Love is a hurricane

di Grouper
(/viewuser.php?uid=89040)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorni a sorpresa. ***
Capitolo 2: *** Dove ti porta il vento ***
Capitolo 3: *** L'arte del mentire a se stessi ***
Capitolo 4: *** Consigli da prendere al volo. ***
Capitolo 5: *** Trovare il coraggio che serve. ***
Capitolo 6: *** universi paralleli ***
Capitolo 7: *** è passato. ***



Capitolo 1
*** Ritorni a sorpresa. ***



La solita routine: il solito caffè, la solita doccia bollente e la solita metro. Una mattina normale, se non fosse per il fatto che in quella presunta mattina normale, Aurora avrebbe varcato per la prima volta la soia di quell'edificio imponente come una sua vera e propria studentessa. Quella mattina normale sarebbe stato il primo giorno effettivo di università: un sogno vagante per il grande bagaglio di desideri che si portava in giro Aurora da ormai cinque anni. Si ricordava ancora la prima volta in cui entrò all'interno del Parlamento Europeo a Bruxelles e ne rimase affascinata: quante menti dietro ad un piccolo ma grande continente! Quel giorno si innamorò di quel mondo burocratico, e non abbandonò mai l'idea di voler diventare una diplomatica, di laurearsi in legge per poi andare a lavorare ad un'ambasciata o per grandi organizzazioni mondiali. Pensava e Sognava in grande, Aurora, senza mai essere capita da nessuno fuorché da suo padre; era sempre stata una ragazza dolce, solare e amava fare conversazione: dire la cosa giusta al momento giusto era forse l'unica cosa che sapesse fare con decenza. Gran vantaggio voi direte, ma non sempre le cose vanno come programmate: per qualche motivo Aurora non riusciva mai a trovare grandi amici, quelle persone su cui ti fiondi se hai un problema, quelli con cui passi tutti i fine settimana senza mai annoiarti; in diciannove anni di vita aveva avuto solo un ragazzo, alll' ultimo anno di liceo; una storia un po' tormentata per la sua apatica vita sentimentale.
Ma erano solo ricordi passati di mesi intensi, di un amore burrascoso che Aurora si era, non facilmente, lasciata alle spalle con successo; la sua vita in quel momento era di nuovo proiettata al futuro, ad una carriera brillante e niente di più.
Il grande prato verde del King's College si aprì davanti ad Aurora dopo aver camminato per dieci minuti buoni dalla fermata della metro al cancello d'entrata. Era un edificio a dir poco enorme, che somigliava più ad una cattedrale che ad un'università; non era esattamente quello che si aspettava fino a poco tempo prima: pensava di finire a Roma, in una grande università prestigiosa, avrebbe cambiato paese e l'avrebbe fatto volentieri: l'Italia, il sole, la bella vita! Lo aveva visto solo nei film, ma le era bastato per farsi un'idea e per volerci abitare disperatamente. Ma quello era il suo presente, e si trattava comunque di una delle più grandi e importanti università al mondo, e non poteva che esserne orgogliosa.
Si incamminò sulle grandi mattonelle grigie che portavano all'entrata vera e propria dell'edificio. Era ancora relativamente presto, e attorno a sé non c'erano troppe persone, giusto qualche gruppo di ragazzi distesi con un telo sul prato pronti a godersi gli ultimi attimi di libertà prima dell'inizio del semestre autunnale. Aurora respirò a pieno l'aria fresca che la circondava: la sera prima era piovuto e l'odore che emanava l'erba dopo la pioggia era qualcosa di indescrivibile; si guardò attorno per memorizzare bene quel posto, quella gente e quelle mura: sarebbero state la sua vita per i prossimi cinque anni, e ciò la rendeva assolutamente entusiasta.
Una volta entrata, Aurora si perse tra i grandi corridoi decorati ad arte: quell'università era imponente, sia da fuori che da dentro; c'erano tantissimi dipinti sparsi per le mura grigie e mobili antichi risalenti a chi sa quale anno disposti meticolosamente per tutta la lunghezza dei corridoi.
Tutto aveva mantenuto un'aria e un'atmosfera antica, gotica, ma allo stesso tempo tra una stanza e l'altra si trovavano zone più moderne e funzionali.
Dopo aver vagato senza meta, troppo affascinata da ciò che la circondava, Aurora ebbe la brillante idea di tirare fuori la mappa dell'università alla ricerca della sua aula. Dopo aver smanettato tra orari vari, scartoffie infinite e mappe incomprensibili, scoprì che l'aula in cui doveva arrivare Aurora da lì a cinque minuti si trovava al secondo piano sulla sinistra. Si guardò in torno per qualche secondo, alla ricerca disperata di una scala o di un'ascensore: salì in fretta e furia i gradoni della rampa larga più di venti metri, e una volta arrivata all'interno dell'aula con il fiato corto, si rese conto di essere tra i primi studenti ad essere in anticipo.
Varco la soglia, un po' titubante. Sulla grande cattedra era seduto un presunto professore con una gobba che poteva competere con quella di Quasimodo, un naso aquilino con sopra due spesse lenti: se ne stava ricurvo su un mazzo di fogli poco identificabili e non degnava di uno sguardo nessuno. Quando Aurora azzardò un “Buongiorno” da persona educata quale era, il vecchio professore si limitò solo ad annuire con la testa, senza spostare lo sguardo dalla carta. Aurora arricciò le labbra, alzando un sopracciglio, e scocciata si avviò a prendere posto sulle grandi pedane poste in salita rispetto alla cattedra. Essendo abituata a passare ore interminabili su un banco sporco e striminzito, quella soluzione di fare un banchi unici, un po' come una gradinata di uno stadio, lì per lì la stranì un po', ma riuscì dopo poco tempo a trovarcisi stranamente a suo agio.
Posò la borsa marrone sopra la superficie di legno scuro davanti a lei, in attesa che quel vecchietto si decidesse a presentarsi e a degnare i ragazzi di qualche attenzione. Aurora si guardò un po' attorno, come tutti gli altri studenti: accanto a lei c'era una ragazza mora con due grandi occhi marroni incredibilmente belli e luminosi; quando i loro sguardi si incontrarono, la studentessa rivolse un grande sorriso ad Aurora, che non poté fare a meno di ricambiare. La mora si spostò un po' verso destra fino ad arrivare vicino a lei e allungarle la mano affusolata: “Piacere, mi chiamo Beatrice, ma puoi chiamarmi Bea.” disse sorridendo. “Aurora, molto piacere.” rispose ricambiando la stretta di mano. “Ma sei per caso italiana? Hai un nome così bello!” continuò Aurora sciogliendo la stretta; Beatrice sorrise e inclinò la testa verso destra, timidamente. “Beh, sì in realtà! Spero tu l'abbia capito veramente dal nome e non dall'accento.” disse soffocando una timida risata tra le lentiggini che le coloravano il naso. “Ma scherzi? Hai un accento impeccabile, anzi devo farti i complimenti.” disse sorridente Aurora, facendo però sentire Beatrice ancora più in imbarazzo. “Oh, grazie, mi ci sono impegnata tanto in realtà...” continuò la mora cercando di smaltire l'arrossamento in viso. “Tu invece sie di qui?” disse poi, curiosa. Aurora sospirò, guardò per un secondo la sua borsa e poi con un piccolo sorriso si girò di nuovo verso gli occhi marroni della ragazza. “Ahimè! Sì, Londra.” Beatrice sgranò gli occhi, sorpresa. “Ahimè?! Ma scherzi? Io pagherei per essere inglese, figuriamoci londinese!” - “Penso sia normale per ognuno di noi desiderare di vivere in un altro posto, lontano dalla tua città natale. E' un processo che colpisce gran parte di noi giovani, è inevitabile.” Beatrice la guardò di sbieco, e poi scoppiò a ridere; Aurora alzò un sopracciglio e sorridendo disse: “Che c'è?!” Beatrice tossì, per riprendersi dalle risate. “No, niente, scusa. Comunque non pensavo che anche a Londra si avesse questo desiderio, insomma: Londra è Londra!” Ci pensò un attimo, storcendo le labbra, e poi le chiese: “Da dove vieni di preciso?” “Roma” rispose Beatrice. Aurora spalancò la bocca e gli occhi cominciarono a luccicarle. “E tu te ne sei andata da Roma?” - “Eh già! Troppo caldo, troppo sole, troppi ricordi... Era ora di cambiare.” disse Beatrice guardando in basso e giocherellando con un nastro attaccato alla sua collana.
“Tu dov'è che volevi andare?” chiese poi la mora alzando di scatto la testa. “Italia, proprio a Roma. Volevo entrare alla LUISS, e invece eccomi qua.” disse Aurora cercando di sorridere ma rivolgendo inevitabilmente un angolo della bocca verso il basso. Si guardò in giro: la classe cominciava a riempirsi a poco a poco, mentre il professore con la gobba se ne stava sempre chino sulle sue scartoffie.
“E cos'è andato storto?” chiese Beatrice dopo aver fatto un giretto anche lei con lo sguardo. “Ho avuto la presunzione di credere di riuscir ad imparare una lingua a me totalmente sconosciuta in poco tempo: non ho passato il test di italiano.” disse abbassando la testa, un po' a disagio. Era difficile per Aurora riuscir ad ammettere i suoi errori, odiava fallire, eppure era capitato anche a lei.
“Guarda, ti assicuro che l'italiano è difficile anche per gli italiani stessi. Ti capisco perfettamente, è davvero una lingua difficile!” Aurora le rivolse un sorriso, stava per aprire bocca quando il professore si alzò dalla sedia e un roboante colpo di tosse echeggiò per tutta l'aula, attirando l'attenzione di tutti.
“Buongiorno, Io sono il Professor Hastings.” disse con una voce profonda ma allo stesso tempo stridula. Aurora alzò le sopracciglia e sottovoce disse: “Oh, finalmente!”.
Mentre il vecchietto introduceva il programma di legge, ad un certo punto Aurora sentì la porta chiudersi, più in basso della sua pedana: non ci fece troppo caso, alzò lo sguardo per un attimo senza nemmeno fare caso su chi fosse entrato e, per paura di perdere il filo del discorso, tornò sui suoi appunti. Il professore fece una pausa, e tornò per un attimo sulla cattedra e scarabocchiò su un foglio, probabilmente stava firmando qualche altra scartoffia di cui si era ricordato all'improvviso. Aurora prese quel minuto di tempo per guardare il ragazzo che era entrato: moro, carnagione olivastra, mezzo orientaleggiante, due occhi color ambra che si riuscivano a vedere perfettamente anche a quella distanza. Aurora era paralizzata, letteralmente: la penna le era caduta dalle dita senza che queste si fossero mosse di un millimetro; teneva la bocca socchiusa, gli occhi fissi su quella sagoma perfetta. “Ambè, poco bello il ritardatario...” sussurrò Beatrice mentre fissava anche lei quel ragazzo dannatamente bello. Aurora continuava a non muoversi: il caos più totale in testa, il panico saliva e scendeva di corsa dalla testa ai piedi. Continuava a fissare quel ragazzo come se avesse visto un fantasma, era sbiancata all'improvviso, e a tratti restava in apnea, mentre i suoi organi interni si divertivano a fare tante capriole e ad intrecciarsi a dovere. Beatrice spostò lo sguardo sulla ragazza per un attimo e aggrottò le sopracciglia: “Ehi, tutto okay?” disse poi preoccupata. In quel momento il ragazzo che si era seduto una pedana più in basso rispetto a loro, si guardò intorno, un po' a disagio, fino ad incontrare i loro sguardi. Continuò a guardare altrove per un secondo, e poi tornò di scatto sugli occhi di Aurora. Si fissarono entrambi increduli, entrambi paralizzati. “Aurora...?” La voce preoccupata di Beatrice risuonò nella testa della ragazza che scosse la testa e si rivolse di scatto verso di lei. “S-s-sii?” disse con voce tremante, ancora incredula. Bea alzò un sopracciglio: “No, dico.. tutto ok?” Aurora si voltò di nuovo verso il moro che ancora non le aveva tolto gli occhi di dosso: deglutì, aprì ancora di più la bocca per prendere fiato e poi si rivolse di nuovo alla mora accanto a sé: “C-c-certo! Ovvio!” abbozzò un sorriso che sembrava più una smorfia isterica, e cominciò a tamburellare le dita sul legno pesante. Il professore ricominciò a parlare; Beatrice non indagò oltre, e si limitò a sussurrare un “Mah!”. Aurora non riuscì a concentrarsi a pieno quell'ora, e la stessa cosa accadde al moro, era evidente: i due a tratti si fissavano, uno più incredulo di quell'altro, a tratti non riuscivano a sopportare quella situazione e si fiondavano sui loro quaderni.
Non era possibile, no. Non era lui, era un sosia. Non poteva essere vero. Non poteva ripiombare così a sproposito nella vita di Aurora, no. Doveva esserci un errore, senza dubbio; non poteva essere lui, non poteva essere Zayn, di nuovo. 


Notaaaaaare beeeene:
Non mi avete dovuto aspettare più di tanto, sono tornata dopo poco tempo con una nuova ff! 
Ehm, ho un'idea VAGA di cosa succederà in questa storia, ma non ne conosco i dettagli quindi... suppongo che li scopriremo insieme! (Sii dai, vieni alla scoperta di questa storia con Dora l'esploratrice! .__. ) 
Okay, ditemi che ne pensate come primo capitolo e ditemi se vi alletta come storia: un amore burrascoso che ritorna nella vita di una ragazza che aveva perso la testa e che finalmente aveva ritrovato la sanità mentale! ( difficile da mantenere con un bocconcino come Malik, tsè!) 
Okaaaay, mie care future lettrici, 
Tante caramelle per voi! (e cocomerini zuccherosi per qualcuno, lalala!) 
un bacione, vichi.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Dove ti porta il vento ***



La prima lezione, nonché unica della mattina, finì un'ora dopo, sicuramente troppo tardi per i gusti di Aurora. Si alzò un po' barcollante, ancora scossa da quell'incontro a distanza; si avviò lentamente verso le scale che portavano all'uscita dell'aula, ma prima di scenderle si fermò un attimo: Zayn si stava avvicinando a sua volta alle scale, e se Aurora fosse scesa in quel momento, se lo sarebbe sicuramente ritrovato accanto. Restò ferma per qualche secondo, con gli occhi fissi su Zayn che non si decideva a muoversi: stava aspettando che la ragazza scendesse per prima.
“Ehm, Aurora...” la voce di Beatrice alle sue spalle le stava chiaramente dicendo di muoversi.
“Oh, sì certo, scusa...” disse Aurora voltando leggermente la testa verso la mora che le sorrise, quasi come se la stesse incoraggiando. Si avviò per le scale, lentamente. Zayn non le toglieva gli occhi di dosso, e lo stesso faceva Aurora. Arrivò all'altezza della sua pedana e si fermò un attimo per vedere che mossa avrebbe fatto il ragazzo, che in tutta risposta le fece educatamente cenno con la mano di andare avanti. Non se lo fece dire due volte, e dopo aver socchiuso le labbra, sorpresa, accelerò il passo e uscì dall'aula, seguita da Beatrice della quale a quanto pare si era totalmente dimenticata.
“Ehi!” disse la mora lungo il corridoio mentre guardava la nuova amica allontanarsi; Aurora si girò di scatto, ricordandosi improvvisamente di Beatrice. Le sorrise con aria interrogativa: per quanto potesse sforzarsi di essere educata e per quanto quella ragazza potesse starle simpatica, Beatrice non era di certo in cima ai pensieri di Aurora in quel momento. “Allora...” cominciò Bea lasciando la frase in sospeso, sperando che Aurora proponesse qualche cosa da fare, ma niente. “Ci vediamo in giro.” concluse con un sorriso forzato, probabilmente un po' delusa da quel silenzio. “Oh, ma certo Bea! Ci vediamo oggi pomeriggio o domani. Buon pranzo!” disse Aurora con un sorriso finto così ben studiato da sembrare spontaneo. Nel momento in cui Beatrice se ne andò, Aurora intravide la sagoma di Zayn uscire dalla porta; si girò con uno scatto felino e cominciò a camminare a passo veloce, cercando di seminarlo prima che lui potesse raggiungerla. In fondo Aurora non era sicura che Zayn l'avesse seguita, poteva averlo fatto prima in aula, ma era stato fermo, lasciandola passare. A quel pensiero le si chiuse lo stomaco: pensare che Zayn non le volesse rivolgere la parola o non volesse avere niente a che fare con lei, per qualche motivo le fece quell'effetto strano. Scosse la testa, pensando che fosse semplice fame; prese la mappa della scuola e individuò la strada più corta per arrivare al bar dell'università. Imboccò quel corridoio praticamente deserto, e, mentre stava svoltando a destra, all'improvviso trovò quegli occhi nocciola e quel viso perfetto davanti a sé.
Fece un sussulto per lo spavento, e poi il suo cuore cominciò ad andare in tachicardia nel momento in cui si rese conto di chi avesse avanti.
La bocca di Zayn si aprì in un suo tipico sorriso, quello dolce ma allo stesso tempo malizioso. Aurora si guardò in giro, in basso e poi cominciò a mordersi l'interno della bocca dal nervoso. Era là, davanti a lei, perfetto come un dio greco, raggiante in tutta la sua bellezza esotica.

“Chi non muore si rivede.” esordì Zayn appoggiando il gomito destro sul muro accanto. Aurora soffocò un sorriso. “Bella battuta Malik. Ora, se non ti dispiace...” disse cercando di superare il ragazzo che prontamente allungò il braccio destro verso la parete opposta, impedendole di passare. Aurora sbuffò e a mò di robot tolse quel bel bicipite da davanti e con un sorriso sarcastico disse: “Con permesso.” Zayn guardò Aurora allontanarsi ammirando il suo corpo che si muoveva in apparenza tranquillo, sicuro di sé. “Sempre la solita simpaticona, Rory!” disse facendo enfasi su quel soprannome che come si immaginava, fermò di colpo Aurora.
“Come scusa?” si girò lentamente, fulminando con lo sguardo Zayn; qualcosa non andava: si riteneva offesa e presa in giro ad essere chiamata in quel modo dopo tutto quello che avevano passato, ma allo stesso tempo, dopo aver pronunciato quel Rory, soprannome riservato solo ed esclusivamente a lui, sentì una sensazione strana nella pancia, una sensazione piacevole. 'Merda' pensò poi Aurora quando capì che quei mostriciattoli chiamati farfalle non erano ancora morti e sepolti come invece pensava.
Zayn sorrise senza risponderle. Girò i tacchi e i allontanò lentamente canticchiando una canzone che Aurora fece fatica a riconoscere e a capirne le parole. Tese le orecchie, e quando riuscì a capire quattro parole di fila, strabuzzò gli occhi e mise una mano davanti alla bocca.
Tornò sui suoi passi, diretta verso il bar. Ordinò un caffè lungo, e si perse in quel piccolo mare nero, mentre con il cucchiaino continuava a navigarci dentro, senza meta. “It's not over yet, not over yet, not over yet.”
Dopo aver frequentato le due lezioni pomeridiane, Aurora uscì dall'università a pomeriggio inoltrato, quando la luce cominciava a farsi fioca e il cielo color ceruleo. Si strinse nella giacca blu, colta da qualche piccolo brivido di freddo, e si avviò verso l'uscita del King's.
Continuava a pensare a ciò che era successo qualche ora fa; quello poteva essere ricordato senza dubbio come un primo giorno memorabile, per certi versi più da ricordare che da dimenticare.
Si lasciò trasportare dalla brezza serale, cominciando a girovagare per le strade vicine. Arrivò ad una terrazza costruita all'estremità di una piccola piazza: il panorama era meraviglioso, il sole era ormai scomparso dietro all'orizzonte, ma c'era qualcos'altro a rendere quella vista così speciale.
Stringeva un cartone di caffè attorno alle mani visibilmente infreddolite mentre batteva il piede destro al suolo, nervosamente. Aurora si fermò un attimo, indecisa se avvicinarsi o meno: qualcosa le diceva di scappare, di non farsi notare prima che si girasse; un'altra parte, invece, era già seduta su quella panchina, accanto a lui, e la incoraggiava a fare altrettanto.
Fece un grande respiro e, mettendo le mani in tasca, si mise a sedere vicino a Zayn. Aurora non incontrò il suo sguardo: cominciò a fissare la nebbia dissolversi sulla pianura di fronte a loro. Lui, invece, osservava il suo profilo nei suoi tratti delicati; seguiva quella cascata di capelli ramati, per poi perdersi negli occhi chiari fissi nel vuoto. Le era mancata, mancata tanto, e il destino li aveva fatti ritrovare. Aurora si voltò lentamente e Zayn le sorrise; un sorriso puro, dolce, uno di quei sorrisi che dice “Mi sei mancata”, ma lei non fece una grinza, anche se dentro stava letteralmente andando a fuoco.
Che ci fai qui?” chiese Aurora. Il sorriso di Zayn piano piano si spense; tornò a guardare il fumo che usciva dal cartone di caffè che teneva in mano. “Dovevi essere a Parigi, se non sbaglio” continuò Aurora. “E tu a Roma” rispose Zayn piegando la testa verso sinistra e voltandosi verso di lei. Sorrise, amareggiata. “Non conveniva trasferirsi, così sono rimasto qua visto che il test del King's l'avevo passato.” Aurora annuì. Passarono un paio di minuti di religioso silenzio. “Io non ho passato l'esame di italiano.” disse in fine guardando verso il cielo che cominciava a farsi a poco a poco più scuro. Zayn alzò un sopracciglio, scettico. “Tu che non passi un test di lingua? Assurdo...”
Già, la grammatica non fa per me a quanto pare!” disse Aurora cercando una giustificazione per il suo fallimento linguistico di cui si vergognava a morte, essendo per metà italiana. 
Zayn scosse la testa, sorridendo. “Io amo quando usi bene la grammatica, ovvero sempre.” Aurora lo guardò con alzando le sopracciglia. “E'... sexy!” ammise poi guardando in basso.
I due rimasero in silenzio per qualche secondo, e poi scoppiarono entrambi a ridere, come erano soliti fare in passato. Aurora era piegata in due dalle risate e ormai aveva la testa appoggiata al braccio di Zayn; quando tornarono seri si ritrovarono faccia a faccia, gli occhi incatenati tra di loro che sembravano non volersi mai staccare. Aurora socchiuse la bocca, come faceva sempre, e poi tossì leggermente mentre si ricomponeva e tornava seduta con la schiena dritta.
Non poteva non essere finita tra di loro: lo era eccome, e anche in modo tutt'altro che felice.
Non è strano?” chiese Zayn sorridendo alle prime stelle che cominciavano a spuntare in cielo.
Cosa?” Zayn la guardò di nuovo, ma questa volta Aurora fece lo stesso; vide quegli occhi, riuscì a leggerli come un libro aperto. Scosse la testa: “No, Zayn. Noi due, noi insieme... noi apparteniamo al passato. E' storia vecchia, punto e basta. Non cominciare a pensare al destino, ai problemi che abbiamo avuto, alle coincidenze. No, ti prego.” Zayn non l'ascoltava, era probabilmente affogato in quegli occhi chiari, tanto da non riuscir a respirare. Scosse la testa sorridendo: era sempre lei, la solita paranoica, la solita logorroica, la stessa Aurora di un anno prima. Se n'era andato per paura, paura di essersi innamorato troppo della persona per giunta sbagliata.
Dovunque vada, qualsiasi cosa mi inventi, gira e rigira è sempre con te che mi trovo a fare i conti” disse massaggiandosi i capelli corvini con una mano.
Aurora gli sorrise mostrando i denti bianchi: il suo libro preferito non se l'era ancora dimenticato. 



Notaaaaaaare bien:
Alluuuuuuur(: Niente da dire, a parte i soliti grazie che ormai mi sento un pò imbecille a dire continuamente. Ripeto, vorrei tanto che esistesse una parola diversa ç___ç ma visto che non c'è, GRAZIE <3 
siete splendide, ve l'ho detto e ve lo ridico, tsè! Spero vi sia piaciuto anche questo di capitolo **
tante caramelle per voi, e una anche per me! 
bacibaci, vichi.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** L'arte del mentire a se stessi ***



“Tu ricordi, Zayn?” chiese Aurora aggrottando le sopracciglia. Il dolore cominciava a pizzicarle il cuore come piccole scosse continue.
“Cosa, Rory?” il cuore della ragazza si fermò per un secondo, e poi ricominciò a battere più forte di prima. “Beh, anche di questo!” disse poi, giocando con le dita delle mani infreddolite. “Ti ricordi tutto, di noi?” finì la frase e, incerta, alzò lo sguardo verso Zayn che continuava a fissare l'orizzonte. Si voltò anche lui e piantonò gli occhi nocciola su quelli di Aurora; piegò la testa e le sorrise.
“Come potrei dimenticare?” disse in modo retorico. Aurora scosse la testa e sospirò, appoggiando il mento sul dorso delle mani, con gli occhi rivolti verso le stelle.
“Nello stesso modo in cui mi hai abbandonato, Zayn. Non penso ti possa risultare così difficile, quindi la domanda mi è sorta spontanea.” rispose Aurora con un sorriso amareggiato in bocca. Il petto cominciava a farsi pesante, e il cuore affannato. Non avrebbe sopportato un minuto in più quella conversazione, stargli così vicino, per davvero.
Aurora si alzò dalla panchina in silenzio, senza nemmeno salutare Zayn. Si allontanò a passo lento, sapendo che il ragazzo non l'avrebbe seguita che con lo sguardo; mise le mani in tasca e riavvolse la sciarpa attorno al collo. La sera ormai era calata, la luce calda dei lampioni illuminava le piccole vie nelle quali si stava addentrando, passo dopo passo, immersa nei suoi pensieri. Arrivò alla fine di una strada e si voltò per salutare con un cenno della mano Zayn, che la stava ancora guardando. Lui le sorrise, ma Aurora non se ne accorse.
Riprese a camminare pensierosa. Non poteva ancora credere che lui fosse là dietro, ancora seduto su quella panchina dove lei stessa l'aveva affiancato fino a due minuti prima. Si chiedeva perchè non riuscisse a mandarlo a quel paese, a dare spazio alla rabbia che l'aveva inondata per tanto tempo dopo la sua partenza, di spaccare tutto, di urlare. La verità è che preferiva che ogni cosa sembrasse assolutamente normale, ordinaria; preferiva credere che ogni cosa fosse al suo posto anche quando non lo era. Arrivò alla fermata, prese la metro e decise di abbandonarsi alla musica dell'ipod e dimenticarsi di tutto per una mezzoretta, giusto il tempo di trovarsi davanti ad una tazza di tè fumante.
Aurora abitava a Nord di Londra, in un quartiere un po' periferico e antiquato. Il viale principale era costeggiato da alti cipressi che lo rendevano un po' inquietante, ma sulla piccola traversa dove si trovava la casa della ragazza, l'atmosfera era quasi fiabesca. A vedersi, quella casetta sembrava presa da un libro di favole, con la nonna buona, la fata del bosco e tutto il resto.
Era fatta di mattoni e pietra, aveva il tetto un po' storto e c'era anche una piccola veranda dagli infissi verde chiaro che era sicuramente il posto preferito di Aurora.
Superò la staccionata e si avviò verso gli scalini che portavano all'ingresso: il giardino verde, anzi, verdissimo, era pieno di cespugli e fiori colorati, in ogni stagione. Arrivò davanti alla porta di legno scuro e, dopo aver smanettato con le chiavi in cerca di quella giusta, entrò in casa. Nel momento in cui vi mise piede, un caldo odore di crostata ai mirtilli le inondò le narici e scese fino a toccare le papille gustative, inebriandola. Posò la borsa e l'enorme mazzo di chiavi sul tavolo tondo accanto alle scale, e si precipitò in cucina.
“Solo per te, bambina.” un uomo in ginocchio davanti al forno acceso si alzò lentamente e rivolse un sorriso sincero ad Aurora. Nonostante avesse palesemente passato i quarantanni, era sempre bello. Quel sorriso era contornato da tante piccole rughe, come anche gli angoli degli occhi scuri; i capelli erano scuri e boccolosi, e si poteva scorgere qualche filo bianco al loro interno.
Era alto e slanciato, indossava una camicia bianca e un paio di jeans scuri. Nel complesso era bello, bellissimo; era Thomas, ed era il padre di Aurora.
“Te l'ho mai detto che tu sei l'unico uomo della mia vita?” disse la ragazza e subito dopo corse verso il padre saltandogli in braccio. Nonostante Aurora fosse ormai cresciuta tanto da quando era bambina, riusciva ancora a restare in braccio e avvinghiarsi al padre come una piovra.
“Attenta al forno!” disse Thomas tra le risate spostandosi lontano da quell'aggeggio.
Aurora scese a malincuore dalle braccia del padre, e gli regalò uno dei suoi sorrisi migliori, che le venivano sempre spontanei quando era con lui.
“Ma che ci fai tu qui? Quando sei tornato? Non eri a Buenos Aires? Da quanto tempo è che non ci vediamo? Oddio, mi devi raccontare tutto!” Aurora parlava tenendo le mani del padre e allo stesso tempo saltellava sul posto in preda all'euforia.
“Quanto parli, amore...” disse Thomas ridendo e abbracciandola un'ultima volta più forte che poteva. Anche dopo tante settimane, il profumo del papà era sempre lo stesso, e lo amava sempre allo stesso modo.
“Mi sei mancato” riuscì a dire a stento Aurora, che stava quasi soffocando in quell'abbraccio che però le era mancato tanto. Thomas sorrise e la strinse ancora più forte facendola dondolare a destra e a sinistra.
“A quale domanda devo rispondere per prima?” chiese il padre alla figlia seduta davanti a sé sul tavolo in marmo.
“Quando sei tornato?” disse Aurora ancora sorridente e sognante.
“Ieri notte, stamattina ho dormito fino alle undici più o meno, con il fuso orario e tutto il resto. Volevo chiamarti ma poi ho pensato che di farti una sorpresa, torta compresa, e... eccomi qua!” disse Thomas, e poi si alzò dalla sedia e prese due presine per tirare fuori la crostata dal forno.
Quello era una cosa solo loro: la crostata ai mirtilli. Fin da quando Aurora era piccolissima, il padre glie la preparava più o meno ogni weekend, ed era l'unica cosa che riuscisse a finire in un solo giorno, metà a pranzo e metà tra merenda cena. Aurora non adorava mangiare, ma quella torta la amava da impazzire, poteva trangugiare una fetta in tre secondi e prenderne un'altra subito dopo.
E' la cannella” diceva sempre Thomas quando la piccola Aurora, seduta sul tavolo, cercava di scoprire l'ingrediente segreto di quella meravigliosa crostata che solo suo papà riusciva a rendere in quel modo speciale. Sì, era speciale, come speciale era il rapporto che li legava da una vita.
Thomas era sempre stato la figura fondamentale nella vita di Aurora, il loro era un rapporto padre-figlia unico, che andava oltre l'essere parenti. Aurora sapeva che avrebbe sempre potuto contare su di lui, perchè l'avrebbe sempre protetta come un fratello maggiore; poteva confidarsi con il padre senza provare imbarazzo, anzi, sentendone quasi l'esigenza, proprio come un migliore amico; sapeva che l'avrebbe sempre appoggiata e accompagnata in ogni passo della sua vita, senza mai abbandonarla come tutti gli altri maschi, proprio come un padre. Era così unico, Thomas, che Aurora non aveva mai sentito il bisogno di avere un ragazzo, un fidanzato che le facesse provare emozioni nuove, diverse. E poi Zayn piombò nella sua vita come un fulmine a ciel sereno; la loro relazione per quanto intensa e burrascosa, cambiò profondamente Aurora, modificando il punto di vista rigido e severo con cui era solita guardare ogni cosa. Zayn le aprì la mente, ma soprattutto le aprì il cuore lasciando uscire la parte migliore di sé, quella che riusciva a condividere solo con il padre.
Anche perchè oggi è stato il tuo primo giorno di università ed esigo sapere ogni cosa.” disse Thomas porgendo un pezzo di crostata ad Aurora.
Mah, niente di che...” si limitò a dire la ragazza tenendo lo sguardo basso e addentando la torta.
Oh, ma non prendermi in giro, raccontami!” la incitò il padre.
Ho conosciuto una ragazza, si chiama Beatrice e sedeva accanto a me. E' italiana sai? Non ci ho parlato molto ho avuto altro...” si fermò un attimo e abbassò di nuovo lo sguardo. “...altro da fare. Però è veramente dolce e simpatica.” disse mangiando velocemente il resto della sua fetta. Sperava di sviare il discorso limitandosi a raccontare di Beatrice; sapeva che il padre non avrebbe preso bene la questione 'Zayn'. Thomas alzò un sopracciglio e abbassò la testa alla ricerca dei suoi occhi. “C'è altro che dovrei sapere?” chiese infine facendo un sorriso.
Aurora alzò timidamente lo sguardo, intenta a tenere per sé il ritorno del suo ex, ma non riuscì a sostenere lo sguardo indagatore del padre. “Ho incontrato Zayn, è nel mio stesso corso.” disse tutto d'un fiato tagliando una fetta di torta e portandosela dentro alla bocca con pochi morsi. 
Cosa?” Thomas sgranò gli occhi, confuso. Aurora stava letteralmente trangugiando ogni briciola di crostata si trovasse davanti.
Già, assurdo eh?” disse ridendo in tono sarcastico, senza mai alzare lo sguardo. Smise di mangiare, ormai aveva lo stomaco pieno e lo poteva sentire scoppiare da un momento all'altro.
Assurdo non è nemmeno l'aggettivo adatto. Spero che le prime parole che ti ha detto siano state “Scusa, mi dispiace.” perchè se non è così mi alzo e lo trascino qui seduta stante e glie le faccio tirare fuori con la forza.” disse Thomas ironicamente, anche se in fondo non avrebbe avuto grandi problemi a fare ciò che aveva appena detto. Adorava quel ragazzo, pensava davvero che fosse una boccata fresca per Aurora, fino a che non la abbandonò, facendola quindi soffrire in modo spropositato, e nessuno poteva far soffrire così tanto Aurora, nessuno.
No, è stato il solito simpaticone in realtà” disse Aurora con un sorriso triste, ripensando a quel momento in cui se lo ritrovò improvvisamente davanti. Cominciò a giocare con il bordo di pasta frolla che aveva lasciato sul piattino.
Thomas le prese una mano, e dolcemente le disse: “Come ti senti” Aurora lasciò cadere le poche briciole che le erano rimaste tra le dita. “Non lo so, papà. E' come se non fosse mai successo nulla, non so se riuscirò mai a spiegarmelo. Ero là, e non sono riuscita a dirgli niente di male, non ci sono riuscita. Mi sono comportata come se non mi avesse mai abbandonata, come se se ne fosse andato solo per un paio di giorni e fosse tornato da me, per me. Ma so che non è così, ne sono perfettamente cosciente. Quindi non lo so, non lo so davvero.” Aurora parlava, una mano intrecciata ai capelli castani e l'altra che torturava i bordi del piatto di porcellana. “Non lo so come mi sento, ma penso di stare bene.” disse e alzò finalmente lo sguardo verso quello del padre che la guardava premuroso, mentre lei sforzava un sorriso cercando di farsi forza da sola. “Non so in quale altro modo spiegartelo, non so come si chiama.” disse mostrando anche i denti bianchi in quel sorriso che in realtà voleva spaccare ogni cosa e mandare tutto a puttane. “Papà non so nemmeno se tutto questo è vero o meno, se come mi sento è frutto della mia immaginazione o meno, non so se sono io che mi invento le cose o sono loro che non vogliono farsi capire.” disse tutto d'un fiato scuotendo la testa. Poi sospirò forte. “In ogni caso sto bene, so di non amarlo più, ne abbiamo già parlato.”
Thomas teneva le sopracciglia aggrottate e la fronte corrugata dalla preoccupazione. Annuì, sapeva che un discorso troppo lungo non avrebbe cambiato più di tanto la situazione, ma l'avrebbe solo peggiorata. Si alzò piano, rimettendo la torta in forno; mise una mano sulla spalla di Aurora e le baciò i capelli. “Pensaci bene, Aurora, e ricorda di non mentire mai a te stessa. Se cominci a farlo e a crederci veramente, poi è difficile uscirne senza soffrire.” disse così e si allontanò dalla cucina, in silenzio, dirigendosi verso la porta. Aurora rimase a fissare il vuoto rimuginando per un attimo su quelle parole.
Papà!” disse la ragazza voltandosi di scatto verso di lui, che le sorrise. “Grazie” Thomas le fece un occhiolino e uscì di casa.
Aurora si abbandonò sul divano beige del salotto, proprio davanti al camino che il padre le aveva amorevolmente acceso, risparmiandole una grande scocciatura. Sorrise e prese la tazza di tè che aveva preparato subito dopo che Thomas se n'era andato. Si continuava a chiedere se il padre avesse ragione per davvero; non riusciva a spiegare quella sensazione che teneva dentro da tutto il giorno: era strana, le faceva male ma era un dolore piacevole, come se avesse aspettato tanto qualcosa sulla quale ormai non ci sperava nemmeno più, e poi eccola all'improvviso, catapultarsi nella sua routine tranquilla. Continuava a pensare a quanto l'avesse fatta soffrire Zayn, a quanto l'avesse odiato, e sotto sotto ancora amato nonostante tutto, a quanto lo avesse desiderato proprio accanto a sé ogni singolo giorno; ripensava a tutti i cuscini bagnati sporchi di rimmel, alle scatole di fazzoletti vuote e ai libri che si trangugiava in due giorni. Ma poi le tornavano in mente le passeggiate sulla spiaggia, le loro coccole, il loro divano, i loro corpi in simbiosi, i loro discorsi chilometrici.
Aurora cominciò a piangere silenziosamente, tanto da non accorgersene nemmeno finchè non cominciò letteralmente a singhiozzare. Sentiva qualcosa bruciare e pesare all'altezza dello stomaco, era irritato da emozioni complicate, rabbia, tristezza, e qualcos'altro a cui non riusciva ad attribuire un nome, ma era sicura che era ciò che bruciava più di tutto. Si tolse le lacrime dagli occhi gonfi, e posò la testa sul bracciolo del divano, davanti alla luce calda del fuoco.
Forse era amore. Quasi sicuramente, era amore.


Notaaaaaaaaaare bene:
Alluuur, ho scoperto come riesco a concentrarmi: CON LA CAMERA BUIA! yuhu! 
Avevo scritto questo capitolo sabato notte, ma per una serie di motivi supersuper stupidi non l'ho postato nè salvato, quindi l'ho dovuto riscrivere tra ieri e oggi, e credetemi, ieri non c'era manco una mini musa sfigatella ad ispirarmi, quindi mi sa che la parte caruccia del capitolo, quella un pò più me  è quella finale (ovvero una palla, mi dispiace, ma lo sapete quando mi piacciono le introspezioni introspeziose! *w*
E ormai sapete anche che se io non ci metto un padre in mezzo non sono contenta, però sta volta lui è buono e caro e lo amo, quindi non gettate fango sul mio Thomas  ç__ç  
Comunque, la storia non si incentrerà nemmeno un pò sul padre, solo la sua figura comparirà per fare da grillo parlante alla povera Aurora, quindi ve lo dovevo presentare in qualche modo, nè? ecco appunto(:
Okay, complimenti a chi è riuscito ad arrivare finquaggiù anche dopo aver letto questo capitolo abnorme per i miei standard. Oddio, ma sono logorroica oggi!! o.O mi fermo, via! *clapclap*
tante caramelle ! *tira*
vi ammmmmo, 
vichi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Consigli da prendere al volo. ***



Aurora passò una notte più o meno insonne, girandosi in continuazione da un lato all'altro del letto in cerca di una posizione che l'aiutasse a prendere sonno.
Non riuscì a non pensare mentre era sveglia e probabilmente tutto quel rimuginare era la causa per la quale non riusciva ad addormentarsi facilmente.
Il giorno dopo pioveva a dirotto, il cielo era grigio, pesante e la temperatura era molto bassa; sembrava di stare a dicembre, non ad ottobre. Era una mattina divina, agli occhi di Aurora: amava la pioggia, il freddo e le nuvole con tutta se stessa; non le mettevano necessariamente buonumore, ma le trasmettevano pace e serenità, anche solo per poco. Si perse con lo sguardo tra le foglie verdi martellate dalla pioggia, che riusciva ad osservare dal vetro della cucina; restò imbambolata per un lungo periodo di tempo, con la tazza di caffè in mano che a tratti sorseggiava cautamente. Non pensava a niente, si limitava ad osservare la natura fuori della finestra in tutta la sua bellezza, anche se, quando siamo convinti di non pensare a niente, di solito la nostra mente cade sempre su pensieri felici: le venne in mente, così, all'improvviso, quella mattina di luglio, quel divano verde chiaro, quelle porte-finestre che davano sulla spiaggia e quel braccio, il suo braccio che le cingeva le spalle.
Quando Aurora se ne rese conto, sobbalzò facendo cadere anche un goccio di caffè ustionante sul tavolo che finì per bruciarle la mano con cui teneva la tazza.
Fantastico!” bofonchiò scrollando entrambe le mani e pulendo poi la macchia di caffè.
Si rese conto di essere in ritardo, così salì in fretta e furia le scale e cominciò a prepararsi. Era talmente freddo che dovette tirare fuori il cappotto invernale e una bella sciarpa calda, per affrontare quella giornata piovosa di ottobre. Uscì di casa, e si avviò verso la metro che l'avrebbe poi portata al The King's, a lui.
Quando arrivò all'università non si sorprese nel trovarvi tantissimi studenti al suo interno con quel brutto tempo. Decise che fare una puntatina al bar non sarebbe stata una buona idea, così si diresse direttamente verso l'aula dove avrebbe avuto lezione per tre ore di fila. Sospirò al pensiero di dover ascoltare per tre ore quel vecchio maleducato, e si fece strada tra la gente che, molto furbamente, si fermava proprio in mezzo al corridoio per fare conversazione.
Quando arrivò in classe trovò solo due persone: Zayn e Beatrice. Entrambi alzarono lo sguardo verso Aurora quando questa chiuse la porta alle sue spalle: il ragazzo la guardò e basta, sfoggiando un sorriso dolcissimo che la mora, seduta qualche pedana più in alto rispetto a lui, non avrebbe potuto vedere. Beatrice salutò calorosamente Aurora con la mano da lontano, per farsi notare, e con un sorriso a trentacinque denti in viso. La ragazza non salutò Zayn, lo guardò e basta di sfuggita socchiudendo leggermente la bocca, per poi salire le scale e andare in contro all'amica italiana.
Il sorriso di Zayn si spense nel momento in cui Rory fece l'indifferente, e il suo viso si tramutò in un'espressione delusa e soprattutto triste. Visibilmente, triste.
Buongiorno!” esordì Beatrice abbracciando affettuosamente Aurora, che fece una smorfia mentre l'amica la stritolava.
Ehi...” disse poco convinta. “Come va?” aggiunse quando l'abbracciò terminò, sta volta molto più convincente e sorridente.
Non puoi capire, sono stata cinque minuti sola” fece enfasi su questa parola “con il ritardatario fico.” disse tutta eccitata sempre con quel sorriso enorme in faccia e applaudendo leggermente. Beatrice le faceva tenerezza: sembrava così ingenua quando si trattava di ragazzi, quasi fosse ancora una quindicenne. Aurora alzò un sopracciglio, per poi sorridere. “Impressioni?”
Nessuna, non ci ho parlato” Beatrice perse quel poco di entusiasmo e portò in basso gli angoli della bocca, per poi riesplodere con un altro sorriso. “Però si è girato verso di me una volta! Non è fantastico?”
Aurora scosse la testa sorridendo, per poi voltarsi verso Zayn, curvo sul suo iPod.
Beatrice strizzò gli occhi, curiosa. “Ma tu... lo conosci per caso?” Aurora si voltò di scatto sgranando gli occhi. “Cosa te lo fa pensare, Bea?”
Non lo so, tra ieri e adesso, è come se vi conosceste ma non lo voleste dar troppo a vedere.” Bersaglio centrato, in pieno! Aurora rimase con la bocca aperta per qualche istante, alla ricerca di una spiegazione che non fosse un semplice “No, ti sbagli”, decisamente poco convincente per l'animo curioso, anzi, ficcanaso, della ragazza.
Oh, si. Beh...” cominciò Aurora, tentando di sviare il discorso. Si rese poi conto che forse era meglio vuotare il sacco fin dall'inizio, così da non dover mentire per il resto del tempo. “Siamo stati insieme, sì.” concluse guardando in basso. Beatrice spalancò la bocca, stupita, come se le avessero appena raccontato l'ultimo scoop. Aurora le sorrise, alzando le spalle e voltandosi poi verso Zayn che, questa volta, si girò a sua volta verso di lei; i loro sguardi si incontrarono e rimasero a guardarsi per qualche secondo che sarebbe durato fino all'infinito se Beatrice non avesse scosso il braccio di Aurora per ascoltarla; questa si voltò verso l'amica a malincuore.
Quando? Dove?Come? Perchè?” disse Beatrice in preda ad una crisi isterica, tanto era sorpresa da quella notizia che l'aveva sicuramente colta di sorpresa. Aurora non riuscì a trattenere un respiro: se l'era cercata; doveva superare quel momento così da non doverci tornare più sopra. Cominciò a raccontarle in sintesi la loro storia, non senza fastidio.
Ci siamo messi insieme l'estate tra il quarto e il quinto anno di liceo, eravamo compagni di banco in quarto. Non c'è molto da dire in realtà: è andata avanti felicemente per quasi un anno, quando poi ha deciso di mollarmi l'estate scorsa, a luglio, non so nemmeno per quale motivo in realtà.” parlo velocemente, cercava di non pensare a quello che stesse dicendo, voleva solo che quel momento passasse in fretta e non tornasse più. Se vivere quella relazione era stata una cosa abbastanza burrascosa, tanto frustrante era raccontare e soprattutto ricordare.
Oddio, ma come non lo sai? Non gli hai mai parlato dopo?” chiese Beatrice un po' confusa.
Aurora sospirò: “Dopo che se ne è andato è scomparso, non l'ho visto fino a ieri, qua a lezione.” disse con un velo di tristezza che le copriva il viso. Guardava in basso mentre si martoriava le dita affusolate, in cerca di un antistress. Beatrice capì che la situazione di Aurora non era tra le più felici, e che non c'era granché su cui scherzare.
Ehi, ma adesso è qua, qualcosa vorrà pur dire, no?” Le sorrise, cercando di incoraggiarla. Aurora incontrò gli occhi scuri dell'amica e il suo sorriso contagioso. “Se vuoi il mio parere, non dovresti ignorarlo e basta, facendo finta che non esista. Parlaci! Chiudi la questione così te la puoi lasciare alle spalle per bene, non così.” disse indicando lo stato frustrato di Aurora quando pronunciò l'ultima parola. Per quanto si era comportata ingenuamente in precedenza, quelle parole sembravano uscite dalla bocca della verità, e Aurora lo sapeva bene. Restò titubante per qualche secondo, con una smorfia di incertezza in volto, per poi fare un bel respiro e sorridere. L'avrebbe fatto, avrebbe parlato con Zayn e chiarito, una volta per tutte. Voleva sapere la verità anche se cruda: non avrebbe sofferto, infondo non era più innamorata, no? Era una questione di principio, di rispetto nei suoi confronti e dei suoi sentimenti.
Grazie Bea.” le disse stringendo forte con entrambe le mani quelle dell'amica.
Di niente.” rispose lei facendole l'occhiolino.
La conversazione finì lì. Non era andata poi così male alla fine: ciò che ne era uscito era un buon consiglio che corrispondeva a verità, e perciò doveva essere preso al volo e sfruttato. Aurora si mise seduta composta sulla panca, e fu sorpresa nel vedere che l'aula ormai brulicava di studenti. Il primo pensiero, in mezzo a tutta quella confusione, fu quello di trovare lui. Senza rendersene nemmeno conto, si fece spazio con lo sguardo tra le teste che si alzavano e si muovevano a destra e a sinistra, ostruendole la vista. Ed eccolo là, che la fissava immobile, come se davanti a lui non ci fosse tutta quella gente come invece sembrava ad Aurora. La guardava intensamente, ma sta volta la ragazza non riuscì a decifrare ciò che stava pensando, come era solita fare. Aggrottò le sopracciglia, confusa, e lo fissò ancora di più. Era un'espressione illeggibile, la sua, e questo le diede particolarmente fastidio. Zayn spostò lo sguardo e si voltò verso la cattedra, lasciando Aurora con un improvviso vuoto nello stomaco, che occorse nell'esatto istante in cui i loro occhi si staccarono.
Beatrice guardava la scena con la coda dell'occhio: era evidente che tra quei due non c'era un rapporto di due ex qualunque. Era evidente che non riuscivano a reggere la lontananza dell'altro: e allora come ha potuto Zayn abbandonarla all'improvviso senza farsi più sentire? Probabilmente si pentì di andarsene nel momento in cui chiuse quella porta; o forse no. Che ne sapeva lei? Nulla. Scosse la testa e si fiondò all'interno della sua borsa alla ricerca di un blocco per gli appunti.
Durante tutte le tre devastanti ore, i due ragazzi non ebbero il tempo per guardarsi e per distrarsi. La lezione sembrava non finire mai, ma alla fine l'orologio suonò la fine dell'ora, il tanto amato mezzogiorno. Tutta l'aula si svuotò nel giro di un paio di minuti, mentre Aurora fece le cose con calma, cercando di non perdere di vista Zayn, che a sua volta stava andando a rallentatore, come al solito d'altronde. Beatrice si alzò prima della ragazza: le mise una mano sulla spalla e le sussurrò all'orecchio: “In bocca al lupo!” le fece un occhiolino e si allontanò. Sapeva perchè ci stesse mettendo così tanto ad uscire: voleva stare al passo del ragazzo per riuscire a parlarci. Aurora la guardò prima confusa, e poi le sorrise dolcemente.
Fece un grande respiro, prese la borsa e si alzò dalla panca su cui era seduta ormai da troppo. Nel momento in cui anche Zayn si alzò e si voltò verso di lei incontrando il suo sguardo, di nuovo lo stomaco di Aurora sussultò. Fece finta di ignorarlo, e scese la scale andando in contro al ragazzo che si fermò sulla soia.
Buongiorno.” fu Zayn a parlare per primo quando si trovò Aurora davanti. Era tranquillo a vedersi,; Aurora esitò un attimo: il ragazzo si aprì in un sorriso raggiante e il cuore di Aurora decise di fermarsi per poi scoppiare con una tachicardia insostenibile. Tossì e riuscì a rispondere a quell'affermazione semplicissima. “Buongiorno!” disse con tono un po' isterico nella voce, di cui si vergognò nel momento in cui pronunciò quella parola. Zayn sorrise e quando aprì la bocca per darle fiato, Aurora lo fermò con la mano: “Che fai a pranzo?” disse tutto d'un fiato e poi sospirò aspettando la risposta del ragazzo. Zayn alzò un sopracciglio e sorrise, sebbene fosse sorpreso da quella proposta. “Che hai in mente, Rory?” chiese un po' malizioso, ma più che altro curioso.
Il cuore di Aurora sussultò di nuovo, come ormai d'abitudine quando la chiamava con quel soprannome. “Prima di tutto smettila di chiamarmi così. In secondo luogo, non ho in mente nulla di male.” si fermò un attimo, per poco non si perse nel viso del ragazzo. “Dobbiamo parlare Zayn. Non possiamo vederci tutte le mattine e fare finta che non esistiamo.” disse scuotendo la testa. Zayn sorrise: “Veramente io ti ho salutato, sei tu che mi hai ignorato.”
Appunto! Non posso continuare così: dobbiamo parlare e anche se alla fine discuteremo animatamente” Zayn la interruppe: “Litigheremo”. Aurora alzò gli occhi al cielo: “Se anche litigheremo, devi spiegarmi in ogni caso, penso di averne il diritto. Quindi, se ci stai bene, se non ci stai...” esitò un attimo, non sapendo cosa dire. Zayn sorrise compiaciuto. “Se non ci stai sei un coglione.” Concluse guardandolo con un'aria di superiorità e incrociando le braccia al petto.
Ci sto, Rory.” disse Zayn appoggiandosi allo stipite della porta, sempre sorridente.
Aurora arricciò le labbra sentendo quel soprannome; quel ragazzo era un caso perso: più gli dicevi di non fare qualcosa e più la faceva. “Però a cena, a pranzo non posso.”
La ragazza alzò le spalle. “Allora alle otto davanti a Macy's.” disse per poi allontanarsi.
Come al solito...” sussurrò Zayn, impercettibilmente, sempre sorridendo ma Aurora riuscì a sentire quelle parole e di nuovo, come altre volte, quella sensazione strana nello stomaco cominciò a darle fastidio, e non se la sarebbe tolta tanto facilmente.


Notaaaaaare bene: 
Salve(: scusate il ritardo, non avevo ispirazione ç_ç
Non ho molto da dire in realtà! Ringrazio chi segue la storia e commenta religiosamente: siete fantastiche e spero davvero di non deludervi mai con i capitoli nuovi :3
Torno a guardare/ascoltare "a tu per Gù" :D 
Buona lettura, 
vichi 

*tiracaramelle*

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Trovare il coraggio che serve. ***



La sera arrivò presto, troppo. Aurora si era addormentata sul letto con Delitto e castigo ancora tra le mani. Quando doveva prepararsi emotivamente per affrontare un certo tipo di situazione, rileggeva sempre lo stesso capitolo di quel romanzo tornando più volte su una citazione ben precisa: Tutto è nella mani dell’uomo, e tutto esso si lascia portar via sotto il naso, solamente per vigliaccheria. Sarei curioso di sapere che cosa gli uomini temono più di tutto. Fare un passo nuovo, dire una parola propria li spaventa al massimo grado.” Quella frase le dava forza, le dava il coraggio di affrontare la realtà per com'era veramente, ad affrontare la vigliaccheria e a scacciare l'ansia. Lei il passo l'aveva fatto, lei l'aveva detta la sua; ora toccava a Zayn, e probabilmente avrebbe fatto altrettanto: non era tipo che sbagliava due volte di seguito facendo il medesimo errore. Questa volta avrebbe vuotato il sacco, alla fine.
Aurora si alzò dal letto e lanciò un'occhiata all'orologio: le lancette segnavano le sette e un quarto. Sarebbe arrivata in ritardo se non si fosse sbrigata. Entrò nella doccia e fece tutto così velocemente da non riuscire a lasciarsi trasportare dai pensieri mentre era sotto il getto caldo dell'acqua. Si asciugò i capelli cercando di dare loro un senso: non era un appuntamento, ma non poteva comunque presentarsi con una scopa in testa. Li arricciò così da non doversi preoccupare troppo di tenerli ordinati, e si infilò poi un paio di jeans e un golf pesante. Quando stava per chiudersi la porta alle spalle, si ricordò giusto in tempo delle chiavi di casa che aveva lasciato sul tavolo tondo davanti all'entrata. Immersa tra i fiori del suo giardino, inspirò a pieni polmoni l'aria fresca di quell'ora magica, la sua preferita in assoluto: il vento era pungente, ma piacevole, riusciva a sentire un' insolita brezza marina nell'aria che le mise uno strano umore in corpo. Si avvolse una sciarpa al collo e solo in quel momento si rese conto di aver scelto quella che Zayn le aveva regalato per Natale; restò ferma per un secondo davanti alla piccola staccionata, indecisa se cambiarla o meno. Sospirò, e uscì dal giardino con la stessa sciarpa al collo: “Non se ne accorgerà nemmeno.” pensò tra sé e sé la ragazza: non l'aveva notato lei che era una femmina, figuriamoci se lui avrebbe dato peso ad una sciarpa. Si avviò verso la metropolitana che l'avrebbe portata dall'altra parte della città in poco meno di mezz'ora. La luce artificiale dei vagoni e il rumore sulle rotaie la svegliarono da un momento di riflessione che stava facendo sul padre: sapeva già che l'avrebbe dovuto chiamare dopo quella sera, sapeva già che ne avrebbe sentito il bisogno. Entrò in uno dei vagoni che sorprendentemente era vuoto, o quasi: un ragazzo moro se ne stava seduto in un angolo, immerso in una lettura che Aurora trovò molto interessante. Decise di sedersi di fronte a lui, nonostante ci fossero altre decine di posti liberi. Il ragazzo non alzò nemmeno lo sguardo, probabilmente noncurante, o probabilmente troppo preso dalla lettura. Aurora si sentiva particolarmente forte e, per così dire, coraggiosa quella sera; accavallò le gambe portando tutto il peso sul tacco destro dei suoi stivali e si rivolse a quel ragazzo: “Non capisco perchè abbiano in programma di fare cinque film su Bella e Edward, quando ci sono libri meravigliosi che non sono stati ancora sceneggiati.”
Il ragazzo alzò lo sguardo, e finalmente incontrò quello di Aurora. Oh, se era bello! Forse il più bel ragazzo che avesse mai visto in vita sua, forse più bello di Zayn. Aveva due occhi verdi che facevano tremare le gambe da quanto erano limpidi e il viso contornato da una marea di capelli ricci e castani. Aurora si aprì in un piccolo sorriso, dopo aver fissato per alcuni secondi quegli occhi. “E' meglio così, forse. Sarebbe un peccato trarre un film mediocre come quelli di Twilight da un libro come Narciso e Boccadoro, non trovi?” Anche la sua voce era da togliere il fiato: cupa, intensa e avvolgente. Un brivido corse lungo la schiena di Aurora quando lo sentì parlare per la prima volta: quel mix di bellezza e oscurità, nonostante apparisse come un angelo fisicamente, la mandarono in corto circuito per tre secondi. Poi si riprese e gli rispose: “Quando è il libro ad essere mediocre non si può far altro che produrre qualcosa di analogo. Ma se la materia prima è già di per sé interessante, le probabilità di fare un film altrettanto interessante sono più elevate, non trovi?” rispose Aurora poggiando i gomiti sulle ginocchia e portando il busto in avanti. Il ragazzo sorrise, ammettendo la piccola sconfitta di quei giochi di parole. Anche Aurora sorrise compiaciuta, più per aver fatto un passo avanti che per aver vinto con le parole. Rimasero in silenzio per il resto del viaggio che non durò troppo tempo: il riccio la passò tra le pagine di quel libro meraviglioso, mentre Aurora lo passò sul viso di lui, cercando di decifrare qualcosa che nemmeno lei sapeva di cercare. La fastidiosa voce robotica della metro annunciò alla ragazza che era ora di scendere. Si alzò con un movimento fluido dal sedile e rimase di fronte alla porta scorrevole in attesa che si aprisse; quando alzò lo sguardo e guardò davanti a sé, vide il riflesso del ragazzo sul vetro della porta che la fissava. Aurora gli sorrise dolcemente e poco dopo le due ante si aprirono lasciando scendere la ragazza. Il riccio, ancora nel vagone, scosse la testa e tornò sul suo romanzo; poche righe dopo si aprì istintivamente in un grande sorriso, senza una ragione ben precisa.
Aurora cominciò a camminare a passo veloce, dimenticandosi dell'interessante incontro appena fatto: erano già le otto e cinque minuti, ed era in ritardo. Arrivò davanti a Macy's, dopo tanto tempo in cui non rivedeva quell'insegna luminosa; prese un bel respiro e aprendo la porta, fece suonare il piccolo campanello. Non era cambiato niente, o per lo meno quel suono così familiare era rimasto sempre lo stesso. Ed eccolo là, stranamente con la cresta dei capelli abbassata, come piaceva a Rory, un cardigan beige e una sciarpa blu. Si avvicinò al tavolo: anche quello era sempre lo stesso; che l'avesse fatto apposta? Zayn si voltò subito quando sentì l'inconfondibile rumore che solo la camminata di Aurora faceva, e la guardò avvicinarsi. I loro sguardi si incontrarono: quella sera Aurora era bella. Lo sapeva, perchè l'aveva visto negli occhi di Zayn. Si mise a sedere un po' in imbarazzo. “Ciao” disse infine lui sorridendo.
Ehi...” fu l'unica risposta, non troppo convinta, di Aurora. Improvvisamente si sentì nervosa, come se la frase che aveva letto prima di partire non le avesse mai detto niente di speciale. Rimasero in silenzio per alcuni minuti a guardarsi negli occhi. Erano tutti e due nervosi, non straniti; erano agitati perchè sapevano che avrebbero dovuto parlare del motivo per cui le cose erano in realtà cambiate, e non sempre uguali come entrambi pensavano. A rompere quel silenzio fu Tracy, la ormai centenaria cameriera di Macy's.
Da quanto tempo ragazzi! Come state?” disse con la sua vociona: anche quella era rimasta sempre la stessa. “Bene Tracy, come va il locale?” rispose Zayn per entrambi, lasciando Aurora fuori da quella conversazione leggermente imbarazzante, dal momento che Tracy era convinta che i due stessero ancora insieme felici e contenti come nelle favole.
Tutto bene, Malik. Allora, vi porto il solito a tutti e due?” disse tirando fuori dalla tasca dei pantaloni un bloc-notes e una penna. Aurora socchiuse la bocca sgranando leggermente gli occhi, per poi sorridere e mugolare un “sì”.
Perfetto! Avete la precedenza ovviamente, arriva tutto tra poco.” disse Tracy battendo forte la penna sul piccolo foglio di carta. Se ne stava andando, ma Aurora la fermò dicendo “Ah, solo una cosa, nell'omelette...”- “Niente pepe, me lo ricordo!” disse Tracy voltando solo la testa e facendo un grande sorriso. Aurora ricambiò, un po' imbarazzata, e arrossì definitivamente quando vide Zayn guardarla come fosse una bambina.
Okay, adesso la cosa si è fatta strana.” disse Aurora affondando i pugni delle mani tra le gambe.
Perchè, prima non lo era?” chiese Zayn giocando con il numero del tavolo e guardandola con un sopracciglio alzato. Aurora sospirò, e poi si avvicinò con la testa al centro del tavolo. “No, sembrava tutto assolutamente normale, il che è assurdo.” Zayn sorrise scuotendo la testa in contemporanea. “Che c'è? Ti è tanto difficile da credere?” disse Aurora visibilmente scocciata.
E' sembrato tutto normale anche a me, fino a un secondo fa.” disse Zayn con tono pacato, indicando Tracy che stava servendo altri tavoli in quel momento.
Aurora socchiuse la bocca, stupita, e poi decise di cominciare la vera e propria conversazione.
Comunque, sai il motivo di questa cena, non possiamo starcene qui a mangiare come una coppietta. Non è un appuntamento questo: dobbiamo parlare. Tu, devi parlare.” disse incrociando le braccia sopra al tavolo. Zayn guardò in alto, visibilmente a disagio, e non parlò per un minuto buono. Aurora continuava a fissarlo, in attesa di sentire delle spiegazioni, ma niente. Sorrise amareggiata, e portò lo sguardo fuori dalla finestra alla sua destra.
Allora ti faccio la domanda direttamente, visto che non sembri in grado di articolare un discorso: perchè te ne sei andato Zayn, eh?” disse strizzando leggermente gli occhi, come per provocarlo.
Non lo so...” furono le uniche parole che uscirono dalla sua bocca quasi impercettibilmente. Aurora stava per esplodere, ma Tracy bloccò l'imminente crisi isterica arrivando con i loro piatti e permettendo alla ragazza di tranquillizzarsi per un attimo.
Ecco qua ragazzi, buon appetito.” disse cordialmente posando gli ordini sul tavolo; questa volta nessuno dei due riuscì a sorridere alla cameriera: Zayn guardava in basso, cercando di non incontrare lo sguardo di Aurora, che nel frattempo aveva ringraziato non troppo educatamente Tracy. Dopo qualche secondo la ragazza ricominciò a parlare, ancora sconvolta dalle parole di Zayn. “Non lo sai? Ma che vuol dire, Zayn? Come non lo sai!” disse così e subito dopo mise in bocca una forchettata enorme di omelette dal nervoso che nel frattempo ricominciò a bruciare.
No, non lo so.” Alzò lo sguardo incontrando quello di Aurora, così da darle l'opportunità di leggerli in tutta la loro ovvietà.
Oh, sì che lo sai invece!” sbraitò Aurora, cercando di tenere il tono basso ma senza grande successo. “Lo sai eccome! Se mi hai amato veramente come dicevi, non puoi non aver pensato a quello che hai fatto quando te ne sei andato. E se davvero non lo sai il perchè, beh allora mi hai sempre e solo mentito. E se è davvero così, dimmelo! Me ne farò una ragione e sarò semplicemente felice di aver perso uno stronzo; avrò sofferto inutilmente, questo è vero, ma ormai è passato. Ti dovrò vedere tutti i giorni per i prossimi cinque anni, ma penso di riuscirlo a sopportare. Ma ti prego, ho bisogno di sapere la verità, penso di meritarmelo.” Aurora stava letteralmente andando in escandescenza: le sue parole erano un climax di rabbia e furia. Si era illusa che anche Zayn riuscisse a fare quel passo di cui parlava Dostoevskij in Delitto e castigo, quelle parole che avrebbero provato il suo coraggio dicendo verità, e non la sua vigliaccheria. Si era illusa, anche quella volta, come quando pensava che Zayn sarebbe tornato da un momento all'altro in quelle giornate piovose di agosto: si era illusa di vederlo da un momento all'altro entrare in casa usando le chiavi nascoste sotto lo zerbino o sgrullarsi i capelli bagnati dalla pioggia. Continuava a parlare a macchinetta e a buttare fuori tutte le paranoie che si era fatta in tutto quel tempo: “E' normale che due persone si lascino o che uno solo tra i due voglia lasciare l'altro: pienamente comprensibile. Ma la gente dà una spiegazione, non se ne va così come se non fosse mai venuta. Voglio la verità Zayn, se non mi hai mai amato dimmelo, te l'ho già detto me ne faccio una ragione e...”
Ti ho amato più del normale, Rory, è questo il problema!” sbattè il pugno sul tavolo facendo tremare piatti e posate. Tutto il locale si girò improvvisamente verso di loro, esterrefatto. Aurora non se ne curava, e nemmeno Zayn: lei guardava lui, e lui guardava il piatto, in silenzio.
Usciamo di qui, ci sono troppi ricordi.” disse Aurora un minuto dopo tra un sospiro e l'altro rimettendosi in fretta la sciarpa e il cappotto. Zayn si alzò e scosse la testa: “Come se averti accanto non mi faccia ricordare niente...” disse a bassa voce posando il conto e la mancia sul tavolo. Aurora lo guardò per un attimo, seccata, ma in fondo aveva ragione: stare insieme era un unico e immenso ricordo ed era impossibile sfuggirgli.
Si allontanarono da Macy's, ognuno stretto nel proprio cappotto.
Ti va di andare a Brighton?” disse improvvisamente Zayn rompendo il silenzio che stava durando ormai da troppo. “Stai scherzando spero.” disse semplicemente Aurora alzando un sopracciglio.
E' da tanto che non ci vado, che non ci andiamo...” rispose facendo spallucce. Aurora lo guardò di sottecchi, incerta: “Poi però mi spieghi una volta per tutte, Zayn: non possiamo stare una notte intera tra un locale e l'altro e una spiaggia e l'altra. Domani abbiamo lezione e lo sai che se vado a letto troppo tardi dopo...” Aurora venne interrotta dalla mano di Zayn che aveva posato delicatamente sulla sua bocca. La ragazza sbuffò e alzò gli occhi al cielo togliendosi la mano da davanti. “D'accordo!” si arrese Aurora dirigendosi da un lato del grande viale che stavano percorrendo.
Ehi, la macchina è da questa parte.” urlò Zayn ridendo sotto i baffi. Aurora girò i tacchi come se il ragazzo non avesse mai detto nulla e lo superò facendo scontrare le loro spalle.
Era così difficile avere una conversazione normale? Ah, sì giusto: lo era sempre stato.


Notaaaaaare bene: 
Mi avete deluso un pò l'ultimo capitolo, eh! solo tre recensioni ç_ç Però non importa(: perchè so che avete letto e in ogni caso potete sempre dirmi cosa pensate del capitolo precedente nella recensione di questo qua. (mi sono spiegata?! .__. ogni tanto penso di non saper parlare .-. ) 
Vi lascio con un pò di suspanceeeeeeeeee, e non vi dico come finisce la loro conversazione, che finirà, ovviamente, nel prossimo capitolo CHI SA COME :D (il punto è che non lo so nemmeno io, lol! ) 
Grazie a tutti che seguono la storia, lo apprezzo tantissimo :'3
Tanti baci a voi e tante caramelle a me (tiè, punizione per le tre recensioni dell'altro capitolo, niente caramelle uù ) 
vichi <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** universi paralleli ***



Non sapeva cosa fosse, cosa la portasse ad acconsentire ad ogni suo desiderio, ma era sempre stato così e Aurora non aveva mai potuto farci nulla. Arrivarono alla macchina senza rivolgersi una parola ma entrambi assorti in pensieri che martellavano le loro teste senza sosta, senza lasciare loro il tempo di godere di quei ricordi che in fondo non erano mai stati tristi, ma il contrario.
Nel momento in cui entrarono in macchina e si misero a sedere sui sedili di pelle, il cuore di Aurora cominciò a battere all'impazzata e le mani a sudare. Quell'auto era pregna del suo profumo, la pelle l'aveva assorbito nel corso degli anni: erano mesi che Aurora non sentiva quell'odore buono, felice, e esserne avvolta improvvisamente la mandò in confusione; un'odore così forte da farle ritornare in mente in modo altrettanto brusco e forte tutti i ricordi che prima erano offuscati dalle preoccupazioni. Aprì nervosamente il finestrino e portò la testa fuori, mentre la macchina cominciava a prendere velocità e imboccare la superstrada. Inspirò quel poco di aria fresca che sbatteva forte sul suo viso, come fosse una secchiata di acqua ghiacciata per riportarla con i piedi per terra.
“Vuoi rimanere là fuori ancora per molto?” chiese Zayn senza togliere gli occhi dalla strada.
Aurora ritirò la testa, lasciando però il finestrino aperto, come dire... in caso di emergenza, ecco.
Non si parlarono granché neanche durante il viaggio: ogni tanto l'uno guardava l'altro senza però che i loro sguardi si incontrassero. Solo ad un certo punto, ormai quasi alla fine del tragitto, Zayn accese la radio e cominciò a cantare ogni singola canzone: era sempre stato così, una voce che ti scioglieva il cuore, incredibilmente dolce, e soprattutto aveva le conoscenze musicali di un disc-jockey: conosceva tutte le canzoni possibili e immaginabili, per lo meno da quello che aveva potuto constatare Aurora a suo tempo.
Si lasciò cullare da quella voce perfetta, perfetta in ogni piccolo particolare: niente timbro graffiato, un suono puro e fluido che ti trasporta in un mondo parallelo. Abbandonò il suo copro sul sedile, mettendosi comoda, e chiudendo gli occhi per riposarsi: era stata una giornata lunga, e ancora non poteva sapere come sarebbe finita. Si era creata un'atmosfera serena dentro la macchina, quasi felice e spensierata, una perfetta armonia tipica del loro passato: lui cantava, lei ascoltava in silenzio. Assorta in tutta una serie di pensieri confusi, Aurora tornò alla realtà sentendo le note di una canzone che conosceva fin troppo bene; sobbalzò per un secondo e si precipitò con il dito verso il bottone della radio e la spense con forza. Restò a guardare il piccolo apparecchio per qualche istante, con il fiato corto e un leggero imbarazzo: quell'equilibrio che si era formato, si ruppe improvvisamente e di nuovo calò un silenzio fastidioso e ingombrante.
“Perchè l'hai spenta?” chiese dopo qualche minuto Zayn, non confuso ma più dispiaciuto.
Aurora girò la testa e lo fissò un po' stupita, facendo poi un movimento della testa e sgranando un po' gli occhi come per dire che la risposta fosse più che ovvia; Zayn annuì, non troppo convinto. I'll stand by you era la loro canzone: lo era diventata dopo la prima notte insieme, quando lo stereo a seguito di un tuono potente si accese all'improvviso, da solo, e la voce dei Pretenders fece loro compagnia da quel momento in poi. Il cuore di entrambi si strinse al pensiero che fossero riusciti a proteggersi a vicenda dall'esterno, ma non tra di loro.
La macchina di Zayn svoltò a destra e imboccò la strada secondaria che portava a Brighton. Era tanto tempo che Aurora non vedeva quegli alberi che tuttavia si ricordava ancora a memoria come fossero passati pochi giorni, e quello scorcio di mare tra le foglie e tra i cespugli, in lontananza, anche quello era sempre lo stesso, questa volta però illuminato dalla luce della luna.
Parcheggiarono su uno spiazzo vicino ad un peschereccio diroccato e poi si avviarono verso la spiaggia ormai umida e fredda. Il suono di quel mare era così terapeutico, che in quel momento Aurora si pentì di non esserci mai tornata dopo la partenza di Zayn. Teneva le mani in tasca, infreddolita dal vento gelido proveniente da nord e subito dopo riavvolse la sciarpa attorno al collo con un movimento veloce; Zayn, che la seguiva da dietro, assunse un'espressione stupita e in fondo felice nel vedere quell'accessorio.
Che bella sciarpa.” disse semplicemente sorridendo e trascinando i passi in modo pesante, quasi fosse stanco. Aurora alzò gli occhi al cielo: se n'era accorto. Tardi, ma se n'era accorto. Si voltò verso di lui con l'intento di fulminarlo con lo sguardo, ma, incontrando il suo sorriso, non poté fare a meno che ricambiare timidamente, per poi voltarsi di nuovo e perdersi tra le piccole onde.
Zayn la raggiunse e si mise accanto a lei fissando anche lui per quel che poteva l'orizzonte del mare.
Passò qualche minuto, e poi finalmente il ragazzo prese di nuovo parola.
Ti ricordi la prima volta che ci siamo venuti?” le chiese voltando leggermente la testa. Aurora rimase per un po' con lo sguardo fisso davanti a sé, senza parlare; sapeva dove voleva andare a parare: farle ritornare in mente il loro passato, quanto fossero felici insieme, fare arrivare la notte fonda per poi tornare a casa senza aver trattato l'argomento di base.
Smettila di chiedermi se mi ricordo. Certo che mi ricordo! Eravamo in due a fare una coppia, non c'eri solo tu.” tirò fuori tutta l'acidità che riuscì a trovare in corpo. Non osava voltarsi, non osava incontrare quegli occhi gialli che le avrebbero fatto perdere la sanità mentale. Fece un grande sospiro, simile ad uno sbuffo, e poi si girò verso Zayn con le braccia conserte.
Possiamo arrivare al punto? Me l'avevi promesso.” disse seria ma con tono più pacato. Zayn abbassò lo sguardo, annuendo. “Non è facile...” cominciò a parlare a bassa voce; Aurora non smetteva di guardarlo, sapeva che qualcosa sarebbe andato storto da un momento all'altro. Infatti non parlò per un minuto abbondante: Aurora sciolse le braccia e le fece cadere sui fianchi, attonita.
Possibile che dev'essere così difficile mettere in fila due parole? Vuoi dirmi che non ci hai mai pensato per tutto questo tempo? Mi chiedo dove siano finiti tutti i tuoi neuroni, a questo punto...” Zayn sorrise leggermente: era da tanto che non lo insultava in quel modo, era una caratteristica del loro rapporto, o meglio, di Aurora nei suoi confronti. Questa scosse la testa: “Perchè non parli... non capisci che fa male?” disse sull'orlo della disperazione: era come se Zayn stesse mettendo il dito nella piaga senza mai toglierlo. E la piaga bruciava di più. Quel mezzo silenzio, quel discorso cominciato e mai finito faceva più male della ferita in sé per sé.
Fa male anche raccontarlo, Aurora” disse Zayn alzando lo sguardo verso l'alto.
Ah, ti fa male... eh sì, certo! Perchè sei tu quello che è stato lasciato dalla ragazza senza una ragione. Sei tu quello che si è svegliato con il letto vuoto. Sei tu quello che ha passato mesi, settimane, giornate intere ad auro-colpevolizzarti per ciò che era successo. Oh, sì. Sei tu quello che ha cercato di capire dove avesse sbagliato in quella storia. Giusto, sì. Sei tu quello che ha sofferto come un cane, quello che è stato abbandonato, mica io.” Aurora parlava a vanvera, come il caffè in ebollizione -a Zayn piaceva prenderla in giro in questo modo- , tenendo i suoi occhi quasi lucidi incatenati a quelli del ragazzo che prendeva ogni parola come un sonoro schiaffo, gli stessi schiaffi che voleva essersi dato da solo da tempo; le parole di Aurora sapevano essere sempre più efficaci della forza fisica, sempre.
Ho sofferto anche io, se è per questo.” disse Zayn sempre a testa bassa.
Sì, certo, e ovviamente questo grande dolore ti ha impedito di tornare. Devo dire che non fa una piega.” ribatté Aurora scuotendo la testa e usando un sarcasmo pungente. “Non puoi essere la vittima in questa situazione, mi dispiace. Non te lo permetto!” continuava a parlare senza sosta, e avrebbe continuato se Zayn non l'avesse interrotta alzando la voce.
Basta Aurora, fermati! Non sto facendo la vittima. Sto cercando di spiegarti, ma non me ne dai modo.” sbottò Zayn e guardandola quasi con aria severa.
Aurora s'irrigidì. “No, non mi fermo! Non mi sembra che tu l'abbia fatto quella volta: te ne sei andato senza pensarci tanto su, senza degnarti di dirmi niente. E ora mi senti, mi ascolti, anche se dovrei essere io ad ascoltare te e non guardarmi in quel modo so benissimo che la cosa è controproducente, ma ho bisogno di sfogarmi.” Zayn sospirò e portò una mano tra i capelli. L'aria era umida e fredda, tanto fredda, il mare era sempre un po' mosso e quella spiaggia che stava facendo loro da palcoscenico non aiutava sicuramente lo svolgersi della conversazione. “Cos'ho sbagliato, Zayn? Cosa diavolo ho sbagliato? Ti prego dimmelo, ho passato mesi a rimuginarsi sopra senza arrivare ad una conclusione...”
Non eri tu il problema.” disse secco.
E allora cos'è andato storto? Ti sei innamorato di qualcun'altra? Cos'aveva lei più di me...?” il tono di Aurora cominciò a piegarsi in una supplica; gli occhi cominciarono a luccicare e la voce a spezzarsi.
No, Rory. Non c'è mai stata un'altra. Tu eri l'unica, e lo sei sempre stata.” la voce di Zayn era indescrivibile: era un misto di dolcezza, di malinconia, di amore, di delusione, di rancore e di tristezza. Un insieme indecifrabile che, tuttavia, fece rovesciare quei pozzi verdi ormai colmi di lacrime. Zayn non poteva vederla in quello stato, mai aveva potuto. Vederla piangere era tra i dolori più grandi che avesse mai provato, e sapere di essere la causa delle sue lacrime gli faceva venir voglia di picchiarsi da solo.
Ero...?” tra un singhiozzo e l'altro che provò comunque a contenere, Aurora riuscì a tirare fuori quella domanda, che domanda in fondo non era: era più una speranza, ma non poteva ammetterlo nemmeno a se stessa. Non le importava se stesse mentendo prima alla sua persona che agli altri: faceva male già avere un dito solo nella piaga, figuriamoci metterne due.
La mascella di Zayn cominciò a tremare impercettibilmente, troppo spaventata di pronunciare quella piccola parola che probabilmente avrebbe risolto ogni problema. Un semplice “No, lo sei ancora come fai a non capirlo” avrebbe probabilmente aggiustato tutto.
Sì, eri …” disse cercando gli occhi appannati della ragazza, la cui speranza, davvero troppo fragile e rischiosa, andò senza che lei se ne accorgesse completamente a pezzi. Tirò su con il naso, e si strofinò gli occhi portando via ogni traccia di rimmel ancora visibile. Non parlò, si limitò ad annuire, e poi calò il silenzio cullato dalle onde del mare. Si guardò intorno: all'improvviso, mai come in quel momento, sentì di voler rivivere il passato, di tornare in quello stesso posto solo indietro nel tempo, per vivere di nuovo come fosse il primo giorno. Cercò nei suoi ricordi quell'emozione fortissima che la capovolse, la riempì, la portò lontano. Chiuse gli occhi, e riuscì a ricordare le braccia di Zayn stringerla in un abbraccio e indicarle l'orizzonte.
A che pensi?” una voce la distolse da quella vera e propria meditazione.
Indovina.” rispose Aurora tenendo sempre gli occhi chiusi voltata verso il mare. Zayn sorrise, e si avvicinò alla ragazza impercettibilmente. L'avvolse in un timido abbraccio, e al loro contatto presero entrambi una piccola scossa; Aurora sobbalzò, ma Zayn la strinse un po' più forte, per farla calmare, e così fece. Entrambi caderono di nuovo in quel mondo parallelo, quello fatto di ricordi e sensazioni passate: provavano a ricomporre i pezzi e a riprodurre qualcosa di analogo, ma chi sa se ce l'avrebbero fatta. Tornarono a quell'alba di luglio, abbracciati, uno davanti all'altro, con il mare di fronte, l'orizzonte pallido, il rumore del mare e il cielo nuvoloso. Qualche attimo di silenzio, e poi tutti e due tornarono a quel momento di una potenza incredibile e fresca, un'emozione per Aurora unica, mai provata prima, che abbaglia, scuote, porta lontano, lontanissimo, verso i pensieri più belli e felici, troppo felici per essere descritti. L'equivalente di un giorno di festa, dell'erba appena tagliata, della pioggia con il sole; un momento che si ferma nella sua perfezione quasi impalpabile, sospeso, che non invecchia e non finisce mai. Questo si scatenò dentro a quel piccolo pugno che è il cuore di Aurora, quando per la prima volta Zayn la baciò in quella prima mattina di luglio.
Aprirono gli occhi entrambi, e a malincuore si staccarono da quell'universo parallelo, che in fondo non era fatto che di illusioni, di ricordi. Una lacrima scese sul volto di Zayn: con un braccio sciolse l'abbraccio con cui teneva stretta Aurora per togliere quella goccia dalla guancia, ma la ragazza lo fermò con la mano, tenendo il suo braccio stretto in vita. Piansero insieme, abbracciati, non curanti della più totale assurdità del momento.
Avevo paura di innamorarmi troppo, ma penso che per quello me ne sono andato troppo tardi.” disse con un filo di voce Zayn. Aurora riuscì a concentrarsi sul profumo che finalmente ritrovò vicino a sé e non impregnato nei sedili della macchina; sospirò, delusa da tutta quella serata, da quell'intera giornata. Sciolse l'abbraccio e lentamente si avviò verso la macchina.
Il silenzio regnò sovrano per tutto il tragitto. Non una parola, non una canzone, non un respiro.
Arrivarono sul viale principale, vicino a casa di Aurora.
Va bene qui.” disse in un sospiro la ragazza prendendo la borsa da sotto le gambe e aprendo lo sportello; lo chiuse alle sue spalle e poi si girò di nuovo, come se ne avesse sentito il bisogno. Zayn la guardò per un attimo e poi le disse: “Mi dispiace davvero, Rory. Davvero.”
Erano le parole più sincere che Aurora avesse mai sentito dirgli; annuì, comprensiva, e gli rivolse un debole sorriso. “Sei stato troppo importante per non essere perdonato.”
E così si avviò verso la piccola traversa del viale che portava a casa sua.
Zayn mise in moto nuovamente la macchina, diretto verso il centro città. Non c'erano stai ricordi, baci o abbracci a rimettere insieme i pezzi di quel puzzle. Si erano detti implicitamente che era finita, che non gli importava più, e Dio solo sa quanto avevano mentito. 

Notaaaaaaaaaaaaaaare bene:
Mai fatto capitolo più lungo, *woot* ! 
Non so che dire, veramente. E' un capitolo che mi sta particolarmente a cuore, c'è un po' di mio e un po' di fantasia, quindi mi sta a cuore il doppio! ahhaah (:
lo posto la sera tardi quindi farà la fine dell'altro che riceverà tre misere recensioni,  ma a me che me ne frega? L'importante è che leggiate (che poi... importante è un parolone. Cioè per me è importante,cioè capite? si vabbè, sono le undici, capitemi.)
ciao ragazze, grazie per tutte le meravigliose recensioni e parole dolci. 
vi mando tante caramelle *tira*
buonanotte/buongiorno/buonpomeriggio a seconda del vostro orologino. 
vichi.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** è passato. ***



La mattina seguente Aurora si alzò non troppo volentieri: alla fine erano tornati a casa quasi alle due di notte, e non era sicuramente abituata a fare le ore piccole ormai da tanto tempo.
Si tolse le coperte di dosso e in contemporanea si levò i pantaloni del pigiama e la canottiera striminzita che le copriva a malapena l'ombelico, per poi tuffarsi sotto il getto dell'acqua calda della doccia. Era mattina presto, ed era buio; restò immobile sotto la doccia per dei buoni dieci minuti, senza usare nessun tipo di sapone, semplicemente godendosi il tepore dell'acqua che le scendeva dai capelli arruffati e le gocciolava sul viso, ancora asciutto. La sera prima era talmente esausta che appena si mise sotto le coperte, cadde in un sonno profondo, senza avere l'occasione di meditare. Prese quel momento di relax come un'occasione per pensare e ripercorrere ciò che era successo poche ore prima. L'aveva perdonato, e il motivo stava fondamentalmente nel fatto che non si era mai arrabbiata con Zayn, ma solo con se stessa per averlo messo nelle condizioni di scappare. Avevo paura di innamorarmi troppo, ma penso che per quello me ne sono andato troppo tardi” Perchè avere paura di amare una persona come Aurora? Cosa aveva di così sbagliato, di così spaventoso da mettere qualcuno tanta soggezione da sentire l'esigenza di allontanarsi per paura di legarsi troppo? Quasi non accorgendosene, Aurora scoppiò a piangere in silenzio, portando entrambi i palmi delle mani sul viso bagnato da acqua e lacrime. Non piangeva per il presente, o per lo meno così credeva; per tutto quel tempo era stato inutile cercare qualche comportamento sbagliato, qualche mossa fatta male, un passo falso, quando in realtà il motivo per cui Zayn se n'era andato era Aurora in sé e per sé, non un avvenimento specifico. Zayn l'aveva lasciata, per amore, odio, paura, quello che vogliamo, ma l'aveva lasciata a prescindere. Ripensò a quell'urlare continuo che nessuno poteva sentire. Nessuno aveva mai potuto capire la situazione di Aurora dopo che Zayn se n'era andato, nemmeno il padre riusciva a comprendere come qualcuno potesse essere così importante. E poi, lentamente, il dolore scomparì, Aurora riuscì ad allontanarsi da questo precipizio e ad andare avanti con la sua vita.
Quella sera aveva scoperto che lei era la causa per cui Zayn l'aveva lasciata. Lei era la causa del suo stesso male, proprio come aveva ipotizzato per tutto quel tempo, ma in realtà non ci aveva mai voluto credere fino in fondo. Concluse quel vagare caotico di pensieri, stufa di riempirsi la testa di domande, plausibili risposte, ragionamenti logici che non potevano necessariamente spiegare l'istinto di una persona. In modo sicuro, chiuse il getto d'acqua della doccia e in poco più di mezz'ora finì di prepararsi per andare all'università. Uscì di casa e il vento gelido si scaglio sul viso di Aurora senza fare troppi complimenti: nascose il naso e la bocca tra le pieghe della sciarpa che si arrotolava tutt'intorno al collo. L'avrebbe visto anche quella mattina, e probabilmente anche il giorno dopo, il giorno dopo ancora, e il giorno dopo ancora; l'aveva detto pure a lui, o forse più a se stessa: avrebbe imparato a convivere con questo fatto. Era convinta di volerlo fare, ovviamente, ma poco di riuscirci. Arrivò alla stazione della metro, come ogni giorno; si mise a sedere sulla panchina davanti alle rotaie, ma non dovette aspettare troppo per vedere i vagoni sfrecciarle davanti e rallentare a poco a poco. Prese la borsa che aveva lasciato accanto a sé, e si avvicinò alla porta scorrevole che rifletteva il suo viso stanco; quando le ante si aprirono, una ragazzo alto, riccio, troppo preso dalla lettura del suo libro, nell'uscire frenetico della massa, diede una botta ad Aurora che, al contrario del ragazzo, stava cercando di entrare. Questo non alzò nemmeno lo sguardo e in pochi secondi Aurora lo perse di vista e lo vide scomparire tra la folla che scendeva e saliva le scale.
L'aveva riconosciuto, ne era quasi certa: era il ragazzo della metro, sì. Quello con la voce bella. Si girò di nuovo e aprì il libro che da troppi giorni restava chiuso sulla stessa pagina, e continuò a leggerlo per il resto del tragitto, senza pensieri.
Quando arrivò in classe era davvero presto, circa venti minuti di anticipo; si mise a sedere sullo stesso posto della settimana precedente. Presa dalla noia cominciò a contare le doppie punte dei capelli e a staccarle con le unghie. Una decina di minuti dopo arrivò Beatrice; quella mattina era bellissima: aveva un golf enorme color crema e un paio di calze scure ricamate con una fantasia floreale, e un paio di stivali bassi. Non era la tipica ragazza magra dalle gambe chilometriche, niente del genere; era alta, sì, ma aveva il fisico da atleta: gambe robuste, spalle larghissime e un portamento comunque elegante, ma quello che la rendeva stupenda erano gli occhi tra il verde e il blu: le illuminavano il viso anche con due occhiaie lunghe fino ai piedi. Con poche falcate raggiunse la pedana dove era seduta Aurora, che la salutò con un grande sorriso.
“Buongiorno!” esordì Beatrice sedendosi accanto alla ragazza.
“Buongiorno a te.” rispose Aurora. Beatrice continuò a guardarla con un'espressione curiosa in volto e un piccolo sorriso. Vedendo l'amica stranita da quell'espressione, alzò le sopracciglia e disse a bassa voce: “Allora? Com'è andata ieri?”
Aurora strabuzzò gli occhi “Oh, già! Bene, sì. Penso...” disse con un po' di incertezza sull'ultima parola e portando lo sguardo sulla porta cigolante dell'aula. Beatrice fece lo stesso, e uno Zayn dalla faccia esausta si fece strada all'interno della classe insieme ad altri tre ragazzi che però non sembrava conoscere. Si mise a sedere senza guardarsi nemmeno attorno, probabilmente troppo stanco e addormentato; passò qualche secondo, e Aurora non smuoveva gli occhi dal ragazzo.
Beatrice alzò un sopracciglio. “Vai, racconta.” disse con tono quasi rassegnato, come a dire 'ecco, lo sapevo...' . Aurora scosse la testa, e tornò sugli occhi chiari dell'amica. “E' andata bene. Voglio dire, che doveva succedere? Ci siamo parlati e abbiamo chiarito, a modo nostro ma abbiamo chiarito.” fece una pausa “In fondo che mi sarei dovuta aspettare? Una di quelle scene da film dove lui torna da lei in lacrime e le dice che è ancora innamorato e vissero tutti felici e contenti?” scosse la testa e con nonchalance si girò verso Zayn che questa volta fece la stessa mossa in contemporanea. Lui le sorrise e la salutò con la mano; Aurora ricambiò con un timido sorriso e un cenno del capo, per poi tornare al discorso con Beatrice che la guardava di sottecchi.
“Ma l'avresti voluto?” chiese con un tono dolcissimo. Aurora gonfiò il petto e subito dopo sospirò restando con la bocca aperta senza sapere per un attimo cosa rispondere.
“Non lo so... No, credo. E' così complicato, Bea, non puoi nemmeno immaginare.” cominciò a torturarsi le unghie freneticamente: Beatrice mise le mani sopra le sue, per farla calmare, e la guardò comprensiva. “Posso provarci, però.” Aurora sospirò di nuovo, avvolta in mille pensieri: chi altro aveva con cui parlare? Il padre, certo, ma ormai lo conosceva a memoria quell'uomo, sapeva il suo dizionario di perle di saggezza a memoria, e poteva tranquillamente indovinare cosa le avrebbe detto anche in quelle circostanze. Aveva bisogno di una persona nuova, una mente nuova con opinioni diverse.
“Terrò sempre a lui, non potrà mai essere altrimenti. E' stata la miglior cosa che mi potesse capitare, e lo so che suona tremendamente alla Twilight, però credimi: è così, anche se mi ha fatto soffrire come pochi.” disse sorridendo con lo sguardo basso. Poi lo alzò e Beatrice, che la stava ascoltando con attenzione, le si rivolse: “Che ne dici di studiare insieme oggi pomeriggio? Così magari prima parliamo per bene e poi ci tuffiamo nei libri.”
“Perchè no!” disse Aurora sorpresa: era come se le avesse letto nel pensiero e avesse capito che aveva bisogno di qualcuno di nuovo con cui parlare.
A lezione finita le due ragazze si avviarono verso la porta della classe, e fu inevitabile imbattersi in Zayn. Ci fu un momento di imbarazzo, più per Aurora che altri.
“Ehi Zayn!” fu il saluto più naturale che riuscisse ad uscirle dalla bocca, ma che in realtà suonò più come un gridolino isterico.
“Ciao Rory.” In quel momento il cuore di Aurora decise di cambiare la routine solita, e cominciò a correre all'impazzata da una parte all'altra della sua cassa toracica. 'Merda!' pensò tra sé e sé la ragazza, per poi accorgersi che Beatrice se ne stava dietro di lei come fosse un terzo incomodo.
“Oh, scusate, non vi ho presentati: Beatrice, Zayn. Zayn, Beatrice!” disse fingendosi entusiasta. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo strano, quasi complice, e due sorrisi enormi si aprirono sui loro volti. Aurora guardò quella scena non poco infastidita, e dopo qualche secondo durante i quali i due non sembravano volersi staccare, ad alta voce disse: “Bene, ora dobbiamo andare.” e fece un passo tra i due così da far sciogliere la loro stretta di mano. “Ci vediamo in giro, Zayn.” disse infine per poi allontanarsi con Beatrice.
Si avviarono per i corridoi e non volò una mosca tra le due: Aurora teneva le braccia conserte, il mento rivolto verso l'alto e il passo falcato, Beatrice invece la seguiva a stento con sguardo confuso.
“Che cos'era quello?” disse all'improvviso Aurora fermandosi accanto alla biblioteca. L'amica la guardò confusa e assumendo una strana espressione in volto. Aurora sospirò e in un attimo tornò in sé: “Scusa, lascia stare.” disse scuotendo la testa e toccandosela con una mano. “Entriamo?”
Beatrice le sorrise: “Sì, certo. A quest'ora non c'è molta gente dentro, nessuno si arrabbierà se chiacchieriamo un po'.” disse così e aprì la porta della biblioteca. Si misero a sedere in un angolo lontano, così da non disturbare nessuno. Passò qualche minuto in cui le due amiche parlarono del più e del meno, e poi Beatrice decise di portare in campo quel tabù, che tabù più di tanto non era: ciò che era proibito, o più che proibito, doloroso per Aurora da raccontare, erano i dettagli, era andare a fondo della questione, e Beatrice la voleva aiutare.
“Come vi siete conosciuti? Voglio dire: come siete arrivati ad uscire insieme?”
Aurora sospirò. “E' arrivato il penultimo anno di liceo. L'ho conosciuto come compagno di laboratorio a chimica.” sorrise al ricordo. “Si è presentato dicendomi: 'Mi dispiace per te ma sono il tuo nuovo compagno di laboratorio. Sono una frana con pozioni e provette, penso che dovrai arrangiarti da sola per quest'anno.' Io lo guardai malissimo, ma allo stesso tempo, per la prima volta nella mia vita, quello fu un colpo di fulmine, almeno per me.” Aurora parlava fissandosi le mani, completamente presa dai vecchi ricordi. “Non so il motivo, ma per gran parte dell'anno non ci parlammo molto: la nostra fu una conoscenza lenta e calibrata. Parlavamo poco, ma quel poco ogni volta ci apriva sempre un po' di più all'altro. Così arrivammo a fine anno, più o meno, che eravamo diventati amici, per così dire; io sapevo di provare qualcosa di più, ma inesperta quale ero, decisi di rimanere chiusa nel mio guscio e non dire niente, finchè fu lui, un giorno come gli altri, alla fine della lezione a propormi di uscire insieme.” un grande sorriso si aprì sui volti delle ragazze: Beatrice presa dalla storia come fosse un libro, e Aurora presa dai ricordi. “Siamo andati avanti per un mese ad uscire insieme senza mai baciarci, e ti assicuro: ci vedevamo minimo ogni due giorni.” Beatrice alzò un sopracciglio: “Scusa, e che facevate tutto il tempo?” chiese soffocando una risata.
“Parlavamo. Invece di stare sotto le coperte, facevamo l'amore con le parole in un certo senso. Era come se avessimo l'urgenza di rimediare ai silenzi e alle poche parole del passato.” le rispose con un sorriso dolcissimo in viso. “Un giorno decise di uscire la sera tardi, erano quasi le due: sgattaiolai fuori di casa senza che papà mi sentisse e andammo a Brighton, e lì passammo tutta la notte a parlare e a litigare, ovviamente. Litigavamo in continuazione, ma erano liti pacifiche: ci prendevamo in giro anche pesantemente, finivamo per insultarci -più io che lui-, però alla fine scappava sempre un sorriso e un abbraccio che ci faceva riconciliare. Restammò là fino all'alba: erano le cinque e mezza e il sole ancora non era sorto, però si poteva intravedere la luce pallida sull'orizzonte del mare. Fu in quel momento che ci baciammo per la prima volta, e nessun aggettivo, nessuna parola può descrivere quel momento.” gli occhi di Aurora diventarono due pietre luminose, cariche di felicità e commozione. Erano indescrivibili, e Beatrice ne rimase colpita e affascinata. Aurora si strinse nelle spalle e abbozzò un sorriso, come a dire che non aveva altro da dire.
“E com'è finita?” chiese la mora con tono cauto e delicato.
L'espressione di Aurora cambiò all'improvviso, incupendosi leggermente. “Un anno dopo, alla fine degli esami finali, avevamo chiesto ai nostri genitori come regalo per la promozione di permetterci di andare nella casa al mare di Zayn, a Brighton, per l'appunto. Abbiamo passato circa un mese e mezzo là, probabilmente il migliore della mia vita, un po' burrascoso, ma meraviglioso.” fece una piccola pausa, e poi riprese. “Un giorno mi svegliai e Zayn non c'era. Lo cercai in lungo e in largo, e poi trovai una lettera sulla veranda.” Se la ricordava ancora quella lettera: era là, sotto ad una conchiglia, quella conchiglia che avevano trovato insieme nella loro prima passeggiata in riva al mare. Era là, coperta da qualche granello di sabbia, un po' stropicciata, che poi di lettera non si poteva parlare. Peggio, era un messaggio: un piccolo insieme di parole che ricordi molto più facilmente.
“E cosa c'era scritto?” chiese Beatrice dopo quasi un minuto di silenzio. Aurora esitò un attimo ma poi, con lo sguardo perso nel vuoto, cominciò a ripetere quelle parole che ormai sapeva a memoria. “Ti resterò impresso come il primo amore, come quella telefonata che stai aspettando e che sembra non arrivare mai, come le nostre orme sulla sabbia bagnata, come il profumo delle nostre cioccolate calde. Ti resterò impresso come il cielo azzurro dopo una tempesta, come il ricordo del nostro amore simile ad un uragano. Resterò: come quando sorridi e ti giri a cercarmi anche se io non ci sono. Scusa Rory, ma devo andare per la mia strada.” Pronunciò ogni parola con assoluta apatia, cercando di non far trapelare nessuna emozione, quando in realtà solo ripensare a quella breve lettera le faceva un male atroce. Beatrice le prese una mano e la strinse dolcemente.
“Posso immaginare quanto ti abbia ferita la scomparsa di Zayn, posso capirlo, l'ho visto da come l'hai raccontato.” stava per continuare, ma Aurora la interruppe: “Nessuno capirò mai quanto ha fatto male.” disse fredda.
Beatrice sospirò: “Forse no, ma se me lo spiegassi potrei provarci.” disse sempre dolcemente.
“E' come se urlassi, e non ti sentisse nessuno. Ti senti sull'orlo di un precipizio, come se nessuno ti possa salvare; e quando finisce, quando se ne va tutto il dolore, per un momento desideri quasi averlo indietro. Ecco come mi sono sentita per mesi interi.” disse a fior di lacrime Aurora.
“Lo ami ancora, vero?” chiese Beatrice dopo una breve pausa.
Aurora sgranò gli occhi, ritornando al presente: “No!” disse con tono quasi isterico. “No. E' passato, sono andata avanti. Come ti ho già detto terrò sempre a lui, ci incontreremo, e saremo felici di continuare a far parte l'uno della vita dell'altro, ma non torneremo mai insieme, perchè penso che un amore così non torni indietro.” disse Aurora giungendo ad una conclusione del tutto nuova in pochi secondi. Rimase a pensare per qualche istante a ciò che aveva appena detto: probabilmente era la verità, o forse no.
“Quindi è finita?” chiese infine Beatrice con inaspettata curiosità.
“Sì.” rispose Aurora con voce tremante, ignorando il tono curioso dell'amica. “Ma, se qualcuno lo facesse soffrire, non ci goderei, anzi: la prenderei a manganellate, sia ben chiaro.” concluse Aurora e sul volto di entrambe scoppiò una risata, non troppo felice da parte di Beatrice.
“Ora è meglio studiare.” disse la ragazza italiana prendendo i libri dalla borsa; Aurora annuì e fece altrettanto. Dopo un'oretta scarsa Aurora non aveva ancora combinato niente: era ferma alla prima pagina di diritto, troppo presa da pensieri confusi che non riusciva nemmeno lei a seguire, ma che la distraevano e basta dallo studio. Chiuse il libro e sbuffando si rivolse a Beatrice: “Scusa Bea, ma non riesco a concentrarmi: e' meglio che vada a casa. Ci vediamo domani” disse gentilmente e dandole un bacio sulla guancia. In realtà aveva solo voglia di stare in giro e sì, perchè no, fare anche un po' di shopping. Si perse tra qualche boutique locale dove comprò tre sciarpe e un cappello di lana, per poi fermarsi in un coffee-shop poco lontano dalla fermata della metro. Ordinò un caffè lungo e dopo essersi seduta in un angolo accanto alla finestra, tirò fuori il libro che aveva ripreso a leggere quella mattina. La luce bianca del sole coperto dalle nuvole e l'arredamento in legno scuro del locale le regalavano la miglior atmosfera per rilassarsi e tuffarsi beatamente nelle pagine della storia.
“Dev'essere un bel libro, sorridi in continuazione.” Aurora sentì una voce provenire dalla sua destra. Per un momento le sembrò di riconoscerla: alzò lo sguardo e non riuscì ad evitare un sorriso, nonostante fosse sorpresa.
“Sono al punto in cui lui si alza dalla sedia a rotelle.” disse Aurora. Il ragazzo si aprì in un sorriso luminoso. “Perchè non ti siedi invece di stare là impalato?” disse la ragazza alzando un sopracciglio e indicando con la testa il posto vuoto davanti a lei.
“Discutere su libri non è esattamente il modo migliore per conoscerci.” disse il ragazzo mettendosi a sedere.
“Oh, io lo trovo perfetto.” rispose Aurora. “Ne conosci uno migliore, per caso?”
“Sì, presentarsi.” disse beffardo lui allungando la mano verso Aurora. “Piacere, Harry.”
Aurora sorrise, appoggiò il libro sulle ginocchia, e ricambiò la stretta di mano: “Aurora.” 


Nota beeeeeeeeeeeeeeene: 
Mi saprete mai perdonare per il ritardo MOSTRUOSO? Sì, vero?! çwç 
Chiedo umilmente perdono, ma ho avuto un qualcosa come dieci giorni di FUOCO a dire poco. Sono cominciate le interrogazioni toste e i compiti in classe, e fino ad ora tutto è andato perfettamente ( a parte la versione di greco: penso di aver preso 3 se non meno. Ma non pensiamoci! ç_ç ) 
Spero di non avervi confuso con la mente contorta di questa ragazza, mi rivedo davvero tanto in lei e quindi quel che provo lo metto giù.  Okay, scappo che devo ripassare letteratura greca. Questa scuola mi sta uccidendo, scusate se trascuro la storia ! Ma penso di essermi fatta perdonare con la lunghezza assurda di questo capitolo :D 
Un bacio grande e tante caramelle *tira* 
vichi.

ps- l'immagine la metto domani, ora devo lavarmi i capelli ahahah. notte a tutti!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=826773