Nancy boy

di xArwen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Early dawn ***
Capitolo 2: *** 2- Late at night ***
Capitolo 3: *** 3- The end of the beginning ***
Capitolo 4: *** 4- I will never let you go ***
Capitolo 5: *** 5- How does it feel? ***
Capitolo 6: *** 6- Bring me home in a blinding dream through the secrets that I have seen ***



Capitolo 1
*** 1- Early dawn ***


Nancy boy


Aveva lasciato la finestra aperta ed ebbe l'impressione che piovesse. Le foglie dell'albero che oscurava la finestra producevano un fruscio simile al picchiettio della pioggia. Un soffio di vento più potente degli altri fece sbattere l'imposta della finestra con un rumore sordo. Mikey Way aprì lentamente gli occhi e rabbrividì sotto il plaid. L'autunno cominciava a farsi sentire e dimenticarsi la finestra aperta la sera precedente non era stata una buona idea. La luce bianca e fievole di quel mattino nuvoloso e nascente dava un'atmosfera quasi sospesa nel tempo, anche a causa della totale assenza di voci e rumori dato che era a malapena l'alba. Il silenzio era interrotto solo, oltre che dal fruscio delle foglie, da qualche automobile mattiniera che passava ogni tanto.
Mikey Way faceva fatica a mantenere gli occhi aperti. La luce, seppur ancora bassa, gli accoltellava le pupille. Il sonno invece gli rimboccava impetuosamente le palpebre. Sapeva inoltre, anche senza guardarsi allo specchio, che erano gonfi. Come al solito era andato a dormire troppo tardi, ma per una buona causa. Gli occhi gonfi erano un prezzo ragionevole per un corpo sempre più perfetto, e poi potevano essere coperti con del fondotinta. I chili in più invece no, non potevano essere coperti, soprattutto ai suoi occhi.

Finalmente la sveglia suonò, dopo un'ora passata a cercare di riprendere sonno inutilmente. L'unica cosa che Mikey era riuscito a fare era chiudere la finestra e raggomitolarsi di nuovo sotto il plaid, con gli occhi chiusi. Nonostante il sonno arretrato lo opprimeva e gli occhi erano restii a restare aperti, comunque, non ci fu verso per lui di riappisolarsi neanche per qualche minuto. Restò così anche per qualche minuto dopo che tutti gli altri abitanti della casa – ovvero i suoi genitori e il fratello maggiore – si erano alzati, restando sospeso in una specie di dormiveglia in cui gli stimoli esterni lo raggiungevano e lo oltrepassavano nel giro di un secondo. Il pensiero che monopolizzava il suo cervello era il freddo che gli attanagliava i piedi nudi e le gambe coperte solo da un pigiama di cotone sotto quel misero plaid estivo. Aveva portato le braccia sotto il petto ossuto per riscaldarle con il calore intrappolato tra esso e il materasso e cercava di portare le gambe sempre più vicine alla parte superiore del corpo, in posizione fetale, d'istinto. Si decise ad alzarsi solo quando sentì qualcuno che usciva dal bagno, segno che ora era libero di essere usato dal prossimo. Fu solo allora, quando si mise in piedi e indossò le ciabatte, che si svegliò completamente e riacquistò ogni facoltà mentale. Anche il freddo gli sembrava più sopportabile ora. Ma si stava facendo sentire un altra cosa in quel momento, a mente lucida. La fame. Mikey Way sentiva lo stomaco gorgogliare e brontolare furiosamente e dei crampi che gli stringevano l'addome. Ma ormai c'era abituato, quel fastidio non era altro che una presenza di fondo che lo accompagnava ovunque e sempre.
Andò verso la porta del bagno e se la chiuse alle spalle. Gerard aveva di nuovo allagato il pavimento lavandosi la faccia ed una grossa pozzanghera d'acqua bagnava la zona intorno al mobiletto del lavandino e una buona parte del tappeto rosa. Mikey si sciacquò anche lui la faccia e sentì le guance che quasi gli bruciavano per l'acqua gelida. Restò qualche secondo con gli occhi chiusi e imperlati di acqua per avere almeno l'illusione che così le borse si sarebbero sgonfiate un minimo e il suo aspetto apparisse più fresco e riposato. Dopo aver liberato la vescica tornò in camera per vestirsi. Quella era una delle operazioni della routine mattutina a cui dedicava più tempo. Dopo aver osservato per quasi cinque minuti il contenuto dell'armadio e gli abiti buttati sulla scrivania dalla sera prima scelse dei jeans né troppo larghi né troppo stretti e una felpa attillata blu scuro con la zip sul davanti. Solo quando si fu assicurato che quelle odiose ossa sporgenti ai lati appena sopra l'inguine fossero nascoste dai vestiti e il suo corpo esile fosse perfettamente fasciato e la sua magrezza messa in risalto da questi, scese per fare colazione. Donna era già uscita per andare al lavoro e ad accompagnare il figlio maggiore all'istituto d'arte che si trovava vicino il suo salone di parrucchiera e in casa era rimasto solo il padre, che si affrettava ad allacciarsi le scarpe per uscire anche lui.
«Buongiorno Mikey, io scappo che sono già in ritardo! Fai colazione e attento per strada.»
Mikey annuì andando verso il frigo e versandosi dell'acqua al posto del latte nella tazza, facendo attenzione a coprire l'operazione con il suo corpo agli occhi di Donald.
«Sì, ciao papà.»
Ogni mattina era sempre uguale: rimaneva sempre da solo a fare colazione quindi si poteva permettere di non farla per niente senza subire rimproveri. Si limitava a sporcare una tazza ed un cucchiaino con un po' di latte e a mettere queste stoviglie nel lavandino insieme a quelle usate in precedenza dai suoi familiari per far credere a Donna, quando tornava dal lavoro e lavava i piatti prima di cucinare il pranzo, che avesse realmente consumato la colazione. Quando tutto fu sistemato a regola d'arte, ormai era diventato esperto nel camuffare tutte le volte che non mangiava, prese la borsa dei libri e si incamminò verso la scuola.
A differenza dell'istituto d'arte privato che frequentava il fratello, la sua scuola era un normale liceo statale rivestito di mattoncini rossi e dalla facciata bassa e larga e si trovava vicino casa Way. Entrando nel vialetto che conduceva all'ingresso, Mikey aveva sempre l'impressione di essere osservato dagli studenti che si attardavano nel giardinetto antistante l'edificio. In quel lasso di tempo in cui percorreva il lastricato si sentiva terribilmente giudicato. Sapeva che il suo corpo era perfetto, che il suo abbigliamento era perfetto, ma aveva sempre l'impressione che avesse tralasciato qualche particolare e che gli altri potessero notare quei maledetti fianchi sempre grossi nonostante facesse di tutto per farli scomparire del tutto. Riacquistava sicurezza solo quando entrava nella sua aula e prendeva posto vicino ad Alicia.
Alicia era l'unica vera amica che aveva, con gli altri ragazzi non era molto in buoni rapporti. Ma non gli dispiaceva neanche più, alla fine non era per niente interessato a far parte della squadra di football o agli altri argomenti che monopolizzavano le conversazioni di quasi tutti i ragazzi della sua scuola. Quasi la stessa cosa accadeva anche con le ragazze; solo Alicia si salvava, lei era l'eccezione. Passavano i pomeriggi chiusi in camera a guardare film, provare vestiti, sentire musica e leggere riviste e libri. Quando era bel tempo o avevano la giornata libera poteva invece capitare che andassero a fare foto nei dintorni; infatti entrambi avevano la passione per la fotografia.
La lezione di biologia era iniziata da poco e il professore non fece neanche caso a Mikey che era appena entrato nella stanza. Il ragazzo individuò subito l'amica che, naturalmente, gli aveva riservato il posto accanto ad ella e si andò a sistemare.
«Ciao Ali!»

Suonò la campanella che segnava l'ora di pranzo. Dopo quattro ore passate in uno stato di dormiveglia amplificato dalle lezioni noiose e dall'atmosfera cupa tipica delle mattine autunnali, un po' di vitalità parve rianimare gli studenti della High School di Belleville. Mikey e Alicia passarono a riempire i propri vassoi già sapendo che quasi tutto sarebbe andato buttato. Ma non potevano non prendere nulla, sarebbe stato troppo sospetto, quindi si fecero servire verdura e frutta e solo poco pollo fritto. Si sistemarono ad un tavolo libero un po' fuori mano ma lasciarono i vassoi davanti a loro, intatti.
«La mangi la carne?»
«No.»
Alicia annuì e si decise a dare anche lei un morso alla mela. La frutta e la verdura erano le uniche cosa che non davano loro sensi di colpa, dopotutto facevano bene e – cosa più importante – non facevano ingrassare. Entrambi tenevano troppo alla forma fisica, non potevano permettersi di sgarrare soprattutto ora che i loro corpi si avvicinavano sempre più alla perfezione. Se non fosse stato per quei fianchi e quelle cosce...
«Mikey che hai fatto oggi? Hai una faccia strana.»
«Eh, ho dormito pochissimo e sono stato fortunato a non essermi svegliato col mal di gola. Ieri sera ho scordato la finestra aperta. Ho sonno.»
«Ah, ecco. Ma se saltiamo le ultime due ore? Tanto oggi abbiamo arte, quella nemmeno se ne accorge che manchiamo.»
Mikey rigirò la sua mela mezza morsicata tra le mani riflettendoci un attimo, anche se la risposta era più che ovvia.
«Okay. Dove andiamo?»
«Casa mia?»
«Okay.»
Finirono di spiluccare ancora qualcosa dal contenuto dei loro vassoi e poi li vuotarono in uno dei cestoni. Ma invece di seguire gli altri studenti che rientravano per fare lezione, si allontanarono passando dalla seconda entrata della mensa, che dava sul retro del cortile. Non c'erano aule che si affacciavano su quel lato dell'edificio, quindi percorsero tranquillamente e senza paura di essere avvistati la distanza che li separava da quel buco nel recinto di rete, da cui forse generazioni intere di alunni erano sgattaiolati nella campagna adiacente per scampare ad interrogazioni, compiti in classe, test e lezioni particolarmente sgradite.
«Aaah, non ce l'avrei proprio fatta a rimanere altre due ore!»
«A dipingere e farsi disapprovare da quella là poi, no grazie.»
Mikey rise per il tono con cui Alicia aveva pronunciato quelle parole e subito dopo gli scappò uno sbadiglio.
«Vero che adesso che arriviamo ci mettiamo a dormire?»
«Fai come vuoi, io non ho sonno comunque ti faccio compagnia.»

La casa di Alicia si trovava lungo la stessa strada che collegava il quartiere di Mikey alla loro scuola. La ragazza stava da sola in quella villetta bianca quasi tutti i giorni, dato che i suoi genitori erano separati e viveva con la madre, che lavorava nella vicina cittadina di Newark e tornava sempre ad ora di cena. Quando arrivarono, salirono subito in camera di Alicia e Mikey si buttò sul piumino lilla affondando la faccia nel cuscino. La ragazza lo seguì e si sdraiò supina di fianco a lui.
«Ma davvero vuoi dormire?»
«Ci provo, devo recuperare il sonno perso in tutto questo tempo.»
«Come “in tutto questo tempo”? Non è solo stanotte che non hai dormito?»
«Ultimamente vado a letto troppo tardi.»
«Come mai?»
«Mal di stomaco.»
Alicia assentì con un borbottio mentre si sistemava in modo da stare più comoda.
«Mikey spostati un attimo, mettiamoci sotto le coperte.»
Di malavoglia il ragazzo si alzò e si riallungò subito dopo essersi tolto le scarpe e la felpa, stavolta nel letto. Alicia gli si raggomitolò vicino, si era tolta i jeans e aveva indossato dei leggins leggeri. Mikey le passò un braccio sulla vita sottile e dopo un poco calarono in un sonno favorito anche da quel tepore.


Eh già, ho iniziato una nuova ff u.u
Ancora non si delinea bene tutta la situazione anche se forse molti di voi avranno capito il “problema” di Mikey e di Alicia. Ma nei prossimi capitoli le cose cambieranno un po' quindi aspettate a giudicare dalle apparenze xD

See ya soon
dryvenom

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Capitolo 2
*** 2- Late at night ***


Quel pomeriggio Mikey era tornato a casa all'orario in cui tornava di solito dopo la scuola per non destare sospetti ed aveva passato il resto del pomeriggio nella sua camera a leggere. Ultimamente passava gran parte del suo tempo libero immerso nei libri. Lo distraevano dal mondo esterno e mentre i suoi occhi guizzavano sulle parole stampate la sua mente si catapultava in un altro universo, ovattato e in cui i personaggi avevano sempre la soluzione a tutto. Solo quando iniziò a fare buio si ricordò che aveva da studiare alcune pagine di letteratura. Posò il libro che stava leggendo – sulla copertina cartonata verde delle grosse lettere scure formavano il titolo, On the road by Jack Kerouack – sul pavimento ed estrasse il testo di letteratura dallo zaino, ancora poggiato sotto la scrivania da quando era tornato da casa di Alicia. Non sarebbe stato molto impegnativo, una lettura veloce e avrebbe fissato i concetti principali, se la cavava abbastanza bene nelle materie umanistiche. Tornò a distendersi sul letto e iniziò a studiare in attesa che lo avessero chiamato per la cena. Infatti dopo qualche minuto sentì Gerard che lo chiamava da sotto le scale. Scese senza farsi chiamare di nuovo e si sistemò a tavola. Il resto della famiglia era già seduto e Donna stava servendo della pasta cosparsa da una salsa chiara, probabilmente panna. Mikey odiava quando la madre cucinava la pasta, soprattutto se la faceva per cena. La pasta conteneva carboidrati e i carboidrati facevano gonfiare ed ingrassare soprattutto se mangiati di sera. Aveva letto tutto ciò su una rivista della madre e gli era rimasto impresso. Già era restio e mangiare cibi troppo conditi e calorici, figuriamoci la pasta con la panna per cena, una vera bomba calorica secondo lui. E dopo il primo seguiva il secondo, immancabilmente fornito di contorno: tacchino e broccoletti. Mikey si chiedeva come facessero sua madre, suo padre e suo fratello a mangiare così tanta roba, consapevoli che tra poche ore sarebbero andati a dormire e che tutto ciò sarebbe finito ad aumentare le loro riserve di energie, comunemente chiamate grasso. Nonostante ciò mangiò la propria porzione di pasta ed anche un pezzetto di tacchino accompagnato dai broccoletti. La verdura, come la frutta, erano gli unici alimenti che mangiasse volentieri. Poteva sentire il cibo disgregarsi nello stomaco, fluire nelle sue vene ed andare ad attaccarsi all'interno della sua pelle. Riusciva a sentire il grasso che si formava, il suo peso che aumentava, il colesterolo che gli ostruiva le arterie. Quella sensazione di calorie che piano a piano si impossessavano del suo corpo era opprimente. Lo angosciava terribilmente. Lo faceva sentire sporco internamente.
«Hai avuto molto da studiare oggi, Mikey? Non sei uscito per niente dalla tua camera.»
«No, stavo leggendo un libro.»
Il discorso che Donna aveva cercato di iniziare col figlio minore si interruppe lì dove era iniziato e Gerard iniziò a raccontare alcuni fatti che erano accaduti quel giorno nella sua scuola. In casa Way i pasti non erano accompagnati sempre da una conversazione ben definita, più che altro ognuno raccontava spezzoni di quello che aveva fatto durante la giornata e commentava ciò che era accaduto.
Appena ebbe finito di mangiare, Mikey sentì il bisogno impellente di bere. Bere finché tutta l'acqua non avesse eliminato lo sporco che sentiva dentro e non lo avesse purificato di nuovo. Ma prima doveva superare un'altra tappa.
Aiutò la madre e il fratello a sparecchiare e mentre Donna iniziava a lavare i piatti salì di nuovo al piano di sopra, diretto verso il bagno. Chiuse a chiave e si inginocchiò davanti al water togliendosi la maglietta e restando a petto nudo. Un leggero brivido gli percorse la schiena pallida e ossuta. Poi, senza esitazione ed in un unico movimento fluido ed esperto, si infilò l'indice e il medio della mano destra in bocca ed esercitò una leggera pressione alla base della lingua, dove iniziava la discesa verso lo stomaco. Vomitò tutti i sensi di colpa.
Quando ridiscese, finalmente di nuovo leggero e disintossicato, si procurò una bottiglia d'acqua e la portò in camera sua insieme ad un bicchiere. Nessuno notò i suoi movimenti: i genitori erano davanti la tv e Gerard si era di nuovo ritirato nella sua camera. Si chiuse la porta alle spalle e si sedette per terra con la schiena appoggiata al bordo del letto. Si versò un bicchiere d'acqua e lo bevve per togliersi quel sapore acido che gli rimaneva sulla lingua dopo ogni volta che si liberava del cibo ingerito. Il liquido raggiunse subito il suo stomaco e sentì la sensazione, questa volta piacevole perché non calorica, di sazietà e purezza che gli conferiva. Dopo il primo bicchiere ne seguì un altro e poi un altro ancora. Aveva ripreso in mano il libro che stava leggendo ed ogni poco beveva un altro bicchiere finché non ebbe finito tutta la bottiglia.
La spia luminosa del cellulare di Mikey iniziò a lampeggiare, illuminando fiocamente e a tratti il piano della scrivania immerso nella penombra. Il ragazzo notò la luce con la coda dell'occhio e posò il libro. Lo aveva già quasi finito, nonostante fossero solo tre giorni che lo aveva iniziato. Avrebbe voluto anche lui, come il personaggio che Kerouack aveva creato in funzione di una specie di suo alter ego, viaggiare senza sosta contando solo sulle sue forze, senza programmare tutto alla perfezione ma semplicemente partendo con una valigia contenente lo stretto indispensabile ed un po' di soldi, diretto all'avventura.
Prese il cellulare e vide che c'era un nuovo sms. Era di Alicia: “affacciati”. Mikey ubbidì, sebbene un po' perplesso, e vide che sotto la sua finestra al primo piano c'era la sua amica. Appena Alicia lo vide comparire da dietro il vetro lo salutò con vigore intimandogli di scendere con un sussurro che però quello non poteva udire. Il ragazzo aprì la finestra e rabbrividì quando l'aria fredda della sera gli sferzò la parte superiore del corpo coperta solo da una maglia leggera. Sempre parlando a bassa voce per non farsi sentire dagli altri familiari, Mikey chiese ad Alicia come mai alle dieci di sera si trovasse sotto la sua finestra.
«Dai scendi, Lindsey fa una festa. Sono passata da casa sua e già c'è un sacco di gente.»
«Ma ora non posso, è tardi e domani c'è scuola... Non mi faranno mai uscire!»
«Esci senza dirglielo, no?! Come pensi che abbia fatto io? Mamma dorme già e domani andrà presto al lavoro, non si accorgerà mai che sono uscita neanche se non dovessi tornare per niente domani mattina.»
Mikey rifletté che alla fine neanche i suoi genitori avrebbero notato la sua assenza per qualche ora quella notte. In genere quando era in camera sua la sera non passavano a dargli la buona notte perché pensavano stesse già dormendo – anche se non era mai così – e la mattina pure loro come la madre di Alicia sarebbero andati presto al lavoro. Senza pensarci ulteriormente accettò la proposta dell'amica, almeno avrebbe passato una serata inaspettatamente diversa dalle altre e non si sarebbe rigirato nel letto in preda all'insonnia per buona parte della notte.
«Prendo la giacca e scendo, aspetta là.»
«Grande!»
Mikey prese la sua giacca nera dalla sedia girevole su cui era poggiata e si infilò il cellulare in tasca. Aveva ancora addosso i vestiti con cui era andato a scuola e gli sembrarono adatti anche per quel festino improvvisato. Di sicuro sarebbero stati tutti così ubriachi e sotto l'effetto di sostanze che non si sarebbero neanche accorti se fosse nudo o vestito. Prima di abbassare la maniglia della porta della sua stanza però pensò che non poteva passare dal portone principale. Avrebbero sentito il rumore e lo avrebbero visto passare. Poteva saltare dalla finestra, calarsi dalla grondaia, arrampicarsi giù dall'albero fuori la sua finestra ma tutte queste ipotesi gli sembrarono troppo da film. Se ne avesse provata una molto probabilmente sarebbe finito in ospedale con una gamba rotta, nella migliore delle ipotesi. Si affacciò dunque di nuovo alla finestra per chiedere la consulenza di Alicia.
«Ali, se passo dal portone mi scoprono. Come faccio?»
«Salta!»
«Ma dai! Mi serve un'idea fattibile.»
«Aspetta che vanno a dormire e poi hai campo libero. Tanto non manca molto prima che si ritirino no?»
Mikey guardò la sveglia. Erano le 22.25, tra un quarto d'ora probabilmente anche Donna e Donald sarebbero andati nella loro camera e lui poteva passare tranquillamente.
«Okay allora aspettiamo. Abbi pazienza.»
«Naaa, tranquillo. Mi fumo una sigaretta nel frattempo.»
Alicia si sedette a gambe incrociate sul terreno che già iniziava ad essere coperto di gialle foglie autunnali. Prese l'anonimo astuccio di scuola nel quale teneva tabacco, filtri e cartucce al posto di penne e matite e sparse il contenuto sull'erba intorno a lei. Mikey osservava i movimenti agili della ragazza che, con quelle mani minute e parzialmente coperte da guanti neri senza dita, in un lasso di tempo di neanche un minuto riusciva a rollare una sigaretta dritta e che tirava perfettamente. Se ne preparò due e quando ebbe confezionato anche la seconda alzò lo sguardo verso la finestra.
«Te ne faccio una anche a te?»
Mikey, che era assorto nella contemplazione dei movimenti delle mani di lei mentre con le orecchie stava attento a captare ogni piccolo rumore che lo informasse che i suoi genitori stessero andando a dormire, sobbalzò internamente quando sentì la voce di Alicia che rompeva quel silenzio riflessivo.
«Sì dai che io faccio schifo a rollare.»
«Comunque mi sono procurata un po' di...»
La ragazza roteò gli occhi con fare evasivo e complice allo stesso tempo mentre si accendeva la prima sigaretta sorridendo lievemente.
«Ce la fumiamo da Lindsey.»
Alicia fece il segno dell'okay alzando il pollice della mano destra in direzione di Mikey e continuò a fumare nell'attesa. Dopo qualche minuto di silenzio, Mikey si sporse poggiando le mani sul davanzale.
«Ali, credo che siano andati a dormire! Aspetto dieci minuti per sicurezza e scendo.»
«Ricordati le chiavi, non vorrai citofonare per farti aprire quando tornerai.»
Alicia conosceva l'abitudine dell'amico di lasciare sempre le chiavi di casa a casa – convinto che invece le avesse in tasca – quindi quando rientrava era costretto sempre a citofonare per farsi aprire, tranne quando la casa era vuota e doveva aspettare seduto sulla soglia che qualche familiare tornasse. Anche questa volta, infatti, Mikey stava per scordarsele nella tasca interna dello zaino e le prese prima di far cenno ad Alicia che stava scendendo e di chiudere la finestra. Aprì lentamente la porta e si assicurò che tutte le luci fossero spente e che i suoi genitori erano a letto. Se la richiuse alle spalle facendo sempre attenzione a non far scattare troppo rumorosamente la serratura e si incamminò giù per le scale. Una volta al piano inferiore era tutto molto più facile, c'erano meno probabilità che lo potessero sentire aprire e chiudere il portone ed uscire di casa. Alicia lo aspettava lì fuori fumando la seconda sigaretta appena accesa. Appena Mikey le fu abbastanza vicino, gli porse la sigaretta che invece aveva rollato per lui poco prima.
«Che si festeggia da Lindsey?»
«I genitori sono partiti per un convegno e stanno via tre giorni.»
«Solita storia quindi.»
I genitori di Lindsey Ballato, una ragazza che frequentava la loro stessa scuola ed era abbastanza popolare tra gli studenti, erano entrambi medici in carriera e spesso si assentavano per qualche giorno per andare a congressi, convegni, riunioni e corsi di aggiornamento in giro per gli Stati Uniti. Quindi la figlia ne approfittava ed organizzava questi festini a casa sua sempre qualche sera prima del ritorno dei genitori, in modo da aver tempo a disposizione per risistemare e ristabilire la situazione precedente. Le feste a base di alcol, sostanze stupefacenti e sesso in casa Ballato erano ormai famose nel liceo di Belleville e gran parte della popolarità che Lindsey aveva derivava proprio da questo. E i genitori ne erano completamente all'oscuro, complice il fatto che la loro villa era abbastanza fuori mano e non c'erano vicini che si lamentassero della musica troppo alta o della confusione e che riferissero loro ciò che accadeva in loro assenza.
«Aspetta fermiamoci un attimo.»
Alicia si sedette su un muretto sul bordo della strada deserta che stavano percorrendo ed estrasse una bustina di plastica dalla borsa.
«La prepari adesso?»
Mikey prese posto accanto a lei e senza aspettare la risposta estrasse due cartine dal pacchettino che la ragazza aveva poggiato sulle gambe e gliene passò una.
«Sì, altrimenti dopo me ne chiedono tutti un po' e non mi va di darla in giro. Mi è costata venti dollari!»
Alicia cominciò a rollare con la sua solita destrezza, mischiando alla marijuana del tabacco per non usarla tutta subito e per non esagerare con la dose, non voleva essere così fatta da non capire più nulla di ciò che le accadeva intorno e rendersi facile preda di qualcuno in cerca di sesso. Una volta finite le due “cigarettes with benefits”, le ripose nel suo portasigarette a specchio e mise tutto nella borsa.


I due ragazzi stavano uscendo dalla zona abitata e, nonostante alcuni alberi celassero la villa con le loro fronde ancora folte seppur giallognole, potevano notare che tutte le luci della casa erano accese. Una volta passata la curva, ebbero una visuale completa della festa. All'incirca un centinaio tra ragazzi e ragazze affollavano il piano inferiore ed alcuni anche quello superiore. Mikey e Alicia entrarono facendosi largo tra il gruppo che si era fermato a ridere e scherzare proprio davanti il portone e diedero uno sguardo in giro. La musica proveniva dal salone principale, che appariva essere la stanza più affollata ed era praticamente impossibile entrarci senza spintonare gli altri corpi sudati e danzanti. Il tavolo della cucina era pieno di bottiglie di tutti i tipi, alcolici per la maggior parte ma anche altre bibite. A fianco alle bottiglie c'erano delle pile di bicchieri di plastica. Sia Mikey che Alicia ne presero uno ciascuno e li riempirono di rum e del contenuto di una lattina che sembrava una sottomarca di cola. Alicia trascinò il ragazzo di nuovo in corridoio e poi su per le scale, verso il bagno.
«È chiuso, naturalmente.»
Mikey abbassava ed alzava ripetutamente la maniglia della porta ma senza successo, qualche coppietta evidentemente ci si era chiusa dentro.
«Vabbè allora andiamo nel giardino sul retro e poi rientriamo.»
Scesero quindi di nuovo al piano terra e, dopo aver riempito di nuovo i bicchieri con vodka fruttata, uscirono, girando intorno alla casa fino a raggiungere un angolo appartato. Si sistemarono sul terreno umidiccio e Alicia cacciò le due canne.
«Una ciascuno?»
Mikey annuì mentre si toglieva la giacca per sedercisi sopra e per non farla impregnare dell'odore della marijuana. L'aria della sera era fredda: l'inverno era alle porte. Sentì i peli rizzarsi per il freddo ma non ci fece caso e si strinse verso Alicia mentre accendeva.
Fumarono in silenzio, godendosi il momento. Loro due, soli, con le voci degli altri e la musica di sottofondo nella notte. Era tutto così calmo e rilassante che ogni pensiero sfiorava loro il cervello per un tempo massimo di un secondo. Il presente e basta, in quella notte.
Quando ebbero finito le due canne, buttarono i mozziconi sotto un cespuglio lì a fianco senza curarsi se fossero completamente spenti. Con quell'umidità era difficile che si appiccasse un incendio. Rientrarono, lasciarono le giacche su una poltroncina nell'ingresso, presero un terzo bicchiere ciascuno di liquido alcolico non identificato e dopo averlo bevuto in tutta fretta si buttarono nella ressa sempre più delirante che c'era nel salone. Ridevano, e Alicia si buttò traballante tra le braccia di lui e ballarono per un bel po', finché Mikey non corse all'improvviso verso l'esterno. Alicia, spaesata e ben poco lucida, lo seguì e vide che stava vomitando sul prato tutto quello che aveva nello stomaco, ovvero alcool e succhi gastrici. Gli si avvicinò e gli passò una mano intorno alla vita per farlo rialzare quando i conati smisero di percorrere le sue interiora.
«Tutto okay? Non hai mangiato nulla stasera?»
Mikey si teneva la fronte con una mano e non rispose, eludendo la domanda. Alicia, come gettò un altro sguardo verso i liquidi sull'erba, ebbe anche lei lo stimolo del vomito ed unì a quelli anche il contenuto alcolico e calorico del suo stomaco. Quei filamenti verde scuro che si notavano non erano altro che verdura precotta. E quella poltiglia marroncina erano le alette di pollo. Si rialzò e frugò nelle sue tasche per cercare un fazzoletto per pulirsi la bocca ora acida oltre che etilica.
«Ora ho dato anche io il mio contributo alla concimazione del guardino di Lindsey.»
La ragazza rise e prese per mano Mikey, trascinandolo di nuovo all'interno per continuare a ballare e ad urlare con tutti gli altri ragazzi.


«Ali è quasi l'alba, dobbiamo tornare.»
Erano le quattro del mattino e la villa dei Ballato iniziava a svuotarsi. Mano a mano che la gente se ne andava, sudata e barcollante, si notava sempre più lo stato pietoso in cui era ridotta l'abitazione. Bicchieri, liquidi vari e mozziconi di sigarette erano sparsi ovunque e i mobili erano stati spostati verso le pareti. Alicia stava seduta sul pavimento dell'ingresso, con la schiena rivolta verso il muro e la testa appoggiata al petto di Mikey, che la sorreggeva con le sue braccia esili. Non stava dormendo, stava semplicemente in silenzio immersa nei tipici pensieri pseudofilosofici post-serataalcol&marijuana&vaffanculoilresto che una volta sobri o non si ricordano o non ci si riesce a trovare un senso logico. Con un respiro profondo si preparò ad affrontare la faticosa mossa del rimettersi in piedi senza cadere giù di nuovo.
«Ali stai bene? Perché non parli?»
«Sì, è tutto a posto. Devo dormirci su.»
«Domani mezza scuola sarà a pezzi, noi compresi.»
«Ma se saltiamo? Io non me la sento.»
«Di nuovo?! Se ci beccano siamo nei guai, non ci conviene saltare troppe lezioni di seguito.»
«Quando tra poche ore dovrai alzarti non la penserai così.»
«Lo so, però...»
«Dai! Alla fine ieri abbiamo saltato solo un'ora.»
«Mhm, okay. Però poi basta altrimenti davvero sono cazzi.»
«Non ci reggiamo neanche in piedi tra un po', ti sembra il caso di andare a scuola?»
Dopo una breve risatina, Alicia diventò all'improvviso di nuovo seria e si fermò sul marciapiede. La strada era buia e deserta e il freddo si era impossessato dell'atmosfera.
«Ora che c'è?»
«Mikey, io... Prima stavo pensando che ti voglio bene.»
«Anche io ti voglio bene, sei la mia migliore amica.»
Alicia alzò lo sguardo tremolante a causa del suo stato e dopo qualche secondo di riflessione gettò le braccia intorno al collo del ragazzo e premette le labbra sulle sue. Era da un bel pezzo ormai che sentiva di non provare solo semplice amicizia verso il suo migliore amico e quella sera il suo autocontrollo era praticamente a livelli bassissimi quindi l'istinto aveva avuto la meglio e l'aveva fatto. Aveva baciato Mikey. Di notte, per strada, ubriaca.
«Non dovevo farlo. Ora la nostra amicizia è rovinata.»
Si era scansata appena al cervello era arrivato lo stimolo di ciò che stava facendo, dopo una decina di secondi passati con le labbra immobili e pressate insieme a quelle di Mikey. Ed ora aveva abbassato lo sguardo, arrabbiata con sé stessa per essersi lasciata andare così facilmente e non essere riuscita a controllarsi. Si era ripromessa tantissime volte di rimanere abbastanza lucida per non trovarsi poi in situazioni simili quasi inconsciamente.
«No. Non sono arrabbiato. Cioè... Vieni qua.»
Mikey la strinse forte a sé, per niente dispiaciuto di ciò che era successo. Quel bacio era stato il fattore che aveva fatto scattare qualcosa nel suo cervello che gli aveva fatto capire che lui aveva sempre visto Alicia con occhi diversi da quelli di un amico. Tuttavia non aveva mai elaborato consciamente il concetto, né ci aveva mai pensato seriamente. Si trattava di una sentimento ben nascosto sotto centinaia di altri pensieri, dimenticato prima ancora di essere elaborato e bisognoso di una scintilla che accendesse la miccia necessaria per riportarlo a galla. Ora il processo era scattato e quel sentimento represso aveva iniziato a monopolizzargli la mente e il cuore.
«Ali, vuoi restare da me stanotte?»

Dopo più di un mese ce l'ho fatta ad aggiornare. Come avevo annunciato sulla mia pagina facebook questo sarebbe stato un capitolo denso di avvenimenti e lungo, spero vi sia piaciuto :3 una recensione per farmi sapere che ne pensate è d'obbligo lol <3
Ringrazio foolshaded per il betaggio, i consigli e il supporto e tutti quelli che seguono la storia.

A presto! 

xoxo
dryvenom

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Capitolo 3
*** 3- The end of the beginning ***


Alicia aveva dormito a casa di Mikey quella notte. Mikey all'inizio aveva tentato di rimanere sveglio e di riflettere sugli ultimi avvenimenti ma il sonno etilico non aveva tardato a prevalere sulla sua volontà già intorpidita. I genitori dei due ragazzi fortunatamente non si erano accorti di nulla e quando il sole sorse dietro quella coltre di nebbia tutto era ancora calmo. Chi doveva andare al lavoro si preparava ed usciva senza sospettare nulla mentre Mikey ed Alicia continuavano a dormire, quando invece dovevano trovarsi in qualche aula del liceo a seguire una noiosa lezione su un qualche argomento altrettanto soporifero.
Era mattino inoltrato quando Alicia si svegliò. Mikey dormiva ancora, raggomitolato sotto le coperte. Lei gli si strinse vicino, avvolta dal tepore dei loro corpi, e affondò la faccia nel cuscino chiudendo di nuovo gli occhi incrostati di trucco. Sentiva le tempie pulsare e percepiva il gonfiore sotto gli occhi. Avrebbe voluto riaddormentarsi e svegliarsi quando tutti quei sintomi sarebbero passati, così da poterlo chiamare davvero sonno ristoratore. Il ricordo del bacio ancora le monopolizzava la mente e sembrava non essere capace di formulare qualsiasi altra fantasia o pensiero. Quando anche Mikey si sarebbe svegliato avrebbe dovuto affrontarlo e chiarirsi. Che cosa gli avrebbe detto? In quelle condizioni poi era poco adatta a presentarsi come la migliore amica che in realtà è innamorata di lui. Più che altro sarebbe apparsa come la spasimante senza speranze che quasi supplica l'amato di degnarla di qualche attenzione. Lei ormai era riuscita a formulare la sua opinione nei confronti di Mikey, accettando e riconoscendo che le piaceva, che voleva andare oltre l'amicizia, che la attirava e che avrebbe voluto tanto potersi sentire libera di dimostrargli i suoi sentimenti baciandolo tutte le volte che voleva e soprattutto desiderava che anche lui ricambiasse quell'emozione. Rifletté sul fatto che la notte precedente non l'aveva respinta, anzi, l'aveva abbracciata e le aveva proposto di dormire insieme. Vista dall'esterno quella situazione poteva essere colta come un invito implicito per sfruttare l'occasione ma quando erano arrivati a casa di lui e si erano infilati ancora mezzi vestiti nello stesso letto Mikey non l'aveva neanche toccata. La maggior parte dei ragazzi non si sarebbe comportata così. Alicia però non riusciva a catalogare questo suo comportamento. Non aveva fatto nulla perché non voleva e non provava nulla per lei o perché semplicemente non era il tipo di ragazzo che pensa solo a fare sesso quando gli si presenta l'occasione? L'esperienza e la conoscenza di lui che aveva acquisito in tutti quegli anni di profonda amicizia le suggerivano di optare per la seconda ipotesi, ma il dubbio non voleva smettere di tormentarla con le mille domande e indecisioni che implicava. E se non l'aveva respinta dopo il bacio perché non era abbastanza lucido da farlo? O perché si era reso conto che lei non era lucida quindi l'aveva lasciata fare e poi l'aveva abbracciata per rassicurarla e farla tornare in qualche modo in sé? Tutti questi interrogativi giravano a turno nella testa di Alicia ritornando ad intervalli regolari uno dopo l'altro come se si trovassero in fila indiana nei meandri del suo cervello. Inoltre la presenza del protagonista delle sue elucubrazioni lì a fianco a lei sotto le stesse coperte le faceva fremere le labbra e tutto il corpo. Aveva una voglia logorante di stringerlo e baciarlo di nuovo. Si meravigliò di desiderarlo così ardentemente e all'improvviso dato che prima del bacio sebbene sapesse inconsciamente che lui le piaceva non ne era mai stata condizionata a tal punto. Chiunque diceva che i baci sono come l'acqua salata che più ne bevi più hai sete aveva sfacciatamente ragione evidentemente. Persa com'era nella sua stessa testa, Alicia non si era accorta subito che Mikey si era svegliato e la stava guardando in silenzio. Sentì un'ondata di calore misto a gelo propagarsi dal suo petto verso le membra ma poi pensò razionalmente che Mikey era il suo migliore amico e si conoscevano da un bel po' di tempo, quindi alla fine non aveva nulla da temere. A parte il fatto di essere rifiutata. Ma tanto valeva giocare finché si era in gara. Vedere il ragazzo sveglio le aveva fatto mettere da parte almeno per quel momento gran parte dei suoi pensieri. Alla fine la parte peggiore che fa crescere le nostre preoccupazioni è sempre l'attesa, quando arriva il momento tanto temuto del confronto spesso ci rendiamo conto che tutte quelle ansie e quelle paure erano largamente infondate.
«Ciao.»
Mikey le sorrise, aprendo di più gli occhi leggermente arrossati.
«Mikey dobbiamo parlare, cioè, ieri...»
«Ali, ancora con questa storia?»
Le sorrise di nuovo.
«Sì! Ho fatto un po' una cazzata...»
Il ragazzo si alzò mettendosi a gambe incrociate sul letto, rivolto verso Alicia e con i capelli biondi arruffati.
«Vuoi sapere che ne penso? Penso che sei stata più coraggiosa di me a fare il primo passo e che ho capito che anche tu mi piaci. E basta far finta che non è così anche per te perché hai paura delle conseguenze, non è da te. Ah, e penso anche che la prossima volta non so se ti seguo a questi festini dato che ora vorrei solo tornare a dormire e svegliarmi direttamente domani e che è meglio se ci andiamo a lavare che è tardi.»
Mikey aveva detto tutto quasi di un fiato ed assumendo un'espressione scherzosamente solenne per allentare la tensione. Gli si erano arrossate le guance ed aveva lasciato Alicia senza parole ma con un sorriso complice sulle labbra che si avvicinavano sempre più a quelle di lui. I loro visi si incontrarono a metà strada e dopo un attimo di riflessione e uno scambio di sguardi languidi nel momento in cui i loro nasi si toccarono annullarono anche la distanza tra le labbra.


Mikey aspettava che anche Alicia tornasse dal bagno disteso sul letto ancora sfatto. Sentiva la gola solleticargli, molto probabilmente era stato il freddo preso durante la notte. Quando Alicia rientrò in camera era di nuovo pettinata e truccata come sempre, non sembrava reduce da un festino devastante.
«Andiamo a fare colazione?»
«Mhm.»
Mikey scosse la testa ma la seguì comunque al piano di sotto. Si sedette al tavolo guardandola mentre metteva a fare il caffè e mangiucchiava dei biscotti. Pensandoci, anche lui aveva voglia di caffè. Senza zucchero, macchiato. Quindi prese una tazza anche per lui. Il rapporto tra i due non sembrava essere cambiato drasticamente, durante tutta la colazione si comportarono esattamente come prima di quella serie di eventi che li aveva portati a stare insieme, o qualcosa del genere. Mikey lavò la sua tazza così da farne rimanere quattro nel lavandino con quella di Alicia. Quella di curare tutti i dettagli della sua colazione era una vera e propria ossessione per lui. Anzi, la sua vera ossessione principale era quella del cibo. Anche Alicia aveva un'ossessione simile, ma lei si limitava semplicemente a mangiare lo stretto indispensabile durante i pasti principali. Si privava solo degli spuntini e dei pasti che poteva facilmente saltare.
Salirono di nuovo in camera parlando tranquillamente, ogni ansia era evaporata del tutto. Mikey ogni tanto tossiva o si soffiava il naso. Era diventato ormai evidente che tutti quegli sbalzi di temperatura che aveva sopportato la notte precedente, quando era uscito e rientrato in casa passando dal clima quasi tropicale della sala da ballo al gelo notturno ed autunnale e viceversa tutto sudato e senza giacca, avevano portato a delle conseguenze facilmente immaginabili.
Il rumore metallico ed improvviso di una chiave che girava nella serratura del portone fece tenere il fiato sospeso a Mikey ed Alicia. Se li avessero sorpresi a saltare la scuola sarebbero incappati in un bel guaio. I genitori di Mikey erano alquanto intransigenti per quanto riguardava queste faccende. Uno sguardo guizzò tra i due ragazzi nei pochi attimi in cui la porta ruotò sui cardini per poi aprirsi e far entrare l'individuo che aveva girato la chiave nella serratura.
«Uh, ciao.»
Gerard comparve sull'uscio e appena vide Mikey ed Alicia in piedi nella cucina che lo guardavano con gli occhi spalancati assunse un'espressione che di certo non nascondeva una certa sorpresa.
«Gerard sei tu! Cazzo ci hai fatto quasi prendere un infarto!»
«Come mai a casa? Avete saltato la scuola?»
Gerard si versò quel che restava del caffè in una tazza mentre attendeva la risposta del fratello, ma non sembrava curarsene più di tanto. Alicia invece rimaneva in disparte, appoggiata al frigorifero e non sapendo cosa dire. Non era mai stata molto in confidenza con Gerard perché tutte le volte che era stata a casa loro lo aveva incrociato solo rare volte dato che sembrava passasse la maggior parte del tempo che stava a casa chiuso in camera.
«Ehm... Sì.»
«Dai tanto non lo dico a mamma e a papà, figurati.»
«Tu invece che fai già qua?»
«Mikey, oggi è giovedì e io il giovedì non vado a scuola.»
Gerard lanciò un'ultima occhiata sentenziosa al fratello e un'altra veloce ad Alicia prima di salire nella sua stanza mentre componeva un numero sul cellulare.
«Oh Mikey, sicuro che non lo dirà a nessuno?»
«Sì, di Gerard possiamo fidarci Ali. Comunque, ti accompagno a casa che tra un'oretta tornano i miei, okay?»
«Okay!»
Mikey le si avvicinò passandole le braccia intorno alla vita e appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Sai, quando stamattina mi sono svegliato ho sentito come se un vuoto dentro di me che neanche sapevo esistesse si fosse riempito.»


Quando Mikey rientrò in casa dopo essere andato a riaccompagnare Alicia, ci trovò la madre che preparava il pranzo, come sempre. Quando era uscito aveva portato con sé lo zaino così non avrebbe destato sospetti. Salutò e salì in camera sua. La porta era socchiusa e quando aprì la porta vide che il fratello stava sdraiato sul suo letto a leggere un fumetto che aveva lasciato sul comodino.
«Gee che ci fai qua? Perché oggi ti trovo ovunque?»
Quello posò il fumetto e si sedette sul letto guardando il fratello con aria seria. Già quegli occhi davano un brutto presentimento a Mikey e la frase che pronunciò dopo confermò tutto.
«Mikey chiudi la porta, dobbiamo parlare.»
Tipica frase che ti fa accelerare il cuore e passare in rassegna tutto quello che hai fatto per vedere dove hai sbagliato.
«È per oggi?»
«No, quella è una cazzata. Riguarda te. È da un po' che volevo dirtelo e oggi vedendo Alicia ho avuto la conferma dei miei pensieri. Mikey, che problema hai? Perché sei così magro? Quella ragazza è più in carne di te, ed è lo stesso magrissima. Ma lei è una ragazza, è normale che abbia un fisico più sfilato. Ma tu... Okay che sei mingherlino di natura, ma c'è qualcosa che non va.»
Quelle parole colpirono Mikey in pieno petto e si sentì affondare come una nave colpita da una cannonata. Nemmeno lui stesso aveva mai visto il suo problema, così l'aveva chiamato Gerard, con quegli occhi e così direttamente. Per lui era sempre stato parte di lui e delle sue giornate, della sua vita. Quella del cibo e delle dita in gola era diventata un'abitudine radicata profondamente in lui come per un'altra persona potrebbe esserla leggere sempre prima di mettersi a dormire o fare ginnastica tutti i giorni. Mikey non rispose ma guardò Gerard con gli occhi fissi dovunque sulla sua faccia ma non negli occhi verdi. Le palpebre erano pietrificate e sentiva le gote diventargli calde per il modo in cui con poche parole era stato messo a nudo.
«Guarda che ho notato che dopo aver mangiato quel poco che mangi ogni volta ti chiudi sempre in bagno. Lo so che vomiti tutto. Ti stai lasciando morire così, cazzo! È una malattia, tu soffri di bulimia, di anoressia... Hai un disordine alimentare. Non puoi non mangiare, stai diventando sempre più debole. Non capisco come mamma e papà non se ne siano ancora accorti, però io lo vedo e non posso fare finta di niente. Sei mio fratello, siamo cresciuti insieme, da piccoli eravamo sempre noi contro tutti. Voglio aiutarti a superare tutto, però devi capire che stai sbagliando, che facendo quello che fai ti rovini solamente. Perché lo fai?»
«Gee... Io non...»
«Non negare! Lo sai anche tu che è vero quello che ti sto dicendo!»
«Non lo so perché lo faccio cazzo! So solo che è da sempre così e che ho sempre questa maledetta carne sui fianchi...»
Stava piangendo. Mentre veniva travolto da quel fiume di parole pronunciate con rabbia e disperazione dal fratello aveva ceduto al groppo che gli si era formato in gola ed ora riusciva a parlare a stento tra i singhiozzi. Era vero, nel profondo del suo cervello sapeva che Gerard aveva ragione, che la sua era una malattia, che stava sbagliando, ma l'istinto e la parte prevalente della sua volontà insistevano per convincerlo a continuare su quella strada fatta di autodistruzione in cui ogni segnale di allerta veniva messo a tacere. Lui voleva uscirne, ma non ci riusciva. Sapeva di non essere grasso ma si vedeva pieno di rotondità indesiderate. Era intrappolato in una specie di circolo vizioso e l'unico modo per guarire dal male invisibile che lo mangiava e lo sfibrava dall'interno del suo stesso cranio gli sembrava essere una lobotomia, almeno avrebbe smesso di pensare e di ragionare.
«Non è vero, lo vuoi capire?! È tutto nella tua testa, il problema è nella tua testa!»
Gerard gli strinse le braccia con le mani fissandogli il torace, la bocca tremante. Non aveva la forza di guardarlo in quegli occhi che sentiva racchiudevano tutta la paura e la sensazione di essere perso in qualcosa di più grande di lui.
«Mikey, ti aiuterò io. Ne usciremo insieme. Non dirò niente a nessuno, mi prenderò cura personalmente di te. Già mi sono informato su dei centri di riabilitazione. Potrai seguire dei corsi pomeridiani di qualche ora insieme ad altri con il tuo stesso problema, ci sarà uno psicologo a seguirti. E a casa ci sarò io. Capito? Va bene?»
La voce di Gerard seppur dolce e rassicurante non lasciava spazio a nessun rifiuto. Mikey avrebbe dovuto seguire un corso di riabilitazione e andare in terapia da uno psicologo, era per il suo bene.
«S-sì, però io... Non lo so, non ce la faccio, ormai sono fatto così, non posso farci niente!»
«Non è vero, ne uscirai. Guarirai. Te lo assicuro, devi crederci! Lunedì inizi le sedute e gli incontri. A mamma e papà dirai che esci, vai a studiare da Alicia, roba così. Però devi andarci. Me lo prometti?»
Alicia. Nonostante fosse la migliore amica e la neofidanzata di Mikey, non sapeva dei reali problemi del ragazzo. Cosa le avrebbe detto? Mikey si vergognava di avere certi problemi così stupidi ma allo stesso momento così vitali. Soprattutto si vergognava di ammetterli, di mettere a nudo una parte così intima e perversa del suo essere.
«Sì...»
«Mi prometti che mangerai e la smetterai di procurarti il vomito? Ti prego.»
«Sì, te lo prometto...»
«Ora che scendiamo per il pranzo devi mangiare tutto. Anche poco, ma tutto. E dopo non ti lascerò andare in bagno. Chiaro?»
Mikey annuì con un cenno della testa mentre cercava di trattenere i singhiozzi e di sistemarsi così da non far vedere ai suoi genitori che aveva pianto. Gerard gli passò un braccio sulle spalle e si stupì di sentirle così magre, più magre di quanto avesse immaginato fossero sotto quei vestiti.

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Eccomi, ci sono! Ultimamente tra un aggiornamento e l'altro passa sempre tantissimo, mi dispiace ma tra scuola, poca ispirazione e altro non ci riesco a pubblicare con più frequenza ç_ç
È un periodo un po' boh in quanto ad ispirazione, però adesso pare che mi sto sbloccando... Boh '-'
Non vi dimenticate di meeeeee ;-;
Ah, e mi sto anche appassionando alla musica underground italiana, prima conoscevo ed apprezzavo solo Le Luci Della Centrale Elettrica e i TARM però adesso sto approfondendo anche altri gruppi come Il Teatro Degli Orrori, Ministri ecc òuò
Vabbè, la smetto con queste cose personali x'
Spero vi sia piaciuto il capitolo... Mikey e Alicia si sono chiariti e stanno insieme e Gerard ha “scoperto” il problema del fratello che adesso dovrà iniziare la riabilitazione! A breve farà il suo ingresso nella storia anche Frank e allora... ZANZAN! u.u


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Capitolo 4
*** 4- I will never let you go ***


Mikey camminava controvento diretto a casa di Alicia. Il vento freddo gli sferzava le guance e sentiva la pienezza del suo stomaco che aveva fuggito per tanto tempo. Gerard aveva acconsentito a lasciarlo andare da solo dopo averlo tenuto sotto controllo per più di due ore dopo il pranzo, quindi non aveva potuto rivomitare il cibo e nonostante ormai fosse in fase di digestione inoltrata sentiva ancora ogni singolo boccone che aveva ingerito fermo lì alla bocca dello stomaco. Non sapeva se parlare subito ad Alicia del suo problema o se dirglielo direttamente lunedì, quando avrebbe cominciato la terapia ed i colloqui con lo psicologo ed il gruppo di sostegno. Aveva come l'impressione di star correndo troppo ed improvvisamente, dopo un periodo di stasi. Fino al giorno prima la sua vita era pressoché piatta ma dalla sera precedente tutto stava cambiando senza sosta: prima il bacio con Alicia, poi Gerard che aveva scoperto il suo segreto e poi il corso di riabilitazione che avrebbe dovuto seguire. Forse quella era la parte che lo spaventava di più; avrebbe dovuto confrontarsi con altre persone e parlare con loro delle sue abitudini più intime. Però dopotutto era anche speranzoso: forse tutti quei cambiamenti lo avrebbero portato a vivere una vita normale, ad essere felice. In tutto quel tempo che aveva trascorso sulla terra da quando era nato non lo era mai stato davvero. Non c'era mai stata una volta in cui si era svegliato contento di iniziare una nuova giornata e poi si era addormentato felice di quello che aveva fatto, oppure che facesse qualcosa con la mente libera da ogni preoccupazione e pensiero, completamente serena e concentrata solo su quello che stava facendo. E se pure c'erano state, non se le ricordava, e questo era tutto dire. Ma già da quando aveva baciato Alicia si era accorto che una parte del vuoto che sentiva costantemente all'interno del suo petto si era colmato. Forse l'unica medicina di cui aveva bisogno era l'amore, avere qualcuno che lo amasse e con cui non doveva indossare nessuna maschera.

Arrivò a casa di Alicia dopo pochi minuti. Sapeva che a quell'ora la madre era al lavoro e che la ragazza era sola in casa quindi non si preoccupò di bussare ma aprì direttamente la porta con le chiavi di riserva nascoste dietro il vaso dell'ingresso. Frequentava Alicia da così tanto tempo che si sentiva quasi parte della sua famiglia poiché ormai ne conosceva tutte le abitudini, anche se aveva parlato poche volte con la madre dato che era sempre fuori per lavoro.
«Ali, sono io.»
«Vieni, sto in cucina.»
Alicia lo aspettava appollaiata su una sedia mangiando patatine ed ascoltando la musica. Allungò il collo per dargli un bacio a stampo che sapeva di sale. Mikey si sedette vicino a lei e prese una delle auricolari del walkman.
«Oh, Bowie!»
«Ah-ah. Oh senti, oggi che facciamo?»
«Io... Dovrei dirti una cosa. Almeno mi tolgo subito questo peso. È alquanto imbarazzante però devi saperlo anche perché da lunedì mi serve una copertura per... Insomma, credo di... Io soffro di anoressia e di bulimia e... È tutto un grande casino.»
«Mikey... Cazzo e non me ne sono mai accorta.»
Alicia si tolse le auricolari e strinse le braccia del ragazzo con lo sguardo basso davanti a lei, con la nuova consapevolezza che erano così magre perché aveva un disturbo alimentare e non perché quella era la sua naturale costituzione. Lo guardò con il dolore negli occhi e sfiorandogli una guancia. Mikey da parte sua stava lottando contro quel fastidioso groppo alla gola per non scoppiare in un pianto disperato e avrebbe voluto essere inghiottito dalla terra in quel preciso istante e non tornare mai più in superficie. Si vergognava troppo di essere così vulnerabile ed esposto alle considerazioni altrui, sebbene sapesse che né Gerard né Alicia lo avrebbero mai deriso o fatto star male, però comunque si sentiva di star deludendo le persone che gli volevano bene.
«Gerard oggi l'ha scoperto e da lunedì inizio un corso di riabilitazione ma i miei non devono saperlo. Si preoccuperebbero troppo, mi vergognerei a parlarne con loro e non voglio che lo sappiano e basta. Quindi dovrai aiutarmi a coprirmi, okay? Mio dio, mi sento una merda. Ho dei problemi stupidi ma non posso fare niente per combatterli!»
«Ma che stai dicendo, non sono problemi stupidi. Vedrai che supereremo insieme anche questo. Non ti lascerò, capito? Siamo stati insieme per tanto tempo e sei parte di me ormai.»
Intanto Mikey aveva ceduto e le lacrime gli rigavano il volto come facevano sempre più spesso negli ultimi tempi. Alicia si alzò dalla sedia e gli andò vicino per abbracciarlo e fargli affondare la faccia nella sua spalla.

Lunedì era arrivato fin troppo presto per Mikey. Nei giorni precedenti aveva pensato ogni singolo istante a quei maledetti incontri che avrebbe dovuto seguire per uscire dalla sua malattia. Gerard non l'aveva perso di vista un attimo ed erano ormai quattro giorni che non si procurava il vomito e lasciava che il cibo ingerito si trasformasse in energia. Aveva visto Alicia tutti i giorni, ancora più assiduamente di prima. Di solito la domenica non si vedevano ma passavano la giornata a studiare ognuno per conto proprio. Quella volta invece Alicia si era presentata a casa sua subito dopo pranzo con i suoi libri in una borsa per studiare insieme. Ed ora mancava meno di un'ora all'appuntamento col gruppo di riabilitazione. Secondo quanto gli aveva detto Gerard sarebbe andato tre volte la settimana a quegli incontri e una volta la settimana avrebbe avuto un colloquio singolo con lo psicologo che presiedeva le sedute. Alicia lo avrebbe accompagnato ogni volta che poteva e lo avrebbe aspettato fuori nell'oretta che avrebbe passato a confrontarsi con altri con il suo stesso problema. Infatti, puntuale come non mai, era arrivata a casa Way precisamente mezz'ora prima dell'appuntamento per prendere Mikey ed accompagnarlo nel centro giovanile che offriva quel servizio. Si trattava di un edificio adiacente alla loro scuola che non avrebbero fatto fatica a raggiungere.
«Stai tranquillo, okay? Tutti saranno esattamente sullo stesso piano tuo, non devi preoccuparti di essere giudicato o altro. Ti prego Mikey, solo così potrai guarire. Devi cacciare fuori i tuoi problemi ed affrontarli.»
Gerard aveva voluto parlare con il fratello in privato prima di lasciarlo ad Alicia. Mikey si era limitato ad annuire in silenzio e poi aveva raggiunto la fidanzata al piano di sotto per andare incontro al suo destino. Dopo un quarto d'ora stavano contemplando la facciata grigia dell'edificio costruito con moduli prefabbricati in aggiunta alla struttura del liceo.
«Io ti aspetto qua fuori sui gradini, dai entra altrimenti farai tardi. Andrà tutto bene, non ti preoccupare.»
«Spero di non incontrare gente che conosco.»
«Mikey, non ti preoccupare ho detto. Se anche ci saranno conoscenti saranno esattamente come te e non potranno criticare. Stai tranquillo, entra e basta.»
Mikey strinse un'ultima volta la mano di Alicia intrecciata con la sua prima di lasciarla e di entrare. Il corridoio era in penombra e delle voci provenivano da una stanza illuminata da dei neon sulla sinistra. Mikey la raggiunse e vide subito sulla porta gialla la scritta che indicava che quella stanza era dedicata a “incontri di riabilitazione – disturbi alimentari”. Venendo aveva notato altre porte chiuse con scritte simili: “circolo ex-tossicodipendenti”, “circolo sessodipendenti”, “associazione ragazze madri Belleville”. Si sentiva ancora di più una specie di scarto della società ma bussò in un impulso di coraggio alla porta davanti a sé e la aprì.
«Buonasera... Ehm, sono nuovo del gruppo.»
«Oh benvenuto! Vieni, entra, c'è posto.»
Nella stanza di circa trenta metri quadri c'erano altri sei tra ragazze e ragazzi ed un adulto che doveva essere lo psicologo di cui parlava Gerard. Mikey si rilassò un poco quando vide che non conosceva nessuno. Si sedette su una sedia di plastica del tipo che la gente metteva in giardino ancora libera. In un angolo c'era una pila di almeno dieci altre sedie di plastica bianca da giardino e ogni persona lì dentro sedeva su una sedia di quel tipo. Tutto ciò faceva molto circolo sociale. Gli altri pazienti o qualunque cosa fossero erano perlopiù ragazze ma c'erano anche due ragazzi. Tutti avevano all'incirca la stessa età di Mikey e non sembravano i soliti stronzi pronti ad umiliarlo. Altro sospiro di sollievo da parte del ragazzo. Appena si sedette, lo psicologo gli rivolse la parola. Aveva all'incirca trent'anni e una folta chioma castana scompigliata.
«Allora, parlaci un po' di te. Come ti chiami, quanti anni hai e che problema hai.»
«Io sono Mikey ed ho diciassette anni e, ehm, soffro di bulimia e di anoressia, credo, cioè... Mi ha mandato qui mio fratello.»
Mentre parlava, non sapendo bene cosa dire, tutti gli altri annuivano dicendo che anche loro avevano quei problemi e sembravano capirlo. Appena ebbe finito si presentarono spontaneamente a loro volta, evidentemente era una prassi che seguivano ogni volta che c'era un nuovo arrivato.
«Io sono Caroline, ho diciotto anni.»
«Tord, diciassette.»
«Tiffany, diciassette anch'io.»
«Ciao, io sono Camille ed ho sedici anni.»
«Io sono Frank, pure io sedici.»
«Ed io sono Patricia, diciassette anni.»
Quando tutti si furono presentati, venne il turno dello psicologo.
«Bene, ed io invece solo Dan e vi seguirò nel vostro percorso di riabilitazione, come gli altri già sanno. Allora Mikey, probabilmente sarai un po' spaventato o ti sentirai in imbarazzo. Buttati tutto alle spalle e stai sereno, con noi puoi parlare liberamente di qualunque cosa ti turbi.»
«Okay...»

Alicia aveva passato l'ora seduta su uno scalino davanti l'entrata dell'edificio leggendo un libro e, quando Mikey finalmente uscì dal suo primo incontro, aveva il fondoschiena trasformato in un filetto di carne surgelata. Insieme a lui uscirono altri ragazzi e ragazze che chiacchieravano tra loro, in particolare Mikey stava parlando con un ragazzo più basso di lui e dai capelli neri e scompigliati. Anche lui era magrissimo e la felpa larga accentuava ancor di più questa sua peculiarità. Mikey raggiunse subito Alicia lasciando indietro il suo nuovo amico, di nome Frank Iero, e le sussurrò un “tutto bene, per fortuna” prima di presentarla a Frank.
«Ali questo è Frank, frequenta il corso con me. Lei è Alicia, la mia ragazza.»
«Ciao, piacere! Io e Mikey abbiamo appena scoperto di ascoltare gli stessi gruppi. Credevo di essere l'unico in questo posto sperduto a conoscere i Black Flag!»
«Ah wow, piacciono anche a me!»
Ad Alicia quel Frank stava simpatico, da come parlava non sembrava soffrisse di qualche disturbo psicologico. I tre fecero un tratto di strada insieme prima di separarsi; Frank abitava dall'altra parte della cittadina e doveva correre a prendere l'autobus se non voleva rimanere a piedi. Quando finalmente furono soli – con Frank presente nessuno aveva neanche accennato ai problemi dei due ragazzi – Alicia fece capire a Mikey che voleva un resoconto di quel primo incontro.
«Siamo in sei, quasi tutte ragazze, e niente... Abbiamo parlato dei nostri problemi, niente di particolare. Non mi sono sentito a disagio però tutta questa situazione mi fa strano, non so. Sento di essere come conteso tra due parti, una che vuole uscirne ed una che mi dice “non mangiare”. Anche se so che faccio male a me stesso rifiutando il cibo e so di non essere grasso, è più forte di me, in qualche angolo del mio cervello echeggia quella voce.»
«È un percorso lungo, già il fatto che tu abbia capito di star sbagliando è un passo avanti. Sei sulla buona strada, non deprimerti... Sai che non ti lascerò mai andare.»


Credo abbiate capito che ormai aggiorno una volta al mese, mio malgrado. Ed io invece  ho capito che questa storia non attira molti lettori perché non si tratta di una frerard... almeno per ora *coffcoff* infatti in questo capitolo entra in scena nientemeno cheeee... mr. Frank Iero! Nei prossimi capitoli svolgerà un ruolo sempre più fondamentale, ma non vi anticipo niente, sappiate solo che non abbandonerò questa storia anche se l'unica persona che lascia un segno del proprio passaggio è la vale (foolshaded) che ringrazio tantotantotanto, ti voglio bene <3 uwu

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Capitolo 5
*** 5- How does it feel? ***


Mikey tossì. Ultimamente gli succedeva spesso e la cosa lo innervosiva, in particolare quando la gola iniziava a solleticargli e a provocargli spasmi proprio mentre si trovava nel mezzo di una seduta di riabilitazione. Era terribilmente imbarazzante interrompere il discorso di qualcuno in quel modo ed attirare l'attenzione su di sé. Inoltre quando aveva un attacco più persistente del solito e non riusciva quasi a respirare per gli spasmi della laringe, la faccia gli diventava paonazza e iniziavano a lacrimargli gli occhi. Dopo qualche settimana di fastidiosi inconvenienti di questo tipo aveva imparato a portarsi una bottiglietta d'acqua: aveva notato che bere qualche sorso appena iniziava a presentarsi quel fastidioso prurito in fondo alla gola aiutava a prevenire gli attacchi. Bevve anche quella volta un sorso e la situazione parve calmarsi, quindi tornò a fissare senza interesse le figure del libro di storia, nel comodo angolino dimenticato dell'ultimo banco accanto ad Alicia. Lei, al contrario, scriveva e scriveva per tutto il tempo della spiegazione sul suo quaderno degli appunti. Il motto di Mikey in caso di test in vista, infatti, era: “tanto mi faccio prestare gli appunti da Alicia!” La ragazza era abituata ad un comportamento simile, che si potrebbe definire quasi approfittatore, ma concedeva di buon grado il frutto delle ore passate ad ascoltare l'insegnante in cambio di un concreto aiuto nelle materie in cui aveva qualche difficoltà.

Quando la campanella suonò avvertendo gli studenti che era giunta l'ora del pranzo, come da copione tutti si alzarono contemporaneamente e disordinatamente per accalcarsi lungo i corridoi diretti alla mensa. Ogni volta che ciò accadeva, Mikey si sentiva salire una sgradevole sensazione d'ansia dal profondo della pancia. Da quando il suo problema era conosciuto ad Alicia, ogni volta che si sedevano per il pranzo si sentiva messo sotto osservazione. Non gli era permesso non mangiare e anche Alicia, che di solito spiluccava, aveva preso a riempire il suo vassoio e soprattutto a finirne in contenuto per dare il buon esempio. Era quasi un mese che aveva iniziato con il corso di riabilitazione e si sentiva più sicuro di sé e propenso al gusto del cibo, ma quella stupida voce dell'inconscio che cercava di distoglierlo dai buoni propositi era sempre presente lì da qualche parte e ogni volta che si trovava davanti ad una tavola imbandita doveva lottare contro quegli istinti. E questa battaglia era stremante. Aveva bisogno di continue distrazioni e di una buona dose di autocontrollo per non raggiungere di corsa il primo bagno libero e infilarsi due dita in quella gola rovinata dai succhi gastrici. Solo due volte aveva tradito ogni proposito ed in particolare la fiducia di suo fratello e di Alicia. Ed entrambe le volte gli era sembrato di tornare al punto di partenza, a quello strano ed offuscato periodo grigio in cui era stato privato dalla sua stessa coscienza malata di gran parte degli stimoli esterni per racchiudersi in un guscio sterile ad ogni emozione. Ricordava quei giorni, neanche tanto lontani, con un velo sugli occhi. Come aveva potuto dimenticare Gerard, Alicia e tutte le altre cose belle che aveva intorno, per soffermarsi su indefiniti pensieri che gli avevano riempito la mente di rumore bianco per quasi un'estate intera? Era strano che solo allora, con l'autunno ormai inoltrato, era riuscito a sbattere di nuovo le palpebre e ad intravedere quella fiamma tremolante che era la vita. Vita. Quella parola porta dietro di sé un limpido scorrere di acque trasparenti e cinguettii di uccelli primaverili. Per questo è ben poco convenzionale che tale rinascita – o meglio, riscoperta – sia avvenuta in una stagione meteorologicamente nebbiosa e propensa a facili piogge. La stagione della decadenza per eccellenza. Mikey non sapeva come era potuto piombare così a capofitto in un tale vortice di autodistruzione psicofisica. Cosa c'era che davvero non andava nella sua vita? Cosa lo aveva spinto a non mangiare più e a costruire quella barriera trasparente ma resistente tra sé stesso ed il resto del mondo? Il mondo doveva avergli fatto un grave torto per meritarsi quel trattamento, ma lui non ricordava. Non sapeva. Era accaduto tutto così velocemente ma allo stesso tempo lentamente che non se n'era accorto. Ripensarci adesso, dopo che Gerard era riuscito a farlo ragionare, dopo che Alicia aveva iniziato a sostenerlo più intensamente di prima, dopo che le loro mani piene di vita lo avevano afferrato per il bavero e cacciato fuori da quell'acqua vischiosa che lo sommergeva e da cui non riusciva mai a sollevarsi… lo faceva sentire un idiota. È sempre così, quando si ripensa al passato e ci si accorge di quante cose si sarebbero potute evitare. La cara e vecchia coscienza del poi, onnipresente e delicata come uno schiaffo, ti butta addosso con un secchio di latta la sua acqua rivelatrice che – colando dal tuo viso verso il terreno sotto forma di gocce simmetriche – ti fa sbattere le palpebre, scuotere un poco la testa ed infine dire: “ma come ho potuto?”.

Per tutta la pausa pranzo Mikey ed Alicia avevano parlato delle solite cose di cui si discute quando si mangia insieme in una mensa scolastica, e Alicia aveva sempre lanciato sguardi fintamente distratti al piatto del ragazzo. Lui l'aveva notato e, sebbene lo facesse sentire un pluriomicida carcerato sempre sotto controllo, non osava rimproverare Alicia per il suo modo di fare così protettivo. Lo faceva per il suo bene e lui, anche se gli doleva ammetterlo, sapeva che se sia lei che Gerard avessero abbassato la guardia molto probabilmente avrebbe ripreso la strada dell'astinenza dal cibo.
Quel giorno non c'erano lezioni pomeridiane per il loro anno e la mensa era meno gremita del solito. Dopo aver finito di mangiare il minimo indispensabile per una sopravvivenza equilibrata, Mikey ed Alicia si alzarono per rimettersi gli zaini sulle spalle ed uscire finalmente da quell'edificio.
«Vieni, andiamo da questa parte.»
«Verso la periferia?»
Alicia aveva preso a camminare nella direzione opposta alle loro abitazioni e alla zona commerciale.
«Sì, almeno non vediamo sempre le stesse facciate scolorite delle stesse case.»

Camminarono un po' svoltando in traverse casuali addentrandosi in quel fitto reticolo che costituiva la zona periferica di Belleville. Il panorama non era molto diverso dalla zona residenziale in cui abitavano loro, tranne che per un alternarsi di capannoni, rimesse ed orticelli più frequente.
La strada era semideserta a causa dell'ora e l'asfalto grigio scorreva sotto i loro passi discreti. Giunti ad un piccolo spiazzo dal pavimento di un'erba calpestata e ricoperta da foglie secche, salirono sullo scivolo ricoperto di scritte e disegni osceni che troneggiava come una scultura solitaria. La parte alta era costituita da una casetta di legno che riparava alla bene e meglio dalle ventate autunnali. Entrambi ci entravano a stento ma quello spazio era abbastanza confortevole pur nella sua angustia, perché li costringeva a stringersi come se fossero stati due gemelli nell'utero materno. Dava una sensazione di protezione ed intimità.
Mentre Alicia si stava ancora sistemando per bene seduta sulle tavole polverose al fianco di Mikey, lui la colse di sorpresa baciandola sulle labbra e facendole alzare la testa per ricambiare quel bacio inaspettato. La sentì rilassarsi sotto quel tocco leggero ma continuare a tenere i muscoli del collo contratti a causa della posizione scomoda. Subito però lei si sistemò appoggiandosi sopra a Mikey per abbandonarsi completamente a quegli attimi intrisi di una strana intimità. Stavano ufficialmente insieme da poco più di un mese e non si erano mai scambiati un bacio come quello. Forse a frenarli era il fatto che erano stati solo amici per così tanto tempo che ora ribaltare di punto in bianco i ruoli li spiazzava ancora un po' inconsciamente. Fatto sta che in quell'angolo, almeno apparentemente lontano dal resto mondo, quell'accogliente sicurezza che li aveva avvolti aveva fatto risvegliare in entrambi quegli istinti passionali alla base di ogni grande amore. L'attrazione fisica è la parte fondamentale per ogni rapporto duraturo; se essa manca, il sentimento che si crea tra due persone è semplice stima. Chiunque affermi che il vero amore è fondato su un'affinità solo caratteriale sbaglia. Senza la scintilla complementare della sensualità ogni affettività, per quanto elevata, non raggiunge mai la totalità dell'amore. Per questo gli amici possono essere tanti, ma solo una persona riesce a completare la parte del nostro cuore, sanguinante ed avara di interezza, che comincia a chiedere l'agrodolce ambrosia dell'affetto sin dalla nascita, in cerca del tipo che riesca a colmarla e cicatrizzarla come un balsamo miracoloso. Tutti gli uomini nascono col bisogno di amore, gran parte muoiono portandosi questa loro necessità in un altro mondo con la speranza di poterla soddisfare lì e raggiungere quella beatitudine tanto agognata.
La passione saturava l'aria, qualcosa era irrimediabilmente scattato. Anche gli ultimi veli che separavano le due anime erano stati spostati ed entrambe le anime si erano fuse. Ora erano solo carne contro carne. Due corpi, una sola anima. Una sola storia unita in modo indelebile. Un patto di sangue, i cui filamenti avvolgevano entrambi i cuori dei ragazzi e li legavano tra loro: tesi e pronti a suonare una melodia malinconica quando sono lontani, più allentati nei loro nodi quando si trovano vicini, permettendo quindi ai cuori di battere forte.
Ogni barriera era stata definitivamente annullata con quel singolo gesto, con la semplice e naturale unione di labbra frementi. Alicia era scivolata in basso, quasi con la schiena completamente distesa su quelle tavole polverose dello scivolo. Con le braccia cercava di sorreggersi e manteneva come unico contatto fisico con il ragazzo quel bacio. Mikey si sorreggeva a sua volta poggiando le mani sul pavimento, vicino a quelle di Alicia ma in modo da non toccarsi. Inquinare quel gesto puro con altri contatti fisici avrebbe diminuito l'elettricità statica, gli unici legami dovevano essere quelli tra le anime, i cuori e le labbra. I simboli dell'amore più sincero. È incredibile ciò che può trovarsi dentro un bacio, dentro un oggettivo scambio di saliva. Sentimenti ed emozioni che mille parole non potrebbero descrivere.
Mikey si era improvvisamente ritrovato in una strana posizione che in qualunque altro frangente sarebbe risultata alquanto scomoda. Era in ginocchio, con un piede percepiva la presenza dei due zaini poggiati in un angolo del piccolo rifugio, con il busto si protendeva sopra ad Alicia a dimostrarle quanto si fidava di lei, quanto le si fosse affezionato in quegli anni di intensa amicizia e quanto avesse capito di amarla dal giorno del loro primo bacio.
Dopo undici minuti in cui un lento sfregarsi di lingue aveva ridotto l'attività cerebrale ad una linea retta e l'attività cardiaca ad un sismogramma, Mikey allontanò un po' il viso dopo un ultimo schiocco di labbra. I pensieri produssero un enorme boato, dalla durata così infinitesima da renderlo impercettibile ad esterni, quando rientrarono improvvisamente nelle scatole craniche introdotti dal breve sospiro che segue ogni bacio. Entrambi si guardarono qualche secondo, o meglio, fissarono il vuoto con gli occhi rivolti in direzione della bocca dell'altro. La consapevolezza di ciò che era successo era divenuta opprimente una volta riacquistata la capacità di reagire. È molto più facile abbandonarsi al dolce dondolare delle sensazioni piuttosto che essere trattenuti dal saperle tali. Ma quando si razionalizzano gli impulsi si può giungere ad un livello ancor più coinvolgente, quindi vale la pena sopportare quegli attimi di smarrimento iniziali.
In qualità di anime ormai in simbiosi, entrambi risero. Alicia però reagì per prima e, con una risata più forte di quella di Mikey, spezzò quell'atmosfera che quasi stava diventando bianco latte per la saturazione da sentimenti nuovi e vivi. Tutto era stato definitivamente scoperto, esplorato, analizzato e risistemato. D'ora in avanti ogni gesto sarebbe stato più naturale di quanto non lo fosse mai stato. Gli stessi sentimenti profondi si sarebbero fusi ad una risplendente spontaneità. Non più baci densi come quello. Solo baci leggeri e freschi con amore sempre crescente.
Ora sia Mikey che Alicia possedevano una frizzantezza interiore.
Lei dopo aver riso lo baciò di nuovo e quasi furtivamente cercò a tentoni la chiusura dei suoi pantaloni. Mikey fu percorso da un brivido partito dalla base della spina dorsale ma non esitò a slacciare anche lui i pantaloni della ragazza. L'inverno non era ancora entrato e fortunatamente i vestiti non erano ancora così pesanti da creare impaccio in una situazione come quella. Entrambi non avrebbero mai immaginato di perdere la verginità così, a diciassette anni, in un malandato parco giochi di periferia, dentro uno scivolo, con polvere e terra che si infilava ovunque.


Grazie davvero a tutti per continuare a seguire, apprezzare e recensire le mie storie! ♪
Lo ammetto, mi sono fatta attendere davvero troppo per questo capitolo... Però spero che riteniate ne sia valsa la pena. Davvero ce l'ho messa tutta per scrivere qualcosa di più “serio” e non il solito elenco di fatti, situazioni e frasi fatte triti e ritriti tipico di gran parte degli scritti “non seri”. Cerco di sempre di non cadere nella banalità ma con questo capitolo (modestamente lol) sento di aver fatto un buon lavoro e devo dire che ne sono alquanto soddisfatta! Voglio cercare di migliorare sempre più, anche perché ho intenzione di buttar giù qualcosa di serio in questo anno e poco più che mi separa dalla maggiore età. Perché, sì, voglio provare a pubblicare qualcosa più in là. Ho sempre sognato di fare la scrittrice, anche se non a tempo pieno, e voi direte con fare anche un po' critico “al giorno d'oggi tutti aspirano a diventare scrittori!”. Sono perfettamente d'accordo con voi! Però ho fiducia in questa mia capacità. Io amo la letteratura, mi piace leggere e cimentarmi nella scrittura. Chissà che non possa avere anche io qualche possibilità? Tanto vale provare in questi “anni zero”, così “da grande” avrò un altro possibile sbocco lavorativo (che parolone!) se le Muse mi assistono! Okay meglio mettere da parte i miei fin troppo ambiziosi progetti per il futuro che alla fine questo non è il tempo ed il luogo per farli lol

Ma prima di andar via, concedetemi un ultima pubblicità neanche poi tanto occulta:
qui trovate il mio Flickr, qui la mia libreria su aNobii e qui con un semplice mi piace alla foto potete aiutarmi a vincere un concorso a cui tengo tanto! çwç
Grazie ancora a tutti per i bellissimi complimenti che seppur di rado, data la mia scarsa presenza su efp negli ultimi mesi, mi mandate ;o;


dryvenom

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Capitolo 6
*** 6- Bring me home in a blinding dream through the secrets that I have seen ***


«Hey, tutto bene?»
C'era qualcosa in fondo alla sua gola. Una membrana. Una pellicola che sembrava star per infrangersi ma non lo faceva. Non riusciva a respirare, Mikey. C'era qualcosa in fondo alla sua gola.
«Santo cielo, Donald!»
Una membrana.
«Mikey, che hai?»
Una pellicola che sembrava star per infrangersi ma non lo faceva.
«Non respira!»
Non riusciva a respirare.
«Ha qualcosa in gola? Cosa stava mangiando?»
Colpi di tosse sforzati. L'aria non era mai abbastanza per rompere quella bolla in gola. Mancava poco, ma era così tanto.
«Chiamate l'ambulanza!»
Se inspirava troppo velocemente, quella bolla gli sarebbe entrata nei polmoni.
«Ma non può essere che ha qualcosa in gola, stava mangiando minestra!»
Poteva soffocare. E non saperne il perché.
«Provo a dargli delle pacche dietro la schiena? Funziona? Mio dio!»
La gola pizzicava. La bolla stava salendo. Lentamente, saliva. Eccola. La membrana stava per infrangersi. Un ultimo colpo di tosse. Un'ultima raccolta dell'ultima aria presente nei polmoni. Momento decisivo. Non era quella la sua morte, ma era alquanto sgradevole. Non poter respirare. Sentirsi sospesi.
«Aah!»
Sangue. Una bolla di sangue era esplosa sulla tovaglia azzurra di Donna Way. Un respiro asmatico e Mikey riuscì ad inspirare nuovamente. Aria fresca. I polmoni erano due spugne stropicciate e faceva male sentirli gonfiarsi. Una bolla di sangue gli si era formata nelle viscere e un colpo di tosse l'aveva fatta salire fino in gola a bloccargli il respiro. Sangue rosso scuro che aveva sputato in un ultimo sforzo respiratorio. Degli schizzi rossi gli macchiavano le labbra bianche. I denti sembravano aver addentato cacciagione cruda. Smarrimento negli occhi di tutti. Sangue anche nella minestra.
«Mikey stai bene? Che cos'era, oddio. Dobbiamo andare in ospedale.»
Donald era ormai in uno stato di ansia febbrile. Nomi di malattie sentite nominare in tempi remoti e di sfuggita gli si presentavano negli anfratti del cervello ma senza formare parole compiute. Quegli ultimi cinque minuti gli avevano accartocciato le budella.
«Posso andare in bagno?»
Mikey tremava. Voleva togliersi quella roba viscida e acre dalla bocca. Gerard lo prese per un braccio e lo aiutò ad alzarsi.
«Mamma faccio io. Non stategli tutti così addosso. Sta bene.»
«Metto in moto la macchina, andiamo al pronto soccorso.»
Donald Way si precipitò in garage mentre la moglie, cercando di rendersi utile, intralciava i movimenti di Gerard.
Mikey si sciacquò la bocca con del collutorio per cancellare quel sapore. Non riusciva a capire che cosa fosse successo. Sperava in una banalità, anche se quella tosse che lo tormentava da qualche settimana gli faceva tremare gli organi interni. Gerard al suo fianco sembrava impassibile. Nel caos generale era diventato un automa.
«Ti fa male qualcosa? Mica ti sei picchiato con qualcuno?»
«Mio dio, no! Sto bene. Mi fa solo un po' male lo stomaco. Che ansia. Mamma e papà si agitano troppo. Sarà solo la gola graffiata dalla tosse degli ultimi tempi. No?»
«Non lo so. Sei debole e esposto a ogni malattia così nelle tue condizioni.»
Mikey espirò piano uscendo dal bagno. Era rincorso da un problema dietro l'altro. Alla fine doveva aspettarselo, anche se tutti pensano che non capiterà mai nulla “proprio a me”.

Se c'è qualcosa di più sgradevole di avere un tubo infilato in gola è venire a conoscenza del risultato di quelle analisi. Ulcera allo stomaco. Mikey Way aveva lo stomaco consunto dai succhi gastrici. Le cause erano sconosciute, forse predisposizione genetica. In questi casi essere gli unici a sapere la verità crea imbarazzo. “No, mi dispiace dottore ma ha sbagliato tutto. In realtà sono bulimico da qualche mese e mi metto due dita in gola per vomitare quel poco che mangio. Non c'è nessuna predisposizione. Lei è un incompetente.” Il modo migliore per uccidere velocemente due genitori sconvolti in uno studio medico.
Ora Mikey doveva ricoverarsi per tre giorni e fare altre analisi e iniziare le cure. Quel buco che a volte sentiva nel petto alla fine esisteva davvero: era fatto di materia organica ed era solo un po' più giù. Da questo risultava ovvio che la solitudine, lo smarrimento, quel sentimento di oppressione e costrizione, quella voglia di urlare... Tutto ciò dimorava nientemeno che nello stomaco. E si chiamava generalmente ulcera. Quando Mikey Way piangeva in silenzio bagnando di lacrime il collo di Alicia e quella voragine scura sembrava volerlo inghiottire, tutto derivava dal suo stomaco. Richiudere quel buco forse era la soluzione per quel mal di vivere che ogni tanto si faceva risentire. Nei libri di medicina sotto la voce “ulcera” non compaiono informazioni simili, ma il ragionamento fila, no? Non sarebbe comodo, per quando ci si sente giù e un bacio e un abbraccio e una carezza e un orgasmo e uno sguardo non fanno altro che condire quella strana disperazione infondata ma pesante che ci opprime, prendere un protettore per la mucosa gastrica e risolvere ogni problema? Così si può continuare a vivere con lo stomaco un po' più resistente e dentro un po' più felici. Tutto sta nel convincersi che curandosi un male fisico è possibile risanare una sensazione analoga ma invisibile.
Mikey non ne poteva più dei suoi genitori sempre disponibili e a fianco al suo letto d'ospedale. Si sentiva esaminato e in imbarazzo. Quando si hanno dei segreti non si sopporta lo sguardo di nessuno, neanche di tua madre o di tuo padre. A volte aveva paura che gli comparissero sulla fronte le parole “bulimico” o “anoressico”. L'unica persona che voleva in quel momento era la sua medicina preferita: Alicia. Non era la cura ma un ottimo antidolorifico. Magari col tempo togliere il dolore a piccole dosi lo avrebbe portato alla guarigione. Odiava quel suo stato psicofisico a metà tra il nulla e il nulla ancora. Non sapeva dove aggrapparsi. Tra centinaia di scogli non sapeva quale fosse quello adatto a lui e quindi rimaneva nell'oceano freddo. C'era qualcosa che non andava ma non sapeva cosa. E di conseguenza anche la soluzione era sconosciuta. Fin'ora l'unico passo avanti era stato avere qualcuno con cui condividere gioie e dolori e ogni secondo di vita. E già questo gli dava il calore necessario per sopravvivere in quell'acqua gelida. Ma vivere era un po' diverso. Ma ci stava lavorando. Ci stavano lavorando. Già da qualche giorno iniziava a rendersi conto che il problema non era più il suo corpo o il cibo. Fino all'inizio della terapia di gruppo e al supporto di Gerard in questo aspetto l'atto di rifiutare il cibo al proprio interno era stato una specie di passatempo, di capriccio per riempire quella sua ulcera interiore occupando i propri pensieri e il tempo e tutto. Ora si trovava senza un hobby autodistruttivo a portata di mano e sebbene le vecchie abitudini sono dure a morire stava lavorando anche a questo.
Gerard aveva detto ad Alicia che Mikey era ricoverato e lei dopo cinquantatré minuti era lì. Si era affacciata titubante sull'uscio con il cappuccio verde della felpa tirato sulla testa e dentro una gran voglia di correre fin quando non avesse toccato con le proprie dita la pelle di Mikey e non si fosse assicurata che stava bene. Gerard non aveva fatto parola sul perché si trovasse lì.
Donald e Donna salutarono Mikey per lasciarlo solo con la ragazza. Nel frattempo sarebbero andati con Gerard a prendere qualcosa che gli sarebbe potuta tornare utile lì in ospedale.
«Ali.»
«Che è successo?»
«Ulcera.»
«Oddio... Come mai?»
Mikey ondeggiò con la testa senza rispondere, per farle capire che era una domanda retorica dato che la causa era facilmente immaginabile.
«Naturalmente nessuno sa niente quindi zitta per favore. Prenderò qualche pillola e starò bene. Non ti preoccupare.»
«Mhm. Stanotte posso dormire qui?»
«Non vai a scuola domani?»
«No.»
«Sai che mi fa piacere stare con te. Sei l'unica con cui vorrei stare sempre. Possibilmente però non in un letto d'ospedale. Sai, non so se l'hai mai provato ma è scomodo, soprattutto con questa roba attaccata ovunque. Mi sento un puntaspilli.»
«Wooh, cos'è questo sarcasmo? Il mio Mikey depresso che fa battute. Stiamo migliorando.»

Quel pomeriggio Mikey non si era presentato alla seduta di gruppo. Era la sua prima assenza e fu notata dagli altri ragazzi. Dopo venti minuti si presentò al suo posto Gerard, per informarli dell'accaduto. Tutti conoscevano la fragile salute di chi è in condizioni simili. Un semplice raffreddore può complicarsi ed essere fatale. Dissero a Gerard che uno di questi giorni sarebbero passati a trovare il fratello in ospedale.
«Mi dispiace ma, vedete, i nostri genitori non sanno del suo problema. Grazie del pensiero, ma sarebbe troppo sospetto se verreste tutti a trovarlo.»
Quel giorno, a causa della notizia, la seduta finì prima, poco dopo che Gerard ebbe lasciato la stanza. Frank lo raggiunse fuori dall'edificio. Lui non si era accorto di essere seguito. Camminava di spalle e stava dirigendosi verso la sua automobile. Frank non lo chiamò. Aveva un qualcosa di romantico, il suo camminare nella nebbiolina autunnale di Belleville. Restò a guardarlo ingranare la marcia e partire mentre fumava una sigaretta. Poi si incamminò verso l'ospedale. L'avrebbe rivisto probabilmente lì.

Ci mise più di un'ora a raggiungere l'ospedale e a trovare la stanza dove avevano sistemato Mikey. Quando arrivò lo trovò addormentato. Anche la ragazza allungata vicino a lui nel letto, Alicia doveva chiamarsi, dormiva. Frank si sedette su una delle sedie che si trovavano per il corridoio. Non c'era traccia di Gerard né dei genitori di Mikey. Avrebbe aspettato lì fino alla fine dell'orario di visita. Magari Mikey ed Alicia si sarebbero svegliati o meglio ancora sarebbe arrivato Gerard. L'aveva visto poche volte e praticamente non si conoscevano ma doveva ammettere che aveva quell'irresistibile fascino da universitario sempre sulle sue che non sa essere sgarbato con le persone a costo di soffrire lui stesso. E tutto ciò aveva un particolare magnetismo su di lui. E di conseguenza si sentiva strano e con una strana euforia nella mente che però gli bloccava le membra. Continuava quasi istintivamente a lasciarsi passare davanti agli occhi scene di lui e Gerard e di Gerard e lui e si sentiva maledettamente in colpa perché invece di preoccuparsi per la salute di Mikey faceva pensieri molto fantasiosi su suo fratello. Forse era a causa della sua situazione instabile che sentiva il bisogno di attaccarsi a qualcuno; comunque quella strana infatuazione, quella specie di colpo di fulmine, c'era e lo scombussolava e non riusciva a non pensarci. Soprattutto in quel momento dato che stava solo con sé stesso, seduto su una panchina di un corridoio di ospedale e con la possibilità che l'oggetto dei suoi pensieri spuntasse da un momento all'altro.
E infatti dopo pochi minuti era lì.
Camminava verso di lui portando un borsone e appena a Frank fu possibile riconoscere l'espressione sulla sua faccia notò che lo stava guardando con espressione preoccupata. Gli rivenne in mente ciò che aveva detto quando, durante la terapia di gruppo, era entrato nella stanza a riferire la situazione di Mikey. I genitori non sapevano e non dovevano sapere. E i genitori dovevano essere quei due signori che camminavano vicino a lui.
Frank si alzò riscuotendosi un attimo dai suoi pensieri.
«Salve, io sono Frank, un amico di scuola di Mikey. Ero venuto a trovarlo ma sta, stanno, dormendo.»
A quella presentazione Gerard si rilassò un poco e dopo aver poggiato il borsone sull'uscio della porta andò da Frank. Nel frattempo Donna e Donald Way avevano gentilmente salutato il ragazzo e la madre stava svegliando Mikey ed Alicia ancora addormentati insieme. I due genitori avevano portato anche loro delle borse con la roba di Mikey e avevano accatastato tutto ai piedi del letto.
«Tu sei uno dei ragazzi della...»
«Sì, lo so che avevi detto di non venire però mi sembrava brutto, cioè, ultimamente avevamo stretto amicizia con Mikey e quindi ho pensato... Poi alla fine sono venuto solo e...»
«Oh sì tranquillo, non ho vietato niente a nessuno, ho solo chiesto di evitare di venire tutti insieme, sai com'è...»
Gerard era sorridente e si sentiva in imbarazzo: Frank gli stava conferendo troppa autorità e lui non voleva passare per una persona sgradevole.
«Beh, neanche i miei genitori lo sanno. Sono all'oscuro di un bel po' di cose su di me, conosco la sensazione. Non ti preoccupare, sarò semplicemente un amico di scuola.»
Disse questo, ma in realtà il significato velato delle sue parole era “so quello che provi, neanche i miei genitori sanno che sono bulimico e bisessuale” ma poteva sembrare troppo spinto e sfacciato.
«Grazie dell'aiuto. Comunque io sono Gerard, il fratello di Mikey.»
«Frank. Mikey mi ha parlato spesso di te.»
I soliti convenevoli.
«Gerard! Frank! Hey, entrate!»
Mikey ed Alicia ora erano svegli e si erano staccati. Alicia era andata in bagno a sistemarsi. Donald e Donna erano usciti per andare a scambiare qualche parola con il medico che avrebbe seguito Mikey durante la sua permanenza in ospedale.
«Hey ciao, ben svegliato. Come stai? Ma che hai fatto?»
Frank aveva notato che Mikey aveva un colorito più pallido del solito e pensandoci ancora nessuno gli aveva detto per quale motivo era stato ricoverato.
«Eh... Ulcera allo stomaco.»
Per uno che soffriva anch'egli di bulimia non fu difficile capirne la causa e non disse niente. Inoltre l'orario di visita stava per finire e dopo qualche minuto passato a parlare delle solite cose Gerard accompagnò Frank all'uscita.
«Grazie di essere venuto, a Mikey fa bene stare con qualcuno di cui si fida, e credo proprio che tu sia uno di quelli. Ci vediamo!»
«Oh, di niente. Ciao!»
Frank si allontanò verso casa cercando di coprirsi come meglio poteva con la felpa per difendersi da quel gelido venticello serale tipico del New Jersey. Appena sarebbe arrivato a casa si sarebbe buttato sotto le coperte per abbandonarsi ai suoi pensieri. Magari esaurendo ogni cosa riguardante Gerard a cui pensare gli sarebbe passata e avrebbe potuto continuare tranquillamente a vivere con il cervello meno indaffarato.

Sono tornata! Dopo otto mesi era ora. È stata una vera e propria gravidanza questo capitolo lol 
Beh, in realtà ce l'avevo già tutto sul pc da agosto però mi ero completamente scordata che fosse finito e ieri, spinta da Autumnsong, ho riaperto il file per concludere qualcosa e - zanzan - era già completo '-' quindi ho scritto un pezzo del capitolo successivo ma non ho idea di come si evolva la situazione e devo rifletterci! 
Spero vi piaccia :3 Buone feste (in ritardo) ;w;/

xoxo
dryvenom

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