Hyarbor's Chronicles

di suinogiallo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** intro ***
Capitolo 2: *** Obert entra nella Gilda dei Guerrieri ***
Capitolo 3: *** Il mago di Saspit ***
Capitolo 4: *** Al cimitero dei Draghi ***
Capitolo 5: *** La valle dei draghi ***
Capitolo 6: *** Athalald ***
Capitolo 7: *** Il tempio di Bal-Llur ed il Bosco Sacro ***
Capitolo 8: *** A Seas ***
Capitolo 9: *** Ritorno ad un passato difficile da dimenticare e da abbandonare ***



Capitolo 1
*** intro ***


Untitled Document

Prefazione Doverosa

Qualcuno di voi potrà avere la sensazione di aver già letto questo racconto.
Non è un deja vu, state tranquilli.
Questo racconto infatti non è inedito ma è già stato presentato su questo sito qualche tempo fà, poi è stato rimosso insieme a tutti gli altri miei racconti per una revisione generale.
Il bello della rete e di essere un net writer è proprio questo, non trovate? Anche dopo aver dato alle "stampe" virtuali una storia potete sempre tornare indietro, riprenderla, modificarla.
Ed è proprio quello che sto facendo con le mie storie. Le sto riprendendo, controllando, correggendo dove sono sbagliate, ed infine ripresentarle online per vedere se questo mio lavoro di verifica e correzione è stato utile.
Citando Stephen King (nella prefazione di The Stand - L'ombra dello scorpione -) in queste nuove versioni delle mie storie non troverete personaggi nuovi (almeno non in Hyarbor's Chronicles), e non troverete personaggi vecchi che fanno cose nuove. Troverete la vecchia storia corretta, a volte allungata, a volte ridotta e spero migliorata.
E con questo non mi rimane che augurarvi una buona lettura.

Suinogiallo - Tomobeach 01 Giugno 2006

script: Suinogiallo

Capitolo I
Intro

Il gruppo si arrestò di fronte all’enorme statua di pietra che raffigurava Azmiotecul, uno dei Grandi Antichi che i popoli primigeni di quelle lande adoravano. Ai piedi della statua un altare in marmo bianco raffigurava una giovane donna nuda distesa di schiena su di un ceppo con le mani e le caviglie legate a dei paletti infissi nel terreno.
In quella posizione, alquanto scomoda, il torace e l’addome della ragazza formavano un piano quasi perfetto sul quale gli officianti del culto potevano celebrare i riti e le loro offerte al Dio. Sacrifici invariabilmente umani, almeno a dar retta ai testi antichi.
Nel silenzio crepitante e tremolante delle torce che illuminavano l’immensa caverna il gruppo di avventurieri poteva quasi udire i gridi disperati delle giovani vergini immolate al dio feroce e sanguinario.
- E l’oro? Le pietre preziose? Dove sono? - sbraitò Butch mulinando la torcia a destra e sinistra all’avida ricerca di un brillio che potesse rivelargli la presenza del tesoro che erano venuti a cercare - io qui vedo solo sassi e queste maledette bestiacce - con un calcio allontanò un grosso ratto delle caverne che si era avvicinato troppo ai suoi stivali e che lo stava annusando preparandosi per morderlo. Presi da soli erano solo una gran seccatura, ma già una mezza dozzina di quei ratti grandi quanto un gatto potevano essere un pericolo per un avventuriero ancora inesperto.
- La pergamena dice che dovrebbe trovarsi qui - mormorò Olsen srotolando una vecchia e consunta pergamena sulla quale era tracciata in maniera alquanto rozza una specie di mappa.
Con mille difficoltà erano riusciti a trovare l’ingresso della caverna e più di una volta avevano rischiato di finire in una delle trappole disseminate sul percorso che li aveva portati fin li.
Se non erano rimasti schiacciati da enormi blocchi di pietra che erano crollati all’improvviso dal soffitto, o impalati sulle lance conficcate sul fondo di fosse che si aprivano sotto i loro piedi in corridoi stretti ed angusti era stato solo grazie all’abilità di Butch nello scoprire i trabocchetti di cui l’intero tempio sembrava disseminato.
A vederlo non lo si sarebbe detto, magro, alto ed allampanato, con una chioma da far invidia ad una donna tanto erano lunghi i suoi capelli, ma Butch era un ladro decisamente abile e se adesso appariva cosi in male arnese era solo perché aveva attraversato un periodo di sfortuna nera.
- Io però non vedo tracce di tesori - aggiunse Deadlight girando intorno all’altare mostrando chiaramente il suo disagio nel trovarsi in quel posto - qui non c’è nulla –
Quel posto le metteva i brividi. Le mezzelfe come lei erano state per anni sacrificate a quel dio, rapite ed immolate per il semplice fatto che uccidere una ragazza vergine dotata di un qualche potere sembrava essere decisamente molto più gradito al dio di un normale sacrificio.
Era una ragazza coraggiosa. Aveva affrontato quel viaggio e tutti i pericoli che si erano trovati davanti con coraggio e tenacia mostrando tra l’altro un’abilità notevole con l’arco che portava a tracolla. Non si era persa d’animo neanche quando erano stati attaccati da una banda di briganti al passo di Hyargard che li aveva colti di sorpresa.
Eppure quel posto, e quella statua soprattutto, riuscivano a farla sentire a disagio. Forse perché quella statua le somigliava, forse perché li sopra erano state uccise decine di mezzelfe come lei, giovani e vergini, forse perché sentiva il dolore di quelle vittime ancora aleggiare in quella caverna.
- Non abbiamo visto nessun segno - mormorò Obert confuso - da secoli qui non c’e stata anima viva -
- Non credo che un tesoro possa andarsene in giro da solo - gli urlò contro Butch esasperato - e, a meno che non siano state queste bestiacce schifose a portarselo via, dobbiamo dire che qui non c’è, non c’è mai stato, e mai ci sarà uno schifo di tesoro - strappando poi la pergamena dalle mani di Olsen - e questa non è altro che una fottutissima presa in giro – e avvicinandola infine alla fiamma della sua torcia le diede fuoco gettandola infine sull’altare.
- Però siamo pur sempre riusciti a trovare un tempio degli Antichi - commentò Soda guardandosi intorno alla ricerca di iscrizioni da decifrare - pensate che qualcuno ha detto per secoli che questo culto non è mai neanche esistito -
- Per te sarà anche stupendo - lo guardò infuriata Deadlight - ma non riempie la pancia e non ci ripaga di quanto abbiamo rischiato e speso per arrivare fin qui -
- Cerchiamo meglio - provò a convincerli Obert. Era stato lui insieme ad Olsen che aveva composto quel gruppo e lo aveva convinto a seguirlo alla ricerca di quel tempio con la promessa di trovare oro e pietre preziose da riempirci decine di forzieri e, in quel momento, davanti al niente si sentiva in dovere di dargli almeno qualche speranza.
- E dove vorresti cercare? - latrò Gobert rimasto fino a quel momento in silenzio alzando la sua ascia.
Per un attimo Obert pensò che volesse colpirlo e si preparò a schivare il colpo vedendo invece poi il nano colpire con violenza l’altare che quasi fosse stato fatto di creta si sbriciolò sotto il colpo.
- No - gridò Soda vedendo l’altare andare in mille pezzi - un oggetto cosi antico, cosi import… - la parola gli venne mozzata in gola da un suono dapprima gorgogliante e poi sempre più pericolosamente rotolante e vicino.
- Gobert, stupido nano dalla testa dura come la pietra! - urlò Butch rendendosi conto che era stata attivata una qualche trappola - via da qui, svelti - pochi attimi dopo dalla parete dietro la statua del dio iniziarono a piovere enormi macigni mentre tutta la caverna prendeva a vibrare e a gemere quasi volesse crollare su se stessa.
- Via, via - urlò Obert sentendo il pavimento spaccarglisi sotto i piedi, poi spiccò un balzo per evitare di finire in una crepa che si stava allargando sempre più e si gettò di lato per evitare un pezzo della statua del dio che per poco non lo prese in pieno facendolo diventare una polpetta di avventuriero.
- Il, il tesoro - pigolò Butch guardando la statua del dio che crollava. Sotto un sottile strato di roccia la statua era interamente fatta di oro massiccio - il, il tesoro -
- Butch muoviti! - lo scrollò Gobert afferrandolo per un braccio.
- La statua era d’oro - gorgogliò vedendo l’immensa fortuna venir ingoiata da una crepa gigantesca - per Truth, dio dei ladri, meglio la pelle - e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo al tesoro si mise anche lui a correre verso la caverna che li avrebbe riportati in superficie, all’aperto e, soprattutto al sicuro.

- Salvi, siamo salvi - rantolò Olsen gettandosi sull’erba di fronte all’ingresso della grotta che li aveva portati al tempio - ci siamo tutti? - iniziando poi a cercare con lo sguardo i suoi compagni.
Poco distante da lui Gobert stava riprendendo fiato stando seduto sul tronco di un albero pietrificato. La tozza figura del nano barbuto faceva apparire ancora più esile la figura di Deadlight, la giovane maga mezzelfa che si era unita per ultima al loro gruppo e che con tranquillità si stava togliendo la polvere dal mantello. Un po’ più in la vide Soda, lo studioso di rune e di antichi scritti che cercava di recuperare fiato dopo la lunga corsa a capofitto nelle caverne. Il suo fisico non più giovane lo aveva impacciato non poco durante quell’esplorazione, soprattutto quando avevano dovuto arrampicarsi per superare alcuni punti più impervi, ma la sua mente era stata più volte utile al gruppo e sarebbe dispiaciuto a tutti se non fosse riuscito a salvarsi.
Anche Butch ne era uscito illeso. Lo vide sdraiato sull’erba ad ansimare a bocca aperta per la lunga corsa. Lui e Obert lo avevano incontrato a Silfid e lo avevano tratto d’impaccio da una brutta situazione che poteva costargli la testa e lui si era unito al loro gruppo un po’ per riconoscenza verso quel gigantesco barbaro e quel giovane guerriero cosi inesperto, ed anche un po’ perché vedeva in quell’avventura la possibilità di guadagnare un bel po’ d’oro.
L’ultimo ad uscire dalla caverna fu Obert. Portava il mantello a mo’ di sacco sulla spalla e camminava lentamente come se stesse trasportando un grosso peso. Da un taglio sulla testa sgorgava un rivoletto di sangue che aveva già macchiato il corpetto di cuoio che indossava ma il volto era quello felice di chi portava un qualche bel regalo.
- Sei ferito - gli corse incontro Soda. Il suo compito nel gruppo di avventurieri era quello di guaritore e più di una volta era dovuto intervenire per sistemare qualche ferita a Obert. Nonostante fosse inesperto come guerriero non si tirava mai indietro in una battaglia e varie volte solo una fortuna sfacciata e la grande forza di Olsen erano riusciti a salvargli la pelle.
- Una pietra di rimbalzo - sorrise lasciando cadere con un sospiro di sollievo il mantello a terra. Dalla stoffa rotolò fuori un pezzo d’oro dalle ragguardevoli dimensioni che brillò subito alla luce del sole - mi è caduto quasi addosso, e non potevo lasciare li un dono cosi gradito - poi si lasciò cadere a terra sfinito mentre tutto il gruppo gli si faceva intorno fissando sia lui sia il grosso pezzo d’oro.
- Stupido, potevi morire - mormorò sorridendo Deadlight inginocchiandoglisi accanto ed imponendo le mani sulla ferita alla testa del giovane guerriero. Una tenue luce calda scaturì quasi subito dalle palme della ragazza e il piccolo rivoletto di sangue si arrestò all’istante. Un leggero capogiro la fece vacillare e quasi cadere. Era una maga e più di una volta aveva dato prova della sua abilità con incantesimi anche di un certo livello ma per quanto riguardava la magia guaritrice era poco più di una novellina. Inoltre quel giorno poi, aveva dovuto far ricorso ai suoi incantesimi più di una volta. Era letteralmente esausta.
- Adesso lascia fare a me - intervenne poi Soda inginocchiandosi a sua volta accanto a Obert - vai a riposarti, penso io a questo incosciente - e mentre la ragazza si allontanava riprese il lavoro che la giovane mezzelfa avevano iniziato - un giorno di questi ti ritroverai con la testa veramente rotta ed io non potrò fare nulla per aggiustartela -

Obert non era quello che si poteva definire un guerriero di professione.
Intanto era un po’ troppo giovane per avere abbastanza esperienza di battaglie. Aveva detto a tutti di avere ventitre anni ma in realtà ne aveva qualcuno di meno, ventuno per la precisione. Solo Olsen che lo conosceva da prima degli altri ne era a conoscenza e con lui il suo segreto era al sicuro.
Aveva una certa dimestichezza con la spada, ma sembrava più una cosa imparata nel tranquillo di una accademia e non sui campi di battaglia. Se la cavava discretamente con le parate, si muoveva abbastanza bene con le gambe e non perdeva mai di vista il suo avversario, ma quanto si trattava di attaccare sembrava quasi un altro. Perdeva la coordinazione, iniziava a mulinare lo spadone, si gettava in avanti e il più delle volte perdeva il suo avversario e se lo colpiva era solo per via della fortuna sfacciata che lo accompagnava. Fortuna che più di una volta lo aveva salvato.
Olsen lo aveva incontrato a Silfid in una giornata di pioggia. Se ne stava fermo sotto una tettoia a ripararsi dall’acqua che cadeva torrenzialmente dal cielo e non sembrava proprio avere l’aspetto di uno che sa dove andare a passare la notte.
Non era malvestito, anzi, indossava un‘abito che doveva valere un bel po’ di pezzi d’oro e appesa alla vita portava una spada di fattura molto elegante. Una di quelle spade che ti fanno fare una bella figura a qualche ballo ma che se provi a tirarci qualche colpo ti si frantuma come se fosse di vetro. Il volto tradiva invece una situazione non proprio brillante dal punto di vista economico. Si vedeva lontano un miglio che erano giorni che non faceva un pasto decente.
E fu cosi che i due si incontrarono. Sotto una tettoia nella zona portuale di Silfid.
Olsen lo convinse a vendere i vestiti e quella specie di spadino per damerini e con quello che avrebbe guadagnato comprare dei vestiti molto meno vistosi ma più pratici e una spada vera.
Prima di tutto però lo convinse ad andare a pranzo con lui.
Non era un buon samaritano intendiamoci. Fu solo che vedere quel ragazzo, fermo, affamato e pronto per essere derubato dal primo ladro di passaggio gli ricordò se stesso, anni prima, ferito, senza più nulla addosso se non un paio di brache di tela, sul ciglio di un sentiero. Se non fosse stato per una persona che adesso non c’era più sarebbe morto li, ed in un certo senso si sentì quasi in dovere di aiutare quel ragazzo. Lo doveva a quella persona che aveva salvato lui, alla sua memoria.
E cosi dopo averlo sfamato, non si era sbagliato, erano sette giorni che si nutriva solo di bacche e radici, averlo accompagnato da un mercante che sapeva essere meno ladro degli altri ed averlo rivestito ed armato lo salutò lasciandolo andare per la sua strada.
Lo rivide una settimana dopo, appena fuori dalla città, impegnato in combattimento con tre tagliagole ai quali stava tenendo testa egregiamente ma che, però, non avrebbe mai sconfitto in quanto, quando attaccava sembrava veramente che volesse solo affettare l’aria.
Bastò solo l’urlo di guerra del barbaro a far scappare i tre briganti da quel giorno i due decisero che in fondo potevano anche viaggiare insieme

- Ecco fatto - concluse Olsen - sei parti uguali come avevamo deciso - poi mostrò i sei pezzi d’oro che aveva ottenuto spezzando il grosso macigno d’oro - potete scegliere -
- Io prendo questo - ululò di gioia Butch avventandosi sul pezzo che riteneva fosse più grosso - accidenti ragazzi, siamo ricchi, ognuno di questi pezzi varrà almeno cinquemila monete -
- Pensate se avessimo potuto mettere le mani su tutta la statua - mormorò Gobert - non avremmo più dovuto vagare per Ishtar alla ricerca di tombe da saccheggiare o missioni da compiere per qualche riccastro -
- E di chi è la colpa, stupido nano dalla testa piena di aria! - gli ricordò Butch - Se non avessi fatto scattare la trappola -
- E tu non avresti potuto disattivarla, ladro da quattro soldi - ricambiò l’insulto Gobert mettendo mano al manico della sua ascia.
- Non litigate - intervenne a fare da paciere Soda - abbiamo comunque messo le mani su di un bel bottino - e cosi dicendo prese uno dei pezzi d’oro - con tutto quest’oro potremmo andarcene ad Urbis e fare la bella vita per almeno un anno – anche se era un mago studioso non disdegnava le comodità che l’oro poteva offrire.
- E tu, Deadlight cosa hai intenzione di fare con il tuo oro? - gli domandò Olsen vedendo la mezzelfa prendere il pezzo più piccolo.
- Ancora non ho deciso - mormorò sistemando la sua parte di bottino dentro una borsa che portava a tracolla - non mi piacciono le grandi città, sono abituata a stare nei boschi, credo che con una parte comprerò degli ingredienti magici per le mie magie e con il resto, beh, ancora non lo so -
- Manca solo Obert - notò Butch notando che il giovane guerriero ancora non aveva preso la sua parte di tesoro, poi si voltò a guardarsi intorno e solo allora si resero conto che non era tra di loro - Deadlight, sai dov’è andato? -
- No - rispose piccata da quella domanda - e perché dovrei saperlo poi? - ogni volta che in un qualsiasi discorso il suo nome finiva accanto a quello di Obert la giovane mezzelfa scattava subito sulla difensiva.
- E’ solo perché sai sempre dove si trova - gli rispose Gobert con un sorriso quasi paterno.
Come Olsen si comportava da fratello maggiore per Obert cosi Gobert si comportava da padre burbero, ma affezionato nei confronti della giovane mezzelfa.
- Ed invece questa volta non lo so! - ribatté seccata cercando di guardarsi intorno senza farsi notare dal gruppo.

Obert ed Olsen avevano incontrato il resto del gruppo il luoghi diversi.
Butch era stato il primo ad unirsi a loro mentre si trovavano ancora a Silfid. Ed il loro incontro non fu particolarmente tranquillo. Aveva tentato di alleggerire le tasche di Obert alla disperata ricerca di qualche moneta d'oro per poter lasciare la città ma per sua sfortuna il barbaro si avvide del tentativo del ladro e puntandogli la spada alla gola lo convinse a togliere la mano da dentro le tasche del giovane guerriero che invece non si era accorto di nulla. Fu in quel momento che un gruppo di persone alquanto inferocite circondarono il ladro urlando che lo avrebbero appeso al primo albero disponibile.
Il barbaro ed il guerriero avrebbero potuto tranquillamente lasciare il ladro in balia del suo destino. in fondo non sapevano nulla di lui e di quello che aveva fatto per meritarsi di essere impiccato all'albero più vicino.
Inoltre erano anche decisamente in minoranza. Due, tre se si voleva contare anche Obert, contro una mezza dozzina di uomini inferociti ed armati.
Nessuno avrebbe mai potuto dire che erano stati codardi se avessero lasciato il ladro in balia di quegli uomini.
Ed invece Obert sguainò la sua spada e si gettò contro i sei uomini costringendo, a quel punto, Olsen ad intervenire per evitare che sia Obert che il ladro venissero sbudellati sul posto. Una situazione decisamente poco felice ma si sa, la fortuna spesso arride agli audaci e improvvisamente le guardie cittadine arrivarono in loro soccorso scambiandoli per dei poveri viandanti aggrediti da dei tagliagole. Alla vista degli armigeri i sei uomini si dettero rapidamente alla fuga inseguiti dalle guardie ancora più convinte che si trattasse di tagliagole alla ricerca di un facile bottino.
Successivamente Butch raccontò loro qualcosa al riguardo di un furto che gli era stato commissionato e che lui non aveva voluto portare a termine per questioni di onore aggiungendo che quei sei erano gli uomini della persona che gli aveva commissionato il furto che voleva vendicarsi perché non aveva voluto accettare l’incarico. Nei tempi a seguire cambiò varie volte versione di quella storia convincendo Olsen ed Obert che forse non c’era poi tanta verità in quello che gli aveva detto
Comunque un po' per riconoscenza e un po' anche per avidità il ladro decise di unirsi a loro nella ricerca del tesoro.
Forse erano stati un po' avventati nel dirgli che stavano andando alla ricerca di un tempio in cui c'era un tesoro immenso, in fondo era pur sempre un ladro, ma proprio per questo motivo avevano deciso che il suo aiuto poteva venire comodo.
Un vecchio tempio è sempre pieno di trappole e chi meglio di un ladro le può trovare e disinnescare.
E cosi Butch si unì al gruppo chiedendo in cambio, ovviamente, una parte del tesoro.
Cosa che comunque anche loro avevano in mente di fare. Le guardie non avrebbero tardato a scoprire che stavano inseguendo le persone sbagliate ed allora le strade della città avrebbero scottato anche per loro.

Il giovane guerriero se ne stava seduto lontano dal gruppo, nascosto dalla folta vegetazione a guardare la vallata che si estendeva oltre la catena montuosa di Hyargard. Il fiume, con lo stesso nome, la divideva in due parti quasi uguali e continuava, ben oltre lo sguardo verso il Lago Di Negro, l’enorme mare interno di Hyarbor, la regione più a nord di Ishtar. Ben presto sarebbero scesi da quelle montagne, nella valle e si sarebbero separati.
Non aveva dubbi su questo.
Ognuno avrebbe preso la sua strada che li avrebbe portati in posti diversi e lontani.
Tranne la ricerca di quel tempio non avevano nient’altro in comune. Avrebbero intrapreso altre avventure, altre ricerche. Butch avrebbe messo di nuovo la sua arte di ladro al soldo di qualcuno che aveva bisogno di fare qualche lavoro sporco senza sporcarsi le mani mentre Soda si sarebbe rintanato di nuovo in qualche eremo a studiare rune e pergamene. Gobert era un viandante errante, andava dove lo portavano i suoi passi e Deadlight sarebbe tornata nel bosco dove l’avevano incontrata. Gli aveva detto che il suo compito era proteggere quel posto e che non sarebbe potuta starne troppo lontana. Obert sospettava che ci fosse anche dell’altro. L’aveva vista varie volte soffermarsi a guardare l’orizzonte quasi a voler ricordare qualcosa.
Forse anche Olsen avrebbe preso una strada diversa dalla sua. Non era più l’incauto guerriero privo di esperienza. Aveva imparato a combattere ed il barbaro lo avrebbe lasciato al suo destino.
E si sentiva triste per tutto questo.
Aveva già perso una famiglia, e tra non molto avrebbe perso anche quella che, in un modo o nell’altro aveva imparato a conoscere e ad amare come una nuova famiglia. Strana certo. Composta da un barbaro, un ladro, una mezzelfa, un nano ed uno studioso decisamente poco tagliato per l’avventura, ma unita nelle avversità e pronta a litigare per un nonnulla, proprio come una famiglia vera

Soda si era unito al gruppo pochi giorni dopo che avevano lasciato Silfid in fretta e furia.
A ridosso di un burrone si erano imbattuti in un monastero in rovina e dall’aspetto abbandonato. Le mura annerite in più punti e con segni di crolli causati da esplosioni facevano pensare ad un attacco avvenuto in tempi remoti, cosi come i rampicanti che ormai avevano colonizzato l’intera struttura facevano pensare che nessuno vi dimorasse da molto tempo.
Probabilmente era stato la sede di una delle tante religioni eretiche che si erano sviluppate nella regione dopo lo scisma dalla religione ufficiale del continente e che decenni prima aveva causato una guerra santa tra Hyarbor e le altre regioni del continente e che aveva visto, alla fine, lo scisma rientrare, i monasteri delle nuove religioni distrutti ed i loro seguaci sterminati senza pietà.
Un capitolo molto oscuro della storia di Ishtar che aveva lasciato segni molto profondi nei popoli che l’abitavano.
Nonostante tutto però decisero che non c’erano pericoli nell’accamparsi tra le mura diroccate del vecchio monastero e facendo attenzione più al rischio di eventuali crolli che ad altro si addentrarono all’interno della struttura per vedere se magari era rimasto qualcosa da vendere.
E fu li che incontrarono Soda.
Impegnato nel cercare testi sacri della religione che si adorava in quel monasteri eventualmente scampati all’opera di distruzione. Ricerca che a quanto disse non gli aveva portato altro che un forte mal di schiena per tutti i lastroni di pietra che aveva dovuto spostare. E fu cosi che, quando gli raccontarono che stavano andando alla ricerca di un tempio degli Antichi si propose per accompagnarli affermando che uno studioso delle arti antiche poteva essergli utile per decifrare eventuali simboli che potevano nascondere preziose informazioni per trovare il tesoro, aggiungendo, inoltre che, era anche un valente guaritore, cosa che convinse i tre ad accettare la sua proposta.
In fondo il viaggio non era scevro di pericoli, ed avere un guaritore con loro poteva essere decisamente utile.

Il suono di passi pesanti lo fece voltare di scatto mentre la mano corse veloce allo spadone che aveva poggiato per terra vicino a lui.
- Sono io - gli disse il nano Gobert alzando le mani - lo sai che ti stanno cercando tutti? - poi gli si avvicinò andando a piantarsi a gambe larghe di fronte a lui - Olsen ha diviso l’oro che hai portato, manchi solo tu a prenderti la tua parte di tesoro -
- Ero andato a cercare un posto dove, insomma, dovevo - cercò di spiegarsi - e mi sono perso per qualche minuto a guardare la valle - poi facendo forza sulla spada si mise in piedi - mi sento a pezzi - non voleva dirgli la verità, che si era allontanato da loro perché gli faceva male vederli sapendo che ben presto si sarebbero divisi - spero che mi abbiate lasciato la mia parte di oro -
- Se qualcuno avesse provato a prendertela adesso la troveresti con una mano attaccata - cercò di scherzare Gobert, per un nano fare dell’ironia è decisamente difficile e difatti non è che gli riuscì molto bene, anche se Obert, capendo che stava cercando di farlo sorridere, accennò una leggera risata che nell’animo lo ferì ancora una volta. Era da meno di un mese che li conosceva, Deadlight, poi, erano appena dieci giorni, eppure sapeva benissimo che gli sarebbero mancati. Compreso Gobert, quel nano dalla testa più dura della roccia che rompeva nelle miniere di Salomon quando lo avevano incontrato, privo quasi completamente del senso dell’umorismo ma forte come un toro e sempre pronto ad aiutarti quando ce n’era bisogno

Lui, Olsen, Butch e Soda lo avevano incontrato una mattina passando dalle parti delle miniere di Salomon, un complicato intrico di gallerie e caverne scavate nel fianco di una montagna per estrarre un minerale simile al vetro ma centinaia di volte più resistente del ferro che veniva usato per la fabbricazione di armi ed armature.
Gobert vi era stato costretto a lavorarci per ripagare una scommessa che avventatamente aveva fatto con il capomastro della miniera, un nano dall’aria malaticcia che lo aveva sfidato ad una gara di bevute. Se avesse vinto Gobert se ne sarebbe andato da li portandosi via vetro a sufficienza per un’armatura completa mentre se avesse perso sarebbe rimasto li a scavare vetro fin quando non ne avrebbe accumulato la stessa quantità.
E credetemi, per un’armatura completa ce ne vuole veramente tanto.
Gobert era sicuro di vincere. Fino ad allora non aveva incontrato nessuno, ne nano ne uomo, ne mezz’orco, capace di ingurgitare tanta birra quanto lui e non credeva certo che quel nano dall’aspetto quasi prossimo alla fossa potesse batterlo.
Quando si risvegliò, molte ore dopo, con un mal di testa dalle dimensioni epiche vide quel nano cosi prossimo alla fossa che lo guardava con un piccone in mano ed una cesta che avrebbe dovuto riempire di minerale prima di potersene andare.
Quando Obert e gli altri passarono di fronte alla miniera lo videro che stava litigando con il nano capomastro.
Dagli urli che i due si lanciavano si capiva chiaramente che Gobert accusava il capomastro di alleggerire la cesta mentre lui dormiva mentre il capomastro lo accusava di lavorare troppo lentamente e di approfittarsi della sua gentilezza nel dargli vitto e alloggio quando invece avrebbe dovuto lavorare completamente gratis, e che, se anche una volta o due aveva preso dei pezzettini di vetro dalla cesta era solo per ripagarsi di tutto il cibo e la birra che mangiava e beveva invece di lavorare.
La litigata stava andando avanti da un bel po’ di tempo ed oltre a Obert e al resto del gruppo si era assiepata intorno ai due contendenti anche una piccola folla di minatori che, lasciato il proprio lavoro, erano corsi fuori dalle caverne per vedere cosa stava accadendo parteggiando chi per uno chi per l’altro ed urlando incitamenti a mettere mano alle asce e far vedere di cosa erano capaci.
E sembrava proprio che sarebbe stato quello l’esito di quella sfuriata, se non che, ad un certo punto Soda si fece avanti mettendosi tra i due nani per cercare di riportare la pace tra i due rimediandoci uno spintone che lo fece rotolare per alcuni metri. A quel punto Obert non ci vide più e vedendo un membro del suo gruppo in difficoltà sfoderò la sua spada intimando al nano capomastro di chiedere scusa a Soda e lasciare libero Gobert che, a suo dire aveva già riempito la cesta un numero di volte sufficiente non per una armatura ma per molte di più.
Bisogna dire che quando due nani litigano fanno spesso ricorso al nanico, la loro lingua primordiale, a volte contaminata con dialetti di altre regioni, e capire appieno quello che si dicono non sempre è facile. Ed Obert per l’appunto, non aveva proprio del tutto ben capito quello che era successo e quello che si erano detti. Aveva visto Soda spintonato in malo modo e quasi automaticamente aveva deciso che quello doveva essere il cattivo della situazione.
Come era prevedibile Obert venne disarmato con una facilità estrema dal tozzo nano che, sicuramente mancava di tecnica nell’uso della sua ascia ma non mancava certo di forza. Il colpo che Obert ricevette sulla spada quasi gli spezzò i polsi e lo costrinse a lasciare andare la sua arma. Quasi subito una mezza dozzina di coltelli sibilarono sfiorandogli la testa ed andando a piantarsi ai piedi del nano mentre Olsen si sistemava al suo fianco con lo spadone in pugno.
La situazione sarebbe stata di stallo.
Non avevano nessuna intenzione di uccidere quel nano, anche perché Olsen e gli altri avevano capito un po’ più di Obert e ritenevano che fossero i due nani a vedersela per decidere chi aveva torto e chi ragione, ma ormai avevano estratto le armi e a Ishtar se estraevi le tue armi poi dovevi essere conscio che le avresti anche dovute usare.
Fu Gobert che li trasse dall’impaccio proponendo al nano capomastro una nuova sfida. Chi, nel tempo che una botte si svuotava dell’acqua da una piccola fessura nel fondo avesse raccolto più minerale avrebbe vinto.
Se avesse vinto lui, se ne sarebbe andato via, mentre se avesse perso, sarebbe rimasto a scavare minerale per due armature complete.
E fu cosi che Gobert, nano errante e vagabondo, si unì al gruppo e si diresse insieme a loro verso il passo di Hyargard nella catena montuosa omonima dove, secondo la pergamena che Obert aveva portato con se dalla sua città natia c’era un tempio dedicato agli Antichi che conteneva oro e pietre preziose

Dopo che anche Obert ebbe preso la sua parte d’oro il gruppo di avventurieri si rimise in marcia scendendo dalla catena montuosa di Hyargard dal lato sud verso la Piana di Mezzo, un enorme distesa pianeggiante sulla quale sorgeva il Bosco dei Cuccioli, una immensa foresta che si diceva fosse abitata dalle fate e dove quasi nessuno si avventurava per paura delle storie che circolavano su quel bosco.
Le fate erano indiscutibilmente belle ma erano anche indiscutibilmente capricciose. Se gli eri simpatico forse potevi sperare di riuscire ad attraversare il loro bosco ma se ti prendevano in antipatia non avevi nessuna possibilità di uscirne vivo.
- Dove andiamo adesso? - domandò Obert stando al fianco di Olsen insieme a Butch mentre Deadlight gli camminava poco dietro insieme a Soda. Gobert serrava la fila facendo da retroguardia.
- Da qui Urbis è la città più vicina - gli rispose - quattro, cinque giorni forse di marcia, di meno se riuscissimo a mettere le mani su dei cavalli -
- E se discendessimo il fiume a bordo di una zattera - intervenne improvvisamente Soda portandosi avanti - una volta raggiunto Lago di Negro potremmo raggiungere Flatline, è molto più grande di Urbis e troveremo dei cambiavalute più generosi -
- Soda ha ragione - annuì Butch - ed il Hyargard è navigabile per tutto il suo percorso fino al lago, solo vicino alla sorgente è pieno di rapide ed ha una corrente troppo forte -
- Tu cosa ne pensi Gobert? - si voltò verso il nano Olsen.
- Umph - sbottò - l’acqua non è il mio elemento naturale, se fosse birra sarebbe diverso ma verrò con voi, non sono pratico di come si cambia l’oro in monete e la consulenza di un ladro mi sarà utile -
- Deadlight tu sei con noi? - gli domandò Obert voltandosi a guardarla e ricordandosi improvvisamente di quando l’aveva vista per la prima volta, nel Bosco Oscuro.

Dalle miniere di Salomon dove avevano incontrato Gobert si stavano dirigendo verso il passo di Hyargard, ma prima avrebbero dovuto decidere se attraversare il Bosco Oscuro o se passargli di lato allungando il viaggio di qualche giorno.
In tutta Ishtar non c’era bosco, foresta o anche quattro alberi in croce che non fossero al centro di una qualche storia.
C’era il Bosco dei Cuccioli con le loro fate, la Foresta del Peccato Originale di cui si diceva che al suo interno ci fosse una radura con al centro un gigantesco albero secolare con un serpente avvintovi che tramutava in sale chiunque si avvicinava troppo, e il Bosco Oscuro dal quale nessuno era mai tornato indietro.
Tutte storie buone per spaventare i bambini e qualche viandante, ma sicuramente non loro.
Gobert raccontò loro di essere già passato per alcuni di questi luoghi e di non aver mai visto o sentito nulla di strano.
Certo, poteva esserci sempre qualche rischio ad attraversare un bosco, soprattutto di notte. I predoni spesso si appostavano tra la vegetazione e gli alberi per tendere delle imboscate e non bisognava neanche trascurare il pericolo dato dagli animali. Occorrevano occhi sempre aperti ed orecchie allenate a sentire i cambiamenti delle voci della natura, ma lui, disse loro, in anni e anni di vagabondaggi non aveva mai trovato nessun pericolo che non si potesse sconfiggere con un colpo ben assestato di ascia o di spada.
Decisero quindi di attraversare il Bosco Oscuro e di accamparvisi per la notte facendo dei turni di guardia.
E fu proprio durante il turno di guardia di Obert che uno strano rumore lo distolse dai suoi pensieri. Non sembrava provenire da molto distante, forse una decina di metri e, presa la sua spada ed accesa una torcia dal fuoco che ardeva al centro dell’accampamento, si diresse verso il punto da cui aveva sentito provenire il rumore.
Fatti pochi passi udì di nuovo il rumore provenire, però, da un punto diverso dal primo. Nervosamente si voltò verso la nuova direzione e, cercando di guardare oltre l’oscurità della notte, avanzò interrompendosi di nuovo, dopo pochi passi a causa di un nuovo rumore proveniente da un punto ancora diverso.
Si stava innervosendo. Sembrava quasi che qualcuno stesse giocando con lui. Quando udì di nuovo il rumore, ancora da un altro punto, rimase fermo ad attendere e, quando questo si ripeté, sempre nella stessa direzione ma chiaramente più vicino spiccò una corsa cercando di scoprirne l’autore prima che si spostasse di nuovo e, trascinato dalla sua stessa foga inciampò in una corda tesa a pochi centimetri dal suolo e coperta da ramoscelli e foglie secche finendo sdraiato a terra.
Un attimo dopo avvertì qualcosa di freddo e duro premergli sulla gola.
Aveva fatto la conoscenza di Deadlight

- Io credo tornerò a Bosco Oscuro - mormorò indecisa - da qualche parte troverò dove poter cambiare l’oro in monete e comprare ciò che mi serve - poi spiò il volto di Obert per cercare di capire la sua reazione - quando ci siamo incontrati stavo dando la caccia a dei bracconieri che uccidono le creature del bosco con delle trappole -

Deadlight era capitata a Bosco Oscuro alcuni mesi prima.
Era stata cacciata dal suo villaggio a Bosco Sacro e per questo si era rifugiata a Bosco Oscuro dedicandosi alla protezione degli animali.
Prima di venir cacciata dal suo popolo si era distinta nello studio della magia naturale ed aveva abbracciato la fede di Lithis, la dea della natura, diventando vegetariana e dedicandosi alla cura e alla protezione degli animali, dei boschi, delle acque, per cui quando scoprì che nel Bosco Oscuro alcuni bracconieri avevano piazzato delle trappole per catturare ed uccidere gli animali del bosco aveva deciso che li avrebbe cacciati da quel posto.
E fu cosi che quando vide il gruppo di Obert entrare nel bosco pensò si trattasse di altri bracconieri venuti a sostituire quelli che aveva cacciato e, dopo averli osservati per un po’ ed aver deciso che tra tutti il meno pericoloso era il più giovane che sebbene fosse vestito da guerriero non ne aveva proprio l’aspetto, attese la notte per mettere in atto il suo piano.
Attirarlo lontano dal gruppo e convincerlo ad andar via.
Quando la mattina dopo i suoi compagni non lo avrebbero trovato si sarebbero convinti che c’era qualche maledizione nel bosco e sarebbero andati via. Con gli altri due gruppi di bracconieri era già accaduto e non vedeva perché non sarebbe dovuto accadere lo stesso anche con questo.
E quando toccò a lui montare la guardia iniziò a fare dei piccoli rumori spostandosi rapidamente da un punto all’altro del bosco per attirarlo lontano dal campo e fargli perdere l’orientamento.
Fu persino più facile di quanto aveva pensato.
Ad un certo punto il ragazzo si era messo a correre ed era finito praticamente senza bisogno di nessun’altro incoraggiamento nella trappola che gli aveva preparato. In un lampo gli fu accanto, gli poggiò la lama della sua spada sul collo e premette fino a far stillare qualche goccia di sangue. Non lo voleva uccidere se non ne era proprio costretta, ma doveva fargli capire che lo avrebbe fatto senza alcuna pietà se non avesse fatto ciò che voleva.

- Allora ti converrebbe tornare indietro e rifare il passo di Hyargard - gli suggerì Gobert - se continui con noi fino al fiume dovrai o rifare la strada fino al passo o girare intorno al massiccio per ritornare al Bosco Oscuro -
- Gobert ha ragione - aggiunse Olsen voltandosi verso la mezzelfa - se vuoi tornare veramente a Bosco Oscuro devi tornare adesso indietro, altrimenti puoi continuare con noi e tornare indietro quando vuoi, oppure rimanere con noi -

Obert sentì la lama premergli sulla carne del collo e quasi subito avvertì la sgradevole sensazione di qualcosa di caldo e umidiccio che gli scolava sul petto.
Non aveva visto chi lo aveva aggredito e subito gli venne in mente che poteva trattarsi di uno di quei tagliagole di cui aveva parlato Gobert. Uno di quelli che si appostano nei boschi per derubare i viandanti.
Bella fine, accidenti, gli venne da pensare. Ammazzato per niente, che poi era quanto aveva nella sua borsa. Neanche una misera moneta d’oro.
E rimase cosi, incredibilmente sorpreso quando alla luce della torcia vide il volto di una ragazza che impugnava la spada che gli premeva sul collo. Non ci mise molto nel capire che era una mezzelfa. Le sue orecchie dicevano tutto.
Se l’avesse incontrata in un'altra occasione forse sarebbe stato molto felice di iniziare una piacevole conversazione con lei. Per quel poco che gli riusciva di vedere era molto giovane, almeno per i parametri di vita dei mezzelfi, forse venti o ventidue anni, ed era anche molto carina.
Ma con una spada premuta sul collo non è che si può conversare piacevolmente e si limitò pertanto solo a lanciare via la sua spada e ad alzare le mani in segno di resa. Se non lo aveva ancora sgozzato forse c’era ancora una speranza di cavarsela. E l’occasione gli capitò quando la mezzelfa spostò la lama dalla gola di Obert.
Non se lo aspettava, o meglio, si aspettava il colpo di grazia e, quando sentì la pressione sulla sua gola diminuire pensò che si trattasse del colpo di grazia e istintivamente alzò le braccia in un disperato tentativo di difendersi.
La mossa colse completamente di sorpresa la ragazza che si sbilanciò cadendo all’indietro lasciando andare la sua spada.
Per alcuni attimi i due si sbirciarono guardando poi la spada che era a metà strada tra loro due e quasi nello stesso istante scattarono ambedue per recuperarla finendo cosi testa contro testa.
Ciò che accadde dopo fu un semplice accapigliarsi per cercare di impadronirsi di una delle due spade che erano rimaste sul terreno, fin quando, attirati dal frastuono che stavano facendo accorse il resto del gruppo che, di fronte a loro due che si stavano rotolando sul terreno si bloccò scoppiando a ridere
Avevano fatto la conoscenza di Deadlight e lei aveva fatto la conoscenza di Obert e del suo gruppo di avventurieri

- Se cambiamo l’oro tutti insieme, potremmo avere un cambio più vantaggioso - mormorò continuando a spiare con la coda dell’occhio Obert per cercare di capire quale fosse la sua reazione - e potrei sempre tornare indietro passando per la pista di Urbis -
- Allora tutti d’accordo! - urlò Soda alzando il suo bastone - Si va tutti al fiume –

copyright © 2006 Suinogiallo

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Quattro Chiacchiere Con L'autore

Hyarbor's Chronicles è un fantasy tanto per iniziare, che deve moltissimo ad altre opere.
I giochi di ruolo stile Dungeons & Dragons tanto per iniziare a fare qualche citazione, i giochi per PC tipo Neverwinter Nights, Morrowind e più recentemente Oblivion, gli anime come Record of Lodoss War ed i romanzi di Conan il Barbaro. Insomma, tutto quello che un appassionato di fantasy di solito legge e guarda oltre che giocare cercando di non uscire troppo dalle piste già tracciate da altri se non per brevi escursioni.
La citazione più evidente in questo primo capitolo è Deadlight che, sia fisicamente sia nel nome somiglia davvero molto a Deedlit, l'elfa protagonista di Record of Lodoss War.
La genesi di questo personaggio è comunque curiosa dato che è nato prima che vedessi Lodoss per una serie di racconti che non hanno mai visto la luce e l'idea per il nome mi venne leggendo IT di King (avete presente quando parla della luce dei morti?) , e per l'appunto Deadlight avrebbe dovuto essere la Morte, o meglio, una delle tante Morte che lavorano all'Ufficio Smistamento Anime.
Questa serie di racconti non l'ho mai scritta (ma non è detto che non lo faccia prima o poi), ma il personaggio era li, con le sue orecchie a punta ed il nome che mi sembrava comunque adatto per una storia fantasy.
Un grazie particolare a Cielo Amaranto (per phantastes) per le correzioni che mi ha suggerito.

Bene, e con questo per il momento è tutto, spero che la storia vi sia piaciuta e a rileggerci alla prossima.
Hasta Luego

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Capitolo 2
*** Obert entra nella Gilda dei Guerrieri ***


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Capitolo II
Obert entra nella Gilda dei Guerrieri

La cittadina di Flatline era situata a ridosso delle sponde del Lago di Negro e da li partivano le imbarcazioni dirette alle isole Negre, un gruppetto di isole con una città, Saspit, in cui era fiorente la magia ed il commercio di pozioni ed artefatti magici, ed ovviamente essendo Flatline collegata commercialmente a Saspit, anche in questa cittadina non erano pochi i mercanti che esponevano nei loro negozi e sulle loro bancarelle tali articoli.
La magia a Hyarbor era sotto il diretto controllo dei tre Maghi Supremi che vivevano nelle tre grandi città della regione, Necodupolos, Thanatos e Silfid, gestendo il loro controllo sui maghi e sui prodotti magici attraverso la Gilda dei Maghi che aveva proprie sedi un po’ in ogni cittadina della regione.
Se si era un mago e si voleva lavorare usando il proprio potere non si poteva fare a meno di far parte della Gilda.
Nessun mago che non fosse iscritto alla Gilda poteva vendere pozioni o artefatti magici, non poteva insegnare la magia a nessuno, e tanto meno poteva usare la magia a pagamento o assumere lavori da maghi.
Lo statuto della Gilda era chiaro a tal proposito e chiunque fosse venuto a conoscenza di un mago non iscritto alla Gilda che vendeva pozioni, artefatti o che metteva la propria magia al soldo di qualcuno aveva l’obbligo di denunciarlo alla più vicina sede della Gilda che avrebbe provveduto verso il colpevole o inviando qualcuno o chiedendo alla Gilda dei guerrieri di intervenire in sua vece.
- Non vedo l’ora di cambiare il mio oro - disse Soda vedendo le insegne di Flatline sventolare sopra le due torri di guardia che proteggevano l’accesso della città - so che qui si possono trovare dei trattati di magia molto rari ed interessanti - poi voltandosi verso Deadlight - e poi voglio passare alla sede locale della Gilda dei maghi per farmi addestrare nell’alchimia, so qualcosa ma per fare buone pozioni occorre molto addestramento, dovresti pensarci anche tu, sai un po’ di addestramento nelle arti magiche ti sarebbe molto utile -
- Io non faccio parte di nessuna Gilda - gli rivelò - e non mi interessa, la mia magia viene da Lithis, dea della natura, e non credo che ci sia nessuna Gilda che possa insegnarmi qualcosa -
- La Gilda dei Guerrieri dovrebbe avere una sede qui - mormorò Olsen rivolgendosi ad Obert - dovresti farne parte, se vuoi diventare un guerriero forte e valoroso intendo -
- E perché? - intervenne improvvisamente Deadlight mettendosi tra Obert ed il gigantesco barbaro che rimase per qualche secondo interdetto dalla reazione della giovane mezzelfa - Per ricevere qualche incarico del tipo, vai ammazza quel tipo perché è antipatico a quell’altro tipo? - durante il viaggio aveva sentito varie volte Olsen raccontare al giovane guerriero delle sue missioni compiute per conto della Gilda dei Guerrieri e non sempre era stata d’accordo su quanto diceva.
Un conto era uccidere qualcuno per difendersi o per difendere la vita di qualcun altro un conto era uccidere perché ti veniva ordinato.
- Deadlight - la guardò sorpreso Obert - Olsen ha ragione, posso trovare dei bravi maestri nella Gilda e migliorare le mie tecniche di combattimento -
- Forse non ci hai fatto caso - intervenne Butch rivolgendosi alla mezzelfa - ma il nostro giovane eroe non è proprio un combattente nato, mulina quella spada come le pale di un mulino e, se colpisce il bersaglio una volta su dieci il più delle volte è solo per pura fortuna -
- Già - si intromise nel discorso anche Gobert - Soda lo ha dovuto rappezzare tante di quelle volte che ormai non si contano più, e un po’ di addestramento non gli farebbe male se vuole continuare ad essere un guerriero -
- Secondo me non ne ha la stoffa - mormorò poi la mezzelfa guardando con la coda dell’occhio Obert. Non credeva completamente in quello che stava dicendo, ma non voleva vederlo diventare un assassino a sangue freddo.
Su quello era invece sicura, non ne aveva proprio la stoffa. Se avesse provato ad ammazzare qualcuno solo perché gli veniva ordinato probabilmente sarebbe finito ammazzato lui.
- Deadlight - sussurrò Obert offeso, poi distolse lo sguardo dalla ragazza ed accelerò il passo allontanandosi dal gruppo.
- Mi dispiace - sussurrò la giovane mezzelfa ad Olsen sentendosi qualcosa che gli si stringeva nel petto - è troppo leale ed onesto, non riuscirebbe mai ad uccidere qualcuno solo perché gli viene ordinato -

La piazza principale di Flatline era gremita di ogni genere di essere.
Umani, nani, mezz’orchi, halfling che si muovevano da un posto all’altro, che vendevano o che compravano trattando rumorosamente sul prezzo o sulla qualità degli articoli mentre alcune guardie della città sorvegliavano muovendosi tra la folla ben riconoscibili nelle loro armature lucide e splendenti. Come certi animali, mostravano apertamente la loro forza e la loro pericolosità in modo da dissuadere chiunque a commettere crimini in loro presenza.
La forza e la ferocia delle guardie di Flatline era ben conosciuta in tutta la regione e solo un pazzo si sarebbe messo contro uno di loro.
Il gruppo, appena messo piede in città si era recato nell’unico negozio di cambiavalute e, dopo aver contrattato sul valore dell’oro lo aveva cambiato in monete prendendone subito una borsa a testa e ricevendo una lettera di credito per la somma restante, poi si erano divisi dandosi appuntamento per la sera alla locanda della Spada della Vittoria, e mentre solo Olsen ed Obert erano rimasti insieme, gli altri presero strade diverse.
- Sei sicuro di voler far parte della Gilda? - domandò improvvisamente il barbaro al giovane guerriero che, ancora offeso, stava guardando uno spadone esposto fuori dal negozio di un armaiolo.
- Anche tu la pensi come lei? - gli rispose senza distogliere lo sguardo dall’arma.
- No - cercò di prenderlo in maniera più diplomatica - però, io non ti ci vedo a commettere un omicidio solo perché ti viene ordinato -
- Non mi conosci - si voltò di scatto guardandolo in cagnesco - mi hai incontrato sotto una tettoia, non sai nulla di me, del mio passato come fai ad essere cosi sicuro di cosa potrei fare o di cosa non potrei? -
- Perché penso di essere un buon giudice di uomini - mormorò sostenendo lo sguardo carico di odio del ragazzo.
Non gli aveva mai visto quello sguardo. Ci vide dentro odio, ma anche tristezza, rabbia .
Sostenne quello sguardo ma si sentì qualcosa scorrergli lungo la schiena, come quando guardava lo sguardo di un nemico di cui temeva la forza. Per un attimo ebbe paura che Obert mettesse mano alla sua spada. Quasi pregò che non lo facesse.
Se lo avesse fatto avrebbe dovuto sfoderarla anche lui. E se si sfoderavano le spade si potevano solo usarle. Si sarebbero dovuti battere. E alla fine uno di loro sarebbe rimasto sull’acciottolato di quella strada.
Rimasero cosi, fermi a fissarsi per un paio di minuti, poi Obert abbassò lo sguardo e a bassa voce disse al barbaro che voleva entrare nella Gilda aggiungendo che, però non avrebbe mai ucciso nessuno senza alcun motivo e che voleva solo migliorare la sua tecnica per potersi difendere e difendere le persone alle quali voleva bene.
Olsen sorrise. Deadlight aveva ragione. Non era un assassino a sangue freddo ma un guerriero. E se si fosse ben addestrato sarebbe diventato un gran guerriero, uno di quelli di cui i bardi cantano le gesta per decenni e decenni.

Mentre Olsen ed Obert si fronteggiavano Soda stava spendendo le sue monete per un bastone magico dotato di un incantesimo di fuoco.
Era passato per prima cosa alla Gilda dei Maghi dove aveva incontrato un suo vecchio compagno di studi alla Torre dei Maghi di Thanatos che gli aveva raccontato tra le varie cose anche d aver sentito i mercanti di Flatline lamentarsi dell’aumento dei prezzi degli artefatti magici e delle pozioni da parte dei maghi di Saspit.
Non era nuova quella storia. Già in passato avevano aumentato i prezzi ed il consiglio della Gilda era dovuto intervenire intimandogli di ridurre l’aumento dei prezzi.
Ma, come il suo amico gli raccontò, la Gilda era già intervenuta inviando un suo rappresentante per chiedere la riduzione dell’aumento, non riuscendo però ad ottenere altro che un secco rifiuto.
Se avessero ignorato anche il secondo avviso che, a detta di tutti i maghi doveva essere prossimo, la Gilda sarebbe stata costretta ad intervenire con sistemi molto più drastici. E ciò poteva voler dire solo una cosa. Una guerra tra i maghi di Saspit e la Gilda dei maghi. Ed i tre Maghi Supremi non sarebbero di certo stati a guardare.
Era risaputo che tra loro tre non ci fosse armonia e che se riuscivano ad andare d’accordo era solo perché c’era molta più convenienza nello stare insieme che nel separarsi. Ma in caso di una guerra tra la Gilda ed i potenti maghi di Saspit sostenuti dal mago supremo di Thanatos, quest’ultimo probabilmente si sarebbe schierato con i maghi isolani causando cosi una spaccatura all’interno del potere e dando vita ad una probabile guerra di magia su scala molto più ampia.
Personalmente Soda non seguiva nessuna delle tre correnti magiche principali, Thanatos, dove aveva studiato, che si concentrava maggiormente sulle arti oscure, la necromanzia, Silfid, rivolta alla magia illuminata, e Necodupolos, i cui maghi erano considerati veri maestri nell’arte dell’evocazione e dell’alchimia. Dopo aver iniziato gli studi alla Torre dei Maghi di Thanatos, si era spostato a Silfid e li aveva appreso la magia guaritrice.
Vagando di città in città, aveva infine appreso varie altre arti magiche, cercando però di rimanere sempre fedele a ciò che voleva essere, un guaritore ed uno studioso.
Però, se ci fosse stata una guerra avrebbe dovuto schierarsi da una parte o dall’altra, e la cosa non lo attraeva per niente.

- Non credo che quei guanti siano adatti a te - le disse Gobert comparendo accanto alla giovane mezzelfa ferma di fronte al banchetto di un mercante con lo sguardo fisso su di un paio di guanti - io sceglierei più un ciondolo o un anello, o anche una cavigliera - poi gli tolse di mano il paio di guanti in pelle - se stessi scegliendo qualcosa per te, ovviamente, però se questi guanti fossero per un certo guerriero molto giovane, penso che la scelta non potrebbe essere migliore -
- Lo puoi dire forte nano - gracchiò il mercante - la miglior pelle di Squidrok, conciata a regola d’arte e con un incantesimo di presa salda, al prezzo a cui li vendo sono quasi regalati -
- Pensi che potrebbero essergli utili - gli domandò la mezzelfa.
-I guanti che ha adesso sono ridotti male ed in più, un piccolo aiuto magico potrebbe essergli davvero utile - rispose ridandogli i guanti.
- Credi che entrare nella Gilda dei Guerrieri sia una scelta saggia? - cambiò discorso mentre pagava i guanti.
- Hyarbor non è una regione pacifica e fuori dalle città ci sono decine di briganti pronti ad ammazzarti per gli stracci che indossi, ed anche gli animali non sono sempre amichevoli - mormorò - hai visto come combatte, si muove come un damerino cresciuto nella bambagia, sa parare, e sa muoversi bene quando è in difesa, ma in quanto all’attacco, per Crowl, non sa proprio cosa sia, senza contare che non si preoccupa minimamente di quello che gli accade intorno, per lui l’unico suo avversario è quello che ha di fronte, come se tutti gli altri se ne stessero fermi a guardarlo combattere, se al passo di Hyargard non ci fosse stata una certa mezzelfa a proteggergli le spalle, adesso avrebbe una bella ascia che gli spunta dalla schiena - aveva ragione, si ricordò Deadlight, in quell’occasione lo aveva protetto da alcuni attacchi alle spalle di cui lui non si era minimamente reso conto - la Gilda farà di lui un buon guerriero se non finirà ammazzato prima, ovviamente -

Butch, non appena separatosi dal gruppo andò subito alla ricerca di una taverna nella zona del porto, poi ordinò da bere e, tirati fuori i suoi dadi iniziò a fare qualche tiro cosi, tanto per scaldarsi ed attirare l’attenzione di qualche pollo da spennare.
Era più forte di lui. Aveva una borsa letteralmente stracolma di monete d’oro, ed una lettera di credito per decine di altre borse simili, ma non appena metteva piede in una città il suo istinto lo conduceva invariabilmente in qualche bettola malfamata a cercare qualche sprovveduto da spennare.
Flatline era una città ricca, piena di mercanti e di gente con borse piene d’oro, ed anche in quella bettola malfamata, non poté non notare il flusso d’oro continuo che cambiava di tasca in tasca con la facilità con cui lui stava lanciando i suoi dadi muovendoli nella tazza per far uscire i numeri che voleva lui.
E soprattutto notò una fila di persone di fronte ad un tavolo d’angolo dove se ne stava seduto un uomo vestito con una lunga tunica di velluto verde con i bordi d’oro e lo stemma di Saspit.
Sul tavolo c’era un’esposizione di ampolline e di piccoli oggetti che andava sempre più assottigliandosi mentre la borsa dell’uomo si gonfiava sempre più di monete d’oro.
Lo osservò per quasi un’ora, poi passò i suoi dadi ad una delle persone che stava giocando con lui e, andò a sedersi di fronte al mago.
- Spiacente amico, ho finito tutto - lo apostrofò vedendolo sedersi - torna domani e se vuoi qualcosa di particolare, dimmelo adesso -
- Non compro - gli lanciò un sorriso viscido ed untuoso - ho visto che hai guadagnato molto, non vuoi una scorta per tornartene a casa? Solo cento monete ed i miei coltelli sono al tuo servizio -
- Per farmi derubare da te non appena fuori da qui? - gli ricambiò il sorriso viscido - so difendermi - e alzatosi, gli mise una mano sulla spalla destra. Un bruciore urente gli scese dalla spalla fino a tutto il braccio facendolo quasi lacrimare.
- Riprenderai l’uso del braccio tra un paio d’ore - continuò a sorridergli mentre Butch si teneva il braccio diventato del tutto insensibile e privo di forza, poi si allontanò dal tavolo fermandosi accanto al gruppetto che poco prima il ladro aveva ripulito ai dadi - vi serva da lezione, mai giocare con un baro -
-Oh merda - latrò vedendo il gruppetto alzarsi ed iniziare ad avvicinarsi a lui con fare minaccioso.
Con un gesto rapido del braccio sinistro afferrò qualche moneta d’oro dalla borsa e le scagliò contro il gruppetto di truffati, poi approfittando dell’attimo di distrazione si gettò attraverso una finestra ed iniziò a correre.

- E cosi vorresti entrare nella Gilda dei guerrieri - lo squadrò con una aria di sufficienza Arethis, il capo della Gilda di Flatline, una donna guerriero dall’aria imponente e dalla bellezza fredda di una spada - morirai ancor prima di aver compiuto la tua prima impresa per la Gilda - poi si voltò verso Olsen - ti conosco, sei il barbaro che ha sconfitto Garwash, cosa ti spinge ad accompagnarti a questo moccioso? -
- Stiamo parlando della mia richiesta di entrare nella Gilda - la interruppe Obert meritandosi un occhiataccia da parte di Olsen - poi, potrà intavolare tutte le discussioni che vuole con Olsen -
- Bene! - gli puntò addosso uno sguardo decisamente poco amichevole.
Aveva mancato di rispetto ad un capo Gilda interrompendolo mentre stava parlando. Non l’avrebbe passata liscia.
- Vuoi entrare nella Gilda dei guerrieri bene - continuò - dovrai dimostrarmi di esserne degno -
- Come e dove? - gli domandò con un tono di sfida.
Di bene in meglio, gemete Olsen tra se.
Se prima Arethis si sarebbe forse limitata a dargli una lezione, adesso lo avrebbe probabilmente ucciso.
- Seguimi - gli ordinò seccamente conducendoli poi attraverso una serie di corridoi e di scale in una grossa stanza circolare sotto il piano della strada.
Appese alle pareti c’erano armi di ogni tipo foggia e dimensioni e, a coppie o da soli alcuni guerrieri si stavano addestrando al loro uso prendendone o riponendone altre.
- Fermi tutti - urlò entrano nello stanzone. Al suono della sua voce tutti i guerrieri si bloccarono di colpo abbassando le armi e voltandosi verso di lei - abbiamo un moccioso che vuole entrare nella Gilda e che deve esser valutato -
Un suono gutturale emerse dalle gole dei guerrieri che salutarono il loro capo Gilda alzando le armi e facendole tintinnare.
- Linna è compito tuo! - disse infine Arethis raggiungendo il centro della stanza.
- Come vuoi - si fece avanti improvvisamente una ragazza armata con una lancia e vestita con una corta tunica color avorio che faceva risaltare la sua pelle leggermente abbronzata e metteva in mostra un tatuaggio rosso e nero sulla coscia sinistra. Dalle lunghe orecchie aguzze Obert capì che si trattava di una mezzelfa proprio come Deadlight, forse di qualche anno più grande di lei, ma dotata della stessa bellezza che aveva notato in Deadlight la prima volta che l’aveva vista. Sopra la tunica indossava soltanto uno spallaccio sulla spalla di destra ed un bracciale sullo stesso braccio.
Guardando di nuovo il tatuaggio Obert si ricordò di averlo già visto.
Deadlight ne aveva uno identico, però sulla coscia di destra.
- Cos’è questa? - mormorò guardando la ragazza che raggiungeva il centro della stanza - Una presa in giro? Dovrei dimostrare di essere degno di entrare nella Gilda battendomi contro… - le parole gli vennero troncate in gola da un urlo della ragazza che scagliò la lancia contro un fantoccio protetto da un armatura e da uno scudo. La vista della lancia che dopo aver perforato sia lo scudo che l’armatura ed il fantoccio continuò la sua corsa andando infine a piantarsi contro il muro gli gelò il sangue nelle vene.
Anche se era una ragazza, non era assolutamente da sottovalutare.
D’accordo, quella era la prima lezione, adesso doveva preoccuparsi di rimanere vivo per le successive.

Tutti gli altri guerrieri si erano spostati per far posto a loro due mentre Arethis, rimanendo al centro iniziò a spiegargli le regole dello scontro.
- Sarete liberi di usare qualsiasi arma sulla quale riuscirete a mettere mano - iniziò - e qualunque tecnica di combattimento corpo a corpo, ma niente magia, siamo la Gilda dei guerrieri in fondo – poi si voltò verso Obert scagliandogli uno sguardo chiaro e preciso - l’avversario potrà essere ferito ma non ucciso, tuttavia qui non valgono le regole del primo sangue in uso tra gli smidollati delle accademie delle regioni del sud – non ne sarebbe uscito illeso - il combattimento avrà termine per la resa e per l’inabilità alla lotta di uno dei due - poi, alzò le braccia verso l’alto, guardò prima Linna con un sorriso, poi Obert con un ghigno, ed infine calò ambedue le braccia dando il via al combattimento.
La ragazza mezzelfo scattò subito come un gatto affondando la lancia verso l’addome di Obert che scansò il colpo solo per pura fortuna sentendo però l’acciaio della punta della lancia graffiargli il corpetto di cuoio. Un secondo dopo venne colpito da una botta di taglio alle gambe e, prima ancora che potesse rendersi conto di quanto stava accadendo, la lancia lo colpì ancora di taglio all’ascella destra.
Il silenzio che aveva segnato l’inizio del combattimento era stato subito sostituito dalle grida dei guerrieri che incitavano la loro compagna e deridevano il giovane guerriero. Tutti loro avevano perso almeno una volta contro quella ragazza mezzelfo, ma nessuno si era dimostrato cosi inetto come quel ragazzo.
Olsen se ne stava invece in silenzio. Quella lezione sarebbe servita a Obert. Se ne fosse uscito vivo ovviamente. Anche se le regole non prevedevano la morte di uno dei due non era raro che ferite anche apparentemente leggere portavano alla morte il guerriero per delle infezioni.
Con una serie incredibilmente veloce di affondi e di colpi di taglio Linna era riuscita a disarmare Obert che, dolorante stava cercando di schivare i colpi. Aveva varie ferite su tutto il corpo. Niente più che graffi, ma tutti sanguinavano e, a guardarlo sembrava incredibile come potesse ancora reggersi in piedi. In più, uno degli ultimi colpi di taglio lo aveva colpito alla testa aprendogli una ferita che gli aveva ricoperto di sangue tutto il volto rendendolo una maschera sanguinolenta.
L’esito dello contro sembrava ormai deciso quando accadde l’imprevedibile.
Linna, tentando di mettere fine al combattimento colpì di taglio alle gambe Obert mandandolo a terra e poi, affondò la lancia mirando alla coscia di destra. Cosi impalato, pensò, si sarebbe dovuto arrendere.
Ma quando ormai la punta della lancia era a pochi millimetri dal bersaglio con una torsione del busto Obert si portò fuori tiro e la lancia si piantò a terra. Un secondo dopo, il ragazzo, con una seconda torsione colpì sia la ragazza che la lancia e, mentre quest’ultima si spezzava in due parti, Linna, in parte già sbilanciata dal colpo che aveva sferrato, finì a terra. Quando tentò di rialzarsi si sentì pungere la gola da qualcosa di acuminato.
Obert aveva afferrato la punta della lancia e usandola come un coltello glielo aveva puntato alla gola.
- Dichiara la tua resa! - gli urlò tenendola ferma a terra con il peso del suo corpo.
- No! - gridò guardando gli occhi del ragazzo e vedendoci la sua morte. La punta della lancia gli morse il collo facendone stillare alcune gocce di sangue.
- Dichiara la tua resa - gli urlò di nuovo Obert.
- Lo scontro è finito - decretò improvvisamente Arethis - Obert è il vincitore - i guerrieri avevano smesso di gridare e adesso guardavano tutti impressionati quel moccioso che aveva sconfitto il campione della loro Gilda.
- Uff - sospirò gettando via la punta della lancia e spostandosi da sopra il corpo della ragazza. Solo allora si rese conto di averla leggermente ferita al collo - mi dispiace di averti ferito -
- Io ti avrei ucciso! - gli gridò in faccia alzandosi di scatto. Si voltò verso Arethis e si inchinò - Ho perso -
- Hai combattuto con valore e bravura - la consolò con un sorriso - adesso vai a medicarti il collo, poi medicherai il tuo avversario -
- Come vuoi - mormorò abbassando lo sguardo.
- A Soda verrà un colpo - sorrise Olsen raggiungendo Obert che, intanto, esausto stava ancora seduto sul pavimento - sembra che tu sia stato calpestato da una mandria di centozampe cornuti - poi, ridendo gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi.
- E’ mio compito! - gli scansò la mano con un gesto secco Linna - Mi devo occupare di lui adesso - poi si chinò sul ragazzo e lo aiutò a rimettersi in piedi - vieni, ti medicherò nella mia stanza - e voltandosi verso Olsen - Arethis vuole parlarti -

Le acque del lago erano cosi invitanti.
Deadlight era uscita dalla cittadina subito dopo aver comprato i guanti per Obert e si era fermata sulla riva del lago a guardare le imbarcazioni che si allontanavano dal porto per dirigersi verso Saspit o per andare a gettare le reti per la pesca. Il suo sguardo era stato poi attratto dalla gigantesca colonna che si ergeva al centro del lago e saliva verso il cielo fino a scomparire oltre le nuvole. Sulla sua dura pietra erano incisi dei caratteri di una lingua ormai sconosciuta a tutti.
Poi si era guardata intorno e, dopo essersi accertata di essere completamente da sola si era tolta gli stivali ed aveva immerso le gambe nelle acque sentendo subito dei brividi salirgli lungo le gambe. L’acqua era fredda ma non cosi tanto da darle fastidio, anzi, era piacevole.
Stava quasi per decidersi a spogliarsi e a farsi un bagno quando una voce la chiamò facendola voltare.
- Dico non vorrà mica farsi il bagno? - le disse un halfling guardandola divertito da sopra una roccia.
- E’ forse vietato? - gli rispose guardandolo. Era alto una cinquantina di centimetri ed era largo quasi altrettanto. A Deadlight per poco non scappò da ridere. Ne aveva visti di tipi strani ma quell’halfling li batteva tutti. Sembrava quasi una palla tanto era grasso e basso.
- Dico certo che no - sorrise - dico le acque del lago sono di tutti -
- E allora perché non dovrei farmi il bagno se ne avessi voglia? - gli domandò tornando sulla riva e controllando con lo sguardo se gli stivali e, soprattutto, i guanti fossero ancora al loro posto. Gli halfling erano noti per essere dei ladri particolarmente agili e anche se non riusciva proprio a vedere quella palla fare il ladro preferì controllare lo stesso.
- Dico perché a pochi metri da qui c’è una tana di pesci mattatoio - rispose.
Per quanto Deadlight tentò di mantenersi calma non poté non rabbrividire. I pesci mattatoio erano le creature acquatiche forse più pericolose di tutta Ishtar. Lunghi quasi due metri, con una bocca irta di denti piccoli ed aguzzi ed una pelle talmente ruvida da causare gravi ferite anche solo per un contatto accidentale.
Dovevano il loro nome alla ferocia con cui attaccavano le loro prede, sia che fossero da soli sia in branco. Salvarsi da un assalto anche di un solo pesce mattatoio era molto difficile, figuriamoci salvarsi da un assalto di un branco intero.
- Non lo sapevo grazie - ringraziò l’halfling obeso - io mi chiamo Deadlight, ed è la prima volta che vedo il Lago di Negro -
- Dico piacere Deadlight - la salutò - dico il mio nome è Roscoe, e dico cosa ti porta a Flatline? -
- Sono venuta qui insieme ad un gruppo di avventurieri - gli disse rimanendo sul vago. Ancora non aveva capito che tipo era questo Roscoe e anche se gli era grata per averla avvertita della tana dei pesci macellai, non voleva dargli troppi particolari. E soprattutto non voleva fargli sapere che nella sua borsa c’era un piccolo tesoro in monete d’oro.
- Dico un avventuriera, dico io sono un custode - gli disse - dico un avventuriera, che Yondalla ti benedica, dico un avventuriera, proprio ciò che mi serviva - poi, con un agilità che Deadlight non avrebbe mai sospettato in quella palla di lardo saltò giù dalla roccia e gli si fermò di fronte - dico forse ho un compito da affidarti, dico ci sono rischi, ma c’è molto da guadagnare -
- Non so se - iniziò a dire. Erano appena tornati da una avventura e non avevano problemi di denaro, non era certa che il resto del gruppo avrebbe accettato quella missione.
- Dico non devi darmi una risposta subito - le disse Roscoe - dico ascolta prima cosa c’è da fare, poi mi darai la tua risposta - e tirato fuori da una borsa che portava a tracolla un grosso pezzo di carne, lo lanciò nel lago proprio dove la mezzelfa stava per farsi il bagno. Un ribollire di schiuma avvertì della presenza di un grosso pesce mattatoio che si stava servendo della carne lanciatagli dall’halfling - dico sono sempre affamati -
- Già - gorgogliò Deadlight guardando la schiuma. Se non fosse stato per lui adesso, al posto di quel pezzo di carne ci poteva stare lei. Rabbrividì per un attimo spostando lo sguardo da un’altra parte.

- Vuoi qualcosa da bere? - gli offrì Arethis non appena furono nella stanza del capo della Gilda
- Si - mormorò Olsen guardandosi intorno. Non che si fosse aspettato una stanza arredata con gusto femminile, in fondo Arethis era una guerriera, ma quello che vide lo sorprese non poco. Tranne un letto, un cassettone per i vestiti e qualche scaffale dove erano impilati dei libri non c’era altro. Tutto il resto dello spazio era ingombro di armi dalla foggia più strana. C’erano spadoni del sud, con le else istoriate e le lame con sopra incise delle rune, delle asce da guerra con i manici lavorati, alcune lance poggiate alle pareti. Alcune armature complete erano state sistemate addosso a dei fantocci mentre qua e la c’erano degli schinieri, alcuni copri spalla ed altri pezzi di armatura spaiati e ammaccati. Il magazzino di un armaiolo sarebbe stato molto più ordinato.
- Sono le armi che ho preso ai miei avversari più valorosi - gli rivelò passandogli un bicchiere di ferro con dentro un liquido denso ed ambrato e dall’odore altamente alcolico. Olsen non si fece pregare e lo bevve tutto di un fiato cacciando poi un sonoro rutto - quel moccioso, ha avuto una fortuna sfacciata oggi, Linna è uno dei miei migliori guerrieri e non si è risparmiata, non lo avrebbe ucciso, avrebbe rispettato la regola, ma gli avrebbe fatto molto male -
- Lo immagino - mormorò ripensando al colpo che gli aveva sferrato verso la gamba. Se Obert non si fosse spostato lo avrebbe infilzato sul pavimento spezzandogli probabilmente l’osso della gamba e facendone uno storpio.
- Però ha superato la prova - continuò - e quindi entrerà nella Gilda e sarà addestrato per portare a termine le missioni che vorrà affrontare -
- Lo addestrerai tu? - gli domandò Olsen sentendo l’alcol contenuto nel liquore che aveva bevuto iniziare a spanderglisi nel cervello.
- Certo che no - rise portando indietro la testa e mostrando cosi il collo al barbaro che ebbe quasi l’impulso di affondargli il volto nell’incavo tra il mento e il petto e baciare quella pelle - lo addestrerà Linna -
- Questo potrebbe essere un problema - sibilò tra se il barbaro sentendo venir meno i suoi freni inibitori e desiderando sempre più ardentemente la bocca della guerriera - Deadlight non approverà -
- Lasciati andare barbaro - sussurrò Arethis slacciandosi il corpetto di pelle - lasciati andare -

La stanza di Linna non era tanto diversa da quella di Arethis. Un po’ più piccola, meno ingombra di armi, con un letto addossato alla parete ed un armadio, ma essenzialmente anche quella era la stanza di una guerriera. Su di una mensola appesa alla parete c’erano alcune ampolle piene di un liquido dorato mentre su di un mobiletto vicino al letto in un piccolo braciere fumava un pezzetto di radice di Harvish, una pianta aromatica le cui radici bruciavano molto lentamente sviluppando un profumo denso e rilassante. Forse l’unica concessione femminile che Linna si dava.
- Se vuoi, posso farmi curare da un guaritore - provò a dire alla ragazza Obert. Nel tragitto dallo stanzone alla sua stanza al secondo piano dell’edificio che ospitava la Gilda non gli aveva rivolto la parola neanche per un secondo e non si era neanche voltata per vedere se lo seguiva o meno - sono arrivato qui con un guaritore, è molto bravo e quando stasera tornò dal gruppo posso farmi curare da lui o da… - non lo disse, ma sinceramente sperava che a prendersi cura di lui fosse Deadlight. Si erano lasciati in malo modo, lei aveva sbagliato a dirgli che non era tagliato per fare il guerriero ma aveva ragione nel pensare che non era da lui uccidere qualcuno a sangue freddo. E poi aveva voglia di rivederla per darle il piccolo medaglione che aveva comprato poco prima di arrivare alla Gilda dei guerrieri. Aveva notato che non aveva nessun ornamento femminile e aveva voluto prendergliene uno.
- Stasera non potrai uscire da qui - gli rivolse improvvisamente la parola Linna chiudendo la porta - è la regola della Gilda – e voltandosi a guardare le ampolline sulla mensola - dopo che ti avrò medicato andremo nella sala dei novizi dove passeremo la notte -
- Per fare cosa? - gli domandò.
- Io nulla, dovrò solo starti accanto mentre tu dovrai riflettere sulla tua idea di entrare nella Gilda e domani mattina, dopo che avrai riflettuto, giurerai di rispettare sempre le leggi e le regole della Gilda - gli rispose scegliendo una delle ampolle con il liquido dorato - adesso spogliati e distenditi sul letto -

Lo aveva conciato davvero per bene.
Fu la prima cosa che venne in mente alla mezzelfa vedendo Obert che si toglieva la maglia e rimaneva a torso nudo.
Decine di graffi gli solcavano i fianchi, il torace, la schiena. Qualcuno era vecchio ed era stato trattato con la magia ma molti erano nuovi ed ancora sanguinanti. Sotto l’ascella destra poi, si stava già formando un grosso livido che, Linna ne era certa, l’indomani gli avrebbe fatto un male d’inferno.
- Ti ho detto di spogliarti - lo riprese bruscamente - anche i pantaloni - lo vide arrossire e quasi si vergognò del tono che aveva usato. Che impressione gli stava dando?
- Ti devo medicare - aggiunse rapidamente - sei pieno di ferite e se non le disinfetto potrebbero infettarsi –
Lentamente Obert si calò anche i pantaloni rimanendo in perizoma. Quella era la prima volta che si spogliava davanti ad una ragazza.
Cioè no, non era la prima volta, ma tutte le altre volte che ciò era successo faceva parte del suo passato, di un passato che aveva cancellato e si sentiva cosi nudo ed indifeso che si gettò subito sul letto a pancia sotto per cercare di nascondere quanto più possibile il suo corpo.
- Sei davvero malridotto - mormorò Linna versando il contenuto dell’ampolla dentro una scodella ed iniziando a miscelarlo con una polvere fine fin quando non ottenne una pasta quasi filamentosa. Delicatamente poi, si sedette sul letto ed iniziò a spalmare quella specie di pomata sui tagli e sulle abrasioni cercando di essere il più leggera possibile.
Vestito non gli era parso un gran che ma vedendolo nudo si ricredette almeno in parte.
Non aveva una gran muscolatura certo, ma quel poco che ne aveva era ben modellata e tonica e senza tracce di grasso superfluo. La pelle era liscia e anche se segnata da ferite e contusioni sia vecchie che recenti, non sembrava la pelle di uno abituato al lavoro duro. Non era indurita dal sole battente o segnata dalle malattie. Prima di scegliere la strada del guerriero non doveva aver lavorato nei campi.
Rapidamente cosparse tutte le ferite sulla schiena e sui fianchi poi passò a quelle sulle gambe e, quando ebbe finito anche li, gli ordinò di voltarsi, cosa che Obert fece lentamente. E forse per la prima volta in vita sua Linna arrossì notando che il perizoma gli si era slacciato ed era rimasto sul letto.

Deadlight arrivò alla locanda della Spada della Vittoria quando il sole stava già per calare. Roscoe gli aveva raccontato una lunga storia e lei non si era resa conto del tempo che passava.
Entrò trafelata per la corsa che aveva fatto tenendo stretti in mano i guanti per Obert e si diresse subito verso il tavolo dove aveva visto i suoi compagni in attesa della cena. Soda stava raccontando loro degli ultimi avvenimenti che aveva sentito alla Gilda dei maghi e tutti sembravano molto interessati al racconto.
Una guerra poteva significare buoni ingaggi anche per loro. Come scorte per le carovane o anche come mercenari.
- Scusate per il ritardo - trillò raggiungendoli - Obert, ti ho preso un reg… - lo sguardo gli corse rapido tra i volti che la guardavano. Olsen, Soda, Butch, Gobert, c’erano tutti tranne che Obert.
- Obert si è dovuto fermare alla Gilda - gli disse Olsen. Era arrivato pochi minuti prima con il volto di chi aveva passato le ultime ore in paradiso e anche in quel momento aveva un sorriso beota stampato sul volto - deve meditare prima del giuramento, passerà la notte con il guerriero scelto per addestrarlo -
- Beh, vorrà dire che gli darò domani il mio regalo - sorrise stringendo i guanti mentre in mente gli si formava l’immagine di Obert insieme ad un rude guerriero nano, barbuto e decisamente poco profumato che meditava.
Nessuno ebbe il coraggio di dirle che in realtà il barbuto guerriero nanico era in realtà una giovane e bella mezzelfa.
- Ho incontrato un halfling oggi pomeriggio - si rivolse poi ai suoi compagni - e forse ho trovato qualcosa da fare - poi gli raccontò dell’incontro con Roscoe e della strana richiesta che gli aveva fatto, ovvero di accompagnarlo in una caverna poco distante da li per controllare che una stanza che doveva essere chiusa fosse veramente chiusa - ci pagherà cinquecento monete d’oro a testa -
Aveva pensato che essendo avventurieri avrebbero tutti esultato a quella notizia accettando l’incarico di buon grado, mentre, invece, non sentì altro che dei borbottii al riguardo di certi affari urgenti che avevano da sbrigare.
Olsen gli disse che doveva andare a riprendere Obert alla Gilda e non sapeva quando sarebbe tornato, Butch si ricordò che c’era un certo mago al quale l’aveva giurata, mentre Gobert e Soda, dopo averci pensato su un attimo, gli risposero che non gli andava di muoversi.
- D’accordo - mormorò sentendosi in un certo senso tradita - io però non posso tirarmi indietro, mi ha salvato e quindi l’accompagnerò da sola - poi si sedette ed attese in silenzio la cena.

La stanza del novizio era una stanzetta spoglia e priva di qualsiasi arredamento. Linna ci condusse Obert dopo averlo fatto rivestire. L’unguento che gli aveva spalmato sulle ferite bruciava ancora un pochino ma si sentiva già meglio. Purtroppo non aveva potuto lavarsi ma almeno aveva potuto indossare dei vestiti puliti. Nulla di eccezionale, solo una corta tunica color rosso che Linna aveva preso da una cassa sistemata all’ingresso della Gilda. Gli disse che quella era la cassa comune. Poteva prendere li ciò di cui aveva bisogno, abiti, qualche pozione di guarigione, qualche arma.
Poi aveva raccolto gli abiti del giovane guerriero ed un tintinnio aveva attirato la sua attenzione. Dal corpetto di pelle era caduto un piccolo ciondolo composto da una fettuccia di pelle ed una pietra celestina. Obert non se ne era accorto e, Linna rapidamente afferrò il ciondolo e lo rimise nel fagotto degli abiti.
Non gli chiese di chi fosse o per chi fosse. In fondo, cosa interessava a lei saperlo ma la domanda gli iniziò a ronzare in testa e, quando furono nel chiuso della stanza del novizio, alla luce di una candela, il ronzio si fece sempre più insistente finche non decise di placarlo chiedendo al giovane guerriero di chi fosse il ciondolo.
- Da quanto tempo sei qui? - l’anticipò Obert.
- Dodici anni - gli rispose - Arethis mi ha raccolto che avevo da poco superato i dodici anni, era stata nominata capo di questa sede della Gilda e stava viaggiando per raggiungerla –
- Vengo dal Bosco Sacro, sono scappata dal mio popolo perché era stato deciso che diventassi una vergine sacra di Lithis, la dea della natura – continuò a raccontargli - sono scappata e al mio posto è stata nominata mia sorella - gli scappò una piccola risatina - beata innocenza, pensavo che una volta diventata una vergine sacra dovevo rimanere vergine per tutta la vita invece, è solo un modo di dire, vergine nel senso di pura, non nel senso che non avrei mai potuto avere un uomo, ma questo l’ho saputo solo dopo –
- Quando ho incontrato Arethis mi ha preso con lei, mi ha portato qui e mi ha insegnato l’arte del guerreggiare – finì il suo racconto - e dopo dodici anni, eccomi qui, guerriera valorosa, ed ancora vergine e questa è tutta la mia storia -
- Conosco una mezzelfa che viene dal Bosco Sacro - gli disse poi Obert - siamo arrivati insieme qui a Flatline -
- E’ per lei il ciondolo che avevi nel corpetto? - gli domandò - E’ la tua donna? -
- Si, cioè, il ciondolo è per lei - sorrise - e no, non è la mia donna, sai, quasi vi somigliate, lei è poco più giovane di te, ha venti anni, credo - gli occhi gli sorridevano mentre pensava a Deadlight e Linna non poté far altro che notarlo sentendosi un pochino triste.
- D’accordo ma adesso fai silenzio - lo apostrofò duramente - devi meditare, riflettere e basta parlare - e, sistemandosi un po’ più comoda si mise ad osservarlo in silenzio.

Copyright © 2006 suinogiallo

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Quattro Chiacchiere Con L'autore

In un fantasy non possono mancare le Gilde ed in questo capitolo Obert entra nella Gilda dei Guerrieri per poter diventare più forte.
Cosa sono le Gilde?
Chi le conosce già può anche saltare a pie' pari questa piccola spiegazione, mentre per chi non le conosce, beh, le Gilde sono un po' come le vecchie corporazioni o i più moderni albi professionali.
Ogni categoria "professionale" ne ha una che cura gli interessi di tutti gli iscritti dando un codice di comportamento, trovando missioni da far compiere, fornendo assistenza se necessaria ed ovviamente anche addestramento.
Nei mondi fantasy le gilde più conosciute sono in genere quella dei guerrieri, quella dei maghi, quella dei ladri e via dicendo.
E anche per questo capitolo è tutto, spero che vi siate divertiti a leggerlo come io mi sono divertito a scriverlo e a rileggerci al prossimo capitolo.
Hasta Luego

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Capitolo 3
*** Il mago di Saspit ***


hyarbo's chronicles cap. 3

script: Suinogiallo



Capitolo III
Il mago di Saspit
Il sole ancora non era sorto sul lago quando Deadlight uscì dalla locanda per andare all’appuntamento con Roscoe.
Fino alla fine aveva sperato di vedere Olsen e gli altri attenderla fuori dalla locanda, preparati di tutto punto per la missione. Invece trovò solo un cane randagio privo di un occhio che stava rovistando tra i rifiuti e che, non appena la vide, scappò via con un latrato.
Se almeno Obert non fosse stato alla Gilda.
Lui non l’avrebbe mai lasciata andare da sola, non avrebbe mai permesso che un suo compagno affrontasse una missione da solo.
Comunque aveva promesso all’halfling che l’avrebbe accompagnato e nonostante sentisse una strana sensazione dentro di se si sistemò meglio il mantello che aveva indossato sopra alla tunica verde che portava di solito e si incamminò verso il luogo dell’appuntamento mentre, dall’altra parte della città Obert, terminata la riflessione notturna, stava giurando di seguire i principi della Gilda.
Non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Non tanto perché non avesse sonno, anzi, dopo il combattimento con Linna si sentiva distrutto, ma perché ogni volta che provava solo a chinare leggermente la testa, la ragazza mezzelfo gli dava un colpetto ad una spalla ricordandogli che non doveva dormire ma che doveva riflettere sul passo che stava per compiere. Sembrava quasi che si divertisse nel non farlo dormire. E cosi, quando si trovò di fronte ad Arethis, nello stesso salone in cui aveva combattuto contro Linna aveva le palpebre talmente tanto pesanti che a stento riusciva a tenerle aperte. Aveva talmente tanto sonno che quasi non sentì il capo della Gilda domandargli se giurava di non arrecare danno alcuno ai membri della Gilda, se giurava di seguire i doveri della Gilda ed infine se giurava di aiutare i membri della Gilda in difficoltà, e, quando Linna gli disse sottovoce di giurare lui quasi urlò che giurava tutto.
Poi finalmente tutto finì e Arethis, guardandolo duramente lo informò che era entrato a far parte della Gilda dei Guerrieri e che d’ora in avanti avrebbe dovuto portargli maggior rispetto.
- Si - sussurrò chinando leggermente la testa.
- Bene - si voltò verso Linna - accompagnalo da Juviok e aiutalo a scegliere degli abiti migliori, un armatura ed un arma decente poi insegnagli i primi rudimenti nell’uso della spada –
- Come vuoi – si limitò a risponderle, poi afferrò Obert per un braccio e lo portò fuori dal salone tirandolo quasi con cattiveria – hai di che pagare, spero –
- Si – annuì cercando di mantenere il passo della ragazza. Le ferite, anche se non gli facevano più male come la sera prima, gli davano ancora qualche fastidio mentre i muscoli stentavano ancora a rispondere correttamente a causa della mancanza di riposo alla quale erano stati costretti.
- Rallenta, non riesco a starti dietro – le urlò stringendole con più forza la mano e bloccandosi per cercare di farla rallentare.
- Accidenti! – sbottò voltandosi – Se vuoi che ti insegni qualcosa cerca di starmi almeno dietro! – poi aprì la porta e vennero inondati dalla luce del sole che stava sorgendo dal lago.
- Vorrei passare prima dalla locanda per salutare i miei amici – le disse uscendo di fuori. Era ansioso di dare a Deadlight il medaglione.
- Prima passiamo da Juviok – gli rispose seccamente – poi potrai andare dove vuoi! –

Il luogo dell’appuntamento con Roscoe era vicino dove si erano incontrati il giorno prima. A poca distanza dalla caverna dove l’halfling aveva detto si trovava la cosa che doveva custodire e che, doveva andare a controllare.
Non c’era molto rischio una volta entrati nella caverna, ed in effetti poteva andare anche da solo, ma come aveva spiegato a Deadlight, lui non era uomo d’armi. Aveva si, qualche infarinata di arti magiche, ma nulla di più di un globo luminoso o di una freccia magica, e l’idea di dover allontanarsi da solo dalla sicurezza delle mura cittadine lo atterriva.
Ed era per questo che, gli spiegò, aveva aspettato tanto per andare a controllare che la porta che doveva essere chiusa fosse veramente chiusa. Non conosceva nessuno di cui potersi fidare. Ma, qualcosa gli diceva che invece di lei poteva fidarsi. Ed era per questo che gli aveva chiesto aiuto.
E a Deadlight tutto questo era apparso come plausibile. Roscoe non era assolutamente uomo d’arme. Già un halfling difficilmente poteva essere un pericolo per qualcuno, se poi era anche più largo che alto, era un bersaglio più che facile.
Certo, gli era sembrato un po’ sconsiderato nel fidarsi cosi della prima persona incontrata, arrivando ad offrirgli addirittura una cifra cosi alta come cinquecento monete d’oro. Ma non gli era sembrato tanto a posto con la testa sin dall’inizio. Senza contare che poi, anche se aveva un cospicuo credito in monete d’oro, l’idea di guadagnarne altre cinquecento con un lavoretto cosi facile l’aveva allettata.
Comunque, anche se si sentiva relativamente tranquilla, quando fu prossima al luogo dell’appuntamento, rallentò il passo cercando di fare meno rumore possibile. Prima di incontrarsi con l’halfling voleva verificare che nei dintorni ci fossero solo loro.
Era giovane, si, ma non era sciocca.
Sapeva di essere una ragazza abbastanza carina e sapeva che c’era un mercato abbastanza fiorente di ragazze carine che venivano rapite, violentate, vendute a qualche bordello e costrette a prostituirsi con degli incantesimi di privazione della volontà.
Prima di arrivare a Bosco Oscuro era stata inseguita da un gruppo di briganti che avevano tentato di violentarla. Era riuscita a salvarsi solo grazie alla sua magia e all’aiuto degli animali del Bosco che, riconoscendo in lei una vergine di Lithis l’avevano aiutata a salvarsi.
Da allora era stata molto più cauta.
In quel caso, però, dopo aver perlustrato la zona giunse alla conclusione che non c’era nessun altro nella zona tranne lei e il corpulento halfling.

Il negozio di Juviok era nella zona portuale della città e, a prima vista non mostrava alcuna mercanzia degna di nota.
Vicino alla porta c’erano sistemate in una cesta alcune vecchie spade di ferro dall’aspetto alquanto malandato mentre subito dentro il negozio, appena varcata la soglia, si veniva accolti da un forte rumore di martellare proveniente dal basso.
Al centro del negozio campeggiava un vecchio bancone rovinato dal tempo e dalle armi che vi erano passate sopra e dietro di esso un nano segaligno stava controllando il filo di uno spadino talmente piccolo e leggero che, probabilmente doveva essere stato fatto su misura per un halfling.
- Buongiorno Juviok - lo salutò Linna con deferenza avvicinandosi al bancone - facciamo affari! -
- Umph, affari! Con la Gilda dei Guerrieri! - bofonchiò limitandosi ad alzare lo sguardo per un paio di secondi verso Linna e Obert - Con voi non si fanno affari, chiedete sempre lo sconto e dite sempre che pagherete alla fine della Luna, umph - poi tornò a lavorare sullo spadino.
- Questa volta pagamento alla consegna e senza chiedere lo sconto - gli disse Obert gettando sul bancone la borsa piena di monete. Gli occhi del nano si spostarono velocemente dallo spadino alla borsa che nell’urto con il bancone si era aperta ed aveva riversato il suo contenuto. Monete d’oro, e tante.
Persino in una città ricca come Flatline vedere tutte quelle monete non era frequente.
Anche Linna si sorprese nel vedere le monete. Aveva sentito che in città era giunto un gruppo di avventurieri con un grande bottino in oro, ma mai avrebbe pensato che Obert facesse parte di quel gruppo.
- Umph, bene, bene - sogghignò avidamente Juviok posando lo spadino - cosa vuole il giovane guerriero! Umph -
- Bada bene nano - si fece avanti Linna - fa parte della Gilda e gli devi fare i prezzi che fai a tutti i guerrieri della Gilda, una moneta in più e dovrai vedertela con me - il tono di voce che aveva usato era stato rude, quasi cattivo ed il nano a sentirlo si era tirato leggermente indietro come se avesse avuto paura che dalle parole, Linna sarebbe passati ai fatti.
- Umph, sempre prepotenti voi guerrieri - si lamentò voltando lo sguardo verso Obert - seguitemi da basso cosi potrò farvi vedere ciò che ho, umph - e lasciato il retro del bancone li condusse attraverso una scalinata nello scantinato del negozio dove, alcuni nani ed alcuni umani stavano lavorando di martello su delle grosse incudini sprigionando scintille ad ogni martellata, e poi, da li, in una stanza un po’ più piccola le cui pareti erano letteralmente tappezzate di armi e di armature di ogni tipo e grandezza.

- Umph, per prima cosa credo sia opportuno scegliere una corazza - iniziò a mostrargli ciò che aveva squadrando Obert con l’occhio di chi è abituato a scegliere per i suoi clienti.
Obert pensò che non era raro che i guerrieri della Gilda si facevano consigliare da quel nano segaligno sulle armature e sulle armi e decise di affidarsi alle sue scelte - il fisico lascia un po’ a desiderare, quindi meglio evitare una corazzatura pesante che limiterebbe i movimenti e che aumenterebbe la fatica, forse qualcosa in vetro, umph - e cosi dicendo tirò fuori da una cesta una corazza in metallo e vetro verde che sembrava fatta apposta per Obert - leggera, resistente sia ai colpi di taglio che di punta, può essere rinforzata attraverso degli incantesimi, ma per questo dovrai rivolgerti ad un incantatore, la Gilda dei Maghi può indicartene qualcuno, umph - poi posò la corazza per terra e tirò fuori dalla cesta un paio di stivali, come la corazza, in metallo e vetro verde ed un paio di spallacci sempre dello stesso materiale - meglio non appesantirti di più, altrimenti non riusciresti a combattere, umph -
Obert fissò ammirato i pezzi dell’armatura che gli aveva messo davanti. Erano frutto di un arte e di un ingegno veramente straordinari.
Le giunzioni tra il vetro, materiale difficilissimo da lavorare, ed il metallo erano perfette, cosi come le dimensioni. Sembrava quasi che quell’armatura fosse stata fatta appositamente per lui e quando la provò non poté far altro che confermarsi questa sua impressione.
Gli stava alla perfezione. Persino gli stivali erano perfetti.
Linna che, fino a quel momento era stata in silenzio, ferma a guardare Juviok che aiutava il giovane guerriero a vestirsi, gli si avvicinò ed iniziò ad osservare come gli stava la corazza commentando alla fine che era perfetta per lui. Dentro di se si sentiva anche un po’ invidiosa. Lei non avrebbe mai potuto permettersi una armatura cosi costosa. Ben poche delle persone che conosceva potevano permettersela.
- Umph, adesso vediamo come armarti - continuò il nano voltandosi verso una parete che era letteralmente tappezzata di spade - una spada, leggera, e resistente, anche qui il vetro può aiutarci, umph - ad Obert venne il sospetto che, anche se stava sicuramente facendo delle scelte molto oculate, alla fine gli avrebbe fatto spendere un capitale - prova questa, umph - e cosi dicendo gli passò una spada lunga con la lama in vetro verde e l’elsa in metallo.
- Mi sembra adatta - mormorò sentendosela ben bilanciata nella mano, pesante quanto bastava per dargli una buona sensazione, ma anche abbastanza leggera da non stancargli troppo il braccio in combattimento.
- Umph, bene - sorrise improvvisamente il nano. Era la prima volta che Obert lo vide sorridere e pensò che era giunto il momento del conto - però non puoi andare in giro con quella tunica, umph - e, aperta una nuova cesta gli passò un paio di pantaloni ed una casacca verde scuro - e con questo direi che siamo a posto, umph -

La caverna di cui Roscoe era il custode non si trovava molto distante da dove si erano dati appuntamento e, in meno di un paio d’ore di camminata, vi giunsero davanti.
- Dico, sono sfinito - ansimò l’halfling fermandosi di botto davanti all’ingresso della caverna.
Deadlight invece era del tutto rilassata e riposata. Per lei camminare non era mai stata una fatica e l’aver dovuto mantenere un passo lento per non distanziare troppo il corpulento halfling le aveva poi permesso di non stancarsi quasi per niente. Per lei era stata come una passeggiata.
La caverna sembrava molto profonda e dalle sue viscere giungeva un lieve rumore di vento, come se avesse da qualche parte una seconda apertura che permettesse al vento di scorrergli dentro. Deadlight provò ad annusare l’aria per sentire se c’erano animali. Un lieve odore di morte le giunse alle narici ma non ci badò molto. Forse un animale che era entrato nella caverna e vi era morto. Era una cosa naturale e normale e non ci vedeva nessun pericolo.
- Dico, vogliamo entrare - la esortò l’halfling dopo aver ripreso fiato - prima controlliamo e prima torno a casa, dico - poi, sorprendendola la superò entrando per primo nella caverna con un passo cosi agile che fu cosi costretta ad una piccola corsa per raggiungerlo e riprendere la sua posizione davanti a lui. Un piccolo globo di luce sprigionato dalle mani dell’halfling gli illuminò la strada.

Quando Obert e Linna uscirono dal negozio di Juviok, il giovane guerriero era stato rivestito di tutto punto.
La corazza, gli spallacci e gli stivali brillavano al sole mandando riflessi verdastri tutti intorno mentre la spada, con la lama coperta da un fodero in metallo brunito gli tintinnava al fianco. In una sacca che portava in mano c’era un elmetto in acciaio che Juviok aveva insistito per fargli prendere.
A quell’ora, con il sole già alto, molti dei cittadini di Flatline erano già usciti di casa e stavano affaccendandosi nei loro affari muovendosi rapidamente e senza guardarsi intorno, ma più di uno si bloccò di colpo per osservarlo nella sua nuova armatura.
Il vetro era molto costoso, sia quando era ancora grezzo aumentando poi di molto quando veniva lavorato, e vedere un guerriero giovane come lui con indosso un armatura quasi completa fatta di quel materiale non era cosa di tutti i giorni.
Solo a quel punto Linna si sovvenne di una cosa.
Mentre sceglievano l’armatura era contenta che Obert potesse permettersene una cosi resistente, un po’ invidiosa, certo, ma contenta. Avere una protezione in più data da un armatura molto resistente era un bene. Ma come lei era stata invidiosa di lui anche altri avrebbero potuto provare lo stesso sentimento.
A Flatline la sicurezza pubblica era garantita da guardie armate la cui pericolosità era rinomata da tutti e nessuno si sarebbe permesso di tentare di rubargliela. Ma fuori dalle mura cittadine la legge che vigeva era quella del più forte. Una legge spietata alla quale nessuno poteva opporsi.
- Forse hai sbagliato a comprarti quest’armatura - provò a dirgli. Forse erano ancora in tempo per tornare indietro e sceglierne una meno vistosa - non sei ancora un guerriero cosi forte da poterti difendere - si, doveva convincerlo a tornare indietro - se qualcuno tentasse di rubartela -
- Correrò il rischio - le sorrise. Si sentiva bene in quella corazza, con quegli stivali. Sembravano decisamente fatti proprio per lui. E, certo, era cosciente del fatto che era un’armatura molto costosa e che fuori da Flatline c’erano decine di briganti che per prendergliela lo avrebbero fatto a pezzi. Ma se non fosse stato neanche in grado di difendere le sue proprietà non aveva il diritto di dire che era un guerriero ed allora, benvenuta sarebbe stata la morte.
- Testa vuota - l’apostrofò adirata. Glielo aveva detto per il suo bene. Che si facesse ammazzare allora, lei non avrebbe versato neanche una lacrima.
Forse una o due, oh, cavolo, urlò tra se, cosa gli stava accadendo.

Arrivarono alla locanda della Spada della Vittoria in tempo per vedere Butch uscirne da solo e con l’aria di chi non sta di certo andando a fare una passeggiata.
Si guardò intorno sospettoso squadrando tutte le persone che in quel momento stavano camminando per la strada e, solo quando vide Obert si rilassò un po’ alzando una mano per salutarlo.
Quando notò anche Linna non poté trattenere un sorriso sorpreso.
Al primo sguardo l’aveva scambiata per Deadlight tanto erano simili, poi però aveva notato che indossava una leggera armatura e che, alla vita portava una spada un pochino più grande dello spadino che possedeva Deadlight. Infine vide che anche i capelli erano diversi. Tutte e due li avevano corti e mossi, ma mentre Deadlight li aveva di un celestino chiaro, questa nuova ragazza li aveva di un rosso acceso. Erano simili, si, potevano essere sorelle, forse, ma sicuramente non erano la stessa persona.
- Buongiorno Butch - lo salutò Obert avanzando verso di lui.
- Buongiorno a te - ricambiò il saluto - bella armatura amico, stai attento ai ladri, mi raccomando - quest’ultima battuta l’aveva fatta sorridendo - e lei? -
- Si chiama Linna, fa parte della Gilda dei Guerrieri - fece le presentazioni – Deadlight è ancora dentro! -
- Deadlight? - esclamò improvvisamente sorpresa Linna - Hai detto Deadlight! -
- Si - le rispose Obert guardandola - è la mezzelfa di cui ti ho parlato, viene anche lei da Bosco Sacro, la conosci! -
- S…si - sussurrò sentendosi mancare il fiato – io – poi si voltò a guardare Obert – è mia sorella! -
- Ecco perché - mormorò Butch - all’inizio ti avevo quasi scambiato per lei - poi, rivolgendosi a Obert - è uscita questa mattina, doveva accompagnare un halfling a controllare una caverna - non gli disse che aveva chiesto loro di accompagnarla e che nessuno aveva accettato. Obert era troppo leale e probabilmente avrebbe preso male il fatto che avevano deciso di mandarla da sola. Meglio che glielo dicesse Olsen. Anche se l’avesse presa male non l’avrebbe di certo fatto vedere di fronte al gigantesco guerriero.
- Da sola! - quasi urlò Linna - Fuori dalle mura della città! -
- Deadlight sa come cavarsela stai tranquilla - le disse Obert - l’abbiamo incontrata che dava la caccia ai cacciatori nel Bosco Oscuro e ti assicuro che non è indifesa -
- La mia sorellina! - lo guardò sorpresa. Quando lei era scappata da Bosco Sacro, Deadlight aveva appena compiuto sette anni e lei l’aveva sempre vista come una ragazzina piagnucolosa. Sapere che anche lei era andata via da Bosco Sacro e che era addirittura diventata capace di badare a se stessa l’aveva quasi sconvolta.
Per lei non era stato facile vivere fuori da Bosco Sacro e se c’era una persona che non avrebbe mai creduto potesse farlo era proprio la sua piccola e piagnucolosa sorellina.
- Comunque, non ci dovrebbero essere molti rischi - continuò Butch - ci ha raccontato che ha incontrato questo halfling sulla sponda del lago, l’ha avvisata che c’era una tana di pesci mattatoio a poca distanza da dove lei stava con i piedi in acqua e poi… -
- Pesci mattatoio! - lo bloccò Linna - Da questa parte del lago non ci sono pesci mattatoio! -
- Strano, Deadlight che non si accorge della presenza di un animale! - mormorò Obert - E’ una vergine sacra di Lithis, ed i suoi poteri vengono proprio dalla natura, ha sempre avvertito la presenza di animali -
- Ti ha detto come si chiama quell’halfling! - domandò quasi a bruciapelo a Butch una preoccupata Linna. La Dea della Natura aveva concesso a tutti loro mezzelfi il potere di controllare la natura e gli sembrava davvero improbabile che sua sorella non avesse avvertito la presenza di animali cosi pericolosi.
- Si, mi sembra qualcosa tipo Roscoe - rispose. Il colore dal volto della ragazza scomparve di colpo.
- E’ un mago - urlò Linna - è stato cacciato da Saspit anni fa per dei crimini compiuti ai danni di altri maghi dell’isola – solo un mago dai grandi poteri poteva ingannare i sensi di un mezzelfo ed un mago avrebbe fatto una cosa del genere solo per un motivo.
- Forse Deadlight è in pericolo! - si allarmò Obert - Dov’è la caverna dove doveva accompagnarlo! -
- Fuori dalla città ma non so dove – gorgogliò.
- Forse posso trovarla io - sussurrò Linna - sono anni che mi dedico solo all’allenamento del fisico, ma sono una mezzelfa e forse posso chiedere aiuto a Lithis - e, portandosi le mani al petto iniziò a sussurrare una lenta litania nell’antico dialetto dei mezzelfi che lentamente assunse quasi la tonalità di un canto.
Obert aveva sentito un paio di volte Deadlight intonare litanie simili ed ogni volta si era quasi perso nell’ascoltare la dolcezza di quel canto che sembrava quasi prendere forma.
Improvvisamente arrivò di gran carriera un cane orbo di un occhio che quasi si gettò addosso a Linna iniziando poi a girare vorticosamente su se stesso come se stesse invitandola a seguirla.
- Seguiamolo, svelti! - gridò poi la ragazza guardando Obert.
- Lasciate dei segnali lungo la strada, cerco gli altri e vi seguiamo - li informò Butch vedendo Obert e Linna sparire dietro al cane.

Si erano addentrati molto nelle viscere della terra.
La caverna, dopo un tratto pianeggiante e diritto aveva iniziato a scendere e a farsi tortuosa mentre l’odore di morte si faceva sempre più forte facendo vacillare la sicurezza di Deadlight.
Cosa le era saltato in mente di accettare quell’incarico da sola!
Lei che da quando era andata via da Bosco Sacro aveva fatto della prudenza la sua parola d’ordine.
Era sempre stata attenta a non farsi notare, ad agire di nascosto, per quale motivo adesso si era messa ad agire cosi sconsideratamente!
La luce che proveniva dal globo generato dall’halfling si era fatta lievemente più fioca e la ragazza stava pensando se era il caso generarne uno anche lei. Era una magia estremamente semplice, ma preferiva evitare di consumare energia fin quando le era possibile. Il suo mana non era cosi forte da permetterle di fare magie anche semplici senza andare ad intaccare anche la forza fisica e non voleva rischiare di trovarsi improvvisamente senza forze.
L’odore della morte adesso le giungeva a forti zaffate e il senso di irrequietezza che l’aveva assalita sin da quando era uscita dalle mura della città era diventato un vero e proprio senso di disagio.
Se non fosse stato che aveva dato la sua parola si sarebbe voltata e se ne sarebbe andata. Ma non poteva.
Anche in quella regione cosi selvaggia e pericolosa la parola data era qualcosa di sacro e da rispettare. Un patto scritto lo si poteva anche violare, si pagava una penale, una specie di multa e finiva li, ma se si infrangeva la parola data, si perdeva il proprio onore
- Manca ancora molto! - mormorò voltandosi verso l’halfling.
- Dico, manca poco - sorrise. Alla fioca luce quel volto che in piena luce gli era sembrati solare e gaio, gli apparve smorto, malefico, ed avvertì improvvisamente qualcosa scattargli dentro, alla bocca dello stomaco. Paura.
- C’è qualcosa che - provò a dire. Un senso di gelo l’avvolse partendo dalle gambe e salendole fino al volto. Si sentì pesante, debole, assonnata - io cosa - con una lentezza quasi irreale portò la mano alla spada, ma la sola idea di tenere in mano un peso cosi insostenibile come quello della corta spada che portava alla vita, gli parve irrealizzabile, ed il braccio gli ricadde inerte lungo il fianco mentre, anche il respiro gli diventava faticoso, insostenibile.
Un’idea gli si formò nella mente, stava morendo. Il freddo gelido morso della morte la stava avvolgendo. Se non fosse stato per il semplice fatto che quasi non aveva più aria nei polmoni avrebbe urlato. Non sentì neanche il suo corpo che si afflosciava a terra, non avvertì una roccia che la ferì ad un braccio mentre cadeva, non udì l’halfling iniziare a ridere, non vide il globo di luce esplodere in una palla di luce abbagliante.
- Dico - sogghignò l’halfling guardandola giacere inerme ai suoi piedi - più facile di quanto pensassi, dico, facile - poi mormorò alcune parole in una lingua ormai morta ed il corpo della mezzelfa si sollevò come appeso a dei cavi invisibili ed iniziò a seguirlo mentre continuava la sua discesa nella caverna.

Il cane guidato dalla dea della natura sfrecciò rapido oltre le mura cittadine e, dopo meno di un secondo di esitazione in cui parve annusare l’aria, puntò deciso verso ovest con Obert e Linna dietro.
Diversi pensieri si agitavano nella mente del ragazzo.
Perché non aveva chiesto agli altri di accompagnarla, perché non lo aveva aspettato, perché era andata da sola, perché lui adesso era li a correre invece di essere insieme a lei! E perché non era più veloce, dove era adesso, cosa le stava accadendo, e perché, dannazione, lui stava correndo invece di essere ovunque fosse lei! Perché ogni volta che doveva essere nel posto giusto al momento giusto, lui era da qualche altra parte.
Involontariamente la sua mano aveva stretto il ciondolo che aveva comprato per lei. Glielo avrebbe dato. Pregò tutti gli dei che conosceva perché gli permettessero di darglielo.
La voce di Linna lo distolse dai suoi pensieri. Erano giunti di fronte all’ingresso della caverna.
- Ho lasciato dei segni lungo il sentiero - ansimò la ragazza - i tuoi amici non dovrebbero avere problemi nel seguirlo - poi sfoderò la sua spada - andiamo! -
- Si - annuì semplicemente sfoderando anche lui il suo nuovo spadone che, alla luce del sole mandò un bagliore abbacinante. Poi scomparvero nel buio freddo e malsano della caverna.

Una lenta nenia ammorbava l’aria di una camera scavata nella roccia ed illuminata da alcuni bracieri in cui bruciavano delle erbe aromatiche dall’odore forte e pungente. L’halfling, le mani alzate, continuava a ripeterla sempre con lo stesso tono ipnotico. Deadlight era sdraiata al centro di un cerchio di pietra, gli occhi aperti. Il torace che si abbassava e si alzava ritmicamente rivelava che era ancora viva.
La nenia si interruppe di colpo e l’halfling abbassò le mani. Un lieve fremito nell’aria lo aveva avvisato che la sua invocazione a Bal-Llur, dio della morte era stata accettata. Adesso doveva offrire il sacrificio.
- Grande Dio Bal-Llur - iniziò alzando di nuovo le mani - Dio della morte, Dio dei morti che camminano sulla terra, Dio del dolore e delle lacrime, ascolta la voce del tuo umile servo che ti offre la vita e l’energia vitale di questa giovane mezzelfa vergine - nella sua mano destra brillò un coltello di vetro - quale pegno della mia devozione - dai bracieri iniziò a levarsi un fumo denso, quasi corporeo, che andò a raccogliersi sopra il cerchio di pietra - Bal-Llur, accetta questa mia offerta e donami il potere di poter controllare i morti che camminano sulla terra - era ormai a pochi passi dalla ragazza che, inerme poteva udire ciò che diceva e poteva vedere una forma materializzarsi nel fumo sopra di lei, ma che non poteva neanche chiudere gli occhi e attendere nell’oscurità il momento in cui la vita l’avrebbe abbandonata.
- Grande Bal-Llur prendi questa vergine - urlò alzando il coltello per sferrare il colpo che avrebbe spaccato il cuore della ragazza.
Un lampo di vetro verde balenò davanti agli occhi spalancati della ragazza.

Un lampo di vetro verde le balenò all’improvviso di fronte agli occhi.
- Zitta – le mosse il coltello di vetro di fronte agli occhi.
Dopo che sua sorella era andata via da Bosco Sacro suo padre aveva deciso che sarebbe stata lei la nuova Vergine Sacra di Lithis e, sebbene a malincuore, aveva accettato di farsi tagliare i lunghi capelli celestini che erano sempre stati il suo vanto ed il suo orgoglio ed aveva indossato la lunga tunica bianca della Vergine andando a vivere con le altre Vergini Sacre degli altri clan nel Sacro Cerchio di Pietra.
Aveva accettato il suo destino con rassegnazione, cosi come, anni dopo aveva accettato la decisione di suo padre di farla sposare con Zedek, il figlio di uno degli uomini più importanti del suo clan. Un ragazzo di poco più grande di lei, alto, muscoloso e bello. Da togliere il fiato.
Lo aveva visto varie volte quando portava i doni per le Vergini, al limitare del Cerchio di Pietra. E quando suo padre gli comunicò la sua scelta, il suo cuore ebbe un piccolo sobbalzo.
- Spogliati – gli disse sottovoce ma con un tono che non ammetteva nessuna replica.
Già da tempo aveva capito che essere una Vergine Sacra di Lithis era solo una specie di titolo onorifico. Nessuna delle altre Vergini che erano con lei nel Cerchio di Pietra erano ancora davvero Vergini. C’era chi si era sposata, c’era chi aveva un amante e c’era anche chi ne aveva più di uno, e, anche lei,come tutte le ragazze della sua età sognava il suo uomo, dolce e bello e sognava la sua prima volta.
Ma quello era un incubo, non un bel sogno fatto di carezze e di dolci coccole.
Era notte quando aveva sentito una voce chiamarla da fuori la sua capanna. Si era alzata ed era uscita ed aveva trovato Zedek nascosto dietro un cespuglio. Le aveva detto che voleva parlare con lei e, insieme si erano allontanati dal Cerchio di Pietra e si erano poi fermati accanto al fiume.
- Ti ho detto di spogliarti – gli ripeté alzando leggermente la voce e sempre tenendo il suo coltello di vetro a pochi centimetri dal volto spaventato di Deadlight.
- Io – provò a rispondergli. La punta del coltello le sfiorò leggermente il viso graffiandolo superficialmente.
- Non farmelo ripetere – sogghignò afferrandole il volto con la mano libera, facendola poi scendere sul seno ed infine tra le gambe – sei la mia futura moglie e devi imparare a portarmi rispetto, a non contraddirmi mai e soprattutto a soddisfare tutte le mie voglie – violentemente le premette il pollice sul sesso.
- Non voglio – provò a sottrarsi a quell’uomo scivolando all’indietro. Uno schiaffo la raggiunse in pieno volto facendola finire lunga distesa a terra.
- Fai la buona e vedrai che piacerà anche a te – ghignò lascivamente iniziando a sdraiarglisi sopra.
Un lampo di vetro verde balenò nell’oscurità andando a scomparire nell’addome dell’uomo che con un rantolo sordo si rovesciò sulla schiena.
Li ritrovarono la mattina dopo, Deadlight raccolta in posizione fetale, ancora vergine, lui, morto con il suo coltello piantato nell’addome.
E suo padre decise di nuovo per lei. Venne cacciata da Bosco Sacro, condannata all’esilio, e quasi sicuramente ad una morte certa.

Che ricordo doveva venirle in mente prima di morire.
Forse il suo ricordo più doloroso, quello che aveva tentato di ricacciare sempre indietro, di cancellare.
Perché proprio questo ricordo.
Perché non il ricordo di quando il suo sguardo aveva incontrato per la prima quello di un giovane guerriero ed aveva sentito il suo cuore tremare. Almeno sarebbe morta con il volto di Obert nello sguardo e con la sua voce nelle orecchie.
La sua voce
- Dead, stai bene! – lo sentì urlare improvvisamente.
- Pensa a lei – sentì un'altra voce, una voce che conosceva e che aveva già sentito, ma molti anni prima – a lui ci penso io –
- Me ne occupo io di questo bastardo – gridò invece Obert mettendosi tra l’halfling e Deadlight tenendo la sua spada sguainata con ambedue le mani, poi, con un grido lo caricò cercando di colpirlo con un fendente che spazzò solo l’aria.
- Dico, questo è seccante – sibilò l’halfling vedendo il fumo rientrare velocemente nei bracieri segno che l’evocazione era ormai fallita – maledetti – poi fece uno scatto all’indietro per evitare gli attacchi di Obert. Era una palla di lardo, notò il giovane guerriero, ma accidenti se era agile.
- Non puoi capire quanto sarà seccante per te quando ti avrò aperto in due – sbraitò Obert caricando un nuovo fendente che, però, anche questa volta andò a vuoto.
- Dico, tante belle parole, ma dico, davvero penoso – sogghignò facendo apparire una spada di luce nelle sue mani piccole e grassocce – dico, se qualcuno rimarrà nella polvere, questo, dico, sarai tu – e, con una velocità ed una forza impensabili in quel corpo iniziò a menare colpi su colpi contro Obert che dovette arretrare di qualche passo mentre parava i colpi dell’halfling.
- Obert – urlò Linna vedendo il giovane guerriero in difficoltà. Si era presa davvero una bella gatta da pelare.
Addestrarlo per farlo diventare un guerriero forte ed abile sarebbe stato davvero difficile.
- Obert – sussurrò improvvisamente Deadlight.
- Stai tranquilla sorellina – le sussurrò Linna tenendole la testa leggermente sollevata – se la sta cavando benissimo –
Penosa menzogna.
Stava subendo l’attacco dell’halfling ed ormai era quasi con le spalle al muro.
- Che ne dici di aiutarmi! – sbraitò improvvisamente Obert evitando di un soffio una staffilata che avrebbe potuto portargli via la testa.
- Te la stai cavando cosi bene – sorrise Linna adagiando la testa di Deadlight con delicatezza, poi si alzò in piedi e, sguainata la sua spada attaccò l’halfling che si voltò un attimo prima di venir colpito alle spalle.
- No – urlò sentendo l’acciaio della spada della mezzelfa colpirlo ad un dito. Un attimo dopo il corpo dell’halfling scomparve lasciando il posto ad un uomo alto e magro e con il volto completamente devastata da una qualche malattia.
- Che siate maledetti – urlò di nuovo scomparendo subito dopo in una nuvola di fumo.
- Un mago – sussurrò Obert respirando affannosamente, poi si voltò verso Deadlight e in due salti gli fu accanto.
- Obert, Deadlight! - gridò Olsen precipitandosi dentro la camera sotterranea, subito dietro a lui entrarono Arethis, che era con lui quando Butch lo trovò alla Gilda dei Guerrieri, Butch, Gobert e Soda che, alzando il suo bastone gridò a tutti di fermarsi.
- C’era un mago qui dentro - ansimò - sento la sua forza molto malvagia - poi vide Obert che teneva tra le braccia la mezzelfa e, dopo essersi accertato che ormai non ci fosse più pericolo, si avvicinò alla coppia - un incantesimo di indebolimento, ma sta cessando il suo effetto -
- Obert - sussurrò Deadlight guardando il giovane guerriero.
- Non parlare - l’ammonì Soda ponendole una mano sulla fronte - stai riprendendo le forze, ma non devi ancora muoverti - poi, rivolgendosi ad Obert - pensi di farcela a portarla fuori da qui! -
- Credo di si - sorrise sentendosi più calmo adesso che aveva visto che la ragazza stava bene e aver saputo che si sarebbe ripresa.
- Bene, portala fuori da qui, io voglio perquisire questo posto - gli disse poi, mentre Obert prendeva di peso la mezzelfa e, seguito da Linna lasciava la camera, si voltò verso gli altri - non toccate nulla prima che l’abbia fatto io, non credo ci siano tesori da trovare qui dentro ma solo oggetti che potrebbero uccidervi all’istante se non maneggiati come si deve -
- Ops - gorgogliò Butch lasciando cadere repentinamente un piccolo scrigno che stava tentando di forzare.

Quella non era la prima volta che Soda si trovava a frugare tra le cose di un mago votato al male. Ed ogni volta provava la stessa repulsione nel mettere le mani su libri che trasudavano sangue e disperazione, su pietre magiche che erano state usate per imprigionare le anime di animali o di esseri umani o su ciò che rimaneva del mago.
Notò subito il grosso anello con una pietra grigia che era rimasto su uno dei due diti che la spada di Linna aveva portato via al mago. Con molta delicatezza lo sfilò dal dito e lo portò alla luce di uno dei bracieri per osservarlo meglio. All’interno dell’anello vide incise alcune rune che si ripetevano anche sulla pietra grigia che era incastonata al di sopra del cerchio d’oro. Le aveva già viste su alcuni libri che aveva studiato alla Torre dei maghi di Thanatos e servivano per creare un illusione cosi potente da risultare quasi reale.
Non aveva visto la trasformazione da halfling a uomo del mago ma gli bastò vedere l’anello e le rune che vi erano incise per capire che la forma con cui il mago si era presentato non era il suo vero aspetto. Il colpo di spada oltre a strappare via il dito nel quale era infilato lo aveva anche scheggiato rendendolo inutile e con un gesto noncurante lo gettò via dedicandosi a leggere le scritte sul cerchio di pietra.
Non erano rune, ma qualcosa di molto simile. Una scrittura più antica da cui, poi il runico si era evoluto e che era molto più ostica da decifrare. E lui non si sarebbe di certo messo a cercare di leggerla in quel posto e, tirato fuori un libretto da sotto la tunica vi trascrisse la scritta avendo cura di non sbagliare nessuna lettera. Una cosa però gli fu subito certa. Uno di quei simboli era quello con cui veniva identificato Bal-Llur, il dio dei morti che camminano sulla terra, un demone crudele e sanguinario al quale erano devoti soprattutto i negromanti.
Se quel mago stava tentando un sacrificio a quel demone voleva di certo il potere di poter evocare e comandare i morti viventi.
Molti incantesimi potevano sortire lo stesso effetto. Lui stesso era in grado di evocare uno scheletro o un morto vivente, ma si trattava sempre di artifici che duravano qualche minuto, se il mago era particolarmente potente, anche un ora, e che erano limitati a una o due creature.
No, quello che stava cercando quel mago era il controllo su tutti i morti viventi, illimitato e incondizionato, e se per ottenerlo doveva asservirsi a Bal-Llur, era un prezzo che aveva deciso di pagare.
Con un tremito nelle gambe si rimise in piedi dopo aver terminato di copiare l’iscrizione e, con un rapido sguardo tutto intorno si convinse che non c’era più nulla di interessante da vedere e, dopo aver controllato che lo scrigno che Butch aveva tentato di aprire poco prima non avesse qualche trappola magica intorno, gli permise di aprirlo.
Al suo interno trovarono ben poco, alcune monete d’oro, una pergamena magica con sopra un incantesimo di levitazione e un piccolo anello che però non aveva alcun potere magico.

- Linna? - sussurrò Deadlight vedendo il volto della sorella guardarla. Durante il tragitto dalla camera all’esterno si era assopita tra le braccia di Obert e solo quando aveva sentito l’aria fresca carezzarle la pelle si era destata accorgendosi che era stata sdraiata sull’erba fuori dalla caverna e due volti la stavano fissando. Uno era quello di Obert, l’altro gli apparve quasi come in sogno.
- Ciao sorellina - sorrise ancora sorpresa la mezzelfa - ero convinta che eri ancora a Bosco Sacro a curare animali e a obbedire ciecamente a nostro padre - poi, non riuscendo più a trattenersi l’abbraccio con le lacrime agli occhi.
- Mi avevano detto che probabilmente eri morta, che una ragazzina non poteva sopravvivere fuori da Bosco Sacro da sola - ricambiò l’abbraccio non riuscendo neanche lei a trattenere le lacrime.
- Arethis, il capo della Gilda dei Guerrieri di Flatline mi ha preso con lei - le disse iniziando a raccontargli di cosa aveva fatto in quegli anni - le devo molto, mi ha fatto da madre e da sorella - poi, si voltò verso Obert che, intanto se n’era rimasto in silenzio a guardarle - credo che il nostro giovane guerriero debba darti qualcosa -
- Cosa! - mormorò Obert ricordandosi del ciondolo – Ah, si, ma è solo una sciocchezza - poi lo tirò fuori da sotto la corazza e glielo diede arrossendo leggermente
- Grazie - sorrise guardando la piccola pietra celestina dello stesso colore dei suoi capelli - anche io ho qualcosa per te - e, dopo essersi sistemata meglio tirò fuori dalla sua borsa il paio di guanti - hanno un incantesimo di presa salda, ho pensato che se vuoi diventare un guerriero, potrebbe esserti utile un piccolo aiuto magico -
- Grazie - sorrise prendendo i guanti e infilandoseli subito - sono comodissimi -
- Bene - disse improvvisamente Linna vedendo il resto del gruppo uscire dalla caverna - che ne dite di tornare a Flatline! -
- D’accordo - annuì Obert rimettendosi in piedi - pensi di farcela a camminare! -
- Si - mormorò la mezzelfa dai capelli celestini rimettendosi lentamente in piedi, si sentiva ancora stanca e priva di forze ma sarebbe riuscita a camminare.
- La tua spada novellino - brontolò bruscamente Arethis passando la spada di vetro a Obert. Nella fretta di andare a vedere come stava Deadlight l’aveva buttata a terra lasciandola poi nella grotta - Linna, ricorda al tuo allievo che non deve mai lasciare la sua arma per nessun motivo -
- Si - mormorò osservando di sottecchi Obert. Quando sarebbero stati da soli l’avrebbe ripreso per bene per quella dimenticanza.
- Hai ragione - abbassò la testa prendendo la spada e rimettendola nel fodero - non accadrà più -
- Allievo! - sussultò invece Deadlight - Mia sorella è il guerriero con cui ha passato la notte! - era estremamente intelligente ed intuitiva.
- Non essere gelosa sorellina - sorrise guardandola - e poi tu non sei una sacra vergine di Lithis? Non dovresti pensare a queste cose -
- Quali cose! - mormorò arrossendo di colpo.
- Andiamo ragazzi - pose fine a tutto Olsen – torniamo a casa, Deadlight deve riposare –

Copyright © 2006 suinogiallo

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Quattro Chiacchiere Con L'Autore

Eccoci di nuovo insieme.
Subito grazie, a chi mi ha letto e a chi mi ha lasciato un commento (che è sempre ben gradito).
Un grazie particolare a Hellspawn.
Qualche piccola notizia su questo capitolo.
Come già detto, Hyarbor's Chronicles deve molto all'universo fantasy già noto a tutti quelli che conoscono le avventure di Conan il barbaro e Dungeons & Dragons, tuttavia, ci sono anche altre fonti di ispirazione che ho sfruttato per questa storia.
Tra queste c'è The Elder Scroll III - Morrowind, videogioco della Bethesda di fronte al quale questa storia è nata.
Il vetro, come materiale per le armature e le armi viene proprio da questo gioco. Si tratta di un minerale verde che sembra proprio vetro e che ha una durezza impressionante.
Forse potevo anche cambiarlo quando ho iniziato la revisione di questa storia, e mi sono anche soffermato a pensare con cosa, ma alla fine, lo ammetto, ho preferito lasciare questa parte cosi come è, con il vetro.
Con questo, per adesso è tutto, spero vi siate divertiti a leggere questa storia almeno quanto io mi sono divertito a scriverla (e a revisionarla) e vi do appuntamento alla prossima volta.

Suinogiallo

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Capitolo 4
*** Al cimitero dei Draghi ***


Hyarbor’s Chronicles



Capitolo IV
al Cimitero dei Draghi

Per quanto un avventuriero si trovi bene in una città, prima o poi il desiderio di compiere nuove avventure, di scoprire nuovi tesori e di mettersi alla prova lo assale violentemente. E Obert non era di certo l’eccezione che conferma la regola.
Era da meno di una settimana a Flatline e già provava il desiderio di partire per qualche nuova avventura e se non era già partito era solo perché Deadlight, ancora provata dalla brutta avventura nella caverna del mago, aveva avuto bisogno di riposo.
Non che fosse rimasto con le mani in mano comunque, anzi, tutti i giorni si era recato alla sede della Gilda e si era allenato con Linna rendendosi conto nel frattempo, di quanto scarsa fosse la sua preparazione guerriera.
Era abile nelle parate e nelle schivate, e su questo nessuno aveva dei dubbi, ma quando si trattava di attaccare lasciava molto a desiderare e in un combattimento non si può di certo parare e schivare soltanto. E Linna glielo fece presente in più di un occasione lasciandolo sfogare con le sue parate e le sue finte, per poi, dopo averlo stancato, disarmarlo con un colpo di spada ben assestato.
Quando si erano scontrati la prima volta, Linna aveva usato la lancia, e solo per quello era stata battuta. Si era allenata molto con quell’arma, ma non ci aveva mai combattuto, ma, quando aveva in mano una spada corta era una vera e propria macchina da guerra e Obert faticava molto a stargli dietro, finendo poi, per il perdere ogni volta.
E la cosa si stava facendo frustrante per il giovane guerriero che sognava gloria ed onori e che, invece, ogni sera si ritrovava sdraiato sul letto con nuovi dolori sparsi per tutto il corpo e nuove ferite, tutte lievi fortunatamente, che gli ricordavano l’ennesima sconfitta.
In più, Deadlight iniziava a sentirsi meglio e già gli aveva prospettato la sua idea di tornare al Bosco Oscuro per occuparsi di nuovo degli animali del bosco.
Tra se aveva sperato che decidesse di rimanere con lui e con gli altri. Non era ancora riuscito a capire se quello che provava quando guardava la giovane mezzelfa fosse un sentimento di semplice amicizia, di puro cameratismo, come quello che lo legava ad Olsen o a tutti gli altri, o se fosse qualcosa di più intenso.
Sicuramente Deadlight gli piaceva.
Almeno fisicamente, su quello era sicuro. Era una ragazza decisamente molto bella e qualche notte l’aveva anche sognata svegliandosi poi con un erezione decisamente fuori dal comune.
Ma anche Linna non gli era indifferente da quel punto di vista, anzi, forse Linna lo eccitava ancor di più ed il fatto che ultimamente stesse passando più tempo con lei che con Deadlight, non lo aiutava di certo a capire i suoi sentimenti.
Più di una sera si era ritrovato fuori dalle mura della città a guardare il lago che splendeva sotto il manto stellato e a chiedersi cosa doveva fare. Seguire il suo desiderio di diventare un guerriero forte e valoroso, di quelli di cui i bardi cantano canzoni, oppure di seguire Deadlight nel Bosco Oscuro ed aiutarla contro i cacciatori e rimanere nell’oblio dell’anonimato. Poi, alla fine, quando la temperatura scendeva e la fame si faceva sentire, si alzava e, dicendosi che sarebbe andata come sarebbe andata, se ne tornava alla locanda della Spada della Vittoria

E mentre il nostro giovane guerriero si tormentava con i suoi dubbi e le sue paure, Olsen e gli altri si dedicavano a godersi la vita nella splendida Flatline.
Il gigantesco barbaro passava la maggior parte del suo tempo nella Gilda, allenandosi con Arethis e con gli altri guerrieri. Nessuno aveva mai visto un uomo combattere come lui. Era letale, svelto come un gatto selvatico, forte come un orso, nessuno, neanche la stessa Arethis riusciva a tenergli testa.
Soda, invece, passò la maggior parte del tempo nella Gilda dei Maghi a studiare antiche pergamene e a consultare giganteschi tomi nel tentativo di decifrare la scritta che aveva ricopiato dal cerchio di pietra dove Deadlight stava per essere sacrificata a Bal-Llur. Il fatto che il mago fosse riuscito a scappare lo metteva in agitazione.
L’intento di Roscoe non era quello di voler comandare un morto o due, ma un intero esercito e, questo gli faceva pensare che forse non agiva solo per conto suo.
Le voci di una possibile guerra tra la Gilda ed i maghi di Saspit gli tornarono alla mente. E se quel mago avesse voluto formare un esercito da mettere a disposizione di una delle due fazioni in lotta?
Una guerra combattuta con un esercito di morti viventi non era uno scherzo. Gli zombi non fanno nessuna distinzione tra i nemici. Ci sarebbe stata morte e distruzione ovunque e chiunque si fosse trovato sulla strada di quell’esercito demoniaco sarebbe stato eliminato. Il pensiero di quello che sarebbe potuto accadere gli fece accapponare la pelle e lo spronò a rituffarsi con più intensità nello studio di quella iscrizione.
Gobert invece, si limitò a rimanersene nella locanda, accanto al fuoco, con un boccale di birra sempre pieno accanto ed un piatto di arrosto vicino.
Era un vagante. Da anni ormai non era rimasto mai per più di un mese nello stesso posto e se lo aveva fatto era sempre stato per un motivo ben preciso, per un lavoro che doveva fare, e quindi non era mai stato con le mani in mano come invece stava facendo adesso.
I primi giorni era uscito dalla locanda, aveva fatto un giro per i negozi, aveva fatto rifare il filo alla sua ascia. Di solito se ne occupava lui, ma per una volta decise che poteva anche stare a guardare mentre qualcun altro lavorava. Poi però, dopo aver visto tutta la città, se ne tornò alla locanda e si sedette su di una specie di poltrona accanto al camino, ordinò che accanto a lui ci fosse sempre un boccale di birra pieno ed un piatto di arrosto e se ne rimase li, a guardare le fiamme che ardevano nel camino.
Butch aveva un obiettivo.
Quel mago che aveva rivelato a tutti che li era un baro. Doveva ritrovarlo. E fargliela pagare.
Non poteva purtroppo tornare in quella locanda, e neanche aggirarvisi troppo vicino. Qualcuno avrebbe anche potuto riconoscerlo.
E quindi iniziò a girare tutte le altre locande con la speranza che quel mago non frequentasse solo quella.
Ma in una settimana non era riuscito a rivederlo neanche una volta e la sua collera nei suoi confronti stava scemando. Ancora qualche giorno e sarebbe scomparsa del tutto insieme alla volontà di vendicarsi. E allora non ci sarebbe stato più nulla che lo tratteneva li.
Gli piaceva Flatline, era la cittadina adatta a lui, ricca, tranquilla. Ed era per questo che voleva andarsene.
Il suo spirito di ladro lo avrebbe portato prima o poi a compiere qualche furto ed allora sarebbe dovuto scappare per non tornare mai più. E lui voleva invece stabilirsi in quel posto e per farlo avrebbe dovuto andarsene. Appagare la sua sete di ruberie da qualche altra parte, e poi tornarsene li, comprare magari una casetta, mettere la testa a posto, farsi una famiglia, aveva visto quanto fossero belle le donne di Flatline, e morire infine nel proprio letto.
Ma tutto questo non nei prossimi anni.
Sentiva ancora lo spirito dell’avventura ruggirgli dentro e prima o poi lo avrebbe seguito.
Sicuro

Dalla finestra della sua stanza alla locanda poteva vedere i tetti delle case più basse della città e sentiva di non appartenere a quel posto. C’era qualche chiazza di verde di tanto in tanto. Poteva anche vedere un albero o due ma, ogni volta che li guardava sentiva i loro lamenti di prigionieri.
Era nata in un bosco ed era sempre vissuta tra gli alberi e gli animali. E sentiva quel richiamo cosi forte agitarglisi nel sangue.
Ne aveva parlato ad Obert. Quando sarebbe stata in grado di camminare senza stancarsi sarebbe tornata al Bosco Oscuro.
Lui non aveva detto nulla. Si era solo limitato ad annuire. Poi era uscito dalla stanza.
Erano cosi diversi.
Non sapeva quasi nulla del suo passato. Sapeva che Olsen lo aveva incontrato a Silfid piuttosto malconcio. E quella era l’unica cosa che sapeva del suo passato, ma era certa che ci fosse molto di più dietro agli sguardi tristi che di tanto in tanto notava aleggiare sul suo volto.
Gobert una volta gli aveva detto che gli sembrava uno di quei damerini delle regioni del sud, ormai completamente rammolliti dalla ricchezza e dall’agiatezza.
Non fraintendermi, gli disse, non che Obert sia come loro, ma glieli ricordava molto.
Ma per quel poco che sapeva, erano cosi tanto diversi da essere quasi incompatibili.
Lei era una creatura dei boschi e mai si sarebbe adattata a vivere in una città, in una casa di mattoni, mentre lui sembrava del tutto a suo agio in quei posti.
Un leggero rumore dietro di lei la fece voltare di scatto. Il volto sorpreso di Linna la salutò.
- Ciao sorellina - sorrise guardandola - stavi pensando a qualcuno! Ho bussato, e non mi hai risposto, cosi sono entrata e ti ho osservato per un paio di minuti, eri cosi assorta nei tuoi pensieri che non ti sei accorta di nulla -
- Ciao Linna - la salutò sorridendo. Da quando si erano rincontrate avevano passato un po’ di tempo insieme a parlare, a dirsi cosa gli era accaduto - si, stavo pensando che questo posto non è per me -
- Lo so, Obert mi ha detto qualcosa - mormorò sedendosi su di una delle due sedie che componevano l’arredamento della stanza insieme ad un armadio ad un letto e ad un catino con sopra uno specchio - vuoi tornare a Bosco Oscuro -
- Si - le disse sedendosi sul letto. Un ombra scura le passò sul volto.
- Se questo è il tuo destino, non vedo come tu possa opporti - le disse sbirciando le reazioni della sorella. Quando aveva fatto il nome di Obert il sorriso le era scomparso dal volto - sei una mezzelfa dei boschi, una sacra vergine di Lithis, la dea della natura, il tuo posto è in un bosco -
- Tu come hai fatto? - le domandò improvvisamente guardandola - Anche tu sei una mezzelfa dei boschi, sei nata come me in una foresta, senti le piante gridare di dolore quando vengono intaccate dalle accette dei taglialegna, senti il pianto dei cuccioli che vedono la loro madre morire in una trappola, come fai a vivere in una città! -
Non era una domanda, Linna ne era certa, era una richiesta di aiuto.
Come aveva fatto lei? Insegnami come hai fatto! Per favore aiutami a non dover vivere cosi lontano da Obert!
- Io ero una bambina quando sono andata via - le disse - ancora non ero cosi legata ai boschi, e sono cresciuta in questa città, si, sento le piante gridare, ma solo se c’è molto silenzio nella mia anima - poi si alzò ed andò a sederglisi accanto - se vuoi qualcosa devi lottare per averla e sacrificare anche qualcosa di tuo - ed infine l’abbracciò rimanendo cosi, abbracciata a lei per qualche minuto - adesso devo andare - si alzò - Arethis ha convocato Obert per affidargli una missione ed io come sua istruttrice devo essere insieme a lui -
- Posso venire anche io! - le domandò improvvisamente alzandosi - Ho recuperato le mie forze e posso essergli d’aiuto -
- Ero sicura che l’avresti detto - sussurrò tra se sorridendo alla sorella.

- Juviok mi ha chiesto di procurargliele - stava dicendo Arethis quando Linna e Deadlight entrarono nella sua stanza. Obert era in piedi davanti al capo della Gilda e la stava ascoltando con interesse - non credo che sia un incarico, ah, Linna sei qui - notò la sua presenza - stavo spiegando ad Obert quale fosse l’incarico che deve svolgere per la Gilda -
- Mi scuso per il ritardo - mormorò vedendo lo sguardo di disapprovazione che Arethis gli aveva lanciato - di cosa si tratta! Mi sembra che dietro ci sia una richiesta di Juviok l’armaiolo -
- Si - annuì - ha ricevuto una richiesta un po’ particolare, un’armatura di scaglie di drago, da un ricco nobile delle regioni del sud -
- Scaglie di drago! - quasi urlò Deadlight - Non vorrà mandare Obert a combattere contro un drago! -
- Dead! - la zittì con un gesto il giovane guerriero.
- Il cimitero dei draghi - mormorò Linna capendo quale fosse l’incarico - può andare a prendere li le scaglie -
- Al porto dovrete parlare con Capitan Jack che già sa dove dovete andare - continuò Arethis - vi ci porterà senza fare troppe storie -
- Quale sarà il compenso! - intervenne improvvisamente Deadlight meritandosi di nuovo un occhiataccia da parte di Obert.
- Piuttosto legata al denaro la nostra giovane mezzelfa - sorrise Arethis - ma dovresti stare attenta, a volte l’oro può abbagliarti e portarti a morte - poi, rivolgendosi a Obert - non si tratta di combattere contro un drago vivo, ma solo di prendere le scaglie da una carcassa, tuttavia, non nego che ci sia qualche rischio, Juviok mi ha promesso seicento monete d’oro, la metà saranno per te e per i tuoi compagni -
- D’accordo - accettò l’incarico e, senza dire altro si congedò da Arethis ed uscì dalla stanza insieme alle due ragazze - Deadlight! Mi spieghi cosa ti è saltato in mente! -
- Volevo solo essere sicura di essere pagata il giusto - si giustificò.
- Per caso hai deciso di venire anche tu! - le domandò Linna pur sapendo già quale sarebbe stata la risposta della sorella.
- Perché, hai qualche problema! - la guardò con una aria di sfida, poi, improvvisamente, scoppiarono a ridere mentre Obert, confuso, le guardava chiedendosi cosa avevano in mente.
- Non avevi deciso di tornare a Bosco Oscuro! - mormorò poi il giovane guerriero quando le due ragazze smisero di ridere.
- Si - si adombrò improvvisamente. Aveva pensato che forse sarebbe stato almeno un po’ felice nel sapere che sarebbe rimasta ancora qualche giorno e che lo avrebbe accompagnato in quell’incarico. Quando gli aveva detto della sua intenzione di tornare a Bosco Oscuro non lo aveva visto particolarmente felice, anzi, gli era sembrato triste, come se gli dispiacesse perderla. E quindi, quando aveva deciso di accompagnarlo al cimitero dei draghi, rimandando la sua partenza, aveva creduto che sarebbe stato felice.
Gli sarebbe bastato anche una semplice alzata di spalle, come per dire, se vuoi venire vieni pure. Anche un niente le sarebbe andato bene.
Perché, invece, le aveva ricordato che aveva deciso di tornarsene a Bosco Oscuro! Forse non la voleva! Certo, non sarebbe sicuramente stato da solo. Con un lampo di malcelata gelosia si voltò a guardare Linna che si era allontanata di qualche passo per permettere a loro due di parlarsi in tutta tranquillità, e forse era per questo che non voleva che andasse con lui.
C’era lei!
Oh, ma accidenti perché proprio adesso che forse era riuscita a capire cosa fosse quella strana cosa che le si agitava nel petto quando incrociava il suo sguardo con quello di Obert, ci doveva essere lei e per di più, per quale crudele scherzo di qualche dio, quella lei doveva essere proprio sua sorella!
- Si - sussurrò voltandosi di scatto e perdendosi cosi lo sguardo deluso di Obert.
- Sorellina - mormorò Linna avvicinandoglisi - puoi sempre andare a Bosco Oscuro dopo che ci hai aiutato nella missione - non riusciva più a capire cosa stesse accadendo. Solo poco prima gli era sembrato che Deadlight volesse rimanere con Obert, ed invece, eccola qui che, gli sta dicendo che se ne sarebbe tornata subito al suo bosco. E con un tono che non sembrava affatto un arrivederci, ma un addio.
- No, è meglio cosi - mormorò senza voltarsi - partirò domani mattina, dopo aver comprato ciò per cui sono venuta qui a Flatline - e, quasi correndo per evitare dei ripensamenti che l’avrebbero senza dubbio fatta stare ancora più male, scese le scale e uscì dalla sede della Gilda dirigendosi verso la locanda mentre qualcosa gli scendeva lungo il volto.
Lacrime.

Trovarono Capitan Jack dove gli aveva indicato Arethis, seduto ad un tavolo vicino alla finestra grande della Locanda della Sposa, con un grosso boccale di rum a portata di mano e l’unico occhio buono, l’altro era completamente bianco, rivolto verso il lago oltre la finestra.
Linna aveva già conosciuto Capitan Jack in occasione di un viaggio che lei e Arethis avevano fatto a Saspit per far incantare delle armi e non gli era apparso assolutamente come un uomo degno di qualsiasi fiducia.
Per tutto il viaggio non aveva fatto altro che bere, urlare bestemmie e volgarità ai tre uomini di equipaggio della sua barca e rivolgere commenti e richieste alquanto oscene sia ad Arethis che a lei. E ne era certa, se non aveva tentato di approfittare di loro due era stato solo perché temeva la spada della donna più di quanto bramasse poter allungare le mani.
Per cui, l’idea di dover viaggiare di nuovo con quell’uomo non la rendeva di certo felice. Forse avrebbe fatto meglio ad informare Obert che razza di mascalzone era Capitan Jack e chiedergli di mettere subito le cose in chiaro con lui prima di salire sulla barca. In parole povere, era indecisa se chiedere o meno a Obert di far luccicare il vetro della sua spada sotto la gola dell’uomo.
- Salute a voi, guerrieri - udì la voce biascicante e liquida del marinaio salutarli - quel gran pezzo di donna del capo della Gilda mi ha detto che sareste venuti da me per un passaggio - poi fece per alzarsi ma un improvviso capogiro lo costrinse a rimettersi a sedere con violenza - accidenti, quando sono sulla terra ferma queste mie vecchie gambe non mi tengono in piedi - e, con un gran rutto sottolineò l’ultima sua frase.
- Salute a te - ricambiò il saluto Obert - quando si parte! - non gli piaceva quell’uomo.
A parte l’odore di liquore che si mischiava con quello di sporco che veniva dalla sua parte non gli era piaciuto ne il modo in cui aveva parlato di Arethis ne, tantomeno, il modo in cui stava guardando la sua compagna. Un animale in calore sarebbe stato decisamente meno lubrico.
- Tra un’ora lasceremo il porto ragazzo - gli rispose riuscendo questa volta ad alzarsi e a fare due passi verso di loro tenendo le mani protese in avanti come un cieco che brancoli.
Obert capì subito che quello non era altro che un goffo tentativo di mettere le mani su Linna e, rapidamente si mise tra la ragazza e l’uomo.
- Provati anche solo a toccarla con un dito e dovrai raccoglierlo da terra - gli sibilò mettendo la mano sull’elsa dello spadone.
-Il dito! - lo guardò con un ghigno lascivo.
- Quello che ti porti appeso nelle mutande - sogghignò invece Obert.
Capitan Jack smise all’istante di barcollare ed abbassò le braccia.
- Seguitemi sulla mia barca - mormorò guardando lo spadone e lo sguardo del ragazzo. In fondo, si disse, a Flatline ci sono ragazze molto più a buon mercato. E, senza dire altro si incamminò verso l’uscita della locanda.
- Grazie - sussurrò invece Linna sentendosi un po’ più al sicuro accanto ad Obert.

La barca di Capitan Jack era poco più di una tinozza con un albero piantato al centro ed una cabina sulla prua che, probabilmente, in un momento di euforia alcolica era stata battezzata con l’altisonante nome di “Inaffondabile”, cosa che ad Obert parve alquanto improbabile.
Ne era certo. Alla prima onda di traverso si sarebbe capovolta e, con tanti saluti al suo nome, sarebbe colata a picco.
Ma non erano questi pensieri ad inquietarlo. O almeno, questi non erano i soli pensieri a rendergli scuro il volto.
Veniva dalle regioni del sud, dall’entroterra di Ishtar, e l’acqua per lui era sempre stata un ottima compagna di brindisi e di lavate, ma non di nuotate.
Ed in effetti, Obert non sapeva assolutamente nuotare. Non sapeva neanche come fare per rimanere a galla il tempo necessario per poter gridare aiuto.
Tuttavia, l’incarico che gli era stato affidato comportava quella traversata e non si sarebbe di certo tirato indietro con il rischio, magari, che Linna fosse costretta, poi, ad andare da sola.
E facendosi coraggio seguì la mezzelfa sul ponte della barca rimanendo per un paio di orrendi secondi interdetto dal rollio di quella cosa malefica.
Accidenti, se gli dei avessero voluto che gli uomini andassero per mare, o sui laghi, li avrebbero muniti di pinne e di branchie
- Togliti l’armatura - quasi gli ordinò Linna togliendosi gli spallacci e gli stivali deponendoli poi in una cesta sul ponte - se dovessi cadere in acqua con tutto quel peso andresti a fondo come un incudine -
- D’accordo - mormorò slacciandosi la corazza di vetro e metallo ponendola poi nella cesta insieme all’armatura della ragazza. Subito dopo anche gli stivali e gli spallacci andarono a fargli compagnia mentre tenne i guanti regalatigli da Deadlight. Non se li sarebbe tolti per nessun motivo.
Rimasto solo con la casacca ed i pantaloni si passò la cintura della spada a tracolla e si sistemò lo spadone dietro la schiena come aveva visto qualche volta fare ad Olsen. Con un gesto del braccio destro si accertò che l’elsa fosse a portata a mano e finalmente si rilassò guardandosi intorno.
- Stiamo per salpare - l’informò Capitan Jack avvicinandosi ai due guerrieri. Non appena aveva messo piede sul ponte della sua barca il passo infermo era scomparso e l’uomo adesso sembrava essere molto più sicuro di se - potete accomodarvi in cabina, io e i miei uomini rimarremo qui - poi gli indicò la cesta con le due armature - e portatevi dietro la vostra ferraglia, qui sul ponte ci è solo di intralcio -
- Tra quando arriveremo! - gli domandò Linna ansiosa di scendere da quella barca il prima possibile. Non gli era sfuggito il modo in cui l’uomo l’aveva guardata e quasi poteva sentire quello sguardo posarglisi sul seno e, soprattutto sulle gambe scarsamente coperte dalla corta tunica che indossava.
Accidenti a lei, ma perché non aveva indossato dei pantaloni prima di partire! Sapendo con chi avrebbe dovuto viaggiare sarebbero stati gli indumenti migliori.
Ma ormai era fatta e non poteva ritardare la partenza. Se perdevano il vento avrebbero dovuto attendere un giorno ed Arethis non sarebbe stata di certo molto contenta di quella perdita di tempo.
Almeno, si disse, poteva fare il viaggio in cabina e, accanto a lei ci sarebbe stato Obert.
- Se il vento ci sostiene, domani, al calar del sole, raggiungeremo l’Approdo del Drago - gli rispose, poi si voltò ad urlare ai tre marinai di equipaggio di togliere gli ormeggi, di stendere la vela e di salpare.
In realtà lo disse in termini decisamente più coloriti, per non dire volgari, ma il senso delle bestemmie e delle oscenità che gridò era suppergiù quello e ne lei, ne Obert sindacarono su quel turpiloquio limitandosi solo a prendere le loro cose e dirigersi verso la cabina.
- Cosa stai guardando! - gli domandò Linna vedendo il suo compagno fermarsi sulla soglia della porta e guardare verso il molo che si stava iniziando ad allontanare.
- Niente - sussurrò entrando dentro la cabina. Aveva sperato di poter vedere Deadlight.
Fino all’ultimo aveva sperato che improvvisamente la giovane mezzelfa decidesse di accompagnarlo, accontentandosi poi anche solo di vederla sul molo a salutarlo, infine, entrando a testa bassa nella cabina, si augurò solo che un giorno fosse riuscito a rivederla.
- Già, niente - sussurrò Linna guardando anche lei verso il molo - Deadlight, sorellina potevi venire almeno a dargli un ultimo saluto - e, chinando anche lei la testa seguì il giovane guerriero nella piccola cabina chiudendo poi la porta dietro di lei.

La cabina vista dall’esterno sembrava alquanto piccola, mentre, una volta dentro, apparve per quello che era. Decisamente minuscola.
Inchiavardato ad una parete e tenuto orizzontale da due catene un tavolaccio fungeva da letto e da sedile mentre dalla parte opposta un tavolo inchiodato al pavimento costituiva tutto l’arredamento della cabina. Ed in mezzo lo spazio appena sufficiente a permettergli di stare in piedi senza essere troppo appiccicati.
- Spero che Arethis non lo abbia pagato molto questo passaggio - mormorò Obert vedendo il tavolaccio. Il rollio ed il beccheggio della barca era aumentato non appena si erano staccati dal molo e adesso quasi faticava a tenersi in piedi.
- Quanto lo abbia pagato non ha importanza - mormorò Linna sedendosi sul tavolaccio e facendo cenno a Obert di fare altrettanto - Capitan Jack è l’unico disposto ad andare al Cimitero dei Draghi -
- E perché? - le domandò il giovane guerriero togliendosi la spada da dietro la schiena ed usandola per bloccare la porta della cabina prima di sedersi accanto alla ragazza - Non è che un cimitero! Ci sono solo animali morti -
- Si, ma non ci arrivano da morti - gli spiegò poggiando la schiena contro la parete e tirando i piedi sul tavolaccio portandosi cosi le ginocchia al petto. Quando era da sola, nella tranquillità della sua stanza rinunciava agli atteggiamenti guerreschi che aveva di fronte a tutti e si lasciava andare ad atteggiamenti molto più femminili e rilassati, come quel ritrarsi in posizione quasi fetale. Certo, in quel momento non era da sola, c’era Obert, ma qualcosa dentro di lei la spinse a comportarsi in quel modo e lei che aveva sempre dato ascolto al suo istinto, obbedì a quell’impulso - le storie dicono che i draghi, quando sentono approssimarsi l’ora della loro morte si dirigono verso il Cimitero dei Draghi, l’isola verso la quale stiamo navigando, e li, nella Valle dei Draghi si spengono ma, ci arrivano vivi, e, anche se sanno che la fine è prossima, non è detto che appena giunti muoiano, ci sono storie che parlano di draghi che sono vissuti anni nella Valle dei Draghi prima di morire, ed un drago, anche se morente, è pur sempre un avversario molto pericoloso ed è per questo che non sono molti quelli che fatto rotta per il Cimitero -
- E quindi - deglutì a vuoto Obert - vuoi dire che potremmo trovare un drago ancora vivo? -
- Sono decenni che non si vedono draghi sorvolare il lago - lo tranquillizzò sorridendo - e quindi è improbabile che troveremo dei draghi ancora vivi - poi stese le gambe e si distese sul tavolaccio posando la testa accanto alle gambe del ragazzo - che ne dici di dormire un po’, anche se sull’isola non troveremo nessun drago ci sono comunque delle creature molto pericolose ed è meglio recuperare le forze -
- Che tipo di creature! - le domandò Obert guardandola. Nel distendersi la corta tunica le si era sollevata sulle anche scoprendo ancora di più le gambe delicatamente abbronzate. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo. Non gli sembrava cortese come la stava guardando. Tra se si paragonò a Capitan Jack. Inoltre poi, non voleva mancare di rispetto a Deadlight ma, quella pelle leggermente brunita, quelle forme cosi perfette, erano quasi una calamita per i suoi occhi.
- Un po’ di tutto - gli rispose chiudendo gli occhi. Cosa stava facendo! La tunica ormai doveva essere talmente tirata su che se fosse andata ancora un po’ più su le sarebbe arrivata fin sopra il seno. Lo stava provocando! Cosa voleva ottenere! Quel ragazzo era innamorato della sua sorellina e lei lo stava provocando.
E se fosse arrivata ad un punto tale da non poterlo più fermare?
E se avesse provato a…Linna, dai, sai benissimo a cosa, arrossì tra se, lei cosa avrebbe fatto?
Lo avrebbe fermato o avrebbe tenuto gli occhi chiusi e si sarebbe lasciata prendere!
Sentì chiaramente il ragazzo muoversi sul tavolaccio ma non aprì gli occhi.
Avvertì un fruscio di tessuto. Si stava spogliando!
Per Himena, dea dell’amore, si stava spogliando! Poi avvertì qualcosa passargli sulle gambe.
Istintivamente irrigidì i muscoli delle cosce, ma poi li rilassò. Si rilassò completamente.
- Io esco fuori a prendere un po’ d’aria, adesso non ho sonno, dormi pure tranquilla, controllo io che nessuno tenti di entrare - sentì la voce di Obert, poi la porta si aprì e si chiuse lasciandola da sola.
- Obert - sorrise aprendo gli occhi e mettendosi seduta. Sulle gambe aveva la casacca del ragazzo. Un sorriso incredibilmente dolce le apparve sul volto.

- La Valle dei Draghi si trova quasi al centro dell’isola - gli disse Capitan Jack mettendosi seduto su alcuni rotoli di corda gettati sul ponte - ma prima di arrivarci dovrete passare per la Foresta dei Lamenti -
- Linna mi stava accennando ad alcune creature che potremmo incontrare - gli domandò Obert - sei già stato sull’isola, sai che tipo di creature incontreremo! -
- Prevalentemente ragni, enormi ragni dal veleno mortale - lo informò - ho approdato sull’isola varie volte, ma non sono mai sceso dalla barca, per nessun compenso metterò mai piede su quella terra maledetta, e quindi posso dirti solo quello che mi è stato raccontato da chi ho accompagnato sull’isola ed è tornato indietro, la Foresta dei Lamenti è infestata da questi ragni, ma cosa ci sia oltre non lo so nessuno di quelli che ho accompagnato è mai riuscito ad arrivare fino alla valle -
- Incoraggiante - sussurrò guardando le acque del lago che si infrangevano lungo la chiglia - pensi che troverò un drago ancora vivo! -
- Non credo - mormorò - è passato moltissimo tempo dall’ultima volta che un drago è volato su questo lago, ed ormai dovrebbe essere morto anche se non si può mai dire con i draghi - e scoppiando a ridere afferrò una bottiglia di liquore e ne bevve una generosa sorsata.
- Forse è meglio che me ne vada anche io a dormire - mormorò infine Obert rendendosi conto che Capitan Jack lo stava prendendo in giro e, seguito dagli sghignazzi dell’uomo rientrò nella cabina dove trovò Linna profondamente addormentata. Si era messa una coperta addosso ed aveva sistemato la casacca del guerriero sul tavolo, accuratamente piegata.
Silenziosamente si sistemò sul pavimento tra il tavolaccio e il tavolo e si addormentò quasi subito cullato dallo sciabordio dell’acqua e dal rollio della barca.

Dormirono quasi tutto il pomeriggio, svegliandosi solo per mangiare una cena alquanto frugale composta da del pesce crudo marinato nell’aceto, rimettendosi poi a dormire fino all’alba quando vennero bruscamente svegliati da un rumore di lotta che proveniva dal ponte della nave.
Spade in pugno si precipitarono fuori giusto in tempo per vedere uno dei marinai venir gettato fuori bordo da un potente colpo di coda sferrato da un pesce gigantesco che si stava dibattendo sul ponte attorniato da Capitan Jack e dai suoi uomini che cercavano di arpionarlo.
- Un pesce volante! - urlò Linna vedendo il pesce - E’ enorme! - poi fece cenno a Obert di stare attento e di non avvicinarsi troppo - Il suo morso è velenoso e può portare alla morte -
- Per Crown - urlò cercando il modo migliore per attaccare il pesce gigante che continuando a dibattersi stava dirigendosi verso di loro.
- State attenti! - urlò loro Capitan Jack - E’ la sua tattica, vuole gettarvi in mare per portarvi nella sua tana sul fondo del lago -
- Staremo a vedere - urlò Linna spostandosi di lato e facendo cenno a Obert di fare lo stesso sul lato opposto. Avrebbero preso il pesce sui due lati e lo avrebbero fatto alla griglia prima che potesse rendersene conto - adesso -
Con un grido si gettò sul pesce colpendolo con la spada al centro del corpo mentre Obert con un salto gli finì quasi a cavalcioni piantando poi la spada con forza nella testa del pesce che reagì sgroppando violentemente e colpendo Linna con una delle pinne caudali.
- Accidenti, bello, ne hai di vitalità! - urlò Obert tenendosi alla spada ficcata in profondità nella testa del pesce come se si stesse tenendo alle redini di un cavallo da domare - Ma non hai più nessuna speranza - e, stringendo le ginocchia con più forza sul dorso del pesce e tenendosi sempre alla spada attese che il pesce smettesse di muoversi.
Passarono ancora alcuni minuti prima che l’animale smettesse di muoversi definitivamente e solo allora Obert lasciò la spada e smontò dalla schiena del pesce.
- Tutto bene! - gli domandò Linna correndogli accanto.
- Si - la tranquillizzò sfilando poi la spada dalla testa del pesce mentre Capitan Jack e i due marinai superstiti si stavano già facendo avanti per fare a pezzi l’animale e metterlo sotto salamoia. Con un gesto che non ammetteva repliche li fermò, e facendosi poi dare un piccolo coltello lo usò per incidere una piccola runa sul corpo della bestia.
Linna lo osservò sorpresa riconoscendo il simbolo di Lithis nella runa che aveva inciso.
- Lithis - mormorò improvvisamente il giovane guerriero - dea della natura, protettrice degli animali, delle acque e della terra, ho ucciso un tuo figlio ed altri ne ucciderò per difendere me e la mia compagna, accetta questo mio sacrificio per il tuo perdono - poi si punse un dito con il coltello facendone stillare una lacrima di sangue che fece cadere sul corpo del pesce - accetta questo sangue in cambio di quello che verserò per difendermi e sfamarmi -
- Deadlight sarebbe felice di sapere che conosci il rito per chiedere il perdono a Lithis - gli sorrise Linna avvicinandoglisi mentre i due marinai, autorizzati da Obert, iniziavano a fare a pezzi il pesce - te lo ha insegnato lei, vero? -
- Già - sorrise, poi notò la piccola ferita che la ragazza aveva ad un braccio e sul suo volto comparve una nota di preoccupazione - sei ferita -
- Nulla di grave - si schernì passando un dito sul graffio che si era fatta quando il pesce l’aveva colpita. Non lo sapeva neanche lei il perché, ma si sentì improvvisamente felice che Obert si fosse preoccupato anche solo per un graffio.

Il resto della navigazione passò senza ulteriori incidenti e poco prima del tramonto la barca gettò l’ancora nell’Approdo del Drago, un insenatura naturale dell’isola con una lingua di terra che si protendeva nelle acque alte permettendo alle imbarcazioni di ormeggiare proprio come se si fosse trattato di un molo.
- Vi attenderemo qui per dieci giorni - li informò Capitan Jack - poi partiremo con voi o senza di voi -
- D’accordo - annuì Linna finendo di indossare la sua armatura. Obert era già sceso sulla lingua di terra e stava guardandosi intorno, poi saltò giù anche lei raggiungendolo con una rapida corsetta.
Erano su Cimitero dei Draghi e Obert stava per affrontare la sua prima missione per conto della Gilda ed era deciso a portarla a termine a qualunque costo. Avrebbe trovato le scaglie di drago e le avrebbe portate a Juviok poi, sarebbe andato a Bosco Oscuro, da Deadlight.
Il suo cuore gli diceva che era la cosa più giusta da fare.

- Non ritornerà questa sera - le disse improvvisamente Olsen raggiungendo la giovane mezzelfa sul molo mentre il sole terminava di calare sul lago tingendolo di un rosso vivo.
- Lo so - sussurrò guardando l’orizzonte - ero arrabbiata con lui, non l’ho neanche salutato quando è partito ma quando tornerà voglio essere la prima a dirgli bentornato -

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Quattro Chiacchiere Con L'autore

Ed eccoci di nuovo insieme con un nuovo capitolo di Hyarbor's Chronicles.
Una nuova avventura attende i nostri eroi, andare a prendere delle scaglie di drago. Sembra semplice, in fondo non devono fare altro che andare in un cimitero di draghi e portare via qualche scaglia.
Ma non sempre tutto è come lo si è immaginato e dovremmo averlo capito.

Come al solito ringrazio chi mi ha letto fino ad adesso e chi mi vorrà leggere anche in futuro e gli do appuntamento al prossimo capitolo.
Hasta Luego

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Capitolo 5
*** La valle dei draghi ***


Hyarbor’s Chronicles


Capitolo V
La Valle dei Draghi

Passarono la prima notte sull’isola a ridosso della Foresta dei Lamenti accampandosi accanto ad un fiume.
Il giorno dopo avrebbero attraversato la foresta e, quello successivo avrebbero affrontato il Passaggio a Sud, una caverna che passando sotto la catena montuosa che circondava la Valle dei Draghi li avrebbe portati direttamente al cimitero dei draghi.
Se tutto fosse andato come era nei piani sarebbero tornati all’approdo in meno di una settimana. Tuttavia ne Obert ne Linna erano del tutto tranquilli.
La foresta gli era parsa silenziosa e tranquilla e, mentre vi si dirigevano non avevano notato nulla di strano. Ma entrambi sapevano che non c’era da fidarsi in tutta quella tranquillità.
Non bisognava mai fidarsi troppo delle apparenze. Un tranquillo halfling obeso può nascondere un pericoloso mago malvagio, cosi come una foresta che a prima vista sembra tranquilla, può nascondere al suo interno orrori e pericoli indicibili.
Decisero pertanto di fare dei turni di guardia accanto al fuoco. Linna avrebbe dormito per prima, poi, a metà notte avrebbe dato il cambio ad Obert accanto al fuoco.
- D’accordo allora - gli disse la giovane mezzelfa stendendo una coperta e mettendogli accanto la sua spada - a metà notte mi svegli - e, sdraiandosi - non fare il gentiluomo svegliami, devi dormire anche tu !!...- e tirandosi sopra una seconda coperta si rigirò mettendosi a dormire.
- Buonanotte - sussurrò Obert sistemandosi meglio contro una roccia. A pochi passi da lui aveva formato una catasta di legna per alimentare il fuoco.
A meno di una decina di metri da dove si trovava lui iniziava la foresta e, senza distogliere lo sguardo dal fuoco ogni tanto Obert gettava uno sguardo anche all’oscurità tra gli alberi. Qualunque pericolo sarebbe giunto dalla foresta, su questo erano certi e quindi quando avevano sistemato il campo avevano fatto in modo che il più vicino agli alberi fosse stato chi doveva fare da sentinella, poi ci sarebbe stato il fuoco e, più lontano, chi invece stava dormendo. In questo modo, se anche un ragno fosse sgusciato fuori dalla foresta avrebbe incontrato prima la sentinella e non chi stava dormendo.
Con una mano, Obert, tastò il terreno accanto a lui per cercare la spada. L’aveva sistemata a terra vicino a lui, ma preferiva tenerla in grembo, molto più a portata di mano. Con un certo nervosismo la trovò al terzo tentativo e, togliendola silenziosamente dal fodero se la sistemò sulle gambe osservando la lucentezza verde del vetro e la sua perfetta unione con il metallo dell’elsa. Era un arma straordinaria, forgiata a regola d’arte.
Da dove veniva lui, il vetro era ancor più raro che a Ishtar. Suo padre aveva un piccolo pugnale che gli era stato donato da un notabile di una città del nord e lui aveva passato interi pomeriggi ad osservarlo, ad ammirarne la bellezza letale, a sognare di un giorno in cui avrebbe avuto un’arma tutta sua fatta di quel materiale.
Quel giorno era arrivato ma non era stato come nei suoi sogni.
Aveva dovuto lasciare la sua città, la sua casa, tutte le persone a lui care senza sapere se un giorno avesse potuto tornare.
Il suo sogno era diventato una realtà, aveva una spada tutta sua fatta di vetro, ma a che prezzo
Un rumore richiamò la sua attenzione.
Veloce afferrò la spada e schizzò in piedi guardando verso la foresta. Il rumore si ripete di nuovo ma non veniva dalla foresta.
Con una torsione del busto si voltò e…
- A cosa stavi pensando? - gli domandò Linna guardandolo divertita.
- Cosa? - mormorò confuso abbassando la spada e rilassandosi - Come mai sei già sveglia? -
- Perché è il mio turno - sorrise mostrandogli la luna che aveva percorso quasi metà della sua notte - vai a dormire, domani ci attende una lunga scarpinata -
- Si - mormorò - buonanotte - e, lentamente si diresse verso la coperta che la ragazza gli aveva lasciato accanto al fuoco quando vi si sdraiò sopra avvertì subito il profumo della ragazza che aveva impregnato la coperta e quasi desiderò che fosse li, insieme a lui.
Con un sorriso si addormentò sognando che li, accanto a lui, non ci fosse Linna.

Venne svegliato dal profumo del Marshjok, una bevanda calda che si otteneva facendo passare dell’acqua bollente attraverso un filtro di stoffa con dentro delle foglie della pianta omonima e che era blandamente eccitante. L’ideale per svegliarsi e prepararsi per affrontare la Foresta dei Lamenti.
- Il tempo sta cambiando - mormorò Linna guardando il cielo che si stava riempiendo di nubi nere - non mi piace -
- Quegli alberi sono cosi fitti che non ci bagneremo neanche se dovesse mettersi a diluviare - sbadigliò Obert alzandosi. Si sentiva la schiena a pezzi. Muovendosi nel sonno doveva essere andato a finire su di un sasso ed adesso aveva un dolore sordo ad un fianco che gli si acuiva ogni volta che faceva un respiro appena un poco più profondo. Se ci fosse stato Soda gli avrebbe chiesto uno dei suoi intrugli per i dolori, ma visto che non c’era si dovette accontentare di stringere i denti e sopportare.
- Non è la pioggia che mi preoccupa - cercò di spiegargli la mezzelfa - guarda la forma di quelle nubi -
- Cos’hanno di strano? - mormorò alzando lo sguardo e facendo una smorfia. Una fitta al fianco lo aveva trafitto quasi fosse stata una pugnalata.
- Poco prima che ti svegliassi ho visto una nube nera a forma di drago, e non è un bel segno qui sul Cimitero dei Draghi - gli disse porgendogli una tazza di metallo colma di Marshjok fumante - cos’hai? -
- Niente - afferrò la tazza - devo aver dormito su di un sasso e sono un po’ indolenzito - poi, dopo averne bevuto alcuni sorsi - perché non è un bel segno? -
- Sono ormai decenni che nessun drago è stato più visto volare su quest’isola per venirci a morire - gli rispose iniziando a raccogliere le cose per partire - ma l’ultima volta che un drago è stato visto, era nascosto dentro una nube nera a forma di drago -
- Forse quella era solo una nuvola che aveva quella forma - cercò di tranquillizzarla Obert. In realtà anche lui era nervoso. Linna non gli era mai parsa una ragazza facile alle paure e vederla cosi agitata lo stava mettendo in pensiero. Ma forse era proprio come aveva detto lui. Forse era solo una nuvola di passaggio che aveva assunto casualmente quella forma.
- Forse - cercò di sorridergli - sbrigati con quella tazza voglio essere fuori dalla foresta prima che scenda la notte, non ho nessuna voglia di accamparmi li mezzo -
- Agli ordini - sorrise buttando giù quello che era rimasto della bevanda. Una nuova fitta lo pugnalò al fianco. Pochi minuti dopo si addentrarono nella foresta tenendo gli occhi bene aperti e le spade già in pugno.

Il sottobosco della Foresta dei lamenti era fitto ed avanzarvi non era semplice, e più di una volta Obert fu costretto ad aprire la strada a lui e alla sua compagna a colpi di spada.
Di tanto in tanto, poi, si imbatterono nei segni della presenza nella foresta dei ragni crudeli. Resti di gigantesche ragnatele che pendevano dagli alberi e, a volte, appesi ad essi videro gli scheletri di alcuni uccelli o di alcuni piccoli animali che vi erano rimasti intrappolati e che poi, dopo essere stati avvolti dalla tela e pre digeriti dai succhi gastrici acidi emessi dallo stomaco della gigantesca bestia, erano stati letteralmente succhiati via.
- Non toccare le ragnatele - l’avvisò Linna vedendo Obert protendere una mano verso lo scheletro di un piccolo animale - è molto appiccicosa ed inoltre, alcune specie mischiano alla tela un veleno in grado di paralizzarti il braccio per ore -
- Uh - mormorò ritraendo frettolosamente la mano.
Perché dovevano esistere simili creature, si domandò dando un ultimo sguardo allo scheletro del povero animale, poi, aumentando il livello di attenzione riprese il viaggio.
Giunsero a metà della foresta senza incontrare problemi quando Obert si lasciò sfuggire un gemito quasi piegandosi in due dal dolore.
- Cosa c’è? - gli domandò Linna fermandosi e guardandolo.
- Il fianco - mugolò con il fiato rotto dal dolore - mi fa un male di inferno -
- Fammi vedere - gli si avvicinò sollevandogli la casacca e scoprendogli il fianco. Poco al di sopra della cresta iliaca vide un puntolino nero circondato da una macchia rossastra di un paio di centimetri di diametro - sembra la puntura di un insetto, ti fa male? - e quasi sadicamente gli premette con un dito sulla macchia facendo piegare in due dal dolore il giovane guerriero - Credo di si -
- Sta passando - ansimò riprendendo fiato - va ad ondate - poi si rimise a posto la casacca e - andiamo avanti - riprese la marcia.
- Ce la fai? - si preoccupò Linna mettendosi a camminargli di fianco.
Una puntura di insetto non era da sottovalutare, soprattutto in posti come quelli. Aveva visto guerrieri temprati da mille battaglie torcersi tra dolori indicibili per una cosa del genere, e con un brivido, si ricordò anche che aveva visto un uomo morire per una puntura di un insetto cosi piccolo da essere quasi invisibile.
Erano lontani da qualunque posto dove poter trovare un guaritore e lei non sapeva purtroppo nulla di quell’arte.
Tranne qualche semplice rudimento non sarebbe stata capace di fare altro che osservarlo mentre si spegneva in una lenta agonia.
- Si stai tranquilla, è solo un po’ indolenzito - le sorrise cercando di tranquillizzarla.
Cosa voleva che fosse? Era una semplice puntura.
- Andiamo – si sforzò di sorridere di nuovo, e menando dei furiosi fendenti alla vegetazione che tentava di rallentarli riprese ad avanzare con la giovane mezzelfa dai capelli rossi dietro di lui.

L’attacco del gigantesco ragno crudele fu fulmineo.
Sbucò dalla vegetazione e correndo sulle otto zampe si diresse velocemente verso di loro.
Rapidamente Obert scartò di lato vedendo con la coda dell’occhio Linna fare lo stesso dall’altro lato, poi tornò a guardare il ragno che, rimasto in mezzo a loro due si era improvvisamente fermato come per decidere da che parte attaccare.
Era enorme. Un corpo grande quanto una vacca sorretto da otto zampe pelose proporzionate. Con un fendente menato a due mani Obert attaccò il suo lato della bestia quasi in contemporanea con Linna che, in ritardo di pochi attimi menò a sua volta un fendente dalla sua parte. Due zampe, recise di netto volarono via con uno schizzo di sangue verde che andò ad imbrattare il fogliame. Un secondo dopo la bestia si voltò verso la ragazza che, indietreggiò rapidamente.
Vedendo il ragno voltargli le spalle, Obert gli si scagliò contro colpendolo con un colpo sferrato di taglio dall’alto verso il basso. Uno squarcio enorme si aprì sul gigantesco corpo peloso del mostro che, però, sembrò non avvertirlo minimamente continuando ad avanzare verso Linna che riprese ad indietreggiare menando dei fendenti sia per evitare che la colpisse con una delle zampe, sia per continuare ad attrarre la sua attenzione e permettere cosi al suo compagno di colpirlo di nuovo da dietro.
Ed Obert non si fece aspettare molto. Rapidamente sferrò un nuovo colpo che penetrò mollicciamente nel corpo chitinoso della bestia.
Stava per sferrare un nuovo colpo quando, del tutto inaspettatamente il mostro si voltò di scatto colpendo il guerriero al fianco facendolo rotolare a terra.
Pochi attimi dopo gli era praticamente sopra.
In un lampo Obert, vedendo l’addome del ragno scoperto menò un colpo di punta con la spada penetrandogli nell’addome fino all’elsa mentre Linna, con un nuovo fendente gli aprì una nuova ferita sul dorso che, questa volta fu mortale.
Con un ultimo movimento agonico il ragno tentò di allontanarsi, stramazzando alla fine a terra morto.

- . . . - urlò improvvisamente Obert rialzandosi quasi di scatto. Un lungo urlo rabbioso, liberatorio - per Crown maledetto essere immondo - poi si chinò di lato mettendosi una mano sul fianco dolente - Linna stai bene? -
- Io si - ansimò correndogli accanto. Anche per lei era la prima volta che affrontava un mostro di quel genere e si sentiva ancora euforica di adrenalina, ma era anche preoccupata per il suo compagno. Lo aveva visto piegarsi in due con il volto quasi cereo - sei stato ferito? -
- No, è questa dannata puntura - gemette rimettendosi dritto e pestando i piedi un paio di volte - fa un male di inferno - poi guardò il ragno morto - sbrighiamoci ad uscire da qui, non ho propria voglia di aspettare i parenti di questo mostro -
- Neanche io - mormorò cercando di non mostrare la propria preoccupazione.
Erano stati avventati a partire per quell’incarico senza un guaritore o senza almeno qualche pozione ristoratrice.
Per un attimo gli balenò un idea. Tornare indietro. Poteva convincerlo. Gli avrebbe detto che, no, ma cosa le era venuto in mente.
Lui le avrebbe risposto che se non se la sentiva poteva tornare indietro, forse l’avrebbe anche accompagnata alla barca, ma lui poi sarebbe tornato li per prendere quelle scaglie.
E, procedendo quasi di corsa si lasciarono alle spalle la carcassa del gigantesco ragno e, dopo alcune ore di marcia forzata, la Foresta dei Lamenti, giungendo ai piedi del Massiccio del Drago.
Di fronte a loro, buia e silenziosa, si spalancò la grotta che li avrebbe condotti nella valle.

- Passeremo la notte qui - decise Linna indicando uno spiazzo erboso tra le rocce vicino ad un torrentello che originava da una getto d’acqua che fuoriusciva dalla parete rocciosa formando una cascatella.
- C’è ancora luce, non è tardi, possiamo ancora andare avanti - ribatté Obert a corto di fiato sia per la marcia forzata che per il dolore che dal fianco si era esteso a quasi tutta la metà del corpo. Era madido di sudore e la pelle del volto era arrossata e lucida come se avesse la febbre.
- Per oggi non se ne parla - replicò secca - riprenderemo domani mattina - poi gli si avvicinò - fammi vedere - e senza attendere il suo permesso gli sollevò la casacca - Lithis benevola - la macchia rossa intorno alla puntura si era estesa a tutto il fianco, gran parte della schiena e dell’addome e stava scendendo verso i glutei e la coscia destra – hai…hai bisogno di cure -
Improvvisamente il puntino nero ebbe una specie di sussulto.
- Cosa? - quasi urlò pensando di aver visto male. Di nuovo il puntino nero si agitò – Un insetto, c’è ancora l’insetto che ti ha punto dentro la ferita -
- . . . - Obert emise un rantolo e, senza dire altro si accasciò a terra privo di sensi.

Quando rinvenne vide che il sole era calato, sentiva freddo, ma il bagliore che veniva da vicino a lui gli indicò che era sdraiato accanto ad un fuoco. Linna gli aveva tolto l’armatura e gli stivali, lasciandogli solo i guanti, e lo aveva ben coperto con le coperte che avevano con loro. Un bruciore urente gli attraversava il corpo partendo dal fianco.
Provò a tastarsi il punto in cui l’insetto lo aveva punto andando poi ad annidarglisi ma trovò qualcosa di umidiccio e voluminoso e rinunciò all’idea di continuare l’esplorazione. Si rese conto di non indossare più neanche la casacca.
Si sentiva la bocca secca, doveva avere le labbra screpolate perché quando provò a passarvi sopra la lingua avvertì la sensazione di star leccando qualcosa di ruvido ed avvertì delle piccole stilettate di dolore.
Voltò la testa verso il fuoco, ma un dolore sordo lo assalì dal collo in giù convincendolo che forse non era ancora il caso di provare a muoversi.
- Linna - farfugliò avvertendo una altra fitta di dolore alla gola.
- Sono qui - gli rispose subito la mezzelfa. Vide il volto della ragazza a pochi centimetri sopra il suo - ti sei svegliato -
- Cosa…cosa mi è successo? - rantolò sentendo che il dolore alla gola si faceva meno intenso e più sopportabile.
- L’insetto che ti ha punto si era annidato nel tuo fianco - gli rispose mentre delicatamente gli sollevava la testa per permettergli di prendere una sorsata d’acqua - e continuava ad avvelenarti mentre si nutriva, ho dovuto incidere per toglierlo e poi ho succhiato via il veleno -
- Mi sento debole - mormorò ingoiando l’acqua. La gola gli bruciava un po’ meno ad ogni sorsata.
- Sono due giorni che dormi, hai delirato - continuò a dirgli - eri bollente per la febbre, ho avuto paura che morissi -
- L’erba cattiva non muore mai - provò a sorridere provando un leggero dolore mentre le labbra screpolate si tendevano.
- Stupido - sorrise - se me lo dicevi prima non mi prendevo cosi pena per te - poi gli avvicinò alle labbra un pezzo di carne secca che aveva ammorbidito con dell’acqua - prova a mangiare, abbiamo delle scaglie di drago da andare a prendere, ricordi devi rimetterti in forze -
- D’accordo mammina - aprì la bocca ed iniziò a masticare la carne. Era salata e dura e gli faceva male alla lingua, ma si sforzò comunque di mandarla giù.
Due giorni, pensò, due giorni persi, per colpa di un insetto. Che razza di guerriero.

Sollevata, Linna si allontanò da Obert andando a darsi una rinfrescata al volto con l’acqua del torrente. Aveva gli occhi cerchiati e gonfi dal sonno e si sentiva stanca. Non aveva dormito neanche per un minuto da quando Obert aveva perso conoscenza per la prima volta, rimanendogli sempre accanto, frizionandolo con delle pezze bagnate per non fargli alzare la temperatura e tenendo sempre pulita la ferita al fianco per non rischiare un infezione.
Di tanto in tanto aveva ripreso conoscenza tentando di alzarsi e urlando frasi sconnesse. Aveva chiamato più volte Deadlight, ed alcune volte aveva urlato che non era stata colpa sua, che era stato un incidente, che gli aveva detto di non avvicinarsi al fiume, che lui non sapeva nuotare, che non aveva potuto fare niente.
In quel delirio Linna gli era stata sempre accanto, lo aveva abbracciato quando scosso dai brividi aveva iniziato a piangere, ed aveva sperato che chiamasse anche lei.
Poi, la macchia rossa aveva iniziato a regredire e Obert era entrato in un sonno profondo, senza brividi o deliri. Aveva temuto che stesse per morire, e senza sapere neanche lei il perché, dolcemente lo aveva baciato sulle labbra riarse dalla febbre sussurrandogli che era li, che la sua amata Deadlight era accanto a lui e che l’amava, e baciandolo di nuovo aveva iniziato a piangere.
Adesso che non sembrava più prossimo a morire si domandò perché l’avesse fatto e, guardando il suo riflesso nell’acqua rischiarata dalla luce della luna, pianse in silenzio.

Venne svegliato dalla luce del sole.
Dopo aver ripreso conoscenza nel cuore della notte ed aver mangiato quel pezzo di carne si era addormentato di nuovo ed adesso si sentiva di nuovo in forze e, soprattutto affamato.
Si sollevò a sedere guardandosi intorno. Linna era accanto a lui, raggomitolata su se stessa e stava dormendo profondamente. Cercando di non svegliarla si tolse la coperta di dosso per coprire la ragazza e, solo in quel momento si rese conto che oltre alla casacca non indossava più neanche i pantaloni e che, era completamente nudo.
Non ricordava di essersi spogliati, anche se, da quando gli aveva detto Linna aveva delirato e quindi poteva aver fatto di tutto.
Comunque sia, era nudo e, se non era stato lui a spogliarsi, qualcuno doveva averlo fatto e, guardando la bella mezzelfa che dormiva al suo fianco, si chiese se non era stata lei a spogliarlo.
Lo aveva medicato, gli aveva detto che lo aveva frizionato per non fargli alzare la febbre. Lo aveva tenuto pulito.
Gli aveva dato veramente molto da fare.
E, lentamente si mise in piedi, barcollando per alcuni attimi e, sempre caracollando come se stesse per cadere da un momento all’altro si diresse verso il torrentello per espletare alcune funzioni corporali di cui sentiva l’urgenza.
Si sentiva la testa pesante, ma, già dopo alcuni minuti che stava in piedi la sensazione di sbandamento gli era passata e, lentamente poté permettersi di cercare i suoi vestiti e rivestirsi. Non voleva assolutamente che Linna, svegliandosi, lo vedesse nudo anche se ormai era quasi sicuro che a spogliarlo fosse stata la ragazza. Non voleva costringerla ancora ad osservare le sue nudità.
Infine, si sistemò accanto a ciò che rimaneva del fuoco e, dopo averlo riattizzato mise a scaldare l’acqua per il Marshjok e, nell’attesa masticò un pezzo di carne secca.
Il profumo della bevanda appena preparata svegliò la ragazza che, subito si voltò verso Obert rimanendo sorpresa dal fatto che fosse già in piedi.
- Come stai? - gli domandò mettendosi a sedere.
- Meglio - le rispose porgendogli una tazza con il Marshjok - devo ringraziarti, se non fosse stato per te, forse adesso sarei morto - poi gli si sedette accanto - adesso devi riposarti tu -
- Abbiamo perso due giorni, non possiamo perdere altro tempo, tra sei giorni Capitan Jack leverà le ancore e se ne andrà - gli fece notare sorseggiando il liquido scuro facendo una smorfia. Era schifoso, ma non glielo avrebbe mai detto.
- E se anche fosse - mormorò - quando tornerà a Flatline senza di noi Olsen lo costringerà a tornare qui, ne sono certo, tu adesso sei troppo stanca per continuare, e non sappiamo cosa ci attende dentro la grotta meglio essere prudenti, non credi? -
- D’accordo - sorrise arrendendosi. In fondo, pensò, avevano ancora sei giorni. Una giornata per raggiungere la valle, e prendere le scaglie, e due, forse tre giorni per tornare indietro. Quattro giorni in totale.
- Bene - si rimise in piedi prendendo la tazza vuota dalle mani della ragazza - riposati tranquilla penserò io a fare la guardia - e mentre Linna tornava a sdraiarsi, Obert si diresse verso il torrente per sciacquare la tazza. Un rumore di rami rotti proveniente dalla foresta attirò la sua attenzione.
In un momento afferrò la spada e si mise in posizione di parata scandagliando con lo sguardo la foresta davanti a lui.
- Eccomi - lo avvertì Linna alzandosi di scatto e mettendoglisi di fianco con la spada sguainata - un ragno? -
- Non lo so, ho sentito un rumore - le rispose - stai indietro -
- Non se ne parla neanche, se è un ragno da solo non potresti fare nulla - ribatté decisa. Il rumore di rami rotti e di passi divenne più vicino e intenso.
- Rallenta, accidenti è pericoloso - urlò una voce bassa e cavernosa.
- Muovetevi voi, piuttosto - gli rispose una voce al contrario alta e melodiosa.
- Deadlight?! - rantolò Obert abbassando la spada. Un attimo dopo la mezzelfa dai capelli celestini uscì dalla foresta correndo verso di lui seguita da Gobert, Olsen, Soda e Butch – Cosa…cosa ci fate qui? -
- Un drago - quasi urlò Deadlight raggiungendolo e fermandoglisi di fronte - un drago vivo, lo hanno visto la mattina dopo che siete partiti, stava venendo qui -
- La nube del drago - ripensò a ciò che aveva visto Linna.
- Si - confermò Soda riprendendo fiato - erano decenni che non se ne vedeva una, un drago è venuto a morire qui -
- Non appena abbiamo sentito la notizia ci siamo imbarcati per venirvi ad avvertire - continuò Olsen - è troppo pericoloso entrare adesso nella valle, anche se morente, un drago è sempre un avversario fuori portata -
- Avevamo paura di non riuscire ad arrivare in tempo - mormorò Deadlight.
- Ma tu non dovevi essere già partita per Bosco Oscuro? - gli domandò Linna guardando la sorella e provando un leggero senso di disagio misto ad un sentimento di invidia.
- Accidenti che bestiacce ci sono in questa foresta - urlò Butch - abbiamo visto la carcassa di un ragno crudele, siete stati voi a farlo fuori? -
- Che ne dite di mangiare qualcosa - propose invece Gobert avvicinandosi al fuoco e ravvivandolo con una generosa dose di legna - per paura di arrivare troppo tardi Deadlight ci ha fatto correre come dei pazzi senza darci neanche il tempo di mangiare -
- Come mai siete ancora qui? - domandò invece Deadlight guardando la sorella con malcelata gelosia - Capitan Jack ci ha detto che siete scesi sull’isola quattro giorni fa -
- Obert è stato punto da un insetto - gli rispose Linna - a proposito, c’è un mago nel vostro gruppo vero? Io ho estratto l’insetto ed ho succhiato via il veleno -
- Tu cosa? - gridò Deadlight - Hai fatto cosa? -
- Fammi vedere - mormorò invece Soda avvicinandosi ad Obert facendogli cenno di tirarsi su la casacca - un insetto grosso come la capocchia di uno spillo, nero, con quattro zampette? - Linna gli fece cenno di si con la testa - Una cimice di Bartok, il suo veleno da dolore, febbre ed anche un po’ di debolezza, ma in genere non è mortale, comunque hai fatto bene a rimuoverla, ma è stato inutile succhiare la ferita, secerne il veleno solo quando si annida, poi smette, quindi non c’era più nulla e se ci fosse stato, adesso staresti male anche tu visto che agisce anche solo per contatto - poi lanciò un occhiata di rimprovero alla mezzelfa - senza contare che succhiare via il veleno è sempre poco consigliabile, se avessi avuta una ferita anche piccola sulle labbra e se il veleno fosse stato mortale, sarebbe potuto entrare in circolo e saresti morta anche tu -
- Faceva molto male - confermò Obert tenendo la casacca sollevata mentre Soda imponeva le mani sulla ferita.
- Comunque, Obert - mise fine a tutti i discorsi Olsen - adesso sai la situazione, nella valle c’è un drago vivo, vuoi continuare? -
- Voi verrete con me?- gli domandò guardandoli - Il compenso non è che sia tanto alto -
- Sono con te - gli sorrise Deadlight.
- Non ho mai visto un drago vivo, sono curioso - annuì anche Soda.
- Non è che ci dovremo battere con lui, però !!...- rantolò Butch - Potremmo sgattaiolare tra le ossa e prendere le scaglie senza farci vedere -
- Mi stavo annoiando a non fare nulla - sorrise Gobert - e poi, più siamo e più scaglie possiamo prendere, pensate a come mi starebbe bene una armatura di scaglie di drago -
- E tu? - Obert si voltò verso Olsen - Sei con noi? -
- Sbuff - sbuffò trattenendo un sogghigno - ma si -
- Bene adesso che abbiamo deciso di andare tutti a dare un occhiata al drago, che ne dite di mangiare !!...- sbraitò infine Gobert aprendo il suo zaino.

- Siete stati davvero due incoscienti - lo riprese Deadlight camminandogli di fianco. Lei ed Obert si erano allontanati dal gruppo per parlare da soli - partire per quest’incarico senza portarvi neanche una pozione di guarigione o qualche antidoto, e se foste stati punti da un ragno crudele? - era arrabbiata e non faceva nulla per nasconderlo - Sapevate a cosa stavate andando incontro !!...Ogni volta che si parte per una missione, o anche solo se ci si allontana da una zona conosciuta bisogna sempre portarsi dietro qualche cura -
- Già - mormorò tenendo lo sguardo basso. Aveva ragione. Erano stati due incoscienti. Se quell’insetto fosse stato più pericoloso probabilmente adesso sarebbero morti tutti e due.
- Accidenti - sorrise poi - non posso lasciarti da solo neanche per pochi giorni che ti metti subito nei guai - quando l’aveva lasciato dicendogli che il giorno dopo sarebbe partita per Bosco Oscuro si era sentita quasi morire dentro. Non voleva dirgli quelle cose.
Voleva solo che lui gli dicesse di seguirlo.
Ed invece no l’aveva guardata andar via senza dire nulla.
- Comunque adesso sono qui, e vedrai che andrà tutto bene - continuò a sorridergli quando aveva sentito che una nube di drago era passata su Flatline diretta a Cimitero dei Draghi aveva perso il respiro per un attimo.
Forse anche loro l’avevano vista, forse sarebbero tornati indietro. Ma se cosi non fosse stato? E se fossero entrati nella valle e si fossero trovati di fronte la gigantesca bestia.
Anche se morente, un drago poteva essere pericoloso.
Sarebbe anche partita da sola. Ma, con un sorriso aveva trovato ad attenderla sul molo Olsen e tutti gli altri.
Si conoscevano da cosi poco tempo, ma si sentivano già tutti cosi uniti da rischiare la vita anche per uno solo di loro. Obert sicuramente lo avrebbe fatto. Avrebbe rischiato la vita anche solo per uno di loro.
- Basta che non trovi altri maghi malvagi da cui farti rapire - la prese in giro Obert.
- Cattivo - rise dandogli un leggero pugno sulla spalla - sembrava un halfling del tutto inoffensivo - poi, piantandoglisi davanti lo bloccò mettendogli le mani sulle spalle - e comunque sapevo che saresti venuto tu a salvarmi !!...-
- Non abituartici però - rise anche lui e con un gesto rapido infilò le braccia tra quelle della ragazza e allargandole si liberò avvicinando poi il suo volto a quello della mezzelfa dandole un rapido bacio su una guancia - grazie - poi si voltò - torniamo dagli altri prima che inizino a preoccuparsi -
- Si - sussurrò sentendosi il volto andarle improvvisamente a fuoco.

La grotta era buia e umida e dalle sue viscere si sentiva l’eco di sgocciolii amplificati dalle pareti. Una lieve brezza che smuoveva le fiamme delle torce segnalava che doveva esserci un apertura alla fine del budello che, senza tortuosismi avanzava sotto il gigantesco massiccio del drago.
In fila indiana, ognuno con la sua torcia, entrarono nella grotta. Obert in testa al gruppo lo guidava con la spada sguainata che di tanto in tanto mandava dei bagliori verdastri. Subito accanto a lui, Butch avanzava guardando le pareti ed il pavimento della grotta alla ricerca di eventuali trappole, mentre Deadlight e Linna li seguivano a breve distanza.
Un po’ più indietro li seguiva Soda ed infine, a chiudere il gruppo Olsen e Gobert.
Avanzavano in silenzio, dandosi di tanto in tanto una voce per sincerarsi che nessuno si fosse attardato. Non avevano ancora incontrato nessuna deviazione e la grotta sembrava volesse continuare a proseguire dritta e pianeggiante fino alla fine.
Uno dei timori che avevano avuto prima di entrare era stato quello di fare brutti incontri.
La Foresta dei Lamenti era infestata dai ragni e, non sarebbe stata di certo una sorpresa se ne avessero incontrati anche dentro la grotta. Tuttavia, dopo alcune ore di marcia non avevano ancora visto nessun segno della presenza di ragni o di altre bestie e lentamente si stavano rilassando.
- Mi sembra strano - mormorò Butch stranamente nervoso - neanche uno scheletro o i resti di qualche insetto, neanche degli escrementi la cosa non mi piace -
- Cosa pensi? - gli domandò Obert non riuscendo a capire cosa ci fosse di poco piacevole in quella situazione.
- Siamo in una grotta in un’isola infestata da ragni giganti - cercò di spiegargli i suoi dubbi - pensa, un posto come questo sarebbe l’ideale per un ragno, piazzi una tela a pochi metri dall’ingresso e chiunque entri qui dentro è spacciato - poi passò la sua torcia lungo la parete - ed invece, guarda, neanche un segno, nulla -
- Io non avverto nulla - si fece improvvisamente avanti Deadlight - non sento vita in questa grotta e non sento neanche odore di morte -
- Forse sono solo io che sono paranoico - mormorò Butch continuando ad esplorare la grotta mano a mano che avanzavano alla ricerca di trappole.

Erano ormai molte ore che camminavano e dell’uscita neanche l’ombra.
La grotta non aveva mai curvato ed era rimasta sempre pianeggiante. Non avevano incontrato nessuna deviazione. Era sicuro, insomma, che stessero seguendo la direzione giusta.
Non erano andati neanche tanto piano. Dovevano essere ormai prossimi all’uscita dall’altra parte del massiccio, nella valle dei draghi.
Eppure per quanto si sforzassero non riuscivano a vedere nessuna luce di fronte a loro.
- Dovremmo essere ormai dall’altra parte - mormorò Olsen raggiungendo Obert in testa al gruppo - sono ore che camminiamo qui sotto -
- Lo so - gli rispose guardando la sua torcia. Era ormai ridotta a ben poca cosa ed ancora poco tempo e si sarebbe spenta.
Nello zaino ne aveva una di scorta, ma, dovevano anche tornare indietro e non era detto che dall’altra parte avrebbero trovato del materiale adatto a costruirne delle altre.
- Credi che ci sia qualcosa di strano in questo? - gli domandò poi a bassa voce.
- Se ci fosse stato un incantesimo Soda se ne sarebbe accorto - mormorò in risposta - non abbiamo mai svoltato, siamo sempre andati dritti e non siamo neanche scesi o saliti, forse è semplicemente lunga -
- Il vento è aumentato - avvertì improvvisamente Deadlight portandosi accanto a Obert, la fiamma della sua torcia venne sballottata violentemente da una folata di vento gelido che quasi la spense - e porta un odore strano, un odore che non ho mai sentito -
- Io non sento nulla - annusò l’aria Butch.
- Io sono una mezzelfa e la natura è la mia casa, sento odori che voi umani non potreste mai avvertire - gli disse bonariamente.
- Il vento viene ad ondate - mormorò Gobert giungendo anche lui in testa al gruppo - sentite? - era come se qualcuno stesse agitando un gigantesco ventaglio di fronte a loro - Cosa può essere? -
- Il drago che sbatte le ali - capì per primo Obert poi indicò qualcosa di fronte a loro a circa duecento metri di distanza, un piccolo semicerchio di luce che andava aprendosi - era di fronte all’uscita della caverna per questo non vedevamo la luce -
- Spegnete tutte le torce meno che una - ordinò repentinamente Linna spegnendo lei per prima la sua torcia calpestandola delicatamente per non rovinarla troppo - ed avviciniamoci senza fare rumore non dobbiamo fargli capire che siamo qui -
- Anche se ci vedesse non è che ci considerebbe poi molto - sogghignò Soda - siamo si e no della grandezza di un topo per lui -
- Io i topi li schiaccio - mormorò trucemente Gobert spegnendo la sua torcia.
- Andiamo - ordinò poi Obert iniziando ad avanzare verso la luce con Deadlight subito dietro e gli altri a breve distanza che, cautamente si muovevano quasi al buio.

Lentamente, molto lentamente, Obert si sporse dall’uscita della grotta guardandosi intorno. Solo in quel momento si rese conto che la valle dei draghi era in realtà l’enorme cratere di un vulcano probabilmente ancora attivo visto che, da alcune piccole pozze che vedeva sul fondo, molti metri più in giù rispetto a dove la grotta sbucava, si innalzavano dei pennacchi di fumo.
Sparsi un po’ ovunque vide i resti dei giganteschi animali che vi erano venuti a morire. Ossa gigantesche erano state sbiancate dal sole e dai fumi maleodoranti che usciva dalle pozze e, accanto ai giganteschi scheletri vide le scaglie che erano venuti a prendere.
Solo una cosa non vide e, la cosa lo preoccupò non poco.
Non vide da nessuna parte il drago ancora vivo che era venuto a morire in quel posto cosi desolato.
- Tu lo vedi? - si voltò verso Deadlight
La giovane mezzelfa non fece in tempo a rispondere che il rumore di un gigantesco sbattere di ali li costrinse ad alzare gli sguardi al cielo
Ed il drago era li, enorme, rosso come il fuoco che avvampava nelle sue fauci dischiuse, sopra di loro e, malevolmente li fissava con l’unico occhio che gli era rimasto, l’altro, videro, era chiuso e segnato da una gigantesca cicatrice.

Copyright © Suinogiallo 2004 – 2006
Quattro Chiacchiere Con L'Autore
Eccoci al quinto capitolo revisionato.
Ho migliorato la punteggiatura ed eliminato i tre puntini che avevano asfissiato la prima versione, ma per il resto la storia è rimasta identica. Andava già bene cosi e quindi, tranne le correzioni che ho fatto non c'era altro.
Grazie come al solito a chi mi legge e mi auguro, come al solito che vi siate divertiti a leggere le mie storie come io mi sono divertito a scriverle.

Nota: i ragni crudeli sono tipici delle avventure di Dungeons & Dragons ripresi poi in Neverwinters Nights, mentre le armature e le armi in vetro sono originarie di Morrowind.

A rileggerci al prossimo capitolo.
Suinogiallo
Bobby Dog - The adventures of Bobby DogDelphine Yamamouchi - The adventures of Bobby DogARIA - A Side StoryAnja - Dopo la FineRobert Autore - Dopo la Fine

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Capitolo 6
*** Athalald ***


Hyarbor’s Chronicles


Capitolo VI
Athalald

Il vortice d’aria prodotto dallo sbattere delle ali membranose del gigantesco drago li avvolse sollevando polvere e pietrisco e li costrinse a chiudere gli occhi per alcuni attimi. Quando li riaprirono, il drago si era spostato e stava atterrando all’interno del cratere. Uno scheletro venne raggiunto da una delle ali e andò in mille pezzi.
- Un drago rosso - mormorò Soda raggiungendo Obert e Deadlight sul piccolo sperone di roccia all’uscita della grotta - pensavo che ormai fossero del tutto estinti, erano anni che nessuno ne aveva più visto uno in vita -
- Non sembra feroce - intervenne Linna sporgendosi per osservarlo meglio.
Il gigantesco animale non sembrava minimamente interessato a loro. Si era accovacciato accanto ad una pozza di magma e sembrava che stesse per mettersi a dormire.
Aveva sulla schiena decine di segni di battaglie, ferite più o meno profonde che, anche se guarite avevano lasciato dei segni ben visibili. Obert si domandò che razza di animale poteva aver causato delle ferite cosi grandi ad un drago di quella mole
- Un altro drago - rispose a quella sua curiosità Gobert - spesso si battono per una femmina, o per un territorio, o anche solo per dimostrare chi di loro è il più forte - poi si lasciò scivolare a terra mettendosi dietro una roccia ed iniziò a passare una pietra sul filo della sua ascia - è molto vecchio, ed ha combattuto molte battaglie, è venuto qui per l’ultimo riposo, non disturbiamolo -
- Dobbiamo prendere le scaglie! - gli ricordò Linna - Non possiamo aspettare che muoia, potrebbero volerci giorni -
- Tu cosa dici Obert? - domandò Olsen passando la decisione al giovane guerriero - L’incarico è il tuo -
- Già - mormorò indeciso spostando lo sguardo dal gigantesco drago che ormai sembrava del tutto addormentato alle scaglie e viceversa. Non gli sembrava un impresa cosi impossibile.
Il vecchio animale era alla fine dei suoi giorni ed era addormentato. Un bel mucchio di scaglie era abbastanza distante a dove si era accovacciato e scendere da quello sperone di roccia al fondo del cratere non sembrava un impresa cosi difficile.
In fondo non doveva fare altro che scendere con molta cautela e senza fare rumore, andare a prendere le scaglie e ritornare su. Se non avesse fatto troppo rumore il bestione non l’avrebbe sentito ed avrebbe continuato a dormire indisturbato fino alla fine dei suoi giorni.
Certo, ci poteva sempre essere il rischio che si svegliasse. Ma la vita di un avventuriero non è sempre piena di rischi del genere?
- Bene - decise - scendo a prendere le scaglie, voi aspettatemi qui -
- Io vengo con te! - gli dissero quasi in corso Deadlight e Linna. Le due ragazze si lanciarono un occhiata quasi di sfida.
- Vengo anche io - si propose improvvisamente Butch - dicono che le scaglie di drago tritate siano utili per molte pozioni e possono essere vendute a prezzi molto alti -
- Nessun altro? - domandò ironicamente Obert guardando il resto del gruppo. La sua intenzione era quella di scendere da solo e non in gruppo. Una sola persona avrebbe avuto molte più possibilità di passare inosservata e, soprattutto, avrebbe fatto meno rumore - Butch, andremo solo io e te - con un dito zittì Deadlight che stava tentando di ribattere - andiamo - e senza attendere oltre scavalcò il piccolo rialzo dello sperone di roccia ed iniziò a scendere lungo le pareti interne del cratere facendo attenzione a non smuovere troppo pietrisco per non fare rumore.
Lanciando uno sguardo dietro controllò chi lo stesse seguendo e, con un misto di invidia e di ammirazione vide Butch che stava scendendo senza sollevare neanche una pietruzza. Poco più sopra vide il volto di Deadlight che lo stava seguendo con lo sguardo.
C’erano ovviamente anche i volti di tutti gli altri che li stavano seguendo con lo sguardo, ma in quel momento Obert vide solo quello della giovane mezzelfa dai capelli celestini.
Un cupo gorgogliò richiamò la sua attenzione sul drago.
Anche se le scaglie erano abbastanza distanti dall’animale, il punto in cui sarebbero scesi era a meno di una cinquantina di passi dal drago e, giunto quasi a metà strada nella sua discesa riusciva ormai a sentire il respiro basso e rumoroso della bestia.
Improvvisamente dalla pozza di magma esplose una bolla di lava incandescente facendo un rumore impressionante.
Quasi congelati, Obert e Butch si arrestarono di botto fissando i loro sguardi sul drago. Se si fosse svegliato in quel momento li avrebbe visti di sicuro, acquattati contro la parete come due insetti, con la scelta di lasciarsi cadere in basso e cercare di sfuggirgli correndo o quella di tentare di risalire di corsa fino allo sperone e da li infilarsi precipitevolmente nella grotta.
Comunque fosse andata, se il drago si fosse svegliato in quel momento per loro c’erano molte possibilità di finire arrostiti o schiacciati dal gigantesco animale.
Per loro fortuna, il vecchio animale o aveva il sonno decisamente pesante o, oltre ad essere orbo di un occhio, era anche sordo e, con un cupo borbottio continuò a dormire.
Con un lungo respiro ripresero la loro discesa mentre, più in alto, Deadlight riprendeva a respirare.

Quando Obert raggiunse il fondo del cratere era madido di sudore ed accaldato anche a causa della corazza che non aveva tolto prima di iniziare a scendere e che ormai avrebbe dovuto tenere. Maledicendo il momento in cui non aveva pensato a togliersela, attese che il ladro lo raggiungesse iniziando a esplorare con lo sguardo il fondo di quel cratere.
La polvere lavica si era depositata in più strati e, ad ogni passo sollevava una nuvoletta di polvere finissima grigia che rischiava ogni volta di farlo tossire. L’aria era decisamente calda e l’odore di zolfo era quasi insopportabile, soprattutto nei pressi delle pozze di magma o di fango bollente.
Un tocco sulla spalla lo avvertì dell’arrivo di Butch e, guardandosi senza parlare si scambiarono le loro prime impressioni a gesti.
Butch gli indicò il drago che dormiva e gli suggerì di camminare a ridosso della parete, il più lontano possibile dall’animale. Con un gesto della testa Obert gli rispose che aveva capito e, cercando di non sollevare troppa polvere lavica iniziò a camminare dietro al ladro che, con mille cautele iniziò ad avanzare verso il punto in cui avevano visto le scaglie.
L’esplosione di una nuova bolla di magma fece voltare i due avventurieri verso il drago.
Dannazione, pensò Butch vedendo i piccoli crateri che si aprivano sul fondo del vulcano come i buchi in una forma di formaggio. Sembrava di stare dentro un pentolone in ebollizione.
Improvvisamente il drago mosse la coda prima in alto e poi di lato, quasi a spazzare l’aria.
Lo spostamento d’aria investì con una nuvola di polvere grigia i due avventurieri che si ritrovarono nel giro di pochi secondi completamente ricoperti da una sottile patina grigia. Poi un tonfo pesante li informò che la coda era tornata al suo posto, ferma.
Un'altra emozione del genere e Obert se la sarebbe fatta sotto. Ne era certo.
Accidenti, voleva fare l’avventuriero, sicuro. Ed un avventuriero di sicuro non se la fa sotto durante un’avventura.
Ma, cavolo, era a meno di quaranta passi da un drago grande quanto un galeone, pesante quanto una piccola montagna e con un alito decisamente infiammabile, avere un po’ di paura è del tutto naturale
Comunque, cercando di respirare con più tranquillità, riprese ad avanzare seguendo Butch.
Sembravano tutti e due delle statue che si muovevano. Il verde brillante del vetro dell’armatura di Obert era completamente ricoperto dalla polvere che gli si era insinuata persino dentro la casacca e, mischiata con il sudore che gli scorreva a fiotti sulla pelle arrossata dal caldo, gli stava dando un fastidioso prurito.

- Puoi respirare ora - le sussurrò Linna - il drago è ancora addormentato -
- Dove sono ora? - mormorò Deadlight tornando a guardare verso il fondo del cratere. Quando aveva visto la coda del gigantesco animale rosso muoversi e spazzare l’aria aveva chiuso gli occhi attendendo di sentire le grida di Obert e di Butch che venivano divorati. Adesso che era tornata a guardare non riusciva però a trovare i due avventurieri.
- Li - gli indicò due macchie indistinte nel grigiume spezzato solo dal rosso del drago e delle pozze di magma che avvolgeva il fondo del cratere.
- Cos’è quello? - sibilò improvvisamente Olsen indicando una terza macchia grigia lunga quasi due metri che lentamente si stava avvicinando ai loro due compagni.
- Cosa? - gli domandò Linna cercando di aguzzare la vista - Cosa hai visto? -
- Uno scorpione grigio! - disse Deadlight portandosi le mani davanti alla bocca per soffocare un grido - Non lo hanno visto! -
Lentamente la macchia grigia si stava avvicinando ai due avventurieri che, concentrati nell’avanzare senza fare troppo rumore, guardavano solo davanti a loro gettando di tanto in tanto uno sguardo al drago per vedere se ancora dormiva, e, non si curavano di ciò che, invece, gli si stava appropinquando di lato.
- Ferma! - bloccò la mezzelfa Gobert prendendola per un braccio e costringendola a riaccucciarsi dietro la sporgenza dello sperone di roccia - Se urli adesso rischi di svegliare il drago, in questo cratere c’è un eco non indifferente, un urlo potrebbe sentirsi a miglia di distanza -
- Ma, Obert - lo guardò disperata - lo scorpione - poi, come se improvvisamente si fosse ricordata di qualcosa, scattò di nuovo in piedi divincolandosi dalla presa del nano e, preso l’arco che portava quasi sempre a tracolla ed una freccia dalla faretra che portava invece appesa alla cinta scoccò un tiro che andò a colpire lo scorpione proprio sul dorso.
Un colpo che l’aracnide gigante quasi neanche avvertì grazie alla sua corazza di chitina ma che fece voltare da quella parte Butch che, sgranando gli occhi vide la gigantesca bestia ed il suo pungiglione letale ormai a pochi passi da loro.
Subito dopo un'altra freccia andò a colpire di nuovo lo scorpione che, agitando la coda come per scacciare un insetto fastidioso continuò ad avanzare verso i due avventurieri ormai consci di che pericolo li stava aspettando e che avevano sfoderato le spade e si stavano preparando a battersi.
Di fuggire neanche a parlarne. Per quanto veloci potevano correre, lo scorpione li avrebbe comunque raggiunti e quindi tanto valeva provare a battersi li, sperando, ovviamente, che il drago, disturbato dal rumore del combattimento non decidesse di svegliarsi.

Fu Obert a sferrare il primo colpo. Un fendente da destra a sinistra diretto verso una delle zampe anteriori del gigantesco aracnide che, seppur colpito, però non mostrò di aver subito danni.
La sua corazza chitinosa era alquanto resistente e la spada di vetro, sebbene molto affilata, rimbalzò con un rumore secco trasmettendo la vibrazione dell’impatto ai polsi del guerriero che, anche a causa del sudore, se la lasciò sfuggire di mano trovandosi tutto di un tratto disarmato. Imprecando sottovoce si gettò di lato per evitare un affondo del micidiale pungiglione che colpì la roccia scheggiandola. Rotolando su se stesso, poi, Obert raggiunse la sua arma e, velocemente si rimise in piedi di nuovo con la spada in pugno ed il cuore in gola.
Quello scorpione non era come il ragno che aveva sconfitto pochi giorni prima.
Anche Butch tentò un attacco verso le zampe della bestia. Ma la sua spada più corta lo costrinse ad avvicinarsi di più di Obert al corpo dello scorpione e, ancor prima di riuscire a sferrare il suo colpo venne raggiunto da un colpo di lato della coda che lo mandò contro la parete di roccia.
L’urto gli svuotò i polmoni dall’aria e lo costrinse a cadere in ginocchio boccheggiando per cercare di riprendere fiato.
Come se avesse capito la difficoltà in cui si trovava il ladro lo scorpione puntò di nuovo verso di lui cercando di colpirlo con il suo aculeo.
- Vieni qua brutto bastardo! - sbraitò improvvisamente Obert lanciandogli contro una pietra che rimbalzò sulla corazza - Vieni qua! - l’eco all’interno del cratere moltiplicò il grido amplificandolo, se il drago non si fosse svegliato con tutto quel rumore voleva dire che era proprio sordo come una campana.
Lo scorpione, attirato dal sasso si voltò verso Obert iniziando a correre verso di lui mentre le frecce di Deadlight continuavano a colpirlo senza però fargli alcun danno. Improvvisamente alle frecce si unirono anche alcuni globi di fuoco. Soda aveva iniziato a usare la sua magia.
Tuttavia, anche i globi di fuoco non sembravano sortire un grande effetto.
- Vive in questo cratere - capì Obert. Aveva sviluppato una certa resistenza al fuoco ed i deboli globi di fuoco che Soda gli stava scagliando contro non riuscivano a scalfirlo.
- Lithis, madre di tutte le creature - invocò allora Deadlight smettendo di scagliare frecce - io, una tua vergine sacra ti chiedo di darmi il potere di ammaliare quello scorpione - poi, scagliò una palla di energia verso la bestia che venne centrata in pieno. Se l’invocazione avesse avuto effetto, lo scorpione si sarebbe fermato ed avrebbe ubbidito agli ordini di Deadlight.
Al contrario, invece, lo scorpione colpito non solo non si fermò ma aumentò la velocità continuando la sua corsa verso Obert che intanto si stava preparando per sostenere l’attacco.
La spada puntata verso la bestia, le gambe larghe e salde sul terreno, lo sguardo fisso sul pungiglione che gli stava promettendo la morte e, nella mente solo un idea, riuscire a colpirlo.
- TOGLITI DI MEZZO - ruggì improvvisamente una voce poderosa dietro le sue spalle.
Pur non sapendo chi avesse parlato, Obert non se lo fece ripetere due volte e, in tuffo, si lanciò di lato. Un attimo dopo una vampata di fuoco lo sfiorò mancandolo di poco andando, infine, ad avvolgere lo scorpione che, venne letteralmente incenerito.
- Porca - rantolò vedendo gli ultimi brandelli di scorpione volatilizzarsi poi si voltò verso il punto da dove era venuta la fiammata e – graz… - la spada gli cadde di mano.
- DI NULLA - gli rispose il gigantesco drago rosso guardandolo con il solo occhio sano - MI PRESENTO, IL MIO NOME E’ ATHALALD E VOI, DI GRAZIA, CHI SIETE? –

Deadlight non era riuscita a trattenere un grido quando aveva visto il drago alzare la testa e voltarsi verso Obert. Quando poi sentì la profonda voce cavernosa dell’immensa bestia avvisare il guerriero di spostarsi non aveva quasi creduto alle sue orecchie. Poi aveva visto la fiammata che aveva incenerito lo scorpione e si era convinta che adesso sarebbe toccato a Obert venir bruciato dal fuoco del drago.
Si stava svolgendo tutto cosi in fretta che non riusciva più neanche a pensare.
Tentare di ammaliare il drago? Una bestia cosi grossa non l’avrebbe neanche sentita, attaccarla poi, era del tutto fuori discussione.
Non era riuscita a fare nulla allo scorpione, figuriamoci ad un drago di quella mole.
- Oh? - boccheggiò Obert sentendo il drago parlargli. L’enorme testa rossa riempiva tutto il suo campo visivo ed il calore che emanavano le fauci lo stava facendo sudare. Dietro di lui Butch stava tentando di farsi piccolo ed insignificante.
- PARLATE LA MIA LINGUA? ORSU’, RISPONDETE - domandò di nuovo il gigantesco drago.
- Noi, noi siamo - tentò di rispondergli Obert sentendosi però la lingua quasi morta nella bocca per la paura.
- Ho sentito parlare di te! - urlò improvvisamente Soda mettendosi in piedi sullo sperone di roccia ed iniziando ad agitare le braccia per richiamare l’attenzione del drago – Athalald, il drago che centoventi anni or sono ha difeso la nascente città di Silfid dall’attacco dei pirati vero? -
- ESATTAMENTE - si voltò verso il mago alzandosi in piedi e portandosi con il muso quasi all’altezza dello sperone di roccia - NON SI SPAVENTI MIA GIOVANE MEZZELFA, NON HO INTENZIONE DI DIVORARVI, ANZICHENO -
- Noi siamo qui per - iniziò a dirgli Soda venendo però interrotto da Olsen che, sottovoce gli ricordò che i draghi erano abbastanza suscettibili se qualcuno cercava di depredare le spoglie dei loro compagni ormai morti - abbiamo fatto naufragio su quest’isola e stavamo cercando di capire dove fossimo finiti -
- QUINDI, PRESUMO CHE LE SCAGLIE DEI MIEI COMPAGNI MORTI NON VI INTERESSINO? - gli disse ironicamente il gigantesco animale - QUANDO SONO VOLATO QUI HO VISTO LA BARCA ANCORATA IN QUELLO CHE VOI CHIAMATE APPRODO DEL DRAGO E NON MI SEMBRAVA UNA BARCA NAUFRAGATA - poi si voltò verso Deadlight fissandola con l’occhio buono - MIA BUONA MEZZELFA, VUOI DIRMI TU PER QUALE MOTIVO SIETE QUI? -
- Sono qui per le scaglie dei tuoi simili ormai morti! - gli urlò improvvisamente Obert - Mi hai sentito Athalald? Io sono qui per le scaglie! -
- Obert - sussurrò Deadlight con il cuore in gola.
- ECCO, POTEVATE DIRLO SUBITO - mormorò - PRENDETELE ED ANDATEVENE E, LASCIATEMI MORIRE IN SANTA PACE, ANZICHENO - poi tornò ad accucciarsi accanto ad alcuni crateri pieni di magma bollente.
- Non mi sembri cosi malridotto - gli urlò improvvisamente Linna - perché dici che stai per morire? -
Il grosso drago alzò nuovamente la testa girandola in modo da poter guardare Linna con l’unico occhio che gli era rimasto.
- HO VISSUTO MOLTI PIU’ DECENNI DI QUANTO TU POSSA IMMAGINARE, MIA GIOVANE MEZZELFA - gli rispose placidamente - ED HO MOLTI PIU’ ANNI DI QUANTI VORREI, HO VISSUTO MOLTO A LUNGO, TROPPO ED E’ GIUNTO IL MOMENTO CHE MI RIPOSI -
- Drago, ehm, scusa, Athalald! - richiamò la sua attenzione Soda avanzando verso il muso del drago con l’indice della mano destra alzato - Visto che tu hai vissuto molto a lungo ed hai anche fama di essere molto erudito potresti aiutarmi in una mia ricerca? -
- E SIA - borbottò emettendo un piccolo sbuffo di fumo che fece saltare tutti di un passo all’indietro - COSA VUOI SAPERE? -
E mentre Soda gli parlava del mago che aveva tentato di uccidere Deadlight per invocare Bal-Llur e delle sue ricerche, Deadlight e Linna scesero sul fondo del cratere insieme a Gobert e Olsen per prendere le scaglie di drago.

Sparito il rischio di svegliare il drago, Obert e gli altri diminuirono la cautela nel muoversi sul fondo del cratere, e ripresero ad avanzare stando solo attenti a non mettere per sbaglio il piede dentro una delle pozze di magma o di fango bollente e a non passarci troppo vicino per evitare che una bolla di magma esplodendo li colpisse.
Fu Butch, all’improvviso a ricordare al gruppo una cosa che sebbene sapesse molto di leggenda era conosciuta da quasi tutti gli avventurieri.
Il leggendario tesoro dei draghi.
Non erano stati molti gli avventurieri che avevano provato ad affrontare le ire dei draghi per scoprire se le voci che circolavano sui loro favolosi tesori fossero vere o meno e, di quei pochi che ci avevano provato erano rimaste solo alcune canzoni cantate dai bardi nelle osterie.
Olsen ricordò, allora, che una volta aveva sentito parlare di un barbaro che aveva ucciso un drago nell’isola di Yr-Kalesh, la sua terra d’origine, e che era tornato nel suo villaggio portando con se oro e pietre preziose in tal quantità che gli era stato necessario usare ben dieci cavalli per portarselo dietro dalla tana del drago fino al villaggio.
Gobert, invece, parlò di un nano che aveva affrontato un drago e che, dopo averlo ucciso aveva trovato nella sua tana tanto di quell’oro che, per dirla con le sue parole, avrebbe potuto comprarci tanta di quella birra da farci ubriacare tutti i nani del mondo non per una sola vita per almeno altre venti. Non ne aveva riportato che una piccola parte, però, quanto bastava per farlo vivere agiato per il resto dei suoi giorni, lasciando in quella grotta tutto il resto senza dire mai a nessuno dove si trovasse.
Obert, dal canto suo, non aveva mai sentito parlare dei tesori dei draghi. Ma se esisteva la benché remota possibilità che li ci fosse un qualche enorme tesoro, era loro dovere, come avventurieri, cercarlo ed impadronirsene.
Deadlight era, invece, titubante.
Era attirata dall’idea dell’immenso tesoro, ma le venivano in mente anche le parole che Arethis gli aveva detto quando gli aveva chiesto quale era il compenso per prendere le scaglie di drago.
Per colpa di quella sua avidità era stata sul punto di venire uccisa. Era stata accecata dal miraggio di un guadagno facile. E non voleva ripetere quell’esperienza.
- Non mi direte che credete ancora a queste favole - intervenne improvvisamente Linna non riuscendo a trattenere una risatina - immensi tesori dei draghi, ma secondo voi, cosa se ne farebbe un drago di un tesoro, pensate forse che accumuli oro e pietre preziose per andare magari al mercato a comprarsi una vacca da mangiare, o per farsi dare una limatine alle unghie? - poi si voltò ed indicò Athalald che stava ancora parlando con Soda - Lo abbiamo visto arrivare su quest’isola, dove avrebbe messo tutto il suo oro, le gemme, i diamanti? -
Sentendosi dei creduloni si guardarono tutti in faccia scoppiando infine a ridere.
Linna aveva ragione.
Cosa se ne faceva un drago di un tesoro?
Era una leggenda, una delle tante storie inventate o anche semplicemente amplificate dai bardi per rendere più emozionanti le loro storie.
- Prendiamo le scaglie ed andiamo via - concluse infine Obert indicando un mucchio di scaglie di drago di vari colori.
Ce ne erano di rosse, blu, nere e verdi ed erano di dimensioni diverse. Alcune era grandi come grossi scudi torre, mentre altre, più piccole non raggiungevano le dimensioni di un piccolo scudo ed erano ammucchiate a formare dei grossi cumuli alti un paio di metri e larghi tre o quattro. Sparsi un po’ di qua e un po’ di la, poi, c’erano molte altre scaglie singole.
Quella strana conformazione destò una scintilla di curiosità in Obert.
I cumuli erano tutti accanto agli scheletri dei grossi draghi, e sul motivo di ciò non c’era molto da cui pensare.
Le scaglie si erano staccate dal corpo dell’animale morto ed erano cadute.
Ma questo non spiegava il perché fossero sistemate in cumuli cosi ben costruiti.
Sembrava quasi che qualcuno li avesse messi in quel modo per un motivo ben preciso
- Fermi un attimo - bloccò i suoi compagni poco prima che iniziassero a demolire il primo cumulo - prendiamo le scaglie che non fanno parte dei cumuli! -
- Cosa? - lo guardò Butch incuriosito
- Sento, sento qualcosa - sussurrò improvvisamente Deadlight stando accanto ad uno dei cumuli - Lithis, madre natura, madre di tutte le creature viventi e della terra, aiutami a capire - una lieve luce argentea l’avvolse scompigliandole i capelli e sollevandola di alcuni centimetri dal suolo come se fosse un turbine d’aria, poi, rapidamente scomparve facendola tornare delicatamente con i piedi a terra - credo sia meglio fare come ha detto Obert -
- Si, ma perché? - gli domandò Linna mettendoglisi di fronte.
- Perché in quei cumuli ci sono le uova dei draghi femmina che sono venute a morire qui e che hanno deposto il loro uovo coprendolo poi con le loro scaglie per proteggerlo e permettergli di schiudersi - gli rispose con un sorriso lieve.
Lithis le aveva mostrato un gigantesco drago femmina che si era posato sul fondo di quel cratere. Era stanca, provata dal lungo viaggio che aveva fatto e da tutti gli anni che aveva vissuto. Ma prima di potersi lasciare andare al suo ultimo ed infinito sonno, aveva deposto un solo uovo, lo aveva guardato con l’amore di cui solo una madre è capace e se lo era messo accanto. Poi, delicatamente aveva iniziato a staccarsi le scaglie con gli artigli e, quando aveva visto che erano a sufficienza, le aveva usate per ricoprire l’uovo.
Prima di chiudere gli occhi per sempre aveva guardato di nuovo quello che adesso era un cumulo, e, Deadlight non poteva esserne certa, un secondo dopo Lithis l’aveva riportata al suo mondo e al suo tempo, ma nel breve attimo in cui aveva potuto guardare gli occhi del drago, gli era sembrato che fossero lucidi di pianto.
- Se noi togliamo le scaglie, il piccolo potrebbe non nascere - continuò voltandosi verso Obert.
- Ce ne sono molte altre in giro - mormorò il giovane guerriero chinandosi a raccoglierne una.
- Mi sembrano anche più belle di quelle dei cumuli - disse poi Butch raccogliendone una anche lui e guardandola contro luce.
- SE AVESTE TOCCATO I CUMULI VI AVREI INCENERITO ALL’ISTANTE - sentirono improvvisamente la voce di Athalald.
- Forse ci può aiutare con Bal-Llur - li raggiunse Soda.

- Gli ho parlato di cosa è accaduto - iniziò a spiegare Soda a Obert e Deadlight mentre gli altri raccoglievano le scaglie e le sistemavano in un mucchietto - del mago e di cosa stava per fare - la mezzelfa rabbrividì per un istante - ed anche lui è preoccupato quanto me di questa cosa -
- HO CONOSCIUTO MOLTI MAGHI NELLA MIA LUNGHISSIMA VITA - aggiunse Athalald - E QUANDO UN MAGO CERCA DI ALLEARSI CON FORZE COSI MALIGNE COME BAL-LLUR NON C’E’ MAI DA STARE TRANQUILLI, ANZICHENO -
- In questi giorni che ho passato nella Gilda dei Maghi di Flatline ho avuto modo di sentire voci molto gravi sulla attuale situazione tra la Gilda e i maghi della torre di Saspit - continuò Soda - sembra che stia per crearsi uno scisma tra di loro e la Gilda non può tollerare una cosa del genere, anche perché, i maghi di Saspit portano una buona fetta degli introiti delle casse della Gilda che, non è disposta a perderne neanche una moneta d’oro -
- Pensi ad una guerra? - gli domandò Obert.
- Forse - mormorò pensoso - la Gilda di Flatline è incaricata di riscuotere le tasse dalla torre di Saspit e di mantenere i rapporti tra loro e la Gilda ha già inviato un rappresentante tempo fa per chiedere di abbassare i prezzi dei loro artefatti, ma non ha ottenuto nulla sembra che adesso ne invieranno un altro con la stessa richiesta, qualcuno ha anche fatto il mio nome, e se non si otterrà nulla, la questione verrà portata davanti ai tre maghi supremi ed è risaputo che non vi è armonia tra loro -
- L’ultima volta che c’è stata una guerra magica la popolazione ha sofferto moltissimo - intervenne Deadlight - me ne hanno parlato al Cerchio di Pietra -
- Si - annuì Soda - una guerra di maghi è peggio di una guerra combattuta con mezzi tradizionali, entrano in campo forze soprannaturali che sono difficilmente controllabili, elementi dell’altro piano dell’esistenza, demoni ed altro e se questo mago dovesse riuscire nel suo intento di evocare Bal-Llur ed avere cosi il controllo di tutti i morti e non morti, su Hyarbor si scatenerebbe l’inferno -
- Cosa possiamo fare noi? - gli domandò improvvisamente Obert accostandosi a Deadlight che ormai stava tremando visibilmente, le passò un braccio intorno alle spalle per avvicinarla ulteriormente a lui e fargli cosi sentire la sua presenza.
- Ho cercato di decifrare le iscrizioni che abbiamo trovato nell’antro del mago - gli rispose Soda - Bal-Llur è un dio molto forte, ma per nostra fortuna è anche confinato in un piano dell’esistenza difficile da raggiungere e da aprire, il rito è molto difficile e solo pochissimi maghi possono riuscirci quindi, se siamo fortunati, il nostro mago non è tra questi pochi eletti ma la posta in gioco è troppo alta per rischiare, dobbiamo trovarlo ed ucciderlo o almeno rendergli impossibile il portare a termine l’invocazione -
- Se ha bisogno di una mezzelfa potrebbe star dirigendosi verso Bosco Sacro, la mia terra - inorridì Deadlight.
- E’ il posto più logico dove potrebbe stare andando - la guardò Obert - ci sono altre comunità mezzelfiche oltre la tua ad Hyarbor? -
- Mio padre mi disse una volta che c’era una comunità di mezzelfi nella Foresta del Peccato Originale - gli rispose frugando tra i suoi ricordi - non avevamo buoni rapporti con loro in quanto era una comunità che non adora Lithis -
- Chiederò a Linna di andare ad avvertire la tua comunità - decise improvvisamente Obert - noi andremo a parlare con i mezzelfi della Foresta del Peccato Originale - poi si voltò verso Soda - se siamo fortunati potremmo anche incontrare per strada questo mago e, allora sarebbe tutto risolto - dicendo questo portò la mano sull’elsa della spada stringendola con forza, la mano della mezzelfa si posò sulla sua.
- Questa potrebbe essere una buona idea - annuì Soda - ma prima occorre fare un’altra cosa - poi si voltò verso il drago - Athalald mi ha detto che da qui si può accedere ad uno dei templi di Bal-Llur, dobbiamo andarci e trovare una cosa -
- NON SO SE SIA VERO - intervenne il drago - QUANDO ERO ANCORA UN CUCCIOLO ED ANCORA NON AVEVO FORZA PER VOLARE VIA DA QUI, UN VECCHIO DRAGO, MOLTO ANZIANO CHE VENNE A MORIRE IN QUESTO POSTO MI DISSE CHE C’ERA UN ARTEFATTO MAGICO CHE POTEVA CONTRASTARE IL POTERE DI BAL-LLUR E RIPORTARE NELLE TOMBE I MORTI -
- Bal-Llur stesso si impadronì di quell’artefatto e lo fece nascondere in un suo tempio - continuò Soda - con il passare dei secoli, si perse traccia di questo tempio -
- SEMPRE QUEL VECCHIO DRAGO MI NARRO’ CHE VIDE UN DIO SCENDERE IN QUESTO CRATERE QUANDO LUI ERA ANCORA UN CUCCIOLO, APRI’ LA TERRA E DISCESE NELLE VISCERE DEL VULCANO - ruggì Athalald
- Se potessimo mettere le mani su quell’artefatto - mormorò Soda guardando Obert e Deadlight.
- Da dove si scende? - gli domandò improvvisamente la mezzelfa stringendo la mano sopra la mano di Obert.

Finirono di raccogliere le scaglie all’imbrunire e, riuniti intorno ad un fuoco offerto gentilmente da Athalald iniziarono a discutere della duplice missione che li attendeva.
Linna scattò subito in piedi quando Obert gli chiese di andare a Bosco Sacro. Era andata via da quel posto e non aveva nessuna intenzione di tornarci.
- Io sono stata cacciata da Bosco Sacro e non potrò mai più tornarci - le spiegò Deadlight - e chiunque altro che non sia un mezzelfo verrebbe immediatamente attaccato e cacciato dal bosco, solo tu puoi compiere questa missione - la guardò con occhi imploranti. Sebbene fosse stata scacciata dal suo popolo e condannata a non poter mai più rivedere la sua famiglia, non gliene voleva e temeva per loro.
- E va bene! - si arrese alla fine.
- Olsen, vorrei che tu e Butch l’accompagnaste - domandò Obert voltandosi verso il barbaro - almeno fino al limitare del bosco -
- D’accordo - annuì il gigantesco barbaro
- Io potrei esservi più di aiuto nella ricerca del tempio - mormorò il ladro - potrebbero esserci delle trappole ed un ladro potrebbe esservi utile -
- ACCOMPAGNERO’ IO LA MEZZELFA - intervenne improvvisamente Athalald - FORSE LA MIA ORA ANCORA NON E’ GIUNTA -
- Con una scorta cosi non credo di avere nulla da temere - sorrise Linna guardando il gigantesco drago accoccolato accanto a loro.
- Noi scenderemo nelle viscere del vulcano alla ricerca del tempio - continuò Soda - poi, Obert e Deadlight proseguiranno per la Foresta del Peccato Originale per avvisare la comunità di mezzelfi che vive li -
- Stai attenta sorellina - la guardò Linna con una vena di preoccupazione nella voce - lo sai che la nostra comunità e quella della Foresta del Peccato Originale non sono mai andate molto d’accordo -
- Anche io ho una scorta formidabile - sorrise guardando Obert.
- Bene - esclamò rumorosamente Gobert - da quello che ho capito io scenderò con voi sottoterra, il mio posto ideale - poi afferrò la sua ascia bipenne e con un gran colpo la piantò nel duro terreno - finalmente ci si muove un pochino -
- Il futuro di Hyarbor potrebbe dipendere da noi - mormorò Soda guardando il gruppo di avventurieri che, intorno al fuoco stavano finendo di mangiare una cena frugale, poi alzò lo sguardo fino ad incrociare quello del gigantesco drago che in silenzio osservava le stelle - cosa stai guardando? -
- NOI DRAGHI ABBIAMO SEMPRE GUARDATO LE STELLE PRIMA DI QUALSIASI COSA DI IMPORTANTE, NELLE STELLE C’E’ IL NOSTRO DESTINO - gli rispose senza distogliere lo sguardo dal manto stellato che si intravedeva sopra il cono del cratere
- Il destino uno se lo fa da se - mormorò Obert gettando anche lui uno sguardo alle stelle ricordando quanto, una vita addietro, gli era piaciuto guardarle stando sdraiato su di un prato fresco di taglio, con l’odore dell’erba tutto intorno ed una mano morbida da stringere nella sua.
Inconsciamente afferrò la mano di Deadlight e la strinse sentendo quanto era morbida e fresca e piacevole da stringere.

La mattina dopo si svegliarono di buon ora.
Era una bella giornata assolata, l’ideale, a detta di Athalald per una svolazzata fatta ad alta quota.
Infatti, informò Linna e Olsen, lui li avrebbe seguiti in volo stando ad un altezza tale da non essere facilmente visto.
Non voleva attirare troppo l’attenzione. Comunque, in caso di necessità sarebbe sceso in fretta. E non preoccuparti piccola mezzelfa dai capelli coloro fuoco, gli disse, anche se ho un solo occhio mi è più che sufficiente per vedervi anche da una distanza molto maggiore di quella a cui volerò.
Si sistemarono le scaglie in due pacchi, quello più grande per Olsen, uno più piccolo per Linna e, dopo aver salutato gli altri, iniziarono il loro cammino.
- CI RIVEDREMO - li salutò Athalald allargando le ali in un turbinio di polvere lavica spiccò il volo scomparendo ben presto alla vista nell’azzurro del cielo.
- Andiamo anche noi? - domandò Butch voltandosi verso Soda - Da che parte per scendere al centro della terra? -
- Di qua - gli indicò il mago puntando il bastone verso un mucchio di rocce franate lungo una parete. Un secondo dopo dal suo bastone si staccò una palla di energia che colpì la frana facendola esplodere e mostrando cosi l’imbocco di una caverna che scendeva nelle profondità del vulcano.
Dopo aver dato un ultimo sguardo al cielo, i cinque avventurieri entrarono uno dietro l’alto nella caverna la voce sommessa di Soda invocò la luce e, pochi secondi dopo vennero avvolti da una morbida luce biancastra poi anche Gobert, per ultimò lasciò la luce del giorno.


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Quattro Chiacchiere Con L'Autore

Con questo capitolo termina la prima parte della saga di HC. Non la storia, che prosegue ancora per svariati capitoli, ma la parte, per cosi dire di presentazione dei personaggi di questa storia.
Per questo capitolo, tranne rivedere un po' la punteggiatura, non cìè stato molto da fare (sicuramente ad un occhio attento non sfuggiranno altri errori che magari ho introdotto o di cui non mi sono accorto).
Il drago, devo ammetterlo, mi ricorda un po' uno dei personaggi di Dylan Dog, H,G.Wells, per il suo modo di parlare un po' affettato, ma cìè anche da dire che ogni qualvolta nei fantasy è stato inserito un drago non da affettare, questo è sempre stato un personaggio molto sulle righe, forbito e compito nel parlare.
Per quanto riguarda il nome del drago, mi è stato suggerito da una lettrice di un'altro sito che non smetterò mai di ringraziare.

Spero che vi siate divertiti a leggere anche questo capitolo e vi do appuntamento al prossimo.

Hasta Luego

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Capitolo 7
*** Il tempio di Bal-Llur ed il Bosco Sacro ***


Hyarbor’s Chronicles


Capitolo VII
Il tempio di Bal-Llur ed il Bosco Sacro

La luce evocata da Soda rischiarava le tenebre rendendo visibili i gradini di roccia che scendevano nelle viscere del vulcano mentre l’eco dei loro passi si confondeva con il gorgogliare della lava che giungeva da ogni dove intorno a loro.
- Fa caldo, non trovate – mormorò Butch avendo l’accortezza di non sfiorare le rocce intorno a lui. Obert aveva commesso quell’errore poco prima e per poco non si era ustionato.
- Siamo nel ventre del vulcano – gli ricordò Gobert avanzando con la sua ascia sempre davanti – e più scenderemo e più sentiremo caldo – quei luoghi erano a lui congeniali. Era un nano, era nato in una miniera e conosceva la terra e le rocce come nessun altro.
- Speriamo di trovare presto ciò che cerchiamo – sussurrò Obert sentendo il sudore colargli sotto la corazza. Anche se era leggera non era certo il massimo della freschezza. Per Crown, quel dannato mago avrebbe dovuto pagargli anche quella sudata.
- Silenzio! – li zittì all’improvviso Soda puntando il suo bastone verso il fondo della scalinata ed aumentando l’intensità della luce – Non stiamo facendo una scampagnata, dobbiamo essere prudenti –
All’inizio di quella discesa avevano trovato gli scheletri di molte creature diverse. Umani, nani, goblin ed orchi, ed anche un gran numero di armi e di frecce sparpagliate ovunque.
Doveva essere stata combattuta una qualche battaglia, probabilmente molto sanguinosa, ed anche se era passato molto tempo da quando si era svolta non era detto che qualche nemico fosse ancora nei paraggi. Le forze del male sanno essere molto longeve sapete, davvero molto.
- Cosa vuoi che potremmo incontrare? – sogghignò Butch andando, però, con la mano ai suoi coltelli. Un secondo dopo una freccia andò a schiantarsi contro la roccia dietro di lui subito seguita da una seconda che venne deviata dall’ascia bipenne di Gobert scattato subito in posizione di difesa – Merda –
- Giù! – urlò Soda scagliando un globo di luce verso la direzione da cui erano giunte le due frecce mentre Obert ed il nano scattavano in avanti pronti a fronteggiare un attacco.
- Io non vedo nulla – sussurrò Obert saettando con lo sguardo nel cerchio di luce prodotto dal globo che lentamente scendeva verso il basso illuminando i gradini e le rocce.
- Questa freccia non è partita da sola – gli fece notare Butch raccogliendo ciò che rimaneva della freccia che lo aveva mancato di poco andando a schiantarsi contro la roccia. La punta si era spezzata ed era andata persa, ma dalla coda piumata era facile risalire a che popolo apparteneva – goblin –
- Con questo caldo? – sbuffò Obert asciugandosi il sudore che gli stava colando sugli occhi facendoglieli bruciare – Mi sembra impossibile che qualcuno possa vivere qui sotto, noi siamo qui da poche ore e già siamo al limite della disidratazione, o almeno io lo sono –
- Questo popolo potrebbe vivere qui da secoli – gli disse Deadlight avvicinandoglisi – potrebbero essersi abituati a questa temperatura, come i troll che vivono nei ghiacciai, per noi sarebbe impossibile vivere tra i ghiacci eterni, mentre per loro, quelli sono la loro casa –
- Dannazione – latrò Butch – con questo buio, questo caldo, siamo delle prede troppo facili – poi, indicando le pareti di roccia che circondavano la scalinata – e qui, dentro questo budello, siamo ancora più facili da colpire –
- Il tempio dovrebbe essere vicino ormai – cercò di tranquillizzarlo Soda – Athalald mi ha detto che non era troppo in profondità, andiamo avanti –

Il viaggio di ritorno di Linna e Olsen fu più facile di quello dell’andata. Il possente barbaro era pienamente padrone della situazione e i ragni crudeli, forse sentendo quella forza si limitarono solo a guardarli da lontano, o forse sentivano che a guardarli dall’alto c’era un drago che vegliava su di loro. Comunque sia, giunsero senza nessun intoppo alla spiaggia e, finalmente approdarono al porto di Flatline dove trovarono ad attenderli Arethis.
- Bentornati – li guardò con gioia. Le due persone più importanti per lei erano tornate e questo era tutto quello che contava. Linna, che per lei era come una figlia, e Olsen che, beh, sorvoliamo per cosa era importante Olsen per lei.
- Grazie –sorrise il barbaro gettando sul molo i sacchi con le scaglie di drago.
- Il tuo allievo che fine ha fatto? – domandò poi a Linna – Morto? –
- No! – rispose forse con troppo impeto.
- Lui e gli altri si stanno occupando di una cosa molto importante – gli rispose Olsen – torneranno a breve – poi si avvicinò al capo gilda e, sfiorandole il braccio con una mano – Arethis, dovrò partire anche io, e Linna dovrà venire con me, ma prima -
- Mi spiegherai cosa sta accadendo – lo guardò con uno sguardo che non lasciava adito a dubbi – ma questa notte, nel mio letto – poi, voltandosi verso Linna – bel lavoro, davvero, adesso porta queste scaglie a Juviok, le sta aspettando con impazienza, poi vai pure a riposare, te lo sei meritato –
- Grazie – sorrise voltandosi poi verso alcuni uomini che stavano bighellonando per il porto – voi, cinque monete d’oro se mi aiutate a portare questi sacchi dall’armaiolo –

- E pensi che il popolo mezzelfo crederà a questo? – gli domandò Arethis muovendosi sotto al lenzuolo per sistemarsi più vicino al barbaro. Avevano fatto l’amore e l’odore del sudore e del sesso che emanava l’uomo era ancora molto forte e lei non voleva separarsene. Aveva avuto altri uomini nella sua vita ma non si era mai legata con nessuno.
Come poteva legarsi a uomini che l’avevano presa con la forza quando era ancora una bambina oppure, come poteva legarsi a uomini che erano si belli, ma deboli.
Olsen era diverso da tutti loro. Era forte, non era bello con quel suo volto rude ed il naso rotto da decine di battaglie, ma emanava una virilità che non aveva mai sentito.
A lui, sentiva, poteva legarsi.
- Se non crederanno a me, crederanno di sicuro a Linna – mormorò guardando il corpo della guerriera coperto dal lenzuolo e desiderandola ancora – lei è una di loro –
- E’ andata via da anni, per loro è morta – ribatté – è vissuta fuori dalla loro comunità, non accetteranno mai il suo ritorno, cosi come non crederanno a nessuno che non sia uno di loro –
- Dobbiamo provarci – le disse – se quel mago dovesse riuscire a portare a termine il suo compito avrebbe un potere enorme tra le mani, un potere che da solo potrebbe portare morte e distruzione per tutta Hyarbor e forse anche per l’intera Ishtar –
- A loro non interesserà – cercò di fargli capire Arethis – il popolo mezzelfo vive da sempre isolato da tutti e da tutto, considerati degli scarti sia dagli uomini che dagli elfi hanno fatto dell’isolazionismo il loro modo di vivere, e di certo non è che tutti i maghi che hanno cercato delle vergini mezzelfo da sacrificare li hanno aiutati ad uscirne, anzi, li hanno convinti ancora di più a vivere isolati –
Quando aveva incontrato Linna si era domandata come aveva fatto a sopravvivere per cosi tanto tempo lontano dalla sua gente.
Sporca, affamata, disperata.
L’aveva incontrata mentre stava dirigendosi a Flatline per prendere il comando della locale gilda dei guerrieri. Si era fermata per far riposare il cavallo e per mangiare qualcosa, quando, aveva sentito dei passi avvicinarsi a lei.
Istintivamente aveva sfoderato la spada e si era voltata, rimanendo però per qualche secondo sorpresa da quello che stava vedendo.
Una ragazzina lacera e sporca, con due occhi grandi e luminosi che guardavano avidamente il pezzo di carne che stava rosolando sul fuoco.
Aveva capito subito che era una mezzelfo. Diamine, due orecchie a punta non è che passano inosservate. E questo l’aveva stupita ancora di più.
A Hyarbor era decisamente raro incontrare qualcuno del popolo dei mezzelfo. Forse nelle terre del sud era più facile. Il popolo mezzelfo li si era lasciato andare e si era mescolato agli umani.
In quelle terre era facile incontrare una prostituta mezzelfa, ma, a Hyarbor era decisamente raro incontrarne uno.

Linna non riusciva a prendere sonno quella sera.
Dopo aver portato le scaglie di drago all’armaiolo era passata dai bagni pubblici prima di rientrare nella gilda.
Aveva voglia di un bel bagno caldo e, anche se poteva farlo alla gilda aveva preferito andare alle terme di Flatline, poi, pulita e rilassata era finalmente tornata a quella che ormai chiamava casa e si era sdraiata sul letto guardando il soffitto e ripensando a quello che l’attendeva.
Ormai chiamava casa quella stanza, e voleva bene ad Arethis come ad una madre e ad una sorella.
Perché doveva lasciare tutto per tornare dove non sarebbe stata ben voluta per niente?
Non riusciva davvero a capire Deadlight. Era stata cacciata solo perché si era difesa da un bastardo che aveva tentato di violentarla, eppure lei voleva ancora bene al suo popolo.
Lei non ricordava più neanche i volti dei suoi genitori. E come poteva fare a ricordarli?
Avrebbe dovuto ricordare anche il giorno in cui era scappata, il giorno in cui aveva messo la sua vita nelle mani del destino, lontano da Bosco Sacro, dalla sicurezza e dalle agiatezze.
I giorni successivi a quella scelta erano stati giorni duri. Non era mai stata sola, non aveva mai dovuto preoccuparsi del cibo o di un posto dove dormire, e soprattutto non sapeva nulla del mondo fuori da Bosco Sacro.
Come poteva voler bene al suo popolo?
Ma aveva promesso a sua sorella di andare ad avvertirli, e non sarebbe venuta mai meno a quella promessa.
La parola data era un contratto che non si poteva sciogliere in nessun modo senza perdere il proprio onore e lei era una guerriera e l’onore era, se non tutto, una cosa molto, ma molto importante.

La mattina dopo lei e Olsen si incontrarono di fronte alla porta della gilda.
Sia lei che il barbaro avevano gli occhi cerchiati di chi non aveva dormito molto durante la notte, anche se per motivi diversi e Linna comprese, con un piccolo risolino, quale era stato il motivo che aveva tenuto sveglio Olsen.
Ambedue si erano preparati per quella missione. In un grosso zaino il barbaro aveva stivato provviste e pozioni di guarigione a sufficienza per molti giorni e molte battaglie mentre lei aveva preparato una sacca da viaggio più piccola nella quale aveva messo alcune carte della regione, alcune pergamene di guarigione e qualche altra provvista.
Stavano decidendo se andare a piedi o se prendere dei cavalli quando Arethis li interruppe improvvisamente uscendo dalla gilda vestita con la sua armatura e con una sacca da viaggio a tracolla.
- Vieni con noi? – le domandò Olsen vedendola. Sebbene anche lei fosse stata sveglia quasi tutta la notte aveva un aspetto decisamente più riposato e fresco di loro due.
- Credo che questa missione sia molto importante per il futuro di questa regione – gli rispose facendo un cenno ad un guerriero che stava finendo di sellare tre cavalli – più siamo e più sono le possibilità di riuscita –
- E la gilda? – le domandò Linna guardandola felice del fatto che Arethis fosse venuta con loro.
- Per qualche giorno può anche andare avanti senza di me – sorrise afferrando le briglie di una cavalcatura che il guerriero che aveva chiamato aveva portato – muoviamoci adesso, Bosco Sacro non è certo qui dietro –

- Fermi! – urlò improvvisamente Butch alzando una mano.
Lui e Obert si erano messi alla testa del gruppo mentre Gobert chiudeva la retroguardia e Soda e Deadlight si erano posizionati al centro del gruppo nel classico schema di tutti i gruppi di avventurieri. Un ladro, per le trappole, ed un guerriero per la prima difesa davanti, un guerriero dietro per proteggere il gruppo da eventuali attacchi alle spalle, ed i maghi al centro per poter essere meglio difesi e dargli il tempo di preparare i loro incantesimi.
- Questi buchi – indicò una serie di piccoli fori nelle pareti di roccia che circondavano la scalinata, poi si chinò per osservare i gradini – questo e questo, ed anche questo – ne indicò tre consecutivi – sono degli interruttori che avrebbero fatto scattare le frecce nascoste in quei fori –
- Cosa facciamo? – gli domandò Obert osservando i fori – la facciamo scattare? –
- Potrebbero esserci anche altre trappole collegate – mormorò – li saltiamo – e senza attendere altro saltò i tre gradini trattenendo il fiato una volta dall’altra parte.
Non sarebbe stata di certo la prima volta che, saltata una trappola se ne trovava una subito dopo.
- Bene – riprese a respirare – andiamo, e state attenti quando saltate –

Il viaggio da Silfid fino al limitare del Bosco Sacro fu abbastanza tranquillo. Sia Olsen che Arethis erano due guerrieri che incutevano un certo timore e le bande di briganti che incontrarono preferirono quasi sempre battere in ritirata piuttosto che affrontarli, e quando, una sola volta, un gruppo numeroso di mezzi orchi, decise di dare battaglia, l’intervento di Athalald lo mise in fuga causando però anche scompiglio tra Arethis e gli altri due.
Ne Olsen, ne Linna avevano parlato ad Arethis di Athalald e del fatto che li avrebbe accompagnati e, quando vide il gigantesco drago rosso scendere in picchiata ruggendo e sputando fuoco dalle fauci spalancate aveva pensato che fosse giunto il suo momento.
Sapeva di essere una guerriera valorosa e forte, ma sapeva anche che affrontare un drago non era di certo una cosa semplice e che decine di guerrieri forse anche più forti di lei erano stati massacrati dai draghi.
Solo quando vide Linna rimanere tranquilla sul suo cavallo ed Olsen alzare la mano in segno di saluto verso il gigantesco animale che, dopo aver messo in fuga il gruppo di mezzi orchi, planava di fronte a loro, riprese a respirare.
- SALUTE A TE GUERRIERA – la salutò Athalald facendo un piccolo inchino di fronte a lei costringendola a stringere le redini del cavallo che si impennò violentemente di fronte all’enorme testa del drago rosso.
- Salute, a te – ricambiò il saluto mandando uno sguardo inferocito in direzione della sua allieva – non, non sapevo che, che un drago ci avrebbe seguito –
- Credo ci siamo dimenticati di dirtelo – mormorò confusa Linna – non sapendo che saresti venuta con noi non ho pensato di informarti di questo piccolo particolare –
- Piccolo particolare?!? – quasi urlò indicando il drago rosso che intanto si era rialzato e stava annusando l’aria tutto intorno – Questo piccolo particolare è grande come, come e anche di più di qualunque cosa mi possa venire in mente e sputa fuoco come, come solo un drago può sputare fuoco! E voi vi siete dimenticati di, mi avete fatto prendere uno spavento –
- C’E’ ODORE DI PIOGGIA – l’interruppe Athalald voltandosi a guardarli – UN TEMPORALE IN ARRIVO, MOLTO VIOLENTO, ANZICHENO –
- Un temporale? – mormorò Arethis guardando il cielo completamente sgombro di nuvole.

Finalmente i gradini erano terminati.
Avevano perso il conto di quanti ne avevano scesi. Si erano fermati una volta per mangiare e per riposarsi. Forse era già un giorno che erano li sotto e la temperatura era diventata ormai quasi insopportabile.
Obert si era slacciata la corazza e la portava dietro le spalle legata con le fibbie mentre persino Gobert, abituato alle miniere, si lamentava che quel caldo gli stava facendo sudare la barba.
Solo Butch e Deadlight non si lamentavano del caldo. Non indossavano corazze pesanti ed i loro abiti erano abbastanza leggeri da non farli sudare più di tanto mentre Soda probabilmente si doveva essere scagliato addosso un qualche incantesimo visto che non aveva neanche una perlina di sudore sulla fronte.
- E’ enorme – sussurrò Butch osservando l’enorme caverna che si apriva di fronte ai loro occhi. La volta, altissima, era sostenuta da colonne di roccia larghe come i fusti di certi alberi secolari completamente ricoperte da iscrizioni nella stessa lingua antica dell’antro del mago che aveva tentato di uccidere Deadlight e che irradiavano una debole luminescenza rossastra, mentre ovunque volgevi lo sguardo non riuscivi a vederne le pareti.
- Il tempio di Bal-Llur dovrebbe essere qui – mormorò Soda guardandosi intorno alla ricerca di un qualche indizio che potesse indicargli la direzione da prendere.
- Potremmo dividerci – propose Obert sguainando la spada e guardandosi intorno guardingo.
- Ogni colonna potrebbe nascondere una qualche insidia – obiettò Gobert tenendo la sua ascia con ambedue le mani, pronto per qualsiasi evenienza – dividerci non potrebbe essere la migliore idea –
- Questo posto sembra fatto apposta per un imboscata – sussurrò Butch osservando la debole luminescenza che irradiava dalle colonne e che creava degli aloni di luce rossastra lasciando in penombra l’immensa caverna.
- Non mi piace questo posto – si limitò invece a dire Deadlight spostandosi accanto ad Obert.
Tutto intorno a lei sentiva un’aura di malvagità che sembrava volesse avvolgerla e trascinarla nel regno delle ombre per nutrirsi della sua energia vitale. L’aveva sentita anche quando Roscoe, il mago che si era finto halfling per condurla nel suo antro, aveva iniziato la lenta nenia che dava inizio al sacrificio, ed un brivido le corse lungo la schiena come a ricordarle quanto era stata avventata e quanto poco era mancato alla sua morte.
- Andiamo avanti – disse infine Soda alzando il suo bastone e indicando una direzione da seguire.
- E state attenti a dove mettete i piedi – aggiunse Butch scattando avanti al gruppo per controllare se ci fossero trappole.

La pioggia cadeva violentemente fuori dalla piccola caverna dove Linna, Olsen ed Arethis avevano trovato riparo.
La debole luce di un fuoco da campo rischiarava l’ambiente creando anche un lieve tepore leggermente soporifero.
Tutti e tre avevano dormito poco la notte precedente e la stanchezza stava iniziando a farsi sentire.
- Farò io il primo turno di guardia – l’informò Arethis prendendo la sua spada e avvicinandosi all’imbocco della caverna.
- Credi ce ne sia bisogno? – le domandò Linna stando raggomitolata vicino al fuoco. Diamine, la corta tunica che indossava poteva anche andare bene per starsene in città, ma fuori, con quella pioggia, non era proprio l’ideale. Ci fosse stato almeno un certo giovane guerriero.
- Non siamo più al sicuro dentro le mura di Flatline – le ricordò Arethis. Come poteva essersi dimenticata degli incontri poco piacevoli che avevano fatto solo poche ore prima. A che cosa stava mai pensando.
- Il secondo lo faccio io – mormorò poi Olsen stendendosi sulla sua coperta e coprendosi con un lembo della stessa – tu dormi pure, ne hai bisogno più di tutti noi –
- Io – provò a ribattere Linna ma lo sguardo serio della sua maestra la fece desistere. Avevano ragione.
Era stata tutto il giorno persa dietro i suoi pensieri. Rivedere il posto dove era nata, rivedere la sua gente, i suoi genitori.
Tutti questi pensieri l’avevano accompagnata per tutto il giorno e, quando riusciva a cacciarli via, tornava il volto di un giovane guerriero a turbarla.
Non era da lei.
Per anni era stata fredda e pressoché priva di emozioni.
Voleva bene ad Arethis, questo si, ma non glielo aveva mai dimostrato abbracciandola o dicendole qualcosa. Lo aveva sempre fatto cercando di essere la migliore guerriera e le poche volte che un sorriso le aveva illuminato il volto erano state le occasioni in cui aveva dimostrato di star riuscendo a fare ciò che voleva.
Ma da quando quel giovane guerriero l’aveva sconfitta qualcosa era cambiato.
Se solo tra lui e Dead, sua sorella, non ci fosse stato già un legame.

La mattina dopo venne svegliata da Arethis che la scosse delicatamente con una mano.
Nonostante pensava che non sarebbe riuscita ad addormentarsi, poco dopo che si era sdraiata sulla sua coperta era caduta in un sonno profondo e ristoratore.
- Ha smesso di piovere – l’informò prima di uscire dalla caverna per raggiungere Olsen che, intanto stava facendo sciogliere i muscoli giocando con la sua spada. Si era tolto la casacca e la leggera corazza che indossava rimanendo a dorso nudo e per la prima volta Linna poté vedere la lunga cicatrice che gli segnava la schiena.
Partiva dalla spalla destra e terminava oltre l’orlo dei pantaloni a sinistra, un enorme segno chiaro che gli segnava la schiena muscolosa e altrimenti priva di qualsiasi altro segno o cicatrice.
Ne aveva viste molte altre di cicatrici. Anche quando aveva medicato Obert aveva visto e percorso con le dita decine di piccole cicatrici che gli segnavano la schiena, le braccia, le gambe, ma erano nulla in confronto a quella.
Non era stata trattata con la magia.
Su questo era sicura. Le ferite trattate con la magia con il tempo tendevano a sbiadire e a scomparire, mentre quella sembrava una ferita molto vecchia e trattata con i metodi tradizionali. Impacchi di erbe, forse una pozione, e riposo.
Per qualche attimo ebbe quasi la tentazione di chiedergli come se l’era procurata, ma, alla fine decise di evitare.
Le ferite alla schiena sono quasi sempre legate a brutti ricordi. Forse stava scappando ed era stato colpito alle spalle, e nessun guerriero ricorda con piacere di essere stato ferito mentre era in fuga, oppure era stato colpito a tradimento, magari da una persona di cui si fidava e lo stesso, poteva essere un ricordo doloroso.
Si diede una rassettata alla tunica, indossò di nuovo gli spallacci e gli stivali e dopo aver riavvolto la coperta ed averne fatto un fagotto da portare a spalla uscì dalla caverna raggiungendo i suoi due compagni di viaggio.

- Troll – sussurrò improvvisamente Gobert fermandosi e richiamando l’attenzione degli altri su di uno scheletro di grandi dimensioni gettato vicino ad una colonna.
- Cosa? – quasi urlò Butch prima di capire che il nano stava riferendosi ad uno scheletro e non ad un troll vivo – Mi hai fatto prendere un bello spavento – poi si avvicinò ai resti ed iniziò a frugarli alla ricerca di bottino.
Anche se era certo di non trovare nulla, la sua natura di ladro quasi glielo imponeva.
- Non ne ho mai visto uno – mormorò Obert osservando il gigantesco scheletro alto quasi tre metri e con gli arti superiori grottescamente lunghi.
- Non ti augurare di incontrarne uno vivo – sogghignò Gobert indicandogli gli artigli che sbucavano dalle ossa delle dita delle mani – ho visto nani sventrati da un solo colpo di questi artigli – poi si voltò a guardarsi intorno – hanno una vista notturna molto sviluppata ed un olfatto incredibile, e sono anche molto veloci, non lasciarti trarre in inganno dal fatto che si muovono goffamente, quando attaccano sono veloci e letali –
- Sbrighiamoci – li incitò Soda – questo posto è pericoloso –
- Sono d’accordo con te – sussurrò Deadlight. Nonostante il calore fosse ormai quasi asfissiante non riusciva a togliersi di dosso il senso di gelo che quel posto gli dava.
Prima usciva a rivedere il cielo e prima sarebbe andata meglio.
- Chi va la? – urlò improvvisamente Butch scattando in avanti con i suoi coltelli in posizione di attacco. Un attimo dopo Obert era al suo fianco con la spada sguainata ed in posizione di difesa subito seguito da Gobert che si piantò a gambe larghe tra i due.
- Un ombra, in quella direzione – urlò di nuovo Butch.
- Forse è un goblin – ipotizzò Soda alzando il suo bastone e generando un globo di luce abbastanza grande da illuminare a giorno un ampia zona tutto intorno a loro.
- Troppo grande – mormorò Butch – di la! – e, prima ancora che gli altri potessero voltarsi a guardare lanciò un coltello nella direzione dove stava guardando.
Un urlo animalesco li scosse fin nel midollo.
- Un troll! – gridò Soda vedendo il gigantesco essere muoversi ondeggiando verso di loro.
- C’è qualcuno – urlò Deadlight indicando una seconda ombra, più piccola, che, dalla destra del troll si spostò rapidamente allontanandosi da loro.
- Dead – la chiamò Gobert tenendo lo sguardo puntato contro la bestia immonda che si avvicinava sempre più rapidamente verso di loro – usa le frecce, tienilo a bada – poi lanciò un rapido sguardo verso Obert – io a destra, tu a sinistra – un cenno della testa del giovane guerriero gli bastò come risposta e, urlando si mosse velocemente verso la destra del troll mentre Obert, in silenzio, si spostò sulla sinistra cercando di non perderlo mai di vista.
La prima freccia della ragazza mezzelfo colpì l’essere ad una spalla cacciandogli un nuovo grido animalesco. Adesso che era più vicino si poteva vedere dove il coltello del ladro lo aveva colpito. Ad una gamba.
Una seconda freccia andò a piantarsi accanto alla prima, ma, nonostante le tre ferite, il gigantesco troll alto quasi tre metri, non sembrava voler minimamente arrestare la sua corsa.

Il primo assalto gli arrivò dalla sinistra.
Obert, dopo un attimo di esitazione gli si scagliò contro urlando e mulinando la spada di fronte a lui.
Un attimo dopo venne sbalzato di lato da un colpo di avambraccio del mostro andando a finire contro una colonna e perdendo la spada.
- Umano – latrò Gobert attaccando a sua volta sfruttando il momento di distrazione del troll che, voltatosi verso Obert stava cambiando direzione per finirlo.
Dopo una breve rincorsa spiccò un salto portandosi quasi alla stessa altezza della testa del troll e, con un colpo di taglio ferì la bestia al collo tranciandogli quasi di netto la testa e facendo sprizzare una quantità notevole di sangue scuro.
- Muori! – gridò poi Obert rotolando di lato per riprendere la spada e infilzando il troll penetrandogli nell’addome fino all’elsa. Uno schizzo di sangue lo raggiunse sulla corazza e sul braccio.
- Spostati! – gli urlò Deadlight.
Sebbene mortalmente ferito, il troll tentò nuovamente un assalto colpendo il giovane guerriero con i suoi artigli sulla corazza.
- Sei duro a morire! – sbraitò Butch estraendo la spada bastarda e, dopo una breve corsa, terminò l’opera iniziata da Gobert decapitando il troll che, mulinando ancora un paio di volte le lunghe braccia e fendendo l’aria con i suoi micidiali artigli, finalmente crollò al suolo morto.
- Speriamo non ce ne siano altri – mormorò Soda tenendo bene in alto il suo bastone per illuminare una porzione piuttosto ampia della caverna.
- Speriamo – rantolò Obert rimettendosi in piedi a fatica. La corazza, in vetro e metallo aveva ben assorbito i colpi che aveva ricevuto e non mostrava il minimo segno della battaglia appena conclusasi al contrario del suo proprietario invece, che sentiva ogni piccolo parte del suo corpo urlare per il dolore.
Appena tornato a Flatline sarebbe corso alla gilda e non ne sarebbe uscito almeno fin quando non sarebbe stato in grado di portare a termine un attacco senza finire a terra.
- Hai bisogno di cure? – gli si avvicinò preoccupata Deadlight.
- No – sussurrò rimettendo la spada nel suo fodero, poi si voltò a guardare la carcassa del troll priva della testa che, per effetto del colpo datogli da Butch era rotolata via per alcuni metri, e, con un sospiro si chinò a tirare fuori la sua spada dal gigantesco addome.
- Un bel colpo – lo elogiò improvvisamente Gobert dandogli una violenta manata sulla schiena – sei ancora acerbo, ma quando ti ci metti qualcosa di buono riesci a farlo anche tu –
- Il tempio di Bal-Llur! – intervenne Soda puntando un fascio di luce contro una costruzione in pietra che si ergeva tra alcune colonne – Lo abbiamo trovato –

Il Bosco Sacro si ergeva di fronte a loro reso quasi impenetrabile da una folta vegetazione che avvolgeva gli alberi e rendeva impossibile guardare al suo interno.
Athalald si era posato accanto a loro e guardava il bosco con il suo unico occhio avvertendo una forte magia che permeava gli alberi e la vegetazione. Il popolo dei mezzelfo aveva eretto una barriera magica tra la loro terra ed il mondo esterno.
Una magia molto forte che avrebbe fatto desistere chiunque dal tentare di penetrare in quel mondo verde.
- UNA VOLTA DENTRO, IO NON POTRO’ PIU’ SEGUIRVI – l’informò il drago – VI ATTENDERO’ QUI, ANZICHENO –
- D’accordo – annuì Olsen guardando il bosco e cercando di capire da dove sarebbero potuti passare. Non era visibile nessun sentiero ed era certo che, anche se gli avessero girato intorno non avrebbero trovato nessun punto da cui entrare.
Sbuffando estrasse la sua spada e con un fendente colpì la vegetazione che gli sbarrava la strada.
- No! – urlò Linna correndogli accanto e mettendosi tra lui e la vegetazione – Fermati, non è questo il sistema – poi si voltò verso il bosco – Madre protettrice del popolo dei mezzelfo ti prego di perdonare quest’uomo che ti ha offesa, io, Linna, figlia del Popolo, ti chiedo di aprire la strada a me e ai miei compagni
Improvvisamente la vegetazione di fronte a loro venne percorsa da un fremito e lentamente si scostò di lato mostrando un sentiero che penetrava nel bosco.
- Non uscite dal sentiero, non toccate gli alberi o la vegetazione – sussurrò voltandosi verso Arethis, poi, mettendosi in testa al piccolo drappello entrò nel bosco provando improvvisamente una strana sensazione.
Era a casa. Era nel posto dove era nata. Ogni albero le era familiare, ogni verso di uccello le ricordava i giorni della sua fanciullezza, ogni passo che faceva sprofondava sempre di più nei ricordi.
- Mi sento osservato – mormorò Olsen portando la mano alla spada.
- Abbassa la mano – lo riprese Arethis con un tono secco – qui non ci sono nemici che puoi passare da parte a parte con la tua lama –
- Sono gli alberi – gli disse Linna – sono i guardiani del mio popolo –
- Non mi sento a mio agio – disse di nuovo Olsen abbassando la mano. Diavolo, lui era un guerriero e la sua natura era quella di avanzare in un territorio ostile con la spada saldamente in pugno. L’idea di rimanersene invece cosi, indifeso e alla mercé di nemici invisibili, gli era intollerabile.
Tutto intorno a loro sembrava quasi che gli alberi volessero chiudersi.
Un frusciò alle sue spalle lo fece voltare di scatto.
La vegetazione, mano a mano che avanzavano si richiudeva dietro di loro facendo scomparire il sentiero che stavano percorrendo mentre enormi rami si protendevano a rendere ancora più impossibile una loro ritirata.
Ormai potevano solo andare avanti.
- State calmi – ordinò loro Linna – gli alberi sentono le nostre emozioni e potrebbero reagire di conseguenza –
- Stare calmi – bofonchiò Olsen tentando di resistere alla tentazione di porre mano alla spada – sembra facile –

Quando arrivarono nel villaggio del popolo dei mezzelfo si resero conto che il loro arrivo non era del tutto inaspettato, anzi, sembrava quasi che li stessero attendendo da tempo.
Una decina di guerrieri erano appostati allo sbocco del sentiero con gli archi già tesi e le frecce incoccate, mentre, poco più indietro alcuni maghi erano in attesa di intervenire.
- Non toccate le armi – sibilò Linna guardando fissa di fronte a lei. Sapeva che se solo avessero fatto cenno di prendere le spade dieci frecce sarebbero partite e per loro non ci sarebbe stato scampo. Conosceva bene le doti degli arcieri della guardia del suo villaggio ed era conscia del fatto che nessuna di quelle frecce avrebbe mancato il bersaglio.
Mostrando le palme delle mani vuote fece alcuni passi in avanti, poi, quando fu a pochi metri dalla linea degli arcieri, declamò a gran voce il suo nome e la sua paternità chiedendo di poter entrare nel villaggio.
Era sicura di essere stata riconosciuta.
Anche se era cresciuta e non era più la bambina che era andata via da li, il tatuaggio che aveva sulla coscia, le sue orecchie ed il legame di sangue che univa ogni mezzelfo parlavano da soli.
Ma non poteva essere del tutto certa che sarebbe stata comunque accettata.
Deadlight era stata cacciata dal villaggio, lei no, ma era stata comunque nel mondo di fuori e, ben pochi del suo popolo che erano stati fuori da Bosco Sacro avevano poi potuto far ritorno ed essere di nuovo accolti.
Per dei lunghissimi attimi vide le frecce rimanere saldamente al loro posto, gli occhi degli arcieri puntati su di lei e sui suoi compagni, poi, lentamente le vide abbassarsi, vide gli archi venir rilasciati e, alla fine la fila della guardia ritirarsi ed aprirsi per permettere il passaggio di una ragazza dai capelli color blu scuro vestita con gli abiti della vergine sacra di Lithis.
Non la riconobbe subito. Quando era andata via era ancora una bambina di pochi anni che giocava con lei di fronte alla capanna dei loro genitori.
- Mialee – la riconobbe – alla fine sei diventata tu la sacra vergine – poi, lentamente si inginocchiò di fronte a lei tenendo però lo sguardo ben fisso in avanti – salute a te vergine sacra del Popolo –
- Salute a te – le rispose fermandosi a pochi passi da Linna. Un debole sorriso comparve sulle sue labbra – Linna di Atrascimar, sorella mia – poi allungò una mano per invitarla a rimettersi in piedi – cosa ti ha condotto a Bosco Sacro dopo tutti questi anni di assenza? –
- Un grave pericolo incombe sul Popolo – le iniziò a dire – un pericolo mortale – doveva misurare le parole e cercare di essere convincente.
Se Mialee avesse accettato ciò che gli diceva avrebbe potuto parlare poi a suo padre, Ragon Atrascimar, sovrano del Popolo del Bosco Sacro.
- Uno stregone sta cercando un mezzelfo da sacrificare a Bal-Llur – continuò – ha già tentato di uccidere nostra sorella Deadlight ed ha fallito, ed ora potrebbe essere alla ricerca di qualcun altro da sacrificare –
- Nostra sorella – la guardò sorpresa di quella notizia.
Già l’aver saputo che Linna era ancora viva era stata una sorpresa, ma, il venire a sapere che anche Deadlight non era morta era stata una sorpresa ancora maggiore.
- Un mago ha tentato di penetrare la barriera magica che ci difende – la informò Mialee – ma è stato ricacciato indietro dagli alberi prima ancora di poter fare due passi – poi, guardando verso Olsen e Arethis – hai condotto qui due umani –
- Una è Arethis, capo della gilda dei guerrieri di Flatline – le spiegò – è lei che mi ha accolto nel mondo di fuori, l’altro è Olsen, un guerriero che sta dando la caccia al mago che ha tentato di uccidere Deadlight –
- Loro non possono entrare – decretò – possono attendere al limitare del villaggio, ma non possono porvi piede – e, prendendo Linna per una mano – vieni con me nel circolo sacro, parleremo meglio –

Il tempio di Bal-Llur era costruito in semplice pietra sormontata da un tetto di legno reso nero dal calore, privo di qualsiasi iscrizione o fregio e, dall’interno completamente spoglio tranne per la presenza di un altare sacrificale in pietra rossa completamente liscia.
Il primo ad entrarvi fu Obert che, spada in pugno varcò la soglia guardandosi intorno con circospezione, poi venne seguito da Deadlight ed infine da tutti gli altri.
Una debole luce rossastra lo illuminava a malapena rendendo completamente bui gli angoli e costringendo Soda a generare un nuovo globo di luce per illuminarlo completamente.
Ed improvvisamente videro la figura di un orchetto che, uscendo dal buio di uno degli angoli, scattò velocemente in avanti tentando di scappare con un fagotto sotto braccio.
Probabilmente era stato sorpreso dal loro arrivo nel tempio e si era nascosto in un angolo buio per cercare di non farsi vedere. La luce generata dal mago lo aveva invece fatto scoprire e adesso doveva tentare una fuga disperata.
- Ha con se il manufatto! – gridò improvvisamente Soda vedendolo avvicinarsi alla porta. Aveva visto l’altare completamente spoglio, il fagotto che l’orchetto portava con se e doveva aver fatto un semplice ragionamento.
In un attimo Deadlight incoccò una freccia e la scagliò contro l’orchetto mancandolo di stretta misura mentre Obert, rimasto vicino alla porta cercò di intercettarlo prima che uscisse vedendoselo sgusciare per poco dalle mani. Con uno slanciò si gettò oltre la porta buttandosi poi a terra per evitare un nugolo di frecce. Quel dannato orchetto non era da solo.
Appostati di fronte al tempio una ventina di goblin tenevano sotto mira con i loro archi la porta e solo grazie all’agilità che comunque aveva, Obert riuscì ad evitare di venir ridotto ad un fantoccio da tiro al bersaglio.
Quasi strisciando riguadagnò l’interno del tempio gettandosi poi a sedere contro una parete.
- Da qui non si esce – ansimò cercando di riprendere fiato. Aveva visto il nugolo di frecce e, senza starci troppo a pensare si era gettato per terra per non farsi colpire. Per Crown, li fuori c’erano almeno una ventina di goblin e loro anche se erano al riparo delle mura del tempio non avevano altro che quella piccola porta per uscire fuori e dare battaglia.
Se anche poi fossero riusciti ad uscire, erano troppo distanti per riuscire a raggiungerli prima che caricassero di nuovo gli archi e scoccassero.
- Una cinquantina di passi – osservò Butch sbirciando di fuori – l’unica è dividerci e cercare di non farci infilzare come tordi allo spiedo – una mossa decisamente rischiosa e che li esponeva al rischio di venir feriti o uccisi ancor prima di riuscire a menare almeno un colpo.
Dopo tutta quella fatica, dopo aver sudato come in una sauna, non solo non erano riusciti ad impadronirsi del manufatto, ma erano anche finiti in una trappola dalla quale sarebbe stato ben difficile uscire tutti interi.
- Se c’è solo una porta, ne facciamo un'altra! – grugnì Gobert avvicinandosi alla parete posteriore del tempio e, dopo averla tastata in un paio di punti la colpì con un poderoso colpo della sua ascia – Per tutti gli dei nanici – senza riuscire minimamente a scalfire la roccia.
- Queste pareti sono intrise di magia – gli spiegò Soda – una magia cosi forte ed antica che nessuno potrebbe spezzare – poi si concentrò qualche secondo e – Obert, mi serve qualche secondo tranquillo davanti alla porta –
- Ho capito – mormorò. Il piano del mago era decisamente semplice.
Avrebbe usato la sua magia per colpire più goblin possibili, ma aveva bisogno di qualcuno che facesse da bersaglio per le frecce mentre recitava la formula stando sulla soglia della porta.
- Perché Obert? – domandò Deadlight guardando il guerriero che, rimessosi in piedi si sistemava accanto alla porta per poter uscire il più in fretta e il più inaspettatamente possibile.
- Gobert è troppo lento – gli spiegò Obert – e ne tu, ne Butch avete una corazza, io sono l’unico che possa fare da esca e sperare di uscirne vivo – poi, dopo un rapido cenno di intesa con il mago si scaraventò fuori dalla porta urlando e correndo spostandosi ora a destra ora a sinistra mentre le frecce lo mancavano di poco o, con un clang metallico, rimbalzavano sulla corazza in vetro.
Un attimo dopo anche Soda era fuori dalla porta, con il suo bastone in alto mentre Deadlight più rapidamente che poteva scoccava le sue frecce cercando di colpire più goblin che poteva.
- Fulmini – invocò il mago guardando il gruppo di goblin che, incuranti di lui ricaricavano i loro archi per cercare di colpire Obert che, intanto aveva smesso di correre disordinatamente per puntare invece diretto verso i goblin con la spada che mulinava di fronte a lui. Un attimo dopo, con un violento rombo un fulmine si materializzò al di sopra dei nemici scaricandosi poi con forza a terra saltando da un goblin all’altro.
- Tocca a noi adesso! – urlò Gobert uscendo dal tempio seguito da Butch.
Probabilmente i goblin non si attendevano nulla del genere e, per parecchi secondi rimasero quasi frastornarti dall’azione repentina del gruppo, secondi che furono utilissimi per il nano, per Butch e per Obert, per raggiungerli ed affrontarli in un corpo a corpo al quale, si unì anche Deadlight che, lasciato a terra l’arco e sguainata la sua spada si gettò nella mischia cercando di capire se Obert fosse stato ferito o meno.
Lo vide quasi subito.
Stava impegnando in combattimento un goblin di dimensioni ragguardevoli che menava dei fendenti di tutto rispetto che, però venivano ben parati dal guerriero con la sua spada. In difesa era davvero bravo, si ritrovò a pensare improvvisamente. Era nell’attacco che lasciava a desiderare.
Ed infatti, di un gran numero di colpi che cercava di affondare, Deadlight notò che nessuno riusciva a raggiungere il bersaglio.
Mulinava quella spada in una maniera davvero scoordinata, perdendo il ritmo dei colpi e mancando il bersaglio.
Completamente diverso da Gobert che invece portava a segno ogni colpo decapitando e amputando con la rapidità e la precisione di una macchina da guerra.
Anche Butch, notò, non se la cavava male. E, in breve tempo della ventina di goblin non rimase che uno sparuto gruppo che dopo essersi guardati intorno decise di ritirarsi scappando in direzioni diverse lasciando il loro capo da solo mentre continuava a combattere contro Obert.
Ma anche quel duello era giunto ormai alla fine e, con un ultimo colpo, forse più fortunato degli altri, il guerriero riuscì a decapitare il suo avversario.
- Stiamo migliorando – rise Gobert osservando il gigantesco goblin steso a terra decapitato – se non ti farai ammazzare nei prossimi venti anni forse riuscirai a diventare veramente un guerriero degno di questo nome –
- Molto divertente – ansimò pulendo la spada sulla casacca del goblin morto.
- … – rimase in silenzio Deadlight guardandolo. Avrebbe voluto difenderlo, ma si rendeva conto che Gobert stava dicendo il vero.
Aveva sprecato tante di quelle energie per uccidere un solo nemico che se avesse dovuto affrontarne altri non sarebbe riuscito più neanche a menare un colpo.
L’unica cosa positiva era che in quella pioggia di frecce e nel successivo combattimento non aveva riportato nessuna ferita.
Era si stanco e provato. Respirava a fatica ed era madido di sudore, ma non aveva nessuna ferita.
- Tieni – gli porse un ampollina di vetro con un liquido verdastro che aveva tirato fuori dalla sua sacca – è una pozione di ristoro, ti farà recuperare più in fretta le forze –
- Grazie – le sorrise prendendola.
- Il manufatto è andato perso ormai – borbottò Soda cercando tra i cadaveri dei nemici abbattuti l’orchetto che era scappato dal tempio con il manufatto che stavano cercando – quel dannato deve essere scappato mentre noi eravamo bloccati nel tempio –
- Pensi ad una coincidenza? – gli domandò Butch.
- No – rispose – quel manufatto è forse l’unico oggetto in grado di neutralizzare gli effetti della magia di Bal-Llur, e non credo che per una pura coincidenza proprio adesso che un mago sta tentando di stringere un alleanza con lui, un orchetto trafughi questo oggetto –
- Muoviamoci – tagliò corto Obert dopo aver finito di bere la pozione – ogni minuto che passa, Roscoe potrebbe riuscire a mettere le mani su di un mezzelfo e sacrificarlo a Bal-Llur riuscendo nel suo intento – poi, dopo aver guardato per qualche istante Deadlight ripose la spada nel fodero e si incamminò lungo la direzione dalla quale erano giunti.

Linna si riunì a Olsen e Arethis meno di un paio d’ore dopo e senza dire nulla riprese il sentiero che li aveva condotti fin li e che, mano a mano che andavano avanti tornava visibile.
Solo quando furono di nuovo fuori dal bosco si lasciò andare ad una serie di imprecazioni che avrebbero fatto arrossire persino Capitan Jack.
- UNA RAGAZZA NON DOVREBBE PARLARE COSI, ANZICHENO – la riprese Athalald avvicinando il suo muso alla mezzelfa.
- Quando ci vuole, ci vuole! – urlò guardandolo, scoppiando poi in una risata fragorosa – ma guardatevi, siete cosi buffi –
- Non ti ho mai sentito parlare in questo modo – sussurrò Arethis inebetita – ti ho cresciuta come una guerriera, si, ma non mi sembra di averti mai imparato certi termini –
- Scusatemi – sorrise poi dando una leggera manata sul muso del drago che l’accettò con uno scrollo d’ali – pensavo che forse le cose erano cambiate in tutti questi anni nel mio Popolo, ma mi sbagliavo – poi si sedette su di una roccia ed iniziò a raccontare cosa aveva fatto in quelle due ore.
- Mialee mi fatto parlare, ha voluto sapere tutto quello che sapevamo su questo mago – raccontò – ha voluto sapere perché sta cercando una mezzelfo vergine, mi ha chiesto di Dead, insomma, mi ha fatto parlare per quasi tutte e due le ore ed infine mi ha detto che Roscoe ha già provato a penetrare nel Bosco Sacro ma è stato ricacciato indietro dagli alberi, che nostro padre non aveva nessuna intenzione di ricevermi e che da loro non avremo nessun aiuto –
- Va bene anche cosi – mormorò Olsen ricevendo gli sguardi curiosi delle due donne – non sono impazzito, ed ero sicuro che il popolo dei mezzelfo non ci avrebbe fornito nessun aiuto, ma almeno adesso sappiamo che Roscoe non potrà trovare nessun mezzelfo da sacrificare a Bosco Sacro e dovrà quindi andare a cercare da qualche altra parte –
- Si, ma dove? – domandò Arethis guardandolo.
- Questo non lo so – allargò le mani con un gesto sconsolato – ma lo dovremo scoprire – poi, voltandosi verso Athalald che era rimasto in silenzio ad ascoltarli – hai qualche idea? –
- LA COMUNITA’ DI MEZZELFI CHE VIVE NELLA FORESTA DEL PECCATO ORIGINALE, ANZICHENO – suggerì.
- Di quella se ne occuperanno Obert e Dead – ricordò Olsen.
- VEDRO’ COSA POTRO’ SAPERE – concluse alla fine il vecchio drago aprendo le ali e spiccando il volo, scomparendo in pochi attimi dalla loro vista.
- E noi allora, torneremo a casa – decise infine Arethis.


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Quattro Chiacchiere Con L'Autore
Da questo capitolo inizia la seconda parte della saga di HC, saga che porterà i nostri eroi a scontrarsi con delle forze che non avrebbero mai pensato di dover affrontare.

Hasta Luego

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Capitolo 8
*** A Seas ***


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Capitolo VIII
A Seas
        Il piccolo villaggio di Seas era poco più di quattro baracche sistemate in croce intorno ad una strada che sopravviveva solo grazie alla pesca e ai traffici con gli altri piccoli villaggi vicino.
Un forte odore di pesce avvolse Obert e gli altri non appena scesi dalla barca ed aver messo piede sul molo. Di fronte a loro potevano vedere l’unico magazzino che sorgeva nel villaggio e che raccoglieva tutto il pescato per seccarlo e venderlo poi ai mercanti locali e a quelli che venivano a comprarlo per rivenderlo poi negli altri mercati.
- Come d’accordo noi torneremo a Flatline – esordì Soda guardando sia Butch che Gobert – e vi aspetteremo alla locanda –
- Si – annuì Obert – il Bosco del Peccato Originale non dovrebbe trovarsi molto distante da qui, per cui, se non avremo problemi dovremmo raggiungervi pochi giorni dopo il vostro arrivo –
- Speriamo di trovare delle cavalcature – si lamentò Butch guardandosi intorno – questo posto mi sembra cosi povero che a malapena potranno venderci un vecchio cavallo prossimo alla fine –
- Se non ne troveremo qui, devieremo verso Necodupolos – disse poi Soda – è una grande città e li troveremo una cavalcatura decente –
- Bah – sbuffò Gobert non proprio felice dell’idea di dover cavalcare. Nani e cavalli non sono mai stati un binomio felice. Ma c’era anche un’altra cosa che non lo rendeva particolarmente allegro.
Sapeva che i mezzelfo del Bosco del Peccato Originale erano restii a qualsiasi incontro, compresi quelli con altri membri della loro stessa razza e l’idea di lasciar andare da soli Deadlight e Obert non l’entusiasmava molto.
Si era affezionato a quella mezzelfa cosi minuta e dall’aspetto cosi delicato. Dire che la considerava quasi come una figlia sarebbe forse esagerato, ma, ci si avvicinava molto e, il sapere che avrebbe affrontato quella missione cosi pericolosa solo con l’aiuto di Obert che, per carità, tanto coraggio e tanto impegno ma abilità pari a zero, non lo rendeva per niente tranquillo.
- Cosa c’è Gobert? – gli domandò Soda vedendolo agitato.
- Perché dobbiamo tornare a Flatline? – gli domandò – Non possiamo andare anche noi a Bosco del Peccato Originale con Obert e Dead? –
- Il manufatto è andato perso – gli rispose – e forse adesso è nelle mani di Roscoe, ho bisogno di parlare con una persona nella gilda dei maghi di Flatline –
- Non ti preoccupare Gobert – lo tranquillizzò Deadlight – io e Obert ce la caveremo – poi si voltò a guardare il guerriero che soprapensiero stava guardando il villaggio alla ricerca di un posto dove passare la notte.
- Bah – sbuffò di nuovo – d’accordo – poi voltandosi verso Soda – sbrighiamoci allora – e dopo essersi salutati si diressero ognuno verso la propria meta, Obert e Deadlight verso l’unica taverna del villaggio, Gobert e gli altri verso il limitare del villaggio dove, a detta di un pescatore, c’era qualcuno che aveva dei cavalli da vendere.
 
            La taverna aveva un nome decisamente consono a quello che era, Tana del Topo.
I muri di fango e pietra sembravano volersi tenere su solo per fare un dispetto a qualcuno mentre la porta di ingresso era stata sostituita anni prima con quattro tavole inchiodate alla bene e meglio che, di giorno, venivano tenute appoggiate contro il muro.
Probabilmente la notte veniva presa e messa davanti all’ingresso a far finta di essere una porta.
- Davvero un bel posto – sussurrò Deadlight lanciando un occhiata all’interno della taverna – credi che le pulci siano comprese nel prezzo della stanza? –
- Spero le mettano a parte, cosi possiamo evitare di prenderle – ironizzò Obert sentendo un certo tanfo provenire da dentro la taverna. Sudore, sporcizia, l’odore di qualcosa che stava cuocendo, forse una zuppa di cipolle o di cavoli, non riusciva a decifrarlo bene in mezzo a quei miasmi che gli stavano aggredendo l’olfatto. Solo a sentirlo lo stomaco gli si era chiuso e la fame era svanita.
Per un attimo fu quasi indeciso se andarsene a dormire da qualche altra parte, anche sotto le stelle, poi però si ricordò che comunque non avevano più ne cibo ne altro e che comunque dovevano comprare dei rifornimenti.
- Coraggio – mormorò più a se stesso che ad altri e seguito dalla mezzelfa entrò nella taverna attirando quasi subito gli sguardi degli avventori seduti ai tavoli o appoggiati al bancone intenti a chiacchierare con il taverniere, un mezz’orco che stava pulendo con uno straccio lurido un bicchiere.
Il chiacchiericcio che avevano sentito prima di entrare scomparve di colpo sostituito dal rumore di acqua che scorreva.
Con la coda dell’occhio Obert vide un rivolo di acqua che filtrava da sotto un muro e scompariva in una fessura delle assi di legno che rivestivano il pavimento.
Bene, perlomeno c’è l’acqua corrente, si ritrovò a pensare tra se mentre lentamente si dirigeva verso il bancone. Cavoli quanto è grosso, si disse poi vedendo il gigantesco mezz’orco che, smesso di pulire, o forse sarebbe meglio dire sporcare, il bicchiere, aveva iniziato a seguirli con lo sguardo.
Alto oltre due metri, pesante probabilmente un paio di quintali, con due braccia che avrebbero potuto stritolare un toro, il viso a metà strada tra quello di un orco e quello di un brutto esemplare di essere umano era attraversato da una cicatrice che andava dalla fronte fino al mento quasi a volerlo dividere in due.
- Abbiamo bisogno di due stanze e di rifornimenti per dieci giorni di viaggio – iniziò a dirgli.
- Ci sarebbe la possibilità di farsi un bagno? – domandò invece Deadlight.
Bontà divina, si voltò verso di lei Obert cercando di non mettersi a ridere.
D’accordo, Dead era una ragazza, e probabilmente aveva voglia di farsi un bagno per levarsi di dosso la polvere che avevano accumulato nel loro viaggio sottoterra, ma come poteva pensare di poter trovare una tinozza e dell’acqua pulita in quel posto.
Improvvisamente la taverna venne scossa da un unico, incredibile e poderoso accesso di risa.
- Credo di no – sussurrò Deadlight rendendosi conto che la sua richiesta era decisamente fuori luogo.
- Ho una sola stanza – rispose improvvisamente il mezz’orco – per i rifornimenti dovrete attendere due giorni, dovrò farli venire da fuori Seas, vuole anche del sapone per il bagno?  –
- Uh?!? – quasi gorgogliò Obert sentendo parlare il mezz’orco.
Non che ne avesse mai incontrati, ma dava per scontato che fossero del tutto incapaci di parlare correttamente e che il loro quoziente intellettivo fosse pari allo zero.
- D’accordo – annuì dopo qualche secondo – può procurarci anche delle pozioni di guarigione? –
- A Seas non c’è un mago, ma posso richiederle ad un villaggio vicino dove c’è un guaritore – gli rispose riprendendo a pulire il bicchiere – potrei vedere di grazia il vostro oro? –
- Ce…certo – sussurrò non riuscendo ancora a collegare quel corpo gigantesco e quel volto cosi brutto a quelle parole cosi normali e, lentamente gli mostrò un numero di monete d’oro probabilmente sufficienti per pagare quanto richiesto.
- La stanza è al piano di sopra, non potete sbagliare, è l’unica – gli disse porgendogli una grossa chiave di ferro arrugginito – vi farò portare l’acqua ed il sapone –
- Grazie – sussurrò prendendo la chiave, poi, insieme a Deadlight si incamminò su per le scale che portavano al piano superiore.
 
            La stanza aveva una porta e quello era già un buon segno. Almeno non avrebbero dovuto dormire con un occhio aperto per paura di veder entrare qualcuno nottetempo ed il cigolio che fece quando l’aprì lo tranquillizzò ancora di più.
Ruotando sui cardini faceva tanto di quel rumore che si sarebbero svegliati anche se fossero caduti nel sonno più profondo.
Aperta la porta ebbero la prima vera sorpresa del giorno. Certo, non era il massimo in fatto di eleganza, ma almeno era pulita ed in ordine e le coperte sui due letti sembravano essere prive di ospiti indesiderati.
In una stanzetta attigua poi trovarono una tinozza e delle pezze di tessuto per asciugarsi, oltre a tutto il necessario per i bisogni corporali.
Su di un tavolo c’era poi un candelabro a tre braccia con delle candele montate ed il necessario per accenderle.
- Questa si che è una sorpresa – commentò Obert iniziando a togliersi la corazza – non è certo la Locanda della Spada, ma almeno le lenzuola sembrano pulite – poi si sfilò gli stivali e si lasciò cadere su di un letto mandando un mugolio di piacere – mi sembrano anni che non dormo su di un letto comodo –
- Già – gli fece eco Deadlight togliendosi il mantello e posando la corta spada che portava alla vita contro il muro – e vedrai che dopo un bel bagno starai anche meglio –
- Un bagno – la guardò quasi con aria sognante distogliendo però quasi subito lo sguardo. Non sapeva se lei lo avesse già notato ma la stanzetta attigua dove era la tinozza non aveva porte.
- E poi una bella cena – continuò Deadlight andando anche lei a sdraiarsi sul letto accanto a quello dove era Obert – chi lo sa quando potremmo permetterci ancora queste comodità – si voltò a guardarlo incuriosita.
Obert non le aveva mai dato l’impressione di qualcuno nato in un villaggio e costretto sin da piccolo a lavorare la terra, senza altra cultura che quella popolare. Anzi, sapeva leggere e scrivere, e conosceva anche bene la lingua dei dotti e dei ricchi oltre che qualche runa antica, segno che comunque doveva aver studiato.
Non gli aveva mai parlato del suo passato e quando lei gli aveva fatto qualche domanda aveva sempre evitato di risponderle trovando qualche scusa. Lo stesso Olsen sapeva solo che lo aveva trovato sotto una tettoia affamato ed infreddolito, ben vestito e con uno spadino che sarebbe andato bene per qualche cerimonia ma non certo per procurarsi da vivere facendo il guerriero.
- Cosa c’è? – le domandò improvvisamente guardandola.
- Nulla – si affrettò a rispondergli continuando però a guardarlo – mi stavo solo domandando da dove vieni, ormai sono alcuni mesi che ci conosciamo, ma non mi hai mai detto dove sei nato e cosa facevi prima di incontrare Olsen –
- Sono nato nei territori del sud – le rispose voltando lo sguardo e fissando il soffitto sopra di lui – a Trendel, la capitale, ma questa è una cosa di cui non mi va di parlare –
- Stai scappando da qualcuno? – gli domandò poi continuando sempre a fissarlo. Non gli piaceva che avesse dei segreti con lei – Hai ucciso qualcuno e stai scappando dalla legge? – dopo quanto era successo nella grotta lei gli aveva raccontato per quale motivo era stata cacciata da Bosco Sacro, era stata sincera con lui, gli aveva detto che aveva ucciso un uomo per difendersi – Perché non vuoi parlarmene? – un dubbio le si insinuò nella mente. E se stesse scappando invece da una donna, da una moglie. Era giovane, ma comunque in età da matrimonio – Sei sposato? – le scappò cosi, bruscamente e con poco tatto.
- No! – le rispose rapidamente.
- Scusami – sussurrò poi lei. Tra loro non c’era nulla, erano compagni di avventura, facevano parte dello stesso party, ma nulla di più.
Certo, che provassero una certa attrazione l’uno per l’altra era ben chiaro a tutti ormai tranne che proprio a loro due. Sembrava quasi che avessero dei paraocchi e non riuscissero a vedere quello che per gli altri era lampante. Erano innamorati, ma nessuno dei due aveva ancora fatto il passo di dichiararsi.
- Non sto scappando da nessuna moglie – le disse – e neanche dalla legge – poi si mise a sedere sul letto – è solo che ancora non me la sento di parlarne –
- D’accordo – sorrise infine lei.
Un bussare alla porta li fece voltare tutti e due insieme e pochi attimi dopo videro il mezz’orco insieme ad un ragazzetto poco più che undicenne entrare nella stanza portando dei secchi con dell’acqua calda ed un pezzo di sapone.
- Bene – cinguettò allegramente Deadlight scattando in piedi – faccio io il bagno per prima – poi avvicinandosi ad Obert lo spinse con fermezza verso la porta – e quindi tu te ne starai di fuori ad aspettare, e non provare ad entrare fin quando non te lo dirò io –
 
            Quella sera a cena erano tutti e due molto più rilassati. Il bagno aveva portato via oltre alla sporcizia che si era accumulata sui loro corpi anche la stanchezza e questo, unito al fatto che finalmente dopo tanti giorni potevano cenare stando comodamente seduti a tavola, fece si che la tensione di quei giorni si allentò un pochino.
Solo allora si resero conto di quanto il fatto che ci fosse un mago che stava cercando un modo di imbrigliare il potere di Bal-Llur li preoccupasse.
Soda era stato molto franco con tutti loro, la possibilità di una guerra tra i maghi di Saspit e la Gilda non era cosi poco probabile e, se fosse davvero scoppiata non sarebbe stata solo una scaramuccia ma sarebbe stata qualcosa di decisamente molto serio e che avrebbe coinvolto non solo i maghi, ma anche le altre gilde che avevano dei trattati più o meno stabili con quella dei maghi, senza contare che anche nella stessa Gilda dei maghi non c’era un unione cosi salda e quasi sicuramente non tutte le sedi si sarebbero schierate contro Saspit, portando la guerra anche nel resto della regione.
Certo, se fossero riusciti a fermare Roscoe non era detto che la guerra non sarebbe scoppiata lo stesso, ma almeno avrebbero evitato l’ingresso in campo di una forza cosi potente come quella del dio dei morti. Inconsapevolmente si erano accollati sulle spalle un grave fardello.
Ma quella sera, davanti ad un tagliere stracolmo di arrosto e di verdure ed in mezzo alle risate degli altri clienti della taverna sembrava tutto cosi lontano e Deadlight e Obert si rilassarono mangiando tranquillamente e senza pensare alla missione che li attendeva da li a qualche giorno.
- C’è qualcosa che non va con il mio arrosto? – domandò improvvisamente il mezz’orco avvicinandosi al loro tavolo. Aveva notato che Deadlight non aveva toccato per niente la carne preferendo le verdure.
- Non mangio carne – gli rispose con un sorriso.
- E’ ottimo – biascicò Obert cacciandosi in bocca un altro pezzo di carne – mai mangiato nulla di cosi buono –
- Scusate la mia curiosità – continuò poi il mezz’orco – ma cosa ci fanno un guerriero ed una mezzelfa qui a Seas? –
- Siamo solo di passaggio – gli rispose Deadlight vedendo che il suo compagno era indaffarato a riempirsi la bocca di arrosto e non poteva rispondere – stiamo andando al Bosco del Peccato Originale, dobbiamo parlare con i mezzelfi che vivono li –
- Allora credo che siete in ritardo di un centinaio di anni o pressappoco – l’informò – non ci sono più mezzelfi in quel bosco, sono andati via da anni e nessuno ha più visto nessuno di quella razza da queste parti –
- E come mai? – gli domandò Deadlight.
- Cosa volete che vi dica, non sono di certo passati di qui a dircelo – gli rispose – sappiamo solo che ad un certo punto la magia che difendeva il bosco è scomparsa e chi vi si è avventurato dentro ha detto che ha trovato solo i segni del loro insediamento –
- Non so se questa è una buona o una cattiva notizia – mormorò improvvisamente Obert – potrebbero essere dovunque, e questo renderà le cose più difficili a Roscoe, ma anche a noi – poi si voltò a guardare il mezz’orco che intanto si era leggermente allontanato dal loro tavolo per andare a vedere cosa volevano degli altri clienti – comunque, tornando a Flatline passeremo comunque vicino a Bosco del Peccato Originale per controllare –
- Non ti fidi? – gli chiese Deadlight.
- Ho imparato a fidarmi poco – sorrise di sbieco – e soprattutto di chi ti da qualche informazione che non sia richiesta e senza pretendere nulla in cambio –
- Che ne dici di andare a passeggiare un poco prima di dormire? – cambiò discorso – Hai mangiato troppo e rischi di dormire male –
- In effetti - rantolò vedendo ciò che rimaneva dell’arrosto, davvero molto poco, poi si alzò subito imitato dalla mezzelfa che, seguendolo, uscì dalla taverna dirigendosi poi verso il molo.
 
            La luna era alta nel cielo e le stelle sembravano davvero tante piccole gemme piantate in un drappo di velluto nero. Le acque del lago riflettevano la pallida luce increspandola con le sue piccole onde mentre le luci di alcuni sciabecchi al largo indicavano che gli uomini erano già a pesca.
Una leggera brezza soffiava dal lago verso l’entroterra rendendo fresca e gradevole l’aria.
Lentamente Deadlight si incamminò sul molo fermandosi al margine estremo a guardare il lago e la colonna alta fin oltre a dove lo sguardo poteva arrivare tenuemente illuminata da una blanda luminescenza che irradiava dalla sua superficie.
Obert si era fermato alcuni passi dietro di lei guardandola in controluce.
Prima o poi avrebbe dovuto svelarle il suo passato, raccontarle perché era andato via dalla casa paterna e dai suoi affetti più cari. E forse anche dirle quello che provava per lei.
Lentamente mosse un passo verso la sua figura. Forse quello era davvero il momento migliore per farlo, e con il cuore in tumulto mosse un altro passo iniziando ad allungare un braccio per metterle una mano sulla spalla e farla voltare verso di lui.
L’avrebbe guardata negli occhi e…
Un grido lacerò improvvisamente il silenzio della notte subito seguito dal clangore del metallo che cozzava contro altro metallo.
Un bagliore si levò improvviso a strappare il villaggio dalle tenebre.
- Orchetti – urlò un uomo correndo verso di loro – stanno attaccando il villaggio!! –
- Ma porca…- sbraitò portando la mano verso l’impugnatura della spada. Un attimo dopo si ricordò che l’aveva lasciata nella stanza alla taverna insieme al resto della sua armatura.
- Cosa facciamo? – gli domandò Deadlight guardando il bagliore che si stava levando da alcune delle capanne date alle fiamme.
- Dobbiamo procurarci delle armi e raggiungere la taverna – le disse iniziando a correre verso il villaggio.
 
            - Da questa parte – sentirono urlare qualcuno – si stanno dirigendo ai magazzini – urlò qualcun altro – non dobbiamo farceli arrivare – gridò un'altra voce.
Lo scopo dell’attacco notturno era ben chiaro.
Le scorte contenute nei magazzini, il pesce messo ad essiccare, l’unico sostentamento del villaggio.
- Dannazione – latrò Obert vedendo un folto numero di orchetti che si stava dirigendo verso i magazzini. Non c’era tempo per raggiungere la taverna ed armarsi.
- Prendi – gli gridò Deadlight passandogli una vecchia spada dal filo rovinato che aveva tolto dalle mani di un uomo ormai morto.
- Meglio che niente – rantolò rendendosi conto che al primo scontro serio probabilmente quella lama sarebbe andata in mille pezzi. Ma tra quella ed il dover combattere a mani nude, la scelta era abbastanza ovvia.
Certo, avrebbero potuto scegliere di starsene in disparte. In fondo che c’entravano loro con quel villaggio?
Potevano rimanersene da qualche parte ed attendere che gli orchetti dopo aver razziato i magazzini se ne andassero.
Ed in quella situazione, praticamente disarmati sarebbe stata anche la scelta più logica.
Ma non sarebbe stata di certo la scelta di un guerriero.
E, con in mano la vecchia spada dal filo rovinato Obert si gettò nella mischia seguito da Deadlight a coprirgli le spalle con la sua magia e con un pugnale che aveva recuperato da un altro pescatore ucciso dagli orchetti.
 
            Lo scontro fu violento e sanguinoso.
La banda di orchetti era poco numerosa, una ventina di elementi armati di spade, ma sia il fattore sorpresa, sia il fatto che nessuno dei pescatori sapeva maneggiare decentemente un’arma aveva fatto si che nei primi momenti ben pochi orchetti erano rimasti uccisi mentre molti pescatori avevano riportato ferite più o meno gravi e qualcuno era invece morto.
Obert affrontò quasi subito probabilmente quello che doveva essere il capo della banda. Un orchetto decisamente più grande della media, protetto da una corazza fatte di lastre di ferro tenute insieme da lacci di cuoio ed armato con una spada d’acciaio.
Menò subito un fendente verso la gola del suo avversario che, parò il colpo con un piccolo scudo di legno, ricambiando a sua volta con un affondo che mancò di poco l’addome di Obert, iniziando poi a menare alcuni colpi particolarmente violenti e ripetuti che il guerriero parò con la spada o schivò con abilità.
Deadlight invece venne ingaggiata da due orchetti più piccoli del capo ed armati solo di corte spade di ferro e ne ebbe facilmente ragione con alcune frecce acide di Melf. La sua magia offensiva non era molto forte ma per quegli orchetti bastava ed avanzava.
Intanto i pescatori, ripreso un po’ il fiato, avevano iniziato ad organizzarsi e rapidamente si fecero di nuovo avanti affrontando il grosso degli orchetti anche spronati dall’arrivo tra le loro file del gigantesco mezz’orco che, armato con uno spadone spropositato iniziò a falciarli come se fossero grano da mietere.
- Obert – si voltò a cercarlo Deadlight. Aveva tentato di non perderlo mai di vista durante la battaglia, ma quando era stata ingaggiata dai due orchetti era stata costretta a concentrarsi su di loro perdendo cosi di vista il guerriero ed adesso che poteva non riusciva più a vederlo. Cosi come non vedeva più l’orchetto con il quale stava combattendo.
Con un urlo belluino il gigantesco mezz’orco gli fu improvvisamente accanto. Si era aperto la strada sterminando il resto della banda di orchetti e adesso stava guardandosi intorno alla ricerca di eventuali nemici superstiti.
- Orchetti – mugugnò tenendo la spada dritta di fronte a lui con una mano sola. Doveva pesare quasi quanto lei, pensò Deadlight osservando la grandezza dell’arma, eppure la teneva saldamente con una mano solo. Averlo come avversario non sarebbe stata una cosa molto piacevole – state bene? –
- Si – gli rispose continuando a guardarsi intorno alla ricerca di Obert – ma non trovo il mio compagno, stava affrontando il capo della banda, ma adesso non lo vedo più –
Lo aveva perso di vista, dannazione, e proprio nel momento in cui aveva più bisogno di lei.
Obert aveva tanta buona volontà, era anche abile nelle parate e nelle schivate, ma questo era del tutto inutile in un combattimento dove non ci sono regole e dove un avversario non esita un solo secondo a colpirti alle spalle. E lei lo aveva lasciato da solo.
 
            Un nuovo colpo dell’orchetto spezzò la lama della spada di Obert che, con un gesto rabbioso gli scagliò contro ciò che rimaneva dell’arma prima di gettarsi di lato per evitare un colpo di taglio che se lo avesse raggiunto lo avrebbe tagliato in due.
Quella era la fine.
Disarmato non poteva molto contro quell’avversario che, era del tutto fuori dalla sua portata.
In un secondo ricordò gli insegnamenti di Linna. Punto primo, se il tuo avversario è troppo forte, scappa. Punto secondo, se non puoi scappare, bara.
Vide la lama un attimo prima che gli calasse di punta verso il corpo e con una torsione del busto rotolò verso destra evitando cosi per un soffio di finire impalato a terra, poi, continuando a rotolare urtò il corpo di un orchetto morto e sentì sotto di se il freddo metallo di una spada.
Tenendo gli occhi fissi sul grosso orchetto che lo stava raggiungendo per dargli il colpo di grazia si portò la mano destra dietro la schiena stringendo le dita sull’elsa della spada sentendola viscida per il sangue. Non aveva molto tempo.
Il capo della banda era ormai quasi sopra di lui e lo stava guardando con una luce omicida negli occhi. Questa volta non avrebbe sbagliato.
Radunando tutta la sua forza in quel colpo sferrò un calcio dal basso verso l’alto che colpì l’orchetto tra le gambe, cavolo, anche se sono mostri anche loro devono avere qualcosa di delicato da quelle parti, e con un ghigno di soddisfazione si rese conto di aver indovinato.
L’orchetto lasciò cadere la spada portandosi le mani sull’inguine e ululando come un animale ferito. Quando era sceso per cena si era rimesso gli stivali e lo aveva colpito proprio con la punta rinforzata in metallo. Doveva fare davvero male, pensò cercando di non pensare al fatto che era stata una mossa scorretta. Il suo vecchio maestro d’armi lo avrebbe ripreso severamente per una cosa del genere. Buon vecchio Cedric, era sempre stato molto severo con lui, ma se lui avesse seguito meglio le sue lezioni forse adesso non si troverebbe a dover prendere a calci nella zone un’orchetto super sviluppato.
Ma non era quello il momento di lasciarsi andare ai ricordi.
Scattando in piedi si portò la spada avanti e con un colpo in cui riversò la sua rabbia colpì al collo l’orchetto quasi decapitandolo, scivolando infine a terra esausto.
- Dead! – gli venne in mente improvvisamente rimettendosi in piedi quasi di scatto. Sicuramente se la stava cavando meglio di lui, ma doveva comunque cercarla, e, pulendo l’elsa della spada alla meglio sulla maglia che portava per poter avere una presa più salda, si guardò intorno notando subito che la battaglia era finita e che la gente di Seas stava già organizzandosi per spegnere gli incendi. I magazzini e le loro scorte erano salvi.
 
            - Obert! – venne chiamato da Deadlight che appena lo vide gli corse incontro trattenendosi all’ultimo momento prima di abbracciarlo – Come stai? – aveva notato la grossa macchia di sangue che aveva sulla maglia.
- Non è mio – la tranquillizzò con un sorriso gettando poi via la spada. Con uno sguardo preoccupato vide il gigantesco mezz’orco arrivare poco dopo Deadlight con in mano una spada che dire enorme sarebbe stato dire poco.
- Grazie per l’aiuto che ci avete dato – si fermò a qualche passo da Obert guardandolo dall’alto verso il basso – questa è la prima volta che il nostro villaggio viene attaccato da una banda di orchetti, non capisco cosa volevano –
- Miravano ai magazzini – gli rivelò Obert riuscendo ancora a non capacitarsi di come quella specie di strano essere gigantesco potesse parlare cosi bene – probabilmente alle vostre scorte – poi si voltò a guardarsi intorno – avete subito parecchi danni –
- Se fossero riusciti a depredare i magazzini sarebbe stato peggio – mormorò poi il mezz’orco guardando Obert – tutte le nostre scorte sono li dentro, il pesce messo ad essiccare per i mercati, la farina e tutto il resto è dentro quei magazzini, ci avrebbero condannati a morire di fame se fossero riusciti ad impossessarsene –
- Erano decenni che gli orchetti non attaccavano più un villaggio – intervenne improvvisamente un vecchio pescatore avvicinandosi ai tre – c’è qualcosa che si sta muovendo nelle tenebre –
Un grido li fece voltare si scatto appena in tempo per vedere i corpi degli orchetti uccisi svanire in una fiammata bluastra.
- Cosa vuol dire questo? – mormorò il mezz’orco voltandosi a destra e sinistra per osservare i fuochi che avvampavano rapidamente consumando in pochi secondi i corpi degli orchetti lasciando intatti però gli stracci e le bardature che indossavano. Con uno scatto rapido si portò vicino al corpo di uno dei mostriciattoli che ancora non aveva preso fuoco ma fece solo in tempo ad osservarlo per qualche istante prima che anche quello venisse avvolto da quelle strane fiamme fredde che lo ridussero in cenere in pochi attimi – Questa è opera di un mago! – visibilmente spaventato fece alcuni passi indietro facendo cadere la sua pesante spada.
- Probabilmente – commentò Obert avvicinandoglisi non riuscendo a credere a quello che stava vedendo. Il mezz’orco stava tremando come il più pavido dei bambini. Un bestione grande e grosso come lui che aveva paura di qualche cosa.
Ne doveva vedere ancora di cose, si disse.
- Prima, che bruciasse – farfugliò voltandosi a guardare sia il giovane guerriero che la mezzelfa – ho visto una runa accendersi sulla pelle dell’orchetto –
- Una runa?!? – esclamò Deadlight ripensando alla loro missione. Possibile che quell’attacco avesse a che fare con la guerra che stava per esplodere tra Saspit e la Gilda dei Maghi?
In silenzio si voltò a guardare Obert che, pensieroso stava guardando il mezz’orco. A cosa stava pensando?
Anche a lui era venuta in mente la stessa cosa? E se veramente c’era un mago dietro a quell’attacco, per quale motivo non aveva preso di mira una città con una sede della Gilda? Perché Seas?
In fondo non era altro che un piccolo villaggio di pescatori e, anche se si fosse trattato di una scorreria per procurare del cibo per un esercito, quanta roba avrebbero potuto razziare?
- Puoi descrivermela? – domandò improvvisamente Obert al mezz’orco ancora visibilmente spaventato – La runa intendo? –
- Si – mormorò chinandosi verso terra e raccogliendo un bastoncino, poi con pochi segni tracciò sulla terra una runa che il guerriero rimase alcuni istanti a studiare con interesse – sai cosa vuol dire? –
- No – ammise – ma so chi lo può sapere – poi voltandosi verso Deadlight – dobbiamo raggiungere Soda, se c’è un mago dietro tutto questo lui è l’unico che può dirci qualche cosa –
La mezzelfa si limitò ad annuire. Anche lei era rimasta spaventata da quell’evento. Sinceramente non aveva un buon ricordo dei maghi, certo, Soda non la spaventava, ma lui era un mago di quelli buoni, non ce lo vedeva proprio ad aizzare una banda di orchetti contro un villaggio di inermi pescatori. Ma Roscoe, il mago che per poco non la sacrificava a Bal-Llur, lui invece si che ce lo vedeva, e solo l’idea di doverlo incontrare di nuovo la spaventava.
Ma sapeva che non poteva di certo sottrarsi a quel suo destino. Obert aveva deciso di non rimanere con le mani in mano in quella situazione e lei non lo avrebbe mai mandato da solo. Anche se questo voleva dire rischiare la vita.
 
            Partirono da Seas due giorni dopo, non appena il gigantesco mezz’orco gli ebbe procurato i rifornimenti e le pozioni che avevano chiesto, e, dopo averlo salutato ed avergli promesso che sarebbero tornati a dirgli chi c’era dietro all’attacco che aveva gravemente danneggiato il villaggio, si misero in marcia, a piedi verso la più vicina città dove avrebbero potuto comprare dei cavalli.

 
Copyright © Suinogiallo 2004 – 2008
Quattro Chiacchiere Con L'Autore
        Tempi biblici per questo aggiornamento. Oltre un anno, ma alla fine è arrivato.
Nulla di dire se non scusarmi  per l'attesa, ringraziare tutti quelli che mi hanno letto ed augurarvi una buona lettura sperando che leggere questa storia piaccia a voi almeno quanto a me è piaciuto scriverla.

Hasta Luego

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Capitolo 9
*** Ritorno ad un passato difficile da dimenticare e da abbandonare ***


Hyarbor’s Chronicles
Capitolo IX
by: suinogiallo


Ritorno ad un passato difficile da dimenticare e da abbandonare

    - Solleva di più quella spada! – sbraitò Cedric colpendolo ad un fianco con lo stocco di legno che usava per addestrarlo – Saresti già morto otto volte questa giornata – poi si voltò seccato. Buon vecchio Cedric, capitano delle guardie del signore di Trendel, uomo d’arme valoroso, costretto ad insegnare l’arte della spada a quel piccolo ragazzino piagnucoloso che metteva il broncio ogni volta che non riusciva a parare un colpo e veniva raggiunto da una stoccata al viso o alle mani o al corpo o alle gambe. Ma gli era stato ordinato questo e lui, da vecchio uomo d’armi aveva semplicemente obbedito. Ma se si aspettavano che lo risparmiasse da lividi e graffi solo perché era il primogenito del signore sarebbero rimasti tutti sorpresi.

    - Ed infatti tornavo ogni sera a casa coperto di nuovi graffi e di nuovi lividi e con il sedere dolente – disse tra se Obert guardando il lago e la colonna che si ergeva alta nel cielo – Cedric, me ne hai date di botte – un sorriso velato dalla malinconia si dipinse sul volto del guerriero – ma se non ci fossi stato tu, a quest’ora probabilmente sarei già morto – poi si voltò a guardare le mura di Flatline che venivano investite dalle prime luci dell’alba – chi lo sa come stai adesso, e sei stai addestrando qualcun altro –
Quella notte non era riuscito a prendere sonno.
Si era rigirato nel suo letto per qualche ora, poi si era alzato, aveva indossato la corazza e silenziosamente era uscito dalla città dirigendosi verso il lago.
Possibile che il suo passato doveva tornare a tormentarlo? Proprio adesso poi che sembrava fosse riuscito a lasciarselo alle spalle.

    Erano tornati da pochi giorni a Flatline ed avevano subito parlato a Soda sia della runa che era comparsa sui corpi degli orchetti che avevano attaccato Seas, sia del fatto che il Bosco del Peccato Originale ormai non ospitava più nessun mezzelfo.
Non erano affatto buone notizie. Ne la runa, ne il fatto che non si sapeva dove erano andati a nascondersi i mezzelfi.
La runa apparteneva ad un mago di Saspit. Soda ne era certo. L’aveva vista varie volte su documenti e su libri che provenivano da quella torre, e nessun mago avrebbe mai osato fare qualcosa marchiandola con la runa di un altro mago.
E quindi, se quel simbolo era sui corpi degli orchetti che avevano attaccato Seas, il mandante di quell’assalto non poteva essere altri che un mago. Ed un mago di Saspit per di più. Un ulteriore segno che provava quanto la guerra stesse per diventare inevitabile.
La notizia invece che Obert e Deadlight non avevano trovato la comunità di mezzelfi che cercavano, se da un lato poteva anche essere una buona notizia, in fondo anche Roscoe avrebbe avuto difficoltà nel trovarli, dall’altro era una pessima notizia. Non avrebbero potuto avvisarli.
Certo, Olsen e gli altri avevano avuto la prova di quanto si sapessero difendere i mezzelfi, ma di fronte ad un mago con pochi scrupoli qual’era Roscoe, forse anche la loro magia poteva non bastare. Se solo avessero potuto metterli sull’avviso, avrebbero sicuramente aumentato le loro difese.
Ma adesso avevano qualcos’altro a cui pensare. Una nuova missione per conto della Gilda.
- Juviok mi ha informato che ha terminato la corazza di scaglie di drago – l’informò Arethis – e ci chiede di consegnarla al committente – poi alzò la mano per zittire Linna che stava già per protestare. Non siamo mica la gilda dei fattorini, che se la consegni da solo – hai solo idea di quanto costi una armatura completa di scaglie di drago, ed il committente poi non è di questa regione, vive a Trendel ed il viaggio è lungo e pericoloso –
A quel nome Deadlight si voltò a guardare Obert alla ricerca di una sua qualche espressione di sorpresa.
Gli aveva detto che era nato a Trendel, la capitale della regione di Ewid, ed era curiosa di vedere come avrebbe reagito a sentire quel nome.
Ma rimase delusa.
Se Obert avesse provato qualcosa sentendo il nome della sua città natia era stato abile a tenere le sue emozioni per se ed il suo volto non lasciò trasparire nulla.
- Sono passati appena tre giorni da quando siamo tornati – intervenne improvvisamente la mezzelfa facendo un passo avanti in direzione di Arethis – non puoi chiedere a qualcun altro di consegnare l’armatura? – non gli aveva detto per quale motivo era andato via dalla sua città natia, ma ormai aveva imparato a conoscerlo e sospettava che dietro a quella sua decisione ci doveva essere stato un motivo davvero molto grave e non gli sembrava la cosa migliore costringerlo a tornare li da dove era scappato.
- Linna – tuonò in direzione della mezzelfa dai capelli rossi – dovresti spiegare a tua sorella che non fa parte della Gilda dei Guerrieri e che quando parlo non dovrebbe mai contraddirmi! – era davvero arrabbiata – Ci è stata richiesto un servizio, ho deciso chi lo farà e non voglio sentire nessuno dirmi cosa posso fare e cosa non posso fare, e ciò che ho deciso e che saranno Obert e Linna a portare quell’armatura a Trendel e a consegnarla al suo signore, lord Afflait – e, considerando chiusa la discussione si voltò ed uscì dalla stanza.

    Doveva immaginarlo, continuò a dire tra se sedendosi su di un sasso in riva al lago. Anche se Trendel era una città abbastanza ricca, e non per niente era la capitale della regione, solo il suo signore, lord Afflait avrebbe potuto permettersi una armatura completa fatta di scaglie di drago.
Il vetro era raro e costoso, ma le scaglie di drago erano ancora più rare ed incredibilmente più costose.
Cosa lo spingeva però ad averne una, questo non riusciva a capirlo. Non era mai stato un uomo al quale piaceva mettersi in mostra e quando vi era costretto per qualche cerimonia o qualche parata aveva sempre indossato la sua vecchia corazza di ferro.
A volte le persone possono davvero cambiare.

    - Deadlight! – urlò Linna non appena furono fuori dalla sede della gilda – Possibile che non riesci mai a tenere la bocca chiusa quando si tratta di…-
- Io vado – la bloccò Obert – ho bisogno di stare un po’ da solo – e, senza aggiungere altro si allontanò sotto lo sguardo preoccupato di Deadlight e quello curioso di Linna.
- Trendel è la sua città natale – rivelò quasi sottovoce Deadlight alla sorella.
- Capisco – sussurrò con un filo di voce. Ecco perché la sua sorellina si era intromessa causando le ire di Arethis – e sai per quale motivo se ne è andato da li? –
- No – mormorò – non me ne ha mai parlato, ma ho paura che si tratti di qualcosa di molto doloroso, a volte la notte si rigira sotto le coperte ed urla che non è stata colpa sua, che lui gli aveva detto di stare lontano dal fiume –
- Ora che ci penso – si ricordò improvvisamente Linna – anche quando è stato morso da quell’insetto, sull’isola del Cimitero dei Draghi, nel delirio diceva cose del genere – poi, guardando con un aria maliziosa Deadlight – e tu che ne sai di cosa dice quando dorme? –
- Viaggiamo insieme – le rispose – e a volte ci capita di dormire insieme – poi, fissandola in cagnesco – dormire, solo dormire –

    Doveva dirle la verità?
Certo, una volta giunti a Trendel avrebbe comunque scoperto il suo passato.
E come avrebbe reagito?
Aveva causato la morte di suo fratello minore, ed anche se nessuno aveva incolpato lui di questo, era difficile non sentirsi responsabile di quanto era avvenuto.
Era sotto la sua responsabilità, e lui invece di controllarlo si era addormentato spinto sia dalla stanchezza degli addestramenti con la spada sia dal troppo vino che aveva bevuto quel giorno a pranzo, sognando le delicate forme di una ragazza, e quando le urla del suo fratellino lo avevano svegliato era troppo tardi ormai.
Lo aveva visto portare via dalla corrente, aveva corso come un pazzo lungo la riva urlando che aveva bisogno di aiuto, cercando con lo sguardo qualcosa per poterlo afferrare, poi si era dovuto fermare.
La riva in quel punto non permetteva di poter continuare ed era rimasto a guardare quella piccola testolina che veniva sommersa dalle acque troppo tumultuose per poter permettere a chiunque di rimanere a galla, figuriamoci ad un bambino di appena dodici anni.
Nessuno lo aveva incolpato.
Suo padre lo aveva guardato in silenzio mentre sua madre piangeva in disparte sul piccolo corpicino privo di vita, poi gli aveva messo una mano sulla spalla e gli aveva ordinato di andare a consolarla.
Quella stessa notte era andato via da quella casa.
Aveva indossato il suo abito migliore, aveva preso la spada che Cedric gli aveva fatto fare da un armaiolo, si era cacciato in tasca dell’oro ed era andato via salutando soltanto sua sorella che, forse spinta da quello che si dice sia il sesto senso femminile, lo aspettava vicino alla porta.
Poche parole ed un bacio, poi si era lasciato alle spalle la sua casa ed il suo passato.
Passato che adesso stava per tornare.

    - Credi che verrà? – le domandò Linna fermandosi di fronte al negozio di Juviok dove un carro con dentro l’armatura ben sistemata dentro una cassa di legno li stava già aspettando insieme al nano segaligno.
- Non lo so – sussurrò guardandosi intorno e sperando di vederlo comparire da una delle stradine che le circondavano.
Avevano deciso di partire subito dopo l’alba e, appena svegliata, Deadlight e dopo essersi vestita era corsa nella stanza di Obert per vedere se era pronto ed aveva trovato il letto disfatto e nessuna traccia ne del guerriero ne della sua armatura.
Che fosse scappato di nuovo?
Non lo credeva possibile. Lo conosceva, non sarebbe mai scappato.
Ma lo conosceva davvero?
In fondo non sapeva nulla del suo passato, anzi no, quel poco che sapeva gli diceva che già una volta era scappato.
Perché non poteva averlo fatto di nuovo?
- Umph, mi raccomando – sbuffò il nano – lord Afflait vi deve dare diecimila monete d’oro, umph, non dategli l’armatura fin quando non vi avrà pagato –
- Stai tranquillo nano – ribatté Linna irritata. Sapeva quello che doveva fare e non doveva essere di certo un nano a ricordarglielo.
- Eccomi – le salutò improvvisamente Obert comparendo da una delle stradine – non riuscivo a dormire e sono andato a fare una passeggiata verso il lago – poi guardò il carro e l’uomo che sedeva a cassetta e che stava tenendo le redini del grosso cavallo da tiro che era stato già aggiogato – il viaggio durerà qualche giorno, abbiamo provviste a sufficienza? –
- Me ne sono occupato io, umph – gli rispose Juviok – provviste sia per il viaggio d’andata che per quello di ritorno –
- Se faremo brutti incontri sarà solo fino al confine – continuò poi sempre osservando il carro per verificare che fosse tutto a posto – la regione di Ewid a differenza di Ishtar è decisamente più tranquilla e non dovremo temere bande di predoni o altro – poi salì a cassetta e tolse di mano le redini all’uomo – lo guiderò io il carro, tu puoi anche scendere – e, dopo essersi sganciata la spada dall’armatura la sistemò accanto a se in modo da poterla prendere rapidamente.

    - Perché non hai voluto che quell’uomo ci accompagnasse guidando il carro? – gli domandò Linna non appena furono fuori dalla città. Lei e Deadlight cavalcavano due cavalli e si sarebbero mantenute ai lati del carro come scorta.
- Perché non voglio nessuno che possa fare segnali ad altri indicandogli la via che prendiamo – le rispose – sai cosa mi diceva spesso il mio maestro di spada, fidati solo di te stesso e della tua spada –
- E’ per questo allora che non mi hai mai detto nulla del tuo passato? – gli scoccò una occhiata Deadlight – Non ti fidi di me! –
- Se ti dicessi che di te mi fido potresti credermi? – le rispose – Non potrei stare mentendo? – poi abbassando lo sguardo – Credo che in certe occasioni contino di più i fatti che le parole, e per quanto riguarda il mio passato, speravo di averlo potuto lasciare indietro, di non doverlo più affrontare e, non me la sono mai sentita di condividerlo con altri proprio perché avevo paura che, facendolo, sarebbe stato come impedirgli di scomparire – poi, tornando a guardare la bella mezzelfa – ma come vedi è stato inutile, anche se io ho cercato di scappare da lui, alla fine è riuscito a riprendermi e, forse, è anche meglio così, forse affrontandolo riuscirò una volta per tutte a lasciarmelo alle spalle –
- Obert – sussurrò Deadlight con tenerezza, poi spronò leggermente la sua cavalcatura mettendosi davanti al carro.
- Dimmi – si avvicinò al carro Linna – Trendel è più grande di Flatline? –
- Molto – sorrise ricordandosi di quando faceva diventare matta la sua tata scappando per i vicoli della città e di quando, dopo una di queste scorrerie era tornato a casa con i vestiti laceri ed una piccola ferita al volto. Si era azzuffato con degli altri ragazzi della sua età e anche se ne aveva prese proprio tante, con un certo orgoglio raccontò a suo padre che ne aveva date anche tante.
Sua madre invece non volle ascoltare per niente quel suo racconto. Era disdicevole che un ragazzo ben educato come lui scappasse dalla tata per andare a fare a botte in un vicolo.

    - Erano in quattro – raccontò a sua sorella dopo la cena, passeggiando nel giardino – ed uno sembrava quasi un mezz’orco per quanto era grande –
- E non hai avuto paura? – gli domandò guardandolo con occhi sognanti. Aveva quattro anni in meno ma era già alta quanto lui ed aveva due occhi nei quali perdersi per ore.
- Certo che no! – le rispose atteggiandosi. In verità ne aveva avuta davvero tanta, ma non lo avrebbe mai confessato neanche sotto tortura.
Aveva schivato i primi colpi colpendo poi a sua volta e solo quando, prendendolo alle spalle, lo avevano buttato a terra erano riusciti a raggiungerlo con qualche pugno, ma lui non si era arreso per niente e pur atterrato aveva continuato a colpirli fin quando non li aveva messi in fuga.
Le cose erano andate ben diversamente in realtà, aveva si messo a segno qualche colpo, ma solo perché aveva iniziato a mulinare le braccia come un ossesso, ed alla fine, i quattro ragazzini erano scappati perché nel frattempo era arrivata la tata accompagnata da Cedric e da alcune guardie.
Ma questo non c’era certo bisogno di dirlo a sua sorella.

    Quella notte il primo turno di guardia toccò ad Obert che, sistematosi contro una delle ruote del carro a poca distanza dal fuoco, iniziò a cercare una posizione abbastanza comoda da non farlo alzare alla fine del suo turno con tutte le ossa doloranti ma anche, abbastanza scomoda da non permettergli di dormire.
Avevano percorso un buon pezzo di strada quel giorno e non avevano fatto brutti incontri. Ma questo non doveva significare che dovevano abbassare la guardia.
Ishtar era ancora una regione giovane, priva di un vero e proprio governo centrale come ad esempio Ewid e, se nelle città più grandi la legge veniva fatta rispettare dalle guardie cittadine, al di fuori e nei piccoli villaggi vigeva la legge del più forte.
Ed il loro carico poteva fare gola a molti. Una armatura di scaglie di drago era una cosa per la quale molti avrebbero anche ucciso, sia per il suo valore in monete d’oro sia per la sua estrema rarità.
- Ti dispiace se ti faccio compagnia? – gli domandò improvvisamente Deadlight sedendoglisi accanto.
- Dovresti dormire – le rispose con un sorriso, poi si spostò leggermente per permetterle di potersi appoggiare alla ruota del carro.
- Non ho sonno – si giustificò – Linna invece è già crollata – non trattenne una piccola risata indicando il fagotto che russava sommessamente accanto al fuoco – questa mattina stavi raccontandole qualche cosa a riguardo di Trendel, ti manca? –
- E’ la città dove sono nato e cresciuto – mormorò fissando il fuoco – a te non manca Bosco Sacro? –
- Sì – sussurrò rendendosi conto di quanto in fondo fossero simili. Tutti e due avevano un passato da dimenticare ed un posto natio dal quale si erano allontanati – io però non posso tornarci, mentre tu, adesso, ci stai tornando – poi le venne in mente improvvisamente che – ma, tu puoi tornarci, vero? – lei era stata cacciata da Bosco Sacro e non avrebbe più potuto rimetterci piede pena l’essere uccisa – Non è che, non appena arriviamo li vieni…- e se lo stesso valesse anche per lui?
- Non sono stato cacciato – sorrise guardandola – e non verrò arrestato non appena arrivato, stai tranquilla –
- Starei più tranquilla se mi dicessi tutto – lo fissò con l’aria leggermente imbronciata. Come poteva dirgli di stare tranquilla se non gli diceva per quale motivo era andato via dalla sua terra natia. A volte riusciva davvero a farla innervosire.
- Forse è la cosa migliore – decise infine Obert.
Deadlight lo guardò per alcuni secondi sorpresa da quella decisione. Si, le aveva chiesto lei di dirle tutto, ma visto quanto era stato restio a farlo fino ad allora non credeva certo che si sarebbe deciso così velocemente.
- Ascoltami senza interrompermi, ti prego – continuò – dopo potrai chiedermi tutto ciò che vorrai sapere in più, ma ti prego di non interrompermi –
- Te lo prometto – sussurrò.

    Sono nato a Trendel, la capitale di Ewid, da lord Afflait, non mi interrompere ti prego, ed ero il primogenito della famiglia, erede del titolo e di tutto il resto. Quattro anni dopo di me è nata mia sorella e, dodici anni dopo mio fratello.
Ho avuto un’infanzia felice, con la mia tata che mi rincorreva ovunque andassi e mia sorella che mi adorava. Ho avuto precettori privati che mi hanno insegnato a leggere e a scrivere le due lingue più importanti di Hyarbor, la lingua dotta e quella del volgo, e quando ho avuto l’età adatta sono stato affidato a Cedric, il capitano delle guardie di mio padre perché mi insegnasse l’uso della spada. Buon vecchio Cedric, non ero di certo il suo allievo migliore, ma alla fine almeno le parate e le schivate me le ha insegnate bene, purtroppo sono andato via prima che mi insegnasse anche ad attaccare, come penso avrai notato. E non ti mettere a ridere, per favore.
Non è che ci sia poi molto altro da dire a proposito della mia infanzia e degli anni successivi. Ero un ragazzo come tanti altri, mi piaceva andarmene a pescare al fiume, giocare con gli altri ragazzi, anche se questo non è che potevo farlo più di tanto. Ero il figlio del signore della città dopo e molte delle cose che mi sarebbe piaciuto fare mi erano precluse e se le facevo era sempre di nascosto, sfuggendo al controllo della mia tata e di mia sorella che cercava sempre di starmi vicino.
Poi sono cresciuto, ed anche i miei impegni sono diventati più gravosi.
Mio padre dava spesso dei ricevimenti ai quali invitava le persone più importanti della città, ed io dovevo essere sempre li, insieme a lui a riceverli e a parlare di lunghe e noiose questioni di cui non mi interessava nulla ma che, per dirla con le parole di mio padre, dovevo imparare perché un giorno sarei stato io al suo posto. Dead, non puoi neanche immaginare quanto volevo non essere nato per primo.
Mia sorella sarebbe andata in sposa a qualcuno, mio fratello più piccolo sarebbe entrato nella guardia. Li invidiavo, sai. Forse può sembrare stupido, invidiare chi avrebbe avuto una posizione sociale più bassa della tua, ma a me, di avere potere non interessava, e non interessa tutt’ora.
Ti sto annoiando per caso? No? Però non dirmelo sbadigliando.
Avevo sedici anni quando fui introdotto per la prima a cospetto del re di Ewid. Non so dirti cosa provai. Mi aspettavo un uomo alto e forte, dalla barba folta e con gli occhi che ti penetravano da parte a parte, non puoi immaginare come rimasi quando vidi che era un vecchietto basso e tarchiato senza neanche un capello e probabilmente con la vista più debole di quella di una talpa. Per poco non scoppiai a ridere. Credo che se l’avessi fatto, non avrei avuto bisogno di scappare, mio padre mi avrebbe cacciato di casa.
Eppure, quando lo sentii parlare provai un qualcosa dentro di me. Era come sentire parlare la terra stessa, una saggezza profonda.
Lo vidi poi anche altre volte, spesso c’erano queste udienze dal re, in cui ascoltava le petizioni della gente e decideva cosa si doveva fare ed essendo mio padre uno dei suoi consiglieri doveva essere presente, ed io ormai avevo l’età giusta per iniziare ad imparare ciò che poi avrei dovuto fare io.
Non ero più un ragazzino, e la cosa mi pesava, sai. A volte vedevo mio fratello più piccolo e provavo nostalgia per quando anche io avevo avuto la sua età, oppure quando vedevo i figli della gente che veniva alle udienze. A volte erano figli di altri lord, ma a volte erano figli di contadini o di pastori, o di commercianti. Mi guardavano con invidia per i begli abiti che indossavo e per gli anelli che portavo alle dita, ed io guardavo loro con invidia sapendo che usciti da li sarebbero potuti andare a pesca o a rotolarsi sul fieno. Tutte cose che ormai non avrei più potuto fare. Ne sarebbe andato dell’onore di mio padre e della famiglia.
Sempre a sedici anni poi, mio padre decise sul mio matrimonio. Avrei sposato mia sorella quando lei avesse raggiunto i sedici anni. Non chiedermi se ero d’accordo o meno, forse all’inizio la vidi come una costrizione, qualcosa che non rispettava la mia volontà, poi però capii che non potevo oppormi. E poi, Myra era così bella. A volte mi perdevo a guardarla mentre giocavamo insieme nel parco, e sin da piccoli sognavamo di sposarci. Io ero il prode cavaliere che la difendeva dai vili marrani che volevano rapirla e lei mi ricompensava sempre con un piccolo bacio sulla guancia. Quando sono scappato la trovai vicino alla porta laterale dalla quale uscivo sempre quando volevo andare in giro per la città senza tata. Voleva scappare insieme a me. Ci dovevamo sposare qualche mese dopo. Fu difficile staccarmi da lei, convincerla che doveva rimanere accanto a nostra madre e a nostro padre.
Già, scappare.
Perché scappai?
Non ho molti brutti ricordi, uno è quando ti ho vista inerme con il coltello di quel dannato mago che stava per piantarsi nel tuo cuore, l’altro è quello che mi ha fatto scappare dalla casa paterna.
Avevo vent’anni, da li a pochi mesi avrei sposato Myra, l’influenza della nostra famiglia presso il re era addirittura aumentata e tutto sembrava magnifico.
Quella mattina, mi ricordo, mi allenai per qualche ora con Cedric. Massacrante, ti assicuro. Rientrai a casa che pensavo di essere stato investito da un carro. A pranzo forse esagerai con il vino. Ero adulto ormai, prossimo al matrimonio, due o tre coppe in più, pensavo, non mi avrebbero fatto niente. Era una bella giornata di sole e mio fratello mi convinse ad accompagnarlo al fiume per pescare. Aveva otto anni, lui poteva ancora fare tutte quelle cose che a me erano negate, ma, non ci sarebbe stato nulla di disdicevole se l’avessi accompagnato e se, magari, quando lui si sarebbe stancato, avessi preso io la canna e pescato per un po’.
Forse il vino, o forse la stanchezza dell’allenamento, o forse tutte e due però mi fecero cadere addormentato sotto un albero vicino al fiume. Avevo detto al mio fratellino di non allontanarsi e soprattutto di stare attento a non avvicinarsi troppo al fiume. La riva era scoscesa e sarebbe potuto finire in acqua. La canna aveva una lenza abbastanza lunga da permettergli di pescare stando ben lontano. Mi aveva sempre dato ascolto.
Fui svegliato dalle sue urla. Mi alzai velocemente e corsi verso il fiume, ma ormai la corrente lo stava già trascinando via. Mi misi a correre lungo la riva per cercare di raggiungerlo, cercando qualcosa con cui afferrarlo e riportarlo verso la riva. Non so nuotare. Ma forse se mi fossi buttato l’avrei potuto salvare. La corrente era molto forte, ma l’acqua non era poi così tanto alta. Forse avrei potuto salvarlo, ed invece, rimasi li, sulla riva a guardarlo mentre scompariva sott’acqua per non tornare più su.

    - Io – sussurrò Deadlight sentendo Obert interrompere il suo racconto scosso dai singhiozzi e con gli occhi lucidi di pianto. Ormai erano alcuni mesi che lo conosceva e non lo aveva mai visto piangere. Si sentì stringere il cuore, l’avrebbe voluto abbracciare, fargli sentire che lei era li, accanto a lui. Si limitò invece solo a guardarlo in silenzio mentre riprendeva il suo racconto.

    Nessuno mi ha mai accusato di quello che è successo.
Tutti sapevano che non ero capace di nuotare, che se mi fossi buttato nel fiume mio padre avrebbe pianto sia me che mio fratello. Ma dentro di me sapevo che non era così.
Mi ero addormentato invece di sorvegliare il mio fratellino, l’ho lasciato da solo.
E quella notte, così, me ne andai. Presi la spada che Cedric mi aveva fatto fare da un armaiolo, presi un po’ d’oro, i miei anelli e andai via.
Il primo anno ho vissuto a Ewid, in un villaggio, poi un giorno vidi Cedric che mi stava cercando e venni qui, ad Ishtar.
Avevo già venduto gli anelli e con l’oro che avevo potei vivere tranquillamente per un bel po’ di tempo, poi però rimasi senza denaro e dovetti arrangiarmi. Piccole cose, non ero capace a fare nulla. Mungere una vacca per me era già qualcosa di inarrivabile. Quando Olsen mi ha incontrato credo che fossi arrivato proprio al fondo. Non mangiavo da giorni, stavo pensando di vendermi anche la spada.

    - Cosa pensi di fare adesso? – gli domandò Deadlight dopo qualche minuto. Non sapeva cosa dirgli.
Obert aveva smesso di piangere e adesso era li fermo, ad osservare il fuoco. Raccontarle quelle cose non doveva essere stato facile. Portava con se un fardello davvero molto pesante.
- Incontrerò mio padre – le rispose – non credo potrò evitarlo –
- Tu non hai colpa di quanto è successo – provò a dirgli – non potevi fare nulla – una bugia, ovviamente. Poteva non addormentarsi, ma questo non glielo avrebbe mai detto. Si era già punito da solo.
Lei era stata cacciata perché si era difesa ed aveva ucciso l’uomo che stava tentando di violentarla, lui era andato via perché si sentiva responsabile della morte di suo fratello.
Proprio una bella coppia.
- Credo che sia il mio turno – mormorò poi Deadlight osservando le stelle – perché non vai un po’ a riposare –
- Vai tu – gli rispose Obert – non credo che riuscirei a dormire –
- Allora, se non ti dispiace, rimango qui a farti compagnia – sussurrò – neanche io penso di riuscire a dormire – e lentamente gli si accoccolò accanto poggiandogli la testa sulla spalla e prendendogli una mano. Gli avrebbe fatto sentire che le gli era accanto e che non lo avrebbe mai lasciato.

    Fortunatamente non incontrarono nessuno fino al confine con Ewid e, superato il fiumiciattolo che divideva le due regioni tirarono un sospiro di sollievo.
Non che la possibilità di fare brutti incontri fosse scomparsa, ma sicuramente si era di molto ridotta e comunque Trendel era ormai a solo un giorno di marcia.
- Voi due non me la raccontate giusta – esordì improvvisamente Linna accostando la sua cavalcatura a quella di Deadlight – dall’altra notte, quando mi sono svegliata per darti il cambio e vi ho visto seduto accanto al carro tenendovi per mano, non fate altro che guardarvi quando pensate che io non vi veda, cosa avete combinato? -
- Nulla - gli rispose lanciando un rapido sguardo dietro di lei verso il carro - Obert mi ha detto il motivo per cui è andato via da Trendel -
- Non dirmi che ti ha confessato che è sposato e che ha tre o quattro pargoli che lo aspettano a casa - la guardò incuriosita - perché se è così ti giuro che quel pendente che si porta tra le gambe farà una brutta fine -
- Non è questo - mormorò indecisa se raccontarle tutto. In fondo Obert non gli aveva chiesto di non dirlo a nessuno e comunque, da li ad un paio di giorni, quando sarebbero stati davanti al signore di Trendel avrebbe scoperto tutto lo stesso.
E rapidamente le raccontò tutta la storia.
- In effetti aveva qualcosa dell’aristocratico - sussurrò - capisco perché non ne ha mai voluto parlare - poi si voltò a guardarlo - e adesso cosa pensate di fare? -
- Perché dici pensiamo di fare? - le domandò.
- Voi due siete innamorati l’uno dell’altro - le rispose - e non dirmi che non è così, tu lo ami e lui ama te, è talmente palese che se fosse possibile vederli, ogni volta che state accanto sareste sempre circondati da decine di cuoricini, ma Ewid è una regione del sud, e sai anche tu come vengono considerati quelli della nostra razza in queste regioni -
- Lo so - sussurrò abbassando a testa - i maschi sono poco più che schiavi delegati ai lavori più umili, mentre le ragazze sono…-
- Prostitute - concluse per lei la frase Linna - ed Obert viene da una famiglia aristocratica, e non credo proprio che suo padre accetterebbe di vedere il suo primogenito ed erede insieme ad una prostituta -
- Io non sono…- esplose guardandola sorpresa.
- Non sto dicendo che lo sei! - la bloccò subito - Ma saremo considerate prostitute, tutte e due, anche se io sono una guerriera e tu una Sacra Vergine di Lithis, e non importerà a nessuno che siamo anche entrambe vergini, importerà solo la nostra razza -
- Per Obert questo non conta - le disse poi.
- Ma Obert ti ama e poi, anche se ha qualche modo aristocratico, è un po’ atipico - le spiegò - e poi a Ishtar la situazione è differente, i mezzelfi sono molto rari da trovare fuori dai loro boschi e la gente ci considera diversamente -
- Non so cosa vorrà fare lui - decise improvvisamente - io ho giurato a me stessa di non lasciarlo da solo e manterrò fede a questa mia promessa -

    Le porte di Trendel apparvero subito nella loro magnificenza. Le alte mura della città interrotte di tanto in tanto da torri di guardia erano circondate da numerose case che rendevano il panorama ancora più magnificente.
Ne Linna, ne Dead avevano mai visto una città più grande e con delle mura così alte, ma quello che davvero le impressionò fu la gigantesca porta in bronzo con due torri ai suoi lati che sembrava davvero inespugnabile.
A quell’ora del giorno le due parti che costituivano la porta erano aperte per permettere alla gente di entrare ed uscire, ma al sopraggiungere del tramonto, gli spiegò Obert, le avrebbero chiuse lasciando solo una piccola porticina che sarebbe però stata presidiata dalle guardie cittadine.
- Al centro della città c’è il palazzo del re - continuò a spiegare alle due ragazze - mentre il palazzo di mio padre è più vicino alle mura - poi rallentò l’andatura del carro - ragazze, immagino sappiate che qui a Ewid i mezzelfi non sono…-
- Lo sappiamo - lo bloccò Linna - stai tranquillo, eviteremo di arrabbiarci per qualche battuta fuori posto ed io eviterò di evirare il primo che tenterà di palpeggiarmi -
- Se tutto va bene, questa sera saremmo già sulla via del ritorno - le disse poi Obert - e tra qualche giorno saremo di nuovo a casa -
- Obert - sussurrò Deadlight guardandolo. Anche se il suo tono di voce era convinto di quello che stava dicendo, i suoi occhi erano di tutt’altro convincimento.
Non appena le mura della città erano state visibili lo aveva visto sbattere le palpebre qualche volta come per scacciare un insetto, ma lei sapeva che non si trattava di quello.
Si stava commuovendo.
Tra breve avrebbe rivisto la sua famiglia, e soprattutto, e Dead non poté nascondere di essere un minimo gelosa, avrebbe rivisto sua sorella.
Durante il resto del viaggio gli aveva chiesto varie volte di Myra ed ogni volta Obert gliene aveva parlato con lo sguardo sognante.
Le aveva detto che se all’inizio, quando il padre aveva deciso che si sarebbero dovuti sposare, lui era stato contrario, più in la aveva infine accettato quella cosa e, anzi, aveva iniziato ad attendere le nozze con ansia.
Per gioco poi aveva provato a chiedergli chi tra loro due, tra lei e Myra, fosse più bella e lui aveva subito risposto che Myra era la ragazza più bella che avesse mai visto.
Cosa avrebbe fatto lei se avesse deciso di fermarsi. Lei lo amava e, forse si, anche lui amava lei, ma questo sarebbe bastato per farlo tornare indietro con loro due?
In quel posto lui non era un semplice guerriero neanche tanto portato per la spada, era il figlio del signore della città, suo erede e prossimo nuovo consigliere del re.
Non si sarebbe dovuto cercare da vivere con missioni come quelle, non avrebbe dovuto dormire per terra o in locande puzzolenti con i letti invasi dalle pulci.
L’alt urlato bruscamente da una guardia cittadina la riscosse dai suoi pensieri.
Erano arrivati alla porta della città ed avrebbero dovuto declamare il motivo della loro visita e quanto tempo si sarebbero trattenuti in città ricevendo in cambio una pergamena sulla quale avrebbero posto il sigillo della città ed il tempo per il quale gli era stato permesso rimanere all’interno delle mura.
- Dobbiamo consegnare…- iniziò a parlare Linna venendo subito messa a tacere dalla guardia che l’apostrofò pesantemente ricordandogli che l’unico motivo per il quale una mezzelfa doveva muovere la lingua era per soddisfare un uomo.
Il fatto che era vestita come un guerriero e che aveva una grossa spada che gli pendeva dal fianco non era altro che un particolare privo di importanza per lui.
- Dobbiamo consegnare un armatura a lord Afflait - intervenne Obert scendendo dal carro e mettendosi tra la guardia e Linna che, intanto stava combattendo con se stessa per non sguainare la spada e fargli rimangiare ciò che aveva appena detto.
- Quanto tempo vi tratterrete? - domandò poi a Obert.
- Il tempo di consegnare l’armatura e ricevere il consenso - gli rispose - questa sera saremo fuori dalle mura -
- Mi sembri una faccia conosciuta - mormorò improvvisamente la guardia mentre chino su di un tavolaccio riempiva tre pergamene - come ti chiami guerriero? -
- Obert - gli rispose cercando di ricordarsi se per caso aveva già incontrato quella guardia durante gli addestramenti con Cedric in qualche altra occasione.
- Se sei ricercato è meglio che me lo dici subito guerriero - continuò ad osservarlo - se ti consegni senza opporre resistenza adesso…-
- Taci idiota! - lo apostrofò duramente un vecchio ufficiale comparendogli improvvisamente dietro, poi lo superò portandosi di fronte ad Obert e, con un gesto rapido sguainò la spada.
- Ferme! - gridò Obert vedendo Linna e Deadlight portare le mani alle else delle loro spade.
- Bentornato lord - lo salutò l’ufficiale portando la spada di fronte al volto tenendola per la lama in segno di saluto.
- Grazie Cedric - sussurrò Obert non riuscendo a trattenere l’emozione per l’incontro con il suo vecchio maestro di spada e, di slancio lo abbracciò mentre Deadlight avvertì chiaramente, come un senso di peso allo stomaco, l’allontanarsi di Obert.
Era tornato a casa…
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Quattro chiacchiere con l'autore

Diamine gente, quasi un anno e mezzo dall'ultimo aggiornamento.
Questi non sono tempi biblici, ma ere geologiche.
Comunque ecco online, finalmente, il capitolo nove in cui si inizia a svelare un po' del passato di Obert.
Spero che vi divertirete a leggerlo almeno quanto io mi sono divertito a scriverlo e a risentirci al prossimo capitolo.
Hasta Luego

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