Year after Year

di Dony_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 2: *** Chapter 1 : 12 anni ... ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 : 13 anni ... ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 : 14 anni ... ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 : 15 anni ... ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 : 16 anni ... ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 : 17 anni ... ***
Capitolo 8: *** Bonus Chapter ... ***



Capitolo 2
*** Chapter 1 : 12 anni ... ***


Chapter 1 : 12 anni …
 
 
Sonoko tirò su col naso e mise il becchetto. “Moriremo tutti e tre!” pianse, e nascose il volto tra le mani.
Shinichi sospirò. Ma perché aveva dovuto seguirlo fin lì? Non poteva  restarsene beatamente accoccolata davanti al caminetto della baita?
Si tirò su e si scosse lentamente la polvere dai pantaloni. Fortunatamente nella caduta non si era rotto niente. Fortuna già...
In tutta quella avventura un po’ di fortuna l’avevano trovata.
Erano arrivati in quella baita sperduta due giorni prima, quando l’auto di suo padre aveva tirato gli ultimi giù a valle.
Stavano tutti tornando da un campeggio: Shinichi, i suoi, Sonoko, e la sua amica d’infanzia Ran. Avevano avuto ospitalità dalla bizzarra famiglia che abitava nel periodo invernale quella baita e di lì a poche ore sarebbero potuti tornare a casa, se non fosse successo una sciagura: la moglie del proprietario era stata trovata in fin di vita nella sua stanza.
Le comunicazioni erano state interrotte e a valle si erano avventurati la sorella della vittima e suo padre, Yusaku Kudo, per chiamare aiuto.
Ma Shinichi aveva avuto un brutto presentimento sul proprietario, e allora cocciutamente si era messo ad ‘investigare’, con al seguito le sue due compagne di classe.
Stavano giusto dando un’occhiata lì attorno, quando avevano scovato tra l’erba alta quella botola aperta recentemente. Il terriccio era smosso e il lucchetto forzato.
Avevano appena fatto in tempo ad aprirla giusto per dare un’occhiata, ma un attimo dopo erano stati spinti tutti e tre dentro da chissà chi. Non avevano sentito avvicinarsi nessuno.
Il primo era stato lui, a seguire le ragazze urlanti.
Shinichi estrasse dai pantaloni la piccola pila che aveva sgraffignato dal salotto della baita e la puntò verso le ragazze: Sonoko stava ancora piangendo, le mani graffiate e la fronte sporca di polvere. Per fortuna la caduta era stata ammortizzata da dei vecchi materassi posti quasi farlo apposta sotto la botola.
I suoi occhi si concentrarono su Ran che, semi svenuta, respirava con difficoltà ancora sdraiata.
La ragazza, nonostante qualche linea di febbre, aveva voluto seguirli a tutti i costi e questo era il risultato: stava peggio di prima.
“Accidenti” sbottò Shinichi avvicinandosi al corpo febbricitante dell’amica. Le tastò la fronte, che scottava più di prima, e constatò che aveva il collo imperlato dal sudore.
Poggiò la pila accanto a sé, di modo da poter vedere ancora la figura dell’amica, e le aprì i primi bottoni della tuta da scii che aveva addosso per farla respirare.
“Che cosa fai?” domandò Sonoko, la voce debole.
Shinichi si alzò, riprese la pila con sé e cominciò a guardarsi attorno. Quel postaccio aveva tutta l’aria di una rimessa di vecchi oggetti: bici scassate, vecchi armadi e mensole erano accatastati alla bell’e meglio. Il piccolo rifugio non era più grande di una stanza, ma senza tutti quegli oggetti sicuramente sarebbe stato più ampio.
“Dobbiamo trovare il modo per uscire di qui” disse, più a sé stesso che a Sonoko.
Cercò speranzoso una scala o qualcosa di simile, di modo che potessero usare quella per arrampicarsi fin su. Era più che sicuro che chi li aveva buttati giù non avesse chiuso di nuovo la botola. Forse perché... sarebbe tornato presto. Che li volesse far fuori? Forse avevano visto qualcosa che non avrebbero dovuto?
Maledizione!, pensò Shinichi cominciando a spostare ripiani e mensole, tutti però troppo bassi per usarli come scale.
Il tetto era alto non più di quattro metri, se solo avesse trovato un sostegno sicuro...
“Shinichi, mi fa male la spalla” disse Sonoko, riportandolo alla realtà e fermandolo dalla sua ricerca ossessiva.
Il ragazzo si voltò verso l’amica, sentendosi terribilmente in colpa. Perché aveva acconsentito a portarsele dietro?
Il suo sguardo guizzò ancora una volta su Ran, ancora priva di sensi e sentì una morsa al cuore.
“Scusami, Sonoko. Troverò il modo per portarvi fuori da qui. E in fretta...” disse, pensando che aveva i minuti contati, prima che colui che li aveva spinti giù tornasse.
Sonoko si alzò in piedi barcollando un po’ e si sostenne il braccio destro col sinistro. Guardò con odio il volto dell’amico e sputò fuori la sua frustrazione: “Sei solo un ragazzino! Cosa credi di fare, il detective? Non avresti mai dovuto uscire da quella maledetta baita, te l’aveva ordinato tuo padre!”
Shinichi si sentì in colpa e irritato allo stesso tempo. “E perché mi hai seguito, allora?”
Sonoko fece cenno con la testa in direzione di Ran. “Perché lei non si fidava a lasciarti uscire da solo! Ha detto che ti saresti ficcato in qualche guaio, e aveva ragione! Io non potevo lasciare Ran da sola!” spiegò Sonoko, le lacrime agli occhi trattenute appena.
“Ran” mormorò Shinichi, tenendo la testa china. Bisognava portarla subito fuori di lì. “Sonoko, prenditi cura di lei. Io cerco il modo...” ma la ragazzina non lo lasciò finire. Con passi sicuri si avvicinò a lui e gli strappò di mano la pila, la cui luce stava diventando mano a mano sempre più fioca.
“Cosa credi di fare da solo? Avanti, dimmi cosa dobbiamo cercare” disse la ragazzina, facendosi coraggio. I suoi occhi erano ancora umidi e le guancie arrossate, ma la sua espressione era sicura. Anche lei voleva salvare Ran.
Shinichi rimase stupito dal suo sguardo, ma si riprese quando Sonoko gli puntò la luce negli occhi. “Allora?” insistette.
Shinichi le spiegò il suo piano, e le chiese di fargli luce, mentre lui esplorava più velocemente che poteva la piccola stanza.
I minuti si accorciavano rapidamente e le uniche cose che avevano trovato erano due sedie in legno, comunque troppo basse per essere usate come sostegno.
“La pila si sta spegnendo. Accidenti, che facciamo?” disse Sonoko, la voce che riprese a tremare.
Shinichi rifletté velocemente sul da farsi, ma la sua mente era vuota e spossata e per giunta cominciava a sentire un leggero fastidio al fianco sinistro. Quando ci poggiò sopra la mano, sentì un orribile gonfiore e si voltò per vedere cosa fosse: all’altezza della vita aveva conficcato dentro un piccolo legnetto, che aveva bucato la tuta, e lì attorno c’era tutto sangue seccato.
“Shi... Shinichi!” urlò Sonoko, spaventata. “Non te ne sei accorto?!”.
Il ragazzo scosse la testa. Il pensiero di tirarle fuori da lì e la preoccupazione lo aveva distolto dal dolore, ma ora non era più così facile ignorarlo.
Con forza estrasse il legnetto e si tamponò la ferità con un fazzoletto.
“Santo cielo, e adesso? Aiuto! Aiuto!” cominciò a gridare Sonoko, presa dal panico. La ragazza cominciò a sbracciarsi come per attirare l’attenzione di qualcuno, ma loro erano rinchiusi nel sottosuolo e nessuno sapeva che erano lì.
Shinichi le tenne ferme le mani con la sua libera e la zittì. “Così attirerai la sua attenzione. Dobbiamo fingere di essere svenuti, così ci impiegherà più tempo”.
Sonoko lo guardò non capendo. “Più tempo per cosa? E di chi stai parlando?”.
Shinichi raggirò la domanda per non metterle ansie inutili e tornò a guardarsi attorno. “Non ti sembra troppo grande, per essere un vecchio sgabuzzino sotterraneo?”.
Anche l’amica cominciò a guardarsi attorno e corrugò la fronte. “Forse. Ma a che serve? Insomma, se io voglio mettere delle cose vecchie via, uso un garage, non un buco nel terreno. È scomodo...”.
La frase dell’amica, all’apparenza semplice e banale, fece scattare nella testa del ragazzino una lampadina. Ma certo, è così ovvio...
Shinichi si voltò verso la sua amica e ghignò. “Questo è un vecchio rifugio, che risale al periodo della guerra. Una volta, per difendersi dai bombardamenti, le persone si rifugiavano in posti come questi, sottoterra. Per questo è uno spazio grande. E, se cerchiamo bene, dovrebbe esserci pure una porta che conduce ad una seconda stanza...”
Sonoko pendeva dalle labbra di Shinichi, stupendosi di quello che le aveva appena rivelato. Anche lei sapeva qualcosa su dei rifugi della guerra, ma non ne avrebbe mai riconosciuto uno.
“E c’è anche la porta? O si buttavano anche loro dalla botola?” chiese stringendosi nelle spalle.
Shinichi annuì. “Certo che c’è la porta” disse e camminò in avanti.
Solo adesso si rendeva conto di sentire uno spiffero d’aria, che non proveniva dalle piccole screpolature della botola in legno. Veniva da dietro un grosso appendiabiti e una vecchia scrivania.
Lì dietro, sicuramente, avrebbero trovato una via di fuga.
“Aiutami, Sonoko. Dobbiamo spostare questa roba” disse con foga il ragazzino.
Con qualche difficoltà per via delle loro ferite, riuscirono a spostare ciò che intralciava loro la strada e, come dedotto da Shinichi, dietro quell’ammasso di cianfrusaglie c’era un’altra stanza.
La fioca luce della pila fece intuire loro che si trattava di una specie di vecchia cucina improvvisata, con un tavolo in legno metà mangiato dalle tarme e un piano cottura obsoleto.
“Se questa è la seconda stanza... la porta d’accesso deve essere qui vicina” disse Shinichi, scrutando il buio e andando a tastoni per trovare l’uscita.
Non sentì alcun movimento da parte dell’amica e ne fu seccato. Possibile che non desse una mano per uscire di lì il prima possibile?
“Scusa, un aiuto è ben accetto. Non volevi uscire di qui?” chiese Shinichi tastando centimetro per centimetro la parete della cucina.
“Credo... credo di averla trovata” disse Sonoko. Si fermo solo un istante, poi continuò. “La porta è proprio qui. Davanti a me”.
“Cosa?” fece Shinichi, sorridendo. Finalmente erano salvi! Sarebbero usciti da quel postaccio e Ran sarebbe stata meglio e...
L’espressione sollevata del ragazzino si spense all’istante, quando i suoi occhi si abituarono alla debole luce e videro ciò che aveva smorzato il tono della voce a Sonoko.
“È bloccata da queste assi” disse la ragazzina per riempire il silenzio di frustrazione che era calato. “Siamo sigillati qui dentro”.
Shinichi si inginocchiò, puntellandosi sulle punte dei piedi e si mise una mano tra i capelli. Era la loro ultima ed unica speranza. Non ci aveva nemmeno pensato, che sarebbe potuta essere stata sigillata.
Ma ora gli pareva così scontato. Chi terrebbe ancora funzionante un rifugio del periodo della guerra? Che utilità poteva avere, oltre come discarica di vecchi mobili?
Adesso non vedeva più nessuna via di fuga. Doveva solo sperare che sua madre, non vedendoli più, si impensierisse e venisse a cercarli. Ma quella maledetta botola si vedeva appena, in mezzo all’erba! E se avessero provato a gridare... chi li aveva spinti di sotto poteva venire a controllare e farli fuori seduta stante.
“Lo sapevo, lo sapevo” piagnucolò Sonoko, ancora in piedi di fronte alla porta sbarrata. “Moriremo qua giù!” e detto questo, scoppiò a piangere.
Shinichi non aveva nemmeno la forza di alzarsi per consolarla e non sapeva che dire. Era tutta colpa sua, ma avrebbe tanto desiderato scoprire il colpevole. Non immaginava certo una fine del genere.
Il fianco cominciava a fargli ancora male, le fitte non diminuivano. Per fortuna era una ferita superficiale.
Alzò lo sguardo e vide la figura buia della sua amica singhiozzare da sola, perduta nella sua paura.
No, non avrebbe lasciato correre. Non era quello che gli avevano insegnato i suoi genitori.
Bisogna battersi sempre, fino all’ultimo! Lui non avrebbe mollato, avrebbe trovato un’altra soluzione. Avrebbe costruito una specie di scala, la più stabile che poteva fare e avrebbe salvato tutti e tre.
“State indietro” disse una voce fiacca alle loro spalle.
Sia Shinichi che Sonoko si voltarono di scatto al solo sentire la voce. E non se l’erano immaginata, era proprio lei: Ran.
Sonoko puntò la luce sulla sua amica ed entrambi videro in che condizioni era: pallida, sudata e con il respiro affannoso.
“Ran, non preoccuparti, ti porteremo fuori di qui...” stava dicendo Sonoko, avvicinandosi piangente all’amica.
Ma Ran si mise in posizione di attacco, il respiro pesantissimo.
Sonoko fece qualche passo indietro, spaventata, e si spostò appena in tempo: Ran era partita all’attacco e aveva sferrato un calcio potente alla porta sbarrata.
Il colpo fu così forte che ella stessa perse l’equilibrio, ma fortunatamente Shinichi scattò in fretta e la recuperò.
“Ran, sei debole, non...” stava dicendo serio il ragazzo, ma Ran l’ammonì con lo sguardo.
Uno di quei suoi sguardi che lo facevano zittire sempre e che lo facevano sentire inferiore a quella impavida ragazzina.
“È la nostra unica speranza” disse, la voce stranamente salda.
La ragazza sfuggì dalla presa dell’amico e, prima che la potesse fermare, sferrò un altro calcio alla porta, che si piegò un poco.
Il legno era umido e fragile, sarebbe crollato facilmente.
“Ran!” la chiamarono gli amici, preoccupati.
Ma Ran non si fermò e sferrò altri due forti calci, mantenendosi in piedi per miracolo. La forza di volontà che brillava negli occhi della ragazzina era così forte che Shinichi non se la sarebbe dimenticata tanto facilmente.
Sonoko puntò la pila sulla porta, in modo da aiutare l’amica a orientarsi con la luce. I suoi calci stavano pian piano buttando giù il legno della porta. Forse ce la stavano facendo...
“Ran... però ti fai male!” constatò Sonoko, la voce rotta.
Shinichi era d’accordo con lei. Avrebbe continuato lui, lei doveva stare a riposo. “Ran, basta, adesso...”
“Non faccio Karate per niente!” esclamò Ran dopo un colpo. Rialzò la gamba in alto e calciò con una forza micidiale. Un’anta della porta cedette e si spezzò in tre parti, stracciando il tessuto della tuta della ragazzina.
“Se non sfrutto ciò che ho imparato, in una situazione come questa...” disse Ran, la voce che ora tremava appena. “Che senso ha fare Karate?”.
Prese un bel respiro e tirò l’ennesimo calcio, che buttò giù anche l’ultima anta. Ran perse nuovamente l’equilibrio e indietreggiò senza sapere bene dove andare.
Shinichi fu ancora una volta pronto a prenderla e appoggiò la sua schiena sul suo petto, tenendola tra le braccia preoccupato.
“Ran, stai bene?” domandò, vedendo la ragazza con gli occhi chiusi.
Temette che fosse svenuta ancora, ma non fu così. Ran strizzò gli occhi un paio di volte e strinse forte il colletto della felpa di Shinichi.
“Shinichi... Shinichi, io l’ho visto in faccia. Il proprietario... è lui che ci ha buttati giù” disse con un filo di voce la giovane.
Shinichi strinse i denti. Lo sapeva, che quel vecchio non aveva nulla di rassicurante.
Per fortuna che sua madre non era nella baita da sola, altrimenti avrebbe dovuto temere anche per lei.
“Va bene, Ran, adesso non ti preoccupare. Usciremo presto da qui” le disse Shinichi, ma la giovane era svenuta un’altra volta. La fatica e la febbre l’avevano sopraffatta.
Shinichi alzò lo sguardo su Sonoko, che li stava guardando ansiosa. Dietro di lei, la porta aperta faceva passare molta più aria fredda di prima. Lì c’era l’uscita. Erano salvi.
“Sonoko, dammi una mano. Dobbiamo portarla su”.
In due, riuscirono a trascinare Ran su per la ripida scalinata che li avvicinava sempre più all’aria aperta. Sonoko teneva puntata la pila davanti a sé, e qualche minuto dopo videro un’altra botola- più ampia di quella precedente- a meno di un metro d’altezza.
Proprio in quel momento la pila si spense definitivamente.
“Cosa?!” fece Sonoko preoccupata, continuando a premere il pulsante di accensione.
“Non serve più, ormai. Poggiamo qui Ran e apriamo questa maledetta botola!” fece Shinichi.
Lasciarono l’amica una decina di scalini più sotto e si portarono proprio sotto l’apertura. Anche in questa botola c’erano numerosi spifferi, molto più grandi.
Bene, questo vuol dire che il legno è fragile e che sarà facile aprirla... pensò Shinichi e fece segno a Sonoko di fare quello che faceva lui.
“Al tre spingiamo, ok? Uno, due, tre!” fece Shinichi.
Anche se il legno era fragile, la botola era comunque pesante da scoperchiare e pochi attimi dopo, Sonoko cedette, stringendosi forte il braccio destro e lasciandosi sfuggire un lamento di fastidio.
“Mi... mi fa malissimo il braccio! Io, io non ce la faccio!” pianse la ragazzina e si rannicchiò su sé stessa.
Shinichi provò di nuovo ad alzare la botola da solo, ma era ancora più difficile: non si alzava nemmeno di un centimetro.
“Sonoko... mi serve il tuo aiuto. Dobbiamo farlo per Ran. Lei ci ha aiutati. Ora tocca a noi!” disse Shinichi, posando una mano sicura sulla spalla sana dell’amica.
Sonoko scosse la testa, continuando a piangere, però cercò nuovamente di aiutare Shinichi nell’impresa. Fece forza solo col braccio sano, ma era ugualmente troppo faticoso. Dopo altri due tentativi, scoppiò a piangere più forte e mollò la spinta.
“Non ce la faccio, Shinichi!” gridò e si massaggiò la spalla con la mano.
Shinichi la guardò rassegnato.
Non poteva contare su di lei, e nemmeno su Ran. Anche se la sua amica si fosse ridestata, non le avrebbe mai permesso di provare a forzare anche quella porta. Non dopo il viso sofferente che le aveva visto ad ogni calcio che sferrava.
Sicuramente si era graffiata e ferita la gamba, perché la tuta si era macchiata di sangue. Doveva assolutamente portarla nella baita. Lì, sua madre l’avrebbe medicata.
“Va bene, ci provo io. Tu mettiti al riparo là sotto. Stai con Ran” disse Shinichi, serio. La ragazzina smise di piangere ed annuì. Lentamente scese le scale e tenne stretta Ran a sé, come se gliela potessero portare via.
Shinichi si sdraiò nel piccolo spazio e puntò i piedi contro il legno. Ci arrivava appena, ma se alzava il bacino, il piede sicuramente sarebbe premuto sul legno. Si coprì con un braccio gli occhi e cominciò a calciare a sua volta il legno della botola, con tutta la forza che poteva.
All’inizio sembrava che la situazione non fosse cambiata, ma dopo un po’ di colpi, il legno si face più debole.
Piccole schegge si staccarono e piovvero sul corpo di Shinichi, che non smetteva un secondo di calciare.
Si mise di fianco e puntò tutto sulla sua gamba destra, quella con la quale segnava i suoi gol migliori.
Calciò talmente forte che il rumore del legno rotto riecheggiò per tutto il rifugio. Sentì un pezzo di legno piuttosto grosso battergli la testa e per un attimo, quando riaprì gli occhi, vide doppio.
Ma poco a poco la sua vista si riabituò e poté scorgere il cielo nuvoloso sopra di sé.
Sorrise apertamente e tutto il suo corpo si rilassò.
Erano salvi.
Quando si accucciò per chiamare Sonoko, la trovò qualche gradino più addietro, con Ran aggrappata alla sua tuta, che stava sorridendo a Shinichi.
Il sorriso venne contraccambiato con un po’ di imbarazzo.
“Lo sapevo, che ce la facevi. Grazie” mormorò Ran, ancora provata.
Shinichi si grattò la testa, rosso come un peperone. I ringraziamenti di Ran lo turbavano sempre, ultimamente.
“Se mi aiuti, oh grande salvatore, riusciamo ad uscire anche noi!” lo riscosse Sonoko, la sua punta di sarcasmo tornata al suo posto.
Shinichi le fece la linguaccia, ma poi si mise sull’altro fianco di Ran e aiutò le due ragazze ad uscire dal sotterraneo.
“Ah, aria fresca!” esclamò Sonoko, ora tranquilla.
Erano sbucati ad una trentina di metri dalla botola che avevano scorto tra l’erba, e l’uscita era dietro ad un albero poco distante dall’entrata secondaria della baita, al limitare del bosco.
Fuori non c’era anima viva, forse il proprietario era dentro alla baita. Comunque Shinichi non abbassò la guardia. Non voleva cadere nello stesso errore di un’ora prima.
“Ehi, guardate là!” disse Sonoko, indicando alla bell’e meglio la staccionata della baita. Là, parcheggiate, c’erano l’auto della sorella della vittima e due pattuglie della polizia.
Il padre di Shinichi era tornato con i rinforzi e probabilmente stavano interrogando i sospettati.
Lentamente, i ragazzi arrivarono alla porta secondaria, ma prima di fare capolino nella piccola stanza che fungeva da salotto, sentirono levarsi una voce severa.
Quella di Yusaku Kudo.
“Le conviene dirci dove sono quei ragazzini, signor Usami, ormai per lei non c’è scampo!”. Sembrava teso, ma allo stesso tempo con in mano la situazione.
“Non peggiori la sua posizione. È già accusato di omicidio, signore” disse una voce burbera e sconosciuta ai tre ragazzini.
La risata sprezzante del proprietario produsse un brivido ai tre che stavano lì fuori, ad ascoltare. O, per meglio dire, ad origliare.
“Non so proprio di che parlate. Io non li ho mai visti!” mentì il signor Usami.
Ran si strinse forte ai due amici e guardò fisso Shinichi negli occhi. “Non è vero. È stato lui!”.
Shinichi annuì e le fece segno di rimanere in silenzio ancora un po’.
“Qui mente, mio caro signor Usami! Lei è l’unico di noi tre ad essere uscito di casa! Io e sua cugina siamo rimaste nel salotto per tutto il tempo!” stavolta a parlare era stata la moglie di Yusaku, Yukiko Kudo.
Ancora la risatina sprezzante. “Magari si sono avventurati per il bosco e adesso sono laggiù, sperduti...”.
Un pugno battuto violentemente sul tavolo, e poi la voce di Yusaku furiosa. “Lei mente!”.
“Dov’è mio figlio?! E le ragazze?!” gridò a sua volta Yukiko.
A quel punto Shinichi decise che era tempo di fare vedere che stavano tutti bene, più o meno, e girò il pomello della porta.
Nel salotto calò il silenzio al solo sentire il rumore della porta aprirsi e tutti si voltarono a guardarli, sorpresi. I genitori Kudo furono sollevati, ma anche preoccupati vedendo in che stato vertevano i tre giovani.
Perfino il  signor Usami era stato preso in contropiede.
“Voi... voi dovreste essere morti o perlomeno moribondi, dopo la caduta che avete fatto!” esclamò, incastrandosi da solo.
Shinichi ghignò, soddisfatto. “Mi dispiace per lei, ma noi siamo vivi e vegeti”.
“Più o meno” brontolò Sonoko, guardando l’amico in cagnesco.
Il signor Usami bruciava di collera e di orgoglio ferito: il piano per liberarsi di loro era fallito. Forse non era stato lui ad aprire quella botola, precedentemente. Altrimenti avrebbe saputo dei materassi di sotto.
L’Ispettore della polizia fece un passo avanti. “Lei è in arresto per...” ma non fece in tempo a finire la frase, perché il signor Usami fece uno scatto verso il trio malconcio, con le mani protese in avanti, pronto a picchiarli.
Sonoko chiuse gli occhi e cacciò un urlo assordante, mentre Shinichi mollò la presa su Ran per difendere le due amiche, ma venne colto da una fitta violenta al fianco che lo bloccò.
Il signor Usami puntava dritto verso di loro e gli altri presenti, presi alla sprovvista, non si erano mossi. Solo un paio di agenti e Yusaku stavano correndo loro in soccorso, ma il proprietario era già più avanti.
“Maledetti!” gridò il signor Usami, ma fu l’ultima cosa che disse.
Ran, sorprendendo per l’ennesima volta i suoi amici, aveva ripreso qualche energia ed aveva affondato un colpo sicuro allo stomaco dell’omicida.
L’uomo sbarrò gli occhi e, dolorante, indietreggiò fino a cadere di schiena per via del colpo, semisvenuto.
Ran stavolta non perse l’equilibrio, e comunque la prima a soccorrerla fu Sonoko che le si aggrappò al braccio, piagnucolante.
“Oh, Ran, ho avuto tanta paura!” stava borbottando Sonoko, mentre una Ran febbricitante e zoppicante la stava abbracciando e consolando, carezzandole la testa.
Shinichi, a quella immagine, non poté che sorridere.
Erano tutti e tre salvi.
 
 
“Ma tu, Shinichi, non puoi non cacciarti nei guai almeno una volta?” domandò Yukiko, sventolando un batuffolo imbevuto d’alcol sotto il naso del figlio.
Shinichi storse il naso e voltò la testa. “Uffa, mamma, non sono più un bambino!” si lagnò Shinichi.
Sua madre sbuffò sonoramente e tornò a medicargli i graffi che aveva riportato al piede dopo i suoi calci per spaccare la botola dell’uscita.
Il fianco, come aveva supposto, non aveva riportato nulla di grave: una bella disinfettata, una benda e un antinfiammatorio furono sufficienti a rimetterlo in sesto.
Sonoko stava seduta ai piedi del letto di Ran, con il braccio destro tenuto fermo da una fasciatura. Una volta arrivati nel paese più vicino con la macchina della sorella della vittima per recuperare quella di suo padre dal meccanico, sarebbero andati al pronto soccorso per farla vedere da un medico.
Nel frattempo Ran stava sdraiata a letto con gli occhi chiusi, ma perfettamente sveglia. Era stata proprio una giornata stancante e imprevista.
“Shinichi... con te finiranno mai i guai?” domandò la ragazzina aprendo un occhio in direzione dell’amico.
Shinichi alzò lo sguardo su di lei e sorrise. “Credo proprio di no”.

 
 
 
 
 
Eccomi qua, con questa raccolta salvata nel computer da parecchi mesi… ;)
Mi sembrava carino ripercorrere alcuni episodi da me inventati della preadolescenza e adolescenza dei nostri cari protagonisti! ^^
Spero che l’idea piaccia anche a voi, e se mi lasciaste una piccola recensione, ne sarei contenta!
Al prossimo capitolo! ^^
 
Dony_chan
  

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Capitolo 3
*** Chapter 2 : 13 anni ... ***


Chapter 2 : 13 anni …
 
 
Ran si strinse nelle spalle e si sistemò i pantaloncini di educazione fisica meglio che poté. In quegli ultimi due giorni ogni movimento le risultava difficile e aveva la forte paura che qualcuno, oltre Sonoko, potesse scoprire il perché.
La professoressa fischiò e altre due studentesse partirono per la loro prova di salto in lungo, mentre Shinichi e Sonoko tornavano dalla loro.
Stavano litigando, come al solito, quasi sicuramente perché Shinichi aveva preso in giro la ragazzina per il suo scarso risultato.
“Ti ripeto che le qualità di una donna sono diverse. Noi non conquistiamo gli uomini con un paio di saltelli” si stava difendendo Sonoko, convinta.
Shinichi la guardò perplesso. “Ma che stai blaterando?”.
Sonoko sospirò e sventolò una mano per far cadere l’argomento, e si avvicinò a Ran, prossima nella prova fisica.
“Mi batterai anche questa volta, vedrai. Non sarà un problema” le sussurrò Sonoko all’orecchio e le fece l’occhiolino.
Ran annuì non molto convinta e andò a posizionarsi poco distante da Miyo, una sua compagna di classe che non piaceva molto a Ran per via del suo atteggiamento da snob.
Proprio con lei devo gareggiare? Con quelle gambe chilometriche mi batterà sicuramente!, pensò Ran, demoralizzata.
Miyo la guardò con altezzosità e le rivolse un sorriso di sfida.
La professoressa disse loro di prepararsi e pochi secondi dopo fischiò, per farle partire. Già nella corsa, Ran era impacciata e venne facilmente superata da Miyo.
Ed ecco che si avvicinava la pedana di stacco. E poi c’era il salto, il maledetto salto, che in un altro momento avrebbe sicuramente eseguito alla perfezione.
Eccolo, eccolo, eccolo...
Quando fu alla pedana di stacco non ce la fece, evitò il salto e finì direttamente nella sabbia. Miyo andò oltre il suo record e, quando si rialzò e vide che Ran non si era più mossa da dove l’aveva vista l’ultima volta, scoppiò a ridere, seguita da alcune sue amiche e dai ragazzi.
Nascondendo la vergogna, Ran evitò lo sguardo perplesso della professoressa e andò a mescolarsi in mezzo alla piccola folla dei suoi compagni.
Notò con piacere che Sonoko era una di quelle che non si era messa a ridere, anzi, stava riprendendo tutti.
Ran la tirò per un braccio e le fece segno di smettere.
“Ran, non puoi fargliela passare liscia” sbottò Sonoko, incrociando le braccia al petto.
La giovane scosse stancamente la testa e si posò una mano sulla pancia. Non stava affatto bene, si sentiva fitte fortissime su tutto l’addome.
Sentì una pacca sulla spalla e un secondo dopo il volto divertito di Shinichi fece la sua apparizione. “Ehi, Ran, ma che ti è successo? La sabbia ti ha spaventata?” chiese ridendo ancora.
Quella fu l’ennesima sconfitta. Sentì gli occhi bruciare, ma si costrinse con tutte le sue forze a non far uscire nemmeno una lacrima.
Prima che Shinichi potesse accorgersene, Ran gli mollò uno schiaffo abbastanza forte che gli lasciò il segno rosso sulla guancia.
Calò il silenzio tra i pochi spettatori, e per fortuna la professoressa non se n’era minimamente accorta.
“Ehi, ma che ti prende?!” sbottò Shinichi, offeso.
Ran si rese conto un secondo dopo della stupidaggine che aveva appena fatto. Shinichi non c’entrava nulla, e lei si era fatta trasportare dal nervoso e dai suoi sbalzi d’umore.
L’amico si stava massaggiando la guancia arrossata e senza pensarci lei allungò la mano per scusarsi, ma Shinichi la fraintese. Si scansò velocemente e la guardò risentito.
“Vuoi darmene un’altra?” chiese sarcastico.
A quella frase, Ran non trattenne più una sola lacrima, e cominciò a piangere. “Scusami” mormorò pianissimo e corse velocemente dentro alla scuola, senza chiedere il permesso all’insegnante.
Dietro di lei sentì dei passi altrettanto affrettati, quasi sicuramente di Sonoko, ma in quel momento voleva stare sola.
Aveva appena mollato una sberla al suo migliore amico, per una stupida domanda che le aveva rivolto. Era arrabbiata con sé stessa, perché non sapeva fare le piccole cose che di solito riusciva a fare benissimo, e se l’era presa con lui.
Si asciugò le lacrime col dorso della mano e fermò la sua corsa nel bagno femminile del piano terra. Aprì immediatamente il lavandino e si sciacquò la faccia, per non far vedere a Sonoko le sue lacrime.
L’amica entrò in bagno qualche attimo dopo, con il fiatone. Sorrise agli occhi arrossati dell’amica e disse, per consolarla, “Tu ti lamenti, ma non hai idea di come correvi veloce poco fa. Non sono riuscita a starti dietro!”.
Ran abbozzò un sorriso e si poggiò sul muro freddo del bagno. Uffa, perché aveva reagito così? E Shinichi, cosa avrebbe pensato di lei? Non le avrebbe mai più parlato, vero?
“Sonoko... io voglio tornare normale” disse Ran, la voce rotta.
Nuove lacrime le rigarono le guancie e si sentì terribilmente stupida. Sonoko prese dei fazzolettini di carta e asciugò premurosa le lacrime dell’amica.
L’abbracciò forte a sé e, in quel momento, Ran si sentì consolata. Aveva bisogno di una presenza femminile, ma purtroppo sua madre era in viaggio di lavoro e prima di domani non sarebbe tornata.
“Se fossi stata in te, sarei andata giù più pesante, con Kudo!” disse Sonoko, il pugno chiuso e l’aria seria.
Ran rise, asciugando le lacrime ribelli che continuavano a scendere.
“Non poteva sapere, non ha colpe. E non saprà mai!” concluse Ran, seria e sicura.
Sonoko si ammorbidì e sorrise. “Ovvio, non capirebbe. È ancora un poppante, vive nel mondo dei sogni. Noi ragazze siamo avanti!”.
Ran buttò via i fazzolettini e si guardò allo specchio. Come ogni volta che piangeva, il suo naso si arrossava esattamente come i suoi occhi.
“La professoressa ci sgriderà” disse Ran, rendendosi conto solo in quel momento di aver piantato lì la lezione senza chiedere il permesso.
“Capirà. Ora, fai un bel respiro e poi torniamo, ok? E se Miyo prova a fiatare... l’atterrerò con una mossa segreta!”.
Ran rise un’altra volta e poi prese quel bel respiro. Ok, ce la poteva fare.
 
 
Shinichi non le parlò per il resto della giornata, ma a Ran andava bene così. Prima di chiedergli scusa, aveva bisogno che lui sbollisse la rabbia.
Alla fine delle lezioni, la ragazza si trattenne vicino agli armadietti per aspettarlo. Sapeva che ci metteva un’eternità a cambiarsi dopo il suo pomeriggio di calcio, però lei aveva comunque finito alla svelta il suo corso di pianoforte per non essere in ritardo.
Quando sentì dei passi farsi più vicini e il chiacchiericcio aumentare, si nascose dietro ad una colonna presa dal panico. E se lui non l’avesse perdonata? Oppure avesse fatto domande insistenti? Naturale che avrebbe voluto delle spiegazioni, gli aveva mollato un sonoro schiaffo.
I ragazzi della squadra di calcio si cambiarono velocemente le scarpe e si diressero verso l’uscita.
“Ciao, Shinichi!” salutarono alcuni.
Lui contraccambiò leggermente cupo. Ran inspirò e si sporse dalla colonna, camminando incerta verso di lui. Si aspettavano ogni giorno, anche dopo i corsi o gli allenamenti per andare a casa insieme. Forse lui non si aspettava di vederla ancora lì, alle quattro e mezza passate.
E infatti, non appena Ran fu vicina, Shinichi alzò lo sguardo su di lei sorpreso.
Nessuno dei due disse nulla, ma Ran fu sollevata nel vederlo più rilassato e non più arrabbiato.
“Ciao” cominciò lei.
“Ciao” rispose Shinichi, abbassando lo sguardo. Mise via le scarpe e chiuse l’armadietto. Senza degnarla di uno sguardo, si avviò da solo verso l’uscita.
Ran, ancora più giù di morale, lo seguì velocemente fuori e si mise al suo passo, mantenendo però una certa distanza.
“Dimmelo, se vuoi sferrarmi un altro schiaffo, così mi difendo. Sei un po’ permalosetta in questo periodo, Ran” disse lui, freddo.
Ran sussultò e abbassò lo sguardo. Cavolo, era ancora arrabbiato.
“Volevo chiederti scusa. Davvero, non so cosa mi sia preso” mormorò la ragazza, sentendo nuove lacrime premere per uscire.
“Scuse accettate” disse Shinichi dopo un po’, meno duro di prima. Smise di camminare e le bloccò un braccio, facendola indietreggiare. “Ma si può sapere che ti è passato per la mente? Ho il diritto di sapere cos’è stato a farmi prendere a pugni” disse ironico, indicandosi la guancia.
Ran si morse il labbro, incerta. A lui, non voleva proprio dire niente. Raggirò la domanda alla bell’e meglio. “Scusa, davvero scusa. In questi giorni sono un po’ suscettibile e giù. Mi manca mia madre e... bè, non posso dirti altro” balbettò alla fine Ran, arrossendo.
Shinichi mollò la presa sul suo braccio, ancora comunque spaesato. “Non ho capito molto, però... tu stai bene?”.
Ran alzò lo sguardo e cercò di sembrare convinta il più possibile. “Certo! È solo stata una brutta giornata. Adesso... è meglio che vada. Ci vediamo domani a scuola!” tagliò corto la ragazzina e lasciò lì come uno  
stoccafisso il suo amico, ancora ignaro del vero motivo per cui lei era così irritabile e lunatica.
Appena fuori dalla scuola, Ran trovò parcheggiato un taxi e, appoggiata alla portiera, stava sua madre.
Proprio sua madre.
“Mamma!” esclamò Ran, correndole incontro.
Eri alzò lo sguardo su sua figlia e spalancò le braccia di modo che potesse abbracciarla. “Ti è piaciuta la sorpresa? Sono tornata un giorno prima solo per te!”.
Ran affondò il viso sul petto della madre e si sentì rincuorata. Aveva proprio bisogno di lei.
“Ascolta, sono appena passata da tuo padre. Ho preso un po’ delle tue cose, starai con me per qualche giorno, ti va?”.
Ran annuì, perché non ce la faceva a parlare. In quel momento Shinichi uscì a sua volta dal cortile della scuola e guardò nella loro direzione.
Eri lo salutò e gli chiese se avesse bisogno di un passaggio.
Shinichi puntò il suo sguardo su Ran, e sorrise vedendo la sua amica più serena. “No, ma grazie. Faccio volentieri due passi”.
Si salutarono e madre e figlia entrarono nel taxi sorridenti.
Eri carezzò i capelli a Ran, notando che ogni volta che la vedeva lei era sempre più carina.
“La mia piccolina... ora è proprio una signorina!”.
 
 
 
 

 
 
Ciao a tutti! Ecco postato anche il secondo capitolo ;)
Volevo precisare una cosa: racconto che Ran è corsa ad aspettare Shinichi dopo un corso di pianoforte... l’idea l’ho presa dal film 12, ‘Lo spartito della paura’, dove si vede Ran che suona il piano mentre i detective boys cantano in coro :)
Volevo ringraziare SailorKilari per aver recensito il primo capitolo, Debby_Akai per aver inserito la storia tra le preferite, ChibiRoby per averle messa tra le seguite e tutti coloro che hanno solo letto!
Grazie, ci si vede- spero!- al terzo capitolo..
Un abbraccio,

Dony_chan 
 

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Capitolo 4
*** Chapter 3 : 14 anni ... ***


Chapter 3 : 14 anni …
 
 
Shinichi sbuffò chiudendosi anche l’ultimo bottone del suo buffo costume. Non avrebbe mai detto che sua madre riuscisse a convincerlo ad entrare lì dentro. Forse era meglio specificare che l’aveva minacciato.
E dire che, arrivato a quattordici anni, pensava che la noiosa ricorrenza della Vigilia fosse terminata. Ma a quanto pareva non per la signora Kudo.
“Shin, sei pronto?” cinguettò Yukiko fuori dalla sua stanza.
Shinichi borbottò qualcosa e poi diede le spalle allo specchio. Con quel costume da Babbo Natale era veramente ridicolo. Se fossero stati solamente in famiglia, poteva anche passare, ma... non davanti a lei.
Shinichi aprì la porta della sua stanza e guardò storto sua madre che, non appena l’uscio fu aperto, scattò subito una foto con l’istantanea.
Yukiko sventolò sorridente la polaroid e poi studiò l’espressione seccata che aveva immortalato a suo figlio.
“Shin, un sorrisino ogni tanto non guasta mai” lo sgridò amorevolmente.
Il ragazzo strinse forte la maniglia della porta e si morse la lingua per non ribattere. Non voleva litigare la sera della Vigilia di Natale.
“Ora che mi hai fatto la foto posso cambiarmi?” domandò invece, quando sua madre si avviò per scendere di sotto.
Yukiko fece segno di no con il dito ed aggiunse: “Non se ne parla minimamente! Dobbiamo seguire la tradizione!”.
“Bè, me ne infischio! Sono cresciuto!” le urlò dietro Shinichi, ma sembrava che Yukiko non l’avesse proprio sentito.
Shinichi arrivò a grandi passi alla balaustra delle scale e gridò di sotto. “L’anno prossimo mi vestirai da renna, mamma?!”, ma anche stavolta non ricevette risposta.
Sbuffando, scese di sotto e, appena fuori dal salotto, prese un bel respiro. Quello era il momento più imbarazzante di tutti: fare il suo ingresso conciato così davanti ai Mouri. Già sentiva le battutine di Kogoro, il padre di Ran...
Si arruffò i capelli, ed entrò nella sala cercando di non essere notato e allo stesso tempo fingendo indifferenza. Ma sua madre rovinò il suo piano.
Appena mise piede in sala diede una leggera gomitata al marito e subito estrasse la macchinetta fotografica, scattando un’altra foto.
Eri Kisaki, la madre di Ran, sorrise condiscendente all’amica e bevve ancora un sorso di vino rosso. Lei stava apertamente dalla parte di Shinichi. Possibile che solo sua madre fosse entusiasta di quella stupida tradizione?
“Però, e il biberon dove lo tieni?” chiese Kogoro, sarcastico.
La moglie gli lanciò un’occhiataccia, come lo stesso Shinichi, mentre Yukiko rise allegra. “Oh, per me sono ancora dei bambini, alla Vigilia. Che ci posso fare?”.
Shinichi, rosso come il suo stesso abito, si lasciò cadere sulla poltroncina di pelle e fu tentato di allungare una mano verso un bicchierino di Sherry, giusto per sentirsi più sciolto.
Fu come se suo padre gli avesse letto nella mente: lo fulminò con lo sguardo e si sporse per spostare lo Sherry di fronte a Kogoro.
Shinichi si strinse nelle spalle e fissò il suo sguardo nel vuoto. Dannazione, quanto mancava a mezzanotte? Ancora tre ore? Cominciò a contare i minuti che lo separavano da quella maledetta ora.
Due ore, cinquantatre minuti, venti secondi...
“Ma quanto sta bene Shin, con quel vestito?” domandò Yukiko a nessuno in particolare.
Due ore, cinquantatre minuti otto secondi...
“E Ran? Dov’è Ran?” chiese Eri, guardando a sua volta verso la porta. A Shinichi venne un nodo alla gola.
Due ore, cinquantadue minuti quarantanove secondi...
Yukiko posò il bicchiere di vino e si alzò in piedi. Si sistemò meglio l’abito blu notte comperato apposta per l’occasione e si diresse verso la porta.
Due ore, cinquantadue minuti ventisei secondi...
“Ah! Ran!” esclamò sua madre, appena fuori dalla porta. Shinichi si ridestò e allungò il collo oltre la poltroncina, ma l’unica persona che riusciva a scorgere era sua madre. Yukiko unì le mani a mo di preghiera e sorrise. “Stai veramente benissimo!” disse a quella che doveva essere sicuramente Ran.
Si sentì la tosse nervosa della ragazza e gli ultimi passi incerti giù dalle scale.
Yukiko corse nella sala, acchiappando la sua macchinetta, pronta a scattare. Shinichi, col cuore a mille per l’imbarazzo, si alzò dalla poltrona e si mise le mani nelle tasche dei pantaloni – sua posa ormai abituale – e attese l’ingresso della sua amica d’infanzia.
Quando Ran mise piede nella sala, varie reazioni colpirono i presenti: stupore, sorpresa, soddisfazione...
Ma quello che provò Shinichi fu scetticismo. Guardava a bocca aperta la sua amica d’infanzia, che non sembrava più lei.
Indossava anch’essa un completo da babbo natale, ma in versione vestitino corto poco sotto la coscia e senza spalline o maniche. Un bordo di finto pelo bianco le contornava il decolté e l’elastico delle calze che le arrivavano poco più giù rispetto al tubino. L’unico tocco fanciullesco era il cappello col pon-pon che le ricadeva in testa, un po’ troppo largo.
Possibile che quella botta di femminilità fosse proprio Ran? La sua amica d’infanzia? Con la quale aveva passato quasi tutta la sua vita assieme?
Non ci poteva credere.
Al colpo di mano sul tavolo, Shinichi sussultò e si costrinse a distogliere quello sguardo da triglia dalla sua amica, mentre un rossore piacevole gli colorava le guancie.
A battere era stato Kogoro, che digrignava i denti. “Ma insomma, Yukiko! È ancora una bambina, quel vestito è... è...”
Yukiko sorrise al vecchio amico e trattenne una risatina. “Ho fatto centro, allora!” disse felice. Ma Kogoro non era propriamente della stessa opinione.
Shinichi sbirciò con la coda dell’occhio Ran, che imbarazzata dall’attenzione, stava portando il suo peso da un piede all’altro. Nemmeno lei osava guardarlo direttamente in faccia.
“La malizia sta solo negli occhi di chi guarda” disse Yukiko, versando del vino. Lo porse a Kogoro e sorrise amabile. “Ma qui siamo tutti grandi e vaccinati” concluse.
Kogoro accettò il vino, ma la sua aria burbera non cambiò affatto. “Tuo figlio, quello passa troppo tempo con Ran!” soffiò cercando di non farsi udire da Shinichi, il quale però sentì tutto e allungò l’orecchio mostrando indifferenza.
Yukiko fece una silenziosa risatina, poi commentò: “Stai tranquillo, Kogoro... è ancora troppo giovane per capire come vanno certe cose”.
Shinichi si sentì offeso. Lui capiva tutto, era intelligente. A cosa alludeva sua madre? E perché il suo tono gli suggeriva che comunque lei non si stava riferendo al suo quoziente intellettivo?
“Shinichi?” lo chiamo una voce incerta.
Il ragazzo sobbalzò e si voltò, trovandosi Ran accanto a lui, che gli rivolgeva un sorriso timido. Di colpo il suo cuore cominciò a pompare più veloce e si sentì quasi soffocare. Allentò il colletto del suo costume, anche se non gli era per niente stretto, e mandò giù.
Quella sensazione era davvero strana...
“Stai veramente bene, vestito così, Shinichi” disse Ran, le mani intrecciate dietro la schiena e la postura leggermente inclinata verso di lui.
Shinichi balbettò qualcosa in risposta di non molto comprensibile e si lasciò cadere sul divanetto, certo che Ran raggiungesse i suoi genitori. Ma non fu così.
La ragazza, ora stringendosi nelle proprie braccia, seguì Shinichi fino a sedersi vicino a lui. Il giovane sentì la pelle del braccio stranamente caldo dell’amica contro la stoffa leggera del suo costume e incrociò le braccia, cercando di mantenere un certo distacco.
“Mi sto vergognando” ammise Ran, la testa china e le gote rosso fuoco. “Questo costume non mi rappresenta”.
Shinichi annuì e allentò la presa delle sue braccia. Forse, Ran era sempre la stessa. Era solo quel vestito a farla sembrare diversa.
“Ti prometto che questo sarà l’ultimo anno” le disse Shinichi, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
Ran alzò il capo e scosse la testa, decisa. “A me piace passare la Vigilia con voi!” rivelò, e questo lasciò Shinichi spiazzato.
Sì, lo sapeva che Ran si divertiva quando stavano assieme la notte di Natale, ma... il suo tono l’aveva sorpreso. Era stato come irremovibile.
“Bè, io... io intendevo che sarà l’ultimo anno con questa ridicola tradizione” spiegò il ragazzo, allungando il braccio verso i salatini che erano sul tavolo.
Ran capì di aver frainteso e arrossì, pentendosi di essersi rivelata. Annuì e si lasciò sprofondare nel divanetto.
Passarono qualche minuto in silenzio, ascoltando i discorsi dei loro genitori e spiluccando tutte le arachidi che servivano da stuzzichini per l’happy hour  dei grandi.
Yukiko stava raccontando all’amica Eri che lei e Yusaku stavano finalmente decidendosi ad acquistare una casa in America, dove Yusaku avrebbe voluto passare almeno un anno per poter scrivere il suo nuovo giallo, mentre Kogoro stava raccontando all’uomo di casa di un caso strano che era successo nei giorni scorsi.
“Folletti” disse Ran, all’improvviso.
Shinichi si voltò a guardarla, interrogativo.
Ran, notando la sua espressione, scoppiò a ridere. “Scusa, ma mi è tornata in mente la scorsa Vigilia. Tua madre ci aveva travestiti da folletti del Natale. Chissà dove è finito il mio costume...” e si fece pensierosa.
“Probabilmente l’avrai buttato, come tutti gli altri” suggerì Shinichi, allungando la mano furtiva per bere un sorso di liquore.
Yusaku, per la seconda volta, intercettò il fare del figlio e lo ammonì con lo sguardo. Shinichi, sorridendo colpevole, prese invece un bicchiere d’acqua e tornò imbronciato con la schiena sprofondata nel divanetto.
“Io non ho mai buttato un solo vestito, da quando abbiamo cominciato!” esclamò Ran, risentita.
Ancora con questa storia?
“E hai intenzione di tenere anche questo?” la punzecchiò Shinichi, bevendo un sorso.
Ran arrossì, ma tenne uno sguardo fermo. “Certamente!... a meno che...” e si bloccò. Abbassò lo sguardo e si perse in chissà che pensieri.
Shinichi affondò il suo indice nella guancia dell’amica e chiese: “A meno che, cosa?”.
Ran guardò accuratamente da un’altra parte, e disse: “A meno che non lo porterai con te in America, per darlo alla tua nuova amica con la quale continuerete la tradizione!”.
Ran era stata secca nel rivelarlo, e Shinichi non poté fare a meno che rimanerne basito. Era sembrata quasi... gelosa.
“Ran...” mormorò appena.
La sua amica si alzò e andò a sedersi al fianco di sua madre, che stava continuando a chiacchierare con l’amica amabilmente.
Shinichi, spiazzato e voglioso di una spiegazione, la seguì e, per non farsi sentire dagli altri, mormorò ancora.
“Ma che sciocchezze vai dicendo?” domandò. “Io non andrò in America”.
Ran lo guardò con occhi cattivi. Era veramente arrabbiata.
“Credi che non lo sappia? Quando i tuoi si trasferiranno, tu dovrai seguirli” sputò fuori, tenendo difficilmente il tono della voce basso.
Shinichi, sempre più stupito, guardò prima sua madre e poi suo padre.
Lui, di andare in America, ne aveva proprio una gran voglia. C’era già stato, da piccolo, e si ricordava con piacere i soggiorni passati in quel paese estremamente occidentale. Passare qualche anno là non gli dispiaceva affatto, ma... c’era qualcosa che lo frenava.
Il Giappone era la sua casa: lì aveva i suoi amici, la sua scuola, la sua squadra di calcio. E lì c’era Ran. Si vedevano praticamente tutti i giorni, anche fuori dall’ambito scolastico, e pensare di non poterla più vedere per uno, due, tre anni... non gli sembrava fattibile.
“Io non andrò in America” ripeté Shinichi, più convinto di prima.
Sembrava che Ran non lo stesse più ascoltando, però in realtà non si perdeva una parola.
“Io rimarrò qui, con o senza genitori. Non posso trasferirmi” ammise Shinichi, senza però rivelarle che uno dei motivi fosse lei.
Ran spostò lo sguardo ancora arrabbiato verso il suo amico di sempre e i suoi occhi rimandavano una certa ansietà. “Sei sicuro? E come faresti, sentiamo. Sei ancora minorenne, non puoi stare senza un tutore”.
“A questo non c’è problema! Il mio vicino, il dottor Agasa, può controllarmi ogni tanto. I miei si fidano di lui!” disse Shinichi, sorridendo.
Ran non sembrava molto convinta, ma si rasserenò un poco.
“E poi...” iniziò Shinichi, la voce seria e lo sguardo basso, “Come potrei iniziare la tradizione con qualcun altro? Sei l’unica che si lascerebbe vestire in modo bizzarro da mia madre. Dovresti...” e qui alzò lo sguardo, puntando i suoi occhi in quelli della ragazzina, “dovresti proprio raggiungerci ogni Vigilia”.
Le sopracciglia di Ran si alzarono, dandole un’espressione stupita. Le sue guancie si colorarono un poco e il sorriso più dolce che Shinichi avesse mai visto fino allora si dipinse sulle sue labbra.
“Davvero?” chiese, in un soffio.
Shinichi annuì, convinto e con la stessa espressione inebetita. “Davvero”.
Gli occhi di Ran si illuminarono e, in uno slancio di felicità, si aggrappò forte al collo dell’amico. Shinichi, all’inizio turbato, si sbrigò ad approfittare del momento e strinse forte a sua volta la vita dell’amica.
“Ti voglio bene, Shinichi” sussurrò Ran.
Shinichi lo sentì come un soffio, forse non era nemmeno tanto sicuro di quello che aveva udito. Forse se l’era immaginato, però aveva comunque la certezza che Ran tenesse veramente a lui.
I due si separarono, sorridendo ancora.
“Qui! Qui!” esclamò Yukiko.
I due si voltarono a guardarla, con ancora il sorriso sulle labbra, e fu in quel momento che Yukiko scattò la foto più bella di quell’intero anno.
 

 
 
 
 
A quanto pare, sento la voglia del Natale in anticipo ;)
Ma che ci posso fare, è un momento troppo dolce da catturare per questa giovane coppia! ^^
Ecco il terzo capitolo postato.. il prossimo sono i quindici anni, e la faccenda comincia ad essere un po’ più complicata, visto l’inizio dell’adolescenza ;)
Spero di non farvi aspettare molto, spero di pubblicare presto!
Non posso non ringraziare Sailor Kilari e Stefy Pan per aver commentato il secondo capitolo! :) grazie, senza le vostre recensioni mi demoralizzerei!!
E grazie anche a micia95, VRSB e (ancora :) ) a Stefy Pan per aver inserito la raccolta tra le seguite!
Ci si vede ai quindici anni, spero!! ^^
Un abbraccio grande,
 
Dony_chan 

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Capitolo 5
*** Chapter 4 : 15 anni ... ***


Piccola avvertenza: questo capitolo l’avevo scritto in terza persona, come i precedenti, ma non rendeva affatto l’idea che avevo in mente e i pensieri di Shinichi... perciò sono passata alla prima persona. Spero che piaccia ;) buona lettura, ci vediamo sotto ;)
 
 
 
 
 
Chapter 4 : 15 anni …
 
 
Non sapevo se era per colpa della camicia troppo stretta, o del caldo asfissiante di quel pomeriggio di luglio, ma mi sentivo mancare il fiato.
Mordicchiai la punta della mia matita, posando il viso sull’altra mano. Avevo davanti un bel bicchiere di aranciata fresca, ma non lo volevo per me: l’avrei tirato volentieri contro a Iuzu Bokane, un mio compagno di terza media.
“Hai capito? Prima devi dividere per il denominatore in comune, e solo dopo puoi proseguire con i numeratori” gli stava spiegando pazientemente Ran, mostrandogli il procedimento sul libro.
Al diavolo, io non me la bevevo. Impossibile che Iuzo non sapesse fare un operazione tanto semplice! Era roba da elementari... stava imbrogliando, era ovvio.
“Oh!” esclamò, come colpito da una folgorazione improvvisa. “Hai ragione, che sciocco! Se non ci fossi tu, Ran, ad aiutarmi... non saprei proprio come fare”.
Quando le rivolse gli occhi teneri, sporgendosi un poco sul piccolo tavolino, vidi Ran tirarsi indietro imbarazzata e rossa in viso.
Questo mi mandò il sangue al cervello. Come si permetteva di farla star male così?
Nella piccola stanza si sentì un lieve crac e i miei due compagni si voltarono verso di me. Non mi ero neanche accorto di aver spezzato in due la matita per la presa eccessiva.
Abbozzai una risata. “Non l’ho fatto apposta” dissi, cercando poi freneticamente nell’astuccio una matita di ricambio.
“Puoi prendere la mia, Shinichi” mi disse Ran, porgendomela. “Io ne ho sempre una di riserva”.
Allungai la mano e la presi, sbuffando. Perché dovevo ridicolizzarmi davanti a quei due? Non sopportavo quelle lezioni di matematica in ‘compagnia’, per così dire. Iuzo si lamentava sempre di tutto o si lodava per non so cosa. L’unica che lo ascoltava era Ran. Anche Sonoko, la sua migliore amica, dopo le prime due giornate di studio assieme, si è stufata e ci ha abbandonati. Ed ora me lo dovevo sorbire io, perché Ran era troppo gentile ed educata per dirgli in faccia quello che pensava.
Mentre Ran ritrasse la mano dopo avermi passato la matita, Iuzo fece scattare la sua e afferrò quella della mia amica d’infanzia.
Vidi chiaramente che la stava stringendo delicatamente, per poi farle scorrere il pollice sul dorso della mano.
Ruppi accidentalmente anche la matita di Ran, mentre guardai impietrito la scena.
Ran arrossì visibilmente e spostò lo sguardo, ma non la mano. E questo non mi fece respirare. Mi allargai il collo della camicia, cercando di prendere aria.
Si erano dimenticati che lì in mezzo c’ero anch’io? Non potevano amoreggiare dopo?! No! Non potevano neanche dopo!
“Quanto sei bella, Ran” le disse con voce leggermente tremante.
Non potevo credere alle mie orecchie!
“Sai... emh...” cominciò a balbettare Iuzo. Ma lui, era lo stesso Iuzo che mi pareva di conoscere? Quello sempre sicuro di sé, intimorito da niente, e altezzoso? Ora sembrava un coniglio impaurito da Ran.
Volevo accendere un fuoco e fare dei segnali di fumo per fargli percepire la mia presenza, ma Ran mi sorprese.
“Gr... Grazie” bofonchiò sempre tenendo lo sguardo basso.
Grazie?!
Iuzo si fece coraggio, prese un bel respiro e spiattellò a macchinetta: “Sai, Ran, è da tempo che ti voglio chiedere una cosa... ma non ho mai trovato il coraggio... Ora però, l’ho trovato”.
Ran annuì lentamente, mentre a me cadeva la mascella. Ma coooosaa?
“Ran: vorresti uscire con me? Vorresti essere la mia... la mia...” e qui diventò rosso come un peperone. “La mia ragazza?!” esclamò ad occhi chiusi.
Ruppi la matita in quattro, cominciando a distruggere piano piano una delle parti rimaste. Mi si era chiuso lo stomaco, ma la bocca era ancora spalancata. Facevo scorrere gli occhi freneticamente da Ran a Iuzo, in ansia per la risposta. Non capivo ancora il perché, ma mi sentivo profondamente agitato e intimorito dall’eventuale risposta affermativa della mia amica.
Ran spostò lo sguardo fugacemente su di me, quindi cercai di ricompormi. “Ecco... sei molto coraggioso ad esserti dichiarato, Iuzo... ma... ecco... non credo possa... funzionare”.
Delicatezza e tatto. Ecco l’arma invincibile di Ran.
“Oh” accusò male il colpo Iuzo. Le sue guancie divennero roventi, ed io decisi di intervenire, raggiante.
Sciolsi le loro mani con fare brusco e poi mi schiarii la gola per riportarlo alla realtà.
“Possiamo andare avanti, ora?” chiesi con tutta l’innocenza possibile.
Iuzo scrollò la testa, tornando in sé, e mi squadrò con la sua solita aria superiore. “Bene” disse a denti stretti.
 
 
Un ora più tardi, stavo riaccompagnando Ran a casa, perché si era fatto davvero buio e non mi fidavo a lasciarla da sola. O forse anche perché ultimamente non stavamo molto assieme.
Camminavamo in silenzio, non guardandoci negli occhi.
“Sono... sono quasi arrivata. Devo solo svoltare” mi disse debolmente, ma io scossi la testa. “Ti accompagno volentieri. Voglio fare due passi...”. Volevo aggiungere ‘con te’, ma mi bloccai, arrossendo.
Diavolo, che mi stava succedendo?
Ran parve delusa dalla mia risposta ma non capivo se era perché non volevo lasciarla andare da sola o perché avevo detto che volevo solo fare due passi.
“Allora... bella dichiarazione, no?” buttai lì, per sondare il terreno. Volevo scoprire se Ran non avesse declinato l’invito solamente perché io ero lì e quindi si sentiva in imbarazzo a farmelo sapere.
“Uh uh” borbottò appena.
Okay, non sarei riuscito a farla parlare... ma io non volevo mica mollare così facilmente. Non sarei Shinichi Kudo, allora!
“Mah... a me non è mai stato simpatico, però... i gusti sono gusti, non trovi?” chiesi guardandola speranzoso.
Lei teneva lo sguardo puntato su dove camminava.
“Uh uh”.
Saremmo arrivati all’alba così, solo con ‘Uh uh’.
“Dunque... hai declinato” azzardai ancora.
“Ho declinato” rispose per poi lasciarsi ad un sospiro.
Ran sembrava sollevata. Volevo sapere il perché. In quel periodo, volevo sempre sapere che cosa le passasse per la testa.
Eravamo arrivati sotto l’agenzia investigativa, ed era ora di salutarla. Ma non ne avevo voglia.
“Allora ciao, Shinichi. Grazie per i... emh... due passi” disse per poi correre su per la scala.
Mi morsi la lingua. Non avrei mai dovuto dirle la faccenda dei due passi.
Mentre guardavo la sua chioma svolazzarle sulla schiena mentre saliva velocemente i gradini di casa, volevo gridarle: ‘Ran! Ti ho sempre in mente tutto il giorno, non faccio altro che pensare a te! La sera mi ritrovo a pensare a quando tu mi parli a scuola e non vedo l’ora di venirti a prendere la mattina per fare la strada con te! Sto impazzendo, forse? E se tu non mi vuoi?’.
Ma tacqui.
Lei arrivò fino al pianerottolo del secondo piano e si voltò verso di me per sorridermi e salutarmi con la mano.
“’Notte, Shinichi” mi disse dolcemente.
‘Mi vuoi, Ran?’ chiesi nella mia mente, abbassando la mano alzata per fermarla quando era corsa verso le scale.
Rimasi un attimo in silenzio, optando anche per quello che riguardava ciò che avevo dentro.
Mi sforzai di sorriderle, per poi accorgermi che lo stavo facendo sul serio.
“Buona notte, Ran” dissi soltanto.

 
 
 
 
 
 
‘Scusate’ è la prima cosa che devo dire!! Posto questo capitolo in ritardissimo, ma la scuola e i mille impegni non mi fanno quasi respirare... ho a malapena il tempo di accendere il computer due secondi :( ma prometto che il prossimo arriverà presto! ;)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che commentiate in tanti ;) Avete visto? Shin si sta rendendo conto che qualcosa, nei confronti della sua cara amica d’infanzia Ran, sta cambiando... insomma, era ora!!! ;)
Ringrazio di cuore Stefy Pan per aver recensito il terzo capitolo, e Agnese_san, ciachan, ranshin22 per averla aggiunta tra le seguite!!
Grazie di cuore, sul serio :)
 
Ne approfitto per ringraziare anche Kymyit, _Flami_ e izumi_curtis per aver recensito l’altra mia one-shot, ‘A moment with you’ e ringrazio di averla messa tra le preferite a izumi_curtis, micia95, _Flami_ e per averla aggiunta tra le ricordate a ciachan! Grazie!!
 
Bè, ho finito il mio monologo... :)
Alla prossima,
un abbraccio,

Dony_chan 

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Capitolo 6
*** Chapter 5 : 16 anni ... ***


Chapter 5 : 16 anni …
 
 
Erano estremamente in ritardo. E lo sapevano.
La classe aveva raggiunto la cima della montagna minuti addietro ed ora si stava riposando in una piccola ma elegante baita posta sul cucuzzolo, con tanto di cioccolata e torta di mele come premio.
Ma due ragazzi si erano trattenuti poco più indietro, e senza avvisare la professoressa che li aveva accompagnati.
Il giovane, Shinichi Kudo, stava seduto su un grosso masso, l’aria imbronciata e lo sguardo perso nella boscaglia, mentre la sua amica di infanzia stava china per terra, lo sguardo perso all’interno di una piccola tana.
Aveva scorto un gattino bianco incrostato di sangue e con il musino ferito, e non aveva resistito un secondo: doveva aiutarlo.
Era strano trovare gatti a quelle altezze. Sicuramente si era perso, oppure era stato abbandonato, e questo aveva smosso compassione nella giovane ragazza.
Il gatto soffiò appena Ran allungò il braccio verso di lui per fargli capire che non voleva fargli del male, ma a quanto parve, non era stata la mossa giusta.
Shinichi, a quel rumore, si voltò appena, trattenendo uno sbadiglio.
“Diavolo, Ran, lascialo perdere! Siamo in ritardo...” disse, arrossendo subito dopo a causa del suo stomaco brontolante.
La sua amica d’infanzia si voltò e lo guardò male, il naso leggermente sporco per colpa della terra. “Piantala, Shinichi, tu vuoi solo mangiare!” lo rimbeccò, senza però riuscire a trattenersi dal lanciargli un sacchetto mezzo vuoto di patatine che aveva nello zaino.
In realtà quelle erano di Sonoko, ma a quanto pareva in quel momento erano più utili a quel maniaco dei misteri del suo amico.
Shinichi affondò subito la mano nel sacchetto e si mise in bocca una gran manciata di patatine alla paprica, sentendo il suo stomaco ringraziarlo per il rifocillamento.
Si alzò e si inginocchiò al fianco della sua amica, che teneva ancora lo sguardo all’interno della tana, mentre cercava di avvicinare il gattino con un rametto che aveva trovato lì vicino.
Le mise una patatina sotto il naso, sporcandoglielo ulteriormente di paprica. “Vuoi?” domandò.
Ran si stropicciò il naso, facendogli una smorfia. “No” disse secca, e tornò alla sua priorità del momento.
Shinichi trattenne uno sbuffo, certo che se lo avesse fatto Ran lo avrebbe atterrato con un colpo di karate per la sua scarsa partecipazione.
Sarà meglio darsi una mossa... non voglio guai con la professoressa...pensò il giovane, facendo cenno a Ran di spostarsi di lato.
“Ma che fai?” gli chiese, vedendo il suo amico allungarsi a sua volta nella stretta tana. Nella mano teneva una piccola patatina, che stava sventolando in direzione del felino.
“Qui... micio, micio, miciooo!” disse con una vocetta infantile. Ran si mise una mano davanti alla bocca per non ridere, ma per fortuna il suo amico non la stava guardando.
Shinichi sapeva essere così buffo, anche quando voleva fare il ragazzo serio e spavaldo. Era una delle cose che adorava di lui. E, pensando questo, arrossì.
“Ah, quanto la tira lunga!” esclamò il giovane, facendo sobbalzare Ran per la sorpresa. Si fece su le maniche e guardò la tana con aria di sfida.
Ecco, era tornato il solito Shinichi. Aveva una sfida davanti a lui e, anche se si trattava semplicemente di far uscire un gatto da un buco, non voleva di certo perderla!
Pescò dal sacchetto la patatina più grossa e la sventolò davanti alla tana. Fece un sorrisetto. “Se non la mangi tu... vorrà dire che me la papperò tutta io!” disse canzonatorio, senza smettere di sventolarla a destra e a manca.
Dalla tana uscì un lieve miagolio, seguito subito dal rumore attutito delle fusa.
Shinichi e Ran si guardarono, trionfanti.
Il ragazzo allungò la mano fino al musino del gatto, permettendogli di leccare la paprica sulla patatina. E poi, pian piano, riuscì a trarlo fuori.
Era ridotto veramente male, aveva il musino graffiato e zoppicava leggermente. Shinichi lo prese in braccio facendo attenzione a non fargli male e gli permise di mangiare la patatina, come premio.
Il gatto mangiò soddisfatto, senza smettere di fare le fusa, e si mise a leccare le dita del giovane che si lasciò scappare un sorrisetto divertito.
Shinichi alzò lo sguardo e si bloccò vedendo l’espressione di Ran.
Aveva un dolce sorriso che le incorniciava il viso stanco, e lo stava guardando amorevolmente.
Il ragazzo sussultò ed arrossì all’improvviso. Spostò lo sguardo altrove e gli mise con forza il gatto nelle braccia.
Si alzò di scatto e recuperò sia il suo zaino, sia quello di Ran.
“Su, andiamo. Siamo in ritardo” borbottò guardandosi i piedi e cominciò a marciare rigidamente sul versante della montagna.
La ragazza si lasciò andare ad una risatina soddisfatta e si sbrigò a seguire il suo amico, cominciando a punzecchiarlo.
“Oh, Shinichi! Che animo dolce” disse ridendo. Il ragazzo arrossì ancora di più, lasciandosi però ad uno sbuffo. “Tsk! Figuriamoci... l’ho fatto solo per te!”.
Si rese conto un secondo dopo della frase che aveva detto, e la gola gli si serrò pericolosamente. “... perché so che ami molto gli animali, e... perché siamo in ritardo!” esclamò, salvandosi in corner.
Ran lo guardò perplessa, ma allo stesso tempo piacevolmente colpita.
Shinichi si mise a correre sul versante della montagna, voltandosi solo quando aveva distanziato di parecchio l’amica.
“Forza, vediamo chi arriva prima!” gridò, facendole poi la linguaccia.
A Ran si imporporarono le guancie. “Non vale!” esclamò fintamente offesa, e corse dietro al suo amico, stringendo delicatamente il gattino al suo petto.
 
 
“Dove. Eravate. Finiti?!” gridò loro contro la professoressa Okojii, rossa per la preoccupazione e per la rabbia. I capelli che aveva elegantemente raccolto sotto il cappello di lana stavano fuoriuscendo da ogni parte, ad ogni dondolio minaccioso della testa.
Ran e Shinichi abbassarono lo sguardo, colpevoli.
“Ci dispiace...” dissero sommessamente all’unisono.
La professoressa mise le mani sui fianchi, e li guardò serissima. “Appena torneremo a Tokyo, informerò i vostri genitori dell’accaduto” disse gelida. “Voi...” aggiunse dopo qualche attimo di minaccioso silenzio. “... state bene?”.
Si era addolcita tutto di un colpo. I due ragazzi si azzardarono a guardarla, e notarono che era solamente molto stanca.
Si sentirono entrambi in colpa. La loro professoressa era sempre stata molto rigida, ma in fondo in fondo sapevano che teneva a tutti i suoi studenti. E si vergognarono per averla messa in agitazione.
“Professoressa... mi dispiace molto!” le disse di slancio Ran, stringendo il gattino che dormiva beatamente tra le sue braccia.
La donna sospirò, stropicciandosi gli occhi. “Andate nella baita con gli altri... tra poco scenderemo a valle” disse solo, spostandosi per farli passare.
Il piccolo gruppetto di studenti che si era radunato al di fuori del rifugio per dare una sbirciatina si fece subito rumoroso, cominciando a chiedere ai due giovani amici cosa fosse successo.
Una ragazza dai corti capelli trattenuti da un cerchietto sbarrò gli occhi alla vista dei due e puntò un dito minaccioso verso il ragazzo.
“Ehi, Kudo!” esclamò Sonoko. “Quelle patatine sono mie!”.
 
 
Il gattino fece le fusa, beato da tutte le coccole che quelle ragazze gli stavano facendo senza sosta. L’anziana padrona di quel rifugio aveva portato del latte a Ran, che aveva subito versato in una ciotola per riscaldare quel piccolo trovatello.
Sonoko si tenne ad una certa distanza, per paura degli artigli graffianti del gatto. Si mise dietro al divano, poggiata alle spalle di Ran.
“Non posso crederci: Kudo è riuscito a tirarlo fuori da là?” chiese, lanciando uno sguardo interrogativo al giovane.
Ran rise. “Sì, ed è stato molto bravo”.
Il diretto interessato la sentì, e fece subito una smorfia. “Non è stato nulla di che” sminuì, facendo sventolare una mano.
Sonoko strinse le labbra. “Ed hai finito le mie provviste.. bravo!” disse, spostando lo sguardo altrove.
Il ragazzo le fece una smorfia quando lei si girò per andarsene e subito dopo andò a sedersi di fianco alla sua amica d’infanzia.
“Lo porterai a casa?” le chiese, osservando il piccolo gatto finire tutto il latte che gli avevano portato.
Ran scosse la testa. “No, mio padre impazzirebbe!” disse, dispiaciuta.
Shinichi stava per tirarle su il morale, quando Sonoko si intromise e gli bloccò le parole in gola.
“Ran, vieni a vedere! Mimiko dice di aver intravisto un cervo vicino alla boscaglia!” le disse eccitata, tirandola per il braccio.
Ran rivolse un sorriso di scuse a Shinichi, per poi alzarsi e seguire l’amica. “Sonoko, non tirare!”.
Shinichi la osservò mentre si avviava all’uscita, mentre sorrideva all’amica, e sorrise a sua volta.
Prima che lei uscisse, un pensiero gli attraversò la mente e lo fece scattare in piedi.
“Ehi, Ran!” la chiamò.
La giovane si voltò, bloccandosi, e lo guardò interrogativa.
“La tua gara di karate... è la settimana prossima, vero?” chiese per avere conferma.
Ran si illuminò. “Sì, è venerdì prossimo” gli rispose. Poi si guardò i piedi, arrossendo un poco. “Vieni? Vieni a vedermi?”.
Shinichi sorrise. “Ma certo!” esclamò allegro, prima che Sonoko riprendesse in mano la situazione e trascinasse fuori dalla baita la sua amica del cuore.
Shinichi si lasciò sprofondare di nuovo sul divano, seguito un secondo dopo dal gatto che aveva recuperato, che gli si acciambellò sulle gambe.
Sì, ci andrò... e se vincerà, ho in mente un posto dove portarla per festeggiare...
 

 
 
 
 
 
 
Ed anche il capitolo cinque è postato! Avete visto che stavolta ho fatto più in fretta? XD
Mi sta salendo la tristezza... il prossimo dovrebbe essere l’ultimo capitolo... e mi dispiace un po’, lasciare questa raccolta, lo ammetto! Mi ci sono affezionata... :)

Ma... dico ‘dovrebbe’, perché... mi è frullata per la testa l’idea di mettere una sorta di capitolo bonus per far vedere come stanno i nostri due protagonisti qualche anno dopo ;) insomma, non era previsto perché non l’avevo scritto quando avevo avuto l’idea della raccolta ancora mesi fa, ma... se vi va, ditemelo. Mi diverto molto a scrivere di questa coppia :)
Cooomunque... tornando a noi... :) che mi dite di questi sedici anni? Vi sono piaciuti? Ah, avete notato lo ‘spoiler’ finale? Quello della gara? Eh, sì, mi riferisco proprio a quella fatidica gara... da dove iniziò tutto!
Interrompiamo questo mio monologo, va, e passiamo a cose più importanti! Ovvero ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo: grazie a Stefy Pan e a Shine_, di cuore!
Grazie anche a Sayan Princess per aver messo la raccolta tra le preferite e a Shine_ per averla inserita tra le seguite!
Grazie anche a coloro che hanno solo letto :)
Ci vediamo ai diciassette anni!!!
Un abbraccio,

 
Dony_chan 

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Capitolo 7
*** Chapter 6 : 17 anni ... ***


Chapter 6 : 17 anni …
 

“Allora, Ran: quali sono i buoni propositi per l’anno nuovo?” chiese l’allegra voce fuori campo della giovane ereditiera Sonoko Suzuki.
La ragazza intervistata fece finta di pensarci su, con il dito indice poggiato sul mento e le guancie leggermente arrossate per la danza di gruppo appena conclusa.
“Dunque, vediamo... bè, innanzitutto vorrei che i miei genitori si rimettessero insieme... e poi, vorrei tanta salute per tutti noi... e...” elencò la ragazza, sorridendo beatamente alla videocamera.
Da parte dell’amica si sentì uno sbuffo annoiato. “Oh, Ran, finiscila di fare la brava ragazza! Che ne dici di buoni propositi riguardanti Kudo?” chiese maliziosamente Sonoko.
La giovane interpellata arrossì visibilmente ed irrigidì le braccia lungo i fianchi, le mani strette a pugno. “Che c’entra Shinichi, scusa?!”.
Sonoko rise fragorosamente, facendo dondolare la telecamera. “Oh, avanti, un buon proposito potrebbe essere una dichiarazione romantica... o un bacio passionale!”.
Ran oscurò la telecamera con la sua mano, disturbando anche l’audio di proteste di Sonoko.
“Finiscila di dire idiozie!” si sentì qualche secondo dopo da parte della giovane karateka.
L’amica zoomò sulla sua faccia infastidita e rossa come un peperone, per poi far trapelare la sua risatina argentina.
Sullo sfondo, nel frattempo, era apparso il diretto interessato, che gironzolava fra i tavoli con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni eleganti e i capelli più scompigliati del solito causa del ballo forzato cui l’avevano sottoposto i suoi compagni di classe.
“Oh, eccolo là, il nostro principe azzurro!” lo chiamò a gran voce Sonoko, facendo apparire nell’inquadratura la sua mano sventolante.
Shinichi si voltò appena verso le due ragazze, non propriamente sicuro di essere lui l’interpellato. Si indicò incerto, l’espressione interrogativa.
“Shinichi, non è niente... Sonoko vuole fare la spiritosa” cercò di allontanarlo Ran, ma la sua amica le parlò sopra, in tono più alto. “Vieni qui, ad elencarmi i tuoi buoni propositi!”.
Shinichi fece la linguaccia verso la telecamera e fece per dare le spalle all’inquadratura, quando Sonoko gridò a gran voce: “Quest’anno sarà l’anno dell’amore! E la coppia formata da Ran Mouri e Shinichi Kudo è la prima! Si accettano iscrizioni...”
Sia il volto della ragazza che quello del ragazzo avvamparono all’istante, mentre la mano di Ran tornava a coprire l’obbiettivo della videocamera, mentre intimava all’amica di tacere.
 
Ran spense immediatamente il video, avvampando a sua volta, e puntando il suo sguardo sullo schermo orami nero del televisore.
Sentì gli sguardi divertiti dei suoi amici di Osaka puntati su di lei, ma non osò guardarli negli occhi subito.
Allungò la mano verso la custodia della videocassetta e appurò che si trattava proprio della festa di Capodanno precedente, tenuta nella villa della sua migliore amica.
Si era completamente dimenticata di quel video imbarazzante, ed aveva anche evitato di contrassegnare con un’etichetta la videocassetta del misfatto. Forse era per quello che l’aveva nascosta dietro la noiosa pila di filmati delle sue recite scolastiche delle elementari: aveva preventivamente deciso che mai nessuno l’avrebbe rivista, in special modo lei, che l’aveva addirittura rimossa dalla memoria.
Dalle labbra di Kazuha provenne una lieve risatina, e fu a quel punto che Ran ebbe il coraggio di alzare nuovamente lo sguardo. Heiji se ne stava seduto scomposto alla sua estrema sinistra, le braccia incrociate dietro alla schiena e un sorrisetto malizioso sulle labbra; Kazuha, invece, era in mezzo ai due amici e guardava Ran con una certa condiscendenza, le mani intrecciate sulle sue ginocchia, le gote piacevolmente tinteggiate di rosso.
Ran si schiarì la gola e si girò alla sua destra, per controllare la reazione dell’ultima persona presente nella sala: il suo ‘fratellino’ Conan.
Il piccolo detective se ne stava seduto rigido sulla sua parte di divano e teneva ancora gli occhi fissi sullo schermo del televisore, come se il proseguimento del video stesse ancora andando.
Notò che anche le sue guancie erano avvampate, ma non si sapeva proprio spiegare perché.
“Eh eh eh... non ricordavo che Sonoko... insomma, questo video non...” balbettò Ran, per poi scattare meccanicamente in piedi e dare le spalle al piccolo gruppetto. “Chi vuole un gelato?” chiese per far cambiare aria.
Kazuha si propose per darle una mano e subito le due ragazze si diressero in cucina per preparare le coppe di gelato da mangiare come merenda, con i ragazzi al seguito, mogi mogi sulla soglia e lo sguardo assente.
Ran estrasse dal freezer due belle confezioni di gelato alla frutta e le poggiò con cura sul piano della cucina, mentre Kazuha, ormai divenuta esperta della cucina Mouri, recuperò quattro grandi coppe gelato dalla credenza.
“Dove hai detto che è andato tuo padre, Ran?” chiese la giovane di Osaka, guardando con gola il gelato alla fragola che ricadeva fresco su una coppa.
Ran decorò questa con un biscotto a forma di orsetto e la portò al piccolo Conan, sorridendogli amabile.
“È andato ad un pranzo con alcuni vecchi compagni di liceo. Pensa, li abbiamo incontrati per caso dopo un omicidio di cui mio padre si è dovuto occupare, a  Yokohama! Non si rivedevano da... parecchi anni!”.
Ran lasciò il suo piccolo fratellino a gustarsi la sua coppa di gelato e tornò al banco della cucina per servire anche gli altri suoi due amici.
Non vide mai l’espressione rassegnata di Conan, quando si accorse dell’orsetto impiantato nel gelato alla fragola.
Kazuha corrugò la fronte. “Io non so se tra vent’anni riconoscere qualcuno che ha fatto la mia classe...”
Heiji, dall’altro lato, sbuffò sonoramente. “Questo perché tu sei una stupida e non presti attenzione ai dettagli” disse, sventolando una mano, noncurante. Kazuha strinse il pugno e gonfiò le guancie, risentita. “Certe cose, come il taglio degli occhi e la forma del viso, farebbero ricordare” concluse il giovane.
Kazuha, per evitare l’ennesima litigata, gli servì la coppa di gelato più misera e gli voltò le spalle, dedicandosi a Ran, che sembrava un po’ giù di morale.
“Cosa c’è, Ran?” le chiese, perplessa.
La giovane interpellata alzò gli occhi e fece un sorrisetto tirato. “No, niente... solo...”
Il piccolo Conan si fece attento quando avvertì il tono della ragazza farsi più cupo. Drizzò le antenne e inconsciamente le andò vicino, seguito dallo sguardo del suo rivale dell’Est.
Da quando si era rimpicciolito, non poteva fare a meno di essere influenzato dai cambiamenti di umore della ragazza: se lei era felice, lui era sereno; se lei era spaventata, lui doveva proteggerla; se lei era triste... lui si sentiva in colpa. Perché la maggior parte delle volte, la causa era proprio lui stesso.
Ran arrossì di colpo, portandosi le mani sulle gote. “E se Shinichi, quando tornerà, si sarà fatto biondo e alto?!” domandò freneticamente a nessuno in particolare. Quasi tutti i presenti caddero dallo sconcerto.
“E se non lo riconoscessi? Non lo riconoscerei!” disse Ran, agitata, guardando negli occhi la sua amica Kazuha.
L’acuta voce di Conan si fece largo tra la sua preoccupazione. “Non credo che Shinichi si farà mai biondo!” disse come per consolarla, ma non aveva centrato il punto in questione.
Ran spostò lo sguardo su di lui, e stava per rispondergli, quando la frase di Kazuha la colpì in pieno. “Ran, ma certo che lo riconosceresti!” disse, capendo al volo la reale preoccupazione dell’amica. “Tra mille!”.
Ran tornò a guardarla, ed annuì lentamente, spostando inconsciamente una mano sul cuore. Kazuha le sorrise e le poggiò una mano premurosa sulla sua spalla. “E poi... Kudo non tornerà tra vent’anni, no? Appena avrà risolto questo caso...”
Heiji e Conan si scambiarono uno sguardo cupo, poi quest’ultimo abbassò lo sguardo a terra, lasciando che la frangetta gli coprisse in parte il volto rabbuiato.
Nella piccola cucina ricadde il silenzio, mentre le due ragazze preparavano le ultime due coppe di gelato e versavano dell’aranciata fresca in una grossa brocca di vetro.
Portarono il tutto nella sala da pranzo e si sedettero sui loro cuscini, preparandosi a deliziarsi e refrigerarsi con il gelato e la bibita.
“Ho trovato!” esclamò all’improvviso Kazuha, e nella foga aveva puntato il gomito contro quello di Heiji, al quale andò l’aranciata di trasverso.
Il giovane cominciò a tossire, ignorato dall’amica che l’aveva quasi soffocato. Stava per insultarla, quando la ragazza cominciò a parlare, sempre ignorandolo.
“E se Heiji aiutasse Kudo? Nel caso, intendo... insieme potrebbero fare alla svelta e Kudo potrebbe tornare molto presto!”.
“Ah!” esclamarono Heiji e Conan, allarmati.
Si mette male...pensò Conan.
Ma perché non chiude mai quella boccaccia?!si domandò invece Heiji.
Ran, sollevando il cuore dei due giovani detective, scosse lentamente la testa. “Lo conosco. Vorrà fare tutto da solo” si rammaricò.
A Conan si strinse il cuore. Chissà quante volte ci aveva già pensato... e chissà quante volte si era dovuta arrendere all’evidenza del suo carattere.
Kazuha perse l’entusiasmo e si rabbuiò. “Che testa calda, proprio come Heiji!” sbuffò, la testa poggiata stancamente sulla mano.
L’amico si alterò subito. “Ma che c’entro io, adesso?! Ogni occasione è buona per insultarmi?”.
Ma Kazuha, per la seconda volta, non gli diede bado. Il suo sguardo era come scollegato, e sicuramente stava pensando a qualcosa.
Poi si rianimò e batté allegramente il pugno sul palmo della mano. “Ma certo!” esclamò, al che Conan ed Heiji si preoccuparono ancora.
“Cosa?” chiese Ran, affondando il cucchiaino nella sua coppa di gelato ancora intatta.
Kazuha si allungò sul tavolo, avvicinandosi al volto dell’amica, e le sorrise radiosa. “Ran, non hai mai pensato... di andare tu a trovare Kudo?”.
Silenzio.
Heiji e Conan erano pietrificati sulle loro sedute, lo sguardo puntato sulla giovane Mouri. Il cuore del più piccolo in statura si era bloccato un istante, per poi riprendere a battere più furiosamente del solito.
Questa non ci voleva proprio!pensò agitato, mentre gli occhiali gli ricadevano lungo il naso.
Heiji stava cercando disperatamente una soluzione per il guaio in cui quella scema di Kazuha aveva infilato il suo amico, ma il suo cervello non rispondeva. Non riusciva a trovare una via di fuga da quel campo minato.
“Perché Kazuha non chiudi quella boccaccia?” imprecò Heiji, “Saranno affari loro, no? Ti devi sempre mettere in mezzo?”.
Era l’unica cosa che gli era passata dalla mente: attirare Kazuha in una discussione, sperando di far cadere così l’argomento.
Kazuha, per la terza volta in quella giornata, ignorò l’amico, e ciò lo irritò parecchio per due motivi: uno, non era riuscito nel suo intento; e due, non gli piaceva affatto che lei non lo calcolasse.
“Andare a trovarlo?” furono le lente parole di Ran, dopo alcuni istanti.
“Sì!” esclamò Kazuha, annuendo con vigore. “Sarebbe terribilmente romantico!” e le sue fantasie partirono in quarta.
Ran arrossì leggermente. Conan la guardò e, anche in un momento di tensione come quello, non poté fare a meno di notare che lui adorava quando Ran arrossiva per qualcosa che lo riguardava.
“Bè... non ci ho mai pensato, in realtà” cominciò Ran, ed Heiji tirò un lieve sospiro di sollievo. “Però...” e qui tutti la guardarono, in attesa.
Ran si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrise a chissà quale pensiero. Conan si rese conto che voleva terribilmente saperlo.
“Lui mi ha detto di aspettarlo... e io lo aspetterò” concluse la giovane karateka, ed arrossì ancora.
Heiji esultò dentro di sé e strizzò l’occhio all’amico, ma Conan continuava a guardare Ran.
Si sentiva terribilmente in colpa. Mai, come in quel momento, avrebbe rivoluto il suo corpo indietro. Per poterla abbracciare, per poterle parlare, per poterla rassicurare...
“Ran...” sussurrò Kazuha, gli occhi lucidi. “Ti ammiro. Io non ce la farei...” e, detto questo, lanciò un’occhiatina veloce alla sua destra dove stava Heiji, che rigirava il cucchiaino nella sua coppa di gelato. Stavolta era lui ad ignorarla.
Ran si limitò a sorridere appena.
“Sei maledettamente devota a quel Kudo... quando torna, io gliela farei pagare!” scherzò Heiji con tono leggero, facendo la linguaccia in direzione del piccolo bambino seduto di fronte a lui.
Conan lo guardò, inarcando le sopracciglia.
Ma se fino ad un attimo fa eri sulle spine anche tu...pensò.
 
 
 
 
Ran si lasciò cadere stancamente sul divano, un braccio che le ricopriva gli occhi. Heiji e Kazuha erano ripartiti poche ore prima, contraccambiando l’invito ad andare a trovarli ad Osaka uno dei prossimi giorni di vacanza.
Sorrise.
Era proprio contenta dell’amicizia che si era formata con i due ragazzi, specialmente con Kazuha. Con lei sentiva di riuscire a confidarsi liberamente. E poi, lei poteva comprendere benissimo quello che provava nei confronti di Shinichi...
Shinichi...
Anche in quella giornata apparentemente tranquilla, il suo ricordo era sempre stato presente nella sua mente, anche quando vedeva Heiji litigare con Kazuha, anche quando guardava negli occhi il suo piccolo fratellino... specialmente, quando guardava il suo piccolo fratellino...
Si alzò dal divano e raccolse da terra la custodia abbandonata del video che avevano guardato assieme quel pomeriggio, e si diresse verso la finestra che dava sulla città, sotto lo sguardo silenzioso e nascosto di Conan.
Si affacciò, beandosi dell’aria fresca della sera. Suo padre doveva ancora rientrare, e quindi poteva concedersi ancora un po’ di pace, prima di doverlo aiutare a risalire in casa per colpa della troppa birra.
Si spostò una ciocca di capelli, stringendo forte al petto la custodia della videocassetta, lo sguardo perso nel cielo scuro.
Quella sera di Capodanno, il suo buon proposito per l’anno nuovo era stato uno, e ora lei se lo ricordava benissimo: desiderava passare ogni istante di quell’anno assieme a Shinichi.
Il suo sorriso divenne triste, mentre pensava che il destino era stato crudele con lei.
Ma, in realtà, non sapeva quanto si stava sbagliando...

 
 
 
 
 
 
 
.. ecco, anche i diciassette anni sono stati postati .. sento la lacrimuccia premere per uscire, sul serio! :(
Ah, questa raccolta mi mancherà davvero, perché è stata la prima volta in cui avevo deciso di cimentarmi nello scrivere su DC...
Ma... la prossima settimana arriverà il famigerato capitolo BONUS!!! Eeeeee!!!
Mi dispiace, ma dovrete ancora sopportarmi per poco eheh... solo un breve capitolo per vedere i nostri due protagonisti poco più in là nel tempo :P
Allora, allora... che mi dite, il capitolo vi è piaciuto? E che mi dite dello  ‘scherzone’ (ma andiamo, che sto dicendo! XD) all’inizio? Avevate pensato ad un ritorno di Shinichi??? Però, dai, l’ho fatto riapparire sotto le forme che amiamo di più, no? Anche se per un breve attimo, posso dire che anche nei diciassette anni c’è stato Shinichi in carne ed ossa... ;)
Passo a ringraziare quelle buone anime che hanno commentato lo scorso capitolo: grazie a shinichi e ran amore, Shine_, Kuroshiro ed hermione_95! Mi inchino a voi!
E grazie mille anche a floravik che ha inserito la raccolta nelle ricordate, a shinichi e ran amore per averla messa tra le preferite, e a amorelove e bunny1987 per aver inserito la storia nelle seguite!! Grazieee!
E grazie anche a quelli che hanno solo letto ;)
Bene, con questo vi saluto... alla settimana prossima, per il capitolo bonus ;)
Un abbraccio grandissimo,
 
Dony_chan 
 

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Capitolo 8
*** Bonus Chapter ... ***


Bonus Chapter!
 



Ran se ne stava comodamente seduta a gambe incrociate in mezzo al grande prato del parco di Beika, un libro blandamente abbandonato sulle sue ginocchia.
Si toccò il petto, poco più sopra dello sterno e mormorò: “Manubrio” corrugando la fronte.
La sua mano proseguì lungo la spalla e il braccio destro, mentre le sue labbra continuavano a sussurrare i nomi delle ossa che andava via via incontrando.
L’esame per l’università era alle porte, e lei si era concentrata sullo studio troppo tardi. Non ce l’avrebbe mai fatta.
Si batté una mano sulla fronte, dandosi della sciocca. Sbagliava sempre la posizione corretta dell’ulna e del radio, scambiandoli. Non sarebbe passata a quel maledetto esame di anatomia, e suo padre se la sarebbe presa con lei. E non aveva tutti i torti.
Le ultime due settimane le aveva passate lontana dai libri di testo, lontana dalle preoccupazioni universitarie. Sapeva che non sarebbero tardate ad arrivare, ma aveva avuto bisogno di un momento per sé, di staccare.
“Ulna...” ripeté la ragazza, ad occhi chiusi, toccandosi l’osso corretto. “... e radio. Ulna... e radio... ulna e...”
Un pallone la colpì violentemente sulla testa, facendola quasi finire distesa.
“Oh, scusami!” gridò in lontananza qualcuno, mentre la ragazza si rimise seduta tenendosi la testa tra le mani.
Il libro di anatomia giaceva ai suoi piedi, chiuso, mentre lei riapriva lentamente gli occhi e si massaggiava la parte colpita.
Il colpo era stato più violento del normale, e sentiva già un piccolo gonfiore sulla parte alta della fronte... precisamente nella zona del cranio, non poté evitare di pensare.
Dei passi si stavano avvicinando a lei, sicuramente del colpevole del calcio, ma nella sua testa sapeva già chi era stato.
Il suddetto colpevole si inginocchiò di fronte alla ragazza, con il fiatone.
Ran acchiappò in fretta il libro di anatomia e lo picchiò forte sulla testa del ragazzo, pronto a scusarsi per la seconda volta.
Il giovane non ebbe i riflessi tanto pronti, e si sbilanciò all’indietro, cadendo di schiena.
Ran si alzò in piedi, le mani minacciosamente sui fianchi e il viso serio.
“Ma insomma... possibile che sia sempre colpa tua?” chiese, esasperata.
Il ragazzo si massaggiò la fronte, l’espressione corrugata. “Non l’ho fatto apposta!” si scusò, il tono comunque alterato.
Ran si abbassò alla sua altezza, puntellandosi sulle punte dei piedi. Appoggiò il viso sulla mano, lasciandosi ad un sospiro.
Lo guardò negli occhi, trattenendo una risatina.
“Sempre colpa tua...” ripeté, stavolta con meno severità. “... Shinichi”.
 
 
 
Ran pescò dal freezer di casa sua una confezione surgelata di sushi e la posò senza troppa delicatezza sul bernoccolo della fronte di Shinichi, mentre lei teneva una consunta borsa del ghiaccio sulla sua testa, che stava diventando parecchio gonfia.
“Accidenti, hai picchiato troppo forte. La solita violenta” borbottò il ragazzo, mostrando poi la linguaccia alla giovane.
Ran premette più forte il sushi congelato sulla fronte di Shinichi, facendo un sorriso tirato. “Ma guarda un po’ chi ha il coraggio di lamentarsi...” e fece per andare nell’altra sala, quando il braccio del giovane bloccò il suo, tirandola all’indietro e posandola sul suo petto.
Ran sentì il suo cuore accelerare immediatamente.
Non erano rare le attenzioni particolari che Shinichi aveva con lei, da un anno a quella parte. Da quando era tornato.
Ma il suo cuore non si era ancora abituato, ed ogni volta sobbalzava febbrile, appena il ragazzo la sfiorava o le sussurrava parole dolci.
“Ehi” le mormorò all’orecchio, facendole venire i brividi. Shinichi se ne accorse e prese a riscaldare il braccio scoperto della ragazza, ottenendo però il risultato opposto.
Ran voltò appena lo sguardo verso di lui e si lasciò catturare dai suoi occhi magnetici. Gli sorrise, sentendosi in paradiso.
“Mi dispiace per prima” sussurrò il ragazzo, facendola voltare lentamente. Ran sapeva cosa aveva intenzione di fare, glielo si leggeva negli occhi.
Ma non poteva evitare di non notare le gote del giovane farsi sempre più rosse. Shinichi era un totale impiastro quando voleva fare il romantico. Era nella sua natura, non ci riusciva.
Ran trattenne una risatina, nonostante fosse conscia del momento del tutto sbagliato per ridere. E Shinichi se ne accorse.
Spostò all’indietro la testa, e lasciò andare la giovane dalle sue braccia.
Corrugò la fronte, risentito. “Che hai?” le domandò, ed un secondo dopo Ran non si trattenne più.
Rise, con la sua allegra risata argentina che, in un altro momento, avrebbe contagiato anche Shinichi.
Il giovane si appoggiò al piano di cottura, incrociò le braccia al petto e mise il broncio, risentito e punto nell’orgoglio.
“Hai finito?!” chiese trattenendo a stento l’irritazione.
Ran sorrise colpevole e si asciugò una lacrima ribelle. Si impose la compostezza, ma non poté evitare di mordersi il labbro inferiore per non ricominciare.
“Non sei proprio capace di fare il romantico, sai, Shinichi...” commentò con naturalezza, lasciando spiazzato l’interessato.
Shinichi la guardò rosso in viso, le braccia strette in una morsa. Come poteva dirgli una cosa del genere? Proprio a lui, che ce la metteva tutta per colpirla ogni volta in maniera diversa!
“Ah, io non sarei romantico, eh?” iniziò, il tono della voce stranamente acuto. “ Chi ti ha inviato tutte quelle rose rosse, per il tuo compleanno e ti ha portato a vedere il tramonto? Oppure quando...”
Ran scosse la testa, divertita, e gli parlò sopra, bloccando i suoi farfugli. “Io non ho affatto detto che tu non sei romantico! Ho detto che non sei capace di fare il romantico. Sono due cose diverse, Shinichi” concluse con dolcezza la giovane Mouri.
Touçhè... pensò il ragazzo.
Seccato, Shinichi tornò a coprirsi il bernoccolo con il sushi surgelato, e se ne andò nella sala da pranzo, senza guardare negli occhi Ran.
Lei lo seguì, con la borsa del ghiaccio a sua volta sulla fronte. “Dai, Shinichi, non dirmi che te la sei presa” cercò conferma Ran, sentendosi lievemente in colpa. Era ancora tremendamente orgoglioso, nonostante alle volte non lo mostrasse.
Shinichi non le rispose subito, lasciandosi cadere sul divano della sala. “No, e perché dovrei?” disse sarcastico. “Infondo, mi hai solo detto che sono un pagliaccio quando io...”
“Ma non è vero nemmeno questo!” lo interruppe Ran per la seconda volta, sedendosi di fianco a lui. Il suo tono serio aveva convinto Shinichi a guardarla e, fino ad allora, non le aveva mai visto un’espressione così serena. Di sicuro non stava mentendo.
“Shinichi, io ho detto questo solo perché... insomma, non volevo portare una discussione!” si giustificò, frustrata per la situazione che aveva creato. Si maledisse cento volte.
Non era quello che volevo...pensò triste.
“Hai detto questo perché...?” insistette Shinichi, curioso di sentire come voleva giustificarsi la ragazza.
Lei sospirò e distolse lo sguardo. “Perché quando fai il romantico con me, sei un totale impiastro: balbetti, ti mandi a monte da solo le sorprese, ti perdi per le colline per andare ad un semplice pic-nik...” disse di getto la ragazza, abbozzando un sorriso al solo ricordo di quella volta.
Risentito, Shinichi arrossì. “È successo solo una volta!”.
Ran sorrise amorevolmente. “Hai ragione. Ma... chi ti ha detto che a me questo non piaccia?”.
La sua domanda lo lasciò spiazzato. Forse... forse il ragazzo aveva capito veramente male tutto? Il suo ego super pompato lo aveva fatto fuorviare. Ran non intendeva deriderlo.
“Devo fare solo un po’ di pratica...” disse balbettante, abbassando lo sguardo.
Ecco, ci risiamo. Appena voglio fare un bel discorso a Ran, divento un bambino delle elementari per davvero!pensò affranto.
Ran allungò una mano sulla sua, e il cuore di entrambi aumentò il trotto. Ran era l’unica ragazza in grado di mandare a quel paese tutta la razionalità tipica del carattere di Shinichi. Ma lui sapeva che non gli dispiaceva affatto.
“... e poi non sarò più motivo di imbarazzo” Shinichi finì la frase lasciata in sospeso e spostò la testa dall’altra parte.
Il fruscio dei vestiti di Ran e il suo profumo inebriante fecero capire al ragazzo che lei si è spostata più vicino a lui.
“Tu non sei motivo di imbarazzo. Mai” sentì sussurrare al suo orecchio.
Le loro mani intrecciate si strinsero ancora di più, mentre si voltarono e si guardarono negli occhi, le guancie non più imbarazzate. Il viso di Ran era così pericolosamente vicino che...
Shinichi socchiuse leggermente gli occhi, perdendo la sua mano libera tra i capelli di Ran. La ragazza chiuse gli occhi al tocco leggero e schiuse le labbra, che furono immediatamente rapite dal ragazzo che amava.
Stava capitando di nuovo, e nessuno dei due poteva fermare quell’attimo bellissimo.
Le loro mani si separarono ed andarono a stringersi in un forte e caloroso abbraccio, mentre le loro labbra si separavano per un breve istante.
Riaprirono lentamente gli occhi, sorridendo innamorati.
“Ran...” le bisbigliò Shinichi, non sapendo cosa volesse esattamente dirle in più. Quel bacio era valso tutti i ‘ti amo’ tenuti segreti in tutti quegli anni.
Ran gli posò delicatamente l’indice sulle labbra, schiudendogliele. “Sssh” mormorò sorridendo. “Va benissimo così”.
 

 
 
 
 
 
 
 
Eccomi qua, alla vera fine di questa raccolta!
Ah, che dire? Oltre al fatto che la malinconia mi perseguiterà per settimane e settimane? :(
Sul serio, sarà brutto mettere il ‘check’ sull’opzione ‘completa’ della raccolta...!
Ma... credo che tornerò molto presto con una long-fic molto... particolare ;) niente spoilersss XD
Comunque: questa raccolta non sarebbe niente senza tutti coloro che l’hanno letta, che sono passati a commentare o che l’hanno inserita tra le ricordate, tra le preferite e tra le seguite... grazie veramente di cuore!
Passo a ringraziarvi di nuovo tutti:
per aver recensito lo scorso capitolo grazie mille a Stefy Pan, Shine_,  shinichi e ran amore, e a Il Cavaliere Nero!
Per aver inserito la storia nelle preferite grazie a shinichi e ran amore, Saiyan Princess, Il Cavaliere Nero, Courtneyloveanime!
Thanks to Agnese_san, amorelove, bunny1987, ChibyRoby, ciachan, Kuroshiro, micia95, ranshin22, Shine_, Stefy Pan VRSB per le seguite!
E per le ricordate grazie a floravik e Kiki Hiwatari!
Senza tutti voi, questa raccolta non sarebbe stata così importante per me!
Oddio, come sono seria :)
Bè, che altro dirvi... ci vediamo alla prossima! Hasta luego!
Spero che questo capitolo Bonus vi sia piaciuto!!
Un abbraccio grandissimo e fortissimo,
 
Dony_chan 

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