Ouji-Sama! Become My Wife!

di Mrs Trunks Briefs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 (1) ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 (2) ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 (1) ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 (2) ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 (1) ***
Capitolo 10: *** Capitolo 7 (2) ***
Capitolo 11: *** Capitolo 8 (1) ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


NOTE DELLA TRADUTTRICE (LUSTY): Salve! Sono nuova nel fandom di Dragon Ball e questa è, tra le varie cose, anche la mia prima traduzione. Salvai questa fiction parecchio tempo fa sul computer, totalmente innamorata. Non è una fanfiction scritta in chissà quale modo altolocato e complesso, ma personalmente l'ho adorata per l’ironia, l’originalità e, soprattutto, per il modo in cui l’autrice (Mrs. Trunks Briefs) ha saputo destreggiarsi tra i personaggi e la coppia Goku/Vegeta, a mio parere resa davvero bene e molto IC. La storia credo sia una delle più belle e simpatiche che io abbia mai letto, per questo ho desiderato tradurla e condividerla qui, nel fandom italiano. E POI, ANDIAMO, IL MONDO HA BISOGNO DI PIU’ GOKU/VEGETA*COFF.

La storia ha collocazione temporale indefinita, in quello che si può dire una sorta di “universo parallelo” dove due sono i fattori principali: 1) Chichi è morta (ahaha, le sta bene. Ehm.), 2) Bulma sta con Yamcha, ma Vegeta ha comunque residenza alla Capsule Corporation. Per quanto riguarda i nomi, ho preferito mantenere quelli originali.

Ci tengo a precisare che la traduzione di questa storia non è assolutamente letterale, in alcuni punti mi sono data ad un’interpretazione libera delle frasi modificandole, lì dove fosse necessario, in maniera tale da renderle decisamente più leggibili in lingua italiana, aggiungendo qua e là qualche eventuale aggettivo, attributo o frase che potesse inserirsi bene nel contesto. Chiedo venia per l’imprecisione della traduzione, ma è la prima volta che mi addentro in un’esperienza del genere e mi sono permessa un po’ di campo libero.

Credetemi, questa storia è fantastica. Vale davvero la pena di leggerla.

Ringrazio anticipatamente coloro che lasceranno un commento!

 


 

Capitolo 1

 

Goku si mosse nervosamente sulla sedia girevole, accomodato nell’ufficio assicurazioni.

Il continuo clack-clack sulla tastiera del computer provocato dalla donna appostata dietro alla scrivana lì davanti lo stava seriamente facendo andare fuori di testa.

...

Anche se beh, ultimamente diverse cose stavano spingendo la sua già precaria sanità mentale sull’orlo del baratro, da quando Chichi era morta. Come accudire e crescere diligentemente il piccolo Gohan, ad esempio, o capire per quale oscuro motivo la sua defunta moglie avesse espressamente richiesto di non venire riportata in vita con le Sfere del Drago una volta morta. Senza contare il funerale, le faccende di casa, i pasti, e le innumerevoli bollette che avevano iniziato a spuntare dal nulla come funghi.

In sostanza, erano parecchie le cose che negli ultimi tempi avevano iniziato ad accavallarsi l’una sull’altra nella testa del povero, prode salvatore dell’universo.

Ma c’era una cosa, più di tutte, che faceva innervosire Goku in maniera esponenziale. E tale cosa era il fatto che lui e Chichi non avessero mai chiarito cosa fare nell’infausto momento in cui, per un motivo o nell’altro, il rispettivo consorte fosse andato all’altro mondo prima della maggiore età del loro figlioletto. Eppure avrebbe dovuto essere il loro primo pensiero, dopo che Goku era morto e, miracolosamente, ritornato poi in vita.

 

Il saiyan sospirò. Era inutile continuare a rimuginarci su, ora doveva solo prestare attenzione alla signorina seduta davanti a lui e al suo irritante computer. Aveva deciso, dopo diverse ponderazioni, di farsi un’assicurazione sulla vita, per il bene di Gohan: se fosse morto precocemente, almeno suo figlio avrebbe ricevuto un po’ di soldi. Una mera consolazione, dato che non avrebbe più potuto esprimere il desiderio di riavere indietro il suo papà, ma sempre meglio di niente...

Clack, clack, clack, clack.

Oh Dio, pensò Goku, Ma cosa sta facendo? Non si stacca da quello schermo da almeno mezz’ora.

Clack, clack, clack. CLACK.

La donna pigiò il tasto “Invio” della tastiera con particolare enfasi. “Ok, Signor Son”, disse, “Quindi vuole stendere un’assicurazione sulla vita da 50 mila yen, giusto?”.

“Sì”, esclamò Goku, felice che finalmente l’assillante ticchettio fosse cessato.

“Ok, tutte le informazioni sono state registrate...” disse la tipa, “Eccetto una cosa...”, e prese a muovere lo scroll del mouse, senza scollare gli occhi dallo schermo.

“Quale cosa?”, sospirò Goku, afflosciandosi sulle spalle.

“Beh, dove viene richiesta la razza, lei ha contrassegnato ‘Altro’ e ha scritto... ‘saiyan’?”.

Lui ridacchiò e si grattò la nuca, “Beh, sì, sono un alieno proveniente da un altro pianeta. Sono stato adottato da un terrestre, anche se l’ho scoperto non troppo tempo fa”.

La donna annuì, “Uh-huh... Beh, signore, la nostra compagnia assicurativa comporta un piccolo vincolo per gli extraterrestri. La persona che desidera avvalersi dei nostri servizi deve essere sposata con un altro membro della propria specie, nel caso in cui voglia stipulare un’assicurazione oltre i 10 mila yen”.

A Goku cadde la mascella. “COSA?” urlò, “M-m-m-ma! Mia moglie e appena morta! Non posso sposarmi adesso! Non puoi aiutarmi in qualche modo?”.

“Mi dispiace, signor Son. Queste sono le regole della compagnia. Se facessi un’eccezione, anche se piccola, perderei il lavoro”.

“Ma i saiyan sono pure una specie estinta! C’è solo un altro saiyan oltre a me! Ed è un maschio! Non posso sposarlo!”.

La donna si strinse nelle spalle. “Mi dispiace, non c’è nulla che io possa fare! Grazie e passi una buona giornata!”, disse, con un sorriso allegro.

E così, come un zombie, Goku tornò a casa. La sua sanità mentale, che fino a prima si era limitata a ciondolare sull’orlo del baratro, era ora balzata giù per quel benedetto strapiombo, un abisso senza fine con rocce aguzze che sporgevano da ogni parte. Ma perché, ma per quale oscuro motivo, si chiedeva, era necessario che si dovesse sposare con qualcuno della sua stessa specie? Se avesse potuto trovarsi un’altra moglie terrestre non ci sarebbe stato nessun problema! Conosceva parecchi padri nel vicinato che non aspettavano altro che dare in sposa la propria figlia ad un uomo come lui.

Ma perché, per quale oscuro motivo, volevano che si sposasse con qualcuno della sua specie?

Dopo tutto quello che aveva fatto per l’universo! Fermato Pilaf, sconfitto la Red Ribbon Army, ucciso il Grande Re Demone Piccolo, combattuto contro il suo stesso fratello, ucciso Freezer, e altre gesta eroiche che al momento non gli venivano in mente...

E tutto quello che l’universo faceva per ringraziarlo era obbligarlo a sposare Vegeta.

Sposare.

Vegeta.

L’universo è un bastardo, pensò Goku rabbiosamente, Giurò che non aiuterò mai più nessuno!

Giusto un paio di secondi dopo averlo pensato, scorse una vecchietta alla ricerca di aiuto per attraversare la strada. Inutile dire che il prode eroe accorse subito, in barba a ciò che si era detto giusto qualche istante prima. Arrancando verso la tremante donna, Goku le porse il suo braccio muscoloso; l’anziana signora ci posò delicatamente la mano sopra con un debole sorriso, ed insieme, camminando così lenti che una lumaca li avrebbe non solo superati, ma pure distaccati di brutto, attraversarono la strada. Quando furono giunti dall’altra parte, la vecchina gli diede un paio di pacche affettuose in testa. Dopodiché, Goku riprese il suo cammino afflitto verso casa.

 

***

 

Gohan versò cautamente il the caldo dentro la tazzina, sulla cui superficie colorata spiccava la scritta “Papà”.

“Piccolo-san”, disse, “Vuoi anche tu una tazza di the?”.

L’alto, verde alieno scosse la testa, poggiato contro l’uscio di casa. “No, Gohan, sto bene così”, e continuò a guardare fuori, nell’attesa del saiyan.

“Mi chiedo se Papà abbia avuto fortuna con questa compagnia di assicurazioni”, mormorò pensieroso Gohan, appoggiando la teiera sul fornello spento. Piccolo si limitò a borbottare in segno assenso, senza replicare; ad un certo punto, finalmente, i suoi occhi scorsero la figura di un alquanto depresso ed afflitto salvatore del mondo camminare – o più correttamente strisciare ignominiosamente - verso casa. “Gohan”, disse, “Tuo padre è arrivato”.

“Davvero?”, fece il ragazzino, entusiasta. Schizzò fuori casa e iniziò a sbracciarsi verso il padre, il quale ricambiò il cenno con scarso entusiasmo.

“Gohan”, lo chiamò ancora Piccolo, “Dopo che lo hai salutato, lasciami parlare con lui in privato”. Il piccolo Son guardò il suo maestro con sguardo interrogativo, ma si limitò ad annuire, ubbidiente come sempre. “Ok”.

Raggiunto l’ingresso, Goku si drizzò sulla schiena e sfoggiò un gran sorrisone. Gohan gli corse incontro e gli si gettò letteralmente addosso. “Papà! Sei a casa!”, sorrise il piccolo, “È andato tutto bene con i signori dell’assicurazione?”.

Goku ridacchiò, “Te lo dirò dopo aver bevuto una tazza di the, ok?”.

“Te ne ho già versato un po’. È ancora tiepido”, disse il piccoletto.

“Fantastico!”, esclamò Goku, entrando in casa con il figlio in braccio e posandolo poi a terra una volta raggiunta la cucina. Si sedette al tavolo e iniziò a bere il suo the con gusto, percependo un vago senso di tepore all’altezza dello stomaco. Una volta ingurgitatone una buona quantità sospirò, vagamente risollevato.

Piccolo fece cenno a Gohan di andarsene, e il bambino subito annuì, correndo su per le scale verso la sua stanza. Il saiyan rimase perplesso fino a quando Piccolo non parlò, “Com’è andata la... uhm... gita?”.

Immediatamente, Goku sprofondò con la faccia sul tavolo. “Devi per forza chiederlo?”, borbottò.

“Nessuno vuole assicurarti, uh?”.

Il saiyan scosse il capo, “Un’agenzia in realtà sarebbe anche disposta, ma ad una condizione”.

“Ovvero?”, chiese Piccolo.

“Devo sposarmi”, spiegò lui, “Con qualcuno della mia stessa specie”.

Dallo shock, per poco l’alieno non cadde per terra, “Che cosa? Che diavolo di storia è questa?”.

“È una loro politica adottata nei confronti degli extraterrestri”, borbottò Goku, imbronciato, “O così o niente”.

“Hai detto a quei tizi che l’unico saiyan esistente oltre a te è un maschio?”.

“Sì, ma la signorina mi ha risposto che non c’è nulla che lei possa fare in merito”.

Per qualche istante, cadde un basito silenzio. Piccolo fissò sconcertato Goku, non riuscendo nemmeno lontanamente ad ipotizzare quali pensieri al momento gli stessero frullando per la testa. Dopodiché prese parola: “C-cosa pensi di fare adesso?”.

Il saiyan balzò in piedi ed incrociò le braccia al petto, deciso, “Non ne ho idea, ma ti posso dire quello che non farò! Mettermi in ginocchio e chiedere a Vegeta di sposarmi! Neanche per sogno! Devo solo trovare un altro modo per accertarmi che il futuro di Gohan sarà al sicuro quando sarò morto”.

Piccolo annuì. “Capisco. Buona fortuna, Goku”.

Il saiyan gemette. “Prima o poi riuscirò a trovare qualcuno disposto ad assicurarmi”.

 

***

 

Il mattino seguente, in casa Son, Gohan rimase basito a ciò che si ritrovò dinanzi una volta entrato in cucina. C’erano montagne e montagne di carte che coprivano il pavimento, il tavolo, e tutti i vari scaffali. Ce ne erano alcuni che addirittura sbucavano dal frigorifero. “P-Papà?”, chiamò il piccolo, non troppo sicuro di ricevere una risposta.

Qualche secondo dopo, la testa di Goku emerse da una pila immensa di fogli ammassati vicino alla dispensa. Il saiyan si guardò attorno e disse, “Urca, avrei giurato di essere vicino al tavolo quando ho iniziato a cercare...”.

“Papà? Cosa sta succedendo?” chiese Gohan.

Goku rise e si grattò la testa, “Sembra proprio che sia stato trascinato via... letteralmente!”. Liberò le braccia con un grugnito, stretta nel pugno di ciascuna mano una manciata di fogli. “Stavo cercando un’alternativa, ma ogni compagnia che ho trovato o costa troppo o non mi assicura per la somma che chiedo”.

Gohan abbassò tristemente lo sguardo, “Papà... non sei costretto a farlo. So che lo stai facendo per il mio bene, ma smettila. È troppo, ed è troppo presto”.

Goku fece cadere i documenti dalle mani, “Gohan, so che è presto, ma è una cosa che necessita di essere fatta”.

“Ma--”.

“Niente ma”, disse Goku, austeramente. Si liberò faticosamente dall’ammasso abnorme di fogli, mettendosi in piedi e scivolandoci sopra come se stesse cavalcando un’onda. “Siamo in questa situazione di caos perché né io né tua madre abbiamo mai messo da parte un po’ di tempo per occuparci di questo tipo cose. È arrivato il momento di rimediare”.

Gohan rimase in silenzio e fissò per terra. Goku si liberò dal cumulo di carta residua e strabuzzò gli occhi quando ebbe la possibilità di dare una migliore occhiata alla cucina, immersa nel caos più totale. “Ehm, credo di avere bisogno di un caffè”. 

“Papà?”, Gohan lo chiamò, così fievolmente che lui lo sentì appena.

“Sì, figliolo?”.

“Io… io,” disse il ragazzino piano, “Non mi interessa del denaro”.

“Cosa?”.

“Non mi interessano i soldi!”, esclamò Gohan più forte, e grosse lacrime cominciarono a scendergli lungo le guance, “Non fai altro che parlare di quando morirai, e io non voglio sentire cose del genere! Non posso sopportare il pensiero che anche tu muoia! Ti chiedo solo... hic, per favore, di essere il mio papà per tutto il tempo che abbiamo... ok? Di pensare solo a questo!”.

Goku guardò Gohan continuare a piangere e tirare su col naso, ed improvvisamente realizzò che il bambino aveva ragione. Sua madre era appena andata all’altro mondo, e lui non faceva che spaventarlo con idee che implicavano un’altra morte in famiglia. La sua unica priorità avrebbe dovuto essere il Gohan del presente che era lì ora assieme a lui, bisognoso di conforto, e non quello di un futuro che era ancora lontano.

Il piccolo Son si strofinò il naso gocciolante sulla manica, ed improvvisamente fu avvolto da due forti braccia. “Mi dispiace Gohan”, disse Goku, stringendolo forte, “Non ero in me”.

Gohan ricambiò l’abbraccio, “N-non importa, Papà”.

Rimasero così per qualche minuto, fino a quando il piccolo non cessò di piangere. Dopodiché, sciogliendo l’abbraccio, Goku gli scompigliò i capelli e gli scoccò un’occhiata affettuosa, “Hey, hai finito i compiti?”.

Gohan tirò su col naso, “Ci ho provato, ma non ci riesco. Ogni volta che apro un libro sento la voce della mamma che mi dice che diventerò uno scienziato o uno studente modello, e non riesco ad andare avanti”.

Goku si abbandonò ad un sorriso triste, “È tutto ok, non ti preoccupare. Sono sicuro che il tuo maestro capirà la situazione. Anzi, sono sicuro che non gli importerà proprio niente, visto che l’ho già licenziato!”. La faccia di Gohan mutò da triste a sbalordita in un nanosecondo.

“Beh, che c’è?”, sbottò Goku, sulla difensiva, “Non possiamo più permetterci una maestro privato! Dovrai frequentare una scuola normale”.

Gohan annuì, dopodiché riportò la sua attenzione alla cucina, “Vuoi una mano a mettere a posto?”.

Goku scosse il capo, “Nah, non è un gran problema”.

In quello stesso momento, Piccolo entrò nella stanza e rimase ammutolito dinanzi allo spettacolo che si ritrovò sotto gli occhi.

Il namecciano si guardò intorno senza fiatare, optando poi per l’unica scelta intelligente disponibile: “Penso che non farò alcuna domanda in proposito”.

“Oh, Piccolo”, lo salutò Goku, ignorando il suo enorme sconvolgimento interiore, “Arrivi al momento giusto! Perché tu e Gohan non andate ad allenarvi fuori mentre io pulisco questo disastro?”.

L’alieno annuì, “Gohan, aspettami fuori mentre parlo un attimo con tuo padre”.

“Ok!”, esclamò il piccoletto, dopodiché corse all’esterno. Goku riportò la sua attenzione alla cucina divorata dalle cartacce e iniziò a spararci contro piccole sfere di ki per bruciarle.

“Allora”, chiese Piccolo, “Qualche novità?”.

“No”, rispose Goku, “E ci rinuncio. Gohan ha bisogno di me adesso, e finché non starà meglio non lo tormenterò con questa faccenda dell’assicurazione”.

Piccolo mugugnò qualcosa. “Vedi di non dimenticartene".

“Spero di no”. disse Goku, sparando un’altra sfera di ki.

 

***

 

La notte sopraggiunse portando con sé le ansie e le preoccupazioni. Steso su letto, avvoltolato tra le coperte madide di sudore, Goku si agitava furiosamente. Ancora non lo sapeva, ma l’incubo terribile che lo stava assalendo nel sonno in quel momento sarebbe stato quello che avrebbe dato una svolta definitiva alla sua vita.

Nel sogno, la voce di Piccolo ridondava in lontananza, come un eco pauroso. “Vedi di non dimenticartene... dimenticartene... enticartene... artene... ene...”.

Quando l’eco, improvvisamente, venne inghiottito dal buio, Goku udì un lamento. Aprì gli occhi e vide suo figlio piangere disperatamente, chino su una bara. “Papà... Papà... perché? Perché sei morto?”.

No! Non sono morto! Non piangere, Gohan!

Poi, com’era apparsa, l’immagine sparì. Il sogno mutò.

Un Gohan più grande camminava ora attraverso un quartiere malfamato, imboscato oltre i vicoli bui una grande città. I capelli erano unti e scarmigliati, i vestiti stracciati puzzavano, lo stomaco brontolava per la fame. Il ragazzo ad un certo punto si fermò in un angolo, un cartello stradale rotto alle spalle. Prese una sigaretta, l’accese e iniziò a fumarla. Pochi attimi dopo, una macchina con un brutto ceffo al volante sopraggiunse sulla scena, frenando con una sgommata. L’uomo sventolò una banconota sotto al naso di Gohan, “Hey, ragazzino! Cosa fai per cento dollari?”.

Il giovane prese un’altra boccata dal filtro della sigaretta e lentamente soffiò una nube di fumo, lo sguardo morto puntato sulla strada, “Quello che ti pare. Cento dollari sono più di quanto mio padre mi ha lasciato quando è morto”.

NOOOOOOOOOOOO! GOHAN!

Gli occhi di Goku si spalancaraono, terrorizzati. Immerso in una pozza di sudore, il saiyan si rese conto con estremo sollievo di non essere né in una bara né in un qualche lurido vicolo della città, ma bensì nella sua cara ed accogliente casetta. Si mise a sedere sul materasso, gettando un paio di occhiate qua e là lungo tutto la stanza, giusto per accertarsi della situazione. Dopodiché sospirò pesantemente, asciugandosi il gelido sudore di cui era impregnata la sua fronte. È stato solo un sogno... è stato solo un sogno, pensò, tentando di calmarsi.

E se invece… E se invece tutto questo un giorno...?!

Goku diede una rapida occhiata all’orologio: le 8:34 del mattino. Fulmineo si districò abilmente dal groviglio di lenzuola in cui era imprigionato, ed altrettanto velocemente corse a farsi una doccia. Due minuti dopo uscì dal bagno gocciolante, nudo così come mamma lo aveva fatto. Si affrettò verso l’armadio, asciugandosi con l’energia calda del ki nel breve tragitto. Aprì le ante del guardaroba, afferrò il suo miglior gi (l’unico senza particolari danni, strappi o macchie varie ed eventuali) e lo indossò rapidamente. Dopodiché aprì l’armadio di Chichi e si mise a cercare il vecchio nastro rosso che lei usava per i regali. Frugò tra tutti gli abiti e li ammucchiò distrattamente l’uno sull’altro, blaterando qualche scusa alla sua ex-moglie defunta e promettendole, prima o poi, di rimettere tutto a posto. Una volta trovato il rotolo del nastro tirò la striscia per qualche centimetro, staccandola poi con un morso secco.

Al piano di sotto, Piccolo aveva appena varcato la soglia di casa Son quando un’ombra arancione non identificata lo sorpassò a velocità impressionante, lanciandosi fuori dalla porta. “... Goku?”. Il namecciano seguì l’ombra fuori casa, trovandosi dinanzi al prode combattente salvatore del pianeta chino sul prato del giardinetto. Goku estirpò qualche dozzina di fiori a casaccio e li mise insieme legandoli con il nastro rosso alla bell’e meglio, componendo uno strambo bouquet dall’aspetto non particolarmente allettante.

“Goku”, lo chiamò Piccolo, una volta che quello si fu rimesso in piedi, “Cosa stai facendo?”.

Goku scoccò al namecciano uno sguardo funereo, “Sto per rovinarmi la vita per il bene di mio figlio”, e, detto questo, pose due dita sulla fronte e si teletrasportò, svanendo nel nulla.

Fu solo dopo qualche istante che un Gohan ancora non del tutto sveglio valicò la soglia di casa, strofinandosi gli occhietti stanchi ed avvicinandosi ad un alquanto shockato Piccolo, impalato come un idiota in mezzo all’erba, “Che succede?”.

L’alieno si ricompose in fretta, riacquistando la solita espressione austera. “Gohan”, disse, e il piccolo si limitò a guardarlo confuso, sbadigliando.

“Gohan”, ripeté, “Nella vita di ogni uomo, arriva il momento in cui è necessario mettere i propri figli davanti a se stessi. Oggi è il giorno in cui tuo padre ha compiuto probabilmente il più grande sacrificio della sua vita, vedi di ricordartelo!”.

Il piccolo Son fissò il suo mentore, non avendo la più pallida idea di cosa stesse parlando.

 

***

 

Goku si materializzò di fronte alla Capsule Corporation, e non perse nemmeno tempo a cercare in qualche altro posto che non fosse la Gravity Room. Una volta raggiunta la destinazione, salì le scale e senza troppa delicatezza bussò alla porta. Mentre attese sulla soglia, si diede una rapida rassettata generale e si sistemò alla bell’e meglio i capelli.

HHHHIIIISSSSSS.

Dopo qualche istante la porta metallica si aprì, rivelando un alquanto contrariato principe dei saiyan appena interrotto nel bel mezzo del suo allenamento quotidiano. Vegeta fulminò il suo rivale con lo sguardo, e incrociò le braccia al petto. “Cosa vuoi, Kakaroth?”.

Goku gli porse il bouquet.

“Principe Vegeta, mi vuoi sposare?”.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Cominciò un silenzioso scambio di sguardi.

Goku rimase immobile, tenendo il mazzo di fiori nel modo più minaccioso con cui un mazzo di fiori si potesse tenere. Anche Vegeta non mosse un muscolo, le braccia conserte al petto alla solita maniera e dipinta in faccia tutta la sua stoica altezzosità mista ad un’espressione altamente schifata. Nemmeno un battito di ciglia o un minimo movimento l’uno nei confronti dell’altro. Niente. Stettero così per quella che sembrò un’eternità, fino a quando il maggiore dei due, così di punto in bianco, non abbandonò le braccia lungo i fianchi. I muscoli di Goku guizzarono fulminei, pronti a parare qualsiasi attacco. Si aspettava un cazzotto, un calcione, o perlomeno un insulto, ma si sorprese non poco quando tutto ciò che ricevette in risposta fu un:

Mah, che strano sogno”.

Vegeta scosse il capo e si guardò un attimo attorno, giusto per controllare se ci fosse qualcos’altro fuori posto. Beh, pensò, direi che una proposta di matrimonio di parte di Kakaroth è già insensata a sufficienza. Scrollò le spalle e, tranquillamente, fece per voltarsi e tornare nella Gravity Room. Goku, rapido ed inaspettato, allungò allora la mano, affibbiandogli un pizzicotto al braccio. “E QUESTO PER COSA DIAVOLO ERA?!”, berciò il principe, scattando subito a massaggiarsi la parte lesa.

“Per provarti che non stai sognando! Ti sto davvero chiedendo di sposarmi!”, esclamò Goku.

L’altro lo fissò per qualche secondo, imperturbabile. Poi gli porse il braccio, “Fallo ancora, Kakaroth”. E Goku ubbidì, pizziccandolo un po’ più forte nella speranza di convincerlo.

Il dolore, effettivamente, Vegeta lo sentì in maniera cristallina. Ed i suoi occhi si spalancarono.

“... Capisco”, mormorò, lentamente. Scoccò un ultimo sguardo a Goku e, come se non fosse successo assolutamente niente, girò i tacchi e se ne tornò comunque nella Gravity Room, premurandosi di chiudersi la porta alle spalle. Questione di qualche secondo, e Goku sentì chiaramente la serratura scattare per una... due... oh, tre volte.

Arrabbiato per il fatto che Vegeta se la fosse appena data a gambe, il giovane saiyan si piazzò davanti alla porta, iniziando a batterci rabbiosamente contro i pugni. “Non credere che me ne vada, Vegeta! Esci da lì e sposami, accidenti!”.

Nessuna risposta. Ovviamente.

Ora totalmente fuori dai gangheri, Goku scese giù dalle scale e continuò a camminare fino a quando non fu distante dall’entrata di almeno due centinaia di passi. Poi si fermò, si voltò indietro, prese una bella rincorsa e si scaraventò a tutta velocità contro la porta, in tutte le più floride intenzioni di sfondarla con una bella craniata.

Dentro alla Gravity Room, intanto, Vegeta era rimasto immobile contro la porta, scandalizzato. Aveva sentito i passi di Kakaeoth allontanarsi e aveva presupposto che il suo rivale se ne fosse andato, grazie al cielo. Ma che diavolo gli passa per la testa a quello?! Scosse il capo e, ordinandosi mentalmente di obliare totalmente quanto successo, si accinse a ritornare al suo allenamento. Fece un passo avanti quando, improvvisamente, udì il suono di un... un treno?!, rimbombare nella stanza e farsi sempre più vicino. Perplesso poggiò l’orecchio contro la porta e...

KABOOM! Quella saltò improvvisamente in aria, facendo schizzare i pezzi un po’ ovunque; Vegeta si fece scudo con le mani, e Goku capitombolò brutalmente nella stanza, rotolando come una palla. Quando tutto si fu placato, il principe abbassò le braccia e scoccò un’occhiata sconcertata all’altro saiyan, che giaceva ora inerme per terra con uno zampillo di sangue in testa. Qualche secondo di attonito silenzio e Goku improvvisamente si tirò su mettendosi a quattro zampe, torcendo lentamente la testa verso di lui e fulminandolo con un’occhiata funerea che avrebbe terrorizzato un po’ chiunque.

“K-K-Kakarrot? C-c-che diavolo stai facendo?”, farfugliò Vegeta sconvolto, arretrando.

Goku rispose rimettendosi in piedi, sollevando il mazzetto di fiori – o perlomeno l’ammasso informe che ne rimaneva. “Sposami”, rantolò con voce dall’oltretomba, camminando come uno zombie verso di lui, “Sposami”.

“Ma tu hai perso completamente la testa!”, gridò Vegeta, schifato e terrificato al contempo.

Goku fece altri due passi verso il principe e ripeté: “Sposami, Vegeta”.

“NO!”, rispose lui, scappando fuori dalla Gravity Room, nel giardino.

Il giovane saiyan lo seguì fulmineo, “Non puoi sfuggirmi per sempre, Vegeta! Ti darò la caccia fino in capo al mondo!”.

Vegeta prese a correre quanto più veloce potesse, iniziando a prendersi compulsivamente a pugni in testa. “SVEGLIATI! SVEGLIATI DA QUESTO INCUBO!”, iniziò ad urlare istericamente.

In quello stesso momento, Yamcha era appena uscito dalla grande Capsule Corporation. Teneva una lattina di birra in mano e, con un’espressione alquanto ebete in faccia, aveva iniziato ad inspirare a pieni polmoni la fresca aria del mattino. “Ah, che meravigliosa giornata!”, disse, “Il sole brilla, gli uccellini cantano... tutto è perfetto”. Aprì la lattina e ne prese un sorso, “Sì, è davvero tutto perfetto”.

Improvvisamente Vegeta gli sfrecciò davanti, continuando a colpirsi selvaggiamente in testa, “SVEGLIATI! SVEGLIATIIIIIIII!”.

E Goku, dietro, “Quando ti avrò preso, Vegeta, ti renderò la donna più felice della Terra! Credimi!”.

Yamcha li guardò sparire all’orizzonte e versò il resto della birra per terra, “... Pual ha ragione, devo smetterla di bere la mattina presto”.

Dopo decisamente parecchi minuti, Goku convenne sul fatto che aveva già sprecato abbastanza tempo ad inseguire il principino, e che era arrivato il momento di trasformarsi in Super Saiyan. A mali estremi, estremi rimedi. In un attimo i capelli da neri balenarono d’un biondo acceso, gli occhi color petrolio divennero turchesi. Il nuovo potere appena acquisito aumentò in maniera esponenziale la sua velocità, e fu questione di una manciata di secondi prima che riuscisse ad agguantare la sua preda. Divorando i pochi centimetri che li separavano, Goku si lanciò addosso a Vegeta, facendo cadere entrambi come due sacchi di patate. Presero a lottare per terra, rotolandosi e dimenandosi in mezzo alla polvere, fino a quando il particolarmente determinato Super Saiyan non riuscì a sedersi sopra all’altro povero martire e a bloccargli le braccia.

“Sposami!”

“NO!”

“SPOSAMI!”

Vegeta rispose in modo molto principesco, sputandogli dritto in faccia. “EWW! Che schifo!” gemette il povero Son, costretto a mollare la presa sull’altro per potersi pulire il viso. Vegeta velocemente si rimise in piedi, ma Goku altrettanto fulmineamente riuscì ad agguantargli un braccio prima che potesse darsela a gambe di nuovo.

“Kakaroth! Lasciami immediatamente!” berciò Vegeta.

“Non fino a quando non avrai accettato di sposarmi!”

“Quanto vuoi andare avanti con questa storia folle?!”, urlò, “Non ho alcuna intenzione di—” Clink-clink.

Abbassò lo sguardo, constatando con orrore che la sua mano si trovava ora ammanettata a quella di Goku. “Tu sei pazzo”, disse.

“Sai, Vegeta”, rispose il giovane saiyan con un ghigno malefico, “Chichi ed io abbiamo fatto un sacco di cosacce con queste manette”. Il principe emise un guaito sofferente e tentò invano di liberarsi. “Dì che mi sposerai e ti lascerò andare!”, esclamò Goku.

“MAI! Preferisco morire!”.

“Allora staremo così per sempre! Quando dovrai andare in bagno, io sarò lì, a guardarti mentre fai la pipì! Quando ti farai la doccia, io sarò lì, a lavarti la schiena! E quando mangerai un gelato, te lo ruberò e lo leccherò! Lo leccherò tutto solo per darti fastidio!”.

Vegeta tentò invano di ucciderlo in modo estremamente violento con lo sguardo, cercando di capire cosa fare. In qualsiasi situazione, dannazione, non ne sarebbe uscito vincente. Almeno se avesse sposato l’imbecille sarebbe stato libero di urinare e mangiarsi un gelato in santa pace. A meno che…

Goku improvvisamente vide le labbra di Vegeta, contorte fino a quel momento in un’espressione rabbiosa, incresparsi in un inquietante ghigno sbilenco. Che aveva in  mente qualcosa, era evidente. “Kakaroth”, disse il principe, “Io non ti sposerò mai, e tu non mi terrai mai ammanettato!”.

“E come pensi di scappare?”, chiese Goku.

Vegeta allargò pericolosamente il proprio sorrisetto maligno, poi puntò la testa verso sinistra. Aprì la bocca e, cosa assolutamente normale, iniziò ad azzannarsi la spalla come se fosse una coscia di pollo. Goku non poté credere ai propri occhi, “Sei scemo? Hai seriamente intenzione di staccarti il braccio a morsi?!”.

Il principe si fermò e lo guardò, “Esattamente. Anche se, pensandoci, potrei tenermi quasi tutto il braccio se mi staccassi solo il polso” e dicendo così prese a masticarsi ferocemente il polso come un animale, sotto lo sguardo oltremodo inorridito di Goku che lo fissava con la mascella a terra.

“Dannazione!”, gridò, “Sposami e basta!”.

Vegeta mollò la presa, “NO!”, dopodiché riprese a morsicare.

“Ascoltami!”, lo pregò il giovane saiyan, “Non dovrai fare niente! Mi occuperò io delle faccende di casa, cucinerò, pulirò e pagherò io le bollette! Per favore!”.

“NO!”. E chomp, chomp, chomp.

“Smettila!”, imperò Goku rabbiosamente, afferrando Vegeta per la mascella per tentare di impedirgli di staccarsi un polso. Il principe, per tutta risposta, gli azzannò le dita e lui, urlando di dolore, d’automatico riflesso gli mollò un poderoso calcio rotante alla testa. Essendo ancora ammanettati, il colpo li fece sbalzare entrambi a terra. Vegeta si mise a quattro zampe e fece scattare il proprio braccio imprigionato nella direzione opposta a quella di Goku, riuscendo ad affibbiargli una micidiale craniata che lo fece urlare di dolore. Entrambi si rimisero poi in piedi e si prepararono al combattimento, mettendosi in posizione. Scattarono l’uno verso l’altro e la vera lotta ebbe inizio.  

 

***

 

Qualche ora più tardi, i due guerrieri saiyan stavano in ginocchio a terra, ansimanti. Tutto attorno a loro era distruzione totale: c’erano crateri nel terreno, alberi spezzati se non completamente sradicati, e la pittura del muro laterale della Capsule Corporation era stata completamente bruciata dall’abnorme energia delle sfere ki, sparate l’una contro l’altra. I vestiti erano strappati, rivoli di sangue colavano dalle numerose ferite, e, cosa peggiore di tutte, i due uomini erano ancora ammanettati. Ciò presentava non poche difficoltà per Goku, che ancora non era riuscito a battere Vegeta nonostante si trovasse in modalità Super Saiyan. Il principe, difatti, aveva saputo sfruttare quella vicinanza forzata a suo vantaggio. Goku lo guardò con la coda nell’occhio, notando che in quel momento stava fissando qualcosa alle sue spalle con uno sguardo totalmente indecifrabile.

Poi ad un tratto lo vide digrignare i denti e si preparò a ricevere l’ennesimo attacco, convinto che il principe fosse in procinto di esplodere da un momento all’altro.

Andando contro tutte le sue aspettative, però, Vegeta si limitò ad aprire lentamente la bocca, violaceo di rabbia.

“VA BENE, BASTARDO! HAI VINTO!”.

Goku lo fissò scioccato, “C-cosa?”, balbettò.

“Nemmeno io posso combattere così in eterno! Accetto... accetto questo fottuto matrimonio!”, abbaiò Vegeta, sbattendo i pugni a terra.

“Davvero?”, disse lui, tornando al suo normale aspetto.

“Sssssssssssì”, fu la sibilante risposta.

“Fantastico!” trillò il giovane saiyan, balzando in piedi e trascinando su pure Vegeta.

“Oh sì, meraviglioso”, borbottò sarcasticamente quest’ultimo, “E adesso toglimi immediatamente questo affare!”.

Goku subito frugò nella tasca e ne tirò fuori una piccola chiave. Sbloccò la serratura delle manette e si rimise poi tutto in tasca. “Ecco!”, disse contento, “Sei libero! Per ora!”, ridacchiò alla sua battuta, “Presto andrai in giro con palla e catena alla caviglia!”. Vegeta gli ringhiò contro un insulto irripetibile, massaggiandosi il polso. “Beh, comunque”, continuò lui, “Fai i bagagli e vieni a casa mia dopo, ok?”.

“Come ti pare”.

“Allora ci vediamo dopo, Vegeta!”. E detto questo, Goku si posò due dita in fronte e si teletrasportò via.

 

***

 

A casa Son, Piccolo mise un bicchiere sotto al lavello. Dopo averlo riempito abbastanza, chiuse il getto, se lo portò alla bocca e lentamente si dissetò, bevendo tutta l’acqua. Una volta che ebbe finito si asciugò le labbra col dorso della mano e posò la stoviglia sul fondo del lavandino, facendo per allontanarsi.

Non fece neanche un passo che, improvvisamente, un piede si materializzò dal nulla e finì esattamente sopra il bicchiere, frantumandolo in mille pezzi. Lo sfortunato proprietario dell’arto prese a balzellare sul posto, gemendo di dolore. Goku saltò giù dal lavandino, tenendosi in mano il piede pulsante. “Ahio! Ahio! AHIO! Cosa ho pestato?”.

“Un… bicchiere”, disse Piccolo, ancora non troppo abituato al teletrasporto.“… Goku, cosa ti è successo?”.

Il saiyan si guardò distrattamente i vestiti, “Oh, giusto. Ti racconterò tutto dopo, Piccolo. Vado a farmi una doccia, che dopo devo andare in tribunale”. E detto questo salì le scale, continuando a saltellare con estrema grazia su un piede solo.

Piccolo lo fissò destreggiarsi nelle sue eleganti movenze fino a quando non sparì al piano di sopra. Sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo.

N-non... non avrà mica... Con Vegeta...?

Qualche minuto dopo, Goku si fiondò di nuovo al piano di sotto dritto verso la porta, vestito casual e ricoperto di bende. “Ciao, Piccolo! Dì a Gohan che torno presto!”, esclamò.

“Aspetta! Goku!”, l’alieno lo chiamò, ma il saiyan era già volato via. Gemette, “Ahhh... Cosa dirò a Gohan?”.

 

***

 

Un’ora più tardi, proprio il piccolo Gohan stava seduto al tavolo della cucina, tutto concentrato a farsi un sandwich. Quando ebbe finito la sua opera tagliò il panino diagonalmente, abbastanza soddisfatto del risultato. Era in casa da solo, ancora in attesa che il suo papà facesse rientro. Piccolo gli aveva soltanto detto che Goku era tornato a casa e, in fretta e furia, era scappato di nuovo fuori dopo sì e no cinque minuti; poi il namecciano se n’era andato a fare le sue cose, come al solito.

Il piccolo Son aprì la bocca pronto ad addentare con un bel morso la sua merenda, quando il campanello suonò. Gemette frustrato e andò all’entrata con metà panino in mano, afferrò la maniglia ed aprì la porta.

“Mio papà non è a ca-AAAAHHH!” urlò, realizzando chi fosse l’individuo al quale aveva appena parlato, “V-V-VEGETA!”.

Ovvio che era Vegeta, ancora sanguinante e abbastanza conciato male dopo la sua battaglia con Goku. In mano teneva un grande borsone giallo col logo della Capsule Corporation stampato sopra.

Gohan subito si mise in posizione d’attacco, pronto a combattere, “Cosa vuoi?”.

Ma Vegeta non disse nulla. Si limitò ad afferrare il bambino per la testa, spintonandolo di lato. Gettò il borsone per terra, accanto alla porta, e si diresse tranquillamente in soggiorno. Gohan lo fissò incredulo scovare il divano, guardarlo con disprezzo e gettarvisi sopra, come se fosse a casa sua. Dopodiché il piccolo non ebbe neanche il tempo di muovere un muscolo che il saiyan si mise placidamente a russare. “Sta... sta dormendo?”, mormorò Gohan, incredulo. Si avvicinò al sofà per constatare che sì, effettivamente il principino si era beatamente immerso nel mondo dei sogni. Gli diede un leggero colpetto sulla fronte col dito, “Vegeta?”.

Immediatamente gli occhi del principe si spalancarono, irradianti d’odio. Prima che Gohan potesse reagire in qualche modo, Vegeta gli strappò il sandwich dalla mano e, dopo averlo squadrato ed annusato un paio di volte, se lo mangiò in un solo boccone senza neanche masticarlo. Dopodiché diede le spalle al povero bambino e ritornò a dormire come se nulla fosse, ignorandolo totalmente.

Il piccolo saiyan lo fissò sconcertato, arrivando dopo qualche attimo all’allarmante conclusione di aver bisogno assolutamente dell’intervento di un adulto. Scappò subito fuori per cercare Piccolo, spaventato. Percorse metà vialetto e poi si rifiondò in casa, andando a recuperare l’altra metà del suo amato sandwich prima che Vegeta potesse divorarsi pure quella. Dopodiché scappò di nuovo fuori mettendosi ad urlare.

“Piccolo-san! Piccolo-san!”, iniziò a chiamarlo, “PICCOLO-SAN! Dove sei?”. Subito il Namecciano raggiunse il suo allievo.

“Gohan”, lo guardò, “Che succede?”.

“Vegeta! È entrato in casa!” rispose Gohan, indicando l’abitazione.

“Vegeta?”, l’espressione di Piccolo mutò da calma a scioccata in un nanosecondo. “Non è possibile”, mormorò.

 “Non so cosa fare! È entrato e si è messo a dormire sul divano!”. L’alieno si avviò subito verso l’abitazione, seguito a ruota da Gohan, il quale sperò ardentemente che, una volta rientrato in casa, Vegeta non si accorgesse della sua presenza nascosto sotto al fluttuante mantello bianco del suo maestro.

Varcata la soglia, il namecciano gettò subito un’occhiata allarmata al divano: come effettivamente aveva detto Gohan, c’era sopra svaccato il potente principe dei Saiyan intento a farsi un bel sonnellino. Notò i tagli e le ferite cosparse sul suo corpo, e non gli ci volle molto a fare due più due. Son doveva aver fatto la proposta di matrimonio, i due dovevano ovviamente aver combattuto, Goku aveva vinto e Vegeta si era ritrovato costretto ad acconsentire.

Saiyan idioti, pensò, Esiste una razza più stupida di loro? Ne dubito.

Gohan corse a prendere il borsone di Vegeta, per poi porgerlo al suo mentore. “Si è portato questa dietro”, disse.

“Cosa c’è dentro?”, chiese Piccolo.

Gohan aprì la cerniera e vi guardò all’interno, “Solo vestiti... merendini... e eww, sigarette”. Tirò fuori il pacchetto e, arricciando il nasetto, andò a gettarlo nell’immondizia in cucina. Dopodiché trotterellò indietro e continuò a curiosare, “Ci sono anche alcune capsule e un giornale”. Gohan lo prese e comincio a sfogliarlo curioso. “È... strano. Sono tutte foto che ritraggono il corpo nudo femminile da un punto di vista esterno”.

“DAMMELO SUBITO!”, strillò Piccolo, strappandoglielo dalle mani. Ridusse a brandelli il magazine e ne incenerì i residui con il ki. “Non osare dire a tuo padre che hai visto questa roba!”.

“Ma... perché?”.

“NON FARLO E BASTA!”.

Gohan incassò la testa nelle spalle, mortificato, “Va bene... ma perché Vegeta dovrebbe tenere con sé un giornale di anatomia umana?”, Piccolo si limitò a grugnare qualcosa e a scuotere la testa, dopodiché riportò la sua attenzione al divano e all’ospite indesiderato che vi ronfava sopra.

“Vegeta!”, abbaiò al bell’addormentato, ed il russare cessò istantaneamente. Il principe non si mosse, ma Piccolò udì distintamente qualche suo borbottio, “… Fastidioso namecciano della malora…”

“Vegeta, che diavolo ci fai qui?”, gli chiese l’alieno bruscamente, ignorando l’insulto. Anche se non poteva vederlo, Piccolo sapeva che gli angoli della bocca del saiyan erano piegati in una smorfia di disgustosa superiorità. Poteva percepirlo a pelle.

“Perché sono qui, muso verde?”, ridacchiò Vegeta, voltandosi verso di lui e confermando quanto aveva pensato, “È stato Kakaroth ad invitarmi. Non te l’ha detto?”.

"No," disse Piccolo, fingendo di non sapere niente, "Non mi ha detto nulla".

“Perché Papà avrebbe dovuto invitare te a casa nostra?”, chiese con ostilità Gohan, ma sempre mantenendo le distanze.

Il sorrisetto maligno si allargò a dismisura, tanto che parve che Vegeta stesse tentando di trattenere con scarso impegno una delle sue risate sguaiate. “Lascio a lui l’onore di spiegarti il motivo, moccioso”. E detto questo, dando nuovamente le spalle ai suoi due interlocutori, riprese a dormire.

Gohan guardò disorientato Piccolo, e gli sembrò che il suo mentore avesse appena ingoiato qualcosa di davvero schifoso. “Piccolo-san?”.

Il namecciano si ricompose in fretta, “Aspettiamo che Goku torni a casa. Sono sicuro che saprà rispondere alle nostre domande”.

 

***

 

Il salvatore del nostro caro universo allungò la testa oltre la spalla del signore che lo precedeva, controllando con un sopracciglio alzato la sfilza di gente che aveva dinanzi. Si afflosciò sulle spalle abbandonandosi ad un gemito frustrato, constatando che c’erano ancora sette persone prima del suo turno. Prese a battere impazientemente il piede a terra, producendo un debole eco che si propagò per tutto l’atrio del tribunale.

Un apatico “il prossimo”, e la linea scalò di un posto. Goku guardò dietro di sé e vide altre dieci persone, ognuna delle quali scocciata quanto lui. Possibile che non possano velocizzare un po’ il servizio, con tutta questa gente?, pensò, rabbiosamente.

Venti minuti dopo, il solito, indolente “il prossimo” risuonò nelle sue orecchie come la più meravigliosa delle melodie. “Finalmente”, disse più che sollevato Goku, avvicinandosi allo sportello. “Saaaalve. Vorrei ritirare alcuni documenti”.

L’uomo-tigre dietro alla lastra di vetro sollevò lentamente gli occhi dal computer, sobbalzando sulla sedia quando si ritrovò davanti il piuttosto malridotto saiyan, le cui bendature disseminate da tutte le parti lo facevano sembrare una mummia. Lo squadrò perplesso per qualche istante, dopodiché le labbra s’incurvarono in un sorrisetto storto. “Mi lasci indovinare, vuole delle carte di divorzio?”.

Goku si grattò la nuca, ridacchiando, “Wow! Ci è andato vicino! Ma sono qui per una licenza di matrimonio!”.

“Oh. Quella era la mia seconda ipotesi”. L’uomo-tigre, dopo aver scartabellato un paio di fascicoli, gli diede i documenti necessari, e Goku, soddisfatto, si defilò velocemente fuori dalla porta.

“Penso proprio che andrò da Korin per prendermi qualche senzu”, mormorò il saiyan, guardandosi le mani malridotte, “Conciato così spavento la gente”. Posò due dita sulla fronte e si teletrasportò, ignorando totalmente gli sguardi sbigottiti dei passanti che, così di punto in bianco, videro una mummia volatilizzarsi nel nulla.

 

***

 

Piccolo e Gohan aspettarono per un’altra ora in cucina, tenendo per tutto il tempo lo sguardo vigile accollato al divano. Non fosse mai che Vegeta si alzasse e si trovasse preda di un’improvvisa voglia di distruggere tutto il circondario. Gohan stava mangiando in silenzio un secondo sandwich che si era meticolosamente preparato, mentre Piccolo stava appoggiato contro il frigo. Ad un tratto...

“GOHAN! SONO A CASA!”, esplose una voce solare. Goku entrò in cucina con un enorme sorrisone stampato in faccia, le ferite scomparse, “Scusa per il ritardo! Sono andato da Korin per prendere qualche seme senzu”.

“Papà!”, il piccolo fece cadere il sandwich e corse incontro al padre. Si abbracciarono affettuosamente, dopodiché Gohan si allontanò di poco. “Papà! Vegeta è qui!”.

Goku sbattè un paio di volte le palpebre. “È qui?”.

“Sì, ha detto che l’hai invitato tu!”, continuò il bambino.

“È arrivato più o meno un’ora dopo che te ne sei andato”, s’interpose Piccolo, “Ed è rimasto a dormire sul sofà per tutto il tempo”.

Goku si grattò la nuca. “Sta dormendo? Beh, non fa niente. Tanto devo prima compilare tutte queste carte. Lo sveglierò dopo”. E detto ciò, molto tranquillamente, si diresse verso il tavolo della cucina.

Gohan deglutì, dopodiché gli andò dietro, “Allora è vero?”, pigolò, “Gli hai detto tu di venire?”. Goku si bloccò.

“Beh, Mio Dolce Dono del Cielo”, iniziò nervosamente, “È un po’ complicato da spiegare”.

Gohan strabuzzò gli occhi, “Come mi hai appena chiamato?”.

“Uhm... Mio Dolce Dono del Cielo?".

Il piccolo Son assottigliò gli occhi, sospettoso, "Mi stai nascondendo qualcosa".

Goku si abbandonò ad una risatina vagamente isterica, "C-cosa intendi, Tesorino?”.

Gohan si abbandonò stavolta ad un guaito sofferente, "Mi hai appena chiamato ‘Tesorino’! L’ultima volta che l’hai fatto ho scoperto che avevi pestato uno dei miei giocattoli preferiti! Cosa sta succedendo?”.

“N-n-n-niente, Mio Piccolo Raggio di Sole!”, si affrettò a rispondere il saiyan, con voce tremolante.

“PICCOLO RAGGIO DI SOLE?!”, strillò Gohan, scandalizzato, “L’ultima volta che mi hai chiamato così ti sei mangiato il mio pesce rosso, Signor Colui-Che-Non-Deve-Essere-Mangiato! Cosa mi stai nascondendo?”.

“Hey!”, esclamò Goku sulla difensiva, “Quello è stato un incidente! La boccia era caduta e mi ero messo il pesce in bocca per tenerlo vivo mentre riempivo la vasca d’acqua!”.

“I pesci non sopravvivono nuotando nella saliva!”, gridò Gohan, agitando esasperato le mani in aria.

“Non lo sapevo!”, si giustificò lui.

“GOKU!”, tuonò Piccolo, esasperato, “Digli che sta succedendo e basta!”.

Il prode ed intelligente salvatore dell’universo aprì la bocca, richiudendola subito dopo. Sospirò pesantemente, “Gohan, è dura, ma Piccolo ha ragione. Devi sapere che sta succedendo. Perché Vegeta è qui, perché sono andato in tribunale, e devi sapere anche la verità su Signor Colui-Che-Non-Deve-Essere-Mangiato”.

Il Namecciano gli ringhiò contro.

“... Ehm, ok”, mormorò, “Magari ti dirò dopo di Signor Colui-Che-Non-Deve-Essere-Mangiato”. Abbassò le palpebre e prese un profondo respiro, consapevole della catastrofe imminente, “Gohan... mi sto per risposare”.

Al piccolo Son cadde la mascella, “Cosa? Ma la mamma è appena morta!”.

“Lo so! Ma ascolta! Sono andato in un’agenzia assicurativa e mi hanno detto che mi copriranno solo se mi sposo. Essendo un extraterrestre, però, mi hanno anche detto che devo sposare qualcuno della mia stessa specie. E l’unico saiyan oltre a me... è Vegeta”.

“... Cosa?”. Gohan teneva gli occhi spalancati grossi quanto due palle da biliardo.

“Oggi sono andato in tribunale a prendere la licenza di matrimonio, così io e Vegeta possiamo sposarci. Una volta fatto ciò, lui rimarrà qui a vivere con noi. Questo è l’unico modo per ottenere l’assicurazione sulla vita di cui abbiamo bisogno”.

Gohan fissò suo padre, sconvolto, e lentamente i suoi occhi cominciarono ad inumidirsi. “Non... Non piangere, Gohan!”, lo supplicò Goku, invano, dato che il figlioletto cominciò a disperarsi lo stesso. Lacrimoni cominciarono a sgorgare sul faccino del piccolo, che subito scappò fuori dalla cucina e corse su per le scale, in fuga verso la sua stanza. Goku lo seguì rapidamente e si fermò ai piedi delle scale, “Gohan!”, lo chiamò, “Lo sto facendo per te!”.

Gohan dall’alto della scalinata si voltò per guardare suo padre, il labbro tremolante e le lacrime copiose che gli colavano lungo le guance arrossate, “Capisco, papà. Sniff. Spero voi due siate felici insieme. Sniff. Soprattutto adesso che Vegeta sta studiando per diventare un dottore!”. E detto questo, tra i singhiozzi, il bambino scappò via, rintanandosi in camera sua.

Goku si afflosciò sulle spalle quando sentì la porta sbattere, gemendo sconsolato. Poi, improvvisamente, gli vennero in mente le ultime parole che suo figlio gli aveva rivolto prima di darsi alla fuga. Guardò Piccolo, perplesso, “Di cosa stava parlando quando ha detto che Vegeta sta studiando per diventare un dottore?”.

L’alieno avvampò e distolse lo sguardo, “Ehm. I bambini e la loro fervida immaginazione... sai com’è”.

“Quindi è questo il motivo di tutto...”, disse una voce torva dal soggiorno. Goku e Piccolo si voltarono all’unisono e videro Vegeta poggiato contro il muro a braccia conserte, l’espressione minacciosa.

Il giovane saiyan gli scoccò un’occhiata in tralice, “Hai già cambiato idea?”.

“Non posso”, ringhiò lui, in risposta, “Se tu avessi vinto la battaglia, avrei dovuto accettare la tua stupida proposta. Ho perso, quindi sono costretto a rispettare gli accordi”.

Lo sapevo, pensò Piccolo, Idioti.

Goku tirò fuori i documenti dalla giacca, “Bene. Allora ecco qui. Devi solo compilarli e firmarli col marchio di famiglia”. Vegeta annuì, e l’altro saiyan frugò nella tasca, tirando fuori un seme senzu. Facendolo schioccare in aria come una pallottola lo lanciò al principe, il quale senza nemmeno guardarlo lo prese al volo e lo mangiò. Dopo che le ferite furono guarite, entrambi si andarono a sedere al tavolo della cucina.

Piccolo guardò i saiyan accomodarsi l’uno accanto all’altro, troppo attonito per elaborare un qualsiasi pensiero di senso compiuto, osservandoli a distanza di sicurezza scribacchiare sulle carte. Goku fece qualche domanda, Vegeta rispose. Un paio di volte Goku chiese come si scriveva una parola, e Vegeta (dopo avergli dato dell’imbecille ignorante), glielo disse. Come se fossero passati sì e no cinque minuti, il namecciano li vide infine firmare il documento.

“Beh”, disse Goku, tenendo il foglio come se fosse un trofeo, “È ufficiale! D’ora in poi sarai il Principe Vegeta Son!”.

Vegeta lo guardò schifato, “Non ho mai detto che avrei preso il tuo cognome”.

“Oh! Andiamo!”, protestò Goku. Stava per continuare a lamentarsi quando udì un rumore alle sue spalle. Si voltò e scorse suo figlio in piedi poco distante, le lacrime che ancora gli rigavano il faccino. “Gohan?”.

Quello non disse nulla, si avvicinò a loro e tirò una manciata di riso prima a suo padre e poi a Vegeta. “Mazel Tov!*”, singhiozzò, prima di correre di nuovo nella sua stanza sotto lo sguardo perplesso dei tre adulti.

Goku si scompigliò i capelli, facendo cadere chicchi da tutte le parti. “Sai Vegeta, prima ho pestato un bicchiere. Penso che alla fin fine ‘Mazel Tov’ sia abbastanza azzeccato”.

“Per quanto tempo dovrò essere sposato con te?”, lo ignorò l’altro, carbonizzando con il ki il riso che cadeva a terra.

Goku controllò un paio di volte tutte le scartoffie, “Uhm... per il resto delle nostre vite, credo”.

“Speravo non dicessi una cosa del genere”, ringhiò il principe, sull’evidente orlo del suicidio.

“Allora”, s’intromise Piccolo nervosamente, “Avete intenzione di... ehm... ultimare il matrimonio, stanotte?”.

“NO!”, urlarono i due Saiyan all’unisono, con una faccia che definire agghiacciata sarebbe stato un eufemismo.

“Ah, ok. Ehm. Bene”. Non poté che tirare un sospiro di sollievo.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

*Mazel tov significa letteralmente "buona fortuna" in ebraico. Il termine è stato incorporato nel linguaggio yiddish, ed anche nell'inglese, dove è spesso usato al posto di congratulations ("congratulazioni"). Solitamente, in un matrimonio, questa frase viene urlata dopo che lo sposo ha infranto un bicchiere.

 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Salve salvino! Nuovo capitolo pubblicato con una velocità impressionante al posto di studiare storia*coff*, e credetemi che la cosa è da festeggiare, perché io solitamente ci metto EONI ad aggiornare, LOL. Ma qui si parla di traduzione, quindi l’ispirazione in questo campo non mi crea problemi. *spara un’onda energetica ad Ispirazione che passava di lì per caso*. Anyway. Piaciuto il capitolo? Io personalmente l’ho adorato. :’D Diciamo in questo momento vorrei prendere Gohan e stritolarlo fino a strozzarlo. *amaGohanossessivo-compulsivamente*. Quel meraviglioso bambino. Qualcuno lo faccia santo. San Gohan, suona bene. E oh, direi che forse merita di essere fatto santo pure Vegeta. Perché, oh, neanche immaginate cosa sarà costretto a subire, pffft. San Vegeta. Suona malissimo, ma fa niente. Piccolo credo che in questo momento sia in una casa di ripristino della sanità mentale, quindi su di lui non mi pronuncio. Goku starà mangiando cosce di pollo da qualche parte, penso. O quello, o sta salvando il mondo dal solito alieno malvagio di turno.

CCCOMUNQUE. Grazie per tutti i commenti! Felice che la storia sia di vostro gradimento! L’autrice al momento è impegnata con il college e non ha spesso accesso al computer, ma date pure per scontato che vi ringrazi tutti per le recensioni. <3 Alla prossima settimana con il terzo, sconvolgente (SCONVOLGENTEH) capitolo!

E prima che me ne dimentichi, un minuto di silenzio per Signor Colui-Che-Non-Deve-Essere-Mangiato.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


MTB: Salve! Sono tornata con un nuovo capitolo di “Ouji-Sama! Become My Wife!”. Perché? Perché mi sto annoiando al college!

Trunks: E hai appena iniziato! Dopo sarà ancora peggio!

MTB: CHE NOIA CHE NOIA CHE NOIA CHE NOIA!

Trunks: Piantala...

Goku: In cosa ti stai specializzando, comunque?

MTB: CHE NOIA! In TV, radio e film.

Vegeta: Perché?

MTB: Un giorno voglio essere in grado di fare film, show televisivi, scrivere copioni, e anche lavorare per qualche compagnia come la Warner Bros.! Quando sarò milionaria (o magari bilionaria) i miei lettori potranno venire da me e dirmi, “Hey! Voglio leggere le fanfictions che hai scritto prima che diventassi così ricca e ancora più fantastica di quanto fossi già prima!”.

Vegeta: Sogna in grande questa tizia.

Trunks: Non è che può fare molto altro...

MTB: E ora i disclaimer! (Disclaimer: DBZ non mi appartiene! Ma appena avrò qualche bilione di dollari, lo comprerò sicuramente!). ED ORA AVANTI CON LA FIC!

 


 

Capitolo 3

 

Goku scattò in piedi, puntando un dito al cielo come un generale intento a comandare le sue truppe, “Bene! Ed ora preparerò la zuppa!”.

“Ecco, bravo”, borbottò Vegeta, ancora al suo posto, “Ho fame, quindi vedi di muoverti”.

“Nessun problema. Lascia solo che ti faccia vedere la tua stanza prima”, disse il giovane saiyan, avviandosi verso le scale. Il principe, preso il suo borsone, seguì il rivale in silenzio.

Al piano di sopra notò che c’erano ben quattro porte. Due alla sua destra, una alla sua sinistra e un’ultima in fondo. La porta a sinistra era chiusa, e Vegeta dedusse che quella dovesse essere la cameretta di Gohan, visto che si udiva piangere dall’interno. Per quanto quell’atteggiamento potesse essere assolutamente ignominioso, non poteva certo biasimare il moccioso: dopo quella lunga giornata, avrebbe voluto mettersi a piangere pure lui.

“Questa è la tua camera”, disse Goku, indicando la stanza più vicina a loro, sulla destra. Il giovane saiyan aprì la porta ed entrambi entrarono per dare una controllata all’interno. Vi era un letto a due piazze e una piccola finestra adiacente ad esso, un cassettone sotto la finestra, ed accanto al cassettone una libreria con decisamente pochi libri sugli scaffali. “Solitamente questa la usiamo come stanza degli ospiti”, disse Goku, “La mia camera è quella a fianco della tua, e quella di Gohan è dall’altra parte della sala. Il bagno è dietro alla porta in fondo. Ce n’è uno solo in casa”.

Gli occhi di Vegeta si spalancarono, disgustati, “Intendi dire… che dovrò condividere il bagno… con te?”.

Goku gonfiò le guance, offeso, “Ehi! Non sono così sozzo!”.

“Comunque sia”, il principe tornò all’entrata della stanza e gettò la borsa in un angolo, “Va’ a cucinare”.

Goku mise il broncio, ma decise di tornare al piano terra senza fare storie. Una volta che se ne fu andato, Vegeta sospirò, lasciandosi cadere a peso morto sul letto. La stanza era calda, e si poteva sentire un vago odore muschiato nell’aria. Si mise su un fianco e, con suo immenso orrore, scorse uno strato di polvere alto tanto quanto un pollice (e anche più) che ricopriva sia gli scaffali che il cassettone. Quando diavolo era stata l’ultima volta che qualcuno aveva pulito quel posto? O comunque aperto la finestra per far arieggiare un po’?

Vegeta decise di rimediare da solo a quei due fastidiosi problemi. Per prima cosa andò ad aprire la finestra, permettendo così alla fresca brezzolina serale di inghiottire la stanza: la visuale che gli comparve dinanzi fu quella di un tardo paesaggio crepuscolare, col cielo dipinto di calde tinte purpuree e giallognole. Rimase qualche secondo ad osservarlo in silenzio, dopodiché si volse all’interno della stanza e si poggiò contro il polveroso comò, abbandonandosi ad un sospiro sconsolato. Si era portato pochissima roba, cosa ci avrebbe messo dentro a quei cassetti?

Immerso in quelle frivole ponderazioni, il principe si accorse troppo tardi di aver completamente immerso – letteralmente – il braccio nell’abnorme strato di polvere che ricopriva la superficie del cassettone. Borbottò qualcosa contro la sua stupidità per l’essersi dimenticato di tutto quel ripugnante pulviscolo, dopodiché decise di andare al piano di sotto per prendere qualche scottex per dare una ripulita. Stava scendendo le scale diretto verso la cucina, quando improvvisamente udì un fracasso indicibile provenire proprio dalla sua destinazione.

“Come hanno fatto a bruciarsi i biscotti? Li ho messi in forno per un secondo! ... Ow! SCOTTA! … Accidenti! Il riso! ... OW! SCOTTA ANCORA DI PIÚ! … NO! La carne! MA PERCHÈ!”.

Vegeta digrignò i denti, massaggiandosi le tempie. Avrebbe dovuto immaginarselo che quell’imbecille non era nemmeno lontanamente in grado di preparare una cena. Raggiunse lentamente la cucina, e ciò che si trovò davanti fu un caos ancora peggiore di quello che si era immaginato: brodaglie dall’aspetto oltremodo orripilante stavano trabordando dalle pentole abbandonate sui fornelli, del fumo grigio torbido stava copiosamente uscendo fuori dal forno, e anche il microonde era ridotto ad una fumante scatola in procinto di esplodere da un momento all’altro.

Goku, con addosso un ridicolo grembiulino, stava saltellando ovunque come un pazzo furioso, cercando di mantenere un ordine totalmente inesistente. Dopo aver aperto il forno ed essere stato investito da una fumera accecante, prese a mescolare disperatamente le brodaglie nelle pentole, senza ottenere grandi risultati. Dopodiché ritornò ad occuparsi del forno e, molto intelligentemente, afferrò la teglia al suo interno senza guanti, ustionandosi le mani e rovesciando tutto per terra. Imprecò sonoramente e poi, sofferente, prese a soffiarsi sui palmi bruciati.

“Gohan!”, urlò a suo figlio, seduto tranquillo per i fatti suoi al tavolo, “Vai a prendere il libro di cucina! So che sto sbagliando qualcosa, solo che non so cosa!”. Il piccolo annuì e, scattando in piedi, corse fulmineo a prendere il manuale abbandonato sul bancone; lo aprì e iniziò a sfogliarne attentamente le larghe pagine. Goku si appoggiò alla sua spalla, cercando di capirci qualcosa in mezzo a tutte quelle criptiche indicazioni.

Nel frattanto, mentre i due Son erano profondamente immersi nelle istruzioni del libro, una mano si allungò lentamente verso il portacoltelli, andando ad afferrare la lama più grossa di tutte. La luce che si riflesse sull’acciaio della lama catturò per pura casualità l’attenzione di Goku e Gohan, i quali, dopo essersi girati, si ritrovarono dinanzi un Vegeta alquanto contrariato con un enorme coltellone da cucina in mano.

La prima sensazione che li avvolse fu il più profondo, incommensurabile terrore.

Il principe dei saiyan era pericoloso già abbastanza senza un’arma, figurarsi ora che aveva in mano il più appuntito pezzo di metallo di tutta la casa! Goku deglutì, certo che Vegeta stesse per sminuzzarli da un momento all’altro. Gohan lentamente arretrò fino a quando non si ritrovò con le spalle al refrigeratore, e suo padre fece altrettanto.

“C-c-c-ci vuole ancora un po’ per la cena, Vegeta”, balbettò il saiyan, “Se puoi aspettare qualche altro minuto...”.

“Sedetevi”, furono le uniche parole che uscirono dalla bocca del principe.

Goku prese a sudare freddo, “A-a-a-aspetta, mi serve solo qualche altro minuto, Veget—”

“SEDETEVI”, disse il principe, più forte.

I due Son si sedettero al tavolo in un nanosecondo. Si scambiarono una fugace occhiata piena di disperazione, assolutamente convinti che quella sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbero visti. “Non ti preoccupare, Gohan”, disse Goku, “Vegeta ucciderà me per primo, visto che mi odia di più. Mentre muoio, tu puoi scappare”.

“P-Papà...” disse Gohan, tra le lacrime.

Ma con loro immensa sorpresa, Vegeta non accoltellò né l’uno né l’altro. Si limitò ad andare verso il freezer e tirare fuori della carne, iniziando poi a tagliuzzarla abilmente poggiato sul bancone. Dopodiché prese ad andare in giro per la cucina, mettendo contemporaneamente a posto il macello di Goku, prendendo gli ingredienti e disponendoli nelle pentole, nelle teglie e in tutti gli altri strumenti che stava usando, il tutto senza dire una parola.

I due Son rimasero a fissarlo allibiti, entrambi con il medesimo pensiero in testa. Sta... sta davvero cucinando? Goku si guardò attorno e prese a sbracciarsi in aria come un idiota, tanto per assicurarsi che non fosse entrato in qualche stramba dimensione dove era davvero sposato con un amorevole Vegeta che stava davvero cucinando per lui di sua spontanea volontà.

Pochi minuti dopo, i piatti vennero messi a tavola accompagnati da delle teglie di stufato appena cotto. Goku diede un’annusata e represse un fremito. Tutto sembrava squisito e aveva un buonissimo odore. Il suo stomaco non assaporava nulla di nemmeno lontanamente commestibile da... beh, da parecchio tempo. Gohan punzecchiò il cibo con la sua forchetta, indeciso se mangiare o no.

Vegeta, cogliendo l’ansia nei loro occhi, ringhiò irritato, agitando in aria il coltello che ancora teneva pericolosamente in mano, “Mangiate, accidenti! Non ho sprecato il mio tempo a cucinare in questo dannato aborto di cucina per vedere il cibo sprecato!”.

Terrorizzato dal coltellone prima di ogni altra cosa, Goku raccolse un po’ di stufato con il cucchiaio e se lo cacciò in bocca, strizzando gli occhi. Lo masticò ed infine lo ingoiò con un’espressione sofferente, in una lenta agonia. Questione di qualche istante, e si rizzò di schiena con un sorriso ebete stampato in faccia, “Hey!”, disse, “È davvero buono, Vegeta!”.

Il principe schioccò la lingua contro il palato, sprezzante, “Ovvio che è buono. Tutto ciò che faccio è perfezione”.

Gli occhi del giovane saiyan divennero lucidi dalla gioia, “Sono davvero contento di averti sposato”.

“La cosa non è reciproca”, replicò rabbiosamente Vegeta.

Vedendo che suo padre non era stramazzato al suolo con del veleno in circolo, anche Gohan decise di dare un assaggino. Diede un morso alla sua porzione e sorrise, “Sembra la cucina della Mamma!”.

“Bel lavoro, Son”, disse una voce torva dall’ingresso, “Non è passato neanche un giorno e il principe dei saiyan già cucina per te”.

Vegeta sbatté con violenza il coltello sul tavolo, ringhiando come un animale, “Cosa hai detto, muso verde?”.

Piccolo ghignò, “Perché ti arrabbi tanto, Vegeta? Sto solo dicendo che sei davvero una brava donna di casa. Hai intenzione di cucinare per il tuo nuovo maritino ogni sera?”.

Vegeta lo fissò con rabbia, poi d’improvviso le sue labbra s’incurvarono lentamente in un ghigno, “Forse dovrei cucinare anche domani. Sai, potrei fare namecciano alla griglia. Non lo mangio da quando ho ammazzato tutti quei poveri, piccoli, innocenti abitanti su Namecc senza nessun motivo!”.

“Bastardo!”, ruggì l’alieno, scattando minaccioso verso di lui. Goku fulmineo balzò tra i due prima che potesse partire qualche pugno.

“Ok, ragazzi! Adesso smettetela!”, disse, severamente, “Finché sto mangiando, qui non ci sarà nessun combattimento! Intesi?”.

Vegeta ringhiò un “imbecille”, dopodiché scattò a prendere la sua porzione di stufato e alcuni tovagliolini di carta. Fulminò un’ultima volta tutti i presenti,per poi andarsene e salire le scale, chiudendosi nella sua stanza e premurandosi di sbattere sonoramente la porta.

Goku sospirò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi, “Si prospetta un lungo matrimonio”.

 

***

 

La mattina dopo, Gohan venne svegliato dal piacevole cinguettio degli uccelli e dalla luce abbagliante del sole che filtrava debolmente dalla finestra. Si mise a sedere sul materasso, stirando le braccia. Sceso dal letto, uscì nel corridoio. Sbadigliò dirigendosi verso il bagno, e una volta raggiunta la sua destinazione rimase oltremodo scioccato a quello che si ritrovò dinanzi.

Vegeta stava appallottolato in posizione fetale davanti alla porta, con la faccia rivolta verso il basso. Gohan gli si inginocchiò accanto, leggermente spaventato, cercando di capire quale fosse il problema. Udì dei corti e faticosi respiri, come se il principe stesse ansimando. Gli diede qualche colpetto con la punta del dito, titubante. “V-Vegeta?”.

Nessun movimento. Gohan lo punzecchiò un’altra volta, “Vegeta?”.

Ancora niente. Decise allora di far voltare il saiyan di schiena. Non l’avesse mai fatto.

Dinanzi si ritrovò probabilmente uno dei più spaventosi volti che avesse mai visto in vita sua, il colorito della pelle vagamente verdognolo e gli occhi dilatati, totalmente persi nel vuoto.

“Vegeta!”, lo chiamò il piccolo Son, stavolta scuotendolo, “Vegeta!”

La bocca del principe si aprì lentamente, tremolando, “Su...”.

“Cosa c’è?”, chiese Gohan.

“Su... Sudi…”.

“Sudo? Io?! Ma di che parli?”.

“Il... bagno... è... su... sudi… sudicio…”, riuscì finalmente ad articolare.

Gohan rimase a fissarlo con stupore. “Wow”, disse, “Non credevo tu fossi così melodrammatico”.

Vegeta immediatamente si sedette, spintonando Gohan lontano, “Melodrammatico?! Ma sei cieco?! Hai visto questo bagno? Non ho mai visto un water del colore più strano di quello! E c’è talmente tanta muffa in giro che si potrebbe produrre penicillina per il resto della storia! E dei boxer lì dentro mi hanno afferrato una gamba! E come se non bastasse, c’è anche un’enorme, nera e orrenda creatura nella doccia! Non crederete certo che io accetti di vivere in uno squallore simile, spero!”.

Gohan alzò gli occhi al cielo, “Non è poi così male. E poi di quale creatura stai parlando?”.

“È piatta ed è sul pavimento della doccia”, spiegò Vegeta.

Gohan si rialzò ed entrò tranquillamente nel bagno ad esaminare la “orrenda creatura”. Vegeta non poté fare a meno di ammirare il modo composto e serafico con cui il moccioso stava andando a morire. Stranamente però, contrariamente alle sue aspettative, qualche secondo dopo il piccoletto sbucò fuori dalla porta vivo e vegeto. “È soltanto il tappetino della doccia. Sai, quello che ti impedisce di scivolare per terra”.

“Mi ha guardato!”, protestò il principe.

“Oh, ne sono sicuro”, disse Gohan, sarcasticamente. Appena ebbe detto ciò, un paio di boxer di Goku comparsi dal nulla presero a strisciare come un verme fuori dal bagno, diretti verso la stanza del loro proprietario. Gohan e Vegeta stettero a fissarli allibiti, immobili come due statue di marmo. Una volta che le mutande ebbero raggiunto la destinazione, si voltarono e scoccarono ai due un’occhiataccia di sufficienza. Dopodiché entrarono nella stanza e si sbatterono energicamente la porta alle spalle, sparendo così come erano apparse.

Gohan sbatté un paio di volte le palpebre, per poi dire, finalmente, “Ehm. Forse questo posto ha bisogno di una sistemata. La Mamma è stata l’ultima persona che l’ha davvero pulito come si deve”.

“Bene, allora arrangiati”, disse Vegeta, alzandosi e dandosi una rassettata.

Il piccolo si grattò la nuca, imbarazzato, “Uhm... non so come fare...”, pigolò.

Vegeta ringhiò, “Ovviamente. Sto iniziando a pensare che il vero obbiettivo di Kakaroth sia quello di umiliarmi facendomi cucinare e pulire per lui”.

Gohan scosse energicamente il capo, “Hey! Questa situazione non piace a te come non piace a Papà! Se ne avesse la possibilità, ti avrebbe già mandato a casa tua da un pezzo!”.

“Oh, spero che questa possibilità arrivi presto”, disse Vegeta.

“Dov’è Papà, comunque?”, chiese Gohan.

“Non lo so e non me ne frega niente”, sputò lì il principe, “Se n’era già andando quando mi sono alzato”.

Gohan si afflosciò sulle spalle, “Quindi sono intrappolato qui... con te?”.

Vegeta abbassò il capo verso il bambino con un sorrisetto storto stampato in faccia, “Beh, che c’è? Legalmente tu sei il mio figlioccio adesso. Devo prendermi cura di te”, ridacchiò malignamente.

Gohan entrò nel panico. Oh cavolo, non ci avevo nemmeno pensato, pensò, ingoiando la compatta matassa di saliva che gli si era incastrata in gola.

Prima che avesse il tempo di pensare a tutte le orribili cose che Vegeta avrebbe potuto fargli mentre erano soli in casa, l’uomo portò le braccia ai fianchi e disse: “Mettiamoci al lavoro”.

Il ragazzino sbatté le palpebre, stupito, “Mi darai una mano a pulire?”.

Vegeta lo guardò rabbioso, “Come se avessi altra scelta! Se non metto a posto io, questo porcile si riduce ancora peggio di com’è già!”.

Gohan si ritrovò ad annuire, “Sì, è vero”, poi divenne raggiante, “Magari se papà vede la casa pulita, potrebbe liberarsi da un po’ di stress!”.

Qualche minuto dopo, l’alquanto strambo duo era pronto in cima alle scale con vari detersivi, secchi pieni d’acqua, asciugamani, una scopa e un moccio.“Iniziamo da qua”, comandò Vegeta, “Dopodiché lavoreremo fuori, capito?”.

Gohan annuì con determinazione, dopodiché puntò le mani in alto come un supereroe, “Clean Team, go!”.

“Fallo ancora e ti spezzo un braccio”.

 

***

 

L’operazione “PULIZIE” iniziò dal cosiddetto Bagno degli Orrori. Per prima cosa, i due levarono di mezzo il lurido strato di vestiti abbandonati sul pavimento, sul lavandino, in cima alla doccia, sulla finestra, dietro e sopra la porta e sull’armadietto delle medicine. Dopodiché pulirono abilmente il lavello, il water e le piastrelle sudice. Quando Gohan iniziò ad occuparsi della cabina della doccia prese lo sozzo, misterioso tappetino e, con estremo orrore, lo sentì agitarsi tra le mani. Cacciò un urlo terrorizzato e scaraventò quell’affare immondo fuori dalla finestra. “... I-i-il tappetino era vivo”, disse sconvolto, guardando scappare a gambe levate il diretto interessato verso la foresta.

“Te l’avevo detto, io!”, replicò rabbiosamente Vegeta, agitando il moccio in aria.

Dopo aver vissuto il trauma che avrebbe per sempre segnato la sua infanzia, Gohan finì di ripulire la cabina e risciacquò tutto il sapone residuo aprendo il getto della doccia. Guardò la schiuma scivolare lungo i muri, notando che tuttavia il livello d’acqua non diminuiva, ma che anzi, tendeva a salire sempre di più. “Vegeta”, disse all’uomo intento a lucidare lo specchio, “Credo che lo scarico sia otturato”.

Vegeta borbottò qualcosa  - che, Gohan lo sapeva, lui non avrebbe mai, MAI, dovuto ripetere in tutta la sua vita - e si avvicinò alla doccia. Il piccolo Son chiuse il getto ed entrambi osservarono lo strato d’acqua rimanere statico lì dov’era. Sbuffando, Vegeta si mise quindi un guanto di gomma ed infilò la mano nello scarico, storcendo il naso. I vari “squish” e “squosh” rivoltanti che conseguirono gli fecero venire una nausea lancinante.

La mano vagò alla cieca per qualche minuto, fino a quando le dita non saggiarono la consistenza di qualcosa di molliccio. “Ho preso qualcosa”, mormorò il principe. Trattenne il fiato e tirò fuori dallo scarico l’oggetto non identificato, che si rivelò essere un altro paio dei boxer di Goku. Schifato, Vegeta lanciò l’assurdamente sporco paio di mutande il più lontano possibile da sé, con un che di vagamente isterico.

Dopo l’emozionante esperienza in bagno, i due Saiyan si occuparono del resto della casa nelle ore seguenti. Mentre erano intenti a pulire il pavimento del soggiorno, Gohan decise di provare ad intraprendere un piccolo discorso.

“Hey, Vegeta”, iniziò, “Dove hai imparato a cucinare e pulire?”.

Vegeta tirò uno sbuffo scocciato e spiegò, “Pulire era una forma di punizione sul pianeta Freezer. E sono sicuro che è quello che gli Dei mi stanno affibbiando adesso, una punizione, obbligandomi a fare tutte queste stronzate per Kakaroth. Qualcosa di inaccettabile per me, che preferisco di gran lunga le punizioni da veri uomini! Cucinare è un'altra storia. Alcuni pianeti in cui sono stato tempo fa non avevano nulla di commestibile, così ho imparato a cucinare da solo per riuscire a nutrirmi con quelle poche robe che trovavo in giro. In questo mondo ci sono parecchie cose mangiabili comunque, quindi preparare un buon pranzo è facile”.

“Wow”, disse Gohan, particolarmente preso nel discorso. Poi cominciò a sparare domande a raffica, “Oh! Qual è stata la cosa peggiore che hai dovuto pulire? E quella che hai mangiato?”.

Vegeta alzò gli occhi al cielo. “La cosa peggiore che io abbia mai dovuto pulire è stato il vostro bagno”. Gohan sorrise, imbarazzato. Vegeta continuò, “La cosa peggiore che io abbia mai mangiato è stata la vescica di una creatura simile ad un uccello. Sapeva di merda e l’odore era anche peggio”. Dopo aver detto ciò, il saiyan assunse uno strano colorito verdognolo.

Un’ora e mezza dopo, i due avevano finito in casa e avevano iniziato a pulire fuori, partendo dall’auto. Era stata comprata per Chichi cosicché lei potesse andare a fare shopping liberamente, od alternativamente per portare fuori la famiglia quando si voleva andare a fare qualche giro fuori città. Vegeta notò che la sua immagine non veniva nemmeno riflessa dalla fiancata nera della macchina, probabilmente perché era troppo sporca.

Gohan immerse la spugna in un secchio pieno d’acqua e sapone, e con movimenti circolari iniziò a pulire lo sportello. Dopo un paio di energiche grattate si accorse però con suo immenso orrore che il nero era rimasto attaccato alla spugna, mentre sulla fiancata dell’auto, nel punto in cui aveva lucidato, lo stava a fissare ora una macchiona bianca.

Ad incrementare l’orrore, Vegeta lo raggiunse in quell’esatto momento con la pompa dell’acqua in mano. “Cosa stai facendo, moccioso?”, disse, “Torna a pulire!”.

“Vegeta”, piagnucolò lui, “Credo di aver grattato via la vernice”.

Con un sopracciglio alzato, il principe esaminò la chiazza bianca sulla fiancata dell’auto per qualche secondo. Poi, esasperato, si schiaffò una mano in fronte, “Razza di stupido! La macchina non è nera! È bianca!”

Gohan sbatté un paio di volte le palpebre, “Oh, è vero! Avevamo preso una macchina bianca. Adesso mi ricordo”.

Dopo che ebbero finito fuori, i due rientrarono in casa per riposarsi. Vegeta si lasciò cadere a peso morto sul divano e afferrò un asciugamano abbandonato sul tavolino. Gohan lo raggiunse subito dopo essere andato in cucina a bere un bicchiere d’acqua. “Uhm, Vegeta”, disse timidamente al saiyan, intento a tamponarsi il viso con la stoffa.

“Cosa c’è?”, fu la nervosa risposta di Vegeta, che pensò bene di darsi un’asciugata anche al collo.

“Quello non è un asciugamano”.

Il principe si bloccò. “Che hai detto?”.

“Quello... non è un asciugamano”, ripeté Gohan.

Vegeta stese il panno davanti a sé, scoprendo con immenso orrore che si trattava di un altro paio dei boxer di Goku. “Quante fottute paia di mutande ha Kakarrot?!” berciò, lanciando l’intimo il più lontano possibile dalla sua nobile persona.

Gohan scrollò le spalle, “Ogni volta che ne sporca un paio, Papà ne compra un altro”.

“Imbecille! Che impari a farsi il suo fottuto bucato!”, berciò Vegeta.

Improvvisamente si udì un rumore proveniente dall’entrata, ed entrambi i combattenti volsero la testa verso la porta d’ingresso. A valicare la soglia di casa c’era nientepopodimeno che il salvatore dell’universo, Son Goku. Si fermò un attimo, annusando l’aria, curioso da dove provenisse tutto quel buon odore.

“Papà!”, esclamò Gohan correndo ad abbracciare suo padre. Goku sorrise e spalancò le braccia, “Hey, Gohan!”, esclamò, prendendolo al volo e sollevandolo in aria, “Scusami per averti lasciato qui, ma avevo alcune cose da sbrigare all’ufficio assicurazioni. Tutto sistemato adesso”. Poi si guardò in giro, “Cosa è successo? Questo posto è… è…”, non gli veniva in mente la parola.

“PULITO?” urlò Vegeta, resuscitando dal divano e avvicinandosi a Goku con passo minaccioso, “Perché sì, lo è! E mi aspetto di vivere in questo stato, Kakaroth! Sono un principe! Non ho intenzione di stare nello squallore come un tizio qualunque!”.

“Vegeta ed io abbiamo pulito la casa mentre non c’eri, papà”, spiegò Gohan.

Goku per poco non fece cadere il figlioletto per terra dallo shock, “COSA? Anche Vegeta ha pulito?”.

Vegeta ringhiò, “Ho dovuto farlo, il tuo moccioso non sa niente sulle faccende di casa”.

Il giovane Saiyan rise e scosse la testa, “Sì, siamo entrambi abbastanza inutili senza Chichi”. Dopodiché guardò Vegeta e sfoggiò il suo più smagliante e sincero sorriso, “Grazie mille, Vegeta! Sono davvero felice che tu abbia dato una mano!”.

 

Thump-thump.

 

Cos’è stato?, si chiese Vegeta. Sembrava fosse uscito dal suo petto. Era il suo cuore? Perché il suo cuore si comportava in modo così strano?

Scosse il capo, convinto che tutto quello smanettare con detersivi e deodoranti gli avesse dato alla testa.

“Comunque sia”, disse, dopo un secondo di silenzio, “Sappi che questa è stata la prima ed ultima volta. Ed ora, se non ti dispiace, andrei ad usare un bagno definibile come tale”. Detto questo, se ne andò al piano di sopra senza più degnare di uno sguardo nessuno, marciando via a passo orgoglioso.

Goku scrollò le spalle, assuefatto dal comportamento acido del principino, e si rivolse a Gohan, “Hey, di chi è l’auto parcheggiata là fuori?”.

“È la nostra macchina, papà”, disse Gohan, “Noi abbiamo un’auto bianca”.

Goku ci pensò un attimo. “Urca, hai ragione”.

 

***

 

Quella stessa sera Goku stava spaparanzato in soggiorno, intento a guardare con estremo interesse dei pelosi pupazzi danzanti sullo schermo del televisore, protagonisti di una serie per bambini sui cinque anni. Gohan, abbastanza annoiato dalla cosa, palesava tutto il suo disinteresse sbadigliando sul divano. Il principino non si era più fatto vedere né dal padre né dal figlio da quando se n’era andato su per le scale, senza dare segni di vita per tutto il pomeriggio.

Il giovane saiyan aveva ordinato del cibo pronto qualche minuto prima. Aveva deciso che Vegeta aveva già lavorato abbastanza quel giorno, e non gli andava di farlo arrabbiare più di quanto già non fosse chiedendogli di cucinare ancora – anche se non gli sarebbe dispiaciuto mangiare un altro po’ del suo stufato.

Ad un tratto il campanello suonò e Goku, convinto che fosse arrivata la cena, corse affamato ad aprire. Nel momento in cui spalancò la porta, però, non si ritrovò davanti il tipo delle consegne, bensì un uomo di mezz’età ben vestito e con in mano quello che pareva essere un taccuino.

“Posso aiutarla?”, domandò il saiyan.

“Parlo con il Signor Son?”, chiese il tipo.

“Sì, sono io”, rispose lui, augurandosi di non essersi cacciato in qualche guaio inconsapevolmente.

“Sono Terry Darey”. Goku spalancò gli occhi e fece per aprire la bocca con un sorrisetto scemo stampato in faccia, ma l’uomo lo anticipò, “Sì, fa rima! Lo so meglio di chiunque altro! Adesso possiamo parlare di cose importanti?!”.

Goku si imbronciò come un bambino, ma annuì.

“Vengo dall’Agenzia di Assicurazioni XX, Signor Son. Ha stipulato un’assicurazione di 50 mila yen, vero?”.

“Oh! Sì, giusto”.

“Beh, devo fare una veloce indagine in casa sua, per la sicurezza della compagnia”.

“I-indagine?”, si stupì.

“Sì, la compagnia è stata vittima di diverse frodi negli anni passati”, spiegò Terry, “Ora vogliono esaminare i clienti per prevenire qualsiasi possibile problema. Non è niente che invaderà la sua privacy, stia tranquillo, voglio solo incontrare la sua nuova moglie. La signora Vegeta, se non erro”.

Gli occhi di Goku si allargarono quanto due piatti. Tremolando come un budino, il saiyan deglutì e si leccò rapidamente le labbra improvvisamente secche, nervoso. “S-sì, certo...”, disse lentamente, “Prego, entri pure”. E ciò dicendo si spostò lateralmente, facendo accomodare l’uomo in casa.

Udendo rumore di passi, Gohan si alzò dal divano per vedere cosa stesse accadendo, “Papà? Chi è?”.

Goku, ricurvo sulle spalle, chiuse la porta. “È un signore dell’agenzia di assicurazione, vuole conoscere la tua nuova mamma”. Gohan aggrottò preoccupato le sopracciglia, e Terry iniziò a girovagare per casa, appuntando di tanto in tanto sul suo taccuino.

Ad un certo punto si volse verso Goku, “Signor Son, dov’è la signora Vegeta?”.

“Uhm… è al piano di sopra a farsi un bagno”, sparò a casaccio il saiyan, velocemente, “V-vado a chiamarla. Lei intanto faccia come se fosse a casa sua!”. E detto questo corse su per le scale, catapultandosi letteralmente nella stanza di Vegeta.

Si ritrovò davanti il principino disteso sul pavimento, intento a fare alcune serie di addominali. Vegeta schioccò al rivale un’occhiata perplessa, che si fece ancora più confusa quando Goku si voltò per chiudere a chiave la porta con almeno tre mandate.

“Che diavolo di problemi hai adesso?”, chiese il principe, infastidito.

Goku lo sorpassò per andare a chiudere le finestre, abbassando anche le tapparelle. “Un tipo dell’agenzia di assicurazioni è qui. Vuole vederti”.

Vegeta sospirò irritato, “Beh, se dobbiamo comportarci come una coppia di checche, almeno fammi fare quella virile”.

Il giovane Saiyan lo fissò disgustato, per poi scuotere energicamente la testa. “Non può incontrarti! Non potrà mai incontrarti!”.

“Perchè? Facciamo le stronzate che fanno le coppie di checche, ci imbocchiamo, ci guardiamo nelle palle degli occhi, e io ti tocco il sedere. Semplice. Andrà benone. Magari facciamo così in fretta che io faccio persino in tempo a non vomitare”.

Goku deviò lo sguardo, sospirando, trovando in quel momento il pavimento particolarmente interessante, “… I matrimoni tra persone dello stesso sesso non sono permessi in Giappone”.

Vegeta si alzò in piedi, lentamente. “Ripeti un attimo, Kakaroth. Credo di non aver sentito bene”.

Goku lo guardò. “Matrimoni tra gente dello stesso sesso non sono permessi in Giappone. Così quando ho compilato il documento ti ho registrato come femmina”.

Silenzio. Eccetto l’inquietante gorgoglio che prese a ribollire dal notorio vulcano Principe Vegeta.

“HAI DETTO LORO CHE SONO UNA DONNA?!”, eruppe.

“H-h-h-h-ho dovuto farlo!”, piagnucolò Goku, “Mi serviva quell’assicurazione!”.

“IMBECILLE! STUPIDO! IDIOTA! DEFICIENTE! PEZZO DI CRETINO! TESTA DI CAZZO! Cosa credi che mi metterò a fare adesso?! Cross-dressing?!”, prese ad inveire furiosamente Vegeta.

Goku sbattè un paio di volte le palpebre, poi sorrise, “Hey! Questa è una grande idea! Puoi travestirti da donna?”. Lo sguardo omicida di Vegeta fu sufficiente come risposta, “Ah, hai ragione”, disse, “Non hai il corpo da donna, si capirebbe subito che sei un maschio”.

“MA DAVVERO?”.

Goku scoccò al suo “consorte” uno sguardo sofferente, “Puoi almeno darmi una mano a trovare un piano?”.

In tutta risposta, Vegeta lo afferrò per il collo e lo scaraventò fuori dalla sua stanza, “Sei tu quello che ha mentito sul mio sesso! Arrangiati!”. E detto questo se ne ritornò in camera, sbattendo così forte la porta che fu solo per miracolo se non crollò tutta la casa.

Goku si rialzò da terra, gemendo di dolore. Prese a massaggiarsi la testa, dove troneggiava ora un alquanto imponente bernoccolo, e fece la linguaccia lì dove, fino a qualche secondo prima, vi era il simpaticissimo principino col suo solito sguardo omicida. Scese fiaccamente giù per le scale e si ritrovò di nuovo faccia a faccia con Terry Darey e il suo taccuino.

“Allora”, chiese Terry impazientemente, “Dov’è la signora Vegeta?”.

Goku gli prodigò un sorriso falsissimo, “Ancora in bagno, mi spiace. Sa com’è, le piace prendersi il suo tempo nella doccia... ma se ha da fare, lei può anche tornare a casa!”.

“Non posso andarmene fino a quando non l’avrò vista”.

Merda!, pensò il Saiyan, Ora non posso fare altro che improvvisare. “Beh”, disse dopo qualche secondo, sempre sorridendo, “Vuole una tazza di the?”.

Terry parve rasserenarsi, “Oh. Non sarebbe male, signor Son. Grazie”.

Goku esultò mentalmente. Fare ampio sfoggio del suo lato cordiale, ecco qual era la cosa migliore da fare. “Allora si accomodi pure in soggiorno, gliene porto una tazza”. L’uomo trotterellò felicemente verso il soggiorno, entusiasta.

Una volta che fu sparito dalla loro visuale, Gohan corse da suo padre, “Cosa pensi di fare? Non può vedere Vegeta!”.

Goku scoccò al figlio un’occhiata torva, “Ho intenzione di drogare il the”, disse funereo, per poi dirigersi in cucina. Gohan si limitò a fissarlo con la mascella a terra.

Qualche momento più tardi, Terry Darey stava centellinando con gusto il suo the. “Oh, è davvero amaro!”, disse, “Ma è così che mi piace!”. Poggiò la tazza vuota sul tavolino con un sospiro soddisfatto, dopodiché ritornò nei panni del serioso uomo d’affari qual era, “La signora ne ha ancora per molto? Ho anche io una famiglia da cui tornare, sa”.

Goku fulmineo recuperò le tazzine, “VUOLE DELL’ALTRO THE?”.

“La ringrazio, ma ne già bevuto abbastanza. Grazie per la cortesia, comunque”. Terry si allungò per prendere il taccuino che aveva poggiato sulle gambe.

“ALTRO THE!”, lo ignorò Goku, versando il liquido drogato nella tazzina.

L’uomo non si scompose, e prese a scrivere sul suo blocchetto. “Signor Son,” disse ad un certo punto, con un tono di voce così serioso e gutturale che il povero Saiyan fu attraversato da un brivido lungo tutta la schiena, ”C’è qualcosa che devo sapere?”.

“... N-no...”, guaì Goku.

“Signor Son, non glielo chiederò un’altra volta. Dov’è la signora Vegeta?”, si avvicinò al combattente.

“Ecco... Vede...”, tentò di spiegare lui.

“Signor Son, sta forse cercando di nascondere il suo crimine di fraudolenza?”.

“No, io sto solo—”.

“Signor Son, non esiste nessuna signora Vegeta forse?”.

“No, ecco—”.

“SIGNOR SON, È QUI SÍ O NO?!”.

Scusi per l’attesa, signor Darey”.

Improvvisamente, una voce femminea si interpose dolcemente nella discussione. Goku, Gohan e Terry si voltarono simultaneamente verso l’entrata del soggiorno, sbalorditi. Lì, in piedi, vi era una splendida donna dai lunghi ed irti capelli corvini che le ricadevano lungo le spalle, con indosso dei tacchi alti ed un vestitino di Chichi leggermente attillato che le stava divinamente, facendole risaltare le belle curve e la leggermente bronzea carnagione. Era truccata, ma in modo velato e leggero, giusto per donarle un po’ di brillantezza al viso. Non aveva bisogno di nascondere alcuna imperfezione.

Goku sollevò un sopracciglio. Era assolutamente impossibile che quella meraviglia fosse Vegeta travestito da donna. Aveva una struttura molto più minuta rispetto a quella del principe, la vita era stretta, i fianchi erano larghi, e si potevano intravedere le graziose punte dei piedi dalle aperture dei tacchi. Goku non aveva la più pallida idea di chi quella donna fosse, da dove venisse e perché mai fosse spuntata da nulla, ma tutto ciò che gli interessava al momento era un’unica, semplice cosa: gli sarebbe dispiaciuto a Gohan se fosse diventata lei la sua nuova mamma?

La risposta era sì, e anche tanto, visto che il piccolo Son stava giusto immaginando in quell’esatto momento di sposarsela.

Nel momento in cui la scorse, il signor Darey balzò in piedi, arrossendo vistosamente, “N-non è assolutamente un problema, signora Vegeta!”.

La “signora Vegeta” si diresse verso di loro con estrema eleganza. Prese un tovagliolo dal tavolo e asciugò il the che era stato accidentalmente rovesciato dalla tazzina. “Kakaroth”, disse dolcemente, tanto che parve difficile credere che lo stesse davvero sgridando, “Hai combinato un pasticcio un’altra volta, vero?”.

Tutto quello che l’eroe fece fu annuire spasmodicamente. “Non importa. È tutto a posto, Kakaroth”, disse lei, “Non è successo niente”. Quando ebbe finito di pulire si accomodò sul divano, esattamente tra lui e Gohan. Nel movimento le loro braccia si sfiorarono, e Goku arrossì un poco.

“Allora”, iniziò Terry, che probabilmente era il più infatuato fra tutti i maschietti in quel momento, “Signora Vegeta, come vi siete incontrati lei e suo marito?”.

Goku deglutì. Come si erano incontrati? Lui aveva pregato gli dei di aiutarlo in qualche modo per uscire sano e salvo da quella situazione, e loro in risposta gli avevano fatto cadere quella donna dal cielo. Ecco come io e la mamma ci siamo incontrati, gente.

La signora Son sorrise, “Ci siamo conosciuti grazie a degli amici. Stavo cercando marito e un mio conoscente mi ha presentato Kakaroth, che aveva appena perso la sua prima moglie. Non credevo mi sarebbe piaciuto, eppure appena l’ho visto me ne sono perdutamente innamorata”.

Terry cacciò un’occhiata confusa, “Uhm... Kakaroth?”.

“Oh! Mi perdoni, signor Darey!”, si scusò lei, “Kakaroth è solo un soprannome che uso io. Significa ‘tesoro’ nella nostra lingua nativa”.

“Capisco! Che dolce!”, chiocciò l’uomo, “Ma... uhm… Come mai ha avuto bisogno dell’aiuto di amici per trovare marito? Sia pure libera di credermi o no signora, ma glielo assicuro, lei sembra tutto fuorché una donna che ha problemi a trovare un compagno!”.

“Oh, è molto gentile da parte sua, signor Darey”, disse lei, sbattendo le lunghe ciglia nere, “Ma vede, non sono fertile. Molti uomini avrebbero voluto sposarmi, ma il loro desiderio di avere dei figli era troppo forte”. E dopo aver detto ciò, con espressione affranta, si abbandonò ad un sospiro addolorato.

Nel momento in cui si depresse lei, nella stanza si depressero tutti. “Mi perdoni per averle fatto riemergere una cosa così dolorosa!”, disse Terry, sull’orlo del pianto.

“È tutto a posto”, sorrise la signora Son, “Sono stata davvero felice nello scoprire che Kakaroth aveva già un figlio suo. A dir la verità, inizialmente temevo che non saremmo potuti andare d’accordo, ma appena ho visto il piccolo Gohan-kun mi è parso di avere dinanzi suo padre, e mi sono innamorata inevitabilmente anche di lui”. Accarezzò amorevolmente la testa di Gohan, il quale arrossì come un peperone. “È un po’ come se fosse davvero mio figlio”.

“Adorabile”, sospirò Terry, con aria sognante.

La donna misteriosa lanciò un’occhiata all’orologio e sobbalzò, “Oh, cielo! È già così tardi! Adesso dovrebbe davvero tornare dalla sua famiglia, signor Darey. L’ho trattenuta qui per fin troppo tempo”.

Terry scosse furiosamente la testa, “NO! È tutto a posto! Non è assolutamente troppo tardi!”.

Goku fulmineamente balzò in piedi, “E INVECE SÍ, LO È!”, e trascinò l’uomo con non troppa grazia fino alla soglia della porta, seguito a ruota dalla consorte (?) e dal piccolo Gohan. Dopodiché spintonò il povero Terry fuori casa e la signora Son s’inchinò appena, dandogli un’amorevole buonanotte. “Grazie per la visita, signor Darey. Arrivederci!”.

“U-u-u-un momento!”, farfugliò l’uomo, ma lei gli aveva già sbattuto la porta in faccia.

 

***

 

Gohan, Goku e la donna misteriosa che era accorsa in loro aiuto si ritrovarono soli in casa. I due Son rimasero a fissarla sbigottiti, mentre quella rimase immobile davanti alla porta, con la schiena rivolta verso di loro.

“Vai al piano di sopra, Gohan”, disse ad un tratto Goku, con un tono di voce indefinibile, “E metti lo stereo a volume alto. Molto alto”.

“No!”, protestò il piccolo, “Voglio chiederle un appuntamento!”.

“Neanche per sogno, nanerottolo! Non sapresti nemmeno cosa fare con una donna come lei!”.

“Le regalerò un mazzo di fiori!”.

Improvvisamente, i Son captarono un guizzo di ki oscuro aleggiare pericolosamente nell’aria, ed interruppero istantaneamente il loro battibecco. Si voltarono in direzione della porta, constatando che il loro nuovo, grande amore era circondato da una strana quanto inquietante aura nera.

Sobbalzarono, chi diamine era quella donna?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

MTB: Wow! Questo è stato un capitolo lungo!

Trunks: Assolutamente! Bel lavoro, Ashley!

MTB: Yep! E me ne frego altamente del fatto che ho ancora un’importante tesina da fare!

T, G e V: Cosa?

MTB: Ho deciso di continuare a scrivere fanfiction al posto di fare i compiti.

Trunks: Perché non sai nemmeno quali sono le tue priorità?!

MTB: Nel prossimo capitolo di Ouji-Sama! Become My Wife!: chi è questa donna misteriosa? E perché ha aiutato Goku? Solo io lo so, e non ho alcuna intenzione di dirvelo!

Trunks: Visto che non ha ancora scritto il prossimo capitolo.

MTB: Tu mi conosci troppo bene. Forse dovrei ucciderti...

 


 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Ari-salve (i miei saluti sono molto creativi). Ecco il terzo capitolo! Spero vi sia piaciuto!

Vedere Vegeta e Gohan pulire il bagno di casa Son mi ha destabilizzato, non riuscirò più a togliermi l’immagine del povero Veggy con la cuffietta per i capelli e il moccio in mano, questo è poco ma sicuro. E... ODDIO, LE MUTANDE DI GOKU. Paura.

Anyway, come presumo avrete notato anche da soli, i dialoghi all’inizio del capitolo e sopra le mie note sono ad opera dell’autrice. Li ho trovati simpatici, così ho deciso di tradurli. E poi... beh, bene, vi lascio con le domande che ha lasciato lei. Una banana (?) a chi indovina l’identità di questa gran gnocc—ehm, della donna misteriosa!

Al prossimo capitolo, e grazie a voi tutti per le recensioni!~

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 (1) ***


MTB: Salve a tutti! Sono MTB e questo è il quarto capitolo di “Ouji-Sama! Become My Wife!”. È fantastico leggere tutte le vostre recensioni!

Trunks: È fantastico essere di nuovo qui!

Goku: Sono sicuro che questo capitolo risponderà a tutte le vostre domande!

MTB: Ma anche no.

Goku: ... Eh?

MTB: Questo capitolo non farà che aumentare le questioni in sospeso…

Goku: Urca, sul serio?

MTB: Ad esempio, vi farà chiedere cose del tipo “Ma come fa l’autrice a pensare a robe del genere?”, o “Cosa guarda in televisione?”, o “Troverà  mai il telecomando?”, o “Quando stavo indossando questa maglietta?”, o “Quanti pasticcini ha lasciato nel frigo?”. Beh, per rispondere alla vostra ultima domanda, i pasticcini sono... ZERO! Non ci sono pasticcini in frigo! La mamma mi ha fatto una torta! Non pasticcini!

Vegeta: Meno male, una questione di vitale importanza è stata risolta.

MTB: E l’ultima importantissima domanda è... chi fa i disclaimer?

T, G, V: *fischiettano con nonchalance facendo finta di niente*

MTB: E va bene, bastardi! Lo farò io! (Disclaimer: DBZ mi appartiene? No, no, direi di no. Ecco, questo dovrebbe essere sufficiente come risposta).

 


 

Capitolo 4 (1)

 

La donna misteriosa continuò a dare le spalle a Goku e Gohan. Il suo corpo fremeva, e attorno a lei vi era un’inquietante aura scura, tracimante d’odio, proveniente probabilmente dal più profondo del suo animo. I due Son la fissavano spaventati, pallidi come cenci, i brividi che scivolavano lungo tutta la schiena. Ad un certo punto, come nel più terrificante dei film horror, con una lentezza angosciante la donna prese a girarsi verso di loro. La sua espressione indemoniata ricordò a Goku una Chichi particolarmente arrabbiata. Una Chichi particolarmente arrabbiata posseduta da Satana, ecco.

 “Gohan”, mormorò il saiyan, nervosamente, “N-non dovevi darle dei fiori?”.

“N-no papà”, bisbigliò il bambino in risposta, terrorizzato, “Dovevo andare al piano di sopra, accendere lo stereo e metterlo a volume molto alto”.

Nel momento in cui si fu voltata completamente verso i due maschietti terrificati, la mostruosa donna cacciò un urlo sovrumano, facendo tremare pericolosamente le pareti della casa: “VI ODIO! VI DETESTO! GIURO CHE VI AMMAZZO! FOTTUTI OMUNCOLI DI TERZA CLASSE!”.

All’udire quell’appellativo, Goku sbatté un paio di volte le palpebre, sconcertato, “Aspetta un attimo... V-Vegeta?”.

Gohan fulmineamente balzò indietro, schifato e sgomentato al contempo per aver seriamente pensato di voler sposare quel furioso pazzo omicida.

“CHI ALTRO DOVREBBE ESSERE SECONDO TE, BRUTTO PEZZO DI IMBECILLE?!”, e continuando ad inveire e sbraitare parolacce ed insulti indicibili, Vegeta si levò i tacchi, scagliandoli entrambi con violenza sovrumana addosso al saiyan.

Goku riuscì a scansare abilmente la prima scarpa, ma l’altra lo colpì con precisione millimetrica dritta in fronte, “AHIO! CHE MALE!”.

“E ho sentito il tuo ‘vai al piano di sopra e metti lo stereo a volume alto’ che hai detto al moccioso! Che diavolo credevi di fare?!”.

Il giovane saiyan si massaggiò il bernoccolo pulsante mugolando di dolore, dopodiché, timidamente, mormorò: “È da un po’ che... ehm... ecco... non...”, si interruppe un attimo, imbarazzato, “S-senti, anche io mi sento solo ogni tanto!”.

Gohan fissò Vegeta a bocca spalancata, in un modo che a definirlo sbalordito sarebbe stato un eufemismo, “C-c-c-come è possibile?”, mormorò. In tutta risposta la versione femminile del principino s’infilò una mano in tasca, tirandone fuori quella che pareva essere una pistola laser di metallo, per poi porgergliela. Il ragazzo cautamente la prese, esaminandola, “Cos’è?”.

“Credo sia una delle invenzioni d Bulma. L’ho trovata tra le mie cose”, spiegò Vegeta, pulendosi con disprezzo le labbra appiccicose sporche di rossetto sulla manica del vestito, “Devo averla presa per sbaglio quando ho rubato le capsule di Yamcha”.

A Goku crollò la mascella per lo stupore, “H-hai rubato le capsule di Yamcha?”.

Vegeta sogghignò, “Ho anche preso un paio delle sue carte di credito, se è per questo. Beh, non gli mancheranno”.

“Comunque a che serve questa pistola?”, chiese Gohan.

Vegeta incrociò le braccia al petto, “A quanto pare è in grado di trasformarti in diverse versioni di te stesso”.

Goku prese l’invenzione dalle mani del bambino, iniziando a giocherellare con il grilletto, “Qua c’è normale, sesso opposto... animale... Oh! Urca! C’è anche versione cowboy! Gohan, dobbiamo giocare con le nostre versioni da cowboy un giorno!”

Gohan lo ignorò, rivolgendosi a Vegeta, “Quindi questo sarebbe l’aspetto che avresti se fossi nato donna?”.

Il principe diede un’occhiata al suo prosperoso ed affascinante corpo, “Così pare”.

Goku ridacchiò, “Saresti dovuto nascere donna, Vegeta! Sei davvero uno schianto!”.

Una terza scarpa proveniente da non si sa dove colpì l’eroe in piena faccia, scagliata da una principessina alquanto violacea per l’imbarazzo. “URCA, CHE MALE! Da dove l’hai tirata fuori quella?!”, esclamò Goku, massaggiandosi il nuovo, pulsante bernoccolo zampillante di sangue.

Gohan incrociò le braccia al petto, annuendo, “Però Papà ha ragione, Vegeta. Sei sexy”.

“CHIUDETE IL BECCO!”, berciò lui, “E ora, se non vi dispiace, vorrei uscire da questo corpo abominevole e ritornare al mio fisico muscoloso e virile, così come gli dei hanno avuto la gentilezza di farmi!”, sbottò, altezzoso.

“Non mi sembra che il tuo fisico sia tutta questa virilità”, asserì d’improvviso una profonda voce alle sue spalle, intromettendosi nel discorso.

Vegeta chiuse gli occhi, digrignando i denti, “Questo namecciano del diavolo compare sempre nei momenti meno opportuni”. E dicendo ciò, decidendo stoicamente di ignorare totalmente il nuovo arrivato, s’incamminò verso la sua stanza, le braccia conserte al petto e il naso puntato altezzosamente in aria.

Dopo che si fu udito lo sbattere fragoroso della porta, Goku si rivolse a Piccolo, “Come mai sei qui?”.

“Sono solo venuto a vedere come stessero andando le cose”, sogghignò l'alieno, “Anche se a quanto pare sono arrivato troppo tardi per godermi il vero spettacolo”.

Dopo qualche secondo, la versione femminile di Vegeta comparve di nuovo giù dalle scale. Continuando ad ignorare totalmente Piccolo, la principessina si avviò a passo spedito verso Goku e, dopo aver guardato il basito Son con uno sguardo tracimante d'odio, gli strappò rabbiosamente la pistola dalle mani. Poi girò sui tacchi e se ne ritornò al piano di sopra, sculettando. Inevitabilmente, il ghigno del namecciano si allargò a dismisura.

 “Quando ha intenzione di arrivare il tipo delle consegne?”, gemette Goku, sconsolato.

 

***

 

Vegeta sedeva come un indiano sul pavimento della sua stanza, addosso i suoi soliti abiti e l’aspetto quello di sempre. Era intento ormai da qualche abbondante minuto ad imprecare contro dei vari ed eventuali per la sua sfortuna. Non solo aveva dovuto umiliarsi in quel modo indegno, ma quel maledetto idiota, il suo maledetto marmocchio e il maledetto namecciano avevano visto l’intero (o quasi) squallido spettacolino! Ciò che lasciava interdetto il principe più di tutto, però, era l’oscuro motivo per cui aveva accettato di fare parte di quella stupida recita. Perché si era abbassato a fare una cosa del genere? Stava aiutando Kakaroth, la sua nemesi, perlopiù ridicolizzandosi in una maniera inaccettabile! Lui! Il principe di tutti i saiyan!

A quel pensiero si morse rabbiosamente il labbro, quasi spaccandolo. Non c’entrava niente il fatto che Kakaroth avesse fatto molto per lui. Nel momento in cui era entrato in quella dannata casa, Vegeta si era messo a cucinare e pulire. Così, come se fosse una cosa assolutamente normale. Stava facendo tutto ciò che quel reietto di terza classe gli aveva promesso quando gli aveva fatto la proposta di matrimonio.

In fondo gli sarebbe davvero importato qualcosa se il governo avesse scoperto che due maschi alieni si erano illegalmente sposati? Assolutamente no. Se fosse sorto qualche problema, Vegeta si sarebbe limitato a mandare all’Inferno sia i terrestri che le loro stupide regole, e tanti saluti.

E allora cos’era ad averlo spinto a trasformarsi in una dannata donnaccia? Assillato da quell’interrogativo ringhiò, frustrato, ed infine se ne rese conto. Se quel Darey li avesse scoperti, Kakaroth avrebbe perso la sua stupida assicurazione. Quella stupida, dannata, stramaledettissima assicurazione, la ragione che aveva portato ad allestire tutta quella insensata pagliacciata. Ciò che aveva spinto l’idiota di terza classe a chiedergli di sposarlo, per il bene di suo figlio. Se avesse perso la polizza, tutti quegli stupidi sforzi sarebbero stati vani. Vegeta si ritrovò a pensare alla faccia triste e demoralizzata di Goku e sentì lo stomaco contorcersi.

N-n-non che non gli piacesse vedere Kakaroth depresso! Il fatto era che l’idiota aveva un’orribile, irritante e patetica espressione quando si ritrovava abbattuto per qualcosa. Così orribile, irritante e patetica che gli faceva venir voglia di prenderlo a pugni più di quanto non volesse già fare! Ecco tutto. Vegeta scosse la testa, ridacchiando sprezzante. Come se gli importasse qualcosa se quell’imbecille fosse triste o meno. Figuriamoci!

Improvvisamente, un debole bussare proveniente dalla porta interruppe il suo afflusso di pensieri; seguì subito una fievole voce, “Uhm, Vegeta?”.

Il principe alzò gli occhi al cielo, alzandosi. Parli del diavolo, pensò. Aprì la porta, ritrovandosi davanti un Goku con un sorriso nervoso sulle labbra e un piatto di cibo in mano. “Hey, Vegeta”, disse, “Il ragazzo delle consegne è arrivato, finalmente. Volevo solo portarti la cena”.

Vegeta afferrò il piatto e rimase a fissare il suo rivale con uno sguardo indecifrabile. Decise di sottoporsi ad un test che gli era balzato alla mente da un po’. “Ehi, Kakaroth”, disse, “Ho trovato un dolcetto tra le mie cose. Lo vuoi?”.

Il viso di Goku si illuminò dalla gioia, “SÍ! ADORO LE CARAMELLE!”.

 

Thump-thump.

 

Eccolo di nuovo. Dannazione. Vegeta imprecò mentalmente contro il suo cuore; era la seconda volta che quello stupido organo si comportava in maniera strana e assolutamente non richiesta. E tra l’altro, aveva fatto così solo quando Kakaroth si era stampato in faccia quello stupido sorriso da imbecille.

Ora toccava alla seconda parte del test. Il principe ghignò, “Che peccato, non ho una caramella”.

L’espressione felice dell’altro saiyan si spense gradualmente, facendo spazio ad un’espressione rattristata e delusa, “Questo è stato un colpo basso. Sapevo che eri arrabbiato con me, ma... uffa...”.

Un nuova sensazione avvolse Vegeta. Non aveva mai provato nulla del genere. Improvvisamente, si sentì come se volesse rimangiare il suo ultimo commento. Perché? Perché provava un desiderio del genere?

Goku se ne andò, con un broncio depresso stampato in faccia. Quando fu sul punto di scendere le scale, Vegeta lo chiamò, “Kakaroth!”.

Il saiyan voltò di poco la testa, “Che c’è?”.

“Tu sai qualcosa su... sulle emozioni e tutte quelle stronzate là, giusto?”, chiese lui, con titubanza.

Goku sbatté le palpebre, “Uhm... sì. Più o meno. Perché?”.

“Come si chiama quella sensazione... diamine... quando fai qualcosa, ma dopo... dopo pensi che forse sarebbe stato meglio se non l’avessi fatta?”.

Goku scoccò all’altro saiyan un’occhiata perplessa, “Senso di colpa?”.

“È così che si chiama?”, chiese Vegeta.

L’eroe si voltò verso di lui e rise, “Ti stai sentendo in colpa per avermi detto una bugia riguardo alla caramella?”.

“No, brutto imbecille! Non mi sento in colpa per quello! È per un’altra cosa! E comunque non ho detto una bugia! Ti ho chiesto se volevi un dolcetto, non una caramella!”, il principe s’infilò una mano in tasca, tirando fuori un pacchetto argentato che scagliò addosso Goku - letteralmente. “E non fare mai più una faccia patetica come quella di prima! Sei un guerriero, perdio, non un bambino! Sei un insulto alla mia vista!”, e dopo aver detto ciò si rintanò di nuovo in camera, sbattendo la porta.

Goku prese al volo la confezione con una mano, grattandosi la nuca con l’altra. “Ma che gli prende?”, si domandò ad alta voce, confuso. Guardò la barretta argentata, sul cui involucro colorato vi era una scritta ad eleganti caratteri corsivi: “Chocolate Goodness”. Sorrise, scartando il pacchetto e dando un bel morso al pezzo di cioccolato. Squisito. Ridacchiò: forse Vegeta non era poi così male, dopotutto.

 

***

 

Il giorno seguente si presentò un po’ nuvoloso, ma con un sole ugualmente bello luminoso. Vegeta sonnecchiava placidamente nel suo letto, russando piano. Dormiva del tutto ignaro delle due paia d’occhi che stavano osservando il suo petto alzarsi ed abbassarsi lentamente da perlomeno un quarto d’ora, con un che di vagamente maniacale. Goku, deglutendo, gli si avvicinò piano, con titubanza, allungando una mano verso la sua spalla e scuotendolo gentilmente per svegliarlo. Nel momento in cui il principe grugnì contrariato qualcosa, destato dal suo sonno, il giovane saiyan ritirò fulmineo la mano – non fosse mai che quello gliel’azzannasse. Il bell’addormentato non più molto addormentato lentamente si mise a sedere sul letto, posando lo sguardo annebbiato e vagamente contrariato sui due sgraditi intrusi. Goku rise nervosamente, mentre Gohan si limitò a stare nascosto dietro alle spalle del padre, nel timore di essere travolto dalla sua ira funesta.

Vegeta mugugnò, “Cosa volete?”.

Goku deviò lo sguardo e si grattò la nuca, “Ecco, avremmo bisogno di te per una cosa”.

Il principe li occhieggiò infastidito, notando che il marmocchio indossava dei vestiti stranamente decenti e teneva uno zainetto in spalla. Anche i capelli, solitamente scarmigliati, erano ora ben pettinati, in un’acconciatura simile a quella dei comuni maschi terrestri. Goku indossava una camicia bianca abbottonata, una cravatta blu e dei pantaloni neri.

“Sentiamo”, sbuffò Vegeta.

Goku deglutì, “Per Gohan oggi è il primo giorno alla scuola pubblica. E io devo essere lì con lui”.

“E allora vattene!”, grugnì il principe, aggrottando le sopracciglia, “Perché diavolo mi vieni a scocciare?”.

“C’è bisogno che io sia lì con lui e con VeeVee”.

Vegeta sbattè le palpebre, “Chi?”.

Goku non potè fare a meno di emettere un risolino, “Ecco... VeeVee è il nome che io e Gohan abbiamo dato al tuo alter-ego femminile, e—”. Si pentì amaramente di aver parlato nel momento in cui si ritrovò dinanzi allo sguardo omicida dell’altro saiyan.

Osi chiedermi di umiliarmi un'altra volta?”.

“N-nessuno saprà che sei tu!”, si affrettò a dire, cercando di persuaderlo, “È solo per poco tempo! La scuola vuole conoscere i genitori degli studenti appena arrivati! Non posso andare da solo dopo che hanno saputo che Gohan ha una nuova mamma!”.

“NO! Non ho alcuna intenzione di trasformarmi di nuovo!”, Vegeta si girò dall’altra parte e si coprì con il lenzuolo, “Ed ora sparite!”.

Non disse più nulla, e nella camera calò il silenzio. Nel momento in cui sentì il suono dei passi, Vegeta sogghignò trionfante, convinto di essere riuscito a spuntarla. Stette con il ghigno vittorioso stampato sulle labbra fino a quando una strana sensazione alquanto familiare non lo pervase. Lentamente abbassò lo sguardo, constatando con orrore che, al posto dei pettorali scolpiti, gli era spuntato un’altra volta il seno. Fulmineo balzò giù dal letto, sconvolto ed al contempo furioso. “KAKAROTH! MALEDETTO!”, strillò, con voce ora da donna, “Come hai osato?!”.

Goku spuntò dall'ombra, giocherellando con la pistola trasformante e agitandola distrattamente in mano. “Il matrimonio”, iniziò, “è anche collaborazione, Vegeta, e le coppie devono darsi una mano a vicenda. Quindi ora tu mi aiuterai”.

“Io ti ho aiutato, ieri sera! E non ho intenzione di farlo di nuovo!” strillò lui (lei?), tirandosi su i pantaloni del pigiama ora talmente larghi da scivolargli lungo i fianchi. “E comunque questo matrimonio è solo una dannata farsa!”.

Goku incrociò le braccia al petto e oltrepassò la rabbiosa principessa, “Gohan ed io ti aspettiamo in macchina, se mai sarai pronto”.

Vegeta si tirò istericamente su il largo colletto del pigiama che gli ricadeva lungo la spalla nuda e rotonda, gli occhi dardeggianti di rabbia e vergogna, “Oh no, voi non farete proprio un bel niente!”, urlò all’indirizzo del saiyan. Goku, ignorando lui e le sue invettive, scese al piano terra verso l’entrata. “Kakaroth! Accidenti a te! Ridammi immediatamente quella pistola!”, inseguendolo e correndo precipitosamente verso l’ingresso, Vegeta incespicò sui lunghi pantaloni del pigiama, rischiando di finire con la faccia per terra. Imprecando furiosamente, una volta riacquistato l’equilibrio se li levò calciandoli via, rimanendo in mutande e correndo al piano di sotto da Goku.

L’eroe arrivò fino all’ingresso, ma non fece a tempo ad aprire la porta che Vegeta riuscì ad abbrancargli il braccio, aggrappandosi ad esso col suo esile corpo femminile come se fosse una scimmia su un albero. “Kakaroth, dammi immediatamente quel dannato affare!”.

“No! Te lo restituirò solo quando saremo tornati da scuola!”, esclamò Goku, tenendo con facilità quasi disarmante la pistola fuori dalla portata della donna.

Vegeta lo afferrò per il colletto e se lo tirò contro, così vicino che le punte dei nasi si sfiorarono. “Te lo giuro, Kakaorth! Se non mi ridai quella pistola io—”.

Goku allungò un braccio ed abbassò la maniglia, aprendo la porta di casa alla sola ed unica Bulma Briefs in persona.

Alla sua vista i due saiyan si bloccarono come due statue, le bocche spalancate a formare una perfetta “o” e gli occhi sbarrati grandi quanto due fanali. Bulma aveva un braccio alzato e la mano chiusa in pugno, probabilmente in procinto di bussare da un momento all’altro – almeno prima che la porta si aprisse da sola. Goku e Vegeta si guardarono sconvolti, prima di ritornare a fissare Bulma.

La donna rimase interdetta a ciò che si ritrovò dinanzi. Goku era immobile, chino verso una ragazza che lei non aveva mai visto prima dall’ora. Era una bella tipa, i capelli corvini lunghi e vagamente spettinati, con addosso la maglietta di un pigiama chiaramente da uomo che le scivolava lungo la spalla, lasciandogliela scoperta. Teneva le mani attorno al colletto della camicia dell'uomo, come se lo stesse tirando a sé per baciarlo.

Piombò un terrificante silenzio, durante il quale i due saiyan tornarono a fissarsi, incapaci di formulare un qualsiasi pensiero intelligente. Non ci volle molto perché si rendessero conto, con estremo orrore, di cosa il contorto cervellino di Bulma stesse elaborando in quell’esatto istante. Il sorrisetto perverso che si stampò sul viso della donna non fece che confermare la loro supposizione.

“Beh, cosa sta succedendo qui?”, chiese Bulma, con il tono furbetto di chi pareva già conoscere la risposta. Goku velocemente nascose la pistola nella tasca. Vegeta lasciò andare il Saiyan e si tirò su il colletto cadente del pigiama per la milionesima volta, senza proferire verbo, dopodiché girò sui tacchi e si incamminò rigido come un pezzo di legno verso le scale. Un volta raggiunto il piano superiore, si rintanò nella sua stanza più veloce della luce, rischiando l'infarto da un momento all'altro.

Goku lo fissò in tacita disperazione fino a quando la figura di VeeVee non scomparve dal suo campo visivo, Accidenti a te, Vegeta! Perché mi hai lasciato da solo con Bulma?!

“Allora”, disse la donna, leccandosi le labbra, “Chi è la bambolina?”.

“Uhm...”, Goku esitò, “È una vicina di casa. Sì, una vicina”.

“Davvero? Intendi dire una dei tanti vicini che vivono qualche miglia lontano da qui?”, il sorrisetto si tramutò in un vero e proprio ghigno da gatto Cesiro.

“Lei... ehm... è venuta a chiedere in prestito... dello zucchero”, balbettò.

Il riso maligno non scomparve dalla faccia di Bulma nemmeno per sbaglio, “Oh, aveva bisogno dello zucchero ed è venuta da Papà Goku che è l’unico in città che lo vende?”.

“N-non è come sembra!”, esclamò il Saiyan, rendendosi conto che la situazione stava drasticamente precipitando. Si vergognò della sua scusa orripilante, non riuscendo nemmeno lontanamente ad immaginare Vegeta che andava da lui per chiedergli dello “zucchero”.

“Fammi capire bene, Son”, Bulma si portò le braccia ai fianchi, “Quella piccola, tenera bambolina che vive ad almeno due miglia di distanza lontano da qui ha deciso di venire camminando – e dico ‘camminando’ perché non vedo altre macchine parcheggiate oltre alla tua qui fuori - fino a casa tua per chiederti in prestito dello zucchero, facendo l’intero tragitto solo con un’enorme maglietta da uomo addosso?”.

Goku, ascoltando tutte le scuse che le aveva affibbiato, si rese effettivamente conto di aver sparato una marea indicibile di scemenze. Ma ora la unica priorità era quella di far andare via Bulma il più in fretta possibile, quindi accantonò rapidamente quella considerazione nei meandri più profondi del cervello, annuendo spasmodicamente.

“Ehm. Esatto”, disse, poco convinto.

Bulma sogghignò, “Non avevo idea tu fossi così intraprendente, Goku. A guardati sembri così innocente!”.

“H-hai bisogno di qualcosa?”, chiese il saiyan, febbrilmente.

Bulma incrociò le braccia sotto al seno, continuando ad ostentare il suo immancabile sorrisetto, “Uhm... sì, più o meno. Visto che ultimamente siete tutti così impegnati nei vostri allenamenti, ho deciso di dare una festa. Tanto per alleggerire un po’ l’atmosfera, sai. Si terrà tra una settimana a casa mia, era venuta qui solo per invitarti”, s’interruppe e, dopo un secondo di silenzio, ridacchiò civettuola, “Se decidi di venire, porta anche la tua nuova fidanzatina. Sono sicura che tutti saranno entusiasti di fare la sua conoscenza!”. La geniale donna dai capelli azzurri girò sui tacchi e si diresse verso la sua auto, parcheggiata dietro a quella di Goku. “Adesso ti lascio. Presumo tu abbia delle cose di cui occuparti adesso, no?”, disse ammiccante, prima di salire in macchina. Abbassò il finestrino e diede un ultimo cenno di saluto con la mano, facendo retromarcia, “Spero di vedervi alla festa!”, esclamò. Poi se ne andò sgommando.

Goku ricambiò fiaccamente il saluto e rientrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle. Si poggiò contro la lastra di legno e si abbandonò ad un sospiro di sollievo. Bulma non si era accorta della vera identità della “bambolina”, ma aveva scoperto che lui era... beh, “impegnato”. E adesso avrebbe dovuto presentare VeeVee a tutta l’allegra combriccola. Perfetto, davvero perfetto.

Improvvisamente, balzatogli alla mente il fatto che aveva altre cose di cui preoccuparsi al momento, il saiyan si catapultò al piano di sopra. La porta della camera di Vegeta era ovviamente chiusa; Goku bussò. “Vegeta? Sei pronto? Dobbiamo andare!”.

Sorprendentemente, fu la voce di Gohan a rispondere al posto del principe. “Vegeta non uscirà mai più dalla sua stanza. O beh, almeno questo è quello che mi ha detto. Poi si è abbandonato ad un melodrammatico, shakespeariano sproloquio sull’orgoglio, la vergogna, la gloria, e su cosa vuol dire essere un saiyan ed un vero uomo. Mi sembra di aver capito che è come essere il contenitore di una torta alla gelatina, più o meno”, disse il ragazzino.

Goku si mise le mani ai fianchi, “Beh, della torta alla gelatina ce ne occuperemo dopo. Adesso dobbiamo andare a scuola, altrimenti arriverai in ritardo!”.

“Vegeta si rifiuta di uscire dalla sua stanza”, ripeté Gohan, “Ha detto anche che ora che Bulma ha scoperto di voi due, l’intero universo verrà a sapere tutto in dieci minuti”.

Goku sospirò sconsolato, sorpassò Gohan ed entrò nella stanza. Trovò la versione femminile di Vegeta intenta a prendere violentemente a capocciate il muro, sul cui intonaco si era andato a formare una specie di solco rossastro. Onde evitare che il solco si trasformasse in un vero e proprio cratere, rapidamente il giovane saiyan bloccò l'isterica donna, afferrandola per le braccia. “Non mi sembra un modo molto salutare per scaricare lo stress, Vegeta”.

“È l’unico metodo funzionante”, disse il principe con voce dall'oltretomba, voltandosi verso il saiyan, “Soprattutto ora che quella stupida donna sarà in giro a spettegolare di me e del mio maledetto alter-ego femminile a tutto il circondario!”.

Goku scosse il capo, “Bulma non ti ha riconosciuto. Ha pensato solo che tu fossi la mia nuova ragazza”.

A quelle parole, Vegeta si abbandonò ad un sospiro di sollievo.

“C’è comunque una brutta notizia”, continuò l’eroe, “Mi ha invitato ad una festa e vuole che porti anche te, per presentarti agli altri”.

Il furioso principe in vesti di isterica principessa ringhiò come un cane rabbioso, spintonando Goku lontano da sé. “Che vada al diavolo! E tu con lei! Dille che sono morto o qualcosa del genere!”.

“Sai benissimo che non ci cascherà! Comunque sia, di questo ne parleremo dopo, ora non abbiamo tempo”, disse Goku, guardando l’orologio, “Dobbiamo andare a scuola!”.

Vegeta incrociò le braccia al petto, “Vacci da solo. Non ho alcuna intenzione di andare in quel posto schifoso pieno di urlanti, piagnucolosi mocciosi e di patetici, stupidi genitori”.

Il saiyan con un sospiro esasperato estrasse la pistola trasformante dalla tasca, “Se vuoi avere la tua virilità indietro, Vegeta, non credo tu abbia grandi alternative”.

La principessina lo fulminò con lo sguardo, “Farai meglio a dormire con un occhio aperto stanotte, Kakaroth. Perché giuro che ti ucciderò. In maniera estremamente violenta”.

Goku sorrise, sfavillante, “Lo prendo come un sì!”. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Salve salvino, eccomi con il nuovo capitolino. Oddio mi sento Flanders. Dunque, in realtà questo quarto capitolo sarebbe stato unico, ma essendo particolarmente lungo ho deciso di spezzarlo in due parti, tanto per facilitare le cose sia a me che a voi. Tranquilli, la seconda parte arriverà presto, giurin giurello. Intanto... buon Halloween! Una festa come un’altra per ingozzarsi in maniera indecente. Adoro le feste. Anyway, piaciuto il capitolo? Spero di sì! Chi l’avrebbe mai detto che Vegeta vestito da donna fosse veramente... Vegeta da donna? Gnocca, peraltro. All’inizio io credevo si trattasse della sorella segreta, o di qualche altro parente pescato random. E invece no, si trattava di un Vegeta con le tette. Di nome VeeVee. Wow. Come potrò continuare a guardare normalmente Dragon Ball? COME POTRÓ?! Grazie a tutti per le recensioni, per tutti i preferiti, i seguiti e gli spolliciati (?) su Facebook! Nel prossimo capitolo: VeeVee, Goku e Gohan a scuola! Più un incontro poco spiacevole per Vegeta che porterà a conseguenze altrettanto spiacevoli. *patt-patta Vegeta* Poverino. E, tra le varie cose... Goku in procinto di una pericolosa crisi di nervi. *patt-patta Goku* Poverino.

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 (2) ***


Capitolo 4 (2)

 

Dopo circa mezz’ora, l’alquanto bislacco trio di saiyan era accomodato nell’ufficio del preside della ‘M.T.B. Elementary School’. Goku continuava ad agitarsi sulla sua sedia girevole come un bambino di cinque anni, Gohan faceva ciondolare annoiato la gamba avanti ed indietro, mentre Vegeta, tracimante d’odio, stava seduto immobile come una statua a gorgogliare di rabbia, lì nell’angusta stanza che pareva diventare sempre più calda.

Il preside ancora non era arrivato, e la cosa rendeva il principe ancora più furibondo di quanto già non fosse. Impaziente, nelle sue eleganti vesti femminili prese a battere nervosamente il piede a terra. Nello stesso momento Gohan allungò una mano verso la ciotola di caramelle sulla scrivania, prendendone un paio. Ne scartò una e se la mise in bocca, iniziando a succhiarla e provocando un continuo, schioccante e fastidioso suono. La schiena di Goku in contemporanea iniziò a prudere, e il saiyan, per alleviare il fastidio, iniziò seraficamente a strusciarsi contro il muro come un cane pulcioso.

Quando la porta finalmente si spalancò, parecchi minuti più tardi, il preside fu accolto da un meraviglioso concertino di “tap, tap”, “smack, smack” e “scratch, scratch” che avrebbe mandato fuori dai ghingheri anche un santo. “Se questa non è la cosa più irritante del mondo, non so cos’altro potrebbe mai esserlo”, borbottò.

Vegeta, fulmineo, fu il primo ad agire, dando ampio sfoggio del suo disarmante charme e della sua alquanto inaspettata eleganza femminile, “Oh, signor preside, è davvero un onore poterla finalmente incontrare”, mormorò, con voce leggera e soave.

Ha cambiato totalmente personalità, pensarono all’unisono Goku e Gohan, attoniti.

“Beh, mi pare logico! D’altronde è di me che si sta parlando! Oh oh oh!”, ridacchiò l’uomo, “Sto scherzando, ovviamente. O forse no”.

Vegeta si abbandonò ad una graziosa risatina femminea, appuntandosi mentalmente di uccidere quell’imbecille un giorno o l’altro.

L’ignaro direttore prese posto alla sua scrivania, attorcigliando distrattamente un lungo, nero e sporgente baffo attorno al dito. Ovviamente questo bell’omaccione non era altro che la vostra autrice con un paio di baffoni finti, ma questo i saiyan non potevano saperlo. “Dunque! Mettiamoci al lavoro! Son Gohan desidera iscriversi nel nostro istituto, huh?”, disse, aprendo il file di Gohan.

“Sì signore!”, esclamò Goku, “È stato davvero uno studente modello con i suoi maestri privati. Ed inoltre—”.

Il preside (la preside?) sollevò austeramente l’indice, interrompendolo, “Spetta a me vedere se è davvero uno studente modello! Silenzio!”. Prese a sfogliare il voluminoso fascicolo, esaminandolo con attenzione. I suoi occhi divennero nell’arco di pochi secondi due fanali. “PER I SETTE MARI DI RHYE! I voti di questo piccoletto sono fenomenali! Se questa patetica scuola avesse sempre punteggi simili, penso che potrei anche mettermi a piangere!”. Poi voltò un’altra pagina, “Per la bad mamma-jamma funk jazz fusion*! Questo bambino ha voti in matematica più alti di quelli che avevo io quando andavo a scuola!”. Diede rabbiosamente il plico di fogli in testa a Gohan. “Senti un po’ tu, sai dirmi qual è il perimetro della faccia di tua madre?”.

“C-c-c-cosa?”, chiese il bambino, confuso.

L’altro fece schioccare la lingua contro il palato, irriverente, dopodiché si alzò. “Comunque sia, è ammesso”.

“Perfetto!”, esclamò Goku, balzando in piedi. Vegeta rimase al suo posto, incredulo davanti all’eccentrico e alquanto strambo direttore.

“Sì, perfetto!”, lo scimmiottò il preside, “Ed ora andatevene! Via! Sciò! Devo ancora vedere un sacco di studenti!”.

Prima ancora che riuscissero ad alzarsi dalle sedie e darsi una vaga rassettata, Goku, Gohan e Vegeta vennero amorevolmente sbattuti fuori dall’ufficio. Il preside prodigò loro un sorrisone smagliante e poi si rintanò nuovamente nell’ufficio, richiudendosi violentemente la porta alle spalle e tornando alle sue faccende. Dopo qualche istante di smarrimento, Vegeta si voltò verso Goku, perplesso: “Vuoi davvero far frequentare al moccioso un posto simile?”.

Goku scrollò le spalle, “Sicuro. Perché? C’è qualcosa che non va?”.

Vegeta si massaggiò le tempie, “Mah, non saprei Kakaroth”, disse, ironico, “Ho sempre vissuto con l’evidentemente malsana convinzione che le persone volessero il meglio per i propri figli”.

“Hey!”, esclamò l’altro saiyan, incrociando le braccia, “Questa scuola è molto buona! È vicino a casa e gli insegnanti sono persone responsabili! E comunque, da quando in qua ti preoccupi per Gohan?”.

Appena disse ciò, Goku parve scorgere un’espressione attonita sul bel volto di VeeVee. Sbatté un paio di volte le palpebre, perplesso. Da quando in qua ti preoccupi per Gohan? Forse Vegeta si stava giusto chiedendo la stessa cosa? “Lasciamo perdere”, lo ignorò il principe, accantonando velocemente il problema, “Usciamo da questo posto prima che mi dia di volta il cervello”.

Gohan s’imbraccò meglio la cartella in spalla e sorrise, “Ci vediamo dopo, Papà”.

Goku gli scompigliò affettuosamente i capelli, “Passo a prenderti alle tre, ok?”, disse.

Il piccolo annuì. Padre e figlio si diedero un ultimo abbraccio, poi Gohan corse in classe. Goku lo guardò allontanarsi e sospirò commosso, asciugandosi una lacrimuccia e ottenendo in risposta solo un rabbioso ringhio gutturale da parte di Vegeta, “Se vuoi stare qui ancora per molto a piagnucolare come un cretino mentre tuo figlio se ne va a scuola, io intanto me ne vado in macchina”. Fece per incamminarsi verso l’uscita, quando improvvisamente gli si parò dinanzi un piccolo ostacolo.

Un bimbo di sette anni gli si fermò esattamente dinanzi, tirando su senza particolare successo un rivolo di moccio che gli pendeva dal naso. Vegeta lo fissò sconcertato per qualche istante, chiedendosi come un essere vivente potesse essere così ripugnante.

“Ciao, bella signora”, disse il marmocchio, prodigandogli un sorriso sbilenco e rivelando una schiera di denti storti. Vegeta rabbrividì a quella vista e, quando fu sul punto di pensare che le cose non potessero andargli peggio di così, il bambino starnutì poderosamente, scaraventandosi con la testa in avanti e finendogli dritto addosso.

Il principe fissò orripilato la chiazza di moccio e catarro che gli era stata appena sputacchiata sul vestito, e il ragazzino sbarrò gli occhi, spalancando la bocca in una smorfia di ottuso stupore. “Oh, no”, piagnucolò, “Scusami tanto, bella signora”. Poi gli poggiò le mani sull’abito. “Non ti preoccupare, adesso pulisco io!”.

Tentò di levare il moccio, dopodiché pigolò uno schifatissimo “Ew” quando si rese conto di avere una marea di caccole appiccicate alle mani e decise quindi, molto tranquillamente, di darsi una ripulita nell’unico lembo di tessuto che probabilmente era sopravvissuto all’esplosione nauseabonda di germi.

Col volto che oramai si era tramutato in un fascio contorto di nervi e vene pulsanti, Vegeta ringhiò come un cane rabbioso, gli occhi dardeggianti d’odio indomito. “COME HAI OSATO PICCOLO—” esordì, furioso, caricando un pugno per scaraventare il bambino verso qualche orizzonte ignoto.

Ma non fece nemmeno in tempo a compiere un minimo movimento ulteriore che Goku gli si scaraventò addosso, bloccandolo, “Ok! Andiamo!”, esclamò, trascinandolo verso l’uscita più veloce che poté. Per tutto il tempo Vegeta non fece che inveire selvaggiamente contro il piccoletto in tutti i modi possibili ed immaginabili, dimenandosi come una trota per sfuggire dalla ferrea presa del suo “amato” consorte e strepitando come un pazzo lungo il corridoio, attirando su di sé gli sguardi atterriti di studenti, genitori e maestre.

 

***

 

Il ritorno fu, per Goku, tutto fuorché divertente. Durante il tragitto Vegeta pensò bene di sfogare tutta la sua rabbia repressa contro di lui, dandogli come al solito del reietto di terza-classe, del buono a nulla e della creatura protozoica, affermando che prima o poi avrebbe pagato per tutti i suoi crimini contro l’“autorità reale” – rischiando di farlo andare anche fuori strada, tra l'altro. Poi gli urlò qualcosa sul fatto che se avesse voluto vedere l’alba del giorno dopo non avrebbe mai più dovuto costringerlo ad una così disgustosa, incasinata e patetica pagliacciata del genere, che lui era un principe e che in quanto tale doveva essere venerato e rispettato, e non essere costretto a travestirsi da donna sposata con un idiota di terza classe... Eccetera, eccetera, eccetera.

Quando giunsero a casa Son, la prima cosa che Vegeta fece fu strappare la pistola trasformante dalle mani del suo caro coniuge. Fatto questo andò dritto su per le scale, in tutte le più ferree intenzioni di non farsi vedere per tutto il resto della giornata. Goku non potè fare altro che lasciarsi cadere esausto sul divano, stramaledicendo gli dei per la sua immeritata sorte.

Perché, per quale oscuro motivo, avevano voluto che sposasse Vegeta? Accidenti a loro!

 

***

 

La mattina seguente si presentò parecchio nuvolosa, tanto che pareva stesse per iniziare a piovere da un momento all’altro.

Goku era fermo da parecchi minuti davanti alla porta della stanza di Vegeta, esitante. Non era sicuro che sua moglie (?) avesse sbollito tutta la rabbia risalente al giorno prima, e non voleva assolutamente peggiorare la situazione. Gli faceva male tutto quel silenzio, forse anche più della grida isteriche della principessina che ancora gli rimbalzavano violentemente nel cranio. La sera prima Vegeta non era nemmeno sceso per la cena. Goku, mortificato, si grattò la nuca; non voleva farlo arrabbiare così tanto, in fondo lui stava solo cercando di rendere felice suo figlio.

Abbassò le palpebre, inspirò pesantemente e, forte di un pizzico di coraggio, decise di bussare alla porta. “Vegeta?”, pigolò, piano.

Nessuna risposta. “Vegeta?”, provò ancora.

Niente. Si morse il labbro inferiore, “Ecco, ehm… vado a portare a scuola Gohan, adesso”.

Silenzio. “Non ci metterò molto”. continuò, “Devo solo accompagnarlo”.

Ancora niente. “Ok. Allora... ci sentiamo dopo”. Si voltò e scese il primo scalino. Poi si fermò ed attese qualche istante, guardandosi indietro, nella speranza di vedere la porta della stanza aprirsi. Niente. Sconsolato, sospirò e scese mestamente al piano di sotto.

 

***

 

Throb, throb, throb, throb.

Vegeta si afferrò la testa, rabbioso. Pareva gli stesse per esplodere da un momento all’altro, e stringerla tra le mani gli donava un debole senso di sollievo. Era riuscito a cogliere solo vagamente quanto Kakaroth aveva detto fuori dalla porta. Qualcosa sul portare il moccioso da qualche parte. Beh, chi se ne fregava. E comunque, da dove diavolo veniva quel dolore? È vero, il giorno prima se n’era andato ad allenarsi qualche oretta dopo essere tornato alla sua forma normale, ma non si era ferito alla testa in alcun modo.

Strizzò gli occhi, nervosamente. Gli faceva male anche il petto. Niente a che fare col dolore a cui era abituato, quello istantaneo e lancinante di un cazzotto dritto sullo sterno; sentiva piuttosto un senso di oppressione soffocante, come se centinaia di punte gli stessero marchiando a fuoco la pelle. Era dannatamente fastidioso. Seccato, si mise a pancia in giù. Improvvisamente il letto era diventato dannatamente scomodo, e non riusciva a trovare una posizione confortevole. Pur consapevole che fosse assolutamente inutile, sperava in cuor suo che trovando una posizione comoda il dolore si sarebbe almeno vagamente attenuato, e continuò così a girarsi e rigirarsi sul letto.

“Merda”, mormorò, “Cosa mi sta succedendo?”, un nuovo dolore prese a martellargli sotto al mento, e il saiyan allungò una mano per tastarsi la parte dolente. I linfonodi erano parecchio ingrossati. Dannazione, probabilmente aveva la febbre.

Una tosse secca e raschiante non fece che alimentare i suoi sospetti. Vegeta si sporse faticosamente dal letto e avvicinò al materasso il piccolo cestino dell’immondizia. Dopo qualche altro colpo di tosse qualcosa di viscoso gli salì alla bocca. Sputò secco dentro al secchio, storcendo schifato il naso quando notò che si trattava di un grosso grumo di catarro.

Immediatamente, l’immagine dell’infausto colpevole di quell’improvviso attacco di germi gli balzò alla mente come un fulmine a ciel sereno. Il principe si rigettò sul letto e sbuffò rabbiosamente, stramaledicendo il bamboccio incontrato a scuola e il suo schifosissimo moccolo, giurando vendetta. Perso nelle sue minacce di morte varie ed eventuali, improvvisamente si sentì pervaso da un enorme senso di stanchezza; forse sarebbe stato opportuno riposarsi un po’.

 

***

 

Diversi minuti più tardi, si udì un bussare gentile. “Vegeta”.

Il principe si voltò stancamente in direzione del rumore, privo perfino della forza per rispondere. “Vegeta?”, lo chiamò ancora Goku, aprendo la porta della stanza e limitandosi a sporgere la testa, nel terrore che l’altro potesse scagliargli la libreria addosso, “Ho portato a scuola Gohan”, disse, sollevando una borsa di carta bianca, “Ho anche preso qualche cosa da McDonald’s per colazione”.

Poi spostò lo sguardo verso il letto, scorgendo il pallido saiyan nella penombra. Valicò la soglia della camera con titubanza, chiudendosi poi la porta alle spalle, "Ehi... Non hai una bella cera".

Il principe emise un debole ringhio in risposta, strizzando gli occhi. Goku gli si avvicinò, lasciando il cibo sul comodino, allungò il braccio e posò delicatamente una mano sulla sua fronte, ritirandola immediatamente. “Urca!”, esclamò, “Ma tu scotti! Vado a prendere del ghiaccio!”, e ciò dicendo corse di fretta e furia fuori dalla stanza, diretto verso la cucina.

Vegeta stette immobile, ansimando piano, rimanendo a fissare il punto in cui fino a qualche secondo prima aveva scorto lo sguardo preoccupato del suo rivale. Sapeva di avere la febbre, ma nel momento in cui Kakaroth l’aveva toccato gli era sembrato che la sua temperatura corporea fosse improvvisamente salita di botto. Chiuse gli occhi.

Che strano.

Goku tornò poco dopo con un impacco di ghiaccio ed un termometro in mano. Poggiò il ghiaccio sulla fronte di Vegeta ed allungò il termometro verso le sue labbra, le quali si mantennero tuttavia stoicamente serrate. “Cosa diavolo è quell’affare?”, ringhiò debolmente il principe, bloccandolo.

Goku ritrasse la mano, “È solo un termometro, Vegeta. Serve a controllare la temperatura. Avanti, apri la bocca, devo mettertelo sotto la lingua”.

Il principe gli scoccò un’occhiata in tralice, schiudendo impercettibilmente le labbra e palesando tutte le sue più rosee intenzioni di non voler assolutamente collaborare. Goku si accigliò davanti a quel comportamento da bambino capriccioso, ficcandogli senza troppa delicatezza il termometro in bocca e portandosi le mani ai fianchi. Fulminandolo per l’ennesima volta con lo sguardo, Vegeta incrociò quindi le braccia al petto, domandandosi infastidito per quanto tempo avrebbe dovuto tenersi quel coso fastidioso sotto la lingua. L’altro saiyan, ignorando i suoi borbottii, si sedette e rimase in attesa.

Nel momento in cui Vegeta si stancò di brontolare, calò un silenzio così spesso e soffocante che si sarebbe potuto tagliare con un coltello. Goku fece scivolare lo sguardo verso il principe, notando che faticava parecchio a tenere gli occhi aperti. Dev’essere davvero stanco, pensò. Vide la sua testa ciondolare avanti ed indietro per qualche istante, per poi abbandonarsi completamente all’indietro; le palpebre si abbassarono e Vegeta si assopì, respirando piano.

Il giovane Son sorrise e lo lasciò dormire. Decise di approfittare di quegli attimi per poter osservare tranquillamente il suo rivale, senza il timore di essere insultato od eventualmente preso a pugni ed onde energetiche. Fissò la sua fronte per qualche secondo, constatando con una risatina di quanto fosse assurdamente enorme: nemmeno il grosso pacco di ghiaccio riusciva a coprirla tutta. Al contempo, il principino aveva un naso abbastanza piccolo. Mosso da un innocente, puerile desiderio, Goku non poté fare a meno di misurarlo e compararlo con il suo. Nel sonno, le labbra di Vegeta erano leggermente schiuse, rilassate, il termometro ancora poggiato su di esse; stranamente, Goku si soffermò ad osservarle più a lungo di qualsiasi altro dettaglio.

Era incredibile come da quella bocca potessero uscire tutte quelle minacce e quelle parole crudeli. A guardarla, pareva così innocente. Così soffice e delicata. Di che colore era? Osservandola, gli pareva di scorgere una sfumatura simile al colore delle labbra di Chichi quando si metteva il rossetto. Beige conchiglia o semplicemente beige? Chissà se esisteva davvero un termine appropriato per descriverla.

Perso in quelle considerazioni, Goku venne improvvisamente assalito da un astruso pensiero: Vegeta aveva mai baciato qualcuno con quelle labbra prima? Non riusciva nemmeno ad immaginarsi una cosa del genere. Un tipo come lui baciare qualche ragazza a caso in qualche pianeta lontano anni luce dopo qualche insana battaglia... Suonava strano. Il principe con la sua solita divisa attillata, blu scuro. Lei con capelli corvini scarmigliati che sporgevano a destra e a sinistra, addosso una maglietta arancione abbinata a larghi pantaloni, così fuori posto in quel desolato pianeta. Ma perché la vedeva più alta di Vegeta? E perché era così familiare? Un attimo, non stava immaginando Vegeta baciare una ragazza, stava immaginando Vegeta baciare—

Beep beep, beep beep, beep beep.

Goku venne bruscamente risvegliato dai suoi pensieri. Il suo sognare ad occhi aperti l’aveva portato distante poco più di un respiro dal volto addormentato di Vegeta. Imbarazzato, fece scivolare fuori il termometro dalle labbra del principe, scoccandogli una fugace occhiata allarmata e sentendosi sollevato nel constatare che, fortunatamente, era riuscito miracolosamente a non svegliarlo.

Il malato Saiyan mugolò nel sonno, voltandosi e dandogli le spalle. Goku tornò a guardare il termometro, leggendo “100.8°” sul piccolo schermo. Si morse le labbra; era decisamente febbre. Sembra proprio che l’orgoglioso principe stia per essere accudito dal suo odiato rivale di terza classe,pensò, amaramente.

Poi scrollò le spalle, immaginando che Vegeta con l’influenza non dovesse poi essere tanto terribile.

 

***

 

Un’ora più tardi, un rabbioso “Kakaroth!” si librò nell’aria in tutta la sua dolente familiarità. Goku, che era rimasto in soggiorno fino a quel momento, corse velocemente su per le scale. Aprì la porta della stanza di Vegeta, ritrovando un particolarmente sveglio principino sdraiato scompostamente sul letto. “Sì, Vegeta?”, chiese, gentilmente.

“Ho caldo”, si lamentò l’altro saiyan, “Vammi a prendere qualcosa di freddo da mangiare”.

“Certo, Vegeta”, rispose lui, correndo nuovamente al piano di sotto, verso la cucina. Dopo qualche minuto ritornò con un bel ghiacciolo rosso in mano. “Ecco qui”.

Vegeta rimase a fissare il gelato, storcendo il naso, “A che gusto è? Ciliegia?”.

“Uhm... Sì”, disse Goku.

“Non mi piace la ciliegia. Lo voglio alla banana”.

L’eroe sbatté un paio di volte le palpebre, colto alla sprovvista, “Non... Non abbiamo ghiaccioli alla banana. Abbiamo quelli all’uva. Lo vuoi all’uva?”.

“No!”, sbottò Vegeta, incrociando le braccia al petto, “Lo voglio alla banana. Vai al supermercato e comprami un ghiacciolo alla banana”.

Goku, sospirando, si massaggiò le tempie, “Va bene. C’è qualcos’altro che desideri?”.

“Zuppa e sigarette... dei crackers... e dei fazzoletti morbidi”, fu la vaga risposta.

“Abbiamo della zuppa di pollo e dei crackers salati qui”, disse Goku.

“E io voglio una zuppa di pomodoro e dei cracker senza sale”.

“... Bene. Sarò di ritorno con una zuppa di pomodoro e dei cracker senza sale”, rispose il giovane saiyan, con uno strano sforzo nella voce. Uscì di casa e raggiunse il market più vicino, ritornando pochi minuti più tardi con tutte le cose richieste ammassate in una borsa di plastica. Raggiunse il piano di sopra, porgendo l’agognato ghiacciolo alla banana a Vegeta. Questi glielo strappò di mano – ovviamente senza ringraziando -, iniziando a mangiarlo con voracità. Dopo un paio di morsi, scoccò un’occhiata di sufficienza al povero Son, congedandolo con uno sprezzante movimento della mano. “Puoi anche andartene”.

Goku roteò gli occhi, ma non disse nulla e fece quanto richiesto. Scese stancamente al piano di sotto e fece per tornare in salotto, quando il “povero” principino degente lo chiamò un’altra volta. Senza sprecare un solo secondo corse nuovamente su per le scale. “Sì, Vegeta?”.

Quello tirò su col naso, “Ti sei dimenticato di chiudere la porta”.

Goku rimase attonito per qualche istante, sbattendo le palpebre. Dopodiché afferrò la maniglia e, senza dire nulla, si chiuse la porta alle spalle, andandosene. Scese le scale dirigendosi verso la cucina, nell’intenzione di rinfrescarsi la gola secca con una soda. Spalancò assetato il frigo e ne prese una all’uva. L’aprì, iniziò a berla—

KAKAROTH!”.

—e immediatamente la sputò fuori per lo spavento, facendo cadere la lattina per terra. Stavolta Vegeta sembrava disperato. Allarmato, il giovane Saiyan non perse tempo e si teletrasportò direttamente nella stanza del principe, pronto a combattere. Una volta che fu lì, prese a guardarsi spasmodicamente attorno alla ricerca del pericolo. “Cosa succede, Vegeta?”, chiese, non trovando alcun nemico.

Vegeta si soffiò il naso e disse “Sono annoiato. Vammi a prendere un libro”. Poi indicò pigramente la libreria.

Goku lo fissò, immobile, l’occhio destro che prese a tremolare in maniera strana. Abbassò le palpebre e, senza dire niente, si trasformò improvvisamente in Super Saiyan. Vegeta si spinse contro la testata del letto, domandandosi allarmato per quale oscuro motivo Kakaroth volesse attaccare un principe degente chiaramente incapace di difendersi. Non sarebbe stato per niente dignitoso!

Al contrario dei suoi timori, comunque, Goku non fece assolutamente nulla. Si limitò a raggiungere lo scaffale, prendere un libro a caso e a porgerglielo fissando un punto imprecisato nel vuoto, come se fosse un automa. Vegeta afferrò il tomo senza dire nulla, dopodiché il giovane saiyan uscì dalla stanza, assicurandosi di chiudere la porta.

Contrariato, il principino fece schioccare la lingua contro il palato, aprendo il volume, “Ma che diavolo di problemi ha? Gli ho chiesto solo un dannato libro! Bah”, poi gettò un’occhiata alla libreria, “Comunque sono sorpreso che Kakaroth tenga dei libri in casa. Credevo fosse troppo stupido per essere in grado di leggere”.

Voltò il volume per osservare la copertina. “I Segreti di un Buon Matrimonio”, lesse ad alta voce. Si abbandonò in una risatina, che subito si tramutò in colpi di tosse. L’ironia era troppo ridicola. Continuando a ridacchiare-tossire, aprì il volume ad un capitolo a caso. Non gli interessava particolarmente l’argomento, voleva solo curare la sua noia.

Capitolo 4: Intimità

Per poter vivere una buona relazione, marito e moglie devono fare sesso. Il sesso crea—

Questo fu tutto ciò che Vegeta lesse. Poi chiuse il libro e lo scagliò il più lontano possibile da sé con un che di isterico, gettandosi sotto al lenzuolo e lasciando scoperte solo le punte aguzze dei capelli.

Kakaroth... Quel bastardo di Kakaroth stava cercando di dirgli qualcosa?!

Aprì la bocca, in tutte le più ferree intenzioni di chiamare l’idiota per farsi spiegare il motivo di quella sparata, quando un terribile presentimento lo assalì. Ora come ora, si ritrovava in una situazione di vulnerabilità e stanchezza a causa della malattia. Forse era quella la situazione che Kakaroth stava aspettando! Stava attendendo solo che lui s’indebolisse per poter approfittare del suo bellissimo e virile corpo! Che piano maschino, subdolo, connivente ed incredibilmente malvagio!

Vegeta avrebbe anche applaudito, se non ne fosse stato direttamente coinvolto. Fissò la porta con rabbia, pronto a contrastare qualsiasi altro contorto stratagemma elaborato dalla mente perversa e malvagia di quell’infido omuncolo di terza classe.

Intanto che aspettava, si soffiò il naso un’altra volta.

 

***

 

Piccolo bussò alla porta di casa Son e rimase in attesa, tenendo la sua consuetudinaria posizione a braccia conserte. Si chiese come mai Goku e Vegeta non si stessero allenando, ma decise che se ne sarebbe preoccupato più tardi. Dopo una manciata di secondi l’uscio si aprì, rivelando un Goku sfatto e leggermente arrabbiato.

“Problemi in paradiso?”, chiese il namecciano.

“Sua Maestà”, sputò Goku sarcasticamente, “È ammalato”.

Piccolo ridacchiò, “Come sta andando?”.

“È terribile. Prima voleva un ghiacciolo alla banana, niente da fare. Avevamo i ghiaccioli alla ciliegia e i ghiaccioli all’uva, ma no, ‘Kakaroth, voglio un ghiacciolo alla banana!’. Vuoi una zuppa di pollo, Vegeta? ‘No, voglio la zuppa al pomodoro!’. E i cracker salati vanno bene, Vegeta? ‘No, voglio i cracker senza sale!’. Sono dovuto andare fino al supermercato per prendergli tutte le robe che voleva! Poi si è messo ad urlare come un ossesso perché voleva che gli prendessi un dannato libro dallo scaffale che era distante sì e no un passo dal letto!”, dopo il suo isterico sproloquio, Goku prese ad ansimare, senza fiato.

“E come sta aiutando Gohan il povero principino ammalato?”, chiese Piccolo.

Goku storse il naso, “È a scuola oggi. Beato lui”.

Il namecciano scrollò le spalle, “Oh beh, ero venuto qui per allenarmi con Gohan. Tornerò quando sarà a casa”.

Fece per andarsene, ma il saiyan scattò fulmineo ad afferargli un braccio, “A-A-Aspetta! Non hai mica intenzione di lasciarmi qui con Vegeta, vero?! Non ne posso più!”.

Piccolo si liberò dalla presa, “Perché dovrei aiutarlo? Non riesco a sopportare quell’idiota. Ed inoltre,” ghignò, “Sei tu quello che se l’è sposato. Prenditi cura della tua povera mogliettina malata, maritino”.

Goku corrucciato guardò l’alieno volare via, il ghigno divertito ancora stampato in faccia. A spalle basse, tornò in casa e chiuse la porta, sconsolato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

MTB: Phoo! Un altro capitolo lungo! Hmm… quando sai cosa scrivere, stendere tutto su carta diventa davvero facile!

Goku, Trunks, Vegeta: *sarcasticamente* Ma dai! Sul serio?

MTV: Yeah! Chi ci avrebbe mai pensato? Chiunque! Scusate per il ritardo! Avevo alcune cose da fare!

Trunks: Ha dato la precedenza ai compiti prima di scrivere la fanfiction. È un miracolo!

Goku: Probabilmente non succederà un’altra volta.

MTB: Nel prossimo capitolo: Vegeta si confronta con Goku! Gohan arriva nel momento sbagliato! (Non è una cosa che odiate quando succede a voi?) Ed ultimo, ma non per importanza: il party di Bulma e l’incontro di VeeVee col resto della gang!

 

Per favore, commentate se leggete! Amo ricevere recensioni! Mi fanno sentire davvero appagata!

 


 

*esclamazione totalmente INTRADUCIBILE. Ho fatto alcune ricerche in merito onde trovare un’espressione italiana che almeno le si avvicinasse, ma a quanto pare è un’espressione che anche nel gergo inglese è, sostanzialmente, inesistente. È una sorta di esclamazione inventata dall’autrice. La bad mamma-jamma e la funk jazz fusion sono due cose separate che, in italiano, non possono essere propriamente tradotte. Se qualcuno ha un’idea per la traduzione, comunque, non esiti a dirmela!

 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

VEGETA SEI UN TORMENTO.

Ecco, credo che sostanzialmente il mio commento a questo capitolo si possa ridurre a questo. Perché, oddio, se fossi stata in Goku avrei scaraventato Veggy bello già dalla finestra. Ma l’amour è amour (?), e il nostro caro salvatore dell’universo non può liberarsi dalle sue spine nel fianco così facilmente. *patt-patta Goku*. E poi, oh, casualmente Vegeta voleva un ghiacciolo alla banana. Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Preannuncio già che il prossimo sarà particolarmente lungo, e soprattutto—no, ehi, non vi dico niente. LOL. Comunque sia, come sempre ringrazio tutti per le recensioni! Continuate a commentare, mi rendete la traduzione più facile! :'D Sono davvero felice che la storia vi piaccia, in particolare perché per me è un ottimo modo per diffondere la coppia Goku/Vegeta in questa sezione il mio bel pairing del momento scarseggia di brutto. ;_; Beh. Alla prossima!

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


MTB: Salve a tutti! Sono tornata con un nuovo capitolo di “Ouji-Sama! Become My Wife!”. Come state?

Goku: *Tira su col naso* Sono stato meglio…

MTB: Aw... dicci qual è il problema, Goku-chan.

Goku: Sniff... Ho tutti questi biscotti, ma…

MTB: NON HAI NESSUNO CON CUI DIVIDERLI?! PERCHÉ SE VUOI IO SONO DISPONIBILISSIMA A MANGIARE UN PO’ DI BISCOTTI!

Goku: Uhm... no. Non ho il latte...

MTB: ... Oh. Chiedo scusa. Uh...

Trunk: Terribile...

MTB: Assolutamente. Comunque. Chi vuole fare i disclaimer?

Biscotti: Lo faremo noi! Con una canzone!

Trunks: Uhm... Son-san? Quanto vecchi sono questi biscotti?

Goku: Non ne ho idea.

MTB: Chi se ne importa? Lasciate rockeggiare i biscotti! O suonare il blues, è lo stesso...

Biscotti: Noi facciamo colonne sonore! (Disclaimer: ~ DBZ ~ non appartiene aaaaaaa ~ MTB ~ Ecco perchéééééé ~ scrive fanfictionnnnn ~ come potete vedeeeeeeeereeeeeee ~ )

MTB: Meraviglioso.

 


 

Capitolo 5

 

Imbronciato, Goku si richiuse la porta alle spalle. Piccolo non è per niente d’aiuto quando serve!, pensò, rabbioso. Ora tutto quello che voleva fare era piegare e mettere a posto il bucato, ma era matematicamente certo che Vegeta l’avrebbe interrotto con un’altra delle sue assurde richieste nel bel mezzo del lavoro. Sconsolato, allungò la mano e raccolse il paio di pigiami che aveva distrattamente posato sul tavolo prima di andare ad aprire a quell’infimo traditore di un namecciano. Erano più piccoli rispetto ai suoi, ma al contempo troppo grandi per essere di Gohan. Probabilmente erano di Sua Maestà.

 

A proposito.

“Vegeta dovrebbe aver sudato parecchio per via dello sbalzo di temperatura”, considerò tra sé a voce alta, “Forse farei bene a portargli un cambio”. E decidendo ciò, con in mano i due pigiami puliti, si diresse al piano di sopra.

Vedendolo entrare nella sua stanza senza un minimo di preavviso, il principe sobbalzò impercettibilmente. “Hey, Vegeta!”, esclamò Goku, non curandosi particolarmente del problema, “Perché non ti togli quei vestiti?”.

Il principe lo fissò con sguardo strabuzzato, impallidendo. Lo sapeva! Lo sapeva che quel brutto depravato stava tramando qualcosa!

Fulmineo indietreggiò sul materasso, diventando un tutt’uno con la testata del letto. “C-cosa diavolo stai blaterando, Kakaroth!”.

Goku gli sorrise gentilmente, porgendogli i due completi, “Visto che devi aver sudato parecchio per via della febbre, ho pensato che saresti stato più comodo se avessi avuto un pigiama pulito”.

Vegeta storse le labbra, dolorosamente consapevole del fatto che l’idiota, strano ma vero, avesse appena detto qualcosa di sensato. La roba che aveva addosso effettivamente era sudaticcia e appiccicosa, e stava pure iniziando a puzzare. Accigliato, allungò la mano verso il suo rivale. “Bene, dà qua”.

Goku gli passò ubbidiente i pigiami, guardandolo poi iniziare una vera e propria lotta all’ultimo sangue contro i bottoni della sua camicia da notte, i quali parevano non avere alcuna intenzione di uscire dalle asole.

“Fammi controllare un’altra volta la temperatura per vedere se è scesa”, disse intanto, prendendo il termometro.

Vegeta aprì la bocca, stranamente ubbidiente; quando Goku gli ebbe posto il termometro tra le labbra, riprese a cercare di sbottonarsi la camicia, rabbioso.

“Vuoi una mano?”, chiese il giovane Son, pur sapendo la risposta.

“Neanche per sogno!”, sbottò Vegeta, confermando ogni sua aspettativa, “Io sono il principe dei saiyan! So togliermi benissimo i vestiti da solo!”. Continuò testardamente ad armeggiare con i bottoni, e man mano che i secondi passavano sentiva l’agitazione pervadere ogni fibra del suo corpo. Le mani tremavano, la testa pulsava insopportabilmente e la vista era offuscata, come se vi fosse stata stesa una patina opaca sopra.

Ad un tratto due grandi mani spuntarono lentamente da dietro le sue spalle, avvolgendogli la vita. Colto alla sprovvista da quel contatto, tutto ciò che Vegeta poté fare fu guardare Goku slacciare un bottone dopo l’altro con una facilità disarmante, in assoluto silenzio. Sentì il suo respiro caldo sul collo ed un’ondata di calore lo colse divorante, con una foga oltremodo maggiore rispetto a quella delle destabilizzanti vampate causate dalla febbre. Man mano che l’altro faceva uscire i bottoni dalle rispettive asole, era certo che la sua temperatura salisse di almeno un grado. Intontito, ansimò sofferente e sbatté un paio di volte le palpebre. La stanza prese a girare. Abbassò lo sguardo, constatando con un inaspettato panico che quel dannato idiota era a due bottoni dai suoi pantaloni. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma dalle sue labbra non uscì nessuna parola.

Beep beep, beep beep, beep beep.

Goku si fermò ed allungò una mano. Delicatamente prese il termometro dalle labbra secche e schiuse del principe, rimanendo scioccato nel leggere il risultato riportato sul piccolo display, “Cos—104,7°?!”.

In quell’esatto istante la testa di Vegeta prese a ciondolare lentamente avanti ed indietro. Il saiyan barcollò per qualche istante, poi perse coscienza.

“Vegeta? Vegeta!”, Goku lo scosse, tentando di farlo rinsavire. Non ottenendo risposta, posò il corpo inerme sul materasso e corse fulmineo a prendere il cordless al piano di sotto. Compose il numero del suo medico di fiducia e attese nervosamente risposta. “Salve, dottore?”, dall’altra parte della cornetta giunse un breve mugugno d’assenso, “Ho un amico che sta piuttosto male. Potrebbe venire il più presto possibile?”.

 

***

 

Passarono più o meno quarantacinque minuti prima che Vegeta riprendesse coscienza, e fu solo dopo una manciata di secondi che le figure indistinte davanti ai suoi occhi riuscirono ad acquistare un minimo di nitidezza. Con suo immenso cordoglio, il principe riconobbe immediatamente Kakaroth; il ragazzo appostato all’altro lato del letto, invece, aveva una faccia idiota mai vista prima.

“Bene!”, lo sconosciuto gli prodigò un sorriso smagliante, “Vedo che ti sei svegliato!”, agitò l’indice davanti al suo naso e gli strizzò l’occhio con fare confidenziale, “Non fare più preoccupare il tuo ragazzo in questo modo, capito? Guarda che gli fai venire un colpo!”.

Vegeta aprì la bocca, intenzionato a negare spudoratamente l’infamante affermazione circa il fatto che lui e l’idiota fossero fidanzati, ma venne interrotto bruscamente dal secco schiocco che il medico fece togliendosi il paio di guanti in lattice che aveva addosso. “Starà benone. Ha solo bisogno di riposare per un paio di giorni”, disse, rivolgendosi a Goku, “Vedi di farlo bere un po’ di più, tu. Non vorremo certo che si disidrati un’altra volta, no?”.

Il saiyan annuì mortificato, sentendosi in colpa per non essersi accertato che Vegeta assumesse liquidi sufficienti. Gettò un’occhiata veloce all’ago della flebo conficcato nel braccio del suo consorte, ed un brivido lo percorse dalla testa ai piedi: quando aveva visto il dottore infilarglielo in vena, prima, aveva rischiato lo svenimento pure lui.

Vegeta si sedette lentamente, allarmandosi nel notare lo strambo affare conficcato nel suo braccio. Seguì il tubicino alle sue spalle e prese a squadrare sospettoso la borsa di plastica ed il contenuto trasparente al suo interno.

“Non preoccuparti”, ridacchiò il dottore, infilando le mani in tasca, “Sono solo acqua e sali minerali”.

Tranquillizzato da quelle parole, Vegeta grugnì e si lasciò cadere nuovamente sul materasso. Goku lo osservò sollevato qualche istante, poi si rivolse al medico, “Grazie mille per essere venuto, dottor... ehm...”, si grattò la testa, “Com’è che si chiama?”.

Il giovane medico sorrise, “Dottor Will Killemall*”.

La mascella del giovane saiyan cadde a terra, mentre il principe immediatamente schizzò a sedere sul materasso per la seconda volta. “Ci prendi per il culo, vero?”, esclamò, strabuzzando gli occhi.

Killemall si grattò la nuca, “Ma perché tutti reagiscono così quando dico il mio nome? Oh beh. Non è un gran problema”, scrollò le spalle e si rivolse a Goku, “Il tuo medico di famiglia, il dottor S., era impegnato con alcune cosucce. Visto che io non sono poi così pieno di pazienti, ho pensato sarebbe stato utile occuparsi di questo caso al posto suo”.

Il saiyan annuì, “Le sono davvero riconoscente”. Si voltò verso il principe e si mise le mani ai fianchi, “Avanti Vegeta, dì grazie al dottore”.

Vegeta lo fulminò con uno sguardo tracimante d’odio, dopodiché si volse verso Killemall e gli prodigò un sorriso storto palesemente falso, “Grazie, dottore, per aver salvato la mia vita da quest’imbecille che non sa prendersi cura neanche di se stesso”.

“Hey!”, protestò Goku, e Killemall ridacchiò.

Rimosse l’ago della flebo dal braccio di Vegeta, sostituendolo con una fasciatura blu. Capsulizzò il tutto, mettendolo poi a posto tra gli altri suoi attrezzi medici. “Ora farò meglio ad andare”, disse, “Ho già speso abbastanza tempo con voi due piccioncini!”. Additò Goku, “Liquidi!”, e Goku annuì spasmodicamente. Poi indicò Vegeta, “Riposo!”, e Vegeta ringhiò come un cane rabbioso.

Fece per andarsene, ma prima di avviarsi verso l’uscita scoccò un’occhiata ammiccante al padrone di casa, “Un’altra cosa”, ghignò al suo indirizzo, “Cerca per un po’ di tenere giù le manacce dal tuo fidanzatino, almeno fino a quando non starà un po’ meglio. Non renderlo più accaldato di quanto non sia già, intesi?”.

Goku arrossì un poco, mentre Vegeta prese ad agitare istericamente il pugno in direzione del giovane, “IO E L’IDIOTA NON SIAMO UNA COPPIA!”.

Killemall sbattè un paio di volte le palpebre, sorpreso, “Ah, davvero? Beh, lo sembrate”. Scrollò le spalle e se ne andò trotterellando, congedandosi con un allegro cenno di mano.

Una volta che si udì la porta d’ingresso richiudersi, Vegeta ricadde a peso morto sul letto, ribollendo di rabbia. “Pezzo di cretino”, borbottò.

Goku si grattò la nuca, “Ehm... vuoi dell’acqua?”, mormorò fissando il pavimento, incapace di sostenere lo sguardo dell’altro.

Il principe, al contrario, parve essere particolarmente intenzionato a volerlo squadrare dritto nelle palle degli occhi. Fece guizzare lo sguardo omicida su di lui ed incrociò le braccia al petto, la fronte cosparsa di vene pulsanti, “No, Kakaroth. Voglio una spiegazione”.

“Eh?”, Goku gli scoccò un’occhiata confusa.

“Ho detto che voglio una spiegazione”.

“Una spiegazione riguardo a cosa?”, chiese il saiyan, preoccupato per la brutta piega che stava prendendo la discussione.

“Riguardo al perché prima avessi le tue brutte manacce addosso!”.

Oh, diamine.

Goku incassò la testa nelle spalle, a disagio. Forse Vegeta si era accorto che dopo che aver chiamato il medico lui era tornato in camera per finire di cambiargli i vestiti. Detto così suonava anche come un qualcosa relativamente normale, peccato solo che la cosa non fosse stata affatto semplice come sembrava. Nel momento in cui aveva sbottonato completamente la camicia da notte del principe, rivelando il suo torso magro e ben scolpito, Goku era difatti diventato rosso come un pomodoro. Cosa alquanto strana, visto che non era mai arrossito in vita sua dinanzi al corpo di un altro uomo. Durante gli allenamenti aveva visto tante volte i suoi amici senza maglia, eppure la cosa lo aveva sempre lasciato del tutto indifferente. In quell’istante invece, ritrovandosi davanti al petto nudo di Vegeta, Goku aveva sentito un astruso sfarfallio allo stomaco, come una scolaretta alle prese con la sua prima cotta. E come se tutto ciò non fosse abbastanza, l’impavido eroe dell’universo aveva avuto la brillante quanto masochistica idea di rimanere lì a fissare il principino dormire mezzo nudo fino a quando il dottore non aveva suonato il campanello.

Come avrebbe mai potuto spiegare una cosa simile a Vegeta, che minacciava di disintegrarlo da un momento all’altro?

 “Stavo solo cercando di essere d’aiuto...”, pigolò, dopo un momento di titubante silenzio.

“Mi pareva di averti detto che non avevo bisogno di nessun aiuto!”, berciò Vegeta in risposta, “E che diavolo sarebbe quello stupido libro?!”, ringhiò, indicando il diretto interessato per terra, vicino alla libreria.

Goku sbatté un paio di volte le palpebre, andando a raccogliere il volume. La fronte si corrugò appena leggendo il titolo impresso in copertina. “I Segreti di un Buon Matrimonio?”, scrollò le spalle, “Che problema c’è?”.

“Stavi cercando di dirmi qualcosa con quel dannato libro, non è vero?”.

Il saiyan roteò gli occhi. Perché diavolo quel principe era così paranoico? “No, Vegeta. Ti ho solo passato il primo volume che mi è capitato sottomano”.

L’altro lo guardò male, incrociando le braccia al petto, “Non ti credo”.

“Fai a meno”, sospirò Goku, sconsolato, “Vado di sotto a finire di mettere via i vestiti”. Fece per andarsene, quando la voce di Vegeta lo bloccò, “Dimmelo, Kakaroth. Perché mi hai dato un libro dove viene detto che una coppia sposata deve fare sesso?”.

Goku lo guardò, sorpreso, “C’è scritto questo?”.

“Sì!”.

Si grattò la nuca, “Beh, non ne avevo la più pallida idea. È stata Chichi a comprarlo. Io non l’ho neanche mai letto”.

Vegeta rilassò le braccia, ridacchiando sprezzante, “Chissà perché, la cosa non mi sorprende”.

L’altro saiyan gonfiò puerilmente le guance e si voltò dall’altra parte, “Non che comunque io voglia fare sesso con te”, bofonchiò, imbronciato come un bambino.

“Ah! Come no!”, sbottò il principe, “Scommetto che mentre ero incosciente mi spiavi e facevi pensieri osceni!”.

Goku si voltò rapidamente verso di lui, lo sguardo arrabbiato, i pugni stretti e le gote vagamente rossastre, “Ti ho solo guardato mentre dormivi! C’è una bella differenza dallo spiar—”. Fulmineo s’interruppe, premendosi entrambe le mani contro la bocca e sbiancando come un cencio.

A Vegeta cadde la mascella, “T-t-tu mi hai guardato mentre dormivo?!”, boccheggiò, sgusciando via dal letto rapido come un fulmine.

Goku fece lentamente scivolare via le mani dalla bocca, aggrottando sofferente le sopracciglia, “Non è come credi! Stavo aspettando che il termometro ti misurasse la temperatura!”.

Vegeta digrignò i denti, “Dalla a bere a qualcun’altro! Sei solo un pazzo maniaco con qualche fetish contorto! Scommetto che ti ecciti a spiare la gente!”.

Oh...”

Goku, ora completamente fuori dai gangheri, pestò un piede a terra e fece minaccioso un passo verso di lui, “Come no! Io sono il pazzo maniaco! E tu allora? Tu sei il masochista! Mi sfidi continuamente solo perché ti eccita farti prendere costantemente a calci nel sedere dal sottoscritto!”.

Eh...”

“COSA HAI DETTO?!”, strillò Vegeta, furibondo, “E tu allora sei il depravato a cui piace indossare vestiti che si riducono a brandelli appena vengono sfiorati! Deve arraparti davvero tanto mostrare i tuoi stupidi muscoli al mondo intero!”.

Ah...”

“Ah! E io scommetto che tu sei il primo ad arraparti quando rimango senza maglietta!”, urlò Goku, sbattendo arrabbiato le mani sul materasso.

Hey...”

“CHE VUOI?!”, urlarono i due saiyan all’unisono, voltandosi verso l’entrata della stanza con sguardo omicida. Con loro estremo orrore si ritrovarono dinanzi ad un alquanto sbigottito Gohan, semi-nascosto dietro allo stipite della porta e con gli occhi lucidi. Aveva un foglio stropicciato in mano e lo zainetto gli scivolava lungo la spalla.

“S-s-sono a casa”, pigolò il bambino, timidamente.

Goku, i cui occhi erano rimasti fino a quel momento spalancati come due fanali, si riscosse rapidamente, “Oh. Ehilà. Bentornato a casa. Com’è andata a scuola?”.

Gohan guardò suo padre, poi Vegeta, poi tornò a guardare suo padre, “Non vedo l’ora di tornarci...”, disse con voce funerea, voltandosi per andare al piano di sotto; Goku disperato si gettò al suo inseguimento, inciampando, cadendo per terra da bravo babbeo ed aggrappandosi come un koala alle sue gambe.

“A-a-a-aspetta! Gohan-chan! Non è come sembra!”, cercò di spiegare, ma tutto ciò a cui il traumatizzato figlio era interessato al momento era liberarsi dalla sua presa koalesca. Goku tentò di fermarlo proclamando a gran voce la sua innocenza, ma Gohan se lo trascinò faticosamente dietro, fuori dalla stanza, facendo finta di non sentirlo. Nel momento in cui entrambi se ne furono andati, grazie al cielo, Vegeta si abbandonò con un pesante sospiro sul materasso e decise di fare di buon grado quanto ordinatogli dal dottore: riposare.

 

***

 

Dopo qualche giorno, Vegeta si era già completamente ripreso dall’influenza. Mentre lui era contento di poter finalmente tornare ai suoi allenamenti quotidiani, Goku si struggeva nella preoccupazione.

“La fefta è dofodomani”, gli disse una mattina a colazione, con un’enorme brioche tra i denti.

“E quindi?”, chiese il principe, cacciandosi voracemente un’omelette in bocca.

Goku ingoiò la poltiglia e si sporse in avanti per prendere un pezzo di crostata, “Bulma si aspetta di vedere VeeVee”.

“E quindi?”. Un ammasso informe di cibo trovò fine nella sua gola.

“Veffà qui a cefcarla fe non la fedrà alla fefta—COUGH!”, il giovane saiyan prese a tossire disperatamente, cercando di non soffocarsi con la fetta di torta che gli era appena andata di traverso. “Ehm. Sai com’è lei”.

Vegeta lo osservò schifato e poi ingoiò una mela (intera). “E quindi?”.

Goku gemette, grattandosi la fronte, “E quindi devi esserci! So benissimo che non vuoi farlo, ma se non ti presenti Bulma inizierà a ficcare il naso in giro”.

Vegeta ingurgitò un biscotto (senza masticarlo), “Perché non le dici semplicemente che VeeVee era solo un’amichetta da una botta e via?”.

L’altro incrociò le braccia al petto, vilipeso, “Sa benissimo che non sono il tipo da fare cose di questo genere”.

“AH! Cretino”, ridacchiò il principe sprezzante, schernendolo, “Questo è ciò che si ottiene comportandosi da insulso sempliciotto”.

Goku si accigliò, “Senti. Vieni con me, facciamo la nostra recita da quattro soldi e in venti minuti avremo finito tutto”.

Vegeta lo guardò truce. “... Cinque minuti”.

Il giovane Son rimase impettito per qualche secondo, realizzando con un certo stupore che si era appena avviata un’inaspettata negoziazione, “Quindici minuti”.

L’altro incrociò le braccia, lasciando sorprendentemente in disparte il cibo. “Sei minuti”.

“Quattordici”.

“Sei e mezzo”.

“Tredici”.

“Sette”.

Goku si morse nervosamente un labbro, dopodiché fece la sua offerta finale, “Dieci minuti!”.

Vegeta parve pensarci qualche istante, dopodiché alzò gli occhi al cielo, “E sia. Dieci minuti. Terrò il conto quando saremo arrivati a quella dannata festa”.

Abbandonandosi ad un profondo sospiro di sollievo, l’Goku sorrise, “Beh, che ne dici se allora adesso andiamo a comprarti un vestito carin—”.

Una scarpa proveniente non si sa bene da dove lo colpì dritto in faccia, stroncando la sua innocente proposta sul nascere.

Piccolo, che fino a quel momento aveva assistito al discutibile spettacolino poggiato contro lo stipite della porta della cucina, ridacchiò divertito, “La cosa si prospetta interessante”.

Goku si alzò dal tavolo, massaggiandosi la faccia dolorante. “Bene! Vorrà dire che andrò da solo! Tanto tu hai dei gusti bruttissimi in fatto di vestire!”. Fece la linguaccia a Vegeta e uscì di casa, dritto verso il centro commerciale.

 

***

 

Dopo più o meno tre quarti d’ora, il prode eroe dell’universo si ritrovò a constatare che forse non era proprio nella più rosea delle situazioni. Il posto era pieno zeppo di gente, e l’odore perenne di frittelle che gli impregnava le narici gli stava facendo andare di volta il cervello. Senza contare che... Primo: lui non aveva la benché minima idea di quale fosse la taglia di VeeVee. Secondo: non aveva nemmeno la più pallida idea di cosa piacesse alle donne. Terzo: non aveva mai comprato un vestito in vita sua.

Che quella fosse la più ardua battaglia affrontata fin’ora? Sicuramente.

Perplesso si mise a girovagare per guardaroba vari ed eventuali, non sapendo nemmeno cosa cercare di preciso. Ad un certo punto, come una manna dal cielo, una commessa ben vestita gli si avvicinò velocemente, prodigandogli uno di quei sorrisini preconfezionati che si elargivano solitamente alla clientela, “Signore? Posso aiutarla?”.

Goku la guardò, la perfetta definizione di confusione impressa nella sua particolarmente intelligente espressione, “... Eh? Oh. SÍ! Sto cercando un vestito per mia... ehm...”, si grattò la testa, “Moglie. Penso...”.

“Deve essere indossato per qualche occasione speciale?”, chiese la donna, gentilmente.

“Sì, è per un party”.

Lei annuì professionalmente, indicandogli dei vestiti ordinatamente disposti su alcune grucce poco distanti, “Gli abiti neri sono sempre perfetti per qualsiasi tipo di festa”. Camminò velocemente verso di essi, con il Saiyan al seguito. Tirò fuori un piccolo vestitino nero decorato da innumerevoli lustrini, “Qual’è la taglia, signore?”.

Goku si mosse le labbra, “Ehm... non ne sono molto sicuro...”, si guardò attorno, notando uno smilzo manichino che pareva azzeccarci abbastanza con la taglia di VeeVee. “Ecco”, disse, indicandolo, “La misura è più o meno quella”.

“... Figuriamoci. Nessuno può avere una taglia del genere”, bofonchiò la donna, sottovoce.

“Come?”.

Agitò le mani, sorridendo nervosamente, “N-niente, niente! Piuttosto, mi dica, c’è qualche motivo in particolare che potrebbe piacere a sua moglie?”.

Goku si grattò la testa, “Ehm... diciamo che a lei non piace niente”.

La donna lo guardò perplessa, ma dopo solo qualche istante tornò a sorridergli smagliante. “Beh, non è un gran problema. Ora vediamo di trovarle un abito che farà morire d’invidia tutte le presenti”.

 

***

 

Tornando a casa Son dopo due ore d’intenso addestramento, Vegeta andò dritto in cucina, assetato. Si era allenato duramente al fine di recuperare i giorni che aveva perso per la malattia, e ora si sentiva piuttosto stanco. Aprì il frigo ed agguantò una bottiglia d’acqua. Dopodiché si diresse in soggiorno, lasciandosi cadere sul divano e prendendo poi un lungo sorso d’acqua fresca. Ad un tratto, così di punto in bianco, il suo aborrito rivale spuntò dal nulla, facendogli venire un colpo. Teneva un sacchetto di plastica in mano e un’espressione soddisfatta dipinta in faccia. “Vegeta!”, lo chiamò con un sorriso.

 

Thump-thump.

 

Dannazione. Doveva andare a farsi dare una controllata al cuore da qualche medico. Possibilmente che non fosse Killemall.

Kakarrot gli si avvicinò trotterellando, sollevando la borsa come un trofeo, “Ti ho preso il più bel vestito di tutto il negozio!”.

“Dio”, disse il principe, massaggiandosi le tempie, “Se all’Inferno mio padre venisse a sapere come suo figlio se la sta spassando in questo momento, penso gli verrebbe come minimo un infarto”.

Goku lo ignorò, mostrandogli il suo bellissimo acquisto, “Guarda! Ero sicuro che sarei riuscito a trovarti qualcosa di fantastico!”.

Vegeta degnò l’abito di una sola, singola (e anche piuttosto schifata) occhiata, dopodiché riprese a tracannare la sua acqua. Davanti alla sua atona reazione, il sorriso di Goku si spense, “Non... non ti piace?”, mormorò, mortificato.

Fulmineamente, Vegeta percepì una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco. Ecco, di nuovo quel dannato... uhm, com’era? Ah, senso di colpa. “Kakarrot, non me ne frega niente dei vestiti da donna. Se mi interessassero avrei già cambiato mestiere da un pezzo, credimi. E anche il più velocemente possibile!”.

Goku si imbronciò, “Sì, ma volevo solo sapere se ti piaceva...”.

Il principe si accigliò, sbattendo la bottiglia sul tavolino. “Ti ricordo che sto facendo tutto questo solo per la dannata adunata di babbei che quella stupida donna vuole fare! Datti una svegliata, Kakaroth! Non mi piacerà mai un vestito da donna! Soprattutto se a metterlo devo essere io!”. Rabbioso, si alzò di scatto e con uno sbuffo se ne andò dal soggiorno.

Goku agitò il vestito in aria, seguendolo con lo sguardo, “Ma non vuoi nemmeno provarlo?”.

“NO! MUORI!”.

 

***

 

La sera del party si presentò con un sereno cielo stellato, una bella luna piena e qualche impercettibile spruzzo di nuvole qua e là.

Goku, trasalendo, si riannodò la cravatta per la quarta volta. In realtà era riuscito a mettersela decentemente sin dal primo tentativo, ma era un modo come un altro per scaricare la tensione. Lui, Piccolo e Gohan stavano appostati da ormai più di mezz’ora ai piedi delle scale, in attesa della principessina.

“Goku, sei sicuro che Vegeta non sia scappato dalla finestra?”, chiese Piccolo.

Il saiyan si afflosciò le spalle, sconsolato “Non tanto”. Poi guardò il figlio, “Davvero non vuoi venire, Gohan?”.

Il bambino annuì. “Sì, voglio finire i compiti entro stasera. Domani pensò che mi risulterebbe un po’ difficile, visto che Vegeta sarà sicuramente impegnato ad urlarti addosso per tutta la giornata”. Goku non disse nulla. Suo figlio aveva ragione, quella serata probabilmente si sarebbe rivelata un vero disastro. Sospirando, si volse verso le scale.

“Vegeta!”, urlò, “Non sei ancora pronto?”.

“TACI, MALEDETTO!”, strillò istericamente una voce femminea di rimando, “Sto facendo più veloce che posso con questo stupido vestito!”.

Dopo un’altra abbondante manciata di minuti, finalmente la porta della camera di Vegeta si aprì. La bella VeeVee uscì con addosso il vestito nero acquistato da Goku e un paio di tacchi abbinati. Era ben truccata in viso, i capelli raccolti in uno chignon e una piccola borsetta nera in mano. Con lenta eleganza scese le scale, tenendosi saldamente aggrappata al corrimano; la cosa non fu comunque sufficiente a salvare il povero principe dall’ennesima, ignominiosa figuraccia, visto che, poggiato male il tacco, il povero martire perse l’equilibrio e come un sacco di patate si sbilanciò all’indietro. Riuscì rapidamente a riacquistare stabilità, non senza tuttavia dare accidentale sfoggio del proprio intimo da sotto la gonna. Goku e Gohan si coprirono subito gli occhi, ma Piccolo pensò bene di dare un’occhiatina approfondita.

“Indossi dei boxer sotto al vestito?”, chiese il namecciano.

Vegeta ringhiò rabbioso come al suo solito, sistemandosi l'abito che gli si era arricciato lungo le glabre gambe, “Non ho alcuna intenzione di indossare delle mutande da donna!”.

“Non credi sia molto peggio quella borsetta?”, continuò ad infierire Piccolo, sempre più divertito.

Il principe gli lanciò un'occhiata. Se si fosse potuto uccidere col solo potere dello sguardo, Vegeta sarebbe stato un serial killer. “Ho messo la pistola trasformante e le capsule con i miei vestiti in questo obbrobrio!”. Giunse al termine delle scale e si diede una rassettata, “Muoviamoci, Kakarrot. Prima arriviamo là, prima possiamo andarcene”.

Goku annuì spasmodicamente. “Solo un secondo!”. Infilò una mano in tasca e ne tirò fuori un braccialetto. Lo mise al sottile polso di Vegeta, il quale lo esaminò con un sopracciglio alzato, “Questo cosa sarebbe?”.

L’altro sorrise mestamente, “È un braccialetto di diamanti. L’avevo preso per Chichi come regalo di compleanno. Non perderlo, ok?”.

Vegeta continuò ad osservare il gioiello, impassibile. “Vuoi farmelo ostentare davanti a tutti i tuoi insulsi amici, per caso?”, chiese, con una nota di disappunto. Goku ridacchiò scuotendo la testa, avviandosi poi verso la porta d’ingresso. Il principe lo seguì, inciampando sui suoi passi un altro paio di volte. Una volta che fu uscito di casa, Goku si fermò un attimo all’ingresso, voltandosi verso Gohan e Piccolo, “Se non sopravvivo a questa serata”, mormorò, funereo, “bruciatemi nel mio miglior gi”.

Gohan attese che suo padre chiudesse la porta, per poi gemere sconsolato.

“Il suo migliore gi gliel’ha fatto a brandelli Vegeta qualche giorno fa...”.

 

***

 

Appena giunsero alla Capsule Corporation, i due saiyan vennero immediatamente inghiottiti da una marea indicibile di gente. La festa si teneva nell’ampio cortile, adibito alla perfezione per l’occasione. C’era un grande palco sopra cui suonava una band, luci colorate sparse un po’ ovunque e file e file di tavoli da buffet pieni di cose squisite da mangiare. Goku si occhieggiò attorno, notando che la maggior parte degli invitati erano persone che non aveva nemmeno mai visto prima. Imperturbabile e con tono glaciale, Vegeta incominciò il suo gutturale conto alla rovescia. “9:59, 9:58, 9:57...”.

L’altro saiyan si grattò la nuca, palesemente a disagio, “Vado a cercare Bulma. Tu rimani qui, ok?”.

“9:53, 9:52...” fa la stringata risposta. Goku sospirò e prese a girovagare alla ricerca della padrona di casa, lasciandosi alle spalle il gelido principe. Questi continuò a contare per qualche altra manciata di secondi, dopodiché si bloccò. Aveva come la sensazione che qualcuno lo stesse guardando. Qualcuno che conosceva.

 

***

 

Crilin fissava ammaliato Vegeta – o meglio, VeeVee – da uno degli innumerevoli tavoli tracimanti di dolcetti. Quella era senza dubbio la più bella ragazza che avesse mai visto. Era un’amica di Bulma? Era lì con un altro uomo? Oh, cavolo, pensò, Dovrei provare a parlarci?

Yamcha, Tien e Chiaotzu, raccolti attorno a lui, erano anche loro intenti a contemplare silenziosamente la donna sconosciuta. “Chi...”, esordì Yamcha, incantato, “Chi sarebbe quella meravigliosa creatura laggiù?”.

“Non lo so”, sospirò Crilin, voltandosi poi verso i suoi amici con una strana luce negli occhi, “Ma vi confido una cosa. Vi ucciderei tutti per lei”.

Tien e Chiaotzu arretrarono un poco, preoccupati, mentre Yamcha si limitò a ridacchiare beffardo, allargandosi leggermente il nodo della cravatta colorata. “Oh, posso immaginarlo”, disse, “Peccato solo che quella bellezza sia già ai miei piedi”. Prese un bicchiere di champagne e si avviò verso la ragazza.

Dopo che si fu allontanato, Tien incrociò le braccia, aggrottando il sopracciglio, “Non vi sembra... familiare?”.

Chiaotzu lo guardò, “Che intendi?”.

“Non lo so”, disse il ragazzo, “Ho come l’impressione di averla già vista da qualche parte”.

Crilin continuò a guardarla rapito, “Magari è una modella. Potresti averla vista in qualche giornale”.

L’altro scosse la testa. “Non mi sembra”. Rimuginò per qualche secondo, dopodiché si strinse nelle spalle e si rilassò. “Beh, prima o poi mi verrà in mente”.

 

***

 

Vegeta digrignò i denti, sudando freddo. Quegli idioti degli amici di Kakaroth lo stavano fissando! Probabilmente l’avevano riconosciuto! E cosa peggiore di tutte, il babbeo con cicatrice si stava dirigendo verso di lui! Cosa diamine avrebbe potuto fare, adesso?! Non poteva mica farlo saltare in aria! Dannazione.

Yamcha lo raggiunse lentamente, sorridendo. “Ehilà”.

Vegeta mantenne basso lo sguardo, senza rivolgergli la parola. L’altro, perseverante, gli porse un bicchiere, “Champagne?”. Vide la ragazza scuotere la testa, e ne rimase sorpreso. Come era possibile che quella dolcezza non avesse la benché minima reazione davanti al suo impeccabile charme? “Il mio nome è Yamcha”, continuò, “Tu sei...?”.

Vegeta sbarrò gli occhi. Grazie al cielo! Allora non l’aveva riconosciuto! La situazione risultava leggermente meno problematica. Ma solo leggermente. “VeeVee”, mormorò, lentamente. Pareva che pronunciare ogni singola lettera gli costasse almeno una trentina d’anni di vita.

L’idiota gli sorrise, “VeeVee? È un nome delizioso”.

...

Un attimo.

Sta OSANDO provarci con me?!, pensò Vegeta, schifato. Che situazione imbarazzante! Il tipo che solo qualche tempo prima aveva riempito di botte ora stava spudoratamente tentando di fare colpo su di lui. No, cioè, su di lei. Oh, chi se ne frega.

“Allora”, continuò Yamcha, prendendo un sorso di champagne ghiacciato, “Sei impegnata con qualcuno questa sera?”.

“Sì, lo è! E ANCHE TU!”, s’interpose una voce rabbiosa, facendolo sobbalzare. Il ragazzo si voltò sorpreso, ritrovandosi dinanzi una Bulma leggermente arrabbiata.

“Oh! H-h-hey, piccola...”, balbettò.

“Non osare dirmi ‘hey piccola!” berciò lei. Goku sbucò da dietro le sue spalle, agitando la mano, “Ehilà, Yamcha!”.

“Ciao, Goku”, fu la poco entusiastica risposta.

“Mi sembra di capire che hai già fatto la conoscenza di VeeVee”, continuò allegramente il Saiyan, affiancando il principe intento ad osservare con particolare interesse il selciato.

Yamcha sbatté un paio di volte le palpebre, sconvolto, “È... è la tua ragazza?!”.

Goku si grattò la nuca, imbarazzato. “Già”.

“D-dove l’hai trovata?!”, scosse la testa, sbalordito, “Se incontrassi io una tipa così—”.

Non riuscì a concludere la frase che Bulma gli affibbiò una poderosa gomitata allo stomaco, facendolo boccheggiare per il dolore, “Ehm… I-io... L-la vorrei immediatamente presentare a tutti i miei a-amici! Ahahah—AHIO!”. Non contenta, la ragazza lo afferrò per un orecchio, trascinandoselo appresso. “Ow, ow, ow! Oh andiamo, piccola!”, protestò Yamcha, piagnucolando.

Goku non poté fare a meno di ridacchiare osservando la coppia allontanarsi. Scoccò una fugace occhiata a Vegeta, notando che il principe non era per niente a suo agio. “Tutto ok?”.

Quello strinse i pugni, “Sono il principe dei saiyan ricoperto di lustrini e con del rossetto in faccia, e uno dei tuoi insulsi amici plebei ha appena tentato di abbordarmi. Ti sembra che sia tutto ok?”.

Goku si morse un labbro, imbarazzato, “Hai ragione. Scusa”, mormorò. Poi guardò da un’altra parte. Desideroso di sparire o, almeno, di far stare un po’ meglio Vegeta, puntò al bar, “Vado a prenderti qualcosa da bere”. Fece per allontanarsi, quando una presa ferrea gli bloccò il braccio. Abbassò lo sguardo, notando che era stata la piccola mano di VeeVee a trattenerlo.

Il principe ingoiò a fatica il suo orgoglio, e disse “Rimani qui”. Goku gli scoccò un’occhiata confusa. Vegeta si morse un labbro, combattuto tra la rabbia e l’imbarazzo, “Non voglio che altra gente venga qui ad attaccare bottone con me”, borbottò. Goku annuì, sedendoglisi accanto.

 

***

 

Crilin non poté fare a meno di scoppiare a ridere di gusto nel momento in cui vide il “grande latin lover” tornare verso di loro a testa bassa, intento a massaggiarsi un orecchio pulsante. Tien e Chiaotzu fecero altrettanto. “Sì, sì, bravi. Ridete pure”, sbottò stizzito Yamcha.

“Cosa è successo?”, chiese Crilin, stuzzicandolo, “Non doveva già essere ai tuoi piedi?”.

Il moro ridacchiò, “Bulma mi ha beccato”, poi si strinse nelle spalle, “Beh, non ha importanza, tanto quella bambolina è già impegnata con qualcun altro”.

Il sorrisetto irriverente sul volto di Crilin si spense tempestivamente, “Accidentaccio. E io che avevo appena trovato il coraggio di parlarle...”.

Yamcha smise di massaggiarsi l’orecchio. “È la ragazza di Goku”. Gli altri tre lo fissarono scioccati.

“S-sul serio?”, boccheggiò Crilin, non riuscendo a credere alle proprie orecchie. Lui annuì.

Tien sbatté sorpreso le palpebre, “Però. Ha fatto in fretta”.

“È perché è alto e ha dei bei capelli!”, piagnucolò Crilin.

“Guardate!”, esclamò Chiaotzu, indicando la coppia. Tre paia di occhi saettarono curiose ad osservare Goku e VeeVee. Il saiyan agitava nervosamente il piede mentre parlava con la sua presunta ragazza, che non faceva altro che guardarsi in giro con sguardo imbarazzato. Non si riusciva ad udire ciò che si stavano dicendo, ma a giudicare dal palese nervosismo che permeava l’aria, quei due sembravano davvero una coppietta di adolescenti al loro primo appuntamento. “Wow”, mormorò Crilin, “Allora è vero”.

“Credevo che Goku non sarebbe stato in grado di frequentare altre donne per un po'”, confessò Tien, sinceramente sorpreso.

“Prima che Bulma mi trascinasse via, sono riuscito a scoprire il nome della ragazza”, fece Yamcha, “Si chiama VeeVee”.

A quelle parole, Crilin spalancò gli occhi, scioccato, “Oh, no. Oh, no… non farti questo, Goku”.

“Che hai?”, chiese il moro.

Crilin agitò in aria le mani, sudando freddo, “Non capite? VeeVee! Assomiglia incredibilmente a Chichi! Senza contare che anche lei ha i capelli neri e, a giudicare dal fisico, deve essere pure una combattente!”.

“E quindi?”, domandò Yamcha, stringendosi nelle spalle.

“E quindi VeeVee non è altro che una sostituta di Chichi! Goku sta con lei solo perché gli ricorda sua moglie!”.

Il moro ci pensò qualche istante, perplesso, dopodiché scosse la testa, “A me è sembrata parecchio timida. E come tutti noi sappiamo, Chichi non era per niente timida”.

“Potrebbe fare così solo con gli estranei”, disse Crilin, sempre più sicuro della sua deduzione, “Magari quando lei e Goku sono soli si comporta alla stessa maniera di Chichi”.

Gli altri guerrieri esitarono, non troppo convinti della sua teoria. “Spero che tu non abbia ragione”, mormorò Tien, “Se davvero è come dici tu, i loro cuori finiranno presto entrambi a pezzi”.

“ATTENZIONE, GENTE!”, rimbombò improvvisa la giuliva voce di Bulma dagli altoparlanti, “IL PROSSIMO BALLO È SOLO PER LE COPPIE! QUINDI PRENDETE LA VOSTRA PERSONA SPECIALE E TRASCINATELA SULLA PISTA DA BALLO!”.

Vegeta fissò Goku con un eloquente sguardo omicida, ma quello subito agitò le mani davanti al viso in segno di difesa. “Non ti preoccupare”, disse, “Non ho alcuna intenzione di ballare”. Vegeta voltò quindi lo sguardo, notando con orrore che Bulma stava correndo verso di loro.

Una volta che li ebbe raggiunti, la donna si mise le mani ai fianchi e aggrottò le sopracciglia. “È la danza delle coppie, ho detto! Il che significa che siete compresi anche voi due!”.

“Ehm... Bulma...”, pigolò Goku, “Senti, noi non—”.

“Niente ma! Muovetevi ed andate a ballare!”, fulminò il saiyan con lo sguardo, dopodiché scappò di nuovo via alla forsennata ricerca di Yamcha.

Vegeta fissò con odio la figura di Bulma disperdersi tra la folla, dopodiché si dedicò a prodigare tutta la sua rabbia al compagno, “Noi NON andremo a ballare”.

“Bulma non smetterà di perseguitarci se non lo facciamo”, mormorò sconsolato Goku. Esitò qualche istante, poi si massaggiò le tempie, “Quanto tempo ci rimane?”.

“Tre minuti e trentasei secondi”, rispose Vegeta.

Il Saiyan sospirò. “Un canzone sola, faremo in fretta. Così veloci che sarà come essere già a casa. Ti prego”. Vegeta lo fissò. L’avrebbe ucciso, prima o poi. L’avrebbe davvero ucciso. Seppellì il viso nelle mani, e, sorprendentemente, annuì. Sollevato, Goku gli porse le mano e lui la prese. Si diressero in pista ed iniziarono a ballare sulle note del lento valzer di sottofondo, dondolandosi avanti ed indietro rigidi ed impacciati come due pezzi di legno.

“Awwww”, miagolò Bulma, guardandoli deliziata mentre danzava con Yamcha, “Guardali”. Si abbandonò ad un sospiro languido. “Scommetto che si stanno sussurrando un sacco di cose dolci all’orecchio”.

“No, Vegeta! Muovi il piede dall’altra parte!”, sibilò Goku.

“Quale parte?!”.

“A destra! ... No! AHIO! … Alla mia destr—AHIA!”.

“Kakaroth, non ho la più pallida idea di come si balla!”, ringhiò Vegeta, pestandogli per la miliardesima volta il piede. “Sono il principe dei saiyan io, non una stupida ballerina della malora!”.

“Ugh! Senti, riprendiamo a muoverci avanti ed indietro come prima!”, disse infine Goku, esasperato.

“Come ti pare!”, sbottò il principe.

Smisero di agitarsi e ripresero ad ondeggiare piano. Le mani di Goku scivolarono lentamente sulla schiena di VeeVee, mentre le piccole e delicate mani della ragazza esitarono nello sfiorare le larghe spalle del saiyan. Dagli altoparlanti risuonava ora una vecchia canzone d’amore; i loro piedi si muovevano impacciatamente sull’erba fresca da poco tagliata, cercando di seguire il ritmo lento. Gli occhi di tutti i conoscenti erano puntati loro addosso, famelici e morbosamente curiosi. I due antitetici saiyan si ritrovarono finalmente d’accordo su qualcosa: quella situazione era assolutamente terribile.

Bulma e Yamcha stavano ballando poco distanti, avvicinandosi pericolosamente ogni secondo di più. Quando furono loro accanto, Bulma si sporse verso VeeVee e le diede un poderoso colpo di fianchi, cogliendola alla sprovvista e facendola cadere dritta tra le braccia della sua nemesi. Goku l'afferrò prontamente, rischiando di sbilanciarsi all’indietro per l’inaspettato peso che gli cadde addosso. Vegeta, furibondo, fissò con astio l’audace coppietta che rapidamente sgattaiolò via, tutta intenta a ridacchiare per il successo del diabolico piano. “Giuro che li ammazzo. Tutti e due”, sibilò lui, digrignando i denti.

Goku ridacchiò dolcemente, “Non ti arrabbiare”, gli disse “Si stanno solo preoccupando per me”.

Poi sentì le sue braccia scivolargli lentamente lungo la vita. Vegeta avvampò al contatto, e il suo cuore prese a battere più forte, vigoroso ed insistente come se volesse schizzargli via dal petto da un momento all’altro. Era un tocco strano ed inaspettato, eppure risultava inspiegabilmente piacevole e confortevole, come se fosse proprio di loro da anni. Goku deglutì, rendendosi contro di non essere in grado di controllare il proprio rossore.

Dopo qualche istante, Vegeta si decise a sollevare lo sguardo verso il proprio compagno. Rimase sorpreso nel constatare che in fondo non era così brutto; era incredibile vedere come nessuna ferita fosse riuscita a deturpare quel viso dopo tutti quegli anni di combattimenti e lotte sanguinolente. Quando i suoi occhi si incrociarono con quelli indecifrabili di Goku, nessuno dei due deviò lo sguardo. Si fissarono in silenzio, domandandosi tacitamente mille cose l’uno sull’altro. I loro volti si avvicinarono, e non smisero di guardarsi. Le bocche si aprirono, ma da esse non uscì alcun suono.

I due saiyan chiusero gli occhi, e si sporsero in avanti. La delicata musica di sottofondo pose fine alla canzone e diede inizio all’amore.

I due combattenti più potenti dell’universo annullarono la distanza tra di loro, e si baciarono. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

MTB: AH! IL MIO CUORE! È arrivato il bacio! NON CE LA POSSO FARE! Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto! E sappiate che è stato fantastico leggere tutte le vostre recensioni! Continuate a commentare! Perché se non lo farete... POTREI MORIRE!

Trunks: È vero, credetele.

Goku: Non sono venuto qui per lodare e venerare MTB, ma per recensirla!

Vegita: E io non sono venuto qui recensire MTB, ma per riempirla di botte!

MTB: Ehm. Sul serio?

Vegita: ASSOLUTAMENTE SÍ, STUPIDA DONNA!

MTB: Urgh. Nel prossimo capitolo: le conseguenze del bacio! E Piccolo lo scoprirà! Oh, no! Povero Ouji-Sama! Comunque sia: sto già progettando un seguito! Ma non vi dirò assolutamente niente in proposito!

 


 

*Un gioco di parole con la proposizione “I will kill them all”, ovvero “Li ucciderò tutti”. Diciamo che come nome non è molto rassicurante, LOL.

 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

SSSSSSSALVE! Come va?

Ecco il nuovo capitolo! Oggi ho un po’ di fretta, quindi non perdo tempo a cincischiare con note e commenti idioti. Dico solo: AAAAAWWWW, IL BACIO. E AWWWW, BULMA E YAMCHA. Ok, sarò l’unica idiota a cui piacciono insieme, ma che ci posso fare. Per me Vegeta è impegnato solo con Goku. :’D
Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Grazie come sempre per tutti i commenti, sapere che la storia vi piaccia tanto è per me un immenso piacere! Anche se non l’ho scritta io, mi fa piacere comunque, già già. Alla prossima!

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 (1) ***


MTB: Salve a tutti! Come state?

Trunks, Goku, Vegita, & Piccolo: Bene. E tu?

MTB: Divinamente! Voglio ringraziare tutti per le recensioni! Amo ricevere recensioni! Qualcuno mi ha chiesto se poteva disegnare una scena tratta da questa fanfic, e io ho risposto “Assolutamente sì!”! Come potrei impedirvelo! Non controllo il vostro volere... E se voi ragazzi volete salvarvi le mie fiction, fatelo pure! Tanto non ci ricavo un soldo bucato. *si guarda attorno* Neanche un soldo bucato...

Piccolo: Sì, hanno capito. Nessuno vuole citarti in giudizio.

MTB: Comunque sia, se pubblicate la mia storia da qualche parte, inviatemi il link, così posso dare un’occhiata! Adoro andare in giro per i siti di DBZ! Bene, e senza ulteriori indugi, torniamo alla fiction!

Trunks: Bene, e adesso chi si occupa dei disclaimer?

MTB: Tua mamma è un disclaimer.

Trunks: ... Cosa?

Vegeta: AH! È vero!

Trunks: *fa il broncio* Bene. Lo farò io! (Disclaimer: MTB non è la creatrice di DBZ. Se lo fosse stata, non mi avrebbe mai lasciato indossare quegli orripilanti vestiti in DBGT.)

MTB: Assolutamente no.

 


 

Capitolo 6 (1)

 

Whirr, tack, click, snap.

Quelli furono i suoi che improvvisamente esplosero nella testa di Vegeta, facendolo rinsavire dal proprio stato pseudo-catalettico. Tutto gli crollò impietosamente addosso in un’unica volta: il calore di un corpo estraneo contro il proprio, l’odore di Kakaroth, una sensazione di umido sulle labbra.

Il grande principe dei saiyan stava baciando il suo rivale di classe inferiore, il tutto di fronte ai suoi patetici amici e a completi sconosciuti intenti ad applaudire come idioti dinanzi al romantico gesto.

Ciò che lo avvolse a quella consapevolezza fu il vero e proprio terrore.

Spintonò con violenza Goku lontano da sé pulendosi rabbiosamente le labbra, lasciando il giovane Son totalmente spiazzato. Ignara dei loro travolti stati d’animo, Bulma trotterellò verso di loro con una macchina fotografica in mano, applaudendo entusiasta, “Voi due... voi due siete davvero una coppia adorabile!”.

Goku trasalì e guardò Vegeta, il cui volto era divenuto una maschera rossa di rabbia e totale sbigottimento. Il principe rimase immobile per qualche istante, senza dire assolutamente nulla. Dopodiché si voltò e fulmineo corse via, sparendo tra l’abnorme folla che li attorniava.

“Ve—!”, urlò Goku, fermandosi in tempo prima di rivelare a tutti la vera identità della ragazza. Bulma guardò la giovane fuggire via e posò una mano sulla spalla del saiyan, mortificata.

“Son-kun”, disse, “M-mi dispiace. Non era mia intenzione farla arrabbiare”.

Goku abbassò le spalle e affondò il volto tra le mani. Come se le cose tra noi non fossero già pessime a sufficienza, pensò.

 

***

 

Vegeta si allontanò rapidamente dalla Capsule Corporation, distanziandosi dalla folla tanto quanto bastasse per poter volare via senza essere notato. Aveva appena baciato l’idiota, e l’ultima cosa di cui aveva bisogno ora era che tutti scoprissero chi realmente VeeVee fosse. Non sarebbe sopravvissuto all’umiliazione. Quando fu convinto di aver raggiunto una buona distanza, raccolse un po’ d’energia e schizzò verso il cielo, stringendo al petto la sua piccola borsetta nera e cavalcando coraggiosamente il vento verso qualche destinazione ignota. Continuò a respirare affannosamente, ancora in shock per quanto accaduto. Il Principe dei saiyan e il perdente di terza classe... baciarsi? Mio padre farebbe bene ad ammazzarmi, pensò disgustato, chiudendo gli occhi.

Improvvisamente, girovagando, si rese conto di essere giunto fino all’oceano. Fermò il suo volo e si tuffò di testa, colpendo la superficie con un sonoro splash e schizzando tutt’attorno. Sott’acqua Vegeta aprì gli occhi, notando branchi di pesci guizzare velocemente via, spaventati. Osservò gli abissi scuri per qualche secondo, dopodiché riemerse velocemente, esalando un profondo respiro soffocato. Gettò una truce occhiata all’immenso nulla che lo circondava, poi diede un pugno all’acqua, tracimante di frustrazione. Il suo corpo tremava per il freddo, ma soprattutto per la rabbia.

Si morse furiosamente un labbro, spaccandolo, “È ora di porre fine questa pagliacciata”, ringhiò. Uscì dall’acqua e schizzò nuovamente in cielo, deciso a mettere in atto quanto detto.

 

***

 

Alla Capsule Corporation, Goku rimestò distrattamente lo champagne nel proprio calice. Crilin stava seduto al tavolo accanto a lui, intento ad osservarlo con sguardo rattristato e pieno di preoccupazione; sospirò mestamente quando, con un mugolio frustrato, il suo amico ingollò in un sol sorso l’ambrato contenuto del bicchiere - l’ennesimo, da quando VeeVee se n’era andata. Con le labbra ancora umide d’alcool, Goku fece poi cenno ad uno dei camerieri di portargli un’altra bottiglia, dopodiché si lasciò crollare sul tavolo.

Quando anche il nuovo calice fu riempito di champagne, Crilin scosse la testa, “Goku, come stanno veramente le cose?”, mormorò, “Ti manca VeeVee? O ti manca Chichi?”.

Il saiyan si strinse nelle spalle, afferrando languidamente il bicchiere e facendo scivolare distrattamente il sottile collo tra le dita, “Nessuna delle due”.

“Sto parlando seriamente, Son!”, Crilin incrociò le braccia al petto, “Stavi frequentando VeeVee solo perché ti ricorda Chichi, non è vero?”.

Goku emise una sorta di risata, sbuffando debolmente dal naso, “Chichi? No... mi ricorda Vegeta”.

Crilin scosse nuovamente la testa, sospirando. Era inutile, con un Goku semi-sbronzo non sarebbe andato da nessuna parte. Si alzò lentamente e porse la mano al suo amico, “Dai, andiamo. Ti riporto a casa”.

Il moro sollevò stancamente lo sguardo, senza dire nulla. Poggiò il bicchiere sul tavolo e si mise stentatamente in piedi, “Ti ringrazio amico, ma preferisco andare a prendere una boccata d’aria da qualche parte”.

L’altro lo fissò, “Dove pensi di andare?”.

Goku si stiracchiò e alzò lo sguardo al cielo notturno, “Per prima cosa aspetterò che la sbronza mi passi. Poi andrò a sistemare le cose”. Dicendo ciò, languidamente, raccolse una minima quantità d’energia e volò via, lasciandosi alle spalle un alquanto preoccupato Crilin. Bulma comparve dietro di lui, tentando di cogliere la figura ormai minuscola del saiyan in mezzo alla moltitudine di stelle.

“Spero che riescano a riappacificarsi”, mormorò mortificata, “Non avevo idea che quella ragazza potesse avere una reazione del genere. È stata tutta colpa mia, non avrei dovuto pressarli così presto”.

Il ragazzo si voltò verso di lei, abbozzando un sorriso, “Credo tu non abbia niente a che fare con tutto questo. Ho come il presentimento che quel bacio ci sarebbe stato comunque, a prescindere dal tuo intervento”.

Bulma osservò Crilin per qualche istante, per poi tornare a guardare il cielo, “Mi era sembrato che non stessero aspettando altro”.

 

***

 

L’acqua aveva l’astrusa capacità di richiamarlo a sé, quella notte. Prima l’oceano gli era parso una sorta di accogliente fautore, ed ora il rasserenante scroscio del fiumiciattolo sotto di sé sembrava volerlo invitare a restare. Vegeta si poggiò contro il parapetto del ponte, fissando con sguardo truce il proprio riflesso nell’acqua sottostante. Il parchetto era quieto e deserto, l’unico suono udibile era il frusciare del vento tra le fronde degli alberi e il debole gorgoglio del ruscelletto.

Stupido, pensò per l’ennesima volta, Che cosa diavolo mi è passato per la testa?

Con immenso sollievo si era levato di dosso vestito ed accessori, tornando di buon grado alla forma maschile, dopodiché aveva aperto le capsule contenute nella borsetta ed indossato il consuetudinario abito blu scuro. La pistola trasformante aveva trovato un infausto destino sotto la suola delle scarpe, segnando la morte di VeeVee e la fine dell’umiliazione del principe Vegeta.

Sapeva che l’idiota di terza classe sarebbe venuto a cercarlo, per questo cercava di approfittare del potere sedante della pace di cui poteva godere in quel momento di solitudine. Si portò rabbiosamente le mani in testa, chiedendosi se avesse potuto strapparsi i dannati neuroni che continuavano a proiettare nel suo cervello l’infausto momento in cui lui e Kakaroth si erano baciati con la stessa facilità con cui ci si poteva strappare un ciuffo di capelli. Per quanti sforzi immani facesse, non riusciva a togliersi dalla testa le labbra dell’altro saiyan. Erano soffici, calde e... giuste?

Scosse la testa. No, non giuste. Che schifo.

Però sentirsi avvolto dalle braccia di Kakaroth era stato strano. Era un guerriero saiyan, eppure la sua presa gli era parsa incredibilmente delicata e leggera. Kakaroth era stato sposato con una donna prima, quindi probabilmente sapeva come tenere qualcosa di fragile tra le mani. Aveva esperienza in romanticherie e smielaggini varie, quell’idiota.

Al contrario di lui, le cui esperienze passate erano state solo in mezzo ad una strada con donne delle quali nemmeno sapeva il nome e con le quali non avrebbe mai più avuto nulla a che fare. Non aveva idea di come si corteggiasse realmente una femmina, non avendoci nemmeno mai provato. Eppure, alla fine, anche lui era riuscito a toccare qualcuno; toccato realmente, e non per affibbiare un impietoso pugno. Toccare e saggiare la consistenza della pelle. Per la prima volta era stato delicato e gentile, cosa di cui non aveva mai potuto godere nessuno prima d’ora. Men che meno quel bastardo di Kakaroth. Vegeta si guardò le mani, coperte dai guanti. Era stato strano ritrovarsi in una situazione del genere, e a fare cose del genere.

Pestò rabbiosamente per terra, disgustato da se stesso. Quello stupido di terza classe lo stava trasformando in uno squallido e debole terrestre.

...

Parli del diavolo.

Improvvisamente Goku si materializzò alle sue spalle, dalla parte opposta della ringhiera. Nel momento in cui si rese conto di essere furbescamente apparso nel vuoto, il saiyan si aggrappò velocemente al parapetto, cacciando un urletto strozzato. Guardò in basso verso il fiume dentro il quale stava rischiando di cadere e sorrise nervosamente a Vegeta, “Urca, per poco non ci finivo dentro!”.

In tutta risposta il principe gli si avvicinò lentamente e gli schiacciò violentemente col gomito le dita, facendogli perdere la presa e cadere di sotto. Goku precipitò in acqua di schiena, schizzando da tutte le parti. Riemerse dopo qualche secondo senza particolare difficoltà, completamente zuppo dalla testa ai piedi. Scoccò a Vegeta un’occhiata furente, ma il principe si limitò a continuare a fissarlo con disarmante imperturbabilità, lasciando cadere con disprezzo il braccialetto di diamanti della sua defunta moglie sulla zazzera nera. Arrabbiato, Goku lo afferrò fulmineamente e se lo cacciò in tasca.

Si strizzò i lembi infradiciati dell’abito e levitò poi sul ponte, atterrando di fianco a Vegeta. Quando i suoi piedi toccarono terra, udì uno strano scricchiolio crepitare sotto le suole. Abbassando lo sguardo, Goku notò che aveva appena calpestato alcuni piccoli pezzi di metallo. Perplesso diede un’occhiata più da vicino, scorgendo il familiare schermo della pistola trasformante. Si grattò la nuca, amareggiato, “Aw, Gohan e io non potremo mai giocare ai cowboy”.

Vegeta si massaggiò le tempie e, con voce stanca, disse “Vattene, Kakaroth.

Goku si voltò verso di lui e storse le labbra in un sorriso timido, “Andiamo, Vegeta. Non è stato così terribile”.

Il principe fece scattare gli rabbiosamente occhi verso il suo rivale, scorgendo il rossore sulle sue guance e percependo un debole odore d’alcool circondarlo. Il cretino era ubriaco, ma la cosa non sembrava influire troppo su di lui. Pareva infatti che fosse stato sufficientemente sobrio per tornare a casa, cambiarsi l’elegante completo ed indossare il suo solito gi ridicolmente arancione. Buon per lui. Anzi no, non gliene fregava niente. Ringhiò, “Non è stato così terribile?! Ma ti senti?! Noi siamo nemici! Noi viviamo unicamente allo scopo di distruggerci a vicenda! Il fatto che ci siamo baciati di fronte ai tuoi patetici amici và contro ciò che realmente siamo!”.

Goku sospirò, stringendosi nelle spalle, “Ascolta, quel bacio...”, esitò alla ricerca delle giuste parole da dire, “Non è successo perché noi siamo... uhm... beh, ci sono stati diversi fattori che hanno influenzato la cosa, ecco”.

Vegeta incrociò le braccia, “Ad esempio?”.

“Beh”, mormorò Goku, avvicinandoglisi, “Per prima cosa, l’atmosfera della festa. Era tutto molto romantico. Inoltre, tu sei stato una ragazza per tutto il tempo. Il tuo alter-ego femminile avrebbe potuto fare cose che tu solitamente non avresti mai fatto. E, beh, non so te ma... io ho sentito una certa pressione da parte della folla. Tutto questo ha senza dubbio influito molto su di noi”.

Vegeta rimase immobile, senza voltarsi verso il suo interlocutore. Goku si rannicchiò un po’ in avanti, sperando di averlo persuaso. Tuttavia l’espressione ottenebrata dipinta sul suo volto gli fece notare che il principino non era ancora del tutto convinto, così decise di continuare. “... Voglio dire, se ci baciassimo adesso, la cosa risulterebbe solo strana e imbarazzante, no?”.

A quelle parole finalmente Vegeta si voltò verso di lui, fulminandolo con lo sguardo, “Mi stai forse dicendo che non l’hai trovata strana ed imbarazzante anche prima?!”.

Goku si morse un labbro e deviò lo sguardo, “Sì ma... uhm...”.

“Ma cosa?!”.

“Niente…”.

Vegeta scosse il capo e fece uno sprezzante gesto con la mano. “Bah! Chi se ne frega! Non me ne importa un accidente di cosa ha causato quel dannato bacio o di come è stato! Il punto è che non dovrà accadere mai più!”.

Goku annuì febbrilmente. “Certo, non succederà di nuovo”.

“Ovvio che no”, sbottò Vegeta, raccogliendo energia, “Me ne vado”.

L’altro saiyan si mise le mani ai fianchi, “Sì, dovremmo tornare a casa. È parecchio tardi”.

“Non intendevo dire che me ne vado da questo posto, imbecille. Intendo dire che me ne vado dalla tua schifosissima casa e metto fine a questo dannato matrimonio!”.

A quelle parole la mascella di Goku cadde a terra, “C-c-c-c-c-cosa?! Stai chiedendo il divorzio?!”, Vegeta gli diede le spalle e lui continuò, totalmente nel panico, “N-non puoi lasciarmi!”.

“L’ho appena fatto!”, sputò rabbiosamente il principe, serrando i pugni, “E tieniti pure la custodia del moccioso! Non me ne frega niente!”. E detto ciò prese il volo, diretto alla Capsule Corporation.

Goku rimase immobile, scioccato, fissando il cielo fino a quando non vide la figura del principe sparire. Vegeta l’aveva appena scaricato.

Ahio.

Lo shock presto mutò in rabbia, e il prode eroe dell’universo prese ad inveire furiosamente verso il suo ex-consorte, agitando il pugno in aria, “CERTO CHE MI TENGO GOHAN! È MIO FIGLIO! ACCIDENTI A TE!”. Diede un calcio rabbioso ad un pezzo della pistola trasformante, facendolo schizzare con velocità disarmante attraverso parecchi alberi e facendolo conficcare a lato della jungle gym*, che improvvisamente prese fuoco. Il saiyan la fissò basito bruciare e sfrigolare tra le fiamme, chiedendosi come diavolo avesse potuto incendiarsi così all’improvviso. Poi, dopo qualche secondo, la struttura esplose.

Goku cacciò un urlo frustrato. Dire che quella notte si stava rivelando terribile sotto ogni aspetto era un eufemismo. Si abbandonò contro la ringhiera del ponte, l’unica cosa che in quel momento era in grado di supportarlo – letteralmente. “Perché a me?”, disse miseramente, “Perché...?”, poi diede un ultimo, rumoroso e sconfortato gemito sofferente, facendo sbattere la testa contro il parapetto.

“Brutta serata, huh?”.

Con un bernoccolo in fronte il saiyan si voltò lentamente, notando un uomo in piedi poco distante da lui. Indossava una maglietta rossa abbinata ai pantaloni e una giacchetta sportiva bianca, ed era tutto intento a mangiare con gusto un cono gelato. Senza particolari reazioni, Goku tornò a guardare il fiume, “È complicato”.

Lo sconosciuto gli si avvicinò e lo affiancò, dando una lappata al suo gelato, “Molte cose lo sono nella vita. La vita stessa, l’amore, Dio, e il motivo per cui la gente continua a comprare i Cracker Jacks*2 nonostante i regali siano orrendi. Anche se non ci giocheranno mai, anche se sono premi stupidi; continueranno a piacere loro comunque. Quindi dimmi, quanto stupido era il regalo che hai trovato nei tuoi Cracker Jacks?”.

Goku si raddrizzò un poco, osservandolo con occhi stanchi, “Non ho idea di che tipo di regalo sia. Tutto ciò che so è che è una vera e propria spina nel fianco”.

L’uomo diede un’altra leccata, “E come mai?”.

“Beh, prima di tutto, non fa che insultarmi e criticarmi per ogni cosa che faccio”, borbottò il combattente, imbronciato, “Inoltre, ha sempre di che lamentarsi. È sempre arrabbiato per qualcosa e non è in grado di rilassarsi. E si comporta come bambino capriccioso e viziato”. Aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma poi la richiuse, colto da un flash improvviso.

L’uomo alzò il capo per poter guardare meglio il volto di Goku. L’eroe riprese piano, la labbra che lentamente iniziarono a piegarsi in un sorriso, “Ma, ecco, alla fine credo di meritarmi quegli insulti, più o meno. L’ho sempre costretto a fare cose imbarazzanti. E l’ho fatto non per una, ma per ben tre volte. Mi ha aiutato in casa, e ogni tanto ha anche preparato la cena e la colazione. È forte, intelligente, orgoglioso e determinato. Anche se costantemente arrabbiato, affronta le sue battaglie con ottimismo e sicurezza, convinto sempre di uscirne vincitore”.

Il labbro inferiore dell’uomo tremò, e dai suoi occhi cominciarono a straripare lacrime che finirono tutte ad inondare il gelato. Goku, confuso dalla reazione del tipo, fece perplesso un paio di passi indietro, inquietato. “Q-questo...”, balbettò lo sconosciuto, “Questo discorso è stato meraviglioso... sniff!”.

“Ehm... G-grazie?”.

L’uomo si strofinò gli occhi, “Mi spiace, ragazzo. Reagisco sempre così quanto sento qualcuno parlare della persona che ama, non riesco a trattenermi!”.

Il saiyan per poco non cadde per terra, “D-DELLA PERSONA CHE AMA?”.

“Sniff... proprio così”, rispose l’altro, tirando su col naso, “Dalle tue parole ho potuto sentire tutto l’amore che nutri per questa persona! È l’amore migliore di tutti! È IL VERO AMORE!”.

Goku tremò incontrollatamente all’idea: era... era innamorato di Vegeta? Impossibile. L’aveva detto Vegeta stesso, loro erano nemici. Non erano destinati a stare insieme. O sì?

“Io… sono… innamorato… di…?”, farfugliò, cercando di dare un senso alle parole dell’uomo.

“Certo!” esclamò questo, contorcendosi e battendo le mani per l’eccitamento, “Te ne sei reso conto solo adesso?! È meraviglioso essere innamorati! Spero che tutti prima o poi riescano a trovare la propria anima gemella!”.

“Ma... Se... se davvero sono innamorato di questa persona...”, esalò Goku, “Allora sono gay”.

Stavolta fu turno dell’uomo rischiare di cadere per terra, cosa che gli fece scivolare il gelato dalle mani. Velocemente, però, si ricompose, “Oh, beh. L’amore oltrepassa qualsiasi ostacolo! Chi se ne infischia se siete entrambi due maschi?!”. La sua voce divenne seria, “Dovresti dirglielo, figliolo. Non passare il resto della tua vita chiedendoti come avreste potuto vivere felicemente insieme. Scopri se lui prova lo stesso per te”.

Goku fissò l’uomo, “C-come?”.

“Devi cercare nel tuo petto e mostrargli il trepidante cuore che rappresenta il tuo amore! Poi cerca nel suo petto e fagli vedere che entrambi condividete il medesimo cuore palpitante! Potrebbe respingerti, ma tu continua a combattere! L’amore è sempre cosa degna per cui combattere!”.

Goku si grattò la testa, “Ehm... Ma se tirassi fuori i nostri cuori dal petto, non moriremmo entrambi?”.

L’uomo lo guardò sconcertato, “Ma cosa hai— Oh, lascia stare. Era una metafora. Intendevo dire che dovresti confessargli i tuoi sentimenti. Fagli sapere che sia in Paradiso che all'Inferno tu gli sarai sempre accanto. Non mentirgli, e non girarci attorno. So che fa sempre paura dover dire a qualcuno di essere innamorati, ma rimanere in silenzio è la peggiore cosa che si possa fare a se stessi. E può essere una tortura anche per l’altro, specialmente se questo prova i medesimi sentimenti”.

Goku tacque per qualche istante. Poi scosse la testa e sospirò, “Non lo amo”. Lo sconosciuto sollevò un sopracciglio, e il saiyan continuò, “È impossibile. Sono stato innamorato in passato, e non provo la stessa cosa. Non siamo fatti l’uno per l’altro. E anche se lo amassi, lui non proverebbe mai la stessa cosa per me. Mi detesta con tutto se stesso”. L’eroe abbassò il capo, “Mi spiace deluderla, signore. La ringrazio per aver chiacchierato con me”. E detto ciò si voltò e se ne andò, lasciando il pover’uomo con la mascella a terra.

Dopo che Goku ebbe spiccato il volo verso il cielo, il tipo urlò un’ultima cosa alle stelle, “L’AMORE NON È SEMPRE LO STESSO, CITRULLO!”, s’infuriò al pensiero che quel ragazzo non avesse capito una cosa così ovvia. Diede un calcio al pezzo di metallo che vide in terra, frustrato. Il detrito cadde accanto ad un fiorellino poco distante, che in una manciata di secondi prese fuoco ed esplose.

L’uomo si guardò preoccupato attorno, sperando che nessuno lo avesse visto compiere quell’inconsulto atto di vandalismo non intenzionale. Poi, velocemente, lasciò il parco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

*Le jungle-gym sono le tipiche strutture presenti nei parchi dove i bambini possono fare le scimmie arrampicarsi e giocare. In maniera più rapida ed indolore da dire, sono queste cose QUI. Non essendoci un vocabolo preciso in italiano, ho preferito mantenere il nome originale, dato che io stessa le chiamo così.

*2 I Cracker Jacks sono questi prodotti QUI.

 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Salve! Scusate il ritardo dell’aggiornamento rispetto ai precedenti, ma tradurre ogni capitolo è un lavoro piuttosto lungo, tra traduzione, correzione e quant’altro, e la scuola non mi rende certo vita facile! Comunque sia, anche questo capitolo, essendo particolarmente lungo, ho preferito dividerlo in due parti. La seconda parte arriverà presto, giurin giurello.

Anyway, povero Goku. Veggy gli ha chiesto il divorzio. *patta Goku*

Nella seconda parte vedremo Piccolo non farsi gli affaracci suoi e Goku litigare con delle montagne. Sì, avete capito bene, delle montagne. Giuro che non ho sniffato niente. Inoltre, com’è giusto che sia, i due begli sposini non più particolarmente sposini avranno molto di che elucubrare.

Come sempre, grazie a tutti per le recensioni! Mi fanno davvero piacere, quindi NON SMETTETE MAI DI COMMENTARE! *sclera*

Al prossimo capitolo!

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 (2) ***


Capitolo 6 (2)

 

 

La mattina seguente, immobile davanti alla porta di casa Son, Bulma tentò per l’ennesima volta di deglutire la densa matassa di saliva che ancora non si era decisa a scenderle giù per la gola. Non c’era nulla da fare, i sensi di colpa per la serata precedente continuavano a tormentarla. Aveva il timore che Goku potesse non perdonarla, dopo aver mandato all’aria la sua relazione con VeeVee in quel modo. Stropicciò distrattamente tra le mani la busta contenente le fotografie scattate alla festa. Non era molto sicura che Goku le volesse, a dirla tutta. Abbassò le palpebre e, prendendo un profondo, sofferto sospiro, combattendo contro l’opprimente senso di disagio che non aveva alcuna intenzione di lasciarla in pace, bussò languidamente alla porta.

Piccolo andò ad aprire nell’arco di una manciata di secondi, ritrovandosi a sollevare perplesso un sopracciglio nel momento in cui, spalancato l’uscio, la terrestre gli comparve dinanzi. Bulma gli prodigò un sorriso nervoso, e il namecciano fu certo che non fosse tale semplicemente per la sua presenza, “Ehi, Piccolo”, disse la donna, “C’è Goku?”.

Lui annuì, “Sta ancora dormendo”.

“Oh”, Bulma si abbandonò ad un debole sospiro di sollievo, poggiandosi una mano sul petto, “Volevo solo dargli queste foto, le ho scattate ieri sera”. Porse all’alieno la busta e continuò, “Senti, potresti dirgli scusa da parte mia? So di averglielo già detto, ma decisamente non è sufficiente”.

Il combattente le scoccò un’occhiata confusa. Nessuno faceva un torto a Goku senza venire immediatamente perdonato da quel ragazzo dal cuore d’oro. “Cos’è successo?”, chiese.

Bulma abbassò lo sguardo, “Non ho molta voglia di parlarne. Sono sicura che Goku ti racconterà tutto, quando si sarà alzato”.

A Piccolo sarebbe piaciuto insistere un altro po’, ma il buonsenso gli suggerì di lasciar perdere. “Come vuoi. Darò le foto a Son da parte tua”.

Lei sorrise malinconicamente, “Grazie. Se non le vuole, che non si faccia problemi. Può restituirmele”.

“Glielo dirò”.

Bulma fece per andarsene, ma le venne alla mente una cosa, e di nuovo si voltò verso l’alieno, “Uhm, Piccolo? Hai mica visto Vegeta? Non si fa vivo da un paio di settimane. Di solito si allena nella Gravity Room a casa mia, ma...”.

Piccolo si affrettò a fornirle una celere spiegazione. “È andato in alcune regioni rurali qui vicino”, disse, ostentando un tono particolarmente tediato nel tentativo di non farle capire che stesse mentendo. “Riesco a percepire la sua aura. Pare si sia dato alla meditazione”.

Alle sue parole, la ragazza parve sollevata, “Ho capito, ti ringrazio. Avevo il terrore che fosse andato a compiere stragi in giro. Anche se, pensandoci, se avesse azzardato a combinare qualche guaio tu e Goku sareste già intervenuti per fermarlo da un pezzo, presumo”.

Piccolo ridacchiò, “Credimi, se ci fosse bisogno di prenderlo a calci nel didietro sarei il primo a farmi avanti”.

Bulma scosse il capo sorridendo e si diresse verso la sua auto, congedandosi con un cenno della mano. Il namecciano la osservò andar via e rientrò poi in casa, avviandosi verso il soggiorno nell’intenzione di poggiare la busta sul tavolino da caffè. Allungò la mano e fece per mollare la presa, quando un astruso formicolio al braccio lo costrinse a bloccarsi. Perplesso, scoccò un’occhiata truce al pacchetto. Sul fronte vi era il nome di Goku scritto dalla bella calligrafia di Bulma, sul retro nulla di particolare. Si strinse le spalle e fece per poggiare il plico sul tavolino, quando lo stesso presentimento di poco prima tornò all’attacco.

Avanti, aprila.

Ringhiando, Piccolo schiuse la busta strappando l’estremità inferiore, prendendo le foto che vi erano contenute all’interno. Prese a sfogliarle velocemente, ma i suoi occhi non colsero nulla di strano: i genitori di Bulma che ballavano, Yamcha che tentava di fare una posa figa, Crilin che s’ingozzava tra i tavoli da buffet, Tien e Chiaotzu che salutavano, Goku che prodigava uno dei suoi sorrisoni impacciati all’obbiettivo, la band che suonava, altra gente varia ed eventuale dalle espressioni smaglianti. L’alieno aggrottò le sopracciglia, irritato. Non c’era nulla che potesse spiegare per quale oscuro motivo Bulma avesse pensato che Goku non volesse quegli scatti. O almeno questo fu ciò che Piccolo credette fino a quando non si ritrovò davanti l’ultima fotografia.

Prima i suoi occhi assunsero il diametro di due piatti, poi la mascella cadde a terra e le mani presero a tremare in modo convulso. Descrivere quella vista come “incredibile” sarebbe stato un eufemismo. Esattamente al centro dell’obbiettivo, avvolti in un romantico amplesso e con le bocche premute l’una contro l’altra, vi erano nientepopodimeno che Goku e VeeVee. Il namecciano si surgelò sul posto, strizzando freneticamente gli occhi. Goku e Vegeta si stavano baciando, perlopiù di fronte ad un pubblico oltremodo entusiasta, come nella più classica delle scene clou di un film mieloso di basso rango.

Piccolo si sentì decisamente confuso. Aveva sempre creduto che baciarsi fosse un gesto tipico degli umani per dimostrare un profondo sentimento reciproco. Goku e Chichi, a loro tempo, si baciavano spesso. Bulma e Yamcha si baciavano spesso. I coniugi Briefs si baciavano spesso. Ogni tanto aveva visto pure il Maestro Muten baciare la televisione, quando sullo schermo vi era una prosperosa terrestre. Quindi... in conclusione... Anche Goku e Vegeta avevano voluto scambiarsi quello strano gesto d’affetto? Loro? In pubblico? Pazzesco.

Incredulo, tornò a fissare la foto. Sentiva il bisogno di distogliere lo sguardo, ma al contempo qualcosa lo costringeva a scandagliare quell’immagine in ogni singolo, microscopico dettaglio, a prescindere da quanto strana o rivoltante fosse.

Beh, senza ombra di dubbio sembrava che i due Saiyan stessero gradendo particolarmente quell’effusione. Le braccia di Goku erano saldamente avvolte attorno alla sottile vita della versione femminile di Vegeta, e il principe gli teneva le mani delicatamente posate sulle spalle. Entrambi avevano gli occhi chiusi e un’espressione sognante stampata in volto, come se si fossero appena addormentati sul letto più comodo dell’intero universo. Non era individuabile un solo, singolo dettaglio che potesse evidenziare disgusto in ciò che stavano facendo.

Improvvisamente, un rumore di passi provenienti dalle scale strappò Piccolo dalle sue ponderazioni. Velocemente l’alieno nascose le foto dietro alla schiena, giusto un attimo prima che Goku posasse il piede sull’ultimo scalino. Stiracchiandosi, l’eroe lo notò e gli sorrise allegramente, salutandolo. “Buongiorno, Piccolo!”.

“’Giorno”, rispose lui, bofonchiando.

“Urca, che fame che ho!”, esclamò il saiyan, avviandosi verso la cucina. Prese una confezione di fiocchi d’avena dalla dispensa e una ciotola d’un verde brillante dall’armadietto, e nel mentre Piccolo lo raggiunse a grandi passi, premurandosi sempre di tenere celate le foto. Goku mise la ciotola in microonde e, intanto che l’elettrodomestico compiva il suo lavoro, aprì il frigo e ne tirò fuori uno sciroppo al cioccolato e una confezione di latte, versandola in un bicchiere a parte.

Il namecciano lo fissò come un avvoltoio, cercando di cogliere in quei piccoli movimenti un qualsiasi possibile atteggiamento sospetto. Ignaro di tutto, intanto, Goku spruzzò lo sciroppo nel latte e prese a mescolare il tutto con un cucchiaino. Quando il miscuglio assunse un bel colore marroncino il saiyan si sedette al tavolo e, leccandosi i baffi come un bambino, iniziò a centellinare la sua bevanda con gusto. Di certo non sembrava stesse male, ma Piccolo dovette ammettere che l’aveva visto con cere nettamente migliori.

“Allora...”, esordì, ostentando particolare vaghezza, “Com’è andata la festa?”.

Goku sollevò lo sguardo su di lui, tacendo. Una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco lo pregò a non mentire, ma lui la ignorò totalmente, consapevole che Piccolo gli avrebbe fatto passare le pene dell’Inferno se fosse venuto a sapere di cosa fosse realmente successo la sera prima. Sfoggiò quindi il miglior sorriso del suo repertorio, “Bene... Bene! C’era un sacco di cibo squisito! Anche se ammetto che avrei preferito non essere costretto ad andare in giacca e cravatta... Insomma, era davvero tutto troppo elegante e raffinato per i miei gusti!”.

Il namecciano lo fissò torvamente. Era palese che quel tonto stesse facendo di tutto per sviare l’argomento. La chiacchierata che avevano intrapreso era più che altro una battaglia. E la prossima mossa sarebbe stata quella decisiva.

“Non ho visto Vegeta”. Piccolo sollevò un sopracciglio, “Sai mica dov’è?”.

Dopo un secondo di titubanza, il saiyan si strinse nelle spalle. “Mah. Sarà ad allenarsi da qualche parte o a sfogare la sua ira funesta contro qualcosa. Ieri è entrato nella sua solita modalità ‘io-sono-il-principe-dei-Saiyan-non-posso-credere-di-avere-davvero-fatto-una-cosa-così-ignobile’ e se n’è andato subito dopo aver lasciato la Capsule Corporation. Poverino, lo sai che Yamcha ci ha provato con lui quando era nei panni di VeeVee? Il suo orgoglio deve essere andato in mille pezzi. Crash. Sarà arrabbiato per quello”.

“Sei sicuro che Vegeta non sia furioso...” Piccolo lentamente scoprì la foto dietro alla schiena, sbattendogliela con un movimento fulmineo dritta in faccia, “PER QUESTA?”

Goku sbiancò. Aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse. Dopodiché la riaprì ancora, e—

Beep, beep, beep, beep.

Ingoiò il nodo che gli si era formato istantaneamente in gola, mentre il microonde annunciava che i suoi fiocchi d’avena erano pronti. Ecco. Lo sapeva. Non avrebbe dovuto mentire a Piccolo. Ora si sarebbe scatenato l’inferno.

“D-dove...”, balbettò, “Dove l’hai presa?”.

“Bulma”, rispose pragmaticamente lui, “È venuta qui poco prima che ti svegliassi e ha lasciato qui delle foto di ieri sera. Ha detto anche di volersi scusare per ciò che è successo”.

Goku prese un altro sorso del suo latte al cioccolato, continuando a guardare la fotografia. Non aveva molto altro da osservare in realtà, visto che Piccolo gli aveva sbattuto il pezzo di carta esattamente sul naso. Dovrei vestirmi elegante più spesso, non sono così male, pensò.

“Allora”, riprese Piccolo, “Dov’è Vegeta?”.

Il saiyan sospirò, mogio. “Non lo so. Credo sia tornato alla Capusle Corporation. Ha detto anche che voleva divorziare”, mormorò francamente, “E ha distrutto la pistola trasformante”.

Il namecciano gli tolse la foto dalla faccia, sollevando le sopracciglia, “Beh, sembra proprio che la luna di miele sia giunta al termine”.

Goku prese un altro sorso di latte, “Così pare”.

“Non ti preoccupare”, ridacchiò lui, dandogli una benevola pacca sulla spalla, “Tu e Vegeta tornerete insieme. La distanza rende l’amore più forte”.

Anziché rabbonirlo e calmarlo, quelle parole ebbero in Goku il medesimo effetto di un detonatore. Improvvisamente furioso, difatti, il saiyan si alzò di scatto dalla sedia e sbatté con violenza la tazza contro il tavolo, fulminando l’amico con un’occhiata omicida, “SONO STUFO DI QUESTI DISCORSI!”.

Piccolo, ovviamente, non si fece mettere i piedi in testa. La confusione dipinta sul suo volto dinanzi a quell’inaspettato attacco d’ira si tramutò velocemente in rabbia, scaricandosi tutta nelle mani serrate in pugno: “Quale diavolo è il tuo problema?!”, ringhiò.

“Sono stufo di sentirmi dire che io e quell’insopportabile cocciuto stiamo insieme!”.

Il namecciano tornò ad ostentare particolare perplessità, “Chi altro ti ha detto così?”.

Goku sospirò esasperato, abbassando lo sguardo, “Prima il dottore, quello col cognome inquietante che è venuto a visitare Vegeta quando aveva l’influenza... ci ha detto che sembravamo fidanzati! Poi alla festa, dopo esserci baciati, Bulma è arrivata saltellando dicendo che eravamo una coppietta adorabile! E ciliegina sulla torta, dopo che io e Vegeta abbiamo litigato in quello stupido parco, un tizio strambo ha cominciato ad esaltarsi urlando ai quattro venti che ero innamorato di quel principe borioso!”. Col fiatone, istintivamente seppellì il viso tra le mani, in sincera disperazione, “Io non amo Vegeta. È l’uomo più zuccone ed antipatico dell’universo! Non posso amarlo. Siamo due uomini, accidenti!”.

Goku sembrava realmente convinto di ciò che diceva, eppure Piccolo non riusciva a credere totalmente a quelle parole. E si domandava perché, visto che era palese il fatto che ora il saiyan si stesse confidando con la maggiore sincerità plausibile. Ascoltando in silenzio il monologo dell’amico, decise di non aggiungere nient’altro. Qualsiasi parola sarebbe risultata superflua e non avrebbe fatto che aumentare la sua frustrazione, probabilmente.

Si limitò a poggiargli una mano sulla spalla. “Non ti preoccupare troppo, Goku. Pensala così: anche se Vegeta se n’è andato, il suo nome è ancora scritto sul certificato di matrimonio. Sono sicuro che nessuno si accorgerà di nulla”.

Il saiyan si passò stancamente una mano sugli occhi, ancora sconfortato, “Già...”.

“Perché non vai a meditare un po’ da qualche parte, anziché allenarti?”, gli suggerì lui, incrociando le braccia, “Mi occuperò io di Gohan, nel frattempo”.

Goku annuì, “Non è una cattiva idea. Probabilmente sono ancora piuttosto stressato per la morte di Chichi, e tutto sta avendo su di me un effetto triplo rispetto a quello che avrebbe solitamente”, sorrise all’alieno, “Grazie, Piccolo”.

L’altro roteò gli occhi, scuotendo divertito la testa, “Dovrò darmi parecchio da fare con tuo figlio. Sei troppo tenero con lui”.

Goku si grattò la nuca, e non potè fare a meno di sorridere.

 

***

 

Quando Bulma rientrò alla Capsule Corporation, si stupì non poco nel vedere che qualcuno si era letteralmente tuffato nel frigo. Non le ci volle molto per capire di chi si trattasse, comunque. “È da un po’ che non ci vediamo, Vegeta”.

In tutta risposta ottenne un ringhio rabbioso.

“Dove sei stato?”, continuò imperturbabilmente.

“Non sono fattacci tuoi, donna”.

Bulma fece oscillare distrattamente avanti ed indietro uno dei suoi tacchi, trattenuti penzoloni dalla punta affusolata delle dita, “Sono andata a casa di Goku, stamani. Piccolo mi ha detto tutto”.

Il frigo improvvisamente sobbalzò, risultato della brutale capocciata che Vegeta diede allo sportello udendo quelle parole. Con crescente terrore, il Saiyan levò la testa dell’elettrodomestico e si voltò lentamente verso di lei, strabuzzando gli occhi. “Tutto?”, boccheggiò.

“Già, tutto! E devo dire che non me lo sarei mai aspettato!”, sogghignò la donna.

L’occhio destro di Vegeta prese a sussultare incontrollatamente, segno dell’imminente infarto che stava per sopraggiungere da un momento all’altro. Si ritrovò a chiedersi un’unica, singola cosa, tremolando come un budino: CHI UCCIDERE PRIMA?

Beh, sicuramente Bulma, onde evitare che iniziasse a spettegolare come una gallinaccia logorroica con tutto il vicinato. Poi avrebbe ammazzato il muso verde per non aver tenuto chiusa la sua dannata boccaccia. Ed infine, nel modo più atroce e cruento possibile, avrebbe fatto fuori quel bastardo di Kakaroth, che aveva causato tutto quel macello!

La risata cristallina di Bulma interruppe i suoi pensieri omicidi, “Voglio dire, chi mai avrebbe immaginato che avresti fatto una cosa simile?”.

Vegeta iniziò a formare una sfera di energia nella mano, tenendola nascosta dalla vista della donna.

Quella, ignara del pericolo, continuò, “Allenarsi per ben due settimane senza la tua preziosa Gravity Room? Più la meditazione? Non avrei mai pensato tu fossi in grado di fare una cosa del genere!”.

Vegeta arrestò il suo attacco. Cosa? Allenamento e meditazione...?

“Non riuscivo nemmeno a crederci quando Piccolo mi ha detto che te n’eri andato a meditare nel mezzo del nulla. Credevo non fossi tipo da meditazione, tu”.

Il principe istantaneamente la fulminò con lo sguardo, digrignando i denti, “Stai forse insinuando che sono incapace di meditare perché ho carenza di cervello?!”.

Bulma scoppiò in una fragorosa risata, tenendosi disperatamente lo stomaco. Vegeta continuò a fissarla con sguardo torvo, pur iniziando mentalmente a ridere istericamente anche lui per il sollievo. Dopo qualche abbondante minuto, la ragazza si asciugò alcune lacrime dagli occhi e, continuando a ridacchiare a singhiozzo, chiese, “Come mai hai deciso di andartene così di punto in bianco, comunque?”.

Vegeta incrociò le braccia, altezzoso, “Perché volevo un po’ di pace e quiete, una volta tanto. Ogni volta che sono nel bel mezzo del mio allenamento vengo interrotto da te, da tua madre, da tuo padre, o da quell’imbecille con sei MTS*”.

Bulma si accigliò all’udire quel discutibile insulto nei confronti di Yamcha, ma non disse niente in proposito, “Beh, spero che questo allenamento ti sia servito a qualcosa, allora”. Con un cenno della mano salutò il suo “coinquilino” e lasciò la cucina.

Vegeta non la degnò di un ulteriore sguardo e andò a recuperare uno dei suoi drink energetici, scolandoselo in pochi sorsi. Una volta placata la sua sete, si asciugò le labbra strofinandole sulla manica della maglia e abbandonò la bottiglia vuota sul bancone. Si voltò, fece un passo... e si lasciò cadere sul pavimento piastrellato come un inerme sacco di patate, privato di ogni forza.

Quella scarna chiacchierata con Bulma lo aveva stremato. Aveva avuto il terrore che qualcuno fosse venuto a conoscenza di cosa fosse accaduto in casa di Kakaroth nelle ultime due settimane. Sarebbe stato terribile. Lentamente si mise a quattro zampe, stramaledicendo il suo rivale, la sua nemesi, il suo nemico di sempre ed ora pure ex marito. Anche se, tecnicamente, il loro non era stato un vero e proprio divorzio. Ma chi se ne fregava.

Le nostre sfide cambieranno dopo tutto questo? Si chiese Vegeta. Probabile. Conoscendolo, Kakaroth cercherà ogni volta di mettere in chiaro le cose, mentre io sarò occupato a mollargli un cazzotto in faccia per ascoltarlo. Dai pugni e dai calci passeremo a combattere a colpi di avvocati.

Ringhiò, non riuscendo comunque a trattenere un abbozzo di smorfia divertita al pensiero di un paio di avvocatucoli da quattro soldi impugnati a mo’ di clava. Lentamente si rimise in piedi e si diede una rassettata. Doveva smetterla. Le cose dovevano cambiare. Non avrebbe più dovuto tormentarsi con idiozie del genere. Era tempo di ritornare ad allenarsi, di diventare Super Saiyan, di ammazzare Kakaroth frantumandogli il cranio sotto la suola delle scarpe così come auspicava ai vecchi tempi.

L’immagine che gli si materializzò nella mente fu qualcosa di meraviglioso. Goku, malconcio e sanguinante, tentava di resistere disperatamente ai colpi impetuosi e nettamente superiori che lui gli stava scagliando contro, i capelli meravigliosamente dorati e gli occhi celesti. Invocava pietà e chiedeva aiuto come un codardo, contorcendosi nel dolore mentre lui gli schiacciava la testa sotto la suola della scarpa. Poteva vedere il suo sangue da terza classe sgorgare a terra, le ossa scricchiolare in una sinistra melodia. Meraviglioso. Godette perversamente dell’espressione di puro orrore e sofferenza dipinta sul volto del suo rivale sino a quando, all’improvviso, la situazione non mutò drasticamente. Di punto in bianco, la smorfia terrorizzata si trasformò in un’espressione radiosa, un sorriso dolce ed entusiasta a trentadue denti capace di sciogliere probabilmente persino il ghiaccio. “Grazie mille, Vegeta! Sono davvero felice che tu abbia dato una mano!”.

 

Thump, thump.

 

Vegeta balzò indietro, scioccato. Quell’idiota non stava agonizzando fino a qualche istante prima?! Goku si rimise in piedi, continuando a sorridere, “Adoro le caramelle!”.

 

Thump, thump.

 

Ma che diavolo—?! Perché diamine il suo cuore aveva iniziato a palpitare in quella maniera convulsa?! Si premette una mano contro il petto, tentando disperatamente di controllare il proprio testardo muscolo. Non ci riuscì. Affannando alzò lo sguardo, ritrovandosi Kakaroth esattamente dinanzi. Tentò di allontanarsi, ma quello gli posò una mano sulla fronte. “Urca! Ma tu scotti!”.

 

Thump, thump.

 

Il volto di Vegeta incendiò. Kakaroth lo stava toccando... lo stava semplicemente toccando, e lui non riusciva nemmeno a muoversi! Quando pensò che le cose non potessero andare peggio... le cose andarono peggio. All’improvviso, il viso del suo rivale mutò in un’espressione illeggibile. Gli occhi di Vegeta si spalancarono. Ricordava quell’espressione; non avrebbe potuto dimenticarla in nessun modo, probabilmente. Goku chiuse gli occhi e gli avvicinò, trattenendolo per le spalle. Stavano per baciarsi... di nuovo.

 

Thump, thump, thump, thump, thump—

 

Vegeta improvvisamente sentì qualcosa premergli contro la schiena. Si voltò, realizzando che era finito contro il muro. Si guardò attorno, rendendosi conto che non aveva mai lasciato la cucina della Capsule Corporation. Sospirò pesantemente e seppellì il volto tra le mani, avvampando di vergogna ed umiliazione. Non doveva pensare a baciare l’idiota. Doveva pensare ad allenarsi, maledizione!

Rapido lasciò la cucina, diretto verso la sua Gravity Room.

 

***

 

Il vento glaciale soffiava inarrestabile contro la pelle di Goku, seduto a gambe incrociate sulla vetta di un’alta montagna innevata. Il gelo gli schiaffeggiava violentemente la faccia oramai inturgidita, ma il saiyan era troppo concentrato nella sua meditazione per poter percepire il dolore. I suoi pensieri erano focalizzati unicamente sul suo ki. Silenziosamente stava analizzando ed osservando la sua forza interiore. Era stata parecchio scombussolata in quegli ultimi mesi di stress, effettivamente. Si concentrò su di essa, facendola scorrere lungo tutto il suo corpo per mantenersi caldo. Concentrati, concentrati, concentrati

 

Non fare mai più una faccia patetica come quella!”.

 

Fulminei, i suoi occhi si spalancarono, guardandosi attorno. Avrebbe giurato di aver appena sentito la voce di qualcuno. Scosse la testa, era forse l’altitudine? Non c’era nessuno lì, oltre a lui. Richiuse le palpebre e si concentrò nuovamente. Si sarebbe assiderato di lì a poco, senza il torpore della propria energia.

 

Scommetto che mentre ero incosciente mi spiavi e facevi pensieri osceni!”.

 

“NON È VERO!”, strillò, agitando le braccia. Di nuovo sbarrò gli occhi e di nuovo si ritrovò dinanzi allo stesso paesaggio deserto di qualche secondo prima. Non c’era niente e nessuno lì attorno. Solo neve, neve, rocce e ancora neve. Da dove veniva quella voce? Si grattò la testa, e il suo corpo prese incontrollatamente a tremare per il gelo penetrante. Mordendosi un labbro, tornò a focalizzarsi veloce sul suo ki.

Grazie alla meditazione riusciva a scorgere la propria aura, baluginante e brillante di armoniosi colori. La luce scintillò intensamente ed improvvisamente si agglomerò in una strana e vaporosa massa circolare, proiettando sulla superficie argentea ciò che doveva essere un ricordo. Goku strizzò gli occhi e tentò di concentrarsi maggiormente, così da poter ottenere un’osservazione più chiara di quella visione, presumendo che dovesse essere importante. Magari gli avrebbe mostrato come ottenere la felicità dopo quei tempi duri ed insostenibili, chissà. Finalmente il ricordo divenne più nitido, e lui non poté fare a meno di rimanere scioccato dall’immagine che si ritrovò dinanzi.

Era Vegeta. Vegeta nei giorni in cui era stato male, addormentato sul letto di casa Son con il termometro in bocca. La fronte enorme, il naso piccolo, le labbra leggermente schiuse.

L’immagine scomparve. Goku storse la bocca e si stropicciò gli occhi con la manica arancione della tuta, ignorando i piccoli ghiaccioli che gli penzolavano dai capelli. Perché accidenti stava pensando a Vegeta? Ah, sciocchezze, in realtà avrebbe dovuto saperlo bene. Sospirando, tornò alla sua meditazione, cercando di individuare il proprio ki.

Questa volta si sentì incredibilmente leggero, proprio come una corretta meditazione comportava. Si concentrò sul più profondo del suo animo, alla ricerca di una verità dinanzi alla quale continuava a voler essere irrimediabilmente cieco, e il suo corpo si sollevò da terra. Vide una bianca, piccola luce brillare nel vuoto. Sorrise, consapevole che ci sarebbe sempre stata una buona stella a luminare i suoi momenti bui, nonostante tutto; improvvisamente quella piccola lucina s’ingrossò, sfavillò in un bagliore accecante e, fendendo il nulla, lo inghiottì.

Quando riaprì gli occhi, Goku si ritrovò dinanzi ad un’altra strana visione. Non era più in cima alla montagna, bensì alla festa di Bulma, ma senza gli abiti indossati quella sera. Tutti coloro che lo attorniavano non avevano un volto, e stavano in piedi come esanimi manichini. Si guardò attorno, poi reclinò lo sguardo e vide Vegeta accanto a sé, con un lieve rossore in volto. Un sottile presentimento si insinuò lentamente in lui, facendolo tremare: era forse il ricordo di quando si erano baciati?

No, impossibile. Al party era andato con VeeVee, ed era lei che aveva baciato, mentre ora aveva accanto il Vegeta di sempre, quello dallo sguardo truce e l’inseparabile battle suit addosso. Lentamente, improvvisamente così come era apparsa, la scena della festa sfumò in una vaporosa nube di vapore. I due saiyan vennero abbandonati in mezzo al nulla, immersi in un candido mare bianco.

Silenzioso, Vegeta si voltò e lo osservò con uno sguardo esortante. Goku, il cui corpo pareva essere finito in balia del controllo di qualche mente sconosciuta, avvolse lentamente le braccia attorno alla sua vita e lo attirò a sé, contro il suo petto. I loro sguardi si incrociarono e, istintivamente, le loro bocche premettero l’una contro l’altra. Goku abbassò le palpebre, deciso a godere pienamente di quel contatto e constatando con piacere che Vegeta era davvero un gran baciatore, nonostante tutto. Sentiva la testa girare, la terra mancare sotto i piedi.

Ad un tratto, un dolore lancinante alla testa lo fece sobbalzare. Goku spalancò gli occhi, constatando con orrore che effettivamente la terra gli mancava davvero sotto i piedi e che ciò che gli aveva appena scatenato un emicrania fulminante era stato un masso contro il quale era andato a sbattere, ruzzolando come una palla giù dalla fiancata della montagna. Iniziò ad urlare, continuando a cadere giù, giù, seeeeempre più giù. Si sfracellò contro parecchi alberi e contro parecchie rocce – troppe – e dopo probabilmente più di dieci minuti di caduta libera finì dritto in mezzo ad un cumulo di neve, ritrovandosi seppellito a testa in giù fino alla vita, a gambe all’aria.

Scalciò per qualche istante, dopodiché si arrese. Raccolse un po’ d’energia e l’ammasso di neve esplose, schizzando un po’ ovunque. Una volta libero, Goku si rimise in piedi e fissò con profondo astio la vetta dalla quale era appena precipitato come un sacco di patate.

“Scommetto che trovi tutto questo molto divertente, huh?!”, urlò rabbiosamente all’imponente altura innevata, “Ero venuto qui per trovare delle risposte, per calmarmi, e tutto quello che hai saputo fare è stato intontirmi con delle visioni di me e Vegeta che amoreggiavamo! E come se non fosse abbastanza, hai anche pensato bene anche di umiliarmi e di farmi male facendomi rotolare fino a valle in mezzo alle rocce e ai pini!”, additò con indice accusatorio tutte le altre montagne a fianco a quella contro cui stava gridando come un ossesso, “Chi è stato ad elaborare questo piano malato e perverso, EH?!”.

Quelle rimasero in silenzio. Persino il vento smise di soffiare per qualche istante.

Goku guardò più male che potè ciascuna di loro, “Quindi adesso siete tutte innocenti!”. Si mise le mani ai fianchi, “Bene! Se volete così tanto vedere il sottoscritto baciare Vegeta... allora vi accontenterò! Lo bacerò, e pure bene! Così vi dimostrerò una volta per tutte che noi due non siamo fatti per stare insieme, perché sarà solo strano ed imbarazzante, e appena mi sarò staccato Vegeta mi darà un pugno sul naso!”.

Le montagne ancora non dissero nulla. Il vento oramai era cessato.

Goku cacciò fuori la lingua, “Bene! E sappiate che non tornerò qui a meditare mai più!”. Girò sui tacchi e, rabbioso, fece per andarsene. Improvvisamente, una piccola roccia lo colpì in testa. Con un bernoccolo pulsante spaventosamente grosso sul cranio il saiyan si osservò istericamente in giro, non vedendo nulla se non le malvagissime montagne tutt’attorno. Si massaggiò la testa e abbassò lo sguardo. Lì, in mezzo alla neve, vi era l’infausto sasso che lo aveva aggredito alle spalle.

Aveva la forma di un cuore.

Cacciò un urlo frustrato e agitò le mani in aria, esasperato. Velocemente si allontanò dall’area montuosa, inoltrandosi nella foresta.

A sua insaputa, il tipo strambo incontrato nel parco la sera precedente l’aveva osservato per tutto il tempo, ridacchiando di gusto sotto ai baffi. L’uomo sorrise, autocomplimentandosi per la sua incommensurabile arguzia. Era sicuro che quella pietra che aveva intagliato tempo prima gli sarebbe servita, prima o poi! Non aveva le benché minima idea di cosa il ragazzo stesse parlando con la storia della meditazione, ma sembrava potesse essere d’aiuto per il suo problema amoroso. Si infagottò meglio nella sua giacca e se ne andò, canticchiando. Se il suo piano avrebbe funzionato, l’avrebbe scoperto solo col tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

MTB: Fine del Capitolo 6!

Trunks: Caspita, è stato lungo!

MYB: A dirla tutta… non riuscivo a smettere. Chiedo scusa se è sembrato un po’ drammatico all’inizio, ma sono tornata alla comicità più veloce che ho potuto. Comunque sia, se qualche lettore ha dato un’occhiata alle mie altre fiction, avrà scoperto che lo strano tipo che Goku ha incontrato nel parco non è altri che Rick Rickstein: il leggendario galantuomo!

Goku: Non sei riuscita a resistere, vero?

MTB: Assolutamente! Volevo che avesse una piccola comparsa in questa storia! Sono un capitolo! Lo giuro!

Vegeta: Tornerà. Come sempre.

MTB: Nel prossimo capitolo di “Ouji-Sama! Become My Wife!”: Goku andrà veramente fino in fondo col suo piano per provare alle montagne (?) che lui e Vegeta non sono fatti per stare insieme? E il principino? Riuscirà ad ammettere i suoi sentimenti per il nostro grande, impacciato eroe? *balla* Lo vedremo!

 


 

*MTS è acronimo di “Malattie Sessualmente Trasmesse”, ovvero le malattie infettive che si trasmettono principalmente per contagio diretto in occasione di attività sessuali. Nel testo originale veniva riportato “STD's”, ovvero il corrispondente acronimo inglese.

 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Salve, traduttrice a rapporto! Eccomi qui, mi dispiace tantissimo per avervi fatto attendere, ma in queste due settimane sono stata parecchio impegnata con la scuola e la traduzione di un singolo capitolo richiede parecchio tempo. Tranquilli comunque, il prossimo aggiornamento non tarderà così tanto, visto che, finalmente, gli impegni scolastici si sono sfoltiti. Beh, comunque sia, ve l’avevo detto che Goku si sarebbe messo a parlare con delle montagne, no? È messo male, poverino, è messo male. *patt-patta Goku*. Grazie come sempre per tutte le vostre recensioni, alla prossima!

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 (1) ***


MTB: Lavora alla fanfic, lavora alla fanfic, lavora alla fanfic, lavora alla fanfic...

Trunks: Salve a tutte! Trunks vi dà il benvenuto in questo nuovo capitolo di “Ouji-Sama! Become My Wife!”. Grazie mille per tutte le recensioni! È stato davvero fantastico leggerle!

Goku: Uh… Trunks? Perché stai facendo tu l’introduzione?

Trunks: Beh, come puoi vedere, MTB è entrata in modalità “sad-work”.

Goku: “Sad-work”?.                             

Trunks: Già, la sua nonna è appena morta, ed ora lei sta facendo ciò che fa sempre quando è triste. Ovvero, ignora i giorni passati. Finge che non sia successo nulla. E riesce a fare ciò solo tenendosi occupata con qualcosa. Come pulire, o mettere in ordine, o in questo caso, scrivere.

Vegeta: Aveva già fatto una roba del genere quando le era morto il gatto, vero?

Trunks: È stata in piedi fino alle due di mattina a pulire la cucina quando è morto il suo gatto. Avete presente quei contenitori di plastica per il cibo di cui non si riesce mai a trovare il coperchio? Beh, lei i coperchi è riuscita a trovarli. Tutti. E poi i contenitori li ha messi in ordine. Tutti. Per grandezza, colore e produttore. Poi ha insegnato a leggere e scrivere alla dispensa, al frigorifero e al microonde.

Goku: Come ha fatto a insegnare a leggere e a scrivere ad un microonde?

Trunks: Non lo so... ma credimi, l’ha fatto.

MTB: Lavora alla fanfic, lavora alla fanfic, lavora alla fanfic...

Vegeta: Ehi, tu! Fai i disclaimer!

MTB: (Non posseggo né DBZ né i personaggi presenti. Ora torno al lavoro.) Lavora alla fanfic, lavora alla fanfic...

Goku: Aww... dai, abbracciamola.

Trunks, Goku, Vegeta e Piccolo: *abbracciano MTB*

Trunks: Non preoccupatevi lettori, starà meglio. Ha solo bisogno di un po’ di tempo.

 


 

Capitolo 7 (1)

 

Piccolo riusciva ad evitare facilmente ogni singolo attacco di Gohan. Troppo facilmente. Avevano fatto bene a riprendere gli allenamenti, visto che il ragazzino si era indebolito. Di nuovo. Era persino troppo facile colpirlo, ora che la sua velocità era così drasticamente diminuita.

Dopo aver schivato un calcio, l’alieno gli scagliò un brutale pugno in piena faccia, scaraventandolo con violenza a terra. Gohan giacque inerme esattamente al centro del piccolo cratere formatosi solo per qualche istante, per poi scattare energicamente in piedi senza presentare grandi danni. Si diede una rapida rassettata agli abiti, dopodiché alzò lo sguardo verso il suo mentore, il quale fluttuava con espressione austera sopra di lui.

“Piccolo-san!”, lo chiamò, “Possiamo fare una pausa?”.

Il namecciano si accigliò, “Neanche per idea! Le pause si fanno a scuola! Torna subito a combattere!”.

“Ma, Piccolo-san—” tentò di protestare lui.

“Niente ma! Adesso muoviti a—”.

GROOOOWL.

Piccolo sgranò gli occhi, schiaffandosi poi una mano in fronte, sconsolato. Gohan si grattò imbarazzato la nuca – gesto che lo rese mostruosamente identico a suo padre – abbandonandosi poi ad un risolino impacciato.

“Dannati saiyan e il loro appetito”, ringhiò Piccolo.

“Posso andare a mettere qualcosina sotto ai denti?”, lo supplicò il ragazzo.

Sospirò pesantemente, consapevole che con uno studente svogliato e pure affamato non avrebbe cavato un ragno dal buco. “E va bene!”, sbottò, “Muoviti e vatti a riempire quello stomaco senza fondo che ti ritrovi!”. Senza farselo ripetere due volte, Gohan si precipitò in casa con un enorme sorrisone stampato in faccia. Piccolo tornò a terra con un sospiro irritato, incrociò le braccia e, borbottando maledizioni varie ed eventuali al metabolismo contorto degli scimmioni, si diresse anch’egli verso l’abitazione.

Quando entrò in casa, Gohan aveva appena messo l’ultima fetta di pane in cima all’agognato panino. Piccolo si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso la cucina, intanto che l’altro trotterellava al tavolo e addentava la propria merenda con morsi voraci. Dopo essersi premurato di scoccare all’allievo una fulminante occhiataccia in tralice, emise l’ennesimo sospiro e pensò che, in fondo, avrebbe potuto approfittare di quella piccola pausa per dissetarsi.

 “Dov’è papà, Piccolo-san?”, fece ad un tratto Gohan, sollevando lo sguardo su di lui.

Il namecciano aveva appena portato il bicchiere d’acqua alla bocca quando alle orecchie gli giunse quella domanda. Ingoiò e poi disse: “È a meditare da qualche parte. Aveva bisogno di prendersi un po’ di tempo per pensare e per trovare delle risposte”.

Gohan inclinò la testa, curioso. “Credi che le abbia trovate?”.

Piccolo scrollò le spalle, “Sicuramente. Avrà trovato una sana e saggia risposta che lo leverà da ogni guaio vario ed eventuale in cui si è cacciato”.

 

***

 

Goku volava sferzante nel cielo al di sopra della periferia di West City, intenzionato a trovare Vegeta e a baciarlo, così come le visioni che aveva avuto durante la meditazione alle montagne nevose gli avevano mostrato. Era consapevole che teletrasportandosi direttamente alla Capsule Corporation avrebbe fatto molto più in fretta, ma aveva deciso di lasciar perdere sin dal principio. Innanzitutto, aveva bisogno di tempo per pensare a come agire. Come avrebbe dovuto darglielo quel maledetto bacio? Camminando con nonchalance verso di lui e rubandoglielo a tradimento? O fingendo di cadergli addosso per farlo sembrare un incidente? O magari sarebbe stato meglio sedurlo? No, un attimo, come si seduceva un principe alieno omicida?! Nonostante si fosse preso il suo tempo, in sintesi, a Goku non era venuto in mente proprio un accidente. E tale questione, mentre il saiyan oltrepassava i grattacieli della città, iniziava a divenire un tantino problematica.

Secondo punto, serviva una buona dose di coraggio. Coraggio che al momento non aveva proprio per niente. Tutto si sarebbe sicuramente rivelato un fallimento totale, lo sapeva. E tale consapevolezza, man mano che lui si avvicinava alla Capsule Corporation, non faceva che incrementare terribilmente la già notevole paura. Cosa avrebbe fatto Vegeta dopo averlo respinto – perché sì, sapeva anche questo, sarebbe stato respinto nell’arco di tre secondi –? Probabilmente l’avrebbe strangolato, oppure si sarebbe trasformato in Super Saiyan alimentato da un’ira funesta e dall’impulso omicida e l’avrebbe ammazzato nel modo più cruento possibile.

Giunto a destinazione, la prima cosa che Goku fece fu ingoiare a fatica la compatta matassa di saliva formataglisi in gola. Una volta poggiati lentamente i piedi a terra, abbassò le palpebre e prese un profondo respiro. Beh, pensò, o la va o la spacca.

Si guardò attorno, realizzando da che parte dirigersi. Valicò il lato ad est dell’imponente edificio alla ricerca della Gravity Room e, quando vide la struttura, immediatamente azzerò l’aura. Non aveva senso far sapere a Vegeta che era lì. Rallentò il passo. Più si avvicinava alla Gravity Room, più rallentava. Di lì a poco si sarebbe fermato.

D’improvviso, un nuovo pensiero gli balenò alla mente, brutale.

Questa pagliacciata non ha senso.

Scosse il capo e immediatamente diede le spalle alla Gravity Room, sospirando pesantemente. Voleva andarsene. Doveva andarsene. Se ne sarebbe andato. Fece per scattare nuovamente verso il cielo in tutte le intenzioni di darsela a gambe, quando ad un tratto qualcuno lo afferrò per le spalle, tendendogli un’imboscata. Il povero saiyan cacciò un urlo terrorizzato, voltandosi di scatto e scoprendo che nemico il “nemico” non lo era per niente. Era solo la madre di Bulma con un vassoio in mano e un sorrisone dolce come i pasticcini che vi erano sopra.

“Signora Briefs!”, ansimò lui, totalmente senza fiato per lo spavento, “S-s-s-salve!”.

“Ciao, Goku-chan!”, chiocciò lei, eccitata, “Come stai?”.

“Oh, benone!”, mentì spudoratamente.

“Tesoro”, sospirò addolorata la donna, facendo cadere tranquillamente il vassoio per terra e aggrappandosi come un koala al suo braccio muscoloso, “Ho sentito cosa è successo a tua moglie! Mi dispiace così tanto! Se c’è qualcosa che vuoi che faccia io in sua assenza, non devi che dirmelo!”.

Goku aggrottò perplesso le sopracciglia, domandandosi a cosa stesse precisamente alludendo la signora con quell’ultima frase. Abbassò lo sguardo e osservò contrariato i dolcetti, ora riversi vicino ai loro piedi. Che spreco, pensò. Le prodigò un sorriso non troppo sincero, “La ringrazio, ma io e Gohan ce la stiamo cavando abbastanza bene”.

“Sei sicuro, Goku-chan?”, rincarò lei, stringendoglisi sempre di più contro e aumentando drasticamente il suo nervosismo, “Non vuoi che faccia qualcosa che ogni brava moglie dovrebbe fare per il proprio marito?”.

Il labbro inferiore del saiyan tremò. “Q-q-qualcosa che ogni brava moglie dovrebbe fare... p-per il proprio marito?”.

La signora Briefs lo guardò ammiccante, accarezzandogli il braccio, “Lo sai, no...”.

Goku si sentì in procinto di un infarto. La madre di Bulma gli stava forse proponendo di fare—

“Il bucato!”, esclamò la donna, sventolandogli sotto al naso una maglietta sporca tirata fuori da non si sa bene dove.

Goku crollò per terra dallo shock, ma si ricompose velocemente. “NO!”, disse, in un tono di voce frammisto tra l’isterico e il disperato, “Cioè, v-voglio dire, io e Gohan sappiamo già come si fa! I-Il bucato, eh”.

La signora Briefs gli sorrise giuliva, “Oh, cielo! È così carino sapere che dei meravigliosi ometti come voi sanno fare i lavori di casa!”.

Goku ridacchiò nervosamente, senza nemmeno sapere il perché. “La ringrazio per l’offerta, ma davvero, ce la caviamo abbastanza bene”. Si voltò verso l’entrata principale dell’enorme area, sudando freddo, “O-ora devo proprio andare!”.

Fece per incamminarsi verso l’uscita, quando la madre di Bulma lo chiamò, “Goku-chan! Non eri venuto qui per vedere Vegeta-chan?”.

Istantaneamente il saiyan surgelò sul posto. In uno scatto fulmineo si voltò nuovamente verso di lei, fissandola con due occhi grandi come fanali. “C-come fa a—?!”. Si sconvolse una seconda volta, notando con orrore che il vassoio caduto a terra assieme a tutti i pasticcini era ora tornato nelle sue mani in perfette condizioni.

“Stavi camminando verso la Gravity Room, no?”, domandò candidamente la donna, inclinando leggermente il capo di lato.

“Ah... Eh... Già!”, si bloccò per qualche istante, riuscendo però ad elaborare una perfetta scusa nell’arco di pochi secondi, “M-ma visto che è impegnato ad allenarsi alla fine ho pensato fosse meglio non disturbarlo!”.

La signora Briefs scosse la testa, “Ma Vegeta-chan non è nella Gravity Room, tesoro”. Goku si schiaffò la fronte con il palmo della mano. “È in ambulatorio adesso”, continuò lei con un sospiro addolorato, “Oggi si è fatto la bua”.

A quelle parole, una dolorosa stilettata colpì il saiyan rapida come una scheggia alla parte sinistra del petto, spezzandogli il fiato, ed una piega di preoccupazione gli si materializzò in fronte, “In ambulatorio?”, domandò, con tono improvvisamente roco ed incredibilmente serio, “Cos’è successo?”.

In tutta risposta la donna fece cadere il vassoio un’altra volta e nascose il viso tra le mani, iniziando a piangere disperatamente. Subito Goku le si avvicinò, poggiandole dolcemente una mano sulla spalla. Ingoiò il nodo di saliva improvvisamente formatoglisi in gola e chiese una seconda volta: “Signora Briefs, cos’è successo?”.

“Si... sigh... si stava allenando...”, esordì lei tra i singhiozzi, “E ad un certo punto... sob... ha fatto esplodere... siiiigh... uno dei robot... OOOOOHHHH!”, e un paio di cascate iniziarono a sgorgarle dagli occhi.

“E poi?”, mormorò Goku, sempre più preoccupato.

La signora si ripulì il volto di alcune lacrime, dopodiché riprese difficoltosamente a parlare, “Poi... sigh... è voluto tornare indietro per... hoohoo... aumentare la gravità... sob... e poi... GAH!” crollò in ginocchio per la disperazione.

Gli occhi di Goku divennero lucidi, “C-cosa è...”.

La donna tirò su col naso e lo guardò con gli occhi inondati di lacrime. Ingoiò l’ennesimo singulto e finalmente concluse il racconto. “Quando è tornato nella Gravity Room per aumentare la gravità... sigh... lui... è... è... è inciampato su un pezzo del robot che aveva distrutto e... sob… si è storto una caviglia!".

Goku surgelò sul posto, strabuzzando gli occhi. Strinse i denti nel tentativo di controllare la rabbia, ma fallì clamorosamente, “SI È STORTO UNA CAVIGLIA?! TUTTO QUI?!”, ululò, paonazzo, “Da come l’aveva fatta sembrare credevo fosse riverso a pezzi sul tavolo dell’ambulatorio! Che cavolo! Starà alla grande in meno di dieci minuti, altroché!”.

La signora Briefs sollevò lo sguardo liquido, “Oh, sei sicuro? La caviglia era davvero gonfia”.

Il saiyan scosse il capo, abbandonandosi ad un sospiro sconsolato.

Diamine, era pronto a versare lacrime per Vegeta. Per quello zotico, antipatico, insopportabile principe viziato. Stava per mettersi a piangere come solo alla morte di Chichi aveva fatto. Non potè fare a meno di sbattere le palpebre, a quel pensiero. Davvero si sarebbe messo a piangere?! Seriamente? PER VEGETA?! Iniziò massaggiarsi istericamente le tempie, confuso.

La signora Briefs tornò in piedi, di nuovo col vassoio e i pasticcini in perfetto ordine. Prima o poi avrebbe indagato su come diavolo riuscisse a fare una cosa del genere. “Beh, ti lascio andare da Vegeta-chan adesso, mio caro”, disse lei, “Sai dov’è l’ambulatorio, vero?”.

Goku annuì, “Sì, grazie”.

Gli porse il vassoio, “Gradisci un pasticcino prima di andare, Goku-chan?”.

Fece per prenderne uno, poi si ricordò che erano caduti a terra. Due volte. “Ehm”, disse, ritirando il braccio, “No, grazie”.

Lei gli prodigò uno smagliante sorriso, poi trotterellò allegramente verso l’edificio principale coi suoi dolcetti. Una volta sparita dal suo raggio visivo, il saiyan si abbandonò pesante ad un sospiro di sollievo, liberando il fiato che nemmeno si era reso conto di trattenere. Fece per incamminarsi verso l’ambulatorio, ma si fermò dopo un paio di passi. Ridacchiò, stringendosi nelle spalle. “Giusto”, disse ad alta voce, “Avevo deciso di non farmi vedere, oggi”.

Lanciò un’occhiata all’entrata della Capsule Corporation. Temeva di incappare nuovamente nella signora Briefs, così decise di allontanarsi dal retro facendo il giro lungo. Oltrepassò la Gravity Room e fece per svoltare l’angolo, controllando alle spalle per vedere se l’inquietante madre di Bulma lo stesse seguendo. Proseguì senza prestare attenzione a cosa vi fosse davanti a lui, ed ovviamente finì per andare a sbattere contro qualcosa. O meglio, qualcuno.

Entrambi cadderò per terra con un “oof!” soffocato. Goku immediatamente abbassò il capo e iniziò a scusarsi freneticamente verso la sua vittima non identificata, “Mi spiace! Mi scusi! Non avevo—”.

“Guarda dove vai, pezzo di idiota!”, ruggì l’altra persona. Goku sobbalzò, rendendosi conto di essersi appena scontrato con l’unico individuo che non voleva assolutamente vedere. E no, non si trattrava della madre di Bulma.

Vegeta borbottò qualche indicibile imprecazione, rialzandosi e dandosi una nervosa rassettata. Fissò con odio il suo rivale e Goku incassò la testa tra le spalle, come se fosse pronto a ricevere un attacco. “Che diavolo ci fai qui, Kakaroth?”, sputò, con astio.

Goku si rialzò lentamente, incrociando lo sguardo torvo dell’altro solo per qualche istante, per poi guardare altrove. Si morse il labbro e disse, con voce piccola: “Niente”.

Vegeta ruotò gli occhi, “Allora vai a fare ‘niente’ da un’altra parte!”. E ciò dicendo, dopo averlo spintonato per levarselo da davanti, iniziò ad allontanarsi.

Dire che quella si stava rivelando una pessima giornata sarebbe stato un eufemismo. Prima quella donna impicciona per poco non veniva a scoprire dove fosse stato nelle due settimane passate, poi si era storto una caviglia durante l’allentamento. Aveva provato a continuare ad allenarsi nonostante il dolore in realtà, ma il suo peso più i trecento chili aggiuntivi non gli avevano reso le cose particolarmente facili. Aveva temuto di rompersi definitivamente le ossa se fosse andato avanti, così aveva deciso di prendersi una piccola pausa per andare all’ambulatorio a prendere un impacco di ghiaccio. Tutto quello che poi avrebbe voluto fare sarebbe stato sedersi poggiando i piedi da qualche parte, in attesa che il gonfiore se ne andasse. Sarebbe stata questione sì e no di cinque minuti. Ma poi, improvvisamente, quella vecchiaccia insopportabile gli era piombata – letteralmente – addosso, cominciando a blaterare qualcosa sul fatto che aveva sentito che si era fatto male e che era accorsa il più veloce possibile, distruggendo ogni suo pronostico. Avrebbe cercato fino alla morte il lurido individuo che aveva osato dirle dove fosse andato e l’avrebbe massacrato di botte, poco ma sicuro.

Ed ora, ciliegina sulla torta, era incappato nell’idiota con cui era stato sposato per due settimane. Da quello che ne sapeva di usanze terrestri – cioè più o meno niente – il divorzio si aveva quando due coniugi prendevano la decisione di non volersi più vedere. E lui difatti non voleva avere più niente a che fare quel sottoprodotto di consorte.

Il problema era che Goku non era propriamente dello stesso parere, e la cosa fu eloquente quando afferrò il principe per un braccio per fermarlo. “Senti”, disse, con voce tremante, “I-in realtà sono venuto qui perché dovevo parlarti”. Da quando in qua si sentiva così nervoso a parlare con Vegeta? E quando aveva mangiato farfalle? Le sentiva svolazzare nello stomaco.

Il principe si liberò della sua presa con uno scatto rabbioso, “Bene, mi hai parlato. Ora sparisci”.

Riprese a camminare, ma Goku lo abbrancò fulmineo un’altra volta. “Puoi ascoltarmi un attimo, per favore?”, sbottò, “Lo so che non vuoi rivedermi mai più, ma—”.

“Oh andiamo, Kakaroth”, lo interruppe Vegeta, sorridendo in maniera sospettosamente affabile, “Sai che non è vero. Certo che voglio vederti ancora!”. Goku sbattè sbalordito le palpebre e Vegeta continuò, tramutando il proprio sorriso in un ringhio rabbioso, “VOGLIO VEDERTI MORTO! MORTO STECCHITO E SANGUINOLENTO SUL CAMPO DI BATTAGLIA! CON LE MIE MANI ATTORNO AL COLLO!”.

Il giovane saiyan digrignò i denti, dandosi dello stupido per non essersi aspettato la solita frase infelice di turno. Riprese a parlare, “So che non vuoi più vedermi”, ripetè, “Ma credo che ci siamo lasciati davvero in pessimi termini”.

“E quindi?”, Vegeta sollevò un sopracciglio, “Noi siamo nemici. Siamo destinati a parlarci in pessimi termini. Se proprio dobbiamo parlare”.

“Beh”, mormorò Goku, “Io non la pensò così”.

“Beh”, lo scimmiottò lui, “E a me non frega niente”. Tentò nuovamente di allontanare il braccio, ma stavolta l’altro mantenne ferreamente la presa, “Lasciami immediatamente!”, ringhiò. Il suo cuore stava battendo all’impazzata, sempre più veementemente man mano che passavano i secondi durante i quali Kakaroth stringeva il suo braccio. Gli stava importando eccome.

Goku deglutì, aggrottando le sopracciglia. Vegeta non pareva proprio essere disposto a parlare. Ovviamente. Si morse il labbro, consapevole che non sarebbe stato in grado di convincerlo ad intrattenere una discussione civile neanche a pagarlo oro. In realtà era lui stesso a non essere pronto a parlare. Voleva solo... baciarlo. Era l’unica ragione per la quale era andato alla Capsule Corporation, in fondo. Le visioni avute sulle montagne gli avevano assicurato la felicità solo dopo aver baciato quell’isterico principe omicida che stava ora stava cercando di staccargli una mano a morsi nel tentativo di fuggire. Giunti a quel punto, non aveva senso mandare tutto all’aria. Prese un profondo respiro e abbassò le palpebre.

Beh, pensò, ingoiando l’ennesimo grumo compatto di saliva, non è stata lunga, ma è stata comunque una bella vita.

Vegeta fece per affondare i denti nella carne del suo rivale ancora una volta, quando improvvisamente, con un movimento fulmineo ed inaspettato, venne sbattuto contro la parete esterna della Capsule Corporation. Non fu un attrito doloroso né particolarmente forte, ma sufficiente per fargli abbassare la guardia.

Fissò con astio il suo aborrito rivale, che gli tratteneva ora le spalle contro il muro. Spalancò la bocca per abbagliargli contro un insulto ed ordinargli di lasciarlo immediatamente, ma la richiuse lentamente nel momento in cui si accorse dell’espressione dipinta sulla sua faccia. In quegli occhi scuri come la pece vide riflessi confusione, rabbia, guizzi di paura, determinazione. Sgranò lo sgurdo, domandandosi a cosa diamine quello stupido stesse pensando. Vide le sue palpebre abbassarsi lentamente e le labbra arricciarsi, ed immediatamente una consapevolezza serpentina lo fece raggelare.

Non vorrà farlo davvero, pensò disperatamente.

Goku invocò mentalmente qualsiasi divinità lo stesse ascoltando in quell’istante e con l’unica, mera consolazione di essere riuscito perlomeno ad ottenere la sua tanto agognata assicurazione sulla vita, si sporse velocemente in avanti.

Il principe riuscì solo a boccheggiare un mezzo “Kakaroth” prima che le la sua bocca venisse tappata da un paio di secche, frementi labbra. I pugni arrivarono rabbiosi e immediati contro il petto di Goku, ma più Vegeta lo colpiva nel tentativo di respingerlo, più il giovane saiyan premeva contro di lui. Per qualche secondo tutto ciò che si udì furono solo ovattati mugolii di protesta e contrarietà, poi anche quelli soffocarono tra le pareti della gola.

Il prode salvatore dell’universo continuò nella sua attività, anche se non troppo sicuro del perché. Si rese conto di stare semplicemente premendo la bocca contro quella di Vegeta, senza realmente baciarlo. Titubante, quindi, iniziò a succhiare piano le sue labbra, inclinando leggermente il capo. Continuò a muovere la bocca, diventando più intenso e determinato nel momento in cui si rese conto di gradire particolarmente il sapore vagamente salato dell’altro saiyan.

Troppo impegnato nella sua contemplazione, non si rese nemmeno conto che i pugni di Vegeta contro il suo petto si erano fatti sempre più lenti e deboli, fino ad estinguersi del tutto. Finalmente anche l’orgoglioso principe chiuse gli occhi, rilassò le braccia e iniziò a ricambiare il bacio, ignorando il volto che pareva incendiare. Kakaroth fece scivolare le proprie mani lungo le sue spalle, carezzando gli avambracci e arrestandosi sui suoi fianchi. Circondarono la vita stretta, spingendolo maggiormente contro di sé. In risposta, Vegeta avvolse le braccia attorno al torso e afferrò il retro della maglietta arancione, aggrappandosi disperatamente ad essa.

Rimasero così fino a quando l’ossigeno non divenne un bisogno impellente per entrambi, costringendoli a staccarsi per riprendere fiato. Una volta che ebbero regolarizzato il respiro, ripresero il contatto.

Continuarono nella loro romantica performance per qualche incalcolabile minuto, abbandonandosi di tanto in tanto a qualche mugolio e sospiro di apprezzamento. Goku poteva sentire il pesante battito del cuore di Vegeta palpitare frenetico contro il proprio petto, Vegeta sentiva il cuore di Goku bussare veemente contro la battle suit.

“Vegeta... Vegeta... Vegeta...”.

La voce risuonò debole e convusa nella sua mente totalmente annebbiata. Il principe pensò che fosse Goku a chiamarlo, e mugolò la risposta dentro la calda bocca premuta contro la sua.

Un attimo.

Strabuzzò gli occhi. Se la bocca e la lingua di Kakaroth erano occupati a fare altro, chi diamine lo stava chiamando?!

“Vegeta!”.

Goku, che prima non aveva udito nulla, stavolta sentì qualcosa. Aveva un timbro sempre più forte, come se si stesse avvicinando. I due saiyan s’immobilizzarono, drizzando le orecchie.

“Vegeta! Dove sei?”. Era una voce era femminile e familiare. Un nome comparve subito in cima alla lista dei possibili sospetti: Bulma.

I due si guardarono, dopodiché lo sguardo d’entrambi schizzò verso il basso. I loro corpi erano così vicini che non avrebbero potuto dire dove iniziava uno e dove finiva l’altro. Le mani di Goku si erano mantenute per parecchio attorno alla vita di Vegeta, ma ad un tratto si erano spostate verso l’alto, sulla schiena. Quelle del principe avevano fatto l’esatto contrario: lentamente si erano mosse sui fianchi del compagno, artigliando le estremità della fascia blu. Erano un groviglio di gambe e di braccia.

Se Bulma li avesse visti accollati in quel modo, dire che avrebbero dovuto dare qualche spiegazione sarebbe stato il minimo. E dalle espressioni totalmente stravolte dipinte sui volti accaldati, i due non erano nemmeno in grado di dare una spiegazione plausibile a loro stessi.

Entrambi si allontanarono con uno scatto, in totale shock. Vegeta fissò il suo rivale ad occhi sgranati, il volto che saggiò nell’arco di pochi secondi tutte le gradazioni di rosso esistenti. Goku arrossì vistosamente, ed i suoi occhi iniziarono a schizzare ovunque tranne che in direzione di Vegeta. Gli diede solo una finale, velocissima occhiata e, imbarazzato per quanto successo, si voltò e prese il volo, schizzando via. Dinanzi alla sua rapida fuga, tutto ciò che poté fare il principe fu ringhiargli rabbiosamente contro.

“Vegeta!”, chiamò ancora Bulma, agitata per il fatto che non avesse ancora ottenuto risposta. Voltò l’angolo e trovò il saiyan immobile contro il muro, di schiena. Si mise le mani ai fianchi, aggrottando le sopracciglia, “Eccoti qui!”, esclamò, piccata, “Accidenti, ti ho cercato ovunque! La zuppa è pronta, se vuoi degnarti di venire a mangiare!”.

Lui non osò voltarsi. Si limitò a mormorare freddamente un “Adesso arrivo”.

La ragazza annuì, rilassando le braccia, dopodiché rientrò in casa. Vegeta si rilassò, abbandonandosi ad un sospiro di sollievo. Non avrebbe potuto mostrare la sua faccia in quel momento, con quel colorito mostruosamente rosso che lo faceva sembrare un pomodoro. Dannazione, era stata ad un passo dallo scoprire la verità... ancora un volta. Era come se fosse in grado di captare l’esatto momento in cui stava succedendo qualcosa tra lui e Kakaroth.

Scosse violentemente il capo e lentamente entrò nell’edificio, augurandosi di poter scacciare celermente quell’ignominioso colorito rosso fuoco che mai, prima d’allora, aveva osato tingergli il volto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Dunque, per chi lo desidera, i sassi per lapidare Bulma li vendo alla modica cifra di cinquanta centesimi. I pasticcini della signora Briefs li trovate ad un euro dietro alla seconda porta a destra. Se volete altri sbaciucchiamenti tra i due saiyan, beh... DOVRETE ASPETTARE IL PROSSIMO CAPITOLO, OHOH. Beh, insomma, Goku-chan ha fatto il grande passo. Più o meno. Più meno che più, visto che poi se l’è data a gambe come un babbeo. Shame on you, Goku! E Vegeta... oh, beh, lo attende una divertente cenetta, garantito. Mi spiace di avervi fatto attendere così tanto, non ho scusanti. *piange* Spero solo che il capitolo sia stato di vostro gradimento! Per quanto mi riguarda, vi ringrazio sentitamente per tutte le vostre recensioni! Mi fa davvero piacere che questa storia vi piaccia, perché personalmente io l’ADORO. Beh, che altro dire... nada. Vi auguro un buon inizio 2012 pieno di yaoi e soldi felicità! Ora penso che andrò a giocare a Ultimate Tenkaichi col personaggio che ho creato a farmi massacrare. DANNATO VEGETA, PERCHÉ SEI COSÍ VELOCE?! SPERO CHE GOKU TI SFONDI IL DERETANO.

... Uhm, comunque. Ci becchiamo col prossimo capitolo od in alternativa, in una delle mie storie in prosecuzione. MMMMAH. Grazie ancora per le recensioni, adieu!

Anzi, no, prima che me ne dimentichi. Questa fiction è vecchia, quindi posso dirvi con assoluta certezza che l’autrice, fortunatamente, si è ripresa dal suo lutto. Poverina. Perdere qualcuno è sempre un brutto colpo. Nonostante ciò, ha voluto comunque continuare la storia. Grazie davvero, anche se con parecchi anni di ritardo.

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 7 (2) ***


Capitolo 7 (2)

 

Una volta entrato in cucina, Vegeta si accomodò al tavolo da pranzo al suo solito posto, accanto a Yamcha e il signor Briefs. La signora Briefs immediatamente gli si parò dinanzi con un enorme, traboccante piatto di cibo, cinguettando qualcosa su quanto fosse contenta del fatto che si fosse ripreso. Il padre di Bulma iniziò a parlare del nuovo design dei robot della Gravity Room, perdendosi poi in profonde ponderazioni ad alta voce, chiedendosi se fosse meglio progettarli in modo tale che si auto-ricomponessero nel caso in cui venissero distrutti, giusto per evitare qualche altro spiacevole incidente. Yamcha si strinse nelle spalle, dicendo che sarebbe stato sicuramente più conveniente costruire un androide alter-ego di Vegeta e farlo lottare col saiyan in qualche landa desolata. Alle sue parole Bulma ridacchiò, affermando un Vegeta-robot sarebbe stato meglio utilizzarlo per le faccende di casa, piuttosto che per i combattimenti. Tutti risero al suo suggerimento.

Vegeta non stava ascoltando, o meglio, non era minimamente in grado di sentirli, né di assimilare razionalmente le loro parole. Era troppo perso nel caos abbacinante dei propri pensieri anche solo per aprire la bocca e mettersi un’esigua porzione di cibo in bocca, d’altronde. Punzecchiò la carne nel piatto con la punta delle forchetta, mentre ciò che era accaduto solo pochi minuti prima continuava ad ammassarsi caoticamente nella sua testa, ammucchiandosi in una matassa compatta. Al ricordo della bocca del cretino patentato sulla sua, una nuova, spiacevole ondata di calore gli pervase le guance, facendolo ringhiare. Tentando di distrarsi si cacciò quindi un po’ di riso in bocca, masticandolo lentamente senza realmente sentirne il sapore, ma quella sensazione rimase lì, irremovibile, pulsante e insopportabile. Non che Vegeta avesse proprio schifato quel bacio, ed effettivamente era quello il problema. Il cretino, inaspettatamente, sapeva come usare bene la lingua.

Ma perché l’aveva baciato, comunque? Kakaroth aveva detto che voleva solo parlargli per cercare di rimettere le cose a posto, non... non finirgli in bocca, dannazione! Ed inoltre perché gli si era presentato davanti così nervoso e sorprendentemente inquieto? A quell’interrogativo una sorprendente risposta gli si insinuò istintivamente nel cervello, facendogli sbattere le palpebre: magari l’idiota aveva solo voluto vedere come sarebbe stato un bacio tra loro due, se sarebbe stato davvero strano ed imbarazzante così come erano entrambi convinti. Ma perché, comunque? Per quale oscura ragione? Quale sarebbe stata l’utilità? Solo pura e semplice curiosità?  

Ma soprattutto... perché lui non si sentiva schifato e furibondo come avrebbe dovuto essere?

“VEGETA!”.

Il principe sobbalzò sulla sedia, il suo treno di pensieri fatto deragliare brutalmente da una voce improvvisa. Si guardò attorno sbattendo le palpebre, confuso, constatando che i presenti lo stavano fissando perplessi. “Che diavolo volete?!”, sbottò, cercando di sembrare minaccioso e fallendo miseramente. Chissà se avrebbe mai più potuto intimidire qualcuno, adesso. Sicuramente non con la faccia imbecille di Kakaroth onnipresente nel cervello.

Bulma gli scoccò un’occhiata incerta, “È tutto ok, Vegeta? Ti ho chiamato per un bel pezzo! E hai appena toccato la cena”. Vegeta osservò proprio piatto, constatando che effettivamente la sua porzione di cibo, ad eccezione della microscopica forchettata di riso che aveva mangiucchiato prima, era rimasta intoccata.

“Bulma ha ragione”, aggiunse Yamcha, ingoiando una manciata di verdure, “Ti sei semplicemente seduto qui e ti sei messo a fissare il vuoto”.

Non sapendo che rispondere, il principe si limitò a deviare lo sguardo, imbronciato. “Eh. Già. Uhm”, borbottò.

Il resto dei presenti si scambiò un’occhiata interdetta, dopodiché tornò ad osservare il saiyan. Bulma incrociò le braccia al petto, “Vegeta, quella non era nemmeno una frase”.

Il signor Briefs gli si avvicinò per osservarlo in modo più scientifico, inforcandosi gli occhiali sulla punta del naso e accarezzandosi il mento. “Per caso stai male, figliolo?”. A quella domanda, gli occhi Vegeta s’illuminarono.

Era ovvio! Stava male! Questo spiegava tutto! Il battito cardiaco veloce, le strane reazioni del proprio corpo, l’incapacità di pensare in modo intelligente e di disintegrare Kakaroth con una Galic Gun dritto sul naso! Stava delirando. Stava delirando perché era malato. Magari stava morendo. Come aveva fatto a non pensarci prima?!

“Non penso stia male”, chiocciò la signora Briefs con un risolino, “Credo proprio sia innamorato!”.

Superato l’indicibile shock che gli spezzò il fiato per il disgusto, il principe ringhiò come un animale furioso, sbattendo i pugni sul tavolo. Innamorato di chi? DI KAKAROTH?! Neanche per sogno!

“Io sono un guerriero!”, esclamò, voltando il capo verso destra e piegando le labbra in una smorfia sprezzante, “I guerrieri combattono e ammazzano, non hanno tempo da perdere con queste idiozie di infimo livello!”.

Yamcha lo guardò silenziosamente per qualche istante, per poi stringersi nelle spalle e tornare seraficamente al suo pranzo, “Beh, l’amore sicuramente spiegherebbe quel succhiotto che hai sul collo”.

Silenzio.

Gli occhi di Vegeta si spalancarono e la sua mascella cadde a terra.

Sul collo di chi c’era cosa?

In uno scatto fulmineo il principe afferrò Yamcha per il colletto della maglia e se lo portò ad un palmo di naso, gli occhi dardeggianti di rabbia e le gengive scoperte come un cane rabbioso, “COSA HAI DETTO?”.

Yamcha ghignò ed indicò il simpatico segnetto con la punta della forchetta, “È proprio qui, sul tuo collo. A sinistra”.

Vegeta mollò la presa ed istantaneamente si coprì la parte interessata con entrambe le mani, scattando indietro. Quando, pensò inorridito,quando diavolo Kakaroth ha osato farmi una cosa del genere?! Non si era nemmeno reso conto di quando le labbra del rivale si era staccate dalle sue per andarsi a posare sul collo. Il cervello doveva essergli andato in blackout, i suoi neuroni in sciopero temporaneo, o qualcosa del genere.

Bulma soffocò una risatina, maliziosa e vagamente perfida, “Sembra proprio che il nostro principe non si stia occupando solo di diventare Super Saiyan!”.

Vegeta la fulminò con un’occhiata omicida, dinanzi alla quale la scienziata si limitò a ridacchiare spudoratamente. Come un’immonda malattia infettiva, la risata contagiò nell’arco di pochi secondi anche il resto dei presenti. Sempre più rosso – di rabbia, non imbarazzo – il saiyan scattò in piedi, pronto a difendere strenuamente il proprio orgoglio: “QUESTO NON È UN SUCCHIOTTO! Probabilmente è la puntura di qualche insetto di cui non mi sono accorto prima!”.

Yamcha gli scoccò un’occhiata scettica, “Andiamo, Vegeta. Riconosco un succhiotto quando ne vedo uno, e quello è chiaramente lo è”.

Bulma pinzò una foglia di lattuga con la forchetta, continuando a sghignazzare sotto i baffi, “Beh Vegeta, se per caso ti capitasse di incappare di nuovo in questo insetto, penso che dovresti proprio invitarlo a cena”.

Crack.

Il principe digrignò i denti così forte che il suono scrocchiante di un molare che si spezzava si udì secco per tutta la stanza. Ignorando totalmente gli sguardi atterriti che gli si posarono addosso, Vegeta scattò in piedi facendo cadere la sedia a terra e lasciò la cucina furibondo, diretto ad ampie falcate verso la sua stanza. Quando fu giunto a destinazione, spalancò la porta con tanta foga da rischiare di scardinarla. Entrò in camera e si richiuse la lastra di legno alle spalle con forza, facendo tremare tutte le pareti di tutta la Capsule Corporation.

“IO LO AMMAZZO! GIURO CHE LO AMMAZZO!”, latrò, pestando il piede a terra. Non solo l’idiota l’aveva coinvolto in quella specie di pomiciata assolutamente non richiesta, ma aveva avuto anche la facciazza tosta di lasciargli un succhiotto come se niente fosse! A lui! Il principe dei Saiyan!

Scattò subito nel suo bagno personale, nell’intenzione di constatare la veridicità o meno delle parole di Yamcha. Si parò dinanzi allo specchio e voltò appena il capo per poter osservare meglio il collo. Sulla parte sinistra, così come il perdente aveva detto, spiccava un grosso segno rosso. Vegeta lo fissò con odio cercando di atomizzarlo con un’occhiata omicida, dolorosamente consapevole del fatto che non avrebbe mai potuto spacciarlo per la puntura di qualche schifosissimo insetto. Avrebbe potuto tranquillamente scriverci “succhiotto” a caratteri cubitali neri sopra, così almeno avrebbe evitato di sprecare il suo regale fiato per rispondere a retoriche domande imbecilli quali “Ehi! Ma è un succhiotto quello?”.

Sbuffando come un toro aprì l’armadietto delle medicine ed afferrò il kit di pronto soccorso, tirandone fuori un tubetto di crema anti-infiammatoria. Spalmò la pomata traslucida sul segno, grugnendo e borbottando irritato insulti vari ed eventuali. Quando ebbe finito rimise malamente la confezione al suo posto, allungando una mano per prendere poi un cerotto. Lo scartò, notando tuttavia che era troppo piccolo per nascondere tutta l’area. Lo gettò tranquillamente per terra e ne prese un più grande, il quale, nonostante riuscisse a nascondere il colorito rossastro, pareva far risaltare ancora di più il fatto che sul suo collo vi fosse qualcosa di strano. Ignorando tale sensazione Vegeta lo aprì ugualmente e se lo applicò sulla pelle, coprendo l’alquanto poco gradito regalino di Goku.

Dopo aver fatto ciò, il frustrato saiyan uscì dal bagno e ritornò in camera. Si lasciò cadere di schiena sul letto, facendo scorrere nella mente lo spiacevole episodio avuto con Kakaroth. Ancora una volta. Fissò il soffitto e, dopo qualche istante, afferrò uno dei suoi cuscini. Prese un profondo respiro prima di piazzarselo in faccia, urlandovi contro più forte che potesse.

 

***

 

Qualche centinaio di miglia più in là, anche Goku stava gridando di frustrazione. Teneva la faccia sepolta nel soffice, giallo e vaporoso corpo di Nimbus, urlandovi contro a pieni polmoni. La nuvola continuava seraficamente a volare, dando l’impressione di non dare troppa importanza al perché il suo amico di vecchia data fosse così evidentemente disperato.

Quando l’aria cominciò a scarseggiare nei polmoni, Goku culminò in un lamentò strozzato, iniziando ad ansimare. Si portò le mani tra i capelli, iniziando a scuotere istericamente il capo. “Sono innamorato di lui!”, gemette, confidandosi a Nimbus, “Non so come, né perché, ma sono innamorato di lui!”.

Dopo essersela data ignominiosamente a gambe era volato il più lontano possibile dalla Capsule Corporation, incapace di razionalizzare un fico secco. Non se l’era sentita di tornare subito a casa, ecco perché aveva preferito chiamare la sua fida nuvoletta. Nimbus era velocemente giunta, obbediente come sempre, e Goku vi si era sconsolatamente abbandonato sopra, gettandovicisi di pancia. Aveva bofonchiato contro il vaporoso strato giallo di volare attorno alla Terra più a lungo possibile, dopodiché si era racchiuso in elucubrazioni contorte e dolorose, tormentato dal mal di testa.

Tutto ciò a cui aveva pensato, ovviamente, era stato Vegeta. Il saiyan gemette a quella consapevolezza, agitando scompostamente le braccia all’aria e schizzando a sedere con uno scatto isterico nel momento in cui tornò a rivolgersi alla sua nuvola. “Avrei potuto rimanere così per sempre, Nimbus! Avrei potuto baciare Vegeta fino a quando non saremmo entrambi morti per asfissia! Santo cielo! Cosa sarebbe potuto succedere se Bulma non—”, s’interruppe, sbiancando, “Tu credi che... insomma... avremmo potuto fare... GAH!” e di nuovo tornò seppellì la faccia contro nel suo bizzarro mezzo di trasporto, inorridito dalla sconcezza del proprio pensiero.

“Choocah, choocah, choocah”, fu la pacata risposta di Nimbus.

Goku continuò a rimanere lungo disteso sulla sua nuvola, totalmente sconvolto per ciò che era accaduto. Dopo qualche mezz’ora cominciò a sentire brividi lungo tutta la schiena, e si appallottolò su se stesso per scaldarsi un po’. Notò che Nimbus stava volando vicino a delle regioni della Tundra, quindi presto il freddo sarebbe passato. Ad un tratto la nuvola si arrestò, segno che il giretto era concluso e che dovevano essere arrivati a destinazione. Sospirando Goku guardò oltre la soffice coltre giallognola e si ritrovò a sbattere le palpebre, perplesso, constatando che giunti a casa non lo erano affatto.

Assottigliò lo sguardo, e nel momento in cui si rese conto dove fossero finiti, i suoi occhi si spalancarono come due piatti. Le cime nevose ed aguzze di alcune montagne spiccavano oltre la fitta coltre di nubi che si stendeva nel cielo, spiccando come aghi perforanti carne bianca, e parecchio più in basso, ai loro piedi, una fitta foresta si stendeva illimitata per decine di chilometri. Goku ringhiò, consapevole che lì da qualche parte una certa pietra a forma di cuore – con probabilmente il suo sangue sopra – lo stava fissando.

Si mise a sedere e scoccò un’occhiataccia rabbiosa a Nimbus. “Bastarda. Dopo tutto quello che abbiamo passato, tutte le avventure che abbiamo vissuto... tu mi volti le spalle in questa maniera!”. Tentò di mantenere una cipiglio corrucciato, ma fu impossibile. Abbassò le spalle, sconsolato, e si abbandonò ad un sospiro sofferente. Una volta che giunsero a terra, balzò giù dalla sua nuvola e atterrò sulla soffice neve. Concentrò il proprio ki al fine di mantenere calda la temperatura corporea e guardò la sua amica. “Hai intenzione di rimanere qui?”.

“Choocah, choocah, choocah”, disse Nimbus, senza muoversi di un millimetro.

Goku sorrise, felice di avere qualcuno accanto. Si sedette di malavoglia sul suolo ghiacciato e si guardò attorno con un puerile broncio stampato in faccia, “E va bene!”, sbottò, rivolgendosi alla landa che desolata si stendeva attorno a lui, “Ho baciato Vegeta! E...”, abbassò la voce, “Non... non è stato strano ed imbarazzante come credevo. Inoltre... beh, Vegeta non mi ha nemmeno dato un pugno!”, ridacchiò, massaggiandosi imbarazzato la nuca, “A dirla tutta, ha ricambiato il bacio! Pazzesco, eh?”.

Le montagne non dissero nulla. Il vento continuò a fischiare.

Ignorando la sensazione di essere spudoratamente preso per i fondelli, Goku continuò a parlare. “Quindi... cosa dovrei fare adesso? Ok, è vero, sono innamorato di lui. Ma dubito che Vegeta potrà mai ammettere altrettanto così facilmente...”, sospirò tacendo per qualche secondo. “Io... sono sicuro che anche lui provi qualcosa. Solo che... non riesco a capire cosa. Non si tratta né di rabbia né di orgoglio, ma non posso dire con certezza che si tratti di amore. Come posso dimostrargli che anche lui è innamorato di me? Che potremmo vivere inseme ed essere felici, se solo lui mettesse da parte il proprio orgoglio?”.

Questa volta le montagne risposero. Più o meno.

 

***

 

Parecchi metri più in alto rispetto a Goku, un piccolo aeroplano fatiscente volava affrontando con coraggio il gelo e le intemperie. Al suo interno, un grosso omaccione losco e nerboruto, una benda sull’occhio e un passato di innumerevoli malefatte alle spalle, si stagliava soddisfatto dinanzi al suo gruppo di malvagi scagnozzi. Tra le dita callose teneva un anello, piccolo e luccicante. Lo rimirò con un sorrisetto soddisfatto e lo sguardo bramoso, gonfiando il petto come un pavone.

“Ebbene, ragazzi... ce l’abbiamo fatta!”, esclamò.

Tutti i presenti esultarono, applaudendo in onore del loro successo.

L’omaccione, il quale sembrava essere il leader del gruppo, si schiarì la gola ed iniziò il suo discorso, “Ci sono voluti mesi e mesi di organizzazione, ancora più tempo per procurarci tutti gli strumenti necessari, ma alla fine ci siamo riusciti! Abbiamo rubato l’oggetto più prezioso del Museum of Earth's History! Il First Ring!”.

Altre grida di giubilo, ancora più forti.

L’uomo sollevò la mano per richiamare silenzio, “Questo anello è fatto dell’oro puro migliore che esista. I diamanti che lo adornano sono tra i più rari della storia. Ha più di mille anni e si dice che sia il gioiello con cui i re si proponessero alle loro regine. Sembra che abbia un valore talmente elevato che è impossibile dargli un prezzo, ma sono sicuro che riusciremo a ricavare un bel gruzzoletto rivendendolo a qualche asta illegale!”. Trotterellò entusiasta per la piccola cabina, fissando l’anello con sguardo rapido ed anelante. “Pensate un po’... si dice anche che abbia poteri speciali!”.

L’equipaggio rise. Il capo fece altrettanto, “La leggenda dice che se si mette questo anello al dito della persona amata e si fa la propria proposta di matrimonio, se si tratta di vero amore lei ti dirà di sì. A prescindere da ogni cosa. Non potrà nascondere i suoi veri sentimenti!”. Sospirò febbricitante e stampò un bacio sulla superficie scintillante, “E inutile negarlo, signori: con questo gioiello diventeremo ricchi sfondati!”.

Totalmente su di giri, il gruppo esplose in un urlo fragoroso, sentendosi invincibile. A stroncare il loro entusiasmo fu l’aeroplano, che improvvisamente sobbalzò. L’omaccione inciampò, rischiando di finire dritto per terra. Ringhiò rabbiosamente verso il pilota, anch’egli membro della banda: “Che diavolo sta succedendo?!”.

L’aviatore si voltò verso di lui. “Niente di grave capo, solo una piccola turbolenza!”. Non prese in considerazione l’occhiata scettica che gli venne rivolta e ritornò a condurre tranquillamente il veivolo.

Poco più indietro, all’oscuro di tutti i presenti a bordo, una piccola finestrella circolare a destra dell’aereo si era aperta nel momento del sobbalzo. Era rimasta appena socchiusa, e nessuno le aveva prestato attenzione.

Il leader si schiarì la gola per continuare il proprio altisonante sproloquio, quando improvvisamente il veivolo venne sconquassato un’altra volta. Troppo impegnati a cercare un appiglio da qualche parte, gli uomini a bordo non si accorsero che l’oblò si era aperto di nuovo. L’omaccione incespicò all’indietro ed inciampò sul proprio piede, stavolta cadendo rovinosamente per terra e perdendo la presa sull’anello, che volò via dalla sua mano. Ciò che conseguì avvenne a rallentatore.

Il First Ring, ricompensa di tutte le loro fatiche, biglietto di sola andata per una vita di lussuria e nullafacenza, l’oggetto del loro bramoso desiderio, volò dritto verso la finestrella, l’unica di tutto l’aereo. I ladruncoli non poterono far altro che guardarlo centrare appieno l’oblò e finire fuori dal veivolo, scomparendo dalla loro vista. Era come se fosse stato tutto deciso sin dal principio, come se il mondo si fosse meticolosamente preparato per far accadere quella prestabilita serie d’eventi. E vi fosse riuscito successo.

Tutti si surgelarono, inorriditi e sconvolti. Il capo iniziò a fremere, mentre la sua fronte prendeva a costellarsi di vene gonfie e pulsanti e la sua faccia assumeva il colorito rubicondo di un pomodoro maturo. Si portò le mani ai capelli, strappandosi qualche ciuffo dal cranio con un urlo beduino: “CHI DIAVOLO HA MESSO UNA FINESTRA IN QUESTO MALEDETTO AEROPLANO?!”.

 

***

 

Goku si strinse nelle spalle, sospirando, in attesa di ricevere una qualche risposta. Non aveva la benché minima idea dell’esistenza dei ladri e del loro bottino perduto, anche se il tutto era avvenuto esattamente sopra alla sua testolina. Lanciò un’occhiata sconsolata alla sua fida nuvoletta, sorridendo mestamente: “Sai, non credo che sappiano cosa fare nemmeno le montagne”.

Esattamente dopo aver detto ciò, qualcosa gli piombò sul cranio, rimbalzando e finendo a terra accanto a lui. Contrariato, il saiyan si massaggiò la parte colpita e gettò lo sguardo in alto, senza però scorgere nulla di strano oltre la coltre di neve e vento che gli imperversava sopra la testa. Allungò la mano e raccolse l’oggetto scintillante tra la neve, perplesso. Oggetto scintillante che altro non era che il First Ring, ovviamente. Non aveva la benché minima idea di cosa vi fosse dietro a quell’inestimabile, rarissimo gioiello, ed al momento gli parve solo un semplice anello di fidanzamento come tanti.

Sorrise, pensando che fosse davvero carino, ma poi, come colpito da una secchiata d’acqua gelida, strabuzzò lo sguardo e riprese a parlare alle montagne, “Un attimo... N-non vorrete mica che gli chieda di sposarmi di nuovo?!”.

Silenzio.

Il saiyan si rimise in piedi, tenendo delicatamente l’anello tra le dita, “Cosa faccio se mi rifiuta?”.

Silenzio.

Scoccò al gioiello un’occhiata titubante, iniziando a pensarci su. In fondo quell’oggetto doveva avere qualcosa di speciale. Se così non fosse stato, di certo non sarebbe caduto giù dal cielo per atterrargli esattamente in testa. Se lo mise in tasca e alzò il pollice, voltandosi verso le montagne. “Ok! Seguirò il vostro consiglio! Farò del mio meglio!”.

Balzò su Nimbus e puntò l’indice in avanti, determinato. “Alla Capsule Corporation!”, esclamò, ed immediatamente la nuvola schizzò nella direzione indicata. Qualche minuto dopo, Goku si rese conto di stare oltrepassando le montagne nella verso opposto a quello in cui dovevano andare. Si massaggiò timidamente la nuca, ridacchiando, “Eheh—ehm… scusa Nimbus, ho sbagliato direzione”.

 

***

 

Nel frattempo, alla Capsule Corporation, Vegeta stava osservando con sguardo truce una piccola sferetta nera, tenuta spasmodicamente stretta tra le mani. Il principe fissò la lucida superficie per qualche abbondante minuto, accomodandosi sul bordo del materasso. Non che gliene fregasse niente di avere alcun tipo di risposta, ma si sentiva vagamente frustrato, e di certo non avrebbe parlato a nessuno del proprio problema. Le parole della signora Briefs avevano avuto su di lui lo stesso effetto di una secchiata di acqua gelida. Scoccò alla piccola sfera una torva occhiata, imperandole rabbiosamente di non azzardarsi ad umiliarlo in alcun modo, dopodiché, sicuro che quella avesse capito che ci sarebbe stata una brutale punizione nel caso in cui avesse ignorato il suo ordine, iniziò a pensare a che domanda fare. Le uniche risposte che poteva ricevere erano “Sì” e “No”. Prima di iniziare, il saiyan provò a fare un piccolo test.

“Sono il principe di tutti i saiyan?”, chiese, scuotendo ferocemente il piccolo globo.

La risposta giunse meccanica e ovattata dal vetro: “Sì”.

Vegeta gli scoccò un’occhiata vagamente divertita. Quell’aggeggio sapeva fare il suo lavoro. Lo scosse ancora, “Dovrei ammazzare Kakaroth per avermi baciato?”.

“No”.

Il sorrisetto sulle labbra svanì in un istante. Scosse di nuovo la sfera. “Avrei dovuto fermarlo per evitare che mi baciasse?”.

“No”.

“Sei sicura?”. Una scrollata, un’altra, un’altra ancora.

“Rifai la domanda”.

Vegeta roteò stizzito gli occhi, ma decise di fare un’altra domanda prima di lanciare quella stupida palla dentro qualche vulcano, “Io...”,  storse le labbra in una smorfia schifata, combattendo contro la parola che inciampava sulla lingua, sputandola poi fuori con sarcasmo, “amoquel sottoprodotto di terza classe?”. E agitò, agitò, agitò.

“Sì”.

I suoi occhi si spalancarono. Riformulò la domanda: “Sono innamorato dell’idiota?”. E scosse, scosse, scosse.

“Sì”.

Si morse il labbro, improvvisamente nervoso, “Sono innamorato di Kakaroth?”. Agitò ancora, freneticamente.

“Sì”.

Vegeta continuò a porre lo stesso interrogativo e ad agitare la piccola sfera nera per dieci minuti buoni, ricevendo sempre la stessa risposta. Stufo, scosse la palla un’ultima volta, esasperato: “Amo Kakaroth, conosciuto anche come Son Goku, nato sul pianeta Vegeta-sei ma inviato sulla Terra quando era un moccioso, che ha perso la memoria ed è cresciuto qui, e che ora ha un figlio, ed è vedovo, e mi ha sposato per commettere una frode assicurativa, e poi ha divorziato perché l’ho costretto di farlo?”. Agitò. Ancora, ancora, ancora, ancora e ancora.

La risposta tuonò esasperata dal vetro, facendolo sobbalzare. “SÍ! LO AMI! Hai rotto! Smettila di scocciarmi e va’ a dirglielo!”.

Vegeta scaraventò la sfera dall’altra parte della stanza, inorridito. Seppellì il volto tra le mani, ringhiando frustrato. Avrebbe dovuto immaginarsi un responso del genere...

Click.

Improvvisamente gli parve di udire un debole suono. Sollevò il capo e fece vagare lo sguardo attorno a sé, cercando di capire da dove provenisse. La finestra a lato del letto si aprì ed un intruso vestito in blu ed arancione vi passò attraverso, atterrando sul letto. Lo vide guardarsi in giro, per poi bloccarsi quando i loro sguardi si allacciarono. Vegeta ringhiò, fremente, mentre l’intruso si massaggiò imbarazzato il capo.

“Heilà, Vegeta”, disse Goku, sorridendo nervosamente.

“Hai un secondo per andartene prima che il tuo cranio rotoli per terra”, fu l’accogliente risposta.

“Voglio solo parlare!”, si lamentò Goku.

“Ma davvero, Kakaroth?”, Vegeta si rialzò minaccioso, pronto a compiere un cruento omicidio, “Vuoi ‘parlare’ come l’ultima volta?”.

Goku si accigliò, “Non mi sembrava ti fosse dispiaciuto poi così tanto, prima!”.

Istantaneamente venne afferrato per la collottola della maglia e portato ad un palmo di naso dal volto rubicondo dell’altro, “Hai avuto il tuo secondo di tempo, ora finirai dritto all’altro mondo!”. Vegeta sollevò la mano per sparare un ki blast, ma Goku fulmineo lo abbrancò per un polso e scattò in avanti, facendo cozzare le loro labbra un’altra volta. Vegeta rimase basito per qualche istante, strabuzzando gli occhi. Poi lo spintonò lontano da sé, violaceo di rabbia ed imbarazzo.

Si strofinò il dorso della mano sulla bocca, rabbioso. “Piantala!”, ordinò.

“No!”, disse l’altro, cocciutamente.

Digrignò i denti, “PERCHÉ NO?!”.

Goku serrò la bocca e chinò il capo, mordendosi un labbro. Quando ritrovò la voce, essa uscì in un soffio dalle sue labbra, spezzata e tremante, “P-perché io... io sono... sono innamorato di te”.

Tornò a guardare Vegeta, sperando che il suo rivale dicesse lo stesso, visto che oramai lo sapevano entrambi. A discapito delle sue aspettative, però, il principe si limitò a guardare da un’altra parte senza dire nulla, la faccia scura ed indefinibile. Goku pensò che fosse meglio continuare a parlare, per evitare che tutti i suoi sforzi venissero inghiottiti dal silenzio.

Camminò verso il principe e prese la bollente mano destra tra le sue. “Mi dispiace per averti baciato in quel modo prima, ma avevo bisogno di farlo. Continuavo a provare questa strana sensazione nei tuoi riguardi, ma non riuscivo a capire se fosse amore o avversione. Ti ho baciato perché dovevo capire quale delle due fosse e, quando l’ho fatto, mi sono sentito come se avessi ottenuto tutto ciò che ho sempre desiderato o di cui ho sempre avuto bisogno. Potrei essere incredibilmente felice solo standoti accanto in questa maniera”. Tornò a guardare titubante il volto di Vegeta, constatando che non era cambiato di una virgola.

Goku sospirò dinanzi a quella mancata risposta, ma perseverò. “Sono venuto qui per chiederti di tornare a vivere con me. Per chiederti di sposarmi di nuovo, ma questa volta per davvero. Vorrei potessimo vivere come due veri sposi. Prenderci cura l’uno dell’altro, e parlarci, e volerci bene. So che questo paese non accetta i matrimoni tra due persone dello stesso sesso, e so che ti irrita il fatto che lo stato ti creda una donna, quindi provvederò io a mettere a posto il certificato. E anche se facendo ciò perderò l’assicurazione, non mi importa. Voglio solo che tu sia felice. Non mi serve un pezzo di carta che mi dica che ti amo. Lo so già”.

Si fermò in attesa di una qualsiasi risposta, ma l’orgoglioso saiyan ancora non disse nulla. Goku non si diede per vinto e infilò una mano nella tasca, tirandone fuori l’anello. Sfilò un guanto dalla rigida mano del principe ed infilò l’anello al suo anulare, lentamente. Vegeta non lo fermò, e ciò alimentò il suo cuore di speranza.

L’eroe della Terra prese un profondo respiro e sorrise, “Allora, Vegeta? Vuoi sposarmi... di nuovo?”.

Il movimento del capo di Vegeta per incontrare il luminoso sguardo di Goku fu estremamente lento e persino doloroso da guardare. Quando finalmente i loro occhi s’incrociarono, quelli di Vegeta erano scuri e vuoti.

“Kakaroth”, disse finalmente.

Goku deglutì, incerto su cosa potesse accadere, “Sì?”.

“Vattene”. 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

MTB: Gah! Eravamo vicinissimi! C’eravamo quasi! Perché devo torturare i miei amati lettori in questa maniera?

Trunks: Questo capitolo è stato il più lungo di tutti.

MTB: Sì, confermo, cosa anche piuttosto sorprendente visto che non c’è stata poi così tanta azione. In realtà avrebbe dovuto essere parecchio più corto, ma l’idea dell’anello mi ha traviata! Non ho potuto fare a meno di aggiungerla! Ora devo rendere l’anello uno dei fattori più importanti della storia.

Trunks: Buon per te, una volta tanto potrai usare il cervello.

Vegeta: E tutti sappiano che non è una cosa che capita molto spesso.

MTB: Se il capitolo vi è parso drammatico di nuovo... mi dispiace! Ma credo che anche in una commedia romantica un po’ di dramma ci stia sempre bene. Comunque sia, mille grazie all’utente –WhiteRibbons- per avermi inviato un bellissimo disegno del bacio di VeeVee e Goku al party di Bulma! È veramente supendo! Ben fatto!

Trunks: Anche se ci hai messo un’ora prima di guardarlo.

MTB: Uh? Ehi, chiudi il becco! Di certo non l’ho fatto perché credevo fosse brutto! Ero solo nervosissima! Nessuno aveva mai disegnato una scena tratta da una delle mie fanfictions! Non sapevo cosa aspettarmi!

Trunks: E quando MTB si è finalmente decisa a guardare il disegno, ha subito chiuso la finestra di Internet.

MTB: No! Non dire queste cose! Di certo non l’ho fatto perché mi si sono bruciati gli occhi o qualche cosa del genere! Sono solo andata su di giri per qualche ragione! Ma poi sono tornata alla scrivania e l’ho riguarato per un sacco di tempo!

Trunks: Due secondi in più non sono “un sacco di tempo”.

MTB: Ohhh, zitto! Mettila di farmi sembrare un’idiota di fronte a -WhiteRibbons-!

Trunks: Dai sto scherzando, MTB. Lo sappiamo tutti che hai grande rispetto per gli artisti.

MTB: Non ho l’abilità (né la pazienza) per disegnare, quindi ho un grande rispetto nei confronti di colore che ci riescono. Stesso discorso per i musicisti. Comunque, non stiamo qui a tergiversare! Nel prossimo capitolo di “Ouji-Sama! Become My Wife!” Goku elaborerà un piano per costringere Vegeta ad ammettere I suoi sentimenti! Ma riuscirà a sconfiggere l’orgoglio e il rifiuto del principino? Scopritelo!

 


 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Wow! Tradurre questi capitoli chilometrici è un parto! Mi spiace tanto per la lentezza degli aggiornamenti, ma tra traduzione, auto-betaggio e quant’altro postare un intero capitolo è sempre molto lungo! Comunque sia. Sono lieta di dirvi che l’autrice ha iniziato il seguito di questa storia! Una volta conclusa questa, cominceremo subito con la seguente. ù__ù Che dire di questo capitolo? Sono successe talmente tante cose che pure io che l’avevo già letto e riletto ho il caos nel cervello! X°D Goku ha fatto il grande passo, ma il principino pare non aver apprezzato particolarmente la cosa. E la domanda è... è adesso? Lo scoprirete nella prossima puntata di Beautiful nel prossimo capitolo! E pera favore, state vicino a quei poveri ladruncoli che hanno appena perso l’occasione della loro vita ;A; Grazie come sempre per tutti i vostri commenti, continuate a recensire che fate una traduttrice (?) e una geniale scrittrice immensamente contenteH. Alla prossima!

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 8 (1) ***


MTB: Salve, gente! Sono tornata con una nuova installazione di “Ouji-Sama! Become My Wife!”.

Goku: Installazione?

MTB: Esatto! Installazione!

Piccolo: Hai almeno una vaga idea di cosa “installazione” significhi?

MTB: È quando aggiungi qualcosa a qualcos’altro… più o meno. E so che c’è uno strano coso a forma di torta di mezzo...

Trunks *sarcasticamente*: Capite perché la amo così tanto?

MTB: Comunque sia, è il momento di ringraziare i miei adorabili lettori! Grazie, Adorabili Lettori. Sono stata felicissima di leggere le vostre recensioni. E grazie per il vostro supporto riguardo alla morte di mia nonna. Siete riusciti a risollevarmi un sacco. Mi spiace per avervi fatto arrabbiare con la conclusione del Capitolo 7... ma vi assicuro che le cose si evolveranno in meglio per i nostri due saiyan innamorati!

Vegeta: Deve per forza andare meglio, e anche in fretta. Non credo potrebbe andare peggio di così.

MTB: Ohoh, guardate, Vegeta vuole che le cose si risolvano in fretta. Non riesce più a contenere il suo amore per il nostro eroe! Che cosa dolce e romantica!

Vegeta: ... Ti ammazzo.

MTB: Dunque, chi vuole fare i disclaimer? … Nessuno? … Proprio nessuno?

T, G, P e V: No.

MTB: Maledizione! Devo farli di nuovo io! (Disclaimer: I personaggi di DBZ non mi appartengono! Se così fosse, GT non sarebbe stato un’istallazione della serie!)

T, G, P e V *sconsolati*: Idiota...


 

  

Capitolo 8 (1)

 

La forza dietro a quell’unica, crudele parola ferì Goku sia psicologicamente che fisicamente. Psicologicamente perché il saiyan era stato respinto un’altra volta. Fisicamente perché, dopo la brutale risposta che gli aveva dato, Vegeta aveva avuto la grandiosa idea di colpirlo con un cazzotto dritto sul naso, raccogliendo nelle nocche tutta la forza che possedeva.

Sotto agli occhi sgranati di Goku, tutto avvenne a rallentatore. Il dolore martellante che gli attanagliò il naso lo assalì pian piano, come un battito lento. Nel susseguirsi delle azioni, riuscì persino a vedere distintamente il volto di Vegeta mutare e contrarsi, passando dall’impassibilità raggelante alla rabbia più funesta. E poi ancora dolore, dolore e dolore. Al di sotto della vista appannata scorse alcune chiazze di sangue – il suo – schizzare verso l’alto, verso il soffitto dal quale pareva d'allontanarsi sempre di più, crollando a terra. Sbatté più volte le palpebre, stordito, chiedendosi se fosse quella la sensazione che si prova quando il proprio cuore viene ridotto in frantumi proprio dalla persona di cui si è innamorati.

La cosa peggiore fu il fatto che Vegeta lo colpì con la propria mano destra, quella sul cui anulare vi era ancora infilato l’anello che gli aveva donato giusto solo pochi minuti prima. I piccoli diamanti sull’aurea superficie stamparono non solo un solco sul suo setto nasale, ma anche una terribile, traumatica memoria nella sua mente.

 

***

 

Goku non seppe esattamente come riuscì a tornare a casa. Era probabile che la luce abbagliante accompagnata dal beduino “Big Bang!” che ancora gli rimbombava nel cervello centrasse qualcosa, comunque. Appollaiato ora al tavolo della cucina, ricurvo sulle spalle e col mento poggiato contro la superficie di legno, il povero saiyan giaceva inerte, totalmente privo di forze. Il volto rattristato era avvolto da numerosi bendaggi, il maggiore dei quali svettava ricoprendo l’intero setto nasale. Di tanto in tanto dalla sua bocca usciva qualche sospiro sconsolato, mentre il suo povero cuoricino ridotto in mille pezzi tentava disperatamente di ritornare intatto, anche se con scarsi risultati. Non una singola lacrima aveva solcato il suo viso, ma il namecciano e il piccolo saiyan mezzosangue che sostavano impettiti dinanzi all’entrata della cucina avevano comunque ben inteso che ci fosse qualche problemino in corso.

“Papà”, pigolò Gohan, “Va tutto bene?”.

La risposta giunse sottoforma di tirata di naso, seguita da tremule parole: “... sì. Ho solo avuto una brutta giornata, ieri”.

Il bambino si voltò verso il proprio mentore, titubante. Piccolo si limitò a scrollare le spalle, non avendo nemmeno lui la benché minima idea di cosa il saiyan avesse. Decise di chiedere il motivo di quegli oscuri bendaggi sul viso, sperando ardentemente che non avessero nulla a che fare con la suddetta giornataccia. “Allora... Son”, tossicchiò, fingendo noncuranza, “Come ti sei fatto... ehm, quelle ferite?”.

BAM!

Istantaneamente la faccia di Goku fece un violento frontale con la superficie del tavolo, provocando un tonfo sordo. Piccolo e Gohan rimasero scioccati nel vedere come il massiccio corpo del saiyan iniziò a tremare in maniera a dir poco convulsa, crogiolandosi in una lenta e dolorosa agonia. “Sono caduto...”, un’altra rumorosa tirata di naso, “... da una montagna”.

Non era poi totalmente una bugia, visto che il giorno prima giù da una montagna ci era caduto davvero. Aveva solo innocentemente omesso un paio di particolari circa i fatti della notte precedente senza l’effettivo consenso dei suoi interlocutori.

Piccolo esitò qualche istante, per poi deglutire e deviare lo sguardo. “Oh. Uhm. Mi spiace”.

Gohan corrugò la fronte, affranto per quell’improvvisa tristezza del padre. Gli si avvicinò, fermandosi al suo fianco. Gli portò dolcemente una mano attorno alle spalle, stringendolo forte. Al contatto, Goku ricacciò subito indietro le lacrime, trattenendo il respiro. “Non ho idea di cosa sia successo ieri, papà, ma voglio che tu sappia che per te io ci sarà sempre. È questo ciò che i figli fanno! Stare vicino ai loro genitori nei momenti di difficoltà, a prescindere da quale sia il problema!”.

Il prode eroe sollevò lo sguardo liquido su Gohan, gli occhi umidi di lacrime non ancora versate. “D-davvero, Gohan-chan?”.

Il piccolo annuì dolcemente, col cipiglio saggio ed affettuoso di un genitore. Istantaneamente Goku si voltò verso di lui e avvolse le forti braccia attorno al suo corpicino, iniziando a piangere istericamente: “Sei il figlio migliore del mondo! Sono così felice di essere il tuo papà! Non so davvero cosa farei senza di te! Non lasciami mai mai e poi mai!”.

Gohan gli diede qualche amorevole pacca sulla schiena, sorridendo, “Shh... è tutto ok, papà. Non andrò da nessuna parte. Starò sempre al tuo fianco”.

Mentre padre e figlio si perdevano nel loro discutibile momento, Piccolo si limitò a fissarli con un’occhiata perplessa, sollevando un sopracciglio. “Questa conversazione non dovrebbe svolgersi a ruoli invertiti?”, si chiese, dubbioso.

Improvvisamente si udì un familiare suono stridulo di ruote. Il namecciano non si curò minimamente di non interrompere l’amorevole scenetta familiare. “Son, è arrivata la posta”.

Goku liberò Gohan dal suo stritolante abbraccio e velocemente si asciugò le lacrime, balzando in piedi e stiracchiandosi per scaricare la tensione. Si grattò distrattamente la nuca e fece per dirigersi verso l’entrata.

“Vado io, papà”, si offrì Gohan, gentilmente.

Lui scosse il capo e sorrise, “È solo la posta. Nessun problema”. E ciò dicendo, velocemente, uscì di casa.

Una volta che si fu congedato all’esterno, Piccolo prese da parte Gohan e gli scoccò un’occhiata furtiva. “Ascoltami bene”, esordì, austero, “Quando tuo padre è andato a meditare... beh, è andato a meditare qualcosa circa la tua nuova... mammina”. Il ragazzo annuì, curioso. Lui continuò: “Limitati a dargli un po’ di spazio e continua a stargli vicino. Ricordagli che sarai sempre con lui, che gli vuoi bene e tutte quelle cretinate là che a voi terrestri piace tanto sentire quando siete depressi”.

“Va bene, Piccolo-san! Farò del mio meglio per tirare papà su di morale!”, esclamò Gohan, stringendo i pugni con sguardo determinato.

Fuori, nel frattempo, Goku aveva appena aperto la cassetta della posta e raccolto i vari giornali e le altrettanto varie lettere. Incamminandosi nuovamente verso casa, iniziò a scartabellarle curiosamente. “Vediamo un po’”, disse, adocchiando ogni etichetta, “Piccolo, Piccolo, pubblicità, Piccolo, Piccolo, Piccolo, Gohan, Piccolo, pubblicità, Piccolo—”.

Nel momento in cui raggiunse l’ultima busta, si bloccò. Rilesse più e più volte ciò che vi era scritto sopra, ed improvvisamente un sorriso radioso comparve sul suo volto, accompagnato dal sorgere di un’idea assolutamente geniale nella testa. Aveva appena trovato soluzione al suo arduo problema con Vegeta, e come avesse fatto a non pensarci prima era un mistero amletico. Finalmente sarebbe riuscito a convincere quel principe testardo come un mulo ad ammettere i suoi sentimenti.

Fece cadere incurantemente tutte le altre lettere e febbrilmente aprì la busta interessata, facendo planare l’involucro insieme a tutte le altre carte e afferrando allegramente il contenuto al suo interno, stringendolo tra le mani come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Dopodiché, dopo aver raccolto rapidamente la varia corrispondenza, si precipitò in casa a tutta velocità. Spalancò la porta con un tonfo secco, venendo accolto da due alquanto stralunati Piccolo e Gohan, basiti per il suo repentino sbalzo d’umore. Senza curasi minimamente dello sconcerto interiore dei due, Goku scattò verso il namecciano e gli scaricò tutte le lettere addosso: “Tieni, Piccolo! Queste sono tue!”.

L’alieno le accettò con una piuttosto eloquente smorfia schifata. “Sì, Son. Grazie per avermi dato le tue bollette... un’altra volta”.

Senza ribattere al commento del compagno Goku schizzò al piano di sopra, schizzando entusiasmo da tutti i pori. Gohan e Piccolo si scambiarono un’occhiata interdetta, per poi tornare a fissare le scale, lì dove il saiyan si era totalmente volatilizzato. Una manciata di minuti più tardi, velocemente così come era scomparso, Goku tornò al piano terra, saltellando su un piede solo nel disperato intento di infilarsi rapidamente una scarpa da ginnastica. Mentore e allievo si ritrovarono sinceramente perplessi nel ritrovarselo davanti con addosso degli abiti normalissimi, una t-shirt (arancione) e un paio di pantaloni alla caviglia.

Incurante delle due paia d’occhi sconcertate addosso, Goku s’infilò la soluzione di tutti i suoi problemi in una tasca e si posizionò davanti allo specchio all’ingresso, tanto per accertarsi di essere anche solo vagamente presentabile. Si passò una mano tra i capelli, sperando fosse sufficiente per domare i corvini ciuffi ribelli che schizzavano un po’ da tutte le parti, diede una rapida rassettata agli abiti ed infine prese un lungo, profondo respiro. Si portò due dita alla fronte e si voltò verso i suoi basiti spettatori, “Ci vediamo dopo, ragazzi!”.

“A-aspetta!”, lo chiamò Gohan prima che svanisse nel nulla, “Dove stai andando?”.

Goku si grattò imbarazzato la nuca, conscio del fatto che non era il momento di spiegare la sua situazione con Vegeta al figlio. “Devo... ehm, sistemare un paio di cosette”.

Piccolo inarcò un sopracciglio. “Che tipo di cosette?”.

Scrollò le spalle, ridacchiando nervosamente. “Oh niente di che, cosette così... vabbé, ciao ciao!”. E ciò dicendo svanì nel nulla, congedandosi con un rapido cenno di saluto con la mano.

Piccolo e Gohan rimasero attoniti per qualche istante, mantenendo lo sguardo ferreamente accollato nel punto in cui la sua massiccia figura era appena scomparsa. Poi tornarono a guardarsi nuovamente, sospirando all’unisono. “Ha in mente qualcosa”.

 

***

 

La Gravity Room era pregna di una rossa luce pulsante. Ogni impulso luminoso pareva avvenire in contemporanea con la caduta delle piccole goccioline di sudore che colavano copiose dal volto di Vegeta, schiantandosi a terra in un languido picchiettio. Il saiyan fece una smorfia e con prestanza scagliò un altro vigoroso pugno all’invisibile nemico dinanzi a lui.

Ciò che era accaduto la notte scorsa, per quanto gli riguardava, era stato immensamente risollevante. Vedere il sangue di Kakaroth schizzare verso l’alto e scaraventare l’idiota fuori dalla propria stanza con un Big Bang Attack era stata una vera e propria goduria. Anche se, a dirla tutta, non aveva messo in conto il fatto di colpirlo davvero in quel momento. Sapeva perché l’aveva fatto, comunque. Quella proposta indecente lo aveva sconvolto, mandato totalmente fuori di testa. Il suo cuore aveva iniziato a battere in maniera a dir poco furiosa, minacciando di schizzare via dal petto da un momento all’altro; degli odiosi “thump, thump” avevano preso a rimbombargli fin dentro la scatola cranica, sconquassandolo con ferocia, con tanta veemenza da fargli a malapena udire ciò che il rivale continuava a blaterare. In quell’infausto momento Vegeta si era spezzato in due: ogni singola cellula del suo corpo lo incitava ad accettare la proposta di Goku, ma l’orgoglio, annidato da qualche parte all’interno del suo animo, continuava a ruggire ferocemente, impedendogli di acconsentire. Il fatto che Kakaroth potesse intuire con disarmante facilità i suoi sentimenti aveva fatto montare in lui un improvviso, paranoico terrore, e tutto ciò che Vegeta era riuscito a fare, stravolto da quella consapevolezza, era stato attaccare.

Aveva attaccato, sperando di riuscire a placare il proprio cuore. Sperando di riuscire a tornare alla normalità passata, a riesumare dal suo petto gli strenui impulsi d’odio e rancore covati nei confronti dell’idiota al principio, eliminando una volta per tutte quegli ignobili, nuovi sentimenti che minacciavano costantemente d’esplodere. Sperando che Kakaroth, una volta per tutte, lo lasciasse in pace.

Rizzò la schiena, ringhiando. “Basta con queste cazzate”, imperò a se stesso, “Il discorso è chiuso. Sono sicuro che Kakaroth abbia recepito il messaggio”. Si avvicinò al computer centrale della Gravity Room, intenzionato ad aumentare la pressione interna. Digitò il valore scelto e fece planare la mano sull’interruttore d’avvio, quando...

BOOOM!

Istantaneamente si voltò in direzione dell’esplosione, colto di sorpresa. Constatò con estrema contrarietà che la porta d’ingresso era appena saltata in aria, ma prima che potesse reagire in qualsiasi modo una figura offuscata comparve lentamente tra la fumera generata dalla deflagrazione, vacillando instabilmente. La suddetta figura – che nient’altri era che Goku, ovviamente – barcamenò sui piedi per qualche istante, prima di finire lunga distesa per terra. Dopo una manciata di secondi, come se niente fosse, il saiyan scattò in piedi e si diede una rapida rassettata. Sollevò lo sguardo e lo posò su Vegeta, la cui espressione al momento era frammista al più estremo orrore e il più profondo sconvolgimento.

Tutto fuorché scoraggiato dal discutibile esordio, Goku tirò fuori due carte dalla propria tasca e le sventolò in aria, sorridendo giulivo. “C’è un nuovo parco divertimenti a North City e mi hanno inviato due biglietti gratis per posta. Ti va di venirci con me?”.

“NO”.

Aveva immaginato una risposta simile, ma il broncio non tardò ad arrivare comunque. “Perché no?”.

Vegeta strinse spasmodicamente i pugni, iniziando a tartagliare furibondo: “P-p-perché no?! Perché ti detesto! Non voglio avere nulla a che fare con te! Piantala di cercare di trasformarmi nel tuo fidanzatino, o amante, o marito, o qualsiasi altro essere immondo tu stia cercando di farmi diventare!”.

Goku piegò le labbra in un ghigno storto e incrociò compiaciuto le braccia al petto. “Non credere di riuscire a nascondermelo, Vegeta. Puoi negare quanto vuoi, ma io ti piaccio. Lo so perché hai ancora addosso l’anello che ti ho dato la scorsa notte!”. E ciò dicendo additò la guantata mano destra di Vegeta, sul cui anulare si poteva effettivamente intravedere un piccolo rigonfiamento.

Vegeta storse il naso in una smorfia e lentamente si levò il guanto, sollevando la mano e rivelando effettivamente il piccolo gioiello che ancora aveva al dito. “Hai ragione, Kakaroth”, sospirò, “Sto ancora indossando questo adorabile anello che mi hai dato. E vuoi sapere perché?”.

Goku non credette al sorriso dolce come il miele dinanzi al quale si ritrovò per nemmeno un secondo, prontissimo a difendersi da qualsiasi attacco a tradimento. Ed effettivamente fece bene, perché il suddetto sorriso dolce come il miele si tramutò in un secondo nella consueta espressione feroce: “PERCHÉ QUESTO DANNATISSIMO AFFARE È TROPPO STRETTO E NON RIESCO A LEVARLO DAL MIO DANNATISSIMO DITO, PEZZO DI DANNATISSIMO IDIOTA!”.

Si strinse nelle spalle, imbarazzato, grattandosi la nuca. Non aveva tenuto minimamente conto delle dimensioni, effettivamente.

“L’unica ragione per cui non ho ancora ridotto questa merda a pezzi prendendola a morsi”, continuò il principe, fumando di rabbia, “è perché voglio stampartela con un pugno esattamente sul cranio!”.

Questa volta il giovane saiyan incassò impotentemente le dure parole, incapace di reagire. Gemette sconsolato, consapevole sin dal principio che quella piccola, innocente richiesta di andare al pardo divertimenti si sarebbe rivelata l’ennesima estenuante battaglia. “Mi spiace, non avevo idea che fosse troppo stretto per il tuo dito”, pigolò mortificato, per poi scoccargli un’occhiata speranzosa. “Te lo farò riparare se accetti di uscire con me!”.

“NO!”, fu la tuonante risposta di Vegeta, il quale a passo di marcia fece per dirigersi verso la demolita uscita della Gravity Room. “E adesso sparisci dalla mia vista!”. Nel momento in cui superò Goku, un rumore molesto giunse alle sue orecchie, facendolo raggelare.

Clink, clink.

Conosceva quel suono. Purtroppo. Masticò qualche imprecazione a bassa voce, per poi portare lentamente lo sguardo al polso. Come aveva immaginato, era ammanettato all’idiota di terza classe. Di nuovo. Scoccò uno sguardo al suo rivale, il quale si limitò a ghignare trionfante in risposta.

“Non me ne frega niente di quanto possa essere disonorante per un vero guerriero”, sibilò il principe, assottigliando lo sguardo, “Giuro che ti ammazzerò mentre dormi”.

Goku sollevò la mano ammanettata e fece un mezzo giretto su se stesso, senza ovviamente che il proprio ghigno storto scemasse dal volto, “Beh, io vado a dormire solo quando sono molto stanco, Vegeta. E sai com’è, un’intera giornata fuori, magari in un parco divertimenti, potrebbe stancarmi molto in fretta”.

Fece giusto in tempo a concludere la frase prima che un sinistro crack! esplodesse dalla bocca del principe, facendolo sobbalzare. Goku non poté fare a meno di sgranare gli occhi quando scorse un rivolo di sangue colare lentamente dalla bocca dell’altro saiyan, sottile come una piccola biscia. Vegeta, ancora una volta, aveva stretto la mascella così forte da spaccarsi un dente.

“Ehm... Vegeta...”, balbettò Goku, spaventato, “Stai perdendo san—”.

Una truce occhiataccia gli smorzò brutalmente le parole in gola, ma il sangue continuò ad allarmarlo. Solo dopo qualche minuto di raggelante silenzio Vegeta decise di sputare il grumo di plasma che gli si era ammassato in bocca con una smorfia disgustata, sollevando poi l’indice della mano libera, interponendolo tra i loro volti. “Un appuntamento. Uno solo. Non azzardarti a chiedermi nulla del genere mai più. Mi hai capito bene?”.

Goku annuì spasmodicamente, il volto radioso ornato da un sorriso genuino e da due occhi brillanti. Sbloccò le manette e afferrò Vegeta per un polso: “Al parco divertimenti!”, trillò emozionato, portandosi due dita alla fronte.

“Ahem”, tossicchiò il principe, interrompendolo.

Goku gli scoccò un’occhiata interrogativa. “Che c’è?”.

“Posso avere l’onore di andarmi a fare una doccia prima di andare in quel dannato posto? O hai intenzione di ammanettarmi di nuovo?!”.

Imbarazzato, il giovane saiyan lasciò la presa. “Oh, scusami. Mi ero scordato che ti stavi allentando”.

Vegeta si limitò a prodigargli l’ennesima occhiataccia irritata, prima di superarlo ed uscire dalla Gravity Room a passo spedito. Goku gli trottò dietro, felice come una pasqua per essere riuscito a convincerlo, seppur con qualche piccola difficoltà. Quando raggiunsero la facciata principale della Capsule Corporation, anziché entrare dalla porta d’ingresso Vegeta scattò verso il cielo, fino a fermarsi dinanzi ad una finestra aperta e a balzarci agilmente all’interno. Dopo averlo seguito attentamente con gli occhi, Goku fece altrettanto.

Atterrò sofficemente sul pavimento piastrellato della stanza del burbero principe e, nello stesso istante in cui toccò terra, la porta del bagno si chiuse con un botto. Era un implicito invito a non osare disturbarlo, insomma. Obbedientemente Goku si sedette a terra, di fianco alla porta, ed attese. Nel momento in cui udì lo scrosciare dell’acqua della doccia non poté far altro che sorridere, felicitandosi per la sua fortuna. Forse non era riuscito a far ammettere a Vegeta i suoi sentimenti la sera prima, ma quel giorno, ne era certo, ce l’avrebbe fatta.

Dopo un quarto d’ora abbondante il principe uscì dal bagno, strofinandosi energicamente i capelli con un asciugamano marrone chiaro. Con addosso dei pantaloni al ginocchio con un rigido motivo militare, una banale t-shirt nera decisamente troppo grande per lui, i fidi guanti bianchi e gli stivali dalla punta dorata, voltò la testa verso Kakaroth e lo fulminò con una truculenta occhiata omicida, infastidito dal fatto che l’idiota lo stesse fissando come l’idiota che effettivamente era.

“Che vuoi?”, ringhiò, levandosi l’asciugamano dalla testa.

Goku si limitò a sorridere dolcemente, mettendosi in piedi. “Non hai finito di asciugarti i capelli. Ti prenderai un altro febbrone se esci tutto bagnato”. E detto questo afferrò la stoffa di spugna ed iniziò a strofinarla vigorosamente tra gli aguzzi ciuffi di Vegeta, le cui gote vennero istantaneamente invase da un acceso colorito rosso.

“Smettila di toccarmi!”, berciò il principe, strappandogli l’asciugamano dalle mani, “Mi basta il dannatissimo succhiotto che mi hai lasciato l’altro giorno!”, abbaiò, indicando il grosso cerottone che svettava sul collo. “È già abbastanza squallido dover andare a questo diavolo di appuntamento, o qualsiasi altra stupida roba sia, con te!”, incrociò irritato le braccia al petto, “Ora vediamo di darci una mossa!”.       

Goku annuì seraficamente e si portò due dita alla fronte, senza smettere di sorridere. Prima che potessero trasportarsi, però, un nuovo ghigno gli increspò le labbra. “Aspetta! Ho un’idea migliore!”. Trotterellò fino alla finestra, sporgendosi verso l’esterno. “NIMBUS!”, trillò.

Sperando ardentemente che Kakaroth oltre che cretino non fosse divenuto pure psicolabile, Vegeta osservò con una certa sorpresa l’arrivo celere ed inaspettato di una soffice nuvola gialla. Goku scavalcò il balcone e si tuffò su di essa, esaltato come un bambino. Si accomodò a gambe incrociate e gli fece cenno di fare altrettanto. “Vieni! Possiamo viaggiare su Nimbus anziché andare lì col teletrasporto”.

“No”. fu l’immediata, secca risposta. Sospirando pesantemente, Vegeta si massaggiò le tempie. “Ascoltami bene, mentecatto. Prima arriviamo lì, prima finiamo. Quindi vedi di tornare immediatamente qui e portarti quelle due dannatissime dita sulla fronte”.

Goku lo guardò con uno sguardo puerilmente supplichevole. “Per favoooore?”.

“No”. Pareva irremovibile.

“Andiamo! Sarà divertente!”, continuò il giovane saiyan, allegramente, “Scommetto che non hai mai viaggiato su una nuvola come Nimbus, prima d’oggi!”.

 “Kakaroth, non ho mai viaggiato su una nuvola a prescindere”.

“Beh, è tempo di provare nuove esperienze!”, Goku si mosse di lato, facendogli spazio accanto a lui, “Dai, salta su!”.

Vegeta ringhiò, dolorosamente consapevole che non c’era proprio alcun modo per fargli cambiare idea. Più rimanevano lì a litigare più avrebbero perso tempo, e quella giornata non avrebbe avuto mai fine.

“E va bene!”, sbottò, sollevando le braccia di scatto in un moto di disperazione. Balzò sul balcone e poi ancora verso l’ammasso giallo. Si aspettò di atterrare sulla morbida superficie della nuvola, ma invece, con un sincero sconcerto, ci passò attraverso. Prima che si sfracellasse al suolo Goku lo afferrò prontamente per un braccio, lanciando un gridolino.

Alla sua implicita, strabuzzata richiesta di spiegazioni, quello rispose con una risatina imbarazzata. “Ehm. Scusa, Vegeta”, tossicchiò, “Mi sono dimenticato che Nimbus può trasportare solo persone dal cuore puro”.

Il ringhio animale che rombò in risposta lo incitò calorosamente a muoversi a tirare su il principino dalla sua scomoda posizione penzolante nel vuoto. Continuò a tirare, consapevole che la reazione violenta dell’altro non sarebbe tardata ad arrivare. Nel momento in cui il capo del principe oltrepassò il corpo gonfio e soffice della nube, difatti, Goku notò con un certo terrore che spaziosa, spaziosissima regal fronte era costellata di una pericolosa miriade di venuzze pulsanti.

Magari far ammettere a Vegeta i propri sentimenti si sarebbe rivelato un tantino più complicato del previsto.

Deglutì pesantemente, trattenendo il fiato. “Allora, ehm... perché non ti aggrappi alla mia maglia?”.

Il ringhio animale tornò, possibilmente ancora più feroce di prima. Goku titubò qualche istante prima di far accomodare Vegeta sulla nube, sempre mantenendo ben salda la presa su di lui. Nell’arco di un battito di ciglia la mano del rabbioso saiyan si allungò ad afferrargli il collo, stringendo la presa: “Penso piuttosto che mi aggrapperò al tuo collo”.

Prima che Vegeta potesse seriamente strozzarlo, e prima che Goku potesse abbandonarsi alle più ignominiose suppliche per chiedere pietà, Nimbus partì a tutta velocità con i suoi due passeggeri a bordo. Colto alla sprovvista dallo scatto improvviso, Vegeta corse il rischio di finire per terra una seconda volta. Pregando un paio di divinità che quell’affare giallo, molliccio e volante avesse un freno, e dopo aver lasciato con un certo malincuore la presa dal collo di Kakaroth, rapidamente si aggrappò alla maglia arancione, a mo’ di koala. Goku sorrise, voltandosi a guardare dinanzi a sé per nascondere la propria espressione raggiante, mentre si disperdevano nell’azzurro del cielo.

 

***

 

Gli occhi di Piccolo tornarono a fronteggiare l’abbacinante miriade di numeretti inchiostrati, brillando di tacita disperazione. Il namecciano si schiaffò una mano in fronte, per quella che probabilmente era la millesima volta da quando aveva avuto la geniale idea di occuparsi delle bollette di casa Son – per qualche motivo a lui fondamentalmente oscuro, tra l’altro. Senza dubbio Gohan con la matematica se la cavava decisamente meglio di lui. Un ringhio gutturale tuonò tra le pareti della sua gola, ferino come quello di un animale. Non c’era da stupirsi che Chichi fosse morta, pensò, probabilmente le era esploso il cervello a forza di stare in quella casa.

Gohan gli si avvicinò, porgendogli una tazza di the caldo. La prese e tracannò il liquido bollente senza dire una parola, tornando poi ad immergersi nelle scartoffie.

Il bambino sorrise, e gli si sedette accanto. Piccolo-san era stato davvero gentile a dar loro una mano con le bollette, soprattutto perché suo padre, fondamentalmente, non era assolutamente in grado di cavarsela da solo. Come il suo mentore avesse imparato tutta quella burocrazia terrestre era davvero un mistero, comunque.

“Piccolo-san, va tutto bene?”, pigolò, premuroso.

L’altro lo fissò con un’occhiata funerea. “Odio questo pianeta”.

Gohan annuì, stringendo le labbra. Pareva che tutti gli alieni che arrivavano sulla Terra finivano con l’odiarla incommensurabilmente. Tranne Goku ovviamente, ma d’altronde suo padre non odiava nulla. “Vuoi un altro po’ di the, Piccolo-san?”, chiese cortesemente.

“Voglio la morte di tutta la gentaglia che scrive queste robe!”, tuonò il namecciano, additando rabbiosamente le carte.

Gohan ridacchiò, iniziando a muovere impacciatamente il piede. Piccolo colse il nervoso movimento e gli scoccò un’occhiata interrogativa. “Che c’è?”.

“Stavo pensando che faresti bene a prenderti una pausa, Piccolo-san”, sorrise, “Magari possiamo provare a scoprire cosa sta combinando papà!”.

Piccolo sbattè un paio di volte le palpebre, domandandosi da dove fosse spuntato tutto quell’improvviso andazzo da stalker. Comunque la prospettiva di andarsene in giro piuttosto che annegare in mezzo a quelle scartoffie gli risultava alquanto allettante, dunque non poté fare a meno di alzarsi dalla sedia con un ghigno. “Non ho obiezioni”.

“Evviva!”, trillò Gohan entusiasta, puntando un braccio al cielo.

Prima che posse schizzare fuori casa, però, Piccolo gli posò una mano sulla spalla per bloccarlo. “Non abbiamo la benché minima idea di dove tuo padre sia andato a cacciarsi, però”, disse.

“Oh, so esattamente dov’è andato”, replicò lui, con sguardo ammiccante. Infilò una mano nella tasca e ne tirò fuori un volantino, che porse al suo mentore.

Piccolo iniziò a leggerlo lentamente, “La nuovissima attrazione di North City... le più grandi montagne russe e le migliori attrazioni di sempre... Il meraviglioso M.T.B. Big-O Amusement Park…?”. Sbatté un paio di volte le palpebre, perplesso, domandandosi per quale oscuro motivo Goku fosse andato in un luna-park, e perlopiù senza suo figlio.

“C’erano due biglietti assieme al volantino, e papà li ha presi entrambi”, continuò Gohan, infilandosi nuovamente il volantino in tasca, “Devo assolutamente scoprire con chi è andato!”.

Piccolo sbuffò dal naso, sarcasticamente, “Sicuramente Vegeta, no?”, disse ironicamente, e Gohan scoppiò in una fragorosa risata, accompagnato da quella decisamente più velata del proprio mentore. “Comunque sia, seriamente parlando”, riprese il namecciano, asciugandosi una lacrimuccia che tremolava all’angolo dell’occhio, “Per quanto mi riguarda possiamo escludere fin da subito il ‘grande principe di tutti i saiyan’. Dubito che Goku sia stato così masochista da portarselo dietro”.

 

 

 

 

 

 

 

 


Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Salve a tutti! Ecco qui la prima parte del nuovo capitolo. Questa fiction mi ha fatto adorare Piccolo in una maniera incommensurabile (anche se fondamentalmente mi stava già simpatico, LOL), e vedrete che al prossimo aggiornamento non potrete fare a meno di adorarlo anche voi. A proooooposito del prossimo aggiornamento... preannuncio già che sarà quello decisivo! Perché ve lo dico? Boh, voglio farvi venire l’ansia. Accadranno un po’ di cosucce, quindi rimanete connessi. E sono lieta di annunciarvi, dopo una chiacchierata con la geniale MTB, che questa storia non avrà un sequel, bensì due o più! Credo potrei morire, GGGGIURO. Beh, ho finito. Note un po’ corte stavolta, ma vado un po’ di fretta, ho un Orazio che mi attende sul libro di latino. Grazie come sempre per i vostri commenti, rendono la traduzione di questa storia decisamente più piacevole. Alla prossima!

 

 

 

 

 

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