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Buongiorno! È un po’ che non ci si vede è?
>_<
Lo ammetto sono sparita per un po’, sorry! Vi sono
mancata? (NO! Ndt: tutti XD)
Ma che brutta giornata che è oggi, prima ha fatto
un acquazzone e tuonava *gongola* era troppo tempo che non faceva un temporale
con i fiocchi e spero che continui XD
Comunque, bando alle ciance e veniamo al dunque.
Questa piccolina qui sotto, è stato uno sfogo per
la mancanza totale di Yaoi che ho avuto in questo ultimo periodo.
Dovete sapere che sto portando avanti un progetto,
sempre riguardante i GazettE, ma totalmente etero.
Ebbene si avete capito bene, mi sto cimentando di
nuovo in una etero, non è la prima volta che ne scrivo una, ma come sapete la
mia “ specializzazione “ è lo yaoiU_U
Ma di questo ne parleremo quando sarà pronta,
quindi verso il 3014 XD
“ The Devil Inside Me”
sarà di quattro piccini capitoli, ho finito di correggere proprio ora l’ultimo
così non tarderò nel postarli. (grazie Strix XD)
Il titolo mi è stato ispirato dalla loro canzone: “ MY DEVIL ON THE BED “ l’avete sentita? Splendida!
Avvertenze:
-Questa storia tratta temi omosessuali, anche se
appena accennati.
-A volte il linguaggio usato sarà volgare.
-Tutto ciò da me descritto è stato partorito dalla
mia testolina, quindi non c’è nulla di reale in quanto segue.
-I personaggi non mi appartengono, ma se volete
regalarmeli per il mio compleanno non disdegno U_U
*sbadiglia* ho detto tutto? Mi sembra proprio di
si.
Buona lettura.
The Devil Inside Me
Capitolo uno
Akira
Come
tutti i giorni, la fastidiosa sveglia suona puntuale alle sei del mattino
svegliandomi. Questo è il suo compito, ma ciò non comporta che io non la odi lo
stesso.
«
resto altri cinque minuti a letto » dico alla stanza vuota, mentre gli occhi si
chiudono senza il mio volere.
«
Akira, forza svegliati o farai tardi a scuola » mia madre mi riporta alla
realtà, ormai sa che se non fa così sarei in grado di dormire fino a
mezzogiorno e al diavolo la scuola.
«
ok mamma » dico alzandomi dal letto ancora intontito, mi stiracchio e sbadiglio
sonoramente.
Guardando
la sveglia, noto che sono le sei e trenta, come pensavo mi ha lasciato dormire
un’altra mezz’ora.
Mi
preparo in tutta fretta, vestendomi e lavandomi in meno di dieci minuti, però
per i capelli e il trucco me la prendo con calma; di certo non posso sfigurare
di fronte a tutta la scuola.
Prima
di uscire dal bagno do un’ultima occhiata alla mia persona, la cresta bionda
sta su come per magia e la matita nera intorno agli occhi è perfetta.
Mi
porto in camera dove prendo la boccetta del mio profumo, lo spruzzo fino a che
la stanza non ne è satura, ogni volta mi intossico da solo e Kouyou non perderà
occasione per dirmi che puzzo come una troia; sorrido al pensiero.
Scendo
di corsa le scale, afferrando al volo la cartella che mia madre ha preparato
per me, la amo.
«
non fai colazione nemmeno oggi? » mi chiede lei, non appena mi vede spuntare in
cucina.
«
vado di corsa mamma scusa, Kouyou mi starà aspettando » dico infilandomi un po’
di riso in bocca.
La
vedo sorridere e avvicinarsi a me « aspetta che ti sistemo la cravatta » non
sono mai stato bravo a legarla.
Vorrei
dirgli di lasciarla stare così, che tanto appena sarò abbastanza lontano da
casa la toglierò; non la sopporto e ormai a scuola lo sanno tutti anche i muri
che non la porto, persino i professori si sono rassegnati a vedermi senza.
«
ti amo mamma » le dico e come ogni volta che pronuncio queste parole, i suoi
occhi si fanno umidi dall’emozione.
«
anche io Aki, tanto »
Le
metto una mano sulla testa scompigliandogli i lunghi capelli neri, vederla così
piccola e fragile mi intenerisce sempre. Sapere ciò che ha dovuto subire in
passato, quando io ero ancora piccolo, al contrario mi fa ribollire il sangue.
Non
mi importa che mio padre mi picchiasse, che un giorno, tornato ubriaco da
lavoro, mi abbia spezzato il braccio sinistro solo perché volevo giocare con
lui; non mi importa che ancora adesso mi sveglio nel cuore della notte sudato e
con il cuore a mille per averlo sognato, io posso sopportarlo. Ma ciò che
invece mi fa male più di ogni altra cosa, è ricordare le urla di mia madre
quando quel bastardo la picchiava o quando, lei cercava in tutti i modi di
proteggermi dalla sua ira, o ancora, quando la stuprava.
Un
brivido percorre per intero la mia schiena, a quel tempo non capivo esattamente
cosa facesse mio padre a mia madre, ero troppo piccolo ma ora, ora so bene che
abusava di lei e se solo lo rivedessi potrei ucciderlo con le mie mani.
«
Aki, farai tardi… » dice mia madre vedendomi imbambolato.
«
si hai ragione, a dopo mamma » la saluto correndo via, questa volta Kouyou mi
ucciderà per davvero.
Arrivo
di fronte al cancello della scuola in netto ritardo, sudato e ansante dalla
corsa; tutti i ragazzi sono già entrati nell’edificio, solo uno è poggiato al
muretto di cinta.
Kouyou
sbuffa una nuvoletta di fumo grigio dalle labbra, mi porto vicino a lui e lo
vedo alzare i suoi occhi nocciola su di me.
«
sei in ritardo » mi dice annoiato.
«
scusa Kouyou » dico con un sorriso bastardo disegnato in faccia.
«
e non ridere! Ci faranno saltare la prima ora lo sai si? » anche se è l’ultima
cosa che vuole fare, non riesce a trattenersi dal ridere.
«
forse no, ma solo se ci diamo una mossa »
«
sei tremendo » mi dice, sapendo perfettamente cosa ho intenzione di fare.
La
prima ora abbiamo storia, questo vuol dire che a farci la lezione ci sarà la
Professoressa Atsuki, la quale dall’altro dei suoi quarantacinque anni, ha un
debole proprio per il sottoscritto.
«
in fin dei conti mi ha insegnato tante cose, a letto » dico ridendo, mentre
insieme al mio migliore amico corro verso l’aula.
«
sta zitto Aki! Ti ho già detto mille volte che mi fa schifo pensarti a letto
con quella! »
«
abbassa la voce, cretino » lo ammonisco guardandomi intorno e donandogli uno
schiaffo sul braccio, ridendo entriamo in classe.
Tutti
gli occhi delle persone presenti si posano su di noi, insieme a questi ce ne
sono anche un paio che non conosco.
«
a sedere, tutti e due » come pensavo la professoressa non ci lascia fuori,
anche se sarebbe ciò che andrebbe fatto; in cambio ammicco in sua direzione.
Appena
arrivo in prossimità del mio banco, mi sento chiamare proprio da lei.
«
Suzuki »
«
si? » mi volto verso di lei.
«
la cravatta » mi fa notare lei, come se non sapessi di stringerla tra le dita,
anziché portarla al collo.
«
mi soffoca » dico sensuale, mentre con le dita sbottono i primi quattro bottoni
della camicia candida che indosso, lasciando vedere in questo modo la pelle del
petto e la collana che tanto amo.
Sedendomi
sposto lo sguardo da lei al ragazzo che si trova in piedi al suo fianco, ad
attendermi trovo due occhi duri e color del ghiaccio, il colore artificiale li
fa sembrare più freddi di quanto siano in realtà, credo.
Non
sposta lo sguardo come in genere fanno tutti, al contrario lo tiene senza
difficoltà apparente, mi piace. I capelli corvini gli ricadono leggermente sul
collo, ad alleggerire tutto quel nero una ciocca color rosso fuoco; il corpo
minuto, forse anche troppo vedendo come gli và larga la divisa della scuola e
quell’aria sfacciata mi incuriosiscono non poco.
«
interessante » dico soprapensiero.
«
Rei piantala » l’ammonimento serio di Kouyou, che è seduto al banco di fianco
al mio.
«
riprendiamo da dove ci hanno interrotti i vostri compagni, dicevo, lui è
Matsumoto Takanori, si è trasferito da poco qui a Kanagawa, da oggi sarà un
vostro compagno di classe quindi, trattatelo bene » pronunciando le ultime due
parole la professoressa guarda me.
E
ti pareva, chi sa come mai, devo essere sempre io a combinare guai, tse!
Un
sorriso bastardo si disegna sul mio volto, mentre con lo sguardo seguo la
figura minuta del nuovo arrivato, dapprima inchinarsi in segno di saluto di
fronte alla classe e poi, sedersi all’unico posto libero in tutta la classe; il
banco di fronte al mio.
Poi
si dice la sfortuna, o la fortuna.
♣ ♥ ♠ ♦
Come di consueto, nell’ora di pausa per il pranzo,
una piccola folla si raduna intorno a me e Kouyou; i soliti lecca culo che
vogliono entrare nelle mie grazie e le solite troie, che vogliono entrare nel
mio letto; gli uni sicuramente più fastidiosi delle altre.
Kouyou chiacchiera gentilmente con tutti, lui è fin
troppo buono con le persone; almeno fino a quando non lo si fa incazzare sul
serio, a quel punto non vorrei per nulla al mondo, essere nei panni del
malcapitato.
« scusa Uru, ci vediamo dopo » mi alzo per
raggiungere la persona che ha catturato la mia attenzione.
Il ragazzo nuovo, quello che ha fatto finta di non
vedermi ne sentirmi per tutta la mattina, nonostante io abbia fatto di tutto
per farmi notare.
È seduto sotto un albero, la schiena è poggiata al
tronco e alle orecchie ha infilate delle cuffie, probabilmente dell’I-Pod.
Ha gli occhi chiusi, quindi non si accorge della
mia presenza fino a che, inchinandomi di fronte a lui, afferro con le dita il
sottile filo dell’auricolare strappandogliela dall’orecchio.
Solo a questo punto apre gli occhi, posando il suo
sguardo color del ghiaccio in quello nero che mi appartiene.
« che vuoi? Non hai nessuno da infastidire, o mi
hai preso di mira solo perché sono nuovo? » mi chiede freddo.
« che caratterino! E io che volevo solo darti il
benvenuto » dico alzandomi in piedi e spolverandomi i pantaloni della divisa.
Lui segue i miei movimenti in silenzio, l’unica
cosa che muove sono i suoi occhi; quegli stessi occhi che fatico a non
guardare.
Il suo volto è duro, sempre contratto in una
smorfia di rabbia.
« se vuoi restare solo non c’è problema »
sentenzio, infilandomi entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni.
« bene » sembra sorpreso dalla mia dichiarazione,
forse si aspettava che insistessi.
Ma ciò che lui non può sapere è che io non prego
nemmeno i Kami, figuriamoci un moccioso come lui.
Mi volto verso l’entrata della scuola e con passo
lento e cadenzato, mi avvio per raggiungere Kouyou.
« ‘fan culo » sibilo visibilmente incazzato.
Una volta dentro sorpasso anche Kouyou, non ho
voglia di affrontare quella mandria di ragazzini senza midollo.
« Rei aspetta! » Kou mi chiama ma io non accenno a
fermarmi.
« dove vai? » mi chiede una volta che si è portato
al mio fianco.
« ho bisogno di fumare » lo avviso e in silenzio
raggiungiamo la terrazza all’ultimo piano.
« non capisco cosa ti prende » fa lui dopo un po’.
Mi volto verso di lui « in che senso? »
« perché ti fai condizionare da quello lì » fa lui,
come se io fossi nel suo cervello e potessi capire cosa gli passi per la testa.
« spiegati » aggiungo, tanto continuerebbe lo
stesso, quindi è inutile non interagire.
« perché permetti a un ragazzino appena arrivato di
farti stare di malumore? Non so cosa ti abbia fatto, ma so che ci è riuscito in
una mattinata ».
La porta dietro di noi si apre con un tonfo, da
essa fa capolino un professore.
« voi due in classe! Subito. »
Presi com’eravamo dalla conversazione, non ci siamo
accorti del passare del tempo e non abbiamo sentito la campanella suonare.
Insieme gettiamo di sotto le sigarette, prima di
sorpassare il professore e dirigerci verso l’aula.
♣ ♥ ♠ ♦
«
Akira puoi venire un attimo qui? » mia madre mi chiama dal piano di sotto.
Stancamente
mi alzo dal letto, abbandonando su di esso il manga che tenevo in mano e scendo
le scale arrivando fino in cucina dove si trova mia madre.
«
eccomi mamma, è successo qualcosa? » le chiedo.
«
no nulla Aki, solo che mi sono dimenticata di comprare il latte. Ti andrebbe di
andarci tu? »
«
certo, mi preparo e vado » la lascio lì per andare in camera mia, non posso di
certo uscire conciato così.
Una
volta in camera sostituisco la tuta con un paio di jeans strappati sul
ginocchio e una t-shirt bianca, ora si che va bene.
Di
nuovo scendo al piano di sotto e prima di uscire, mi infilo gli anfibi ai piedi
e afferro la giacca di pelle marrone.
«
io vado mamma, a dopo! » urlo, mentre chiudo la porta di casa.
Scalciando
qualche sassolino, percorro la strada che mi separa dal negozio che è la mia
meta; dannazione a quegli occhi color ghiaccio che mi ritrovo sempre davanti,
anche prima in camera mia mentre leggevo il piccolo volume, non ho potuto fare
a meno di pensarci.
In
effetti Kouyou non ha tutti i torti, non capisco perché dovrei permettere a
quel ragazzino di condizionarmi in questo modo; ho vissuto dieciassette anni
senza conoscerlo, quindi posso andare avanti tranquillamente.
Forse
è solo l’aspetto trasgressivo ad incuriosirmi, anche perché in questi ultimi
tre anni mi sono portato a letto mezza scuola e quasi tutti, erano meglio di
lui.
D’un
tratto mi ritrovo con il culo a terra e dolorante, qualcosa o meglio, qualcuno
mi è venuto addosso; giuro che adesso lo uccido.
Ma
appena riesco a capire di chi si tratta sbuffo, è il nuovo arrivato.
«
ma si può sapere che cazzo fai? » gli chiedo in collera, non riesce nemmeno a
guardare dove va.
Appena
si alza in piedi, liberandomi in modo che possa fare lo stesso, mi accorgo del
sangue che gli esce dalle labbra e un grosso livido, il quale parte dalla
tempia sinistra per arrivare all’angolo dell’occhio.
«
ECCOLO! » tre ragazzi svoltano l’angolo correndo, penso proprio che ce
l’abbiano con lui.
Li
riconosco, sono Ueda e i suoi due scagnozzi, attacca brighe di prima categoria;
sbuffo per la situazione che si è venuta a creare.
Il
moccioso non si muove, resta fermo nella sua posizione e non lo invidio affatto
se è stato preso di mira da loro.
«
Ueda » dico quando i tre ci raggiungono.
«
Suzuki » la sua risposta.
«
qual buon vento ti porta qui? » gli chiedo mentre mi porto tra lui e il
moccioso, lui non fa una piega e resta fermo dietro di me, almeno un po’
d’intelligenza ce l’ha.
«
vogliamo lui e tu non centri nulla, quindi fatti da parte Suzuki » mi intima
lui, ma io non mi faccio di certo mettere paura da loro.
Solo
ora noto che uno dei due scagnozzi perde sangue dal naso come Matsumoto, ma per
di più ha anche il naso sanguinante; forse ho capito cos’è successo.
«
dai è nuovo, lasciatelo stare. Anche perché, non ho intenzione di farmi da
parte » dico tranquillo.
Gli
occhi di Ueda si fanno sottili, la rabbia cieca si riesce a notare ad occhio
nudo, fino a che non lo vedo annuire.
Tutti
sanno del mio pessimo carattere e di quanto sia abile nella lotta, farei fuori
tutti e tre senza fatica.
«
va bene ce ne andiamo, ma tu ragazzino sappi che non ci sarà sempre Suzuki a
pararti il culo » soffia tra i denti.
Resto
immobile e come me anche il nuovo arrivato, fino a che i tre non scompaiono
dalla nostra vista.
«
pessima scelta » sovvengo.
«
cosa » fa lui senza guardarmi, resta fisso sul punto in cui sono scomparsi Ueda
e i suoi scagnozzi.
«
arrivare qua e far incazzare Ueda »
«
non sono affari tuoi, chiaro? » la sua secca e fredda risposta.
«
prego » dico sarcastico, gli ho praticamente salvato il culo e questo è il modo
di ringraziare? Un grazie sarebbe bastato.
Senza
dargli l’opportunità di ribattere mi incammino per la mia strada, mi chiedo
ancora chi me lo abbia fatto fare; mettermi contro Ueda che è un vero scassa
cazzi quando ci si mette, per quel moccioso che non riesce nemmeno ad essere un
minimo riconoscente.
♣ ♥ ♠ ♦
Takanori
« nooo! Lasciatemi » un urlo
si alza nella notte fredda e buia.
« stai fermo, tanto lo
sappiamo che ti piace, troietta » il soffio nel suo orecchio, da parte di uno
dei tre ragazzi che lo hanno assalito.
« Vaffanculo! » soffia per poi
sputargli in faccia, un poderoso schiaffo si abbatte sulla guancia già
dolorante.
« fa il difficile è? » il
ragazzo alle sue spalle che lo tiene fermo, aiutato da un altro.
« a quanto pare » sorride
malefico l’altro.
« lasciatemi! » cerca di
dibattersi, di riuscire a svincolarsi dalla morsa in cui lo hanno costretto. Se
solo riuscisse a liberarsi gli farebbe vedere lui con chi hanno a che fare, ma
in quel modo non ha nessuna possibilità di riuscita.
Gli occhi gli si sbarrano
quando sente i jeans scendere verso le caviglie, l’incubo che sta vivendo
sembra non avere fine.
« AIUT- » le parole gli
vengono soffocate, da una mano che preme sulle sue labbra, in questo modo non
può attirare l’attenzione di nessuno, nessuno si accorgerà della loro presenza.
Solo, insieme ai suoi
assalitori, senza riuscire a divincolarsi né a difendersi deve soccombere alla
volontà dei tre; una lacrima e poi un’altra ancora, sgorgano dai suoi occhi.
« ti piacerà vedrai… » ringhia
il ragazzo di fronte a lui, mentre sente qualcosa spezzargli il corpo in due.
«
AAHH!! » mi sveglio nel cuore della notte, urlante e imperlato di sudore.
Nonostante
sia passato quasi un anno da quella notte, più precisamente nove mesi e dieci
giorni; ancora non riesco a dimenticare, ancora non riesco a dormire una notte
intera senza sognarli.
Intorno
a me fa da padrone il buio, una flebile luce viene prodotta dai numeri della
sveglia elettronica sul mio comodino.
Il
mio corpo trema ma ormai ci sono abituato a tutto questo, credo che non tornerò
mai più normale.
Non
riuscirò mai a parlare tranquillamente con una persone, a non guardarmi
continuamente le spalle per paura di essere aggredito. Vorrei davvero tanto
tornare il ragazzo spensierato che ero, ma so che non accadrà mai, ciò che mi è
accaduto mi ha cambiato nel profondo, troppo in profondità per essere
cancellato.
Stringo
la testa tra le mie mani, la stringo talmente forte come a volermi far uscire
il cervello dalle orecchie; non ce la faccio più a vivere in questo modo.
Non
voglio andare dallo psicologo, perché assolutamente non voglio parlare di ciò
che mi è accaduto e per avere questo, devo fingere che stia bene di fronte a
tutti, anche a casa.
Osservando
le mani riesco a vedere il sangue scarlatto che cola da esse, l’odore acre e
nauseabondo mi entra nelle narici. Stringo gli occhi per cacciare via questa
visione e quando li riapro, finalmente le mie mani sono tornate pulite.
Mi
siedo sul letto per poi alzarmi per raggiungere il bagno, una volta arrivato mi
soffermo ad osservare la mia figura riflessa, non ho per niente un bell’
aspetto e il sudore non aiuta di certo le cose.
Dovrei
morire, uccidermi, almeno in questo modo starei in pace; non sopporto più
nulla, nemmeno respirare.
Mi
sento sporco, marcio dentro. Anche se sono quella che si chiama una vittima, ciò che ho fatto non potrò mai
più cancellarlo. Non posso tornare indietro nel tempo per modificare le cose,
mi odio, odio ciò che mi è successo, odio tutto il genere umano specialmente
quello maschile.
Non
dovevo passare per quella strada, non dovevo fare lo spavaldo in quel modo, non
dovevo, punto.
A
sedici anni mi ritrovo con la vita completamente distrutta, pensare di vivere
molti anni in questa condizione mi da la nausea.
E
come ogni notte, vomito fuori tutto ciò che ho dentro, fino a che sono vuoto
come la mia anima.
Passando
di fronte allo specchio per recarmi in camera mia, mi soffermo di nuovo sulla
mia immagine pallida; sembro un fantasma.
«
assassino » soffio.
To becontinued…..
*consegna coppa di cioccolato e panna a chi
arriva in fondo al capitolo*
Allora che ne pensate?
Vorrei sapere le vostre
impressioni su ciò che pensate dei personaggi e ciò che gli è accaduto, sempre
che vi vada XD
Un grazie anticipato a tutti/e ^_^
Oggi
non vi rompo, vi lascio direttamente al capitolo ^_^
The Devil Inside Me
Capitolo due
Takanori
Faccio
il mio ingresso nella sala di musica il più silenziosamente possibile, non mi
riesce nemmeno più difficile visto che da un po’ di tempo a questa parte, vivo
la mia vita come un fantasma.
Il
bello è che, fino a che riesco ad essere invisibile agli occhi degli altri, per
me va benissimo; se nessuno si accorge della mia presenza, sono salvo.
Vado
a sedermi all’ultimo banco, quello in fondo alla classe che mi permetterà,
forse, di passare una bellissima ora in santa pace.
Oggi
fuori c’è il diluvio universale, per venire a scuola questa mattina mi sono
bagnato quasi completamente, ma ciò non mi disturba anzi.
Amo
il freddo e la pioggia, adoro starmene sdraiato sul letto nella mia stanza ad
ascoltare le intemperie; più sono forti, più il mio animo si quieta.
Seduto
al banco osservo il mondo fuori dalla finestra, tutto è così grigio e cupo che
riesco a non sentirmi solo; alcune gocce di pioggia si abbattono sul vetro
della grande finestra, per poi scivolare lentamente sulla loro superficie
liscia.
«
Ma-tsu-mo-to » qualcuno fa lo spelling del mio nome, alzo gli occhi al cielo.
Mi
volto verso la fonte di quella fastidiosa voce, pronto a mandarlo a quel paese,
però mi blocco appena vedo di chi si tratta.
«
Ueda » sibilo.
«
vedo che ti ricordi di me, bene, vedi di non scordarlo mai » fa lui pieno di
se.
«
non scordo mai i nomi degli stronzi » ribatto io, non essendo proprio capace di
tacere.
Nonostante
tutto penso che questo lato di me sia peggiorato, se mi faccio vedere forte
caratterialmente, probabilmente il mio aspetto minuto passerà in secondo piano.
I
suoi occhi si affilano, penso che se non ci trovassimo all’interno della
scuola, mi avrebbe ucciso all’istante.
«
non mi scordo quello che hai fatto a uno dei miei, guardati le spalle » mi
minaccia.
«
Ueda, ci incontriamo spesso è? » una voce alle sue spalle si intromette, quando
Ueda si scansa per vedere chi sia, anche io riesco a vederlo, è Suzuki.
«
Suzuki, ancora in soccorso del moccioso? Non dirmi che te lo sei fatto? »
Sentendo
queste parole scatto in piedi e lo prendo per il collo, con una forza che non
so da dove mi esca lo sbatto contro il banco che mi appartiene e stringo la
presa.
Gli
occhi di Ueda si sbarrano, un po’ per la sorpresa e un poco per la mancanza
d’aria; mi sento tirare indietro da qualcuno decisamente più forte di me.
«
ma che cazzo fai?! » sbraita Suzuki mentre stringe la presa sulle mie spalle e
mi fa cozzare contro il muro.
«
lasciami » un filo di voce esce dalle mie labbra, mi manca l’aria, sento i
polmoni bruciare dall’interno. Porto una mano intorno alla gola, vorrei poter
ricevere più aria ma questa mi viene privata dal mio stesso corpo. Lentamente
scivolo a terra, vedo Suzuki inchinarsi di fronte a me, mi scuote per le spalle
dicendo qualcosa che le mie orecchie non odono.
Con
la coda dell’occhio vedo Ueda fuggire via, questa volta me la sono scampata,
questa volta non ho ucciso nessuno.
La
piccola folla che si è radunata intorno a me viene allontanata da un signore in
camice bianco, qualcuno deve aver avvertito l’infermeria.
Solo
Suzuki resta inginocchiato al mio fianco, non capisco perché lui non si è
allontanato come tutti gli altri.
«
come ti senti, che hai? » piano riesco a percepire la voce del dottore che mi
parla.
Cerco
di prendere l’aria necessaria per parlare, anche se al momento è una cosa
alquanto difficile.
«
o-ora…. » altri profondi respiri « pas-pa-passa » speriamo che mi abbiano
capito, perché veramente non riesco a dire altro.
Gli
occhi del mio compagno di classe si spostano da me al dottore, il quale gli
dona uno sguardo di sfuggita ma non può rispondere alla domanda muta
dell’altro; lui non sa cosa io abbia in questo momento.
Anche
se i sintomi sono quasi inconfondibili, senza conoscere lo stato di salute di
una persona non è semplice riconoscere un attacco di panico.
Solo
io so cosa ho e solo io, so cosa lo ha scatenato. È stato Suzuki,
inconsapevolmente ha dato l’imput al mio cervello per autodifendersi in questo
modo.
Abbasso
gli occhi e ora capisco il motivo per cui Suzuki non si è allontanato,
semplicemente non può, il suo braccio è stretto nella morsa spasmodica della
mia mano; lo stringo talmente tanto che ho paura di fargli male.
♣ ♥ ♠ ♦
«
stai bene? » mi chiede per l’ennesima volta il dottore, non ho voluto che
chiamassero a casa, perché i miei non devono saperlo.
«
ora sì, posso andare? » chiedo per la terza volta consecutiva, comincio a
spazientirmi.
«
va bene, ma se ti senti stanco puoi anche andare a casa » fa premuroso lui.
«
grazie, ma starò benissimo » se andassi via da scuola, significherebbe passare
il resto della giornata a zonzo per la città, meglio stare qui.
Lentamente
percorro il lungo corridoio deserto, tutti gli studenti sono in classe e si
sente solo il parlare dei professori che spiegano le varie lezioni.
Arrivato
di fronte alla porta dell’aula di musica busso ed attendo che mi venga aperta,
quando vedo la porta scorrere verso destra la figura del professore si rivela
ai miei occhi.
«
Matsumoto, come va? » mi chiede mentre entro.
«
ora bene, grazie » dico inchinandomi leggermente.
«
menomale, vai a sederti » devo dire che è molto gentile.
Senza
aggiungere altro percorro l’aula fino al banco in fondo, quello che mi ero
scelto, per fortuna è rimasto libero e con le mie cose poggiate sopra.
Una
volta seduto noto Suzuki vicino alla cattedra, è in piedi e imbraccia un basso.
I suoi occhi sono fissi su di me, così affilati e scuri mi inquietano e mi
rassicurano allo stesso tempo.
Non
riuscendo a tenergli testa abbasso lo sguardo sul mio banco, hai vinto tu
Suzuki.
«
Bene Reita, continua da dove ti sei fermato » il ronzio che si sentiva
nell’aula si quieta con le parole del professore.
Reita?
Ma che razza di nome è? Eppure mi sembrava che si chiamasse Akira, si ne sono
certo Akira Suzuki.
Appena
le note, provocate dalle mani di Suzuki su quel basso, si alzano nell’aria poso
i miei occhi sulla sua figura. È dannatamente bravo, non avrei mai pensato che
sapesse suonare uno strumento in questo modo, questo modo di suonare mi ricorda
qualcosa ma al momento non mi sovviene.
Resto
incantato a guardarlo, le sue movenze sensuali e gli occhi incollati al basso,
lo ama. Solo adesso che presto più attenzione, noto il ciondolo attaccato alla
collana che porta al collo; è un basso avvolto da un serpente.
Forse
abbiamo più cose in comune di quanto pensassi, forse potrei anche ricominciare
una parvenza di vita normale facendomi degli amici, ma forse, la cosa più
probabile è che io stia impazzendo del tutto.
Akira
Suono
il basso il più concentrato possibile, non voglio sbagliare per nulla al mondo;
devo dare il meglio di me stesso.
Il
basso è la mia vita, solo lui riesce a quietare il mio animo ribelle e nero;
lui è al centro della mia vita.
So
che mi sta guardando, ho alzato appena lo sguardo su di lui e l’ho sorpreso ad
osservarmi; non so cosa gli sia preso prima, ma voglio scoprirlo.
Questo
vorrà dire sorbirsi le lamentele di Kouyou, il quale non ci penserà due volte a
ribadire come la pensa al riguardo. Solo lui sa ciò che abbiamo passato io e
mia madre, solo lui mi ha visto piangere disperato e da allora non permetterà a
nessuno di farmi stare male.
Finisco
il mio assolo che ho studiato fino allo sfinimento, se studiassi così tutte le
materie sarei un genio, me lo dice sempre mia madre con il sorriso sulle
labbra.
Alzo
lo sguardo e vedo gli occhi color ghiaccio di Matsumoto ancora su di me, una
strana espressione dipinta in volto; non è fredda, non è tirata anzi, direi che
è rilassata.
Degli
applausi uniti a fischi di approvazione si alzano nell’aria, come al mio solito
non mi astengo dal fare un po’ il cretino.
«
bene, bene, ragazzi smettetela per favore non siamo ad un concerto » il
professore zittisce l’aula.
Io
sorrido poggiando lo strumento che tanto amo sul suo piedistallo, per poi
voltarmi e raggiungere il mio posto di fianco a Kouyou.
«
bravissimo Akira »
«
Reita, professore qui mi deve chiamare Reita, è il mio nome d’arte non si
ricorda più? » rido io correggendolo.
«
giusto, scusa Reita » sta al gioco lui.
«
si figuri » rispondo subito sorridendo, io e questo professore andiamo d’amore
e d’accordo.
«
sei stato eccellente, come al tuo solito » fa lui in mia direzione.
«
grazie, lo so » ribatto, facendo ridere tutta la classe.
Istintivamente
mi volto verso il banco di Matsumoto, non so perché ma voglio vedere se ride
anche lui. Ciò che mi fa restare di zucca, è vedere veramente le sue labbra
piegate in una leggera smorfia dalla parvenza di sorriso; allora anche tu sei
in grado di farlo.
Non
so cosa sia, ma una stana sensazione alla bocca dello stomaco si impossessa di
me, ho come la strana voglia di sentirlo ridere di gusto.
Una
gomitata da parte del mio migliore amico mi fa voltare verso di lui, lo guardo
interrogativo non capendo cosa voglia adesso.
«
smettila di fissarlo » la sua risposta, alla mia domanda muta.
«
sei geloso? » gli chiedo a bassa voce sghignazzando, lo vedo alzare gli occhi
al cielo per poi puntarli di nuovo sul professore.
«
Matsumoto » fa quest’ultimo in direzione del nuovo arrivato.
Quello
si riscuote come se gli avessero pizzicato il sedere, sorrido immaginandomi la
scena.
«
si? »
«
vorrei sentire qualcosa da te, visto che sei nuovo non sappiamo ancora se sai
suonare qualcosa »
Ora
si che viene il bello, vediamo un po’ cosa sa fare il ragazzino.
Gli
occhi quasi bianchi del nostro compagno di classe vagano per l’aula, credo che
se la stia facendo sotto; sbuffo una risata vedendo la sua indecisione.
Lui
si volta verso di me bruciandomi sul posto, cavolo devo ammettere che ci sa
fare con gli occhi il ragazzino.
Poi
lentamente si alza per raggiungere il professore e voltarsi verso la classe,
penso che soffra di disturbi della personalità.
«
in genere suono la batteria, però mi diletto anche nel canto » ci rivela
infine.
Il
sopracciglio destro mi si inarca all’inverosimile, pensare quel nanerottolo
dietro ad una batteria è assolutamente esilarante e per quanto riguarda il
canto, non penso che sia nulla di speciale.
«
menomale, facci sentire la tua voce allora » lo incoraggia il professore
porgendogli il microfono.
Poi
tutto succede in un attimo, gli occhi di Matsumoto si chiudono e la sua voce
comincia a diffondersi. È potente, sensuale, piena e corposa; non posso credere
alle mie orecchie. Potrebbe rompere i bicchieri quando urla, mentre quando
scende sembra di vedere un serpente che striscia sensuale verso di te.
Mi
volto verso Kouyou e lo trovo a bocca aperta, anche lui sorpreso da ciò che il
piccoletto nascondeva dentro quel corpo minuto. Ora tocca a me donargli una gomitata
per attirare la sua attenzione, solo quando sono sicuro di averla parlo.
«
ti sta ancora sulle palle? » gli chiedo.
«
no, deve essere nostro Aki » mi dice tornando con gli occhi su Matsumoto.
«
è la stessa cosa che ho pensato io » dico più a me stesso che a lui.
♣ ♥ ♠ ♦
«
Matsumoto! » lo chiamo correndo verso di lui, seguito a ruota da Kouyou.
Finalmente
le lezioni sono finite e ora possiamo goderci la libertà fino a domani mattina,
quindi per me e Kouyou vuol dire andare al piccolo magazzino abbandonato a
suonare.
Come
di consueto lui non si volta, dalle orecchie spuntano i fili delle cuffie, mannaggia
a lui!
Accelero
ancora di più portandomi vicino a lui e afferrandolo per le spalle, con uno
scatto eccessivo si porta con le spalle al muro di cinta che circonda la
scuola. Resto fermo vedendolo portarsi una mano al petto, quando si calma
toglie le cuffie e dona a me e Kouyou uno sguardo per nulla amichevole.
«
che c’è? » ci chiede scocciato e se non fosse per la sua ugola d’oro, lo
picchierei a sangue. Né io, né il mio migliore amico, abbiamo fatto nulla per
meritarci questo atteggiamento nei nostri confronti.
«
dobbiamo parlarti di una cosa » si intromette Kou, notando il mio disappunto.
«
non mi interessa » dice lui voltandosi per andare via e lasciarci lì come due
imbecilli.
«
ma non sai nemmeno di cosa si tratta » continua Kouyou, mentre la mia ira
aumenta.
«
ho detto, che non mi interessa » ribadisce il piccoletto senza nemmeno
voltarsi.
«
pensavo ti piacesse cantare, evidentemente mi sbagliavo » dico tra i denti.
La
sua figura si ferma, si blocca come fosse un fermo immagine.
«
mi piace cantare » dice, di nuovo senza voltarsi, ci dona solo il piacere della
vista della sua schiena.
«
noi stimo mettendo su una band, ma è una cosa seria, non un gioco da bambini.
Ti interessa questo? » non voglio perdere tempo, per me è troppo importante
questo progetto.
Solo
adesso si volta verso di noi, nei suoi occhi artificiali posso leggere una
nuova emozione; forse ho toccato il tasto giusto.
«
mi interessa » dice annuendo.
«
se vieni con noi, ci fai sentire di cosa sei in grado, penso che a scuola, non
hai dato il meglio di te stesso » lo penso veramente.
«
dove? » la voce gli trema, è terrore quello?
Resto
senza parole nel vederlo in questo stato, mi chiedo cosa gli debba essere
successo per essere ridotto in questo modo. E anche questa mattina a scuola,
prima quella reazione quando voleva soffocare Ueda e dopo, quasi non soffocava.
«
un piccolo magazzino che abbiamo sistemato a sala prove, niente di che però è carino,
accogliente » quando vuole Kou è bravo con le parole.
«
capisco, beh io non so se posso venire ora… »
Kouyou
si avvicina a lui poggiandogli una mano sulla spalla sinistra, gli sorride e
quel sorriso non fallisce mai.
«
se devi andare a casa non c’è problema, ci andiamo un altro giorno, è solo che
avevamo tanta voglia di sentire la tua voce come si deve » più bravo di così si
muore, dovrebbe fare l’avvocato.
Matsumoto
è indeciso, si guarda in giro come a cercare una risposta che gli piova dal cielo
plumbeo.
«
ok vengo, avverto i miei che farò tardi » alla fine cede ed io vorrei baciare
in bocca il mio migliore amico.
♣ ♥ ♠ ♦
Takanori
Mi
chiedo ancora come possa essere finito in questo posto insieme a questi due,
non che il magazzino sia brutto anzi, è accogliente a anche sistemato bene.
Ma
è proprio il principio che non sta in piedi, insomma come ho fatto a prendere
questa decisione proprio io, che non metto piede fuori casa se non per andare a
scuola?
Forse
è l’amore per la musica e per il canto, che mi ha fatto prendere questa
decisione e un poco anche l’espressione dolce di Kouyou; sembra proprio un
bravo ragazzo.
Prima
ha suonato la chitarra elettrica, ha fatto un assolo da paura, non credo di
aver mai sentito nulla del genere provocate dalle mani di un ragazzo di
diciassette anni.
«
ora tocca a te Takanori » mi invita a prendere il microfono proprio Kouyou,
Akira da quando siamo arrivati non è stato di molte parole. Non che mi dia
fastidio, visto che nemmeno io amo tantissimo parlare, ma non vorrei che con il
mio comportamento rude e maleducato lo abbia offeso troppo.
Vado
vicino al microfono e lo prendo saldamente in mano, è tanto tempo che non
faccio più una cosa del genere, tranne oggi in classe; ma lì ero dettato dalla
voglia di togliere quel sorriso dalla bocca di Akira.
Inizio
a cantare una canzone che conosco a memoria, senza base è un po’ difficile ma
non impossibile, ricordo che anche io volevo formare una band prima che la vita
cambiasse radicalmente; passavo ore e ore dietro la batteria e ad un microfono.
Ho imparato da solo a tenere sia le note alte che quelle basse, spaccavo di
brutto una volta, adesso non lo so più.
Riverso
tutto il dolore e la rabbia che provo nella canzone, il mondo non esiste
intorno a me; in questo modo posso dare il meglio.
Quando
termino di cantare apro di nuovo gli occhi, pronto a prendermi tutte le
parolacce che voleranno dalle loro labbra; invece li trovo entrambi stupiti.
«
fantastico! Assolutamente fantastico vero Aki? » Kouyou gli salta praticamente
in braccio.
«
sì, concordo. Sei dei nostri? » chiede Akira rivolto a me.
«
io? Nel vostro gruppo? » chiedo sorpreso.
«
sì, ci mancano ancora un paio di componenti, ma speriamo di trovarli a breve »
è così serio che mi sorprende, devo ammettere che mi sono sbagliato di grosso
su di lui.
«
si » soffio flebile, ancora non ci credo.
Un
sorriso sghembo si disegna sulle sue labbra « benvenuto allora, Ruki » mi porge
la mano.
Lo
guardo strano stringendo la sua mano, mentre Kouyou comincia a saltellare e
urlare per tutto il piccolo magazzino.
«
Ruki? » gli chiedo.
«
si ti si addice no? Demone esiliato… » non ha un
particolare tono di voce, è tranquillo.
«
credo di si » ammetto, in fondo chi meglio di me può portare un nome simile.
«
ehi voi due, vi siete imbambolati? » si intromette Kouyou.
Akira
lascia andare la mia mano « è tutto tuo » sentenzia poi.
Senza
che me ne accorga vengo stretto dell’abbraccio del biondo chitarrista, mi
stringe talmente tanto che quasi mi soffoca.
«
mi soffochi » dico.
Lui
mi lascia andare « scusa »
«
fa sempre così quando è contento » ride Akira.
Per
la prima volta dopo tanto tempo mi sento leggero, non ho avuto paura che mi
facessero del male; allora forse c’è ancora speranza per me.
Sia
io che Akira lo vediamo affannarsi per raccattare le sue cose, quasi è una
scena comica.
«
io scappo, ci vediamo domani davanti scuola, in orario mi raccomando, anche tu
Taka » sembra un tornado.
La
sua figura scompare oltre la porta senza darci nemmeno il tempo di replicare,
mi chiedo se faccia sempre così.
«
strabiliante vero? » la voce di Akira mi giunge da vicino.
Mi
volto verso di lui e, infatti, lo trovo al mio fianco « un po’ » ammetto.
« dovresti farlo più spesso » mi dice senza
che riesca a capire di cosa parli.
«
cosa? » gli chiedo puntando i miei occhi nei suoi.
«
sorridere »
È
vero sto sorridendo e non me ne ero nemmeno reso conto, non riesco a
distogliere lo sguardo dal suo e il cuore inizia a battermi veloce in petto;
che strana sensazione.
Akira
«
strabiliante vero? » gli chiedo guardando nella direzione dove è scomparso il
mio migliore amico.
«
un po’ » dice lui con un tono bambinesco, Kouyou fa sempre questo effetto.
Con
la coda dell’occhio lo osservo, le sue labbra sono piegate in un sorriso, un
vero sorriso e come immaginavo, è splendente. Mi chiedo cosa gli eviti di farlo
normalmente, forse un giorno lo saprò.
«
dovresti farlo più spesso » gli faccio notare voltandomi verso di lui.
«
cosa? » mi chiede curioso.
«
sorridere » non dovrebbe essere tanto difficile farlo.
Dall’espressione
che ha in volto ora posso dedurre che non se ne era nemmeno accorto, cosa
nascondi è Ruki?
To be Continued…
Note:
Bene, bene, ora si son scoperte le doti canore del piccolo Ruki e sembra che le
cose vadano meglio tra di loro no?
non credo di dover aggiungere molto altro, tranne che ci vediamo venerdì per l’aggiornamento!
XD
Vi aspetto tutte/i U_U
«
mamma io esco, ci vediamo per l’ora di cena! » urlo dal salotto dove cerco di
infilarmi il giaccone.
Mia
madre fa capolino dalla cucina, sul suo volto un sorriso smagliante.
«
vai di nuovo da Akira e Kouyou? » mi chiede, ormai conosce entrambi e gli sono
anche simpatici.
«
sì, oggi dobbiamo provare un pezzo su cui stiamo lavorando da un po’ » le
comunico.
«
va bene, mi raccomando state attenti » le sue solite raccomandazioni.
«
non ti preoccupare, ci vediamo dopo » le dico mentre mi avvio verso la porta.
«
a dopo, ciao » mi saluta.
Con
passo svelto mi avvio verso la nostra sala prove, sicuramente sia Kouyou sia
Akira saranno già arrivati; credo che solo io riesco a fare più tardi di
Suzuki.
Dopo
una decina di minuti scorgo il magazzino, accelero di poco il passo per fare
ancora prima.
«
eccomi sono arrivato, scus- » entrando non scorgo nessuno, sono arrivato per
primo.
Poggio
il giaccone e la sciarpa su uno scatolone e mi siedo poco distante, dove
abbiamo sistemato un divano; lo abbiamo trovato gettato al lato della strada e
noi lo abbiamo trasportato fin qui. Sicuramente è più comodo delle sedie che
c’erano prima, ma per trasportarlo a mano sin qui ci siamo ammazzati, io non
gli sono stato di molto aiuto ma ho fatto ciò che potevo.
Akira
non ha smesso per tutto il tempo di prendermi in giro, dicendomi che ero una
schiappa e che non sarei riuscito ad alzare nemmeno una lumaca da terra;
inutile dire che Kouyou in tutto questo rideva come un matto.
La
porta si apre ed io mi alzo dal divano, per andare incontro ai due ritardatari.
«
finalmente siete arrivati! » dico prima di vedere di chi si tratti in realtà.
«
ciao Matsumoto, ti eri dimenticato di noi? »
Ueda
insieme ai suoi due teppisti, entrano chiudendo la porta alle loro spalle, io
indietreggio avendo una paura fottuta di ciò che potrebbe accadere.
Proprio
ora che le cose andavano bene, che finalmente dopo tanto tempo avevo una vita
normale e con degli amici; in questo mese Kouyou e Akira hanno saputo risanare
ciò che era stato spezzato in me, senza sapere ciò che mi è accaduto.
Quello
proprio non ho saputo dirglielo, se penso a quell’avvenimento, le parole mi
muoiono in bocca e poi, ho paura di cosa potrebbero pensare su di me.
«
lasciatemi in pace »
«
credo proprio che non sia possibile, no » è sempre Ueda a parlare, mentre loro
si avvicinano a me io, indietreggio sempre di più.
«
io non vi ho fatto niente! »
«
lo hai picchiato, non ti ricordi più? » con la mano indica il ragazzo alla sua
destra.
«
aveva cominciato lui, mi sono solo difeso » ringhio, ma tanto so che non
servirà a nulla, loro vogliono picchiarmi e niente glielo impedirà.
Faccio
un altro passo indietro e il muro freddo viene a contatto con la mia schiena,
impreco mentalmente.
«
più di lì non puoi andare » ghigna lui trionfante.
Quando
sono a due centimetri da me, chiudo gli occhi, potrei umiliarmi implorandoli di
lasciarmi stare o, potrei tentare di difendermi; non so quale tra le due mi
spaventi di più.
Mi
sento afferrare per il collo, la presa si stringe e istintivamente porto
entrambe le mani su quelle di Ueda nel disperato tentativo di fargli lasciare
la presa.
«
ti ricordi quando volevi strangolarmi? Ora me la pagherai » soffia lui sulla
mia faccia.
La
presa intorno al mio collo si allenta, piano scivolo verso terra tossendo, i
polmoni mi fanno male mentre cercano disperatamente di riempirsi di nuovo
d’aria.
Un
calcio in pieno stomaco blocca di nuovo i miei polmoni, il dolore è
allucinante; Ueda mi afferra per i capelli in modo da farmi alzare il volto e
un calcio si assesta sulla mia bocca.
Sputo
sangue, il sapore ferroso mi da la nausea e vomito tutto ciò che ho mangiato
sul pavimento.
I
loro calci e i loro pugni si abbattono sul mio corpo, fino a che esausto e
dolorante non perdo i sensi; la mia vita è un completo disastro.
♣ ♥ ♠ ♦
Piano apro gli occhi, un forte dolore all’altezza
dell’addome mi colpisce appena riprendo i sensi. Non sento freddo e sembra come
se io stia su qualcosa di soffice, forse sono morto, ma se lo sono, non dovrei
sentire dolore.
Mi guardo attorno cercando di mettere a fuoco il
magazzino, ma ciò che i miei occhi vedono è una piccola stanza da letto; non ho
la più pallida idea di dove sia finito.
Con uno scatto che mi provoca dei dolori allucinanti,
mi porto a sedere, addosso ho dei vestiti che non sono i miei, sono coperto da
delle pesanti coperte, ecco perché non sentivi freddo.
Il cuore batte impazzito, non so cosa mi sia
successo né dove mi trovi ora, devo andarmene di qui!
Solo quando intercetto un oggetto all’angolo della stanza,
mi quieto, in un secondo il cuore riprende a battere decentemente; il basso di
Akira, sono certo che è il suo, quindi dovrei essere a casa sua e nella sua
stanza.
La porta si apre e la figura di Akira fa il suo
ingresso nella stanza, subito i suoi occhi si posano su di me; ha il volto
tirato in una smorfia tra dolore e ira, non mi piace vederlo così.
« ti sei svegliato » la sua voce è tutto il
contrario di ciò che traspare dal volto, è dolce e tranquilla.
Non so perché, per quale motivo in questo istante
vorrei abbracciarlo e dirgli che va tutto bene, forse è solo perché sono
abituato a rassicurare i miei e ora voglio farlo anche con lui. Ma qualcosa in
quegli occhi mi fa capire che c’è qualcosa di più, un qualcosa che io non so e
che invece dovrei sapere su di lui.
« mi dispiace » sussurro abbassando lo sguardo
sulle coperte azzurre.
« baka » la sua voce è dolce e vicina, alzo lo
sguardo e lo trovo in prossimità del letto.
Si siede al mio fianco e mi scompiglia i capelli,
in mano stringe una tazza fumante.
« tieni bevi, è tè l’ha fatto mia madre per te » mi
sussurra.
Sorrido e nel farlo sento una fitta di dolore,
portandomi una mano alle labbra le sento gonfie e tumefatte.
« grazie » allungo una mano in sua direzione e
afferro la tazza calda, la sensazione che ne ricavo è piacevole.
« bevine un po’, ma stai attento che è caldo » si
alza, ma io lo trattengo afferrandolo per la manica della maglia che indossa.
« resta qui » riesco a dire solo questo.
Sorseggiando la bevanda calda provo un po’ di
dolore, ma ciò che il calore mi dona al corpo mi fa continuare a berla.
Akira si siede di nuovo al mio fianco, resta in silenzio,
anche se percepisco che di parole da dire ne ha tante.
« chiedimi ciò che vuoi sapere Aki, non restare in
silenzio » alzo lo sguardo su di lui, ad attendermi trovo i suoi occhi
affilati.
« sono stati Ueda e i suoi vero? » alla fine decide
di parlare, ma io non posso rispondere a questa domanda; se glielo dicessi, ho
paura che faccia una stupidaggine, che li vada a cercare per vendicarsi.
« Aki.. » non so come continuare.
« Taka ti prego, dimmi se sono stati loro » la sua
mano si posa sulla mia, la osservo notando le dita lunghe che la compongono, le
unghie leggermente schiacciate e l’ossatura pronunciata; sono bellissime.
Poggio la tazza sul comodino vicino a me, mentre
lui in silenzio osserva i miei movimenti; con entrambe le mani prendo la sua e
la porto al mio viso facendogli poggiare il palmo contro la mia guancia. Il
dolore è insistente, non devo avere una bella cera, credo di avere il volto
completamente gonfio e livido, ma il contatto della sua mano con la mia pelle
mi da sollievo.
Mi sembra quasi di non essere in questa stanza, di
non essere stato picchiato da tre dementi senza cervello, di non essere stato
violentato da tre individui dai volti scuri e indecifrabili all’età di quindici
anni.
Con lui riesco a essere un altro, insieme a lui
riesco a essere solo un ragazzino di sedici anni innamorato cotto del suo
migliore amico e questo, mi piace tanto.
Akira
Se
ne resta in silenzio, come a volermi proteggere dalle mie stesse azioni; forse
ha capito che se mi dà la conferma che sono stati loro, io andrei a prenderli a
calci nel culo.
Lo
vedo prendere la mia mano e portarsela al viso, non la ritraggo ma lo lascio
fare, anche se, mi dona dolore sentire la sua pelle così gonfia e calda.
Ha
il volto gonfio e livido, non si sono risparmiati nel picchiarlo; se solo fossi
arrivato prima, tutto ciò non sarebbe accaduto, chi sa come mai arrivo sempre
in ritardo, sembra che nella mia vita non riesca a proteggere nessuno a cui
tengo.
Piano
faccio scivolare via la mano e lui non oppone resistenza, gli sollevo il mento
caratterizzato da quello strano neo e faccio in modo che i nostri occhi
s’incontrino. I suoi sono marroni, le lenti dal colore artificiale non ci sono
e in questo modo, tutte le emozioni che prova non riescono a essere celate.
Vi
leggo dolore, angoscia, incertezza, insofferenza, preoccupazione, tutti
sentimenti bui ma in fondo a quegli stessi occhi riesco a vedere amore.
Vedo
l’amore che ha per la vita quando insieme a me e Kouyou proviamo, oppure quando
sempre insieme a noi due, facciamo gli stupidi per le strade di Kanagawa.
Dopo
un mese di amicizia ancora non so cosa gli faccia provare tutti quei brutti
sentimenti, cosa scateni i suoi silenzi e le lacrime che gli ho visto versare
di nascosto; non gli ho mai detto di averlo sentito singhiozzare, come non gli
ho mai detto, che ogni sua lacrima versata mi spezza l’anima.
Vorrei
cullarlo, essere in grado di farlo guarire da qualunque cosa lo opprima, ma
forse non sono in grado di farlo, come non sono stato in grado di proteggerlo.
Lentamente
avvicino il mio volto al suo, posso giurare di sentire il momento esatto in cui
smette di respirare; forse è un tremendo sbaglio ma voglio baciarlo.
Un
leggero bussare alla porta ci interrompe, con uno scatto mi porto in piedi e
lui assume una posizione più naturale.
La
porta si apre e Takanori prende in mano la tazza ancora fumante, mia madre
entra accompagnata da Kouyou e la madre di Takanori; vedendola sbarra gli
occhi, non potevo non avvertirla, specialmente dopo averlo portato qui.
«
ma-mma » sussurra lui.
«
amore mio » la madre si siede dove poco fa c’ero io e lo abbraccia.
Alzo
gli occhi su Kouyou e lo trovo a osservarmi, quello sguardo intenso mi fa
abbassare gli occhi a terra; ha capito, ne sono sicuro.
Piano
sorpasso tutti, mi fermo solo vicino a mia madre per avvertirla che esco.
«
esco a fare due passi mamma, torno tra un po’ » la avverto.
Appena
scendo le scale, sento dei passi dietro di me, non ho bisogno di voltarmi per
capire che si tratta di Kouyou; in completo silenzio ci infiliamo le scarpe e i
giacconi prima di uscire all’aria aperta.
Ormai
fuori è buio, sono le sette di sera passate e la temperatura è abbastanza
rigida, però una boccata d’aria fresca ci voleva proprio.
Camminiamo
in silenzio, entrambi fumando le nostre amate sigarette.
Arrivati
al parco dove da piccoli giocavamo di consueto tutti i pomeriggi, ci sediamo
sulle altalene troppo piccole per noi ora.
Volgo
lo sguardo verso il cielo, incredibile ma vero si riescono a scorgere le stelle
questa sera; il vento forte che ha soffiato ha spazzato via tutte le pesanti
nuvole che lo coprivano.
«
me ne vuoi parlare? » sapevo che non avrebbe resistito a lungo.
Sorrido
al cielo « di cosa? » chiedo soffiando fuori il fumo della sigaretta.
Sento
distintamente la sua debole risata « lo hai sempre fatto e continui a farlo »
«
cosa? » mi volto verso di lui e lo trovo sorridente, anche se triste per ciò
che è capitato a Takanori, anche lui gli vuole bene e non è certo un sentimento
che nasconde.
Kouyou
è fatto così, se si affeziona a una persona, non può fare a meno di
dimostrarlo.
«
mi chiedi sempre di cosa parlo, anche se in realtà lo sai benissimo ».
È
vero, lo facevo quando eravamo piccoli e lo faccio tutt’ora, ma solo perché lui
mi capisce meglio di quanto faccia io stesso. E quando lui mi parla, capisco
cose su di me che altrimenti rimarrebbero ignote.
«
già » sorrido amaro portando gli occhi sui ciottoli bianchi.
«
te ne sei innamorato vero? » se ne esce tranquillamente con questa domanda, come
se rispondere fosse una cosa semplice, sentendo il mio silenzio continua il suo
monologo.
«
se ti fossi visto quando lo abbiamo trovato, non esiteresti a rispondermi. So
per certo che lo ami e non da oggi, lo sapevo anche prima. Credo che tu abbia
cominciato a innamorarti di lui dal primo giorno che lo hai visto in classe, è
scattato subito qualcosa in te e sai cosa penso? »
«
cosa? » a questo posso rispondere con facilità almeno.
«
che sei ricambiato »
A
queste parole mi volto verso di lui, sapeva che lo avrei guardato quindi non si
fa trovare in fallo e mi attende con il suo sguardo dolce.
«
dici? » gli chiedo, ho bisogno di una conferma.
«
sì, penso proprio che lui ti ami. Ne abbiamo parlato tante volte su cosa
potesse essergli accaduto in passato per renderlo in questo modo, ma penso che
tu l’abbia aiutato a guarire almeno un po’ » questa volta è lui che osserva le
stelle luminose.
Guardo
il suo profilo, come se in esso potessi trovare tutte le risposte alle
innumerevoli domande che mi volano per la testa.
Non
sono arrabbiato con Takanori perché non vuole parlare con me, anch’io ho i miei
scheletri nell’armadio che tengo ben chiusi; so cosa vuol dire tenersi un
segreto doloroso per se e non posso giudicarlo per questo.
Però,
forse farebbe bene a entrambi aprirsi.
«
andiamo? » chiedo a Kouyou alzandomi dall’altalena.
«
sì » risponde lui facendo lo stesso.
Insieme
ci incamminiamo verso casa mentre la notte cala su di noi, spero che per questa
notte Takanori dorma nel mio letto.
♣ ♥ ♠ ♦
Insonnolito
raggiungo la cucina, dove sono certo di trovare mia madre, invece al posto suo
trovo un foglietto rosa poggiato sul tavolo, lo afferro per leggere cosa ci sia
scritto sopra.
Ciao
tesoro, sono andata a lavoro.
Oggi
puoi saltare la scuola, la madre di Takanori mi ha chiesto se può restare da
noi fino il pomeriggio, visto che lei lavora.
Gli
ho detto di sì, mi raccomando prenditene cura tu.
Ti
amo, mamma.
Poggio
il foglio dove l’ho trovato e mi volto verso il frigorifero, ho la schiena
dolorante per aver dormito sul divano ma non m’importa; l’importante è che
Takanori abbia dormito bene.
Un
rumore alle mie spalle mi fa voltare, sulla soglia della cucina vedo la piccola
figura di Takanori.
«
buongiorno » gli dico sorridente.
«
buongiorno » risponde sedendosi su una delle sedie.
«
come hai dormito? » nel frattempo scaldo la colazione che ci ha lasciato mia
madre.
«
il tuo letto è comodissimo » sorride per poi storcere la bocca in una smorfia
di dolore.
«
stai attento, sei ancora gonfio » vorrei prendere Ueda e ucciderlo con le mie
mani.
«
mi sono visto, sono orribile »
«
non è vero e poi passerà, hai bisogno solo di un po’ di tempo » dico sincero.
«
Kouyou verrà? » mi chiede cambiando discorso, probabilmente non vuole ricordare
l’accaduto.
«
probabilmente dopo la scuola, se la salta sua madre lo uccide » sorrido
divertito.
Anche
lui sorride e questo mi fa piacere « sì, in effetti, sua madre fa un po’ paura ».
«
solo un po’? »
«
ok, tanto » ammette ridendo insieme con me.
«
cosa vuoi fare dopo? » gli chiedo porgendogli il piatto con la sua colazione,
il mio lo poggio sul tavolo di fronte a lui.
«
tutto ciò che possiamo fare in casa, non ho voglia di uscire. Però se tu vuoi
puoi andare in giro, non devi preoccuparti per me »
«
lo fai spesso? » chiedo serio in sua direzione.
«
cosa? »
«
preoccuparti per gli altri, quando invece dovresti pensare un po’ più a te »
Abbassa
lo sguardo e osserva il cibo nel piatto, con le asashi muove un po’ di riso e
del pesce, io resto in silenzio aspettando che voglia parlarmene.
«
non voglio essere di peso a nessuno » non alza il volto per parlare.
«
non penso che tu lo sia per nessuno »
Un
sorriso amaro lascia le sue labbra per tornare subito serie, quanto vorrei che
mi parlasse.
«
questo perché non sai tutto, non sai cosa hanno dovuto passare i miei a causa
mia » la sua voce è piatta.
«
parlamene » la mia brama di sapere sta diventando un’ossessione.
Scuote
leggermente la testa « no » la sua debole risposta.
«
perché? »
Alza
gli occhi posandoli nei miei, sono lucidi e una lacrima scende sulla gota
gonfia e viola.
«
mi odieresti… » sussurra.
Mi
trovo senza volerlo a scuotere la testa, questo non sarebbe mai possibile, il
legame che si è creato tra di noi è troppo forte, troppo profondo per
permettere che ciò accada.
«
no Taka, ti sbagli » dico allungando una mano e posandola sulla sua.
«
non puoi dirlo questo, perché non sai »
«
e allora dimmelo, in modo che possa dimostrartelo »
Esita,
ciò vuol dire che sta prendendo sul serio in considerazione la probabilità di
confidarsi con me; aspetto paziente, non voglio calcare la mano.
Takanori
Vorrei
davvero tanto parlargliene, confidarmi con lui sul mio passato buio ma la paura
di perderlo è forte; ho il terrore che possa giudicarmi e lasciarmi da solo.
Alzo
lo sguardo su di lui e come al solito il suo volto è dolce, questo m’incoraggia
un poco ma lui non può immaginare ciò che nascondo.
Ho
ucciso un uomo, ho affondato quel coltello nel suo petto talmente in profondità
che per poco non lo perforava dall’altra parte; sono un mostro e nessuna
giustificazione al mondo può sollevarmi da questa condanna.
Il
tribunale mi ha assolto perché hanno giudicato il fatto come difesa personale,
in fin dei conti mi avevano stuprato ed io mi sono difeso come potevo; gli
altri due sono fuggiti via urlando mentre io uccidevo il loro amico.
Stringo
gli occhi come ogni volta che ricordo quei momenti, è stato un incubo terribile
che vorrei dimenticare.
«
non ce la faccio Aki, scusa » mi alzo per lasciare la cucina ma vengo
trattenuto dalla sua mano.
Mi
sento tirare verso di lui e subito vengo avvolto nel suo abbraccio, resto così
immobile tra le sue braccia, incapace di muovermi e godendomi le emozioni belle
che mi regala.
Con
lui non ho paura, credo che sia l’unico ragazzo al mondo che possa toccarmi
senza che io tremi di terrore.
«
se non vuoi dirmelo, non fa nulla » dice con le labbra tra i miei capelli.
Porto
le mie mani sulle sue spalle e lo stringo forte, non voglio che pensi che lui
non sia abbastanza importante per me da non parlargliene.
«
te lo dirò Aki.. giuro che saprai tutto su di me, ma non a parole… » dico
affondando il volto sul suo petto.
Eccoci
qui, quanto vola il tempo! Sono già passati quattro Venerdì e con questo, arriva
anche l’ultimo capitolo di “ The Devil Inside Me “.
Vi ho lasciate tutte con tanta curiosità su come Ruki decidesse di dire tutto a
Reita, spero di non deludervi! XD
Buona lettura, ci vediamo in fondo! ^^
The Devil Inside Me
Capitolo quattro
Akira
Questa
mattina ho marinato la scuola, ho avvertito Kouyou con un messaggio che non
sarei andato; sono passati tre giorni da quando abbiamo trovato Takanori, picchiato
a sangue dentro il nostro studio.
Mi
sono recato qui perché voglio stare in pace, non devo essere disturbato mentre
leggerò il foglio che ho in mano.
Mia
madre mi ha svegliato dicendomi che era passato Taka a lasciarmi una cosa,
quando gli ho chiesto cosa, lei mi ha porto una piccola busta bianca; l’ho
presa come una reliquia, immaginando bene cosa contenesse.
Mi
rigiro tra le dita la busta da lettera, sopra di essa, con quella scrittura un
po’ confusionaria ma elegante che riconosco come quella di Takanori, c’è
scritto il mio nome.
Qui
dentro c’è tutta la sua storia, le parole che non riesce a dirmi a voce e io ho
paura di leggere.
Prendo
un sospiro prima di aprirla, quando estraggo il foglio vedo che è fitto della
sua scrittura; ha tante cose da dire.
Ciao Aki,
Forse non ci crederai, ma sono
due ore che guardo questo foglio bianco senza sapere come cominciare. A dirla
tutta ho strappato parecchi fogli, ora sono tutti accartocciati nel cestino
sotto la mia scrivania, volevo studiare gli appunti che mi ha portato oggi
Kouyou, ma non riesco a fare nemmeno quello.
Ho spostato sia i libri che
gli appunti da una parte, è inutile insistere se ho la testa da un’altra parte
non credi?
Mi sento un completo idiota,
forse non te la darò mai questa lettera perché mi vergogno troppo, ancora non
so cosa farò.
Per di più sono le due di
notte, sto facendo il più piano possibile per non svegliare i miei, ma credo
che questa notte la passerò insonne nel cercare le parole giuste.
Interrompo
la lettura, le mie labbra sono piagate in un sorriso; è proprio scemo.
«
baka » sorrido.
Di cose da dire ce ne sono
tante, forse comincerò con il dirti che non sono stato sempre così stronzo;
prima ero diverso. E devo anche chiederti scusa, per tutte quelle volte che ti
ho trattato male senza motivo apparente, posso solo dirti che mi dispiace tanto
e che ciò che ho fatto era solo dettato dalla paura.
Una paura fottuta che fino a
un anno fa non sapevo che potesse esistere, almeno non così potente.
Però, come puoi notare tu
stesso sono cambiato nei tuoi confronti e in quelli di Kouyou, voi due mi avete
aiutato ad abbattere un muro che avevo costruito con le mie stesse mani intorno
a me, volevo solo proteggermi e invece, ho solo fatto in modo di restare solo.
Il problema era proprio che
era ciò che volevo, perché quando si è soli nessuno può farci del male, giusto?
Ma in questo modo, facevo del
male a me stesso senza rendermene conto, solo ora ho capito quello che ho perso
in tutto questo tempo.
Devo ringraziarti e ringraziare
anche quello scapestrato di Kouyou, voi due mi avete fatto riscoprire l’amore
per la musica e insieme ad essa, anche il sogno che ormai avevo dimenticato
chiuso in un cassetto.
Sto divagando vero? Lo so, ma
se cominciassi a scrivere subito ciò per cui sono sveglio a quest’ora, ho paura
che tu non legga il resto.
Non so ancora cosa penserai di
me dopo questa lettera, non so se avrai ancora voglia di vedermi ed essermi
amico; ma se decidessi di restare al mio fianco vorrei una cosa da te.
Apriti a me, come io sto
facendo con te.
Ho visto, letto nei tuoi occhi
che c’è qualcosa che nascondi al mondo intero; so che Kouyou lo sa ed è normale
visto che il tuo migliore amico da una vita, però vorrei che ti confidassi
anche con me, ma solo se vuoi è?
Odio quando te ne stai in
silenzio con la sigaretta tra le labbra, lo sguardo perso in tempi dove io non
esistevo ai tuoi occhi. Anche se sei meravigliosamente bello da osservare, non
mi piace vederti con quello sguardo triste, vorrei vederti sempre sorridente e
fare lo scemo in modo da far ridere gli altri.
Un po’ è come dici sempre tu a
me, credo che abbiamo molte cose in comune Aki.
Prima di iniziare la mia
storia devo assolutamente dirti una cosa che mi è appena venuta in mente,
riguarda la prima volta che ti ho visto suonare il basso, nell’aula di musica,
ricordi?
Ho pensato che il tuo modo di
fare, il modo in cui ti muovevi e suonavi mi ricordava qualcosa, ma all’ora non
mi venne in mente; ora sì, ho capito cosa, o meglio, chi mi ricordavi.
Sid Vicious, ho ragione vero?
Sai che ho tutti gli album dei
Sex Pistols?
Credo proprio di no, perché
non ne abbiamo mai parlato.
Spero che tu stia sorridendo,
perché le tue labbra quando si piegano in un sorriso sono meravigliose e spero,
che questo sorriso non si affievolisca per colpa mia.
Mi
porto una mano alle labbra notando che davvero le mie labbra sorridono, non
immaginavo che gli piacessero i Sex Pistols, questo significa che ancora non
conosciamo tutto l’uno dell’altro, ma ci sarà tempo.
Credo
che adesso comincerà la vera lettera ed io, scoprirò cosa gli è accaduto in
passato.
Prendo
il pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans, ne porto una alle labbra
accendendola con lo zippo che mi ha regalato lo scorso compleanno Kouyou.
Sento
già i nervi tendersi ed ho bisogno di rilassarmi un po’, altrimenti temo di non
riuscire ad arrivare in fondo alla lettera.
Davvero Aki, non so da cosa
iniziare… vorrei strappare tutto, ma ciò comporterebbe due cose, la prima è che
poi dovrei parlarti a voce e sinceramente non ce la faccio e la seconda, aver
perso quasi una notte di sonno per nulla.
Spero di riuscire ad essere
lucido e a farti capire bene tutto, voglio che tu sappia tutto.
Credo che inizierò, con il
dirti la motivazione per la quale io e la mia famiglia ci siamo trasferiti qui
a Kanagawa, la mia quasi morte.
Nel paese dove vivevo non
potevo più mettere il naso fuori da casa, ho iniziato a non mangiare più e
quello che mangiavo lo rigettavo.
Soffrivo di attacchi di panico
e a questo hai assistito in prima persona, non riesco a controllarli, quando
arrivano devo solo soccombere; però adesso è tanto tempo che non ne ho, credo
che stia cominciando a guarire.
I miei hanno provato con tutte
le loro forze a mandarmi da uno psicologo ed io, essendo minorenne non ho
potuto rifiutare, ma sono astuto, questo c’è da dirlo.
Ad ogni appuntamento che avevo
con lui, mi rifiutavo di parlare e in questo modo sono riuscito a non andarci
più, tanto sarebbe stato tutto inutile.
Loro non sapendo più cosa fare
né come prendermi, mi hanno portato qui; io ho pensato che era una stronzata ma
invece avevano ragione, qui ho incontrato te e sto guarendo.
Tutto questo non è dovuto ad
una mia malattia mentale o cosa, un avvenimento brutale mi ha cambiato nel
profondo, ha distrutto la mia anima e la gioia di vivere.
Aki, è inutile che continui a
girarci intorno, mi sto dando i nervi da solo.
Quasi dieci mesi fa sono stato
violentato da tre uomini ed io, ne ho ucciso uno.
I
miei occhi si sbarrano e devo leggere tre volte la stessa frase, per
metabolizzarla come si deve.
È
stato stuprato e ha dovuto uccidere uno dei suoi aggressori, deve essere stato
orribile per lui.
L’ho scritto e non ci credo,
ora però devo raccontarti tutto com’è andato; giuro che ora andrò in ordine,
forse il peggio è passato.
Una sera stavo tornando a casa
dal doposcuola, non sono mai stato un genio nelle materie tranne per la musica
e l’arte, ho preso una decisione che forse non dovevo, ma la vita è fatta anche
di questo.
Decisioni giuste e sbagliate,
occasioni prese al volo o lasciate scorrere via, i momenti non tornano
indietro, ma tutto ciò che decidiamo di fare segna il nostro destino.
A me ha portato fin qui, forse
è questa motivazione che mi sta facendo guarire, tutto ciò che mi è successo mi
ha condotto a te.
Sto tergiversando di nuovo
scusa, ma ho tante cose per la testa che è difficile ordinarle per bene.
Bene dicevo, ho deciso di
prendere una strada secondaria per fare prima, in quel modo avrei risparmiato
almeno una quindicina di minuti, tanti è?
Ma a un certo punto sono
apparse tre figure, tre uomini, era buio Aki ed io avevo paura, mi sono voltato
ma non c’era nessuno a cui chiedere aiuto ed ho preso la seconda decisione
sbagliata.
Invece di fare dietrofront ho
continuato, sperando in cuor mio che mi lasciassero andare, che dopo avermi
messo paura si sarebbero stufati; invece mi hanno aggredito.
Ho reagito, mi sono difeso
come meglio potevo ma loro erano tre e decisamente più forti di me; ho anche
urlato fino a che non mi hanno impedito di farlo, mi hanno picchiato e
stuprato, tutti e tre a turno.
Non ricordo tutto benissimo
dell’accaduto, alcune cose si sono offuscate; lo psicologo, una delle rare
volte in cui ci ho parlato, mi ha detto che è normale, che succede a tutti
perché è una difesa del cervello.
Ma ciò che ricordo bene, è
quello che sogno di continuo, quasi ogni notte, svegliandomi sudato e
impaurito.
Ricordo come se potessi
sentirlo ora, il freddo umido dell’asfalto e il dolore che ho provato; ho
pensato che sarei morto.
Non so cosa sia scattato
dentro di me, è come se il corpo si muovesse senza i miei comandi ma so che ero
io, non giustifico la mia azione.
Quando l’ultimo si è alzato e
mi hanno lasciato le braccia, ho reagito, avevo notato il coltello nella tasca
di uno dei tre, l’ho afferrato e gli ho spinto la lama al centro del petto.
I suoi amici sono fuggiti
urlanti, mi sono guardato le mani ed erano piene di sangue; l’ho ucciso, sono
un assassino Aki, sarò mai perdonato di questo crimine?
Mi
fermo per asciugare le lacrime che non ho saputo trattenere, tutto avrei
pensato tranne ciò che sto leggendo. Deve essere stato davvero orribile e per
di più si sente anche colpevole, non credo che lo sia, si è solo difeso da ciò
che gli era stato inflitto.
Ho paura di ciò che stai
pensando ora, non so proprio come stai reagendo a questa mia confessione, però
posso dirti cosa spero, spero che mi perdonerai e continuerai ad essere mio
amico.
Domani mattina uscirò presto e
consegnerò questa lettera a tua madre, poi me ne tornerò a casa e resterò qui
per tutto il giorno; i lividi si vedono ancora e non voglio che la gente mi
veda così.
Mia madre e mio padre non
torneranno prima di sera, se vuoi passare mi troverai.
Ora me ne vado a letto, tanto
so già che non dormirò ma almeno riposerò un po’ la schiena che mi duole tanto.
Ciao Aki,
Takanori.
Mi
sento un completo idiota, tutto quel tempo passato a pensare che fosse un
ragazzo stronzo, invece era solamente ferito e spaventato.
Mi
alzo stringendo saldamente in mano la sua lettera, inizio a correre verso casa
sua, devo vederlo assolutamente.
Takanori
Seduto
sul letto della mia camera osservo il mondo fuori dalla finestra, chi sa se
Akira ha già letto la lettera.
Ho
paura della sua reazione, perché io non so come reagirei scoprendo una cosa
simile, sicuramente sapere che un tuo amico ha ucciso un uomo non è facile da
mandare giù.
Il
suono del campanello della porta mi spaventa, sobbalzo portandomi una mano al
petto. Alzandomi raggiungo la finestra e posso vedere la figura di Akira ritto
di fronte alla porta, mentre aspetta che gli vada ad aprire.
Di
corsa scendo le scale e per poco non cado giù rompendomi l’osso del collo, deve
aver saltato il cancello visto che non ha suonato il citofono.
Solo
quando sono di fronte la porta mi fermo e sistemo i capelli, a volte mi
comporto proprio come un idiota.
Prendo
un profondo sospiro e apro ciò che mi separa da lui, il sorriso sulle labbra,
le iridi scure e rilassate, niente in lui mi fa sembrare che ce l’abbia con me.
«
ciao » lo saluto.
«
ciao, posso? » mi chiede.
Che
idiota, sono rimasto fermo e non l’ho invitato ad entrare; rimedio subito
facendomi da parte per permettergli di fare il suo ingresso in casa mia.
«
certo, vieni »
Non
appena è dentro richiudo la porta e mi volto verso di lui, lo trovo con
entrambi i sopraccigli alzati.
«
non credi che dovresti chiedere chi è prima di aprire? » mi fa notare lui.
Sorrido
prima di parlare « ti ho visto dalla finestra della mia camera ».
«
ah, allora in questo caso va bene, sei perdonato » sentenzia ridendo.
«
e secondo te è normale saltare il cancello? » gli chiedo andando verso la
cucina.
«
non ci sono i tuoi, vero? » chiede allarmato ed io non posso trattenermi dallo
scoppiare a ridere.
«
no tranquillo, ma questo ti da il diritto di scavalcare? » gli chiedo aprendo
il frigorifero, lo sento dietro di me.
«
certo » risponde secco.
Mi
volto verso di lui donandogli una lattina di coca cola « ma davvero, buono a
sapersi allora »
Lui
afferra la lattina dalla mia mano e prima che possa voltarmi per prendere anche
la mia, mi ferma per le spalle e con un calcetto chiude l’anta del frigorifero.
Poggia
la sua coca sul ripiano della cucina e sofferma i suoi occhi nei miei, credo
che sia già arrivato il momento di parlarne.
«
ho letto tutto Taka, è difficile ora parlarne » è serio.
«
immagino Aki, ma non sei obbligato a farlo » gli rispondo, abbassando lo
sguardo a terra.
«
guardami per favore » se usa questo tono gentile con me, potrei squagliarmi a
terra all’istante.
Assecondo
il suo volere, puntando le mie iridi lasciate al naturale nelle sue.
«
non immaginavo ciò che ti è accaduto in passato, ma non sono arrabbiato, tu non
hai colpe e dovresti perdonarti.. »
«
dici sul serio? » chiedo con un filo di voce.
«
non mento Taka e questo lo sai, nessuno ti giudicherebbe mai per ciò che hai
fatto »
Posso
credergli perché nei suoi occhi vi leggo sincerità, forse un giorno anche io
riuscirò a perdonarmi.
«
grazie »
«
non ringraziarmi, baka » mi scompiglia i capelli e mi lascia andare.
Prendo
la mia coca cola dal frigo e lo raggiungo in salotto dov’è sparito, lo trovo
seduto sul divano.
«
che vuoi fare oggi? Abbiamo un po’ di tempo da occupare » mi dice guardandomi.
« videogiochi e musica, che ne pensi? »
«
ottima idea! » dice entusiasta e insieme raggiungiamo la mia stanza.
Una
volta dentro mi adopero per attaccare la consolle, ho una vasta gamma di giochi
e spero che trovi qualcosa di suo gradimento.
Quando
lo sento troppo silenzioso per il suo solito mi volto verso di lui, mannaggia a
me e a quando non sistemo le mie cose.
«
e questo? » mi chiede facendomi vedere il foglio F4 che tiene tra le dita, ma
io so bene di che si tratta non c’è bisogno che me lo mostri.
«
diciamo, ecco… avevo un po’ di tempo libero e sei interessante da ritrarre »
sento le gote andarmi in fiamme, tra tanti disegni che ho sparsi sulla
scrivania proprio il suo ritratto ho lasciato sopra.
«
è bellissimo » dice posandolo sopra la pila di libri di scuola e avvicinandosi
a me.
Non
mi muovo, ma solo perché sono paralizzato dall’emozione, sento il cuore battere
così veloce che una cavalleria avrebbe da che invidiare.
Si
avvicina a me fino a che i nostri corpi si sfiorano, con due dita mi tiene il
mento e lo spinge verso l’alto in modo da far combaciare i nostri occhi.
Piano
la sua testa si china verso di me e le sue labbra sfiorano le mie, la
sensazione che ne ricavo è paradisiaca ed emozionante.
«
mi hai stregato Matsumoto » sorride bieco, staccandosi un poco dalle mie
labbra.
«
e tu mi hai salvato Suzuki » dico con un filo di voce.
The
End
Che
dite, sono stata troppo sbrigativa? é_è
Però
mi piaceva molto chiudere la fan fiction, con questo bacio che prospetta un
futuro roseo per questa giovane coppia, in questo modo ognuna di voi può
immaginare il resto.
Anzi,
per essere nata come una One-Shot sono andata anche
troppo per le lunghe >_< ** fine delle note sulla ff*
**
inizio blatera mento**
C’è
sempre un mio blatera mento, ma non prendetevela con me, se proprio volete
picchiare qualcuno per questo, andate in Giappone a prendere per le orecchie i
nostri cinque beniamini U_U
Eh
si, perché sono sempre loro che mi mandano in pappa il cervello e voi, ne
subite le conseguenze! :D
Il pamphlet del VC Tour…. Devo aggiungere altro? Non credo, vero? XD
Santo
cielo quanto sono belli! Troppo, troppissimo, di più!
U_U
Potevo
restare indifferente alla splendicità (si dice? XD)
di Uruha? Certo che no! >_<
Potevo
non avere di nuovo l’ispirazione per una nuova One-shot,che
poi one-shot non è?
Va
beh taglio corto, sto scrivendo una nuova cosina, la posterò appena sarà
completata, quindi non sarò assente ancora a lungo XD
Siete condannate ad avermi tra i piedi LOL