Nancy boy di xArwen (/viewuser.php?uid=118055)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Early dawn ***
Capitolo 2: *** 2- Late at night ***
Capitolo 3: *** 3- The end of the beginning ***
Capitolo 4: *** 4- I will never let you go ***
Capitolo 5: *** 5- How does it feel? ***
Capitolo 6: *** 6- Bring me home in a blinding dream through the secrets that I have seen ***
Capitolo 1 *** 1- Early dawn ***
Nancy boy
Aveva
lasciato la finestra aperta ed ebbe l'impressione che piovesse. Le
foglie dell'albero che oscurava la finestra producevano un fruscio
simile al picchiettio della pioggia. Un soffio di vento più
potente
degli altri fece sbattere l'imposta della finestra con un rumore
sordo. Mikey Way aprì lentamente gli occhi e
rabbrividì sotto il
plaid. L'autunno cominciava a farsi sentire e dimenticarsi la
finestra aperta la sera precedente non era stata una buona idea. La
luce bianca e fievole di quel mattino nuvoloso e nascente dava
un'atmosfera quasi sospesa nel tempo, anche a causa della totale
assenza di voci e rumori dato che era a malapena l'alba. Il silenzio
era interrotto solo, oltre che dal fruscio delle foglie, da qualche
automobile mattiniera che passava ogni tanto.
Mikey
Way faceva fatica a mantenere gli occhi aperti. La luce, seppur
ancora bassa, gli accoltellava le pupille. Il sonno invece gli
rimboccava impetuosamente le palpebre. Sapeva inoltre, anche senza
guardarsi allo specchio, che erano gonfi. Come al solito era andato a
dormire troppo tardi, ma per una buona causa. Gli occhi gonfi erano
un prezzo ragionevole per un corpo sempre più perfetto, e
poi
potevano essere coperti con del fondotinta. I chili in più
invece
no, non potevano essere coperti, soprattutto ai suoi occhi.
Finalmente
la sveglia suonò, dopo un'ora passata a cercare di
riprendere sonno
inutilmente. L'unica cosa che Mikey era riuscito a fare era chiudere
la finestra e raggomitolarsi di nuovo sotto il plaid, con gli occhi
chiusi. Nonostante il sonno arretrato lo opprimeva e gli occhi erano
restii a restare aperti, comunque, non ci fu verso per lui di
riappisolarsi neanche per qualche minuto. Restò
così anche per
qualche minuto dopo che tutti gli altri abitanti della casa –
ovvero i suoi genitori e il fratello maggiore – si erano
alzati,
restando sospeso in una specie di dormiveglia in cui gli stimoli
esterni lo raggiungevano e lo oltrepassavano nel giro di un secondo.
Il pensiero che monopolizzava il suo cervello era il freddo che gli
attanagliava i piedi nudi e le gambe coperte solo da un pigiama di
cotone sotto quel misero plaid estivo. Aveva portato le braccia sotto
il petto ossuto per riscaldarle con il calore intrappolato tra esso e
il materasso e cercava di portare le gambe sempre più vicine
alla
parte superiore del corpo, in posizione fetale, d'istinto. Si decise
ad alzarsi solo quando sentì qualcuno che usciva dal bagno,
segno
che ora era libero di essere usato dal prossimo. Fu solo allora,
quando si mise in piedi e indossò le ciabatte, che si
svegliò
completamente e riacquistò ogni facoltà mentale.
Anche il freddo
gli sembrava più sopportabile ora. Ma si stava facendo
sentire un
altra cosa in quel momento, a mente lucida. La fame. Mikey Way
sentiva lo stomaco gorgogliare e brontolare furiosamente e dei crampi
che gli stringevano l'addome. Ma ormai c'era abituato, quel fastidio
non era altro che una presenza di fondo che lo accompagnava ovunque e
sempre.
Andò
verso la porta del bagno e se la chiuse alle spalle. Gerard aveva di
nuovo allagato il pavimento lavandosi la faccia ed una grossa
pozzanghera d'acqua bagnava la zona intorno al mobiletto del
lavandino e una buona parte del tappeto rosa. Mikey si
sciacquò
anche lui la faccia e sentì le guance che quasi gli
bruciavano per
l'acqua gelida. Restò qualche secondo con gli occhi chiusi e
imperlati di acqua per avere almeno l'illusione che così le
borse si
sarebbero sgonfiate un minimo e il suo aspetto apparisse più
fresco
e riposato. Dopo aver liberato la vescica tornò in camera
per
vestirsi. Quella era una delle operazioni della routine mattutina a
cui dedicava più tempo. Dopo aver osservato per quasi cinque
minuti
il contenuto dell'armadio e gli abiti buttati sulla scrivania dalla
sera prima scelse dei jeans né troppo larghi né
troppo stretti e
una felpa attillata blu scuro con la zip sul davanti. Solo quando si
fu assicurato che quelle odiose ossa sporgenti ai lati appena sopra
l'inguine fossero nascoste dai vestiti e il suo corpo esile fosse
perfettamente fasciato e la sua magrezza messa in risalto da questi,
scese per fare colazione. Donna era già uscita per andare al
lavoro
e ad accompagnare il figlio maggiore all'istituto d'arte che si
trovava vicino il suo salone di parrucchiera e in casa era rimasto
solo il padre, che si affrettava ad allacciarsi le scarpe per uscire
anche lui.
«Buongiorno
Mikey, io scappo che sono già in ritardo! Fai colazione e
attento
per strada.»
Mikey
annuì andando verso il frigo e versandosi dell'acqua al
posto del
latte nella tazza, facendo attenzione a coprire l'operazione con il
suo corpo agli occhi di Donald.
«Sì,
ciao papà.»
Ogni
mattina era sempre uguale: rimaneva sempre da solo a fare colazione
quindi si poteva permettere di non farla per niente senza subire
rimproveri. Si limitava a sporcare una tazza ed un cucchiaino con un
po' di latte e a mettere queste stoviglie nel lavandino insieme a
quelle usate in precedenza dai suoi familiari per far credere a
Donna, quando tornava dal lavoro e lavava i piatti prima di cucinare
il pranzo, che avesse realmente consumato la colazione. Quando tutto
fu sistemato a regola d'arte, ormai era diventato esperto nel
camuffare tutte le volte che non mangiava, prese la borsa dei libri e
si incamminò verso la scuola.
A
differenza dell'istituto d'arte privato che frequentava il fratello,
la sua scuola era un normale liceo statale rivestito di mattoncini
rossi e dalla facciata bassa e larga e si trovava vicino casa Way.
Entrando nel vialetto che conduceva all'ingresso, Mikey aveva sempre
l'impressione di essere osservato dagli studenti che si attardavano
nel giardinetto antistante l'edificio. In quel lasso di tempo in cui
percorreva il lastricato si sentiva terribilmente giudicato. Sapeva
che il suo corpo era perfetto, che il suo abbigliamento era perfetto,
ma aveva sempre l'impressione che avesse tralasciato qualche
particolare e che gli altri potessero notare quei maledetti fianchi
sempre grossi nonostante facesse di tutto per farli scomparire del
tutto. Riacquistava sicurezza solo quando entrava nella sua aula e
prendeva posto vicino ad Alicia.
Alicia
era l'unica vera amica che aveva, con gli altri ragazzi non era molto
in buoni rapporti. Ma non gli dispiaceva neanche più, alla
fine non
era per niente interessato a far parte della squadra di football o
agli altri argomenti che monopolizzavano le conversazioni di quasi
tutti i ragazzi della sua scuola. Quasi la stessa cosa accadeva anche
con le ragazze; solo Alicia si salvava, lei era l'eccezione.
Passavano i pomeriggi chiusi in camera a guardare film, provare
vestiti, sentire musica e leggere riviste e libri. Quando era bel
tempo o avevano la giornata libera poteva invece capitare che
andassero a fare foto nei dintorni; infatti entrambi avevano la
passione per la fotografia.
La
lezione di biologia era iniziata da poco e il professore non fece
neanche caso a Mikey che era appena entrato nella stanza. Il ragazzo
individuò subito l'amica che, naturalmente, gli aveva
riservato il
posto accanto ad ella e si andò a sistemare.
«Ciao
Ali!»
Suonò
la campanella che segnava l'ora di pranzo. Dopo quattro ore passate
in uno stato di dormiveglia amplificato dalle lezioni noiose e
dall'atmosfera cupa tipica delle mattine autunnali, un po' di
vitalità parve rianimare gli studenti della High School di
Belleville. Mikey e Alicia passarono a riempire i propri vassoi
già
sapendo che quasi tutto sarebbe andato buttato. Ma non potevano non
prendere nulla, sarebbe stato troppo sospetto, quindi si fecero
servire verdura e frutta e solo poco pollo fritto. Si sistemarono ad
un tavolo libero un po' fuori mano ma lasciarono i vassoi davanti a
loro, intatti.
«La
mangi la carne?»
«No.»
Alicia
annuì e si decise a dare anche lei un morso alla mela. La
frutta e
la verdura erano le uniche cosa che non davano loro sensi di colpa,
dopotutto facevano bene e – cosa più importante
– non facevano
ingrassare. Entrambi tenevano troppo alla forma fisica, non potevano
permettersi di sgarrare soprattutto ora che i loro corpi si
avvicinavano sempre più alla perfezione. Se non fosse stato
per quei
fianchi e quelle cosce...
«Mikey
che hai fatto oggi? Hai una faccia strana.»
«Eh,
ho dormito pochissimo e sono stato fortunato a non essermi svegliato
col mal di gola. Ieri sera ho scordato la finestra aperta. Ho
sonno.»
«Ah,
ecco. Ma se saltiamo le ultime due ore? Tanto oggi abbiamo arte,
quella nemmeno se ne accorge che manchiamo.»
Mikey
rigirò la sua mela mezza morsicata tra le mani riflettendoci
un
attimo, anche se la risposta era più che ovvia.
«Okay.
Dove andiamo?»
«Casa
mia?»
«Okay.»
Finirono
di spiluccare ancora qualcosa dal contenuto dei loro vassoi e poi li
vuotarono in uno dei cestoni. Ma invece di seguire gli altri studenti
che rientravano per fare lezione, si allontanarono passando dalla
seconda entrata della mensa, che dava sul retro del cortile. Non
c'erano aule che si affacciavano su quel lato dell'edificio, quindi
percorsero tranquillamente e senza paura di essere avvistati la
distanza che li separava da quel buco nel recinto di rete, da cui
forse generazioni intere di alunni erano sgattaiolati nella campagna
adiacente per scampare ad interrogazioni, compiti in classe, test e
lezioni particolarmente sgradite.
«Aaah,
non ce l'avrei proprio fatta a rimanere altre due ore!»
«A
dipingere e farsi disapprovare da quella là poi, no
grazie.»
Mikey
rise per il tono con cui Alicia aveva pronunciato quelle parole e
subito dopo gli scappò uno sbadiglio.
«Vero
che adesso che arriviamo ci mettiamo a dormire?»
«Fai
come vuoi, io non ho sonno comunque ti faccio compagnia.»
La
casa di Alicia si trovava lungo la stessa strada che collegava il
quartiere di Mikey alla loro scuola. La ragazza stava da sola in
quella villetta bianca quasi tutti i giorni, dato che i suoi genitori
erano separati e viveva con la madre, che lavorava nella vicina
cittadina di Newark e tornava sempre ad ora di cena. Quando
arrivarono, salirono subito in camera di Alicia e Mikey si
buttò sul
piumino lilla affondando la faccia nel cuscino. La ragazza lo
seguì
e si sdraiò supina di fianco a lui.
«Ma
davvero vuoi dormire?»
«Ci
provo, devo recuperare il sonno perso in tutto questo tempo.»
«Come
“in tutto questo tempo”? Non è solo
stanotte che non hai
dormito?»
«Ultimamente
vado a letto troppo tardi.»
«Come
mai?»
«Mal
di stomaco.»
Alicia
assentì con un borbottio mentre si sistemava in modo da
stare più
comoda.
«Mikey
spostati un attimo, mettiamoci sotto le coperte.»
Di
malavoglia il ragazzo si alzò e si riallungò
subito dopo essersi
tolto le scarpe e la felpa, stavolta nel letto. Alicia gli si
raggomitolò vicino, si era tolta i jeans e aveva indossato
dei
leggins leggeri. Mikey le passò un braccio sulla vita
sottile e dopo
un poco calarono in un sonno favorito anche da quel tepore.
Eh
già, ho iniziato una nuova ff u.u
Ancora
non si delinea bene tutta la situazione anche se forse molti di voi
avranno capito il “problema” di Mikey e di Alicia.
Ma nei
prossimi capitoli le cose cambieranno un po' quindi aspettate a
giudicare dalle apparenze xD
See
ya soon
dryvenom
|
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Capitolo 2 *** 2- Late at night ***
Quel
pomeriggio Mikey era tornato a casa all'orario in cui tornava di
solito dopo la scuola per non destare sospetti ed aveva passato il
resto del pomeriggio nella sua camera a leggere. Ultimamente passava
gran parte del suo tempo libero immerso nei libri. Lo distraevano dal
mondo esterno e mentre i suoi occhi guizzavano sulle parole stampate
la sua mente si catapultava in un altro universo, ovattato e in cui i
personaggi avevano sempre la soluzione a tutto. Solo quando
iniziò a
fare buio si ricordò che aveva da studiare alcune pagine di
letteratura. Posò il libro che stava leggendo –
sulla copertina
cartonata verde delle grosse lettere scure formavano il titolo, On
the road by Jack Kerouack – sul pavimento ed estrasse il
testo di
letteratura dallo zaino, ancora poggiato sotto la scrivania da quando
era tornato da casa di Alicia. Non sarebbe stato molto impegnativo,
una lettura veloce e avrebbe fissato i concetti principali, se la
cavava abbastanza bene nelle materie umanistiche. Tornò a
distendersi sul letto e iniziò a studiare in attesa che lo
avessero
chiamato per la cena. Infatti dopo qualche minuto sentì
Gerard che
lo chiamava da sotto le scale. Scese senza farsi chiamare di nuovo e
si sistemò a tavola. Il resto della famiglia era
già seduto e Donna
stava servendo della pasta cosparsa da una salsa chiara,
probabilmente panna. Mikey odiava quando la madre cucinava la pasta,
soprattutto se la faceva per cena. La pasta conteneva carboidrati e i
carboidrati facevano gonfiare ed ingrassare soprattutto se mangiati
di sera. Aveva letto tutto ciò su una rivista della madre e
gli era
rimasto impresso. Già era restio e mangiare cibi troppo
conditi e
calorici, figuriamoci la pasta con la panna per cena, una vera bomba
calorica secondo lui. E dopo il primo seguiva il secondo,
immancabilmente fornito di contorno: tacchino e broccoletti. Mikey si
chiedeva come facessero sua madre, suo padre e suo fratello a
mangiare così tanta roba, consapevoli che tra poche ore
sarebbero
andati a dormire e che tutto ciò sarebbe finito ad aumentare
le loro
riserve di energie, comunemente chiamate grasso. Nonostante
ciò
mangiò la propria porzione di pasta ed anche un pezzetto di
tacchino
accompagnato dai broccoletti. La verdura, come la frutta, erano gli
unici alimenti che mangiasse volentieri. Poteva sentire il cibo
disgregarsi nello stomaco, fluire nelle sue vene ed andare ad
attaccarsi all'interno della sua pelle. Riusciva a sentire il grasso
che si formava, il suo peso che aumentava, il colesterolo che gli
ostruiva le arterie. Quella sensazione di calorie che piano a piano
si impossessavano del suo corpo era opprimente. Lo angosciava
terribilmente. Lo faceva sentire sporco internamente.
«Hai
avuto molto da studiare oggi, Mikey? Non sei uscito per niente dalla
tua camera.»
«No,
stavo leggendo un libro.»
Il
discorso che Donna aveva cercato di iniziare col figlio minore si
interruppe lì dove era iniziato e Gerard iniziò a
raccontare alcuni
fatti che erano accaduti quel giorno nella sua scuola. In casa Way i
pasti non erano accompagnati sempre da una conversazione ben
definita, più che altro ognuno raccontava spezzoni di quello
che
aveva fatto durante la giornata e commentava ciò che era
accaduto.
Appena
ebbe finito di mangiare, Mikey sentì il bisogno impellente
di bere.
Bere finché tutta l'acqua non avesse eliminato lo sporco che
sentiva
dentro e non lo avesse purificato di nuovo. Ma prima doveva superare
un'altra tappa.
Aiutò
la madre e il fratello a sparecchiare e mentre Donna iniziava a
lavare i piatti salì di nuovo al piano di sopra, diretto
verso il
bagno. Chiuse a chiave e si inginocchiò davanti al water
togliendosi
la maglietta e restando a petto nudo. Un leggero brivido gli
percorse la schiena pallida e ossuta. Poi, senza esitazione ed in un
unico movimento fluido ed esperto, si infilò l'indice e il
medio
della mano destra in bocca ed esercitò una leggera pressione
alla
base della lingua, dove iniziava la discesa verso lo stomaco.
Vomitò
tutti i sensi di colpa.
Quando
ridiscese, finalmente di nuovo leggero e disintossicato, si
procurò
una bottiglia d'acqua e la portò in camera sua insieme ad un
bicchiere. Nessuno notò i suoi movimenti: i genitori erano
davanti
la tv e Gerard si era di nuovo ritirato nella sua camera. Si chiuse
la porta alle spalle e si sedette per terra con la schiena appoggiata
al bordo del letto. Si versò un bicchiere d'acqua e lo bevve
per
togliersi quel sapore acido che gli rimaneva sulla lingua dopo ogni
volta che si liberava del cibo ingerito. Il liquido raggiunse subito
il suo stomaco e sentì la sensazione, questa volta piacevole
perché
non calorica, di sazietà e purezza che gli conferiva. Dopo
il primo
bicchiere ne seguì un altro e poi un altro ancora. Aveva
ripreso in
mano il libro che stava leggendo ed ogni poco beveva un altro
bicchiere finché non ebbe finito tutta la bottiglia.
La
spia luminosa del cellulare di Mikey iniziò a lampeggiare,
illuminando fiocamente e a tratti il piano della scrivania immerso
nella penombra. Il ragazzo notò la luce con la coda
dell'occhio e
posò il libro. Lo aveva già quasi finito,
nonostante fossero solo
tre giorni che lo aveva iniziato. Avrebbe voluto anche lui, come il
personaggio che Kerouack aveva creato in funzione di una specie di
suo alter ego, viaggiare senza sosta contando solo sulle sue forze,
senza programmare tutto alla perfezione ma semplicemente partendo con
una valigia contenente lo stretto indispensabile ed un po' di soldi,
diretto all'avventura.
Prese
il cellulare e vide che c'era un nuovo sms. Era di Alicia:
“affacciati”. Mikey ubbidì, sebbene un
po' perplesso, e vide che
sotto la sua finestra al primo piano c'era la sua amica. Appena
Alicia lo vide comparire da dietro il vetro lo salutò con
vigore
intimandogli di scendere con un sussurro che però quello non
poteva
udire. Il ragazzo aprì la finestra e rabbrividì
quando l'aria
fredda della sera gli sferzò la parte superiore del corpo
coperta
solo da una maglia leggera. Sempre parlando a bassa voce per non
farsi sentire dagli altri familiari, Mikey chiese ad Alicia come mai
alle dieci di sera si trovasse sotto la sua finestra.
«Dai
scendi, Lindsey fa una festa. Sono passata da casa sua e già
c'è un
sacco di gente.»
«Ma
ora non posso, è tardi e domani c'è scuola... Non
mi faranno mai
uscire!»
«Esci
senza dirglielo, no?! Come pensi che abbia fatto io? Mamma dorme
già
e domani andrà presto al lavoro, non si accorgerà
mai che sono
uscita neanche se non dovessi tornare per niente domani
mattina.»
Mikey
rifletté che alla fine neanche i suoi genitori avrebbero
notato la
sua assenza per qualche ora quella notte. In genere quando era in
camera sua la sera non passavano a dargli la buona notte
perché
pensavano stesse già dormendo – anche se non era
mai così – e
la mattina pure loro come la madre di Alicia sarebbero andati presto
al lavoro. Senza pensarci ulteriormente accettò la proposta
dell'amica, almeno avrebbe passato una serata inaspettatamente
diversa dalle altre e non si sarebbe rigirato nel letto in preda
all'insonnia per buona parte della notte.
«Prendo
la giacca e scendo, aspetta là.»
«Grande!»
Mikey
prese la sua giacca nera dalla sedia girevole su cui era poggiata e
si infilò il cellulare in tasca. Aveva ancora addosso i
vestiti con
cui era andato a scuola e gli sembrarono adatti anche per quel
festino improvvisato. Di sicuro sarebbero stati tutti così
ubriachi
e sotto l'effetto di sostanze che non si sarebbero neanche accorti se
fosse nudo o vestito. Prima di abbassare la maniglia della porta
della sua stanza però pensò che non poteva
passare dal portone
principale. Avrebbero sentito il rumore e lo avrebbero visto passare.
Poteva saltare dalla finestra, calarsi dalla grondaia, arrampicarsi
giù dall'albero fuori la sua finestra ma tutte queste
ipotesi gli
sembrarono troppo da film. Se ne avesse provata una molto
probabilmente sarebbe finito in ospedale con una gamba rotta, nella
migliore delle ipotesi. Si affacciò dunque di nuovo alla
finestra
per chiedere la consulenza di Alicia.
«Ali,
se passo dal portone mi scoprono. Come faccio?»
«Salta!»
«Ma
dai! Mi serve un'idea fattibile.»
«Aspetta
che vanno a dormire e poi hai campo libero. Tanto non manca molto
prima che si ritirino no?»
Mikey
guardò la sveglia. Erano le 22.25, tra un quarto d'ora
probabilmente
anche Donna e Donald sarebbero andati nella loro camera e lui poteva
passare tranquillamente.
«Okay
allora aspettiamo. Abbi pazienza.»
«Naaa,
tranquillo. Mi fumo una sigaretta nel frattempo.»
Alicia
si sedette a gambe incrociate sul terreno che già iniziava
ad essere
coperto di gialle foglie autunnali. Prese l'anonimo astuccio di
scuola nel quale teneva tabacco, filtri e cartucce al posto di penne
e matite e sparse il contenuto sull'erba intorno a lei. Mikey
osservava i movimenti agili della ragazza che, con quelle mani minute
e parzialmente coperte da guanti neri senza dita, in un lasso di
tempo di neanche un minuto riusciva a rollare una sigaretta dritta e
che tirava perfettamente. Se ne preparò due e quando ebbe
confezionato anche la seconda alzò lo sguardo verso la
finestra.
«Te
ne faccio una anche a te?»
Mikey,
che era assorto nella contemplazione dei movimenti delle mani di lei
mentre con le orecchie stava attento a captare ogni piccolo rumore
che lo informasse che i suoi genitori stessero andando a dormire,
sobbalzò internamente quando sentì la voce di
Alicia che rompeva
quel silenzio riflessivo.
«Sì
dai che io faccio schifo a rollare.»
«Comunque
mi sono procurata un po' di...»
La
ragazza roteò gli occhi con fare evasivo e complice allo
stesso
tempo mentre si accendeva la prima sigaretta sorridendo lievemente.
«Ce
la fumiamo da Lindsey.»
Alicia
fece il segno dell'okay alzando il pollice della mano destra in
direzione di Mikey e continuò a fumare nell'attesa. Dopo
qualche
minuto di silenzio, Mikey si sporse poggiando le mani sul davanzale.
«Ali,
credo che siano andati a dormire! Aspetto dieci minuti per sicurezza
e scendo.»
«Ricordati
le chiavi, non vorrai citofonare per farti aprire quando
tornerai.»
Alicia
conosceva l'abitudine dell'amico di lasciare sempre le chiavi di casa
a casa – convinto che invece le avesse in tasca –
quindi quando
rientrava era costretto sempre a citofonare per farsi aprire, tranne
quando la casa era vuota e doveva aspettare seduto sulla soglia che
qualche familiare tornasse. Anche questa volta, infatti, Mikey stava
per scordarsele nella tasca interna dello zaino e le prese prima di
far cenno ad Alicia che stava scendendo e di chiudere la finestra.
Aprì lentamente la porta e si assicurò che tutte
le luci fossero
spente e che i suoi genitori erano a letto. Se la richiuse alle
spalle facendo sempre attenzione a non far scattare troppo
rumorosamente la serratura e si incamminò giù per
le scale. Una
volta al piano inferiore era tutto molto più facile, c'erano
meno
probabilità che lo potessero sentire aprire e chiudere il
portone ed
uscire di casa. Alicia lo aspettava lì fuori fumando la
seconda
sigaretta appena accesa. Appena Mikey le fu abbastanza vicino, gli
porse la sigaretta che invece aveva rollato per lui poco prima.
«Che
si festeggia da Lindsey?»
«I
genitori sono partiti per un convegno e stanno via tre
giorni.»
«Solita
storia quindi.»
I
genitori di Lindsey Ballato, una ragazza che frequentava la loro
stessa scuola ed era abbastanza popolare tra gli studenti, erano
entrambi medici in carriera e spesso si assentavano per qualche
giorno per andare a congressi, convegni, riunioni e corsi di
aggiornamento in giro per gli Stati Uniti. Quindi la figlia ne
approfittava ed organizzava questi festini a casa sua sempre qualche
sera prima del ritorno dei genitori, in modo da aver tempo a
disposizione per risistemare e ristabilire la situazione precedente.
Le feste a base di alcol, sostanze stupefacenti e sesso in casa
Ballato erano ormai famose nel liceo di Belleville e gran parte della
popolarità che Lindsey aveva derivava proprio da questo. E i
genitori ne erano completamente all'oscuro, complice il fatto che la
loro villa era abbastanza fuori mano e non c'erano vicini che si
lamentassero della musica troppo alta o della confusione e che
riferissero loro ciò che accadeva in loro assenza.
«Aspetta
fermiamoci un attimo.»
Alicia
si sedette su un muretto sul bordo della strada deserta che stavano
percorrendo ed estrasse una bustina di plastica dalla borsa.
«La
prepari adesso?»
Mikey
prese posto accanto a lei e senza aspettare la risposta estrasse due
cartine dal pacchettino che la ragazza aveva poggiato sulle gambe e
gliene passò una.
«Sì,
altrimenti dopo me ne chiedono tutti un po' e non mi va di darla in
giro. Mi è costata venti dollari!»
Alicia
cominciò a rollare con la sua solita destrezza, mischiando
alla
marijuana del tabacco per non usarla tutta subito e per non esagerare
con la dose, non voleva essere così fatta da non capire
più nulla
di ciò che le accadeva intorno e rendersi facile preda di
qualcuno
in cerca di sesso. Una volta finite le due “cigarettes with
benefits”, le ripose nel suo portasigarette a specchio e mise
tutto
nella borsa.
I
due ragazzi stavano uscendo dalla zona abitata e, nonostante alcuni
alberi celassero la villa con le loro fronde ancora folte seppur
giallognole, potevano notare che tutte le luci della casa erano
accese. Una volta passata la curva, ebbero una visuale completa della
festa. All'incirca un centinaio tra ragazzi e ragazze affollavano il
piano inferiore ed alcuni anche quello superiore. Mikey e Alicia
entrarono facendosi largo tra il gruppo che si era fermato a ridere e
scherzare proprio davanti il portone e diedero uno sguardo in giro.
La musica proveniva dal salone principale, che appariva essere la
stanza più affollata ed era praticamente impossibile
entrarci senza
spintonare gli altri corpi sudati e danzanti. Il tavolo della cucina
era pieno di bottiglie di tutti i tipi, alcolici per la maggior parte
ma anche altre bibite. A fianco alle bottiglie c'erano delle pile di
bicchieri di plastica. Sia Mikey che Alicia ne presero uno ciascuno e
li riempirono di rum e del contenuto di una lattina che sembrava una
sottomarca di cola. Alicia trascinò il ragazzo di nuovo in
corridoio
e poi su per le scale, verso il bagno.
«È
chiuso, naturalmente.»
Mikey
abbassava ed alzava ripetutamente la maniglia della porta ma senza
successo, qualche coppietta evidentemente ci si era chiusa dentro.
«Vabbè
allora andiamo nel giardino sul retro e poi rientriamo.»
Scesero
quindi di nuovo al piano terra e, dopo aver riempito di nuovo i
bicchieri con vodka fruttata, uscirono, girando intorno alla casa
fino a raggiungere un angolo appartato. Si sistemarono sul terreno
umidiccio e Alicia cacciò le due canne.
«Una
ciascuno?»
Mikey
annuì mentre si toglieva la giacca per sedercisi sopra e per
non
farla impregnare dell'odore della marijuana. L'aria della sera era
fredda: l'inverno era alle porte. Sentì i peli rizzarsi per
il
freddo ma non ci fece caso e si strinse verso Alicia mentre
accendeva.
Fumarono
in silenzio, godendosi il momento. Loro due, soli, con le voci degli
altri e la musica di sottofondo nella notte. Era tutto così
calmo e
rilassante che ogni pensiero sfiorava loro il cervello per un tempo
massimo di un secondo. Il presente e basta, in quella notte.
Quando
ebbero finito le due canne, buttarono i mozziconi sotto un cespuglio
lì a fianco senza curarsi se fossero completamente spenti.
Con
quell'umidità era difficile che si appiccasse un incendio.
Rientrarono, lasciarono le giacche su una poltroncina nell'ingresso,
presero un terzo bicchiere ciascuno di liquido alcolico non
identificato e dopo averlo bevuto in tutta fretta si buttarono nella
ressa sempre più delirante che c'era nel salone. Ridevano, e
Alicia
si buttò traballante tra le braccia di lui e ballarono per
un bel
po', finché Mikey non corse all'improvviso verso l'esterno.
Alicia,
spaesata e ben poco lucida, lo seguì e vide che stava
vomitando sul
prato tutto quello che aveva nello stomaco, ovvero alcool e succhi
gastrici. Gli si avvicinò e gli passò una mano
intorno alla vita
per farlo rialzare quando i conati smisero di percorrere le sue
interiora.
«Tutto
okay? Non hai mangiato nulla stasera?»
Mikey
si teneva la fronte con una mano e non rispose, eludendo la domanda.
Alicia, come gettò un altro sguardo verso i liquidi
sull'erba, ebbe
anche lei lo stimolo del vomito ed unì a quelli anche il
contenuto
alcolico e calorico del suo stomaco. Quei filamenti verde scuro che
si notavano non erano altro che verdura precotta. E quella poltiglia
marroncina erano le alette di pollo. Si rialzò e
frugò nelle sue
tasche per cercare un fazzoletto per pulirsi la bocca ora acida oltre
che etilica.
«Ora
ho dato anche io il mio contributo alla concimazione del guardino di
Lindsey.»
La
ragazza rise e prese per mano Mikey, trascinandolo di nuovo
all'interno per continuare a ballare e ad urlare con tutti gli altri
ragazzi.
«Ali
è quasi l'alba, dobbiamo tornare.»
Erano
le quattro del mattino e la villa dei Ballato iniziava a svuotarsi.
Mano a mano che la gente se ne andava, sudata e barcollante, si
notava sempre più lo stato pietoso in cui era ridotta
l'abitazione.
Bicchieri, liquidi vari e mozziconi di sigarette erano sparsi ovunque
e i mobili erano stati spostati verso le pareti. Alicia stava seduta
sul pavimento dell'ingresso, con la schiena rivolta verso il muro e
la testa appoggiata al petto di Mikey, che la sorreggeva con le sue
braccia esili. Non stava dormendo, stava semplicemente in silenzio
immersa nei tipici pensieri pseudofilosofici
post-serataalcol&marijuana&vaffanculoilresto che una
volta
sobri o non si ricordano o non ci si riesce a trovare un senso
logico. Con un respiro profondo si preparò ad affrontare la
faticosa
mossa del rimettersi in piedi senza cadere giù di nuovo.
«Ali
stai bene? Perché non parli?»
«Sì,
è tutto a posto. Devo dormirci su.»
«Domani
mezza scuola sarà a pezzi, noi compresi.»
«Ma
se saltiamo? Io non me la sento.»
«Di
nuovo?! Se ci beccano siamo nei guai, non ci conviene saltare troppe
lezioni di seguito.»
«Quando
tra poche ore dovrai alzarti non la penserai così.»
«Lo
so, però...»
«Dai!
Alla fine ieri abbiamo saltato solo un'ora.»
«Mhm,
okay. Però poi basta altrimenti davvero sono
cazzi.»
«Non
ci reggiamo neanche in piedi tra un po', ti sembra il caso di andare
a scuola?»
Dopo
una breve risatina, Alicia diventò all'improvviso di nuovo
seria e
si fermò sul marciapiede. La strada era buia e deserta e il
freddo
si era impossessato dell'atmosfera.
«Ora
che c'è?»
«Mikey,
io... Prima stavo pensando che ti voglio bene.»
«Anche
io ti voglio bene, sei la mia migliore amica.»
Alicia
alzò lo sguardo tremolante a causa del suo stato e dopo
qualche
secondo di riflessione gettò le braccia intorno al collo del
ragazzo
e premette le labbra sulle sue. Era da un bel pezzo ormai che sentiva
di non provare solo semplice amicizia verso il suo migliore amico e
quella sera il suo autocontrollo era praticamente a livelli
bassissimi quindi l'istinto aveva avuto la meglio e l'aveva fatto.
Aveva baciato Mikey. Di notte, per strada, ubriaca.
«Non
dovevo farlo. Ora la nostra amicizia è rovinata.»
Si
era scansata appena al cervello era arrivato lo stimolo di
ciò che
stava facendo, dopo una decina di secondi passati con le labbra
immobili e pressate insieme a quelle di Mikey. Ed ora aveva abbassato
lo sguardo, arrabbiata con sé stessa per essersi lasciata
andare
così facilmente e non essere riuscita a controllarsi. Si era
ripromessa tantissime volte di rimanere abbastanza lucida per non
trovarsi poi in situazioni simili quasi inconsciamente.
«No.
Non sono arrabbiato. Cioè... Vieni qua.»
Mikey
la strinse forte a sé, per niente dispiaciuto di
ciò che era
successo. Quel bacio era stato il fattore che aveva fatto scattare
qualcosa nel suo cervello che gli aveva fatto capire che lui aveva
sempre visto Alicia con occhi diversi da quelli di un amico. Tuttavia
non aveva mai elaborato consciamente il concetto, né ci
aveva mai
pensato seriamente. Si trattava di una sentimento ben nascosto sotto
centinaia di altri pensieri, dimenticato prima ancora di essere
elaborato e bisognoso di una scintilla che accendesse la miccia
necessaria per riportarlo a galla. Ora il processo era scattato e
quel sentimento represso aveva iniziato a monopolizzargli la mente e
il cuore.
«Ali,
vuoi restare da me stanotte?»
Dopo più
di un mese ce l'ho fatta ad aggiornare. Come avevo annunciato sulla mia
pagina
facebook questo sarebbe stato un capitolo denso di
avvenimenti e lungo, spero vi sia piaciuto :3 una recensione per farmi
sapere che ne pensate è d'obbligo lol <3
Ringrazio foolshaded
per il betaggio, i consigli e il supporto e tutti quelli che seguono la
storia.
A presto!
xoxo
dryvenom
|
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Capitolo 3 *** 3- The end of the beginning ***
Alicia
aveva dormito a casa di Mikey quella notte. Mikey all'inizio aveva
tentato di rimanere sveglio e di riflettere sugli ultimi avvenimenti
ma il sonno etilico non aveva tardato a prevalere sulla sua
volontà
già intorpidita. I genitori dei due ragazzi fortunatamente
non si
erano accorti di nulla e quando il sole sorse dietro quella coltre di
nebbia tutto era ancora calmo. Chi doveva andare al lavoro si
preparava ed usciva senza sospettare nulla mentre Mikey ed Alicia
continuavano a dormire, quando invece dovevano trovarsi in qualche
aula del liceo a seguire una noiosa lezione su un qualche argomento
altrettanto soporifero.
Era
mattino inoltrato quando Alicia si svegliò. Mikey dormiva
ancora,
raggomitolato sotto le coperte. Lei gli si strinse vicino, avvolta
dal tepore dei loro corpi, e affondò la faccia nel cuscino
chiudendo
di nuovo gli occhi incrostati di trucco. Sentiva le tempie pulsare e
percepiva il gonfiore sotto gli occhi. Avrebbe voluto riaddormentarsi
e svegliarsi quando tutti quei sintomi sarebbero passati,
così da
poterlo chiamare davvero sonno ristoratore. Il ricordo del bacio
ancora le monopolizzava la mente e sembrava non essere capace di
formulare qualsiasi altra fantasia o pensiero. Quando anche Mikey si
sarebbe svegliato avrebbe dovuto affrontarlo e chiarirsi. Che cosa
gli avrebbe detto? In quelle condizioni poi era poco adatta a
presentarsi come la migliore amica che in realtà
è innamorata di
lui. Più che altro sarebbe apparsa come la spasimante senza
speranze
che quasi supplica l'amato di degnarla di qualche attenzione. Lei
ormai era riuscita a formulare la sua opinione nei confronti di
Mikey, accettando e riconoscendo che le piaceva, che voleva andare
oltre l'amicizia, che la attirava e che avrebbe voluto tanto potersi
sentire libera di dimostrargli i suoi sentimenti baciandolo tutte le
volte che voleva e soprattutto desiderava che anche lui ricambiasse
quell'emozione. Rifletté sul fatto che la notte precedente
non
l'aveva respinta, anzi, l'aveva abbracciata e le aveva proposto di
dormire insieme. Vista dall'esterno quella situazione poteva essere
colta come un invito implicito per sfruttare l'occasione ma quando
erano arrivati a casa di lui e si erano infilati ancora mezzi vestiti
nello stesso letto Mikey non l'aveva neanche toccata. La maggior
parte dei ragazzi non si sarebbe comportata così. Alicia
però non
riusciva a catalogare questo suo comportamento. Non aveva fatto nulla
perché non voleva e non provava nulla per lei o
perché
semplicemente non era il tipo di ragazzo che pensa solo a fare sesso
quando gli si presenta l'occasione? L'esperienza e la conoscenza di
lui che aveva acquisito in tutti quegli anni di profonda amicizia le
suggerivano di optare per la seconda ipotesi, ma il dubbio non voleva
smettere di tormentarla con le mille domande e indecisioni che
implicava. E se non l'aveva respinta dopo il bacio perché
non era
abbastanza lucido da farlo? O perché si era reso conto che
lei non
era lucida quindi l'aveva lasciata fare e poi l'aveva abbracciata per
rassicurarla e farla tornare in qualche modo in sé? Tutti
questi
interrogativi giravano a turno nella testa di Alicia ritornando ad
intervalli regolari uno dopo l'altro come se si trovassero in fila
indiana nei meandri del suo cervello. Inoltre la presenza del
protagonista delle sue elucubrazioni lì a fianco a lei sotto
le
stesse coperte le faceva fremere le labbra e tutto il corpo. Aveva
una voglia logorante di stringerlo e baciarlo di nuovo. Si
meravigliò
di desiderarlo così ardentemente e all'improvviso dato che
prima del
bacio sebbene sapesse inconsciamente che lui le piaceva non ne era
mai stata condizionata a tal punto. Chiunque diceva che i baci sono
come l'acqua salata che più ne bevi più hai sete
aveva
sfacciatamente ragione evidentemente. Persa com'era nella sua stessa
testa, Alicia non si era accorta subito che Mikey si era svegliato e
la stava guardando in silenzio. Sentì un'ondata di calore
misto a
gelo propagarsi dal suo petto verso le membra ma poi pensò
razionalmente che Mikey era il suo migliore amico e si conoscevano da
un bel po' di tempo, quindi alla fine non aveva nulla da temere. A
parte il fatto di essere rifiutata. Ma tanto valeva giocare
finché
si era in gara. Vedere il ragazzo sveglio le aveva fatto mettere da
parte almeno per quel momento gran parte dei suoi pensieri. Alla fine
la parte peggiore che fa crescere le nostre preoccupazioni è
sempre
l'attesa, quando arriva il momento tanto temuto del confronto spesso
ci rendiamo conto che tutte quelle ansie e quelle paure erano
largamente infondate.
«Ciao.»
Mikey
le sorrise, aprendo di più gli occhi leggermente arrossati.
«Mikey
dobbiamo parlare, cioè, ieri...»
«Ali,
ancora con questa storia?»
Le
sorrise di nuovo.
«Sì!
Ho fatto un po' una cazzata...»
Il
ragazzo si alzò mettendosi a gambe incrociate sul letto,
rivolto
verso Alicia e con i capelli biondi arruffati.
«Vuoi
sapere che ne penso? Penso che sei stata più coraggiosa di
me a fare
il primo passo e che ho capito che anche tu mi piaci. E basta far
finta che non è così anche per te
perché hai paura delle
conseguenze, non è da te. Ah, e penso anche che la prossima
volta
non so se ti seguo a questi festini dato che ora vorrei solo tornare
a dormire e svegliarmi direttamente domani e che è meglio se
ci
andiamo a lavare che è tardi.»
Mikey
aveva detto tutto quasi di un fiato ed assumendo un'espressione
scherzosamente solenne per allentare la tensione. Gli si erano
arrossate le guance ed aveva lasciato Alicia senza parole ma con un
sorriso complice sulle labbra che si avvicinavano sempre più
a
quelle di lui. I loro visi si incontrarono a metà strada e
dopo un
attimo di riflessione e uno scambio di sguardi languidi nel momento
in cui i loro nasi si toccarono annullarono anche la distanza tra le
labbra.
Mikey
aspettava che anche Alicia tornasse dal bagno disteso sul letto
ancora sfatto. Sentiva la gola solleticargli, molto probabilmente era
stato il freddo preso durante la notte. Quando Alicia
rientrò in
camera era di nuovo pettinata e truccata come sempre, non sembrava
reduce da un festino devastante.
«Andiamo
a fare colazione?»
«Mhm.»
Mikey
scosse la testa ma la seguì comunque al piano di sotto. Si
sedette
al tavolo guardandola mentre metteva a fare il caffè e
mangiucchiava
dei biscotti. Pensandoci, anche lui aveva voglia di caffè.
Senza
zucchero, macchiato. Quindi prese una tazza anche per lui. Il
rapporto tra i due non sembrava essere cambiato drasticamente,
durante tutta la colazione si comportarono esattamente come prima di
quella serie di eventi che li aveva portati a stare insieme, o
qualcosa del genere. Mikey lavò la sua tazza così
da farne rimanere
quattro nel lavandino con quella di Alicia. Quella di curare tutti i
dettagli della sua colazione era una vera e propria ossessione per
lui. Anzi, la sua vera ossessione principale era quella del cibo.
Anche Alicia aveva un'ossessione simile, ma lei si limitava
semplicemente a mangiare lo stretto indispensabile durante i pasti
principali. Si privava solo degli spuntini e dei pasti che poteva
facilmente saltare.
Salirono
di nuovo in camera parlando tranquillamente, ogni ansia era evaporata
del tutto. Mikey ogni tanto tossiva o si soffiava il naso. Era
diventato ormai evidente che tutti quegli sbalzi di temperatura che
aveva sopportato la notte precedente, quando era uscito e rientrato
in casa passando dal clima quasi tropicale della sala da ballo al
gelo notturno ed autunnale e viceversa tutto sudato e senza giacca,
avevano portato a delle conseguenze facilmente immaginabili.
Il
rumore metallico ed improvviso di una chiave che girava nella
serratura del portone fece tenere il fiato sospeso a Mikey ed Alicia.
Se li avessero sorpresi a saltare la scuola sarebbero incappati in un
bel guaio. I genitori di Mikey erano alquanto intransigenti per
quanto riguardava queste faccende. Uno sguardo guizzò tra i
due
ragazzi nei pochi attimi in cui la porta ruotò sui cardini
per poi
aprirsi e far entrare l'individuo che aveva girato la chiave nella
serratura.
«Uh,
ciao.»
Gerard
comparve sull'uscio e appena vide Mikey ed Alicia in piedi nella
cucina che lo guardavano con gli occhi spalancati assunse
un'espressione che di certo non nascondeva una certa sorpresa.
«Gerard
sei tu! Cazzo ci hai fatto quasi prendere un infarto!»
«Come
mai a casa? Avete saltato la scuola?»
Gerard
si versò quel che restava del caffè in una tazza
mentre attendeva
la risposta del fratello, ma non sembrava curarsene più di
tanto.
Alicia invece rimaneva in disparte, appoggiata al frigorifero e non
sapendo cosa dire. Non era mai stata molto in confidenza con Gerard
perché tutte le volte che era stata a casa loro lo aveva
incrociato
solo rare volte dato che sembrava passasse la maggior parte del tempo
che stava a casa chiuso in camera.
«Ehm...
Sì.»
«Dai
tanto non lo dico a mamma e a papà, figurati.»
«Tu
invece che fai già qua?»
«Mikey,
oggi è giovedì e io il giovedì non
vado a scuola.»
Gerard
lanciò un'ultima occhiata sentenziosa al fratello e un'altra
veloce
ad Alicia prima di salire nella sua stanza mentre componeva un numero
sul cellulare.
«Oh
Mikey, sicuro che non lo dirà a nessuno?»
«Sì,
di Gerard possiamo fidarci Ali. Comunque, ti accompagno a casa che
tra un'oretta tornano i miei, okay?»
«Okay!»
Mikey
le si avvicinò passandole le braccia intorno alla vita e
appoggiando
la testa sulla sua spalla.
«Sai,
quando stamattina mi sono svegliato ho sentito come se un vuoto
dentro di me che neanche sapevo esistesse si fosse riempito.»
Quando
Mikey rientrò in casa dopo essere andato a riaccompagnare
Alicia, ci
trovò la madre che preparava il pranzo, come sempre. Quando
era
uscito aveva portato con sé lo zaino così non
avrebbe destato
sospetti. Salutò e salì in camera sua. La porta
era socchiusa e
quando aprì la porta vide che il fratello stava sdraiato sul
suo
letto a leggere un fumetto che aveva lasciato sul comodino.
«Gee
che ci fai qua? Perché oggi ti trovo ovunque?»
Quello
posò il fumetto e si sedette sul letto guardando il fratello
con
aria seria. Già quegli occhi davano un brutto presentimento
a Mikey
e la frase che pronunciò dopo confermò tutto.
«Mikey
chiudi la porta, dobbiamo parlare.»
Tipica
frase che ti fa accelerare il cuore e passare in rassegna tutto
quello che hai fatto per vedere dove hai sbagliato.
«È
per oggi?»
«No,
quella è una cazzata. Riguarda te. È da un po'
che volevo dirtelo e
oggi vedendo Alicia ho avuto la conferma dei miei pensieri. Mikey,
che problema hai? Perché sei così magro? Quella
ragazza è più in
carne di te, ed è lo stesso magrissima. Ma lei è
una ragazza, è
normale che abbia un fisico più sfilato. Ma tu... Okay che
sei
mingherlino di natura, ma c'è qualcosa che non va.»
Quelle
parole colpirono Mikey in pieno petto e si sentì affondare
come una
nave colpita da una cannonata. Nemmeno lui stesso aveva mai visto il
suo problema, così l'aveva chiamato Gerard, con quegli occhi
e così
direttamente. Per lui era sempre stato parte di lui e delle sue
giornate, della sua vita. Quella del cibo e delle dita in gola era
diventata un'abitudine radicata profondamente in lui come per
un'altra persona potrebbe esserla leggere sempre prima di mettersi a
dormire o fare ginnastica tutti i giorni. Mikey non rispose ma
guardò
Gerard con gli occhi fissi dovunque sulla sua faccia ma non negli
occhi verdi. Le palpebre erano pietrificate e sentiva le gote
diventargli calde per il modo in cui con poche parole era stato messo
a nudo.
«Guarda
che ho notato che dopo aver mangiato quel poco che mangi ogni volta
ti chiudi sempre in bagno. Lo so che vomiti tutto. Ti stai lasciando
morire così, cazzo! È una malattia, tu soffri di
bulimia, di
anoressia... Hai un disordine alimentare. Non puoi non mangiare, stai
diventando sempre più debole. Non capisco come mamma e
papà non se
ne siano ancora accorti, però io lo vedo e non posso fare
finta di
niente. Sei mio fratello, siamo cresciuti insieme, da piccoli eravamo
sempre noi contro tutti. Voglio aiutarti a superare tutto,
però devi
capire che stai sbagliando, che facendo quello che fai ti rovini
solamente. Perché lo fai?»
«Gee...
Io non...»
«Non
negare! Lo sai anche tu che è vero quello che ti sto
dicendo!»
«Non
lo so perché lo faccio cazzo! So solo che è da
sempre così e che
ho sempre questa maledetta carne sui fianchi...»
Stava
piangendo. Mentre veniva travolto da quel fiume di parole pronunciate
con rabbia e disperazione dal fratello aveva ceduto al groppo che gli
si era formato in gola ed ora riusciva a parlare a stento tra i
singhiozzi. Era vero, nel profondo del suo cervello sapeva che Gerard
aveva ragione, che la sua era una malattia, che stava sbagliando, ma
l'istinto e la parte prevalente della sua volontà
insistevano per
convincerlo a continuare su quella strada fatta di autodistruzione in
cui ogni segnale di allerta veniva messo a tacere. Lui voleva
uscirne, ma non ci riusciva. Sapeva di non essere grasso ma si vedeva
pieno di rotondità indesiderate. Era intrappolato in una
specie di
circolo vizioso e l'unico modo per guarire dal male invisibile che lo
mangiava e lo sfibrava dall'interno del suo stesso cranio gli
sembrava essere una lobotomia, almeno avrebbe smesso di pensare e di
ragionare.
«Non
è vero, lo vuoi capire?! È tutto nella tua testa,
il problema è
nella tua testa!»
Gerard
gli strinse le braccia con le mani fissandogli il torace, la bocca
tremante. Non aveva la forza di guardarlo in quegli occhi che sentiva
racchiudevano tutta la paura e la sensazione di essere perso in
qualcosa di più grande di lui.
«Mikey,
ti aiuterò io. Ne usciremo insieme. Non dirò
niente a nessuno, mi
prenderò cura personalmente di te. Già mi sono
informato su dei
centri di riabilitazione. Potrai seguire dei corsi pomeridiani di
qualche ora insieme ad altri con il tuo stesso problema, ci
sarà uno
psicologo a seguirti. E a casa ci sarò io. Capito? Va
bene?»
La
voce di Gerard seppur dolce e rassicurante non lasciava spazio a
nessun rifiuto. Mikey avrebbe dovuto seguire un corso di
riabilitazione e andare in terapia da uno psicologo, era per il suo
bene.
«S-sì,
però io... Non lo so, non ce la faccio, ormai sono fatto
così, non
posso farci niente!»
«Non
è vero, ne uscirai. Guarirai. Te lo assicuro, devi crederci!
Lunedì
inizi le sedute e gli incontri. A mamma e papà dirai che
esci, vai a
studiare da Alicia, roba così. Però devi andarci.
Me lo prometti?»
Alicia.
Nonostante fosse la migliore amica e la neofidanzata di Mikey, non
sapeva dei reali problemi del ragazzo. Cosa le avrebbe detto? Mikey
si vergognava di avere certi problemi così stupidi ma allo
stesso
momento così vitali. Soprattutto si vergognava di
ammetterli, di
mettere a nudo una parte così intima e perversa del suo
essere.
«Sì...»
«Mi
prometti che mangerai e la smetterai di procurarti il vomito? Ti
prego.»
«Sì,
te lo prometto...»
«Ora
che scendiamo per il pranzo devi mangiare tutto. Anche poco, ma
tutto. E dopo non ti lascerò andare in bagno.
Chiaro?»
Mikey
annuì con un cenno della testa mentre cercava di trattenere
i
singhiozzi e di sistemarsi così da non far vedere ai suoi
genitori
che aveva pianto. Gerard gli passò un braccio sulle spalle e
si
stupì di sentirle così magre, più
magre di quanto avesse
immaginato fossero sotto quei vestiti.
---
Eccomi,
ci sono! Ultimamente tra un aggiornamento e l'altro passa sempre
tantissimo, mi dispiace ma tra scuola, poca ispirazione e altro non
ci riesco a pubblicare con più frequenza
ç_ç
È
un periodo un po' boh in quanto ad ispirazione, però adesso
pare che
mi sto sbloccando... Boh '-'
Non
vi dimenticate di meeeeee ;-;
Ah,
e mi sto anche appassionando alla musica underground italiana, prima
conoscevo ed apprezzavo solo Le Luci Della Centrale Elettrica e i
TARM però adesso sto approfondendo anche altri gruppi come
Il Teatro
Degli Orrori, Ministri ecc òuò
Vabbè,
la smetto con queste cose personali x'
Spero
vi sia piaciuto il capitolo... Mikey e Alicia si sono chiariti e
stanno insieme e Gerard ha “scoperto” il problema
del fratello
che adesso dovrà iniziare la riabilitazione! A breve
farà il suo
ingresso nella storia anche Frank e allora... ZANZAN! u.u
Per
chi mi volesse seguire su LiveJournal, ho da poco sistemato il mio
blog e ci ho pubblicato tutte le storie che ho su efp e inoltre ci
sono altre inedite, lavori di digital art (?) ecc... Tutto qui:
dry-venom.livejournal.com
Grazie
per continuare a seguire e recensire le mie storie! ♪
dryvenom
|
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Capitolo 4 *** 4- I will never let you go ***
Mikey
camminava controvento diretto a casa di Alicia. Il vento freddo gli
sferzava le guance e sentiva la pienezza del suo stomaco che aveva
fuggito per tanto tempo. Gerard aveva acconsentito a lasciarlo
andare da solo dopo averlo tenuto sotto controllo per più di
due ore
dopo il pranzo, quindi non aveva potuto rivomitare il cibo e
nonostante ormai fosse in fase di digestione inoltrata sentiva ancora
ogni singolo boccone che aveva ingerito fermo lì alla bocca
dello
stomaco. Non sapeva se parlare subito ad Alicia del suo problema o se
dirglielo direttamente lunedì, quando avrebbe cominciato la
terapia
ed i colloqui con lo psicologo ed il gruppo di sostegno. Aveva come
l'impressione di star correndo troppo ed improvvisamente, dopo un
periodo di stasi. Fino al giorno prima la sua vita era
pressoché
piatta ma dalla sera precedente tutto stava cambiando senza sosta:
prima il bacio con Alicia, poi Gerard che aveva scoperto il suo
segreto e poi il corso di riabilitazione che avrebbe dovuto seguire.
Forse quella era la parte che lo spaventava di più; avrebbe
dovuto
confrontarsi con altre persone e parlare con loro delle sue abitudini
più intime. Però dopotutto era anche speranzoso:
forse tutti quei
cambiamenti lo avrebbero portato a vivere una vita normale, ad essere
felice. In tutto quel tempo che aveva trascorso sulla terra da quando
era nato non lo era mai stato davvero. Non c'era mai stata una volta
in cui si era svegliato contento di iniziare una nuova giornata e poi
si era addormentato felice di quello che aveva fatto, oppure che
facesse qualcosa con la mente libera da ogni preoccupazione e
pensiero, completamente serena e concentrata solo su quello che stava
facendo. E se pure c'erano state, non se le ricordava, e questo era
tutto dire. Ma già da quando aveva baciato Alicia si era
accorto che
una parte del vuoto che sentiva costantemente all'interno del suo
petto si era colmato. Forse l'unica medicina di cui aveva bisogno era
l'amore, avere qualcuno che lo amasse e con cui non doveva indossare
nessuna maschera.
Arrivò
a casa di Alicia dopo pochi minuti. Sapeva che a quell'ora la madre
era al lavoro e che la ragazza era sola in casa quindi non si
preoccupò di bussare ma aprì direttamente la
porta con le chiavi di
riserva nascoste dietro il vaso dell'ingresso. Frequentava Alicia da
così tanto tempo che si sentiva quasi parte della sua
famiglia
poiché ormai ne conosceva tutte le abitudini, anche se aveva
parlato
poche volte con la madre dato che era sempre fuori per lavoro.
«Ali,
sono io.»
«Vieni,
sto in cucina.»
Alicia
lo aspettava appollaiata su una sedia mangiando patatine ed
ascoltando la musica. Allungò il collo per dargli un bacio a
stampo
che sapeva di sale. Mikey si sedette vicino a lei e prese una delle
auricolari del walkman.
«Oh,
Bowie!»
«Ah-ah.
Oh senti, oggi che facciamo?»
«Io...
Dovrei dirti una cosa. Almeno mi tolgo subito questo peso. È
alquanto imbarazzante però devi saperlo anche
perché da lunedì mi
serve una copertura per... Insomma, credo di... Io soffro di
anoressia e di bulimia e... È tutto un grande
casino.»
«Mikey...
Cazzo e non me ne sono mai accorta.»
Alicia
si tolse le auricolari e strinse le braccia del ragazzo con lo
sguardo basso davanti a lei, con la nuova consapevolezza che erano
così magre perché aveva un disturbo alimentare e
non perché quella
era la sua naturale costituzione. Lo guardò con il dolore
negli
occhi e sfiorandogli una guancia. Mikey da parte sua stava lottando
contro quel fastidioso groppo alla gola per non scoppiare in un
pianto disperato e avrebbe voluto essere inghiottito dalla terra in
quel preciso istante e non tornare mai più in superficie. Si
vergognava troppo di essere così vulnerabile ed esposto alle
considerazioni altrui, sebbene sapesse che né Gerard
né Alicia lo
avrebbero mai deriso o fatto star male, però comunque si
sentiva di
star deludendo le persone che gli volevano bene.
«Gerard
oggi l'ha scoperto e da lunedì inizio un corso di
riabilitazione ma
i miei non devono saperlo. Si preoccuperebbero troppo, mi vergognerei
a parlarne con loro e non voglio che lo sappiano e basta. Quindi
dovrai aiutarmi a coprirmi, okay? Mio dio, mi sento una merda. Ho dei
problemi stupidi ma non posso fare niente per combatterli!»
«Ma
che stai dicendo, non sono problemi stupidi. Vedrai che supereremo
insieme anche questo. Non ti lascerò, capito? Siamo stati
insieme
per tanto tempo e sei parte di me ormai.»
Intanto
Mikey aveva ceduto e le lacrime gli rigavano il volto come facevano
sempre più spesso negli ultimi tempi. Alicia si
alzò dalla sedia e
gli andò vicino per abbracciarlo e fargli affondare la
faccia nella
sua spalla.
Lunedì
era arrivato fin troppo presto per Mikey. Nei giorni precedenti aveva
pensato ogni singolo istante a quei maledetti incontri che avrebbe
dovuto seguire per uscire dalla sua malattia. Gerard non l'aveva
perso di vista un attimo ed erano ormai quattro giorni che non si
procurava il vomito e lasciava che il cibo ingerito si trasformasse
in energia. Aveva visto Alicia tutti i giorni, ancora più
assiduamente di prima. Di solito la domenica non si vedevano ma
passavano la giornata a studiare ognuno per conto proprio. Quella
volta invece Alicia si era presentata a casa sua subito dopo pranzo
con i suoi libri in una borsa per studiare insieme. Ed ora mancava
meno di un'ora all'appuntamento col gruppo di riabilitazione. Secondo
quanto gli aveva detto Gerard sarebbe andato tre volte la settimana a
quegli incontri e una volta la settimana avrebbe avuto un colloquio
singolo con lo psicologo che presiedeva le sedute. Alicia lo avrebbe
accompagnato ogni volta che poteva e lo avrebbe aspettato fuori
nell'oretta che avrebbe passato a confrontarsi con altri con il suo
stesso problema. Infatti, puntuale come non mai, era arrivata a casa
Way precisamente mezz'ora prima dell'appuntamento per prendere Mikey
ed accompagnarlo nel centro giovanile che offriva quel servizio. Si
trattava di un edificio adiacente alla loro scuola che non avrebbero
fatto fatica a raggiungere.
«Stai
tranquillo, okay? Tutti saranno esattamente sullo stesso piano tuo,
non devi preoccuparti di essere giudicato o altro. Ti prego Mikey,
solo così potrai guarire. Devi cacciare fuori i tuoi
problemi ed
affrontarli.»
Gerard
aveva voluto parlare con il fratello in privato prima di lasciarlo ad
Alicia. Mikey si era limitato ad annuire in silenzio e poi aveva
raggiunto la fidanzata al piano di sotto per andare incontro al suo
destino. Dopo un quarto d'ora stavano contemplando la facciata grigia
dell'edificio costruito con moduli prefabbricati in aggiunta alla
struttura del liceo.
«Io
ti aspetto qua fuori sui gradini, dai entra altrimenti farai tardi.
Andrà tutto bene, non ti preoccupare.»
«Spero
di non incontrare gente che conosco.»
«Mikey,
non ti preoccupare ho detto. Se anche ci saranno conoscenti saranno
esattamente come te e non potranno criticare. Stai tranquillo, entra
e basta.»
Mikey
strinse un'ultima volta la mano di Alicia intrecciata con la sua
prima di lasciarla e di entrare. Il corridoio era in penombra e delle
voci provenivano da una stanza illuminata da dei neon sulla sinistra.
Mikey la raggiunse e vide subito sulla porta gialla la scritta che
indicava che quella stanza era dedicata a “incontri di
riabilitazione – disturbi alimentari”. Venendo
aveva notato altre
porte chiuse con scritte simili: “circolo
ex-tossicodipendenti”,
“circolo sessodipendenti”, “associazione
ragazze madri
Belleville”. Si sentiva ancora di più una specie
di scarto della
società ma bussò in un impulso di coraggio alla
porta davanti a sé
e la aprì.
«Buonasera...
Ehm, sono nuovo del gruppo.»
«Oh
benvenuto! Vieni, entra, c'è posto.»
Nella
stanza di circa trenta metri quadri c'erano altri sei tra ragazze e
ragazzi ed un adulto che doveva essere lo psicologo di cui parlava
Gerard. Mikey si rilassò un poco quando vide che non
conosceva
nessuno. Si sedette su una sedia di plastica del tipo che la gente
metteva in giardino ancora libera. In un angolo c'era una pila di
almeno dieci altre sedie di plastica bianca da giardino e ogni
persona lì dentro sedeva su una sedia di quel tipo. Tutto
ciò
faceva molto circolo sociale. Gli altri pazienti o qualunque cosa
fossero erano perlopiù ragazze ma c'erano anche due ragazzi.
Tutti
avevano all'incirca la stessa età di Mikey e non sembravano
i soliti
stronzi pronti ad umiliarlo. Altro sospiro di sollievo da parte del
ragazzo. Appena si sedette, lo psicologo gli rivolse la parola. Aveva
all'incirca trent'anni e una folta chioma castana scompigliata.
«Allora,
parlaci un po' di te. Come ti chiami, quanti anni hai e che problema
hai.»
«Io
sono Mikey ed ho diciassette anni e, ehm, soffro di bulimia e di
anoressia, credo, cioè... Mi ha mandato qui mio
fratello.»
Mentre
parlava, non sapendo bene cosa dire, tutti gli altri annuivano
dicendo che anche loro avevano quei problemi e sembravano capirlo.
Appena ebbe finito si presentarono spontaneamente a loro volta,
evidentemente era una prassi che seguivano ogni volta che c'era un
nuovo arrivato.
«Io
sono Caroline, ho diciotto anni.»
«Tord,
diciassette.»
«Tiffany,
diciassette anch'io.»
«Ciao,
io sono Camille ed ho sedici anni.»
«Io
sono Frank, pure io sedici.»
«Ed
io sono Patricia, diciassette anni.»
Quando
tutti si furono presentati, venne il turno dello psicologo.
«Bene,
ed io invece solo Dan e vi seguirò nel vostro percorso di
riabilitazione, come gli altri già sanno. Allora Mikey,
probabilmente sarai un po' spaventato o ti sentirai in imbarazzo.
Buttati tutto alle spalle e stai sereno, con noi puoi parlare
liberamente di qualunque cosa ti turbi.»
«Okay...»
Alicia
aveva passato l'ora seduta su uno scalino davanti l'entrata
dell'edificio leggendo un libro e, quando Mikey finalmente
uscì dal
suo primo incontro, aveva il fondoschiena trasformato in un filetto
di carne surgelata. Insieme a lui uscirono altri ragazzi e ragazze
che chiacchieravano tra loro, in particolare Mikey stava parlando con
un ragazzo più basso di lui e dai capelli neri e
scompigliati. Anche
lui era magrissimo e la felpa larga accentuava ancor di più
questa
sua peculiarità. Mikey raggiunse subito Alicia lasciando
indietro il
suo nuovo amico, di nome Frank Iero, e le sussurrò un
“tutto bene,
per fortuna” prima di presentarla a Frank.
«Ali
questo è Frank, frequenta il corso con me. Lei è
Alicia, la mia
ragazza.»
«Ciao,
piacere! Io e Mikey abbiamo appena scoperto di ascoltare gli stessi
gruppi. Credevo di essere l'unico in questo posto sperduto a
conoscere i Black Flag!»
«Ah
wow, piacciono anche a me!»
Ad
Alicia quel Frank stava simpatico, da come parlava non sembrava
soffrisse di qualche disturbo psicologico. I tre fecero un tratto di
strada insieme prima di separarsi; Frank abitava dall'altra parte
della cittadina e doveva correre a prendere l'autobus se non voleva
rimanere a piedi. Quando finalmente furono soli – con Frank
presente nessuno aveva neanche accennato ai problemi dei due ragazzi
– Alicia fece capire a Mikey che voleva un resoconto di quel
primo
incontro.
«Siamo
in sei, quasi tutte ragazze, e niente... Abbiamo parlato dei nostri
problemi, niente di particolare. Non mi sono sentito a disagio
però
tutta questa situazione mi fa strano, non so. Sento di essere come
conteso tra due parti, una che vuole uscirne ed una che mi dice
“non
mangiare”. Anche se so che faccio male a me stesso rifiutando
il
cibo e so di non essere grasso, è più forte di
me, in qualche
angolo del mio cervello echeggia quella voce.»
«È
un percorso lungo, già il fatto che tu abbia capito di star
sbagliando è un passo avanti. Sei sulla buona strada, non
deprimerti... Sai che non ti lascerò mai andare.»
Credo
abbiate capito che ormai aggiorno una volta al mese, mio malgrado. Ed
io invece ho capito che questa storia non attira molti
lettori perché non si tratta di una frerard... almeno per
ora *coffcoff* infatti in questo capitolo entra in scena
nientemeno cheeee... mr. Frank Iero! Nei prossimi capitoli
svolgerà un ruolo sempre più fondamentale, ma non
vi anticipo niente, sappiate solo che non abbandonerò questa
storia anche se l'unica persona che lascia un segno del proprio
passaggio è la vale (foolshaded) che ringrazio
tantotantotanto,
ti voglio bene
<3 uwu
Inoltre,
per
chi mi volesse seguire su LiveJournal, ho sistemato il mio blog e ci
ho pubblicato tutte le storie che ho su efp e inoltre ci sono altre
inedite, disegni, fanart, lavori di digital art ecc... Qui:
dry-venom.livejournal.com
Grazie
per continuare a seguire e recensire (*tossisce eloquentemente* RECENSITEEE!)
le mie storie! ♪
dryvenom
|
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Capitolo 5 *** 5- How does it feel? ***
Mikey
tossì. Ultimamente gli succedeva spesso e la cosa lo
innervosiva, in
particolare quando la gola iniziava a solleticargli e a provocargli
spasmi proprio mentre si trovava nel mezzo di una seduta di
riabilitazione. Era terribilmente imbarazzante interrompere il
discorso di qualcuno in quel modo ed attirare l'attenzione su di
sé.
Inoltre quando aveva un attacco più persistente del solito e
non
riusciva quasi a respirare per gli spasmi della laringe, la faccia
gli diventava paonazza e iniziavano a lacrimargli gli occhi. Dopo
qualche settimana di fastidiosi inconvenienti di questo tipo aveva
imparato a portarsi una bottiglietta d'acqua: aveva notato che bere
qualche sorso appena iniziava a presentarsi quel fastidioso prurito
in fondo alla gola aiutava a prevenire gli attacchi. Bevve anche
quella volta un sorso e la situazione parve calmarsi, quindi
tornò a
fissare senza interesse le figure del libro di storia, nel comodo
angolino dimenticato dell'ultimo banco accanto ad Alicia. Lei, al
contrario, scriveva e scriveva per tutto il tempo della spiegazione
sul suo quaderno degli appunti. Il motto di Mikey in caso di test in
vista, infatti, era: “tanto mi faccio prestare gli appunti da
Alicia!” La ragazza era abituata ad un comportamento simile,
che si
potrebbe definire quasi approfittatore, ma concedeva di buon grado il
frutto delle ore passate ad ascoltare l'insegnante in cambio di un
concreto aiuto nelle materie in cui aveva qualche difficoltà.
Quando
la campanella suonò avvertendo gli studenti che era giunta
l'ora del
pranzo, come da copione tutti si alzarono contemporaneamente e
disordinatamente per accalcarsi lungo i corridoi diretti alla mensa.
Ogni volta che ciò accadeva, Mikey si sentiva salire una
sgradevole
sensazione d'ansia dal profondo della pancia. Da quando il suo
problema era conosciuto ad Alicia, ogni volta che si sedevano per il
pranzo si sentiva messo sotto osservazione. Non gli era permesso non
mangiare e anche Alicia, che di solito spiluccava, aveva preso a
riempire il suo vassoio e soprattutto a finirne in contenuto per dare
il buon esempio. Era quasi un mese che aveva iniziato con il corso di
riabilitazione e si sentiva più sicuro di sé e
propenso al gusto
del cibo, ma quella stupida voce dell'inconscio che cercava di
distoglierlo dai buoni propositi era sempre presente lì da
qualche
parte e ogni volta che si trovava davanti ad una tavola imbandita
doveva lottare contro quegli istinti. E questa battaglia era
stremante. Aveva bisogno di continue distrazioni e di una buona dose
di autocontrollo per non raggiungere di corsa il primo bagno libero e
infilarsi due dita in quella gola rovinata dai succhi gastrici. Solo
due volte aveva tradito ogni proposito ed in particolare la fiducia
di suo fratello e di Alicia. Ed entrambe le volte gli era sembrato di
tornare al punto di partenza, a quello strano ed offuscato periodo
grigio in cui era stato privato dalla sua stessa coscienza malata di
gran parte degli stimoli esterni per racchiudersi in un guscio
sterile ad ogni emozione. Ricordava quei giorni, neanche tanto
lontani, con un velo sugli occhi. Come aveva potuto dimenticare
Gerard, Alicia e tutte le altre cose belle che aveva intorno, per
soffermarsi su indefiniti pensieri che gli avevano riempito la mente
di rumore bianco per quasi un'estate intera? Era strano che solo
allora, con l'autunno ormai inoltrato, era riuscito a sbattere di
nuovo le palpebre e ad intravedere quella fiamma tremolante che era
la vita. Vita. Quella parola porta dietro di
sé un limpido
scorrere di acque trasparenti e cinguettii di uccelli primaverili.
Per questo è ben poco convenzionale che tale rinascita
– o
meglio, riscoperta – sia avvenuta in una stagione
meteorologicamente nebbiosa e propensa a facili piogge. La stagione
della decadenza per eccellenza. Mikey non sapeva come era potuto
piombare così a capofitto in un tale vortice di
autodistruzione
psicofisica. Cosa c'era che davvero non andava
nella sua vita?
Cosa lo aveva spinto a non mangiare più e a costruire quella
barriera trasparente ma resistente tra sé stesso ed il resto
del
mondo? Il mondo doveva avergli fatto un grave torto per meritarsi
quel trattamento, ma lui non ricordava. Non sapeva. Era accaduto
tutto così velocemente ma allo stesso tempo lentamente che
non se
n'era accorto. Ripensarci adesso, dopo che Gerard era riuscito a
farlo ragionare, dopo che Alicia aveva iniziato a sostenerlo
più
intensamente di prima, dopo che le loro mani piene di vita lo avevano
afferrato per il bavero e cacciato fuori da quell'acqua vischiosa che
lo sommergeva e da cui non riusciva mai a sollevarsi… lo
faceva
sentire un idiota. È sempre così, quando si
ripensa al passato e ci
si accorge di quante cose si sarebbero potute evitare. La cara e
vecchia coscienza del poi, onnipresente e delicata come uno schiaffo,
ti butta addosso con un secchio di latta la sua acqua rivelatrice che
– colando dal tuo viso verso il terreno sotto forma di gocce
simmetriche – ti fa sbattere le palpebre, scuotere un poco la
testa
ed infine dire: “ma come ho potuto?”.
Per
tutta la pausa pranzo Mikey ed Alicia avevano parlato delle solite
cose di cui si discute quando si mangia insieme in una mensa
scolastica, e Alicia aveva sempre lanciato sguardi fintamente
distratti al piatto del ragazzo. Lui l'aveva notato e, sebbene lo
facesse sentire un pluriomicida carcerato sempre sotto controllo, non
osava rimproverare Alicia per il suo modo di fare così
protettivo.
Lo faceva per il suo bene e lui, anche se gli doleva ammetterlo,
sapeva che se sia lei che Gerard avessero abbassato la guardia molto
probabilmente avrebbe ripreso la strada dell'astinenza dal cibo.
Quel
giorno non c'erano lezioni pomeridiane per il loro anno e la mensa
era meno gremita del solito. Dopo aver finito di mangiare il minimo
indispensabile per una sopravvivenza equilibrata, Mikey ed Alicia si
alzarono per rimettersi gli zaini sulle spalle ed uscire finalmente
da quell'edificio.
«Vieni,
andiamo da questa parte.»
«Verso
la periferia?»
Alicia
aveva preso a camminare nella direzione opposta alle loro abitazioni
e alla zona commerciale.
«Sì,
almeno non vediamo sempre le stesse facciate scolorite delle stesse
case.»
Camminarono
un po' svoltando in traverse casuali addentrandosi in quel fitto
reticolo che costituiva la zona periferica di Belleville. Il panorama
non era molto diverso dalla zona residenziale in cui abitavano loro,
tranne che per un alternarsi di capannoni, rimesse ed orticelli
più
frequente.
La
strada era semideserta a causa dell'ora e l'asfalto grigio scorreva
sotto i loro passi discreti. Giunti ad un piccolo spiazzo dal
pavimento di un'erba calpestata e ricoperta da foglie secche,
salirono sullo scivolo ricoperto di scritte e disegni osceni che
troneggiava come una scultura solitaria. La parte alta era costituita
da una casetta di legno che riparava alla bene e meglio dalle ventate
autunnali. Entrambi ci entravano a stento ma quello spazio era
abbastanza confortevole pur nella sua angustia, perché li
costringeva a stringersi come se fossero stati due gemelli nell'utero
materno. Dava una sensazione di protezione ed intimità.
Mentre
Alicia si stava ancora sistemando per bene seduta sulle tavole
polverose al fianco di Mikey, lui la colse di sorpresa baciandola
sulle labbra e facendole alzare la testa per ricambiare quel bacio
inaspettato. La sentì rilassarsi sotto quel tocco leggero ma
continuare a tenere i muscoli del collo contratti a causa della
posizione scomoda. Subito però lei si sistemò
appoggiandosi sopra a
Mikey per abbandonarsi completamente a quegli attimi intrisi di una
strana intimità. Stavano ufficialmente insieme da poco
più di un
mese e non si erano mai scambiati un bacio come quello. Forse a
frenarli era il fatto che erano stati solo amici per così
tanto
tempo che ora ribaltare di punto in bianco i ruoli li spiazzava
ancora un po' inconsciamente. Fatto sta che in quell'angolo, almeno
apparentemente lontano dal resto mondo, quell'accogliente sicurezza
che li aveva avvolti aveva fatto risvegliare in entrambi quegli
istinti passionali alla base di ogni grande amore. L'attrazione
fisica è la parte fondamentale per ogni rapporto duraturo;
se essa
manca, il sentimento che si crea tra due persone è semplice
stima.
Chiunque affermi che il vero amore è fondato su
un'affinità solo
caratteriale sbaglia. Senza la scintilla complementare della
sensualità ogni affettività, per quanto elevata,
non raggiunge mai
la totalità dell'amore. Per questo gli amici possono essere
tanti,
ma solo una persona riesce a completare la parte del nostro cuore,
sanguinante ed avara di interezza, che comincia a chiedere
l'agrodolce ambrosia dell'affetto sin dalla nascita, in cerca del
tipo che riesca a colmarla e cicatrizzarla come un balsamo
miracoloso. Tutti gli uomini nascono col bisogno di amore, gran parte
muoiono portandosi questa loro necessità in un altro mondo
con la
speranza di poterla soddisfare lì e raggiungere quella
beatitudine
tanto agognata.
La
passione saturava l'aria, qualcosa era irrimediabilmente scattato.
Anche gli ultimi veli che separavano le due anime erano stati
spostati ed entrambe le anime si erano fuse. Ora erano solo carne
contro carne. Due corpi, una sola anima. Una sola storia unita in
modo indelebile. Un patto di sangue, i cui filamenti avvolgevano
entrambi i cuori dei ragazzi e li legavano tra loro: tesi e pronti a
suonare una melodia malinconica quando sono lontani, più
allentati
nei loro nodi quando si trovano vicini, permettendo quindi ai cuori
di battere forte.
Ogni
barriera era stata definitivamente annullata con quel singolo gesto,
con la semplice e naturale unione di labbra frementi. Alicia era
scivolata in basso, quasi con la schiena completamente distesa su
quelle tavole polverose dello scivolo. Con le braccia cercava di
sorreggersi e manteneva come unico contatto fisico con il ragazzo
quel bacio. Mikey si sorreggeva a sua volta poggiando le mani sul
pavimento, vicino a quelle di Alicia ma in modo da non toccarsi.
Inquinare quel gesto puro con altri contatti fisici avrebbe diminuito
l'elettricità statica, gli unici legami dovevano essere
quelli tra
le anime, i cuori e le labbra. I simboli dell'amore più
sincero. È
incredibile ciò che può trovarsi dentro un bacio,
dentro un
oggettivo scambio di saliva. Sentimenti ed emozioni che mille parole
non potrebbero descrivere.
Mikey
si era improvvisamente ritrovato in una strana posizione che in
qualunque altro frangente sarebbe risultata alquanto scomoda. Era in
ginocchio, con un piede percepiva la presenza dei due zaini poggiati
in un angolo del piccolo rifugio, con il busto si protendeva sopra ad
Alicia a dimostrarle quanto si fidava di lei, quanto le si fosse
affezionato in quegli anni di intensa amicizia e quanto avesse capito
di amarla dal giorno del loro primo bacio.
Dopo
undici minuti in cui un lento sfregarsi di lingue aveva ridotto
l'attività cerebrale ad una linea retta e
l'attività cardiaca ad un
sismogramma, Mikey allontanò un po' il viso dopo un ultimo
schiocco
di labbra. I pensieri produssero un enorme boato, dalla durata
così
infinitesima da renderlo impercettibile ad esterni, quando
rientrarono improvvisamente nelle scatole craniche introdotti dal
breve sospiro che segue ogni bacio. Entrambi si guardarono qualche
secondo, o meglio, fissarono il vuoto con gli occhi rivolti in
direzione della bocca dell'altro. La consapevolezza di ciò
che era
successo era divenuta opprimente una volta riacquistata la
capacità
di reagire. È molto più facile abbandonarsi al
dolce dondolare
delle sensazioni piuttosto che essere trattenuti dal saperle tali. Ma
quando si razionalizzano gli impulsi si può giungere ad un
livello
ancor più coinvolgente, quindi vale la pena sopportare
quegli attimi
di smarrimento iniziali.
In
qualità di anime ormai in simbiosi, entrambi risero. Alicia
però
reagì per prima e, con una risata più forte di
quella di Mikey,
spezzò quell'atmosfera che quasi stava diventando bianco
latte per
la saturazione da sentimenti nuovi e vivi. Tutto era stato
definitivamente scoperto, esplorato, analizzato e risistemato. D'ora
in avanti ogni gesto sarebbe stato più naturale di quanto
non lo
fosse mai stato. Gli stessi sentimenti profondi si sarebbero fusi ad
una risplendente spontaneità. Non più baci densi
come quello. Solo
baci leggeri e freschi con amore sempre crescente.
Ora
sia Mikey che Alicia possedevano una frizzantezza interiore.
Lei
dopo aver riso lo baciò di nuovo e quasi furtivamente
cercò a
tentoni la chiusura dei suoi pantaloni. Mikey fu percorso da un
brivido partito dalla base della spina dorsale ma non esitò
a
slacciare anche lui i pantaloni della ragazza. L'inverno non era
ancora entrato e fortunatamente i vestiti non erano ancora
così
pesanti da creare impaccio in una situazione come quella. Entrambi
non avrebbero mai immaginato di perdere la verginità
così, a
diciassette anni, in un malandato parco giochi di periferia, dentro
uno scivolo, con polvere e terra che si infilava ovunque.
Grazie
davvero a tutti per continuare a seguire, apprezzare e recensire le
mie storie! ♪
Lo
ammetto, mi sono fatta attendere davvero troppo per questo
capitolo... Però spero che riteniate ne sia valsa la pena.
Davvero
ce l'ho messa tutta per scrivere qualcosa di più
“serio” e non
il solito elenco di fatti, situazioni e frasi fatte triti e ritriti
tipico di gran parte degli scritti “non seri”.
Cerco di sempre di
non cadere nella banalità ma con questo capitolo
(modestamente lol)
sento di aver fatto un buon lavoro e devo dire che ne sono alquanto
soddisfatta! Voglio cercare di migliorare sempre più, anche
perché
ho intenzione di buttar giù qualcosa di serio in questo anno
e poco
più che mi separa dalla maggiore età.
Perché, sì, voglio provare
a pubblicare qualcosa più in là. Ho sempre
sognato di fare la
scrittrice, anche se non a tempo pieno, e voi direte con fare anche
un po' critico “al giorno d'oggi tutti aspirano a diventare
scrittori!”. Sono perfettamente d'accordo con voi!
Però ho fiducia
in questa mia capacità. Io amo la letteratura, mi piace
leggere e
cimentarmi nella scrittura. Chissà che non possa avere anche
io
qualche possibilità? Tanto vale provare in questi
“anni zero”,
così “da grande” avrò un
altro possibile sbocco lavorativo (che
parolone!) se le Muse mi assistono! Okay meglio mettere da parte i
miei fin troppo ambiziosi progetti per il futuro che alla fine questo
non è il tempo ed il luogo per farli lol
Ma
prima di andar via, concedetemi un ultima pubblicità neanche
poi
tanto occulta:
qui
trovate il mio Flickr, qui la
mia libreria su aNobii e qui
con un
semplice mi piace alla foto potete aiutarmi a vincere un concorso a
cui tengo tanto! çwç
Grazie
ancora a tutti per i bellissimi complimenti che seppur di rado, data
la mia scarsa presenza su efp negli ultimi mesi, mi mandate ;o; ♥
dryvenom
|
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Capitolo 6 *** 6- Bring me home in a blinding dream through the secrets that I have seen ***
«Hey,
tutto bene?»
C'era
qualcosa in fondo alla sua gola. Una membrana. Una pellicola che
sembrava star per infrangersi ma non lo faceva. Non riusciva a
respirare, Mikey. C'era qualcosa in fondo alla sua gola.
«Santo
cielo, Donald!»
Una
membrana.
«Mikey,
che hai?»
Una
pellicola che sembrava star per infrangersi ma non lo faceva.
«Non
respira!»
Non
riusciva a respirare.
«Ha
qualcosa in gola? Cosa stava mangiando?»
Colpi
di tosse sforzati. L'aria non era mai abbastanza per rompere quella
bolla in gola. Mancava poco, ma era così tanto.
«Chiamate
l'ambulanza!»
Se
inspirava troppo velocemente, quella bolla gli sarebbe entrata nei
polmoni.
«Ma
non può essere che ha qualcosa in gola, stava mangiando
minestra!»
Poteva
soffocare. E non saperne il perché.
«Provo
a dargli delle pacche dietro la schiena? Funziona? Mio dio!»
La
gola pizzicava. La bolla stava salendo. Lentamente, saliva. Eccola.
La membrana stava per infrangersi. Un ultimo colpo di tosse.
Un'ultima raccolta dell'ultima aria presente nei polmoni. Momento
decisivo. Non era quella la sua morte, ma era alquanto sgradevole.
Non poter respirare. Sentirsi sospesi.
«Aah!»
Sangue.
Una bolla di sangue era esplosa sulla tovaglia azzurra di Donna Way.
Un respiro asmatico e Mikey riuscì ad inspirare nuovamente.
Aria
fresca. I polmoni erano due spugne stropicciate e faceva male
sentirli gonfiarsi. Una bolla di sangue gli si era formata nelle
viscere e un colpo di tosse l'aveva fatta salire fino in gola a
bloccargli il respiro. Sangue rosso scuro che aveva sputato in un
ultimo sforzo respiratorio. Degli schizzi rossi gli macchiavano le
labbra bianche. I denti sembravano aver addentato cacciagione cruda.
Smarrimento negli occhi di tutti. Sangue anche nella minestra.
«Mikey
stai bene? Che cos'era, oddio. Dobbiamo andare in ospedale.»
Donald
era ormai in uno stato di ansia febbrile. Nomi di malattie sentite
nominare in tempi remoti e di sfuggita gli si presentavano negli
anfratti del cervello ma senza formare parole compiute. Quegli ultimi
cinque minuti gli avevano accartocciato le budella.
«Posso
andare in bagno?»
Mikey
tremava. Voleva togliersi quella roba viscida e acre dalla bocca.
Gerard lo prese per un braccio e lo aiutò ad alzarsi.
«Mamma
faccio io. Non stategli tutti così addosso. Sta
bene.»
«Metto
in moto la macchina, andiamo al pronto soccorso.»
Donald
Way si precipitò in garage mentre la moglie, cercando di
rendersi
utile, intralciava i movimenti di Gerard.
Mikey
si sciacquò la bocca con del collutorio per cancellare quel
sapore.
Non riusciva a capire che cosa fosse successo. Sperava in una
banalità, anche se quella tosse che lo tormentava da qualche
settimana gli faceva tremare gli organi interni. Gerard al suo fianco
sembrava impassibile. Nel caos generale era diventato un automa.
«Ti
fa male qualcosa? Mica ti sei picchiato con qualcuno?»
«Mio
dio, no! Sto bene. Mi fa solo un po' male lo stomaco. Che ansia.
Mamma e papà si agitano troppo. Sarà solo la gola
graffiata dalla
tosse degli ultimi tempi. No?»
«Non
lo so. Sei debole e esposto a ogni malattia così nelle tue
condizioni.»
Mikey
espirò piano uscendo dal bagno. Era rincorso da un problema
dietro
l'altro. Alla fine doveva aspettarselo, anche se tutti pensano che
non capiterà mai nulla “proprio a me”.
Se
c'è qualcosa di più sgradevole di avere un tubo
infilato in gola è
venire a conoscenza del risultato di quelle analisi. Ulcera allo
stomaco. Mikey Way aveva lo stomaco consunto dai succhi gastrici. Le
cause erano sconosciute, forse predisposizione genetica. In questi
casi essere gli unici a sapere la verità crea imbarazzo.
“No, mi
dispiace dottore ma ha sbagliato tutto. In realtà sono
bulimico da
qualche mese e mi metto due dita in gola per vomitare quel poco che
mangio. Non c'è nessuna predisposizione. Lei è un
incompetente.”
Il modo migliore per uccidere velocemente due genitori sconvolti in
uno studio medico.
Ora
Mikey doveva ricoverarsi per tre giorni e fare altre analisi e
iniziare le cure. Quel buco che a volte sentiva nel petto alla fine
esisteva davvero: era fatto di materia organica ed era solo un po'
più giù. Da questo risultava ovvio che la
solitudine, lo
smarrimento, quel sentimento di oppressione e costrizione, quella
voglia di urlare... Tutto ciò dimorava nientemeno che nello
stomaco.
E si chiamava generalmente ulcera. Quando Mikey Way piangeva in
silenzio bagnando di lacrime il collo di Alicia e quella voragine
scura sembrava volerlo inghiottire, tutto derivava dal suo stomaco.
Richiudere quel buco forse era la soluzione per quel mal di vivere
che ogni tanto si faceva risentire. Nei libri di medicina sotto la
voce “ulcera” non compaiono informazioni simili, ma
il
ragionamento fila, no? Non sarebbe comodo, per quando ci si sente
giù
e un bacio e un abbraccio e una carezza e un orgasmo e uno sguardo
non fanno altro che condire quella strana disperazione infondata ma
pesante che ci opprime, prendere un protettore per la mucosa gastrica
e risolvere ogni problema? Così si può continuare
a vivere con lo
stomaco un po' più resistente e dentro un po' più
felici. Tutto sta
nel convincersi che curandosi un male fisico è possibile
risanare
una sensazione analoga ma invisibile.
Mikey
non ne poteva più dei suoi genitori sempre disponibili e a
fianco al
suo letto d'ospedale. Si sentiva esaminato e in imbarazzo. Quando si
hanno dei segreti non si sopporta lo sguardo di nessuno, neanche di
tua madre o di tuo padre. A volte aveva paura che gli comparissero
sulla fronte le parole “bulimico” o
“anoressico”. L'unica
persona che voleva in quel momento era la sua medicina preferita:
Alicia. Non era la cura ma un ottimo antidolorifico. Magari col tempo
togliere il dolore a piccole dosi lo avrebbe portato alla guarigione.
Odiava quel suo stato psicofisico a metà tra il nulla e il
nulla
ancora. Non sapeva dove aggrapparsi. Tra centinaia di scogli non
sapeva quale fosse quello adatto a lui e quindi rimaneva nell'oceano
freddo. C'era qualcosa che non andava ma non sapeva cosa. E di
conseguenza anche la soluzione era sconosciuta. Fin'ora l'unico passo
avanti era stato avere qualcuno con cui condividere gioie e dolori e
ogni secondo di vita. E già questo gli dava il calore
necessario per
sopravvivere in quell'acqua gelida. Ma vivere era un po' diverso. Ma
ci stava lavorando. Ci stavano lavorando.
Già da qualche
giorno iniziava a rendersi conto che il problema non era più
il suo
corpo o il cibo. Fino all'inizio della terapia di gruppo e al
supporto di Gerard in questo aspetto l'atto di rifiutare il cibo al
proprio interno era stato una specie di passatempo, di capriccio per
riempire quella sua ulcera interiore occupando i propri pensieri e il
tempo e tutto. Ora si trovava senza un hobby autodistruttivo a
portata di mano e sebbene le vecchie abitudini sono dure a morire
stava lavorando anche a questo.
Gerard
aveva detto ad Alicia che Mikey era ricoverato e lei dopo
cinquantatré minuti era lì. Si era affacciata
titubante sull'uscio
con il cappuccio verde della felpa tirato sulla testa e dentro una
gran voglia di correre fin quando non avesse toccato con le proprie
dita la pelle di Mikey e non si fosse assicurata che stava bene.
Gerard non aveva fatto parola sul perché si trovasse
lì.
Donald
e Donna salutarono Mikey per lasciarlo solo con la ragazza. Nel
frattempo sarebbero andati con Gerard a prendere qualcosa che gli
sarebbe potuta tornare utile lì in ospedale.
«Ali.»
«Che
è successo?»
«Ulcera.»
«Oddio...
Come mai?»
Mikey
ondeggiò con la testa senza rispondere, per farle capire che
era una
domanda retorica dato che la causa era facilmente immaginabile.
«Naturalmente
nessuno sa niente quindi zitta per favore. Prenderò qualche
pillola
e starò bene. Non ti preoccupare.»
«Mhm.
Stanotte posso dormire qui?»
«Non
vai a scuola domani?»
«No.»
«Sai
che mi fa piacere stare con te. Sei l'unica con cui vorrei stare
sempre. Possibilmente però non in un letto d'ospedale. Sai,
non so
se l'hai mai provato ma è scomodo, soprattutto con questa
roba
attaccata ovunque. Mi sento un puntaspilli.»
«Wooh,
cos'è questo sarcasmo? Il mio Mikey depresso che fa battute.
Stiamo
migliorando.»
Quel
pomeriggio Mikey non si era presentato alla seduta di gruppo. Era la
sua prima assenza e fu notata dagli altri ragazzi. Dopo venti minuti
si presentò al suo posto Gerard, per informarli
dell'accaduto. Tutti
conoscevano la fragile salute di chi è in condizioni simili.
Un
semplice raffreddore può complicarsi ed essere fatale.
Dissero a
Gerard che uno di questi giorni sarebbero passati a trovare il
fratello in ospedale.
«Mi
dispiace ma, vedete, i nostri genitori non sanno del suo problema.
Grazie del pensiero, ma sarebbe troppo sospetto se verreste tutti a
trovarlo.»
Quel
giorno, a causa della notizia, la seduta finì prima, poco
dopo che
Gerard ebbe lasciato la stanza. Frank lo raggiunse fuori
dall'edificio. Lui non si era accorto di essere seguito. Camminava di
spalle e stava dirigendosi verso la sua automobile. Frank non lo
chiamò. Aveva un qualcosa di romantico, il suo camminare
nella
nebbiolina autunnale di Belleville. Restò a guardarlo
ingranare la
marcia e partire mentre fumava una sigaretta. Poi si
incamminò verso
l'ospedale. L'avrebbe rivisto probabilmente lì.
Ci
mise più di un'ora a raggiungere l'ospedale e a trovare la
stanza
dove avevano sistemato Mikey. Quando arrivò lo
trovò addormentato.
Anche la ragazza allungata vicino a lui nel letto, Alicia doveva
chiamarsi, dormiva. Frank si sedette su una delle sedie che si
trovavano per il corridoio. Non c'era traccia di Gerard né
dei
genitori di Mikey. Avrebbe aspettato lì fino alla fine
dell'orario
di visita. Magari Mikey ed Alicia si sarebbero svegliati o meglio
ancora sarebbe arrivato Gerard. L'aveva visto poche volte e
praticamente non si conoscevano ma doveva ammettere che aveva
quell'irresistibile fascino da universitario sempre sulle sue che non
sa essere sgarbato con le persone a costo di soffrire lui stesso. E
tutto ciò aveva un particolare magnetismo su di lui. E di
conseguenza si sentiva strano e con una strana euforia nella mente
che però gli bloccava le membra. Continuava quasi
istintivamente a
lasciarsi passare davanti agli occhi scene di lui e Gerard e di
Gerard e lui e si sentiva maledettamente in colpa perché
invece di
preoccuparsi per la salute di Mikey faceva pensieri molto fantasiosi
su suo fratello. Forse era a causa della sua situazione instabile che
sentiva il bisogno di attaccarsi a qualcuno; comunque quella strana
infatuazione, quella specie di colpo di fulmine, c'era e lo
scombussolava e non riusciva a non pensarci. Soprattutto in quel
momento dato che stava solo con sé stesso, seduto su una
panchina di
un corridoio di ospedale e con la possibilità che l'oggetto
dei suoi
pensieri spuntasse da un momento all'altro.
E
infatti dopo pochi minuti era lì.
Camminava
verso di lui portando un borsone e appena a Frank fu possibile
riconoscere l'espressione sulla sua faccia notò che lo stava
guardando con espressione preoccupata. Gli rivenne in mente
ciò che
aveva detto quando, durante la terapia di gruppo, era entrato nella
stanza a riferire la situazione di Mikey. I genitori non sapevano e
non dovevano sapere. E i genitori dovevano essere quei due signori
che camminavano vicino a lui.
Frank
si alzò riscuotendosi un attimo dai suoi pensieri.
«Salve,
io sono Frank, un amico di scuola di Mikey. Ero venuto a trovarlo ma
sta, stanno, dormendo.»
A
quella presentazione Gerard si rilassò un poco e dopo aver
poggiato
il borsone sull'uscio della porta andò da Frank. Nel
frattempo Donna
e Donald Way avevano gentilmente salutato il ragazzo e la madre stava
svegliando Mikey ed Alicia ancora addormentati insieme. I due
genitori avevano portato anche loro delle borse con la roba di Mikey
e avevano accatastato tutto ai piedi del letto.
«Tu
sei uno dei ragazzi della...»
«Sì,
lo so che avevi detto di non venire però mi sembrava brutto,
cioè,
ultimamente avevamo stretto amicizia con Mikey e quindi ho pensato...
Poi alla fine sono venuto solo e...»
«Oh
sì tranquillo, non ho vietato niente a nessuno, ho solo
chiesto di
evitare di venire tutti insieme, sai com'è...»
Gerard
era sorridente e si sentiva in imbarazzo: Frank gli stava conferendo
troppa autorità e lui non voleva passare per una persona
sgradevole.
«Beh,
neanche i miei genitori lo sanno. Sono all'oscuro di un bel po' di
cose su di me, conosco la sensazione. Non ti preoccupare,
sarò
semplicemente un amico di scuola.»
Disse
questo, ma in realtà il significato velato delle sue parole
era “so
quello che provi, neanche i miei genitori sanno che sono bulimico e
bisessuale” ma poteva sembrare troppo spinto e sfacciato.
«Grazie
dell'aiuto. Comunque io sono Gerard, il fratello di Mikey.»
«Frank.
Mikey mi ha parlato spesso di te.»
I
soliti convenevoli.
«Gerard!
Frank! Hey, entrate!»
Mikey
ed Alicia ora erano svegli e si erano staccati. Alicia era andata in
bagno a sistemarsi. Donald e Donna erano usciti per andare a
scambiare qualche parola con il medico che avrebbe seguito Mikey
durante la sua permanenza in ospedale.
«Hey
ciao, ben svegliato. Come stai? Ma che hai fatto?»
Frank
aveva notato che Mikey aveva un colorito più pallido del
solito e
pensandoci ancora nessuno gli aveva detto per quale motivo era stato
ricoverato.
«Eh...
Ulcera allo stomaco.»
Per
uno che soffriva anch'egli di bulimia non fu difficile capirne la
causa e non disse niente. Inoltre l'orario di visita stava per finire
e dopo qualche minuto passato a parlare delle solite cose Gerard
accompagnò Frank all'uscita.
«Grazie
di essere venuto, a Mikey fa bene stare con qualcuno di cui si fida,
e credo proprio che tu sia uno di quelli. Ci vediamo!»
«Oh,
di niente. Ciao!»
Frank
si allontanò verso casa cercando di coprirsi come meglio
poteva con
la felpa per difendersi da quel gelido venticello serale tipico del
New Jersey. Appena sarebbe arrivato a casa si sarebbe buttato sotto
le coperte per abbandonarsi ai suoi pensieri. Magari esaurendo ogni
cosa riguardante Gerard a cui pensare gli sarebbe passata e avrebbe
potuto continuare tranquillamente a vivere con il cervello meno
indaffarato.
Sono tornata! Dopo otto mesi era ora. È
stata una vera e propria gravidanza questo capitolo lol
Beh, in realtà ce l'avevo già tutto sul pc da
agosto però mi ero completamente scordata che fosse finito e
ieri, spinta da Autumnsong, ho riaperto il file per concludere qualcosa
e - zanzan - era già completo '-' quindi ho scritto un pezzo
del capitolo successivo ma non ho idea di come si evolva la situazione
e devo rifletterci!
Spero vi piaccia :3 Buone feste (in ritardo) ;w;/
xoxo
dryvenom
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