentir parlare di lui dalla mamma. E invece adesso... ma cos'ha fatto? Ti ha offerto soldi, cosa?», gli chiesi, al limite della sopportazione. Anche in quel caso non avrebbe avuto senso: Jason, con il lavoro da modello, era decisamente ben pagato. Perché mai avrebbe dovuto voler lasciare Los Angeles e tutta la sua famiglia per denaro, quando stava bene?
«Non mi ha offerto soldi», replicò. «Ma gira il mondo, ed è pur sempre un buon posto di lavoro. Non posso certo stare tutta la vita a fare il modello... dovrò trovarmi un lavoro serio prima o poi».
«E vuoi trovarlo facendoti abbindolare da un idiota del genere? Cazzo Jason, apri gli occhi!», sbottai.
«Non mi faccio abbindolare da nessuno. E ormai ho deciso Destiny: andrò con lui».
«Ma sei scemo?! Cosa diavolo hai al posto del cervello, la segatura? La lacca per capelli ti ha fatto rincretinire. Non hai pensato che fino a una settimana fa lo detestavi? Che ha abbandonato te e la mamma? Che in vent'anni non si è mai fatto vivo?».
«Le persone possono cambiare, Destiny».
«Smettetela di dirlo tutti quanti!», sbottai, quasi gridando. La mia voce irritata andava in contrasto con l'atmosfera pacifica intorno a noi: il silenzio tombale regnava e l'unico rumore udibile era quello dello scroscio gentile delle onde sulla sabbia. «Le persone così non cambiano, Jas. Era uno stronzo allora e lo è anche adesso. Vuole toglierti a noi, e tu sei finito nella sua trappola, proprio come in una ragnatela. Sei un idiota».
«Adesso basta. Mi ha spiegato le sue ragioni e io credo a lui».
«E vuoi lasciare tutti noi per andartene... con lui?», dissi in un tono disgustato. Lui annuì semplicemente, guardandomi con calma. «L'hai detto alla mamma?», chiesi abbassando lo sguardo, fissando indietro le orme che io e Jason avevamo lasciato sulla sabbia.
«Non ancora».
«Hai la minima idea di quanto la farai star male in questo modo?».
«Sopravviverà», replicò lui con un'assoluta tranquillità. Una che non gli avevo mai visto addosso.
«Sei uno stronzo egoista», sbottai fissandolo negli occhi. «proprio come tuo padre».
Senza dire altro mi allontanai, dirigendomi verso la strada, consapevole del fatto che con le mie previsioni catastrofiche avevo fatto centro. 

charlie's corner.
Inizio queste note scusandomi con tutte voi, visto che questo capitolo è a dir poco n o i o s i s s i m o. Davvero, mi annoio anch'io a leggerlo, che l'ho scritto, figurarsi voi LOL vi prometto che nel prossimo capitolo ci sarà un po' d'azione in più! E torneremo a focalizzarci un po' su Harry e Destiny :) nonostante comunque adesso dovrò staccarmi un po' da loro due per raccontare meglio cosa sta succedendo intorno a loro, e ovviamente si tratta di cose che si ripercuoteranno sulla loro relazione #littlespoiler
A parte questo, con le scorse recensioni siete stati cattivi e__e AHAHAH scherzo! Però davvero mi piacerebbe foste in più a recensire, muoio dalla voglia di sapere cosa ne pensate, e non solo la solita dozzina che commenta, ma anche gli altri *-* non ho manie di grandezza, giuro - okay forse un pochino AHAHAHH - però mi piacerebbe sapere i pareri di più persone!
A parte questo vorrei continuare a sollecitarvi a leggere lo spin-off di Manuela, che penso - spero asoidjw - verrà aggiornato in questi giorni visto che se non lo fa ho intenzione di minacciarla pesantemente e.e NIENTE PIÙ LAPA, OKAY?! (?)
Ad ogni modo, se volete contattarmi vi ricordo che il mio twitter è @charliebelieves. Ringrazio tutti quelli che leggono questa cacchina. VI AMO, SUL SERIO. 
Charlie. 


Le minchiate di Zia Manuela.
hola chicas! inanzitutto, grazie a tutte quelle che hanno fatto gli auguri a me a carla nelle recensioni, noi abbiamo passato un buon anniversario e volevo solo sbattervi in faccia il fatto che non siete state invitate ♥ BUAHAHA scherzo, se realmente ci fosse stato un party sareste state le prime a saperlo u-u Tecnicamente dovreste fare voi un regalo a noi (io e carla ce lo siamo già fatte perchè siamo delle boss) però tsè, guarda un po', lo facciamo noi a voi con l'arrivo di questo meraviglioso megacapitolo! Stiamo un po' accantonando harry e desy (attenzione, accantonando, ma non ce ne siamo dimenticati e_e) per dare spazio ai fattori esterni della storia, giustamente. Che fanfiction è quella che riporta solamente la storia di due innamorati? beh ve lo dico io, è una fan fiction petulante u__u Tra l'altro sono certa che la storia di jason vi prenda. A dire la verità, tra tutti i miei personaggi, Jason è quello a cui tengo un po' meno propio perchè l'ho solo plasmato a grandi linee, ma mai sono scesa nei dettagli con lui. Eppure come vedete ricopre un grande ruolo nella fic ed ha un carattere molto particolare, anche se voi lo conoscete poco! Odia suo padre, tuttavia vuole dargli un'altra possibilità stregato dall'idea di poter girare il mondo e trovare prospettive future più serie. E come era immaginabile, destiny tira fuori il suo caratter-one e ha un gran bel diverbio col fratello. Non si risparmia neanche di mandare celatamente affanculo harry, quando cerca di farla ragionare sul quesito costante del capitolo. Le persone possono cambiare? ehh la mia Carla tira fuori domande oserei dire esistenziali. Io penso che [anche se nessuno me lo ha chiesto HAHA] di solito se la gente cambia, cambia in negativo. Ma poi entra in gioco il fattore Never say never al quale do molto più credito che alla precedente teoria, quindi il verdetto è che, sì in casi speciali la gente può cambiare nel bene u__u Voi che ne pensate? scrivetecelo <3 Direi che qua il mio lavoro termina :3 ah, a proposito, qualcuno si è accorto del fatto che il mio spin-off sta piano piano scomparendo nel nulla ahahah la verità è che ho veramente poco tempo per scrivere, e quando ne ho non mi viene la voglia çç sono una persona da tutto o niente, e se appunto la mia ispirazione è pari al niente non apro neanche word LOL però il terzo capitolo è pronto e prometto di postarlo anche oggi magari scusate e grazie della pazienza. :) Vi abbandono uù Alla prossima! Zia manu loves you all xx

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** long live to the queen & the king. ***



Harry.

«È troppo difficile, non ce la faccio». Destiny sbuffò stancamente, lasciando cadere le bacchette della batteria sul pavimento. Le regalai un sorriso incoraggiante dall sgabello del pianoforte; in realtà il pezzo che stava cercando di suonare da ormai più di dieci minuti era parecchio elementare. Ma dubitavo che la sua difficoltà fosse dovuta a carenza di esercizio, ma più alla concentrazione direi. 
Dal piano di sopra giunse un altro tonfo sordo, che fece sobbalzare entrambi per l'ennesima volta. Jason stava facendo le valigie, e ciò sembrava creare più rumore del solito. 
Destiny sospirò, ma era difficile capire dal suo sguardo se fosse affranta o irritata: forse era entrambi contemporaneamente. Avevo tentato di farla parlare, in modo da avere una visione più chiara riguardo a ciò che la turbava, ma non avevo ottenuto nulla in risposta – d'altronde potevo immaginarmelo. Lei detestava mostrare qualche sua debolezza davanti agli altri, e tra questi ero incluso anch'io. Stavamo insieme da sei mesi ormai e non l'avevo vista piangere una volta: andava in crisi, aveva attacchi di parlantina acuta, ma non piangeva mai. 
E non l'aveva fatto nemmeno questa volta. Quando mi aveva raccontato di Jason era stata fredda e concisa, facendomi poi partecipe del suo desiderio di non volergli parlare più. Sapevo che Megan ci era rimasta male, ma non aveva esitato ad acconsentire al volere del figlio che tra l'altro era maggiorenne. Mio padre, d'altro canto, essendo il solito uomo riservato quale era, non aveva accennato a volermi rivelare anche solo un particolare della faccenda. 
«Vuoi che andiamo da me?», le domandai poi, consapevole che non sarei arrivato da nessuna parte con un più diretto «È tutto okay?»; perché, poi, che non fosse tutto okay era palese.
Lei scosse la testa decisa. «No, voglio rimanere qui. Devo riuscire a fare questa roba», continuò aggrottando leggermente le sopracciglia, prima di tentare nuovamente a suonare quel pezzo, ma invano. Senza dire nulla andai a sedermi accanto a lei, e lasciai che si accomodasse sulle mie gambe. Presi entrambe le sue mani sotto le mie e, prima di guidarla nei movimenti, mi avvicinai al suo orecchio. 
«Quante volte devo ripeterti che devi rilassarti?», mormorai con estrema lentezza. «Non ci pensare, okay? Cerca di liberare la mente. Vaffanculo a Jason, a suo padre e a tutto il resto. Fanculo pure a me. Pensa solo alla batteria e a nient'altro». Detto questo, dopo aver avvertito che la rigidità nelle sue braccia era svanita, lasciai cadere le mie lungo i fianchi e aspettai che suonasse da sola: non aveva certo bisogno del mio aiuto pratico. La guardai ripetere quella sequenza brillantemente, e con solo un'altra prova. 
Quando ebbe finito si voltò e mi sorrise a trentadue denti: i suoi occhi color nocciola brillavano di quella luce che negli ultimi giorni sembravano aver perso. «Grazie», disse, con parecchia enfasi, e ruotò il busto in modo da potermi abbracciare. La strinsi a me e sorrisi, contento, mentre appoggiavo il mento alla sua spalla.
«Bastava che ti rilassassi», risposi semplicemente.
«No, grazie di tutto», riprese lei stringendosi di più al mio collo.
Sospirai poco. «Ehi, lo sai che io sono sempre qua, no? Anche se tu fai la stronzetta e non mi calcoli», scherzai staccandomi e guardandola negli occhi, e lei rise con me.
«Sei un bravo insegnante, comunque. Se questa cosa del gruppo con i ragazzi non va in porto puoi sempre pensare alla carriera scolastica. Magari professore di musica?», ipotizzò lei, ma storsi la bocca in tempo. Ero stato costretto a passare tutta – o quasi – la mia vita tra le mura di quel carcere, e non avevo certo intenzione di ritornarci più, meno che meno per lavorare.
«Direi proprio di no», scossi la testa mentre entrambi ci accomodavamo sul divano. Destiny accese la televisione su Mtv, e si sdraiò appoggiando la testa sulle mie gambe. «In ogni caso non ti ho detto la novità!», mi venne in mente sul momento, al che Destiny sollevò lo sguardo verso di me, interessata. «Mio padre vuole farci firmare un contratto», dissi un sorriso soddisfatto mentre scrutavo il suo sguardo, in attesa di una qualche reazione.
Le sue pupille si dilatarono e spalancò la bocca. «Stai scherzando?», disse, ancora sorpresa.
«No», risposi euforico, e il mio stato d'animo era ben visibile dalla mia espressione. «Ha sentito la canzone e ha detto che gli piace, e anche i suoi colleghi approvano. La prossima settimana firmiamo un contratto e, se tutto va bene, a Settembre cominciamo a lavorare ad un album».
«Cosa? E tu me lo dici così?», Destiny sollevò la schiena in modo da guardarmi in viso. Sembrava del tutto sorpresa, e in ogni caso lo ero anch'io: chi si sarebbe mai aspettato che mio padre avrebbe ceduto, facendoci firmare un contratto a un anno dal diploma? Ma lui sembrava addirittura... fiducioso. E forse, se stava cominciando ad acquistare un po' più di fiducia in me, era anche merito di Destiny. 
«Sono anch'io scioccato», le spiegai scrollando le spalle.
Destiny allargò un altro ampio sorriso, che automaticamente si trascinò anche sulle mie labbra. «Sono contentissima per te. E anche per quei quattro idioti. Devi promettermi, però, che una volta che diventerai una star internazionale non ti monterai la testa», scherzò, sebbene avesse appena assunto un'espressione seria. 
Risi. «Anche ammesso che io possa mai diventare una star internazionale... vedrò di non farmi coinvolgere troppo dalla bella vita, sta' tranquilla!».
Destiny fece spallucce. «Sai com'è, di solito le star tendono a dimenticarsi delle persone... normali, ecco».
A quel punto risi più forte e tirai la testa all'indietro, per poi cingerle le spalle con un braccio e avvicinarla a me. «Sarebbe impossibile dimenticarsi di te. Primo, perché ti amo, e secondo, perché davvero non ci tengo a perdere un braccio».
Destiny sorrise con serenità e mi lasciò un bacio sulla guancia. «Bravo, vedi che hai capito?».
Ero sul punto di rispondere, ma fui interrotto dal suono del campanello di casa. Destiny sbuffò stancamente. «Questo è Jason. Deve essere venuto a salutarmi». Beh, almeno stavolta aveva avuto la decenza di suonare. Le sorrisi, in un'espressione incoraggiante, ma lei non sembrava altrettanto serena.
«Vuoi che lo mandi via?», domandai titubante. 
La vidi riflettere per qualche istante, poi scosse la testa. «No», disse infine, mentre si alzava dal divano. «No, vado a salutarlo», annunciò, prima di sparire verso l'entrata.
 
 
«Ricordami perché lo sto facendo», domandai con uno sbuffo rivolto verso Louis, mentre guidavo verso la casa di Phoebe Hawkins, la bionda che alla fine il mio migliore amico si era deciso ad invitare. 
«Perché la tua ragazza voleva andare al ballo e tu non hai saputo dire di no», disse il ragazzo in tutta tranquillità, mentre picchiettava sulle dita con lo sportello. 
«Sta' zitto», protestai aggrottando le sopracciglia e lanciandogli un'occhiata poco benevola. 
Louis sollevò le mani in aria. «Ehi, sei stato tu a chiedermi una motivazione».
«Piuttosto, mi spieghi com'è possibile che i tuoi ti abbiano sequestrato la macchina?», domandai divertito lanciandogli un'occhiata fugace, per poi tornarmi a concentrare sulla strada.
Louis roteò gli occhi al cielo. «A quanto pare il nostro preside non gradisce che gli alunni si tuffino in piscina con tutti i vestiti addosso, mentre c'è la partita finale di pallanuoto in corso». Scoppiai a ridere a quelle parole. Solo Louis probabilmente batteva il mio record di espulsioni durante l'anno scolastico. 
«Evidentemente no», constatai con leggerezza e scrollai un po' le spalle. «E come avete intenzione di arrivare al ballo, tu e Phoebe? A piedi?».
Louis schioccò la lunga. «Ho spiegato le cose a lei. Andiamo con la sua macchina. E sì, guido io», finì, anticipando la mia domanda, dopo avermela vista sulla punta delle labbra. 
«Va bene allora», annunciai, mentre posteggiavo di fronte alla casa che lui mi aveva indicato. «Vado a prendere Destiny. Ci vediamo più tardi», gli dissi, mentre scendeva dall'automobile. 
Era vero. Forse non avevo saputo dire di no a Destiny, ma in fondo non ero così prevenuto riguardo ai balli scolastici: c'ero stato altre volte, e semplicemente avevo scoperto di odiarli. Ma forse con Destiny sarebbe stato diverso. 
Come al solito, quest'ultima era decisa a farmi morire. Rimasi fermo per più di qualche secondo sulla soglia di casa sua, con lei di fronte, incapace di proferir parola. 
«Harold, chiudi la bocca», ridacchiò lei, con una certa sadica soddisfazione nello sguardo. Mi preoccupai di far ricongiungere le labbra, eppure i miei occhi rimasero spalancati a fissarla da capo a piedi. Il suo outfit era semplicissimo, un abito blu scuro non troppo attillato, che le arrivava appena sopra il ginocchio, ma estremamente elegante; non era truccata esageratamente e ad i capelli non aveva fatto nulla di particolare; ma, pur nella sua semplicità, era di una bellezza disarmante, che mi lasciava lì, con le braccia a penzoloni e la bocca spalancata (sì, di nuovo) ad ammirarla. 
Destiny aveva una bellezza diversa. Più fresca, più nuova e per niente banale. Non riuscivo a trovare niente di lei nelle altre ragazze, tutte uguali e monotone, ed ero davvero l'unico a vederla in questo modo? Forse perché l'amavo. 
«Te l'ho detto che sei bellissima stasera?», le sorrisi ammiccante, per poi farle l'occhiolino, mentre facevamo il nostro ingresso all'interno della palestra, che per occasione si era trasformata in una serra floreale. Fummo costretti ad attraversare l'arco principale e farci fare una di quelle imbarazzantissime foto, delle quali eravamo entrambi riluttanti. 
Destiny allargò un ampio sorriso. «No, non me lo avevi ancora detto», disse mentre mi trascinava sulla pista da ballo. Allacciò le mani attorno al mio collo ed io lasciai cadere le mie sui suoi fianchi. 
«Forse non te l'ho detto, ma, credimi, l'ho pensato. Sei molto sexy», le sussurrai ad un orecchio mentre ondeggiavamo a ritmo di musica. 
«Ma io sono sempre sexy!», prese lei con il mio stesso tono, e si fermò a lasciarmi un bacio sull'angolo della bocca. «Tu sei sexy quando dici la parola sexy», sorrise lievemente guardandomi.
Aggrottai le sopracciglia. «Hai una strana concezione riguardo a questo», scherzai.
Lei sorrise di poco, senza rispondere. Restammo un po' a ballare in silenzio: c'erano momenti come questi in cui non c'era bisogno di parlare, ci bastava abbracciarci o guardarci negli occhi per capire tutto, e non ci annoiavamo per nulla al mondo. Destiny era il miglior intrattenimento che potessi avere, in tutti i sensi: quando stavamo insieme facevamo sempre un miliardo di cose, al contrario di altre coppiette che passavano il tempo a pomiciare o a scopare. Eravamo più due migliori amici che una coppietta sdolcinata, e a me piaceva proprio così. In confronto alle mie relazioni passate era cambiato praticamente tutto, ma in meglio sicuramente: ero cambiato io, la mia vita, il mio modo di rapportarmi con le persone. E piano piano se n'erano accorti quelli che stavano attorno a me, e dopo io. E così avevo realizzato che ero stato fortunato: ero fortunato ad essere innamorato della mia migliore amica, perché rendeva tutto più bello e più interessante, ed ecco perché non mi sarei mai stancato di lei. 
«Ho detto che non ballo».
«Ma me l'avevi promesso».
«Io? Promesso a te? Nei tuoi sogni!».
«Di solito quando qualcuno accetta di andare con qualcun altro al ballo, accetta implicitamente di ballare con lui, non credi?».
«No, non credo proprio».
La discussione di Zayn e Crystal aveva fatto voltare praticamente tutti i ragazzi che stavano in quella parte della sala, che sembravano altrettanto scioccati nel vedere quei due elementi al ballo insieme: l'avevo detto a Destiny, ma non ci avrebbe mai creduto se non l'avesse visto con i suoi occhi. Crystal stava lì, con il suo vestito turchese lungo fino ai piedi, accanto a Zayn, che aveva uno smoking elegantissimo. Lui cercava di parlare a bassa voce per passare inosservato, ma con Crystal un'impresa del genere era impossibile.
Io Destiny scoppiammo a ridere improvvisamente, così la tirai per una mano e ci avvicinammo alla coppietta. 
«Voi due, avete intenzione di litigare ancora per molto?», domandò lei scherzosamente, intrecciando la mia mano con la sua. 
«Non stiamo litigando», disse Zayn grattandosi la nuca, un po' imbarazzato.
«Stiamo discutendo», Crystal incrociò le braccia al petto e prese a fissare le sue scarpe vertiginose.
«Ceeeerto», feci io roteando gli occhi al cielo, ricevendo poi una gomitata in pieno fianco da parte della mia manesca ragazza. Chiusi un occhio in una smorfia per il dolore, ma feci finta di nulla. 
«Crystal, un ballo non ti ucciderà. Dopo tutto hai detto di sì a Zayn, no? E andiamo, siamo qui per divertirci», disse Destiny con tranquillità, e la sua amica sbuffò. 
«Eh va bene. Ciuffo a rampa da skateboard, vieni con me», disse Crystal arresa, e se lo tirò all'interno della pista da ballo. Sia io che Destiny ridemmo contemporaneamente. 
Scossi leggermente la testa incredulo: quella coppia mi sembrava a dir poco assurda, eppure tra le loro litigate e via dicendo sembravano funzionare. Strano. 
«Vuoi che ti vada a prendere del punch?», le domandai, e lei fece semplicemente cenno di sì con la testa. 
Di norma voi quanto tempo ci mettete a prendere del punch? Io neanche due minuti: lo verso e filo via con i bicchieri in mano. Ma non vi starei certo raccontando questo episodio se non fosse successo qualcosa di rilevante durante questo mio atto.
E chi poteva aspettarmi di fronte al bancone se non quella seccatura di Lucy? Sbuffai, tirando la testa all'indietro; non m'importava se mi vedeva, le avevo già fatto capire altre volte che non era ben accetta in nessuna circostanza.
«Haaaaarry!», gracchiò lei, con quella sua solita vocina squillante e tremendamente irritante. 
«Lucy», dissi io, con molta meno enfasi.
«Ho visto che sei venuta al ballo con Destiny. Quindi adesso state insieme?».
Sollevai un angolo della bocca: che domanda idiota. Lucy ci vedeva baciarci allegramente di fronte all'armadietto di Destiny ogni singolo giorno, e ci spiava insieme a Sarah da dietro la porta, pensando che noi due non ce ne accorgessimo. 
«Sì, già da un po'», replicai con tranquillità, mentre nel frattempo riempivo due bicchieri con del punch.
«Quindi se io adesso ti chiedessi di ballare...»
«Probabilmente rifiuterei. Ci sei arrivata, vedo», le sorrisi con finta cortesia, prima di dirigermi verso Destiny. L'unica cosa di cui non mi accorsi fu che lei mi venne dietro, seguendo i miei passi. Mi sorpassò velocemente e si diresse verso Destiny. 
«Io ti avevo avvertita, sai. Harry è mio e te la farò pagare cara, sappilo», disse a quest'ultima, la quale la guardava con gli occhi strabuzzati per la sorpresa, ma un'espressione totalmente divertita in viso.
Io aggrottai le sopracciglia. «Scusa?», dissi avvicinandomi alle due, per poi rivolgermi a Lucy. «Io non sono di nessuno, né tanto meno tuo», ridacchiai in modo nervoso. «Secondo, non osare più rivolgerti in questo modo alla mia ragazza, chiaro? Anzi, non le rivolgere più la parola direttamente, faresti un favore ad entrambi. Oh, e già che ci sei levati di mezzo», finii bruscamente. Detto questo, visto che la ragazza non si muoveva, porsi a Destiny il suo bicchiere e la trascinai via di lì.
«La sopporto sempre meno», commentai seduto ad un tavolo mentre sorseggiavo il mio punch. Destiny sembrava il ritratto della serenità, ma a me tutto ciò aveva dato parecchio fastidio. Non sopportavo che una persona potesse pretendere me come se fossi un oggetto qualsiasi, e per di più che se la prendesse in tal modo con la mia ragazza. 
«Non avresti dovuto difendermi», cominciò Destiny, e a quel punto roteai gli occhi al cielo.
«Ecco che ricominciamo», dissi sarcasticamente: mi aspettavo una sua reazione del genere.
«Avrei potuto benissimo farlo da sola, sai? Non ho bisogno di te». Pft, ingrata. «In più non sono come le ochette che frequentavi, so difendermi, io. È assurdo che pensi ancora che io sia il tipo che si nasconderebbe alle tue spalle per ricevere protezione. Sono una ragazza emancipata, non comeiquelle troie delle cheerleaders che hanno bisogno di chiamare il 911 se si sbucciano il ginocchio, e si prenotano una bara se hanno un'unghia spezzata, lo sai benissimo che io non-».
Quando mi accorsi che stava cominciando a sparlare mi avvicinai a lei e non le diedi il tempo di parlare, zittendola con un bacio. Lei, colta di sorpresa in un primo momento, si lasciò poi andare rilassandosi al tocco delle mie labbra ed aprendo di poco la bocca. Quando cominciava a parlare in questo modo sapevo che doveva essere fermata, o avrebbe continuato davvero per ore: avevo capito il meccanismo e avevo anche trovato la maniera migliore per zittirla.
Il resto della serata passò velocemente: tra balli, scherzi e risate, io, Destiny e gli altri ci divertimmo. Louis e Phoebe sembravano andare parecchio d'accordo, e si unirono a noi insieme a Niall e la moretta che aveva invitato; poco dopo arrivarono anche Zayn con Crystal e Liam con Danielle; quest'ultima in costante trepidazione per l'annuncio del re e della reginetta del ballo di quell'anno. Al contrario, Liam sembrava annoiato da tutto ciò. 
«Ma dovrebbero annunciarlo adesso, no? Lo fanno sempre prima di servire il dolce, ne sono sicura. E perché il dolce è già qui?», si lamentò la riccia. 
«Danielle, sta' tranquilla. Tu e Liam avete quel premio in pugno, praticamente. Lo vincete ogni anno e non c'è una coppia più adorabile di voi nella scuola», la tranquillizzò Phoebe.
Ridacchiai piano e scossi la testa. Finalmente il professore di storia si fece strada sul palco con un microfono in mano, seguito da due professoresse, che portavano scettro e corona pronti per Liam e Danielle. La riccia zittì tutto il tavolo e fece in modo che il silenzio calasse in tutta la sala. Io e Destiny intanto, troppo impegnati in una lotta all'ultima pallina di pane, eravamo disinteressati da tutta la situazione.
«Ah!», fece lei, recuperando la pallina di mollica che le avevo fatto arrivare in pieno seno, quasi dentro alla scollatura del vestito. «Sei un coglione, Styles», si lamentò, tirandomi una pallina in un occhio. 
«Ah sì? Ti faccio vedere io», commentai e mi accinsi a strappare un altro pezzo di mollica dal mio panino.
«Harry Styles e Destiny Miller!».
«Cosa?», fece Danielle. 
«Che?», le feci eco io, bloccato in posizione di lancio della mollica.
«Devo essermi persa qualcosa», Destiny inarcò un sopracciglio, totalmente spaesata. «Perché hanno detto i nostri nomi?», mi domandò incuriosita.
«Non ne ho idea», scossi la testa, e poi mi voltai verso Liam, mentre uno strano brusio attraversava la sala da ogni parte. «Che è successo?», chiesi al mio amico, che mi guardava con uno strano sorriso sul volto.
«Siete i nuovi re e reginetta del ballo di quest'anno!», fece lui sorridente mettendomi una mano sulla spalla.
«Chi?»
«Tu e Destiny, idiota!», rise Niall e scosse la testa. 
Io e Destiny ci guardammo negli occhi, gli sguardi di entrambi indecifrabili. 
«È uno scherzo», disse lei, sollevando un sopracciglio. 
«Ho paura di no», feci io prontamente, accortomi di un paio di ragazzi che ci guardavano fissamente, e del professore che cominciava a domandare al microfono: «Styles? Miller? Qualcuno di voi ha visto Styles e Miller?».
«Cazzo», fece lei riducendo gli occhi ad una fessura.
«Come è possibile?», Danielle era disperata.
«Vieni con me», dissi deciso, e le porsi la mano. Lei non esitò un attimo a prenderla. Mi alzai io e la tirai su con me, guardandola e rivolgendole un sorriso rassicurante. 
E mentre i professori ancora cercavano re e reginetta della serata, uscimmo dall'entrata secondaria. 

charlie's corner.
Ssssalve gente! Devo spicciarmi che devo scappare a letto, quindi sarò veloce e concisa:
1. il capitolo è dedicato alle ragazze dello street team di catania che seguono la fanfiction, AI LOV IU!
2. PASSATE DALLO SPIN-OFF DI MANUELA
3. passate in questa fan fiction, che è di una mia amica e ve la consiglio (: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=867238&i=1
4. mi avete deluso con le recensioni, cattivoni ç___ç
5. mi scuso per il ritardo. 
le note lampo finiscono qua. okay BYE!


 
Le Minchiate di Zia Manuela
Salve nipotine! Credo sia giunto il momento di confessarvi una cosa. Non so mai come iniziare le mie note. Eh già, è un bel problema. Tutte le volte cerco di trovare una cazzata degna dell'apertura, ma la parte del mio cervello dedicata alle minchiate ogni tanto rimane spenta. Quindi dovrete accontentarvi, quando capiteranno di quelle volte. Ah me la sono cavata anche stavolta! Ho inziato le note con una considerazione sincera e allo stesso tempo stupida quindi mi considero salvata ahaha okaay passiamo alle cose serie dai u-u Questo capitolo non vede praticamente nessuna mia collaborazione eppure ammetto che mi ha sorpresa moltissimo. Sopratutto per la fine, che è adorabile *w* quanto sono anticonformisti i nostri Derry ahah è per questo che li adorate pur non sapendolo! Sono veramente unici nel loro genere, lo ammetterete. In questo capitolo ci prendiamo qualche bella rivincita, come prima cosa lucy viene abbattuta yeah! Come vi avevamo già menzionato, per noi questo personaggio è molto... come dire, reale in un certo senso hahaha (carla sa di che parlo) e quindi per noi c'è doppia soddisfazione a vederla sconfitta. Jason se ne va, e Destiny come avete letto nei capitoli precedenti non è affatto contenta della cosa, ma vedremo come si evolveranno le cose più avanti (io su questo preciso argomento ne so meno di voi) un'altra delle cose belle, è l'ingaggio di Harry e i ragazzi *-* vedrete che questa carriera musicale svolgerà un ruolo essenziale nel futuro della fanfic. Ma non spoilero u_u E poi non si possono non spendere due parole per Zayn e Crystal HAHAH sono adorabili. pagherei per vederli litigare dal vivo LOL In conclusione direi che questo ballo si è concluso nel migliore dei modi, che il capitolo è stato bellissimo e che dovete rimanere sintonizzati perchè devono accadere ancora tante belle cose *u* (lo so ve lo dico sempre, ma meglio che ve lo ricordi così non scappate) haha un'ultimo elogio alla fine del capitolo, di cui carla mi ha giustamente detto di essere fiera (incredibile vero? '-' giuro che l'ha fatto ahah) perchè è inaspettato, ma allo stesso tempo è in perfetto stile Harry e Destiny. Adesso mi dissolvo uu Probabile che la prossima volta che ci sentiremo sarà quando la scuola sarà già finita AWWW non aspetto altro ragazzi u.u Quindi buona ultima settimana a tutti e alla prossima! Zia Manu vi ama xx

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** summer paradise. ***



Destiny.

«Vola, vola! Stupido aquilone, perché non vola più in alto?», sbraitò un piccoletto, strattonando con forza la corda che teneva per le mani. Per poco non vidi quell'enorme aggeggio di carta rossa arrivarmi addosso, ma fortuna volle che una lieve folata di vento gli fece deviare traiettoria, così da farlo direzionare verso un altro albero. Sospirai, osservando i genitori del marmocchio che lo guardavano fieri, quasi lo stessero vedendo suonare una sinfonia di Mozart al pianoforte; nel frattempo io, tutta concentrata nella sublime arte della contemplazione, lasciavo ciondolare le gambe e strappavo ogni tanto qualche pezzo di corteccia, come a dirmi impegnata in una sorta di attività.
Il parco era fin troppo gremito quel giorno, perfino per essere ferragosto. In ogni angolo di prato brulicavano coperte da pic-nic, cestini ricolmi d'ogni ben di Dio, e famigliuole tutte indaffarate a divertirsi. E pensare che io ed Harry avevamo scelto di passare la giornata lì, sotto l'ombra tranquilla di un albero, proprio per evitare la consueta confusione della spiaggia. Armati di coperta e due sandwich ciascuno, avevamo ispezionato ogni parte del parco di Los Angeles e, dopo aver trovato a mala pena lo spazio sull'erba per camminare tra una coperta e l'altra, ci eravamo ingegnati in altro modo. La gente ci guardava con occhio di riguardo, ma noi ce ne stavamo tranquillamente appollaiati sul ramo di un albero a mangiare i nostri sandwich al prosciutto. La cosa più fastidiosa di quella giornata erano le grida e gli schiamazzi, rispettivamente di genitori e bambini, che popolavano l'intero parco, così da mascherare la solita atmosfera d'austerità che imperava in quel luogo. Per un giorno, avevano trasformato il regno della pace e della tranquillità nel più totale caos, e non era una cosa che io tolleravo. 
«Avremmo fatto meglio ad andare a mare da te», mormorai sovrappensiero, rivolgendomi al ragazzo appollaiato accanto a me su quel ramo. Harry aveva una casa sulla spiaggia a dir poco spettacolare: personalmente la consideravo anche più bella di quella in cui abitava tutto l'anno, ma per Nick e Anne Styles era troppo lontana dal centro. Trascorrevano lì solo alcuni week-end e qualche settimana in Agosto, e a me pareva davvero uno spreco incredibile, giacché quella casa era enorme e piena d'ogni lusso. Harry quasi non ci faceva caso, anche se comunque avevamo passato lì qualche giornata insieme durante quell'estate; la quale, nonostante non fosse ancora finita volgeva già al termine, e potevo sicuramente affermare che era stata l'estate più bella della mia vita. Ricordate cosa avevo detto tempo fa riguardo all'estate? Ero convinta che si trattasse di un capitolo a parte, qualcosa che non c'entrava per nulla con la mia vita quotidiana. Quell'anno fu diverso. Quell'estate si poteva descrivere solo con una parola: paradiso. È superfluo dire che passassi ogni mio attimo libero insieme ad Harry – e immaginate voi stessi quanto tempo libero potessi avere in estate! – e ciò non fece altro che unirci sempre di più. Cominciavo a pensare che sarebbe stato impossibile per me vivere senza di lui, e ciò, lo ammetto, mi spaventava un po': era diventato parte integrante della mia giornata, se non c'era lui ero tremendamente annoiata. E spesso mi sentivo come una di quelle protagoniste di quei film melensi che ho sempre odiato, e detestavo me stessa solo per aver pensato ad una cosa simile: ma la mia indipendenza, quando c'era Harry, svaniva. 
Lui mandò giù il pezzo di sandwich che fino ad ora aveva masticato. «Sono sicuro che in spiaggia ci sia lo stesso casino», commentò osservando la folla che si affaccendava a cibarsi sotto di noi.
Poggiai un gomito sul tronco dell'albero, e appoggiai la guancia al mio palmo. «Che festa stupida, Ferragosto», bofonchiai tra me e me roteando gli occhi al cielo. Non avevo mai trovato un senso compiuto in questa idiozia. Cosa si festeggiava? Per quale motivo si festeggiava? Che senso aveva festeggiare? A mio parere la gente lo faceva soltanto per sentire aria di cambiamento, giusto per pensare “oggi è diverso”, quando non lo era per nulla, era una giornata esattamente come tutte le altre. 
«Non la penso come te», Harry interruppe i miei pensieri, lo sguardo ancora assorto nella marmaglia informe di gente sul prato.
«E per quale motivo?», domandai.
«Guarda giù», disse semplicemente, «tutta questa gente non sarebbe qui se non fosse per ferragosto», come se quel suo ragionamento fosse palese sotto ai miei occhi.
Incurvai le sopracciglia in attesa di un'altra spiegazione che non arrivò. «Ma non c'è proprio niente da festeggiare», replicai.
«Che importa? La gente passa una bella giornata. Deve davvero esserci qualcosa da festeggiare? Secondo me ogni tanto è bello che ci sia una festa stupida a rallegrare le giornate. La gente ha bisogno di un cambiamento. Ha bisogno di alzarsi la mattina e pensare “oggi è un giorno diverso”, di uno stimolo per fare qualcosa di nuovo e di divertirsi. È per questo che esistono queste feste  insensate; forse creano l'illusione della novità, ma credo lo facciano a fin di bene», concluse quel suo pensiero addentando in maniera famelica il suo sandwich mentre scrutava la mia espressione enigmatica.
«Forse hai ragione», osservai abbassando lo sguardo verso le varie famiglie. Dove sarebbero state, se oggi non fosse stato tanto speciale? Forse tutte in casa ad annoiarsi, stiracchiarsi sotto al condizionatore e guardare la televisione come un normalissimo giorno di quella torrida estate. E invece erano tutti lì, ammucchiati nel parco di Los Angeles e intenti a passare una giornata diversa  dalle altre con le proprie famiglie. O con i propri ragazzi. Qua e là c'era anche qualche coppia di fidanzatini e, sorpresa delle sorprese, io e Harry eravamo riusciti ad intravedere Sarah e Lucy insieme a due ragazzi. Entrambi avevamo fatto un sospiro di sollievo, ma Harry si era detto particolarmente contento che quelle due meduse avessero trovato altre vittime a cui appiopparsi.
Per un po' io e lui restammo in silenzio, ad ascoltare le futili conversazioni che giungevano dal basso e a dondolare le gambe da quel ramo dell'albero. 
«Ci pensi che tra poco ricomincerà l'inferno?», mormorai osservando il mio pranzo addentato. Già da qualche giorno avevo preso incessantemente a pensare all'incombenza del ritorno a scuola. Solitamente non ci badavo più di tanto, ma quell'anno tutto sembrava più difficile e pesante. Sarebbe stato il nostro ultimo anno al liceo, e la domanda che pian piano cominciava a farsi largo nella mia testa adesso sembrava quasi martellare: e poi? Già, poi cosa sarebbe successo? Non parlavo di me ed Harry – anche, e soprattutto –, ma di me, dell'università da scegliere, di Crystal, di casa, che cosa avrei fatto? Non avevo ancora scelto la facoltà, e per i miei soliti standard era già tardi. 
«Ehi, abbiamo ancora un paio di settimane per divertirci. Perché te le vuoi rovinare?», rispose prontamente lui accarezzandomi una coscia. Era facile, per lui. Lui avrebbe preso a registrare canzoni con i ragazzi e possibilmente non avrebbe avuto neanche il problema di scegliersi un'università, perché era già proiettato al mondo del lavoro. E che lavoro, pensai. Non nascondevo di provare un po' di invidia per la fortuna incredibile di Harry e degli altri, perché era anche un mio grandissimo sogno: ma al contempo ero felicissima per loro, e questo sentimento sovrastava tutto il resto. Speravo tanto avrebbero fatto successo, e da un lato me lo sentivo.
«Non lo so, è che... è l'ultimo anno», spiegai, con una scrollata di spalle.
«E allora? Sarà esattamente come gli altri anni, o meglio, come l'anno scorso», si corresse. «Solo che alla fine dovrai fare degli esami. A proposito, mi aiuterai, vero?», domandò guardandomi con una delle sue solite facce da cane bastonato. 
Gli sorrisi, divertita. «Certo che ti aiuterò. Ma sai come funziona, Styles», lo ammonii: non l'avevo mai fatto copiare durante tutto l'anno scolastico e di certo non l'avrei fatto durante gli esami dell'ultimo anno, e lui lo sapeva. 
«Ho sempre bisogno di ripetizioni», si giustificò sollevando di poco le spalle.
Inarcai un sopracciglio e gli rivolsi una smorfia divertita con l'espressione più scettica che potessi assumere. «Ripetizioni come quelle di quest'anno?», domandai divertita.
Lui si limitò a scuotere più volte la testa. «No, no. Stavolta ho davvero bisogno di essere promosso ed anche con buoni voti. Per cui credo che dovrò... provare a studiare», sospirò, poco sicuro. Eh già, nonostante i suoi sforzi di quest'anno non era ancora abituato a sgobbare troppo sui libri, per cui anche solo il pensiero di passare più di qualche ora a leggere la roba nero su bianco tra i testi scolastici lo mandava in crisi. Povero, piccolo Harry.
«Ti abituerai», risi accarezzandogli amorevolmente i ricci. Sembrava un bambino piccolo quando sbuffava e incrociava le braccia in quel modo: era proprio come se avessi di nuovo avanti il paffutello e riccioluto pargoletto con cui amavo fare a botte all'età di sei anni. Chi l'avrebbe mai detto che appena dieci anni dopo sarei stata seduta accanto a lui su di un albero ad accarezzargli i capelli e a fargli gli occhi dolci? E che mi sarei avvicinata a lui tanto da sfiorargli le labbra, per chiedere un bacio?
Proprio nell'istante in cui le sue labbra stavano per rispondere alla mia richiesta, accennandosi a muoversi sulle mie, il cellulare di lui squillò.
Mi era parso troppo strano, effettivamente. «Il giorno in cui riuscirò a baciarti quando voglio, mi colpirà un fulmine», sbuffai tirandomi indietro, per poi dare un morso al mio sandwich.
«Allora speriamo di essere sempre interrotti sul più bello», scherzò mentre tirava fuori il cellulare dalla tasca. 

charlie's corner.
Cazzo, che come back penoso. Adesso mi odierete tutte, lo so, mi dispiace ç___________________ç giuro che volevo fare un capitolo carino ma, come penso abbiate notato, ho avuto un bel blocco stavolta. È quasi un mese che non aggiorno! Mi sento tremendamente in colpa. Ma di recensioni ne ho avute poche, e anche di voglia çwç quindi ho deciso di prendermi una pausa volutamente da Harry e Destiny, ma giuro che adesso sono tornata in carreggiata, anche se, ecco... non proprio nella maniera che speravo. Il capitolo è davvero orrendo, corto e noioso, e non succede niente. Ma il prossimo, se scriverò quello che progetto di fare, sono sicura che vi piacerà perché è uno dei miei preferiti :3
Comunque. Ieri era il mio compleanno quindi pretendo gli auguri è___é sono vecchia, ho sedici anni ormai çç portatemi rispetto e non insultatemi per questo capitolo, mi dispiace davvero. Io vi amo! xxx
ps. Vi lascio il link di un profilo di un ragazzo che scrive benissimo, leggete qualcosa, ne vale la pena e.e http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=168985
E adesso la caVa Manuela <33


Le minchiate di Zia Manuela
Buonasera mie donzelle. Intanto voglio rimproverare carla: ho appena finito di leggere questo capitolo e sto provando una tristezza assurda. Perchè? Perchè parla della fine dell'estate e arriverà anche per noi. Non tiratemi pomodori, sono una persona negativa di nascita HAHA lo so che manca ancora tanto ma mi sento propio come destiny c_c non voglio che finisca anche se finirà tra due mesi. Beh bando alle ciancie, questo non c'entra nulla e poi non voglio rattristire pure voi u-u ma ormai l'ho scritto e io non cancello mai niente di quel che scrivo nella mia rubrica (lo giuro!) questo mio spazio è come un flusso di coscienza ahah scollego il filtro dita-cervello e digito tutto ciò che mi viene in mente. E si vede no? c'è un motivo per il quale si chiamano 'le minchiate di zia manuela' e non 'le intense, serie e amabili riflessioni di zia Manuela' LOL ho di nuvo sbandato argomento ahah beh che dire del capitolo? Non succede nulla di particolare questo è vero però devo rendere conto a carla del fatto che come al solito, sia ben scritto. Prima di leggere il capitolo stavo leggendo un libro e mi è sorto spontaneo paragonare gli stili. E sapete una cosa? Carla a mio avviso scrive molto meglio dell'autrice di cinquanta sfumature di grigio HAHA ops di nuovo fuori rotta. Beh donzelle, nei prossimi capitoli vedrete cose che secondo me non vi aspettate affatto. Non dico altro u.u e me ne torno nella mia tana a leggere come un'ossessa ahah quest'estate non farò altro -informazione di servizio- so che queste sono le note più inutili del secolo ma non mi viene altro HAHA alla prossima belle mie.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** forever young. ***



Destiny.

Mi sentivo osservata. E tanto, anche. La cosa incredibile però, era che mi trovavo in casa mia tutta sola, senza un altro paio d’occhi che potesse trasmettermi quel disagio. Ben presto mi accorsi che quella sensazione non era provocata da qualcuno che mi fissava, bensì dalla scopa, gli stracci e il mocho che avevo riposto in un angolo della stanza, quando quel pomeriggio mi era balenata per la mente l’idea di mettere a posto il mio appartamento, giusto prima che mi ricordassi del gelato alla fragola nel freezer. Guardando quegli strumenti che io consideravo demoniaci, mi pareva quasi di sentire la voce di mia madre avvicinarsi. Adesso che Jason non c’era più a controllarmi, passava da me praticamente due volte al giorno per dare un’occhiata intorno – ma soprattutto per assicurarsi di non trovarmi con Harry a fare quello che lei definiva le nostre ragazzate. Non le davo tutti i torti e su quest’aspetto volevo andarci piano, specie perché ero consapevole dell’esperienza catastrofica che proprio mia madre aveva avuto: non che Jason fosse una catastrofe – beh, un pochino – ma l’idea di rimanere incinta a diciott’anni mi faceva solo rabbrividire. Dunque, mia madre passava a controllarmi così spesso che neanche facevo più caso all’essere sola o avere lei intorno: stava di fatto comunque che non le piaceva per nulla il disordine che regnava sovrano nel mio appartamento, e mi rimproverava ogni due per tre, istigandomi a ripulire un po’ la casa. Ma, testarda e disordinata come sono, non avevo ancora fatto proprio un bel niente, a parte le cose ordinarie tipo lavare i piatti e pulire il bagno.
Però quella sera non avevo proprio niente da fare. Quell’idiota del mio ragazzo – perché sì, solo un idiota sarebbe riuscito a farsi mettere in punizione d’estate dal proprio padre per avergli preso la Lamborghini senza chiedere il permesso – quell’idiota del mio ragazzo, dicevo, era confinato in casa: e la cosa mi dava una noia terribile, perché mi rendevo conto che la mia vita sociale ruotava attorno solo a quel coglione riccioluto che aveva una tremenda allergia per le regole; e quindi se non c’era lui io rimanevo bloccata in casa. Certo, c’era sempre Crystal: ma era in Spagna tutto il mese di Agosto, e non sarebbe ritornata prima dell’inizio della scuola. Quindi, a meno che non fossi stata presa da un attacco di pazzia acuta e mi fosse venuta voglia di fare un giro assieme a Sarah e Lucy, ero costretta tra le quattro mura del mio appartamento. Avrei potuto chiamare Heat, ma non eravamo in così grandi rapporti da uscire insieme, e poi lui era sicuramente occupato per via dell’Università.
In poche parole, la soluzione per quella sera sarebbero state le pulizie di casa. Mi alzai dal divano con un sonoro sbuffo e mi misi di fronte ai vari stracci e agli attrezzi che avevo preso poco prima, le mani puntate sui fianchi con fare autoritario. «L’avete fatto apposta, non è vero?». Di bene in meglio. Adesso parlavo pure con gli oggetti inanimati, gli effetti collaterali dello stare troppo da sola non avevano tardato a manifestarsi.
Proprio quando stavo per impugnare il manico della scopa, qualche angelo del cielo mi graziò facendo squillare il mio cellulare. Con un sospiro sollevato, attraversai la stanza e lo recuperai dal tavolo della cucina, notando che era un messaggio di Harry.
Passo a prenderti tra mezz’ora, preparati ;) .x
Per un attimo mi sembrò di sentire i cori dell’Alleluia. Immediatamente dopo quella visione paradisiaca si affievolì, coperta dal pensiero di avere soltanto mezz’ora per prepararmi. Ma che diavolo aveva combinato Harry? Era in punizione. Anche se, conoscendolo, non gli ci voleva molto a scappare di casa senza farsi notare dai suoi genitori: lo faceva ormai talmente tanto spesso che per lui uscire dalla finestra era più pratico che dalla porta. Ecco perché quando mi ero arrampicata fino al suo balcone non ci avevo messo poi tanto, perché lui aveva reso tutto più facile, tramite rami spezzati dell’albero accanto e vari appigli che lui stesso aveva progettato per una discesa/salita più comoda.
Mi vestii indossando un vestito corto semplice ma non troppo elegante ed un paio di tacchi; indossai un velo di trucco leggero, giusto in tempo per sentire il campanello suonare. Corsi ad aprire e mi ritrovai un sorridente Harry Styles di fronte.
«Ma che hai fatto?», domandai divertita osservandolo.
Lui mi sorrise tranquillamente e si avvicinò per lasciarmi un bacio sulla guancia. «Non mi andava di stare a casa», spiegò con una leggera scrollata di spalle. Come avevo predetto. «E poi i miei non se ne accorgeranno. Però, ecco, in pratica mi hanno sequestrato la macchina, perciò dovremmo usare la tua», spiegò lui con un cenno di stizza nella voce. Sapevo quanto detestava non poter usare la sua macchina ed essere costretto a chiedere passaggi… ma dopo tutto si trattava di me, non ero mica un’estranea.
«Oh, ma guardate il mio ragazzo sprezzante delle regole», lo presi in giro ridendo e recuperai le chiavi della macchina, per poi porgergliele. «Guidi tu?», domandai poi.
Lui roteò gli occhi con un sorriso divertito e prese le chiavi tra le mani. «Come se non mi conoscessi», rise mentre entrambi ci dirigevamo verso il parcheggio. Sapevo che non se ne sarebbe stato a casa alla fine, ma quella volta suo padre era veramente arrabbiato, e pensavo che il massimo delle sue uscite 
fino alla settimana successiva sarebbe stato portare fuori il cane; ma come al solito Harry mi stupiva.
«Oh, dove andiamo?», chiesi aprendo la portiera del passeggero della mia macchina, mentre Harry raggiungeva l’altra parte.
Lui sembrò rifletterci per qualche istante, mentre faceva la manovra per uscire dal parcheggio. Poi si voltò verso di me. «Ti va se andiamo in qualche pub?», propose, ed io non aspettai più di tanto ad annuire: mi andava benissimo. «Ho seriamente bisogno di mangiare, visto che per protesta alla mia punizione mi sono rifiutato di toccare cibo», spiegò con tranquillità mentre uscivamo in strada.
Scoppiai a ridere di fronte alla sua spiegazione: conoscevo quella tattica, rifiutava di mangiare per creare compassione agli occhi di sua madre, che poi rendeva compassionevole anche Nick. Era una fragile ma chiara catena… sentimentale? In un certo senso. «Tua madre si starà disperando», risi al pensiero di una povera Anne che lasciava di fronte alla camera di Harry un vassoio con ogni ben di Dio, che lui puntualmente rifiutava.
«Sì, beh, sarebbe questa l’idea», fece lui, acconsentendo automaticamente anche ai miei pensieri.
«Sei stato molto cattivo», lo rimproverai con un sorrisino sarcastico.
«No, non direi cattivo. Solo… vendicativo», disse e si voltò per un istante a guardarmi, rivolgendomi uno di quei suoi sorrisi bastardi. Per quanto riuscissi ad affievolirla, la parte stronza di lui non se n’era mai andata. «Però adesso sto morendo davvero di fame. Potrei anche mangiare te, in questo momento», ridacchiò.
«Notare bene: quando Harry è in punizione diventa schiavo del cannibalismo», feci finta di prendere appunti mentalmente e poi risi, scuotendo la testa.
Lui mi seguì a ruota. «Sarà meglio che tu faccia attenzione fino a che non ho la pancia piena!», scherzò.
«Zitto e guida», lo ammonii scherzosamente, in una risata vivace.
 
«Avanti, nutriti prima di mangiare me», ridacchiai facendo una piccola smorfia verso di lui.
«Tu non mangi?», domandò indicando il semplice drink che avevo di fronte. Scossi la testa e sorrisi guardandolo addentare il suo enorme panino.
«No, avevo già cenato quando mi hai mandato il messaggio», spiegai tranquillamente e presi qualche sorso dal mio bicchiere. Non avrei certo deciso di cenare se avessi saputo che lui stava venendo a prendermi, ma non potevo farci nulla se lui era così imprevedibile.
Harry annuì mentre masticava famelicamente la sua cena. Era facile capire quanto stesse morendo di fame per come trangugiava quei bocconi voracemente, di solito era molto più lento; adesso invece sembrava proprio una nuova versione di Niall. «E che avevi intenzione di fare questa sera se non fossi venuto a prenderti?», domandò rivolgendomi uno sguardo incuriosito.
«Stavo per pulire il mio appartamento», dissi con voce sofferente. Mi aveva fatto un grande favore a togliermi dalle grinfie di stracci e scopa, anche se prima o poi avrei dovuto farlo. Beh, per ora avevo rimandato il tutto, fortunatamente.
Harry per poco non mandò di traverso il drink che stava bevendo, poi mi guardò divertito e rise. «Seriamente?», disse con un tono sarcastico e poi scoppiò in un’altra sonora risata. «Destiny, non ci credo neanche morto».
Sbuffai ed incrociai le braccia al petto, fingendomi offesa. Dopo tutto lo capivo, il mio appartamento era un caos totale, ma ad Harry non dava fastidio, anzi lui contribuiva a creare il casino all’interno… lo dicevo sempre che io e lui eravamo simili in tutto, no? «Immagino che tu invece non abbia fatto nulla tutto il pomeriggio», commentai ridendo sarcastica ed inarcai un sopracciglio. E in fondo cosa avrebbe dovuto fare in punizione? Ormai c’era finito talmente tante volte da aver esaurito la fantasia per trovare nuove occupazioni.
Lui annuì e diede l’ultimo morso al suo panino, terminandolo completamente. «Hai detto bene, Destiny cara», disse prima di finire il drink che aveva tra le mani, poi ne ordinò altri due. Quando finimmo anche quelli ci dirigemmo verso la pista da ballo del locale, dove c’era come sempre la solita folla confusionaria e piena di gente ubriaca. Posai le braccia intorno al collo di Harry e presi a ballare insieme a lui, trascinandolo nel frattempo verso il bancone: avevo voglia di bere ancora qualche drink, e chi me lo vietava? Certamente nessuno. Harry, troppo preso da me, si accorse solo dopo che l’avevo trascinato dall’altra parte della pista a forza di ballare, e rise divertito. «Qualcuno stasera vuole bere?», scherzò avvicinando il suo viso al mio, poi unì le sue labbra alle mie, per baciarmi dolcemente. Quando si staccò intrecciò le sue dita con le mie e mi trascinò fino al bar, dove ordinò altri due drink. E poi altri due. E due ancora.
Ad un certo punto avevo perso il conto degli alcoolici che avevo ingerito, dovevano essere tre o quattro ma mi sembravano di più. Francamente non ne ero sicura, perché contare senza scoppiare a ridere era diventata un’impresa titanica a quel punto. Ma né io né Harry sembravamo preoccuparcene troppo, e continuavamo a mandare giù quei bicchieri di vodka e altre sostanze alcoliche mischiate a succhi di frutta, come se fossero acqua. Sentivo la gola andare in fuoco, ma avvertivo una piacevolissima sensazione di benessere e allegrezza, e a quel punto capii di essere più che brilla: anche Harry era nelle mie stesse condizioni, e mentre ballavamo in pista quasi faticavamo a stare su due piedi. Lui mi cinse i fianchi e io feci passare nuovamente le mani attorno al suo collo, con naturalezza.
«Siamo un po’ ubriachi», mormorò lui divertito ad un centimetro dalle mie labbra. Già, lo eravamo giusto un po’. Ma chi se ne importava? Non dovevamo dar retta a nessuno. Né ai miei, né ai suoi, né a mio fratello e né tanto meno a qualche insegnante o a qualche stupida regola che ci vietava di ubriacarci quando volevamo, anche se eravamo solo diciassettenni.
«Ma solo un po’», ridacchiai e raggiunsi le sue labbra, catturandole in un bacio passionale. Accarezzai la sua lingua con la mia, mentre gustavo il sapore di alcool all’interno della sua bocca, che sicuramente era uguale anche nella mia. Portai una mano ai suoi riccioli e li accarezzai con lentezza, mentre lui faceva passare una mano lungo la mia schiena delicatamente. Baciarlo da ubriaca era ancora più bello. Perché non sentivo altro che le sue labbra sulle mie e le nostre lingue che si muovevano in sincrono: tutto il resto era distaccato, sfocato, lontano.
Harry si staccò, quasi di colpo, e mi lasciò qualche altro bacio a fior di labbra. Poi si allontanò leggermente, lasciando ancora sfiorare i nostri nasi, e mi sorrise mentre i suoi occhi verde azzurro si specchiavano nei miei, marroni. «Che ne dici se andiamo da qualche altra parte?».
 
La strada, a quell’ora di notte e in quella zona poco frequentata, era indubbiamente deserta: ci faceva compagnia solo la fioca luce dei lampioni ed un gatto in fondo alla strada, che dormiva beatamente. Mi chiesi come riuscisse a russare così profondamente quando noi due ridevamo come due pazzi, e probabilmente stavamo svegliando chiunque si ritrovasse nelle case che costeggiavano la strada. Divertita, presi a camminare sul bordo del marciapiede mettendo un piede davanti all’altro, come per mantenere l’equilibrio: ovviamente, con le poche facoltà fisiche che mi erano rimaste, riuscivo a mala pena a fare due passi senza inciampare come una stupida, e sentivo Harry ridacchiare dietro di me.
Alla fine decisi di lasciar perdere la mia occupazione di equilibrista perché evidentemente – un po’ per colpa dell’alcool e un po’ perché non ero brava di mio – quello non era proprio il mio mestiere. Quindi mi avvicinai ad Harry e gli presi la mano, facendola dondolare avanti e indietro proprio come due bambini piccoli. Ero davvero sorpresa dal fatto che con tutto il casino che stavamo facendo nessuno si fosse ancora affacciato dalla finestra di casa infuriato, ci avesse insultati o addirittura tirato qualcosa dall’alto del loro balcone. Beh, tanto meglio, mi dissi. Ero sola con Harry e con un gatto pigro.
«Harry», lo richiamai mentre continuavo a far dondolare le nostre mani avanti e indietro. «Se i tuoi ci scoprono, in punizione ci stai per un anno!», dissi prima di scoppiare in una sonora risata.
«Sicuramente», acconsentì lui serio. «Ma tanto non lo verranno mai a sapere!», disse con una luce nuova negli occhi, sembrava allegro e sprizzava gioia da tutti i pori.
«Harry, guarda!», dissi e gli indicai un parco giochi dall’altra parte della strada. C’erano a mala pena due altalene ed uno scivolo, ma era pur sempre un parco giochi. «Oh, ti prego ci andiamo? Voglio fare l’altalenaaa!», mi lamentai pestando i piedi come una bambina di cinque anni, e lui, proprio come un bravo padre, annuì semplicemente. Lasciai andare la sua mano e corsi euforica dall’altra parte della strada, per poi prendere posto su una delle due altalene. «Mi spingi, Harry?», domandai mentre lui si avvicinava, mettendo su uno strano broncio da bambina.
Lui mi ricambiò con una linguaccia infastidita, eppure si posizionò dietro di me e prese a spingermi, e in un batter d’occhio mi ritrovavo a volare su quell’altalena: ogni volta che tornavo indietro sentivo le sue mani possenti spingermi in avanti un’altra volta, e tornavo nuovamente avanti. Indietro, avanti, indietro, avanti. Sentivo di poter gridare, ridere, fare tutto quello che volevo in quel momento. Mi sentivo libera da qualsiasi inibizione, sentivo che sarebbe potuta accadere la peggiore catastrofe al mondo ma a me non sarebbe importato poi tanto. Perché mi stavo divertendo, ero con Harry e avevo tutto ciò che avrei mai potuto desiderare.
«Dovremmo ubriacarci più spesso, sai!», quasi urlai in una risata allegra, mentre ancora dondolavo ed una leggera brezza mi colpiva il viso. Lo sentii ridacchiare altrettanto allegramente alle mie spalle, e smise di spingermi per poi venire di fronte a me e guardarmi dondolare.
«Pensi che potremmo vivere da ubriachi?», domandò mentre faceva avanti e indietro con la testa, in modo da seguire i movimenti dell’altalena che man mano andavano ad affievolirsi a causa della mancanza delle sue spinte.
«Potremmo!», dissi, sicura di me. «Ci basterebbe bere un bel po’ di alcool di prima mattina e sarebbe sempre così. Non è stupendo?», dissi sicura di me e con un balzo fui giù dall’altalena. Solo che, ahimè, i miei riflessi non erano esattamente al massimo, quindi non appena toccai terra con i miei tacchi a spillo non riuscii ad evitare di perdere l’equilibrio e cadere sul prato. Fortunatamente era morbido e non mi feci male, così presi a ridere a crepapelle, divertita da quella situazione: in poco tempo ritrovai Harry sdraiato vicino a me, anche se non capivo com’era finito lì.
Gli sorrisi e sollevai lo sguardo verso il cielo, dove una pallida luna piena sovrastava tutto il resto. «Guarda, Harry!», dissi, indicando tutt’altra parte. «C’è una stella», mormorai ora piano, meravigliata dalla bellezza di quell’unico puntino di luce nel cielo limpido.
Lui guardò nel punto in cui gli avevo indicato e allargò un ampio sorriso, che fece spazio alle sue adorabili fossette, ai lati della bocca. «La vedo», disse sereno, mentre io ero persa nei suoi occhi che quella sera sembravano brillare più delle altre volte. Tornai ad osservare quel piccolo puntino di luce nel cielo e cercai la sua mano, per poi intrecciare le nostre dita.
Poi sbuffai sonoramente. Lui si voltò verso di me e mi guardò con aria interrogativa. «Voglio vedere le altre stelle, Harry», dissi, quasi in un lamento. Proprio come una bambina piccola che voleva tutte le bambole del negozio di giocattoli, io pretendevo di vedere tutte le stelle che c’erano in cielo.
Lui mi sorrise, cordiale. «Un giorno andremo in campeggio e ti farò vedere tutte le stelle», promise, stringendomi un po’ di più la mano.
«Davvero?», dissi con gli occhi che mi brillavano.
«Davvero».
Sospirai rincuorata, come se mi avessero appena assicurato di aver trovato una cura per il cancro, o che da ora in poi sarebbe regnata la pace nel mondo. Era quasi una questione vitale in quel momento, ma se lui diceva che mi avrebbe fatto vedere le stelle un giorno allora ci credevo. Mi avvicinai di più a lui e appoggiai la testa alla sua spalla, accoccolandomi contro il suo petto. Lui fece passare un braccio intorno alle mie spalle per abbracciarmi, e rimanemmo così per non so quanto tempo. Forse furono minuti, ma a me sembravano ore: dopo tutto non avevamo bisogno di granché, io e lui, ci bastava la presenza dell’altro.
«Dobbiamo rimanere sempre così», sussurrai ad un tratto, con gli occhi fissi sul blu del cielo. «Spensierati, e giovani», aggiunsi senza distogliere lo sguardo.
Anche Harry portò il suo sguardo verso il cielo scuro, e parve sorridere. «E rimarremo sempre così», confermò sicuro di sé, per poi lasciarmi un dolce bacio sulla guancia. «Non importa quanti anni avremo e quante rughe avremo in faccia, resteremo giovani per sempre», affermò di nuovo.
Stavolta mi voltai a guardarlo, rivolgendogli un gran sorriso. «Io voglio stare con te fino a quando sarò vecchia», ammisi, sentendo le guance avvampare. Era l’alcool o stavo davvero arrossendo?
«Anch’io», fece lui con sicurezza, come se avessi appena detto qualcosa di stupido e scontato. Mi allungai e gli lasciai un dolce bacio sulle labbra, poi mi feci un po’ più seria.
«Lo prometti, Harry?», dissi incatenando i nostri sguardi. «Prometti che saremo per sempre così? Che non importa quanti anni passeranno, che noi non cambieremo mai?».
Lui mi guardò per un istante interminabile, poi sorrise. «Te lo prometto».

charlie's corner.
Ehm, ecco, sì.... Ciao.*va a nascondersi in un angolino, schivando una mazza che va per colpirla in testa*
Dunque... Avevo per caso detto che avrei aggiornato presto, non è vero? *altra mazza*
Beh... è passato giusto un mesetto, dai. Niente di grave! Okay okay scusatemi tanto ç___ç Ma c'è una buona ragione a tutto! Se mi fate parlare, adesso vi spiego. 
La ragione si chiama: BLOCCO DELLO SCRITTORE.
Sì, lo so che molti lo utilizzano come scusa perché si seccano, ma giuro che io non sono così. Questo blocco mi ha preso letteralmente per tutto giugno e tutto luglio, impedendomi di scrivere cose decenti fino a... una settimana fa? Probabile. Avrei anche potuto forzarmi e scrivere con tutto il blocco, è anche vero - come è successo nell'ultimo capitolo che, non so se ve ne siete accorte, ma fa cacare proprio perché l'ho scritto di forzatura. Però non volevo forzarmi con questo capitolo, perché ci tenevo troppo. Proviene da una delle ruolate più belle che io e Manuela abbiamo fatto... e volevo che venisse fuori bene. Ora, non dico di esserne totalmente soddisfatta, perché sarebbe potuto uscire anche meglio, ma direi che va bene, sicuramente è un come back meno penoso di quello del mio ultimo capitolo .-. A proposito, mi scuso ancora per quello. 
Questo capitolo è uno dei miei preferiti, fino ad ora :') Perché amo gli Harry e Destiny che sono descritti qui, quelli spensierati e giovani che, ahimè, non vedremo più tanto spesso - little spoiler! - ma dai non mi piace essere tragica, dopo tutto derry is forevah <3
E poi ci terrei a smentire una cosa che mi hanno chiesto in tanti: non ho intenzione di sospendere lucky. Né tantomeno smettere di scriverla. Chiaro? Magari ancora non ve ne siete accorti ma io e Manuela teniamo incredibilmente a questa storia e non potrei mai lasciarla così di punto in bianco! :') Probabilmente arrivati a 33 capitoli vi aspettereste che vi dica che manca poco alla fine, e invece vi dico di no, un'altra decina di capitoli ci sono sicuramente. Spero non vi dispiaccia!
Spero di postare presto, ma non vi garantisco che sarò svizzera perché al momento ho un altro progetto in cantiere. Ed è proprio grazie a questa nuova fanfiction che sto scrivendo che ho riacquistato l'ispirazione in generale, e in particolare anche per Lucky! Quindi potreste tutti ringraziare la mia nuova fanfiction che so, magari passandola a leggere? :3 AHAHAHAHHA mi fareste un enorme piacere, davvero. 
E' una fanfiction un po' più triste di questa, e voglio che sappiate che ci sto mettendo tutta me stessa di far piangere quell'apatica del cazzo di Manuela AHAHAHHAHAH secondo voi ce la farò? Secondo me no. 
Per leggerla cliccate sul banner:



 

Se passaste mi fareste un enorme favore ed un gran piacere *----* Perché ho molto bisogno di pareri.
Adesso vi lascio alle sclerate della nostra - NNNNNO, E' TUTTA MMMIA! - Manuelita uu
Vi amo tutti.
Lots of love,
Charlie c:
 


Le Minchiate di Zia Manuela.
Oh, questo capitolo ç_ç buonasera nipotine. Dovete sapere che sia io che carla siamo molto affezionate alla role che ha ispirato questo capitolo, quindi scusatemi se queste note risulteranno sentimentali <3 Eh mi manca propio ruolare con Desy e Harry ç-ç comunuunque, era da un po' che non apparivano capitoli ispirati alle Role nella fic e sono molto contenta che per carla sia arrivato il momento di scrivere questo, poi i dialoghi sono quasi completamente presi pari pari dalle roless e la cosa è veramente commovente *___* Personalmente A D O R O i Derry ubriachi ahahah voi no? Sono due minchioni <3 TROLOL fortunatamente non sono di quegli ubriachi depressi, anzi direi che l'alcol li ringiovanisce v.v Direi che è un ottimo ritorno, visto che non ci si sente da un po' *w* Però voi siete sempre qua a recensire e questo è meraviglioso! Invidio a Carla le sue lettrici fedeli e_e ma se li merita tutti! Mi sento di spendere due parole per il finale che è da lacrime ç_ç - Dobbiamo rimanere sempre così, spensierati e giovani- -Non importa quanti anni avremo e quante rughe avremo sulla faccia. Resteremo sempre giovani- *----* io trovo questa parte magnifica. E tra l'altro, dovete sapere che la storia di Desy e Harry non finisce qua ma va avanti, molto avanti... In sintesi: io so come saranno da vecchi v.v Ma non voglio farvi crepare di invidia perchè io so sempre molte più cose di voi ahhah Va bene belle, vi lascio. Continuate a seguirci e recensite in tanti <3 Zia manuela vi ama xx

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** one direction. ***


Destiny.

«Andava benissimo Zayn», disse l’uomo brizzolato accendendo il microfono che permetteva a Zayn, dalla sala di registrazione, di sentirci. Il moro sorrise e fece il pollice all’insù dall’altra parte del vetro e l’uomo riprese a parlare. «Adesso proviamo a registrare il ritornello. Harry, Liam, Niall, Louis… tutti dentro», disse ai ragazzi che stavano comodamente abbacchiati sul divano, e questi si alzarono di scatto per raggiungere le postazioni accanto a quella del loro amico. Così rimasi solo io da sola seduta su quel divano, ad osservarli da lontano posizionare le grandi cuffie alle orecchie e avvicinarsi al microfono. 
Colsi lo sguardo attento e professionale del mio ragazzo, e sorrisi involontariamente. Settembre era arrivato con un’incredibile prepotenza quell’anno, strappandoci alla nostra meravigliosa estate, ormai agli sgoccioli. D’altro canto Harry aspettava questo momento da mesi, praticamente da quando lui e gli altri ragazzi avevano ricevuto la notizia del contratto. Ed eccoli finalmente, per la prima volta in sala di registrazione: ero così fiera di tutti loro, Harry in particolare. Era il suo più grande sogno e vederlo mentre questo si realizzava mi riempiva della più grande gioia. E lui aveva insistito così tanto perché venissi a vederli quel giorno: registravano una canzone che si chiamava “Everything About You”, e sebbene avesse un suono completamente differente dai gusti musicali miei e di Harry, constatai che non era poi tanto male. 
Harry me l’aveva dedicata, in un eccesso di romanticismo, mentre saltava su e giù per il mio letto con una spazzola in mano a mo’ di microfono. Avrebbe dovuto essere una scena romantica ma era finita per essere esilarante, con me che lo guardavo e ridevo a crepapelle e lui che faceva le più strane acrobazie sul materasso, cantando e ridendo a sua volta. Ma nonostante tutto eravamo una coppia molto normale, no?
Quando i ragazzi smisero di cantare ebbi l’impulso di applaudire come una mamma fiera dei propri figli, ma fui lievemente intimidita dalle due figure che avevo davanti. Nick Styles ed un certo suo collega di nome Oliver (l’uomo brizzolato) stavano parlando concitatamente su non si sa che cosa. Ero parecchio interessata, per cui allungai il collo e tesi le orecchie, nell’intento di carpire qualche loro parola.
«…il fatto è che non so se è questo il tipo di band che i ragazzi vogliono essere», replicava Nick con fare insicuro, alle parole dell’altro che non ero riuscita ad udire.
«Nick, cerca di riflettere. Insomma, guardali: sono tutti dei bei ragazzi. Hai presente quante masse di ragazzine potrebbero attirare con i bei visini che si ritrovano? Ascolta quello che ti dico, si deve lavorare sull’immagine».
«Oliver, la musica viene al primo posto», replicava sicuro di sé il padre di Harry, scuotendo la testa.
Oliver sorrise con aria tranquilla e allargò le braccia. «Ma certo… certo che lo è! Si parla sempre e comunque di musica, no? In fondo i ragazzi hanno delle belle voci, ma sono sicuro che se lavorassimo un po’ più sull’occhio…»
«Insomma vuoi dire che la loro immagine ora come ora non va bene? Credevo fosse l’ultima cosa a cui avremmo pensato».
«Certo… certo che va bene! Ma si può sempre migliorare, Nick. Questi cinque ragazzi possono fare impazzire le teen-agers, ascolta quello che ti dico. C’è il biondino, quello scuro, quello con gli occhi chiari, quello che assomiglia a Justin Bieber e quello con i ricci», arricciai il naso mentre Oliver elencava i miei amici sulle punte delle dita come fossero delle figurine di calciatori, «Praticamente un pacchetto completo! Le ragazze impazziranno. Renditi conto di quello che abbiamo tra le mani. Stiamo parlando di montagne di soldi, Nick. E tutto questo è possibile solo con la giusta promozione, fidati. Il mio team di management saprà fare il lavoro giusto con loro».
«Avrei preferito occuparmi personalmente di…»
«Nick, Nick… ti preoccupi per tuo figlio e i suoi amici? Sai che sono tutti in mani buone con noi. Parli come se non avessi mai lavorato con me! Mi conosci. I ragazzi hanno bisogno di un gruppo di manager più esperto e che possa organizzare una campagna promozionale più grande, in modo di sbancare il prima possibile. Prima che esca addirittura l’album!», gli occhi di Oliver sembravano brillare. O meglio, sembrava Paperon de’ Paperoni in uno di quei fumetti Disney, con gli occhi a forma di dollaro. Ecco, vedevo negli occhi grigi di quell’uomo viscido solo desiderio: desiderio di tanti, tantissimi soldi.
«Effettivamente potrei valutare la tua proposta… non so, vedrò di parlarne con i ragazzi».
«Non lasciatevi scappare quest’opportunità. Sai benissimo cosa si perderebbero questi ragazzi se non accettassi, Nick», replicò nuovamente l’uomo.
La discussione s’interruppe a quel punto, perché Niall, ignaro come gli altri di quello che stava succedendo dall’altra parte della cabina insonorizzata, parlò attraverso il microfono. «Allora, era buona?», domandò sfoderando uno dei suoi tipici sorrisi da Niall.
Nick annuì sicuro di sé e gli mostrò l’okay con la mano. Poi premette il pulsante del microfono e parlò. «Era perfetta, ma per sicurezza registriamola di nuovo», disse e fece ripartire la musica, che fu subito seguita dalle voci dei ragazzi. 
A quel punto lui e Oliver ripresero a parlare, ma io avevo già sentito abbastanza, per cui uscii dalla stanza senza farmi notare, diretta verso il distributore automatico nel corridoio.
Non riuscivo a credere che il padre di Harry, che mi era sempre sembrato così coerente con se stesso e onesto, stesse davvero prendendo in considerazione l’idea di vendere suo figlio e i ragazzi a quell’uomo per… che cosa? Ah sì, soldi a palate. Che cosa squallida, rabbrividivo solo al pensiero. E quell’Oliver, mi sembrava la persona più viscida di questo pianeta: mi pareva impossibile anche solo pensare che Nick avesse collaborato con lui nel passato e che in un ipotetico futuro avrebbe potuto diventare il manager dei ragazzi. Un uomo come quello, così assetato di potere, di fama e di soldi… (sì, non mi ci era voluto molto per inquadrare il tipo), dicevo, un uomo come quello non volevo proprio vederlo al fianco della band del mio ragazzo. Lui e gli altri erano delle persone così vere e genuine, e l’idea che il mondo dello spettacolo avesse potuto risucchiarli, così come Oliver era stato risucchiato dalla voglia di denaro, mi faceva venire il voltastomaco. Non volevo quello per loro, proprio no.
Ma cosa potevo farci, io? Ero solo una figura marginale e poco importante in quella storia, camminavo a fianco del tappeto rosso che quei cinque ragazzi stavano per incominciare ad attraversare.
Forse però mi facevo troppi problemi. Forse le parole di Oliver sarebbero rimaste solo congetture in aria, magari i soldi, la fama e le teen-ager impazzite non sarebbero mai arrivati. E nessuno si sarebbe montato la testa.
E Harry non si sarebbe montato la testa.
A quel pensiero mi diedi uno schiaffo in fronte e scossi ripetutamente il capo, a volte facevo delle congetture così stupide e insensate! Recuperai la mia bottiglietta d’acqua dal distributore e tornai dentro la sala di registrazione, dove trovai i ragazzi finalmente fuori, a chiacchierare tranquillamente con Nick ed Oliver.
«Allora ragazzi, avete già trovato un nome per la band?», fece quest’ultimo.
«Sì, pensavamo a One Direction», rispose Louis sicuro, lanciando un occhiolino complice verso Harry.
«One Direction… sì, mi piace! Già immagino un possibile logo… Oh, e le magliette! Vi piacerebbe vedere delle magliette con i vostri volti sopra?»
Niall ridacchiò. «Oliver, mi sembra un po’ troppo presto per questo», ironizzò Nick roteando gli occhi al cielo.
L’uomo brizzolato scosse sapientemente la testa e circondò con le braccia le spalle di Harry e Zayn. «Ragazzi miei, dovete capire che non è mai troppo presto, quando la fama bussa alla vostra porta! Allora che fate, volete lasciarla aspettare sulla soglia o le aprite subito?»
«L’apriamo subito!», risposero i cinque in coro, in un misto d’eccitazione ed allegria.
Oliver lanciò un’occhiata al suo collega e fece un occhiolino. «Sentito, Nick? L’aprono subito».
 
Io, a differenza di Harry, non volevo proprio che arrivasse la fine dell’estate. Eppure era successo: e con questa era arrivato anche l’inevitabile inizio della scuola. Quella mattina, camminare in quel cortile gremito di nuovi e vecchi studenti mi faceva venire il voltastomaco, e quell’edificio mi dava un gran mal di testa. Non volevo proprio ricominciare quel vortice di lezioni, test e stress che era il liceo. Cercavo di vederla con positività, ma onestamente non ci trovavo niente di buono in quel gran casino, e forse l’unica nota felice era che almeno questa volta attraversavo il cortile mano nella mano al ragazzo che amavo. Questo un po’ confortava. Pensavo che un anno prima all’inizio della scuola ero completamente spaesata, non conoscevo nessuno… e poi avevo incontrato Harry. 
A quel pensiero arrestai il passo bloccandomi in mezzo al cortile, impedendo di conseguenza al mio ragazzo di proseguire. Lui tornò indietro, ancora tenendomi la mano, e mi guardò con aria incuriosita. «Qualcosa non va?», domandò inarcando un sopracciglio e scrutando la mia espressione, probabilmente nell’intento di trovarci una traccia di preoccupazione o tristezza.
Ma io ero semplicemente pensierosa. «Che giorno è oggi?», gli domandai aggrottando le sopracciglia.
Lui dovette recuperare l’iPhone dalla tasca prima di esserne del tutto sicuro. «Quattordici settembre. Perché, ho dimenticato qualcosa?», assunse una faccia sofferente.
Scossi la testa e sorrisi lievemente, poi incontrai il suo sguardo. «Oggi è un anno che ci conosciamo!», cantilenai contenta.
La sua espressione preoccupata si sciolse in un bellissimo sorriso, con tanto di fossette ai lati, mentre i suoi occhi color smeraldo s’illuminavano nel guardare i miei. «Oh, buon anniversario allora», disse contento. 
«Beh, tecnicamente non è il nostro anniversario, perché ci siamo messi insieme due mesi più tardi, ma effettivamente sì, forse è un anniversario… Che poi non è neanche vero che ci conosciamo da un anno, visto che giocavamo insieme da piccoli. Anche se ci odiavamo, e quindi è come se ci fossimo ri-conosciuti l’anno scorso, non credi? Non che mi fossi dimenticata di te, certo, però se ci pensi-»
«Vuoi stare zitta una buona volta?», mi schernii lui prima di catturarmi in uno dei suoi baci a tradimento. Risposi alle sue labbra con sicurezza, aggrappandomi alle sue spalle e avvicinandomi ancora di più.
Ma, proprio sul più bello, una voce esterna c’interruppe. «Styles! Miller! Vedo che l’estate non ha portato i cambiamenti che speravo. Entrate nell’edificio, prima che vi spedisca dal preside per atti osceni in luogo pubblico!», sbuffai rivolgendo un’occhiata scocciata ad Harry di fronte alle parole di quella baldracca della professoressa White. Ci detestava senza alcun motivo; o meglio, io ed Harry un giorno avevamo passato il tempo a buttare giù qualche ragione per la quale avrebbe dovuto odiarci: primo, perché eravamo giovani e belli, e rappresentavamo tutto ciò che lei non era più; secondo, perché entrambi detestavamo la sua odiosissima materia; terzo, perché avevamo rifiutato categoricamente il titolo di re e reginetta del ballo, interrompendo così una millenaria tradizione scolastica alla quale lei teneva particolarmente.
Senza dire nulla ci guardammo e ridacchiammo, probabilmente pensavamo alla stessa cosa, e ci dirigemmo verso l’edificio della scuola.
Il nuovo orario quell’anno non era per nulla soddisfacente: non avevo beccato nessun corso insieme ad Harry, fatta eccezione per quello di chimica, che però stavolta era all’ultima ora. Quindi a conti fatti avrei visto il mio ragazzo a pranzo, a stento all’ora di educazione fisica da lontano, e poi finalmente durante chimica. Fortunatamente però ero a lezione di spagnolo con Crystal, alla prima ora.
Ero molto contenta di rivederla: l’ultima volta che ci eravamo viste era all’inizio dell’estate, e ci eravamo sentite ogni tanto, ma le chiamate intercontinentali costavano parecchio. Il suo viaggio-studio in Spagna era durato tre mesi pieni, e quindi non avevamo avuto altra occasione di incontrarci. 
«Dai, raccontami qualcosa idiota!», le dissi sottovoce, mentre la nuova professoressa di spagnolo si presentava e parlottava di esami di fine anno, facoltà di lingue e via dicendo.
Crystal ridacchiò. «Cosa dovrei raccontarti, scusa?»
«Non so, dimmelo tu! Sei stata tre mesi a Madrid e non mi dici nulla? Hai un’abbronzatura da paura!», mi complimentai, notando la sua pelle più che ambrata.
Crystal scrollò le spalle. «Che vuoi farci, è il sole della Spagna. Comunque sì, ho un paio di novità…», disse e riuscii a riconoscere quel tipico sorrisino da ho-conosciuto-un-ragazzo-troppo-figo sul suo volto.
«Racconta! Racconta!», la istigai sottovoce dandole una gomitata, ma riuscii solo a beccarmi un’occhiataccia dalla professoressa. 
Crystal emise un sospiro felice. «Beh, ecco... si chiama Juan ed è bellissimo!», ammise con audacia. Crystal non era il tipo che sarebbe arrossito raccontando una cosa del genere, semplicemente sorrideva come un’ebete. Anch’io, a sua volta, misi su un’espressione sognante.
«Juan… già il nome sembra quello di una bellezza mediterranea. Ma dimmi di più!»
«Ci siamo conosciuti fuori dal college, lui ha vent’anni», spalancai la bocca, ma non replicai. «Ci siamo incontrati in discoteca. E beh, sai, una cosa tira l’altra… e ci siamo baciati. E abbiamo finito per passare insieme praticamente ogni giorno. Ho passato tre mesi bellissimi, davvero».
Sorrisi. «Sono felice per te, Crys», dissi sincera. «Ma… e con Zayn?», domandai incuriosita. Non avevo seguito davvero molto la storia tra lei e l’amichetto moro di Harry, ma lui comunque non era un tipo che parlava spesso delle sue situazioni sentimentali, neanche con i suoi amici. Ma forse era solo una storiella stupida, e non seria come credevo io.
Crystal infatti scrollò le spalle. «Non credo che avesse davvero intenzioni serie, e neanche io le avevo dopo tutto. Ma se lui volesse tornare insieme, beh… dopo tutto Juan ormai è lontano»
Ecco appunto. Scoppiai in una sonora risata a quelle parole, beccandomi quindi un’altra occhiata dalla professoressa. Mi portai una mano alla bocca cercando di soffocare le mie risa, e rivolsi uno sguardo quasi severo a Crystal. «Certo che sei sempre la stessa, Crys».

charlie's corner.
Ciao a tutti! Scusate tanto il ritardo, mi dispiace ç__ç
Vado di fretta, ma voglio ringraziare tutte quelle che continuano a leggere e recensire, vi adoro <3 Se mi lasciaste qualche altra recensione vi amerei aofijefwkwe non ho avuto il tempo di rispondere a tutte e penso proprio che non lo avrò oggi, ma lo farò sicuramente nei prossimi giorni!  :)
Spero di postare con più frequenza da ora in poi! Se vi va, passereste dalla mia nuova fanfiction? Vi lascio il banner :3


 
Le Minchiate di Zia Manuela
Salve Bitches! ci siete ancora? u_u io sono sempre qui a rivendicare il mio spazietto e a rompervi le palle bwaha <3 anche se sono sicura che qualcuno si sarà stancato della mia rubrica e salta la mia parte, bitch i don' t care! ormai mi sento moralmente obbligata a commentare ogni capitolo con le mie cazzate (e con questo non voglio dire che non mi piaccia, anche se non mi caga più nessuno #sobbing) comuunque u_u Questo capitolo mi rattrista un po', perchè mi ricorda che a momenti la scuola inizia anche per noi ç_ç ok, il termine più adatto è disperazione, depressione acuta, tentativi di suicidio, non tristezza LOL come sono melodrammatica, ma bando alle cancie: qui avete un primo assaggio di cosa capiterà negli altri capitoli e in contemporanea... iniziano i problemi /: vedrete di cosa parlo, se resterete con noi! Devo dire che apprezzo davvero la sincerità di Carla in questo capitolo, per quanto riguarda quelle band con belle faccine alle quali si cura più l'immagine che la musica. Poi Oliver è così realistico oo: e lasciatemi dire che crystal e zayn mi incuriosiscono *-* Di loro io non ne so niente u.u vediamo che farà carla! Btw mi sto accorgendo di saltare da un argomento all'altro senza alcun filo logico, mi sa che sto perdendo la mia sanità mentale, quindi boh, basta. Recensite in tanti uu ciao <3

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** innocent jokes. ***



Destiny.

Non sono mai stata una persona romantica: ho sempre rifiutato le smancerie in ognuna delle loro forme, per cui non mi sognavo certo di perdere tempo con le storie delle anime gemelle e tutto il resto. Però, ripensandoci, forse qualcosa di vero in quei racconti c'era. Una volta ho sentito in qualche film, credo, di una leggenda nella quale due anime gemelle venivano associate alle due parti di una mela, perché combaciano perfettamente e si completano l'una con l'altra. 
Non ero sicura che Harry fosse la mia anima gemella, ma se avevo una qualche certezza era quella che lui fosse l'altra metà della mia mela. Indubbiamente. Io ero acida e lui sarcastico, io disordinata e lui catastrofico, lui testardo ed io irremovibile. Per non parlare poi del fatto che personaggi come Voldemort o l'Innominato avrebbero facilmente potuto mettersi da parte di fronte alla nostra diabolicità: perché se da soli eravamo capaci di combinare danni più o meno gravi, una volta insieme raggiungevamo l'equivalente di una bomba ad orologeria. È superfluo quindi dire che eravamo la coppia perfetta – specie se si parlava di scherzi e diavolerie varie, quelle erano proprio la nostra specialità!
Quella mattina il nostro piano d'attacco era molto semplice, eppure efficace. Harry avrebbe distratto le vittime e nel frattempo io sarei stata impegnata a compiere il misfatto. Il bersaglio? L'intera squadra delle cheerleaders, ovviamente; più una sorpresa speciale a quell'oca giuliva che portava il nome di Sarah. Il piano era stato perfettamente messo a punto durante l'ora di chimica del giorno precedente, e adesso sapevamo che non potevamo fallire. 
Finii di sistemare la roba che mi sarebbe servita all'interno dello zaino e bussai per l'ennesima volta alla porta del bagno. «Harry, hai finito? La partita di baseball comincia tra mezz'ora, non possiamo perdere tempo», mi lamentai. Esatto, il nostro scherzo epico si sarebbe realizzato proprio il giorno dell'apertura del campionato di baseball. 
«Eccomi, sono pronto», udii e finalmente vidi il mio ragazzo uscire dal bagno con solo una tovaglia addosso. 
Lo squadrai dalla testa a piedi con un'espressione di disapprovazione. Già perché, purtroppo, come entrambi avevamo dovuto convenire, non esisteva migliore distrazione per quelle ochette giulive delle cheerleaders che un Harry tutto sorridente con solo una tovaglia addosso. «Te lo sto concedendo solo perché è divertente, ma non mi piace vederti girare nudo. O meglio, non mi piace se lo spettacolino è per le altre», puntualizzai con fare quasi scocciato di fronte all'espressione divertita e appagata del ricciolino.
«Basta che me lo chiedi, e lo spettacolino puoi averlo quando vuoi», fece con malizia sistemandosi meglio la tovaglia attorno alla vita.
«Certo, certo», dissi sarcasticamente dandogli una manata scherzosa sul petto. «Preparerò le banconote da infilarti nei boxer allora», ridacchiai. «Parlando seriamente, vedi di non farti ammirare troppo», lo ammonii in un’espressione quasi severa.
Harry sollevò un sopracciglio. «Non credo sia possibile, sai? Insomma, mi hai visto?», fece in un tono ben poco modesto indicando il suo riflesso allo specchio dello spogliatoio. Probabilmente l’unica cosa in cui io ed Harry ci distanziavamo un po’ era la considerazione di noi stessi. Non sono mai stata il tipo di ragazza che odia ogni fibra del suo corpo, perché dopo tutto mi consideravo una ragazza accettabile e talvolta carina, ma non si poteva certo dire che spendessi il mio tempo davanti allo specchio ad elogiare ogni singola parte di me: lui invece era così. Questo derivava probabilmente dalla sua eccessiva stima di se stesso o dall’egocentrismo; stava di fatto che Harry Styles non era per nulla insoddisfatto di se stesso. Al contrario, coglieva ogni occasione per cominciare con il suo autoelogio. Francamente non sapevo ancora se questo aspetto del suo carattere mi divertisse o m’irritasse di più. 
«Harry, carissimo Harry», esordii ad un tratto allungandomi per mettergli un braccio intorno alle spalle. «Tu ancora non mi conosci bene. Se ci tieni a non essere castrato vedi di fare qualche premessa del tipo “guardare ma non toccare” non appena entri nel covo di quelle oche».
Harry sospirò, lasciandosi andare ad una leggera risata. «Non so quanto mi ascolteranno, ma ci proverò lo stesso», scrollò le spalle.
Roteai gli occhi al cielo mentre recuperavo il mio zaino dalla panchina. «Vedi bene di farti ascoltare, se ci tieni alla tua ragazza e ai tuoi attributi», lo ammonii infine, prima di allungarmi sulle punte per lasciargli un bacio sulla guancia. «Forza, vai a far sballare i loro ormoni mentre io preparo la loro rovina».
Il ragazzo rise e mi fece un occhiolino veloce, e così ci salutammo. Lui imboccò il corridoio che portava allo spogliatoio femminile, mentre io uscii nel campo da baseball, dove le due squadre stavano già cominciando a riscaldarsi. Anche la mia meta era lo spogliatoio delle ragazze, ma il piano era quello di accedervi dal retro, visto che Harry avrebbe attirato le ragazze dall’altra parte, verso l’entrata che dava al corridoio. 
Una volta arrivata a destinazione mi bloccai sulla soglia, in ascolto: sentivo il chiacchiericcio sommesso e stridulo delle cheerleaders, il clangore degli armadietti e lo scrosciare dell’acqua nelle docce. All’improvviso le chiacchiere rumorose delle ragazzi si trasformarono in un brusio concitato, accompagnato da varie risatine maliziose, segno che il lupo era entrato nel recinto delle pecore. Poi ci fu il silenzio, e provai ad immaginare la scena quando udii le parole di Harry.
«Salve», disse la sua voce per nulla spaesata o a disagio. «Questo non è lo spogliatoio dei ragazzi, vero? Devo essermi sbagliato». Udii qualche passo nel silenzio, ed il rumore di una panca che traballava lievemente sotto il peso di qualcuno. Il rumore di tanti passi che si muovevano tutti nella stessa direzione mi suggerì che la calamita Harry aveva appena attirato tutti i suoi ammassi di ferraglia con successo. Ciò nonostante, attesi i tre colpi di tosse del ragazzo per entrare in azione, avanzando quatta quatta dietro ad una fila di armadietti. 
«Penso che tu abbia sbagliato», ridacchiò una dalla voce parecchio stridula e irritante. 
Mio Dio, la perspicacia di questa ragazza è inaudita, pensai tra me e me.
«Ti sei perso?», fece un’altra, in un tono che non mi piaceva per niente.
Sospirai impercettibilmente, non avevo tempo per pensare alla gelosia: era il momento di concentrarsi sullo scherzo. In poco tempo riuscii a sfilare tutte le divise della squadra da ognuno degli armadietti, e ad infilare in quello di Sarah qualche paio di confezioni di assorbenti-pannolini, quelli utilizzati dai vecchi con problemi di incontinenza. 
Nel frattempo ascoltavo attentamente la conversazione che avveniva dall’altra parte dello spogliatoio. 
«Non è che potreste darmi una mano?», domandava la voce innocente di un Harry spaesato.
«Puoi sempre rimanere a cambiarti qui. Per noi non è mica un problema!»
Certo che non è un problema, brutta troia!
«Beh, potrei anche rimanere…»
Ti taglio le palle, Styles.
Prima che qualche altra ochetta potesse parlare, ed io decidere definitivamente di strangolarle una per una, mi issai su una panchina in modo da far sporgere la testa oltre la fila degli armadietti. Per un attimo fissai la scena: erano tutte disposte in cerchio attorno al mio ragazzo, come nelle sedute spiritiche, ad ammirarlo. Che oche. Catturai lo sguardo di Harry e gli feci segno che avevo portato a termine la missione. 
Sgattaiolai fuori proprio come ero entrata e tornai nello spogliatoio maschile, dove poco dopo mi raggiunse anche Harry. Non appena ci guardammo in faccia scoppiammo a ridere all’unisono, come due bambini che hanno combinato l’ennesima marachella.
«Come vorrei vedere la faccia di Sarah non appena vedrà quei pannolini!», ridacchiai sospirando.
Il sorriso di Harry s’illuminò maggiormente. «Beh, possiamo», disse con fare soddisfatto. Lo guardai in un’espressione interrogativa ma lui si limitò a spostare una fotografia della squadra di baseball appesa al muro, dietro alla quale apparve un enorme buco.
«Mi prendi in giro», mormorai sconvolta. Harry scosse la testa e m’incitò a guardare. Si trattava di un vero e proprio buco che attraversava da parte a parte l’enorme parete che divideva gli spogliatoi, grazie al quale si riusciva ad avere una chiara visuale di quello delle ragazze. «Non me lo dire», continuai, ancora incredula.
«Fammi spazio, voglio vedere anch’io», si avvicinò Harry per riuscire a sbirciare insieme a me.
«E questo buco esattamente che funzione avrebbe?», domandai allontanandomi un po’ e incrociando le braccia al petto.
Harry scrollò le spalle del tutto preso da ciò che accadeva dentro al suo buco. «Intrattenimento», spiegò. Pensai a tutte le volte che io ero stata dall’altra parte del muro in intimo, ignara di tutto, come le altre. E che probabilmente qualcuno dall’altra parte aveva potuto osservare me e le mie compagne mentre ci cambiavamo. 
Arricciai il naso e gli mollai un rumoroso schiaffo sulla nuca: Harry sobbalzò e spalancò gli occhi, voltandosi di scatto verso di me. «Ahi! E questo cos’era?», fece, massaggiandosi il punto in cui l’avevo colpito.
«Da parte di tutte le ragazze che hai spiato in questi anni», sollevai le sopracciglia con fare eloquente, ed un sorriso soddisfatto. 
Lui spalancò la bocca e fece per rispondere qualcosa, ma entrambi fummo distratti dalle chiacchiere che provenivano dallo spogliatoio femminile.
«Ma secondo voi lui e la Miller stanno ancora insieme? Perché in quel caso…»
«Ehi bella, io gli vado dietro dall’anno scorso. Mettiti in fila».
«Voglio ricordarvi che io e lui una volta ci siamo baciati?», fece Sarah di colpo. 
«Diciamo che mi hai più che altro assalito», commentò a questo punto Harry a bassa voce, accanto a me.
Dal piccolo buco notai la figura di Sarah che si scostava con fare sapiente i capelli e si dirigeva verso il suo armadietto che, per una fortunatissima coincidenza, si trovava esattamente di fronte al nostro buco: per cui ci ritrovammo di fronte il di dietro dell’ochetta, che destreggiava con il lucchetto da me manomesso in precedenza. Sia io che Harry trattenemmo il fiato. Non appena aprì l’armadietto una pioggia di assorbenti extra large invase il pavimento, tra una basita ed immobile Sarah ed il resto della squadra di cheerleading, che l’accerchiava.
«Sarah, sei proprio sicura di essere abbastanza matura per uno come Harry?», commentò qualcuna.
«Oh mio Dio! Ma quelli sono pannolini?»
«Avresti potuto dircelo, Sarah… non pensavamo avessi certi problemi con l’incontinenza».
Io ed Harry eravamo piegati in due. Non riuscivamo più a smettere di ridere, sdraiati sul pavimento, l’immagine di quella Sarah sconvolta e rossa di rabbia impressa nella mente.
«Bel lavoro, Miller», fece Harry e mi batté il cinque.
«Anche tu, Styles. Siamo degni di un Oscar», commentai. 
«Siamo una coppia perfetta». Ridacchiammo insieme, di nuovo.
E su questo aveva ragione da vendere. Non avevo mai voluto un ragazzo che mi dimostrasse continuamente il suo amore, che mi facesse sentire splendida o mi riempisse di frasi romantiche. Avevo bisogno di qualcuno che ridesse con me, che mi assecondasse nelle mie stupidaggini, un compagno di giochi: perché forse ero ancora un po’ troppo bambina per quei sentimenti profondi e brucianti di cui tutti parlano alla nostra età, ma che nessuno capisce veramente. Io amavo Harry, ma come può amare una diciassettenne alle prime armi con le relazioni, di un amore fresco e leggero come una boccata d’aria. Era questa la cosa che più mi piaceva di noi: non avrei mai voluto che diventassimo troppo profondi o asfissianti, o non saremmo più stati Harry e Destiny, ma due estranei.
Gli sorrisi e gli lasciai un bacio scoccante sulla guancia.
«Allora, qual è la prossima mossa?», domandai.
Lui allungò una mano verso il mio zaino ed accennò al contenuto che avevo sottratto dallo spogliatoio.
«Beh, direi che queste divise da cheerleader sono un po’ troppo pulite, non credi?».

charlie's corner.
scusate. scusate. scusate. scusate. scusate.
okay, adesso vorrete uccidermi. sempre che sia rimasto ancora qualcuno a leggere... *si guarda intorno e si accorge di parlare sola* oh beh. non so come giustificare questo mio ritardo ingiustificabile; quello che posso dirvi soltanto è che mi dispiace davvero tantissimo e che ho già pronti altri due capitoli e mezzo (credo) da postare! se tutto va bene posterò un capitolo alla settimana, siete d'accordo? so che è chiedere molto, ma mi piacerebbero anche un po' più di recensioni, e lo so che non posto da una vita, ma se recensiste mi dareste anche una maggiore voglia di postare il nuovo capitolo che è già prontissimo! sjkanfd spero che questo vi sia piaciuto, manuela l'ha descritto perfettamente sotto quindi vi lascio alle sue note c: semplicemente mi scuso per la cortezza, e mi dispiace dirvi che anche i prossimi due capitoli saranno un po' cortini, mentre quello dopo si prospetta più lunghetto! 
spero siate rimaste per vedere come va a finire ç____ç
grazie moltissime a chi ha recensito, vi amo! <3 
un bacio,
charlie.


Le minchiate di Zia Manuela.
Salve bitches! (ohh da quanto tempo non iniziavo così **) Come andiamo? Lo so, lo so a cosa state pensando; volete far fuori Carla perché ultimamente gli aggiornamenti stanno rallentando. E sapete cosa vi dico io? FATELO! * butta Carla in pasto alle lettrici incazzate * No dai, scherzo uahah Carla ama Harry e Desy come prima, ve lo assicuro, e vi posso assicurare anche che i prossimi capitoli arriveranno prestino perché Carla è molto previdente e si è fatta la scorta *patpat* Dunque u.u veniamo a noi! Questo bel capitolo viene da una fantastica role mia e di Carla che ormai penso risalga più o meno a un anno fa. Fa veramente un certo effetto dirlo *-* Mi sembra ieri che io ho partorito Destiny e Carla Harry <3 Ma il tempo vola e passa proprio per tutti! Detto ciò penso che, per la gioia di tutti voi, la smetterò di parlare come una novantenne con una malattia terminale e comincerò a dire qualcosa di serio... AH! ci siete cascati! Naturalmente non dirò niente di serio as usual. Va beh basta col mio inutile blabbling <3 Questo è un capitolo che personalmente ho molto a cuore. La role è stata una delle più divertenti tra Harry e Destiny e penso che questo sia uno degli episodi che descrive il fulcro della loro relazione. Carla ha scritto che Destiny non ha bisogno di un romanticone, ma di un compagno di giochi. Ed io non avrei saputo dirlo meglio! E' proprio su questo che si basano i Derry; Scherzi e risate piuttosto di baci e smancerie! Sono proprio curiosa di sapere cosa ne pensate di questo capitolo quindi recensite in tanti tanti tanti :3 Le recensioni, abbastanza sporadicamente, le leggo anche io, e ogni tanto salta fuori qualcuno che loda il mio umorismo stupidissimo, quindi ringrazio tutte quelle che 'Zia Manuela mi fa morire!" ahah siete tenere tenere <3 Alla prossima, care nipoti!.

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** grounded... again. ***


 
Destiny.

«Spiegami come hai fatto a farti sospendere». Non seppi decidermi se la voce di Crystal dall’altra parte della cornetta suonasse più infuriata o esasperata.
Effettivamente non avevamo neanche raggiunto i due mesi di scuola e già io ed il mio brillante ragazzo ci eravamo guadagnati un altro punto a sfavore nel nostro curriculum: di questo passo non mi avrebbero ammessa neanche nella peggiore università dell’Alaska. 
«Dunque… hai presente i due “vandali” che hanno rovinato le divise della squadra di cheerleading buttandole nella piscina con il cloro, l'altro giorno? Eravamo io ed Harry».
Udii il sospiro della mia amica dall’altra parte della cornetta. «Lo avevo immaginato. Sarah stava per piangere!», ridacchiò poi, e io la seguii a ruota. «Ma come avete fatto a farvi scoprire?». Domanda più che lecita. Sospirai. Sia io che Mr. Riccioli D’Oro eravamo esperti in campo, non certo due pivelli che si facevano scoprire con le mani nel sacco al primo scherzetto: non era da noi.
«Qualcuno deve averci visti e ha fatto la spia», dissi con una punta di rabbia nella voce. Perché, nonostante fossimo abituati a quel genere di attività, dovevamo aver commesso qualche errore madornale, tanto da indurre qualche studente a pensare che fossimo davvero noi i responsabili. Il preside si era infuriato e noi avevamo negato tutto, ma di fronte ai nostri precedenti c’era ben poco da argomentare. Aveva ovviamente chiamato Nick e mia madre, che come da copione erano andati su tutte le furie.
«Allora qual è il giudizio finale?», domandò Crystal.
Sospirai. «Non si esce per due settimane. Niente televisione e niente computer. E se scopre che vado male a scuola posso dire addio anche al cellulare».
«E tutto questo per due giorni di sospensione?!».
«Sapessi quello che è toccato ad Harry!».
«Cosa?».
«Non può uscire per un mese. Niente computer, televisione, e Nick gli ha anche tolto la macchina. E’ riuscito a tenere il cellulare solo perché suo padre sa che gli serve per tenersi in contatto con i tipi della casa discografica e cose così, credo», spiegai.
«Caspita, non pensavo che il padre di Harry fosse così severo», osservò la mia amica.
«Eh, non lo dire a me», sbuffai mentre mi buttavo sul letto della mia stanza. Ancora ricordavo le serate in cui evadevamo da quelle punizioni assurde, o quella volta in cui mi ero arrampicata alla sua finestra pur di vederlo, perché lui era segregato in camera sua. «Comunque, cosa fai di bello?», chiesi.
«Compiti! Quelli che tu non devi fare perché domani non sei a scuola», fece Crystal con una punta d’invidia.
Risi di gusto. «Eh cara mia, la prossima volta che vuoi saltare il test di spagnolo inventati un escamotage per farti sospendere e vedrai che avrai anche tu lo stesso privilegio!».
«Confessa: era tutto programmato, non è vero?».
«Tutto quanto, lo ammetto!», scherzai passando il cordless da un orecchio ad un altro.
Anche Crystal rise insieme a me. «Miller, smettila di fare la scapestrata!», esordì poi in una perfetta imitazione della professoressa White e dei suoi lamenti nei miei confronti. «Sappi che al college non potrai tirare palline di carta ai colleghi!».
«Oddio, ti prego, non ricordarmi quella megera. Quest’anno non fa che ricordarmi quello che potrò e non potrò fare al college», sbuffai spazientita.
«Beh, almeno a te non ha procurato tutti i depliant di tutte le università di lingue negli Stati Uniti», si lamentò la voce della mia migliore amica.
«Questo perché sei tu la sua cocca!», la schernii ridendo. 
«Non è uno scherzo. Come devo fare a spiegarle che lo spagnolo non mi piace e non ho intenzione di iscrivermi a lingue?».
Scrollai le spalle. «Non saprei». La mia risata più recente si estinse in una smorfia infastidita, mentre mi costringevo a portare la conversazione ad un discorso più serio. «Quindi hai già idea di qualche università a cui fare domanda?», le chiesi.
Crystal non ebbe molto da riflettere. «Sono indecisa tra legge e giornalismo. Forse sono più interessata al giornalismo, ma non saprei: voglio provare entrambe. Mi piacerebbe tantissimo entrare alla Columbia! Sarebbe strepitoso, no? A marzo comincerò a mandare qualche domanda d’ammissione in giro. E tu, che hai intenzione di fare?».
Rimasi in silenzio. Poi sospirai. «Non lo so», dissi tutto d’un fiato, passandomi una mano tra i capelli. 
«Dai, un’idea dovrai pur avercela», m’incitò lei.
«Mi piacerebbe psicologia. O anche legge. Ma, davvero, non lo so. E non so neanche in che università fare domanda, sinceramente», mi spiegai. Mi sentivo così con l’acqua alla gola. Tutti avevano un futuro già programmato o addirittura già firmato, mentre io ero quella stupida che non aveva ancora scelto la facoltà universitaria. 
Era tutto così opprimente.
«E se provassimo entrambe per New York?», propose d’un fiato Crystal.
«Eh?»
«Sì, beh, non è detto che ci prendano, ma potrebbero farlo! E potremmo dividerci le spese per l’appartamento, o abitare nella stessa stanza al college!», Crystal sembrava euforica.
«Sì ma… a New York?», dissi con titubanza.
«Sì! Sarebbe bellissimo, non è vero?».
«Ma… New York è lontana», obiettai. Si trattava della costa opposta, c’erano tre ore di fuso e quattro/cinque di volo. 
Udii Crystal scoppiare a ridere dall’altra parte della cornetta. «Parli come se non fossi autonoma. Andiamo, hai diciassette anni e abiti già in un appartamento tutto tuo. Non cambierà nulla dall’altra parte del paese. E tutti sanno che sei l’ultima persona al mondo ad aver bisogno della mamma», scherzò la mia amica.
Sbuffai mentre mi grattavo via nervosamente lo smalto da un’unghia. «Non so se voglio tornare a vivere a New York. Mi sono ri-trasferita qui appena un anno fa, non ha senso che torni nuovamente dall’altra parte del paese…».
Crystal tacque qualche istante, poi sospirò. «E’ per Harry, non è vero?», domandò. 
Roteai gli occhi al cielo, ma sapevo che non poteva vedermi. «Certo che no!», dissi con convinzione. «Solo che i trasferimenti sono… stressanti. Pensavo di rimanere qui per un po’ ancora», spiegai, annuendo più a me stessa che a Crystal.
«Ma questa è un’opportunità unica, Des!».
«Lo so ma… le università qui in California sono prestigiose quanto quelle a New York», ribattei.
«Se scopro che c’è Harry dietro a tutto questo…» Crystal schioccò la lingua e riprese a parlar prima che io potessi ribattere. «Comunque promettimi solo che ci penserai, okay?».
«Ascolta, Crys…»
«No, tu ascolta me. Non puoi dire di no a priori ad una cosa del genere, capito?».
E anche su questo punto aveva ragione. Sbuffai. «D’accordo, ti prometto che ci penserò».
 
Gelato alla fragola e dottor House. Il pomeriggio più perfetto che potesse mai esistere per una diciassettenne segregata in casa e costretta a “riflettere” su cose alle quali per il momento non voleva proprio pensare. Ecco perché avevo mentalmente posto un tabù alle parole “università”, “New York”, “futuro” e derivati. Per adesso mi interessavano solo ed unicamente la mia vaschetta di gelato e quelle repliche che stavano trasmettendo in TV. Amavo il dottor House, era il tipo di persona che avrei sposato, e ci sarei anche andata d’accordo perfettamente.
E proprio mentre facevo questa riflessione sull’amore della mia vita, che al momento stava per avere l’intuizione geniale della puntata e che avrebbe salvato il paziente, il mio cellulare vibrò. Sbuffai e mi allungai per recuperarlo dal tavolino accanto al divano, per poi controllare il display. Toh, era un messaggio di Harry guarda-che-sono-ancora-vivo Styles.
 
Che fai detenuta? ;)
 
Sospirai con un lieve sorriso e digitai velocemente la mia risposta.
 
Mi  deprimo guardando dottor House. Invece qual è la tua scusa per non esserti fatto sentire tutto il giorno?
 
Poggiai il cellulare accanto a me e presi qualche altro cucchiaino di gelato, prima di ricordarmi che ero troppo pigra per cercare di smaltire tutto ciò che stavo ingerendo con una corsetta o qualche esercizio, per cui era meglio fermarmi prima di ritrovarmi nelle sembianze di una botte. Andai a depositare la vaschetta di gelato nel freezer dalla cucina, e già che c’ero, in un improvviso attacco da brava casalinga, decisi di lavare anche i piatti sporchi che c’erano nel lavandino. Quando feci ritorno alla mia postazione da Miss Pigrizia, avevo ricevuto un nuovo messaggio di Harry.
 
Sono stato tutto il pomeriggio in studio, scusami… ti chiamo più tardi, okay?
 
Ma sbaglio o tuo padre ti aveva segregato in camera?
 
Tornai a concentrarmi sulla televisione, anche se ormai non vi prestavo più tanta attenzione. L’episodio era praticamente alla fine e io non avevo ancora capito qual era la malattia del tipo. Tutta colpa di Harry Styles! Lo schermo del mio cellulare s’illuminò nuovamente.
 
Sì, ma questo non vale per lo studio di registrazione. Oliver sta dando una lavata di capo a Niall, dovresti vederlo! Ahahahahahah!!!! 
 
Storsi il naso mentre leggevo il nome del manager che non mi aveva mai fatto neanche un po’ di simpatia.
 
Non mi piace quel tipo.
 
La risposta di Harry non tardò ad arrivare.
 
E’ un grande invece. Dovresti conoscerlo meglio! Fa morire da ridere ed ha un sacco di esperienza in campo. Scommetto che ti piacerebbe. 
 
Sbuffai. Dubitavo che un tipo che pensava alla loro immagine ancor prima della musica o di qualsiasi altra cosa mi sarebbe piaciuto. E per di più era inquietante. 
 
Non saprei. Comunque, salutami i ragazzi! E vedete di non divertirvi troppo senza di me ): 
 
Alla fine decisi di spegnere la televisione, che ormai rimaneva accesa solo per fare da sottofondo ai miei pensieri. In tal caso decisi che era meglio mettere un po’ di musica.
 
I ragazzi ti salutano. Tranquilla, come potremmo mai divertirci senza le stronzate che spari tu? :D
 
Ma che ragazzo simpatico che ho! Allora suppongo che non ti andrà di sentire le stronzate che sparo io quando avrai bisogno di una mano in spagnolo, chimica, matematica… o qualsiasi cosa che implichi l’uso del cervello ;) 
 
Sorrisi per la mia risposta e la inviai, mentre canticchiavo le parole di Truly Madly Deeply dei Savage Garden in sottofondo.
 
Questa era cattiva… Des, devo andare, Oliver sta sbraitando. Ti chiamo più tardi, promesso. 
 
Sospirai e scrissi il mio ultimo messaggio.               
 
Va bene, vedi di non fare alterare troppo Oliver prima che sputi fuoco! A dopo ;)
 
Decisi che di lì fino a quando Harry non mi avrebbe chiamata mi sarei seriamente impegnata nella pulizia del mio appartamento. 
Ebbene sì, stavo per farlo. In un modo o nell’altro dovevo tenermi occupata e sicuramente di mettermi a studiare non avevo proprio voglia. Cominciai dal salotto: riordinai il tavolo e passai addirittura l’aspirapolvere: tutto questo a ritmo di musica, mentre ballavo e cantavo a squarciagola come se non ci fosse un domani. E come se non ci fossero stati vicini.
E, nonostante avessi vietato alla mia mente di fare certi pensieri, le prime cose che mi saltavano alla mente erano Crystal e l’università. 
Che avrei dovuto fare? Sarebbe stato bello frequentare l’università o per lo meno essere vicino, piuttosto che da una parte all’altra del paese. Ma così avrei dovuto rinunciare a Los Angeles. Ero pronta per un altro trasferimento?
Sbuffai, abbandonando la scopa e sedendomi a terra quasi impulsivamente.
Avrei voluto prendermi a schiaffi: certo che ero pronta per un trasferimento, ma ero pronta piuttosto a lasciare Los Angeles? Mia mamma? Harry? Mi riusciva poi incredibile pensare che quest’ultimo potesse  essere la causa dei miei dubbi. Ero innamorata, ma non volevo che questo influisse in alcun modo sulle mie scelte. Amavo Harry ma, se era vero amore, saremmo stati capaci di stare insieme anche separati da chilometri di distanza… no?
Ma dopo tutto non era ancora sicuro nulla. Magari alla fine avrei deciso di rimanere a Los Angeles per l’università, e il problema non si sarebbe neanche posto. 
Comunque sarebbe andata, io sarei rimasta indipendente, proprio come ero sempre stata.
Nel frattempo si erano già fatte le nove e mezza, e di Harry ancora neanche l’ombra. Aveva detto che avrebbe chiamato, pensavo tra me e me rileggendo i messaggi, per accertarmi che avessi capito bene. Ma niente alla fine, probabilmente doveva aver avuto qualche contrattempo; non volevo fargli uno squillo io, perché sarei risultata petulante e per di più non era così importante: magari adesso era occupato e mi avrebbe chiamata più tardi.
Saltai la cena, perché sentivo ancora lo stomaco appesantito per via di quel gelato. 
Alle undici di sera il telefono si decise a squillare. Oh, ci avevo perso le speranze.
«Harry?», risposi senza neanche controllare il numero sul display.
«Destiny?», fece una voce familiare, ma che decisamente non era quella del mio ragazzo. «Sono Jason».

charlie's corner.
Hellooo! Visto, vi avevo promesso che non avrei fatto passare troppo tempo :) considerato che dall'ultima pubblicazione ho fatto passare solo dieci giorni, direi che siamo messi bene, no? So che l'ultimo capitolo non era esattamente il massimo, e non lo è neanche questo! Ma si tratta di capitoli di transizione e purtroppo devo scriverli, perché non mi piace fare le cose di fretta, anche se questo vuol dire che devo far durare questa storia cinquanta capitoli... E magari vi ha stancato e lo capisco. Non vedo l'ora di finire questa storia, davvero! A parte questo, ringrazio i sei che hanno recensito lo scorso capitolo: non sono tantissimi ma non mi aspettavo di più, anzi sono stata contenta di avervi trovati contenti del mio ritorno c: Prometto che d'ora in poi m'impegnerò per portare a compimento questa ff, che ormai è da oltre un anno che è postata! OMG è assurdo.
By the way, fatemi sapere che ne pensate del capitolo, le recensioni sono davvero ben accette, specie in questo periodo di crisi! u.u Se volete avere qualche piccolo spoiler sul prossimo capitolo, posso dirvi che Destiny si movimenterà un po', facendola pagare a qualcuno che odiate un po' tutti :) 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se non è gran che. Mi scuso soprattutto per l'eccessiva brevità, lo so, è orribile, ma prometto che questa cosa finirà presto! Adesso vi lascio alle note della nostra manu che, come sempre, oltre ad essere terribilmente divertenti sono anche degli ottimi commenti ai capitoli!
Un grosso bacio.
charlie. 


Le minchiate di Zia Manuela.
Ben ritrovate care lettrici! Come andiamo? Diamo insieme un piccolo sguardo alla situazione a Derrylandia! Ricapitolando... Harry e i suoi amici vogliono sfondare nel mondo della musica. Oliver, che è un collega di Nick, vede i ragazzi come delle banconote giganti e vuole lanciarli puntando sul loro aspetto fisico snobbando il loro talento. Harry è sempre più impegnato in questo progetto, mentre Destiny da questo capitolo in avanti è impegnata a prendere decisioni importantissime per il suo futuro e comincia a pensare ad un eventuale trasferimento a New York. Il fratello Jason se n'era andato di casa per seguire il padre (un brutto soggetto pure lui!) che gli aveva promesso un buon lavoro e adesso si fa improvvisamente risentire. Cosa vorrà mai Jason? Lo scoprirete nella prossima puntata! (Non lo so neanche io perché devo ancora leggere il capitolo). And that's what you missed on Lucky! ... Cosa? Dite che tutto questo riassunto era completamente inutile? E va beh, pace! Ormai l'ho scritto e non ho voglia di cancellarlo, non ci rompete i coglioni! Miss finezza al vostro servizio ♥ Okay, la parte finale ha incuriosito tantissimo anche me, quindi adesso vado a leggere cosa succede alla faccia vostra che dovete aspettare <3 Da questo capitolo, inizia una serie di eventi che porterà ad alcune conseguenze. Positive o negative, non sarò io a dirvelo! Non vedo l'ora che Carla prosegua *w* abbiamo ancora un sacco di cose da raccontarvi ma soprattutto, sono molto ansiosa che si arrivi ad un certo punto della storia che so voi amerete! (Carla sa di che parlo, io non ve lo dico perché qualche nota fa avevo promesso di smetterla di essere così fottutamente spoilerosa!) Il capitolo è più serioso di quello scorso, ma assolutamente più significativo per la storia. Scritto benissimo, come al solito, perché Carla non smette di essere super brava! Ah, comunque, avete notato che Destiny è incredibilmente attiva? NON L'ABBIAMO MAI VISTA COSì! uahaha propongo dunque un brindisi per Desy che ha lavato i piatti e pulito casa, e dopo questa, me ne vado. Cin-Cin!

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** she's got a wild side. ***


 


Destiny.

E così Jason aveva chiamato. Non lo sentivo da un po’, soprattutto dopo che aveva genialmente deciso di lasciarci, proprio come aveva fatto anni prima, con lui e la mamma, la persona che adesso lui stesso aveva cominciato a chiamare “papà” con tanta facilità. Per me questo era un affronto: anche se David Pierce non mi aveva fatto nulla di personale, aveva ferito mia madre e l’aveva lasciata da sola nel momento del bisogno, e con un bambino in grembo! E ora suo figlio faceva la stessa cosa con lei. Con che coraggio?
Sull’atto di Jas quindi non avevo cambiato la mia opinione. Vedevo mia madre evitare accuratamente il discorso, perché, anche se – come me – era troppo orgogliosa per ammetterlo, Jason l’aveva ferita, andandosene via con suo padre: ma di certo lei non l’avrebbe fermato, perché era una sua decisione, e per di più Jason era maggiorenne. Ma era anche molto, molto stupido, avrei aggiunto io. E infantile. E irresponsabile. 
Ciò nonostante, e malgrado la mia ferma avversione nei suoi confronti e verso ciò che aveva fatto, passammo un’ora al telefono. Era pur sempre mio fratello e mi mancava da morire; mi mancavano i suoi impertinenti colpi di scopa dal tetto tutte le volte che facevo troppo chiasso, le sue battute squallide, il suo prendermi in giro continuamente, le sue irruzioni improvvise nel mio appartamento e il suo rubarmi le bottiglie di birra dal frigo quando invitava qualche ragazza da lui. 
Mi raccontò dei suoi viaggi: adesso era in Sud America e si stava divertendo un mondo, tra ragazze brasiliane, cibi strani e nuove esperienze. Ero contenta che stesse girando il mondo, per lo meno.
Fortunatamente eravamo al telefono, perché se fossimo stati di presenza non avrei potuto evitare la smorfia di disapprovazione che mi spuntava in volto, nel corso della conversazione, tutte le volte che si soffermava ad elogiare questo o quel pregio di David, quanto fosse divertente, quante lingue conoscesse, quanto fosse sagace. Avevo scagliato un cuscino dall’altra parte della stanza quando mio fratello, del tutto convinto, aveva affermato quasi con fierezza di assomigliargli moltissimo. Per me quell’uomo era solo una sanguisuga, che prima rifiutava la prole e poi veniva a riprendersela quando si accorgeva che gli servivano due braccia da lavorante in più. Almeno lo pagava? Jason sosteneva di sì, ma non doveva essere un gran compenso, a giudicare dalla sua risposta così poco euforica rispetto al resto del suo discorso. 
Avevo evitato di parlare di mamma, semplicemente perché non mi andava proprio di fare la parte della sorella minore petulante che cercava di farlo sentire in colpa perché tornasse a casa: non ero mai stata così. 
Gli avevo parlato un po’ anche della mia vita: Harry e i ragazzi, la scuola – evitando ovviamente il discorso dell’università –, i miei progressi con la batteria. «Non c’è più gusto a suonarla se non posso più romperti le palle», era il mio modo di dirgli “mi manchi tanto”.
«Sei una deficiente», gli mancavo tanto anche io. 
Alla fine ci volevamo un mondo di bene, anche se avevamo un modo tutto nostro per dimostrarcelo. Anche se ci eravamo lasciati con una litigata, anche se continuavo a pensare che fosse un’emerita testa di cazzo (e probabilmente lui pensava lo stesso di me), ero comunque contenta che avesse chiamato.
 
«Miller! Non si sogna ad occhi aperti nella mia classe».
La voce del professor Brown, matematica, mi strappò da quel mio meraviglioso stato di trance, e fui costretta a sbattere più volte le palpebre per tornare alla realtà. Mi guardai intorno un po’ spaesata e confusa, come appena risvegliata da un sonno profondo durato cent’anni. 
«Eh?», mormorai con fare assonnato, finalmente ritrovando la figura del prof accanto alla lavagna. Sbaglio o aveva fatto il mio nome?
Quella notte avevo dormito poco e niente. Ero rimasta in piedi fino alle tre, intenta a scrivere una relazione per il corso di inglese della quale avevo totalmente rimosso l'esistenza. Normalmente di fronte ad una situazione del genere avrei scrollato le spalle e inventato una qualsiasi scusa, ma questo era uno degli ultimi compiti del trimestre e mi avrebbe praticamente salvato la media, per cui avevo dovuto farlo a tutti i costi. Anche a costo di arrivare a scuola con quattro ore di sonno in croce.
Sentivo qualche risatina alle mie spalle, ma non ci feci troppo caso. Avevo un’emicrania assurda, e gli occhi mi si chiudevano praticamente da soli. 
«Non è il caso di fare la spiritosa, Miller. Non credo che il preside sarebbe contento di vederti entrare di nuovo nel suo ufficio dopo la sospensione di qualche settimana fa», ribatté il professor Brown con severità, ma non fui capace di seguire neanche una sillaba del suo discorso. 
«Scusi prof, è che non mi sento molto bene», mi giustificai con un sospiro. 
Lo sguardo severo dell’uomo sembrò esitare. «Cos’hai?», domandò.
«Mal di testa. Non ho dormito moltissimo questa notte», spiegai sollevando le spalle. 
«Beh mi dispiace per te, ma devi comunque stare attenta a lezione. Se stai male puoi farti venire a prendere da un genitore, ma l’ora ormai è quasi finita», osservò l’uomo dando un’occhiata al suo orologio da polso. 
Strano che si mostrasse quanto meno… umano. «Non si preoccupi, prof. Ci penserò alla fine dell’ora», convenni. 
Brown annuì e si voltò, per poi continuare a dedicarsi alla sua lezione sui piani cartesiani: inutile che seguissi perché sapevo perfettamente che, anche con il migliore insegnante al mondo, non sarei riuscita comunque a capirli. 
A quel punto la voce di Lucy giunse da dietro le mie spalle come una freccia affilata. «Ci credo che non ha dormito, deve aver fatto le ore piccole con Styles». 
«Chissà quanto l’ha pagata», commentò ancora Sarah, sottovoce.
E nonostante fossi un po’ troppo stordita per cogliere i rimproveri del professore, queste battutine alle mie spalle le udii benissimo, quasi come se mi fossero state urlate nelle orecchie. 
E adesso era davvero troppo.
Mi voltai verso di loro con tutta la calma possibile e immaginabile; ma dentro stavo bruciando, mentre reprimevo la voglia di stampare un bel cinque in faccia a quelle due oche. «Ripeti quello che hai detto», sfidai Sarah, in un tono sorprendentemente calmo e diplomatico.
Sarah non si scompose. «Ho detto che sei una troia», disse chiaramente e ad alta voce, nel silenzio degli spettatori che, attirati dalla scena, si erano subito zittiti per poter udire bene ogni parola del nostro battibecco. Ma non c’era più tanto bisogno di parlare, ora.
Senza pensarci troppo mi alzai in piedi e mi avventai contro di lei: sfortunatamente feci in tempo solo a mollarle uno schiaffo in pieno viso, prima di sentirmi bloccata dalle spalle da qualcuno; voltandomi mi accorsi che erano Crystal e il professore, mentre altri compagni dall’altra parte tenevano ferme Lucy e Sarah. Avrei voluto farle a pezzi. 
«Ora basta!», sbraitò Brown alle mie spalle. «Destiny, Sarah e Lucy, filate dritte in presidenza. Subito!». La sua voce era evidentemente alterata, perché avevamo interrotto la sua perfetta lezione.
Io ancora guardavo con occhi di fuoco quelle due oche, ed ero più che sicura che se me le fossi ritrovate per le mani ancora le avrei fatte fuori. 
Sarah intanto si lamentava come una bambina per il segno rosso che il mio schiaffo le aveva lasciato sulla guancia.
Beh, se non altro mi ero tolta questa soddisfazione. 
 
La mensa era invasa dal brusio concitato ed insopportabile degli studenti, quel giorno più degli altri; ma forse era solo il mio terribile mal di testa dovuto all’insonnia ad accentuare il tutto. Detestavo il cibo che preparavano solitamente, per cui arrivai al tavolo con un vassoio con solo una fetta di torta sopra. 
Non appena mi sedetti un enorme applauso partì dal mio tavolo: sollevai lo sguardo, per notare che ce l’avevano proprio con me.
«Che cosa volete?», domandai stancamente e non mi preoccupai nemmeno di guardare negli occhi i miei “fan”, che a questo punto avevano smesso di applaudirmi ma ridacchiavano e parlottavano tra di loro allegramente.
Io ero concentrata sulla mia torta.
«Un uccellino mi ha detto che hai fatto a botte con Sarah!», esordì la voce di Louis che, non capii il perché, suonava come quella di un padre fiero della propria figlia. 
«Ti consiglio di cambiare informatore, allora. Questo uccello non sembra molto attendibile», mi limitai a dire ancora con lo sguardo basso, infilando un pezzo di torta in bocca. 
«Ehi, è stata la tua amichetta qui presente a riferirmi il tutto». Sollevai lo sguardo, per vedere Louis che indicava una Crystal parecchio concentrata nell’affogarsi nel suo pranzo. 
Sollevai un sopracciglio guardandola.
«Allora, è vero?», incalzò Niall dall’altra parte del tavolo.
«In parte. Piuttosto, dov’è riccioli d’oro?», domandai, notando il posto vuoto di Harry accanto al mio. 
«Credo stesse parlando con qualche professore», spiegò Liam.
«DESTINY MILLER. Ti ordino di dirmi quello che è successo con Sarah e Lucy». La voglia di far fuori Louis quel giorno aumentava sempre di più da un momento all’altro. 
«Adesso ti racconto, okay? Ma ho un gran mal di testa oggi quindi smettila di urlare se non vuoi fare la fine del tuo pasticcio di carne», sbuffai. Niall rise, e Louis mi mostrò il suo soddisfatto sorriso da vincitore. «Sarah mi ha dato della troia e la sua amichetta l’assecondava. Non c’ho visto più e l’ho attaccata, ma le ho solo dato uno schiaffo perché mi hanno fermata. Poi Brown ci ha mandate dal preside», riassunsi velocemente la vicenda.
«Però!», fece Zayn rivolgendomi un occhiolino e un pollice all’in su, mentre Louis batteva le mani e Liam mi rifilava una pacca sulla spalla. Quei ragazzi erano assurdi, si comportavano come se avessi vinto il premio Nobel. 
«Non vorrei essere nei panni di Harry quando litigano…».
«Io l’ho detto sempre che era una tipa aggressiva. Avevo ragione fin dall’inizio».
«Scommetto che darà filo da torcere a tutti».
Improvvisamente mi ero trasformata in un cavallo su cui fare scommesse.
«Che ha detto il preside?», domandò piuttosto Crystal.
Arricciai il naso. «Pensa che una sospensione non sia abbastanza per farmi imparare la lezione, quindi sono condannata a due settimane di lavori socialmente utili», sbuffai. 
Crystal aprì la bocca in un’espressione di stupore. «Vuoi dire…»
«Sì, dovrò pulire i cortili della scuola dalle cartacce e dalle cicche di sigaretta», mormorai sconsolata, appoggiando la fronte al tavolo della mensa.
Tutto ciò era assurdo. Io avevo serie difficoltà a tenere in ordine il mio appartamento e pretendevano che pulissi quello che gli altri sporcavano?
E questo perché oggi avevo un po’ troppo sonno, e Sarah non sapeva tenere il becco chiuso. Che diamine. 
Ma non sopportavo che mi si desse della troia: o che mi si giudicasse e basta, in generale. E di certo l’ultima persona a questo mondo in grado di esprimere un giudizio nei miei confronti era quell'idiota di Sarah.
Mentre stavo ancora a riflettere piani omicidi alla Criminal Minds, con la testa chiusa fra le braccia e appoggiata al tavolo, sentii una mano poggiarsi alla mia schiena, e subito dopo una voce familiare.
«Sveglia Bella Addormentata», mormorò la voce di Harry al mio orecchio, e dopo lo udii sedersi accanto a me. 
«Che fine avevi fatto?», domandai ancora avvolta nella mia posizione, ma non ricevetti risposta, probabilmente perché la mia voce doveva essere uscita fuori come un lamento indistinto.
Fortunatamente ci pensò Niall a porre la mia domanda. «Amico, si può sapere dove sei stato?».
«La White voleva parlarmi. Oh, e poi sono stato un po’ al telefono con Oliver», spiegò. «Ma che ha?», domandò con un tono di voce più basso e decisamente curioso: e, anche se non potevo vederlo, ero più che sicura che si stesse riferendo a me.
«Sonno!», mugugnai più forte che potevo, prima che qualcun altro potesse inventarsi cose assurde. Sentii una mano di Harry accarezzarmi lievemente la schiena. 
«Ehi, ma è vera questa cosa che tu e Sarah avete fatto a botte?», chiese.
Louis scoppiò a ridere. Finalmente uscii dal mio guscio, fronteggiando la faccia esageratamente sorridente di Harry, alla quale feci prontamente una linguaccia.
«Dovete smetterla di chiedermelo tutti. No, non abbiamo fatto a botte. Sì, le ho dato uno schiaffo. Se l’è meritato e se ce l’avessi davanti le farei molto peggio», dissi in tono cantilenante, come se avessi già dovuto ripetere quella tiritera altre dieci volte.
Louis batté le mani nuovamente, ma stavolta lo fulminai con lo sguardo. Probabilmente in un’altra giornata avrei preso tutto con una risata, ma oggi no. Forse era per questo che ero venuta alle mani con Sarah senza trattenermi, avevo un sonno e un mal di testa tremendi, e in più avevo una terribile sensazione che qualcosa stesse per andare storto. Non ero in pieno possesso delle mie facoltà mentali, ecco. 
Harry mi cinse le spalle con un braccio, ridendo per qualche battuta che non avevo sentito. «Destiny è un maschiaccio. Quando eravamo piccoli me le suonava!», fece in una risata.
«Lo sai che questa non è una cosa di cui andare fiero, vero Harry?», ribattei, scatenando una risata generale al tavolo.
Lui, per tutta risposta, mi scompigliò i capelli. «Molto maturo!», commentai con una smorfia. 
«Harry, che ti ha detto Oliver al telefono?», domandò di punto in bianco Liam, cambiando totalmente discorso. 
«Oh, ci vediamo questo pomeriggio in studio», rispose il riccio. 
«Questo pomeriggio?», domandai automaticamente, un po’ confusa. Harry si voltò verso di me, interrogandomi con lo sguardo. «Questo pomeriggio dovevamo studiare insieme…».
Le pupille del ragazzo si estesero in un'espressione sorpresa, come se se ne fosse appena ricordato. «Oh, è vero», mormorò in un sincero sospiro dispiaciuto, prima di arruffarsi i capelli. «Ti dispiace?».
Gli sorrisi. «No, tranquillo. Studiamo insieme domani, dai», dissi facendo spallucce.
Harry assunse un'aria dispiaciuta a quelle mie parole, unita ad una sorta di smorfia. «Dovremmo vederci in studio anche domani pomeriggio», spiegò in un tono di scuse. «Che ne dici se usciamo sabato sera invece? Tanto anche se ci vediamo per studiare finiamo per non farlo mai per davvero, e io ti distraggo poi», rise.
Sollevai un angolo della bocca, in una sorta di mezzo sorriso. «Hai ragione», dovetti ammettere che ciò che diceva era vero: studiare con lui era divertente ma non riuscivamo mai a concentrarci davvero. Forse era meglio cominciare a studiare un po’ ognuno per conto proprio, specie per quest’anno in vista degli esami per il diploma e l’ammissione all’università. Ed effettivamente, a pensarci meglio, uno studio così serio e impegnativo, se fatto con Styles, non avrebbe potuto essere altro che deleterio.

charlie's corner.
Hello people! Non mi pare sia passato moltissimo dall'ultimo capitolo pubblicato, che dite? :) Spero di non avervi deluso, specialmente con questo capitolo che è un po' più "movimentato", anche se non trovo ancora che sia il massimo. Tra i nuovi che ho scritto, i prossimi due sono i miei preferiti. #littlespoiler Il prossimo vedrà Destiny intenta in una lunga conversazione con... qualcuno. Secondo voi chi? Si accettano scommesse!
In quello dopo ancora, ci sarà una sorta di colpo di scena. O meglio, non mi piace definirlo così; diciamo piuttosto che si tratta di uno... scoppio. Non dico altro o capireste troppo!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, che abbiate passato delle belle vacanze e che vi stiate divertendo (:
Se volete contattarmi mi potete trovare su twitter o ask.
Se volete che vi aggiorno ogni volta che posto un capitolo, basta menzionare!
E inoltre... vi seccherebbe lasciare qualche recensione in più? Siete in 351 a seguire questa storia e ultimamente ho ricevuto solo sei recensioni a capitolo. Vorrei sapere i vostri pareri! Grazie comunque e in ogni caso, siete adorabili. 
Un bacio, vi lascio alla Manu! <3
Charlie.


Le Minchiate di Zia Manuela.
GO DESY, GO DESY! Le note non poteva iniziare che così. La mia Destiny è una figa. Sono persino più fiera di louis aww feeling like a proud mama ♥ Ah, a proposito, lasciatemi dire che amo Louis sempre di più. E' tipo il mio alter ego della fanfiction uahah In contrasto con Louis direi che Lucy e Sarah sono sempre più irritanti, e l'unica colpa che attribuisco a Destiny è quella di non averle picchiate entrambe. Ma chissà, magari più avanti... Chi vivrà vedrà! Anyway, apparte la genialata di Destiny, ora sappiamo quel che voleva Jason: fare due chiacchiere con la sorellina! Neanche io, come Desy, l'ho perdonato. Come fai a lasciare sole due fighe come Megan e Destiny? Disumano! Però visto che Jason è un altro dei miei figli, attenti a come ne parlate <3 (vi osservo.) Va maledetto un po' anche Harry che deve trovare più tempo per la sua ragazza! Il bello di questa fanfiction è che queste cose le ho già lette e persino scritte, però mi sento sempre presa e arrabbiata quando i protagonisti fanno qualche stronzata. That's amore! Come vi dico sempre, il futuro riserverà un sacco di sorprese belle e brutte. Io dal mio canto Sono sempre più impaziente e_e Se siete curiosi di conoscere quale strada prenderà Destiny per il college, come si svilupperà la carriera dei ragazzi e che ne sarà della coppia Derry, dovete solo continuare a seguirci e recensire in tanti! Se leggete e non commentate vi picchio ♥ Se non leggete proprio vi picchio ancora più forte! (Ripensandoci, forse il mio alter ego è proprio Desy, considerando che abbiamo in comune una certa attitudine per la violenza) Quindi fate il vostro dovere donzelle! Alla prossima xoxo
Zia Manuela

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** winter is the hardest season. ***


 


 
Destiny.
In vita mia non mi ero mai distinta per le mie doti culinarie. Non ero mai riuscita a destreggiarmi con sapienza e, nonostante la mia condizione di vita quasi del tutto indipendente avesse dovuto istruirmi almeno un po' di più in questo campo, tuttavia riscontravo ancora parecchie difficoltà anche nella preparazione dei piatti più semplici. Quando ero piccola andavo nel panico se mia madre mi lasciava da sola in cucina con la responsabilità di avvertirla quando il pasto era pronto. Non sapevo mai quando fosse il momento corretto, quale fosse il tempo da far passare perché qualcosa si cuocesse a dovere, che livello di doratura dovesse raggiungere la carne prima di cominciare a bruciarsi... ero un disastro. E tutte le volte che mi ritrovavo in queste spiacevoli situazioni finivo per gridare un sonoro ed incerto «Mammaaaa!» un po' troppo tardi o addirittura prima del dovuto.
«Che ne dici se io apparecchio e stai tu a guardare il pollo in forno?», proposi quel giorno a mia madre, dopo che mi aveva chiesto di supervisionare il nostro pranzo. Ma, memore dei terribili pasti passati a causa mia, avevo deciso di ricordarle che non ero esattamente la persona indicata per questo tipo di mansione.
Mia madre mi sorrise ed annuì con fare divertito, prima di dirigersi verso la cucina. Sentivo già il profumino invitante dello squisito pollo al forno di mia madre – una delle sue specialità – e avvertivo l'acquolina in bocca. Mi affrettai ad apparecchiare per due nella piccola sala da pranzo di casa mia. Era domenica. Sin da quando avevo memoria, la domenica la famiglia Miller si riuniva per un pranzo tutti insieme e, in particolare da quando io e Jason abitavamo per conto nostro, nell'ultimo periodo questa nostra tradizione aveva assunto anche più significato, essendosi trasformata in una delle poche occasioni settimanali in cui tutti e quattro ci ritrovavamo allo stesso tavolo. Da quando Jason se n'era andato, però, i posti a tavola erano diventati tre. E quella particolare domenica, in cui mio padre era costretto a lavorare a causa di qualche imprevisto dell'ultimo minuto, io e mia madre non avevamo comunque rinunciato al nostro pasto domenicale, trasformando la consueta riunione di famiglia in una giornata mamma&figlia.
Adoravo passare il tempo con mia madre: eravamo sempre state sulla stessa lunghezza d'onda perché, oltre ad essere molto simili caratterialmente, non c'era neanche un'enorme differenza d'età tra di noi. Lei mi aveva infatti avuta a ventun'anni, e ciò la rendeva una delle mamme più giovani per la mia generazione. Non pensavo a questo come un aspetto negativo, al contrario il suo essere parecchio giovane rispetto alla media degli altri genitori aveva senza dubbio agevolato parecchio il nostro rapporto e le nostre conversazioni. Non era certo la mia migliore amica – non eravamo in un telefilm, e per di più sarebbe stato troppo strano – ma con lei parlavo di tutto e non avevo paura di tenerle nascosto nulla. Amavo il nostro rapporto, ed ero consapevole del fatto che chiunque altro ce lo invidiasse. 
«Quando imparerai a cucinare come si deve, Des? Mi domando che diavolo mangi ogni giorno se hai difficoltà a fare un semplice pollo arrosto», esordì mia madre spuntando finalmente dalla cucina con due piatti colmi di cibo. Sentivo i crampi del mio stomaco gridare i cori dell'alleluja.
Le sorrisi con fare innocente mentre ci siedevamo. «Beh, ecco...»
«Spero tanto che tu non spenda i soldi che ti mandano i tuoi nonni al compleanno per ordinare roba dal fast food solo perché non sai accendere un forno», mi prese in giro lei.
Le feci una linguaccia, quasi offesa. «So come si accende il forno», protestai, «ho solo... qualche difficoltà nella fase dell'utilizzo», dovetti ammettere, appena prima che entrambe scoppiassimo all'unisono in una sonora risata.
«Allora anch'io so far funzionare una canna da pesca se riesco a gettare l'esca in mare», disse in tono sapiente, ed io sollevai un sopracciglio. Roteai gli occhi al cielo e mi limitai a ficcare in bocca un pezzo di pollo. 
Per un po' non si udirono altro che rumori di forchette e coltelli che cozzavano contro i piatti e di noi che masticavamo, nell'assoluto silenzio di quella domenica in solitudine.
«Come sta andando a scuola, Desy? Fatto a botte con qualcun altro?», prese a dire mia madre con fare ironico. Certo, adesso la prendeva a ridere: ma quando aveva ricevuto la chiamata dalla scuola non era stata altrettanto contenta. Avevo dovuto sorbire un'interminabile filippica sul perché è sbagliato utilizzare la violenza, anche in casi estremi o per difendere nobili cause. Non contenta di questo, e della punizione pomeridiana che mi aveva affibbiato la scuola, mi aveva perfino minacciata che, se avessi continuato con questa condotta disastrosa a scuola, sarei tornata di filata a casa con lei e papà; e sapendo quanto tenessi a questa mia libertà, la cara Megan era consapevole di aver fatto centro. 
«Non ci trovo nulla di divertente, sai?», mi lamentai, facendole una linguaccia. 
«Neanche io», riprese mia madre, «ecco perché spero proprio che tu abbia represso i tuoi istinti maneschi».
Arricciai il naso, pensierosa. «Non direi proprio represso. Diciamo più che altro che li sto tenendo a bada», puntualizzai. Come si faceva a reprimere del tutto un istinto omicida nei confronti di Sarah?
Mia madre rise. «Purtroppo le ochette ci sono in ogni scuola e in ogni epoca. Cos'è, ci hanno provato con Harry?», ipotizzò. Non le avevo ancora raccontato il motivo della mia faida con Sarah e Lucy, non perché volessi nasconderle qualcosa, ma semplicemente perché quando ne avevamo parlato lei era rossa di rabbia e sbraitava. Non volevo cercare giustificazioni.
«Mi hanno chiamata troia», dissi in un tono eloquente, sollevando entrambe le sopracciglia, in modo da farle capire chiaramente che stava sottovalutando la faccenda. Era molto più grave di un semplice tentativo di flirt con il mio ragazzo, era la mia dignità personale ad essere stata intaccata e avevo il diritto di difenderla. Ad ogni costo.
Megan aprì la bocca in segno di sorpresa e strabuzzò gli occhi, con evidente fare ironico. «Caspita! Ancora peggio, allora».
Sospirai rivolgendole un lieve sorriso. «E dai, non prendermi in giro. Anche tu avresti reagito così se ti avessero dato della troia»; conoscevo mia madre abbastanza bene da sapere che di fronte ad un insulto del genere non se ne sarebbe stata zitta con le mani in mano. Era il tipo di donna che, se ce ne fosse stato bisogno, avrebbe tolto tacchi a spillo e orecchini per dare una bella lezione a chi la infastidiva. Con ciò non volevo certo dire che era una tipa violenta o che tendeva a risolvere le cose unicamente venendo alle mani: solo che era una persona che reagiva, e non stava certo ferma a guardare mentre qualcuno tentava di calpestarla. E io ero proprio come lei: era forse una colpa?
«Sì, probabilmente sì», confessò mia madre in un profondo sospiro, fattasi più seria, «ma solo perché anch'io avrei reagito d'istinto non vuol certo dire che sia la cosa giusta da fare. Tutti sbagliamo, ma si deve cercare di fare meno errori possibili, no? Specie di questo genere. Devi sempre andare a ricercare la soluzione che credi sia quella più giusta per tutti, non quella che ti va di fare e basta. Che razza di madre sarei se ti dicessi “brava figlia mia, continua così”?».
Ascoltai il discorso di mia madre ed annuii. Capivo la sua prospettiva e lei aveva capito le mie motivazioni, ma doveva pur farmi mettere la testa a posto, proprio perché era mia madre ed era compito suo farlo. 
«D'accordo mamma, afferrato il concetto. Adesso puoi anche smettere di fare la parte della mamma responsabile», le dissi ridacchiando e dandole un bacio sulla guancia. 
Anche lei rise con me, e sospirò. «Questo ruolo non mi si addice per niente. Essere mamma non fa per me», commentò. Da un lato ero d'accordo, lei spezzava lo stereotipo di madre apprensiva e responsabile, creando una versione tutta sua. Ma poco importava che non fosse tagliata per fare la mamma – come diceva lei – ormai c'era dentro da quasi vent'anni.
«Per me te la stai cavando alla grande», le rivolsi un sorriso d'incoraggiamento. Io la consideravo la mamma migliore del mondo: forse non era seria e apprensiva e severa come ci si aspetterebbe, ma quale adolescente vorrebbe una mamma del genere? E poi quei ruoli noiosi li ricopriva già mio padre, ed ero del parere che la sua austerità bastasse per entrambi. 
«Sì, ma sai... ho paura di star sbagliando qualcosa. Forse sono troppo permissiva nei tuoi confronti e non vorrei che questa libertà ti porti a fare sciocchezze di cui potresti pentirti. Tipo rimanere incinta a diciott'anni...», mi sorrise lievemente.
Scossi la testa decisa. «Mamma, mi conosci. Non sarò la figlia più responsabile al mondo, ma non sono stupida».
«So che non sei stupida, ma sai... quando si è giovani e innamorati a volte si tende ad essere trasportati dal momento senza pensare alle conseguenze».
«Tranquilla mamma, non è il mio caso», ribadii convinta.
«Beh, anche se lo fosse... dovresti fare attenzione a prendere le giuste precauzioni per...»
«Mamma! Come siamo arrivati a parlare di questo?», quasi la rimproverai, ma con fare estremamente divertito. 
Lei si limitò a sollevare le spalle, con un sorrisino soddisfatto. Dovevo essere diventata rossa come un peperone. «Scusa, cambiamo argomento. Come va con Harry?».
Ma allora lo faceva apposta. La osservai in tralice, con un sopracciglio sollevato, poi sospirai. «Va bene. Ultimamente non ci vediamo spessissimo per via del contratto, i ragazzi e tutto», spiegai facendo spallucce. Non era una cosa che mi dispiaceva, fino a quando lui faceva quello che amava. E sapevo che fare questo lo rendeva immensamente felice: per cui era bello vederlo di meno, ma con sempre un sorriso a trentadue denti sul viso. 
«L'avevo notato. Vedevo che nell'ultimo mese sei sempre qui a casa o con Crystal o con altre tue compagne di scuola. Ti ho sentito nominare Harry molto più raramente», commentò mia madre.
Annuii, dandole ragione. «Sì, te l'ho detto, ma è solo un periodo. E poi è un'opportunità meravigliosa, e lui è contentissimo! Dovresti vederlo», sorrisi automaticamente.
Anche le labbra di mia madre si distesero. «Sì, ho parlato con Nick qualche giorno fa. Anche lui sembrava entusiasta al riguardo».
Annuii nuovamente, prima di raggiungere il divano e buttarmici sopra a peso morto. «Immagino!», commentai.
Mia madre sparecchiò velocemente la tavola portando tutta la roba sporca in cucina. «Quindi Harry e gli altri non andranno all'università?», giunse la sua voce dalla stanza accanto. 
Aspettai che si venisse a sedere accanto a me per risponderle. «No, se la cosa va in porto», dissi.
Mia madre annuì comprensiva. «E tu che intenzioni hai per l'anno prossimo? Hai idea di qualche facoltà a cui puntare? Non mi hai ancora detto niente», chiese poi.
Sospirai, passandomi nervosamente una mano tra i capelli. Più cercavo di scacciare via l'argomento “università” e più questo continuava a tornare ancora e ancora.
«Stavo pensando a psicologia», dissi dubbiosa, perché a dir la verità io stessa ero ancora del tutto confusa.
Megan sorrise. «Però! Ti ci vedo a fare la psicologa», commentò, ed io sorrisi, un po' più incerta. «E a quale università vorresti fare domanda? Qui a Los Angeles se non sbaglio c'è una bella facoltà di psicologia, e sono sicura che non avresti problemi con le ammissioni».
«Sì, ci stavo pensando anch'io ma...», nonostante l'idea per me fosse fuori discussione, avevo comunque promesso a Crystal di pensarci. E poi un po' forse la cosa mi allettava. «...Crystal mi ha proposto di andare a New York insieme»,
Mia madre sembrò riflettere qualche istante. «Perché no! Credo che possa andare».
«Sul serio?», ero a bocca aperta.
«Certo. E poi sarai con Crystal, no? In più, quando io e tuo padre verremo a trovarti ogni tanto potremmo stare nella nostra vecchia casa. Sarebbe molto comodo».
Annuii alle sue parole, tuttavia un po' incerta. «La verità è che non so se voglio andare a New York», spiegai, stringendo le spalle con fare sincero, nel tentativo di farle capire la mia posizione sull'argomento. Con qualcuno prima o poi avrei dovuto parlarne, e Crystal era troppo di parte al riguardo. Ad Harry non avrei saputo cosa dire. 
Megan sembrò assumere un cipiglio curioso a quelle mie parole. La vidi riflettere qualche istante, poi si allargò in un sorrisino del tutto inaspettato da parte mia. «C'entra per caso qualche ragazzo che casualmente risponderebbe al nome di Harry Styles?», disse roteando gli occhi, e quella sua reazione mi fece imbufalire ancora di più. 
«Non è per lui!», ribadii tirando qualche pugno al cuscino. Detestavo non sentirmi capita, e sempre fraintesa. «Ci sono altri fattori», affermai sicura.
Mia madre sospirò, ma continuò a sorridermi. «Bene, ma ammetti che Harry fa parte di questi fattori».
«Può darsi», affermai sollevando leggermente le spalle in un pesante sospiro frustrato. Sarebbe stato ridicolo dire che non avevo completamente pensato a lui, ma volevo mettere bene in chiaro che le mie esitazioni non erano dovute esclusivamente al mio ragazzo – anche perché, se così fosse stato, sarebbe risultato a dir poco patetico da parte mia. 
Mia madre si avvicinò e mi abbracciò, lasciando che poggiassi la testa sulla sua spalla. «Tesoro, è normale provare queste cose quando si è innamorati. Cercare di nascondere quello che provi solo perché credi sia “da femminucce” non risolverà il problema». Mia madre. Mi conosceva meglio di quanto non facessi io stessa, e a volte queste sue verità inaspettate erano così scomode. Emisi un lieve lamento scocciato, mentre lei mi accarezzava dolcemente i capelli.
«È solo che trovo tutto così stupido! Non voglio che sia un ragazzo a bloccare il mio futuro», osservai, più determinata che mai su questo punto del mio ragionamento.
«Hai ragione», commentò mia madre.
Sospirai. «Ma non ci credo, alle relazioni a distanza. E non ce la farei a mantenerne una». Io ed Harry? Lontani chilometri e chilometri? Non sarei riuscita a sostenere una situazione simile.
«Anche su questo hai ragione».
Riempii le guance d'aria, per farle confluire in un sonoro mega-sbuffo scocciato. «Non mi stai aiutando, mamma».
Megan sorrise dolcemente accarezzandomi un braccio. «E come dovrei aiutarti, sentiamo?».
«Potresti cominciare col dirmi cosa dovrei fare», le spiegai come se fosse una cosa ovvia.
«Desy, ho smesso di dirti cosa fare appena hai cominciato a camminare. Sei sempre stata così indipendente in tutto, e non hai mai tollerato che qualcuno faccia le cose per te. Pensi che adesso m'intrometterei in una decisione così importante? Sarai tu a scegliere quale strada intraprendere. E vedrai che con il tempo capirai qual è quella migliore per te».
Sbuffai. Mi fu difficile da ammettere, ma mamma aveva ragione, in fin dei conti. Eppure in un momento come quello, con tutta la confusione mentale che mi ritrovavo addosso, un consiglio da parte sua avrebbe proprio fatto comodo. Ma siccome a mia madre piace fare la sadica almeno quanto piace a me, si era limitata a lasciarmi con un filosofico “sarai tu a scegliere la strada da intraprendere”.
E siccome sono Destiny, e siccome è biologico che io faccia cazzate e sbagli tutto quanto, ero più che certa che la scelta che avrei fatto alla fine si sarebbe rivelata quella peggiore. 
 
«Destiny! Destinyyy! Aaah!»
I miei cinque minuti giornalieri dedicati al riordinare il caos che regnava sovrano all'interno del mio armadietto furono interrotti dal brusco atterraggio di un ragazzo ai miei piedi.
Abbassai la testa rivolgendo allo sventurato un'occhiata di sufficienza, per poi riporre il libro di fisica dentro l'armadietto. Sospirai con enfasi. «Lo so che mi ami e non puoi resistermi, ma mi pare di aver già chiarito quanto queste dichiarazioni così pubbliche non siano di mio gradimento. Apprezzo il gesto, comunque», lo canzonai.
Harry, ancora sdraiato ai miei piedi lungo il pavimento del corridoio, mugugnò qualcosa, la guancia ancora premuta per terra. «Potresti anche evitare di lasciare lo zaino nel bel mezzo del corridoio», riprese a dire con un tono acido, che lasciava trasparire il suo sarcasmo. 
«E tu potresti anche guardare dove metti i piedi, per una buona volta». Inarcai un sopracciglio mentre lo guardavo alzarsi da terra e fronteggiarmi, con la sua solita smorfia beffarda ed il suo sguardo di scherno. 
«Com'è che sei sempre così acida di prima mattina?», domandò. 
Sospirai, con fare malinconico. «Mi manca il mio letto», feci poggiando una mano sul petto. Si sa che io sono una tragedia vivente: specie quando si tratta del mio ozio, che non è mai abbastanza.
Harry roteò gli occhi mentre si appoggiava con una mano alla fila degli armadietti, guardandomi dall'alto. «Comunque sia, sono venuto a chiederti una cosa».
«Oh, è per questo che correvi? Non perché mi ami alla follia e non vedevi l'ora di dimostrarmi quanto...».
«Vuoi stare zitta un attimo?», troncò il mio discorso con un lieve sospiro ed un sorriso. «È importante».
«Se stai per supplicarmi di farti copiare al test di chimica, puoi scordartelo. Lo sai che sono contraria. Li hai visti i tuoi voti quest'anno? Tutto perché per colpa di quell'idiota di Oliver non hai neanche più il tempo di studiare e stai sempre chiuso...»
«Sei libera stasera?». Harry diceva sempre di adorare la mia parlantina, eppure adesso sembrava un po' spazientito: come se avesse poco tempo e avesse bisogno di una risposta immediata. Sbattei le palpebre. La sua domanda in un primo momento mi lasciò spiazzata, probabilmente perché io e lui non passavamo una serata insieme... praticamente dall'estate. 
«Sono libera! Perché?», domandai sfoderando un sorriso a trentadue denti, e torturando l'angolo del mio libro di storia, che tenevo in grembo. 
Harry sorrise, a sua volta. «Grande! Devo chiederti un favore enorme, Des. I miei stasera non ci sono e mi hanno chiesto di stare con Ronnie per il pomeriggio. Ma io, i ragazzi ed Oliver ci eravamo già organizzati per andare in studio. Non è che potresti farle da baby-sitter per qualche oretta? Per favore?», disse assumendo quell'adorabile sguardo da cucciolo bastonato al quale non potresti mai dire di no. 
«Fare da baby-sitter a Ronnie?», ripetei confusa. Lui annuì con forza. Lo guardai per un istante ed esitai. Poi sospirai ed annuii lievemente. «Va... va bene», dissi.
Il suo volto s'illuminò subito. «Grazie mille, Des! Te la porto per le quattro, d'accordo? Scappo, sta per suonare», disse tutto sorridente prima di lasciarmi un bacio sulla guancia e allontanarsi, lasciandomi sola in corridoio.
 
Così era cominciata la giornata.
Adesso mi ritrovavo al parco a camminare mano nella mano con una delle bambine più belle al mondo.
Sin da subito ero stata parecchio legata a Ronnie, ed avevo motivo di pensare che anche lei mi sentisse abbastanza vicina. La adoravo perché era tremendamente intelligente, e preoccupatamente scaltra. Non c'era motivo di nasconderle qualcosa perché era perfettamente in grado di capire le “cose da grandi” come fossero faccende sue, e in più era proprio impossibile tenerle nascosta una realtà di qualsivoglia natura, perché il sospetto era un meccaniscmo per lei istantaneo e capiva subito quando c'era qualcosa che non le veniva detto. In più, mi ricordava tremendamente me da bambina. I suoi ragionamenti, i suoi modi di fare, i suoi scaltri sotterfugi e gli scherzi esilaranti che faceva, sembravano tutti appartenere alla mini-Destiny vissuta anni prima: con la differenza che io ero decisamente più manesca, mentre lei sembrava una piccola principessina con il suo corpicino gracile e quel visino da furbetta, ma che non sarebbe mai riuscita a far male ad una mosca. 
Ronnie fece dondolare le nostre mani mentre saltellava tranquillamente.
«Destiny?», domandò, mentre tirava un calcio ad un sassolino.
«Mhm?», feci, in attesa di una sua domanda.
«Secondo te perché le foglie cadono in autunno?», chiese, e mentre camminava ne calpestò volontariamente un paio, che scricchiolarono sotto i suoi scarponcini. 
Anch'io feci dondolare lievemente le nostre mani unite. «D'inverno fa freddo», spiegai, «e mentre noi ci copriamo con i giubotti l'albero invece ha bisogno di spogliarsi».
«E perché?», chiese la piccola, sempre più incuriosita.
Sollevai le spalle. «Si deve disfare delle foglie perché ha bisogno di tutte le energie per sé. L'inverno è la stagione più difficile».
Ronnie annuì, sembrava aver capito. Ricordavo di essere alla sua età, con tutti quei “perché” nella testa. Affacciarsi al mondo pieni di domande e curiosità, di perché, perché, perché. Sentirsi soddisfatti all'idea di sapere qualcosa in più e terribilmente tristi di fronte ad una risposta di cui non si è soddisfatti.
«Destiny?»
«Dimmi», le strinsi leggermente la mano.
«Harry non ti manca?».
Arrestai un attimo il passo per scrutare l'espressione della piccola, che però sembrava tutto tranne che turbata. O meglio, sembrava sincera. «Che vuoi dire, splendore? Tuo fratello c'è sempre».
«Non è vero!», scoppiò Ronnie mettendo su un enorme broncio ed incrociando le braccia al petto. «Non c'è più, lui. E' sempre con i suoi amici e con quel tipo antipatico senza capelli. Con me non ci sta più, e con te neanche, ho ragione?».
Sospirai. Supposi che “quel tipo antipatico senza capelli” fosse Oliver, e non potei che essere più d'accordo con Ronnie. Indugiai nel risponderle. Io ed Harry non passavamo davvero più tempo insieme come prima, ma non volevo impormi. Era la sua vita, la sua opportunità, e per il momento dovevo fare un passo indietro, soprattutto perché non sarebbe stato da me, oltre che tremendamente egoista, cercare di fermarlo per “passare tempo insieme”. Ma sì, ammettevo che un po' mi mancava.
«Hai ragione», ammisi in fine a Ronnie con un sospiro. Poi mi accovacciai di fronte a lei ed abbozzai un sorriso. «Ma, ehi, sai che tuo fratello sta realizzando un sogno, vero? Sta facendo quello che ama ed è questo quello che conta. Lo so che ti manca, e manca tanto anche a me. Però questo non significa che possiamo sentirci in grado di fermarlo, vero?». Ronnie scosse la testa convinta, in modo da acconsentire a ciò che dicevo. «E poi sai una cosa? Tuo fratello ti vuole bene come non mai. Per ora è solo un pochino occupato, ma come potrebbe scordarsi di te? Non lo farà mai. E tutto presto si sistemerà, vedrai splendore», dissi mentre le rivolgevo un enorme sorriso e le sistemavo una ciocca dei suoi morbidi e lucenti capelli dietro l'orecchio.
Ronnie annuì, anche se poco convinta. «Va bene...», acconsentì. «Però a me manca adesso».

charlie's corner.
Ehm... salve? Lo so, lo so, sono in estremo ritardo - ma c'è una buona ragione a tutto. So che avevo già il capitolo scritto ma non mi andava di postarlo senza averne pronto un altro, ecco infatti che corro a scriverne un altro o mi ritroverò di nuovo sommersa da questa fan fiction, che voglio concludere al più presto. Non m'importa più di chi la segue, di chi recensisce, insomma fate come volete, io voglio finirla e basta. Anche perché ho altri progetti per la mente e, se lo vorrete, forse allora potrei provare a scriverne un seguito... ma ora come ora ne dubito fortemente. Magari più avanti... 
Boh, per ora spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto, è un po' più lungo rispetto agli ultimi e mi auguro che questa cosa sia stata di vostro gradimento :) il prossimo capitolo porterà molte novità!
Un bacio a tutti quanti, grazie ancora perché siete pazientissimi e gentilissimi con me. Vi adoro xx
carla. 


Le minchiate di zia Manuela. 

Aloha, nipotine! State bene? Scommetto che la fine di questo capitolo vi ha lasciate con l'amaro in bocca, ma andiamo con ordine. Inanzi tutto voglio dire quanto mi sia piaciuta la parte del capitolo dedicata a Megan e Destiny. Vi ricordo che, ancora prima di Desy ed Harry, io e Carla muovevamo Megan e Nick. Che Nostalgia! Mi mancano pure loro, oltre ai Derry ç-ç Ad ogni modo, la mia Megan era una tosta. Esplosiva e ribelle almeno quanto Desy, e adesso vederla cresciuta, vederla fare la mamma saggia e più o meno responsabile mi fa sorridere. Sebbene sia più affezionata alla mia Destiny (lo devo ammettere) anche Megan è stata epica, punto e stop u.u D'accordo adesso parlo di qualcosa che conoscete e la smetto di fare la nostalgic bitch! Ma anche Zia Manuela ha dei sentimenti! Dunque, credo che la caduta di Harry sia stato uno degli epic moment di tutta la fanfiction. Cioè ho riso per tre ore, perché non capivo cosa stesse succedendo, ma quando ho realizzato mi sono visualizzata Styles che urla "DESTINYYY AHHHHHH!" e mi sono sentita male. Clap, clap, brava Carla! Nella parte che segue poi, ho provato tutte le emozioni che deve aver sentito Desy. Con la differenza che poi, alla fine del dialogo, io sentivo un bruciante desiderio di dare un calcio nelle palle a Harry, mentre la nostra eroina è stata abbastanza saggia da non castrarlo. Profonda ammirazione. Questo capitolo è piuttosto lungo quindi ci aspettiamo tante belle recensioni u-u accorrete numerosi! Inoltre contiene una descrizione perfetta di Megan (che tutti adorate, lo so!), l'adorabile Ronnie (che amate ancora di più) e un'importante premessa per il futuro! Alla prossima u.u - Zia Manuela

 

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** you know what? go to hell. ***


 


Harry.

Savan applause contento dall'altra parte del vetro, per poi battere il cinque ad Oliver. Sorrisi soddisfatto e, dopo aver riposto le cuffie sul leggio che avevo di fronte, mi esibii in un inchino borioso. 
«Grazie, grazie», feci con ben poca modestia mentre uscivo dalla sala di registrazione. Diedi il cinque ad entrambi, contento. Ero appena riuscito a raggiungere una nota particolarmente difficile dopo la terza cilecca, per cui mi sentivo parecchio soddisfatto di me stesso. Savan, il nostro vocal coach, nonché autore di alcune delle nostre canzoni, mi ripeteva sempre che avevo la voce migliore tra noi cinque ed io, modestia a parte, non potevo che essere d'accordo con lui. Stavo andando molto bene e tutti erano fieri di me, compreso io stesso: ma, dopo tutto l'avevo sempre saputo che quello era il mio destino; ero nato per cantare, suonare, non c'era altra alternativa.
«Molto bene, Harry», si complimentò Savan. «Passiamo a More Than This, che ne dici? Registriamo il primo ritornello».
Annuii e senza dire nient'altro tornai dall'altra parte del vetro. 
I ragazzi non c'erano, perché quel pomeriggio erano andati via prima, lasciandomi solo con Savan e Oliver. Io e Liam detenevamo il maggior numero di assoli nelle nostre canzoni, per cui era ordine del giorno che gli altri tre – specie Niall e Louis – rimanessero a guardare mentre noi ci davamo da fare in sala registrazione. Certo, anche loro avevano qualche assolo, ma non quanto noi. Non sapevo se la cosa desse loro fastidio o meno, perché ad essere sincero non gliel'avevo neanche mai chiesto; ma ero sicuro di no. Louis era la persona più generosa al mondo e a Niall andava bene sempre tutto quello che si decideva, per cui perché mai avrebbero dovuto ribellarsi? Non potevano essere in disaccordo con questa decisione.
Comunque sia, i pomeriggi in studio erano fantastici. Scrivevamo canzoni, scherzavamo, ipotizzavamo – o meglio, sognavamo – un possibile tour mondiale dei One Direction. Di quelli con le fans che urlano e riempiono gli stadi, reggiseni sul palco e musica a tutto volume. Era impossibile, certo, ma pur sempre un sogno, no? Non ci era certo proibito di sognare. E poi Oliver guardava in quella stessa direzione, se non addirittura ancora più avanti; di solito un manager dovrebbe avere i pieid per terra e pensare alle priorità, all'“adesso”: al contrario, Oliver sembrava divertirsi a fantasticare sul nostro futuro da artisti famosissimi, a riempire arene e vendere milioni di album. Per noi era tutto un sogno astratto, ma il solo fatto che fosse proprio il nostro manager a regalarci questa visione paradisiaca rendeva i nostri presunti “sogni irraggiungibili” un po' meno irreali. Lui diceva sempre che sognare faceva bene, ma anche che, nel nostro caso, avevamo tutte “le carte in regola” per far sì che i nostri sogni più sfrenati diventassero realtà. 
Quelle parole ci trovavano sempre un po' troppo impreparati perché, di fatto, eravamo soltanto cinque ragazzi chiusi in una stanza a fare musica, una prospettiva così lontana era magica e spaventosa al contempo. E così ci guardavamo negli occhi, l'uno con l'altro, con una certa incredulità: ma Oliver ci assicurava sempre che, se ci fossimo affidati completamente a lui, tutto sarebbe andato per il meglio. Ed io mi fidavo di lui, così come facevano gli altri quattro. Sapeva il fatto suo ed aveva un milione di progetti stratosferici per noi nella mente. 
«Harry!».
Proprio mentre stavo registrando il ritornello della canzone, fui bloccato da una voce potente che proveniva dall'altra parte del vetro. Alla mia posizione i suoni giungevano tutti un po' ovattati, anche se l'impianto dei microfoni era acceso; ciò nonostante riuscii a riconoscere che la voce che mi aveva appena richamato non era quella di Oliver, né quella di Savan.
Sollevai lo sguardo ed assunsi un'espressione confusa alla visione di chi aveva appena fatto irruzione nella stanza. «Destiny?», domandai sorpreso, mentre toglievo le cuffie dalle orecchie. La sua espressione era preoccupante: sembrava stravolta, sconcertata, sollevata ed esausta, tutto contemporaneamente.
Oliver e Savan la guardavano incuriositi, probabilmente chiedendosi, come me, che diavolo ci facesse lì. «Che ci fai qui?», diedi voce ai miei pensieri una volta fuori dalla sala di registrazione, ma non le diedi tempo di rispondere, perché la sua immediata occhiata di rabbia mi suggerì che qualcosa non andava: per cui non persi tempo e, prendendola per mano, la trascinai fuori dalla stanza fino in corridoio, facendo particolare attenzione a chiudere la porta dietro di me. 
Mi voltai a guardarla, scontrandomi nuovamente con i suoi occhi allarmati. «Cosa è successo?», le domandai ancora più confuso di prima, ma qualcosa di diceva che le sue occhiate poco carine avevano a che fare con me. Anche se non sapevo per quale motivo.
Dovetti aspettare un po' per una sua risposta, e la guardai riprendere fiato. Perché aveva corso? Prese un bel respiro e poi parlò, assumendo un tono che mi sembrò parecchio infastidito. «Ho incontrato Liam e Niall per strada. Ho chiesto loro dove fossi tu, visto che mi avevi detto che eravate in studio insieme; e loro mi hanno detto-»
«Sono andati via prima, sono rimasto solo io», spiegai. Ma lei non sembrò far troppo caso al mio intervento.
«- e mi hanno detto che non avevano idea di dove fossi», spiegò, fulminandomi con lo sguardo, come a volermi macchiare lei stessa di qualche colpa che non avevo. 
Aggrottai le sopracciglia, confuso, di fronte al suo sguardo indagatore. «Cos'è, una specie di scenata di gelosia?», domandai grattandomi una guancia mentre riflettevo ai possibili labirinti mentali che doveva aver percorso la sua testa nelle ultime ore. «Pensavi che ti avessi mentito, che non fossi davvero qui? Pensavi di trovarmi con un'altra? Cosa?», dissi con una particolare nota di disprezzo nella voce, che non utilizzavo mai, men che meno con Destiny. Ma mi sentivo... indignato. Ero il suo ragazzo e Destiny doveva fidarsi di me, no? Perché diavolo non mi aveva creduto, ed adesso era venuta a cercarmi in fretta e furia? A controllarmi? Era questa la fiducia che c'era tra noi due?
Alle mie parole, le iridi della ragazza s'infiammarono di una scintilla nuova. La vidi prendere un grosso respiro, prima di scoppiare del tutto. «Ero in pensiero, deficente!», gridò, accompagnando la sua reazione con uno spintone al mio petto, che mi costrinse ad indietreggiare di un passo. «Non rispondevi al cellulare, anche tua madre era preoccupata! Non avevamo idea di dove fossi. Hai visto che ora è? Se ti fossi degnato di guardare il cellulare probabilmente te ne saresti accorto, e avresti anche visto che hai almeno una quarantina di chiamate perse tra quelle mie, dei tuoi genitori e dei ragazzi. Non me ne importa niente se ti fai un'altra, ti stanno cercando tutti. L'hai capito?». Destiny inspirò, ed espirò. Aveva gridato, fregandosene alla grande dei presenti, che sicuramente origliavano la nostra conversazione dall'altra parte della porta. Non l'avevo mai vista così furiosa, nemmeno quando, a sei anni, l'avevo chiamata “confetto rosa” per via del suo orribile vestitino da principessa. E lì era stata vicina a strozzarmi, intendiamoci.
«Des, lo sapevano tutti che ero qui. Pure i ragazzi», ribattei calmo. 
«Hai visto o no che ora è?!», fece ancora lei, più furiosa che mai. Per riflesso portai il mio orologio da polso sotto la mia vista, per poi rimanere pietrificato. Le undici e quarantacinque. Che mi stessero cercando, a questo punto, era anche normale: solitamente in studio staccavamo alle sei, massimo alle sette. Ma non era mai capitato che rimanessimo fino a quasi mezzanotte.
Sospirai, cercando di mostrare il mio dispiacere. «Cazzo, hai ragione. È tardissimo, mi dispiace».
Destiny sbuffò. «Mi dispiace un corno, Harry. Potevi starci più attento. Tua mamma e Ronnie erano morte di paura, e tuo padre sembrava proprio in vena di prendere a schiaffi qualcuno. Eravamo tutti preoccupati, è da due ore che cerchiamo di rintracciarti. I ragazzi erano sicuri che in studio non ci fossi più da un pezzo, per questo non siamo venuti a controllare prima».
Destiny aveva ragione. Ma lei, meglio di chiunque altro, era a conoscenza del fatto che quando mi lasciavo prendere da qualcosa non facevo più neanche caso a tempo, spazio e persone, quindi poteva anche provare a capirmi. E invece no, mi si rivoltava contro, proprio come una mamma apprensiva, proprio come mio padre. Avrebbe anche potuto darmi lei la punizione stavolta, se tanto ci teneva.
«Che vuoi che ti dica, Destiny?», replicai. «Abbiamo perso la cognizione del tempo, non posso farci niente. Non l'ho mica fatto apposta, che dici? E poi tu mi conosci, potresti anche capirmi».
«Non si tratta di capirti, Harry, né di scuse. Si tratta di responsabilità, di considerazione. Non esistete solo tu, quell'Oliver e la musica, ma devi capire che ci sono altre persone, al di fuori del vostro triangolo amoroso, che ti vogliono bene e si preoccupano per te».
Le ultime parole di Destiny mi diedero fastidio. Non seppi bene il perché, forse per quella sua allusione a Oliver e alla musica, o per il suo sostenere che a me non importasse nulla al di fuori di me stesso. «Credi che non lo sappia?», sbottai, «Credi che non m'importi dei ragazzi, dei miei, di Ronnie, di te? Non ci ho pensato, stavolta».
«Harry, il solo fatto che tu “non ci abbia pensato stavolta” non va bene! Perché non capisci? Sei un irresponsabile, e questo lo sai benissimo anche tu. Ma non puoi pretendere tutta questa autonomia se non hai neanche l'accortezza di controllare il cellulare per un'intera serata».
«Smettila, Destiny! Non sei mia madre, okay? Discuterò con i miei più tardi, per ora ne ho avuto abbastanza delle tue ramanzine», risposi, irritato dalle sue parole. 
Stavolta la ragazza non rispose immediatamente: la vidi esitare un istante, indugiando sui miei occhi, che in quel momento ricambiavano il suo sguardo con uno altrettanto infuocato. «Bene. Sai che ti dico?», disse, in un tono inaspettatamente calmo e diplomatico, seppur con voce tremante dall'agitazione. «Vai al diavolo», sputò infine. Senza dire più nulla si voltò e si diresse verso l'uscita.  
 
Il verdetto era cinque giorni a casa. Niente uscite, solo scuola, e soprattutto niente studio. Quando ero tornato a casa avevo trovato i miei in salotto, Ronnie addormentata sul divano con un'aria stanca e mio padre che andava su tutte le furie. Non avevo potuto spiegare niente perché Destiny li aveva informati, e quindi mi ritrovavo privato perfino della facoltà di parola, incapace di difendermi. Da parte sua mi sentivo tradito. Non appena avevo provato a mettere su una scusa mio padre aveva già pronta punizione e ramanzina: quest'ultima conteneva sue riflessioni personali su quanto fossi immaturo ed irresponsabile, e che probabilmente non ero ancora pronto per tutto questo. Avevo ribattuto ma era stato del tutto inutile, Nick Styles era irremovibile. 
Perciò adesso mi ritrovavo in casa senza nulla da fare, o meglio, a fare cose come studiare. Fortunatamente però stavolta le visite non erano state incluse nella punizione, per cui Liam, Niall, Louis, Zayn e Destiny potevano entrare ed uscire da casa mia quando volevano. Nonostante la clemenza di mio padre su questo punto, ero più che sicuro che la mia ragazza non si sarebbe fatta viva tanto facilmente. E malgrado le sue manie d'orgoglio e la sua ferma convinzione, io non cambiavo idea riguardo ciò che le avevo detto qualche sera prima. E poi ero ancora più infuriato, perché non aveva neanche cercato di coprirmi con i miei, anzi aveva raccontato loro tutto per filo e per segno, e probabilmente adesso gioiva della mia sorte infelice. 
Fortunatamente quel pomeriggio a salvarmi dalla noia erano venuti i ragazzi a trovarmi, subito dopo aver finito di registrare e scrivere un po' in studio. 
«Vi siete divertiti?», domandai con fare malinconico.
Niall sbuffò e roteò gli occhi al cielo. «Un mondo!», fece, con fare chiaramente sarcastico. 
Assunsi un'espressione interrogativa, alla quale Liam rispose prontamente. «Oliver non ha fatto altro che lamentarsi di tuo padre per la tua punizione».
«Non posso lavorare in questo modo!», sbottò Louis, in una perfetta imitazione del nostro manager. 
Sollevai un angolo della bocca, immaginandomi Oliver fare avanti e indietro per lo studio, imprecando e sbraitando, come solo lui sapeva fare, contro mio padre.
«Dice che tuo padre è troppo severo e che non è stata colpa tua per l'altra sera, che sono cose che capitano e bla bla bla», spiegò Zayn borbottando. 
Annuii profondamente. «Quell'uomo è un genio», commentai sicuro. Perché mio padre non poteva vedere le cose come faceva lui? Perché doveva essere sempre così severo e intransigente su ogni cosa? A volte lo detestavo. 
A quel punto Liam s'intromise. «È vero che sono cose che capitano e che tuo padre a volte è un po' troppo severo, ma quello che è successo l'altra sera è stato anche colpa di Oliver. Tuo padre l'avrà chiamato un milione di volte».
Scossi la testa ripetutamente. «Nessuno di noi si è accorto dell'orario, altrimenti avremmo chiamato».
«Sì, ma avreste potuto comunque evitarlo. Era mezzanotte Harry, come avete fatto a non accorgervi dell'ora?», ribatté Zayn. 
«Non lo so! Non ce ne siamo accorti e basta. Non è colpa mia».
«Sì invece». Stavolta era stato Louis a guardarmi con fare inquisitorio. «Questa cosa ti sta sfuggendo di mano, Harry».
Aggrottai le sopracciglia. E adesso questo cosa diavolo voleva dire? «Eh?», domandai confuso. 
«Passi una quantità di tempo indicibile in quello studio», spiegò Liam.
«Ti scordi le cose», continuò Niall.
«Pensi solo a quello, e a nient'altro», Zayn rincarò la dose.
Li guardai, passando in rassegna i loro volti uno ad uno. «Ma che diavolo dite?», dissi, con una punta di sarcasmo nella voce. Dovevano essere impazziti di colpo, perché mi risultava che fino al giorno prima volessero le stesse cose che volevo io. 
«La verità», rispose Louis con prontezza, riservandomi uno sguardo tutt'altro che amichevole. Di sfida, quasi. 
«Voi siete impazziti», risi tirando la testa all'indietro, a fissare il soffitto della mia camera. C'era qualcosa che non quadrava. Perché ad un tratto erano tutti passati dall'altra parte? Perché tutti sembravano essere contro di me? «Cos'è, siete venuti anche voi a farmi la ramanzina? Pensavo che almeno voi quattro foste dalla mia parte, visto che ci siete dentro quanto me».
«Ma noi siamo dalla tua parte!», chiarì Niall, gli occhi chiari sbarrati in un'espressione seria, che mi capitava raramente di vedergli addosso.
«Il punto, amico, è che noi ci siamo dentro... tu ne sei completamente risucchiato», fece Zayn accompagnando le sue parole con dei gesti astratti delle mani, come a voler far capire meglio il concetto. 
Sollevai un sopracciglio, incredulo. Adesso era chiaro, quei quattro erano completamente impazziti. «Voi siete fuori di testa», dissi in un tono quanto meno sarcastico. 
Louis fece segno di no. «Sei tu che stai perdendo la testa, riccioli d'oro. E l'altra sera hai proprio esagerato».
Sbuffai stancamente. «Per la miseria, non era mia intenzione!», sbottai nascondendo il viso tra le mani e stropicciandomi gli occhi.
«Non era tua intenzione neanche trattare Destiny in quel modo?».
Strabuzzai gli occhi alle parole del mio migliore amico. «Ma che diavolo dici?».
«Le hai detto che eri stufo delle ramanzine e che non ti capiva», aggiunse Niall, e le sue parole mi riportarono alla discussione di quattro giorni prima.
«È vero, però non... Aspetta, e voi come lo sapete?», domandai aggrottando le sopracciglia. Non avevo parlato a nessuno del diverbio avuto con Des, men che meno con loro quattro. 
«Eravamo con lei, l'altra sera», spiegò Zayn, «L'abbiamo accompagnata in studio, poi lei è salita e noi siamo rimasti in macchina».
«E al suo ritorno sembrava un tantino furiosa», fece Niall con una lieve smorfia.
Sbuffai. «E vi ha raccontato tutto», dedussi.
Liam arricciò le labbra. «Beh tecnicamente abbiamo immaginato l'accaduto dal suo sbraitare. Non ha smesso fino a quando non siamo arrivati a casa sua».
«Non è mica colpa mia. È normale che mi incavoli se viene a farmi la predica», osservai con ovvietà. 
Liam, Louis, Zayn e Niall per un attimo tacquero. «Harry, dovevi vederla quella sera», prese a dire Zayn.
«Già, non l'avevo mai vista così preoccupata»,
«Lo eravamo tutti».
«Ronnie pensava fossi morto sotto ad un tram».
Piegai leggermente le labbra in un sorriso. «Ma non c'era bisogno di preoccuparsi tanto!», ribattei.
«Il punto è», riprese Louis, «non è stato carino quello che hai detto a Destiny, specie dopo la serataccia che ha passato».
«E io che cosa ne potevo sapere? È arrivata ed ha cominciato a parlarmi di immaturità e responsabilità, come se fosse lei quella adulta. Avrò anche esagerato ma avevo i miei motivi, e non sopporto sia così assillante», spiegai. Non lo sopportavo, davvero. Avevo bisogno dei miei spazi, non potevo certo rendere conto a lei. Avevo altre cose per la testa.
«Destiny? Assillante?», fece Liam incredulo alle mie parole. 
«Ma hai sbattuto la testa o sei diventato deficente di colpo?», aggiunse Louis, le sopracciglia corrugate e l'espressione indagatoria. 
Zayn a quel punto sospirò, prima di parlare con calma. «Beh, fortunato te. Risolverai il tuo problema presto, no? Non sarà più così assillante una volta che si sarà trasferita a New York».
La stanza piombò all'istante nel silenzio. I ragazzi scrutavano me in attesa, che nel frattempo guardavo il moro con le sopracciglia corrugate e l'aria del tutto spaesata. 
«Di che parli?», chiesi allarmato anche se una parte di me, quella intuitiva, non voleva sapere niente. «New York? Non...», abbozzai ma le parole erano smorzate, perché Zayn non sembrava scherzare: anzi aveva un'espressione seria e sincera, così come quelle degli altri. Stettero in silenzio qualche secondo ancora, guardandosi in faccia allarmati, e colsi Louis lanciare un'occhiata di rimprovero al moro. «Cos'è questa storia?», ripetei, esasperato. 
«Crystal sta pensando di andare all'università a New York, e sta cercando di convincere Destiny ad andare con lei», spiegò infine Niall con un sospiro. 
«Che cosa?», feci io, con la voce di un'ottava più acuta rispetto a prima.
«Proprio non sapevi niente?», s'intromise a quel punto Liam.
Scossi la testa lentamente. Nel frattempo cercavo di elaborare quelle informazioni. Destiny era sempre stata un po' incerta riguardo l'università, ma non aveva mai accennato alla possibilità di New York. Almeno non con me. «Destiny non mi ha detto proprio nulla», dissi infine. 
«A noi l'ha detto Crystal. Ma pensavamo che Destiny te ne avesse parlato».
Strinsi le labbra, guardando un punto imprecisato della mia stanza. Destiny di solito mi parlava più o meno di tutto, ma non perché si sentisse obbligata, piuttosto perché per lei ero una sorta di confidente, così com'era lei per me. Perché ci fidavamo uno dell'altra. Quindi, probabilmente, se non me ne aveva parlato era perché non prendeva minimamente in considerazione l'idea. «Magari non le interessa e non ci pensa nemmeno, a trasferirsi. Non me lo avrà detto per questo», dissi, cercando di farmi convinto delle mie parole. 
«Veramente Crys ci ha detto che Destiny ci stava pensando».
«E che ha già ottenuto il permesso da sua madre».
«Che cosa?!»
«Lei però ancora non è del tutto sicura», fece Louis, nel tentativo di rassicurarmi. «Non è ancora detto nulla».
Sospirai: quello per me non era un incoraggiamento valido. «Ma... perché non mi ha detto niente?», quasi mormorai in una smorfia infastidita e, più che altro, delusa. 
«Magari non voleva che la influenzassi nella scelta», ipotizzò Niall. 
Scossi la testa: Destiny sapeva che non l'avrei mai fatto, e che era libera di fare ciò che voleva. Era anche libera di tenermi nascoste certe cose: certo, ma... ci ero rimasto male. Non ero arrabbiato, né irrimediabilmente offeso. Solo non me l'aspettavo. Ero convinto che ci dicessimo tutto, che si fidasse di me; che non si sentisse in dovere di tenere segreti, perché sapeva che io l'avrei ascoltata e capita sempre. O almeno ci avrei di sicuro provato. Come quando Jason se n'era andato, o avevamo deciso di dire ai nostri genitori di noi: l'avevo sempre ascoltata, anche quando ci trovavamo in disaccordo, e lei si fidava di me. Cos'era successo, ora? Cos'avevo fatto di tanto eclatante per farle perdere la fiducia in me, la voglia di parlare?
Forse era solo lei a non volermi far sapere nulla.
«Dovresti parlarle», suggerì ad un tratto Louis, interrompendo i miei pensieri. 
Per tutta risposta gonfiai le guance riempiendole di aria, e sbuffai pesantemente prima di affondare la testa nel cuscino.

charlie's corner.
Salve a tutti coloro che ancora continuano a leggere questa ff c: lo apprezzo molto, davvero. Dunque dunque, in questo capitolo assistiamo ad un colpo di scena, direi. Ma soprattutto, adesso che Harry ha scoperto il problema di New York... cosa accadrà nel prossimo capitolo? Le cose si risolveranno o peggioreranno? Lo scopriremo solo vivendo u.u Vi avverto che siamo ormai a tre capitoli dalla fine, più l'epilogo, quindi quattro in tutto. Sono estremamente contenta di questa cosa (: Grazie ancora a tutti quelli che non ci hanno abbandonate, significa molto, davvero (: un bacio! 
PS. Sto scrivendo una fanfiction a quattro mani con una mia amica, di cui sempre Harry è il protagonista. Mi farebbe davvero piacere se passaste a dare un'occhiata, perché ci tengo davvero moltissimo... e vi assicuro che non è banale (: Si chiama The Game, potete arrivarci cliccando sul banner qui sotto:

 

Le minchiate di Zia Manuela.
Buonciorno care lettrici! (omg, questo saluto fa troppo "Posta del cuore") Inizio dicendovi che comprendo il vostro dolore. Arrivate a questo punto della lettura sarete tutte disperate o come minimo irritate. Questo capitolo segna una svolta essenziale mie belle donzelle! Finalmente Destiny si è sfogata e ha tirato tutto fuori. La tensione nell'aria si sentiva già da un po', non ditemi che non l'avevate avvertita! La situazione di Riccioli D'oro + musica è effettivamente degenerata. Destiny, durante il litigio, è un po' più sobria dei ragazzi che, pur non litigando con Harry, gli presentano la situazione esattamente com'è (e cioè: Harry, minchia, smettila di passare tutto il tuo tempo in uno studio! Hai una ragazza, gnocchissima oltretutto, pensa a portarla fuori, tzè!) Harry nega e pensa che i suoi amici siano impazziti, che la sua ragazza si sia riempita di colla stick e che il padre sia troppo severo, ma penso che qualche allarme sia arrivato anche a lui, a livello inconscio, anche se non lo ammetterebbe mai neanche tra cent'anni!
Io conosco Desy, e lei non è collosa e tanto meno una coglioncella apprensiva che vuole sempre il fidanzatino a fianco (Se fosse smielata, la odiereste tutti, credetemi <3) quindi vi assicuro che per far fare una ramanzina a lei ce ne vuole. (Okay sì, la sto difendendo, sono l'avvocato di Desy, problems bitches?) E poi Booom, la botta finale per Harry! Ebbene sì, donzellette, Destiny sta pensando di andare a New York con Crystal. Nel capitolo scorso ne ha parlato con la madre, ma adesso che esce dalla bocca dei ragazzi fa un effetto diverso, secondo me. Siete curiosi di sapere come finirà? Chi si scusera per primo? Dai, sono aperte le scommesse! Se scommettessi io farei i milioni perché so già come finisce muahahaha (lo so, ve la faccio sempre pesare, sono una ragazza gentile e carina!) Destiny andrà a New York? E che ne sarà del futuro musicale dei One Direction? Stay tuned! xoxo Zia Manuela.

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** consideration. ***



Harry.

Il campanello trillò incessantemente per l'ennesima volta. Stavo detestando con tutto me stesso quel rumore sordo e così irritante, eppure mi costrinsi a premere quel pulsante ancora una volta, determinato a non mollare fino a quando la porta che avevo di fronte non si fosse aperta. Fissai la superficie di legno davanti a me esasperato, mentre con l'indice spingevo nuovamente sul pulsante del campanello. Doveva essere a casa. Per forza.
Improvvisamente – ero già arrivato ad una ventina di tentativi col campanello, probabilmente – la porta fu spalancata con forza.
«Ho sentito, ho sentito per la miseria, non c'è bisogno di...» Destiny si bloccò nel parlare: appariva parecchio infastidita da quelle maniere ben poco galanti, e, non appena appurò che l'indesiderato visitatore ero proprio io, sembrò irritarsi ancor di più, se possibile. «Oh, Harry», disse un tono secco e assolutamente diplomatico, anche se sorpreso, mentre mi squadrava dalla testa ai piedi. «Che fai qui?», domandò poi incrociando le braccia al petto, senza spostarsi di un millimetro dalla soglia.
Ovviamente conosceva già il mio intento, solo che, essendo sadica come pochi, si divertiva nel vedermi mentre mi scusavo, supplicavo perdono e ammettevo di essermi sbagliato.
Anche se, da questo punto di vista, stavolta non sarebbe stato esattamente come lei si aspettava. Il suo atteggiamento, d'altra parte, mi fece irritare e non poco: non solo a scuola trovava ogni maniera possibile ed inimmaginabile per evitarmi, quello era anche il primo pomeriggio “libero” dalla punizione che avevo, e la prima cosa a cui avevo pensato era stata andare a parlare con lei, chiarire – d'altro canto, però, avevo il presentimento che questa nostra discussione non avrebbe portato a niente di troppo buono.
Quindi, il suo atteggiamento m'indisponeva. Di certo non avevo suonato venti volte alla sua porta per ritrovarmi di fronte a quello sguardo di sufficienza, avrei voluto essere per lo meno preso in considerazione.
«Dobbiamo parlare», esordii io seccamente, stando attento a non lasciar trasparire alcuna traccia di debolezza nella mia voce: stavolta non venivo strisciando, non ero qui per scusarmi o chiedere umilmente perdono.
Destiny sollevò un sopracciglio con fare sarcastico. «Ah, ma dici davvero?», disse ironicamente.
Roteai gli occhi al cielo con un breve sospiro. «Mi fai entrare, almeno?», domandai con fare un po' esasperato. Normalmente io ero il primo ad utilizzare il sarcasmo in qualsiasi occasione, ma stavolta ero proprio stufo; era questa la reazione che lei provocava in me – esasperazione.
Destiny non disse nulla, si limitò a stringere le labbra e a scostarsi di poco in modo da farmi passare, per poi chiudere la porta alle sue spalle. «Cos'è, i tuoi sensi di colpa si sono finalmente risvegliati dal letargo? Lo sappiamo tutti che lavorano a scoppio ritardato», scherzò lei, anche se in un tono piatto, facendosi più vicina.
Scrollai le spalle, prima di sospirare. «Perché non mi hai detto che vuoi andartene a New York, Destiny?», sputai di getto, finalmente incrociando i suoi occhi color nocciola, i quali si spalancarono subito per la sorpresa, per poi saettare da una parte all'altra della stanza. L'avevo colta completamente alla sprovvista.
«Io...», cominciò a balbettare, insicura. «Io... Tu come lo sai?», mormorò infine in un tono di voce più basso, mentre tutta la sua sicurezza e spavalderia di prima sembravano scemare lentamente.
«Me l'hanno detto i ragazzi, che l'hanno saputo da Zayn, che a sua volta l'ha saputo da Crystal», affermai con fare duro, mentre lei si mordeva il labbro inferiore nervosamente. «È possibile che fossero tutti a conoscenza di questa cosa, tranne me?», dichiarai infine allargando leggermente le braccia, nella richiesta di una spiegazione. Non ero arrabbiato con lei, né tanto meno pretendevo che mi rendesse partecipe di ogni dettaglio della sua vita, ma questa era una cosa grossa... A dire il vero ero deluso: non direttamente da lei, forse più dal suo istinto, dalla sua fiducia che avevano accuratamente evitato di confidarmi una cosa di tale importanza.
Destiny sospirò, poi fece spallucce. «Non è sicuro niente, per ora. Non so neanch'io cosa ho intenzione di fare... Cosa avrei dovuto dirti, di preciso?», mormorò un po' giù di tono, mentre si lasciava cadere con tutto il suo peso su una delle poltrone del suo salotto.
«Non so, spiegarmi la situazione e basta?», sospirai stancamente. La guardai dall'alto, per poi cominciare a misurare a grandi passi la stanza, anche se con fare estremamente lento. «Non lo so Destiny, davvero. Però avresti potuto dirmi... qualcosa, piuttosto che tenermi all'oscuro di tutto», mormorai ancora con fare angoscioso. Lei fece per parlare, ma io la precedetti. «E con questo non voglio dire che tu non sia libera di non dirmi le cose, però, non so, io pensavo che ci dicessimo tutto, ecco. Quello che vorrei capire è... perché?», dissi infine dopo aver preso un bel respiro, e puntai gli occhi nei suoi mentre arrestavo il mio andare avanti e indietro per la sala.
Lei sospirò. «Io non lo so, è che... può sembrare parecchio stupido, però non volevo che influenzassi in qualche modo la mia scelta, ecco. Volevo dirtelo solo a decisione presa».
A quelle parole rimasi in silenzio per qualche istante. «Quindi pensavi che ti avrei influenzato?», ripetei, e stavolta non sapevo se continuare ad essere angosciato o arrabbiato. «Ma lo sapevi che non l'avrei fatto. Lo sapevi che non mi sarei mai permesso d'intromettermi in una scelta del genere, perché è una cosa tua, tua e basta», sospirai pesantemente, prima di far passare una mano tra i miei folti capelli ricci. «Perché non ti sei fidata di me, Destiny?».
Quest'ultima scosse la testa. «Non lo so», biascicò a testa bassa.
«E mi conosci poi, per la miseria. Lo sai che sarei stato contento per te, se avessi deciso di partire! Mi credevi così egoista?», sbottai. Non potevo credere che avesse così poca fiducia ed una così bassa considerazione di me. Considerazione, ecco di cosa si trattava. Non mi sentivo considerato, perché sembrava che chiunque altro venisse prima di me.
«Stronzate», Destiny fece una sorta di smorfia e poi strinse le labbra. «E poi andiamo Harry, quando avrei dovuto dirtelo? Non ci sei mai, e quando ci sei sei distratto, oppure al telefono. Pretendi davvero che io condivida la mia vita con te anche se tu non fai lo stesso? Forse non te ne sei accorto, ma non esisti solo tu. E se hai qualcos'altro da fare non puoi mettere la vita degli altri in standby, poi tornare e pretendere che nulla sia cambiato. Beh, mi dispiace per te, ma la notizia dell'ultim'ora è che le cose non capitano solo a te: la vita va avanti per tutti, con o senza di te».
Se io ero ancora indeciso sullo stato d'animo da assumere in quella conversazione, Destiny adesso era senza dubbio arrabbiata. Poche parole in particolare mi colpirono del suo discorso, ma erano senza dubbio significative – forse anche fin troppo.
Con o senza di te.
«Andiamo Des, non ti nascondere dietro scuse inutili», ribattei prontamente. «Se avessi voluto dirmelo l'avresti fatto e basta, la verità è che non volevi proprio», dissi convinto, e in questo non la trovai per nulla sul punto di ribattere.
Lei annuì lentamente. «Certo che non volevo dirtelo... andiamo, non saresti mai stato davvero imparziale di fronte ad una scelta del genere», fece lei, più che sicura. Troppo, per i miei gusti.
E soprattutto, come faceva ad essere così convinta del fatto che l'avrei influenzata nella scelta? Era una cosa che solo un vigliacco avrebbe fatto.
«Non è vero, Des. Non mi sarei mai permesso d'intromettermi perché si trattava del tuo futuro, perché non mi riguarda. Che c'entro io?».
«E così ti starebbe bene se ci lasciassimo perché io andassi a studiare a New York? Accetteresti la cosa senza replicare?».
«E perché mai dovremmo lasciarci?».
«Perché è così che va! Saremmo a chilometri di distanza e non ci vedremmo per mesi... pensi che potrebbe funzionare?».
«Perché no?», replicai a mia volta, sollevando le spalle.
«Perché ti conosco, Harry. E tu conosci me. E non siamo proprio il tipo di persone che riuscirebbero a vivere in una relazione a distanza», spiegò lei, esasperata.
Rimasi qualche istante in silenzio. Non l'avevo mai vista in quel modo, non pensavo che lei si ponesse quel problema come principale. Non pensavo che tutto si riducesse ad una scelta tra me e New York.
Me o New York.
Sbattei le palpebre più di una volta.
All'improvviso ogni cosa sembrò più chiara, tutti i grovigli e gli arrovellamenti mentali che il mio cervello aveva fabbricato nelle ultime ore si sciolsero in un attimo, come grazie allo schiocco delle dita di un mago. Lentamente cominciavo a comprendere questi ultimi avvenimenti e, nonostante questa mia consapevolezza non mi rincuorasse per nulla, fui comunque grato a quella divinità celeste che aveva appena deciso di schiarirmi le idee.
Mi morsi leggermente il labbro inferiore mentre attraversavo la stanza con calma, fino a giungere alla poltrona di Destiny; poi mi sedetti sul bracciolo. Mi voltai di poco in modo da guardarla dall'alto, stavolta con un fare quasi più comprensivo.
«È per questo che non me l'hai detto, non è vero?», mormorai, abbandonando stavolta però qualunque traccia di accusa. «È perché la scelta sarebbe tra New York e me, non è vero?», dissi in un tono di voce più basso di un'ottava.
Destiny scosse lievemente la testa. «No... cioè, forse. C'entri anche tu, Harry, forse per la maggior parte. Il fatto è che non è una scelta che mi piace».
Sospirai. «Tu lo sai che non c'è nessuna scelta, vero? Che è ridicolo pensare a me quando c'è in ballo il tuo futuro?».
Anche lei sospirò. «Lo so benissimo, Harry. Solo che... non è così facile», ammise, appoggiando la testa alla mia gamba.
«Non sei obbligata a scegliere, lo sai no? Potremmo stare comunque insieme, te l'ho detto. Non dico che sarà facile, né che sarà tanto piacevole, ma sono sicuro che ne varrà la pena», affermai, accarezzandole delicatamente i capelli.
Era incredibile come passassimo da un estremo ad un altro, da litigare a quasi abbracciarci. Eravamo strani e lunatici, ma eravamo sempre stati così l'uno con l'altra, e francamente a me andava benissimo così.
«Hai detto bene Harry, sarà difficile...»
«Difficile, ma non impossibile, giusto? Ehi, noi abbiamo affrontato l'ira di mio padre e di metà dei professori della nostra scuola, cosa vuoi che siano qualche chilometro di distanza? E poi per quell'ora io sarò già diventato una superstar internazionale e potrò venire a trovarti praticamente ogni giorno con il mio jet privato», scherzai, riuscendo nell'intento di farla ridere.
«E poi non è ancora detto che io ci vada davvero. Ci sono altri fattori che devo prendere in considerazione e tu, riccioli d'oro, non sei il centro del mondo», fece poi, stavolta però con un tono abbastanza scherzoso.
«Ah no?», domandai aggrottando le sopracciglia ironicamente facendola ridacchiare, poi sollevai le spalle e tornai serio. «Des, per l'altra sera... mi dispiace», aggiunsi piano, e lei sollevò lo sguardo per incrociare il mio. «Ho esagerato, e non avrei dovuto dirti quelle cose. Non le pensavo davvero», conclusi.
Lei annuì. «Non fa niente. D'altronde anch'io ho esagerato. E avrei dovuto parlarti di New York, è giusto», continuò.
Sorrisi di rimando. «Stiamo diventando più bravi, con le scuse», osservai divertito. Per due persone ostinate ed orgogliose come noi dire “mi dispiace” era un vero e proprio strazio, nonché un'umiliazione. Ma da quando stavamo insieme eravamo migliorati nettamente, ed era merito di entrambi e soprattutto dei nostri caratteracci, che più e più volte ci trascinavano in condizioni in cui solo dire “mi dispiace” poteva salvare la situazione.
«Sì, ma per me è sempre una pena fisica e psicologica, quindi facciamo in modo di evitare ulteriori scuse, magari cercando di non litigare più, okay?», scherzò Destiny.
«Sono perfettamente d'accordo», annuii io, prima di chinarmi a sfiorarle le labbra con le mie.


charlie's corner.
salve (: scusate se ho postato il capitolo un po' in ritardo ma ho avuto un po' da fare! Per tutti quelli che ancora seguono questa ff, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che siate contenti della riappacificazione dei derry. Vi annuncio adesso che mancano due capitoli alla fine! Più l'epilogo, quindi in tutto tre e poi... hasta la vista! Questa fan fiction sarà finita per sempre e il mio cuore si spezzerà definitivamente Ohibò, non è ancora arrivato il momento degli addii! 

Per le domande qui ci sono il mio twitter e il mio ask. Un bacio! Al prossimo capitolo (:
Questa è l'altra ff che sto scrivendo a quattro mani con una mia amica che è davvero bravissima, passate se volete:



 

Le Minchiate di Zia Manuela.
Heeeello mie care nipotine!Ecco arrivato il capitolo nuovo, che ne pensate? I piccioncini alla fine si sono riappacificati. Arghh, vorrei tanto spoilerarvi qualcosa ma non posso proprio. La grande notizia è che mancano veramente pochi capitoli alla fine, e voi potete prenderla in due modi. 1° modo "OH MIO DIO, FINISCE LUCKY, NOOOOOOO, CHE NE SARà DELLA MIA CAZZO DI VITA ADESSO!!!" 2° Modo "finalmente saprò cosa succede alla fine, trallàllà! Se il finale della storia non mi piace vado a sgozzare Carla e Manuela nel sonno, yuhu!" (Poi fatemi sapere in quale delle due reazioni vi ritrovate di più, io nella prima to be honest, perché rileggere questa storia trascritta dalle abilissime mani di Carla mi stava piacendo tantissimo) <-- OHMIODIO QUESTA PARENTESI è LUNGHISSIMA! ok. torniamo a noi. Dicevo, questa Fan Fiction ha quasi un anno e prima o poi doveva finire! Ma non fasciamoci la testa prima di romperla, come dice sempre la mia mamma, perché il futuro ci riserva ancora qualche sorpresa! Chissà se la fiducia tra i nostri ragazzi è tornata! Solo il tempo potrà... no, stronzate, solo Carla potrà dircelo! LOL sì, cioè, potrei anch'io, ma non lo faccio perché in quel caso sarei una stronza spoilerona (ho coniato un nuovo termine) quindi non si può. A meno che una di voi non voglia provare a ricattarmi con una mazzetta sostanziosa, in quel caso potrei pensarci (se volete contattarmi per il ricatto, sono @stormbborn su twitter) Ok facciamo finta di niente <3<3 Amabile Carla, sappi che sto scherzando! Bene, ma quanto sono inutili queste note? Tanto! Ma come ben sapete scrivo di getto e non per niente la mia rubrica contiene nel titolo la parola "Minchiate". Eh già, vi mancherò da morire quando la FF sarà finita, dite la verità. Va beh, Addio! xoxo Zia Manuela.

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** everything flows. ***




 

 

Destiny.

Se c'è una cosa che ho sempre odiato, più della gente che straparla, più della mensa della scuola che serve cibo per cani, quella è il tempo. Il tempo è un inganno, è truffatore: quando pensi di averne ancora abbastanza a disposizione, di poterlo governare, ecco che comincia a scorrere ad una velocità supersonica senza neanche darti l'occasione di accorgertene, di fare qualcosa.

Odio il tempo che scorre. Non c'è mai stato un attimo che non abbia desiderato che si fermasse per sempre, perché, fondalmentalmente, il futuro mi spaventa. Il futuro ci spaventa tutti. Perché mai, se il presente è perfetto così com'è, dovremmo voler cambiare le cose? Mio padre dice che non importa quello che pensiamo noi, tanto tutto cambia, si evolve, tutto scorre. Ed è così che la vita ci scivola via dalle mani come una saponetta, proprio nel momento in cui pensiamo di averla in pugno per bene – ecco, magari la metafora non è delle migliori, ma rendo l'idea, no?
Odio il tempo perché, spesso e volentieri, non fa altro che portare catastrofi. Specie quando scorre tanto in fretta, quando ogni cosa è troppo perfetta perché rimanga tale per sempre. Perché il tempo distrugge tutto ciò che c'è di bello e armonioso e infinito. Distrugge chi è felice.
Quell'anno il tempo mi aveva messa a dura prova. Tra lezioni, esami, test universitari e robe varie non avevo neanche avuto modo di accorgermi che tutto stesse passando troppo velocemente e, cosa peggiore, non avevo fatto caso al fatto che, ora come ora, il tempo stesse scandendo a dovere quello che mi era rimasto del liceo. Ogni tanto mi capitava di avere un attimo libero in cui pensare: E dopo, che farò?
Credetemi, chi diceva che il tempo porta consiglio non era altro che un bugiardo colossale. Perché più andavo avanti e più mi accorgevo di essere ad un bivio irrisolvibile, che non si sarebbe “risolto” con il tempo, né si sarebbe fatto più chiaro: l'unica maniera che avevo per superarlo era prendere una decisione, di quelle drastiche e definitive. Ma cosa scegliere? La lotta non era solo tra Los Angeles e New York, ma tra la sicurezza ed un punto interrogativo: perché, se da un lato sapevo esattamente come avrei condotto la mia vita restando a LA per l'università, dall'altro New York apriva numerosi varchi inesplorati, non era altro che un gigantesco mistero, e mistero era anche come diavolo avrei fatto a mantenermi in contatto con la mia vita presente, che non avevo alcuna intenzione di abbandonare. Ma era qualcosa di affascinante, un punto interrogativo che non avevo ancora voglia di archiviare totalmente.
E sebbene la fine dell'anno scolastico fosse ormai alle porte, avevo deciso di accantonare questo dilemma, almeno fino agli esami. Intanto – giusto per mandarmi ancora più in confusione – ero stata ammessa ad entrambe le università, il che significava che non avrei avuto alcun problema, qualunque fosse stata la mia scelta; da un lato avevo sperato che una delle due non mi accettasse, ma evidentemente il fato, la divina provvidenza, le tre parche o chiunque altro ce l'avevano con me.
Nel frattempo la mia vita non era cambiata granché. Forse in questo periodo studiavo un po' di più in vista degli esami, ma niente di troppo sconvolgente. L'unico aspetto irritante era essere costretta a studiare da sola, cosa alla quale non ero più abituata già da un po'; ma Harry era troppo occupato.
Già, Harry. A stento riuscivo a vederlo in classe ormai. Non che i nostri incontri extra-scolastici fossero di grande successo, dopo tutto. In un modo o nell'altro finivamo sempre per litigare, gridarci cose in faccia e sbattere le porte; non era proprio un bel periodo. Io ero stressata di mio, e il suo atteggiamento strafottente non aiutava per nulla. Per di più non sopportavo il fatto che, da quando aveva cominciato questa cosa con i ragazzi, la sua autostima, già abbastanza alta di per sé, avesse raggiunto le picche dell'impossibile, arrivando a renderlo il più delle volte arrogante. Ecco perché litigavamo. Perché io non sopportavo questa sua arroganza e presunzione, ed il suo essere tanto infantile, mentre lui non sopportava che gli facessi notare questi nuovi aspetti del suo carattere. Il nuovo Harry mi snervava.
E sebbene finissimo sempre per far pace e ritornare come prima, sentivo di non poter reggere più quella situazione per molto a lungo, perché, se lui aveva tante belle distrazioni tra la band e la musica, la mia unica distrazione al momento era lo studio, che di certo non mi faceva rilassare né mi metteva di buon umore.
Dei problemi con Harry non avevo parlato con nessuno, perché detestavo che mi si dessero consigli su questo genere di cose; ma più o meno tutti si erano accorti che c'era qualcosa che non andava, e, più lo negavo, più sembravo ridicola ai miei occhi e a quelli di Crystal e di mia madre, che continuavano a punzecchiarmi perché aprissi il becco.
Mi sentivo come una palla pazza sballottata da una parte all'altra, come una bibita in lattina pronta ad esplodere: ero un vaso che rischiava di traboccare con un'altra goccia, un'ultima, estenuante goccia che avrebbe rovinato tutto.
E poi io ed Harry avevamo litigato. Era stata una discussione come le altre, altrettanto stupida, altrettanto monotona: eppure c'era qualcosa di diverso. C'era che eravamo entrambi stanchi, sfiniti da quella estenuante situazione, stremati da tutto. E non c'era nulla che potessimo fare per cambiare le cose, perché erano mesi che provavamo, con tentativi vani purtroppo.
Alla fine avevamo fatto pace, come tutte le volte: come sempre, quando non avevamo nient'altro da dirci, bastava uno “scusa” poco convinto ed ogni cosa sembrava tornare al proprio posto. Sembrava, appunto.
«Harry?» mormorai nell'oscurità mentre aprivo la porta di casa mia e mi guardavo intorno, con aria quasi furtiva. Le luci erano tutte spente, e lui non c'era.
Perché alla fine ci eravamo convinti che in quel modo non saremmo potuti più andare avanti, che avevamo bisogno di parlare: che dovevamo risolvere, una volta per tutte, tutti i problemi che si erano creati tra noi due, perché non era più come una volta. Perché stare insieme era diventato addirittura complicato, quando in principio ci era sembrata la cosa più semplice e naturale del mondo.
E quindi avevamo progettato una cena solamente per noi due. Nessun ristorante, nessuna formalità: casa mia era il luogo perfetto, e mi sarei accontentata anche di uno squallido cinese purché alla fine di quel pasto ne fossimo usciti entrambi con la mente più chiara e il cuore più leggero. Non avevo preparato un discorso, ma ci avevo pensato parecchio negli ultimi giorni e sapevo già che cosa avrei voluto dirgli: ciononostante, per qualche strana ragione ero anche un po' agitata.
Mi guardai intorno più volte dopo aver acceso le luci, ma di Harry nessuna traccia. Gli avevo dato una copia delle chiavi del mio appartamento perché ero certa che sarebbe arrivato per primo con la cena, ma evidentemente doveva aver avuto qualche contrattempo. Controllai il cellulare: non aveva mandato nessun messaggio, tuttavia non era in estremo ritardo.
Nel frattempo pensai di apparecchiare la tavola e riordinare un po' in giro, visto che come al solito in casa mia c'era sempre qualcosa da mettere a posto.
Quando finii con la tavola, rimasi per almeno dieci minuti buoni ferma a controllare l'orologio e a piccchiettare con il piede per terra; ero nervosa, eppure non ce n'era motivo: era solo Harry. Solo Harry. Nessuna difficoltà, nessun problema, eravamo io e lui e tutto sarebbe andato come sempre. E non dovevo assolutamente dar ascolto a quei miei stupidi presentimenti catastrofici, perché io e lui non potevamo finire così. Perché avevamo costruito qualcosa, e se le cose fossero andate nella maniera sbagliata no me lo sarei perdonato.
Sbuffai pesantemente, e mi andai a sedere sul divano, senza però appoggiarmi alla spalliera o rilassarmi troppo, con le mani sulle ginocchia, in una posizione del tutto tesa e innaturale. Mi chiedevo dove fosse quel riccio ritardatario. Come diavolo faceva ad essere in ritardo anche in una serata come quella? Scossi la testa ed emisi un lieve sospiro, che si trasformò in un piccolo sorriso di rassegnazione: era tipico di Harry.
Sarebbe arrivato, pensai. Era solamente in ritardo, ci teneva anche lui. Sarebbe tornato tutto come prima. Come quando facevamo scherzi alle cheerleaders, mi dava lezioni di batteria e scrivevamo canzoni insieme. Sarebbe stato lo stesso.

«Do you hear me, I'm talking to you, across the water, across the... sky?» il riccio smise di suonare di colpo, bloccando le proprie dita sulle corde della chitarra.
Scossi la testa, con un sorriso. «Direi che non ci sta. Che ne dici di “across the ocean”?» proposi, prima di infilare in bocca una caramella Haribo. Ero comodamente sdraiata a pancia in giù sul letto di Harry, puntellandomi con i gomiti, e lo osservavo suonare attenta ad ogni suo movimento, quasi come se dovessi esaminarlo, ma con un'espressione estremamente serena addosso.
Il ragazzo trattenne il plettro tra le labbra, impegnato ad appuntare qualcosa sullo spartito che aveva di fronte, poi riprese a suonare e a cantare.
«Across the water, across the deep blue ocean» canticchiò, aggiungendo al mio suggerimento quei due aggettivi che aiutavano a scandire meglio i tempi della canzone. Sorrisi, dondolando le gambe per aria. «...under the open sky. Oh my, baby I'm trying» aggiunse in fine, e sollevò poi lo sguardo verso di me, rivolgendomi un enorme sorriso.
«Mi piace!» affermai sicura, battendo per qualche istante le mani, entusiasta. «Boy I hear you in my dreams» presi a canticchiare la mia strofa, che avevamo già completato, mentre lui tornava a pizzicare le corde della Gibson. «I feel you whisper across the sea, keep you with me in my heart. You make it easier when life gets hard» cantai, incrociando il suo sguardo e sorridendogli.
«Lucky I'm in love with my best friend» cominciammo inseme, mentre le nostre voci si combinavano in una perfetta armonia, «Lucky to have been where I have been, lucky to be coming home again».
Allargai un enorme sorriso, e lui fece altrettanto. «Sta venendo bene» commentai. Per essere la prima canzone che scrivevamo insieme, era venuto fuori un capolavoro. Il riccio annuì, scribacchiando qualcos'altro, mentre addentava l'ennesima caramella di quel pomeriggio.
«Se riusciamo a migliorarla, potresti anche cantarla con i ragazzi» assunsi un'aria pensieroso.
Lui scosse immediatamente la testa, senza pensarci troppo. «Non se ne parla» affermò tranquillo, tamburellando con le mani sulla chitarra. «Questa la canto solo con te».
Scoppiai a ridere. «Andiamo, non mi offendo mica. Niall potrebbe fare la mia parte» scherzai con fare sarcastico, e lui rise.
«E dai. Ce li vedi quei quattro balordi a cantare questa cosa? E poi no, è mia e tua, è una questione di principio».
Roteai gli occhi al cielo: sapevo che era inutile mettersi a discutere con lui e tutte le sue “questioni di principio”.
«D'accordo, come dice lei, grande cantautore di fama internazionale» lo presi in giro lanciandogli una caramella addosso, ma che lui riuscì prontamente ad intercettare e prendere con la bocca. Lo guardai mentre masticava, soddisfatto della sua mossa.
«Sei totalmente pazzo»; lui rise.

Quel ricordo, che aveva appena attraversato la mia mente con la rapidità di un treno in corsa, sembrava appartenere ad una vita fa. Sembrava che fossi finita di colpo in una macchina del tempo e fossi stata trasportata anni luce da dove mi trovavo prima. Da dove volevo stare.
Erano le dieci e mezza. Harry, ormai, non sarebbe più venuto. Lo aspettavo da due ore.
Se n'era dimenticato.
Si era dimenticato della cena, così come si era dimenticato di me, come si era dimenticato di noi. D'altronde non cambiava poi tanto, no? Era solo una minuscola goccia nel mare che ormai si era creato tra noi due.
L'unica differenza stava nel fatto che stavolta ero io a cercare di parlare con lui, ma lui non mi sentiva: avevo provato e riprovato, mi ero sfiancata, ero esausta.
Davvero valeva la pena di soffrire così? Davvero non c'era modo di stare meglio?
Improvvisamente fui investita da una nuova, seppur triste consapevolezza: io non volevo più andare avanti così. Non l'avevo mai voluto, e sin dall'inizio avevo provato astio nei confronti di quella situazione, eppure avevo cercato di tenere duro in nome dell'amore che provavo per Harry. La mia rivelazione stava nell'essere adesso pienamente consapevole di essere sola, e di preferire la solitudine a quella situazione improponibile per chiunque. Nonostante l'amore, nonostante tutto.
Era semplicemente finita.

charlie's corner.
...
Scusate. Scusate perché avevo promesso che sarei arrivata presto e invece vi ho fatto aspettare... oltre due mesi. So che è una cosa assolutamente improponibile e assurda, e che ovviamente nessuno seguirà/leggerà più questa fanfiction, ma per chiunque continuasse a farlo, anche solo in silenzio: ho una buona notizia - beh, dipende da come la vedete. Ho finito la storia :) io sono contentissima perchè è la prima cosa che riesco davvero a portare a termine e, anche se non sono completamente fiera di com'è uscita in totale la storia, sono contenta di averla portata a termine. È stata la mia prima, vera esperienza su EFP e sono stata davvero sbalordita dal successo che ha avuto. Sono andata a periodi, certo... ma è così che vanno le storie lunghe come questa. Se per caso vi va di leggere qualcos'altro di mio, il mio account personale è questo: charliesstrawberry. Mi farebbe davvero piacere se passaste!
Spero che ancora ci sia qualcuno a leggere questi ultimissimi capitoli :) Il prossimo è davvero cruciale, e direi anche l'ultimo! Poi ci sarà l'epilogo. Vi lascio alle note della Manu <3
Carla xx



Le Minchiate di Zia Manuela.
Aloha bitches! Quanto vi sono mancata da uno a infinito? Non sentitevi in obbligo di rispondere, tanto lo so che è inquantificabile. Comuuunque non sono qua unicamente per gonfiare il mio ego, ed esordisco dicendovi che parte del ritardo di questo capitolo è colpa mia! Dovete sapere che Carla è sempre tanto carina e aspetta le mie note con pazienza, solo che in questo periodo ci sono passate di mezzo millemila verifiche, più dei viaggi all'estero da parte di entrambe eee insomma... mea culpa.
Ma scommetto che arrivate a questo punto starete singhiozzando disperate e del ritardo non ve ne importerà una beata minchia (sempre per essere fini). Vi avevo detto che questo momento sarebbe arrivato! (okay, non chiaramente ma ho provato a seminarvi degli indizi!) quindi adesso soffiatevi il naso smettetela di strapparvi i capelli. Zia Manuela vi manda un mega abbraccio virtuale solo per voi, e sappiate che io sono molto tirchia nei gesti affettuosi quindi SENTITEVI ONORATE! Detto questo, care nipotine, questo capitolo è stata una sofferenza pure per noi, credetemi. Sia ruolarlo che leggerlo. Il Flash Back poi è proprio da "OH MIO DIO AVETE AMMAZZATO I DERRY ERANO COSì CARINI OMG MORITE MALISSIMO VI ODIO!" Vorrei dirvi qualcosa per farvi stare più allegre, ma come al solito devo trattanermi *arghhh* Comunque non è ancora finita qui, e tutto può succedere!
Godetevi questi ultimi capitoli che, come al solito, sono scritti benissimo! XOXO - Zia Manuela.

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** that was it. ***



 

 


Harry.

«Ragazzi... RAGAZZI! Un attimo di silenzio, o impazzirò» sbraitò Oliver, seriamente infastidito dalla nostra poca disciplina. E in effetti erano più o meno dieci minuti che ci dilettavamo nella sofisticata arte della lotta libera sul divano: ero esattamene sopra Zayn, con il ginocchio di Niall conficcato contro il fianco, quando fummo richiamati alla disciplina e fui costretto a scivolare via da quella marmaglia, per poi accomodarmi su un bracciolo del divano.

«Coglione» borbottai scherzosamente verso Niall, sotto lo sguardo severo di Oliver.
«Non so proprio come farò con voi cinque. Datevi una calmata o tutto questo ve lo scordate» ci rimproverò, ma potevo vedere dal suo sguardo che era ben lontano dall'essere arrabbiato: certo, il suo voleva essere comunque un ammonimento serio, ma non c'era traccia di collera né di esasperazione nel suo volto; al contrario, sembrava quasi divertito dalla scena alla quale aveva appena assistito.
«Non lo facciamo più» fece Louis, in un tono alquanto sarcastico.
«Bene. Direi che per questa sera abbiamo finito ragazzi, ci vediamo domani. Devo sbrigarmi o mia moglie mi fucilerà se non arrivo in tempo per la cena».
Gli altri risero, e anch'io per un istante, fino a quando non fui catturato da una parola in particolare: cena.
«Niall, che giorno è oggi?» borbottai a mezza voce, con lo sguardo fisso nel vuoto.
«È venerdì, perché?».
«Merda».
«Avevi da fare qualcosa in partico...»
«Buona serata!» gridai, ed ero già in corridoio ad infilarmi la giacca, conscio di aver lasciato un povero Niall stordito in studio. Ma al momento era l'ultimo dei miei pensieri.
Merda. Merda. Merda. Era venerdì sera e io avevo in programma una cena di una certa importanza con Destiny. E me n'ero dimenticato. Sbraitai tra me e me mentre premevo il piede contro l'acceleratore. Come avevo fatto ad essere così coglione? Avrei voluto prendermi a schiaffi. Probabilmente adesso Destiny mi stava aspettando nel suo appartamento, ed io ero in ritardo – controllai rapidamente l'orologio al polso – di quasi due ore. QUASI DUE ORE.
Imprecai, per l'ennesima volta in quella serata: appena dieci minuti dopo giunsi al complesso in cui abitava Destiny, con la cena in mano – sebbene ormai non servisse più a nulla – ed il fiatone, nonostante non avessi corso poi molto.
Ero certo che stavolta Destiny mi avrebbe sgozzato. O peggio, avrebbe smesso di parlarmi.
Una volta arrivato sul pianerottolo non mi preoccupai neanche di suonare: aprii con le chiavi che mi aveva dato precedentemente e la ritrovai lì davanti a me, seduta sul divano, con un'espressione indecifrabile addosso.
«Mi dispiace» fu l'unica cosa che riuscii a pronunciare. Ero a corto di parole perché, effettivamente, non avrei avuto niente da dire, a parte ribadire il concetto che ero stato un coglione patentato.
E sicuramente lei su questo punto era d'accordo con me. Si limitò a guardarmi fredda, con fare quasi disinteressato: «Puoi anche andartene» fece calma, e nello stesso istante avvertii una morsa allo stomaco. Il suo tono calmo e pacato, dovevo ammetterlo, mi spaventava. Di solito era arrabbiata o triste, ma questa volta sembrava quasi indifferente, o meglio... rassegnata; come se non avesse più voglia di parlare o di vedermi.
Sospirai e, posate le chiavi e la cena sul tavolo che avevo accanto, feci qualche passo verso di lei, cauto. «Des, andiamo, mi dispiace» dissi sinceramente «Non volevo. Me lo sono completamente tolto dalla testa». Probabilmente in una situazione differente mi sarei dato dell'idiota: avrei benissimo potuto inventare che c'era stato un traffico stratosferico per strada, ma sapevo che sarebbe stato inutile. E questo non solo per le numerose chiamate senza risposta sul mio cellulare, ma anche perché sentivo che, arrivato a questo punto, una bugia non avrebbe certo cambiato lo stato delle cose – e quindi era di gran lunga preferibile essere sinceri.
«Bene. Togliti dalla testa anche me, allora. Ciao Harry».
Era arrabbiata, riuscivo a leggerglielo negli occhi: eppure tentava di mascherare tutto con l'indifferenza perché – lo vedevo nel suo sguardo, nelle sue smorfie, in tutto – era stanca di litigare.
«Destiny, non l'ho fatto apposta» cercai di farla ragionare «Lo sai che non era mia intenzione... Questa sera era importante».
A queste parole Destiny mi guardò con fare scettico, le braccia incrociate al petto: rise nervosamente, per poi sollevare le spalle. «Appunto perché era importante non avresti dovuto farmi anche questa, Harry».
Sospirai. Sapevo di essere nel torto, sapevo di essere un deficiente di prima categoria e di averla ferita, ciononostante non me ne sarei certo andato via senza prima aver provato a farla ragionare. Senza aver provato a sistemare le cose dopo averle mandate all'aria. «Hai ragione, scusami» mormorai abbassando leggermente lo sguardo.
«Lasciami in pace, ti prego» fu la sua risposta.
«Non voglio» scossi la testa testardamente, e mi andai a sedere sul divano accanto a lei, guardandola. «Possiamo parlarne, per favore?» chiesi, cercando di mantenere un tono calmo.
In quel momento Destiny si voltò verso di me, e rimasi di stucco per qualche istante, osservando le sue iridi color cioccolato che mi fissavano a loro volta dietro un sottile velo di lacrime. Sbattei le palpebre, incredulo, cercando di accertarmi che ciò fosse vero: non avevo mai visto Destiny piangere. Mai. In un anno e mezzo che stavamo insieme non era capitato neanche una volta, né quando Jason se n'era andato, né durante i nostri litigi, né in nessun'altra occasione. Mi aveva confessato che detestava che la gente la vedesse piangere perciò, se proprio ciò era necessario, lo faceva quand'era certa di essere sola. E invece ora aveva gli occhi lucidi di fronte a me, stava per piangere per colpa mia.
«Ma non so più che dirti» disse sinceramente, sollevando le spalle. «Tutto questo mi sta esasperando, non ce la faccio più. Sono stanca di parlarne e di litigare».
«Possiamo semplicemente fare pace?» proposi, forse un po' scioccamente, perché sapevo già che la risposta sarebbe stata un freddo e secco no. «Non volevo che andasse così, questa sera sarebbe dovuta servire a sistemare le cose. E lo so che è colpa mia, ma non l'ho fatto di proposito».
Destiny esitò. Poi tornò a guardarmi, con un tono quasi di sfida. «Se ti avessero chiesto di rimanere qualche ora in più, pur sapendo perfettamente che stasera avresti dovuto cenare con me, saresti rimasto» fece secca, e la sua non era una domanda o una supposizione, ma un'affermazione chiara e sicura, e questo più di tutto mi colpì. Feci per replicare, ma lei riprese: «Non ti rendi conto che è solo una delle tante volte in cui mi hai delusa, Harry. E ne sono stanca».
Sbuffai, roteando gli occhi al cielo. «Non capisco perché continui a sostenere che io ti ponga in secondo piano. Vuoi capire che non è vero? Se solo... Se solo me ne fossi ricordato, avrei passato tutto il pomeriggio a cercare di rendere questa serata speciale».
«Lo dico perché è la verità! E vorrei riuscire ad abituarmi al fatto che continui a darmi buca per impegni di lavoro, al fatto che ci vediamo pochissimo e quando lo facciamo litighiamo, ma non ci riesco. Lo so che fai di tutto, ma evidentemente non è abbastanza». Destiny sollevò le spalle, con fare sincero. Sospirai, e quel sospiro era quello di una persona stanca e afflitta. Le sue parole erano come l'aria ghiacciata: quella che si trova in montagna, che ti penetra dentro, nei polmoni, e la senti bruciare e consumarti fino all'anima.
«Credi che a me piaccia?» dissi semplicemente, guardandola «Credi che mi faccia piacere litigare con te o non vederti mai? No. Lo odio Destiny, ma non è vero che ti metto in secondo piano. Sono solo più occupato in questo periodo, perché non riesci a capirlo? Non ti va giù l'idea che possa avere dell'altro da fare? Sto... Sto cercando di conciliare i miei impegni con te, vuoi davvero farmene una colpa se qualche volta fallisco?».
A quelle parole il volto di Destiny, fino ad ora calmo, anche se rassegnato e stanco, assunse una nuova colorazione. Adesso, sì, era arrabbiata.
«Certo, hai ragione, pretendo troppo e sono decisamente troppo esigente!» esclamò ridendo sarcasticamente, con una punta di cattiveria nella voce. «Scusami, davvero, perdonami! Sai, io do per scontato che in una relazione il mio ragazzo si ricordi della mia esistenza, ma è colpa mia. È tutta quanta colpa mia!» ribattè alzandosi dal divano ed osservandomi dall'alto. «Ma sai cosa, Harry? Va bene! Ho realizzato solo adesso di essere un peso per te, del fatto che stai facendo tutto il possibile per stare con me ma io sono cattiva e ingrata, e sono decisamente di troppo. Non ti devi più preoccupare, da oggi puoi stare tranquillo: non dovrai più cercare di conciliare niente perché ora sei solo tu e il tuo lavoro».
A quelle parole mi alzai anch'io dal divano, per fronteggiarla: odiavo litigare con lei ma era necessario, e di certo non l'avrei lasciata sbraitare da sola; no, io non ero il tipo che non si difendeva pur di non litigare. E forse questo era uno dei motivi per cui litigavamo così spesso, avendo due caratteri così simili ed essendo entrambi testardi e orgogliosi...
«Perché devi metterti a sparare cazzate, Destiny?» commentai con uno sbuffo, tirando la testa all'indietro, visibilmente stanco di tutto quel dramma. «Lo sai benissimo che sei importante per me. Mi sto solo concentrando anche su un'altra cosa al momento, scusami tanto se cerco di realizzare una cosa a cui tengo! Non avevo realizzato che per te “relazione” significasse che ti devo stare appiccicato ventiquattr'ore al giorno» sbottai acidamente, guardandola negli occhi. L'amavo, ma non riuscivo più a reggere quella sua testardaggine. Scossi la testa, amareggiato. «Sai che cosa non sopporto? Che non ti importa niente. Ruota sempre tutto intorno a te, non ti interessa quello che faccio né cerchi di capirmi, vedi tutto dalla tua prospettiva». Se solo avesse avuto idea! Io ci stavo provando veramente, a far funzionare quella relazione che adesso sembrava più complessa del cubo di Rubik, ma tutto ciò che lei riusciva a fare era sedersi lì e lamentarsi tutto. Perché sei in ritardo, perché non ci sei, perché te ne sei dimenticato... Ero umano, per diamine!
«Ci ho provato a capirti, più di una volta. Ma sai, è difficile poter comprendere il punto di vista di qualcuno che non c'è mai, e che quando ti parla lo fa solo per urlarti contro» sbottò Destiny, incrociando le braccia al petto. «Parli come se io fossi il tuo impedimento maggiore, come se non potessi realizzare i tuoi sogni per colpa mia, quando io ti chiedo solo di stare con me una volta ogni tanto, di telefonarmi quando esci dallo studio; ma tu sei sempre troppo stanco o troppo occupato, e io mento a me stessa dicendomi che è solo un periodo, che ogni cosa tornerà come prima, ma non è vero un cazzo perché tu hai semplicemente smesso di interessarti ad ogni cosa che non sia il tuo album o la tua chitarra» la vidi scuotere la testa e mordersi ossessivamente il labbro inferiore, mentre i suoi occhi si facevano sempre più lucidi. «Compresa me» aggiunse con un'espressione sconfitta, puntando i suoi occhi scuri nei miei.
Quella situazione era assurda. Avrei voluto prendere a pugni qualcosa, gridare. Stava succedendo davvero? Stavamo davvero rompendo, così, per sempre? «Lo sai che ti amo, Destiny! Lo sai benissimo. E sai anche che non sei un impedimento, per me. È solo che non riesci a vedere la cosa dal mio punto di vista, è questo il problema» spiegai, con più enfasi ed urgenza del necessario.
Lei scosse la testa alle mie parole, con un'espressione di rassegnazione in viso: ora non era più arrabbiata, era tornata ad essere stanca e afflitta, e questo per me era peggio che mai. «Non voglio più tapparti le ali, Harry. Non ho mai voluto farlo, ma se davvero pensi che questo sia il mio obiettivo... allora basta».
Sbuffai, irato. «Va bene. Sai che ti dico? Hai vinto. Forse è la cosa migliore: così magari finalmente ti troverai qualcuno che pensa a te ogni istante della giornata» dissi acidamente.
«Forse non lo sai, ma solitamente una persona innamorata dovrebbe pensare all'altra in ogni momento, ma onestamente penso che tu sia innamorato della tua carriera e non di me, quindi tutto questo non ha più senso» ammise, con una scrollata di spalle. Come a voler dire “Non possiamo più farci niente”. E avrei voluto replicare, dirle che l'amavo, a dispetto di tutto il resto, ma niente sembrava avere più senso, a quel punto. «E sai cosa, sinceramente? Credo che chiunque mi tratterebbe meglio di come fai tu» ammise infine lei, incrociando le braccia al petto come a difendersi da qualcosa.
«E allora ti auguro veramente di trovare qualcuno che ti tratti meglio di come faccio io» dissi con tono acido, anche se dopo tutto parlavo seriamente. Voleva qualcuno più attento? Bene, non ero la persona giusta per lei, visto che al momento ero troppo impegnato con il lavoro. Era colpa mia? No, decisamente no. E avevo fatto di tutto pur di farla felice, ma evidentemente – come lei stessa aveva precisato, d'altronde – non era stato abbastanza.
Quindi questo era quanto.
Senza dire altro le lanciai un'ultima occhiata e mi avviai verso l'uscita dell'appartamento: chiusi la porta alle mie spalle provocando un rumore secco e sordo che riecheggiò nella mia mente fino a quando non entrai in macchina. E continuavo ancora a sentire quel rumore, e quelle parole, e quegli sguardi addosso: avevo la mente annebbiata da migliaia di immagini e pensieri confusi. A mala pena misi in moto la macchina, superai quella strada, per poi fermarmi in quella successiva. Posteggiai di fronte ad una villetta a caso, mentre sentivo il cuore picchiare fortissimo contro il petto e le tempie pulsare.
Spensi il motore con un sospiro; poi appoggiai la testa al volante, e piansi.


charlie's corner.
So... This is it.
Non ci credo davvero che sto postando questo capitolo! È l'ultimo... e il prossimo è l'epilogo. So che adesso sarete curiosissime di sapere cosa succederà, se torneranno insieme o no... e io non ve lo dico :P ahahah, a parte gli scherzi, questo capitolo è stato un po' una gestazione perché questi due tesori sono troppo belli per separarsi ma ho dovuto farlo ç__ç Ad ogni modo, spero tanto che non ce l'abbiate con quell'idiota di Harry per quello che ha combinato. Lo so, è un deficiente, è stato un cretino, ma, andiamo, non vi fa neanche un po' di pena quando piange? çç a me sì! E spero che sia lo stesso per voi. Sono davvero affezionatissima a questo personaggio in particolare quindi non appena lo vedrò insultato nelle recensioni (sempre che ci saranno, delle recensioni, lol) vi uccido tutti! *faccia da killer*
Okay, la smetto di blaterare, vi lascio alle minchiate di Manu <3 
Se volete essere avvertiti quando posterò l'epilogo questo è il mio
twitter (fate la richiesta e vi accetterò) mentre questo è il mio ask.
Un bacio! xx



Le Minchiate di Zia Manuela
Ciao belline! Dunque, se nelle note scorse ho detto che leggere il capitolo era stato difficile, allora questo è stato un parto la cui gestazione è durata qualcosa come 48 ore. NOT KIDDING!
Ho riletto spesso questa litigata, anche dalle role, eppure mi fa lo stesso effetto tutte le volte. Urlo sempre a entrambi di smetterla di scannarsi perché sono bellissimi e non devono mai mai mai separarsi, devono sposarsi, fare tanti bambini e comprarsi una casa in campagna E INVECE NO, loro continuano ad urlare come coglioni e non mi ascoltano mai! Beh a chi volete dare la colpa? A loro! Hanno vita propria, credetemi, quando io e carla abbiamo scritto quelle cose eravamo possedute dal demonio, poi è arrivato un esorcista e ci ha guarite ma NON AGGREDITECIII, NON è STATA COLPA NOSTRA! (in realtà, a nostra difesa posso dire che questo litigio aveva uno scopo, ma non vi accennerò nient'altro, k? no, non ricattatemi, non servirà! ((se mi pagate in biscotti vi dico tutto immediatamente))) (scheeerzo!) (ma anche no!) (dai la pianto che sembro più deficiente di quanto non sia)
Bene dopo questa(e) piccola parentesi, ritorniamo seri! Ma quando mai lo siamo stati? ahaha dai, scherzavo! No dai, cazzate a parte, se nel capitolo scorso stavate piangendo, arrivati a 'sto punto, casa vostra assomiglierà un po' all'oceano pacifico. Guardate il lato postivo: quest'estate non avete bisogno di andare al mare, perché sarà lì, a portata di mano!
Beh, care donzellette, siamo quasi arrivati al capitolo conclusivo. So che i Derry rimarrano sempre nei vostri cuori, come rimarranno nei nostri. Per ultima cosa voglio che sappiate che Carla si è impegnata tanto a scrivere il capitolo del litigio, e che non dovete lasciarvi condizionare dagli eventi negativi nel giudicarlo: è uno dei più belli, a livello emotivo, di tutta la fanfic!
Alla prossima belline. - Zia Manuela says bye

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** epilogue - good luck. ***



Ronnie.

Toc. Toc. Toc. Toc.

Nessuna risposta. Ormai cominciavo a pensare che fosse morto, o qualcosa del genere. Harry era chiuso in quella esattamente da tre ore: vi era entrato appena dopo pranzo e non ne era uscito più. Non che fosse una novità: ormai da una settimana mio fratello sembrava vivere in stato catatonico, rimaneva chiuso in stanza a fare chissà cosa e ne usciva solo per i pasti – ma questo unicamente perché era nostra madre ad obbligarlo.
Ero confusa: Harry non si era mai comportato in questa maniera nei riguardi di nulla, era sempre stato quello strafottente, menefreghista e insopportabile fratello che vedevo sempre di buon umore. Era raro che Harry fosse triste. A volte era arrabbiato, irritato, su di giri, ma mai triste; probabilmente perché non lasciava mai che niente riuscisse a ferirlo a tal punto da stravolgere le sue emozioni. Era evidente, però, che stavolta qualcosa era successo, ed io avevo una sola parola in risposta a quell'enigma: Destiny. Era l'unica persona della quale ad Harry fosse mai davvero importato qualcosa – a parte me, ovviamente; e sì, forse anche un po' i miei genitori. Quindi ero giunta alla saggia conclusione che fosse colpa sua. Se devo essere sincera, il pensiero che potessero essersi lasciati non aveva mai sfiorato la mia mente durante quella settimana perché, oltre ad avere soltanto undici anni e a non essere pratica in queste cose, era per me assolutamente inconcepibile l'idea di Harry e Destiny che non stavano insieme. Insomma, si trattava di qualcosa che, per me, non stava né in cielo né in terra.
Ritornando alle pene di mio fratello, come ho detto, era perennemente chiuso in stanza e non ne usciva mai, malgrado i miei infiniti tentativi. Non che volessi disturbarlo o farmi gli affari suoi – okay, un po' forse sì –, ma il punto era un altro. Non avrei assolutamente fatto caso alla quantità di tempo che mio fratello impegnava nel suo eremo, se ciò fosse avvenuto nella sua, di stanza. Il punto era che, da una settimana a quella parte, mio fratello aveva scelto la mia stanza come nuova dimora: e così passava pomeriggi interi lì dentro, ed io... Beh, io passavo i pomeriggi dietro la porta a chiedergli di passarmi le cose. Logicamente capivo il suo dolore e via dicendo, ma che male c'era nel fare l'adolescente depresso nella sua stanza?
«Harry, puoi aprire un secondo per favore? Mi servono le scarpe da ginnastica» dissi dopo aver dato qualche altro colpo alla porta.
Nessuna risposta.
«D'accordo...» mormorai sconfitta, dirigendomi giù per le scale e verso il salotto.
In casa non c'era nessuno, e Harry avrebbe dovuto “guardare” me: inutile dire che era l'esatto opposto, considerato che ogni tanto salivo di nuovo al piano di sopra per accertarmi che lui stesse bene.
In tutto questo, i miei genitori sembravano assecondarlo: mio padre aveva fatto sì che cancellasse tutti gli impegni e la registrazione in studio, sebbene volgesse al termine, era notevolmente rallentata a causa della sua assenza. Oliver si era presentato a casa nostra su tutte le furie: Harry aveva semplicemente risposto, con la sua voce atona e disinteressata, che non aveva voglia di andare in studio. Zayn, Liam, Louis e Niall erano passati qualche volta a fargli visita, anche se mi avevano detto che nell'ultima settimana Oliver era diventato un tiranno e a stento li lasciava respirare. Di Destiny, invece, neanche l'ombra.
Malgrado tutta questa comprensione da parte degli altri, io non riuscivo ancora a comprenderne le motivazioni: se lui e Destiny avevano ltigato tutto si sarebbe risolto, come sempre: per cui perché disperarsi?
Sbuffai mentre mi dirigevo verso la porta di casa, alla quale avevano appena suonato. Reputavo quella situazione insostenibile, e non solo perché ero stata sfrattata dal mio stesso territorio, ma perché Harry era mio fratello ed era dura vederlo ridotto in quel modo. Quattro giorni prima l'avevo visto uscire dal bagno, e avrei giurato che avesse gli occhi lucidi di pianto.
Fu una grande sorpresa, una volta aperta la porta, ritrovarmi di fronte proprio Destiny. Aveva l'aria ansiosa e forse anche un po' spenta, e continuava a mordersi il labbro inferiore con nervosismo.
«Tuo fratello c'è?» fu la prima cosa che domandò, e solo allora mi accorsi dello scatolone che teneva per le mani. Non era di dimensioni esagerate, ma neanche troppo grande: mi chiesi, curiosa, cosa mai potesse contenere. Magari era un regalo per Harry, per fare pace.
Ciononostante, e nonostante non volessi far altro che gettarmi addosso a lei e abbracciarla, perché era da una vita che non la vedevo e mi mancava, mi sforzai di non sorriderle: era colpa sua se mio fratello adesso si era ridotto ad essere un automa, e io dovevo essere arrabbiata. Faccia seccata Ronnie, faccia seccata.
«Che gli hai fatto?» dissi freddamente, senza neanche degnarmi di salutarla o incrociare il suo sguardo, limitandomi ad osservare lo scatolo che portava.
Malgrado fosse sempre stata gentile e carina nei miei confronti, questa volta la risposta di Destiny non fu per nulla cordiale o pacata, al contrario assunse un'aria infastidita dalle mie parole. «Non gli ho fatto niente, ci siamo lasciati» disse secca, mentre la lasciavo entrare in casa; abbandonò la scatola in un angolo, senza molta cura. «Qui ci sono alcune cose che ha lasciato da me. Non sono venuta per fermarmi».
Lanciai un'altra occhiata alla scatola, stavolta con fare quasi disgustato.
«Ma vi siete lasciati... per sempre?» domandai con fare un po' innocente.
A quell'interrogativo Destiny sembrò intenerirsi, e mi rivolse un sorriso triste. «Sì, ci siamo lasciati per sempre».
Sospirai. «Scusami, Destiny. Non ce l'ho con te, è solo che lui è mio fratello, e non mi piace vederlo così».
Lei, a quel punto, sembrò risvegliarsi dal suo stato di sonnolenza ed interessarsi davvero a qualcosa. «Così come? Perché? Come sta?» domandò a raffica, e cercò di apparire quanto meno indifferente scostandosi i capelli dal viso con un gesto casuale, sebbene la sua curiosità fosse palpabile.
Scrollai le spalle. «A dir la verità non lo so bene, perché sta sempre chiuso in camera. Quando esce sembra indifferente a tutto, come se non gliene importasse più di niente. Va avanti da una settimana» spiegai scrollando le spalle.
«Non è che io sia stata meglio» replicò lei seccamente, e fui sorpresa di sentirla così indifferente di fronte al dolore di Harry.
«Mi dispiace» dissi semplicemente, mettendo su un'espressione triste. No, a dire il vero non capivo gran che, e la visione di Destiny in quello stato – perché di certo quella non era da considerarsi una persona felice – mi confondeva ancora di più. Non riuscivo a capire per quale assurdo motivo, se Harry e Destiny si amavano e stavano così male una volta separati, avrebbero dovuto decidere di lasciarsi! Era assurdo. Il fatto che soffrissero così tanto era la prova provata che erano fatti per stare insieme.
«Grazie, comunque» mormorò Destiny ad un tratto, distogliendomi dai miei pensieri «per non avercela con me».
Le sorrisi, debolmente. «Ma figurati. Io ti voglio bene comunque, Des» la rassicurai con un sorriso, prima di abbracciarla. No, decisamente non sarei riuscita a comportarmi male con lei.
«Comunque Harry non ha preparato uno scatolone per te» osservai, quando mi fui staccata da lei. «Tutte le tue cose sono ancora in camera sua» dissi, e in quello stesso istante capii il perché si rinchiudeva nella mia stanza, e provai ancora più pena per lui. Chi diceva che Harry non aveva un cuore? «Se vieni su con me puoi prendere tutto da sola».
Destiny scosse la testa. «Grazie, ma non importa. Non devo prendere le mie cose».
«Ti prego, sali a prenderle. Harry si è chiuso in camera mia e non esce più. Se tu sali e porti via le tue cose forse riuscirò ad impadronirmi nuovamente della mia stanza» la presi per mano, cercando di trascinarla verso le scale.
Lei sembrò esitare di fronte al mio sguardo implorante. «D'accordo andiamo, ma facciamo in fretta» concesse.
Esultai e la condussi al piano superiore, fino alla camera di mio fratello. Mi sedetti sul letto e la guardai mentre metteva via le foto sue e di Harry dalla bacheca, svuotandola quasi completamente: rimasero solo qualche foto di famiglia, foto di Harry e dei suoi amici di scuola, ed una da solo con me. Le altre erano tutte con Destiny, e quella bacheca ora sembrava terribilmente vuota e desolata.
«Vuoi che tenga io le foto?» mi offrii, notando la sua espressione un po' sofferente nel guardarle. Se Harry non voleva stare in quella stanza pur di non vederle, di certo neanche a Destiny avrebbe fatto piacere averle intorno – ed ecco perché era venuta a riportare le cose. Volevano eliminare i ricordi.
Destiny mi sorrise, porgendomi le foto. «Grazie piccola. Capisci sempre tutto al volo». Sorrisi prendendo quel malloppo e rigirandomelo tra le mani. Mi strinsi nelle spalle al suo complimento, come a dire “faccio quello che posso”.
Mentre lei recuperava qualcuna delle sue magliette dall'armadio di Harry guardai le foto, un po' triste. Non era giusto che una storia così bella come la loro finisse così... per cosa, poi? «Sicura di non volergli parlare?».
La ragazza si bloccò, e poi sospirò pesantemente. «Non lo so, io...»
In quell'esatto istante udimmo lo scatto di una porta, e vidi la figura di Destiny raggelarsi per qualche secondo.
«Ronnie, ti ho portato le scar-» Harry si arrestò sulla soglia, con le mia scarpe da ginnastica in mano e lo sguardo bloccato su Destiny, che in quell'istante sembrava tanto aver voglia di sotterrarsi. Poi Harry passò a guardare me, con fare truce, come se l'avessi tradito facendo entrare un acerrimo nemico in casa nostra.
La felpa che Destiny aveva tra le mani era caduta rovinosamente per terra, ma lei si affrettò a recuperarla. «Sono venuta a portarti alcune delle tue cose, non avevo idea fossi in casa e Ronnie mi ha detto di riprendermi le mie» disse a raffica, tanto velocemente che riuscii a stento a distinguere le parole. Harry, nell'udirla parlare, si avvicinò a lei, ma solo all'ultimo secondo sembrò ricordarsi che stava per fare qualcosa che non doveva, e fece un passo indietro. Destiny riprese a frugare dentro l'armadio con fare frenetico ed Harry, vedendola, sbuffò: le si avvicinò e le fece segno di allontanarsi, per poi recuperare altre due sue magliette al posto suo da lì dentro. «Tieni» gliele porse con fare freddo ed indifferente, e lei sospirò.
«Adesso devo proprio andare. È stato bello rivederti, Ronnie» mormorò dolcemente, e io le sorrisi in modo incoraggiante.
«Harry, accompagnamo Destiny alla porta» lo chiamai in causa. Lui se ne stava zitto con le spalle appoggiate al muro, e con il suo solito broncio addosso, misto a quell'aria d'indifferenza che in quel momento mi dava sui nervi. Avrebbe anche potuto mostrare un po' più d'interesse nei confronti di Destiny, visto e considerato che da una settimana ormai faceva il depresso a causa sua!
Avrei voluto prenderlo a schiaffi.
«Destiny, sai che il prossimo mese farò un saggio di danza?» dissi, cercando di cambiare argomento. «Verrai a vedermi? Ti prego, dimmi di sì» la supplicai mentre ci dirigevamo verso la porta.
Lei sembrò rifletterci per un attimo. «Mi piacerebbe tantissimo Ronnie, purtroppo però parto la prossima settimana» si giustificò con aria dispiaciuta.
Inarcai un sopracciglio, mentre Harry apriva la porta di casa come ad invitarla a sloggiare il più presto possibile. «Parti? E dove vai?».
Destiny esitò. «A New York» disse poi, in un tono fermo e deciso.
A quelle parole, Harry sembrò destarsi dal suo profondo sonno eterno. «New York? Hai deciso di andare a New York?» fece voltandosi di scatto, improvvisamente interessato.
Lei sollevò le spalle, guardandolo negli occhi per la prima volta. «Sì, beh, i programmi dell'università sono più interessanti, e poi è una bella opportunità e... credo proprio di voler cambiare aria» disse in un sospiro, e sembrò sforzarsi di sorridere.
«Oh» fece Harry, colto alla sprovvista. La osservò bene, per qualche istante, eppure molto attentamente.
Si guardarono a lungo, prima di abbracciarsi. Era un abbraccio imbarazzato, triste, eppure tanto intimo che avrei voluto distogliere lo sguardo, perché mi sentivo di troppo. Era come se, in quell'abbraccio, entrambi stessero cercando di scaricare le loro frustrazioni e le loro tristezze. Come se sapessero che quella era davvero l'ultima volta.
«Buona fortuna, Destiny» disse poi lui, sollevando un angolo delle labbra nell'ombra di un sorriso.
Destiny si strinse nelle spalle, senza staccare lo sguardo da lui. «Buona fortuna anche a te, Harry».
E questo era quanto. Quando Destiny se ne andò, io e mio fratello rimanemmo sulla soglia guardandola sparire dietro l'angolo del vialetto.
E mentre lui tornava a rinchiudersi in camera, io mi rannicchiai sul divano a guardare la TV. Anche se in realtà non seguii i programmi, non potendo fare a meno di pensare a quanto mi dispiacesse per la rottura di Harry e Destiny; a quanto tutta quella situazione fosse incredibilmente triste, a quanto fossero stati due idioti a lasciar sfumare via la loro storia in questo modo e a quanto, nonostante tutto, nonostante la freddezza e gli sguardi sostenuti, quei “buona fortuna” pronunciati alla fine suonassero tanto come dei “ti amo”.

charlie's corner.

Innanzi tutto mi scuso per il ritardo nel postare questo capitolo. Per seconda cosa spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate apprezzato questo POV di Ronnie; e che, soprattutto, adesso non vogliate strangolarmi per la fine che ho fatto fare ai derry! çwç credetemi, ci sto male anch'io e mi è costato molto. Per terzo... Oddio. Sul serio, non ci posso credere che sia finita davvero. Ho già avuto il magone nel momento in cui ho scritto l'ultima parola di questa ff, ma credo che adesso mi stia ritornando... oh ç__ç 
Ho messo sforzi, sudore e lacrime (si fa per dire, ovvio!) in questa storia e, anche se a volte non è venuta fuori proprio come speravo, la sento quasi una parte di me: perché di fatto è la prima cosa che riesco a portare a termine, il primo progetto completato... e di questo sono felice (: Inoltre mi sono affezionata moltissimo a questi personaggi, e penso che non li dimenticherò mai. Questa storia mi ha aiutato a crescere come """autrice""" (giusto perché non trovo una parola migliore per definirmi!) e, anche se ora rileggendo i vecchi capitoli vorrei cambiare un miliardo di cose, penso di non pentirmi di nulla.
Detto questo, qualche ringraziamento è d'obbligo.
- Per prima cosa un GRAZIE gigantesco a tutti i lettori di questa storia - e sì, parlo anche con voi, lettori silenziosi, sappiate che vi vedo! (?) Grazie ai 372 che seguono, ai 254 che l'hanno inserita tra i preferiti e ai 106 che l'hanno messa tra le ricordate... Non avrei mai immaginato che sarei potuta arrivare a questi numeri! Un ringraziamento particolare a coloro che, capitolo per capitolo, si fermavano a lasciare una recensione, anche piccola, ma che mi dava tanto incoraggiamento (: Grazie, grazie davvero. 
- Grazie alle persone che hanno ascoltato le mie numerose lagne riguardo a questa ff, ad Anna ed ai suoi saggi consigli in corso d'opera e a mia madre che passava per la mia camera, vedendomi scrivere, e si convinceva che stessi studiando... 
- Per ultima - e proprio perché la più importante - voglio ringraziare Manuela. Mi ha aiutato tantissimo nella stesura di questa storia, ma non solo! La metà di quello che è Lucky non esisterebbe senza il suo meraviglioso apporto e la sua inesauribile fantasia, per cui non posso fare altro che dire: grazie Manu, per questa bellissima amicizia ma anche per tutte le storie che abbiamo creato insieme e che farebbero un baffo a certe cose pubblicate al giorno d'oggi... Ti voglio bene.
Dunque... suppongo che questa sia la fine. Come tutti sanno - o forse no - Lucky potrebbe avere un seguito. Potrebbe. L'idea c'è già, e ho anche i capitoli pronti nella mia mente, ma non so se voglio scriverli proprio ora... Magari più avanti, insomma è una possibilità. Mi piacerebbe che mi faceste sapere i vostri pensieri al riguardo, se leggereste un'eventuale seguito oppure no, basta, lasciaci in pace e non rompere le palle ahahahah. 
Ad ogni modo se siete interessati a leggere qualcos'altro di mio questo è il mio account personale: charliesstrawberry. E mi potete trovare anche qui: twitter - ask.fm 
E quindi adesso vi saluto per l'ultima volta, lettori di Lucky... Grazie di nuovo. Un bacio gigantesco!
Carla xx


 
Le Minchiate di Zia Manuela.
AHHH! Non ci posso credere. Non ci posso proprio credere. Non può essere vero! Siamo giunti davvero alla fine. Mi sento veramente di citare Montale in questo momento: "E' stato breve il nostro lungo viaggio!" Probabilmente Carla non la pensa allo stesso modo perché, a conti fatti, la fatica di scrivere l'ha fatta lei LOL ma so anche che si è divertita tantisimo e che ci ha messo tanto amore. Propongo un mega applauso per la nostra scrittrice preferita di tutta EFP! Una delle poche che nella sezione delle fanfictions sui one direction scrive in modo non solo meraviglioso ma anche grammaticalmente corretto, wow! Medaglia al valore! Quanto è durata questa fanfiction? Quanto? 2 Anni, forse? Credetemi, da lettrice so quanto vi sentirete afflitte adesso. Sentite di non avere più una ragione per la quale alzarvi al mattino, alcune di voi tenteranno addirittura il suicidio, IO LO SO! Ma poi vi fermerete pensando "hey, posso rileggerla da capo!" e dopo aver finito di leggere per la seconda volta tenterete ancora il suicidio ma poi vi bloccherete di nuovo pensando che la FF è finita, ma io e Carla non siamo morte, e potremmo sempre, chissà, farci altre mille ruolate con i Derry e trasformarle in altrettante fanfiction e voi vivrete tutta la vita in attesa di ciò! AH! ho predetto praticamente tutto il vostro futuro, contente? Chi ha bisogno di una cartomante, quando c'è in giro Zia Manuela che fa predizioni Gratuite? Nessuno!
Mi mancherà scrivere minchiate nelle note. Mi sono divertita tantissimo anche io e, sebbene adesso molte di voi mi credono sicuramente una pazza squilibrata, in fondo in fondo mi volete bene, ci volete bene! E' vero o no, che abbiamo creato una storia fantastica? La Fanfiction ha avuto i suoi alti e i suoi bassi, ha avuto un periodo di massimo splendore, uno di grande depressione, ma Carla non si è mai arresa, e l'ha finita!
Un grazie a tutte le lettrici temporanee o stabili che ci hanno seguite in tutto questo tempo, facendosi con noi grossi pianti e risate. E' stato bellissimo far parte di questa grande famiglia! Ringrazio anche voi snob, sì, proprio voi, quelle che ad ogni capitolo si saltano le mie note perché tanto non ve ne frega un cazzo: Grazie! Vi voglio bene! ahahah, scherzo, vi odio, siete degli esseri spregevoli e non apprezzate la vera arte! Alle altre nipotine un grazie di cuore, e un grazie ancora più grosso a Carla che ci ha regalato proprio dei bei momenti di relax. Diteglielo anche voi, che è troppo brava e non deve mai smettere di scrivere, dai!
Adesso vi saluto per l'ultima volta col mio storico Bye Bitches. E ricordatevi bene che il futuro potrebbe riservare belle sorprese! Continuate a shippare i Derry e ad amare me e Carla perché ci meritiamo, modestamente, tutto l'amore del mondo. Bye bitches - Zia Manuela.
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=841786