Sanzashi

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** I Fiori della Speranza ***
Capitolo 3: *** Il Conte Hiashi ***
Capitolo 4: *** L'Offerta del conte ***
Capitolo 5: *** Villa Hyuga ***
Capitolo 6: *** Una Nuova Famiglia... o quasi ***
Capitolo 7: *** La decisione di Tenten ***
Capitolo 8: *** Vita da Nobili ***
Capitolo 9: *** La scintilla ***
Capitolo 10: *** Sotto la neve ***
Capitolo 11: *** Il piano di Orochilieu ***
Capitolo 12: *** Non c'è tempo per indugiare ***
Capitolo 13: *** Allenamento di Scherma ***
Capitolo 14: *** La spada non è una questione di forza ***
Capitolo 15: *** La maschera del giustiziere ***
Capitolo 16: *** Amicizie spezzate ***
Capitolo 17: *** Il fuoco del male ***
Capitolo 18: *** L'inferno può attendere ***
Capitolo 19: *** Dietro la maschera ***
Capitolo 20: *** Biancospino e Magnolia ***
Capitolo 21: *** Un periodo di prova ***
Capitolo 22: *** L'addestramento ***
Capitolo 23: *** Una nuova maschera ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


INTRODUZIONE:
In una rivisitazione parodistica del panorama subito precedente la Rivoluzione Francese, ci ritroviamo in un universo storico immaginario dove fatti e persone, reali e non, si ritrovano appunto “mescolati” per dare vita a una nuova storia.
La parte storica di questa fanfiction richiama ovviamente ai motivi del malcontento popolare che, in un paese distrutto dall’ipocrisìa e dagli intrighi del malgoverno, spinge la gente verso quella che sfocerà in una sanguinosa rivolta. Questo particolare è stato abilmente e ampiamente tratteggiato dai mangaka e dagli animatori giapponesi che hanno ricreato l’ambientazione storica della Francia del 1784 ( vedere appunto Lady Oscar o Il Tulipano Nero o altro ancora ), soprattutto per il profondo impatto emotivo che il dolore e la sofferenza dei protagonisti hanno saputo infondere al pubblico.
La parte immaginaria ( ovvero tutta, in definitiva ) è chiaramente il fatto che l’Universo Alternativo, dove i personaggi di Naruto agiscono questa volta, ha indubbiamente delle analogie con le opere sopra citate ma dove ogni riferimento storico/geografico è uno svarione comico demenziale che NON HA ASSOLUTAMENTE nulla a che vedere con fatti concreti e reali.
Ma veniamo alla storia dunque...

 Sanzashi

Alla reggia di Feuilles, dopo la morte di Sua Maestà Hiruzen XVI, la regina Maria Tsunade governa sulla terra di Konoha, ignara dei complotti orditi dal bieco Cardinale Orochilieu. Quest’ultimo, d’accordo con i membri dell’alta nobiltà, ha inteso sfruttare il suo prestigio e la sua autorità per nascondere alla regina la miseria in cui egli ha precipitato il paese per il proprio tornaconto. Attribuendo infatti l’ingiustizia dei regi decreti ( in realtà da lui stesso firmati ) a Maria Tsunade, Orochilieu è riuscito a rivolgere il malcontento popolare all’indirizzo della sovrana. I nobili d’accordo con lui tramano infatti per rovesciare la monarchia e suddividere Konoha, in modo che l’unica legge sia quella dettata dalle loro rispettive famiglie negli anni a venire.
Cresciuto all’interno della prestigiosa dinastia degli Hyuga, il giovane Neji si impegna a combattere le ingiustizie di corte, sotto mentite spoglie col nome di Sanzashi ( “Il Biancospino” ). Grazie a questo spadaccino mascherato, la gente di Konoha mantiene viva la speranza e soprattutto i giovani cominciano a parlare di ribellione. In questa atmosfera di tensione la giovane Tenten, figlia di poveri fiorai, decide di opporsi alle ingiustizie al fianco dei suoi compagni e applaude alle gesta del misterioso Sanzashi. Un giorno però il conte Hiashi Hyuga, lo zio di Neji, intravede Tenten dal finestrino della carrozza mentre costei si para coraggiosamente davanti al fucile di un soldato, per impedire che questi uccida un bambino. Intervenendo di persona, per impedire che la ragazza venga arrestata come ribelle, Hiashi rimane incredibilmente sorpreso nell’apprendere il nome di quest’ultima.
Accade così che, senza alcuna spiegazione plausibile, il conte ottiene dai genitori della fanciulla il permesso di introdurla nella sua villa di famiglia a Feuilles. Qui Tenten viene addestrata dallo stesso conte nell’uso della spada, anche se ne ignora il motivo, e per vari mesi si ritrova ad abitare nell’ambiente che tanto odiava. Durante questo periodo, specialmente dopo aver conosciuto il taciturno Neji, Tenten apprende molte cose sulla vita di corte e in particolare sul conto di Orochilieu e dei nobili a lui fedeli. Nel tempo il conte ammetterà di essere a conoscenza di un importante segreto sulle origini di Tenten, anche se non può assolutamente rivelarglielo per paura che ciò giunga alle orecchie dello stesso Orochilieu.
Intanto il malcontento popolare cresce, e con esso crescono anche i primi fuochi della rivolta. Il comandante Kabuto, un ufficiale viscido e spietato, si adopera per tenere a freno i gruppi dei ribelli. Lo stesso Sanzashi, affrontando Kabuto in un durissimo scontro, rimane ferito per permettere a Tenten e ai suoi amici di sfuggire all’arresto. Proprio in questa occasione, al termine di una fuga mozzafiato, Tenten scopre accidentalmente il segreto dietro la maschera del giustiziere. Dopo aver brevemente spiegato alla fanciulla la gravità del complotto ordito da Orochilieu per rovesciare Sua Maestà, Tenten si offre coraggiosamente di aiutare Neji nella sua lotta. Inizialmente il giovane pare restìo ad accettare ma, colpito dalla decisione negli occhi di lei, finisce per convincersi e da quel momento Tenten lo accompagnerà nelle sue imprese con il nome di Mokuren ( “Magnolia” ).

( continua )

ANGOLO DELL'AUTORE:
Giusto qualche piccolo approfondimento. A parte il chiaro riferimento alla Reggia di Versailles ( "Foglia" in francese si traduce appunto Feuilles ); il Biancospino nell'antichità si dice avesse il potere di allontanare gli "spiriti del male", oltretutto il fiore del biancospino è tuttora considerato un segno di dolce speranza; la Magnolia invece, candida e maestosa nel suo aspetto, simboleggia la dignità e la perseveranza...
Avevo parlato di DEMENZIALITA' SENZA SENSO, ebbene per chi eventualmente lo ignora, il connubio Orochimaru/Richelieu è una chiara provocazione, per il semplice fatto che l'esistenza storica del Cardinale Richelieu precede quella della Rivoluzione Francese di un bel po' ( Richelieu infatti, citato anche ne I Tre Moschettieri, morì circa un secolo e mezzo prima della Rivoluzione Francese ), prima che mi diate dell'ignorante ci tenevo a precisare che lo sfondone è "voluto" per dimostrare che NON C'E' collegamento fisso con alcuna delle opere cui mi sono ispirato per la realizzazione di questa fanfiction.
Ciò detto, ringrazio per l'attenzione e mi defilo fino al prossimo capitolo!

NOTE:
"Autori per il Giappone" è un'iniziativa di sostegno organizzata dall'autrice Lara Manni
Per saperne di più, visitate questo link:

http://www.autoriperilgiappone.eu/

Un piccolo contributo per una grande opera a beneficio di molti...

"I Ragazzi di EFP hanno scritto i racconti di “Niente è come prima” con un atto esplicito di fiducia nella possibilità di raggiungere altri coetanei, offrendo loro un motivo di indagine interiore. Generosi e speciali, con un gesto inaspettato hanno deciso di devolvere una parte del ricavato della vendita ad ADSINT che rivolge una particolare attenzione alle nuove generazioni con le loro esigenze e i loro sogni. Complici di un dono: quello dei pensieri, quello del sangue."
Giovanna Ferrante
Direttore de “il Globulo” Veicolo di informazione di ADSINT – Associazione Donatori di Sangue Istituto Nazionale Tumori

 

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Capitolo 2
*** I Fiori della Speranza ***


Lavorare la terra è un lavoro duro e difficile. I frutti si ottengono solo al prezzo di fatica e sudore e, quando la messe abbondante si stende a perdita d’occhio, i contadini posano rinfrancati le zappe per contemplare un momento il premio dei loro sforzi.

- Il raccolto sarà buono quest’anno - esclama uno dei contadini, asciugandosi la fronte con il dorso della mano. 
- Sì, ma è ancora presto per riposare - risponde un altro, impugnando nuovamente la zappa. - Al lavoro!

In quel momento una bambina raggiunge i contadini, correndo trafelata, con un cestino sottobraccio. Nel vederla, i due sorridono felici e depongono nuovamente gli attrezzi per salutarla.

- Ciao, piccola! 
- Ciao papà! Ciao zio! Vi ho portato il pranzo! 
- Finalmente… Tuo zio stava cominciando a dare i numeri dalla fame! 
- Senti chi parla… 
- Su, su, non litigate - dice loro la bambina, con ironia. - La mamma si lamenta sempre, dicendo che perdete più tempo a litigare che a lavorare! 
- Ah, è questo che dice la mamma ?!?

La bimba stringe l’occhio, mostrando loro un palmo di lingua, dopodiché tutti e tre si mettono a ridere.

- Vieni qui tu - esclama poi il padre, sollevando la figlioletta da terra con un abbraccio affettuoso. - Facciamo il girotondo… Uuuhhh !!! 
- Ah ah ah!

Nel vedere padre e figlia giocare felici, lo zio si abbandona anche lui alla gioia del momento. Purtroppo tale felicità è destinata a durare assai poco…

- Oh no - sussurra l’uomo, non appena vede avvicinarsi a passo di marcia i cavalli recanti le insegne di Sua Maestà. - Che il Cielo ci assista!

Una volta resisi conto della situazione, anche il compagno e la bambina smettono di giocare e osservano l’avvicinarsi dei soldati con evidente timore. L’ufficiale in testa al gruppo, un individuo coi capelli bianchissimi raccolti dietro la testa e con occhiali cerchiati sul volto, fa segno ai suoi di fermarsi e rivolge un’occhiata severa a entrambi gli agricoltori.

- Buongiorno, Comandante Kabuto - lo salutarono questi, chinando il capo con rispetto. 
- Buongiorno a voi - rispose l’altro in tono secco. - In nome di Sua Maestà la regina e di Sua Eccellenza Cardinale Orochilieu, sono venuto a riscuotere la Tassa sul Raccolto! 
- Cosa ?!? Ma è assurdo - protestarono i contadini. - Con l’ultima Tassa sulla Semina, abbiamo versato più della metà di quanto ci occorre per vivere!

Un rapido riflesso di sole brillò sulle lenti lucide degli occhiali di Kabuto, il quale replicò senza battere ciglio.

- E adesso verserete un terzo di quanto vi è rimasto per pagare anche la nuova imposta… Ovviamente, “ringraziando” che Sua Maestà vi concede ancora generosamente di beneficiare delle sue terre!

Per tutta risposta, il padre della bambina afferrò rapidamente una manciata di fango e la scagliò con rabbia contro la divisa dell’ufficiale.

- Una donna che ci costringe ad affamare le nostre famiglie e i nostri figli non è degna di chiamarsi “Regina” - sentenziò l’uomo tra i denti. 
- Omugi, sei impazzito? - fece il fratello di questi, terrorizzato. 
- Apri gli occhi, Komugi, per quanto ancora possiamo sopportare questa situazione? Un branco di nobili che ingrassano come maiali, mentre noi siamo costretti a patire la fame… Non darò via più una briciola di ciò che appartiene a me e alla mia famiglia; questa terra l’abbiamo lavorata noi, col sudore della nostra fronte, e non è giusto pagare altre tasse!

Subito le guardie fecero per intervenire, accingendosi ad arrestare quell’insolente bifolco, tuttavia Kabuto stesso le fermò senza scomporsi. Il comandante si pulì dunque l’uniforme macchiata, servendosi del fazzoletto che aveva in tasca, e rivolse all’uomo un’occhiata che non esprimeva alcun tipo di emozione.

- Anche se il tuo gesto parla chiaro, preferisco togliermi ogni dubbio - disse l’ufficiale gelido. - Hai veramente intenzione di non versare le tasse a Sua Maestà? 
- Assolutamente - rispose l’uomo deciso. - Se quella donna vuole ancora qualcosa, è ora che impari a lavorare la terra da sola! 
- Capisco - mormorò dunque l’ufficiale, nascondendo lo sguardo sotto la visiera del suo ampio cappello. - Sarai felice di sapere dunque che i tuoi servigi non sono più necessari…

Così dicendo, Kabuto sfoderò la spada con una rapida mossa e trafisse l’uomo al petto, passandolo da parte a parte. Omugi morì sotto gli occhi inorriditi del fratello e di sua figlia e, non appena Kabuto estrasse la propria lama sporca di sangue, il suo corpo crollò a terra immobile.

- Papààà!

L’urlo disperato della bambina, nel vedere il corpo senza vita del genitore, era appena paragonabile allo strazio intenso del suo cuore. Le lacrime non avrebbero mai potuto placare il dolore di quella perdita ma ugualmente sarebbero sgorgate dal suo volto, fino a quando i suoi occhi non si sarebbero asciugati completamente. 
Kabuto rinfoderò la spada impassibile, come se quella scena fosse del tutto insignificante per lui, e prima di andarsene rivolse un preciso monito al fratello della vittima.

- Apri bene le orecchie - esclamò. - Se seguirai l’esempio di questo idiota, oltre a fare la sua stessa fine, vedrai prima bruciare la tua casa e i tuoi campi, assieme a tutti i tuoi familiari… Chiunque si rifiuta di pagare le tasse non è altri che un traditore della corona, e come tale verrà giustiziato, cacciatevelo bene in testa!

Subito dopo Kabuto diede il segnale ai suoi di tornare a palazzo e, dando immediatamente di sprone, partì al galoppo. Komugi pianse in silenzio la morte di suo fratello e la sofferenza di sua nipote, tuttavia non poteva fare altro che rassegnarsi. A Konoha purtroppo la legge era questa: gli umili lavoravano per mantenere principalmente la Regina e i nobili della corte di Feuilles, i quali erano gli unici a beneficiare di qualsivoglia diritto o privilegio; tutti coloro che non erano d’accordo venivano arrestati o “giustiziati” seduta stante, come il povero Omugi appunto; il secolo di Maria Tsunade sarebbe senza dubbio passato alla storia come un Regno di Sangue, dove la giustizia e la libertà venivano impunemente schiacciate dalla malvagità e dalla violenza.

 

***

 

Ad alcune miglia dalla campagna, nella grande e fiorente città costruita attorno alla Reggia di Feuilles, la vita scorreva come ogni altro giorno frenetica e laboriosa. Qui la situazione era pressappoco la stessa, anche se con alcune eccezioni ( certi artigiani e commercianti infatti beneficiavano di alcuni favori da parte delle famiglie altolocate ), e la miseria abbondava lungo le strade e i vicoli del paese. Un terzo della popolazione, appartenente al ceto più umile, era ormai ridotto a mendicare; altri invece ( soprattutto bambini ) morivano di malattia o in mezzo alla strada, a causa della fame e degli stenti. Le condizioni intollerabili in cui questa gente era costretta a vivere si estendevano sempre di più, come un fitto viluppo di parassiti su di un cespuglio di rose, e la situazione precipitava di giorno in giorno. 
Proprio qui, in un modesto negozio di fiori al margine della strada principale, la giovane Tenten viveva insieme ai genitori in un clima di affetto e semplicità. Costoro logicamente non erano ricchi ma, nonostante le difficoltà per mandare avanti il lavoro e pagare le imposte, entrambi facevano il possibile per garantire benessere a sé stessi e alla figlia. Tenten era una fanciulla sui sedici anni, con i capelli castani e due splendidi occhi color nocciola, dolce e sensibile ma allo stesso tempo fiera e determinata in tutto ciò che faceva. Come la maggior parte dei giovani infatti non tollerava le ingiustizie e, insieme al gruppo dei suoi amici d’infanzia, spesso si ritrovava nella piazza del mercato ad ascoltare affascinata i discorsi sulla libertà e sull’uguaglianza.

- Non possiamo continuare così - gridò a gran voce un giovane moro dalle grosse sopracciglia scure, in piedi sopra una pila di botti accatastate una sull’altra. - Alla Reggia di Feuilles il cibo si spreca, mentre i nostri bambini spesso non vedono neanche una briciola di pane… Per quanto ancora volete assistere in silenzio alle ingiustizie della Regina?

Subito si levò in risposta un forte mormorìo di protesta. Il giovane attese qualche istante, prima di proseguire il suo discorso, assicurandosi che tutti ascoltassero le sue ragioni.

- Oggi è stata emessa ufficialmente una nuova tassa - esclamò. - Oltre alle imposte sulle semine, pari quasi alla metà del ricavato, i contadini saranno costretti a versare fino a due terzi dei loro averi per sostenere la Tassa sul Raccolto che Sua Maestà ha appena emesso!
- E’ una cosa inaudita - disse subito una donna. 
- Giusto - fece eco un altro. - Se continuiamo a tacere e pagare, moriremo tutti di fame… La Regina non può farci pagare altre tasse!

Il ragazzo in cima alle botti sollevò le braccia, incitando la folla a manifestare liberamente il proprio scontento. Anche Tenten si lasciò trasportare dall’entusiasmo e, sollevando il pugno verso l’alto, si unì al coro di proteste contro Maria Tsunade e le sue ingiuste tasse.
Proprio in quel momento però, dal fondo della piazza, qualcuno cominciò a gridare in modo agitato.

- Presto, presto allontanatevi - urlò un ragazzetto, nonostante l’evidente fiatone per aver corso. - Sta arrivando il comandante Kabuto!

Nell’udire il nome dell’ufficiale, la folla si disperse rapidamente. Il giovane in cima alle botti scorse infatti la pattuglia di soldati agli ordini di Kabuto attraversare la piazza e dirigersi verso di loro, tenendo il cavallo al trotto. Quando entrambi si ritrovarono faccia a faccia, Kabuto osservò l’altro con un sorriso malefico sul volto e gli intimò di spiegare il motivo della sua presenza in piazza, così come quella dei compagni al suo seguito.

- Siamo stanchi di subire una tassazione pesante e ingiusta - rispose il giovane deciso. - Così come siamo stufi di riconoscere i privilegi e i diritti di una minoranza della popolazione, a danno di molti altri… Siamo tutti cittadini di Konoha e abbiamo pari dignità, come chiunque altro; la Regina e i suoi nobili non possono continuare a trattarci come spazzatura! 
- Molto divertente - replicò Kabuto con una smorfia. - La commedia è finita però, tornatevene tutti a casa, se non volete trascorrere la notte nelle prigioni della Fanghiglia! 
- E con quale autorità? - domandò il giovane, scendendo dai barili e sfidando apertamente l’ufficiale a procedere con le sue minacce. - Quale legge proibisce all’uomo di esprimere la propria opinione? Anche se non siamo nobili, tutti noi abbiamo diritto di… 
Aaah! 
- Rock Lee - esclamò Tenten, avvicinandosi per aiutarlo.

Scoccando lampi di irritazione da dietro gli occhiali infatti, Kabuto incitò il cavallo e Rock Lee fu appunto costretto a lasciarsi cadere all’indietro per evitare gli zoccoli. L’ufficiale smontò di sella e, ignorando l’espressione di odio della fanciulla lì accanto, afferrò il giovane per il bavero per sollevarlo da terra con entrambe le mani.

- Stammi bene a sentire, moccioso - sibilò Kabuto, storcendo le labbra a pochi centimetri dal suo volto. - L’unico diritto che voialtri avete è quello di strisciare come vermi e, se non sei d’accordo, posso sempre schiarirti le idee gettandoti nella Fanghiglia e buttando via la chiave! 
- Ma… Maledetto - mormorò appena Rock Lee.

Ignorando le sue parole, Kabuto lo gettò nuovamente a terra e rivolse un ulteriore monito ai giovani dietro di lui.

- Badate a voi - esclamò. - Come è vero che il sole sorge e tramonta, se oserete ancora lamentarvi, vi assicuro che ve ne pentirete amaramente!

Le mani serrate lungo i fianchi, Tenten sollevò coraggiosamente lo sguardo e si avvicinò all’ufficiale. Rock Lee cercò ovviamente di fermarla ma, prima che potesse fare qualcosa, lo schiaffo sonoro della fanciulla aveva già colpito Kabuto in pieno volto. 
Offeso e infuriato da quel gesto, il comandante sguainò la propria spada e fece per colpire la ragazza alla testa. Fortunatamente Rock Lee riuscì ad aggrapparsi al suo braccio appena in tempo per impedirgli di vibrare il colpo mortale.

- La prego, non lo faccia - gemette il ragazzo. 
- Levati di mezzo - ruggì l’ufficiale, liberandosi della sua stretta con uno strattone.

Questi barcollò all’indietro e, prima di rendersene conto, Kabuto gli assestò un violento calcio proprio alla bocca dello stomaco. Tossendo e boccheggiando per l’improvvisa mancanza di fiato, Rock Lee ricadde in avanti sulle ginocchia e lì rimase piegato in due, stringendosi dolorosamente l’addome con entrambe le braccia. Kabuto concentrò nuovamente la propria attenzione su Tenten, tenendole la lama della spada puntata alla gola, e a stento si trattenne dal colpirla. Negli occhi di lei non vi erano né paura né terrore, solo un fiero ed evidente coraggio misto ad altrettanta incoscienza, per questo Kabuto esitò guardandola incuriosito.

- Comandante - esclamarono dunque i soldati, sorpresi per l’accaduto.

Per qualche secondo Kabuto inarcò il sopracciglio dopodiché, abbassando la lama, si limitò a ricambiare lo sguardo carico di odio della fanciulla con un’espressione a dir poco divertita.

- Hai un bel coraggio, ragazzina - commentò costui, rinfoderando la spada. - Ho già ucciso molti uomini, per avermi osato rivolgere uno sguardo simile al tuo, ma non verserò il tuo sangue… Sarebbe inutile! 
- Per quale motivo? - domandò Tenten, infastidita dal suo evidente sarcasmo. 
- Perché il sangue di una donna è ancora più insignificante della sua stessa esistenza - rispose l’altro, aggiustandosi gli occhiali sul volto. - Sei nata inferiore e morirai inferiore, proprio come quello stupido del tuo compagno… Girate al largo adesso, e ringraziate che oggi sono di buonumore!

Gli occhi sbarrati dalla rabbia e dal furore incontenibile, Tenten fece per colpire nuovamente quel dannato ufficiale ma questa volta Rock Lee la trattenne per il polso appena in tempo.

- Non… Non fare la stupida - mormorò appena il compagno, ancora incapace di rialzarsi del tutto. - Cosa… Cosa speri di ottenere, facendoti ammazzare da lui ? Pensa a tuo padre e a tua madre, e cerca di controllarti…

Toccata dalla verità delle sue parole, Tenten si limitò ad osservare Kabuto e i suoi uomini proseguire indisturbati lungo la piazza. Malgrado il desiderio di riscattare il suo orgoglio ferito, il pensiero di arrecare dolore ai suoi genitori era più forte di qualunque altra cosa; Tenten amava la sua famiglia e non poteva sopportare che soffrissero per causa sua. 
Non appena Kabuto e i suoi si furono allontanati, altri due ragazzi si fecero avanti per aiutare Rock Lee a rimettersi in piedi.

- Tutto bene? 
- Fai piano, cerca di non sforzarti… 
- Sto bene, non preoccupatevi - li tranquillizzò entrambi. - Ma il problema resta purtroppo: finché la Regina continuerà ad imporre queste leggi ingiuste, il popolo di Konoha continuerà a restare in silenzio per paura… 
- E noialtri cosa possiamo fare allora ? - domandò uno degli amici, con gli stretti occhi dal taglio piuttosto selvatico. - Hai sentito Kabuto, no ? Finiremo tutti alla Fanghiglia, se non troviamo una soluzione! 
- Hai ragione, Kiba… Ma la Regina non concede udienze e, anche andando tutti insieme a Feuilles, non saremo ascoltati comunque!
- Potremmo provare a chiedere udienza al Cardinale - propose un altro, un giovanotto dai capelli color zafferano. - A quanto dicono, Sua Eccellenza Orochilieu ha molta influenza a corte! Forse lui potrebbe convincere la Regina ad ascoltare le nostre ragioni… - Vale la pena di tentare - si dichiarò d’accordo Rock Lee. 
- Vengo anch’io con voi - esclamò Tenten.

Tutti si voltarono a guardarla preoccupati. Rock Lee si avvicinò all’amica cingendola per le spalle e, con occhi colmi d’affetto, le espresse le sue preoccupazioni per lei molto chiaramente.

- Tenten, è meglio che torni a casa! 
- Ma io… 
- Ti prego - insistette l’altro. - Oggi hai corso un rischio fin troppo grande… Se ti facessi vedere alla Reggia, è probabile che Kabuto decida di vendicarsi per l’affronto; non voglio che ti succeda qualcosa! 
- Rock Lee, anch’io voglio parlare con Sua Eccellenza! 
- Lo faremo noi, te lo prometto - tagliò corto Rock Lee. - Andremo subito dal Cardinale e lo supplicheremo di ascoltarci; se la Regina non ascolta le parole del popolo, almeno ascolterà quelle del suo più diretto consigliere!

Tenten provò inutilmente a chiedere all’amico il permesso di accompagnare lui e gli altri, ma alla fine si lasciò convincere che era meglio seguire il suo consiglio. Rock Lee la abbracciò e le scoccò un leggero bacio sulla guancia; dopodiché l’intero gruppo si avviò di buon passo alla Reggia, deciso a conferire con il Cardinale in persona.

 

***

 

Contrariamente alle previsioni dubbiose di molti, Sua Eccellenza Orochilieu accettò tranquillamente di concedere udienza a Rock Lee e compagni. Questi ultimi infatti furono introdotti al suo cospetto, affinché esponessero chiaramente i motivi per cui desideravano incontrarlo. Orochilieu ascoltò le loro parole con grande interesse e, quando ebbero finito, si alzò in piedi per andare verso la finestra alle sue spalle.

- Ciò che dite mi lascia veramente sconvolto - disse sottovoce. - Ignoravo che le decisioni di Sua Maestà fossero tanto dannose per il popolo di Konoha, ma ovviamente non posso certo permettere che la gente patisca così tante sofferenze… 
- Vuol dire… Che ci aiuterà? - chiese Rock Lee speranzoso.

Orochilieu si voltò verso di loro, con un sorriso rassicurante.

- “La giustizia degli uomini è nelle mani di Nostro Signore, ma ciò non toglie che gli uomini debbano impegnarsi per fare ciò che è giusto” - esclamò il Cardinale, rivolgendo le mani verso l’alto come ispirato. - Andate pure tranquilli, mi impegnerò personalmente a riferire alla Regina ciò che mi avete appena detto… Abbiate fede e pregate Iddìo per le vostre anime!

I giovani si inchinarono con rispetto, facendosi tutti il segno della croce e rivolgendo profondi ringraziamenti al Cardinale per la sua bontà d’animo, dopodiché si accinsero a seguire la guardia all’ingresso e uscirono molto più sollevati. Non appena la porta si chiuse alle loro spalle tuttavia, Orochilieu cambiò di colpo espressione; i suoi occhi sembrarono assumere i contorni di quelli di un serpente e, sulle sue labbra sottili, comparve un evidente sorriso compiaciuto. Subito si accinse a tirare un cordone appeso a un’estremità del soffitto e, da un arazzo alla sua sinistra, il Comandante Kabuto entrò nella stanza.

- Comandi, Eccellenza! 
- Quei giovanotti che sono appena andati via dimostrano che il piano procede meglio di quanto potessi sperare - commentò il Cardinale. - Come previsto infatti, la colpa del malcontento verte tutta sull’immagine di Maria Tsunade e questo gioca a nostro vantaggio per la seconda fase dell’operazione! 
- Come devo agire dunque?

Sua Eccellenza si accarezzò il mento, con fare mellifluo, e meditò in silenzio per qualche istante prima di rispondere.

- E’ ancora presto: prima che scoppi la rivoluzione, è necessario che tutti si schierino contro la Regina… E purtroppo ci sono ancora troppi imbecilli a corte che la vedono di buon occhio! 
- Allude al Conte Hyuga, per caso?

Il sorriso scomparve sul volto del Cardinale, lasciando il posto ad una smorfia infastidita.

- A tempo debito, sistemeremo le cose anche con quell’ingenuo di Hiashi… Ora abbiamo altro a cui pensare! 
- Che cosa vuole che faccia, dunque? 
- Come ti ho già detto, è troppo presto per permettere a quei giovani imbecilli di indurre il popolo alla rivolta; quando i tempi saranno maturi, sarà sufficiente aggiungere un’ulteriore tassa per scatenare la scintilla definitiva… Raduna i tuoi uomini e procedi, voglio che vengano fatti sparire senza lasciare traccia! Mi sono spiegato? 
- Perfettamente, Eccellenza, non dubitate!

Ciò detto, Kabuto si congedò dal Cardinale con un inchino e uscì fuori dalla stanza. Tuttavia, nascosto fuori della porta, qualcuno aveva ascoltato attentamente la conversazione e, anche se il suo volto era parzialmente nascosto dall’ombra del corridoio, i suoi occhi bianchi si accesero di un intenso bagliore.

 

***

 

Quella sera Tenten era seduta a tavola coi suoi genitori. Insieme stavano per mettersi a mangiare quando, del tutto inaspettatamente, qualcuno bussò alla porta.

- Tenten, aprici, per favore!

La fanciulla riconobbe immediatamente la voce di Rock Lee e, dopo aver aperto l’uscio infatti, riconobbe sia lui che gli amici Kiba, Naruto e Choji. Tutti e tre non fecero nemmeno in tempo a spiegarle che, dopo essersi fiondati dentro, richiusero di scatto la porta facendo segno a Tenten e ai suoi genitori di non fiatare. 
Fuori intanto si udirono chiaramente urla e rumori di cavalli al galoppo, segno che le guardie stavano dando la caccia a qualcuno. Con l’orecchio alla porta e trattenendo il respiro, Rock Lee aspettò che i soldati si allontanassero prima di fornire le dovute spiegazioni ai presenti.

- Bontà del Cielo, Rock Lee, cos’è successo? 
- Una cosa terribile, purtroppo - rispose l’altro sconvolto. - Eravamo sulla strada di casa quando, senza che neanche ce ne rendessimo conto, gli uomini di Kabuto ci hanno attaccati di sorpresa… 
- Cosa ?!?

Tenten spalancò gli occhi incredula, mentre i suoi genitori rabbrividirono preoccupati.

- E’ accaduto tutto troppo in fretta - proseguì Rock Lee. - Dopo averci ricevuti alla sua presenza, il Cardinale ha promesso di parlare per nostro conto alla Regina; mentre tornavamo a casa però, i soldati sono sbucati dal nulla e hanno ammazzato il nostro amico Hosho come un cane! 
- No - urlò Tenten inorridita. 
- Purtroppo - confermò Choji tristemente. - Per fortuna Shino e gli altri si sono sparpagliati per far perdere le tracce ma, mentre correvamo a nasconderci nella boscaglia, abbiamo sentito chiaramente Kabuto ordinare ai suoi di non perdere le tracce dei capi… Adesso dobbiamo lasciare la città il prima possibile, non possiamo rimanere oltre! 
- Aspettate - disse loro il padre di Tenten. - Vado a preparare il carro, vi accompagnerò fuori delle mura con quello; nessuno farà caso a noi, se vi nasconderete sotto il mucchio di fogliame che devo buttare via… 
- Hai ragione, papà - si disse d’accordo Tenten. - Ma accompagnerò io i miei amici lontano da Konoha!

Tutti guardarono Tenten come se fosse impazzita.

- Non dire sciocchezze - la rimproverò subito Rock Lee. - Se i soldati dovessero trovarti assieme a noi, tu… 
- Hanno ucciso Hosho - lo interruppe Tenten, sforzandosi di trattenere le lacrime. - Non posso permettere che accada qualcosa anche a voi… Non mi darò pace finché non vi saprò al sicuro da quegli assassini, e non provare a fermarmi perché è inutile!

Dopo un breve quanto inutile tentativo di protesta, Rock Lee e gli altri capirono che non c’era modo di dissuaderla. Poco dopo infatti, il carro uscì dalla rimessa dietro il negozio, con Tenten seduta a cassetta. La ragazza si assicurò che la strada fosse libera dopodiché salutò in silenzio entrambi i genitori e fece partire il cavallo lentamente per non dare nell’occhio. I due la osservarono ansiosi, raccomandandole ancora una volta di essere prudente, e rimasero fermi sulla soglia anche quando il carretto scomparve ormai alla vista.

 

***

 

Erano appena usciti dalla città, quando Tenten cominciò a sentire le grida dei soldati da una collina poco distante: l’avevano vista…

- Ehi voi, del carro, fermatevi immediatamente!

Incurante dell’avvertimento, Tenten schioccò le redini e incitò il cavallo. L’animale cominciò subito a correre ma, nonostante fosse al massimo della velocità, non poteva sperare di sfuggire al comandante e ai suoi uomini. Vedendoli darsi alla fuga, Kabuto dette infatti l’ordine di lanciarsi all’inseguimento. Nonostante la corsa disperata, ben presto Tenten si accorse che i soldati le erano praticamente addosso; di nuovo cercò di far andare il cavallo ancora più svelto, ma invano; ad un tratto Kabuto sollevò una pistola e, prendendo la mira contro la ruota posteriore del carro, fece fuoco. 
Il veicolo sbandò improvvisamente, non appena la ruota esplose in mille pezzi. Tenten provò in tutti i modi a cercare di recuperare il controllo ma, con uno schianto impressionante, il carro uscì dalla strada e i passeggeri nascosti sotto al mucchio di fogliame secco vennero sbalzati sul prato. Prima che fossero in grado di alzarsi e scappare, i soldati li raggiunsero per circondarli.

- Fermi dove siete - ordinò loro Kabuto.

Malgrado la situazione, i quattro amici compresa Tenten furono costretti ad obbedire. Nello smontare di sella, l’ufficiale riconobbe la giovane spudorata che aveva osato prenderlo a schiaffi quella mattina.

- Bene, bene - esclamò. - A quanto pare, mi si presenta anche l’occasione di ripulire un po’ d’immondizia da questi campi…

Per tutta risposta Tenten sollevò un sasso da terra e lo scagliò con tutta la forza contro il volto sorridente dell’ufficiale. Kabuto lo afferrò tuttavia al volo e, gettandolo via con stizza, sguainò la spada con una luce minacciosa negli occhi. Tenten provò a indietreggiare ma, a causa di un frammento della ruota distrutta, inciampò e cadde sulla schiena. Subito Kabuto le fu sopra e, sorridendo malignamente, sollevò l’arma sopra la testa.

- Addio, ragazzina!

In quello stesso momento, un lungo pugnale sottile sfrecciò rapido nell’aria e ferì l’ufficiale alla guancia. Kabuto strinse gli occhi per il dolore e, osservando il sangue che gli colava dalla ferita, si voltò immediatamente per scoprire chi fosse l’autore di quello scherzo. Sulla collina soprastante, a bordo di un candido cavallo dalla criniera color pece, vi era un uomo interamente vestito di bianco, con l’ eccezione di un mantello scuro e di una sottile maschera nera che gli copriva il volto. I suoi occhi erano limpidi, come stelle nel cielo notturno, e a tratti sembravano emanare proprio gli stessi bagliori.

- Chi sei ? - domandò Kabuto furibondo. 
- Il mio nome è Sanzashi - rispose l’altro in tono calmo e solenne. - E ti ordino di rimontare a cavallo assieme ai tuoi uomini, altrimenti dovrai vedertela con me! 
- Sfrontato - ruggì Kabuto, sollevando la spada davanti a sé. - Vieni giù, se hai coraggio!

Senza farselo ripetere, il cavaliere mascherato si lanciò al galoppo contro i soldati. Questi ultimi rimasero spiazzati e confusi dalla velocità dell’azione e, prima che potessero fare o dire qualcosa, costui saltò improvvisamente dalla sella e atterrò davanti a loro con l’arma in pugno.

- Che aspettate, idioti ? - urlò Kabuto. - Ammazzatelo!

Pur cercando di eseguire l’ordine, apparve subito chiaro che non sarebbe stato facile. Lo spadaccino di nome Sanzashi si dimostrò infatti un avversario coi fiocchi: non appena due soldati cercarono di attaccarlo, entrambi si ritrovarono disarmati con pochi semplici colpi senza nemmeno capire com’era successo; Sanzashi evitò dunque l’attacco di un terzo e, con grande destrezza e maestria, gli fece volare di mano la spada, mandandola a conficcarsi proprio ai piedi di Kabuto. Quest’ultimo rimase allibito ma, recuperando immediatamente il controllo, si fece avanti per affrontarlo a sua volta.

- Preparati a morire, pagliaccio!

Sanzashi rimase impassibile alle provocazioni e, accettando l’invito di buon grado, ingaggiò con lui un duello all’ultimo sangue. Kabuto infatti, oltre ad essere cinico e spietato, era anche un osso duro; la sua lama era veloce e i suoi attacchi potenti; Sanzashi rispose colpo su colpo, tenendogli incredibilmente testa, e alla fine fece volare via gli occhiali dell’altro con un preciso fendente verticale.
Kabuto spalancò gli occhi, mentre il sangue cominciò a colargli dal taglio lungo la fronte, e fissò incredulo lo sguardo impassibile del suo nemico mascherato. Accecato dall’ira, si lanciò dunque in avanti senza riflettere con la lama pronta a trafiggerlo… 
Un attimo dopo, sia Tenten che i suoi compagni non riuscirono a credere ai propri occhi. 
La spada di Kabuto venne scagliata in aria e, dopo aver volteggiato alla luce della luna, si conficcò alle spalle dell’ufficiale con un tonfo secco. Sconfitto e disarmato, per la prima volta in vita sua, Kabuto non riuscì nemmeno a parlare. La lama di Sanzashi era saldamente puntata contro la sua gola e, a bocca aperta per lo stupore, un violento brivido gli corse lungo la spina dorsale.

- Raccogli la tua spada - sussurrò Sanzashi. - E vattene!

Vedendo il loro comandante sconfitto, gli altri soldati capirono che non era il caso di impegnarsi in combattimento contro quel misterioso avversario. Tutti loro infatti, senza neanche aspettare l’ordine della ritirata, montarono in sella ai propri cavalli e partirono di gran carriera. Sanzashi abbassò l’arma per permettere a Kabuto di seguirli, questi dunque si voltò a raccogliere l’arma e gli occhiali. Il lampo di odio negli occhi dell’ufficiale tuttavia sembrava dimostrare che la faccenda era tutt’altro che conclusa.

- Ci rivedremo, Sanzashi - esclamò gelido, prima di allontanarsi in groppa al cavallo. - Chiunque tu sia!

L’altro rimase del tutto indifferente alle sue parole, con gli occhi color del ghiaccio e i lineamenti rigidi del volto. Un attimo dopo Kabuto partì al galoppo e, solo quando fu ormai scomparso all’orizzonte, Sanzashi rinfoderò la spada.

- State bene? - domandò poi, rivolgendosi a Tenten e agli altri.

Gli altri annuirono timidamente tuttavia, prima che potessero anche solo dire una parola per ringraziarlo, Sanzashi si voltò a riprendere il cavallo.

- Aspetta - esclamò Tenten, avvicinandosi a lui.

Sanzashi si fermò di scatto. La sua mano guantata accarezzò il destriero, il quale si accostò docilmente per permettergli di montare in sella, dopodiché rivolse alcune parole all’indirizzo di Rock Lee e dei suoi compagni.

- Guardatevi dal Cardinale Orochilieu - esclamò. - Per quanto male possa esserci a Konoha, lui è senza dubbio il male peggiore… Diffidate della sua maschera di santità e temetelo come il diavolo in persona! 
- Ma la Regina è… 
- Adesso non c’è tempo per le spiegazioni - tagliò corto l’altro bruscamente. - Tornate alle vostre case e mantenete vive le vostre idee: solamente una rivoluzione guarirà le ferite di questo paese e, finché ciò non accadrà, io combatterò al vostro fianco!

Ciò detto mise il piede sulla staffa per montare in sella ma, prima ancora di salire, Tenten gli afferrò la mano per ringraziarlo. Sanzashi esitò un attimo, ovviamente colpito dalla sua riconoscenza, tuttavia il suo sguardo restò imperscrutabile.

- Grazie Sanzashi - mormorò Tenten. - Grazie! 
- Non devi ringraziarmi - rispose l’altro con voce atona. - La giustizia vive nei nostri cuori, e i nostri cuori siamo noi… 
- Ma quale giustizia ripagherà mai le vite di coloro che muoiono?

Gli occhi del giustiziere incontrarono quelli color nocciola di Tenten. Dietro al velo delle sue lacrime, Sanzashi intravide la dignità e la fierezza di una persona coraggiosa che non accettava le ingiustizie. Quella fanciulla, seppur disarmata, aveva avuto il coraggio di reagire davanti al comandante Kabuto e alla sua crudeltà. Dalle sue parole si capiva che il dolore di assistere alla morte di persone innocenti, senza poter fare nulla per impedirlo, la faceva sentire profondamente inutile… Per questo Sanzashi si sentì in dovere di fare qualcosa per alleviare la sua sofferenza. 
Subito estrasse dal mantello un piccolo rametto di fiori di biancospino e lo mise nelle mani della fanciulla, sussurrandole alcune parole all’altezza del volto.

- Non perdere la speranza!

Come ebbe detto quella frase, Tenten lo vide montare in sella e sparire al galoppo così com’era arrivato. Il suo sguardo cadde dunque sui fiori tra le sue dita: il biancospino usato per “scacciare i malvagi”, secondo la superstizione popolare, era anche simbolo di speranza… Sanzashi le aveva detto infatti di non perdere la speranza e, su quei piccoli fiori candidi, Tenten giurò che non l’avrebbe mai persa.

 

( continua col prossimo capitolo )

ANGOLO DELL'AUTORE: 
Ed eccoci qui, adesso almeno avete un quadro un po' più "specifico" della situazione descritta in precedenza. Non posso sapere se la storia vi piace o meno ma, NEL CASO vi fosse piaciuta, umilmente vi chiedo un piccolo favore: 
A causa di un problema abbastanza serio alla mano, accuso serie difficoltà a disegnare, pertanto SE QUALCUNO DI VOI VOLESSE & POTESSE ridisegnare per me il protagonista secondo l'esempio che vedete qui sotto, ve ne sarei immensamente grato...

 

 
Disegno di: 
Cocol_Sasso_97

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Capitolo 3
*** Il Conte Hiashi ***


Da quella notte in poi, le apparizioni del misterioso giustiziere si fecero sempre più frequenti. Ogni volta che le guardie commettevano qualche abuso, Sanzashi interveniva per rimettere le cose a posto. Anche se gli avversari erano decine, la sua spada da sola era in grado di sgominarli come niente: le guardie che tenevano sotto controllo il magazzino delle granaglie furono miseramente sconfitte,  affinché i contadini potessero riprendere ciò che gli apparteneva; chi si faceva arrestare come rivoltoso, prima di essere scortato alla Fanghiglia, veniva prontamente liberato e condotto al sicuro sul bianco cavallo del giustiziere; l’infermiera Sakura, che si occupava di curare coloro che non potevano permettersi di andare all’ospedale, tutte le sere riceveva medicine e quant’altro le occorresse dal giovane mascherato; i soldi delle imposte, destinati alla Reggia di Feuilles, venivano intercettati nottetempo e ridistribuiti alla popolazione sottoforma di pioggia di monete… Notte dopo notte, le sue azioni lo fecero veramente apparire agli occhi del popolo come la “dolce speranza”. Nel giro di breve tempo, Sanzashi era diventato l’eroe del popolo; i bambini lo imitavano nei loro giochi, gli adulti lo benedivano senza smettere di ringraziarlo, e qualcuno cominciò perfino a dedicare canzoni e poesie in suo onore.

E’ una spada nella notte 
è lo spirito delle vendette… 
Non esiste nessuno capace di sconfiggerlo 
non esiste nessuno in grado di sopraffarlo… 
E’ un sogno, una speranza 
e si batte con costanza… 
Per i deboli e gli oppressi, Dio fa che non ci lasci 
e benedetto nel tuo nome sia per sempre lui, Sanzashi !!!

Il cuore di Konoha intera batteva per il coraggioso eroe mascherato. Sanzashi era assai più di un uomo, era il simbolo della libertà e della giustizia; grazie a lui, Rock Lee e i giovani del paese continuavano a tenere viva la loro scintilla, sperando che questa accendesse la fiamma della rivolta; molti fantasticavano su chi potesse celarsi dietro quella maschera ma nessuno pareva saperlo e, cosa più importante, non lo sapevano gli uomini al servizio di Orochilieu.

 

***

 

- Basta!

Il pugno poderoso di Orochilieu si abbatté con tale forza sul tavolo, da rovesciare completamente la boccetta dell’inchiostro. Il nero liquido si sparse sulla superficie di legno lucido, fino a gocciolare sui fogli e sul pavimento, mentre le mani del Cardinale fremevano di rabbia.

- Sono settimane che non sento parlare d’altro: intere pattuglie di soldati armati fino ai denti, incaricati di far rispettare la legge e mantenere l’ordine tra quella plebaglia… E un pagliaccio mascherato, di cui nessuno sa nulla, è capace da solo di mettervi tutti nel sacco! 
- Sono mortificato, Eminenza - tentò di giustificarsi Kabuto. 
- Niente scuse - tagliò corto il Cardinale, impietoso. - Per colpa della tua inettitudine, Kabuto, il mio piano rischia di non funzionare come dovrebbe! 
- Con il dovuto rispetto, Eminenza, non potevo certo prevedere che…

Stanco di ascoltare le sue patetiche giustificazioni, Orochilieu si allontanò dalla scrivania per avvicinarsi ad una gabbia di vetro trasparente; al suo interno vi era un grosso serpente acciambellato che, nonostante l’aspetto indicasse chiaramente la sua mortale pericolosità, sembrava non incutere alcun timore agli occhi del suo padrone. Come Orochilieu infilò dentro la mano per accarezzare il grosso carapace squamoso del rettile, questi sollevò distrattamente la testa e si avvinghiò dolcemente attorno al suo braccio, come se fosse ipnotizzato. Il cardinale sorrise, lo sguardo magnetico delle sue pupille color giallo intenso, e ritirò il braccio senza fretta tenendo il serpente che soffiava minacciosamente. Kabuto osservò la scena in preda al nervosismo, nonostante cercasse di non darlo a vedere; tutti quanti a corte sapevano dell’affinità naturale di Sua Eminenza con i serpenti velenosi, o con qualunque altro tipo di creatura raccapricciante ( c’era anche chi vociferava che egli stesso fosse la reincarnazione di qualche divinità pagana, avente a che fare con gli spiriti del male delle leggende o cose del genere ), ma vederlo coi propri occhi era tutta un’altra cosa purtroppo.

- Sono molto deluso - mormorò Orochilieu, stuzzicando il serpente con l’indice davanti alla bocca, facendo guizzare a tratti la lingua biforcuta di quest’ultimo. - Avevo riposto in te la massima fiducia, Kabuto, ma devo purtroppo constatare di avere “sopravvalutato” i tuoi meriti… 
- La prego, non dica così - ribatté Kabuto, agitando il pugno davanti a sé con veemenza. - Le assicuro che sono fermamente deciso a catturare quella canaglia, per strappargli la maschera con le mie stesse mani e frustarlo a morte davanti a tutti come esempio! 
- Tuttavia i fatti non sono all’altezza delle vostre parole, capitano - osservò il Cardinale impietoso.

Kabuto chinò il capo umilmente, la fronte madida di sudore, incapace di ribattere alcunché. Nello stesso momento però, qualcuno bussò improvvisamente alla porta. Stringendo gli occhi con sospetto, Orochimaru fece scivolare di nuovo il serpente nella sua gabbia e si portò al centro della stanza con le mani giunte all’altezza del petto.

- Avanti - esclamò.

Subito un ufficiale della guardia comparve sulla soglia, inchinandosi con rispetto, per informare Sua Eminenza che un ospite illustre desiderava incontrarlo.

- Sua Grazia, il conte Hyuga, desidera conferire con voi d’urgenza! 
- Molto bene, fallo passare!

Scostandosi immediatamente dalla soglia, il soldato tese il braccio verso l’interno della stanza e invitò le persone dietro di lui ad entrare. Subito si fece avanti un uomo alto, con occhi bianchissimi e un’espressione fiera e severa allo stesso tempo. Costui salutò il Cardinale senza inchinarsi e, avvicinandosi a lui insieme al giovane che lo accompagnava, gli rivolse subito la parola senza porre mezzi termini.

- Cardinale Orochilieu - disse. - Confido che non avrete problemi a spiegare! 
- Naturalmente - rispose l’altro, con malcelata ipocrisia. - Se solo sapessi a cosa alludete, in qualità di umile rappresentante di Dio Onnipotente, sarò ben lieto di spiegarvi tutto ciò che vi occorre sapere!

Il sopracciglio del conte fremette vistosamente tuttavia, data la sua proverbiale calma e compostezza, si limitò a riassumere brevemente i motivi che lo avevano indotto a presentarsi al cospetto di quella immonda vipera intonacata.

- Mi riferisco al vostro ultimo editto - ribatté il conte in tono piatto. - Una legge che prevede il divieto a chiunque di farsi trovare in giro per le strade di Konoha, dopo le sette del pomeriggio! 
- Eh, si tratta di una dura ma necessaria precauzione: purtroppo abbiamo a che fare con un pericoloso delinquente in libertà, di questi tempi, perciò è meglio tutelare le persone perbene… 
- E secondo voi, arrestare coloro che debbono rincasare più tardi dal lavoro significa “tutelare le persone” ?!? 
- Piccolo dettaglio trascurabile - rispose il Cardinale, con indifferenza. - Del resto è comprensibile che la cattura di un pericoloso fuorilegge comporti qualche disagio alla popolazione, è inevitabile! 
- Non intendo stare qui a discutere di sciocchezze - tagliò corto Hiashi. - Il mio stalliere è stato arrestato la scorsa notte, mentre riportava un paio di cavalli alla mia scuderia; le sarei grato pertanto di abolire questo editto insensato, onde evitare che si verifichino altri inconvenienti di questo genere… Mi spiacerebbe molto altrimenti, dover rendere noto a Sua Maestà le incresciose conseguenze del vostro modo di agire!

Orochilieu accusò il colpo senza darlo a vedere, ma il sorriso era sparito completamente dal suo volto.

- Sono veramente mortificato - rispose dunque, dopo una breve pausa di silenzio. - Farò subito emettere l’ordine di scarcerazione per il suo domestico… 
- Provveda anche a fare abolire quella legge - incalzò il conte, aggrottando la fronte severo. - Non c’è nobiltà che tenga, quando viene a mancare il buon senso; se lo ricordi, Eminenza!

Kabuto fece per rispondere al tono provocatorio del conte nei confronti del Cardinale ma, sollevando la mano, quest’ultimo gli fece segno di non intervenire. Hiashi Hyuga era tanto importante a corte, quanto pericoloso e ostinato; di tutti i possibili ostacoli ai suoi progetti, era senza dubbio il più rischioso; doveva agire prudentemente con lui.

- Le mie scuse più sentite - concluse Orochilieu, chinando leggermente il capo. - Vorrà dire che troveremo un’altra soluzione contro quello sporco bandito, avete la mia parola! 
- “La vostra parola” - ripeté Hiashi con disprezzo. - Ne prendo atto, per rispetto dell’abito che indossate, ma dubito che Nostro Signore in persona si fiderebbe… Andiamo Neji, torniamo a casa!

Così dicendo, il conte si voltò verso il ragazzo serio e silenzioso al suo fianco, il quale annuì obbediente e fece per seguirlo. Non appena Hiashi scomparve nel corridoio, il giovane dietro di lui scoccò una veloce occhiata al cardinale e al suo tirapiedi; i suoi occhi perlacei vennero illuminati per un istante da un rapido bagliore, dopodiché si affrettò a seguire il conte senza battere ciglio.

- Ma come si permette? - imprecò Kabuto tra i denti, non appena entrambi se ne furono andati. - Usare questo tono con voi… Nessuno può osare tanto! 
- Lascia perdere, Kabuto - fece Orochilieu, con voce priva di emozione. - Finché si tratta di queste sciocchezze, posso tranquillamente passarci sopra: con la Regina sotto il mio controllo, Hyuga è poco più di una seccatura; verrà il tempo di sistemare anche lui, ma occorre sapere aspettare; “se il predatore si fa troppo impaziente, rischia di diventare preda a sua volta”… 
- E di suo nipote Neji, cosa suggerite di fare? Dobbiamo tenere d’occhio anche lui, per caso? 
- Non essere sciocco, Kabuto - lo rimproverò Orochilieu. - Quel ragazzino sa solo obbedire ciecamente all’autorità di suo zio; suo padre, Hizashi, era una spina nel fianco una volta... Ma per fortuna suo figlio non gli assomiglia neanche vagamente! 
- Che intendete dire? 
- Hizashi Hyuga era forse l’unico ribelle in possesso di un titolo nobiliare - spiegò il Cardinale. - Se non lo avessi tolto di mezzo, c’è da scommettere che avrebbe guidato lui stesso il popolo alla rivolta… Ma in quel caso sarebbe stata la mia testa a cadere, al posto di quella della Regina! 
- E suo figlio, allora? 
- Un bamboccio come tanti altri, cresciuto all’interno di ricche pareti dorate - rispose il Cardinale con un sogghigno. - Quando il padre è stato giustiziato come traditore, suo zio lo ha tirato su come un bravo scolaretto, non costituirà mai un problema… Al contrario Hiashi è diventato invece molto più arrogante e sicuro di sé: subito dopo la morte del fratello, sembra essere uscito dalla sua indolenza, e si è rivelato un vero e proprio imprevisto! 
- Stia tranquillo, Eminenza - provò a tranquillizzarlo Kabuto. - Ad un vostro preciso ordine, costui cesserà di essere un problema! 
- Pensa ad occuparti del nostro misterioso paladino vestito di bianco - brontolò il Cardinale infastidito. - Ti ho già detto che Hiashi è solo una seccatura ma, finché non lo catturiamo, Sanzashi rappresenta un problema ancora peggiore!

 

***

 

- Sanzashi… Sanzashi, aiuto! 
- Non temete, Sanzashi vi salverà!

Agitando un ramo di biancospino grande quanto lui, il “coraggioso eroe mascherato” saltò sopra le botti di legno accatastate sul retro di una bottega. Anche se leggermente diverso dal solito, quanto ad aspetto e dimensioni, lo straccio che indossava sulle sue spalle a mo’ di mantello sventolava ugualmente assai minaccioso. Le bambine terrorizzate ripeterono il suo nome, implorandogli aiuto; i “crudeli soldati” esitarono, abbassando le loro spade di legno, e implorarono umilmente il suo perdono.

- Vi piacerebbe, eh ? Codardi che non siete altro! Ma non sfuggirete alla spada del grande Sanza… a… Aaahhh !!! 
- Ah ah ah ah ah ah ah ah ah...

Nel momento in cui il “prode Sanzashi” scivolò rovinosamente a terra, suscitando l’ilarità generale ( soprattutto delle fanciulle presenti ), il poveretto si rese tristemente conto di quanto si era reso ridicolo. I bambini travestiti da soldati cominciarono dunque a prenderlo in giro, con un gran baccano di pentolame assortito.

- Ah ah, ma vatti a nascondere! 
- Che figuraccia…

Tirandosi su a sedere, malgrado il dolore al fondoschiena, il piccolo “giustiziere” attribuì la sua caduta alla scarsa stabilità di quelle botti da quattro soldi.

- A Sanzashi non sarebbe successo - lo schernì tuttavia una bambina. - E’ inutile che cerchi scuse! 
- Uffa - protestò l’altro. - Non è giusto!

Com’era prevedibile, dalla presa di giro i bambini si ritrovarono presto ad azzuffarsi tra di loro. Fortunatamente però, trovandosi a passare di lì per caso, Tenten riuscì a risolvere la situazione pacificamente afferrando i due contendenti per la collottola.

- Si può sapere che avete da litigare? 
- E’ colpa sua - risposero entrambi contemporaneamente, ciascuno indicando l’altro. - Mia ?!? Bugiardo, sei stato tu! 
- Basta così - tagliò corto lei, tenendoli saldamente, mentre questi agitavano le braccia nel vano tentativo di colpirsi a vicenda. - Dovreste vergognarvi, adesso datevi la mano e fate la pace! 
- Neanche per sogno - risposero questi, incrociando le braccia. 
- Vi conviene obbedire, se non volete che racconti tutto alle vostre mamme… 
- Gh!

Al solo pensiero delle rispettive sculacciate materne, i due mocciosi si riconciliarono “magicamente” come se nulla fosse accaduto. Tenten sorrise soddisfatta e li lasciò andare.

- Ciao Tenten - la salutarono in coro i bambini, scappando via di corsa.

La fanciulla sospirò.
Da quando Sanzashi era comparso, la città sembrava risorgere a nuova vita: gli adulti avevano ripreso a credere nella giustizia, i bambini a giocare spensierati e, in generale, la speranza aveva ripreso a fiorire nel cuore di tutti. Mentre si accingeva a ritornare a casa, Tenten scorse con lo sguardo uno degli avvisi di taglia che Kabuto e i suoi uomini avevano sparso per tutta la città. Sotto al disegno del giovane uomo mascherato, vi era scritto:

SANZASHI 
pericoloso fuorilegge, traditore della corona e assassino 
chiunque dovesse offrirgli riparo e protezione verrà rinchiuso nelle prigioni della Fanghiglia 
chi dovesse fornire invece notizie utili alla sua cattura verrà adeguatamente ricompensato!

Tenten osservò distrattamente la scritta, in gran parte scarabocchiata dai bambini, e si soffermò invece sui bianchi occhi magnetici del giovane raffigurato. Chiunque si nascondesse dietro quella maschera, oltre ad essere probabilmente molto affascinante, era senza dubbio un uomo forte e coraggioso come pochi altri. Tenten non aveva dimenticato la prima volta in cui Sanzashi era giunto in suo aiuto, sconfiggendo Kabuto e i suoi uomini con grande abilità e maestria; il ramo di biancospino che le aveva regalato e le parole che aveva detto: Non perdere la speranza 
Da allora non le era capitato più di rivederlo, se non di sfuggita in qualche rara occasione, eppure ricordava chiaramente il suo sguardo fermo e la luce che brillava nei suoi occhi. 
Ad un tratto il rumore di uno sparo, seguito dalle urla concitate che provenivano dalla piazza, la riscosse dai suoi pensieri. Ansiosa di scoprire cosa stava accadendo, Tenten si precipitò subito a vedere. 
Uno dei bambini di prima ( quello con ancora indosso il mantello e la maschera di Sanzashi ) si trovava sollevato da terra, tenuto strettamente per il bavero, da un soldato con lo sguardo truce. Quest’ultimo si era imbattuto accidentalmente nel marmocchio e, interpretando il suo costume come una provocazione contro l’esercito di Sua Maestà, adesso era deciso a fargliela pagare duramente per la sua impudenza.

- Dannato moccioso - ruggì il soldato. - Lo sai cosa succede a chi offende il nome di Sua Maestà, la Regina? 
- Io… Non ho fatto niente… Lasciatemi… 
- Ah, non hai fatto niente… E quella maschera, allora ?!?

Il bambino si ritrovò scaraventato a terra, per essere dunque preso duramente a calci da quell’uomo spietato. Costui non intendeva limitarsi a picchiarlo; vedendo con quanta durezza lo colpiva infatti, apparve subito chiaro che aveva intenzione di ucciderlo; il bambino pianse e gemette, sotto i colpi violenti che per poco non rischiavano di spezzargli le ossa.

- Piccolo… lurido… cane che non sei altro - scandì il soldato, picchiandogli contro la pesante suola dello stivale ad ogni colpo. - Ti farò rimpiangere perfino il giorno in cui tua madre t’ha messo al mondo, te lo garantisco!

Improvvisamente un piccolo cesto di vimini, scagliato con forza, si abbatté sul volto del soldato. Questi smise un momento di picchiare il bambino e, sollevando lo sguardo per vedere in faccia chi aveva osato colpirlo, vide Tenten.

- Come osi ? - esclamò.

La fanciulla si parò davanti al bambino, facendogli segno di alzarsi e scappare, e sostenne impavida l’espressione furiosa dell’uomo.

 

***

 

In quello stesso momento, la carrozza con le insegne del conte Hyuga giunse per caso nella piazza a passo lento ma sostenuto. Data la folla e la confusione, il cocchiere fu costretto a fermarsi e, affacciandosi fuori dal finestrino, il conte domandò infastidito il motivo di quella sosta improvvisa.

- Pare che ci siano alcuni disordini - rispose l’uomo seduto a cassetta. - Sembra che qualcuno abbia osato alzare le mani contro un soldato di Sua Maestà!

Hiashi scosse il capo con disinteresse e fece per rientrare in carrozza ma, guardando con la coda nell’occhio nella direzione indicata dal cocchiere, vide chiaramente che la persona di cui parlava quest’ultimo era una fanciulla. 
Costei, dopo aver colpito il soldato col paniere e permesso al bambino di scomparire in mezzo alla folla, era ferma in piedi e incurante delle conseguenze del suo gesto avventato.

- Lo sai qual è la pena per chi osa alzare le mani su un soldato della Guardia Reale? 
- No e non m’interessa - rispose lei coraggiosamente. - Solamente un vigliacco è capace di picchiare a morte un bambino indifeso… E i vigliacchi mi fanno solamente ribrezzo!

Schiumando di rabbia, il soldato afferrò il fucile che teneva a tracolla e lo puntò dritto davanti a sé. Tenten non batté ciglio, ripetendo anzi le sue parole “oltraggiose” con maggiore fermezza. Il soldato sollevò dunque l’arma ma, prima che potesse fare fuoco, qualcuno gli ordinò a gran voce di fermarsi.

- Come ti permetti di darmi ordini, chiunque tu si… Ah ?!?

Nel riconoscere il blasone dipinto sulla carrozza, il soldato impallidì di colpo. Subito abbassò il fucile, chinandosi con rispetto, e si fece da parte per permettere all’attendente del conte Hyuga di avvicinarsi. Tenten rimase stupita, nel vedere l’elegante valletto fermarsi davanti a lei, e si domandò per quale motivo un uomo importante come quello nella carrozza dovesse prendersi la briga di soccorrere una misera popolana come lei. Ad ogni modo il valletto le rivolse garbatamente la parola, facendole un leggero inchino.

- Il mio signore gradirebbe che vi avvicinaste alla sua carrozza, così da permettergli di guardarvi e di conoscere il vostro nome! 
- Ma io, veramente… 
- La prego - insistette l’altro, porgendole il braccio. - Non sta bene fare aspettare il conte, la prego, mi segua!

Sbalordita e confusa, tra le chiacchiere e i mormorii della folla, Tenten accettò l’invito e seguì il valletto verso la carrozza. Qui lo sportello venne aperto per permetterle di salire a bordo. Una volta all’interno del lussuoso veicolo, Tenten si ritrovò faccia a faccia con un uomo dall’aspetto severo e maestoso che la invitò a sedersi di fronte a lui. Non appena si fu accomodata, il conte batté un leggero colpetto con le dita e fece dunque segno al cocchiere di ripartire.

- Sei una ragazza molto coraggiosa - disse subito il conte, senza perdere tempo. - O forse solo incosciente… Ma devo ammettere che mi hai incuriosito!

Tenten non osò nemmeno rispondere, terribilmente a disagio com’era, tuttavia si limitò ad annuire leggermente col capo.

- E’ strano - proseguì poi il conte. - Non so perché ma, la luce che poco fa brillava nel tuo sguardo, ho come la sensazione di averla già vista… Posso sapere come ti chiami ? 
- Te… Tenten - rispose lei, inghiottendo a fatica. - M… Mi chiamo Tenten, signore!

Sentendole pronunciare il nome, il conte sbarrò gli occhi incredulo.

- Non posso crederci - esclamò sottovoce.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 4
*** L'Offerta del conte ***


Il conte impallidì, quasi avesse appena visto un fantasma. Tenten non poteva immaginare il motivo di tale reazione ma, temendo di averlo offeso involontariamente in qualche modo, si affrettò a scusarsi con un cenno del capo.

- Dimmi - esclamò l'uomo, ricomponendosi immediatamente. - Per caso, i tuoi genitori sono i coniugi Zhoufang, che gestiscono un negozio di fiori in città?
- S... Sì, sono loro, ma le assicuro che non c'entrano niente con quanto è successo in piazza! La prego, deve credermi...
- Non temere, ragazza mia - la tranquillizzò il conte. - Non ti sto rimproverando, né intendo fare qualcosa che possa nuocere ai tuoi; in realtà ho solo bisogno di parlare con loro di tutt'altra faccenda perciò, se tu fossi così gentile da indicare la strada al cocchiere, te ne sarei molto grato!
- Ma certo, capisco - rispose Tenten sollevata. - Il negozio dei miei genitori è proprio sulla strada principale, non è lontano!

La carrozza proseguì lesta nelle direzione indicata dalla fanciulla e, una volta giunta a destinazione, Tenten fece per scendere. Allorché però, il conte le fece cenno di fermarsi.

- Devo discutere con tuo padre di cose assai riservate perciò, ti prego di aspettare qui in carrozza, finché non avrò finito!
- Ma...

Senza aggiungere altro, il conte richiuse lo sportello e ordinò al cocchiere di tenere d'occhio la fanciulla perché non si allontanasse. Tenten non riusciva a comprendere il motivo del suo comportamento ma, aldilà del suo modo di fare misterioso, era pur vero che costui l'aveva comunque aiutata. Per quale motivo un nobile come lui avrebbe dovuto interessarsi ad una povera ragazza come lei? Diceva di voler parlare con i suoi genitori, dunque li conosceva, ma perché tanta segretezza? Purtroppo al momento nessuno sembrava essere in grado di rispondere a queste domande, perciò l'unica cosa che Tenten poteva fare era rimettersi a sedere tranquilla sul sedile della carrozza e aspettare il ritorno del conte.

***

Nel vedere l'austero nobiluomo comparire sulla soglia del negozio, ai coniugi Zhoufang per poco non gli mancò il fiato.

- Co... Conte Hyuga - esclamarono entrambi, con un filo di voce. - Siete proprio voi ?!?

Il conte aggrottò i sopraccigli severo, tuttavia indicò con la mano il tavolo e fece cenno ai due di sedersi. Alla donna per poco non venne uno svenimento ma, sorretta prontamente dal marito, si lasciò cadere sulla sedia.

- Prego, eccellenza - fece il fioraio, invitando il conte ad accomodarsi.
- Grazie, Zhoufang - rispose Hiashi gelido, sistemandosi di fronte ai due con le mani intrecciate davanti a sé.
- A cosa dobbiamo il motivo della vostra visita, eccellenza?

Il conte sospirò profondamente, socchiudendo gli occhi per un istante, dopodiché sollevò lo sguardo e cominciò a parlare.

- Ad essere sincero, speravo di non dovervi chiedere nulla più di quanto già abbiate fatto - esclamò. - Vi siete sempre dimostrate delle brave persone e, senza chiedere nulla in cambio, avete fatto più di quanto potessi sperare!
- Per carità, signore - lo interruppe timidamente il fioraio. - Non potevamo accettare del denaro, sarebbe stata una bestemmia verso Nostro Signore, abbiamo fatto quello che chiunque avrebbe fatto al nostro posto!
- Capisco - tagliò corto Hiashi. - E tuttavia, anche se mi rincresce dirvelo in questo modo, mi vedo oggi costretto a chiedervi un altro favore...

***

Quando il conte uscì dal negozio, circa un quarto d'ora dopo, Tenten si sollevò di scatto e fece per scendere immediatamente dalla carrozza. Tuttavia, dimenticandosi della raccomandazione ricevuta, spinse il portello così bruscamente che il povero cocchiere fermo di fianco al veicolo se lo beccò proprio in piena faccia.

- Ops - fece la ragazza, rendendosi conto dell'accaduto. - Mi dispiace tanto, io non...

Lo sguardo gelido del conte era come una lama puntata addosso. Tenten rabbrividì al pensiero di come avrebbe reagito, dopo un simile incidente increscioso, tuttavia l'uomo si limitò con sorpresa ad ordinare al cocchiere di rimontare a cassetta e di tenersi pronto a partire.

- Tuo padre e tua madre devono parlarti!

Ciò detto, Hiashi salì sulla carrozza e vi rimase dentro in attesa con lo sportello aperto. Tenten non perse tempo ed entrò in casa, sperando che tutti quei misteri sarebbero stati chiariti, ma l'aspettava una triste sorpresa. I suoi genitori erano seduti attorno al tavolo, col capo chino e le facce afflitte, e l'aria che aleggiàva lì dentro sembrava la stessa di un funerale.

- Mamma - esclamò la ragazza perplessa. - Papà... Va tutto bene?
- Tenten - gemette la donna, incapace di trattenere le lacrime.
- Mamma, perché piangi, che cosa è successo?

In quella Zhoufang si alzò in piedi e si avvicinò a Tenten, poggiandole tristemente le mani sulle spalle.

- Tenten, ascolta - disse. - Il conte Hyuga, che ti ha accompagnato qui, è stato in passato un nostro grande benefattore; ci ha consentito aprire il nostro negozio, quando tu eri ancora troppo piccola per ricordare, ed è stato molto generoso con noi...
- Ah, ecco perché si è stupito quando gli ho detto il mio nome - osservò la ragazza, cominciando finalmente a vederci chiaro. - In effetti ho capito subito che era una persona gentile, e poi...
- Ti prego, ascoltami, è molto importante - proseguì il genitore, facendosi estremamente serio in volto. - Sua eccellenza ha espresso il desiderio di aiutarti a crescere: intende provvedere alla tua istruzione e alla tua educazione, accollandosi personalmente tutte le spese; sostiene che non sia un bene per una ragazza crescere nell'ignoranza, per questo sarebbe felice che tu accettassi la sua offerta... Anche se questo significa che dovrai allontanarti da noi per un po' di tempo!
- Cosa ?!? - Tenten non riusciva a credere alle sue orecchie. - E' uno scherzo, vero...
- No, non è uno scherzo - ribatté il padre, facendosi di colpo più brusco. - La sua offerta è quanto di meglio possa capitare ad una fanciulla, per aiutarla nel suo futuro, ed è assai più di quanto né io né tua madre ci potremmo mai permettere!
- Ma io...
- E' per il tuo bene, figliola - intervenne dunque la madre, asciugandosi le lacrime. - Credimi, non è così difficile come sembra: il conte ha stabilito che tu ci venga a trovare almeno tre volte ogni settimana; anche se dovremo vivere separati, non vuol dire che non ci vedremo più, capisci ?
- Ma qui ci siete voi, ci sono i miei amici, non posso andarmene così...
- Per favore, cerca di ragionare - la rimproverò il padre. - Non possiamo offendere la generosità del nostro benefattore, il conte desidera solo il tuo bene, sarebbe una mancanza di rispetto nei suoi confronti se tu non accettassi la sua offerta!

Malgrado le suppliche e le proteste, Tenten finì per rendersi conto che i suoi genitori avevano ragione. Anche se era triste separarsi da loro così, di punto in bianco, si trattava comunque di una decisione necessaria per il suo avvenire. Da un lato le dispiaceva lasciare la sua casa e il suo quartiere, ma non poteva pretendere che i suoi genitori rischiassero di offendere una persona gentile che tanto li aveva aiutati in passato. In fondo il conte desiderava offrirle una cultura e un'istruzione, cosa assai rara per la gente comune, e i suoi genitori sembravano nutrire una gran fiducia in lui.

- Rock Lee e gli altri mi odierebbero, se accettassi un'offerta del genere - mormorò Tenten. - A Konoha tutti non vedono di buon occhio i nobili e dubito che possano capire...
- Gli spiegheremo tutto noi - tagliò corto suo padre. - Vi conoscete fin da bambini, non potrebbero mai odiarti, e sono sicuro che capiranno!
- Spero che tu abbia ragione!
- Ricordati questo, Tenten: tu sei sempre la nostra adorata figliola, e nessuno può dire il contrario!
- Lo so, papà - rispose lei, buttandogli le braccia al collo.

Il tempo dei saluti purtroppo fu assai breve. Tenten fece in fretta a raccogliere le sue cose e salire nuovamente a bordo della carrozza che la stava aspettando. Il conte non disse una parola, eccetto l'ordine di ripartire non appena la fanciulla si sedette di fronte a lui. Il cocchiere fece dunque schioccare le redini e i cavalli partirono al trotto. Tenten si sporse attraverso il finestrino, per salutare con lo sguardo i suoi genitori, e i due tristi fiorai la videro allontanarsi con le lacrime agli occhi. Sapevano che era la cosa giusta ma, dopo averla cresciuta per tanti anni, era ugualmente doloroso accettare di separarsi da lei.

- Pensi che il conte le dirà la verità? - domandò preoccupata la donna al marito.
- No, sta tranquilla - rispose lui fiducioso. - Il conte è stato molto chiaro in proposito, e nascondere il segreto sulle sue origini è l'unico modo che abbiamo per proteggerla!

 

( continua col prossimo capitolo )

 

Angolo dell'Autore:
Anzitutto oggi devo ringraziare una persona che mi ha fatto un bellissimo regalo ( anzi, addirittura due! )... La bravissima francyXD che, oltre a portare a termine la sua long-fic "Missione a Bai Shi" ( andatela a leggere IM-ME-DIA-TA-MEN-TE, se non lo avete ancora fatto! ), mi ha dedicato questa stupenda immagine di Sanzashi... Guardate che meraviglia!


Disegno di:
francyXD

A parte dunque la commozione e la gratitudine, non so davvero cos'altro dire. ^^ Ovviamente mi impegnerò ancora di più per scrivere nuove storie e aggiornamenti. Grazie a tutti voi che continuate a seguirmi, nonostante i "simpaticoni" e le "simpaticone" che vi sconsigliano di farlo... XD e noi invece leggiamo, scriviamo e ci divertiamo alla faccia loro!
Un caro saluto e un abbraccio anche a  JennyChibiChan, che come sempre è una "fedelissima" del Neji/Tenten.

CIAO A TUTTI, ALLA PROSSIMA !!!

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Capitolo 5
*** Villa Hyuga ***


Mentre la carrozza proseguiva veloce, lasciandosi alle spalle la città e gli abitanti, Tenten non poteva fare a meno di guardare fuori dal finestrino. Il quartiere dove era nata e cresciuta, le facce allegre e sorridenti delle persone che conosceva, e ovviamente le grida dei monelli che scorrazzavano di qua e di là... Questo era ciò cui doveva rinunciare, per obbedire alla volontà dei suoi genitori e non recare offesa alla generosità del loro benefattore. Il conte Hyuga si era offerto di educarla e istruirla, presso la sua residenza di famiglia, e Tenten non poteva fare a meno di chiedersi perché. Per quale motivo uno sconosciuto ( la fanciulla non ricordava di averlo mai visto prima d'ora, anche se sua madre e suo padre affermavano di conoscerlo da anni ) mostrava tutto questo interesse per lei, ergendosi di punto in bianco a suo tutore? Perché il nobiluomo era impallidito nell'apprendere il suo nome? E soprattutto perché continuava a rimanere in silenzio, senza nemmeno fornirle qualche parola di spiegazione?
Da circa mezz'ora infatti il conte era rimasto immobile, con lo sguardo davanti a sé e le braccia conserte, e Tenten si sentiva terribilmente a disagio. Per quanto fosse sicura che non si trattasse di una persona malvagia, la severità dei suoi freddi occhi bianchi era tale da farle venire la pelle d'oca. Per tutta la durata del viaggio, Hiashi Hyuga non disse nemmeno una parola. La carrozza proseguì agilmente, lungo le strade di campagna e le bionde distese dei campi coltivati, fino a giungere in vista di una grande e maestosa villa.

- Siamo arrivati - esclamò il conte, con voce calma e priva di emozione.

Tenten rimase a bocca aperta nel vedere la dimora del conte, dominante la cima di una collina, circondata da stupendi alberi rigogliosi. Il viale di accesso era immerso da innumerevoli fiori di varie specie, tutti rigorosamente in linea col bianco colore della villa, tanto che l'ambiente sembrava avvolto da una specie di soffice neve perenne. La carrozza attraversò il cortile, circondato da ricche fontane di marmo zampillanti acqua cristallina, e si fermò davanti al portone d'ingresso. Qui il cocchiere scese ad aprire lo sportello e si fece da parte, facendo mostra di grande rispetto per la giovane ospite del suo padrone.
La fanciulla spalancò gli occhi, incapace di credere che tutto fosse vero, tuttavia il conte le offrì galantemente il braccio per aiutarla a scendere.

- D'ora in avanti, questa sarà la tua casa - spiegò il conte, serio in volto ma con tono gentile e cortese. - Di qualunque cosa tu debba aver bisogno, la servitù sarà a tua completa disposizione; Kosuji ti mostrerà la tua stanza e, se necessario, soddisferà ogni tua eventuale richiesta o dubbio; più tardi avremo modo di parlare, ora però ti sarei grato se seguissi Kosuji e ti attenessi alle sue direttive... Potrà sembrarti forse fastidioso all'inizio, osservare certe regole e certi tipi di comportamento intendo, ma è importante che tu cominci ad abituarti a questo ambiente!
- Ma...

Prima che Tenten potesse replicare, il conte stava già salendo i gradini della scalinata. Il domestico di nome Kosuji ( un uomo alto ed elegantemente vestito nella sua livrea immacolata ) si fece dunque avanti, rivolgendo a Tenten un profondo inchino e pregando quest'ultima di seguirlo all'interno della villa.

***

La villa del conte Hyuga sembrava ancora più grande dentro che fuori, ricca di ogni genere di cose costosissime e pregiate. Una volta oltrepassata la soglia, Tenten si ritrovò in un ampio ingresso circolare con pareti colme di quadri ed arazzi intessuti finemente; l'ampio scalone che conduceva al piano superiore era sormontato da un enorme lampadario di cristallo e, sollevando lo sguardo, la fanciulla vide decine di lampadari identici al primo estendersi fino al soffitto, in una sorta di luminosa spirale a chiocciola. L'ambiente sembrava talmente vasto che, nella migliore delle ipotesi, ci sarebbero volute probabilmente settimane per esplorare ogni angolo. Tuttavia, seguendo passo passo il solerte Kosuji, Tenten fece circa due piani di scale per ritrovarsi in un lungo corridoio dal pavimento di marmo lucido. Ai due lati del corridoio vi erano diverse porte allineate e, davanti ad una di queste, due cameriere sembravano ferme e in attesa.

- Eccoci arrivati, signorina - esclamò Kosuji, fermandosi davanti alla porta. - Kaede e Koetsu si prenderanno cura di voi, e si assicureranno che siate vestita in modo adeguato!
- Perché, cos'ha che non va il mio modo di vestire? - ribatté Tenten offesa.
- Per favore, si calmi - si affrettò a tranquillizzarla il domestico. - Sono ordini del conte, cerchi di capire...

Tenten storse appena il labbro e aggrottò lievemente il sopracciglio, tuttavia si rassegnò a fare buon viso a cattivo gioco. Kosuji batté le mani soddisfatto e le due cameriere aprirono la porta, per consentire alla fanciulla di entrare nella sua nuova stanza.
Una volta fatto qualche passo, Tenten cercò faticosamente di accettare quella realtà così incredibile. Solo la camera che il conte aveva messo a sua esclusiva disposizione era grande quasi quanto la casa dei suoi genitori... Tuttavia non ebbe il tempo di stupirsi che le cameriere si fecero avanti, per accedere all'armadio e al guardaroba in esso contenuto.

- Po... Posso sapere che avete intenzione di fare?
- Il conte desidera che siate pronta per l'ora di cena - rispose Kaede, allungando il paravento.
- Ed è nostro compito assicurarci che siate pulita e vestita accuratamente - fece eco Koetsu, disponendo abiti e accessori eleganti sul letto.
- Vi faccio presente che io sono una persona pulita e ordinatissima!

Le cameriere scossero la testa con disappunto.

- Per cominciare, signorina, deve imparare a non alzare la voce in quel modo - dissero le due, con evidente tono di rimprovero. - In secondo luogo, la toilette non comprende solo l'igiene personale; dobbiamo lavarvi, profumarvi, pettinarvi e... Ma dove state andando ?!?

Al solo pensiero di sottoporsi alle loro "torture", Tenten approfittò di un momento di distrazione per sgattaiolare nuovamente nel corridoio e darsela a gambe. Subito le cameriere le corsero dietro, preoccupate che il conte si adirasse per la negligenza dimostrata, tuttavia Tenten era abituata a correre molto più in fretta.

- Signorina - esclamarono le due donne, sollevando le gonne per tenerle disperatamente dietro. - Si fermi, per favore!
- Fossi matta - rispose Tenten, senza preoccuparsi di guardare davanti a sé. - Preferisco dormire nella stalla, piuttosto che... Ahio!

Dopo aver urtato violentemente contro qualcuno proveniente dalla direzione opposta, Tenten ricadde all'indietro sul pavimento e si massaggiò il fondoschiena dolorante.

- Accidenti, che botta - esclamò sottovoce.

L'individuo con cui si era scontrata, un giovane più o meno della sua età, la guardò severamente attraverso due occhi freddi come il ghiaccio. Tenten provò a mormorare qualche scusa ma, non appena vide nel suo interlocutore la stessa aria rigida del più anziano conte Hyuga, ammutolì di colpo. Costui aveva dei lineamenti fieri e sottili, induriti da un'espressione di evidente orgoglio aristocratico, e i lunghi capelli scuri che ricadevano ordinati lungo le sue spalle gli conferivano un aria misteriosa e affascinante allo stesso tempo.

- Padroncino Neji - esclamarono le cameriere, inchinandosi davanti a lui con rispetto. - Vi siete fatto male?

Il giovane non disse una parola. Semplicemente si limitò a scuotere il capo in segno di dissenso e, proseguendo lungo il corridoio, lasciò Tenten rossa in volto per l'imbarazzo. Subito le cameriere la afferrarono energicamente per le spalle e, nonostante le sue proteste, la ricondussero in camera per eseguire il loro compito. Solo un paio d'ore più tardi, quando il supplizio ebbe finalmente termine, Tenten poté guardarsi nello specchio stentando quasi a riconoscersi.

- Ma... Ma questa sono davvero io? - domandò perplessa.

Le cameriere sorrisero della sua reazione. Con il candido vestito che aveva addosso, le labbra tinte di rosso e i capelli raccolti in due raffinati chignons di perle, Tenten sembrava effettivamente un'altra persona. Guardandola adesso, nessuno avrebbe mai pensato che fosse la figlia di due poveri fiorai; non fosse stato per la vivida luce dei suoi occhi castani, lei stessa si sarebbe convinta di avere davanti una delle tante insopportabili e spocchiose damigelle dell'alta nobiltà.
In quello stesso momento qualcuno bussò alla porta della stanza.

- Avanti - esclamò Tenten.

Come entrò nella stanza, perfino Kosuji rimase colpito dalla straordinaria bellezza della fanciulla. Tuttavia si ricompose immediatamente e, accennando un lieve inchino, fece segno di seguirlo.

- Sua eccellenza il conte la attende!

( continua col prossimo capitolo )

NOTE:
"Autori per il Giappone" è un'iniziativa di sostegno organizzata dall'autrice Lara Manni
Per saperne di più, visitate questo link:

http://www.autoriperilgiappone.eu/

Un piccolo contributo per una grande opera a beneficio di molti...

"I Ragazzi di EFP hanno scritto i racconti di “Niente è come prima” con un atto esplicito di fiducia nella possibilità di raggiungere altri coetanei, offrendo loro un motivo di indagine interiore. Generosi e speciali, con un gesto inaspettato hanno deciso di devolvere una parte del ricavato della vendita ad ADSINT che rivolge una particolare attenzione alle nuove generazioni con le loro esigenze e i loro sogni. Complici di un dono: quello dei pensieri, quello del sangue."
Giovanna Ferrante
Direttore de “il Globulo” Veicolo di informazione di ADSINT – Associazione Donatori di Sangue Istituto Nazionale Tumori

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Capitolo 6
*** Una Nuova Famiglia... o quasi ***


Seguendo Kosuji lungo i corridoi della villa, nonostante il vestito che la impacciava, Tenten rimase ancor più sbalordita di constatare quanto la villa fosse ancora più grande e lussuosa di quello che aveva visto sinora. Ovunque lei volgesse lo sguardo, la luce dei lampadari e dei candelieri si rifletteva sul pavimento di marmo lucido, come tante piccole fiammelle splendenti entro la pietra stessa. Le ampie finestre di vetro sottile, sormontate da pesanti tende ricamate in oro, arrivavano fin quasi al soffitto come altezza. E poi c'erano gli enormi arazzi che ornavano le pareti, alcuni risalenti ad epoche veramente molto antiche, rappresentanti degli splendidi motivi floreali di colore bianco: gigli, magnolie, rami di biancospino finemente intrecciati...
Tenten rischiò quasi di inciampare nelle pieghe della gonna, riuscendo fortunatamente ad aggrapparsi al braccio di Kosuji il quale arrossì vistosamente per l'imbarazzo.

- Mi... Mi scusi - balbettò Tenten piena di vergogna.

Kosuji tossicchiò nervosamente, recuperando invece in fretta la flemma e la compostezza che lo contraddistinguevano, e si limitò a suggerire alla signorina di tenere un passo più aggraziato semplicemente guardando dritto davanti a sé e senza distrazioni.
Una parola!
Per Tenten quella villa era una "miniera", piena di cose che attiravano il suo sguardo, e non era certo facile restare indifferente davanti a tanto splendore.
Vista la sua espressione, Kosuji sorrise bonariamente. Era comprensibile che una fanciulla come lei, abituata a vivere in tutt'altro tipo d'ambiente da quello dei grandi palazzi nobiliari, fosse affascinata da così tanto lusso.
Era un'esperienza completamente nuova per lei.

- Se posso permettermi, signorina - disse Kosuji, fermandosi un momento. - Dalle disposizioni del mio signore, il conte, deduco che vi tratterrete da noi abbastanza a lungo; se è vostro desiderio esplorare la villa, sarà un piacere per me accompagnarvi e soddisfare per quanto possibile la vostra curiosità!
- Sul serio ?!? - esclamò Tenten, sbarrando gli occhi incredula. - Ah, che meraviglia!
- Eh-ehm... Signorina - mormorò l'altro appena, interrompendo l'esclamazione di gioia della fanciulla. - In questa casa non si usa alzare la voce, soprattutto in presenza del conte, quindi le sarei molto grato se... ehm!

Subito Tenten si rese conto che, attraverso la balaustra che dava sul piano di sotto, le domestiche della villa avevano sollevato tutte lo sguardo nella sua direzione. Coprendosi dunque la bocca con entrambe le mani, rivolse a Kosuji uno sguardo colmo di scuse. L'uomo annuì comprensivo, facendole poi nuovamente strada, ed entrambi raggiunsero il conte e la sua famiglia nella sala da pranzo.

***

Come Kosuji ebbe bussato leggermente per annunciare l'arrivo della signorina, la voce del conte che giunse in risposta risuonò chiara e forte anche attraverso lo spesso legno dell'uscio. Il maggiordomo aprì dunque le porte della sala, facendosi umilmente da parte secondo l'etichetta, e Tenten si ritrovò all'interno di una grande stanza rettangolare ancora più illuminata del corridoio.
Tenten fece fatica a catturare con lo sguardo ogni particolare lì presente, fissando con stupore la lunga tavola che sembrava imbandita per un reggimento, e per un attimo dimenticò addirittura che il conte era seduto proprio davanti a lei dalla parte opposta. Accanto a lui, ognuno sistemato secondo rango e dignità, vi erano i vari membri della casata: tutti con gli occhi chiarissimi e i lineamenti marcati del volto; la somiglianza tra loro era impressionante, salvo che per due giovani fanciulle sedute alla destra del conte e un giovane affascinante seduto alla sua sinistra...
Tenten riconobbe immediatamente lo stesso giovane col quale si era scontrata poco dopo il suo arrivo.
Circa venti paia d'occhi scrutarono la fanciulla, quasi volessero rimproverarle qualcosa, e costei si sentì enormemente a disagio.
Non sapeva cosa dire.
Non sapeva neppure cosa fare.
Gli unici sguardi non accusatori tra i presenti erano quelli del conte, delle fanciulle e del giovane che gli sedevano accanto. Tenten guardò istintivamente verso di loro in cerca d'aiuto, senza dubbio desiderosa di trovarsi da tutt'altra parte, tuttavia ci vollero alcuni istanti prima che il conte si decidesse ad alzarsi in piedi e prendere la parola.

- Non intendo spiegare i motivi della mia decisione, e comunque sarebbe un discorso troppo lungo da fare adesso - esclamò il conte, rivolgendosi più che altro ai suoi familiari che a Tenten. - Posso solo dirvi che, a partire da oggi, Tenten Zhoufang entrerà ufficialmente a far parte di questa famiglia!

Un mormorìo di dissenso si levò improvvisamente lungo il tavolo.
Evidentemente quei nobiluomini non vedevano assolutamente di buon occhio che ad una fanciulla di così bassa estrazione sociale fosse concesso sedere alla stessa tavola di una delle più importanti e nobili famiglie di Konoha. Tuttavia non potevano certo discutere una decisione del conte che, sollevando una mano, troncò di fatto il mormorìo riportando nella sala il silenzio.

- Spero che ti troverai bene qui, ragazza mia - proseguì il conte, rivolgendosi dunque a Tenten. - Ti prego di accomodarti, affinché io possa presentarti ogni membro qui presente!

Così dicendo, il conte fece cenno a Kosuji di fare accomodare Tenten a capotavola.
La fanciulla ascoltò distrattamente i nomi dei presenti, scanditi dalla voce chiara e profonda del conte, e buona parte di essi li dimenticò subito dopo. Le fanciulle che aveva visto entrando erano le figlie del conte, Hinata e Hanabi, mentre il giovane attraente e silenzioso era suo nipote Neji. Gli altri appartenevano a rami più o meno distaccati della famiglia, desiderosi solo di ritagliarsi un consistente frammento del patrimonio degli Hyuga, e dalle loro espressioni Tenten percepì chiaramente l'avidità e il cinismo comune ad ognuno di loro.
Hinata sembrava avere più o meno la sua stessa età e, nonostante la differente educazione ricevuta, Tenten rimase piacevolmente colpita dal sorriso timido di costei. Hanabi era più piccola, di circa qualche anno, ma anche lei sembrava una fanciulla di buon carattere. Solamente Neji, così freddo e apparentemente distaccato da tutto ciò che lo circondava, aveva un aspetto solenne ed imperscrutabile quasi quanto quello di suo zio Hiashi.
Tenten non poté fare a meno di notare l'assenza totale di sorriso dal volto del giovane che, nonostante l'aspetto attraente, sembrava appena uscito da un funerale. Certo non poteva negare che fosse un gran bel ragazzo, soprattutto con quella sua espressione così seria, e Tenten trovava in particolar modo affascinante la luce intensa e profonda dei suoi occhi color del ghiaccio...

- C'è qualcosa che non va, figliola? - domandò il conte d'un tratto, vedendola pensierosa.
- Come ?!? No no, tutto bene... davvero!

Fortunatamente Neji sembrava non essersi accorto di nulla, o più semplicemente la presenza della nuova arrivata gli era del tutto indifferente, e Tenten si limitò a sospirare rassegnata. Del resto non poteva certo pretendere che un giovane rampollo di nobili origini potesse essere interessato ad una come lei, non era così ingenua da perdersi dietro sciocche fantasticherìe, cosicché decise subito di lasciar perdere e gettò invece lo sguardo sul cibo che le era stato appena servito.
Solo alla vista di tutta quella posaterìa d'argento ( forchette, coltelli, cucchiai e cucchiaini di varie forme e dimensioni ), Tenten sbarrò gli occhi incredula. Poiché Kosuji era in piedi al suo fianco, subito cercò di rivolgersi a lui sottovoce, senza farsi notare dal conte né dagli altri. Kosuji drizzò le orecchie al bisbigliare della fanciulla e, mantenendo il più possibile il proprio contegno di maggiordomo, chinò appena il capo per ascoltarla.

- Sì, signorina? - domandò.
- No... Non so cosa adoperare, non ho mai avuto quindici forchette a tavola!

Kosuji realizzò che il suo lavoro sarebbe stato assai meno noioso nei giorni a venire e, tossendo sommessamente con la mano davanti alla bocca, le diede dunque i suggerimenti necessari.

- Grazie - mormorò Tenten, sorridendogli riconoscente.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 7
*** La decisione di Tenten ***


Dopo che tutti ebbero finito di mangiare, il conte ordinò a Kosuji di accompagnare la giovane ospite nella biblioteca.
Tenten rimase ancora una volta a bocca aperta per lo stupore, nel trovarsi davanti a quello spettacolo: gli enormi scaffali salivano fino a toccare il soffitto, ricolmi di ogni genere di libri e volumi, ed era impossibile scorrere l'intera stanza con lo sguardo senza avvertire un forte mal di testa.

- il conte sarà qui a momenti - spiegò Kosuji, invitando la signorina ad accomodarsi. - Può mettersi a proprio agio, mentre lo aspetta!
- Ve... Veramente, tutt'a un tratto, non mi sento molto bene!
- Prego, venga a sedersi - fece Kosuji comprensivo, adducendo ad una comoda poltrona. - Immagino lei abbia avuto una giornata piuttosto intensa, dico bene?

Tenten annuì.

- Chiunque si sentirebbe così, al mio posto - mormorò Tenten con un sospiro. - Stamattina ho dovuto lasciare la casa dei miei genitori, senza neppure una parola di spiegazione; e adesso mi ritrovo in questa villa enorme, in mezzo a persone che non conosco, e non sono neanche in grado di muovermi da sola per cercare il bagno!
- Cerchi di capire, signorina - la interruppe Kosuji. - Il conte avrà avuto sicuramente le sue buone ragioni, per agire con voi in questo modo!
- E con questo ?!? - scattò lei irritata. - Non discuto sulla gentilezza del signor conte ma, per quanto egli sia nobile ed importante, non penso che abbia il diritto di decidere della mia vita o di quella di chiunque altro...
- Mi sembra che tu abbia le idee piuttosto chiare, ragazza mia!

Tenten sussultò.
Il conte entrò nella biblioteca senza preavviso, e non c'era dubbio che avesse ascoltato le sue parole. Tuttavia non era affatto risentito anzi, a giudicare dal suo sguardo, sembrava quasi divertito in un certo senso. Le braccia dietro la schiena e il busto eretto, il conte si avvicinò a Tenten a passo lento e si sedette di fronte a lei.

- Grazie, Kosuji - esclamò. - Puoi andare adesso, più tardi riaccompagnerai Tenten nella sua stanza!
- Come desiderate, Vostra Eccellenza!

Kosuji uscì dalla biblioteca, salutando il conte e la signorina con un inchino impeccabile, e chiuse silenziosamente la porta dietro di sé.
Hiashi Hyuga scrutò attentamente il volto di Tenten, quasi intendesse "esaminarla", e quest'ultima si chiuse in rispettoso mutismo per timore di arrecargli in qualche modo offesa. Ad un tratto il conte distese le sopracciglia, assumendo un'espressione il più serena possibile, e si rivolse a lei con estrema calma e gentilezza.

- Ti prego di scusarmi - cominciò. - Hai ragione di essere risentita con me, non ti biasimo per questo!
- Ma no, io... Io non intendevo certo dire che lei sia un prepoten... Cioé no, ho sbagliato, volevo dire che...
- Ho capito perfettamente cosa volevi dire, figliola - sottolineò il conte, cercando di tranquillizzarla. - E' normale che tu ti senta confusa: questa villa, le persone che ci vivono e io per primo; siamo tutti degli estranei per te, è comprensibile che tu voglia farmi qualche domanda!
- Ne ho molte di domande, in effetti - ammise Tenten. - Ma non saprei nemmeno da dove cominciare...
- Ascolta - fece il conte, guardandola seriamente negli occhi. - Al momento non mi è possibile spiegarti ogni cosa nei dettagli, dubito che riusciresti a comprendere! C'è una ragione importante per cui ho a cuore la tua educazione, anche se per ora non posso dirti di che si tratta, ma non voglio che tu intenda questa casa come una "prigione"; se accetterai di fidarti di me, mostrandoti attenta e diligente con me e Kosuji, provvederò per quanto possibile al tuo benessere; se invece questa situazione fosse per te motivo di grande disagio, hai tutto il diritto di tornare a vivere coi tuoi genitori oggi stesso!
- Sta dicendo sul serio?

Il conte chinò leggermente il capo in cenno di assenso.

- Non posso certo decidere della vita degli altri... Sono parole tue, se non sbaglio; ebbene io non ho alcuna intenzione di "forzarti", sta a te decidere se accettare o meno la mia offerta, l'unica cosa che ti chiedo è di rifletterci bene prima di rispondere!

Tenten valutò dunque in silenzio la questione per qualche istante.
Il conte finora si era mostrato gentile e sincero con lei, nonostante l'aspetto sgradevole di buona parte dei suoi diretti congiunti, e anche Kosuji sembrava un uomo di buon cuore. L'idea di dover vivere in quella enorme villa, sottoponendosi a regole e quant'altro, la spaventava un po' ma allo stesso tempo anche l'affascinava.
Non era obbligata ad accettare.
Gli occhi del conte, bianchi e freddi come il ghiaccio, rivelavano come egli fosse un uomo duro ma anche profondamente giusto.
Hiashi Hyuga preferiva infatti nascondere parte delle sue motivazioni nei suoi riguardi, piuttosto che mentirle nel tentativo di ottenere la sua obbedienza. Tenten sentiva che costui le stava dicendo la verità e che, malgrado i dubbi e le domande che ancora le ronzavano in testa, decise di fidarsi di lui.

- Lei è un uomo molto sincero, signore - esclamò Tenten convinta. - Mio padre e mia madre nutrono per voi una grande stima, almeno da quanto ho capito, perciò ritengo di potervi stimare anch'io!
- E' bello che tu dica questo - osservò il conte sollevato. - Ma dimmi, cosa hai deciso?
- Farò come mi chiedete - rispose lei. - Studierò con impegno e mi sforzerò di apprendere tutto ciò che vorrete insegnarmi, se è questo che voi desiderate per il mio bene!

Come ebbe sentito quelle parole, il conte si alzò e le prese le mani tra le proprie.

- Ne sono molto felice - disse. - A tempo debito, ti prometto che saprai ogni cosa; la mia parola è un impegno, e farò in modo che tu non debba pentirti di avermi accordato la tua fiducia!

 

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Capitolo 8
*** Vita da Nobili ***


I giorni che seguirono si rivelarono assai più duri ed impegnativi di quanto Tenten potesse mai immaginarsi.
Sotto la guida severa del conte, e grazie anche ai suggerimenti e alla cortesia del fido maggiordomo Kosuji, la fanciulla dovette apprendere ben altro che a servirsi correttamente di un certo numero di posate.
Ogni mattina, al suono insopportabile di un odioso campanellino d'argento, Kaede e Koetsu si accingevano a svegliarla per il bagno mattutino. Tenten era dunque costretta ad infilarsi completamente nuda in una tinozza d'acqua gelida, troppo impegnata a battere i denti per avere la forza di protestare, e questo era solamente il primo tra i tanti supplizi della giornata.

- Su su, poche storie - mormorò Kaede, strofinandole energicamente le spalle. - Non c'è niente di meglio che un buon bagno freddo tonificante, per svegliarsi del tutto al mattino presto!
- Assassina - pensò Tenten, incapace di muovere le labbra intirizzite, mentre l'anziana domestica passava a rovesciarle ingenti secchiate lungo la schiena.

Vestita e profumata di tutto punto, la giornata di Tenten proseguiva con varie lezioni di comportamento.
Kosuji si era messo pazientemente ad inculcarle l'importanza dell'andatura e del portamento, costringendola a tenere una pila di libri sulla testa per trovare il più corretto equilibrio.

- La cosa importante è mantenere l'armonia del passo con movimenti fluidi ed aggraziati - spiegò il maggiordomo, constatando man mano i progressi della fanciulla. - Bene così, solo evitate di muovervi troppo in fretta altrimenti succede...
Purtroppo Tenten non si era ancora abituata a portare quelle enormi sottane e, vacillando goffamente in avanti, i libri le scivolarono dalla testa finendo sul pavimento con un tonfo.

- Questo - mormorò Kosuji con un sospiro.

La seconda fase dell'esercizio prevedeva il salire e ridiscendere più volte l'ampia scalinata della villa.
La regola imponeva di sollevare appena l'orlo della gonna, evitando di andare oltre la punta delle scarpe, e mantenere la posizione fiera ed eretta del busto. Di per sé poteva anche sembrare semplice, non fosse stato magari per quel dannato vestito col busto che stringeva terribilmente, ma le occorrevano almeno una ventina di minuti per percorrere una rampa di scale con quella andatura. Cosicché Tenten preferiva salire e scendere con maggiore libertà, stando bene attenta a non farsi vedere da nessuno, alzandosi completamente le gonne e lanciandosi su e giù per le scale con un'agile e veloce rincorsa.
Per provvedere alla sua istruzione, il conte Hiashi aveva disposto che Tenten studiasse con lo stesso precettore di sua figlia Hinata. Il professor Orokana era un individuo alto alto e secco secco, con occhiali spessi quanto due fondi di bottiglia e un orribile paio di baffi spioventi lunghi pressapoco una quarantina di centimetri, e il suo aspetto nell'insieme ricordava una specie di strano ortaggio antropomorfo piuttosto che un essere umano.
La prima volta che lo vide, Tenten dovette sforzarsi molto per non mettersi a ridere.

- In osservazione del terzo prospetto tetraqualgebrico, confrontandolo coi diagrammi e gli algoritmi della quinta scala di calcolo di Shinnosuke, possiamo applicare l'elevamento a potenza del risultato appena ottenuto e verificarne dunque l'attendibilità in funzione di un Logaritmo Quadresponenziale del decimo livello...

Tutto ciò che Orokana faceva durante le sue barbosissime lezioni era girare avanti e indietro, farfugliando cose incomprensibili con la sua vociaccia stridula, tanto da indurre Tenten ad una forte ed insostenibile sonnolenza.
Fortuna che Hinata, distogliendo l'attenzione del professore ogniqualvolta Tenten si addormentava, riusciva il più delle volte a "coprire" i pisolini della sua nuova compagna di studi.
Tenten e Hinata instaurarono fin da subito una reciproca simpatia, malgrado l'incredibile timidezza di quest'ultima. Sia Hinata che Hanabi, sua sorella minore, non erano propriamente delle grandi "chiacchierone"; sovente quando parlavano, avevano un tono di voce fin troppo basso; Tenten accettò senza problemi la loro amicizia, nonostante entrambe fossero socievoli quanto una coppia di scoiattolini timidi, e nel contempo riuscì anche ad immaginare più o meno cosa il conte sembrava effettivamente aspettarsi da lei.
Il tempo scorreva fin troppo lentamente a Villa Hyuga.
Da che Tenten si trovava lì, sembrava fosse passato non meno di un secolo e invece non erano trascorse più di cinque settimane.
Come promesso dal conte, Kosuji accompagnava regolarmente Tenten nel far visita ai suoi genitori ogni settimana. Suo padre e sua madre sorridevano e si dicevano sereni ogni volta che la vedevano arrivare. Tuttavia uscendo dal grande palazzo nobiliare, e rientrando a contatto con ciò che costituiva lo squallore delle vie popolari di Konoha, Tenten si rese conto che qualcosa era tristemente cambiato per lei rispetto a prima.
Nonostante le previsioni fin troppo ottimiste del genitore, gli amici e i conoscenti della fanciulla presero via via sempre maggiori ed evidenti distanze da lei.
Fin dalla sua prima visita alla casa paterna infatti, a bordo della ricca carrozza con su inciso lo stemma simbolo degli Hyuga, la gente cominciò a mormorare cose abbastanza sgradevoli sul suo conto.
Tenten si rese conto di non essere più la stessa ai loro occhi.
Non era più la semplice e modesta figlia di un'umile coppia di fiorai: i bambini che prima le correvano sempre incontro, per chiederle di giocare assieme a loro, adesso si tenevano rigorosamente a distanza; le madri di famiglia, mettendo da parte i cesti che recavano sottobraccio, chinavano malvolentieri lo sguardo al suo passaggio; e soprattutto i suoi vecchi amici d'infanzia ( Choji, Kiba, Shikamaru, Shino e tutti gli altri ) sembravano ora guardarla con occhi pieni di malcelato disprezzo.
Non era una di loro, non più adesso, era una nobile!
Tenten si ritrovò d'un tratto un'estranea, proprio tra le persone che l'avevano vista crescere, e tutto perché il suo aspetto era quello di una ricca signorina di buona famiglia. Agli occhi del paese appariva infatti come una delle tante damine arroganti e viziate, vestite elegantemente con nastri colorati e profumi costosissimi, venuta in mezzo a loro solo per ostentare il proprio lusso e la propria strafottenza. A nulla sembravano valere i ricordi, le lacrime e i sorrisi di un tempo, davanti alla "giovane adottata dal conte"...
Solamente i suoi genitori e l'amico Rock Lee riconoscevano ancora in lei la bontà del suo sguardo e la sincerità del suo cuore. Ma per tutti gli altri era solo una ricca damina di corte, capace di godersi una vita agiata e dissoluta, mentre buona parte del popolo invece soffriva la fame e ogni genere di soprusi.
Questa era indubbiamente la cosa che più le pesava della sua nuova condizione, aldilà delle lezioni e di tante altre cose di minore importanza, e ciò le procurava un dolore immenso.
Forse aveva accettato troppo frettolosamente l'offerta del conte Hyuga.
Forse il conte non era stato del tutto corretto, illustrandole solo e semplicemente i vantaggi.
In ogni caso, ora che era entrata a far parte di una ricca e nobile casata, nessuno più l'avrebbe accettata tra la gente comune. Troppi erano i motivi di astio e di odio, nei confronti di Sua Maestà e dei nobili che ruotavano attorno al suo nome e, per quanto Tenten lo desiderasse ardentemente, non poteva più tornare indietro.

 

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Capitolo 9
*** La scintilla ***


Le stagioni si susseguirono...
Dopo l'autunno venne l'inverno, rigido e lungo come non mai.
A causa delle ingenti tasse versate durante i mesi del raccolto, i contadini non avevano quasi più di che sfamare sé stessi e le loro famiglie. I granai erano praticamente vuoti, i magazzini avevano più ragnatele che cibarie, e la maggior parte di ciò che contenevano risiedeva ora nelle dispense reali. Con l'ultima trovata di Orochilieu e degli ingegnosi tecnici al suo servizio, il corso del fiume che forniva acqua alla popolazione venne deviato, allo scopo di far funzionare i macchinari che fornivano alla reggia di Feuilles un'importante risorsa energetica: l'elettricità!
Ora Sua Maestà e i nobili che vivevano con lei a corte potevano usufruire di una comodità che la gente comune non avrebbe mai neppure lontanamente immaginato.
Con l'inverno alle porte, le risorse idriche del paese potevano essere in qualche modo sopperite, grazie ai mucchi di neve che venivano convertiti in acqua. Tuttavia Orochilieu aveva già pronta la scintilla definitiva, per scatenare l'incendio della rivolta con l'arrivo della stagione calda. Poiché il fiume adesso scorreva in direzione della reggia e degli annessi generatori di elettricità, lontanissimo dunque dalle umili dimore degli abitanti di Konoha, Sua Eminenza avrebbe inteso un modo per ridistribuire al popolo l'acqua necessaria alle esigenze di ognuno... pagando ovviamente un'altra ennesima tassa su ogni preziosissima goccia.
Rock Lee e i suoi amici, immaginando cosa avessero in mente i nobili per la prossima primavera, si comportarono esattamente come Orochilieu aveva previsto.
Se prima il nome di Sua Maestà la Regina veniva mormorato con disprezzo, adesso era diventato l'unico vero simbolo dell'odio e del malcontento popolare. Ogni volta che i soldati affiggevano un nuovo editto in città, i bambini erano soliti prenderlo a sassate e gli adulti arrivavano addirittura a "strapparlo", incuranti delle conseguenze. La gente era stanca di sopportare, stanca di veder soffrire e piangere i propri cari, e alle lacrime di disperazione seguirono presto la rabbia e le urla dell'intera nazione.

- Sopporteremo ancora in silenzio la fame e la sete dei nostri figli ?!?
- Oltre al cibo, adesso ci levano anche l'acqua...
- Mangiano come maiali e vivono come parassiti, ci trattano peggio delle bestie!
- Non è possibile privilegiare una classe sociale, relegando tutti gli altri alle sole privazioni, è una vergogna!
- Parlano di nuove tasse, ma non ci consentono di vivere neppure con dignità!
- Eppure siamo nati anche noi su questa terra, avremo pure il diritto di reclamare ciò che ci spetta!

Da ogni angolo della città, il grido di protesta era unanime.
Rock Lee e gli altri giovani idealisti di Konoha avevano dato vita al primo movimento organizzato della loro lotta contro i soprusi.
Parlavano di libertà, di egualità e democrazia... Parole nuove per il loro sfortunato paese, dove la Legge era così malamente amministrata, eppure quelle parole diedero modo al popolo di esprimersi su ciò che era giusto. Lasciare il potere nelle mani di uomini indegni e profittatori, nel silenzio e nella rassegnazione più totale, era assolutamente inaccettabile. Ogni essere umano, a prescindere dal rango o dalla posizione sociale, ha diritto a vivere dignitosamente e col rispetto che merita. Se Maria Tsunade non intendeva ascoltare le ragioni del suo popolo, il popolo stesso si sarebbe fatto ascoltare, anche con la forza se necessario.

- Difendiamo ciò che ci appartiene, assicurando il futuro per la nostra gente, e facciamo sì che i nostri figli vedano e tocchino una realtà migliore di questa - esclamò Rock Lee, levando il pugno verso l'alto. - Niente tasse, senza parità di diritti...
- LIBERTA' !!!
- LIBERTA' !!!
- LIBERTA' !!!

Ormai la rivoluzione era già in atto.
Quello che mancava alle parole era la forza, la forza capace di sostenere un'idea di giustizia contro l'oppressione dell'ingiustizia.
Tuttavia, da quando Sanzashi era apparso a difendere Konoha e i suoi abitanti, molti avevano intravisto nel misterioso giustiziere un forte bagliore di speranza. Sanzashi combatteva per coloro che non potevano farlo, perché anche i deboli trovassero la forza di alzare la testa e reagire, e soprattutto per difendere una causa che andava ben oltre la vita di un singolo individuo... perché la salvezza di un'intera nazione era molto più importante!

 

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Capitolo 10
*** Sotto la neve ***


Nel frattempo nuovi ed importanti avvenimenti stavano accadendo anche a Villa Hyuga.
Poiché la lealtà degli Hyuga era stata messa in discussione a corte, il conte Hiashi fu costretto a recarsi personalmente a Feuilles per rendere conto di alcune voci che circolavano su di lui. La notizia che una ragazza di umili origini fosse stata accolta all'interno della sua famiglia, specie ora che in città divampavano i primi focolai della rivolta, rendeva infatti sospetta la posizione del nobiluomo.
Qualcuno sosteneva che il conte nutrisse delle scandalose simpatie verso le sciocche farneticazioni su "libertà" e "diritti" che il popolo aveva preso a sollevare da qualche tempo.
Parlavano di democrazia, parola della quale i nobili ignoravano persino il significato, e per giunta osavano sostenere che la corte reale di Konoha si abbassasse a trattare da pari a pari con gente priva di lignàggio e qualsivoglia titolo.
Già in passato Hiashi Hyuga era stato oggetto di pesanti accuse, a causa delle idee sovversive di suo fratello Hizashi. Senonché proprio quest'ultimo si fece carico di tutte le colpe, per proteggere l'onore e la vita dei suoi familiari, e scelse di morire sul patibolo senza mai recedere dalle proprie convinzioni.
La testa dello Hyuga rotolò dinanzi agli occhi sgomenti del figlio, all'epoca poco più di un bambino, e il suo sangue fu versato assieme a quello dei peggiori criminali. Hizashi Hyuga, il Traditore della Corona, non avrebbe mai avuto alcuna tomba a lasciare di lui memoria; il suo cadavere fu ammassato con quelli di ladri e assassini, per essere dato alle fiamme e scomparire dal mondo senza lasciare di sé alcuna traccia.
Hiashi Hyuga sapeva benissimo che a corte vi era un branco di lupi affamati ad attenderlo, primo fra questi il Cardinale Orochilieu, tutti desiderosi di sbarazzarsi di lui con ogni mezzo. La richiesta di chiarimenti era solo un pretesto, un modo per costringerlo ad addentrarsi inerme nella tana del nemico, e difficilmente ne sarebbe uscito indenne.
Se solo fosse riuscito a conferire personalmente con Sua Maestà la Regina.
Da quando Orochilieu aveva assunto il controllo delle funzioni politico/amministrative, la Regina era diventata pressoché inavvicinabile, anche per gli stessi nobili che dimoravano a corte. Circa sedici anni addietro, a seguito della tragica scomparsa del principe Dan Kato ( morto in battaglia, a causa di una freccia avvelenata ), Maria Tsunade era caduta in un profondo stato di depressione. Dan Kato era il promesso sposo della Regina, l'uomo che lei aveva amato profondamente, e la sua morte aveva lasciato nel suo cuore un vuoto incolmabile... assieme al bambino che ella portava in grembo, purtroppo anch'egli deceduto al momento del parto.
Tutti a corte conoscevano la tragedia di Maria Tsunade, ad eccezione del popolo che ignorava invece la situazione; e Sua Eminenza Orochilieu aveva potuto così ordire il suo subdolo piano per rovesciare la sovrana, approfittando dell'apatìa e indolenza di quest'ultima, tenendola all'oscuro delle gravissime condizioni in cui egli aveva precipitato Konoha.
Il conte Hyuga non si faceva illusioni.
Sua Eminenza non avrebbe mai permesso, né a lui né a chiunque, di conferire con la Regina.
Per quanto difficile fosse la sua situazione, avendo a che fare con una politica di corrotti, l'austero nobiluomo non poteva che andare incontro al proprio destino. Prima di lasciare la villa, raccomandò espressamente al fido Kosuji di avere cura di Tenten affinché non le capitasse nulla di male.

- Abbi cura di lei, Kosuji - esclamò il conte, salendo in carrozza. - Questa convocazione improvvisa a corte non promette nulla di buono!
- Non dubitate, Eccellenza - rispose il maggiordomo, chinando umilmente il capo. - Seguirò i vostri ordini scrupolosamente, anche a costo della mia vita, nessuno torcerà un capello a quella fanciulla!

Hiashi annuì soddisfatto.

- C'è un'altra cosa - mormorò poi il conte. - Ho promesso a Tenten di raccontarle la verità, anche se temo sia troppo presto per farlo; ma se mi dovesse accadere qualcosa, per un motivo o per l'altro, dovrai essere tu ad occupartene!

Così dicendo, il conte tirò fuori da una tasca interna della giacca una piccola busta sigillata.

- Conserva questa lettera - disse, affidando il documento nelle mani di Kosuji. - Qui dentro ho scritto di mio pugno tutto ciò che la ragazza dovrà sapere a tempo e luogo; solo a lei, mi raccomando, fa in modo che nessun altro sappia del suo contenuto!

Kosuji si impegnò solennemente a rispettare la volontà del suo padrone.
Il conte parve sollevato e, rimettendo tutto nelle mani del suo servitore, fece chiudere lo sportello della carrozza e ordinò al cocchiere di dirigere alla volta di Feuilles.
Mentre il veicolo percorreva l'ampio viale alberato della villa, Tenten lo vide allontanarsi dalla panchina ove era seduta a leggere.
Le lezioni col professor Orokana erano sopportabili più o meno quanto l'escremento di un rinoceronte su per le narici. Piuttosto che stare costretta al chiuso, ad ascoltare quella specie di melanzana parlante, Tenten preferiva di gran lunga sedere all'ombra degli alberi del giardino. Qui la temperatura era sul frizzantino, per non dire che le piante e la panchina erano avvolte dallo scintillìo della rugiada cristallizzata, ciononostante la fanciulla era ben coperta per poter soffrire il freddo. Oltre al suo elegante abito lungo di velluto, il mantello con cappuccio e i guanti che indossava erano finemente intessuti con pelli pregiate e molto resistenti. L'unico inconveniente era dato dal tenere gli chignons costretti sotto la stoffa ma, a parte questo, il freddo non costituiva certo un problema.

- Chissà dove starà andando il conte - si domandò la fanciulla.

Ovviamente Tenten non poteva immaginare le afflizioni del suo tutore.
Era raro che il conte le dicesse qualcosa, se non giustappunto per chiederle dei suoi progressi nello studio, e ciò l'aveva indotta a pensare di lui come a un uomo insensibile e privo di emozioni. Oltre a questo, visto il modo in cui tutti i suoi conoscenti ora la disprezzavano, Tenten non riusciva a separare la gratitudine dal rancore verso il taciturno aristocratico. Da una parte comprendeva le intenzioni sincere e benevole che costui aveva nei suoi confronti, e perciò gli era riconoscente, ma non poteva assolutamente accettare che gli amici di un tempo la ritenessero ora "diversa" da loro per causa sua.
Mentre pensava a questo, Tenten posò il libro accanto a sé sulla panchina e sospirò profondamente.
Il cielo sopra di lei era nuvoloso.
Probabilmente presto si sarebbe messo a nevicare di nuovo e, sottoforma di tanti piccoli fiocchi, ogni cosa sarebbe stata ricoperta da un bianco mantello soffice. Proprio in quel momento, probabilmente a causa del gelo che aveva ghiacciato il rametto, un fiore si staccò dall'albero e atterrò dolcemente in grembo a Tenten.
Era un fiore di biancospino.
Tenten osservò attentamente i bianchi petali macchiati di nero, ripensando con nostalgia alla volta in cui Sanzashi le regalò un rametto di quei fiori. Il biancospino era simbolo di speranza, la dolce speranza, la speranza di poter un giorno guarire le molte ferite di quella terra.

- Non perdere la speranza - così le aveva detto Sanzashi, la notte in cui si erano conosciuti.

Improvvisamente però, investendola con una folata improvvisa, il vento le strappò via il fiore di mano e le sollevò il mantello sugli occhi. Tenten si alzò dunque dalla panchina, cercando a tentoni il libro prima di rientrare nella villa, ma ancora una volta rischiò di inciampare nel suo ridicolo gonnellone. Per fortuna però, sbucando fuori praticamente dal nulla, qualcuno si preoccupò di sorreggerla per evitare che cadesse. Tenten si aggrappò istintivamente alle forti braccia che la sostenevano e, scostandosi il mantello dagli occhi, sollevò lo sguardo ad incontrare il volto del suo gentile soccorritore. Tuttavia ammutolì di colpo, quando riconobbe in lui ancora una volta il nipote del conte.
Vestito elegantemente, coi lunghi capelli scuri mossi dal vento e la candida sciarpa di seta attorno al collo, Neji Hyuga rivolse a Tenten un'occhiata priva di emozione. La fanciulla si ricompose immediatamente, profondendosi in scuse e rivolgendo al giovane un inchino mortificato, mentre l'altro non fece assolutamente una piega.

- Dovresti stare più attenta - disse il giovane semplicemente, spezzando la magia del momento.
- Co... Come?
- Credo che questa sia la seconda volta che ci scontriamo...
- Non mi sono "scontrata", sono inciampata - sottolineò lei infastidita.
- Questo succede perché non stai attenta - ribatté l'altro, socchiudendo gli occhi con malcelata ironia. - Anche se, dalla volta scorsa, devo ammettere che almeno hai imparato un po' di buone maniere!

Tenten strinse gli occhi offesa.
Altro che bello e affascinante, non era altro che un buzzurro arrogante e spocchioso. Costui sembrava l'esatto contrario di sua cugina Hinata, così timida e gentile, e Tenten sentiva già di trovarlo insopportabilmente antipatico. Non avendo alcuna intenzione di rispondergli, anche se chiaramente ferita nel suo amor proprio, la fanciulla raccolse il libro dalla panchina e oltrepassò il nobile cafoncello senza neppure degnarlo di un saluto.

- Non stai dimenticando qualcosa?
- No, non credo - rispose lei in tono secco.
- Strano, mi sembrava che ti fosse caduto questo...

Come Tenten si voltò, vide il fiore di biancospino tra le dita del giovane.
D'istinto le sue labbra stavano quasi per dirgli "grazie" ma, orgogliosa com'era, non intendeva dargli questa soddisfazione. Tuttavia Neji non sembrava aspettarsi alcunché da lei e, restituendole il fiore con gentilezza, si limitò a salutarla con un inchino e si incamminò lentamente lungo il sentiero che conduceva alla villa.

- Che individuo odioso - mormorò Tenten, osservandolo mentre si allontanava. - Che io sia dannata, se rivolgo ancora la parola ad un simile altezzoso!

Come in risposta alle sue parole, la neve cominciò a scendere piano dal cielo e a riempire l'aria di bianche perline luccicanti.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 11
*** Il piano di Orochilieu ***


Com'era prevedibile, la convocazione urgente del Conte Hyuga altro non era che un bieco sotterfugio di Orochilieu.
Hiashi si ritrovò al cospetto del Consiglio Supremo, costituito dal fior fiore della più alta gerarchìa nobiliare di Feuilles ( gli stessi nobili che, anni addietro, avevano mandato suo fratello al patibolo ), e con la consapevolezza di non avere nessun amico tra quei freddi volti inespressivi. L'unico sorriso presente in quella sala era quello cinico e subdolo del Cardinale Orochilieu.

- Ci sono giunte voci piuttosto gravi sul vostro conto... Conte!
- E' una convocazione o un interrogatorio? - ribatté gelido l'anziano Hyuga.
- Né l'uno né l'altro - puntualizzò il Cardinale. - A dire la verità, siamo tutti alle prese con un problema che ci riguarda da vicino... O forse voi ignorate di che si tratta!
- Ho come la sensazione che stiate per dirmelo - osservò Hiashi, stufo di assecondare i giochetti di quel viscido serpente travestito da prete.

Il sorriso di Orochilieu scomparve.
Evidentemente Hiashi era troppo sveglio, per farlo cadere in qualsivoglia tranello. Costui era assai più cauto del suo focoso ed intemperante fratello defunto, anche se quasi altrettanto orgoglioso, e l'unico modo per affrontarlo era quello di giocare a carte scoperte. Dal momento che era inutile sperare in un suo passo falso, Orochilieu si vide costretto a cambiare velocemente tattica.

- Il momento è critico - sentenziò il Cardinale, affinché tutti potessero sentirlo. - Secondo i rapporti del comandante Kabuto, gruppi di ribelli si starebbero organizzando per scatenare una rivolta in grande stile; c'è molta tensione a Konoha, da quando quel criminale Sanzashi ha portato scompiglio nel regno, ed è nostro preciso dovere riportare l'ordine... Con qualunque mezzo, se necessario!
- Non vi sembra di esagerare, Eminenza - esclamò Hiashi, cercando di mostrarsi rispettoso. - Stiamo parlando della popolazione, non di un singolo gruppo di briganti: un'azione di forza eccessiva potrebbe portare a conseguenze ben più gravi di una rivolta!
- Questo è indubbio - sottolineò Orochilieu. - Tuttavia la situazione cambia, se i ribelli vengono "aiutati" da qualcuno presente a corte!

Hiashi strinse gli occhi.

- Si spieghi meglio!
- Uno degli ufficiali agli ordini del comandante Kabuto afferma di aver riconosciuto una persona - spiegò il Cardinale, recuperando in fretta un tono serafico e sicuro di sé. - Pare che una ragazza, una popolana di cui ignoro ancora il nome, abbia avuto la sfrontatezza di ostacolare un soldato di Sua Maestà nell'esercizio delle sue funzioni... Una ragazza che, stando a quanto ho saputo, abiterebbe ora nella vostra villa insieme alla vostra famiglia!
- E con questo? - fece Hiashi, fingendo di non capire dove l'altro stava andando a parare. - Non credo di dover rendere conto delle decisioni che mi riguardano personalmente!
- Eh, caro Conte, è qui che sussiste il problema invece - sottolineò Orochilieu, accentuando ancora di più il sorriso malefico sulle labbra sottili. - Il fatto che voi ospitiate a casa vostra una ragazzina ribelle, potenzialmente in contatto con i capi della rivolta in atto, mette nuovamente in discussione il vostro nome e la vostra posizione presso questa assemblea!
- La ragazza non è una ribelle - affermò Hiashi categorico. - Posso garantire personalmente su questo punto!
- E con quali prove? - domandò ancora il Cardinale. - Per dimostrare quanto dite, dovreste almeno rendere noto il suo nome!

Tutto era fin troppo chiaro adesso.
L'invito a corte era un pretesto, un modo per mettere Hiashi Hyuga con le spalle al muro. Il nobiluomo non poteva assolutamente rendere nota l'identità di Tenten, per quanto il suo ostinato silenzio lo mettesse in una posizione ancora più indifendibile, e questo agli occhi di Orochilieu e dei nobili presenti poteva tranquillamente passare come una tacita dimostrazione di colpevolezza.

- Mi mettete in una posizione molto difficile, Conte - sentenziò Orochilieu, giungendo le mani al petto con fare ipocrita. - Se non intendete collaborare, saremo costretti a procedere nei vostri confronti e a rispolverare tutte le vecchie pratiche riguardanti vostro fratello... Suppongo ve ne ricorderete!
- La mia coscienza è a posto - dichiarò Hiashi con voce calma e solenne. - Non ho motivo di dimostrare la mia innocenza, perché la mia è la parola di un nobile!
- Anche vostro fratello lo era - puntualizzò il Cardinale. - Se non si fosse giocato la dignità prima, simpatizzando con le idee antimonarchiche, e la testa dopo!

Hiashi serrò il pugno con rabbia.

- Devo considerarmi in arresto?
- Non esattamente - rispose Orochilieu. - Tuttavia, in attesa che venga appurata la verità, questa assemblea chiede che restiate confinato entro Villa Hyuga; attenderete di comparire di nuovo dinanzi a codesto Consiglio, non appena questo si sarà pronunciato nei vostri riguardi, nel frattempo vi è proibito allontanarvi dalla vostra dimora fino a nuovo ordine!

Non potendo far altro che acconsentire, Hiashi chinò dunque il capo in segno di rispetto e si congedò dalla sala.
Orochilieu pareva soddisfatto, il piano procedeva perfettamente, e presto avrebbe messo in atto il colpo che lo avrebbe liberato una volta per tutte di quello sciocco nobile fastidioso.

 

( continua col prossimo capitolo )

Angolo Autore:
ringrazio Sophie1995, per la splendida immagine, ripromettendomi di inserirla più avanti nel corso della storia.
Grazie a tutti/e coloro che, malgrado i tempi e la discontinuità di aggiornamento, continuano ugualmente a seguire la vicenda.
^__^ Un caro saluto e un abbraccio!

DADO

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Capitolo 12
*** Non c'è tempo per indugiare ***


Hiashi Hyuga poteva solo indovinare ciò che passava per la mente di quella viscida vipera intonacata.
Con la Regina pressoché soggiogata e ignara delle condizioni in cui versava Konoha, Orochilieu poteva fare il bello ed il cattivo tempo. Lo stesso Hyuga, consigliere ed amico devoto della famiglia reale fin dai tempi di Re Hiruzen, da vari mesi non riusciva ad ottenere un colloquio con la sovrana. Maria Tsunade si ostinava a non voler ricevere nessuno, troppo abbattuta per aprire gli occhi sugli intrighi del bieco Cardinale, di conseguenza Orochilieu e i suoi scagnozzi potevano agire pressoché indisturbati.
Come se ciò non bastasse, il conte realizzò immediatamente che anche Tenten stava correndo un serio pericolo.
Probabilmente l'idea di farle da tutore, sebbene al fine di proteggerla, si stava ora rivelando un errore.
Purtroppo il carattere della giovane era troppo irruente e focoso, perché i coniugi Zhoufang potessero continuare a recitare la commedia. Fuori dall'aura protettrice della nobiltà, Tenten si sarebbe certo messa nei guai assieme ai giovani rivoluzionari. Hiashi doveva assolutamente tenere la fanciulla il più lontano possibile da Orochilieu, mantenendo segreta la verità sulle sue origini, e soprattutto doveva fornirle i mezzi adeguati per consentirle di difendersi da eventuali pericoli.
Dal momento che Orochilieu stava mettendo in gioco le sue carte, Hiashi comprese che la sola Villa Hyuga non era più un luogo sufficientemente sicuro per la sua protetta.
Tornato alla propria dimora, il nobiluomo fu accolto dal preoccupatissimo Kosuji.

- Signore - esclamò il maggiordomo, leggendo la chiara preoccupazione negli occhi del padrone. - Va tutto bene?
- Speravo di avere più tempo, prima di mettere a parte Tenten circa i dettagli della sua nascita... Purtroppo, temo, Orochilieu si è già accorto di lei e questo mi costringe a rivedere il suo addestramento!
- Temete per la sua incolumità, dunque?

Hiashi tacque.

- Tenten è una ragazza coraggiosa - disse ancora il nobiluomo. - Di questo non ho il minimo dubbio, ma non può avere la meglio sui suoi nemici senza la dovuta preparazione; se Orochilieu dovesse mangiare la foglia, userà ogni mezzo per nuocerle e io non posso permettere che questo accada!
- Che cosa intendete fare, signor conte?
- Va a chiamarla - ordinò Hiashi. - Falle indossare la tenuta da allenamento e conducila nell'armeria, mi occuperò personalmente di iniziarla all'uso della spada... E mi raccomando, non una parola col resto della famiglia!
- Come volete - annuì Kosuji obbediente.

Non appena il maggiordomo uscì dalla stanza, Hiashi aprì un elegante armadio a muro con due spade incrociate incise sugli stipiti. Dentro vi erano contenuti tutti i suoi paramenti da spadaccino: guanti, giubbotto imbottito, maschera protettiva, pantaloni di cuoio rinforzato... assieme ad un'elegante lama di acciaio multistrato ( senza dubbio opera di un grande maestro della nobile arte orientale, modellata però sulla forma delle armi bianche occidentali ), con il simbolo del suo casato presente sull'elsa riccamente ingioiellata.
Hiashi impugnò la spada, sfoderandola per controllare che fosse ancora in perfetto ordine, rimirandone il filo e la lucentezza con occhi duri come il ghiaccio.

- Fratello - mormorò. - Questa lama avrebbe dovuto combattere assieme alla tua, proprio come ci eravamo promessi l'un l'altro, e invece...

Il conte rafforzò la presa sull'impugnatura, stringendo le dita con un misto di rabbia e rimorso, tuttavia riuscì a controllarsi e a recuperare il suo proverbiale sangue freddo. Una volta rimessa la spada nel fodero, e indossando la mise da allenamento, Hiashi Hyuga prese dunque la maschera sottobraccio e si avviò nella vicina Sala d'Armi.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 13
*** Allenamento di Scherma ***


Kosuji pregò le domestiche di far indossare a Tenten l'abbigliamento necessario e, una volta che queste l'ebbero vestita di tutto punto, la scortò personalmente nell'armeria. Tenten non comprendeva ancora il motivo di una simile richiesta da parte del Conte ma, pur di non dover indossare quei ridicoli gonnelloni da nobildonna, si ritrovava perfettamente a suo agio con i calzoni e i paramenti necessari a proteggersi nella scherma.

- Kosuji - fece lei sottovoce. - Come mai il Conte ha inteso farmi da Maestro di Spada?
- La prego, signorina, non faccia domande - si limitò a rispondere il maggiordomo. - Cerchi solo di concentrarsi e di prestare attenzione, mi raccomando, il signor Conte è un maestro molto severo!
- Oh beh, sempre meglio che quello scocciatore del professor Orokana...

Al solo pensiero delle lezioni incomprensibili di quel vecchio barbogio, Tenten rabbrividì.
Kosuji trattenne compostamente una risatina e, bussando alla porta dell'armeria, informò il Conte che Tenten era pronta.
Come ebbe ricevuto il permesso di entrare, la ragazza fu introdotta al cospetto del nobiluomo. Hiashi Hyuga era in piedi al centro della stanza, vestito di tutto punto, con la spada in una mano e la maschera stretta nell'altra. Tenten rimase un tantino perplessa, anche perché era la prima volta che lo vedeva sotto quell'aspetto: malgrado l'età infatti, il Conte esprimeva una grazia ed una fierezza leonina; i lunghi capelli scuri che gli ricadevano sulle spalle, allo stesso modo di una criniera, accentuavano ancora di più il corpo esile ma dalla muscolatura evidente; persino stando fermo, la forza e la sicurezza che emanava erano più che evidenti...

- Lasciaci soli, Kosuji - ordinò. - Resta davanti alla porta e non fare entrare nessuno, finché io non ti manderò a chiamare!
- Come volete, signor Conte - rispose l'altro obbediente, chiudendo tosto le ampie porte blasonate del salone.

Tenten si guardò attorno incredula.
L'armeria era una vasta camera rettangolare, diversa dal resto della villa, con le bianche pareti spoglie e disadorne di qualsivoglia arazzo o dipinto. Oltre alle rastrelliere in perfetto ordine, ai fucili oliati e caricati a dovere, e alle pistole esposte sui tavoli in fondo, in quella stanza si respirava il profumo inebriante della tensione misto a quello della polvere da sparo.
Quello era l'odore del combattimento.
L'essenza marziale degli Hyuga aveva permeato quelle mura per secoli, tanto che Tenten ne avvertiva chiaramente la presenza, ed ora Hiashi intendeva allenarla proprio lì all'uso della spada.

- Benvenuta figliola - esclamò il Conte, rivolgendole un lieve cenno di saluto col capo. - Confido che ti applicherai a questo genere di lezioni, con impegno ancora maggiore di quanto tu abbia mostrato sinora col tuo... tutore scolastico!
- Ehm...

Tenten chinò il capo con imbarazzo.
Evidentemente Hiashi era al corrente del suo scarso rendimento.
Tuttavia non sembrava adirato, anzi, piuttosto sembrava ansioso di iniziarla all'arte del combattimento.
Poiché non sembrava dell'umore giusto per essere contrariato, Tenten si affrettò ad annuire promettendo di impegnarsi al massimo per apprendere ciò che costui intendeva insegnarle.

- Molto bene - fece il Conte soddisfatto. - Cominceremo dalle basi: in particolare dalla posizione!

Ciò detto, il Conte si fece avanti.
Tenten accettò senza fiatare i lievi colpetti sulle braccia e sulle gambe, atti a correggere gli errori nella postura, e tuttavia si sentì alquanto goffa nel piegare e flettere le ginocchia in modo ridicolo. Hiashi Hyuga ignorò le sue proteste e, ribattendo duramente il suo ruolo di istruttore, invitò la fanciulla a mantenere il più possibile l'equilibrio e a sciogliersi in modo più naturale possibile.

- Non mi risulta tu abbia ingoiato una scopa - sottolineò lui severo. - La schiena dev'essere morbida, non un pezzo di legno rigido... Stai più dritta con le spalle, più molleggiata sulle ginocchia, e tieni lo sguardo fisso davanti a te!
- Ci... Ci sto provando ma...
- Non ti distrarre!

Lo schiocco sul fondoschiena, benché attutito dalle imbottiture, fece trasalìre Tenten di colpo.
La ragazza fece inavvertitamente uno scatto che, coordinando per istinto le natiche assieme al bacino, le consentì di trovare la giusta posizione di partenza.

- Ecco, così può andare - affermò il Conte, indossando la maschera protettiva sul volto. - Adesso osserva e ripeti lentamente quello che faccio io: prima di prendere in mano la spada, è necessario che tu abbia ben chiaro il giusto movimento; la spada non è altro che un prolungamento del proprio braccio e, una volta appresa la teoria, non ti sarà difficile tradurre ciò in pratica!

Tenten obbedì e, seguendo attentamente le mosse del Conte, si accinse a ripeterle per quanto poteva.
All'inizio era un po' incerta, sebbene non troppo per una principiante, ma Hiashi si rivelò da subito un ottimo maestro.
Con pazienza e comprensività, mista a rigida severità, l'austero nobile le fece fare ore e ore di duro esercizio. Tenten dovette coordinare in modo corretto tutta una serie basilare di movimenti: piegare e flettere le ginocchia, mantenere l'equilibrio col braccio sinistro, stendere e ritirare il braccio destro, gestire la rotazione del polso in corrispondenza con l'estensione del braccio... e poi ovviamente ripetere daccapo la sequenza, ore ed ore consecutive, per un numero interminabile di volte.
Alla fine, stanca ed ansimante, le ginocchia quasi non la sostenevano più.
Pur ripetendo quell'esercizio fino allo sfinimento, Tenten scoprì ben presto che era ben lungi dall'aver terminato quella sua durissima prima lezione.

- C'è ancora un'ora, prima che venga servita la cena - osservò Hiashi, guardando l'ora sul quadrante del grande orologio a pendolo e stringendo i bianchi occhi inespressivi. - Questo vuol dire che abbiamo a disposizione una buona mezz'ora, per ripetere l'esercizio con la spada!
- Me... Me.., MEZZ'ORA ?!?
- C'è forse qualcosa che non va?
- Ma sono stanca mort...
- Meno chiacchiere - tagliò corto Hiashi, senza ascoltare ragioni. - Se perdi tempo a brontolare, ti allenerai anche di notte!

In men che non si dica, Tenten sfilò dunque una lama dalla rastrelliera e ripeté nuovamente l'esercizio senza fiatare.

 

( continua col prossimo capitolo )

 

NOTA
xD A parte certi commenti che qualcuno si è preso giustamente la briga di scrivere tramite Facebook ( troppo facile altrimenti scriverli direttamente sulle storie in questione ), mi riservo quivi di sottolineare che TUTTE le mie long-fic in corso verrano pazientemente portate avanti da me medesimo.
Come qualunque individuo può constatare ( anche un perfetto idiota, giusto per intenderci ), il sottoscritto gestisce da solo la pagina di telesette... assieme a tutte le one-shot su richiesta che, entro le mie umane possibilità, cerco sempre di realizzare per non scontentare nessuno.
Nel caso ci fosse ancora bisogno di sottolinearlo, e pure torno a ripeterlo, le storie presenti su Telesette Home Page e dintorni non sono altro che liberi adattamenti di opere già esistenti - storielle scritte a tempo perso, senza nessuna pretesa - e come tali non hanno assolutamente alcuna dignità letteraria.
Telesette NON è uno scrittore, bensì una "macchietta" - un personaggio fittìzio, creato al solo scopo di ridere e divertirsi - ed è imbarazzante vedere gente che ancora non-ci-arriva a comprendere una cosa tanto semplice ed elementare.
Non so più in che lingua ripeterlo.
Ogni settimana ricevo decine di messaggi inutili, scritti da qualche imbecille col feticismo della "K", e a questo punto gradirei che mi venisse recapitato ANCHE un interprete... Magari in saldo, pagamento rateale, che so ?!?
L'importante è che mi sia data la possibilità di capire cosa cavolo c'è scritto nei messaggi a me destinati.
In Fede

David Bizzarri ( telesette )

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Capitolo 14
*** La spada non è una questione di forza ***


Sotto la guida srupolosa del Conte Hiashi, Tenten apprese poco per volta i rudimenti della nobile arte della spada.
Era una ragazza di per sé molto agile e flessuosa, con un ottimo controllo dei movimenti, e questo le conferiva un talento naturale. Certo, aveva ancora molto da imparare: per diventare provetti spadaccini, occorrevano anni e anni di pratica e di sacrifici; ciononostante, già dopo un paio di settimane, il Conte guardava compiaciuto ai suoi primi progressi.

- Molto bene - esclamò l'uomo, commentando un impeccabile affondo della fanciulla. - Ricordati di mantenerti salda sulle ginocchia, in modo da ritrovare sempre la posizione e l'equilibrio, bene così... Stai migliorando a vista d'occhio!

Tenten sorrise.
All'inizio le era un po' fastidioso, con tutte quelle posizioni e figure da ricordare, ma via via stava cominciando a prenderci gusto. Era molto più disinvolta e sicura, rispetto al primo giorno, e i risultati si riflettevano sulla lama lucente che vibrava nell'aria stoccate leggere come le ali di una farfalla.
Al termine degli esercizi, il Conte era solito impiegare gli ultimi minuti con un piccolo duello di allenamento. Tuttavia, a causa degli intrighi di Orochilieu, doveva mantenersi vigile e all'erta in qualsiasi momento. Kosuji era stato incaricato di tenerlo al corrente su ogni movimento a corte, dimodoché non si facesse cogliere impreparato, e per l'appunto Sua Eminenza Orochilieu stava cominciando a muoversi...
Dopo aver mormorato qualche parola all'orecchio del suo padrone, Kosuji si inchinò rispettosamente e rimase in attesa di ordini. Hiashi si incupì, aggrottando le sopracciglia e stringendo gli occhi chiarissimi a due sottili fessure, prima di congedare l'altro e lasciare la stanza a sua volta.

- Continua pure ad allenarti, figliola - disse rivolto a Tenten. - Finisci pure i tuoi esercizi senza di me, dopodiché vai a riposarti... Domani ricominciamo di buon'ora!
- Va bene - rispose lei, annuendo col capo.

Non appena Hiashi uscì, lasciandola sola nella Sala d'Armi, Tenten riprese a concentrarsi ed eseguì una serie di affondi uno dopo l'altro. La sua tecnica era migliorata notevolmente ma era ancora una principiante e, pur ripetendo alla lettera le posture insegnatele dal Conte, la presa che esercitava sull'impugnatura non era ancora abbastanza salda. Difatti, nello stendere il braccio, la lama sferzò l'aria con una resistenza maggiore ( a causa della velocità dell'azione ) e Tenten vide l'arma scivolarle via dalle dita per poi rotolare a terra con un tonfo.

- Devi lavorare di più sulla resistenza - esclamò d'un tratto una voce alle sue spalle.

Subito Tenten si voltò e, ritto dinanzi a lei, riconobbe subito il volto impassibile di Neji Hyuga, nipote del Conte Hiashi. Costui si limitò a raccogliere la lama vicino ai suoi piedi e, reggendola con entrambe le mani, si avvicinò a Tenten per porgergliela garbatamente dall'impugnatura.

- Devi lavorare ancora molto - osservò Neji con voce calma e priva di emozione. - La spada non è un giocattolo: rischi di farti male, se non la stringi nel modo corretto...
- Grazie tante - rispose Tenten, afferrando l'arma con un moto di stizza. - Ma questo lo sapevo già!
- Strano, non mi sembrava - obiettò tranquillo l'altro.

Rossa in volto, sia per la rabbia che per l'imbarazzo di passare per un'incapace, Tenten fece un grosso sforzo per trattenersi e si limitò a rispondergli in tono secco e sbrigativo.

- Scusa, dovrei allenarmi - disse. - Ti spiacerebbe lasciarmi in pace, se non hai niente di meglio da fare?

Neji non rispose.
Tenten fece finta di ignorarlo, rimettendosi dunque in guardia, e riprese ad eseguire gli affondi così come il Conte le aveva insegnato. Il giovane Hyuga sembrava del tutto indifferente, pure osservandola con insistenza, tanto che decise di voltarsi e andarsene come se niente fosse.

- Ti do' un consiglio, comunque - esclamò Neji, voltandole le spalle. - Cerca di muoverti meglio sulle gambe, sembri un'anatra!
- Co... Co... COSA ?!?

Offesa e infuriata oltre l'inverosimile, Tenten strinse più forte l'impugnatura e subito cercò di infilzare quell'antipatico. Tuttavia a Neji bastò spostarsi leggermente di lato, per evitare il suo goffo scatto rabbioso, e Tenten si ritrovò gambe all'aria contro la rastrelliera a ridosso della parete. Le spade rotolarono da tutte le parti, con un forte rumore di ferraglia, mentre la fanciulla rimase incastrata a testa in giù con la linea del fondoschiena perfettamente disegnata attraverso la divisa da allenamento.

- Non male come affondo - commentò Neji, a metà tra il serio e il sarcastico. - Solo, la prossima volta, cerca di risparmiare l'arredamento: che io sappia, quella povera rastrelliera non ti ha fatto nulla!
- Razza di... - imprecò Tenten sottovoce, malgrado la posizione umiliante in cui si trovava. - Ti odio!
- Bene - tagliò corto l'altro senza battere ciglio. - Mi fa piacere saperlo, così non dovrò "fingere" di esserti simpatico!
- Si può sapere perché ti prendi gioco di me, che cosa ti ho fatto?
- Guarda che mi hai frainteso - puntualizzò Neji. - Non era mia intenzione prenderti in giro, ti ho solo fatto notare dove stai sbagliando!
- Ma...
- Non dovresti essere così impulsiva - disse ancora Neji, chinandosi per aiutarla a rimettersi in piedi. - La spada è soprattutto un'arte, non una questione di muscoli e di forza, ci vogliono pazienza e cervello!

Tenten rimase colpita da quelle parole, come dal tono calmo e suadente nella voce del giovane, tanto che non trovò nulla da obiettare. La mano di Neji, nel mentre che questi l'aiutava a rialzarsi, era morbida e forte allo stesso tempo. Come l'ebbe solo sfiorata, la fanciulla avvertì d'istinto una piacevole sensazione di sicurezza. Per un attimo, addirittura, le sue gote si tinsero di rosso tuttavia Neji non ci fece caso.

- Continua a provare - esclamò lo Hyuga. - Se ti impegnerai seriamente, vedrai che rimedierai anche certe figuracce; devi solo fare appello a certe doti indispensabili, a cominciare dalla pazienza!
- Va bene - rispose Tenten rassegnata. - Ci proverò!

Dopo essersi scrollata la polvere di dosso, e aggiustandosi il giubbetto protettivo, Tenten impugnò ancora una volta la lama e si portò nuovamente al centro della stanza. Qui si voltò per chiedere a Neji se la sua posizione gli sembrava corretta ma, volgendo l'occhio verso l'uscio socchiuso, in quel momento si accorse che il giovane se n'era già andato.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 15
*** La maschera del giustiziere ***


Dal momento che il conte non aveva più intenzione di allenarla per quel giorno, Tenten uscì fuori dall'armeria e si diresse verso la sua stanza. Essendo stanca e sudata fradicia, il suo primo pensiero correva ad un bel bagno e ad una buona dormita. Tuttavia, mentre passava accanto alla porta socchiusa dell'ufficio del conte, per caso le capitò di cogliere una conversazione che le fece drizzare l'orecchio.

- Sei sicuro di aver capito bene - chiese Hiashi preoccupato al fido maggiordomo Kosuji. - E' possibile che Sua Eminenza abbia scoperto il nascondiglio dei ribelli ?

Tenten sussultò.
Quelli che a corte venivano chiamati sprezzantemente "ribelli" erano tutti suoi amici: Rock Lee, Choji, Kiba, Shino... Tutte persone a lei care, con cui aveva condiviso l'infanzia, e il pensiero che potesse accadere loro qualcosa la inorridiva.

- Purtroppo è così, signore - confermò l'altro amaramente. - Pare che le spie al soldo di Orochilieu abbiano individuato il luogo ove sono soliti incontrarsi i capi della ribellione: una bottega all'estrema periferia di Konoha, che viene usata per ferrare i cavalli, e il comandante Kabuto ha l'ordine di attaccare questa notte!
- No, no, dannazione - gemette il conte, coprendosi il volto con costernazione. - Uccidendo i capi, Orochilieu appiccherà la scintilla definitiva e il popolo assalterà la reggia di Feuilles... Occorre fermarlo assolutamente!
- Purtroppo è impossibile - spiegò Kosuji. - E' arrivata oggi la lettera firmata e controfirmata dalla Regina, quella che conferma la sentenza con cui Orochilieu vi proibisce di accedere a corte e a tutti i regali uffici, perciò non avete più alcuna autorità sulle decisioni di stato né per le misure di sicurezza dell'esercito!
- Dannazione - sbottò Hiashi, menando un forte pugno sulla solida scrivania. - Come dire che sono prigioniero in casa mia, accidenti a quella sudicia vipera intonacata; in questo modo, Orochilieu è riuscito a mettermi fuori gioco!
- Purtroppo non possiamo venir meno a un'ordine siglàto da Sua Maestà - rammentò Kosuji preoccupato.
- Lo so, lo so benissimo, anche se preferirei esistesse una soluzione... Se quei giovani muoiono, per Konoha sarà la fine!

Sconvolta da ciò che aveva appena sentito, Tenten si allontanò tremante dalla porta.
Non poteva restare con le mani in mano, doveva correre subito a Konoha.
Doveva raggiungere Rock Lee e gli altri.
Doveva avvertirli.
Non poteva contare sull'autorità del conte per salvarli, dato che lui stesso era impotente in questa situazione, e tuttavia doveva impedire con ogni mezzo che i suoi amici cadessero nelle grinfie del comandante Kabuto.
Prima ancora di pensare a come lasciare la villa di soppiatto, Tenten urtò nuovamente le spalle contro qualcuno.

- Ma allora è proprio un vizio il tuo, quello di sbattere addosso alla gente - sbuffò Neji seccato.
- Levati di mezzo - rispose Tenten, scostandolo via da sé. - Non ho tempo da perdere con le sciocchezze, i miei amici sono in pericolo, devo salvarli...
- E come pensi di fare? - chiese il giovane impassibile. - Ammesso che tu riesca a lasciare la villa, non daranno mai ascolto ad una "signorina" tutta pizzi e lustrini... Per loro, sei una nobile adesso!
- Non dire sciocchezze - ribatté lei furiosa. - Io sono e sarò sempre me stessa, e loro questo lo sanno!
- La gente sa solo ciò che vede - sottolineò Neji imperterrito. - Quello che è non conterà mai quanto le apparenze, perché la realtà non interessa a nessuno, e nessuno muterà mai il modo di pensare delle persone!
- Ah, sta zitto!

Tenten gli scoccò un'occhiata furibonda, quasi detestandolo per la fredda convinzione che ostentava nelle sue parole.
Certo non immaginava ancora quale profonda verità si celasse dietro un discorso così duro. L'unica cosa che le premeva adesso era di raggiungere Rock Lee e mettere lui e gli altri al corrente del pericolo.

- Tu non hai nessun diritto di parlare così delle persone che non conosci - esclamò lei. - Al mondo non esistono solo regole e forme da rispettare, né tantomeno una legge che ci obbliga a pensare tutti allo stesso modo: esistono anche l'amicizia, il rispetto e la fiducia verso il prossimo; questo è ciò in cui io e i miei amici crediamo, ma tu non potrai mai capirlo... perché sei solo, solo un arrogante e viziato sbruffone con la puzza sotto al naso, mi fai pena!

Ciò detto, Tenten afferrò lesta uno dei mantelli per la pioggia appesi nell'atrio e schizzò fuori dalla villa con nient'altro addosso che i neri pantaloni con gli stivali e la bianca camicia da allenamento.
Neji la osservò scappar via, senza dire neppure una parola, limitandosi a stringere gli occhi con curiosità.

- Però, non è certo il carattere che le manca - mormorò. - Tuttavia, se pensa che i suoi amici la accoglieranno a braccia aperte, si renderà conto da sola della brutta sorpresa che l'aspetta!

Neji ebbe appena finito di mormorare queste parole che, assicurandosi che nessuno lo stesse osservando, batté leggermente alcuni colpi ritmati sulla parete. Uno dei bassorilievi decorati si aprì, ruotando su degli appositi cardini mimetizzati, rivelando così un passaggio segreto ed una scalinata che scompariva verso il basso. Dopo essersi richiuso la porta segreta alle spalle, Neji scese in fretta la scala e si ritrovò a procedere lungo uno stretto corridoio illuminato da una fila di torce. Oltre il corridoio, passando attraverso una fitta collezione di rastrelliere ed armi da punta di ogni genere, il giovane entrò in una specie di stanza completamente scavata nella roccia.
La stanza era un vasto ambiente circolare dal soffitto a volta, con piattaforme di legno e vari trabocchetti disposti ad arte sul pavimento. Questa era suddivisa in quattro sezioni, in corrispondenza dei quattro punti cardinali, ed ognuna aveva una sua particolare funzione: una sezione era occupata da manichini che, oltre ad essere disposti su una serie di sofisticati meccanismi mobili, recavano addosso i segni di numerosi allenamenti; un'altra sezione era stata adibita come un vero e proprio laboratorio chimico, con tanto di alambicchi e serpentine ove si stavano miscelando svariati liquidi colorati; la terza sezione aveva tutto l'aspetto di una palestra, completa di estensori e attrezzi di ogni genere; mentre l'ultima sezione doveva essere senza dubbio una specie di guardaroba...
Neji si tolse la pesante giacca ricamata in oro, sfoderando una sciabola da una delle rastrelliere, e subito si mise a saggiarne nell'aria l'affilatura. La spada era sottile e tagliente come una lama di rasoio, oltre che leggera e resistente in modo straordinario, e vi erano tante altre armi di squisita fattura e pregevole lavorazione.
Una volta verificato che l'arma fosse in ottime condizioni, Neji la ripose nell'apposito fodero di cuoio nero. Dopodiché si avvicinò al manichino ove vi era accuratamente sistemato il bianco costume col mantello e la maschera del misterioso giustiziere Sanzashi.
Neji dette un breve sguardo alla maschera, prima di indossarla, e poco dopo si ritrovò vestito di tutto punto e pronto ad entrare in azione.

- La gente sa solo ciò che vede - mormorò Sanzashi sottovoce, calzando bene il guanto in modo che gli aderisse perfettamente alle dita. - Perciò spesso e volentieri si è obbligati a portare una maschera!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 16
*** Amicizie spezzate ***


La stanza segreta sotto Villa Hyuga era collegata verso l'esterno da un ingegnoso meccanismo: uno degli accessi era attraverso la scalinata che, tramite il passaggio segreto, conduceva lì direttamente dalla villa; l'altro invece, attraverso un lungo cunicolo naturale, permetteva di sbucare in aperta campagna da un'uscita abilmente mimetizzata.
Sanzashi aveva fatto in modo di nascondere dei cavalli in un'apposita stalla posta a livello della superficie. Qui infatti, protetto dall'ingegno di chi aveva elaborato il meccanismo, vi era anche il candido stallone dalla criniera color notte. L'animale, il cui nome era Yorunosute ( "Stella della Notte" ), salutò fedelmente il suo padrone nel mentre che questi gli montò in sella. Il giustiziere lo carezzò docilmente sul manto con la mano guantata e, azionando l'argano dell'uscita, spronò il cavallo al galoppo con il mantello svolazzante dietro le spalle come un paio di ali nere.

***

Nel frattempo Tenten, dopo aver prelevato un'agile giumenta dalle scuderie del conte, era giunta a Konoha con il cuore in gola.
La bottega dove i ribelli erano nascosti doveva essere quella di Tamanosuke il fabbro, l'unica che Tenten ricordava corrispondere alla descrizione udita da Kosuji, di conseguenza si precipitò lì con la speranza che non fosse già troppo tardi. Neanche il tempo di fermare il cavallo, come vide la bottega davanti a sé, Tenten smontò subito di sella e tempestò la porta di colpi e grida disperate.

- Rock Lee - urlò. - Amici, apritemi, siete in pericolo...

La bottega aveva l'aria deserta e silenziosa, come se fosse abbandonata.
Ormai stava calando l'imbrunire, Kabuto e i suoi uomini sarebbero giunti di lì a poco, e ciò fece accrescere ulteriormente l'ansia e la disperazione di Tenten che continuò a picchiare sulla porta fino a farsi sanguinare la mano. Improvvisamente l'uscio si aprì appena e, trascinandola all'interno, una mano l'afferrò violentemente. Tenten fece per liberarsi ma, sentendo il filo di una lama premuta contro la gola, dalla sua bocca non emise più un fiato.
L'interno della bottega era scarsamente illuminato ma, abituando poco a poco gli occhi in quella tenue penombra, Tenten riconobbe alcuni visi a lei familiari: c'erano Shino, Choji, Shikamaru, e molti altri... Colui che le teneva il coltello premuto per farla tacere, con suo grande stupore, era nientemeno che il suo amico Kiba.

- Kiba - mormorò lei. - Che ti prende? Sono io, Tenten...

Gli occhi del ragazzo, nonostante fossero sottili per natura, si ridussero ulteriormente a due strette fessure cariche di sospetto.
Tutti i presenti guardavano Tenten con grande diffidenza, malgrado costei avesse condiviso con loro gli anni della propria infanzia, e nessuno di quei volti pareva esprimere alcuna gioia nel rivederla.

- Che cosa sei venuta a fare qui ? - domandò Kiba gelido, senza abbassare l'arma.
- Io... Io sono venuta qui per avvertirvi - rispose lei con un filo di voce.
- Sei sola? - s'infomò dunque un altro, sfoderando un secondo coltello e minacciandola a sua volta.

Tenten non capiva.
Perché si comportavano in questo modo?
Si conoscevano da anni, erano sempre stati molto uniti ed affiatati tra loro, e invece adesso la stavano trattando come se fosse una nemica.

- Lasciatemi, insomma - protestò lei vivamente. - Non è il momento di scherzare: Kabuto sta venendo qui, il Cardinale ha scoperto tutto...
- Così, eh - sogghignò Kiba crudelmente. - Pensi davvero di incantarci con questa storiella?
- Perché dovremmo crederti, eh? - fece eco un altro.
- E' la verità, vi dico... Lasciatemi !!!
- Lasciatela!

Sentendo l'ordine secco di Rock Lee, seppure malvolentieri, Kiba allentò la presa.
Tenten non riusciva ancora a capacitarsi di quanto stesse accadendo, era tutto come una sorta di incubo. I suoi amici, con cui aveva condiviso per anni gioie e tristezze, la consideravano ora al pari di una straniera... o peggio, di una nemica. Lo sguardo di lei correva da uno all'altro dei volti presenti, in cerca di almeno un sorriso rassicurante, ma tutto ciò che incontrava erano espressioni arcigne e gelide occhiate cariche di profondo disprezzo.
Rock Lee si avvicinò dunque a lei, il volto segnato dalle varie preoccupazioni vissute negli ultimi tempi, e prese ad interrogarla con maggior calma di quanto gli altri non avrebbero certo mostrato nei suoi confronti. Ovviamente la ragazza provò a spiegare tutto ciò che sapeva ma, poiché il suo resoconto includeva la sua attuale condizione di giovane nobildonna, ciò non faceva altro che aggravare ulteriormente la sua posizione.

- Andiamo, vieni con me - fece Rock Lee, indovinando quali che potessero essere i pensieri o le intenzioni dei suoi compagni.

Tenten si lasciò condurre dall'amico in una stanzetta adiacente, senza finestre, e qui finalmente Rock Lee le illustrò in modo chiaro il quadro della situazione e il perché di quella accoglienza.

- Il nostro nemico sono i nobili e chiunque abbia rapporti con loro - spiegò. - Anche se siamo amici, non posso dimenticare che ora vivi sotto l'ala protettrice di un nobile...
- Stai scherzando, spero - scattò subito Tenten, sgranando tanto d'occhi. - Proprio tu, che pure mi conosci meglio di chiunque altro...
- Conoscevo una ragazza - sottolineò l'altro. - Una figlia di due umili fiorai, con un cuore e un animo semplici, ma tu... Chi sei tu, che vivi presso i nobili e ti vesti come loro, mentre la nostra gente patisce gli stenti e la fame?
- Rock Lee...

Le parole dell'amico erano piene di rancore.
Tenten accusò amaramente su di sé quelle osservazioni, non potendo tuttavia ribatterle, e ciò la feriva come una lama conficcata in mezzo al cuore. Tutti gli affetti, tutto quello che c'era stato tra loro, era improvvisamente sparito. Nessuno era disposto a crederle, nessuno voleva crederle, e Rock Lee... Rock Lee la stava tacitamente accusando di essere "complice" del nemico.

- Rock Lee, ti prego - supplicò Tenten, versando lacrime di sincera amarezza sul petto di colui che aveva sempre visto come un fratello. - Non è una menzogna: Kabuto sta veramente venendo qui, è la verità, tu e gli altri dovete mettervi in salvo assolutamente!

Rock Lee si morse il labbro inferiore con disappunto.
Le lacrime di Tenten erano sincere, su questo non vi era dubbio, ma certo non avrebbero convinto anche gli altri. Tuttavia non poteva neppure permettere che un'innocente pagasse a causa di un equivoco. Per quanto ciò gli rimordesse sulla coscienza, non poteva agire diversamente.

- Ascolta - mormorò il giovane. - Gli altri sono convinti che tu sia una spia, probabilmente anzi pensano che sia stata tu a svelare l'ubicazione del nostro rifugio, e temono che la tua presenza qui sia parte di una trappola per "venderci" tutti nelle mani del Cardinale...
- No, non è vero, non è vero!
- Lo so, lo so che non è così - la rassicurò l'altro. - Ti conosco troppo bene, per non riconoscere la verità nei tuoi occhi; tuttavia, in questo momento, devo proteggere sia loro che te!
- Che cosa vuoi dire?
- Ti chiuderò in questa stanza per qualche ora, giusto il tempo di calmare gli altri, ma ti prometto che nessuno oserà torcerti anche solo un capello... Se dici che devo fidarmi di te, allora anche tu devi fidarti di me!

Tenten non ebbe modo di replicare che, uscendo rapidamente dallo stanzino, Rock Lee sbarrò la porta con un robusto chiavistello metallico.
Prigioniera!
Rock Lee l'aveva appena imprigionata lì dentro.
Che fosse veramente per proteggerla, o puttosto per impedirle di scappare, Tenten non poté fare a meno di abbandonarsi ad un pianto dirotto e sconsolato. I suoi amici, le persone che lei amava forse più della vita, l'avevano rinnegata. Più che la prigionìa in sé, era piuttosto la consapevolezza di avere tutti contro a farle male più di qualsiasi altra cosa.
Della loro infanzia assieme, di tutti i bei momenti trascorsi con loro, non le rimanevano altro che lacrime.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 17
*** Il fuoco del male ***


- Non possiamo lasciarla andare - obiettò Kiba ostinato. - Chissà cosa le hanno promesso, in cambio delle nostre teste, non possiamo più fidarci di lei...
- Giusto - fece eco Choji.

Le cose si stavano mettendo davvero male per Tenten.
Malgrado gli accorati tentativi di Rock Lee nel convincere i compagni, nessuno pareva voler credere che la ragazza fosse ancora e sempre dalla loro parte. Negli ultimi mesi era andata a vivere in un palazzo principesco, facendo la gran signora alle loro spalle, e dunque non era poi tanto strano che si sentissero più o meno tutti in qualche modo traditi. In particolare Kiba, facendo leva sul risentimento generale e fomentando gli alti, pensava addirittura che fosse il caso di eliminarla.

- Non dirlo nemmeno - scattò subito Rock Lee, afferrandolo per il bavero e sollevandolo quasi da terra con tutta la forza che aveva nelle braccia. - Ti sei dimenticato di CHI stai parlando? E' Tenten, la stessa Tenten che ha condiviso il pane con tutti quanti noi... Tenten è una di noi, oggi come allora!
- Come puoi dirlo con sicurezza? - intervenne dunque Shikamaru.
- Puoi confermare con i fatti che la fanciulla in quella stanza è la stessa di cui stai parlando? - rintuzzò Shino.
- Io...

Rock Lee tacque.
D'istinto avrebbe voluto dirlo, voleva dirlo che non aveva dubbi e che sapeva di non sbagliare, nel giudicare ancora l'amica degna di stima e di rispetto.
Tuttavia, in quel momento, si trovava solo contro tutti.
Qualunque cosa avesse detto in sua difesa, nessuno si sarebbe schierato dalla sua parte. Erano tutti convinti di avere a che fare con una traditrice, anziché con un'amica leale e sincera, e niente avrebbe persuaso Kiba e gli altri di credere alle sue parole.

- Non farti incantare, Rock Lee - disse dunque Kiba, liberandosi dalla stretta ora debole dell'altro. - Quella non è più la Tenten che conoscevamo, ma una serpe al soldo di quegli schifosi nobili... Non possiamo abboccare così facilmente, ci sono troppe vite umane in ballo!
- Kiba ha ragione - affermò Shikamaru convinto. - Anche se si tratta di Tenten, non possiamo rischiare: sa dove ci nascondiamo e conosce le nostre famiglie; dobbiamo impedirle di parlare, ammesso che non lo abbia già fatto!
- Non vi azzardate a tocca... Ah!

Il colpo ricevuto alla base del cranio spedì letteralmente il povero Rock Lee nel mondo dei sogni.

- Stupido - sputò Kiba con disprezzo, buttando a terra il ciocco di legno con il quale aveva appena tramortito il compagno. - Mettere a repentaglio a vita di tutti, per la protetta di un conte... Visto che ti manca il fegato, lo farò io al posto tuo!

Ciò detto, Kiba tirò fuori ancora una volta il pugnale dal fodero e si avvicinò alla porta ove Tenten era rinchiusa.

***

Nel frattempo, all'insaputa degli ottusi ribelli, Kabuto aveva già schierato i suoi soldati all'esterno della bottega per circondarla completamente.
Col sorriso sottile dipinto sulle labbra, e lo sguardo imperscrutabile attraverso gli occhiali, l'astuto comandante non vedeva l'ora di mettere in pratica gli ordini ricevuti da Sua Eminenza.

- E' tutto pronto, comandante - disse l'attendente di Kabuto, rivolgendosi a questi con rispetto. - Do' l'ordine di attaccare?
- Un inutile spreco di tempo ed energie - rispose Kabuto cinico. - Senza contare che qualcuno di loro potrebbe trovare scampo in qualche modo... No, occorre fare le cose in modo completo e accurato!
- Signore?
- Date fuoco alla bottega - ordinò Kabuto in tono secco. - Bruciatela, bruciate tutto, voglio vederli arrostire come maiali alla brace!
- Ma...
- E' un ordine!

Per quanto una cosa simile gli ripugnasse, l'ufficiale non aveva scelta se non quella di obbedire.
Non appena i soldati ebbero ammassato paglia e fascine tutt'attorno alla casa, bagnando il tutto con olio e quant'altro di altamente infiammabile, Kabuto levò il braccio verso l'alto e subito una pioggia di torce accese fu scagliata ad appicare l'incendio.
Il comandante osservò compiaciuto quello spettacolo.
Le prime volute delle fiamme, divampando assai rapidamente, riflettevano sinistri bagliori sulle lenti cerchiate dei suoi occhiali.

- E veramente un bello spettacolo - mormorò. - Peccato che durerà poco!

***

Contemporaneamente, non appena i fumi dell'incendio si riversarono all'interno della bottega, i ribelli si ritrovarono in mezzo ad un inferno che non lasciava loro alcuna via d'uscita.
Tenten aveva detto la verità.
Tuttavia, ormai, era troppo tardi per scappare. I soldati del Cardinale li attendevano certamente all'esterno e, se anche avessero provato a fiondarsi fuori dall'edificio in fiamme, sarebbero stati massacrati a fil di spada uno dopo l'altro.

- Ma che diavolo...
- Le guardie di Kabuto, ci uccideranno!

Tossendo e ansimando per la mancanza di ossigeno, pure cercando invano di estinguere le fiamme coi loro mantelli, Kiba e gli altri si dimenticarono completamente di Tenten. Quest'ultima urlò e supplicò loro di aprire la porta ma, poiché le sue grida erano soffocate dal panico e dalla confusione generale, subito si rese conto di essere spacciata.

- Aiuto - gridò. - Aiuto, tiratemi fuori da qui... Aiuto !!!

La porta era sprangata e, per quanto potesse picchiare energicamente nel tentativo di sfondarla, le fiamme ed il fumo arrivarono a riempire in un attimo quello spazio così angusto e ristretto.
Non potendo più respirare, Tenten tossì violentemente, ormai sul punto di perdere i sensi.

- Aiuto - gemette sfinita. - A... Aiu...

Ovunque nere volute scure salivano ad avvolgerla completamente.
Tenten ansimò, sentendo le palpebre sempre più pesanti, e un attimo dopo crollò a terra svenuta in mezzo a lingue di fuoco rossastre che divoravano ogni cosa attorno a lei.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 18
*** L'inferno può attendere ***


- A quanto pare, preferiscono bruciare vivi, piuttosto che morire con un briciolo di dignità... "Dignità", ho detto? Che sciocco che sono: la dignità è degli uomini, non certo di cani rognosi come loro!

Kabuto assisteva sprezzante alla fine dei ribelli.
Ormai l'edificio stava per crollare su sé stesso, vittima del mare di fuoco che lo stava divorando, e con esso sarebbero periti tutti coloro che vi si trovavano all'interno. Poiché il fumo andava ad appannargli le lenti, Kabuto si tolse dalla tasca il fazzoletto e prese a pulirsi gli occhiali con la più totale noncuranza.

- Signore - esclamò di colpo il suo attendente, indicando qualcosa sopra di loro. - Presto, guardate lassù!

Il tempo di guardare appena attraverso le lenti, Kabuto intravide una sagoma fin troppo familiare.
Abbarbicato sul tetto della casa a fianco dell'incendio, il giustiziere mascherato ricambiò lo sguardo del comandante coi suoi occhi bianchi e minacciosi. Kabuto cacciò una lieve imprecazione tra i denti e, mettendo mano alla spada, ordinò ai soldati di puntare i loro fucili contro la bianca figura ammantata di nero.

- E' Sanzashi - urlò. - Presto, abbattetelo!

Decine di colpi tuonarono nel cielo notturno, e altrettanti proiettili ronzarono come nugoli di api impazzite, tuttavia nessuno di essi riuscì a raggiungere il bersaglio. Sanzashi spiccò un balzo, effettuando un'agile capriola nell'aria, e atterrò dinanzi ai soldati prima che questi avessero il tempo di ricaricare.
Sfoderando dunque la lama luccicante, l'intrepido spadaccino sfidò i nemici ad attaccarlo, stagliandosi nitido dalle fiamme che divampavano alle sue spalle.

- Muovetevi, che aspettate? - ruggì Kabuto, vedendo i suoi uomini che esitavano incerti.
- Ma comandante, lui è...
- E' solo un moccioso con un mantello e una maschera - sottolineò Kabuto, sguainando la propria lama. - E stavolta metterò fine a questa sua pagliacciata... MUORI !!!

Senza cedere di un solo passo, Sanzashi accusò il fendente rabbioso di Kabuto con incredibile velocità e prontezza di riflessi. Le spade cozzarono una contro l'altra, sollevando un lieve sprazzo di scintille, e i due contendenti presero a scambiarsi colpi su colpi incuranti delle braci incandescenti che schizzavano loro addosso. Kabuto era uno spadaccino forte e potente, indubbiamente un avversario da non sottovalutare, tuttavia era incredibile come Sanzashi riuscisse a tenergli testa col minimo dello sforzo.

- Le tue imprese si concludono qui, questa volta, buffone - sentenziò Kabuto, chiudendosi in stallo. - Brucerai nell'inferno, prima ancora di rendere l'animaccia a Lucifero!
- Desolato - rispose Sanzashi con voce atona. - Il diavolo ha molti nomi sulla sua lista ma, per il momento, il mio non è ancora in cima!

Ciò detto, il giustiziere spinse Kabuto all'indietro e lo disarmò con una finta combinata da una controcavazione. L'ufficiale ebbe solo il tempo di sentire l'arma sgusciargli via dalle mani che, davanti ai suoi occhi sbarrati, Sanzashi lo aveva sconfitto e umiliato per l'ennesima volta.
Minacciando di uccidere Kabuto, la punta luccicante contro la sua gola, lo spadaccino misterioso ordinò ai soldati di allontanarsi immediatamente. Disarmato e impotente com'era, Kabuto non poté far altro che indietreggiare assieme agli altri, senza tuttavia smettere di fissare l'altro con odio. Nello stesso momento, cogliendo al volo l'ultima occasione di salvare la pelle, i ribelli uscirono di corsa e si sparpagliarono in tutte le direzioni.
Anche Rock Lee, stordito e barcollante per il colpo ricevuto poc'anzi, si trascinò faticosamente sorretto da un compagno.

- Te... Tenten - mormorò, rivolto a colui che lo sosteneva. - Dov'è...  Cosa le avete fatto?
- E' rimasta là dentro - spiegò questi, allontanandolo il più possibile dalle fiamme. - Non c'è modo di salvarla!
- No, io non... Le ho promesso che non le sarebbe accaduto nulla... Lasciami !!!
- Che diavolo fate lì - sbottò Sanzashi. - Non vedete che sta per crollare tutto?
- Tenten... Tenten è là dentro...
- Cosa ?!?

Lo spadaccino sgranò gli occhi, constatando immediatamente come le travi carbonizzate stessero già scricchiolando, tuttavia rinfoderò la spada e sollecitò Rock Lee ad allontanarsi da lì prima possibile.

- Vado io a cercarla - promise. - Cerca un rifugio coi tuoi compagni, e buona fortuna!
- Ma...
- La salverò io, non preoccuparti, va ora!

Ciò detto, Sanzashi scomparve nel mezzo di quel rogo indescrivibile.
Dentro ogni cosa era avvolta dalle fiamme, tanto da non riuscire a distinguere quasi nulla. Sanzashi dovette coprirsi il volto con la mano, per non respirare il fumo che gli scottava i polmoni, e dunque passò rapidamente lo sguardo ovunque. La porta che teneva rinchiusa Tenten era già stata inghiottita parzialmente dal fuoco, cosicché lo spadaccino vide la sagoma della fanciulla priva di sensi subito oltre. Aveva appena mosso un passo nella sua direzione che, con uno schianto impressionante, le travi ormai completamente arse si spezzarono e il soffitto prese a crollare in modo tragico su entrambi.

***

Immaginando che neppure il grande Sanzashi potesse essersela cavata, nel momento in cui la bottega venne giù come un castello di carte, Kabuto inneggiò al suo trionfo.

- Finalmente - esclamò. - Questa è la fine di Sanzashi, immagino già i posteri: "così le fiamme diventarono la sua tomba"...
- HHHIIIIIIIIIIIIIIIIIIHHHHHHHHHHHHH !!!
- Ma che diavolo... Da dove sbuca fuori quel cavallo ?!?

Arrivando inaspettatamente al galoppo, Yorunosute si precipitò sicuro verso il pericolo.
Sanzashi balzò fuori vivo e vegeto dai resti dell'incendio, con Tenten svenuta ed immobile tra le braccia. Malgrado fosse ferito e sanguinante, pieno di ustioni dappertutto, era ugualmente riuscito a farle scudo col proprio corpo e a rintanarsi con lei in uno spazio ristretto tra il pavimento e le travi crollate.

- Non posso crederci - fece Kabuto allibito.

Senza perdere tempo, Sanzashi afferrò al volo le redini dell'animale e si tirò sù in sella assieme alla fanciulla. Kabuto strillò dunque ai soldati, che nel frattempo avevano appunto ricaricato le proprie armi, di sparargli contro senza alcuna pietà.
Fortunatamente però, prima che questi potessero aggiustare la mira, Sanzashi e il suo cavallo erano già abbondantemente fuori tiro.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 19
*** Dietro la maschera ***


 

Tu stai leggendo!
Tu stai leggendo, ti vedo, non provare a negarlo...
Perché stai leggendo?
Non lo sai che l'autore di questa fanfiction è IL MALE ASSOLUTO ?!?
E' la malvagità incarnata, un essere schifoso e abietto che non merita di essere seguito.
E tu lo stai leggendo!
VERGOGNA !!!
Come osi sprecare minuti preziosi della TUA vita, per un miserabile che scrive peggio di una capra? Non pensi a tutte quelle povere e indifese scrittrici che si ammazzano di fatica per te, mentre questo farabutto non pensa ad altro che a gingillarsi come un bambino deficiente? E' colpa tua, se le VERE SCRITTRICI non pubblicheranno più storie degne di questo nome. Può essere solo colpa tua che perdi tempo a leggere ciò che scrive questo idiota. Ed è sempre colpa tua che stai ancora leggendo, invece di cliccare in alto a sinistra col mouse o chiudere proprio questa pagina...
Ebbene, ti avverto:
se non la smetti subito di leggere questa roba, lo spirito maligno di telesette prenderà possesso del TUO cervello e ti costringerà a scrivere come lui. HAI CAPITO BENE ?!?

***

SANZASHI - CAP. 19

Malgrado la ferita sulla spalla e le ustioni riportate nell'incendio, Sanzashi si sforzò di rimanere cosciente.
Kabuto e i suoi uomini avevano infatti lanciato i loro cavalli all'inseguimento, per quanto i loro ronzini non potevano competere in velocità con uno stallone purosangue come Yorunosute. Ad ogni modo, con la spalla ferita e il fardello di Tenten priva di sensi, il giustiziere non poteva certo spingere l'animale al massimo delle sue forze. Da che si erano allontanati da Konoha, tagliando per il bosco nel tentativo di far perdere le tracce, Sanzashi e Yorunosute avevano accumulato un notevole vantaggio sui loro inseguitori.
Purtroppo però la strada si andava facendo sempre più impervia e piena di ostacoli, a causa di rocce e tronchi d'albero venuti giù con la pioggia e gli smottamenti. Yorunosute si destreggiava magnificamente, dando prova di destrezza ed intelligenza incredibile, fino a che non si ritrovò davanti ad un autentico precipizio.
L'abisso scendeva quasi in verticale verso il fiume, circa un'ottantina di metri più sotto, e l'unico modo per aggirarlo era tornare indietro... oppure saltare oltre il burrone e scomparire poi nel fitto sottobosco.
Tornare indietro era pressoché impossibile, Kabuto e i soldati di Orochilieu si stavano avvicinando rapidamente, per cui Sanzashi non aveva altra scelta. Combattere in quelle condizioni, con la spalla ferita e tutto, equivaleva a suicidarsi. Tirando dunque un respiro profondo, il giovane mascherato strinse forte la fanciulla svenuta contro il petto e, tenendo le redini con tutte le forze rimastegli, incitò il possente stallone bianco a prendere la rincorsa necessaria per saltare il dirupo.

- Ma che sta facendo? - urlò uno dei soldati alle sue spalle.
- E' pazzo, vuol saltare!

Infatti, non avendo la benché minima intenzione di farsi catturare, Sanzashi raccomandava ora la propria vita e quella di Tenten negli zoccoli del suo fedele compagno. I soldati giunsero nei pressi del burrone, proprio nel momento in cui Yorunosute spiccava il volo stagliandosi nitido contro il disco della luna piena, e a quel punto compresero che quel balzo straordinario segnava la fine dell'inseguimento.

- Dà qua, imbecille - ordinò secco Kabuto, strappando il fucile dalle mani di un soldato inebetito. - Questa volta lo spedisco davvero all'inferno... E per sempre!

Mentre era ancora in aria, Sanzashi colse con la coda dell'occhio il luccichìo minaccioso della canna puntata contro le sue spalle.
Subito chinò la testa in avanti, sperando così di evitare il colpo mortale, ma il proiettile gli attraversò la spalla da parte a parte strappandogli un lungo gemito di dolore straziante. Yorunosute atterrò dall'altra parte con i garretti saldi e riprese la sua corsa agile e sicura tra gli alberi, scomparendo così alla vista assieme al suo padrone ferito.

- Maledetto - commentò Kabuto furibondo. - E' riuscito a cavarsela ancora una volta!

Se Kabuto avesse potuto vedere la quantità di sangue che il giovane ferito stava lasciando dietro di sé, forse si sarebbe rallegrato al pensiero di saperlo morire dissanguato. Quell'ultima ferita infatti non era cosa da poco e, provato com'era dalle altre innumerevoli lesioni, Sanzashi chiuse gli occhi e scivolò giù di sella con un tonfo sordo.
Kabuto e i suoi uomini non potevano più inseguirlo ma, per come era ridotto, tutto lasciava intendere che il prode Sanzashi fosse destinato a morire solo come un cane nel bel mezzo della foresta. Logicamente però, sentendo che il suo padrone era caduto a terra, Yorunosute tornò subito indietro e si fermò a picchiettare col muso il suo corpo inerte.
In quello stesso momento Tenten, rigida e immobile sul dorso dell'animale, riaprì improvvisamente gli occhi.

- Do... Dove sono... Dove mi trovo?

Da principio la ragazza non capiva assolutamente come avesse fatto a ritrovarsi lì eppure, passando confusamente lo sguardo dal cavallo alla figura del cavaliere disteso al suolo, riconobbe immediatamente l'eroe che aveva salvato lei e i suoi amici in passato.

- Sanzashi - esclamò.

Subito si lasciò cadere anche lei di sella, stordita ed indebolita per via del fumo che aveva respirato, e si chinò preoccupata sul cavaliere ferito. Sanzashi giaceva faccia in giù, quasi letteralmente in una pozza di sangue che si andava allargando, e ciononostante Tenten si accorse con sollievo che era ancora vivo.
Non avendo altro a disposizione, e necessitando assolutamente di qualcosa per arrestare l'emorragia, Tenten si strappò dunque la lunga manica della camicia che indossava e la usò a mo' di benda di fortuna per fasciare la spalla martoriata dell'altro.
Sanzashi era veramente sfinito.
Il fuoco, oltre a provocargli delle profonde ustioni al torace e sulle braccia, aveva praticamente ridotto a brandelli sia il mantello che la maschera. Quest'ultima infatti, troppo rovinata per rimanere integra, si ruppe rivelando così la vera identità del giustiziere.

- Non... Non può essere - mormorò Tenten incredula, riconoscendo il giovane al tenue chiarore lunare che illuminava ora il suo volto. - Neji ?!?

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 20
*** Biancospino e Magnolia ***


Tenten non poteva credere ai suoi occhi.
Sanzashi, l'eroico e coraggioso Sanzashi, era lo stesso spocchioso ed arrogante nipote del Conte Hyuga.
Ma come era possibile?
Neji Hyuga era dunque il bianco paladino che si batteva per difendere il popolo dalle angherìe e dai soprusi.
Lui e Sanzashi erano la stessa persona.
Ed era sempre lui ad averle donato il ramo del biancospino, la notte in cui si erano incontrati per la prima volta, riaccendendo nel suo cuore la speranza che il male potesse essere mutato in bene.
Neji cacciò un debole lamento.
Che egli fosse uno o un altro, in quel momento, importava solo che era ferito e che aveva bisogno di cure.
Tenten fece del suo meglio per tamponare il buco sulla sua spalla, dato che questa era in condizioni pietose, e ciononostante non poteva certo fasciare da sola i numerosi tagli e lesioni su tutto il suo corpo. Malgrado la debolezza e lo sfinimento, una volta che Tenten ebbe finito di assicurare il bendaggio di fortuna, Neji aprì gli occhi. Non gli ci volle molto, per rendersi conto di cosa era successo: la maschera rotta per terra e l'espressione sul volto della fanciulla parlavano chiaro... Tenten conosceva il suo segreto ora.

- Come stai, ti fa molto male?

Persino Tenten si rese conto di quanto fosse cretina quella domanda, tanto che si morse la lingua dandosi mentalmente della stupida.
Neji non rispose, lasciando tuttavia intendere con una smorfia il dolore evidente che provava. Tenten lo aiutò dunque ad appoggiare la schiena contro il tronco di un albero e, inumidendo una striscia di stoffa in un fiumiciattolo lì vicino, prese a lavare via il sangue e lo sporco che gli rigavano il volto.

- Lascia stare - disse Neji, scostandole via la mano con garbo. - Qui siamo troppo allo scoperto, dobbiamo allontanarci prima possibile!
- Ma sei ferito - ricordò lei giustamente. - Guardati, non puoi cavalcare in queste condizioni, hai bisogno di riposare!
- Dopo, magari - ribatté l'altro, sforzandosi di ignorare le varie fitte lancinanti. - Adesso è necessario allontana... Ah!

Purtroppo aveva ragione lei.
Nelle sue attuali condizioni, Neji non era assolutamente in grado di stare a cavallo. Sopravvivere all'incendio aveva prosciugato tutte le sue energie, senza contare il proiettile con cui Kabuto gli aveva letteralmente sconquassato la spalla, e dunque era il suo stesso fisico ad impedirgli di rialzarsi.

- La tua spalla butta ancora molto sangue - osservò lei, alludendo alla chiazza rossa sotto la benda. - Aspetta, provo a stringertela meglio!
- Eh?

Neji pareva stupito.
La fanciulla che lo stava medicando, così diversa dalla giovane impulsiva che finiva immancabilmente per scontrarglisi addosso in varie occasioni, sembrava ora un'altra persona. La sua mano era leggera e ferma allo stesso tempo, Neji lo percepì chiaramente dal modo in cui tendeva il bendaggio tra la spalla e il muscolo del pettorale, e il giovane si stupì persino di rendersi conto quanto fosse tenera e dolce l'espressione di lei in quel momento.
Evidentemente aveva sbagliato nel giudicarla.
Malgrado le apparenze, non vi era dubbio che fosse una ragazza forte e anche molto determinata. Forse un po' troppo ingenua, per concepire con chiarezza la realtà e la falsità della vita, ma questa sua fiducia verso il prossimo costituiva senza dubbio il suo più grande pregio.

- Va molto meglio ora - mormorò Neji. - Grazie!
- Sono io che dovrei ringraziarti - ammise lei imbarazzata. - Questa è la seconda volta che mi salvi la vita... Ma che dico? Se non fosse per te, tutti sarebbero costretti a subire le angherìe e i soprusi di quel verme del comandante Kabuto; praticamente ogni uomo, donna o bambino di Konoha ti deve la vita!
- Nessuno mi deve niente - sottolineò l'altro con voce seria. - Kabuto prende ordini da Orochilieu, che è l'unico maggior responsabile della situazione in cui versa il popolo, ma purtroppo non mi è possibile fermarlo adesso... E' troppo potente, ed è vicino a Sua Maestà la Regina, perciò sono costretto ad avvicinarmi a lui con cautela!
- Posso... Posso chiederti una cosa?

Neji annuì con un lieve cenno del capo.

- Perché lo fai - domandò Tenten, con un misto di perplessità e sincera ammirazione insieme. - Voglio dire... Sei il nipote di un nobile, vivi all'insegna delle regole imposte dalla classe aristocratica, dunque cosa ti spinge a combattere?
- La nobiltà non è un diritto di nascita - rispose Neji convinto. - Ogni essere umano, anche il più umile tra tutti, ha la stessa dignità del più ricco e potente tra i sovrani; essere nobile non rende un uomo "diverso" dagli altri, almeno non nel senso delle classi sociali che conosciamo, perché la nobiltà è ciò che contraddistingue o meno il frutto delle proprie azioni; se gli uomini tendono a soffocare questo principio, con la violenza e la crudeltà d'animo, è allora che si rende necessario combattere in nome di quello che è giusto!
- Ora capisco - sorrise Tenten, piena di rispetto verso quel giovane così saggio e le sue parole. - E' bello che tu dica questo...
- Non lo dico io - aggiunse Neji, sollevando lo sguardo al cielo. - Sono parole di mio padre: "ognuno di noi è chiamato a fare quello che è giusto"... Così diceva!
- Doveva essere un uomo straordinario!
- Forse - sottolineò Neji, quasi con una punta di amarezza nella voce. - Mi ha insegnato a distinguere tra "giusto" e "sbagliato", il resto non ha molta importanza...
- Perché? - fece Tenten stupita. - Era tuo padre, no?
- E'morto - tagliò corto l'altro. - Ucciso per ciò in cui credeva, mentre tutti voltavano lo sguardo da un'altra parte!
- Mi dispiace - disse lei sincera.
- Non ha detto niente - proseguì Neji impassibile, lo sguardo fisso dinanzi a sé. - Anche quando la sentenza del Cardinale era stata emessa, e sulla sua fronte vi era stato impresso il marchio dell'infamia, lui non ha fatto altro che accettare fino all'ultima ingiustizia sulla propria pelle; nessuno parlò in sua difesa, tutti guardavano ma nessuno vedeva niente, soltanto io lo vidi davvero nel suo ultimo istante!
- E che cosa hai visto?

Neji tacque.
Probabilmente il ricordo era ancora fresco e doloroso in lui, almeno così pensava Tenten, ma la realtà era che Neji stesso stava tuttora cercando di attribuire un significato a ciò che aveva visto.

- L'ho visto sorridere - sussurrò.
- Eh ?!?
- Proprio così: l'ho visto guardare verso di me e sorridere, un attimo prima che l'ascia gli fosse calata addosso; per anni mi sono sempre chiesto cosa abbia realmente cercato di dirmi con quel sorriso... Ma non l'ho mai capito, sono anni ormai che non ricordo più cosa voglia dire davvero sorridere!
- Per questo sei sempre così cupo...
- Come, scusa?
- Ehm... No, niente niente, dicevo tra me e me... Non farci caso!

Accidenti, che gaffe!
Tenten doveva davvero imparare a collegare la lingua al cervello, certe volte.
Fortuna che Neji non aveva colto il commento, o si sarebbe vergognata a morte.
Ad ogni modo, non c'era più molto tempo per indugiare. Lui e Tenten dovevano rincasare alla villa, prima che notassero la loro assenza, perciò Neji si fece forza e chiamò a sé Yorunosute per montare in sella. Tuttavia Tenten aveva la mente troppo piena di domande da fargli.

- Hai scelto di combattere per tuo padre, dunque?
- Io combatto perché altri non possono farlo - spiegò. - Mio padre è morto non perché non voleva combattere, ma perché non poteva, è questo il punto! Combattere a viso aperto nemici più forti, quando il coraggio non dispone di armi adeguate, porta inevitabilmente ad una conclusione; perciò puoi scegliere: o indossi una maschera per evitare ciò che ti frena, o muori per seguire le regole dettate dai tuoi avversari... E questa diciamo che è la regola numero uno!
- Bene - esclamò Tenten. - Confido che mi insegnerai le altre!
- Prego ?!?

Proprio accanto a loro, nel punto dove Yorunosute era fermo ad aspettare, vi era un albero di magnolie.
Tenten allungò il braccio a raccogliere uno dei candidi fiori profumati, offrendolo a Neji, con una luce decisa nello sguardo.

- Una volta mi hai detto che non dovevo perdere la speranza - rammentò dunque lei. - Tu sai combattere, e non solo, sai anche contro chi e contro cosa... Ebbene insegnamelo!
- Scordatelo, non se ne parla - rispose lui brusco. - Ho visto come combatti, anche se "combattere" non mi sembra il termine giusto nel tuo caso, perciò levati subito quest'assurda idea dalla testa!
- Ascoltami tu, invece, e ficcati bene in testa una cosa: non ho intenzione di giocare ma di combattere seriamente, perciò sono disposta ad imparare tutto ciò che occorre sapere; faremo a modo tuo con la differenza che, da oggi in poi, saremo in due; se tu sei il biancospino, io sarò la magnolia... Mi chiamerò Mokuren!

 

( continua col prossimo capitolo )

 

Angolo Autore:
xD e fin qui ce l'abbiamo fatta - si può dire che la "vera storia" comincia da questo punto in poi - per il momento vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo... se avrete la pazienza di aspettare, s'intende!
^__^

DADO

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Capitolo 21
*** Un periodo di prova ***


Neji avrebbe voluto mettere un freno all'idea assurda di Tenten ma, ridotto com'era al momento, non aveva neppure la forza di stare seduto in sella... figuriamoci dunque mettersi a ragionare con una sciocca ragazzina esaltata.
Ripromettendosi di affrontare la questione con lei più avanti, il giovane ferito si lasciò aiutare come un bambino inerte. Tenten lo aiutò a salire su Yorunosute, tenendo le redini dell'animale da terra, e conducendolo così a passo d'uomo verso Villa Hyuga. Dovevano procedere al riparo della fitta boscaglia, non potendo arrischiarsi a percorrere la strada principale, ma fortunatamente Yorunosute era un cavallo intelligente e perfettamente in grado di adattarsi ad ogni tipo di esigenza.
Malgrado le varie ferite e l'ingente perdita di sangue subita, Neji non poteva permettersi il lusso di svenire. Doveva a tutti i costi rimanere cosciente, sopportando un dolore d'inferno, almeno finché non si fosse detto finalmente al sicuro. Non appena le prime luci della villa comparvero alla vista, Tenten domandò a Neji se era il caso di rientrare dalla finestra invece che dalla porta d'ingresso.

- Leggi troppi romanzi - osservò Neji sarcastico. - Ascoltami bene: tu adesso devi rientrare in casa e andare a parlare con mia cugina Hinata, solo con lei, mi raccomando; spiegale cosa è successo, evitando magari i dettagli, e dille di venire in camera mia prima possibile... Io vi aspetterò là!
- Ma come puoi andare in camera tua, se sei conciato così ?!?
- Non discutere, e fai come ti ho detto - tagliò corto l'altro seccamente. - Hinata è l'unica al corrente del mio segreto, o almeno lo era, ed è l'unica in grado di medicarmi senza dare nell'occhio; non è la prima volta che mi succede di ferirmi, anche se non capita spesso, dille solo di portare l'occorrente senza dimenticare l'ago e il filo!
- Ma...
- Regola numero due: si fa come dico io e BASTA, sono stato chiaro?

Tenten fece per replicare ma, non potendo rimangiarsi quanto detto prima, dovette suo malgrado annuìre.
Certo non poteva ancora sapere dei vari passaggi segreti, disposti un po' ovunque in tutta la villa, né immaginare che il cunicolo nascosto dietro una delle statue presenti in giardino comunicava direttamente con la camera da letto di Neji. Come il giovane ferito la vide rientrare da lontano, pure smontando di sella con una certa difficoltà, congedò il cavallo come al solito e quest'ultimo fece ritorno da solo alla sua stalla.

- Figuriamoci - mormorò seccato, sforzandosi di ignorare le fitte lancinanti che gli attanagliavano le membra ad ogni passo. - Si sbaglia di grosso, se crede di potermi dettare condizioni; appena mi sarò rimesso, anzi, la obbligherò a dimenticare tutto a suon di... Ah!

Di nuovo una fitta.
Attualmente, forse, non era il caso di sprecare energie coi nervosismi. Il tempo di attraversare lo stretto cunicolo sotterraneo, malgrado la scarsa illuminazione, Neji rientrò non visto nella sua stanza. Qui lasciò cadere per terra la spada e il mantello e, dopo essersi tolto di dosso la bianca camicia insanguinata, si buttò sfinito sul letto. Ormai il peggio era passato, come tante altre volte che era riuscito a scampare alla morte, e subito il suo sguardo andò all'uomo raffigurato in uno dei ritratti appesi alla parete di fianco al letto.
Suo padre non era riuscito a sfuggire, dinanzi alla morte, anzi l'aveva accolta come una cosa inevitabile.
Forse, un giorno, avrebbe seguito anch'egli lo stesso destino...

***

Come le aveva detto Neji, Tenten si recò immediatamente da Hinata.
Non appena le ebbe fatto il nome di Neji, malgrado l'ora tarda, alla giovane e taciturna figlia del conte bastò un attimo per capire che cosa potesse essere successo al cugino. Subito infatti fece segno a Tenten di seguirla, aiutandola a prendere tutto ciò che poteva servirle: asciugamani, bende, flaconi di disinfettante, unguenti, pomate lenitìve e quant'altro per effettuare le medicazioni... compresi, ovviamente, un piccolo ago sottile e il filo per suturare le ferite.

- Tu... Tu lo sapevi che...
- Ssst - sussurrò Hinata, annuendo tuttavia col capo. - Nessuno qui sa della doppia vita di Neji, e nessuno deve saperlo; io ho promesso di mantenere il segreto, quando mi ha messa a parte di ciò che intendeva fare, per poter contare sul mio aiuto in caso di necessità... e posso immaginare che NON te lo abbia detto spontaneamente, non è vero?
- Beh, veramente...

Hinata emise un sospiro.

- Conosco mio cugino: non ama ricevere aiuto dagli altri, così come non vuole mostrare alcuna debolezza; sarebbe troppo complicato da spiegare, e forse non è neanche giusto che te lo dica, ma non ti stupire se reagirà in modo più che sgarbato...
- Non vedo perché la cosa dovrebbe stupirmi - ribatté dunque Tenten con una smorfia. - Se non altro, vorrebbe dire che sta bene!

Hinata trattenne a stento una risatina leggera dopodiché, assicurandosi che i corridoi della villa fossero deserti, mise tutto l'occorrente in un cestino e con Tenten si recarono assieme nella stanza del giovane ferito.

***

Dal suo modo di fare esperto, nel medicare e fasciare le ferite, si capiva che Hinata era particolarmente abile come infermiera.
Dopo avere pulito e disinfettato il tremendo buco sulla spalla, grazie anche alla pazienza e al volonteroso supporto di Tenten nell'eseguire alla lettera le varie istruzioni, Hinata passò dunque a ricucire i lembi della lacerazione. Il povero Neji aveva mandato giù tutto d'un fiato almeno un quarto di vino rosso e, nonostante l'effetto etilico del liquido, il piccolo ago che veniva passato e ripassato sotto le sue carni gli faceva un male cane. Tenten immaginava quanto dolore stesse provando, e le dispiaceva pure molto; tuttavia decise di seguire il consiglio di Hinata e, evitando come lei ogni tipo di commenti, si limitò a scuotere il capo ogniqualvolta che Neji le rivolgeva un appunto o una frase carica di rimprovero.
Evidentemente costui, qualunque motivo avesse per comportarsi così, non era particolarmente prodigo di buone maniere verso il gentil sesso.
Non che la cosa la stupisse particolarmente, visto che lo aveva sempre visto come niente più che un buzzurro maleducato, eppure adesso quel suo atteggiamento sembrava non sfiorarla neppure.
Neji era Sanzashi.
Per quanto antipatico fosse, arrogante e detestabile come carattere, era la stessa persona che si occupava di difendere i deboli e gli oppressi. Fosse stato perfetto magari, con un sorriso un tantino più allegro ad illuminargli il volto, certo lo avrebbe apprezzato di più. Ad ogni modo, era stato lui a salvarle la vita ( assieme a quella di molte altre persone ) e Tenten sentiva di dovergli quantomeno un forte debito di riconoscenza.
D'altro canto, Neji non si era certo dimenticato della sua assurda intenzione di assisterlo nelle sue imprese.
Inutile dire che, ferito o no, era bene mettere in chiaro quell'aspetto con lei onde evitarle pericolose illusioni.

- Ti senti meglio, adesso? - domandò Hinata, finendo di applicargli l'unguento sulle bruciature.

Neji annuì.

- Tenten, io e te dobbiamo parlare - esclamò serio.
- Sì, hai ragione, non ho ancora scelto il colore del mio costume: pensavo ad una "magnolia/rosa" come tonalità, per non copiare troppo il tuo bianco, ma non vorrei che mi facesse grassa poi dopo sui fianchi...

L'espressione accigliata sul volto di Neji, gli occhi ridotti a due sottili fessure e la gocciolina presente lungo la fronte, era di una comicità senza prezzo. Hinata dovette fare un enorme sforzo, per non mettersi a ridere, mentre Tenten andò avanti a descrivere quelle sue prime idee strampalate su come doveva essere il suo costume da Mokuren.

- Forse ti sfugge un particolare: io NON ho alcuna intenzione di prenderti come assistente!
- Appunto, che aspetti a dirlo?
- Cosa ?!?

La sfacciataggine di quella ragazza era prodigiosa.

- Mio caro Neji, forse sei tu che dimentichi un particolare: io non ho alcun bisogno del tuo permesso, la regola è che devo ubbidirti SE ti faccio da assistente... altrimenti posso decidere da sola quello che voglio fare, giusto?
- Non usare la parola "voglio" con me, ragazzina - sentenziò l'altro furibondo. - Ringrazia il cielo che non posso muovere la spalla, sennò...
- Sennò... cosa ?!?
- Eh-ehm - tossicchiò leggermente Hinata. - Scusa se mi permetto, Neji, ma dovresti considerare anche un altro aspetto...
- Quale?
- Prima di tutto la tua spalla: ci vorrà un mese almeno, perché il braccio che usi per combattere torni a posto, e un po' di aiuto potrebbe farti comodo nel frattempo!

Nel dire questo, Hinata rivolse a Tenten una piccola strizzata d'occhio. Tenten ricambiò il gesto con un sorriso complice ma, nonostante la correttezza di quella osservazione, Neji scosse il capo dubbioso.

- Anche ammettendo per un momento, che io acconsenta ad una follìa del genere - sottolineò. - Non manderei mai allo sbaraglio una mocciosa che, a malapena, sa come si tiene in mano una spada... Tuttalpiù posso tenerti in prova, se proprio non c'è verso di farti cambiare idea, ma è tutto!
- Alla buon'ora - esclamò Tenten raggiante. - Quando cominciamo?

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 22
*** L'addestramento ***


- Stringi meglio l'impugnatura, non è un mazzo di fiori - sbottò Neji, nell'impartire a Tenten la prima di una lunga serie di lezioni.

Malgrado il braccio destro fasciato, Neji sapeva essere ancora più severo di suo zio.
Tenten cominciò seriamente a rimpiangere le ore di allenamento col Conte Hiashi, stupita dalla facilità con la quale Neji era in grado di prevedere ed annullare tutti i suoi tentativi di attaccarlo. Per quanto la sua tecnica fosse migliorata, sotto la guida paziente e scrupolosa del suo primo maestro, le apparve subito chiaro di essere ancora ad un livello troppo inferiore per poter competere con uno spadaccino del livello di Neji.
La cosa che più la umiliava però era tutta la situazione nell'insieme: Neji teneva la spada con la sinistra, concentrando sulla lama giusto il minimo dello sforzo necessario, stando pressoché immobile per via della gamba che pure muoveva con una difficoltà più che evidente... e ciononostante Tenten non riusciva a portare a segno neppure un colpo.
Era come se Neji conoscesse in anticipo le sue intenzioni.
Se lei attaccava, lui rispondeva con una precisa parata, togliendole l'equilibrio con un unico movimento secco e deciso del polso.
Se gli veniva addosso con una carica d'affondo, ruotando semplicemente sul proprio fianco per evitarla, Neji le impartiva un sonoro schiocco sul fondoschiena con il piatto della lama.
Se lei si fermava a riprendere fiato, lui restava calmo e impassibile ad attendere, senza distogliere un solo attimo il proprio sguardo dal suo.
Se le ore
di allenamento con Hiashi erano spesso estenuanti, già dieci minuti contro Neji erano a dir poco massacranti.
Dopo neanche mezz'ora, Tenten era completamente senza fiato, offesa e mortificata dai ripetuti colpetti che Neji continuava a sferrarle dove non batte il sole, ogni volta che lei abbassava la guardia per caricargli addosso.

- Razza di...
- Cos'è, sei già stanca?
- Al diavolo, sei un pervertito: è da quando abbiamo iniziato che non fai altro che schiaffeggiarmi sul sedere, brutto sporcaccione che non sei altro...
- Prenditela con te stessa, allora - replicò l'altro tranquillo. - Se non fossi così cocciuta da ripetere sempre gli stessi errori, non avrei alcun bisogno di farteli notare; se fosse un duello vero, un avversario potrebbe tranquillamente colpirti dove e come vuole!
- Cos'è, mi stai dando ancora una volta dell'imbranata, per caso?

Neji non riuscì proprio a trattenere un sorriso beffardo.

- A dire la verità, visto come sono ridotto al momento, sono indeciso su che termine usare per definirti... ma credo che il concetto, più o meno, sia quello!
- Co... Co... COME HAI DETTOOO ?!?

Accecata dal furore e dalla rabbia incontrollàbile, Tenten dimenticò subito tutta la stanchezza e si scagliò contro Neji, sventolando la lama nel tentativo di affettarlo come un salame. Il giovane non si scompose, anzi continuò ad elùdere facilmente ognuno di quei fendenti rabbiosi, semplicemente muovendo la parte superiore del busto con l'eleganza dettata da anni di pratica ed esperienza.
Stavolta però Tenten era proprio incavolata di brutto.
Ormai non stava neppure più seguendo le regole basilàri della scherma, stringendo la spada a due mani come se fosse una specie di bastone metallico sottile, e Neji non dovette far altro che lasciarle sfogare tutto quell'impeto a dir poco ridicolo.
In men che non si dica infatti, la fanciulla stava di nuovo ansimàndo e sbuffàndo, incapace persino di sollevare la lama ad altezza giusta. Neji strinse gli occhi, facendosi istantaneamente più serio e concentrato, dopodiché la disarmò con un movimento rapido e sciolto del polso. La spada sgusciò via dalle mani di Tenten, roteando nell'aria come una sorta di libellula impazzita, prima di cadere alle sue spalle con un forte clangòre metallico.
Tenten sbarrò gli occhi.
La fronte di Neji era asciutta, fresca come tutto il resto del suo corpo, e durante quella mezz'ora il giovane non aveva versato neanche la più piccola goccia di sudore. Lei invece stava aspirando aria a pieni polmoni, nel tentativo di calmare i battiti accelerati del proprio cuore sotto sforzo, per giunta non aveva neppure capito cosa realmente fosse successo.

- Irruente - commentò Neji atono. - La rabbia e la determinazione non ti mancano, devo riconoscerlo, ma devi renderti conto da sola che un bambino farebbe senz'altro meglio!

Ormai Tenten non aveva neanche la forza per replicare.

- Respiri troppo pesantemente - proseguì l'altro impertérrito. - La tua linea di attacco è scontata e prevedibile, ti allarghi troppo negli affondi, e non riesci a mettere a fuoco un bersaglio sicuro dove portare i tuoi colpi... e questo solo per quanto riguarda la tecnica!
- Che... Che vuol dire?

Neji trasse un profondo respiro e, puntando la lama al suolo perché restasse dritta, si avvicinò a Tenten per spiegarle pazientemente dove risiedevano i suoi sbagli e perché.

- Non devi puntare tutto sulla forza - sottolineò il giovane, ponendole la mano sul polso. - Ogni volta che attacchi per rabbia, i tuoi muscoli si fanno più lenti: un duello si decide sulla velocità con la quale vengono portati i colpi, non certo con la violenza bestiale che ci metti tu nel cercare in tutti i modi di colpirmi, e allo stesso tempo la spada deve servire a proteggerti dalla reazione dell'avversario... mi spiego?
- S... Sì, credo di sì...
- Devi essere più rilassata con il braccio - spiegò ancora Neji, facendola involontariamente arrossire, come il suo tocco si spostò improvvisamente dall'avambraccio alla spalla di lei. - Se sei troppo tesa, imprimendo una forza maggiore rispetto a quella necessaria, non fai altro che indicare all'avversario tutti i tuoi angoli morti ogni volta che abbassi la guardia; venendomi sempre addosso senza controllo, praticamente sei tu a dirmi dove e quando colpirti... viceversa, se il tuo stile fosse basato sul ragionamento e sulla tattica, ti sarebbe anche possibile "pensare" di vincere!

Ora Tenten pareva finalmente cominciare a comprendere.
D'altra parte, Neji aveva dimestichezza con le spade sin da bambino, mentre lei era appena agli inizi con quella difficile disciplina. La verità era che, dietro al suo atteggiamento e a quella sua aria di superiorità, Neji stava seriamente cercando di farle acquisìre la tecnica che ancora le mancava.
Normalmente le ci sarebbero voluti anni per imparare ma, non avendo tutto quel tempo a disposizione, l'unica era mettere a fuoco il grande spirito combattivo della ragazza per permetterle di migliorare autonomamente.
In teoria, poteva anche sembrare semplice.
In pratica invece, Tenten doveva innanzitutto lavorare molto, per fortificare assieme al proprio carattere le doti fondamentali di ogni buon spadaccino.
Tenten raccolse di nuovo la spada e, invece di attaccare istintivamente come prima, decise di attenersi scrupolosamente ai consigli di Neji: osservando attentamente il modo di attaccare e difendersi dell'altro, limitando i propri movimenti al minimo, Tenten si ripromise mentalmente di fare del suo meglio per avvicinarsi il più possibile allo stesso livello. 

- Sei pronta?
- Pronta - rispose lei decisa.
- D'accordo, allora - fece Neji, quasi con soddisfazione. - Basta giocare, cerchiamo di fare sul serio!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 23
*** Una nuova maschera ***


Dedico questo capitolo a Sophie, e al suo Esame di Maturità,
con affetto e tante tantissime congratulazioni...

DADO

***

Tra lezioni di galateo, doppie lezioni di scherma e il segreto di Sanzashi da mantenere, Tenten si trovava ora nell'impossibilità di dormire per più di due o tre ore a notte. Sovente Kosuji era costretto a picchiettarle dolcemente la mano sulla spalla, ogniqualvolta lei si appisolava, in modo che il conte Hiashi non avesse motivo di irritarsi con lei. Fortuna che Hinata era sempre pronta ad aiutarla, grazie anche ad un prodigioso infuso di erbe contro lo stress e la stanchezza, permettendole così di sopportare quel ritmo assurdo almeno per qualche giorno.
Circa una settimana dopo, durante gli allenamenti mattutini, Tenten era già arrivata a guadagnarsi gli elogi del conte Hiashi.
Il rischio di addormentarsi tuttavia aumentava, specie durante le soporifere lezioni del professor Orokana, senonché Hinata si premurava di aiutarla di nascosto coi vari compiti. Essendo poi pressoché indifferente agli altri membri della famiglia, non vi era motivo per lei di temere alcunché.
Per dieci giorni consecutivi, Tenten si impegnò scrupolosamente a condurre una vita esemplare durante il giorno... per poi scendere non vista nella stanza segreta di Villa Hyuga, durante la notte, e sottoporsi alle durissime lezioni di Neji. Purtroppo le ferite del ragazzo tardavano a guarire, malgrado il lieve recupero degli arti, e per il  momento Sanzashi non poteva far altro che restare a riposo.
Dopo l'incendio a Konoha, e la fuga dei principali capi della rivolta, il comandante Kabuto e le guardie di Orochilieu stavano perlustrando tutta la regione come segugi affamati. La situazione stava precipitando, proprio come previsto da Neji, e si avvicinava inesorabilmente il giorno in cui tutto si sarebbe risolto con un gran bagno di sangue.

- No, non ci siamo - brontolò Neji, assestando l'ennesimo colpo correttivo al polso della sua allieva. - Sulla parata di quarta, devi ruotare e colpire conseguentemente... Subito, però, sei ancora troppo lenta!
- D'accordo, riproviamo - ansimò Tenten sfinita.

Malgrado la stanchezza, i progressi della fanciulla erano comunque notevoli.
Lo stesso Neji, pur senza dirglielo apertamente, era piacevolmente stupito dalla tenacia e costanza con cui lei stava pian piano acquisendo il succo di anni e anni di allenamento in poco più di una settimana. Adesso Tenten riusciva a portare colpi molto più precisi e calcolati, seppur con una certa lentezza nell'esecuzione, tanto che persino lui era costretto a tergersi il sudore dalla fronte.

- Non male - mormorò. - Stai cominciando ad acquisire la tecnica!
- Merito del "maestro", suppongo - fece lei beffarda.

Neji aggrottò le sopracciglia, con evidente fastidio.

- C'è poco da scherzare - sentenziò, sferrandole un fendente imparabile che la spedì duramente gambe all'aria. - Ricordati che, in un combattimento vero, può succedere di tutto; ti occorre sviluppare anche una certa capacità di adattamento, in modo da resistere anche in situazioni estreme, e questo significa un altro allenamento extra!
- Ancora ?!?
- Poche storie - tagliò corto l'altro. - Qui le cose si fanno a modo mio o a modo mio, punto!
- Tiranno - borbottò Tenten sottovoce.
- E ricordati una cosa: se mai un giorno riuscissi a disarmarmi, non importa come, quello sarà il tuo unico modo per guadagnarti la maschera!

Tenten sbarrò gli occhi.

- Ma non è giusto - protestò. - Ti alleni da molto più tempo di me, non riuscirò mai a disarmarti...
- Qui non si tratta di cosa è giusto o sbagliato - ribatté Neji severamente. - Se non sei in grado di sconfiggermi, non puoi pretendere di combattere al mio fianco; prima lo capirai, anzi, e molto meglio sarà!

***

- Io lo detesto!

Tenten si mise a girare su e giù per la camera di Hinata, tanto che quest'ultima cominciava ad accusare un forte mal di testa, imprecando a gran voce contro Neji ed il suo insopportabile modo di fare.

- E' un essere odioso, saccente, borioso, arrogante, tronfio, pomposo, pieno di sé...
- Tenten, ti prego - gemette Hinata debolmente. - Puoi smetterla di girare in tondo?
- Oh, scusami - fece l'altra mortificata. - Comunque non lo sopporto, non lo sopporto proprio, è detestabile!

Hinata non disse nulla.
Semplicemente sospirò con pazienza, versando due buone tazze aromatiche di thé, e invitò l'amica a sedersi davanti a lei.
Tenten accettò il dolce liquido profumato, sorseggiandolo con eleganza, cercando altresì di calmarsi.

- Sapevi che mio cugino ha un carattere difficile - osservò Hinata. - Anni fa, quando eravamo entrambi più piccoli, riusciva sempre a disarmarmi senza il minimo sforzo; era lui il più bravo, con un'abilità di gran lunga superiore persino a quella di mio padre, tanto che non riuscivo neppure a seguire i suoi movimenti con gli occhi...
- Va bene, ma questo non lo autorizza certo a fare sentire gli altri come delle nullità!

Hinata sorrise.

- Tenten, tu pensi "veramente" che Neji ti permetterebbe di allenarti, se non tenesse le tue capacità in più che grande considerazione?
- Spiegati meglio!
- Sono dieci giorni che vi allenate - fece notare Hinata. - Dopo la mia prima sconfitta, mi disse che non ama perdere tempo con gli incapaci; quando ti alleni con lui, invece, non fa che ripeterti che devi impegnarti molto e molto di più... Non ho ragione?
- Sì, ma cosa c'entra?
- Significa che ti apprezza, anche se non te lo dirà mai - concluse, assaporando l'ultimo sorso dalla tazzina. - Credimi, io lo conosco bene: se ha ancora intenzione di allenarti, dopo tutti questi giorni, è perché "vuole" che tu arrivi in fondo al tuo addestramento!
- Ma lui ha detto...
- Ti ha detto quello che vuole che ascolti, non quello che pensa - puntualizzò. - Dimostragli che non hai paura, che hai più coraggio di quanto lui non si immagina nemmeno, magari anche ricorrendo a qualche piccolo trucco... Del resto, è stato lui a dirti di imparare a vincere con qualsiasi mezzo!

***

Quella notte, Neji era come al solito nella stanza sotterranea.

- Sei in ritardo - brontolò, non appena Tenten entrò dal passaggio segreto.
- Scusa, dovevo aspettare che Kaede e Koetsu andassero a dormire!
- Mi spiace ma, dopo stanotte, dovremo sospendere il tuo addestramento!
- Come sarebbe a dire ?!?

Senza neppure guardarla negli occhi, Neji prese ad aggiustarsi uno speciale rinforzo metallico sull'avambraccio.

- Sarebbe a dire che devo tornare al mio lavoro - spiegò. - Orochilieu e Kabuto stanno muovendosi molto più in fretta di me: vogliono accelerare la rivolta, per rovesciare Sua Maestà, così da eliminare ogni ostacolo tra loro e la scalata verso il potere assoluto!
- Ma Hinata ha detto che ci vorranno altri venti giorni, perché la tua spalla possa guarire completamente!
- Questo non è un problema tuo - disse Neji seccato. - Non sei riuscita a vincermi in duello, dunque non hai motivo di dire alcunché, e non c'è nessuno in grado di sostituirmi al momento!
- E' la tua ultima parola?

Nessuna risposta.
Neji la stava apertamente ignorando, ormai convinto di dover proseguire nella sua lotta da solo, ma sbagliava di grosso nel sottovalutarla così.
Si era appena messo in guardia, pensando di disarmarla in fretta e poi uscire in sella al fido Yorunosute, ma subito si accorse che Tenten non aveva ancora impugnato la spada.

- Beh - esclamò. - Che fine ha fatto la tua arma?
- L'ho dimenticata - sussurrò Tenten, avvicinandosi a lui con fare stranamente malizioso. - Sono così distratta, a volte...
- Guarda che, se è uno scherzo, non fa ridere!
- Chi ha detto che voglio farti ridere?
- Non prendermi in giro, oppure io... Mmmhhh !!!

Approfittando del suo momento di rabbia e distrazione, Tenten baciò Neji sulle labbra.
Il giovane, che non si aspettava certo un simile approccio da parte sua, rimase totalmente spiazzato... Tuttavia, Tenten aveva ben altro in mente.
In men che non si dica infatti, dopo avergli sfilato la spada dalle mani, costei si scostò rapidamente puntandogli contro la sua stessa arma sul petto.

- Che razza di...
- Come vedi, ho seguito il tuo consiglio - mormorò Tenten astutamente. - Se la vista non mi inganna, ti ho appena disarmato, bello mio!
- Ma... Ma...
- Niente "ma", hai detto che dovevo disarmarti, non hai specificato come... Ho solo adattato il fine alle circostanze!

Neji masticò amaro.
Quella dannata ragazzina era riuscita a fregarlo, suo malgrado, e ormai lui non poteva certo rimangiarsi la parola data.
Tenten si era guadagnata il diritto di indossare la maschera di Mokuren, a tutti gli effetti, e ciò significava che avrebbe potuto affiancare Sanzashi nelle sue imprese.

- Allora, che ne dici, ho superato la prova?
- Non montarti la testa - sibilò Neji. - Riparleremo di questo scherzo, quando sarà il momento, adesso dobbiamo andare!
- "Dobbiamo"... Sei sicuro di star bene?
- Indossala, e fai meno chiacchiere - sentenziò Neji, gettandole un lungo pezzo di stoffa di colore rosa molto chiaro. - Hinata ha lavorato molto per fartela, fin dal nostro primo allenamento assieme, e il tuo costume è già pronto!
- Allora, vuol dire che siamo una squadra - sorrise lei, restituendogli la spada dalla parte dell'impugnatura.
- Sto solo rispettando la parola data, nient'altro - concluse lo spadaccino mascherato, avviandosi verso l'uscita del passaggio. - Fai in fretta a cambiarti, ti aspetto fuori...

 

( continua col prossimo capitolo )

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