Never Thought that I could Love [you] di ThePirateSDaughter (/viewuser.php?uid=76159)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ~1 It was never good to know ***
Capitolo 2: *** ~ 2 Masks ***
Capitolo 3: *** ~ 3 This can’t be happening to me. But it is. ***
Capitolo 1 *** ~1 It was never good to know ***
1 txg
Never Thought that I could Love [you]
~ 1
It was never good to know
Stop
breathing if
I don't see you
anymore...
Far
Away - Nickleback
21 settembre
Diario,
è una...
un'ingiustizia, uno schifo di ingiustizia.
Una CAZZO di ingiustizia.
Di tutti i posti possibili in quell'agenzia indovina dove sono
capitata? DOVE?!
Ancora non
ci posso credere...
Il
pullman sobbalzava mestamente su e giù per i vari dossi che
costellavano la strada; e ad ogni dosso Gwen rimbalzava pateticamente
sul seggiolino di plastica.
La
pioggia
macchiava sconsolata i finestrini e l'intera città era
spazzata
da una pioggia così scema da non essere nemmeno degna di
considerazione, anche se contemporaneamente fastidiosa.
Per Gwen, poi, il fastidio cresceva in maniera esponenziale: non ci
teneva a capitare il primo giorno di lavoro con i capelli fradici
appiccicati alla faccia. In circostanze normali non sarebbe stata una
tragedia per lei, andare in giro scombinata in una simile maniera ma, a
quanto pareva, l'apparenza
contava.
E a lei il lavoro serviva. Eccome.
Ma evitò di pensare al motivo della sua urgenza: l'ansia e
il
nervosismo da essa derivanti non dovevano assalirla, quel giorno.
Avrebbe dovuto fare buona
impressione.
Il bus si fermò sferragliando e una coppia di anziani scese,
reggendo due spesse buste di plastica e fissando di traverso il
corpetto nero di Gwen; poi ripartì, lasciando la ragazza,
l'autista e un tizio con le cuffie nelle orecchie come unici
passeggeri.
L'autista diede una manata ai pulsanti dell'autoradio, che aveva perso
segnale e cominciato a trasmettere spezzati suoni metallici. Dopo
qualche istante e qualche sommessa imprecazione da parte dell'uomo, si
udirono una
pubblicità per detersivo da lavastoviglie -czzz-,
un'intervista
a un famoso attore -czzz-
e finalmente quello che l'autista sembrava
stesse cercando: musica.
Ed eccola lì,
provvidenziale!
czzz... "...ormai da
solo... e come una farfalla hai preso il..."
L'uomo al volante emise un sospiro soddisfatto e
cominciò
a canticchiare; Gwen, dalla sua seconda fila, sgranò gli
occhi
sgomenta e tuffò una mano nella borsa, in cerca del lettore
MP3.
Andava bene qualsiasi canzone, veramente, qualsiasi. Quella no.
Erano mesi che accendeva la radio e beccava quella maledetta cosa
praticamente dappertutto. Prontamente cambiava stazione,
sommersa e
oppressa da ricordi troppo lontani e confusi per essere affrontati, ma
più ne fuggiva più quella e le sue sorelle
sembravano monopolizzare le
stazioni radio.
Non sapeva come questo fosse diventato possibile ma non bisognava
pensarci. Non ora. Punto, fine, basta, chiuso, stop.
Anche perchè quella era la sua fermata e non sarebbe stato
intelligente saltarla.
Scese da quell'affare sferragliante e non si soffermò sotto
la
pioggerella per esaminare l'edificio della
American&CanadianRecords:
si limitò ad entrarci spedita.
~•
L'ingresso
era grande e chiaro, illuminato da grosse lampade a neon che pendevano
da un candido soffitto, caratterizzato dalla totale assenza anche della
più piccola
ragnatela. Il parquet di noce scintillava lucido, senza la minima
impronta o pozza d'acqua, nonostante fuori piovesse ormai a dirotto.
Esattamente di fronte all'ingresso si apriva un' ampia scala, ai cui
lati correvano due corridoi. Alle pareti, fissate ad intervalli
regolari, una serie di facce più o meno conosciute fissavano
Gwen, che restituì loro un'occhiata obliqua, quasi quei
poster potessero effettivamente vederla e giudicarla. Proprio quello di
cui aveva bisogno, altra gente che le rinfacciasse ciò che
era, ciò che aveva fatto in passato eccetera eccetera.
Perchè ormai era quello che pensava, ogniqualvolta una
persona la guardava in faccia: un giudizio inflessibile, costantemente
negativo, tutto per lei.
Improvvisamente un ticchettìo ritmico la distolse dai suoi
pensieri e, pochi secondi dopo, una donnina in gonna sbucò
dal corridoio di sinistra.
-Lei è la signorina Yales?- domandò con
un sorrisino di circostanza, squadrando Gwen dalla punta degli anfibi
alla radice dei capelli tinti: come sguardo cercava di essere
impassibile, ma Gwen ne aveva visti tanti, troppi di sguardi
così e sapeva che sotto c'era il solito scandalo per come si
vestiva.
-Sono io- replicò, stampandosi controvoglia un sorriso. L'impressione, l'impressione era
quella che contava, doveva apparire bene, perfettamente, non poteva
perdere il lavo...
-Bene, mi segua.
Senza aspettare nemmeno un secondo girò sui tacchi
(altissimi e spaventosamente a spillo) e si incamminò su per
le scale. Gwen la seguì, senza una parola.
Doveva avere pazienza. Il lavoro l'aveva trovato, era buono e ne aveva
bisogno, disperatamente o nulla sarebbe andato in porto come
desiderava: ragion per cui era il caso di sottostare alle regole, di
ignorare le occhiate storte, di apparire buonagentiledisponibile
e altre scemenze simili. Sennò niente lavoro. Il
concetto era semplice.
Quell'altra, nel frattempo, continuava a salire le scale. Pianerottolo
dopo pianerottolo, rampa dopo rampa, sempre con Gwen al seguito.
Una rampa, due rampe, tre rampe, dieci
rampe.
E le faceva con i tacchi.
Gwen, per contro, no, ma cominciava ad essere stanchina.
-Scusi- cinguettò, schifando il tono con cui aveva appena
parlato -Non si potrebbe usare l'ascensore?
-Lei non è autorizzata- rispose l'altra, senza nemmeno
voltarsi. Gwen scelse di soprassedere.
Dopo altre due rampe, la tizia -ormai enormemente sulle scatole di
Gwen- svoltò con aria di importanza a destra.
Aprì una porta e le due sparirono all'interno, trovandosi in
un largo corridoio in penombra, dove spiccavano cinque porte.
-Tu lavorerai qui- disse indicando la porta più a destra e
spalancandola. Gwen prese un respiro profondo e, senza ulteriori
indugi, entrò.
Venne immediatamente raggelata.
Okay. Calma.
D'accordo.
Va bene.
No, non andava bene per niente.
La persona seduta dietro
la scrivania non andava bene per niente.
Era Trent.
Ma... non assomigliava affatto al Trent che ricordava...
POPOLAZIONE
DI EFP!!!
Ebbene
sì, sono tornata ^^ Non vi avevo seccato abbastanza, quindi
ho deciso di ripropormi con un'altra long!
Il
titolo è tratto dalla canzone bedderrima For You dei
carissimi The Calling ^^
Come
si evince da questo primo (corto) capitolo (che non mi convince neanche
tanto T_T... dal prossimo si saprà definitivamente di
più!), all'inizio di ognuno ci saranno,
oltre a un pezzettino del diario di Gwen, dei versi di canzoni che
reputo ispiratorie e che potrebbero fornirvi indizi su quanto
accadrà nel capitolo.
(E
soprattutto per
veicolare nel world qualche cosa di interessante, piuttosto di quelle
aberranti cacche denominate """"""""canzoni"""""" house -.-).
Ehm,
spero che vi piaccia e che mi facciate sapere il vostro parere ^-^
Crazzzzie,
gioiette belle e a presssssssto :)
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Capitolo 2 *** ~ 2 Masks ***
txg2
Never Thought that I could Love [you]
~ 2
Masks
Sing
once again with me
Our strange duet
My power over you
Grows stronger yet
Nightwish
- The Phantom of the Opera
21 settembre
... il lavoro e la sua assoluta
necessità sono le uniche cose che mi fanno andare avanti LI'.
E'una presa per il culo, ne sono sicura. Il Karma mi ha giocato un tiro
infido. Troppo infido.
Che sia a causa di quell'affare con Duncan?
Nel frattempo io comincio già a dare segni di
cedimento.
Trent
abbassò di poco le lenti degli occhiali da sole,
così che le enormi e pacchiane lenti rivelarono
un'espressione scettica e un sopracciglio inarcato.
-Oh. Eccola, è arrivata.
Si rilassò sulla poltrona girevole di pelle nera,
stiracchiandosi. Indossava una camicia bianca, con quattro bottoni non
allacciati.
Una camicia. Trent.
A parte quello, Gwen dubitava che avrebbe più potuto
muoversi in futuro.
Qualcosa di sordo si agitava nel suo cervello, cercando di sbloccarla,
ma i pensieri arrivavano attutiti.
E'per il lavoro.
Svegliati.
Piantala di avere
quest'aria da idiota. Muoviti. Di' qualcosa. E' solo Trent.
No. Quell'ultima parte del pensiero non poteva avere senso.
Innanzitutto quello seduto dietro alla scrivania in fondo all'ufficio
non poteva essere Trent.
Non poteva e basta.
Insomma, come aspetto era rimasto pressochè identico. Stesso
corpo, stesso viso, stesso colore dei capelli.
Ma l'espressione sul suo volto l'aveva scioccata.
Negli occhi verdi che conosceva si era spenta una luce, lasciandoli
più scuri e tenebrosi: tale luce era stata sostituita da una
foschia fastidiosa, non meglio identificabile. Ma sgradevole comunque.
Trent si sporse in avanti, un largo, brutto sorriso compiaciuto che gli
andava da orecchio a orecchio.
-Beh? Hai intenzione di rimanere lì come una statua tutto il
pomeriggio o pensi di operare qualcosa?
Un brivido percorse la schiena di Gwen: un brivido che sapeva di molte
cose.
Stupore, innanzitutto: le
stava parlando come se fosse una perfetta sconosciuta.
Non riusciva a capire. Non l'aveva riconosciuta, forse?
-Gwen. Sto parlando con te.
No, a quanto pare si ricordava perfettamente di lei. Ma quel tono,
allora?
Non era la solita voce del solito Trent. Sapeva di... di...
Sfacciataggine.
Era possibile?
Ma in fondo, realizzò improvvisamente, cosa le sarebbe
dovuto importare?
Ecco, esatto. Cosa mi
interessa? Trent non fa più parte della mia vita da secoli,
che cosa diamine è questa stupida agitazione? Avanti. Devo
fare qualcosa per questo lavoro.
Trent, nel frattempo, aveva cominciato a tamburellare con le dita sulla
superficie della scrivania, in attesa di un suo movimento. Un gesto che
Gwen aveva sempre odiato, e lui lo sapeva bene. Respirando
profondamente e accogliendo con gioia una scintilla rabbiosa per quel
tamburellare, la ragazza avanzò.
Per poi sentire un blocco nella propria mente.
Come avrebbe dovuto rivolgersi al... ragazzo?
Maniera formale? Informale? Era un suo superiore o un suo pari, adesso?
Cominciamo bene...
Scelse
di optare per un neutrale -Buon giorno.
Trent non rispose. Meglio: fece come se non avesse per niente sentito.
Gwen represse un sentore di agitazione e continuò.
-Ehm. Sono qui ehm... Ho fatto un colloquio con il signor Tysen e...
Ehm e...
SI PUO' SAPERE COSA
DIAVOLO MI PRENDE?
Un altro sorriso sgradevole invase il viso di Trent, che aveva
osservato i suoi mediocri tentativi di conversazione appoggiato di
sbieco su una mano.
-Tranquilla, so perfettamente perchè sei qui, quindi
risparmiami certi discorsi amorfi- puntualizzò, con una
strafottenza e una sfacciataggine nella voce che scioccarono Gwen. La
ragazza stava per aprir bocca e rispondere qualcosa di tagliente quando
lui la interruppe sul nascere. Un altra cosa che detestava.
-Secondo gli accordi presi con il vecchio Tysen avresti fatto domanda
per un posto da segretaria... Dopo la visione del tuo miserando
curriculum non abbiamo potuto fare altro che rassegnarci all'idea che
avresti cominciato proprio qui. Beh... Che dire di più?
Sarai alle mie dirette dipendenze, quindi vedi di prestare attenzione a
quello che fai.
Alle sue dirette
dipendenze?!
No. Era uno scherzo, giusto? Doveva essere uno scherzo, di pessimo,
orribile, schifosissimo gusto!
E poi: "Miserando curriculum"?!
"Ci siamo dovuti rassegnare"?!
"Vedi di prestare attenzione"?
Gwen non aveva idea di come apparisse la propria espressione
all'esterno ma sperava che lo sbigottimento, lo scioccamento e
l'indignazione fossero rimasti ben chiusi all'interno della propria
mente, solo all'interno della propria mente.
Anche se la perfetta faccia da schiaffi di Trent era un chiaro invito a
imprecarci addosso.
Stava per aprire la bocca e chiedere spiegazioni (o quantomeno
intimargli di calmarsi) che un pensiero la fulminò sul
nascere.
NO. E'il tuo capo. L'ha
detto prima.
Tempo di realizzarlo che lo sdegno quasi la sopraffece.
-Perchè sei così zitta, Gwen? Se c'è
qualcosa che vuoi dire, prego- ghignò lui, fissandola di
sbieco.
COSA?
Il lavoro. Il lavoro. Il
lavoro. Il lavoro. Illavoroillavoroillavoro.
Calmaticalmaticalmati.
-No, nessun problema. Ho capito- rispose lei, cercando di reprimere il
tremito furibondo nella propria voce. E cercando di stamparsi in faccia
il sorriso più forzato che avesse mai fatto.
Come sono caduta in
basso. Ma il lavoro... devo pensare al lavoro. A ciò che
devo fare. Il lavoro mi serve.
-Nessuna domanda?
-No.
-No, signore-
puntualizzò lui -Sono un tuo superiore, è bene
che te ne ricordi.
...Calmaticalmaticalmati!
-No, signore-
corresse la ragazza.
-Allora puoi sederti al tuo posto- Trent le indicò un punto
a destra della propria scrivania ma, prima ancora che la ragazza
potesse seguire il suo dito, un deciso e fortissimo rumore ritmico
riecheggiò per tutta la stanza.
Veniva dal corridoio.
Difatti, esattamente due secondi dopo, una persona aprì -per
la verità spalancò la porta, facendola sbattere
incurante contro il muro.
-Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaamore
miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiioooo!
Buonasera!
Due
cosette veloci e poi scappo.
Ci
tenevo, innanzitutto, a ringraziarvi per le recensioni lasciatemi e per
coloro che hanno messo nelle preferite/seguite/ricordate :D
Inoltre
volevo aggiungere che, in questo secondo capitolo, si sa ancora
relativamente poco. Dal terzo in poi, però, cominceremo a
conoscere per bene tutto ciò che ancora è rimasto
ignoto :) Qui volevo focalizzarmi un po' di più suuu...
altro XD
Fatemi
sapere :D A presto! ^^
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Capitolo 3 *** ~ 3 This can’t be happening to me. But it is. ***
A Sic.
Non c'è altro da aggiungere.
Il vuoto che ha lasciato è troppo grande.
♥
Never Thought that I could Love [you]
~ 3 This can’t be happening to me. But it is.
Run away, try to find a safe place you can hide
It's the best place to be when you're feeling like me (me!)
Yeah...(yeah!)
All these things I hate revolve around
Me...(me!)
All these things I hate – Bullet for my Valentine
21 settembre
E non solo. NON solo. Vogliamo considerare anche… quella lì?!
Sulla soglia stava una ragazza.
Alta, snellissima, di quelle in cui è scientificamente impossibile trovare una cellula adiposa, anche a pagarla oro.
Nella frazione di secondo prima che si precipitasse nella stanza, si ebbe modo di osservarla dettagliatamente: era esattamente il tipo di persona che attrae ogni sguardo umano, vegetale o animale nei paraggi, incatenandolo a sé. Una lunga cascata di capelli dorati le scendevano su schiena e sedere ed incorniciavano un visino di porcellana, abbondantemente cosparso di fondotinta.
Ma non finiva lì.
Ogni singola ciglia era stata impregnata di tonnellate di mascara e le palpebre erano cosparse di scintillante ombretto verde acqua, che ben si accordava agli spalancati occhioni verdi. Verdissimi.
Inguainata in un jeans attillatissimo e un top sbracciato e cortissimo (nonostante fuori diluviasse) e perfettamente stabile sui tacchi più alti della storia.
In sintesi, la ragazza più orripilante e oscena che Gwen avesse mai visto in tutta la sua vita.
La ragazza rimase a contemplarla, scioccata, quasi incapace di muoversi di fronte a tale… tale…
-Amore miiiiiiiiiiiiiiiiiioooooo!- cinguettò quella, marciando con foga in direzione di Trent, degnando Gwen della stessa attenzione che si riserva ad una lumaca ed ancheggiando come una mannequin.
Inutile dire che anche la soavissima, gradevolissima, vocina della ragazza, talmente acuta che avrebbe potuto frantumare in un colpo solo qualsiasi struttura di vetro presente, aveva accresciuto il sentimento di orrore nella mente di Gwen: ma nulla potè reggere il confronto con quanto seguì dopo.
-Oh, gattina mia!
GATTINA?!
Era… era sul serio uscito dalla bocca di Trent?
Sotto gli occhi straniti di Gwen, il ragazzo agguantò la singolare biondina e quella gli avviluppò le braccia attorno al collo: due secondi dopo si stavano scambiando un bacio talmente spinto e coinvolto da disgustare al solo sguardo.
La gotica non sapeva che cosa fosse a bloccarla. L’orrore per la ragazza o per come era caduto in basso Trent? L’odio per la voce irritante di lei o per i modi strafottenti di lui?
E io dovrei lavorare qui?
Trent, nel frattempo, era riemerso.
-Oh già- esclamò, come ricordandosi solo in quel momento che Gwen si trovava lì con loro. Si passò la lingua sulle labbra, improvvisamente coperte di lipgloss rosa brillante -Immagino di doverti presentare la mia ragazza, Gwen. Tesoruccio mio, questa è la nuova segretaria.
-Ooooooh, quella di cui mi avevi accennato, stellina mia!- esclamò a sua volta la ragazza, piroettando sui tacchi a fronteggiare Gwen, con un’agilità che era quasi da stimare –Trenty mi ha parlato un sacco di te, cara!
Afferrò, affettata, la mano di Gwen, che fu quasi tentata di ritrarla e pulirsela sulla gonna -Tu sei Gwen, quindi? Piaceeeeeeere, Gweeeeeen!
-… Piacere mio- puntualizzò lei tra i denti, contratti nell’ennesimo sorriso di circostanza.
-Quello che è, insomma.
Trent, nel frattempo, aveva fatto passare le braccia attorno ai fianchi della tizia. Un brivido di disgusto percorse la schiena di Gwen, al punto che dovette trattenersi dallo storcere le labbra.
ILLAVOROILLAVOROILLAVORO.
Gwen chiuse dietro di sé la porta di casa, fradicia di pioggia, lanciando irata in un angolo la borsa e l’ombrello traditore, che aveva avuto la splendida pensata di rompersi durante il tragitto.
Rabbrividendo vistosamente, schizzò a farsi la doccia (rigorosamente calda) più lunga di tutta la sua vita: sotto il getto di acqua bollente la pelle gelata riacquistò piacevolmente sensibilità.
Ripensò alla giornata: come prima di lavoro non era stata particolarmente positiva. Si era trovata Trent come superiore, era stata trattata come una pezza e si era pure aggiunta… quella lì.
Heather.
-Sììììì, sai, il mio nome è Heather. Molto piacere Gweeeeeen. Comunque, diceeeevo… oh, Trentipucci, tieni giù le manine adesso, sto parlando con Gweeeen!
Già a causa del nome marcava male. Se poi si aggiungevano i dettagli della sua personalità… Non riusciva a capacitarsi che potesse esistere una persona così. Al solo ripensare alla sua voce si sentiva venire la pelle d’oca, nonostante la carezza calda dell’acqua.
Che schifo. Che. Schi. Fo.
E, come se non bastasse, aveva anche la testa piena zeppa di domande varie. Per esempio: che cosa accidenti era successo a Trent?
Nemmeno il colloquio con il signor Tysen che aveva avuto poco dopo aver incontrato il ragazzo era servito a chiarirle i dubbi…
-Lei mi aveva promesso che sarei… insomma, che avrei lavorato per Lei, signor Tysen. Alle Suedipendenze. Non che mi lamenti del mio lavoro, mi… mi piace, mi ispira ma come è possibile che ora…
-I piani erano quelli, effettivamente, signorina Gwendoline. Solo che, non appena Trent ha saputo che avevamo intenzione di assumerla, ha insistito e richiesto di persona che Lei diventasse suasubordinata. In effetti aveva bisogno di un’assistente…
Tysen la scrutò da sotto gli occhialini tondi con quell’espressione rassicurante che Gwen aveva immaginato sentendo la sua voce al telefono, la prima volta.
-Però, se ci sono dei problemi…
La ragazza esitò per un momento, per poi decidere di non creare problemi. Non con il principale. Non il primo giorno di lavoro. Odiava questa politica di sottomissione ma così doveva essere fatto. E così sarebbe stato.
-Nessun problema, signore. Solo… avevo qualche domanda- rispose con un sorriso lieve e ricevendone un altro in risposta.
-Deve comunque avere pazienza con Trent- le spiegò il signor Tysen. Chiamava per nome ogni suo dipendente, come se fossero stati membri della sua famiglia -È un bravo ragazzo, Lei che l’ha già conosciuto lo sa bene… Solo che, forse, il successo gli ha dato un po’alla testa. Capita, gli passerà.
Gwen rimase un po’in silenzio.
-È arrivato qui dopo una nostra, entusiasta telefonata. Avevamo da poco scoperto alcuni dei suoi eccellenti e sentitissimi brani e abbiamo deciso di dargli una chance. All’appuntamento si è presentato un ragazzo distrutto. Aveva il cuore spezzato di netto, povero ragazzo- commentò Tysen, senza particolari inclinazioni.
Il silenzio di Gwen continuò.
-Poi però si è ripreso e, da lì, è stata una catena di successi che sento moltiplicheranno! ...La nostra è un’agenzia musicale di giovani talenti, quindi qui troverà un po’ di tutto, Gwen. Ma non si faccia spaventare, né da Trent né da nessun altro. È tutta brava gente, glielo garantisco.
E perché l’aveva voluta come assistente a tutti i costi?
Voleva essere una specie di malsana vendetta per come era finita la loro storia?
Gwen sospirò.
Di domande ne aveva tante e di voglia di rispondersi nessuna. Non in quel momento.
Dopo essersi asciugata per bene e rivestita si diresse in camera, sperando di addormentarsi presto.
Il lavoro mi serve. Devo resistere. O non riuscirò mai a fare quella cosa.
Salve a voi, lettori/lettrici carissimi *_*
Ahem, qui ho chiarito un poco la situation ^^
Dovessero esserci ulteriori problemsss fatemelo sapere / aspettate i prossimi capitoli.
So che nelle risposte alle vostre adorabili recensioni sono stata un po’criptica ma, onde non spoilerare, devo esserlo ^^”
Il capitolo era pronto da ieri ma ho voluto non pubblicarlo… Insomma, è morto uno dei miei motociclisti preferiti, mi sembrava una questione di rispetto.
Oddio, pubblicare esattamente il giorno dopo non mi sembra comunque corretto ma… Avevo bisogno di scrivere. Tutto qui.
Ecco perché oggi (come ieri) la mia pazzia è desaparecida.
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto :)
A prestissimo e grazie mille :)
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