Original's (Blood) Story. di Blue Flower (/viewuser.php?uid=106639)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caduta Libera. ***
Capitolo 2: *** Contatto visivo. ***
Capitolo 3: *** Strani vicini. ***
Capitolo 4: *** Questo strano pazzo incontro. ***
Capitolo 5: *** Allontanarsi. ***
Capitolo 6: *** Ritorno. ***
Capitolo 7: *** Familiari. ***
Capitolo 8: *** Sete. ***
Capitolo 9: *** Verità. ***
Capitolo 10: *** Nessun Lieto Fine. ***
Capitolo 11: *** Dimentica! ***
Capitolo 12: *** Lei c'è sempre stata. ***
Capitolo 13: *** L'accordo di Klaus. ***
Capitolo 14: *** Wake up, Sleeping Beauty! ***
Capitolo 15: *** Scontro e Confronto. ***
Capitolo 16: *** Amami. ***
Capitolo 1 *** Caduta Libera. ***
-
E’ questo ciò che avete deciso?
La voce tuonante di quell’essere così
potente fece tremare il cuore e le certezze di Francesca, scuotendola
da quello
stato di sicurezza che aveva assunto per tutta la durata
dell’Assemblea
Celeste. Le sue ali palpitarono frenetiche, come ad avvertirla di un
pericolo
imminente. No, forse laggiù non ce l’avrebbe
fatta.
Gli uomini erano pieni di odio di paura,
di secondi fini mal celati: li avrebbero visti, splendenti e li
avrebbero
uccisi tutti, dal primo all’ultimo.
Ma le bastò guardare il viso di suo
fratello Niklaus, determinato e pronto alla punizione, per farla
ritornare alla
sua posizione di forza e decisione. Si osservarono per un attimo che a
lei
sembrò un’eternità: i contorni quasi
indistinti, cerchiati dalla luce eterea di
tutti gli angeli, l’aureola che risplendeva fioca sopra le
loro teste, tutte
cose che sarebbero stati disposti a perdere se solo ce ne fosse stato
bisogno.
- Noi vogliamo la libertà, vogliamo
assaporare la Terra, poterla vivere e vederla crescere. Vogliamo poter
sentire
il terreno sotto i nostri piedi e assaporare l’aria che ci
accarezza le tempie,
Signore- gli occhi di Niklaus risplendevano azzurri, abbagliando tutti
i
presenti ma soprattutto sua sorella.
Stiamo
instaurando una rivoluzione. Vinceremo. Lui
ci
darà ragione, pensò in quel momento
Francesca sbattendo impercettibilmente
le ali per via della felicità. Sì, li avrebbe
capiti e sarebbero stati capaci
di scendere sulla Terra a loro piacimento e non come Angeli Custodi,
non come
presenze eteree.
- Vogliamo vivere- sussurrò
lei, sperando che nessuno la ascoltasse.
- Vivere,
eh?- rispose la voce di tuono.
- Sì, poter respirare, avere del sangue
che scorre nelle vene, un cuore che batte… essere umani- le venne in soccorso suo fratello.
- E rinuncereste a me, rinuncereste alla
mia fedeltà per raggiungere il vostro scopo?- Niklaus e
Francesca si guardano,
poi osservano la famiglia alle loro spalle: Elijah, Aida, Dafne, Efrem,
Efisio,
Charlotte.
La decisione è unanime.
- Sì- rispondono fratello e sorella a
nome di tutta la famiglia.
- Bene, mi fa piacere saperlo- Francesca
stava per sospirare di sollievo, come se avessero vinto una guerra mai
iniziata.
- Ve lo concedo: potete scendere sulla
Terra- un’altra ondata di soddisfazione.
Niklaus e Francesca si strinsero forte
la mano, come se a quel punto avessero capito che la questione non era
chiusa
lì e, mentre tutti esultavano, solo loro furono in grado di
vedere il gesto
repentino dell’enorme mano che perforò le nuvole.
Venne a mancare un appoggio saldo sotto
i piedi e così iniziarono a precipitare. Sempre
più giù senza nemmeno poter
sbattere le ali. Nella caduta la ragazza si fece sfuggire un urlo di
puro
terrore, percependo la gravità che la comprimeva verso il
basso e le faceva fischiare
le orecchie. Il suo corpo iniziò ad irradiare un dolore
lancinante e in men che
non si dica, vide piume bianche volteggiare davanti a sé.
Sentì che le ali le
venivano strappate, i suoi occhi lacrimavano sangue ed il rosso
iniziò a
mischiarsi con il bianco delle candide piume in caduta libera.
E
nella mente rimbombava una litania terrificante, quasi diabolica e dal
sapore
di morte, un sapore che non era mai apparso sulle labbra degli angeli.
Voi
che avete voluto vivere, vivrete per mezzo di altri.
Voi
che avete voluto il terreno sotto i piedi, non sarete più
capaci di volare.
Voi
che avete voluto sentire il sangue scorrere nelle vene, ne sarete
dipendenti.
Da
oggi in poi siete gli Originali, i Dannati in Terra.
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Capitolo 2 *** Contatto visivo. ***
Francesca’s
POV
Era
l’agosto del 1352.
Sentivo un caldo insopportabile sotto il
pesante e ampio vestito di mussola verde che portavo. Ed ero in
viaggio. Di
nuovo. La nostra vecchia casa in Francia era già diventata
troppo sospetta: la
gente iniziava a domandarsi perché nessuno la nostra
famiglia non invecchiasse,
perché i segni del tempo sembravano non scalfirci
minimamente.
Così eravamo tornati in Italia, la
patria nella quale eravamo caduti… in un certo senso la
nostra più intima
origine terrena.
Vedevo la campagna toscana sommergere il
panorama notturno, quasi a voler abbracciare la nostra carrozza che
correva
velocemente alla volta della città nella quale avremmo
passato gli anni
successivi.
Guardai i miei fratelli: Elijah e Niklaus.
Nonostante la loro somiglianza fisica,
erano molto diversi caratterialmente e ogni volta che io e Nik,
afflitti da
anni di solitudine, ci presentavamo al mondo come moglie e marito e non
come
fratello e sorella, vedevo nostro fratello storcere il naso. Lui
riteneva i nostri
giochi di Potere qualcosa di estremamente stupido e effimero, di certo
non
degno di essere ricordato.
Il punto è che, per quasi quattromila
anni, l’unica cosa alla quale mi ero interessata veramente
era appunto il
Potere. Non mi importava che per averlo avrei dovuto uccidere qualcuno,
scavalcare persone o usarle: mi importava solo di me stessa.
Ripensandoci, ero terribile. Ma quelli
erano gli anni con meno rimorsi, senza alcun rimpianto e nei quali
potevo
saziare la mia sete in qualsiasi modo possibile.
La
carrozza si fermò.
Qualcuno era sulla nostra stessa strada:
riuscivo a sentirne il pulsare ritmico del cuore, il sangue che
scorreva nelle
vene, il respiro quieto… E altri cavalli.
“E’ un’altra carrozza” osservai
ad
alta voce, rivolgendomi ai miei fratelli. “Sì, e
ora tocca a te… Non ci hanno
ancora visti: ti va di fare il nostro giochetto?”
domandò ammiccante Niklaus.
Io annuii e scesi dalla carrozza. Lui si stese inerme sul terreno
brullo,
mentre io già correvo verso il veicolo ancora in movimento.
“Aiuto! Aiuto!” urlai, fino a quando
qualcuno mi sentì e arrestò la carrozza. Era un
uomo con pancia prominente e il
fiato che puzzava di birra. “Signorina, voi cosa ci fate su
una strada deserta
a quest’ora della notte?” “Oh, io e mio
marito stavamo tornando verso casa,
quando dei briganti lo hanno assalito! Vi prego, aiutateci.
E’ steso lì per
terra” indicai Nik, che fingeva perfettamente di essere
morto. Non riuscivo
neanche a percepire il movimento del petto che si sarebbe dovuto alzare
e
abbassare ritmicamente.
Il signore si avvicinò a mio fratello,
cercando di sentire il battito cardiaco. Di sicuro non si aspettava che
il
morto lo agguantasse e gli perforasse il collo.
Bevemmo tutti e due, uno a sinistra e
uno a destra. Il suo sangue non era dei migliori ma di sicuro era
meglio di
niente. Elijah si rifiutò di scendere: pensava di dare
nell’occhio.
“Signor Lombardi? Cosa succede là
fuori?”
era la voce di un ragazzo dalla spiccata cadenza fiorentina.
Scappammo velocemente dietro agli
alberi, in modo che il garzone che stava scendendo non ci potesse
vedere. Mi
pulii il sangue dalle labbra con il fazzoletto da taschino di mio
fratello e
poi, coperta dall’oscurità che avevo attirato a
me, osservai silenziosamente il
garzone.
Rimasi stupita quando vidi che non era
vestito da umile ragazzo fiorentino, ma con un ampio mantello rosso e
pregiati
stivali di pelle. Aveva i capelli biondo scuro e due magnetici occhi
verdi,
vivi e accesi.
Occhi
vivi…
Ogni
tanto, mi mancava essere
propriamente viva… Soprattutto quando vedevo ragazzi pieni
di spirito proprio
come quello. Immaginai il sapore del suo sangue sulla lingua e questo
quasi
bastò a farmi saltare la copertura. “Damon! Vieni
subito fuori!” dalla carrozza
uscì un altro ragazzo ben vestito…
avrà avuto circa due anni in più di quello
con gli occhi verdi, anche se ciò che mi stupì a
quel punto non fu il mantello,
bensì il suo viso.
Era perfetto, fin troppo per un ragazzo
umano. E i suoi occhi erano di un azzurro così chiaro che
faceva quasi paura:
occhi di ghiaccio, più chiari dei miei. Mi venne voglia di
mettere le mani nei
folti capelli scuri di quel ragazzo e poi di morderlo e prosciugarlo
fino all’ultima
goccia di sangue.
“E’ ora di fare la parte dei buoni
samaritani”, mi sussurrò mentalmente Nicola.
Io annuii e piombammo al di fuori dell’oscurità.
“Bontà divina, cos’è successo
a quest’uomo?”
domandai fingendomi terrorizzata, da brava dama dell’epoca.
“E’ il nostro
cocchiere, il signor Lombardi… qualcosa lo ha
assalito” disse il ragazzo con
gli occhi verdi. “Oh, quindi non sapete come tornare a
casa?” quando pronunciai
quella frase, mi accorsi che occhi di ghiaccio mi stava fissando in
maniera
strana.
Certo, era ovvio che con il mio aspetto
attirassi l’attenzione, anche perché al tempo le
donne non avevano molto tempo
per badare alla loro immagine. Avevo capelli castani mossi come un mare
in
tempesta, occhi azzurri e un fisico che le
“ragazze” di diciott’anni - tutte
ormai maritate e con almeno due figli- non potevano neanche
fantasticare di
possedere.
Ma il modo in cui mi osservava, mi
scrutava l’anima, mi mise quasi in imbarazzo.
“Dove siete diretti?” domandò Niklaus.
“A
Firenze” rispose occhi di ghiaccio continuando a perforarmi
l’anima con lo
sguardo. “Perfetto. Vi potremmo accompagnare noi…
Ci stiamo trasferendo lì
perché nostro padre ci ha lasciato un feudo”
esclamai cercando di non
interessarmi al ragazzo che ancora mi guardava. Ma qualcosa mi spingeva
a
guardare anche lui, come se fossi stata obbligata da qualcosa con
più Potere di
me.
“Permettete di presentarci. Io sono Nicola
Sannino e questa è mia…”
“…sorella” conclusi io, dando ragione
per una volta ad
Elijah. “Il mio nome è Francesca”
strinsi la mano a tutti e due. Quando toccai
la pelle di occhi di ghiaccio, ebbi una scossa.
L’attimo durò un’eternità.
Poi mi riavvicinai a Nik, mentre loro si
presentavano. A parlare fu proprio occhi di ghiaccio. “Il mio
nome è Damon
Salvatore e questo è mio fratello, Stefan Salvatore.
E’ una vera fortuna che ci
siamo incontrati… Il nostro feudo è vicino al
nostro e stavamo tornando verso
Firenze proprio perché ve lo avremmo dovuto mostrare
l’indomani” li guardai
sorpresa. “Così giovani vi occupate degli affari
di famiglia?” “Sì” rispose
Damon. “Nostro padre vuole responsabilizzarci e ormai
è troppo stanco e vecchio
per lavorare” “Che gesto
nobile…” osservai io con una voce mista tra la
falsità
e la compassione.
“Saremmo lieti di riaccompagnarvi in
città, se solo ce lo permetterete”
esclamò Niklaus pieno di un entusiasmo
teatrale.
Damon.
Damon
Salvatore.
Mi
accorsi solo dopo qualche secondo di
averlo fissato per troppo tempo.
Mi voltai con indifferenza e feci
ondeggiare l’ampia gonna verde bosco verso la nostra
carrozza.
“Ora se ci voleste seguire…” ma era
troppo tardi, e me ne sarei accorta solo in
seguito.
Qualcosa, qualcosa nel mio cuore
millenario, nelle mie ali ormai inesistenti, scattò con quel
semplice contatto
visivo.
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Capitolo 3 *** Strani vicini. ***
Stefan’s
POV.
Presi
il diario e incominciai a scrivere,
come sempre.
Caro
diario,
siamo
nel settembre del 1352 e mi sembra tutto così
nuovo… Abbiamo dei nuovi vicini,
sai? Sono i proprietari del feudo abbandonato accanto al nostro e sono
notevolmente
strani.
Si
chiamano Nicola, Elia e Francesca e dicono di essere fratelli.
Nicola
e Francesca escono sempre insieme dal feudo, più che altro
nel tardo pomeriggio
quando il sole prende le sue sfumature più belle e il cielo
si tinge di un
rosso malinconico.
Forse
escono a quell’ora perché anche adesso che siamo
all’inizio della bassa
stagione, il sole risplende così alto nel cielo che il caldo
diviene quasi
insopportabile.
Fatto
sta che ritornano sempre a notte inoltrata, sgusciando furtivi nella
porta
d’ingresso quasi come ladri che non si devono far scoprire.
Per
quanto riguarda Elia invece, lui non si fa vedere in giro quasi mai e
penso che
l’unica volta in cui sono riuscito a scambiarvi due parole
sia stato il giorno
nel quale l’ho conosciuto, nella loro carrozza.
Francesca
è quella dei tre fratelli che mi affascina di
più, forse per il fatto che è
ancora nubile a diciotto anni e comunque seducente, con il fisico
leggiadro di
un giunco, di un grazioso fiore di campagna.
Ogni
tanto la vedo sdraiata sul prato rigoglioso del loro giardino a fissare
l’infinito del cielo, quasi volesse trapassare con uno
sguardo quelle candide
nuvole, come se avesse lasciato il suo cuore da qualche parte in mezzo
all’infinito
della volta celeste.
Vorrei
scendere e sedermi con lei, riuscire a parlarle almeno per una volta,
ma il
buon senso mi dice di starne lontano perché da donne
così attraenti e
misteriose non ci si può aspettare mai nulla di buono.
“Ancora
a scrivere quel tuo diario,
fratellino?” sobbalzai sulla sedia del mio scrittoio e mi
voltai di scatto.
“Oh, Damon… sei tu” “Chi
pensavi che
fossi… la fata dei desideri?” tirai un sospiro di
sollievo e risi di gusto. Con
mio fratello riuscivo sempre a rilassarmi a non pensare a nulla.
Era sempre stato lui il più loquace, il
più temerario e quello che trasgrediva le regole.
“Stavi
fissando lei?” disse indicando
con lo sguardo l’esile figura di Francesca che si stagliava
con il suo vestito
rosso rubino nell’erba verde del prato.
“Non è niente male vero?” mi
domandò. Sospirai.
“E’ piuttosto strana…”
“Misteriosa,
intrigante, sensuale… Sì, se è questo
che intendi per strana” sorrisi a mio
fratello alzandomi dallo scrittoio.
“Non mi fido di loro” sussurrai
all’orecchio
di Damon. “Neanche io” rispose serio. “Li
hai visti uscire di notte?” mio
fratello annuì con un gesto repentino del capo.
“Penso che dovremmo parlare con loro”
disse poi a sorpresa. “Che cosa?! No, stai
impazzendo… Quelle persone hanno
qualcosa che non va.
Qualcosa di davvero spaventoso” ma lui stava già
scendendo le scale, pronto ad
avviarsi nel giardino dei Sannino.
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Capitolo 4 *** Questo strano pazzo incontro. ***
Francesca’s
POV
Le
nuvole di settembre attenuavano il
cielo che era di un azzurro da far male.
L’erba bagnata mi solleticava le
caviglie e l’aria fresca, il vento, lambivano la mia pelle.
Chiusi gli occhi per un momento,
cercando di assaporare al meglio quel momento, un momento
così perfetto e umano da
sembrare quasi irreale.
Era
questo che desideravo prima della caduta?
mi domandai scoraggiata dalla
mia stupida mente che mi aveva subito riportata alla realtà.
Sì,
lo desideravo. Stavo
per alzarmi quando una voce giunse alle mie orecchie.
“Tranquilla, puoi anche rimanere
sdraiata” mi voltai e vidi Damon Salvatore che mi osservava
dall’alto, a
braccia conserte.
“Damon…” “Cosa
c’è, speravi di vedere
qualcun altro?” “In realtà stavo per
andarmene” dissi alzandomi e guardandolo
dritto in quegli occhi così azzurri da rispecchiare il
cielo.
“E non resteresti un po’ con me?”
“Uhm…
Non ho tempo da perdere con i ragazzini” lui rise divertito,
ma sapevo
benissimo che era in imbarazzo perché le sue gote si tinsero
impercettibilmente
di rosso.
“Io, un ragazzino?” “Sì, come
tuo fratello
del resto… quanti anni hai? Sedici?” lui
sembrò irritato. “Raggiungerò la
maggiore età a novembre dell’anno
prossimo” “Grande traguardo… ma
guardati, sei
ancora un bambinetto” mi alzai ed iniziai ad incamminarmi
verso casa.
“Cosa intendi dire scusa? Io non sono un
bambino!” “E dovrei crederti mentre usi questo tono
di voce lamentoso?” “Dai,
Francesca… Se fossi davvero un bambino non ti sarei venuto a
cercare” risi. “E
perché, di grazia?” “Beh…
tutti i bambini sanno che non bisogna avvicinarsi
alle streghe” mi voltai
immediatamente verso di lui, divertita più che offesa.
“Ma esistono anche i bambini incoscienti”
i nostri nasi quasi si toccavano. “... molto
incoscienti” sussurrai
imbambolata, persa nei suoi occhi che tanto mi ricordavano il posto dal
quale
ero stata cacciata.
Poi però lo guardai di nuovo,
interamente.
Un ragazzino, ben lungi dal diventare un
uomo, con ginocchia ossute e il viso rotondo che segna i bambini fino a
quando
non diventano grandi.
Mi scansai velocemente, evitandolo.
“I bambini non devono giocare con i
mostri. Mai” iniziai a
correre verso
la porta, disgustata da ciò che stavo per fare:
l’avrei baciato, gli avrei
sussurrato parole dolci nell’orecchio e l’avrei
portato in un posto appartato
per prosciugare il suo corpo di tutto il sangue del quale era a
disposizione.
“Perché guardi sempre il cielo?” mi
domandò lui, senza muovere un passo.
Mi
voltai, incrociando ancora una volta
il suo sguardo.
“Molte persone che amo sono lassù”
“Oh…
tu credi in Dio?” domandò stupito.
Non sapevo come rispondergli, mi ero
infilata in una situazione senza vie d’uscita.
Mi buttai sul prato verde e lui fece lo
stesso, sedendosi accanto a me.
“Sì.
Sì, ci credo” lui scosse il capo.
“Io no. Affatto… Insomma, non nel Dio di
cui tutti tessono le lodi” “Cosa
intendi?” “Mia madre è morta quando io e
Stefan eravamo ancora bambini. Era una donna fantastica, unica. Mi
manca ancora”
lo guardai perplessa.
Stava rivelando proprio a me un lato
nascosto della sua personalità, il suo lato debole. E non lo
stavo neanche
soggiogando per farlo.
“Mi dispiace, Damon…” cercai di posare
la mia mano sulla sua, ma lui la scansò.
“No, non voglio la tua pietà. Sto solo
cercando di spiegarti perché non credo in Dio. Mia madre non
meritava di
morire, non aveva fatto niente di male…” la sua
voce era debole.
“Quindi se esiste un dio lassù… Deve
essere certamente un dio molto crudele, terribile” rimasi
colpita da quelle
parole dal tono aspro.
“Sai una cosa? Hai proprio ragione…” lo
guardai e sorrisi. Non era così infantile, dopotutto.
Sorrise di rimando ed iniziò a guardare
il cielo.
“Francesca, ti devo chiedere una cosa”
“Che
cosa?” “Tu sai qualcosa delle aggressioni avvenute
negli ultimi tempi?” “Io?
No, non ne so niente” dissi preoccupata.
Ma non me la sentivo di soggiogarlo,
così rimanemmo lì, a parlare.
E parlammo a settembre, a ottobre, a
novembre, e tutti i giorni dei mesi che seguirono.
E parlai anche tanto con suo fratello Stefan,
così dolce e sensibile, comprensivo e torturato…
E, volente o nolente, seppi che niente
sarebbe mai stato come prima.
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Capitolo 5 *** Allontanarsi. ***
Francesca’s
POV
Maggio
1352.
Corsi in direzione del feudo dei
fratelli Salvatore, entusiasta del fatto che i miei fratelli quel
giorno
fossero andati fuori città per affari.
Saremmo potuti andare tutti e tre al
lago, oppure avremmo potuto passeggiare lungo le strade di Firenze,
ridendo e
scherzando come se tutto fosse stato normale.
Mi insinuai nella porta aperta per far
loro uno scherzo e balzare fuori quando sarebbero scesi giù
dalle scale.
E fu quello il momento nel quale odiai
di più essere un vampiro.
Senza volerlo, riuscii a captare una
loro conversazione da dove mi ero appostata.
“… quando pensi di dirlo a Francesca?”
era la voce di Stefan. “Fratellino, stai
tranquillo… C’è ancora tempo”
“Tempo?
E’ domani, Damon. Domani!” “Stefan, non
glielo posso dire così… su due piedi”
la voce di Damon in quel periodo era cambiata, si era fatta un
po’ graffiante,
primo sintomo della comunissima crescita adolescenziale di ogni essere
umano.
Corsi su per le scale come un fulmine.
“Cos’è che mi dovresti dire,
Damon?”
domandai contrariata.
Stefan sembrò soddisfatto. “Quando si
parla di destino…”
“Francesca,
facciamo due passi?” mi domandò circospetto lui.
“D’accordo” risposi preoccupata.
Damon mi prese per il polso e mi
condusse giù per le scale velocemente. Uscimmo
all’aperto e iniziammo a
camminare, senza proferire parola.
“Mio padre mi sta costringendo a fare
una cosa che non vorrei mai fare…” “Che
cosa?” “Devo partire, Francesca” il
gelo avvolse in un attimo l’atmosfera intorno a noi.
“Cosa?” “Sì, devo andare in un
campo di
addestramento dove mi insegneranno ad essere un bravo soldato, un uomo
d’onore
e soprattutto un signore”
sussultai. “Per
quanto tempo?” “All’incirca un
anno… dipende da me. Lo so, un anno è davvero
un’eternità. Ma
non voglio che tu ti scordi
di me, di tutto quello che abbiamo passato insieme, delle risate, dei
pianti e
dei pomeriggi sdraiati sul prato sotto la tua camera. Il fatto
è che mio padre
inizia a preoccuparsi del fatto che io non diventerò mai un uomo e beh… forse
è vero” lo zittii
posando un dito freddo sulle sue labbra.
“Tu sei già un uomo. E io saprò
aspettarti” fu proprio in quel momento che scattò
qualcosa, nel mio cuore si
mosse un sentimento inaspettato, che mi spinse verso di lui e spinse
lui verso
di me.
E le nostre labbra si incontrarono e
tutto scoppiò come fosse stato un fuoco
d’artificio.
Ci baciammo con trasporto, non so
esattamente per quanto tempo.
Sto
baciando Damon, sto baciando un umano. Perché? mi
domandai in
quel momento.
“Promettimi che non ti dimenticherai di
me” mi sussurrò all’orecchio. Erano
ridicole quelle parole dette da un
ragazzino, ma Damon, Damon Salvatore, stava cambiando e finalmente,
dopo tutti
i mesi in cui avevamo passato momenti felici, si stava decidendo a
crescere.
“Sei tu che non devi dimenticarti…
Potresti incontrare, beh, qualcuno mentre sei via” lui rise.
“Improbabile…”
“Perché?”
“I miei occhi sono già pieni di te”
“E per quanto lo saranno?” “Per
sempre…” “E’
un tempo molto lungo, non trovi?” “Sono disposto ad
affrontarlo. Per te” lo
abbracciai soffocando le lacrime e così fece anche lui.
“Quando tornerai promettimi che non sarai
più il solito Damon piagnucolone” dissi ridendo
mentre l’eyeliner mi colava
dagli occhi.
“Non ti accorgerai nemmeno che me ne
sono andato, tornerò prima che tu possa dire arrivederci”
e in breve tempo sparì dalla mia vista offuscata dalle
lacrime.
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Capitolo 6 *** Ritorno. ***
Francesca’s
POV
Guardavo
la mia immagine riflessa nel
sontuoso specchio della casa.
Ero sempre perfetta nei miei permanenti
diciotto anni.
Erano passati più di due anni, ma l’attesa
era finita. O quasi. Damon sarebbe tornato il mese dopo, ma non sapevo
cosa
aspettarmi. Era cambiato? Non mi voleva più? Volteggiai
dentro il mio abito
rosso fuoco, con tanto di corpetto ricamato. Quel giorno sarei andata a
pranzo
insieme ad Elijah e Klaus a casa dei Salvatore. Avevo passato molto
tempo lì
durante gli ultimi anni. Stefan era l’unico che, ogni tanto,
mi faceva
sorridere.
Io avevo diciott’anni, lui sedici ma
mentalmente era più grande… Sembrava che fosse
nato adulto. Tra di
noi si era instaurata una bella
amicizia e ci eravamo convinti ad andare avanti l’uno con
l’aiuto dell’altra.
Strinsi il nastro del mio vestito ed ero pronta.
Qualcuno bussò alla porta.
Io aprii e mi trovai davanti a Stefan,
che aveva un sorriso smagliante. “Ehi!” mi
salutò con un cenno del capo ed
entrò trotterellando nella camera. Era cresciuto molto negli
ultimi tempi e
sfiorava il metro e ottantacinque. Aveva messo su delle spalle larghe e
in
confronto a me sembrava un grandissimo armadio.
“Ti
va di parlare un po’?” domandò.
Io annuii e ci sedemmo sulle due
poltrone della camera. “Mi manca
tantissimo…” dissi abbassando il capo. Le
lacrime stavano affiorando lentamente. “Magari si
è scordato di me e tornerà
con una stupida sgualdrina” “No. Lui non si
scorderebbe mai di te” Stefan
sembrava risoluto. “Oh, cosa ne puoi sapere… Le
persone si dimenticano
facilmente. Non mi sorprenderei se non volesse più
tornare” sussultai. “Non
lasciarti andare proprio adesso… Manca poco più
di un mese. E poi oggi ci
divertiremo” sorrise dandomi una gomitata scherzosa.
Sì, ultimamente mi ero
sciolta con lui e mi comportavo proprio come una bambina in cerca di
divertimento: andavamo in giro per le campagne, sorridevamo e ci
sporcavamo di
terra, cercando passaggi segreti e posti da sogno.
Cercai di non annientare la sua
felicità. Ma le persone cambiano durante due anni di
assenza. Cambiano e magari
non in meglio. “Ti voglio bene… So che anche a te
è mancato Damon” gli misi una
mano sulla spalla e lui sembrò apprezzare il gesto. Nella
stanza irruppe
Giacomo, il maggiordomo che sussurrò qualcosa
all’orecchio del mio amico. I
suoi occhi verdi si fecero grandi e brillanti.
“Ci vediamo più tardi, Francesca” detto
ciò corse verso l’uscita con una foga che non
avevo mai visto in lui. Non feci
in tempo a chiedere cosa stesse succedendo perché era
già lontano e il mio
vestito impediva i movimenti. Sbuffai.
“Bravo, bel modo di abbandonare una tua
amica!” gli urlai di rimando.
“Scuuusaaa!” mi sentii rispondere.
Lasciai passare un’ora, un’ora e mezza,
quasi due.
Mancava poco all’ora di pranzo ed io non
ero ancora uscita di casa. Decisi di fare una passeggiata nel giardino,
dato
che mi stavo annoiando a morte. Uscii dalla villa e mi diressi verso lo
stagno,
quello percorso da un incantevole ponte che portava con sé
mille ricordi. Al di
là del ponte c’era il giardino dei Salvatore, dove
avevo corso tante volte.
Okay, il vestito che indossavo non era esattamente da passeggio ma mi
potevo
adeguare. Il corpetto era troppo stretto e le scarpette facevano un
male
tremendo. L’erba del prato, durante quel marzo del 1354 era
d’un verde simile
agli smeraldi e le rose rosse crescevano nelle siepi. Mi avvicinai per
sentire
il loro profumo quando udii delle voci concitate dall’altra
parte del laghetto.
Andai
in quella direzione, soffermandomi
all’inizio del ponte. “E’ un gioco che
loro chiamano calcio” qualcuno stava
parlando con Alessandro. “Ma questa palla non è
buona per essere calciata…” si
lamentava il mio amico. “Prova!” a parlare era un
uomo dai folti capelli neri,
vestito di tutto punto. Era alto circa come Stefan e…
“Ehi!” esclamò il mio
amico. Si voltarono entrambi verso di me. Quel ragazzo…
Quell’uomo, più che
altro… Chi poteva essere? Anche lui sembrava perplesso
quanto me. Poi, i nostri
sguardi si incrociarono.
Occhi azzurri e profondi.
Era
lui.
Era lui, lui, lui.
Il respiro si mozzò sul colpo e per un
istante che parve interminabile tutto fu avvolto da una calma
inverosimile. “Francesca…”
sussurrò lui. “Damon” ribattei io. Mossi
il primo passo, lui il secondo e in
meno di un attimo ci trovammo avvinti in un abbraccio. Non avevo
immaginato che
quel momento sarebbe stato così… commovente.
I miei occhi si fecero umidi e
sprofondai nell’incavo della sua spalla. Anche lui si
commosse, ma non pianse.
“Come fai a non piangere?” gli domandai tra le
lacrime. “Ti avevo promesso che
non sarei più stato il Dan fifone. Mantengo le mie promesse
nei confronti di
una persona importante” e mi strinse ancor di più
nel suo forte abbraccio.
Stavo scomparendo tra quelle braccia
muscolose e inaspettatamente mi ritrovai a volerlo baciare. No, lo
volevo
tempestare di baci. Volevo affondare le mani in quei capelli neri come
la notte
e perdermi negli occhi azzurri di un tempo. Mi vergognai anche solo di
averlo
pensato. Di sicuro lui non provava più lo stesso per
me… L’abbraccio si sciolse
lentamente.
Solo
a quel punto mi accorsi quanto
fosse grande, con dei tratti… adulti. Mi sembrava quasi
impossibile che fosse
lo stesso ragazzino singhiozzante, spaventato ed inesperto che avevo
salutato
con un bacio due anni prima. “Non sei più il
bambino paffuto eh?” gli domandai
sorridendo. “E tu sei bella, bellissima
come
sempre” ribatté.
E in quel momento mi prese per i
fianchi, sollevandomi in aria e facendomi volteggiare come una
farfalla, come
un angelo.
Non lo aveva mai fatto, non era mai
stato abbastanza forte per riuscirci e non mi aveva mai guardato con un
viso
così dolce, pacato e pieno di aspettative.
Sembrava un nuovo Damon, tutto da
scoprire, con il quale passare altrettanti pomeriggi insieme.
Era un uomo. Davvero.
Mi sentii così umana, così felice che
per un attimo non mi accorsi che i miei fratelli erano dietro di noi.
“Damon…
sei tornato!” disse acido mio
fratello Klaus.
|
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Capitolo 7 *** Familiari. ***
Francesca’s
POV
“Nicola?
Oh, siete qui!” esclamai
cercando di nascondere la paura di un qualsiasi giudizio di mio
fratello. “Sì,
è ora di pranzo giusto?” domandò Elijah
spaesato.
“Nicola, Elia! Quanto tempo…” Damon
andò
verso di loro con un mezzo sorriso stampato sulle labbra. Non mi
convinceva
quella sua espressione, non mi convinceva niente di quei suoi gesti
gentili nei
confronti dei miei familiari.
“Damon?” ma si era già lanciato in
un’allegra
chiacchierata con Klaus che era evidentemente disinteressato al suo
soggiorno
in quel campo di addestramento, ma curioso del suo cambiamento.
Sono
umani, Klaus. Loro crescono: diventano adulti, gli
dissi
mentalmente.
C’è
qualcosa che non mi convince… mi
rispose di rimando Elijah che stava
ascoltando la nostra conversazione mentale.
Damon
è mio amico, dissi
io cercando di giustificarlo.
Gli
umani non si innamorano dei mostri della notte, sibilò
nella mia
mente Klaus.
Un colpo all’anima.
Klaus era pur sempre mio fratello,
pensavo fosse felice nel momento in cui lo ero anch’io, ma mi
accorsi presto
che non sarebbe più stato così.
Io e Niklaus eravamo cresciuti insieme
sia come angeli che come vampiri e ci eravamo sempre sostenuti nelle
nostre
scelte, giuste o sbagliate che fossero.
Ma eravamo importanti l’uno per l’altra,
forse proprio perché alla fine siamo sempre stati
così simili da bastarci a
vicenda.
“Nostro padre ci sta aspettando per il
pranzo, vogliamo entrare?” domandò Stefan,
spaesato in mezzo a tutta quella
gente più grande di lui.
Gli misi una mano sulla spalla per
tranquillizzarlo.
“Ehi, non siamo mostri. Non ti
preoccupare” in un momento mi accorsi che Klaus era dietro di
me. “Parla per te
sorellina” per un secondo impallidii, spaventata dal fatto
che mio fratello
potesse fare una mossa decisamente troppo
azzardata.
“… quando sono affamato non tengo conto
di nessuno” finì la frase sorridendo.
Tirai un sospiro di sollievo.
“Andiamo, Francesca! Quante cose mi devi
raccontare…” Damon mi prese per il polso e mi
trascinò avanti, verso la loro
casa.
Damon?
Sei sempre tu, o quello che prima mi ha abbracciata era uno sconosciuto?
Ho sempre adorato il salone da pranzo
dei Salvatore: così spazioso, pieno di luce proveniente
dalle maestose vetrate
istoriate.
Ci
venne incontro il signor Salvatore in
persona.
“Non sa ancora che sono tornato… è una
sorpresa” mi sussurrò all’orecchio
Damon.
“Francesca! Che piacere” Giuseppe
Salvatore era invecchiato molto nell’ultimo periodo e si
sorreggeva ad un bastone
di legno con il pomo dorato. Il viso era segnato dal tempo e dagli
sforzi di
tutti i giorni.
“Finalmente ci torni a trovare… E chi è
il giovane che ti accompagna? Hai per caso deciso di prendere
marito?” domandò
stupito.
Osservai
Damon che sembrava più che
altro divertito dalle affermazioni del padre, poi notai che mi stava
tenendo
sottobraccio come un vero gentiluomo.
“Signor Salvatore, in
realtà…” “Che bel
giovane, è davvero un peccato che oggi sia presente solo uno
dei miei due
figli. Oh, del resto Damon tornerà nel giro di poche
settimane!” soffocai a
stento le risate, ma poi scoppiai.
“Cosa c’è da ridere,
Francesca?” io lo
guardai, poi guardai Damon.
“Davvero non riconosce quest’uomo,
Signor Salvatore?” si avvicinò di più
socchiudendo gli occhi per cercare di
vedere meglio e poi li spalancò.
“O Santissimo!” si mise una mano sulla
fronte. “Damon? Sei proprio tu?”
“Già, papà”
i due scoppiarono a ridere e si abbracciarono.
“Non ci posso credere!” disse Giuseppe.
“A
cosa? Al fatto che sia cresciuto? Beh, ce n’è
voluto di tempo!” “No, non riesco
a credere al fatto che tu sia tornato a casa senza nemmeno avvisare con
una
settimana d’anticipo!” “Oh…
volevo fare una sorpresa!” il signor Salvatore mise
una mano sulla spalla di Damon.
“Sono
contento che tu sia tornato,
figliolo…” lui si voltò verso di me,
trapassandomi con lo sguardo. “Anche io
sono contento. Del resto, dovevo mantenere una promessa”.
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Capitolo 8 *** Sete. ***
Francesca’s
POV.
Ero
seduta sull’erba del giardino, come
ai vecchi tempi.
“C’è così tanto che ti devo
raccontare…
Che mi devi raccontare”
sussurrò
Damon ad un certo punto.
“Mi sei mancato” risposi io. “Questo
è
il riassunto dei due anni in cui sei stato assente” lui rise.
“Dai, è
impossibile… Una volta parlavamo così
tanto!” si avvicinò di più a me.
Sentii il suo respiro sul collo.
“Cosa ti è successo, Francesca?” mi
domandò. “Io sono sempre la stessa… E
tu?” lui mi guardò. Intensamente.
“Ho capito che due anni fa ero
inesperto, incapace, inutile… E ti capirei se mi avessi
considerato per tutto
quel tempo un bambino immaturo” sospirai e volsi il viso
verso il suo.
“Non ti ho mai considerato un bambino…
solo un po’. Ma cosa ti hanno insegnato
lì?” “Oh…” disse
lui pensieroso.
“Mi hanno insegnato…” in un attimo fu
sopra di me, sorridendo. “Che una donna va trattata con
gentilezza, va
accarezzata con tenerezza” sentii la sua mano leggera sul mio
viso pallido e
freddo.
“E bisogna prenderla tra le proprie
braccia dolcemente, come se fosse ciò che di più
prezioso hai in tutta la tua
vita” fece passare il suo braccio sulla mia schiena,
sollevandomi come se
niente fosse e facendomi sedere sulle sue gambe.
Damon…
“E
poi la stringi forte al petto,
facendole sentire i battiti del tuo cuore che sembra stia per prendere
il volo…”
mi circondò con le sue braccia e mi fece appoggiare al suo
petto marmoreo.
Tu-tum-tu-tum.
Oh,
gli avrei voluto dire che sentivo il
suo cuore anche con poco sforzo, che riuscivo a percepire il sangue che
gli
scorreva voluttuoso nelle vene, rosso fuoco, denso…
No,
non pensarci, mi
dissi.
“E lei ti guarda…” i nostri sguardi si
incrociarono: due paia di occhi azzurri.
“E capisci che è la donna che,
nonostante tutto, hai sempre amato”
rimasi immobile.
“E la amerai per sempre… Qualunque
cosa sia” prima che io potessi
controbattere, prima che potessi domandarmi se Damon sapesse qualcosa
di
troppo, mi strinse forte e mi baciò con trasporto, con
passione.
E io ricambiai, inaspettatamente.
“Anche io ti amo” gli dissi tra un bacio
e l’altro.
Mi avvicinai involontariamente al suo
collo e il sangue mi arrivò alla testa: avevo sete.
Avevo sete di Damon.
Volevo assaporarlo, scambiare il mio
sangue con lui e averlo per sempre accanto.
I miei canini stavano per affondare nel
suo collo, ma ero ancora abbastanza lucida per capire quanto fosse
immorale e
crudele l’azione che stavo per compiere.
Damon si meritava una vita, una vita vera.
“Ti sento” disse lui d’un tratto.
“FallFrancesca’s POV. Ero seduta
sull’erba del giardino, come ai vecchi tempi.
“C’è così tanto che ti devo
raccontare… Che mi devi raccontare”
sussurrò Damon ad un certo punto. “Mi sei
mancato” risposi io. “Questo è il
riassunto dei due anni in cui sei stato assente” lui rise.
“Dai, è impossibile… Una volta
parlavamo così tanto!” si avvicinò di
più a me. Sentii il suo respiro sul collo. “Cosa
ti è successo, Francesca?” mi domandò.
“Io sono sempre la stessa… E tu?” lui mi
guardò. Intensamente. “Ho capito che due anni fa
ero inesperto, incapace, inutile… E ti capirei se mi avessi
considerato per tutto quel tempo un bambino immaturo”
sospirai e volsi il viso verso il suo. “Non ti ho mai
considerato un bambino… solo un po’. Ma cosa ti
hanno insegnato lì?”
“Oh…” disse lui pensieroso.
“Mi hanno insegnato…” in un attimo fu
sopra di me, sorridendo. “Che una donna va trattata con
gentilezza, va accarezzata con tenerezza” sentii la sua mano
leggera sul mio viso pallido e freddo. “E bisogna prenderla
tra le proprie braccia dolcemente, come se fosse ciò che di
più prezioso hai in tutta la tua vita” fece
passare il suo braccio sulla mia schiena, sollevandomi come se niente
fosse e facendomi sedere sulle sue gambe. Damon…
“E poi la stringi forte al petto, facendole sentire i battiti
del tuo cuore che sembra stia per prendere il
volo…” mi circondò con le sue braccia e
mi fece appoggiare al suo petto marmoreo. Tu-tum-tu-tum. Oh, gli avrei
voluto dire che sentivo il suo cuore anche con poco sforzo, che
riuscivo a percepire il sangue che gli scorreva voluttuoso nelle vene,
rosso fuoco, denso… No, non pensarci, mi dissi. “E
lei ti guarda…” i nostri sguardi si incrociarono:
due paia di occhi azzurri. “E capisci che è la
donna che, nonostante tutto, hai sempre amato” rimasi
immobile. “E la amerai per sempre… Qualunque cosa
sia” prima che io potessi controbattere, prima che potessi
domandarmi se Damon sapesse qualcosa di troppo, mi strinse forte e mi
baciò con trasporto, con passione. E io ricambiai,
inaspettatamente. “Anche io ti amo” gli dissi tra
un bacio e l’altro. Mi avvicinai involontariamente al suo
collo e il sangue mi arrivò alla testa: avevo sete. Avevo
sete di Damon. Volevo assaporarlo, scambiare il mio sangue con lui e
averlo per sempre accanto. I miei canini stavano per affondare nel suo
collo, ma ero ancora abbastanza lucida per capire quanto fosse immorale
e crudele l’azione che stavo per compiere. Damon si meritava
una vita, una vita vera. “Ti sento” disse lui
d’un tratto. “Fallo, non ti
fermerò” ansimò quasi spaventato ma con
una decisione ferrea. “NO!” urlai io appena in
tempo, ritraendomi con gli occhi ancora venati di rosso, i canini
affilati, mostrandomi alla persona che amavo nella mia spaventosa
natura. “Scusa…” sussurrai piangendo. E
in un attimo in quel giardino di me era rimasto solo il vento che avevo
sollevato scappando. Corsi nei boschi, con le mandibole infuocate e i
denti che mi facevano male.
Cosa stavo per fare? Ero davvero un mostro così tremendo?
Perché Damon sapeva tutto? Perché? Poi sentii
delle voci, voci provenienti dal folto della foresta. Battiti pulsanti
di cuori vivi. Mi diressi lì, assetata. Erano un ragazzo e
una ragazza: si stavano baciando mentre discutevano su quanto la loro
storia fosse impossibile e immorale perché lui era un
contadino e lei una nobile. “Pensate davvero che la vostra
storia sia così impossibile? Aspettate di conoscere la
mia” sibilai appoggiandomi a un albero con la testa che stava
per scoppiare. “Scusa, ma tu chi sei?” iniziai a
piangere, senza volerlo. “Un mostro!” urlai in quel
momento avventandomi sui due innamorati. Li assaporai fino
all’ultima goccia di sangue, sentendo il liquido denso e
scuro che scendeva giù per la mia gola, che mi dava ristoro.
“Stupido amore…” sussultai poi
sdraiandomi vicino ai cadaveri. “Ricordatevelo… Io
sono un mostro. Avete capito? E gli umani non possono innamorarsi dei
mostri!” urlai chiudendo gli occhi. “Francesca?
Oddio, Francesca sei tu?” la voce di Stefan, non so quanto
tempo dopo, mi riportò al mondo dal quale cercavo di
scappare. Al mondo nel quale il mio passato, il mio presente, il mio
futuro e persino la mia bocca in quel momento, erano tinti di rosso. o,
non ti fermerò”
ansimò quasi
spaventato ma con una decisione ferrea.
“NO!” urlai io appena in tempo,
ritraendomi con gli occhi ancora venati di rosso, i canini affilati,
mostrandomi alla persona che amavo nella mia spaventosa natura.
“Scusa…” sussurrai piangendo.
E in un attimo in quel giardino di me
era rimasto solo il vento che avevo sollevato scappando.
Corsi nei boschi, con le mandibole
infuocate e i denti che mi facevano male.
Cosa stavo per fare?
Ero davvero un mostro così tremendo?
Perché Damon sapeva tutto? Perché?
Poi sentii delle voci, voci provenienti
dal folto della foresta. Battiti pulsanti di cuori vivi. Mi diressi
lì,
assetata.
Erano un ragazzo e una ragazza: si stavano
baciando mentre discutevano su quanto la loro storia fosse impossibile
e
immorale perché lui era un contadino e lei una nobile.
“Pensate davvero che la vostra storia
sia così impossibile? Aspettate di conoscere la
mia” sibilai appoggiandomi a un
albero con la testa che stava per scoppiare.
“Scusa, ma tu chi sei?” iniziai a
piangere, senza volerlo.
“Un mostro!” urlai in quel momento
avventandomi sui due innamorati.
Li assaporai fino all’ultima goccia di
sangue, sentendo il liquido denso e scuro che scendeva giù
per la mia gola, che
mi dava ristoro.
“Stupido amore…” sussultai poi
sdraiandomi vicino ai cadaveri.
“Ricordatevelo… Io sono un mostro. Avete
capito? E gli umani non possono innamorarsi dei mostri!”
urlai chiudendo gli
occhi.
“Francesca? Oddio, Francesca sei tu?” la
voce di Stefan, non so quanto tempo dopo, mi riportò al
mondo dal quale cercavo
di scappare. Al mondo nel quale il mio passato, il mio presente, il mio
futuro
e persino la mia bocca in quel momento, erano tinti di rosso.
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Capitolo 9 *** Verità. ***
Stefan’s
POV
La
vidi sdraiata accanto a due cadaveri,
sporca di sangue che non era suo.
Parlava da sola, piangeva, sussurrava
sommessamente il nome di mio fratello quasi fosse stato un mantra, una
silenziosa preghiera.
“Francesca?” domandai con la voce rotta.
Lei alzò il busto, si guardò intorno,
esaminò i cadaveri e poi incrociò il mio sguardo.
Diventò improvvisamente ancor più pallida
di quello che già era.
“Oddio, Stefan!” deglutì mentre
osservava il mio viso che doveva esprimere terrore allo stato puro.
Ma io non avevo così tanta paura, e
questo ancora non me lo spiego.
Mi trovavo davanti ad un essere
spaventoso, ma allo stesso tempo di fronte a me, terrorizzata,
c’era la mia
migliore amica, quella con cui avevo condiviso di più in
assoluto.
“Stefan…” sussultò. E in un
momento
scoppiò a piangere, tenendosi la testa tra le mani.
Mi fece così pena, così tanta
tenerezza…
Una parte di me continuava a dire: scappa
o ti ucciderà, scappa finché sei in tempo.
Allora perché non riuscivo a vederla in
modo diverso da come l’avevo vista per quasi tre anni? Una
ragazza fragile,
distrutta da chissà quale dolore, misteriosa come sempre.
Poi alzò gli occhi azzurri verso di me.
Muoveva le labbra ma non riusciva a
emettere suono.
“Salvami”
sussultò infine.
Mi precipitai da lei, senza pensarci e
la strinsi forte.
Cosa stavo facendo? Non lo so neanche
io.
“Sono un mostro vero? Dimmi la verità”
mi inzuppò di lacrime e sangue la camicia.
“Tu sei Francesca” risposi io.
“Sai quanti anni ho Stefan?” mi domandò
lei. “No, ma non importa… Io e Damon ti vogliamo
bene comunque” perché il nome Francesca
e le parole vampiro, mostro, mietitore
di anime mi
sembravano così stonate, così impossibili nella
stessa frase?
“Sei la mia migliore amica, e questo lo
sai” “Ma la mia vita, tutto quello che ho finto di
essere… E’ tutto una
menzogna! Mi sento così stupida ad aver solo pensato di
poter vivere. Io sono
condannata!” la guardai.
Non c’era ombra di malvagità nei suoi
occhi, ma non c’era neanche un misero lieto fine.
“Da chi?” “E’ una lunga
storia…Iniziata
circa quattromila anni fa” “Come scusa?”
“Sì, hai capito” borbottò
lei.
“Dai, siediti e parliamo” le sussurrai
cercando di tranquillizzarla.
Presi il mio fazzoletto da taschino e le
pulii le labbra sporche di sangue.
“Promettimi che non mi odierai” “Lo
prometto”.
Due ore dopo, stavamo ancora parlando.
“Così… tu sei un vampiro?”
“Già” “E sono
vampiri anche Elia e Nicola” “Niklaus ed Elijah,
veramente… Ma non dovrei dirti
tutte queste cose” le presi la mano.
“Ehi… ti puoi fidare di me, questo lo sai
no?” lei annuì asciugandosi le lacrime.
“Il punto è che non riesco ancora a
capire come Damon abbia scoperto tutto…”
“Questi due anni sono avvolti nel
mistero… Non sappiamo cosa sia successo, cosa abbia scoperto
del mondo in quel
campo di addestramento ma di una cosa sono certo…”
“Quale?” sospirai.
“Mio
fratello ti ama. Immensamente”
lei mi guardò come se
venissi da un’altra dimensione.
“Cambierà idea… Gli umani non si
possono
innamorare dei mostri” “Tu non sei un
mostro… E se lo ami almeno un po’… vai
da
lui” lei scoppiò di nuovo a piangere.
“Non posso!” “Sì che
puoi… Ascolta, io
mi fido di te. Ti capisco e non so come farei a vivere
un’eternità vincolato al
sangue di persone innocenti, ma so che non è colpa
tua” silenzio. “Riesci ad
alzarti” le porsi la mano.
“Sì, non sono stupida” in meno di una
frazione di secondo la trovai in piedi davanti a me.
“Sorprendente…” “Non
così tanto”.
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Capitolo 10 *** Nessun Lieto Fine. ***
Francesca’s
POV
Correvo.
Dovevo arrivare da lui prima che fosse
troppo tardi. Non lo potevo perdere, non potevo permettermi di
lasciarlo
andare. E sarei stata disposta a tutto pur di dirgli che sì,
lo amavo.
“Francesca” ero arrivata al feudo dei
Salvatore quando mio fratello Klaus mi chiamò.
“Sì?” “Dobbiamo
partire” lo guardai di
traverso.
“Che cosa?” “Sì, hanno
avvistato
Katerina Petrova, la doppleganger, in Bulgaria. Dobbiamo raggiungerla
immediatamente, prima che scappi di nuovo” “No, io
non posso. Qui c’è Damon e…”
“Lui non conta niente! Viene la famiglia prima
dell’amore!” ruggì Klaus con
tono autoritario.
“Siamo insieme in tutto questo e non
puoi permetterti di voltarmi le spalle!” urlò poi.
“Non ti sto voltando le
spalle… Mi sono solo innamorata e vorrei che tu accettassi
questo mio
sentimento” “Non accetterò mai la vostra
relazione!” lo guardai a lungo ma in
realtà avevo già deciso cosa fare.
“Addio, Niklaus” mi voltai e corsi in
direzione del castello dei Salvatore.
Salii
le scale in un secondo.
Sentivo il respiro di Damon oltre quella
porta, dovevo raggiungerlo…
“Damon!” era seduto sul suo letto e
quando mi vide spalancò gli occhi.
“Francesca!” mi corse incontro e mi
baciò.
“Ora ho capito. Ho capito tutto. Ti amo,
Damon e troveremo un modo per stare insieme”
“Francesca… Non importa quello che
sei, non mi importa se bevi sangue invece che vino. Non mi importa
niente!
Voglio solo il tuo amore” “Quando hai scoperto la
mia natura?” gli domandai. “E’
stato Klaus: lui non voleva che io ti accettassi, voleva
allontanarci” piansi.
“Cosa c’è?”
“Niente… Niklaus era mio
fratello. Adesso non è più nulla”
risposi secca.
“Ti amo così tanto…”
sussurrai poi
sbottonandogli la camica, cercando di godere appieno del sapore dei
suoi baci.
E in men che non si dica ci ritrovammo a
fare l’amore.
Ero così felice che nient’altro contava.
“Ti prego, bevi da me… Assapora la mia
anima” disse lui d’un tratto. Non esitai ad
affondare i canini nel suo collo
candido.
Il suo sangue era ambrosia.
Il più dolce miele ma il più potente
veleno.
E in un attimo mi sentii mancare mentre
una voce rimbombava nella mia testa più forte della sete,
dell’amore, di tutto.
Se
un Dannato in Terra cade in amore,
non
si rialzerà mai più.
Se
beve dal collo dell’amato umano
è
destinato a morire.
Le
mie membra si raffreddavano.
Cercai di chiamare aiuto ma sentii solo
la voce preoccupata di Damon in lontananza. E vidi i suoi occhi
azzurri,
intrisi di lacrime, per un’ultima, fatale volta.
“Non dimenticarti di me…” sussurrai
mentre lui chiamava disperatamente il fratello.
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Capitolo 11 *** Dimentica! ***
Damon’s
POV
“Cosa
le hai fatto, fratello?” domandò
Stefan in preda al panico.
“Lei ha bevuto il mio sangue e poi ha
smesso di respirare… E’ morta, il suo cuore non
batte!” urlai io cercando di
praticarle la respirazione bocca a bocca.
“Cosa sta succedendo qui?” domandò
Elijah irrompendo nella stanza.
“Oh mio Dio!” ansimò Klaus entrando
nella stanza.
“La maledizione! Non era un capriccio,
lo amava davvero!” sussultò avvicinandosi alla
sorella, disperato.
“Cosa sta succedendo?” domandai.
“E’ morta, bastardo! Quando un
Originario beve il sangue di un umano che ama, è destinato a
morire!” gli urlò
in faccia Klaus.
“Coraggio Francesca, svegliati. Su, so
che lo puoi fare… Sei sempre mia sorella no?
RESPIRA!” ma Klaus si stava
accanendo su un cadavere, una bambola di porcellana con le fattezze di
Francesca.
Era un involucro vuoto.
“Ti prego” sussultai all’unisono con
Klaus, poggiando il capo sul corpo morto della persona che amavamo.
Io
la amo, non se ne può andare! pensai
in quel momento.
“Voi…”
sibilò Klaus dopo aver portato in
un altro luogo il corpo della sorella.
“Stefan, dimentica ciò che sai di noi.
Dimentica tutti i momenti passati con me, con Elijah e soprattutto con
Francesca” lo sguardo di Stefan si perse nel vuoto.
“Al tuo risveglio non ricorderai più questi
ultimi tre anni” e mio fratello si addormentò
mentre le sue memorie lo
abbandonavano.
“No, ti prego…” sussultai. “Io
la amo,
le ho promesso di non scordarmi di lei poco prima che
morisse” una lacrima
solcò il volto del vampiro Originario accanto a me e poi
spostò il suo sguardo
nei miei occhi.
“Damon, dimentica Francesca. Dimentica
tutti i momenti passati con lei, dimentica me e mio fratello,
l’esistenza dei
vampiri, il soprannaturale… Dimentica di avermi portato via
l’unica persona che
io abbia mai amato” pensavo fosse finita.
Ma non era così.
“Ti ricorderai di noi quando sarà
necessario e quando te lo dirò io” e in un attimo
tutto divenne buio.
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Capitolo 12 *** Lei c'è sempre stata. ***
1358-
Katherine
scambia il sangue con entrambi i fratelli Salvatore.
“Cosa
stai facendo, Katerina?” la
vampira si voltò nel punto dal quale proveniva la voce e
impallidì. “Fra-Francesca?
Tu non eri morta?” “Oh, in realtà sono ancora
morta ma sappi che potrei ucciderti in una maniera o
nell’altra o peggio…
consegnarti a Klaus” “Sei un fantasma?”
“Un fantasma Originario…”
“Cosa vuoi?”
domandò la vampira all’ombra spettrale.
“Vattene. Scappa da questa città e fai
vivere a Damon e Stefan una vita normale. E’ un ordine” ma Francesca non sapeva
quanto la doppleganger fosse subdola
e meschina.
Proprio per questo non soggiogò né
Stefan né Damon per dimenticarla.
E loro morirono per salvarla.
E quando si svegliarono erano vampiri.
1358-
Stefan e
Damon sono ancora morti, in attesa di risvegliarsi da vampiri.
“So
che non ti ricordi di me…” sussurrò
Francesca cercando di giocherellare con i
capelli bruni di Damon. “Ma io ti amo. Continuo ad amarti e
un giorno te lo
dimostrerò, mio dolce Damon” quando
però il ragazzo aprì gli occhi, di fronte a
lui non vi era più nessuno.
1450-
Uno dei
(tanti) periodi da squartatore di Stefan.
Quel
giorno, lui si era saziato con
qualcosa di simile a undici giovani vergini fiorentine e Damon era
già partito
per cercare la redenzione che ovviamente non avrebbe trovato.
Nel
momento in cui stava per prosciugare
la dodicesima, il suo volto mutò e si ritrovò
davanti a quello di una
bellissima ragazza dai ricci castani e dagli occhi azzurri che lo
guardava
supplichevole. “Che cosa stai facendo, Salvatore?”
gli domandò con un tono
freddo come il ghiaccio, mentre prendeva possesso del corpo della
ragazza
morente. “C-chi sei?” lei sorrise mentre si alzava
dal sofà e passava
attraverso i cadaveri disseminati nella stanza a casaccio.
Quella ragazza gli ricordava qualcuno…
ma chi? I ricordi erano sepolti in fondo ad un cassetto mai aperto. E
non
riusciva ad averne accesso.
Ad
un certo punto, si avvicinò ad una
delle tante e le sfiorò il collo intriso di sangue.
“Oh Stefan, Stefan… anche
io sono stata tentata dal sangue in vita” “Di cosa
parli? Tu cosa sei?” “Oh, è
vero: tu non ricordi il mio viso. Ma ti ricordi il signor Lombardi?
Indovina un
po’ chi ha assaggiato il suo sangue?” Stefan scosse
la testa. “No, non è
possibile… Tu… Io non ti ho mai vista!”
“Sì che è possibile, mio dolce
bignè
alla crema! Sei sempre stato così ingenuo e alla fine ti sei
fatto soggiogare
da una stupida, insulsa doppelganger… Ti facevo
più furbo” la ragazza
misteriosa si portò il dito sporco di sangue alle labbra e
gli occhi della vittima,
ancora posseduta dallo spirito di
occhi
azzurri, si fecero neri come la pece: erano gli occhi di un demone.
“Non può
essere… Chi diavolo sei?” “Una persona
che in vita vi ha voluto bene e ne ha
pagato le conseguenze. Ma io mi sono pentita delle mie
azioni… E infatti non ho
trasformato né Damon né te… E infine
sono morta. Beh, tu non ricordi nulla ma
questa è la vita… Il tempo passa, la gente si
dimentica…” silenzio. “Ma non
siamo qui per parlare di me. Sei tu quello che ha un
problema” si sedette
ancora una volta vicino a Stefan e i suoi occhi, che fino a quel
momento erano
stati di ghiaccio, si sciolsero e tornò quasi umana.
“Che cosa stai facendo
Stefan?” la sua voce era rotta dal pianto. “Non
finire come me. Non farlo!”
urlò aggrappandosi alla camicia sporca di sangue
dell’amico. “No, aspetta!” ma
il viso della ragazza posseduta stava diventando grigio e marcio in un
modo
rivoltante e l’urlo di occhi azzurri rimase impresso nelle
pareti del casato
Salvatore.
Della ragazza rimase solo un mucchio di
polvere.
Questo
ti aspetta se continui a uccidere.
La voce del vampiro fantasma rimbombò
nella sua mente come una eco in stanze grandi e deserte.
Da quel momento in poi, Stefan bevve
solo sangue animale e tutte le volte che si sentiva tentato, pensava a
quella
strana ragazza fantasma di cui non ricordava il nome.
2006-
Stefan e
Damon incontrano Elena, se ne innamorano, scoprono che è una
doppleganger e che
Klaus la sta cercando.
“Damon…
ti sei lasciato andare!”
sussurrò tra sé e sé Francesca mentre
trotterellava intorno a lui e ai cadaveri
delle ragazze di Mystic Falls.
“Sai, ero certa che tu non fossi questo
genere di vampiro… ma guardati… ti stai
rovinando! Devi scappare, Klaus non
risparmierà nessuno che si mette tra lui e la sua adorata
doppleganger!” ma lui
non sentiva la voce della ragazza.
E Klaus arrivò in città,
inevitabilmente.
Ma i risvolti che portò alla vicenda
furono del tutto inaspettati.
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Capitolo 13 *** L'accordo di Klaus. ***
Damon’s
POV
Osservavo
Elena spaventata, con gli
occhi sbarrati di fronte a Klaus.
“Come hai detto, scusa?” domandò quasi
incredula. “Hai sentito benissimo… posso smettere
di soggiogare Stefan ad una
condizione” sussurrò l’Originario
avvicinandosi a me.
“E l’unico che mi può aiutare sei tu,
Damon Salvatore” “Perché
dovrei?” “Penso che sia nei tuoi interessi
risvegliare
la Bella Addormentata dal suo lungo sonno” disse Klaus
criptico.
“Non ho la più pallida idea di cosa tu
stia parlando…” sibilai.
“Oh, è vero… Anni fa ti ho soggiogato
per dimenticare!” “Damon, che cosa sta
dicendo?” “Non lo so, Elena… E non lo
voglio sapere. Forza, andiamocene” la presi per il polso e
cercai di
trascinarla fuori dalla stanza.
“Cosa c’è? Non mi credete? Lasciate che
ve lo dimostri. Squartatore, adesso
puoi entrare” dal portone principale del casato Salvatore
entrò Stefan, mio
fratello.
Klaus lo fissò dicendo: “Stefan
Salvatore, riaccendi i tuoi sentimenti. Ritrova la tua
umanità”.
Mio fratello lo guardò perplesso, ma in
un momento capì tutto.
Il suo corpo fremette e gli occhi del
predatore ritornarono quelli di Santo Stefan.
“O mio Dio!” sussultò.
“Elena…” “Stefan”
diamine, già si rimettono insieme. No, non li voglio vedere
mentre si baciano.
Mi fa male. Perché io sono solo, in realtà.
“Ma vi ricordo, carissimi, che posso
facilmente soggiogarlo per la seconda volta… Se volete
evitare questo
spiacevole inconveniente, vi conviene seguirmi. Soprattutto tu,
Damon” “Io non
ho intenzione di…” fui interrotto da Elena.
“Damon… ti prego” mi sussurrò
avvinghiata a Stefan.
“D’accordo. Lo farò” Klaus
sembrò
soddisfatto. “Eccellente! Si parte per Firenze,
Italia” lo fissammo atterriti.
“Sì, signori Salvatore. Ho già
prenotato
i biglietti. Destinazione: le vostre Origini” Elena lo
rincorse mentre già
usciva dalla porta sul retro.
“Qual è il tuo piano Klaus? Cosa vuoi
fare?” gli domandò.
“Semplice: andiamo a svegliare una mia
sorella dormente”.
Elena
guardò Stefan, poi me.
E capì che non avevamo scelta.
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Capitolo 14 *** Wake up, Sleeping Beauty! ***
Damon's POV
“Si
può sapere dove ci stai portando?”
domandai a Klaus appoggiando la testa al finestrino e godendomi il sole
fiorentino, caldo e dal sapore di casa.
“Fidati Salvatore: ti piacerà”
“Non ci
giurerei…” “Sai, pensavo che
l’amore potesse vincere anche la magia
ma…” “Che cosa sta dicendo,
Damon?” domandò Elena allarmata.
Mi piacevano quei pochi, brevissimi
momenti nei quali diventava improvvisamente gelosa.
“Non lo so… blatera” dissi lanciando un
sorrisetto di sfida a Klaus.
“Oh, Elena, hai portato più di un abito
di ricambio?” “Sì,
perché?” “Penso che ci
servirà” sogghignò Klaus. Mi voltai
verso mio fratello mentre lo sfottevo dicendo: “Klaus si
vuole intrufolare
nella biancheria della tua ragazza!”.
Oh, riguardo Stefan e Elena stavano
diventando così dolci che forse, se non avessi distolto lo
sguardo entro pochi
secondi, mi sarebbe venuto il diabete.
In momenti come quello odiavo essere
solo e di certo non avevo intenzione di farlo con Klaus.
“Piccole avvertenze per l’uso: mia
sorella è un po’ suscettibile… potrebbe
arrabbiarsi se venisse a sapere che non
vi ricordate di lei e un controllo della mente che è durato
per tutti questi
secoli… beh è difficile da sciogliere. Vi
consiglierei di mettervi comodi e
farvi un pisolino perché, Damon e Stefan, adesso potete
ricordare” e tutto
divenne in meno di un secondo.
Un
prato verde e un cielo terso, la mia casa, mio padre, mio fratello.
Una
ragazza sdraiata accanto a me indica una nuvola a forma di cuore e mi
sorride.
E’
come sentirsi in Paradiso, il mio cuore aumenta gradualmente i battiti
e mi
sento di nuovo, inaspettatamente umano.
E
lei è bellissima… i boccoli scuri e gli occhi che
sembrano uno specchio di me
stesso, le labbra carnose piegate in un sorriso sereno.
“Damon?
Ti ricordi di me?” domanda poi sconvolta. “Mi puoi
vedere?!” lo scenario cambiò
in meno di un secondo e ci trovavamo nel mio letto, a Firenze.
“Chi
sei?” le chiedo circospetto.
“Ovvio…
non puoi ricordare” affermò poi triste. Si
alzò dal letto, completamente nuda e
si rannicchiò in un angolo buio della mia camera. “Cosa
stai facendo?” “Io sono sempre qui, capito? In
quest’angolo nascosto della tua
mente… solo che tu non mi vedi. E io invece ti vedo
sempre” “Non capisco…” la
testa mi fa male e sembra un groviglio di pensieri, di ricordi ai quali
non so
dare un senso.
Un
sorriso, un paio di canini appuntiti, sangue… tanto sangue.
Ed è mio.
Un
Damon adolescente, insicuro e umano che passeggia con una ragazza dalla
bellezza eterea che ha gli stessi occhi di suo fratello.
Gli
occhi di suo fratello Klaus.
Poi
un Damon attraente e cresciuto che prende in braccio quella stessa
ragazza e la
fa volteggiare come un angelo nell’aria.
E
siamo felici, e ci sentiamo meno soli insieme.
“Toc,
toc! C’è nessuno in casa? E’ ora
di andare a svegliarla!”
aprii gli
occhi in meno di un momento e mi ritrovai faccia a faccia con Klaus.
“Ricordi qualcosa?” “Vagamente”
risposi
massaggiandomi le tempie doloranti. “Bene. Quando la vedrai
sarà tutto a posto…”
Elena mi prese per il braccio e trascinò me e Stefan in
disparte.
“Cos’è questa storia? Di chi vi dovreste
ricordare?” “Ricordi anche tu, vero
fratello?” domandai ignorando quella
pesantona di Elena. “Vagamente…”
“Concludiamo questa storia” dissi poi
accodandomi a Klaus nel cammino verso il cimitero.
“Prendiamoci per mano” disse Klaus
arrivati davanti ad un’enorme cripta sigillata.
“Stai scherzando, vero?” domandai.
“Dobbiamo
sfondare la porta” mi spiegò Stefan.
“Al mio tre” disse Klaus. “Uno,
due…”
ansimò per un attimo. “Tre!” con un
calcio triplo la porta venne via
facilmente.
“E adesso cosa si fa?” “Concentratevi su
questa tomba” ci spiegò l’Originario
indicando una lapide spoglia con del terriccio.
“E’ una tomba nel terreno”
“Esatto. Elena, prepara un accappatoio, dovrebbe
essere nel mio zaino insieme ad un cerotto per fermare il
sangue” “Quale
sangue?” “Il tuo… era implicito nel
patto” sbarrai gli occhi.
“Non se ne parla” sibilò Stefan.
“Fai
come ti dico o sarò costretto a soggiogarti… e
stavolta per sempre” “Provaci”
lo sfidò mio fratello. “No, Stefan! Va
bene…” disse rassegnata Elena.
“Benissimo! Ora prendiamoci per mano”
Klaus porse la sua mano destra a Stefan e la sinistra a me.
“Ripetete insieme lamia, excitas
vos de gravi somno”
chiusi gli occhi ed iniziai a recitarlo quasi fosse una filastrocca.
In latino significa O Vampiro, svegliati dal
tuo sonno profondo.
D’un tratto, una mano emerse dal
terriccio e sentii il raccapricciante urlo di Elena.
Le dita della mano si mossero e Klaus si
fiondò sulla tomba: “Forza, aiutatemi a scavare o
soffocherà?” io e mio
fratello ci guardammo e imitammo le mosse di Klaus mentre dalla terra
emergeva
una testa bruna.
“Francesca, mi senti?” urlò Klaus. Gli
rispose un colpo di tosse.
Era viva.
Francesca, quel nome… E poi quando vidi
il suo viso stravolto ricordai ogni cosa.
Le corse nel prato, i baci, la felicità,
il suo sorriso e il mio sorriso, i due anni di assenza, la scoperta
della sua
vera natura, il mio amore, il suo amore. Tutto.
Aprì
gli occhi arrossati e mi vide.
“Damon!” esclamò. “Tu mi
vedi!” era
felice. Ero felice anche io.
Perché?
Perché
lei è Francesca, la stessa che è scomparsa dalle
mie braccia secoli fa ormai. Era
così strano
essere ancora attratto da lei dopo tutto quel tempo, volerla ancora
prendere
tra le braccia e sussurrarle parole dolci e baciarla dappertutto.
Amarla ancora.
“Su,
esci di qui” senza curarmi di nulla
e di nessuno strappai l’accappatoio dalle mani di Elena e vi
coprii dolcemente
Francesca che stava rabbrividendo.
“Tu sei Elena?” domandò poi
soffermandosi sulla ragazza dietro di me.
“Sì, sono io” gli occhi di Francesca
diventarono immediatamente neri.
“Ho sete” sussultò coprendosi la gola.
Elena sembrò indecisa sul da farsi. Poi
si avvicinò.
“Bevi” Klaus sembrava soddisfatto mentre
sua sorella beveva avidamente dal collo della doppleganger.
Si staccò dopo qualche secondo e pulì il
sangue sulle labbra con il dorso della mano.
“E’ ancora cosciente”
sentenziò poi
rivolta a Stefan.
“Stefan!” disse poi correndogli
incontro. “Eri tu… sei sempre stata tu per tutto
questo tempo a dirmi di
smettere, di non bere più il sangue umano” lei ci
sorrise, come in una lieta
visione: era troppo, troppo fantastica quella scena per essere vera.
“Il vostro angelo custode” sussurrò
avvicinandosi poi a Elena per fermare la sua perdita di sangue
costante.
Klaus era rimasto in disparte, quasi
imbarazzato.
“Niklaus” disse lei sorridente. “Sai che
ti ho già perdonato” lui tirò un
sospiro di sollievo e l’abbracciò stretta e mi
sembrò quasi commosso.
“Ora andiamo a casa… hai bisogno di un
abito come si deve e soprattutto… sai parlare
l’inglese?” “Ne so qualcosa” mi
fece l’occhiolino e mi prese per mano.
Io la guardai pieno d’affetto.
“Ti dispiace?” mi domandò.
“Come
potrebbe dispiacermi…” non riuscivo davvero a
trattenermi così mi avvicinai a
lei lentamente per essere sicuro che volesse ricambiare e la baciai.
E
finalmente, dopo un tempo
interminabile, ricordai cosa significano le parole casa,
affetto, amore.
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Capitolo 15 *** Scontro e Confronto. ***
Francesca’s
POV
Ero
tornata.
Sì, non ero più un mucchietto di polvere
in fondo ad una tomba vecchia di secoli.
E Damon era venuto a svegliarmi come il
principe con la sua principessa, e c’erano anche Stefan e
Klaus e tutto è
sembrato perfetto per i primi attimi.
Poi ho visto la doppleganger e ho
realizzato tutto: io non facevo più parte della vita di
nessuno di loro ed
erano passati così tanti secoli, così tanto tempo
senza che si ricordassero chi
fossi.
Eppure io ero sempre lì a seguirli come
una trottola, a girare il mondo insieme a loro per cercare di vivere
attraverso
la loro essenza, attraverso quel ricordo che avevano di me, nascosto in
un
angolo recondito del loro cuore.
“Tutto
a posto?” era lei.
Mi ero seduta sul letto della mia camera
d’un tempo, meditando su tutte quelle cose così
inverosimili, sul fatto che io
forse fossi sbagliata, intrusa in
quel mondo.
“Sì, doppleganger” risposi
soprappensiero.
“Sai, ho un nome” io la guardai spaesata:
aveva un bel caratterino… Come si poteva permettere di
parlare in quel modo ad
un’Originale?
“Scusa, ma hai idea di chi sono io?”
“Sì,
la sorella di tuo fratello… Lo si intuisce dal
carattere” sogghignò e chinò la
testa bruna.
Forsa stavo sbagliando?
“Okay dopplega… cioè, Elena, forse
abbiamo iniziato con il piede sbagliato e mi dispiace, ma sono sicura
che
potremmo ripartire con il giusto entusiasmo” lei non
proferì parola.
“Piacere, mi chiamo Francesca” le tesi
la mano sorridente, cercando di fare un passo avanti con una persona
che odiavo
a prescindere.
“Elena” sbuffò lei stringendomi la mano.
“Woow… avevo detto con il giusto entusiasmo”
mi lanciai sul letto e
chiusi gli occhi.
“Sono stanca, non ho voglia di fingermi simpatica
con te” continuai. “Ma se ci sto provando vuol dire
che un motivo ci sarà, no?”
silenzio.
“Ah sì? Forse per portarmeli via!” aprii
gli occhi e la vidi sopra di me, con un pugnale affilato in mano. In
meno di un
secondo era conficcato nel mio petto.
“Polvere di quercia bianca… astuta”
ghignai tirandolo fuori dal mio sterno.
“Già… vorrei ricordarti che sono
già
morta” sbuffai tamponandomi il sangue con
l’accappatoio. “E gradirei un cambio
decente… non posso viaggiare nuda” lanciai il
pugnale in aria, infischiandomene
del posto nel quale sarebbe ricaduto.
“Attenta” sentii dietro di me.
Mi voltai e trovai Stefan che aveva
afferrato il coltello al volo.
“Stefan!” piagnucolò Elena.
“Ha cercato
di uccidermi…” io sbarrai gli occhi.
“Come scusa?” dalle mie labbra uscì una
risatina isterica. “Francesca… davvero
l’hai fatto?” “Cosa? No! Sono un
vampiro, non una deficiente”
“Non
ascoltarla… Ha detto che mi avrebbe fatta fuori
facilmente!” per un attimo, forse
anche due, avrei voluto azzannare quella piccola stronzetta e farle
vedere cosa
significava per un Originario far fuori qualcuno.
“Io ero venuta qui a portarle i vestiti
e…” “Davvero brava come
attrice… peccato che quello sia un coltello adibito ad
uccidere un vampiro Originario e non una ragazzina
capricciosa!” le ringhiai
addosso.
“Basta!” esclamò Stefan massaggiandosi
le tempie. “Francesca, non mi arrabbierò ma dimmi
la verità” “Primo: non sei
mio padre. Secondo: credimi, Stefan! E’ questa la
verità… ha cercato di
uccidermi e… oh diamine, guarda il mio accappatoio!
E’ intriso di sangue” lui
chiuse gli occhi e prese un respiro.
“Basta, non voglio sapere nient’altro”
prese Elena per mano e uscì dalla stanza.
E
io mi iniziai convincere che ero
davvero di troppo per quel mondo.
Fatta
eccezione per Klaus, tutti erano andati avanti. Senza di me.
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Capitolo 16 *** Amami. ***
Francesca’s
POV
“Ehilà?”
una zazzera di capelli neri
come la notte fece capolino dalla porta della mia stanza.
“Ehi…” dissi sorridendo a qualcuno che
stava cercando di essere paziente con me.
“Ho saputo del casino che è
successo…” “Non
me ne parlare. Dovresti dire alla tua amichetta di darsi una
regolata” mi
lamentai sventolandogli in faccia l’accappatoio intriso di
sangue secco.
“Oh, sai, lei non ha avuto rapporti
idilliaci con gli Originali e… beh sì
è un po’…”
“… stronza, bugiarda e
ingiustamente gelosa?” lui mi sorrise e si sedette accanto a
me, prendendomi in
braccio. “Coraggio, perché ingiustamente?”
“Io non le voglio portare via niente… Sono tornata
qui perché mi avete chiamato
e perché ho voglia di vivere, di respirare di nuovo, di
essere me stessa almeno
per un po’ e non sopporto che qualcuno cerchi di sottrarmi
ancora una volta la
vita…” “Oh, riguardo a
questo… mi dispiace”
“No, è stata colpa mia… Avrei dovuto
dirtelo, sarei dovuta essere più forte” mi
diede un bacio sulla fronte.
“L’importante è che tu ora sia qui con
me… e promettimi che non te ne andrai mai
più” io rimasi ferma, con lo sguardo
perso nel vuoto.
“Damon…”
“Sì?” “Noi ci amiamo
ancora?”
lui rise.
“Penso che dovremmo scoprirlo insieme…
Sono cambiato negli ultimi secoli,
non so se ti piacerà il nuovo me”
abbassò lo sguardo imbarazzato.
“Mi piaci tu, esattamente come sei” ci
osservammo mentre i nostri visi si avvicinavano lentamente ma
inesorabilmente.
E ci stavamo baciando.
Il sapore delle sue labbra, dopo tutto
quel tempo, era sempre lo stesso e sapeva di casa, di
felicità, di mare, di prato
rigoglioso, di sole, di esuberante follia.
E
sarà anche cambiato, può essere anche un vampiro
assetato di sangue più esperto
e consapevole, ma è sempre il mio avventato, insostituibile
Damon, pensai
sorridendo.
“Amami” sussurrammo all’unisono mentre
le nostre fronti si toccavano. Ridemmo.
“E’ comodo questo vestito?” mi
domandò
osservandomi.
Io esaminai il coso che indossavo:
un pasticcio bianco a fiorellini che sembrava
appartenere ad una bambina dell’asilo.
“No, è piuttosto imbarazzante… e poi mi
sta stretto sul petto. La doppleganger è piatta”
lui rise e le sue mani si
mossero agili fino alla cerniera sulla schiena.
“Allora penso che sarebbe meglio
slacciarlo un po’, no?” la zip scese velocemente.
“Ne convengo… e questa t-shirt non è un
po’ troppo aderente?”
“Non sarei mai più d’accordo di
così” e
tra una risata e l’altra ci ritrovammo a fare
l’amore.
Nello stesso posto in cui ero morta l’ultima
volta, con lo stesso uomo che mi aveva donato la morte.
“Francesca…?”
“Uhm-mh?” domandai io
voltandomi verso di lui poco dopo. “Ti piaccio almeno un
po’?” sbuffai.
“Peggio” silenzio.
“Peggio?” domandò lui indeciso.
“Già… ho paura di esser costretta ad
innamorarmi ancora una volta di te” mi guardò per
un attimo che sembrò un’eternità.
“Evidentemente siamo condannati l’uno
all’altra” rispose poi baciandomi.
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