Time Flies

di Bush_Head
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Every story starts somehwere, ours starts in Manchester .... ***
Capitolo 2: *** And there it goes.... ***
Capitolo 3: *** Sensations.... ***



Capitolo 1
*** Every story starts somehwere, ours starts in Manchester .... ***



Pov Iry
E strano come i nostri sogni a volte diventino i nostri peggiori incubi. Mi chiamo Irina Inglis, ho 14 anni, sono nata il 21 Gennaio insieme a mio fratello gemello Duncan. Siamo di Manchester, o meglio, ci siamo cresciuti e adesso, ai nostri 14 anni, siamo costretti a cambiare casa è città. Infatti nel giro di due settimane ci trasferiremo a Londra, la capitale. Ho sempre desiderato andarci a vivere, ma non così presto, specialmente non prima di iniziare il liceo che avrei voluto affrontare con i miei amici di sempre. Ma invece no; i miei genitori ed i miei zii avevano deciso di trasferire tutta la famiglia a Londra per mandare avanti la loro impresa. A tutti gli adulti andava bene di conseguenza non importava che io, Duncan e Simon, nostro cugino e coetaneo, fossimo contrati; quello che importava erano i soldi, come sempre. Mentre ero immersa in questi ragionamenti mio fratello mi arrivò alle spalle.
-Weilà gemellina! Come mai questo muso lungo?- fece esuberante
-Da dove comincio?- risposi retorica
-E dai, Londra non sarà così male, e poi hai sempre voluto andarci no?-
-Si, non è quello il problema infatti!-
-E qual è allora, la casa? Iry, vivremo in una casa enorme, in campagna, avremo delle stanze enormi e non dovremo nemmeno condividerle!-
-Io non ho mai avuto problemi a condividere la stanza con te, anzi mi piace e molto- risposi imbronciata.
Alche lui si alzò dallo scatolone di libri su cui si era seduto e mi abbracciò come tutte le volte che mettevo il broncio. Adoravo mio fratello, anzi gemello, lui era il mio protettore, il mio cavaliere senza macchia e senza paura anche se era più grande di me di soli 4 minuti. Fin da piccoli aveva sempre avuto quest'istinto di protezione nei miei confronti, ed io quello di farmi proteggere nei suoi. Non avevo mai permesso a nessuno, nemmeno a mio padre, di proteggermi a spada tratta come faceva il mio Dunk.
-Dai cioccolatino, vedrai che ti piacerà, e poi, potrai dormire con me ogni volta che vorrai =D -
m'incoraggiò -Grazie biscottino alla panna, che farei senza di te?-
-Cadresti in depressione!-
-Come scusa?!?! Questa la paghi!-presi un cuscino dal letto ancora al suo posto e lo attaccai. Parve non aver nemmeno visto il colpo da quanto fu fulmineo. Barcollò un poco, scosse la testa e mi rivolse il suo “sguardo assassino che assassinava solo lui” come lo chiamavo io; prese il suo cuscino e così la battaglia iniziò. Dopo circa mezz’ora che ci azzuffavamo sentimmo in colpo di tosse provenire dalla porta, ci girammo e
-Simon!!- urlai correndo verso il mio cugino preferito snobbando completamente Dunk. Lo abbraccia e gli detti un bacio sulla guancia e lui, come al solito, mi arruffò i capelli.
Ecco, loro due, i miei uomini, erano gli unici con cui mi dimostravo per la persona dolce, affettuosa e fragile che ero. Non c’era mai stato nessuna amica che avesse visto questo mio lato, solo loro, il biondo e il moro.
-Sono salito in questa buia soffitta che voi chiamate camera per dirvi che le pizze sono arrivate-
-Sempre molto carino ,vero Sy?- disse Dunk
-Ovvio- fece lui- Iry a che pensi?-
-A una cosa geniale, come sempre. Prendiamo le pizze, il computer e andiamo a guardarci un film in giardino, che ne dite?-
-Dico che, in quanto mia parente stretta, sei un genio!- commentò Sy
-Concordo col cugino nero- disse Dunk
Scendemmo, prendemmo le pizze e uscimmo in giardino. Ci sedemmo tutti e tre intorno al tavolo sotto il portico e, dopo aver spostato i gatti che dormivano sulle sedie in casa, ci sedemmo e accendemmo il pc.
-Ok, saltiamo direttamente la parte in cui Duncan si oppone e andiamo direttamente a scegliere l’horror di stasera- disse Sy
-Ma io!- cercò di protestare mio fratello
-Ma tu nulla! Il cugino nero ha ragione.- feci svelta
Dopo un’ora buona di discussione optammo per “Final Destination: the final trip”.
Durante tutto il film io e Simon ridevamo delle improbabili morti dei protagonisti mentre Duncan, non proprio amante dei film horror, se ne stava rannicchiato sulla poltrona da giardino sobbalzando ad ogni singolo rumore proveniente del giardino. Andammo a letto alle due passate, obbligati dai nostri genitori; Sy se ne andò a casa sua, io e Dunk salimmo in camera nostra e dormimmo insieme, tanto per cambiare.

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Capitolo 2
*** And there it goes.... ***





 

Pov Iry

 

Erano ormai passate due settimane dalla serata di Final Destination ed era ormai giunto il giorno del trasloco, l’odiato, giorno del trasloco. I nostri genitori e i ragazzi avevano messo tutti gli scatoloni su un camion diretto alla nostra nuova casa. Noi eravamo partiti il giorno dopo con le cose essenziali ed eravamo arrivati, dopo 4 o 5 ore di viaggio in macchina, nella campagna di Londra.

-Mamma, se non abbiamo nulla da fare oggi, perché siamo partiti alle 5 del mattino?- chiese Dunk dopo essersi svegliato dal suo letargo.

-Perché voi due dovete mettere a posto le vostre cose, andare a ritirare i vostri libri e prepararvi psicologicamente e fisicamente al vostro primo giorno di scuola, che è domani- rispose nostro padre.

-Che cosa!?!?!?!? A Manchester la scuola iniziava molto dopo!- esclamammo io e Dunk in coro.

-A Londra inizia prima. Comunque, per la vostra gioia, nella vostra nuova scuola studierete il greco antico e il latino, è sperimentale, un’idea italiana-

-Greco? Latino? Ok, ci sto, mi avete convinta!- risposi

-Mercenaria- asserì Duncan- Ma mi piace-

Uscimmo dalla macchina e ci trovammo di fronte ad una casa gigantesca, non la si poteva nemmeno definire villa, era un castello, bellissima e immensa.

L’entrata principale era sotto un porticato bianco. Sulle colonne si arrampicavano dei fiori rossi e arancioni con foglioline verde brillante. La porta era imponente e interamente scolpita con motivi floreali. La facciata frontale, bianca come il portico, era immensa e costellata di grandi finestre con gli infissi di un blue tenue, uguale a quello del tetto, leggermente al di sotto del quale s’intravedeva una finestrella, probabilmente della soffitta.

Presi la scatola delle mie cose più importanti e mi avvicinai alla porta. La aprii e mi trovai davanti ad un corridoio chilometrico. Le stanze erano disposte simmetricamente ai suoi lati; prima le cucine, poi delle scale possenti che conducevano alle stanze superiori. Sotto le scale si estendevano altri corridoi che portavano in giardino, ai bagni, alla palestra dalla nostra parte e alla sauna nella parte della casa che spettava ai miei zii e Simon. Dopo di che si aprivano due enormi salotti e infondo ai corridoi, dalla nostra parte, la biblioteca, mentre dalla parte di Sy una sala musica attrezzata con pianoforte, chitarre, bassi, batteria e molto altro; nella nostra famiglia la musica era sempre stata molto importante e i nostri genitori facevano si che coltivassimo questa passione.

Io, Dunk e Sy girammo per quella casa enorme ancora per una buona mezz’ora, curiosando da tutte le parti, ispezionando ogni centimetro del posto in cui avremmo passato molti anni insieme. Nella perlustrazione scoprimmo di avere un cinema personale, una cabina armadio e un bagno a testa!

Sistemammo le nostre stanze, già ammobiliate in precedenza, le decorammo con i poster dei nostri idoli, posizionammo le foto più significative e trovammo i posti per i nostri “oggetti sacri”: il pallone del Manchester UTD di Sy, la chitarra elettrica di Dunk e la mia piccola biblioteca personale.

Dopo pranzo andammo a ritirare i nostri libri di scuola nel centro della città e girammo un po’ tra Piccadilly, Trafalgar e Hyde Park. Tornammo a casa verso le sei, giusto in tempo per il nostro quotidiano “tea”, da bravi inglesi quali siamo. Passammo il resto della giornata a immaginare come sarebbe stata la nostra nuova scuola e che tipo di compagni ci saremmo ritrovati. Eravamo tutti e tre piuttosto fiduciosi anche se c’era sempre quel briciolo di amarezza per la mancanza dei nostri vecchi amici. Alle otto scendemmo per la cena dove i nostri genitori ci assillarono con domande del tipo :” Hai preparato i libri?” o “Hai già scelto cosa metterti?” , “Sei nervosa/o?” , “Pronti ad alzarvi presto?”.

Verso le dieci andammo a letto, consapevoli del fatto che di lì a poche ore sarebbe cominciata un’altra parte delle nostre vite.

 

 

Pov Elly

« Ora, non è per essere pignoli, ma mi spieghi perché devi sempre usare la mia roba?» chiesi piuttosto scocciata a mio fratello.

Lui mi ignorò totalmente, mentre faceva mosse irripetibili con le mie cuffie nelle orecchie. Ancora non riuscivo a capire per quale oscuro motivo non potesse usare il suo, visto che ce l'aveva.

« Lo sai sorellina, il mio motto è “ condivisione fraterna” » disse cercando di imitare malamente il tono di mia madre.

« Ah-ah. E il mio è “ levati dalle palle”, invece! » esclamai tentando di spingerlo fuori dalla mia camera. Lui si piantò saldamente in terra, a gambe incrociate e senza la minima intenzione di muovere il culo. Sbuffai rassegnata, prima di mettermi a sedere accanto a lui. « Vabbè, ho capito » esclamai prendendogli una cuffia e mettendomela nell'orecchio. « Brava sorellina, ti sei sintonizzata sulla mia lunghezza d'onda! » approvò soddisfatto.

Io mi distesi e appoggiai la testa sulle sue gambe, chiudendo gli occhi per concentrarmi di più sulla musica.

Stavamo spesso in quella posizione io e lui, era una specie di piccolo rituale che avevamo sin da piccoli e che ci piaceva ripetere, ogni tanto.

Lee era più grande di me di un anno e cinque mesi, era nato nel caldissimo 17 Giugno, mentre io nel freddissimo 25 Febbraio. Come fratello e sorella non eravamo male tutto sommato; non ci somigliavamo tantissimo ma eravamo molto legati. Lui si sentiva quasi in dovere di proteggermi, di prendere le mie difese o consolarmi se ero triste ( doveri da fratello maggiore, diceva ), mentre io amavo prenderlo in giro e coccolarlo, alternando le due cose senza nessuna coerenza o senso logico.

Anche se mi divertivo a bisticciare con lui rimaneva sempre il mio piccolo, il mio bambolottino tenero che si atteggiava a duro. Era il maggiore, è vero, e lo sentivo, ma allo stesso tempo a volte mi pareva tanto dolce e tenero, più fragile persino di me.

« Ah, dice mamma che dopo viene Ant » mi informò distrattamente.

Non era poi così strano che nostro cugino venisse a trovarci, visto che oramai era praticamente come un secondo fratello. Maggiore, pure lui. Certe volte era scocciante essere la piccola di casa. « Ok, ricevuto »

Rimanere stesi lì per terra non era esattamente quel che si dice “ divertente”, ma era molto, molto rilassante. Solo che dopo una mezz'ora Lee si stufò di farmi da cuscino e si alzò di schianto, senza preavviso, facendomi battere una craniata sul pavimento.

« Ehi, Ryan, che delicatezza!! » di solito quando fingevo di essere arrabbiata lo chiamavo per cognome, tanto per dare più enfasi alla cosa.

Proprio quando stavo per alzarmi e andare a tirargli uno scappellotto, però, suonò il campanello, e lui si salvò in extremis.

« C'è il Costa, vado ad aprire » saltellò tutto vivace fino alla porta, accogliendo nostro cugino con una pacca sulla spalla.

« Ehi, Ant, che sorpresa! Come mai qui? » mi finsi sorpresa

« Vostra mamma non ve l'ha detto? Mi ha invitato a pranzo, e allora... »

Quel fessacchiotto ci era cascato, come sempre del resto. Ecco, in casa mia l'unica sveglia forse forse ero io.

« Sì che ce l'ha detto, ti prende in giro, scemo! » esclamò mio fratello.

Ah, allora anche lui quando voleva le capiva le cose!

Ridemmo tutti e tre e andammo a sederci in cucina, dove mia mamma nel frattempo stava cucinando per tutti.

« Allora ragazzi, siete contenti di andare in classe insieme? » chiese mentre eravamo seduti a tavola.

« Io non vedo l'ora di cominciare, anche se sono un po' preoccupata per queste nuove materie... »

Il liceo dove avevamo scelto di andare io, mio fratello e mio cugino era un liceo sperimentale, dove oltre alle materie normali facevano anche Latino e Greco antico, come nei licei Italiani. Non era ai livelli del loro “ classico”, perché noi avevamo anche fisica, chimica e varie materie facoltative, ma erano pur sempre nel programma e non avendole mai fatte prima non sapevo cosa aspettarmi.

« Aspetta almeno il primo giorno per preoccuparti, Ellie! » esclamò Lee con fare melodrammatico.

« Sì capitano, mio capitano » lo presi in giro facendo il segno dell'attenti con la mano.

Antony ridacchiò rischiando di strozzarsi con l'acqua, mentre mio fratello mi guardò storto. Mi divertiva troppo provocarlo.

« Bè, vedremo. Secondo me vi piacerà. E poi chissà quante amicizie interessanti farete » disse mia mamma concludendo diplomaticamente il discorso.

« Speriamo! Non ne posso più di questi due! » esclamai allontanando la sedia dal tavolo.

« Ehi! Io non sono male! E' lui quello rompiballe! » protestò Antony.

« Ma, ma...! Mamma! Digli qualcosa! » Lee fece il labbruccio e mia madre subito cadde in un brodo di giuggiole, andando a sbertucciarlo come fosse un bimbo piccolo.

Io e mio cugino lo guardavamo mentre era in balia di mia madre e ridevamo della grossa, mentre lui ci lanciava occhiate assassine.
Chissà che spasso sarebbe stato un anno assieme a quei due....


Beh? Che ne pensate????


 

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Capitolo 3
*** Sensations.... ***



 
pov Elly  

 

E' luogo comune che tutti nella vita hanno la propria croce. Detto un po' stupido forse, ma decisamente vero. La mia? La mia è più grossa delle altre, purtroppo.
Anzi, più che grossa possiamo dire che è alta, bionda e TERRIBILMENTE RITARDATARIA!
« Lee, ti do trenta secondi, poi prendo e me ne vado! » gli urlai da fuori del bagno.
« Oh ma che coglioni! Ha parlato quella che non ci sta mai, al cesso! », protestò.
« Tanto per cominciare, io sono una ragazza ed è già più normale, seconda di poi io non faccio ritardo il primo giorno di scuola!» ribattei senza lasciargli margine di replica.
Mentre finivo la frase, la porta si aprì rumorosamente e me lo ritrovai davanti. Mi guardò malissimo, ma io non feci una piega: in ogni caso, avrei vinto io.
Antony, che era rimasto a dormire a casa nostra la sera precedente, sbucò all'improvviso interrompendo la nostra – piuttosto patetica- gara di sguardi.
« Voi due na' mossettina no, eh? » chiese facendoci cenno di muoverci.
« Sì, sì, arriviamo » lo accontentai infilandomi la giacca.
Fortunatamente l'autobus partì in orario quella mattina, e riuscimmo comunque ad arrivare in tempo a scuola.
Sia io che Ant eravamo un po' nervosi per il primo giorno, mentre Lee canticchiava tranquillo tra sè e sé, come se nulla fosse.
« Lee, com'è che te non sei mai un filino nervoso per nulla? » chiese Ant
Lee si tolse una cuffia con gesto disinvolto, e ci rivolse un' espressione ovvia.
« Semplice, perchè nessuno in quella scuola mi conosce, e per tanto non ho paura di fare incontri spiacevoli una vota arrivato » spiegò.
Io e Antony ci guardammo per un lungo istante, annuendo. « Non fa una piega », concordò alla fine. « Per esempio non dovrai più rivedere Viki » continuò facendomi saltare sul posto come un cartone animato.
« Ora che mi ci fai pensare, non sono più nervosa » esclamai sorridente alla luce di quella meravigliosa prospettiva.
Viki, diminutivo di Victoria, era stata la ragazza di mio fratello fino a pochi mesi prima, e non eravamo mai andate molto d'accordo. In effetti io non la potevo vedere, anche perchè sin dal primo giorno mi era sembrata falsa e anche stronza.
Ovviamente, come ogni mia supposizione, anche quella era esatta, e lei si era dimostrata esattamente tale. Non scenderò nei dettagli, ma vi basti sapere che l'andare in due scuole diverse al liceo è stata una vera benedizione per lei, perchè altrimenti l'avrei appesa al muro non appena arrivata.
Fatto sta che, con quelle parole, mio fratello riuscì a farmi calmare, e quando entrammo in classe ormai non ero praticamente più nervosa.
« In fondo, ti prego!» mi scongiurò Antony non appena varcammo la soglia dell'aula ancora vuota.
Senza nemmeno rispondergli mi piazzai in ultima fila, mollando lo zaino in terra e sedendomi ad ammirare il luogo dove avrei dovuto passare i prossimi cinque anni della mia vita.
Mentre ero impegnata a guardarmi intorno cominciarono ad entrare a poco a poco anche i nostri futuri compagni, e si sistemarono nelle file più avanti.
Notai qualche faccia simpatica, ma la maggior parte non mi ispiravano particolarmente. Quella scuola era abbastanza prestigiosa, per cui mi sarei già dovuta aspettare una compagnia piuttosto snob o perlomeno molto composta.
Stavo osservando una ragazza, piuttosto alta, castana, con qualche lentiggine qua e là, quando un'entrata piuttosto rumorosa di alcuni ragazzi destò la mia attenzione. Il primo che notai era un ragazzo di colore, alto, i capelli rasati e aveva l'aria di una persona molto tranquilla ma decisa. Chiacchierava con una ragazza, alla sua sinistra, che gli somigliava molto. Dedussi che fossero parenti, fratelli, cugini o roba del genere, ma non ci feci molto caso. La prima cosa che notai di lei fu l'immensa massa di capelli ricci che le circondavano il volto, scendendo lungo le spalle in graziose onde. Erano scuri, e anche la sua pelle e le linee del suo viso indicavano chiaramente che non doveva essere completamente inglese. Si avvicinarono a noi, e fu solo allora che notai l'altro ragazzo che stava con loro. Era molto diverso dai due; la sua pelle era chiara, tipicamente inglese, i capelli erano biondo scuro, tendente al castano, e stavano dritti sulla testa facendolo sembrare un piccolo solicino. Ridacchiai tra me e me di quell'idea, prima che la ragazza smettesse di parlare con il suo amico e si rivolgesse a me.
« E' libero qui? » chiese indicando il posto vuoto alla mia destra.
« Sì, certo, fai pure » risposi sorridente, interessata a quella ragazza così vivace e solare.
Gli altri due si sedettero al suo fianco, bisbigliando tra loro.
« Io sono Irina » si presentò lei facendomi un grosso sorriso mentre si sistemava
« Elettra » risposi prontamente, ricambiando il sorriso.
« Antony », s'intromise mio cugino porgendole la mano, « e questo è Lee » continuò indicando mio fratello, che la salutò con un cenno della mano.
« E voi? » chiesi rivolgendomi agli altri due che nel frattempo si erano avvicinati per unirsi alle presentazioni.
« Simon, piacere » disse il ragazzo nero porgendomi la mano.
« Duncan » si presentò infine il biondo, facendo un debole sorriso.
Solo allora notai la cosa di lui che più mi colpì: i suoi occhi erano di un blu intenso, dello stesso colore degli zaffiri, profondi come il mare e brillanti come una pietra preziosa. Non avevo mai visto degli occhi simili, e per un attimo rimasi a bocca aperta.
« Siete parenti per caso? » chiese Antony distogliendomi dai miei pensieri e facendomi concentrare di nuovo su Irina, a cui si stava rivolgendo.
« Sì, lui è mio cugino e lui mio fratello gemello» spiegò indicando prima Simon e poi Duncan.
« Avrei detto il contrario » osservò Lee, « voi due vi somigliate molto » disse indicando Simon e Irina con due dita.
« Sì, ce lo dicono tutti » rise lei, sistemandosi i capelli dietro un orecchio.
« Come noi » dissi io quasi in contemporanea. « lui è mio cugino e lui mio fratello » spiegai indicando Lee e Antony. « anche se del fratello certe volte farei volentieri a meno » aggiunsi alzando gli occhi al cielo.
« A chi lo dici » rispose Irina con fare complice, « però in fondo come faremmo senza di loro? » concluse ridacchiando e sorridendo al fratello.
« Vero » concordai tornando a guardare Duncan.
A prima vista non sembravano fratello e sorella, tantomeno gemelli, ma se li osservavi bene notavi che il loro atteggiamento era estremamente simile, che spesso comunicavano solo con gli sguardi e che tra loro c'era una sintonia speciale, com'è tipico.
Oramai la classe si era riempita, e il professore era appena entrato. Mi diedi un veloce sguardo in giro cercando di indovinare quali sarebbero state le persone con cui avrei potuto legare di più in quell'anno, giusto per avere un quadro generarle.
Inevitabilmente, il mio sguardo cadde alla mia destra.

Pov Iry

-Ecco, lo vedi? Se vivessimo ancora a Manchester avrei avuto due settimane di più per scegliere cosa mettere e ora non mi troverei nel panico più totale!- gridò mi fratello in preda all'isteria. Mi chiedo come accidenti sia possibile che un ragazzo tenga all'aspetto più di una ragazza. Ora, non è che sia un tipo trasandato e che si veste di stracci, intendiamoci, ma mio fratello esagera! Si era svegliato un'ora prima per prepararsi, un individuo del genere andrebbe rinchiuso!

-Duncan stai bene, i pantaloni ti stanno bene e la maglietta è abbastanza figa, ora, ti vuoi muovere? Non voglio sentire l'ennesimo sproloquio di papà sulla puntualità!- ribattei seccata. Lui mi guardò bieco e io feci finta di nulla, non lo conoscessi. Lui si decise a darsi una mossa e scendemmo al piano di sotto dove Sy ci aspettava, mezzo addormentato, davanti al televisore. Appena ci vide uscì dal suo letargo e si alzò dal divano. Salimmo in macchina partimmo alla volta della nostra nuova scuola. Durante il tragitto guardavo assorta il paesaggio scorrere fuori dal finestrino. Tutte quelle case, quelle persone, non mi erano familiari, ma mi davano un senso di sicurezza. Invece di essere nervosa, come lo era mio fratello, per il primo giorno di scuola, io era tranquilla, come se sapessi che, di lì a poco, sarebbe successo qualcosa di particolare o che avrei incontrato qualcuno di importante.

Salutammo i nostri genitori e ci dirigemmo verso la scuola. Un edificio vecchio, di fine '800, si innalzava austero davanti a noi. Il cancello d'entrata, vecchio come l'edificio, evocava una sensazione di divisione, come se, dal fuori al dentro, si entrasse in un'altra realtà. Intorno alla scuola si estendeva un giradino verde e rigoglioso, che smorzava i toni seri e cupi della costruzione; dava un senso di vita in tutto quel cupore. Entrammo nella scuola e subito una bidella ci chiese in quale sezione eravamo iscritti, per aiutarci a trovare l'aula.

-Sezione C- sentenziò Sy

-Bene, è qui al piano terra, infondo al corridoio a destra- rispose la bidella

-Wow, meno male che è al piano terra, vi immaginate fare tutte quelle scale ogni mattina?- esclamò Dunk alludendo alle varie rampe di scale che portavano ai piani superiori.

Parando ci dirigemmo verso l'aula che ci aveva indicato la custode ed entrammo. La classe era ancora semivuota, c'erano solo sei o sette persone. Appena varcata la soglia Sy si diresse determianto verso il fondo della classe, dove c'era una fila di sei banchi uniti, occupata solo per metà da dei ragazzi arrivati prima di noi.

-E libero qui?- chiesi all'unica ragazza del trio

-Si, certo, fai pure- rispose sorridente.

Io e gli altri ci sistemammo e ci presentammo. Come a conferma di ciò che avevo pensato in macchina, quei ragazzi m'ispiravano una sensazione strana, di familiarità, sebbene li avessi conosciuti solo dapochi minuti. Li osservai bene uno per uno. Elettra, la ragazza, sembrava un po' addormentata, come se vivesse in un mondo tutto suo, ma ero sicura che non fosse una stupida, anzi, nonostante l'apparenza da tonta doveva essere molto sveglia. Antony, il cugino, anche lui con l'aria un po' da fessacchiotto, era molto socievole e sorridente, metteva allegria solo a guardarlo. Nel quarto d'ora che aspettammo prima dell'inizio della lezione fece una battuta dietro l'altra, tutte divertenti, il che non è da poco. Poi c'era Lee, il fratello di Elettra. Lui era di un anno più grande, anche se non sembrava; il suo viso da bambino piccolo confondeva sulla sua reale età. Per la maggior parte del tempo parlai con sua sorella, ma ogni volta il mio sguaro si posava su dilui, come attratto da una calamita invisibile: lui fu quello che osservai di più. Oltre ai lineamenti da bambino notai i suoi capelli, biondi, come quelli di mio fratello, ma più chiari, biondo oro.Mi colpì il suo sorriso, così genuino e spensierato; poi notai gli occhi. Erano di un colore indefinito, ogni volta che li guardavo assumevano una sfumatura diversa, ora azzurri, ora verdi, ora grigi; fui assolutamente affascinata da quegli occhi, all'apparenza così freddi, ma così cristallini che lasciavano trasparire ogni emozione del ragazzo.

Comunque, anche se per la maggior parte del tempo fui concentrata su Lee, notai che Elettra mostrava un certo interesse per mio fratell, infatti non smetteva un attimo di guardarlo e, anche quando iniziò la lezione, si girava continuamente verso di lui.

Il professore intrò in classe e si presentò- Io sono il professor White, insegno inglese e sono il coordinatore della vostra classe. Ora farò l'appello e, quando sentite il vostro nome, per favore, venite qui alla cattedra fate una breve presentazione alla classe, in modo da conoscerci meglio- e cominciò l'appello....




 Qui è Iry che parla:
allora ragazze, ragazzi e chiunque legga la storia, per favore, recensite!
Comunque speriamo vi piaccia =D

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