Londra.
Fredda
Grigia
Piovosa
E nebbiosa, aggiungerei
Londra.
Così diversa dall'assolata Miami,
così tanto simile alla caotica New York.
Il pavimento del marciapiede era bagnato dalla pioggia incessante, e le
persone attorno a te, che avevano degli sgargianti ombrelli a parargli
il culo da quel diluvio, non ti sfioravano nemmeno con lo sguardo.
Probabilmente se tu fossi svenuto, nemmeno l'avrebbero notato e quasi
sicuramente ti avrebbero calpestato.
Te ne stavi a fissare le tue scarpe in silenzio con il cappuccio grigio
della felpa sui capelli, sperando che l'autista fosse puntuale...
Osservavi tutti i dettagli delle tue All Star nere degli ACDC:
I Materiali, i colori del logo della band, le doppie stringhe gialle e
rosse che solo poco prima in aereo avevi messo.
Dalle cuffie che avevi nelle orecchie, collegate al tuo I-Pod Touch
nero, arrivavano le note di " I'm Eighteen " di Alice Cooper: la
canzone che più ti si addiceva in quel momento...
Sbuffasti sonoramente.
Erano cinque minuti che aspettavi che qualcuno arrivasse a prenderti
all'aeroporto di Heathrow, ma non era questo a renderti strano.
Tua madre ti aveva spedito oltre oceano, dopo l'ennesimo casino che
avevi combinato alla East High School di New York, nella speranza di
vederti cambiare:
-Frequenterai l'ultimo anno
alla St George a Londra!-
Aveva detto furibonda senza darti nemmeno il tempo di replicare mentre
ti preparava la valigia. Beh,
da un lato aveva anche ragione... Far esplodere con un petardo il cesso
dei ragazzi, spiare le ragazze in spogliatoio e mettere del lassativo
nel caffè del professore di matematica, non erano certo
azioni
degne del tuo cognome: Evans... piuttosto pesante da portare., ma non
l'avevi chiesto tu di essere il figlio del sindaco di New York! Non
l'avevi chiesto tu di essere inseguito dai giornalisti dei tabloid
americani!
-Uff! E siamo già a dieci minuti...-Alzasti lo sguardo, non
tanto per scrutare un orizzonte non ben definito,ma più per
mettere a fuoco un possibile futuro in quella triste città.
Una Merchedes classe A nera si fermò davanti a te , e
un'imponente figura vestita di scuro uscì dalla portiera del
conducente (a destra, cosa che per te sembrò strana) e ti si
avvicinò.
-Perdoni il ritardo signor Evans.- Disse un omone di quasi due metri di
stazza, con la pelle color cacao aprendoti la portiera
-Sono Harold, la persona incaricata di portarla all'istituto.-
Ti calasti il cappuccio, lasciando che qualche goccia di pioggia si
infrangesse sui tuoi capelli, e ti lasciasti scivolare all'interno
dell'autovettura.
Londra dai vetri scuri ti pareva semplicemente più
fredda,più triste e più tetra... insomma molto
più... londresca
Istintivamente ti sfuggì un sorriso: Che razza
di termini ti inventavi nei momenti peggiori?
La vettura passò per Piccadilli Square,ed i tuoi
occhi
incrociarono quelli verdi di una ragazza che si muoveva con un
microfono in mano su un maxi schermo.
-Scusi,quella chi è?- ti limitasti a chiede al
conducente
della vettura, che per tutta risposta trattenne una risatina
che
sapeva tanto di "Ma guarda questo idiota" ed aggiunse
-E' Karma- la tua faccia assunse un espressione alla "CEEERTO, ED ORA
CHE SO IL NOME SO ANCHE PERCHE' ANCHEGGIAVA MEZZA NUDA SU UN
MAXISCHERMO" ed allora l'uomo proseguì. -è
l'idolo dei
teenagers londinesi, dovrebbe informarsi...-
Quel tono impertinente ti diede sui nervi, ma ti limitasti a scoccargli
un'occhiata di fuoco, per poi focalizzare la tua attenzione in un punto
indefinito al di là del vetro, pensando che forse quel
cretino
privo di rispetto nei tuoi confronti che se ne stava alla guida, forse
non aveva così tanto torto, e così, ti ripromisi
che dopo
aver sistemato le tue cose nella stanza, saresti andato al centro
internet della scuola e ti saresti informato.
L'autovettura si fermò davanti ad un'imponente costruzione
di inizio XIX secolo in mattoni rossicci.
-Benvenuto ai dormitori della St George.- disse Harold aprendoti la
portiera.
Le tue All Star ti guidarono attraverso un viottolino che attraversava
un giardino all'inglese, fino al portone d'ingresso, che varcasti senza
titubare, ma con la vaga sensazione che ti saresti sentito in prigione.
Con un mazzo di chiavi tra le dita della mano destra ed un post-it con
la posizione della tua stanza, ti avventurasti tra il groviglio di
corridoi e scale, che componevano l'interno dell'edificio.
Sfinito arrivasti al quinto piano davanti alla stanza sessantaquattro.
Appoggiasti la mano sulla maniglia, ma qualcosa ti bloccò
dal aprire la porta:
Al di là dello spesso legno, una voce lanciava insulti a
destra e manca ed un'altra rideva di gusto.
Sospirando ti feci coraggio ed apristi la porta.
Davanti a te si presentò una scena che rappresentava appieno
la tua idea di apocalisse.
Un ragazzo moro con due grandi occhi color agata visibilmente incazzato
cercava di arrampicarsi su di una scaletta appartenente ad un letto a
castello per raggiungere un ragazzo dai capelli blu, che si teneva la
pancia e rotolava sul letto dalle risate, a far da sfondo, vestiti e
giornalini sparsi per tutta la camera, e piume probabilmente
provenienti da un cuscino scagliato poco prima, la cui federa ora
giaceva sul pavimento come vittima di quella furente battaglia.
Una piuma ti si posò sulla punta del naso, provocandoti un
leggero starnuto.
Questo richiamò l'attenzione dei due verso di te.
Il giovane che fino a poco prima sbraitava come un forsennato
cercò di ricomporsi, poi ti sorrise,si schiarì la
voce, e
come se nulla fosse accaduto ti si presentò porgendoti la
mano.
-Tu sei quello nuovo. Death the Kid, piacere di conoscerti.-
Lasciandoti piuttosto sconcertato, l'altro scese dal letto a castello
con movenze più da primate che da uomo e ti diede una pacca
sulla spalla.
-Come butta bello?!? Io sono il mitico Black*star!-
Qualcosa ti urlava nella testa, consigliandoti di scappare da quei due
matti, correre dal direttore e chiedere un'altra stanza, ma tu
allungasti la mano verso Kid e ricambiasti la pacca di Black*star.
-Soul Evans, vengo da New York.-
-Bella! Io sono di Miami- rispose il ragazzo dai capelli blu -Bello
avere un altro americano in stanza!-
-Io sono di Edimburgo- sorrise il moro -ma mia madre abita a New York-
Poi, ti misi a disfare le valige, a scegliere il letto, e per finire, a
guardare" Bastardi senza Gloria" con i tuoi compagni di stanza, e il
tuo buon proposito di ascoltare quella "Tarma" o come si chiamava, ti
passò di mente.
La sveglia suonò alle sei e trenta del mattino, e per te ,
che
dopo il jet-lag ti sentivi molto scombussolato, fu un crudele richiamo
alla fredda realtà: Quello era il primo giorno di scuola.
Con la tipica velocità, e voglia di correre, del bradipo ti
avviasti in bagno, dove i tuoi coinquilini si stavano lavando i denti
con un'espressione tipica da zombie. Senza molta voglia li imitasti, e
finita la pulizia ti cercasti di colpire in pieno volto con un getto di
acqua gelida.
Sulla cassapanca vicino al letto ti aspettava la tua divisa: Una giacca
ed un paio di pantaloni blu, una camicia bianca ed una cravatta blu e
bourdox.
Svogliatamente ti infilasti prima i calzini, poi la camicia, i
pantaloni, annodasti la cravatta, ed infine infilasti la giacca,
afferrasti la borsa di cuoio che contentava tutti i tuoi libri di
testo, e ti avviasti fuori dalla stanza, alla volta della struttura
scolastica.
Attraversasti tutti i corridoi e l'intero giardino all'inglese che
costituiva una piccola parte dell'imponente parco della
scuola,
poi eccola lì: Davanti a te si stagliò quella che
doveva
essere stata una dimora dell'alta borghesia del XVIII secolo in mattoni
rossastri con una grande vetrata che prendeva tre piani, più
l'ingresso contornata di bianco, così come alcune finestre.
Ti portasti al fianco dell'ingresso per salire l'ampia scalinata bianca
che portava all'ingresso, cercando di confonderti tra tanti studenti,
mentre dal tuo I-Pod era partito il remix di Jasper Forks, l'unico che
non ti dava sui nervi, di una canzone a pianoforte che ogni tanto
canticchiavi, e suonavi: The river flows in you, una delle colonne
sonore del film di vampiri che la tua ex ragazza Juliah
(soprannominata, nella tua lista delle Ex Juls-Notti Bollenti) ti aveva
costretto a sopportare, Twilight, o come si chiamava.
Attorno a te , ragazze si abbracciavano, ragazzi si scambiavano
amichevoli pacche e si raccontavano le proprie vacanze. Ti mettesti a
cercare il tuo armadietto nella speranza di poter posare almeno
qualcuno di quei pesantissimi libri nella tracolla, il cui
cinturino ti stava scavando una spalla!
Dopo aver riposto la maggior parte di quegli inutili tomi, ti avviasti
alla ricerca della tua classe, grazie ad una cartina. L'aula si trovava
a quattro classi di distanza dall'aula di musica e dalla Sala Grande.
Eri nei pressi dell'aula di musica, quando qualcosa richiamò
la
tua attenzione: sembrava una voce femminile... cantava una canzone
piuttosto conosciuta...
[i]Every now and then
I fall apart
And I need you now tonight
And I need you moore than ever
And if you'll hold me tight,
we'll be holding on forever[/i]
Ti avvicinasti alla finestrella della porta e cercasti di sbirciare, ma
la campanella suonò, e la ragazza all'interno della stanza,
si
mosse velocemente verso l'altra uscita che dava dall'altra parte del
corridoio. L'unica cosa che riuscisti a vedere fu una chioma bionda.
Sbuffasti sonoramente e piuttosto sconsolato, ma deciso a scoprire chi
potesse essere quella ragazza, ti avviasti verso la classe.
Arrivato alla meta il professore di letteratura, un uomo di mezza
età, colpito da calvizie e dal volto solcato da alcune
pronunciate rughe d'espressione, ti presentò alla classe.
-Bene Signor Evans, credo che affidarla ad un compagno sia d'obbligo-
lanciasti uno sguardo fugace alla classe , notando che i banchi erano
disposti in quattro file da tre banchi doppi ciascuno - Penso che
metterla accanto alla ragazza più diligente della classe sia
la cosa migliore, signorina Albarn, che ne pensa?-
[i]Fantastico, la secchiona![/i] pensasti piuttosto demoralizzato,
posando lo sguardo sul pavimento, ed alzandolo solo dopo aver udito la
risposta affermativa di una ragazza... solo allora incrociò
il
suo sguardo, solo allora ti tuffasti in due pozze verde menta, appena
celati da dei sottili occhiali da vista , ma non i classici da sfigato
ma una montatura alla moda. I tuoi occhi si posarono sui capelli color
del grano, raccolti in due codini, e poi su di un viso dai lineamenti
delicati. Non sembrava proprio una secchiona!
Ti sedetti accanto a lei -Soul Evans, piacere- dicesti
porgendole la mano
Lei ti osservò alzando un sopracciglio, poi
ricambiò la stretta di mano
-Maka Albarn- sorrise poi fece scivolare di nuovo gli occhi su di un
libro.
-Posso chiederti cosa leggi?-
Lei alzò lo sguardo dal tomo e ti osservò con
aria di sfida
-[i]Alice[/i] di Carrol...-
-Bello! Mia madre, mi portava a Central Park davanti alla
statua dedicata all'autore e me lo leggeva... è il
suo
libro preferito- La giovane ne sembrò colpita
-E... e cosa ne pensi della società dell'ottocento descritta
,sotto satira, dall'autore nel libro?- Per tutta risposta tu
spalancasti gli occhi, allora lei ridacchiò -scherzavo-
-ah...Meno male, anche perché, non sono mai stato una cima
in letteratura!- ridacchiasti nervosamente.
-Per questo ci sono io, se hai bisogno chiedi pure.-Dopo di che
scivolò ancora nella lettura.
Scopristi con sorpresa che l'intera ora di letteratura del primo giorno
era dedita a scambiarsi proprie opinioni su vacanze e libri
letti.
Ti mettesti quindi a canticchiare la canzone che poco prima avevi udito
nell'aula di musica.
Every
now and then
I fall apart
And I need you now tonight
And I need you moore than ever
And if you'll hold me tight,
we'll be holding on forever
-Scusa, Soul, conosci Totaly eclipse of The Heart?- Ti
guardò sbalordita
-Sì...- Ecco
come si chiamava la canzone! pensasti prima
di proseguire -sai, prima ho sentito una ragazza cantarla... e mi
è rimasta in testa-
La ragazza sembrò innervosirsi
-D...dove di preciso?-
-era nell'aula di musica-
-E... e l'hai vista?-
-No- Maka sembrò rassicurata da quella risposta, ma tu non
ci feci molto caso.
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