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di biondich
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Where everything has started ***
Capitolo 2: *** This might be a problem. ***
Capitolo 3: *** More or less, everything is under control ***
Capitolo 4: *** Liars and common enemies ***
Capitolo 5: *** Mystic troubles ***
Capitolo 6: *** Rendez vous ***
Capitolo 7: *** Missing ***
Capitolo 8: *** An unfair game ***
Capitolo 9: *** Keep it secret. ***
Capitolo 10: *** For her ***
Capitolo 11: *** Double crossings and unsolved mysteries ***
Capitolo 12: *** Once upon a bloody night... ***
Capitolo 13: *** Homecoming:our time won't come tonight ***
Capitolo 14: *** Lie and Prejudice ***
Capitolo 15: *** Watch your world burn ***



Capitolo 1
*** Where everything has started ***


Where everything has started

 

 

 

“Cosa sto sbagliando?”

Quella domanda riecheggiò nell’ampio locale di Chicago, sfiorando ogni superficie intrisa di ricordi. Quell’interrogativo pretendeva una risposta e, al contempo, la rifuggiva, crogiolandosi nell’ottusa consapevolezza di non dover essere, in definitiva, neanche posto.

“Ho spezzato la maledizione.”

Niklaus sentiva le sue certezze vacillare, alla luce dei fatti.

“Devi aver evidentemente commesso un errore.” – Gloria sospirò, poggiando le spalle allo schienale della sedia, lanciandogli un’occhiata fin troppo tracotante, per i suoi gusti.

Sibilò tediato, sentendosi confermare quella che per lui era un’implicita consapevolezza che desiderava con tutto sé stesso soffocare.

“Ascolta, ogni incantesimo ha una scappatoia, ma trattandosi di una maledizione così antica … dovremmo metterci in contatto con la strega che l’ha creata.”- la donna tentò di rabbonirlo, mostrando finalmente quel po’ di soggezione che, sapeva, lo avrebbe appagato.

“Parliamo della strega Originaria, allora.” – sorrise nervosamente l’ibrido, per poi spalancare impercettibilmente gli occhi chiari. Poi, lasciando trapelare una certa qual nota di gusto, proseguì -“ Per quel che ne so, è decisamente morta.”

Cercò una reazione nel volto invecchiato della donna.

“È così .” – Gloria annuì, inarcando lievemente un sopracciglio. “ Per contattarla avrò bisogno di aiuto. Portami Rebekah.”

Oh, ‘Bekah.

Temibile vampira, perfetta primadonna.

Da tempo non sentiva nominare quell’adorabile aspide capricciosa di sua sorella.

Inconsciamente, negò con il capo, perso in chissà quale oscuro meandro della sua mente.

“Rebekah è …molto presa da altre questioni, al momento.”- sorrise candidamente, serrando le labbra, mentre un barlume minaccioso gli accendeva le iridi.

No, ‘Bekah, no.

“Ha ciò di cui ho bisogno. Portamela.”- Gloria sospirò, socchiudendo le palpebre scure e tamburellando con le dita sulla superficie color mogano del tavolo.

“E se avessi un altro mezzo, per contattarla … ‘Bekah non ti sarebbe più poi così indispensabile, ho ragione?”

Klaus ponderò a lungo quella domanda, valutandone i pro e i contro, fin quando non decise di porla.

“Di cosa si tratta?”

“Un anello.”- ghignò lui, lanciando un’occhiata furtiva a Stefan, accantonato in un angolo del bar mentre i grandi discutevano, ed assicurandosi che non stesse origliando. Inclinò leggermente il capo, con uno sguardo eloquente negli occhi, rivolto a Gloria.

“Oh, quell’anello.”- la strega sogghignò, socchiudendo le palpebre e cessando di percuotere la superficie del tavolo.

Niklaus le rivolse un sorriso d’assenso.

“Sai di cosa ho bisogno, agisci di conseguenza.”

“Bene.”- Klaus si alzò rapidamente dal tavolo, con uno sguardo stralunato negli occhi, per poi dirigersi verso Stefan e richiamarlo alla sua dipendenza.

“Coraggio, Stefan, ce ne andiamo.” – sorrise piacevolmente gioviale e soffocò un ricordo ancora fin troppo nitido nella sua mente -“Di’ un po’, hai mai visitato la Polonia?”

***

Bialowiesky, Foresta di Bialowieza, Polonia.

Davvero non sapeva perché fosse tornato lì.

Si era ripromesso che sarebbe stato infinitamente più semplice che risvegliare quella piccola gemma che era Rebekah, eppure le sue gambe si muovevano a fatica, ostacolando il suo incedere.

Era diventato stranamente silenzioso, fin da quando lui e Stefan avevano scorto i primi altissimi pini, in lontananza.

Riconosceva quel luogo ed ora era certo che non dovesse essere lì.

Sei stato piuttosto enigmatico, riguardo questo viaggio. Cos’è che stiamo cercando?”

Stefan aveva accolto di buon grado l’annuncio d’una nuova gita fuori porta, eppure non poteva fare a meno di domandarsi a quale scopo fosse stata organizzata.

E sentiva ancor più lecito il bisogno di sospettare di Klaus.

In quei lunghi mesi che gli erano costati ogni cosa, mai una volta era capitato che l’ibrido non lo avesse messo a conoscenza dei fatti.

Il silenzio di Niklaus lo costringeva a rimanere all’erta, più di quanto non facesse solitamente.

“È inutile sforzare la vista, amico mio, non è con gli occhi che troverai quello che cerchiamo.”

La sua voce era terribilmente roca, oppressa da un ben radicato senso di disagio che l’ibrido provava e che era visibile nei suoi occhi che saettavano, rapidi, da una direzione all’altra, senza sosta.

“E con cosa, allora?”- Stefan sembrò sollevato da quella risposta, per quanto ancor più enigmatica fosse. Niklaus aveva sorriso. Forse, dopotutto, il suo silenzio non celava nulla di oscuro, dietro di sé.

“Con i ricordi.”- sussurrò l’ibrido, tentando di allontanare un’immagine fin troppo vivida nella sua mente.

Quella foresta era una prigione, sentì il bisogno di allontanarsi in fretta da quel luogo pregno di magia.

Una lieve brezza scuoteva appena la alte chiome di quegli alberi color smeraldo, animando i sottili fili d’erba che crescevano ai loro piedi ed ogni piccolo arbusto che si riscosse da un torpore che durava da secoli.

Tutto era rimasto esattamente come allora, constatò Niklaus, assottigliando lo sguardo blu ed affrettando il passo.

“Nik”

Quella voce spezzata e tremante, interrotta da singhiozzi, gli sfiorò la mente, provocandogli un brivido lungo la schiena.

“Nik, svegliati”

Ci stava provando.

“Nik, ti prego”

Aprì gli occhi, rantolò.

Il torpore che gli avvolgeva gli arti svanì, lasciandolo libero di muoversi. Rotolò su un fianco, piegando nuovi fili d’erba sotto di sé, e tossì. I suoi polmoni seguitavano ad espandersi, senza più alcuna ragione.

Smise di boccheggiare. L’aria intorno a lui era svanita.

Puntò gli occhi chiari a terra, mentre tentava di risollevarsi.

“Nik”

Quella voce flebile lo richiamò a sé, costringendolo a sollevare lo sguardo.

Era spaventata, il suo cuore palpitava frenetico, rimbombando nella gabbia toracica con una forza che non gli apparteneva.

La veste chiara, macchiata dall’erba, si confondeva con la sua pelle tanto pallida da risultare trasparente. Piangeva, lei.

Non l’aveva mai vista piangere, da ché la ricordava.

Non piangeva mai, era forte.

“Eva”

“Allora, dimmi, perché siamo qui?”

Klaus trasalì, ringraziando mentalmente Stefan per averlo ridestato da quel ricordo, vivido più che mai, da quando si era nuovamente addentrato in quella foresta.

Affrettò ancora il passo, certo che non mancasse molto.

“Qui è dove tutto è cominciato.”- sibilò, più rivolto a sé stesso che al compagno d’armi.

Stefan assottigliò lo sguardo, ormai giunto alla conclusione che presto o tardi sarebbe venuto a capo del problema. Qualcosa tormentava Klaus, era chiaro.

Ma cosa?

“Eva, cosa …?”- la guardava e ne percepiva la paura.

La osservava e ne sentiva il dolore.

La scrutava e sentiva il sangue scorrerle fluido nelle vene.

Ti ha scelto, Nik, ha voluto te.”- Eva tremava, sibilava con spregio. Si risollevò da terra, lasciando che l’orlo della veste si imbevesse nella fredda rugiada che bagnava ogni superficie di quella foresta eterna, animata dalle loro parole, dalle loro risa, dai loro baci.

Si allontanava.

“Sono io, Eva, resta.”- la chiamò, andandole incontro, tendendole la mano.

I suoi occhi non brillavano più, constatò. Era cambiata.

“Non è vero, Niklaus, questo non sei tu.”- sibilò, indietreggiando d’un passo. La sua paura aumentava, così come cresceva il suo dolore.

Eva non aveva mai paura.

“Vedo ogni cosa in modo diverso, ma tu resti sempre ...”- Niklaus non la guardava più negli occhi senza luce. Preferiva ascoltare il rumore del sangue che correva lungo le pareti di quelle vene blu che le creavano splendidi disegni, sotto la pelle troppo chiara.

“Mi dispiace, Nik.”- non piangeva più, Eva.

Si allontanava da lui, lasciava il loro giardino segreto, per sempre.

“Questo è il posto.”

Niklaus manteneva gli occhi fissi al terreno, seguendo il movimento ipnotico dell’erba, scossa dal vento. Serrò istintivamente la mascella, restò immobile qualche istante, ancora esitante.

“Ne sei sicuro?”- Stefan si guardò intorno dubbioso, scrutando con meticolosa attenzione ogni superficie che li circondava. Aggrottò le sopracciglia e attese.

Ignorando quell’interrogativo, Niklaus osservò il vuoto ancora per qualche momento.

La seguì, la raggiunse con estrema facilità, forse troppa.

La trattenne per un polso, la sentì gemere di dolore.

Eva era debole, ora.

Lui allentò la presa e scorse il calco violaceo delle proprie dita minacciare il pallore della sua mano.

Anche lui era cambiato.

“Devi andartene, Nik, va’ via e non tornare.”- tremava, ancor più di prima, ora che sentiva le dita fredde di lui sulla sua pelle – “ O te ne pentirai.”- sussurrò, cercando in quegli occhi un ragazzo che probabilmente era ormai morto.

“Non voglio.”

“Mi dispiace”- sussurrò lei, facendo scivolare con rapidità un piccolo ramo da una manica della veste macchiata d’erba.

Affondò l’unica arma di cui disponeva in quel petto che tante volte l’aveva accolta e sentì la presa sul suo braccio sciogliersi definitivamente.

Eva correva, era veloce, ma Niklaus lo era infinitamente più di lei. Strappò con forza il piccolo pezzo di legno che gli aveva perforato il torace e lo gettò a terra, accanto ai piedi bagnati dalla rugiada.

Eva cercava riparo, con le spalle ad una corteccia che tante volte aveva sfiorato con le dita affusolate, per poi carezzare i capelli di Niklaus.

Eva che profumava sempre di pino, ora odorava di sangue.

Lui la raggiunse.

Guardò ancora una volta quegli occhi blu, privi della luce che tanto lo affascinava, indugiò su quelle labbra che un tempo lo avevano sfiorato con dolcezza e che ora restavano serrate, nel tentativo di trattenere un grido che lei non si sarebbe mai permessa di emettere, su quelle vene delle quali, spesso, si era divertito a tracciare il percorso, con le dita.

Povera Eva, non si era accorta d’essere cambiata.

Sorrise della sua ingenuità. Lui aveva notato subito che era diversa.

“Nik”

Quella voce spezzata e tremante, interrotta da singhiozzi, gli sfiorò la mente, provocandogli un brivido lungo la schiena.

“Nik, lasciami andare.”

Era arrabbiato. Non voleva che lo abbandonasse.

“Ti prego.”- un piccolo sorriso le piegò le labbra, mentre le lacrime che le offuscavano gli occhi si facevano sempre più rade. Gli sfiorò cautamente uno zigomo con il dorso della mano tremante. La superficie fredda dell’anello che indossava si scontrò con quella ancora più gelida del volto di Niklaus, ormai impassibile a quel gesto che un tempo gli avrebbe riscaldato anche il cuore.

Eva era morta. Davanti a lui, c’erano solo carne e sangue, niente di più.

Scansò la sua mano pallida e ruggì, allontanandosi d’un passo. La guardava con odio, esattamente come lei guardava il mostro dentro di lui.

C’ era riuscita, Eva. Se ne era andata da quel loro giardino segreto, lasciandolo solo, lasciando di lei solo un’ombra, troppo diversa, per essere credibile.

Aveva lasciato solo un involucro di carne, senza luce.

No, quella non era Eva.

“Uno di noi due morirà entro l’alba, Nik.”

I piccoli rami si spezzavano sotto i suoi piedi, mentre tentava d’allontanarsi, un impercettibile passo alla volta.

Perfino l’altra Eva cercava di sfuggirgli.

Il cuore di lei palpitava come ma prima d’ora, il sangue scorreva veloce in quelle vene blu come i suoi occhi, che lo osservavano.

Niklaus sorrideva, con le mani fra i capelli.

Eva era già morta, quante sciocchezze diceva l’altra lei.

Anche lui sarebbe morto, al sorgere del sole. Avrebbe abbandonato quella foresta, lasciandola appassire nei ricordi.

Sentì che il dolore che aveva in petto e che, come un veleno, si diffondeva in tutto il corpo poteva essere guarito soltanto dall’unica cosa che della ragazza era rimasta.

Quelle piccole vene blu delle quali, spesso, si era divertito a tracciare il percorso, con le dita.

Prese per sé tutto quel che poteva, assimilandolo avidamente, cercando Eva in ogni goccia scarlatta che stillava dal suo corpo.

Aveva cessato di resistergli. Si, lei era debole, ora.

Le braccia candide risultavano ancor più pallide, pregne di sangue. Il terriccio, mescolato al rosso scarlatto che le si incrostava addosso, minacciava il suo bel viso. Gli occhi blu spenti e lontani guardavano Niklaus, ancora bagnati dalle lacrime.

Eva era morta, lei che avrebbe potuto vivere per sempre, se solo l’avesse voluto, se solo gliel’avesse chiesto, se solo non si fosse trovata con lui, in quella foresta che improvvisamente divenne per lui una prigione. Lì avrebbe lasciato la sua più grande colpa.

Lì Eva sarebbe rimasta al sicuro, protetta dai ricordi. Lontana da tutti, lontana da lui.

Lì avrebbe lasciato la sua umanità ed ogni memoria, impedendo al mostro che era di violarle ancora.

 

Niklaus trattenne a stento un ruggito, infastidito dalla pressante forza con cui quelle memorie si facevano spazio nella sua mente. Represse ogni turbamento, soffocò ogni nuovo frammento di una vita mai realmente vissuta che tentava di riaffiorare.

Affondò i canini nel palmo della mano e lo strinse, lasciando che il sangue ricadesse a terra, stillando ad intervalli irregolari.

Con un’impercettibile scossa, il terriccio si aprì, rivelando un passaggio, invisibile ad occhio nudo, che conduceva ad un’ampia galleria sotterranea.

“È …una tomba?”

Stefan pretendeva risposte.

Seguì Klaus in quel passaggio ed avanzarono entrambi, avvolti in un’oscurità quasi tangibile che sembrava avvolgerli come una spessa coltre. Un forte odore di stantio invase le loro narici, l’aria rappresa sembrava essere rimasta la stessa per secoli, se non di più.

“Cos’è questo posto”- gli occhi verdi e allarmati del vampiro saettarono lungo quel lungo corridoio che appariva senza fine, riuscendo a malapena a scorgere la sagoma di Klaus, qualche metro più avanti.

“Fa silenzio, Stefan, e portale rispetto. Senza di lei, nessuno di noi due sarebbe qui, ora.”- ghignò l’ibrido, mentre il tormento lasciava posto all’eccitazione, man mano che si avvicinavano al centro della catacomba.

Libero dai ricordi, Niklaus sentiva finalmente di trovarsi esattamente dove doveva essere.

Estrasse dalla tasca posteriore dei jeans scuri che indossava una torcia elettrica e lasciò che il fascio bianco illuminasse il cunicolo sotterraneo che iniziava ad allargarsi.

“Ciao, Eva.”- sussurrò con forte ironia, giungendo nell’ampia camera al termine della galleria.

Sorrise diabolico, lasciando che la torcia illuminasse lentamente lo spesso sarcofago di legno, al centro della stanza.

“Di chi è questa tomba …”

Stefan osservò allarmato la bara, scorse le sagome di numerosi ritratti che intrappolavano nelle loro tele lo stesso viso d’angelo.

“Detesto venir meno ad una vecchia promessa, ma ho davvero bisogno di una mano. A dire il vero, mi basterà solo un dito, mia cara.”

Sorrise sprezzante, mentre lasciava che il fascio bianco della torcia illuminasse la sagoma scura della cassa di legno.

“Ma cosa …”

Sbarrò gli occhi blu, attonito. Raggiunse il sarcofago in poche ampie falcate, percorso da un brivido d’orrore, che tentò invano di celare.

Osservò con comprensibile stupore la cassa di legno scoperchiata, mentre la torcia illuminava l’interno della bara, terribilmente vuota.

“Sembra che qualcuno sia stato qui, prima di noi.”- sentenziò Stefan, chinandosi accanto al sarcofago, percorso da un’insolita calma che compensava lo stato di agitazione in cui versava Niklaus.

“Questo è impossibile.” – sibilò l’ibrido, mantenendo a stento un completo controllo della voce. Illuminò il coperchio, permettendo al compagno di scorgere quelle che erano le prove che confutavano la sua tesi: piccoli graffi percorrevano le assi scure, i chiodi che un tempo lo sigillavano perforavano ancora il legno, dando evidente segno che la cassa fosse stata aperta dall’interno.

“Questo posto è protetto da un incantesimo. Nessuno può entrare, a meno che non sia io a permetterlo. Sono stato io a sigillare la tomba.”

Stefan colse una nota malinconica, in quell’ultima frase. Annuì fra sé, tornando ad osservare il sarcofago, per poi deglutire nervosamente.

“E riguardo l’uscire?”- gli parve quasi naturale porre quella domanda, non ebbe tempo di valutarne le conseguenze.

Niklaus cessò di carezzare le assi scure della cassa e serrò la presa intorno ad esse.

Eva non c’era, l’anello non c’era.

“È una circostanza che non avevo preso in considerazione, amico mio.” – mantenne la calma. Se lo impose. Inclinò lievemente il capo, illuminando con la torcia i dipinti, accostati alla parete di fronte a loro. Osservò quegli occhi blu, incorniciati da capelli chiari, la giovinezza di quel viso intrappolato nelle tele, poi volse lo sguardo sul suo compagno d’armi, in piedi accanto a lui - “A quanto pare, Eva se ne è andata.”

 

 

 

 

 

 

Biondich Caverna:

Anzitutto, ehilà!

Se siete arrivati fin quaggiù, lo considererò già un successo personale.

Cos’è l’obbrobrio che avete appena finito di leggere?

È un modesto tentativo di dare risposta ad un importante quesito che mi sono posta e che, probabilmente, avrà interessato molti altri: come diavolo riuscirà Mikael ad uccidere Klaus?

Questa storia seguirà per quanto più possibile la terza stagione, partendo dall’episodio 3x03.

Perché la Polonia e la cupa ambientazione nella foresta?

Basandomi sulle scarse informazioni che ho trovato, riguardo il bel tenebroso Niklaus, ho scoperto solamente che nacque nell’Europa dell’Est, durante l’età del Bronzo.

Ho scelto la Polonia, essenzialmente a caso, facendo “ anghingò”. Non ne vado fiera.

Altra domanda plausibile: chi accidenti è ‘sta Eva?

Ebbene, ogni dettaglio di questo personaggio, collegato al passato e al futuro di Klaus, sarà svelato man mano che la storia andrà avanti.

Se sarà una melensa storia d’ammore che stravolgerà il miglior bad guy dell’anno, sino a renderlo press’a poco innocuo?

Assolutamente no, non sarei neppure in grado di scriverla, ad essere onesta.

Chissà, magari qualcuno la leggerà davvero, questa storia.

Ad ogni modo, penso di aver detto tutto.

Cavolo, la presentazione è la parte più difficile!

D’accordo, ho finito davvero.

Alla prossima,

Biondich!

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Capitolo 2
*** This might be a problem. ***


This might be a problem

 

 

 

Temo di aver capito male.

Klaus sorrise, inevitabilmente, mentre una luce selvaggia si impossessava dei suoi occhi.

Ancora una volta, il Destino si era fatto beffa di lui, umiliandolo.Osservò con severità la strega davanti a sé, cercando nel suo volto anche un minimo segnale che gli facesse intendere che stava mentendo.

Era tornato indietro, aveva attraversato un luogo che si era ripromesso non avrebbe mai più violato, aveva infranto una promessa millenaria e si era ritrovato al punto di partenza. Eva non cera e con lei era scomparso anche il suo maledettissimo anello.

Aveva messo a soqquadro la catacomba, distruggendone il contenuto, in un raptus di rabbia, sotto gli occhi confusi di Stefan.

Mi hai sentita perfettamente, invece. - Gloria scosse il capo, sospirando - Non posso rintracciarla. È come se non esistesse.

Incrociò le braccia al petto ed abbassò lo sguardo debano, osservando il suo riflesso confuso nella superficie lucida di un tavolo del suo locale a Chicago.

È alquanto impossibile. Ha scoperchiato una bara, immagino questo comporti il possedere una certa consistenza. - sorrise minaccioso Klaus, invitandola a fare un altro tentativo- Prova ancora.

Le porse ancora una volta un piccolo quadretto dagli angoli smussati ed il colore incredibilmente invecchiato. Due grandi occhi blu tornarono ad osservare la strega, dal dipinto.

Gloria sbuffò spazientita, arricciando lievemente il labbro superiore. Respinse con delicatezza il ritratto, spostandolo verso librido.

Ti ho detto che …”

Prova ancora. - insistette il ragazzo, mentre la sua voce assumeva un tono sempre meno cordiale. Le restituì il quadretto, senza interrompere il contatto visivo.

Rassegnata, la strega riprese fra le mani il ritratto, constatando, ancora una volta, di non poter rintracciare la proprietaria di quei dolci occhi blu.

Non funziona. - Gloria sbottò spazientita, frastornata, per poi abbandonare il piccolo quadro sul tavolo ed osservare, sprezzante, Nik - Deve essere protetta da un incantesimo che la rende invisibile. Qualcuno la sta nascondendo.

Beh, questo è un problema. - ghignò nervosamente lOriginale, serrando la mascella e battendo violentemente un pugno sulla superficie di legno di fronte a cui sedeva. Addossò le spalle allo schienale della sedia ed accavallò una gamba.

Lo è. Ma credo ci sia un punto ben più essenziale da trattare: hai idea di chi e perché potrebbe averla riportata in vita?

Dovrei?- si mostrò perfino sorpreso da quella domanda.

Mentiva.

Un barlume di consapevolezza aveva attraversato i suoi occhi, costringendolo ad emettere un ringhio sommesso.

Sarebbe daiuto. Qualcuno ha compromesso lEquilibrio della natura, questo posso sentirlo. Qualsiasi sia il motivo che lo ha spinto a risvegliarla, non è positivo.

Per me?- Klaus sorrise ingenuamente, mentre i suoi occhi si illuminavano pericolosi.

Per tutti.

Suppongo che questo significhi che dovremo risvegliare Bekah, ora. - prese un lungo respiro, scostando lo sguardo altrove ed imponendosi mentalmente di restare calmo. Si alzò di scatto, puntando lo sguardo blu scuro sulla laconica figura del giovane Salvatore, accomodato ad uno sgabello del bancone, in rigorosa solitudine - Ce ne andiamo, Stef …”

LEquilibrio è stato compromesso, ciò vuol dire che deve essere ristabilito al più presto. Devi ritrovarla e lasciare che le cose tornino a loro ordine naturale.

Forse.- librido sibilò minaccioso, sporgendosi verso la donna e scrutandola con meticolosa attenzione. Le carezzò uno zigomo, per poi sorridere mefistofelico.

È necessario. - Gloria lo osservò con determinazione, scansando la sua mano gelida.

Allora, ti suggerisco di rintracciarla in fretta. - le intimò tetro lOriginale, tornando improvvisamente serio- Ho una questione più urgente da risolvere. Amo ragionare con un problema alla volta.

Coraggio, Stefan, è ora di andare.

Il ragazzo al bancone spostò gli occhi verdi sullibrido, osservandolo sotto una nuova luce. Strinse quasi morbosamente la fotografia che teneva fra le mani, per poi osservarla ancora una volta, augurandosi che la sua vista gli avesse fatto solo un terribile scherzo. Trasalì, quando rivide, impressi in quellimmagine, lui e Klaus, nei lontani anni 20, in una posa di fraterna amicizia che lo scombussolò comprensibilmente.

Ma come Perché questa foto ci ritrae insieme, Klaus - si avvicinò con ampie falcate allOriginale, mostrandogli limmagine, con lo sguardo di smeraldo ricolmo di interrogativi e di incertezze -Dimmelo!

Nik sorrise divertito, celando un certo qual disagio. Scostò lo sguardo altrove, serrò ancora una volta la mascella.

È davvero ora di andare.

 

***

Massachussetts centrale, U.S.A.

 

Sembri pensierosa.

Charles Sinclair la osservava dallo specchietto retrovisore di una Mustang del 68, da poco riverniciata in rosso. Un cimelio di famiglia, lunica cosa che realmente gli fosse rimasta dei suoi genitori, insieme ad una vecchia casa nei pressi di Salem ed una promessa che lo aveva vincolato per tutta la vita.

Orientò leggermente lo specchietto, garantendosi una visuale più ampia su di lei, stranamente silenziosa, da almeno 50 miglia. Non era mai stata una ragazza loquace, ma fra il parlare poco e lapparente mutismo cera una differenza abissale. Attese.

Scusami, è solo un po di stanchezza. Siamo in questa macchina da uneternità.

La sentì sussultare, quasi si fosse ridestata da un lungo sonno interrotto brutalmente dalla sua voce. Spostò lo sguardo grigio sullautostrada, poche miglia li separavano da Boston. Sorrise soddisfatto e accelerò leggermente.

Colpa tua. Avremmo potuto prendere un aereo e viaggiare in totale comfort, ma le tue paranoie hanno optato per la via lunga e tortuosa. - gli occhi di Dorian Wolfskin si accesero, mentre si voltava ad osservarla, con un sorriso sghembo sul volto squadrato -E decisamente colpa tua.- ghignò divertito, incrociando il suo sguardo.

Charles tornò a scrutarla con meticolosa attenzione: tutto di lei, dal respiro leggermente accelerato alla posizione del corpo, proteso in avanti, dava ad intendere quanto quellaffermazione lavesse irritata.

Non mi piacciono gli aerei.

Respiro regolare, spalle nuovamente addossate allo schienale: aveva lasciato correre le provocazioni.

E non ti piacciono i bus, le metropolitane e qualsiasi mezzo che, strano ma vero, si vocifera essere stato ideato per facilitare gli spostamenti. - Dorian fece schioccare la lingua, arricciando leggermente il labbro superiore: evidente segno di quanto la questione lo urtasse. Se dipendesse da te, dovremmo muoverci a piedi.

Charles si ritrovò a pensare che Dorian non avesse tutti i torti. La partenza da Manchester non era certo stata delle più semplici; la soluzione migliore era stata quella di salire a bordo di una nave da crociera: a quel punto, Dorian aveva scoperto di soffrire il mal di mare.

Le proprie gambe sono il mezzo più sicuro.

La sentì borbottare, la vide distendersi sul sedile posteriore, con le mani dietro la nuca e le lunghe gambe piegate: si augurò che avesse pulito le suole delle scarpe, prima di salire in macchina. Sorrise bonariamente a quello che di sé vedeva nello specchietto. Era praticamente certo che non lo avesse fatto.

La tua tecnofobia comincia a darmi sui nervi, Eva.- sibilò Dorian con spregio, voltandosi nuovamente verso di lei-Dovresti abbandonare il magico mondo amish di Eva e accettare il fatto che la tecnologia è parte integrante della vita delluomo. Da un pezzo.

Lei aggrottò lievemente le sopracciglia castane e ricambiò il profondo sguardo di sfida che il ragazzo le aveva lanciato.

Piantala di abbaiare, cane.- lo canzonò, per poi incontrare gli occhi grigi di Charles, nello specchietto retrovisore, che la scrutavano.

Labbra curvate verso il basso, pupille a punta di spillo: non era offesa, ma era stata portata a riflettere.

Rimase in silenzio, non proferì altro.

Charles era certo che Eva avesse compreso che, dietro a quelle provocazioni amichevoli, si celava un rimprovero condiviso persino da lui. Lincapacità di Eva ad adattarsi ai cambiamenti li limitava e, presto, sarebbe diventata un ostacolo. Per questo laveva portata con sé, voleva sbloccarla.

Che Eva non appartenesse a quel tempo era incredibilmente chiaro, per lui. Ma, per nascondersi a dovere, lei avrebbe dovuto imparare a mescolarsi, a conformarsi.

Era terribilmente difficile mantenere celato un diamante in una scatola piena di carbone, si disse.

Dorian uno, Eva decisamente zero.- ghignò lamico, provocando un ringhio sommesso da parte della ragazza che si portò una mano fra i capelli, per ravviare la chioma bionda.

Charles sorrise, mentre guidava: confrontarsi con Dorian Wolfskin non avrebbe che giovato al suo modo di rapportarsi con il mondo.

Avvertì un lieve colpo al proprio schienale ma decise di non farci caso. Si augurò solo che il piede di Eva non avesse lasciato traccia di sé, sulla stoffa.

Incenerì con lo sguardo Dorian, intento a fare zapping con la radio. Lo interruppe, prima che la delicata manopola cambia canale si disintegrasse, poi tornò a posare gli occhi grigi sulla strada.

Charles amava il silenzio, Dorian aveva bisogno di distrarsi dalla forza con cui i suoi pensieri urlavano nella sua testa. Eva era un ottimo diversivo.

Non dirmi che ti sei offe …” - sorrise sghembo Wolfskin, mostrando una fila di denti bianchi e perfettamente curati. Gli occhi verdi percorsero la figura supina della ragazza, per poi spalancarsi allarmati. Un rivolo di sangue, che affiorava dal naso, le bagnava le labbra. La chiamò ripetutamente, senza ricevere alcuna risposta. Aveva perso conoscenza. Maledizione.- sibilò, scavalcando verso il sedile posteriore.

Ma che diavolo …”- Charles osservò basito lamico, indugiando sul da farsi. Accostò rapidamente, preparandosi al peggio, per poi abbandonare il posto del guidatore e raggiungere i sedili dei passeggeri. Dorian sollevò delicatamente Eva, estraendola dalla macchina. Il corpo inerte, i muscoli del collo e delle braccia totalmente rilassati non lasciavano presagire nulla di lontanamente positivo.

Lepistassi sembrava essere terminata, Dorian si rincuorò. Ma Charles temeva più per la causa. Non era normale, non sarebbe dovuto succedere. Le prese il polso fra il pollice e lindice, facendo lievemente pressione su quelle vene blu che le decoravano le braccia pallide ed inerti.

Bassa pressione, Eva ne soffriva da sempre. Difficile dire a quanto fosse arrivata.

Mettila giù, sollevale le gambe.- Charles si chinò sui polpacci, osservando con le sopracciglia aggrottate la ragazza, apparentemente senza vita.

Attese ancora qualche istante, mormorando parole incomprensibili alle orecchie di Dorian, piuttosto teso.

Eva spalancò gli occhi blu, sentì il fiato venirle meno ed una terribile morsa allo stomaco, che la costrinse a trattenere un conato. Osservò entrambi i compagni con occhi vuoti, sentì gli arti, deboli ed intorpiditi, riacquisire pian piano vigore.

Qualcuno ha cercato di rintracciarmi.

Lo mormorò ripetutamente, realizzandone, di volta in volta sempre di più, il significato.

Ma di che diavolo stai parlando?

Ne sei certa?- Charles la aiutò a risollevarsi da terra, permettendole di appoggiarsi alla sua spalla destra. La sua voce calda lasciò trapelare un certo qual comprensibile scetticismo, contrariamente a quanto avrebbe voluto.

Si, si ne sono certa! - sibilò Eva, dopo aver fulminato entrambi i ragazzi con lo sguardo bluastro, ancora lievemente scossa.

Si appoggiò alla portiera dellauto, con le braccia incrociate al petto e gli occhi chiari che guardavano senza alcuna particolare attenzione i lacci consunti delle Superga bianche che indossava. Deglutì nervosamente, si morse linterno delle guance, prima di tornare ad osservare i due compagni di viaggio.

È lui, deve essere lui.- la sua voce si incrinò lievemente. Evitò lo sguardo indagatore di Charles, certamente intento a psicanalizzarla -Mi sta cercando.- avvertì i muscoli delle gambe tendersi e tramare lievemente, senza alcun controllo. Cercò di ignorare i segnali di agitazione che il suo corpo le mandava.

Manteniamo la calma. - gli occhi verdi di Dorian saettarono ora su di lei, ora su Charles, in cerca di una qualche conferma alla sua teoria-Non può tracciare la tua posizione, siamo al sicuro. - lespressione spavalda che solitamente regnava sul suo volto lasciò rapidamente posto ad unaria ben più seria -Right?
Se lincantesimo di tua nonna Elizabeth si fosse indebolito, se …”- la ragazza abbandonò la posizione rigida, lasciando trasparire le sue preoccupazioni. Con un piccolo slancio, si avvicinò ai due, cercando sicurezza negli occhi grigi di Charles che non si era ancora pronunciato, in merito allinaspettato risvolto che quel loro viaggio stava prendendo.

Gli incantesimi non hanno una data di scadenza, Eva. Il cervello di Dorian, forse, ma gli incantesimi no. - con un caldo mezzo sorriso, Charles Sinclair sembrò rimproverare bonariamente i due amici, per le drammatiche conclusioni affrettate a cui erano entrambi giunti -Credevo lo sapessi.

Eppure, si tradì. Lasciò che quel sorriso scomparisse fin troppo rapidamente dal suo volto e trasmise loro una sensazione dincertezza.

È lui. Questa volta non mi permetterà di fuggire, se ci sta cercando, ci troverà.- lapidaria, concisa, terribilmente franca. Eva aveva dato vita alle paure più recondite di Charles, di Dorian e di se stessa.

Wolfskin emise un ringhio basso e spostò lo sguardo verdognolo altrove, serrando la mascella ed imprecando sottovoce.

Qual è il piano, allora?- sospirò infine, lanciando unocchiata eloquente a Charles, per poi posare gli occhi sulla ragazza dallo sguardo preoccupato, che si mordeva il labbro inferiore, persa in chissà quale ragionamento.

Scappiamo- sentenziò Eva, guardandoli entrambi con decisione. Il viso era serio, fortemente intenzionato a mettere in pratica quanto detto. Ce ne andiamo il più lontano possibile da qui e preghiamo che abbandoni le ricerche.

La sua non era codardia: era la chiara consapevolezza di quanto impossibile sarebbe stato, per loro, opporsi al loro predatore.

Molto eroico.- Dorian ghignò, facendo schioccare nuovamente la lingua.

Se preferisci, possiamo aspettarlo qui. Forse ci ringrazierà per avergli fatto risparmiare benzina.- sibilò la ragazza, avvicinandosi a lui. Inclinò leggermente il capo da un lato, per poi tornare ad osservare entrambi, con fermezza.

Touchè.- si limitò a replicare Wolfskin, levando in aria le mani, in segno di resa.

La bionda aprì rapidamente lo sportello della Mustang, ben intenzionata ad salire a bordo e porre fra sé e il Cacciatore il più elevato numero di chilometri possibile. Dorian la seguì, prendendo posto accanto al guidatore e richiudendo, con violenza, la portiera.

Hai intenzione di tornare in macchina?

Charles le regalò spontaneamente un mezzo sorriso, in risposta: era un meccanismo di difesa che utilizzava quando era sovrappensiero. Sollevò appena il mento, scrutando Eva, con gli occhi grigi che tentavano di penetrare la sua mente tanto misteriosa. Gli riusciva estremamente difficile comprendere cosa esattamente stesse pensando.

Sto cercando di metabolizzare la cosa.- replicò lui, avvicinandosi allauto- Riesci a darmi un paio di minuti?

Se non avessimo questo ferro vecchio fra i piedi, potresti metabolizzare camminando.- mugugnò lei, corrucciando le sopracciglia fine in unespressione fortemente contrariata. Entrò in macchina, lasciando che i suoi pensieri scorressero fluidi. Si rese conto di avere paura, più di quanta potesse immaginare, più di quanta ne volesse avere.

Lascia la Mustang fuori dai nostri problemi.- sibilò Charles, più a se stesso che alla ragazza, rientrando poi nel veicolo. Accese il cruscotto dellauto, per poi spengerlo nuovamente, profondamente piccato. Cercò nello specchietto retrovisore gli occhi di Eva e la sentì distante, con lo sguardo blu puntato lontano, oltre il finestrino, oltre i limiti dello spazio e del tempo.

Allora, da che parte andiamo?- Dorian tamburellò con entrambe le mani sul cruscotto, scaricando la tensione. Zombie, qualche idea?- richiamò lattenzione di Eva, costringendola ad interrompere il flusso dei suoi pensieri. Lei si sporse in avanti, osservando distrattamente la strada davanti a sé, per poi deglutire a fatica e sospirare.

Suppongo non resti che cercare Lui.

Ebbe un fremito, quando pronunciò quella frase. Nella sua mente aveva scatenato una sensazione differente, le era parsa persino una buona idea. Ora, non poteva che restare a guardare gli effetti che quelle parole avrebbero provocato nei due ragazzi.

Non siamo neanche certi che quel coso ci stia realmente dando la caccia! Potresti aver avuto un calo di pressione o di zuccheri, hai fatto colazione, stamattina? Sei ancora più pallida del solito. - ringhiò Wolfskin, voltandosi verso di lei e regalandole uno sguardo stralunato - Sei così melodrammatica che potresti aver male inteso e …”

Ho provato la stessa sensazione, dopo il risveglio. Per questo sono sicura che ci stia cercando.- sibilò lei, afferrandogli malamente un braccio, spazientita dallironia che pervadeva le sue parole. Lo fulminò con lo sguardo, soffiando come un gatto.

Sono passati novantanni, forse la tua memoria comincia a fare cilecca.

Dorian!

Bene! - ruggì Wolfskin, battendo violentemente un pugno sul cruscotto e guadagnandosi unocchiata malevola di Charles -Ma prima di lanciarci in una ricerca che, onestamente, assume unintensa sfumatura di suicidio, suggerirei di vagliare attentamente ogni possibilità.

Può proteggerci, forse è lunico che può farlo.

Eva evitò di incontrare gli occhi grigi di Sinclair, fin troppo certa che la stessero osservando con rimprovero.

Siamo al sicuro, non abbiamo bisogno daiuto esterno.- rispose Charles, lapidario.

Non sarebbero ricorsi a quello, per salvarsi. Non era necessario, avrebbe pensato lui ad ogni cosa, a proteggere quella che era diventata la sua famiglia. Nessun deus ex machina, per il momento.

Ha bisogno di me.- protestò la ragazza, aggrappandosi allo schienale del suo sedile. Charles si irrigidì. Non riusciva a darsi un contegno, non a quelle parole. Non tollerava che si parlasse di quel mostro, non dopo ciò che aveva fatto. Ognuno di loro era stato irrimediabilmente ferito dalle sue azioni.

Hanno entrambi bisogno di te, solo che uno dei due ti vuole rispedire al Creatore.

Ci serve aiuto.- insistette Eva, con un tono di voce ben meno polemico. Sospirò, addossando nuovamente le spalle allo schienale, per poi appoggiare i gomiti alle ginocchia, nel tentativo di sorreggere la testa, fin troppo appesantita da quella situazione.

Ci ucciderà.- brontolò Dorian, con gli occhi verdi che osservavano un punto indefinito allorizzonte. Guardò con apprensione il sole che si nascondeva, lentamente, dietro le montagne. A breve, sarebbe sorta la luna.

Non lo farà. - rispose seccamente la ragazza - Senza di lui, moriremmo, in ogni caso.

Non ne sei convinta neanche tu, Eva! - Charles sibilò, colpendo con forza il volante, con entrambi palmi delle mani - Comincio a credere che sia solo un tuo stupido capriccio per Ce la caviamo alla grande, noi tre. Lui non ci serve.

Non voglio morire, ma so che non dovrei vivere.

Eva guardava lontano, molto più di quanto Charles potesse immaginare.

Avvertì un brivido percorrerle la schiena, mentre nella sua mente riecheggiava cupa la sentenza che su di lei era stata fatta.

Morta per donare la vita. Viva per restituire la morte.

Ho bisogno di risposte.- suonava come unimplorazione.

Non è la persona più adatta a cui porre questa domanda, Eva, questo lo sai.- Sinclair percepì il contrasto interiore che la tormentava e non poté fare a meno di chiedersi quale fosse la scelta più saggia. Lui non poteva darle la risposta che lei cercava da quasi un secolo, ormai. Forse, nessuno poteva.

E allora, chi?

Non lo so. - ammise francamente il ragazzo, emettendo un sospiro- Ma, per quel che mi riguarda, farò di tutto per far sopravvivere te e, perché no, magari anche noi due. - indicò Dorian, per poi sorridere debolmente alla ragazza nello specchietto - Che ne dici di accontentarti di questa risposta?

Non sarà mai abbastanza - soffiò Eva, nel tentativo di lasciar scivolare via le preoccupazioni. Mascherò la tensione con un piccolo sorriso.

Intendi mettere in moto questo relitto o cosa?

Parlando di vecchi relitti, Eva, la mia Mustang del 68 è molto più giovane di te. Sentiti pure libera di offenderti.- ghignò Charles, rilassando i nervi e distendendoli.

Fa muovere questa cosa o lo faccio io.

Bene. - sorrise sardonico Sinclair, rimettendo in moto il veicolo - Ma, ti prego, fammi un fischio, quando e se mai ritroverai il tuo senso dellumorismo.

Tsk.

Therefore- Dorian sorrise nervosamente, ben deciso a fare il punto della situazione - La nostra vacanza è ufficialmente finita, right? Lo immaginavo. Zombie-Eva colpisce ancora. Senza offesa, darling. Ma il pubblico si domanda: che faranno i nostri eroi? Andranno in cerca del gran Bastardo originale?- ghignò divertito, provocando uno sbuffo da parte di Charles ed un ringhio sommesso di Eva che tirò un calcio al suo schienale, sibilando considerazioni piuttosto aspre sulla sua persona.

Non credo di volerlo scoprire, sai?- lo assecondò Sinclair, accelerando ancora un po.

Io temo che non sarò qui, per i risvolti, amico.- il sorriso di Dorian si incrinò considerevolmente, mentre i suoi occhi osservavano con rassegnazione il sole, ormai quasi del tutto scomparso, dietro lorizzonte. Dì un po, manca ancora molto a Salem?

Charles lo osservò perplesso, per poi realizzare la motivazione di quella domanda.

Bloody Hell, la luna.

Almeno un paio dore.- la sua voce calma non riuscì a tranquillizare Wolfskin, fin troppo teso - Riesci a resistere?

Dorian stava sudando freddo. I muscoli delle braccia e del collo erano in tensione, il volto era attraversato da impercettibili spasmi facciali, la mascella era serrata nel tentativo di tacere le apprensioni che lo tormentavano.

Desolato, Potter.- ghignò Wolfskin, serrando poi le labbra, mentre lasciava unultima occhiata allombra del satellite che pian piano affiorava. Temo di dovervi lasciare qui, signori.

Adesso?- Eva arricciò lievemente il naso, osservando la nuca castana di Dorian, davanti a sé.

Potrei restare, ma poi, mentre vi squarcio, non vorrei sentirmi dire Che diavolo, Dorian!Non si fa! - ghignò, facendo sorridere Charles - Sono un tipo piuttosto permaloso.

La Mustang rossa accostò sul ciglio della strada, lasciando che nellaria riecheggiasse il fastidioso rumore dei freni mal funzionanti.

Torneremo a prenderti.

Charles rassicurò lamico, sorridendo bonariamente. Dorian era spaventato, lo era sempre, quando calava la notte.

Vi conviene. O lo humour in questa storia se ne andrà al Diavolo!

Woflskin sorrise grato, prima di richiudere lo sportello dellauto ed osservarla allontanarsi.

Era solo. Si lasciava abbandonare alla sua maledizione ed ogni volta ne usciva sconfitto. Schiavo della luna, servo della notte, Dorian Wolfskin attese che, ancora una volta, quellincubo si ripetesse.

 

 

 

Biondich Caverna

Good morning, ladies and gente!

Benvenuti nelloscuro locus horridus in cui risiede la discutibile scrittrice a tempo perso di questa storia, per cominciare.

Ebbene si, ci sono tre nuovi personaggi introdotti, brevemente e per sommi capi, in questo capitolo!

Nella speranza che vi abbiano fatto una buona prima impressione, vi pongo la fatidica ( e ovvia) domanda: che ne pensate?

Anyway, mentre affilate le falci, accendete le torce e indossate i cappelli da folla inferocita perché reputate questo capitolo un fiasco, io ringrazio caldamente chi ha letto, recensito e messo questa storia fra le seguite!

Con questo vi saluto, promettendo un aggiornamento più frequente.

Ossequi,

Biondich!

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Capitolo 3
*** More or less, everything is under control ***


More or less, everything is under control

 

 

 

Riesci a vederlo?

Eva affilò la vista, guardandosi intorno con aria fortemente perplessa. Si stiracchiò senza troppi complimenti, ascoltando con una certa qual preoccupazione il sinistro scricchiolio delle proprie ossa, dopo una notte passata su di uno scomodo materasso, in un motel poco lontano. Osservò lalta figura di Charles, fin troppo calmo.

No, affatto.- commentò distrattamente il ragazzo, scandagliando il tratto di autostrada con meticolosa attenzione. Sibilò infastidito, si portò una mano fra i capelli castani per poi serrare la presa sul retro della nuca.

Non si allontana mai di molto, in genere.-commentò la bionda, aggirando la Mustang, per raggiungere Sinclair.

In genere, non ha così tanto spazio. - puntualizzò Charles, con un mezzo sorriso amareggiato - Resta vicina alla macchina, nel caso dovesse tornare. Io vado di là.

Fu costretto a porre una mano davanti agli occhi grigi, socchiudendoli, per mantenere la visuale sul tratto di strada pressoché deserto in cui si trovavano.

Lasciarmi sul ciglio di unautostrada americana è prudente, secondo te?

Eva non aveva tutti i torti. Anzi, non ne aveva nessuno.

Sorveglia la macchina, potrebbero rubarla.- Charles era teso, più di quanto avrebbe voluto. Le aprì la portiera, invitandola a salire, con un sorriso cordiale.

Rubarla? - lei arricciò il naso, piuttosto contrariata. Le venne da ridere.

Nessuno vorrebbe questa cosa, fra i piedi. Ma potrebbero volere me!

Allora, ti suggerisco di salire dentro la cosa, così sarai al sicuro.- sogghignò Charles, prima di allontanarsi verso il nulla, in cerca di Dorian.

Bloody Hell, si augurò che non gli fosse accaduto nulla di male.

La vibrazione del suo cellulare lo riscosse dai suoi pensieri, sorprendendolo. Avveniva di rado che quel vecchio Nokia squillasse, erano pochi gli amici che ancora si ricordavano di lui. Erano molti quelli che lo sapevano morto.

Pronto?

Charles? Bloody hell, finalmente!

Sinclair avvertì un insolito impulso omicida che gli provocò un brivido lungo la schiena.

Dove diavolo sei? Credevo fosse chiaro che con torneremo a prenderti intendessimo qui dove ti abbiamo lasciato. - sibilò a denti stretti, voltandosi poi indietro, verso la Mustang.

Eva sedeva a gambe incrociate sul cofano, con una mano sotto il mento e laria terribilmente annoiata.

Ho girato un po, è vero. Ma sto bene, puoi dire a Frankengirl di non preoccuparsi.

Dorian, dove sei.- Charles sembrò fortemente irritato dal tono gioviale dellamico . Trattenne un ringhio sommesso, sospirò. Ci stai rallentando.

Non proprio vicino, ecco. Sono nella Città dellAmore fraterno, ti dice niente?

Filadelfia?

Sinclair chiuse gli occhi, imponendosi di restare calmo. Si augurò che non gli desse conferma.

Right. - oh Hell, no. - Nel Roxborough, per la precisione.

Come.

È una lunga storia, ti consiglio di lasciar perdere. - lo sentì sorridere amaramente, prima di abbassare il tono di voce- Ma ho bisogno che mi raggiungiate, il più in fretta possibile.

Non se ne parla, non è lì che siamo diretti. Io ed Eva andremo a Salem, trova un modo per raggiungerci.

Sul serio, Charles. - la voce di Dorian s’incrinò- Dovete raggiungermi qui, quanto prima. Le cose si mettono piuttosto male.

Charles serrò le labbra, volgendo lo sguardo a terra, in segno di concentrazione.

Di che si tratta?

Le ultime notizie sul Gran Bastardo Originale, per tutti G.B.O., portano dritte in Tennessee. Cè stata una strage, in quelle foreste, un vero Inferno, mai visti tanti cadaveri tutti insieme da quelle parti, a quanto si dice in giro.

Umani?

Sinclair corrugò le sopracciglia, piuttosto contrariato. La voce calda ed autoritaria lasciò trasparire una piccola nota di allarme. Si voltò con discrezione verso Eva, constatando che non si era mossa. Tornò a guardare la strada deserta, si addossò ad un guardrail malconcio.

Licantropi, tutti quelli che è riuscito a trovare. Sembra abbia cercato di trasformarli in cosi come lui, ma qualcosa è andato storto. Nessun superstite.

Da chi hai preso queste informazioni?

Rimase impassibile, persino dopo aver ascoltato qualche aspro commento di Dorian circa il suo essere espressivo quanto Lurch, lenergumeno della famiglia Addams.

Una fonte attendibile, la stessa che mi ha recuperato, vestito e permesso di fare questa telefonata. Nora Carter, strega in libera professione.

Dorian aveva dato fiducia ad una sconosciuta. Il ché non lo sorprese più del dovuto. Sembra a posto.

Ah, davvero?

Le hai detto qualcosa?- Sinclair sospirò rassegnato, portando ancora una volta una mano fra i capelli e scompigliandoli leggermente. Inconsciamente, negò con il capo, preoccupato che Wolfskin si fosse tradito. Non sarebbe stata la prima volta, certamente.

Non sono un idiota, Charles. Niente più del dovuto.

La risposta amareggiata e consapevole di Dorian lo appagò.

Vi aspetto sulla Park Road, 410. Nora ha qualche asso nella manica, saprà indirizzarci sulla giusta strada.

Verrò da solo, non voglio che veda Eva.

Rassegnato, Charles si abbandonò contro il guardrail, per fare il punto della situazione. Ascolterò cosha da dire, poi prenderemo una decisione. Non intendo andare a chiedere la protezione di Niklaus, Dorian. Una volta scoperto dovè, ci limiteremo ad avvicinarci. Se lui scappa, scappiamo anche noi. Se lui resta, vuol dire che non abbiamo motivo di preoccuparci.

Bene, old boy. A presto.

Sinclair ripose malamente il cellulare nella tasca dei pantaloni, per poi imporsi mentalmente la calma. Tornò lentamente verso lauto, indossando una delle sue migliori espressioni rilassate ed in pace con il mondo di cui disponeva il suo ampio repertorio.

Era Dorian?

Eva lo osservava con gli occhi blu ridotti a due fessure, senza celargli il suo sospetto. Scese dal cofano, parandosi davanti al ragazzo, senza interrompere il contatto visivo.

Già. - Charles le sorrise cortese, constatando con piacere che lei stava mettendo in pratica alcune semplici regole sulle interazioni sociali, da lui insegnatele - A quanto pare, è a Filadelfia.

Lei arricciò lievemente il naso, comprensibilmente stupita.

Sali in macchina, andiamo a recuperarlo.

Non può raggiungerci qui?

Domanda più che lecita. Charles sorrise, aprendole la portiera ed invitandola a risalire nella Mustang. Raggiunse rapidamente il posto del guidatore, serrò le labbra, liberandosi, per una frazione di secondo, dellopprimente peso di dover mentire ad Eva.

Pensavo ti avrebbe fatto piacere visitare un posto nuovo. - un nuovo falso sorriso gli piegò le labbra, mascherò tutti i segni che, sapeva, avrebbero potuto tradirlo - Di persona, intendo.

Credevo non vedessi lora di raggiungere Salem.

Eva sembrava non credergli. Comprensibile. Quella scusa non reggeva, non con una come lei. Per quanto terribilmente apatica e leggermente misantropa fosse, non si sarebbe mai lasciata ingannare così facilmente. Nemmeno da lui.

Rilevare una proprietà comporta centinaia di scartoffie. Tutto sommato, rimandare ancora un po non mi dispiace.

Mh.- la ragazza sollevò lievemente il mento, socchiudendo le palpebre, per poi raccogliere le ginocchia al petto ed accendere la radio- Sembri preoccupato.

Lo sono?

Charles sorrise infastidito, mentre metteva in moto la macchina.

Dimmelo tu.

Va tutto bene, Eva.- la guardò a lungo, nel tentativo di infonderle sicurezza ed allontanare ogni sospetto- Ma non mi entusiasmano affatto altre quattro ore di macchina.- sorrise compiaciuto. Era riuscito ad ingannare perfino se stesso.

Dorian me la pagherà.- mugugnò Eva, abbandonando la testa contro lo schienale. Non amava essere rinchiusa nello stesso posto, troppo a lungo. Rimanere per più di mille anni in una catacomba laveva resa comprensibilmente claustrofobica.

Puoi giurarci.

***

Chicago, Illinois.

Le ragazze di questepoca indossano davvero questi affari?

La sua voce sconcertata riempì laria, annunciando la sua imminente riapparizione. Avvolta in un babydoll che lasciava ben poco allimmaginazione, Rebekah fece il suo ingresso, riemergendo dai camerini come un rettile dalla sua tana. Persino la bocca, curvata verso il basso in segno di capricciosa altezzosità, ricordava le fauci di un anaconda, pronta ad avvolgerli nelle sue spire e a divorarli, si disse Stefan. Il vampiro aggrottò le sopracciglia, osservando lo champagne nel bicchiere. Forse ne aveva bevuto fin troppo.

La vampira osservò il fratello, placidamente accasciato su di un sofà, in attesa di una risposta che la soddisfacesse.

Così è, tesoro. - sospirò Klaus, lasciandosi servire ancora un po di alcolico. Le sorrise minaccioso, prima di assaporare avidamente il liquido nel bicchiere- Siamo giunti ad una conclusione?

Davvero non capisco perché questi stracci vadano di moda.

Bekah fece una breve piroetta su se stessa, sorridendo vanitosamente alla sua immagine riflessa nello specchio.

Un tempo, vestirsi da prostitute era fonte di discriminazione.

Il suo tono appariva sempre meno convinto. Cinguettava quasi svogliatamente, per mantenere la stessa ottica di partenza.

Aveva potuto constatare di persona quanto quellabito le donasse, pur mostrando fin troppa carne, per i suoi gusti.

O di implicita stima maschile.- ghignò Nick, levando un brindisi al quale si unì Stefan.

Come mi sta?

Domande del genere comportavano una lunga e ben strutturata riflessione.

Sublimemente, come sempre. - Nik rispose con tono mellifluo, sorridendole ironico- Andiamo, mia dolce moralista?- il suo volto si incupì.

Davvero non capisco perché tu sia così scontroso, oggi.

Beh, mia cara, avevo bisogno di una cosa soltanto da te e tu lhai persa.

Klaus trattenne a stento un ruggito. Osservò distrattamente il pavimento in linoleum della boutique, per poi prendere un lungo respiro e tornare a guardare la sorella, astioso.

Si era trovato costretto a risvegliarla, per cause di forza maggiore. Le aveva chiesto aiuto ed aveva scoperto che lei non poteva darglielo. Come una capricciosa my fair lady, Rebekah si era lasciata distrarre ed aveva perso lunico reale motivo di manifesta gratitudine, da parte di Klaus. Senza la collana di sua sorella, lIbrido si ritrovava al punto di partenza.

Mh. - la vampira inarcò lievemente un sopracciglio, prima di ignorarlo e convergere la propria attenzione sul suo avvenente ex fidanzato -Hai qualche commento, Stefan?

Ama sentirsi ripetere che è lei stessa ad impreziosire gli abiti e non viceversa.- gli sussurrò Nik, facendo si che la ragazza lo sentisse.

Mi piace, sul serio.

Stefan le rivolse un sorriso piuttosto contenuto, congiungendo le mani ed intrecciando le dita fra loro.

Più la osservava, più si diceva che, per quanto bella fosse, non lo impressionava più come un tempo. Forse, non lo aveva mai affascinato realmente.

Di un uomo, una donna apprezza il modo in cui tiene fra le mani un bicchiere di Bourbon e la sua capacità di mentirle. - rispose lei, alquanto piccata, prima di rivolgere unaltra occhiata compiaciuta al suo lato B nello specchio -Fino ad ora, sei stato una delusione, Stefan.

Non stavo mentendo.- sorrise lui, allargando le braccia ed ostentando uningenuità che non gli apparteneva.

So sempre quando menti.

Suonava come un avvertimento.

Questo non lo prendo. - sospirò tediata la vampira, piroettando unultima volta, prima di farsi aiutare ad aprire la chiusura lampo da una commessa - Vado a provare labito blu, torno fra un paio di minuti.

Scomparve nei camerini, mormorando un A questo punto, mi chiedo cosa indossino le prostitute. che fece sorridere di gusto i suoi due accompagnatori.

Bel lavoro, davvero. - sbottò Klaus, rivolto a Stefan. Conciliò quel rimprovero con un sorriso profondamente seccato, per poi assaporare ancora una volta il contenuto del bicchiere. Di questo passo, ci occorrerà unaltra eternità.

Ho bisogno di prendere una boccata daria, che tu ci creda o no.- il giovane Salvatore si massaggiò il retro della nuca, sospirando esausto. Persino la sua vista e le sue orecchie sembravano ormai essere ovattate da veli di crepes e tulle.

Ti dispiace se esco un attimo?

Torna in tempo per la sfilata, o la signora avrà buone ragioni per offendersi.- Klaus agitò con eleganza una mano in aria, emettendo un sospiro accondiscendente. Socchiuse gli occhi blu, prima di rivolgerli malevoli verso i camerini.

Contaci.

Stefan abbandonò la boutique, affrancandosi delle catene di veli e seta che lo avevano imprigionato da quella mattina. Si lasciò abbracciare dai caldi raggi che bagnavano Chicago, godette della sensazione di libertà e sollievo che aveva provato, non appena era evaso da quella prigione fatta di tele e drappeggi.

Fu in quel momento che la vide. Il suo cuore morto non poté che rianimarsi, per un breve istante, mentre lui la osservava al contempo meravigliato ed allarmato.

Katherine sorrise in sua direzione, per poi fargli cenno di raggiungerla, con discrezione.

Stefan represse lamara consapevolezza che lo aveva attanagliato, per qualche istante: una parte di sé aveva sperato con lintensità di mille soli che quella fosse Elena. Lo aveva desiderato, urlato, pianto, dentro di lui.

Eppure, Stefan fu grato che così non fosse. Si sarebbe certamente tradito, con lei.

Riemerse dai suoi tormentati pensieri solo quando raggiunse la vampira, un isolato più in là.

Che diavolo ci fai tu qui?- sibilò, con le sopracciglia terribilmente aggrottate ed unaria minacciosa che mascherava un comprensibile senso di disagio.

Piaciuta la Polonia? Così mi offendi, Stefan.- sorrise sorniona lei, portandosi una ciocca di capelli scuri dietro lorecchio- Hai un nuovo BFF e non mi dici nulla?

Stefan inspirò profondamente, arricciando lievemente il labbro superiore.

Addio, Katherine.

Aspetta un secondo. - lei lo costrinse a fermarsi, serrando la presa sul suo braccio destro, per poi addolcire il tono di voce fin troppo sfrontato.
Se lui ti trova qui, ti uccide.

Katherine sorrise compiaciuta, lieta di constatare che il Quasi Malvagio sembrava interessarsi ancora a lei. O forse, quella frase era stata una semplice formalità.

Klaus cerca la collana di Rebekah. La collana ce lha Elena perché glielhai regalata tu. - la vampira assottigliò lo sguardo scuro, senza allentare la morsa con cui lo tratteneva - Questa trama è così avvincente che non ho potuto fare a meno di venire a chiederti di persona cosa intendi fare.- conciliò la frase con un sorriso ironico.

Loro non sanno dovè la collana, io farò in modo che non lo scoprano. Ho tutto sotto controllo.

Lo immagino.

Stefan avvertì un forte impulso omicida, di fronte a tanto sarcasmo.

Ora, sul serio, qual è il piano?

La osservò interdetto, corrugando le sopracciglia e serrando la mascella, domandandosi se stesse scherzando.

Tutto qui?- lei sembrò rammaricarsi - Lo stai sottovalutando. Klaus è più furbo di te e me, è due passi avanti a tutti.

Pare che qualcuno, invece, lo abbia superato.

Fu lei, allora, a tacere e ad osservarlo incuriosita.

Smetti di essere così enigmatico, Stefan, mi viene voglia di farti davvero molto male.- gli sferrò un pugno che di amichevole aveva ben poco, alla spalla, per poi increspare le labbra.

Si chiama Eva.

E?- Katherine inarcò un sopracciglio, stringendosi nelle spalle, per poi incrociare le braccia al petto.

Non so altro, Klaus non ama parlarne. Ma era lei il motivo del viaggio a Bialowiesky. Abbiamo visitato la sua tomba.

E?- Kat lo osservava scettica, indossando una maschera di arrogante disinteresse.

Il suo fine cervello, nel frattempo, registrava meccanicamente le informazioni stentate che uscivano dalla bocca di Stefan.

Klaus credeva di trovarla lì, ma non cera. È scappata.

Parliamo di cadaveri in salute, allora. - riassunse brevemente lei, celando il suo interesse - Farò qualche ricerca, se è quello che vuoi.

Devo andare.- Stefan sospirò pesantemente, guardandosi intorno con uno sguardo che Katherine riuscì a descrivere unicamente come quello dun condannato a morte al quale non era stata concessa neppure lultima sigaretta.

Si era reso conto desser stato via fin troppo a lungo. Sapeva ci sarebbero state delle conseguenze.

Fai attenzione, Stefan, specie alla biondina. Ti distruggerà.- la vampira addolcì lo sguardo, mentre liberava il suo braccio dalla morsa dacciaio in cui lo aveva imprigionato. Lo lasciò andare, augurandosi che non fosse lultima volta.

Addio, Katherine.

 

 

 

***

Filadelfia, Pensylvania.

Charles Sinclair camminava silenzioso lungo Park Road, osservando con meticolosa attenzione il mare dumanità in cui si ritrovava immerso. Ricambiò meccanicamente i sorrisi di circostanza che gli furono rivolti, accelerò il passo, schivando con agilità le grandi buste delle ladies di Filadelfia.

I suoi occhi grigi percorsero rapidamente i numeri civici e le ampie vetrine colorate, in cerca del 410.

Deglutì nervosamente, constatando dessere giunto a destinazione. Un palazzo insolitamente grigio, dallintonaco che ricadeva a terra, formando piccoli cumuli di cemento, si ergeva fra un coiffeur dallaria decisamente chiusa ed un piccolo monolocale in vendita. Si avvicinò allampio portone laccato in verde, piuttosto titubante, constatando quanti pochi fossero i residenti di quelledificio malmesso.

La serratura scattò, costringendo Charles a puntare i brillanti occhi grigi sulla figura che ne emergeva e ad indietreggiare appena, sul marciapiede.

My friend, - Wolfskin gli sorrise grato, dandogli una pacca sulla spalla ed ignorando deliberatamente il suo sguardo inquisitore.

Zombie è lontana da qui?- lo sussurrò con discrezione, lanciando una breve occhiata alla porta dietro di sé.

È al sicuro.

Sinclair aggrottò le sopracciglia con sospetto.

Si diede mentalmente una pacca sulla spalla, constatando che lasciare Eva altrove era stata unottima idea. Aveva deciso di non fidarsi e sentiva daver fatto la scelta giusta. Avvertiva uninsolita sensazione di disagio e di allarme.

Bene. Perché Nora non è decisamente una dei nostri. - ghignò Dorian, indicando il portone con il mento- Avanti, entra.

Sinclair si irrigidì. Seguì il licantropo allinterno del complesso, entrando con riluttanza dentro un ascensore probabilmente mai regolamentato ed avanzando lungo un ampio corridoio tappezzato con una carta da parati verde marcio che sembrava essere il collante dellintera struttura.

Varcò la soglia dellunico appartamento apparentemente abitato del piano e, subito, avvertì un odore fin troppo familiare solleticargli le narici. Linconfondibile aroma di infuso alla verbena lo portò a ritenere che la padrona di casa fosse una persona accorta.

Labitazione era complessivamente disordinata e rispecchiava lesterno del palazzo. Il grigiore malato dellintonaco era interrotto solo da alte librerie ricolme di tomi sconosciuti e raccoglitori posizionati senza alcun reale sistema di catalogazione.

Il fischio di una teiera lo costrinse a posare lo sguardo sulla pacchiana tenda di perline che separava lampia camera che faceva da ingresso e salotto dalla cucina.

In uno scroscio di frammenti di plastica, la padrona di casa fece il suo ingresso, accogliendo con un caldo sorriso benevolo il nuovo ospite.

Nor, lascia che ti presenti il mio vecchio amico Charles. - Dorian le venne incontro, ostentando lo stesso entusiasmo di un cane nei confronti di chiunque gli abbia tirato la palla- Charles, lei è la mia salvatrice.

Sinclair studiò lamico con attenzione, realizzando che la sua era una farsa. Il labbro superiore leggermente tremante ed il restringersi delle pupille erano un chiaro segno di quanto egli si sforzasse di mostrarsi naturale.

Charles si disse che, con un po di allenamento, Wolfskin sarebbe diventato un discreto bugiardo.

Cominciavo a chiedermi chi ti avesse allentato il guinzaglio.- sorrise maliziosa la donna, porgendogli una mano, in un gesto che, Charles capì, di cordiale aveva ben poco. Cera ostilità nel modo in cui lei protendeva la mano verso di lui, nel modo che aveva di guardarlo.

Sinclair rifiutò la stretta di mano, sorridendo impacciato.

Mea culpa, lo ammetto. - ghignò, rifugiando entrambe le mani in tasca- Ma non si ripeterà. Vi ringrazio, maam, per averlo aiutato.

Non capita tutti giorni di incontrare due gentlemen inglesi, qui in città. - Nora sembrò rammaricarsi del mancato saluto, ma mascherò la delusione con un nuovo sorriso- Grazie a voi per aver interrotto la mia monotonia. Ma credo che tu non sia qui per questo, tesoro.

Nora posò lo sguardo nero su Charles, scrutandolo con insana curiosità.

Dorian ha detto che avete informazioni attendibili sullIbrido.

Lo tengo docchio da un po, in effetti. - la strega si allontanò verso la cucina, riemergendone con un vassoio riempito di una teiera e tre tazze di infuso- Tu saresti proprio il suo tipo, ragazzino.- sorrise a Dorian, porgendogli un boccale.

Dio non voglia, madame!- sorrise nervosamente Wolfskin, sorseggiando il contenuto del recipiente e riconoscendo la verbena, fra le erbe che lo componevano.

Ha tentato di trasformare almeno un centinaio di licantropi, fino ad ora. La strage in Tennessee risale a poco meno di una settimana fa. Da quel momento, ha mantenuto un profilo piuttosto basso, per i suoi standard.- Nora si fece seria, porgendo la tazza a Charles. Lo osservò con attenzione, attendendo che lui prendesse fra le mani il bicchiere.

Si è spostato?

Charles prese un piccolo sorso di infuso, conscio del fatto che un nuovo rifiuto lo avrebbe reso evidentemente ostile e sospetto. Le sorrise, complimentandola per lottima qualità della bevanda.

Non è più in Tennessee, questo è certo, ma non saprei dirvi altro. Come ho già detto, ha decisamente ridotto il numero di morti e le sue tracce sono svanite.

Immagino si sarà posto qualche domanda, riguardo i suoi fallimenti.- Charles prese posto su di un sofà dun improbabile arancione scuro, imponendo alla sua mente di ignorare il fatto che fosse quasi certo daver visto almeno un paio di mozziconi di sigarette, dietro ad un cuscino a pois blu.

Potrebbe aver avuto bisogno di una consulenza. Hai qualche nome per noi, Nor?- Dorian lo affiancò, accomodandosi a cavalcioni su di un bracciolo, sorseggiando avidamente il suo tè.

A parte me, sweety? - sorrise la strega, servendogli altro infuso- Ora che ci penso, conosco una donna che potrebbe fare al caso vostro. È molto invidiata, fra noi streghe, e, personalmente, ha tutto il mio odio e la mia stima. Non è da tutte trovare un incantesimo che rallenti linvecchiamento, ma è decisamente da lei tenerselo stretto e non condividerlo. Chiedete di Gloria, a Chicago. Cinquanta dollari che è coinvolta.

Siete stata di grande aiuto, maam. Siamo in debito. - Sinclair appoggiò con cura la sua tazza di tè su di un tavolino posto accanto al divano, poi si alzò, palesando il suo intento di levare le tende quanto prima- Dobbiamo andare, Dorian.

Wolfskin lo osservò a lungo, prima di restituire alla padrona di casa il suo infuso e schioccarle un piccolo bacio sulla guancia.

Ciao, ma chere. Sei stata un angelo.

Raggiunse Charles, incamminandosi verso il disimpegno ed osservandolo con rimprovero. Essere sospettosi andava bene, ma mostrarsi scortesi e tendenzialmente sociopatici era fin troppo.

Permettete una domanda, prima di andare?

La voce della donna li costrinse ad arrestarsi. Si voltarono, indossando entrambi i migliori sorrisi del loro repertorio ed attesero, scambiandosi una fugace occhiata dintesa.

Quello che vuoi, darling- ghignò Dorian, invitandola a parlare.

Perché cercate lIbrido?

Wolfskin si irrigidì. Nora gli aveva già posto quella domanda, prima che arrivasse Charles. A quale scopo ripeterla, se non per verificare che non stesse mentendo?

Siamo qui in vacanza e vorremmo tenerci alla larga dagli inconvenienti.- Sinclair rispose in modo molto generico e lamico gliene fu grato. Le loro versioni si assomigliavano, dopotutto. Gran bel gioco di squadra, dovette ammetterlo.

Il cattivo tempo lo avete già in Inghilterra, dico bene?- lei sorrise bonariamente, incrociando le esili braccia al petto e stringendosi nelle spalle.

Qualcosa del genere.- sorrise Charles, indietreggiando di un passo verso la porta. Una curiosa sensazione alla bocca dello stomaco gli fece intendere che cera qualcosa che non andava. O che non aveva digerito il tè.

Suppongo dovrei tenermi anchio alla larga da voi, allora.- Nora pronunciò quella frase con semplicità, mentre il suo sguardo sincupiva ed il sorriso si tramutava in un ghigno tuttaltro che amichevole.

Pardon?- Sinclair inarcò un sopracciglio, irrigidendosi. La osservò allarmato, mentre Dorian si prodigava ad aprire la porta. Un insolito scatto diede ad intendere ai due giovani inglesi che il meccanismo era stato bloccato.

Non avrei mai pensato di incontrare un Sinclair, nella mia vita.

Quella frase li fece rabbrividire entrambi. Lo sguardo grigio di Charles si illuminò per un breve istante, mentre serrava la mascella e sollevava lievemente il mento, tentando di comprendere come quella donna potesse averlo riconosciuto. Era certo di non essersi tradito.

Mi confondete con qualcun altro, Nora. - sorrise ingenuamente, allargando le braccia costernato- Vi ringrazio ancora per il prezioso aiuto, con permesso.- indicò la porta, per poi tornare a guardare la donna.

Rigidamente composta, con un pericoloso ghigno a sfigurarle il volto non più giovane, gli diede ad intendere quanto poco fosse disposta a credergli.

E tu sei un Wolfskin, non è vero? - sorrise lei, volgendo lo sguardo in direzione di Dorian, laconico accanto allamico- Davvero una tremenda maledizione, la tua, sweety. Una pena del genere si infligge soltanto ai peggiori traditori.

Wolfskin cadde a terra, con un grido straziato, contorcendosi e gemendo, con entrambe le mani sulle tempie e le dita che si uncinavano alla pelle della nuca nel tentativo di porre fine alla dilaniante tortura a cui la strega lo stava sottoponendo. Charles protese una mano verso di lei, mormorando un incantesimo che potesse contrastarla ed impedirle di seguitare il supplizio. La donna interruppe il contatto con Dorian, per poi rivolgere uno sguardo astioso al giovane Sinclair e concentrare le proprie energie contro di lui.

Parole mai udite, frasi pericolose scaturivano dalla sua bocca, accanendosi contro Charles. Lo stregone avvertì una lieve brezza carezzargli il petto, poi quel tenue venticello sembrò assumere una consistenza propria e lo trapassò, smorzandogli il fiato. Gli ostruì la gola e ben presto, Sinclair fu costretto a piegarsi sulle ginocchia, in preda al soffocamento. Spalancò gli occhi grigi, protese una mano verso la strega, tentò di respingerla, senza alcun risultato. Il volto olivastro assunse toni sempre più prossimi al violaceo, per poi sfumare verso un grigio malato che lo omologava allintero appartamento.

Libero dallopprimente morsa che gli aveva sconvolto la mente, Dorian si issò in piedi a fatica e si gettò con quanta forza aveva in corpo verso Nora, augurandosi che ciò bastasse ad impedirle di uccidere Charles. Lo sentì tossire e boccheggiare, sintomo che aveva ricominciato a respirare.

Sollevò Nora di peso, bloccandole il busto con un braccio ed avvolgendole laltro intorno alla gola, con una mano ben salda dietro la nuca, deciso a spezzarle il collo seduta stante.

Il suo respiro era più veloce, lo sguardo meno sicuro, la mente fin troppo libera dal controllo che la sua natura umana avrebbe dovuto esercitare su di lui. Perfino di giorno, la sua maledizione aveva delle ripercussioni sul suo comportamento.

Dorian, no!- rantolò Sinclair, risollevandosi da terra, esausto.

Sa chi siamo.- sibilò con spregio il licantropo, stringendo ancora di più la morsa in cui immobilizzava la strega. Emise un ringhio basso, posò gli occhi verdi sullamico che lo osservava cauto.

Così pare.- Charles si avvicinò, scrutando con attenzione le pupille dilatate di Wolfskin. Aspetta.- disse con voce calma, atta a non agitare ulteriormente il ragazzo.

Non puoi chiedermelo sul serio. - Dorian indietreggiò dun passo, trascinandosi dietro la strega -Se la lascio vivere, ci braccheranno, fino alla morte.

Sinclair annuì. Erano parole veritiere, le sue. Dovevano ripulire le tracce del loro passaggio, prima di tirarsi dietro nuovi problemi. Nora Carter era una traccia.

Stavate mentendo, maam?

Charles si avvicinò con esasperante lentezza alla donna, messa a tacere da una mano di Dorian. Ne esaminò lo sguardo, cercò microespressioni che la tradissero. Non aveva mentito. Probabilmente, perché era certa che li avrebbe uccisi.

Well, than. - ghignò malevolo lo stregone, mentre i suoi occhi grigi si illuminavano duna luce insolita. Estrasse con rapidità un piccolo stiletto dalla tasca posteriore dei pantaloni e trapassò la gabbia toracica della donna, ponendo fine alla sua vita.

Nora si accasciò a terra, con gli occhi sbarrati per la sorpresa, seguitando ad osservare Charles, oltre le soglie della morte.

Il ragazzo estrasse con forza larma dal torace della donna, poi le chiuse gli occhi, in segno duna tradizione che voleva che lo spirito fosse rinchiuso nel corpo per favorire il passaggio da una vita terrena ad una ultraterrena.

Raggiunse la cucina e ripulì lo stiletto dal sangue che lo inumidiva, poi indossò nuovamente la sua maschera di impassibilità. Osservò con interesse i tomi nelle librerie disordinate della fu Nora e decise che avrebbe fatto ritorno in quellappartamento per esaminarli.

Non una parola, con Eva. Mi hai capito?

Scrutò Dorian con attenzione. Temeva sarebbe crollato, tante erano le preoccupazioni che lo attanagliavano.

Più che mai, ora, Wolfskin si era reso conto del perché la strega sapesse di loro. Era stata la sua maledizione a tradirli. Un licantropo trasformato durante una notte di luna calante era incredibilmente insolito. Probabilmente, i Wolfskin erano gli unici lupi mannari a dover patire le pene dellInferno ogni notte, tranne che con la luna nuova.

Come sempre.- soffiò, costernato.

Dorian sentiva di essere lanello debole del gruppo. Era lui lostacolo.

Le ho lasciato il tuo telefono, chiamala, mentre recupero la macchina.- Charles gli porse il suo vecchio Nokia, per poi dargli una pacca sulla spalla ed incitarlo a lasciare quellappartamento. Avrebbero ripulito nel pomeriggio, si disse.

Lhai lasciata da sola?- Dorian lo osservò accigliato, rigirandosi fra le mani il citofono che Sinclair si ostinava a chiamare cellulare. Aveva perfino la cornetta.

Al Franklin Institute, cè una mostra interessante. - replicò con nonchalance lo stregone, optando per prendere le scale- Era il posto più tranquillo che ho trovato.

Hai scaricato Eva in un museo e davvero ti aspetti di ritrovarla lì?

Chiamala. - sospirò infine, uscendo dal palazzo- Torno fra un paio di minuti.

Dorian si addossò ad una parete e digitò il proprio numero, augurandosi che Eva non avesse disimparato come rispondere. E che non avesse danneggiato il suo preziosissimo iPhone.

My love!

Dorian?- la ragazza parve sorpresa. Era davvero riuscita a far funzionare quella maledetta trappola. Evitò locchiata malevola di un sorvegliante che le indicava con veemenza il divieto duso di cellulari allinterno della struttura e sgattaiolò verso lingresso, evitando di incrociare comitive o guardie.

“Sei ancora al Franklin Institute, right?”

“Tirami fuori da qui.”-lo pregò, guardandosi intorno con aria annoiata.

“Vengo a salvarti, Zombie.” - sorrise il suo interlocutore- “A fra poco, allora.”

“Aspetta!Come si spegne questo coso?”

“Questo coso, cosa?”

“Il cellulare.”

“Non devi spegnerlo, darling, perché è l’unico mezzo con cui possiamo rintracciarti, per ora. Limitati a premere il tasto rosso che compare sullo schermo, okay? Un po’ come faceva quello scimpanzé, su NatGeo, la settimana scorsa.”

“Cos-?”

Il ridondante segnale di telefonata interrotta fece intendere a Dorian che la ragazza aveva trovato il tasto rosso.

“Esattamente.”

 

 

 

Biondich Caverna

Ouch, è stato un capitolo piuttosto difficile da scrivere, che ci crediate o meno!

Ambientate nel quarto episodio della terza stagione, “Disturbing behavior”, queste quindici pagine di Word quassù vogliono far luce sui nuovi personaggi da me introdotti e seguitare a sviluppare la trama della storia.

Tanto per spoilerare, nel prossimo aggiornamento sarà chiarita l’identità di Eva, per chi si stesse chiedendo chi diavolo è.

Nella speranza che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, attendo con trepidazione le vostre considerazioni a riguardo!

Ringrazio calorosamente chi ha recensito lo scorso capitolo, chi ha letto questa storia e chi l’ha messa fra le preferite e le seguite!

Thanks,

Biondich!

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Capitolo 4
*** Liars and common enemies ***


Liars and common enemies

 

 

Per quanto resteremo?

Dopo essere stata riesumata dal museo in cui era stata intrappolata tutta la mattina, Eva aveva definitivamente archiviato Filadelfia fra le città da evitare, durante una fuga.

Lontana dalle occhiate invadenti delle guardie di sicurezza che l’avevano schedata come soggetto a rischio, si era nascosta in un angolo, all’ingresso dell’edificio, ed aveva atteso il ritorno dei suoi compagni di viaggio, evitando comitive e fingendosi straniera con chi le domandava le ubicazioni delle sale.

All’arrivo di Charles e Dorian, non aveva posto più di tante domande, spingendoli letteralmente fuori dal museo e minacciando con violenza Sinclair che aveva proposto di rivisitare l’edificio, tutti insieme.

Ancora qualche giorno. - replicò pacato Charles, appoggiando il borsone da viaggio sul letto. Aveva prenotato una suite, nel pomeriggio, per farsi perdonare da Eva di averla malamente scaricata. Non ti piace Filadelfia?

Non quello che ho visto fino ad ora.”- sbottò lei, appoggiando un fianco allo stipite della porta che divideva la sua camera da quelle dei due ragazzi.

Aveva osservato con meraviglia l’ampiezza della stanza e l’aveva gradita, libera da quel senso di prigionia che spesso l’aveva colta, rimanendo chiusa in luoghi, a suo dire, troppo piccoli. Un tiepido sole pomeridiano filtrava attraverso le grandi finestre che affacciavano sul centro della città, avvolgendo le stanze dalle pareti color crema, luminose ed elegantemente arredate.

Si chiese quanto fossero costate, quanto Charles avesse speso. Era più che certa che non rientrasse nel loro budjet. Ma non le importava. Finalmente, avrebbe riposato in tranquillità.

Il Franklin Institute è un museo ricco di storia, uno dei più conosciuti. Davvero non lo hai trovato interessante?

Non devi rispondere per forza, Eva. - Dorian sogghignò divertito, catturando in un asciugamano i capelli castani ancora imperlati dall’acqua, dopo una doccia che lo aveva messo di buon umore- Tanto non capirebbe.”- stirò addosso la T-shirt grigia appena indossata.

Lunico da ringraziare sei tu, Dorian. - la bionda lo fulminò con lo sguardo blu, grugnendo seccata- Se non ci avessi costretti a tornare indietro, me lo sarei risparmiata.

Saprò farmi perdonare, domani. - Wolfskin le rivolse un sorriso sghembo, lanciando con disinvoltura l’asciugamano sul lavandino del bagno- Non ti farò pentire di essere tornata a prendermi, my love.

Qui è tutto pronto. Quando vuoi, D.

Una teiera di un improbabile colore turchese fischiava impaziente, sospesa a mezz’aria, sotto lo sguardo vigile di Charles. Lo stregone le fece toccare lentamente il tavolo dell’accogliente salotto che separava le camere ed attese qualche minuto, lasciando che si raffreddasse.

L’inconfondibile odore dolciastro delle erbe che componevano l’infuso fece storcere il naso ad Eva che osservò, con le sopracciglia aggrottate, l’amico riversare in un bicchiere da scotch un liquido di un improponibile color fango.

“Non c’è niente di meglio di un disgustoso brodo di qualunque cosa Charles abbia trovato attaccata alle suole delle scarpe per conciliare una sana maledizione millenaria.” - sospirò amareggiato Dorian, accomodandosi al tavolo ed emettendo un ringhio sommesso, mentre si rigirava fra le mani il bicchiere tiepido, piuttosto riluttante ad assumerne il contenuto. “Ha un odore balsamico”- fece sorridere Charles. Eva arricciò il naso, non avendone colto il senso ironico. “Un brindisi?”

“Passo.”

“Non ho sete.”

“Codardi.”- ghignò Wolfskin, mandando giù tutto d’un fiato l’infuso stomachevole.

L’incantesimo di Sinclair accelerò gli effetti della bevanda e, qualche minuto dopo, Dorian scivolò a terra, privo di conoscenza, decisamente colto di sorpresa. Eva lo osservò allarmata, prima di accorrere verso di lui.

Charles si avvicinò, meravigliato dalla rapidità con cui l’infuso di Elleboro aveva agito. Prese l’amico da sotto le braccia, trascinandolo nella sua stanza. Lo issò sul letto, seguito da Eva, ancora piuttosto scettica, riguardo l’orribile bevanda che aveva tramortito il licantropo.

Lo aiuterà a passare la notte.”- Sinclair la rassicurò, regalandole un tiepido sorriso nella speranza che lei si confortasse.

Si trasformerà comunque, non è vero?

Non posso bloccare la mutazione. - sospirò rammaricato lo stregone, raggiungendo il salotto ed abbandonandosi su di un comodo sofà verde salvia- Ma questo gli impedirà di fuggire o, peggio, di fare del male a qualcuno. E metterà meno a rischio il suo fisico.

Siete stati via a lungo, stamattina.

Eva prese posto su di una sedia, volgendola verso il ragazzo. Lo scrutò con attenzione, nel tentativo di interpretare le espressioni del suo volto. Dove eravate?

Aveva lasciato correre, durante la giornata, troppo grata per essere uscita dal Franklin Institute, ma ora sentiva il bisogno di sapere. Charles non l’avrebbe mai abbandonata a se stessa, senza un reale motivo.

Conosci Dorian, è un tipo piuttosto estroverso. - lui sorrise, allargando le braccia, per poi addossare le spalle allo schienale- Era in casa di estranei, per questo ho voluto che non ci fossi. Non si è mai troppo prudenti.

Un alibi perfetto.

La tua maglietta è sporca.

Lo sguardo blu di lei cadde sull’orlo della maglietta del ragazzo, macchiata da piccoli schizzi d’un inconfondibile rosso scuro.

Un motivo in più per fermarci qui, qualche giorno. - Sinclair nascose istintivamente le macchie di sangue con la mano, sorridendo candido, per poi rimproverarsi mentalmente di non aver ripulito una traccia così evidente- Abbiamo bisogno di trovare una lavanderia a secco.

La ragazza inarcò leggermente un sopracciglio, per nulla convinta da quella versione dei fatti. Spostò lo sguardo sulle ampie finestre della suite, constatando che il sole era ormai tramontato, lasciando di sé solo un tenue ricordo.

Vado a fare una doccia, okay?”- la ragazza si alzò, sospirando, per poi dirigersi verso il bagno. Si affacciò nella stanza di Dorian e lo osservò dormire placidamente, pieno di una calma che mai avrebbe avuto, se non fosse stato per l’infuso di Charles.

Bene. Chiamo il servizio in camera. Qualche preferenza per la cena?

Decidi tu. - sospirò svogliata Eva, prima di scomparire nella propria stanza e riemergerne con un accappatoio- Non ho molta fame.

Era stanca, fin troppo. Avvertiva un’insolita morsa allo stomaco che riconosceva essere consapevolezza.

Charles le aveva mentito. Non lo aveva visto nel suo volto, eppure, ne era certa.

Raccolse i capelli lunghi, ancora umidi sulle punte, in una treccia, prima di indossare un’ampia T-shirt e rifugiarsi nel suo ampio letto ad una piazza e mezza, inebriandosi del profumo delle lenzuola pulite e del carezzevole piacere della sua pelle a contatto con esse. Chiuse gli occhi, abbandonandosi completamente a quella sensazione di assoluta completezza. Dimenticò le menzogne di Charles, il sorriso spento sulle labbra di Dorian, la paura del Cacciatore e si addormentò.

Si stiracchiò come un gatto, quando, il mattino seguente, i caldi raggi del sole bagnarono il suo letto, tinteggiandolo d’oro. Sorrise placida, per poi osservare l’orologio sul comodino e constatare che erano le dieci passate. Indubbiamente, quella era stata una delle migliori dormite della sua lunga vita. I suoi occhi blu si posarono interrogativi su di una piccola spia rossa ed intermittente che proveniva dal telefono accanto all’orologio. Una chiamata in corso. Curioso, non aveva sentito il telefono squillare. Con non poche difficoltà, la ragazza trovò il pulsante che cercava ed avvertì un fastidioso segnale d’attesa e la voce di Charles, stranamente impaziente.

Eva si accovacciò sul letto, inequivocabilmente interessata a scoprire chi avrebbe risposto.

Hell -o?”

Una voce calda e leggermente roca determinò la fine di quel segnale ridondante e, per un breve istante, smorzò il fiato di Eva.

Nik?

Lei lo aveva sussurrato a fior di labbra, inconsciamente, mentre un brivido le percorreva la schiena. Una nuova stretta allo stomaco le fece mancare l’aria ed i suoi occhi guardarono più lontano di quanto lei stessa volesse.

Forse si era soltanto lasciata suggestionare dalla situazione generale. Si addossò al cuscino e rimase in silenzio, ben decisa a non perdersi nemmeno una parola di quella telefonata.

Glorias Place di Chicago?”- la voce di Charles suonava più forte ed autoritaria, al telefono.

Precisamente. - l’interlocutore dalla voce vagamente familiare ridacchiò tetro, provocandole nuovamente un fremito- Con chi ho il piacere di parlare?

Unamica mi ha suggerito il vostro locale, di recente. Mi ha detto di chiedere di Gloria.

Charles seguitava a mentire.

Capisco. Beh, sono davvero desolato, ma la proprietaria è fuori, al momento. Ha lasciato a me le redini.

A Chicago, Niklaus appoggiò entrambi i gomiti al bancone, osservando la sua immagine debolmente riflessa nello specchio seminascosto dallo scaffale degli alcolici- Ma se vuoi prenotare, sono a tua disposizione.”- ghignò divertito, lanciando un’occhiata distratta alla porta del locale.

Aveva affidato a Gloria il compito di rintracciare il ciondolo di Bekah e la strega se ne era andata. Decise di attendere ancora qualche istante.

La mia amica ha insistito perché mi rivolgessi direttamente a Gloria, ma vi ringrazio. Richiamerò, nella speranza che lei sia disponibile.

Come vuoi. - l’Ibrido sospirò, mentre si serviva uno scotch, in un elegante bicchiere di cristallo- Ma, per favore, quando le parlerai, dille che Joe è stato davvero cortese. Potrebbe essere la volta buona che mi dà un aumento!”- sorrise di nuovo, mandando giù tutto d’un fiato l’alcolico.

A presto.

Eva restò ancora qualche istante con il telefono all’orecchio, cercando un senso per quella telefonata e l’orribile presentimento che l’aveva colpita. Indossò frettolosamente un paio di skinny jeans ed una canottiera rossa, per poi fare ingresso in salotto, in cerca di spiegazioni.

Lovely, ben trovata!

Fu illuminata dal caldo sorriso ilare di Dorian, comodamente seduto sul divano color salvia, con entrambe le mani dietro la nuca, in segno di assoluta soddisfazione.

Perché io ho laria più stordita di lui?”- lei lo osservò interdetta, per poi rivolgere un’occhiata interrogativa a Charles, intento a servirsi del caffè caldo, compostamente seduto al tavolo.

Il suo metabolismo ha smaltito lElleboro molto rapidamente. Ma, almeno, per il momento, abbiamo trovato una soluzione che ci permetta di evitare brutte sorprese.

Quindi ha funzionato?

Si. - le sorrise Wolfskin, pienamente soddisfatto- Decisamente. La trasformazione è stata meno dolorosa ed è più un lontano e spiacevole ricordo che un incubo vivido ed impresso. Potrebbe essere la svolta della mia vita.

Beh, è grandioso!- plaudì la ragazza, ostentando una giovialità che non le era propria- Chi ha telefonato, poco fa?

Dorian osservò Charles, per una frazione di secondo, poi tornò a sorriderle.

Era la reception. Ci hanno comunicato il conto della cena di ieri sera. Un po esosa, ma ne valeva la pena. È un peccato che tu non abbia voluto assaggiarla.”- replicò prontamente Sinclair, lasciando che il caffè caldo si raffreddasse.

Mh. - la bionda abbassò lo sguardo, visibilmente delusa dal fatto che, ancora una volta, il ragazzo le avesse mentito- Bene.Vado a prepararmi, ho bisogno di fare shopping. Mi è concessa unora daria o mi intrappolerete anche oggi in un altro magazzino dantiquariato?

Come ti ho già detto, oggi sei mia ospite, Eva. - Dorian si alzò, deciso più che mai a passare una giornata veramente normale e permettere all’amica di godere a pieno delle bellezze che la città annoverava- Lascia che ti mostri la vera Filadelfia.

Andata.- lei batté la mano sul tavolo, prima di alzarsi- Tu, Charles? Ti unisci a noi?

Credo resterò qui, sono stanco. Ma sarò con voi per lora di pranzo, se avrete finito.

A dopo, allora.

Era nella trafficata Filadelfia.

Eva avanzava mostrandosi decisa, ma arretrava ogni volta che un passante si accingeva a sfiorarla o le shoppers delle signore finivano con l’urtarle le gambe esili. Non amava l’umanità. O forse, l’umanità non simpatizzava per lei, questo non le era ancora chiaro.

Eva percepiva di essere fuori luogo e, in quel momento, quella sensazione la stava uccidendo. Si sentiva fin troppo osservata, avvertiva gli sguardi dei passanti perforarle la pelle.

Si aggrappò al forte braccio di Dorian, quando rischiò di assestare un poderoso colpo di stinco ad un volpino che sembrò guardarla con sufficienza, prima di abbaiarle contro.

Eva sbuffò, mantenendo lo sguardo fisso a terra ed evitando di incrociarlo con quello dei perfetti sconosciuti che vociavano intorno a lei. Non era tagliata per il mondo.

Il tuo muso lungo mi rassicura sul fatto che tu provi emozioni come tutti noi, ma, sul serio, sweety, non è con questo spirito che pensavo di portarti in giro.

Wolfskin le sorrise, affatto dispiaciuto da quel contatto fisico forzato dalle paranoie della ragazza. Deciso a metterla alla prova, svoltò l’angolo e la trascinò in una corrente umana ancora più fitta, diretta verso il cuore della città.

Dimmi una cosa, Dorian, a chi avete telefonato, tu e Charles, stamattina?”- Eva prese coraggio e schivò abilmente un consistente gruppo di uomini d’affari che le sorrisero affabilmente, poi rivolse gli occhi blu verso il ragazzo che la affiancava.

Non farti strane paranoie, era la reception. Davvero.

A Chicago?”- sibilò lei, irritata dal fatto che persino Wolfskin le stesse mentendo. Fin troppo concentrata sulla propria arrabbiatura, assestò una poderosa spallata ad un uomo intento a parlare al cellulare ed ignorò volutamente le imprecazioni di questo, quando lei gli fece cadere l’apparecchio a terra.

Hai origliato.”- Dorian aggrottò le sopracciglia, interdetto.

Non amo essere tenuta alloscuro degli eventi. Specie se mi riguardano.

Pensavamo soltanto di fare un salto laggiù, prima di andare a Salem. Chicago è splendida, dovresti vederla.”-replicò il ragazzo, riprendendo buona parte della sua verve e tornando ad affiancarla.

Eva aveva affrettato il passo, starle dietro cominciava a richiedere un certo sforzo.

Non trattarmi come unidiota, Dorian. - lei si arrestò di colpo, costringendo i passanti dietro di sé a cambiare prontamente direzione per evitarla- Non è un caso che Charles mi abbia abbandonata in quel maledetto museo, per venire a prenderti. E non provare a mentirmi. Cera del sangue sulla sua maglietta, so che la vostra non è stata unallegra scampagnata senza di me.

Sei paranoica.”- il volto di Dorian si incupì, mentre lo sguardo verde si accertava che nessuno avesse ascoltato le parole della ragazza.

Tu sei un bugiardo. - sputò Eva, guardandolo con rabbia- Ora, dimmi che diavolo sta succedendo.

Sappiamo dovè Niklaus.

Il cuore di lei perse un battito.

O meglio, sappiamo dovera fino ad una settimana fa. Le nostre fonti credono si possa essere rivolto ad una strega di nome Gloria, a Chicago.

Possibile che quella voce appartenesse davvero a lui?

Non ne era certa, non era sicura di essere più in grado di riconoscerlo.

Perché non me lo avete detto?”- sbottò spazientita, incrociando le braccia al petto.

Charles non vuole correre il rischio che tu ti metta in testa strane idee. È pericoloso. Ha ucciso almeno un centinaio di licantropi, fino ad ora. Cerca di creare nuovi Ibridi, con scarso successo. Deve sentirsi davvero molto solo.

Oppure, ha bisogno di un esercito.

Non sembra aver ottenuto granché, fino ad ora.

Di chi era il sangue?

Quella domanda le era balenata in mente, subito dopo aver ricordato le curiose macchie sulla maglietta di Charles. Aveva riordinato quasi tutti i tasselli. Una volta terminato il puzzle, avrebbe preso un martello ed inchiodato al muro i due idioti che glielo avevano distrutto.

Della nostra fonte. Ci ha scoperti. Mi ha scoperto. Ha cercato di ucciderci, non potevamo lasciarla vivere.

Mi avete mentito costantemente, da quando siamo qui.

Non è così. - un’altra bugia- Ma tu sembravi così irremovibile sul fatto di trovare lIbrido Charles non vuole chiedergli manforte, non intende abbassarsi a questo.

E tu?”- lo sguardo blu e ferito di Eva lo intrappolò.

Io credo che ci serva tutto laiuto possibile. Voglio chiudere la partita una volta per sempre.

Charles dovrà cambiare idea, allora. Torniamo in albergo, ho bisogno di parlargli.”- lei era amareggiata, sapeva che le bugie di Dorian erano condizionate ed abilmente guidate da Sinclair. Charles aveva mentito per primo, Dorian aveva dovuto coprirlo.

Allora, dovrai seguirmi, darling. - ghignò il licantropo, indicando con il mento la strada al di là di un incrocio ostacolato da un nuovo mare di umanità- Charles non è lì.

Cè altro che avete omesso di dirmi?”- lei corrugò le sopracciglia, fortemente contrariata dall’ennesima menzogna.

Oggi, sei stranamente più bella del solito.

Lei arricciò lievemente il labbro superiore, prima di sbuffare, rassegnata a dover confrontarsi per l’ennesima volta con la folla.

Seguì Dorian, facendosi scudo con il suo corpo, utilizzandolo come spartiacque per farsi largo nel fiume di persone che affollava le strade di Filadelfia. Poi, esasperata da quell’eccesso di socialità, lo pregò di prendere un taxi.

Fu irrimediabilmente più semplice ed Eva fu lieta di fuggire dalla calca e raggiungere la meta in un tempo infinitamente più breve, scandito da un tassametro e non dal fastidioso ticchettio dei tacchi delle ladies di città.

Dorian le fece strada, varcando il portone laccato di verde e aperto, e la invitò a salire nell’ascensore che cigolò in maniera oltremodo sinistra, quando si aprì.

Eva declinò l’offerta, optando per le scale.

“Quarto piano, sweety.

Otto rampe e quattro piani dopo, attraversarono entrambi il lungo corridoio dalla rivoltante carta da parati verde marcio, per poi raggiungere la porta della fu Nora Carter.

Dorian fece lievemente pressione sulla superficie in simil-legno,constatando che era stata semplicemente accostata.

Entrò per primo e lasciò che il suo sguardo ricadesse nel punto esatto dove, fino al pomeriggio precedente, il cadavere della strega era stato abbandonato. Charles aveva ripulito fin troppo bene. Gli scaffali disordinati che celavano le pareti grigiastre erano stati riordinati in modo quasi maniacale, il divano arancione era stato ripulito dai mozziconi di sigaretta e l’improponibile tenda di perline che separava il salotto dalla cucina era stata strategicamente infilata in un vaso, accanto allo stipite. Su di una mensola, sopra ai fornelli, era tornata a far mostra di sé la teiera turchese che avevano preso in prestito la sera precedente.

Una voce a loro familiare li guidò verso la camera da letto della proprietaria di casa, debitamente predisposta a tutto fuorché a riposare.

Eva?

La ragazza sussultò, visibilmente colta alla sprovvista. Affilò lo sguardo, non particolarmente certa di aver visto bene.

Elizabeth?

La fissò incredula, arricciando il naso. Non la vedeva da almeno cinquant’anni, se non di più.

Elizabeth Sinclair era la donna che l’aveva riportata in vita, nei lontani anni ‘20. Era stata la prima a nasconderla. Era stata una delle poche, se non l’unica, a fregare il Cacciatore.

Nonna Sinclair?”- Dorian si avvicinò, visibilmente colpito. Osservò il volto della donna dai lunghi capelli castani e gli stessi occhi grigi di Charles, pronti ad indagare l’anima.

Charles ti ha invocata?Credevo che il Consiglio vi avesse impedito questo genere di cose.”- Dorian fu tentato di farle passare una mano attraverso,curioso di comprendere quale fosse la sua consistenza.

“ Credi davvero che questo possa fermare una delle famiglie di streghe e stregoni più antiche del mondo? Alcuni nostri antenati vantavano una certa influenza, fra i membri, a loro tempo.”- sorrise la donna -“Mio nipote ha bisogno di consigli, mia caro. - poi, orientò i begli occhi grigi sulla ragazza, sorridendole bonariamente, come ad una figlia ritrovata dopo molto tempo -Ho saputo che il Cacciatore ha tentato di rintracciarti di nuovo.

Mikael è tornato, Elizabeth.

Pronunciarlo ad alta voce le fece venire i brividi.

È possibile, certamente. - la strega sospirò consapevole, mantenendo lo sguardo fisso sulla ragazza - Se ha ripreso a dare la caccia a Niklaus, vorrà accertarsi di non fallire. Gli servi tu, Eva.

Senza la vittima originaria, lunico modo che resta a Mikael di uccidere lIbrido è quello di piantargli un paletto di quercia bianca nel petto, right?

Il nipote di Dominic Wolfskin, immagino.”- Elizabeth inclinò lievemente il capo, osservando con interesse il giovane dallo sguardo verde ed interrogativo, constatando quanto anch’egli assomigliasse a suo nonno.

Maledizione compresa.”- ghignò il licantropo, allargando platealmente le braccia.

Ad ogni modo, è così. - il viso della strega si fece improvvisamente serio, i suoi occhi tornarono a posarsi malinconici sulla bella figura di Eva- Ma il modo più efficace è certamente quello di spezzare il legame di sangue che ha trasformato Niklaus in un ibrido. È per questo motivo che Mikael mi costrinse a riportarti in vita, anni fa, tesoro.

Lo sapeva bene.

Deve uccidere me per poter uccidere il suo figliastro.

Qual è il piano, allora?”- sbottò spazientito Dorian, affiancando la ragazza ed osservando con determinazione i due Sinclair, ben deciso a risolvere la questione.

Terremo al sicuro Eva, fino a quando il Cacciatore non si stancherà di cercarla. Si è arreso una volta, lo farà anche questa.

La voce di Charles era autoritaria, il suo tono lapidario e conciso, volto a non essere messo in discussione. Aveva le braccia incrociate al petto, gli occhi grigi scrutavano con fermezza ciascuno dei presenti e sfidavano chiunque a contraddirlo.

Klaus sta cercando di formare un esercito di ibridi, Elizabeth.”- Eva prese la parola, osservando malevola lo stregone che le aveva rifilato solo bugie.

È ancora piuttosto lontano dal suo scopo.”- sibilò Charles, fuori di sé.

Troverà i mezzi per raggiungerlo. - replicò la ragazza con fermezza, sostenendo il suo sguardo- Abbiamo bisogno di lui. È lunico realmente in grado di eliminare Mikael. Se muore il Cacciatore, saremo liberi.

E con cosa lo vuoi uccidere? Il paletto ce lha lui.” -la voce di Sinclair rimase a stento controllata, mentre pronunciava quelle parole-“O hai deciso di proporti come soluzione alternativa?”

Se trovassimo la sua prima vittima? Potremmo spezzare il suo legame di sangue e renderlo di nuovo umano.

Le era sembrata un’idea a dir poco geniale, si diede mentalmente una pacca sulla spalla, mentre dai suoi occhi traspariva una certa qual euforia.

Nessuno conosce lidentità della prima vittima di Mikael, Eva. I Sinclair e i Wolfskin ebbero la stessa idea, secoli fa, ma non vi sono testimonianze, purtroppo.

Elizabeth Sinclair aveva, cupamente, fatto sgretolare il suo piano brillante.

Non resta che ucciderlo con la sua stessa arma, allora.”- sbuffò Eva, lasciandosi cadere su un angolo del letto. Aveva paura.

Assolutamente no.- replicò Charles, profondamente contrariato- Non pensare che sia una cosa così semplice.

Sono stanca di fuggire, Charles. Lo siamo tutti.

Suonava come un’esasperata implorazione.
Allora, lascia che ti trovi! Lasciamo che ci raggiunga e chiudiamo questa partita!

Lo stregone aveva ruggito, troppo in collera per accorgersi di avere, inavvertitamente spostato uno dei cristalli che, disposti in cerchio, sulle lenzuola, avevano consentito allo spirito di Elizabeth di tornare fra loro. La donna scomparve, accompagnata dall’aromatico odore di incensi e cera di candela che avvolgeva la camera.

Eva osservò con tristezza il punto in cui, fino a pochi istanti prima, la strega si trovava.

Eva ha ragione. Abbiamo la possibilità di eliminare il Cacciatore, lasciando allIbrido il lavoro sporco. Sarà Niklaus ad ucciderlo.”- Dorian guardò allarmato l’amico in preda alla collera. Raramente aveva visto Charles in quelle condizioni. Detestava il suo essere un passivo-aggressivo. Quando esplodeva, la polvere circolava per settimane intere, offuscando il loro legame.

Non può farlo, nemmeno lui. Così ci condanneremo a morte certa, senza possibilità di appello. - Sinclair lo osservò astioso, ferito dal fatto che il suo migliore amico avesse scelto di non dargli manforte. Non intendo farne parte.

Allora, scappa. - sibilò Eva, con quanto odio aveva in corpo- Io voglio liberare tutti noi da questo inferno.

Abbandonò la stanza, osservandolo furibonda. Non desiderava minimamente scontrarsi con lui, ma era stanca di essere messa da parte. Si sedette scompostamente sul sofà arancione, nel tentativo di fermare la violenza con cui il flusso dei suoi pensieri aveva preso a scorrerle in testa. Prese dei lunghi respiri, chiuse gli occhi, nel tentativo di far scemare la rabbia che le era montata dentro e far sciogliere l’opprimente nodo alla gola che le si era formato.

E tu? Sei daccordo con lei?

Charles osservava Dorian, terribilmente amareggiato. Sorrise nervosamente, raccolse i cristalli che aveva adagiato sul letto, rimproverandosi tanta impulsività. Aveva interrotto bruscamente il contatto con Elizabeth, avrebbe avuto infinite difficoltà nel tentare di riaprire quel collegamento clandestino.

Il tuo orgoglio ci ucciderà, Charles.

Dorian lo guardò con rimprovero.

Il mio dovere è nascondere la mia famiglia, Eva, te. Non servirvi al nostro carnefice.

È anche il mio dovere. - lo corresse Wolfskin, alzando la voce- Ma, ragiona: il piano può funzionare, lo sai bene anche tu.

Credi che Niklaus sia diverso da Mikael?

Gli occhi grigi di Charles si erano illuminati, sulle sue labbra si era aperto un sorriso volto a ridere di quella domanda da lui stesso posta. Quesito retorico.

A lui facciamo più comodo vivi. Personalmente, mi basta.

Dorian era più serio che mai e questo lo fece sentire tradito.

Sinclair era l’unico a credere che entrambi gli Originali fossero da tenere distanti?

Facciamo un tentativo, Charles, azzardiamo. Se lIbrido eliminerà il suo patrigno, saremo liberi. Altrimenti, riprenderemo a fuggire, fino alla fine dei nostri giorni, augurandoci che arrivi il più tardi possibile, come ai vecchi tempi. - nello sguardo di Wolfskin c’era speranza- Ma prima di fare il voto di assoluto eremitaggio, tentiamo questo piano. Male che vada, ci rideremo su.- il ragazzo ghignò tristemente- O giù, a seconda di come le cose si evolveranno.

Parli per conto di Eva o pensi davvero che sia la cosa giusta da fare?

Mi conosci. Non starei qui a cercare di convincerti, se non ci credessi davvero. - Dorian allargò le braccia, palesando la sua innocenza e dimostrando all’amico che era tutta farina del suo sacco- Io trascino, non vengo trascinato.

Inseguiamo per smettere di fuggire, allora.

Improvvisamente, quell’idea aveva un briciolo di senso.

Tuttal più, avremo già la rincorsa, se dovremo darcela di nuovo a gambe.”- ghignò il licantropo, invitandolo ad abbandonare l’eccentrica stanza da letto della proprietaria di casa, per raggiungere Eva.

My love”- Dorian la salutò con un sorriso, osservandola stupito.

Aveva le lacrime agli occhi, una mano appoggiata al bracciolo, per sorreggere la testa bionda, ricolma di pensieri troppo complessi.

Lei levò lo sguardo su di loro, tirando su con il naso.

Forse sono stato troppo impulsivo e scortese. Spero potrai perdonarmi.

Charles le regalò uno sguardo umile e costernato. Abbassò gli occhi grigi a terra, fin troppo consapevole di essere stato duro con lei.

Chi lo sa. - replicò la giovane, inarcando appena un sopracciglio, per poi guardarlo con sufficienza- Dipende da cosa hai deciso.

Possiamo tentare, ma ad un paio di condizioni. Se le cose si mettono male, ce ne andiamo, senza esitazioni. Ed il fatto che la riuscita del piano dipenda molto dalla collaborazione dellIbrido, non vuol dire che gli saremo grati. È per causa sua che ci troviamo in questa situazione. Ce lo deve.

Le sorrise, grato di scorgere nei suoi occhi l’ombra del perdono.

Non ci resta che trovarlo.”- sentenziò Eva, risollevandosi dal divano, ben determinata a portare la missione fin in fondo.

Dove si nasconderebbe un Ibrido originale, frustrato e deluso, pieno di rancore nei confronti dellUniverso ed un discutibile senso degli affetti?”- Dorian aggrottò le sopracciglia, sfoggiando la sua migliore espressione meditabonda.

Potrebbe essere ovunque, perfino lontano dagli Stati Uniti, per quel che ne sappiamo noi.

La proprietaria di questa casa teneva docchio i movimenti di Niklaus.- Charles si diresse rapidamente verso gli scaffali dietro il divano, prelevandone due ampi raccoglitori, abilmente riordinati da lui stesso- Prima della strage della scorsa settimana, ha seminato cadaveri in ogni paese intorno alla Virginia, negli ultimi tre mesi, per poi dar sfoggio di sé in Tennessee. - estrasse i fascicoli che lo interessavano e si accomodò sul sofà- In Virginia, le sparizioni sono state più sporadiche, come se avesse cercato di controllarsi.

Cosa ti fa pensare?”- Dorian lo affiancò incuriosito, strappandogli di mano alcuni fogli.

Che avesse qualcosa di più importante di cui occuparsi.

Dalle esigue sparizioni in Virginia, il numero di vittime è aumentato sempre di più, fino a quando non è giunto in Tennessee. Lì è esploso. Forse, credeva di aver spezzato la maledizione.

Questo spiegava il perché di quella strage di licantropi, pensò.

La chiave è la Virginia, allora. Partiamo per Richmond?”- Dorian serrò la mascella, per poi rialzarsi e porsi in piedi di fronte a lui, accanto ad Eva.

Una capitale? No, è escluso. - Charles ghignò, rigirandosi fra le mani i fascicoli -Secondo i dati raccolti da Nora, sparizioni anomale si sono riscontrate più numerose nei piccoli centri, intorno alla capitale. Se ha dovuto soggiornare lì, a lungo, avrà avuto bisogno di nutrirsi. Seguiremo i suoi mozziconi di sigaretta. Dove ce ne sono di più, lì si è fermato più a lungo. Incidenti dauto, attacchi di animali, trasferimenti improvvisi sono il genere di scuse con cui si giustificano le aggressioni di vampiri. Ed è il genere di giustificazioni che vengono utilizzate dai famigliari, per nascondere il fatto che sanno più di quanto non vogliano dare a credere.”

Cerchiamo qualche vittima in particolare?

Un numero elevato di scomparse ed incidenti anomali renderà più facile la selezione delle città candidate. Mentre io controllo questi fascicoli, voi potreste fare qualche ricerca sul web.”- Sinclair indicò loro un laptop fucsia, seminascosto sotto una pila di fogli, su di una scrivania accantonata in un angolo del salotto, in buona parte coperta dalla tenda troppo ingombrante che celava l’ampia finestra della stanza.

Un bel po’ di click dopo, finalmente, Dorian trovò quel che cercava.

Questo è interessante. - si sporse verso schermo, tanto per accertarsi di aver letto bene- I necrologi di Mystic Falls fanno impallidire: ha il tasso di mortalità di Los Angeles e sono poco più di mille anime.

Charles abbandonò le sue letture per raggiungere l’amico e leggere di persona.

Muoiono più persone di quante ce ne vivano?”- Eva arricciò il naso, dubbiosa.

A quanto pare, i forestieri non sempre ricevono una affettuosa accoglienza. - ghignò Wolfskin, passando in rassegna il considerevole numero di persone scomparse che tappezzava la pagina web- O, beh, non quella che si aspettano.

È decisamente un buon punto da cui cominciare.- Sinclair pareva piuttosto convinto-Partiremo domani mattina.

***

Un tempo, non avevi attenzioni che per me. - la voce di Rebekah risuonava leggera, in quell’ampia stiva, portando con sé la freschezza di cui quella stanza sembrava aver bisogno. La vampira passeggiava calma, tenendo, con i tacchi, un ritmo cadenzato ed orecchiabile che la fece sorridere- Mi veneravi, perché incarnavo perfettamente il tuo ideale di donna.

Osservava Stefan, scotendo la bella chioma dorata, con un lieve accenno ad un broncio capriccioso e lo sguardo, chiaro e pericoloso, pronto a fulminarlo- Hai gli occhi vuoti, quando mi guardi, adesso. È curioso. In novant’anni non sono affatto cambiata.”

Forse perché tuo fratello non ti ha permesso di viverli.

Stefan le aveva sorriso debolmente, mentre il suo sguardo percorreva con curiosità il contenuto della stiva. Klaus viaggiava con una consistente carovana di bare, constatò.

Sono certa che non mi avrebbero comunque scalfita.”- cinguettò Bekah, facendo una mezza piroetta. Era aggraziata, il mostro più armonioso che fosse mai esistito.

Siamo in due a crederlo.”- sogghignò il giovane Salvatore, sospirando. Osservò distrattamente le proprie mani, quelle che gli avevano permesso, qualche ora prima, di eliminare ogni traccia del ciondolo che aveva donato ad Elena. Avrebbe dovuto ringraziare Katherine, prima che se ne andasse. Lo aveva salvato, uccidendo Gloria.

Ma hanno cambiato te, molto più di quanto potessi immaginare. Hanno soprattutto cambiato quello che provi per me. Ti amo, Stefan. Esattamente come prima.

Rebekah gli aveva preso il volto fra le mani, sorridendogli dolcemente, gradevole come non sembrava poter essere.

Ti ho amata anchio.

Le labbra di Bekah non lasciarono sfumare via quel sorriso, ma, negli occhi, una luce di speranza si spense, a quelle parole.

Suppongo dovrò farmene una ragione. - abbandonò la delicata presa sul viso di Stefan, per poi riprendere la sua passeggiata ritmata- Dopotutto, sei stato costretto a dimenticarmi. Non posso certo incolpare te.

Ricordo quella notte. - ghignò il vampiro, volgendo lo sguardo smeraldino su di lei- Lultima volta che vi ho visti, stavate scappando da un uomo.

Mh.

Perché Klaus ne ha paura? Perché fuggite da lui?

Per quale motivo un vampiro originale invincibile avrebbe dovuto temere un cacciatore di vampiri?

Non posso dirtelo. Non chiedermelo.”- Bekah sorrise debolmente, controllando, per un breve istante, che dalla porta non entrasse nessuno.

Allora, forse, potresti aiutarmi a chiarire un altro dubbio: chi è Eva?

Ti ho chiesto di smettere di farmi domande.”- gli occhi della vampira si spalancarono impercettibilmente, mentre le labbra restavano socchiuse, nel tentativo di intrappolare un sussulto. Nik era arrivato a fidarsi di Stefan al punto di parlargli di lei?

Bekah non aveva il permesso di rivelare alcunché, non avrebbe rischiato la collera di suo fratello.

Il tuo segreto sarà al sicuro, con me.

La vampira sorrise ammaliata. Dopotutto, se Niklaus gli aveva già accennato qualcosa, forse avrebbe potuto colmare, almeno in parte, le sue lacune.

Gloria se ne è andata, ha levato le tende. Sbrigatevi, ci occorre immediatamente una nuova strega.

L’irruenza con cui Klaus varcò la porta della stiva le fece smorzare il fiato e costrinse Stefan ad allontanarsi di almeno due passi, allarmato.

L’Ibrido squadrò entrambi, con una luce vagamente folle negli occhi color zaffiro, prima di aprirsi in un ghigno divertito- “Cosa succede qui?

Lo sguardo di Rebekah era preoccupato. La vampira sentiva la pressione farsi sempre meno sopportabile, fu costretta a cedere.

Insiste con il chiedermi di Mikael ed Eva. Non credo sia più dalla nostra parte, Nik. I conti non tornano.

Si sbaglia.”- sbottò Stefan, sorridendo a Klaus ed allargando le braccia, in segno d’innocenza.

Capisco sempre quando menti, Stefan.”- cinguettò Bekah, prima di affiancare il fratello e lasciarlo solo. Incrociò le braccia al petto, mascherò, sotto un velo d’impassibilità, la tristezza.

Lhai sentita.”- sogghignò Nik, fingendosi costernato.

Stefan non ebbe il tempo di reagire. Niklaus si avventò su di lui, perforandogli il collo con gli acuminati canini che caratterizzavano la sua reale natura. In quello scatto d’ira, rischiò quasi di ucciderlo.

Ma aveva ancora grandi progetti per lui.

Il giovane Salvatore rinvenne dopo un tempo che gli parve infinito. Non appena riacquisì totalmente la vista, poté constatare di essere ancora circondato da sarcofagi, eppure, che la stiva era diminuita notevolmente nelle dimensioni. Il pavimento vibrava e, ad un tratto, sobbalzò, quando le ruote del camion colpirono un masso, sulla strada. Viaggiava a gran velocità, si disse il ragazzo.

Nel buio della stanza, una voce si schiarì con leggerezza, seguita da un incedere lento ma deciso. Niklaus si accomodò su di una bara, battendovi sopra con le mani, per far convergere l’attenzione di Stefan su di sé.

Lascia che ti spieghi.”- si preparò il vampiro, con una mano posta davanti a sé, per precauzione. Era ancora debole, si trascinò a fatica contro la parete opposta, facendo leva con le gambe.

Nik sorrideva, gioviale come raramente lo aveva visto essere.

Oh, non devi farlo, davvero. Non sono arrabbiato. Sono affascinato e curioso. - lo rassicurò l’Ibrido, studiandolo con attenzione- Rebekah ritiene che ci sia qualcosa che ti lega ancora alla tua vecchia vita e, credimi, il suo istinto raramente delude.

Stefan trattenne il fiato, osservandolo allarmato.

Dove siamo?

Temeva di conoscere la risposta.

Ho pensato di venire a dare unocchiata di persona.”- sogghignò l’Originale, scendendo dalla cassa, per poi chinarsi sui polpacci, di fronte a lui.

Dove …”

Oh, no.

Immagino sarai felice di essere tornato a casa, Stefan.- plaudì euforico Nik, mentre il grosso camion in cui viaggiavano frenava- Ora, perché non mi dici chi ti è mancato così tanto da spingerti a chiedermi di tornare?

Elena.

 

 

 

Biondich Caverna

Nella speranza che questo capitolo abbia attirato la vostra attenzione, spero vorrete farmi sapere cosa ne pensate ( nel bene e nel male)!

Anyway, l’identità di Eva è stata in parte svelata e, nel prossimo capitolo, il Pro Hybrid Team si dirigerà di gran carriera verso la nostra beneamata Mystic Falls, in cerca Klaus.

E, a rigor di logica, dal prossimo aggiornamento in poi, saranno inseriti anche tutti i personaggi della serie! Comparse comprese! ( affermazione azzardata.)

Ringrazio di cuore chi legge, segue, recensisce questa storia e chi l’ha messa fra le preferite!

Siete uno stimolo ad andare avanti.

See ya next time,

Biondich!

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Capitolo 5
*** Mystic troubles ***


Mystic troubles

 

 

 

 

 

“Suppongo avrei dovuto ringraziarti prima, sweetheart.”

Lasciò ricadere con disinvoltura quel corpo inerte sulla moquette rossa di una camera d’albergo, ascoltando distrattamente il tonfo sordo del cadavere dissanguato, ovattato dalla tappezzeria.

Posò lo sguardo color zaffiro sul bel viso della giovane donna che aveva ucciso, soffermandosi sui suoi occhi neri, ancora sbarrati, vitrei e vuoti, prosciugati d’ogni luce.

 “È un vero peccato che tu abbia ceduto così in fretta.” - sospirò tediato Niklaus, prendendo posto su di un angolo del letto nella stanza, per poi congiungere le mani ed intrecciare le dita tra loro.

“Mi hai privato del piacere di un pasto.”

Sorrise debolmente, guardandosi intorno.

Era solo, ancora una volta.

In fuga, come sempre.

Infelice, come doveva essere.

Si portò una mano fra i capelli biondi, abbandonandosi all’incertezza. Avrebbe dovuto essere soddisfatto, se lo meritava, dopo aver spezzato definitivamente la propria maledizione. Si asciugò con il dorso della mano le labbra intrise di sangue, constatando che, contrariamente a quanto avrebbe voluto e creduto, non riusciva a godere a pieno di quella conquista.

“L’unica cosa che superi il richiamo del sangue, per te, è l’amore per questa ragazza.”

Rammentava quella frase, lo aveva perseguitato, da quando era nuovamente fuggito da Mystic Falls, al suono della risata di Damon, mentre pronunciava il nome di Mikael.

Solo ora comprendeva cosa significasse. Sapeva cosa lo avesse spinto a pronunciarla.

Niklaus aveva invidiato Stefan, con tutto se stesso, in quel momento. La sua implicita ammirazione per la forza d’animo del vampiro si era trasformata in odio, un veleno che lo aveva intossicato, fino a spingerlo alla follia.

Per Klaus, il richiamo del sangue aveva valicato, schiacciato, oppresso, l’amore.

Per un attimo di ebbrezza, aveva guadagnato un’eternità di rimorso.

“Questa umanità ti sta uccidendo, amico mio. Spegnila.”

Aveva riso di Stefan e di ciò che lo legava ancora alla sua natura umana, celando con quel suo affascinante modo di piegare le labbra una recondita stima che, Nik sapeva, non sarebbe mai stato in grado di tollerare.

Stefan non doveva avere nulla da offrirgli, non poteva insegnargli alcunché.

Niklaus era il mentore, lo era sempre stato. Improvvisamente, realizzare di avere qualcosa in meno, rispetto a Stefan, lo aveva fatto sentire debole.

Una sensazione inammissibile, per un Originale.

“Spegni l’interruttore, Stefan.”

Aveva scelto di riportare le cose al loro ordine naturale.

“Spegnilo.”

Ne aveva avuto bisogno.

“Cosa hai fatto!”- Elena aveva sgranato gli occhi, con il fiato sospeso. Rigidamente composta, aveva assistito alla morte della persona che amava.

Aveva visto la luce che tanto a lungo l’aveva illuminata scomparire dai suoi occhi.

Esattamente come era accaduto a Nik.

Esattamente come era accaduto ad Eva.

“L’ho guarito.”

Era conscio di stare mentendo, eppure, era la stessa bugia con la quale aveva nutrito se stesso, per quasi milletrecento anni.

 

 

 ***

 

 

 

“Va tutto bene?”

La voce di Caroline la fece sussultare. Deglutì nervosamente, scostandosi una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio.

“Continuate a chiedermelo, come se vi aspettaste che, da un momento all’altro, la mia risposta possa cambiare.”- sbottò cupa Elena, incrociando le braccia al petto. I suoi occhi, d’un caldo marrone autunnale, percorsero distrattamente le sagome degli studenti che vociavano intorno a loro.

“Continuiamo a chiedertelo, in attesa che tu la smetta di rifilarci bugie.”

Bonnie la scrutava con attenzione, con un sopracciglio bruno lievemente inarcato.

Elena sospirò, era stata scoperta.

“Niente va bene.” - soffiò, portandosi istintivamente una mano al collo dove, abilmente nascoste da un foulard, le cicatrici del morso di Stefan le procuravano, di tanto in tanto, delle fitte-  “ Stefan è così diverso, ora. È  qui, eppure non è tornato.”

La sua voce si era incrinata leggermente, i suoi occhi si erano inumiditi.

“Ha spento la sua umanità, è normale che sia …”

Ka-boom, la bomba era esplosa.

“Normale?” - Elena aveva osservato l’amica, con uno sguardo vagamente stralunato negli occhi- “Caroline, è questo il punto. Non è normale per Stefan, per Damon, per me. Commetterà azioni di cui poi si pentirà.”

“Sempre se riesce a tornare quello che era prima.”- sussurrò la Forbes, scotendo la chioma biondissima. Bella e composta, lasciò che i tiepidi raggi di sole la illuminassero come riflettori.

“Care!”

La gomitata di Bonnie le smorzò il fiato, costringendola ad un agile manovra di gambe, per rimanere in piedi, sugli elevati tacchi che indossava.

“Lo stavate pensando anche voi, andiamo!”- rantolò la vampira, fulminando poi, con lo sguardo chiaro, la strega.

“Come sta Tyler?”

Magistrale, il modo in cui la Gilbert aveva rapidamente cambiato argomento. Caroline prese un lungo respiro, per poi sistemare l’orlo del proprio vestito.

“Non credo di averlo visto mai così felice.” - i suoi occhi chiari percorrevano veloci le sagome degli studenti, in cerca del diretto interessato- “ E’ così allegro, da quando è diventato un mini-Klaus,  da farmi venire voglia di … di … E’ troppo euforico.”

Di recente, la sua filosofia positiva era stata messa duramente alla prova.

“Ma andrà bene.”- disse più a se stessa che alle amiche.

Il metodo di autoconvinzione made in Forbes era ben affermato.

“Anno nuovo, vita nuova.”- cantilenò con scarso entusiasmo Elena. Caroline, non cogliendone il senso ironico, plaudì euforica.

“Sarà memorabile!”- trillò la bionda, assestando un buffetto a Bonnie, nel tentativo di coinvolgerla - “Positivamente, intendo.”

“Per una volta, invidio la tua solarità.”- ghignò la Bennett, squadrandola, con un sorriso sardonico sul bel viso.

“Sorridere mantiene giovani.”

Care sfoggiò la sua espressione più luminosa, accennando una mezza piroetta che fu interrotta dall’alta figura che si ergeva dietro di loro. La ragazza sgranò gli occhi, perdendo parte del suo buon umore.

“Anche essere vampiri aiuta.” - ghignò Stefan, illuminando le tre ragazze con un mezzo sorriso sprezzante. Nei suoi occhi di smeraldo, una luce era scomparsa.

“Ciao Elena.”

La ragazza si irrigidì improvvisamente, serrando la mascella. Lo osservò con odio e timore, arretrò di un passo, mentre Bonnie e Caroline si frapponevano tra loro.

Perché era lì?

“Vi dispiace?”

Il giovane Salvatore sogghignò mefistofelico, guardando minaccioso le due compagne.

“Andate.” - acconsentì la Gilbert, sotto lo sguardo scettico delle ragazze che si allontanarono, lentamente, pronte a reagire, in caso di necessità.

“Che diavolo ci fai qui, Stefan.”- sibilò poi, guardandosi intorno, in cerca della figura di Alaric. Serrò i pugni, tornò a cercare la ciocca di capelli che aveva incastrato dietro l’orecchio, liberandola, per poi tornare a farla prigioniera.

“È l’ultimo anno, no?”- il vampiro le sorrise, allargando platealmente le braccia, giustificandosi.

“Forza Timberwolves !”- plaudì, con falso entusiasmo, il ragazzo, facendole arricciare il naso.

Odiava quel suo nuovo essere, odiava ciò che rappresentava. Non era in sé, non più.

“Lasciami in pace.”- sibilò lei, digrignando i denti e trattenendo le lacrime.

La spaventava, la intimoriva.

“Non potrei, neanche volendolo.”- lui sembrò compiacersi del suo dolore-  “Klaus mi ha chiesto di tenerti d’occhio, guardarti le spalle. Ed eccomi qui.”

“L’unico vero pericolo sei tu, adesso.”

Elena aveva bisogno di allontanarsi da lui, le era necessario.

Ouch. Mi ferisci, così. Dì un po’, hai intenzione di andarci, al falò di stasera? Dicono sia un evento imperdibile.”

“Non ho ancora deciso.”

Via, lontana da lui, il più possibile.

“Non dimenticare di tenermi aggiornato.” - lui le carezzò un zigomo perfetto, divertito dal suo sguardo inorridito- “Ci vediamo in classe.”

Scomparve tra la folla di studenti, abbandonandola ad un malessere interiore che la stava torturando da giorni, ormai. Elena varcò la soglia del liceo quasi senza accorgersene e si diresse automaticamente nella classe di Alaric, bisognosa di conforto, di un sostegno al quale abbandonarsi, per un breve istante, e scrollarsi di dosso ogni problema.

La lezione di Storia sarebbe iniziata a breve. Si accomodò distrattamente al banco, mentre i suoi occhi correvano ancora lontani, cercando nei ricordi una soluzione ad ogni ostacolo.

“Ben ritrovati, seniors. Suggerirei di cominciare quest’anno con una rispolverata degli ultimi argomenti dell’anno passato. Voglio, per domani, una ricerca sui fondatori del nostro Paese, i nativi americani”

“Cosa mi dice dei vichinghi?”

Con incedere molleggiato, una ragazza fece rapidamente ingresso nell’aula, sotto lo sguardo sbigottito di tutti i presenti, Saltzman compreso.

Facce nuove erano rare a Mystic Falls.

“Non ci sono prove di una colonizzazione vichinga negli Stati Uniti.”- la corresse prontamente Alaric, leggermente accigliato. La seguì con lo sguardo, fino a quando non si sedette. “E tu saresti?”

“Rebekah, la nuova studentessa.”

 

 

***

 

“Ci siamo persi.”

Dorian Wolfskin fece schioccare la lingua, osservando tediato l’ennesimo campo di grano, lungo l’autostrada.

Guardò lo schermo del proprio cellulare, constatando che erano le undici di mattina passate. Sbadigliò, ravviandosi i capelli castani, poi aprì il finestrino, lasciando che nell’abitacolo imperversasse un uragano.

Eva sbuffò sonoramente, tirando un calcio al suo sedile.

“Non è così.”- sibilò Charles, serrando la presa sul volante. Fulminò l’amico con lo sguardo, per poi rivolgere gli occhi grigi nello specchietto retrovisore e guardare con rimprovero Eva e le sue scarpe che minacciavano la preziosa tappezzeria della Mustang rossa.

“Ci siamo persi, invece.”- sbottò il licantropo, tirando, sbadatamente, una ginocchiata al cruscotto, mentre tentava di far riacquisire sensibilità ad una gamba.

“Ho seguito le tue direttive.”- Sinclair accelerò leggermente, mentre si imponeva mentalmente la calma.

La salute della sua automobile era messa a dura prova.

“Avevo la cartina al contrario.” - ghignò Wolfskin, rigirandosi la mappa fra le mani, con aria meditabonda.

L’occhiata significativa di Charles lo costrinse a correggersi.

 “Rilassati, Valium, scherzavo.”

“Quale uscita devo prendere?”

“Quella a destra.”

“Siamo in macchina da …?”- biascicò Eva, sbadigliando. Il ronzio dell’automobile le conciliava il sonno. Si rigirò prona, utilizzando le giacche dei due ragazzi come cuscino.

“Quattro ore.”

“Soltanto?!”- Dorian sgranò gli occhi, basito, trasudando sarcasmo.

“Non puoi dire sul serio!”

Eva si tirò su a fatica e gli sferrò un doloroso pugno alla spalla, sibilando stizzita.

“Mai sentito parlare di sarcasmo, lovely?” - ringhiò divertito il ragazzo, voltandosi rapidamente verso di lei- “Il mio talento, con voi due, è sprecato.”

“Potremmo fare una sosta, magari.”

Improvvisamente, lo sguardo blu di lei si era illuminato speranzoso. La ragazza si aggrappò con entrambe le mani allo schienale di Charles, consapevole del fatto che il meno accondiscendente, fra i due, fosse Sinclair. “Potremmo mangiare qualcosa, fare quattro passi, scendere da questo rottame.”

Pessima scelta di parole.

“Fra un paio d’ore, cercheremo una stazione di servizio.”- ribatté lo stregone, assottigliando lo sguardo. Intercettò la mano di Dorian, prima ancora che potesse posarsi sulla manopola della radio.

“Un paio d’ore?”

Eva scivolò supina sui sedili posteriori, esasperata. Sentiva di avere un attacco di claustrofobia.

“Già.” - ghignò Wolfskin, mentre estraeva dal cassetto nel cruscotto una curiosa collezione di scatoline rettangolari, accuratamente disposte in ordine alfabetico.

Le mescolò fra loro, sorridendo mefistofelico.

 “Altre due memorabili ore in compagnia di questo orecchiabile ronzio, di una marmitta con la polmonite e delle splendide audiocassette di Charles Sinclair. Ci divertiremo, Zombie.”

Sobbalzò, all’ennesimo calcio di Eva contro il suo schienale.

“Non metterai sul serio uno di quegli affari!”- mugolò la bionda, tentando di soffocarsi con le giacche. Imprecò sottovoce, conscia del fatto che, di lì a poco, avrebbe spalancato lo sportello con un calcio e si sarebbe gettata dall’auto in corsa, nel tentativo di evitare quel doloroso supplizio.

“Lato A.” - annunciò Dorian, infilando cautamente il contenuto di una scatola nel mangiacassette- “Chissà se Mikael  ha mai sentito uno di questi cosi. Che ne pensi, Charles?”

“Ne dubito.”- ridacchiò Sinclair, con gli occhi grigi concentrati e puntati sulla strada.

“Già.”-sogghignò il licantropo, indeciso se premere play o risparmiarsi quell’aberrante tortura uditiva- “Il Cacciatore è antico.Il vecchio sei tu.”

La Mustang rossa percorse a gran velocità la statale, lasciando dietro di sé le distese di campi di granturco, man mano che si avvicinava alla meta. Senza alcun tipo di sosta, l’automobile giunse in vista della cittadina con un’ora di anticipo, rispetto alla tabella di marcia.

“Welcome to Mystic Falls” - Dorian assottigliò lo sguardo, lottando contro il riverbero del sole sul cartello stradale- “Dopo quello che ho letto, mi aspettavo ragnatele, qualche campo di grano con spaventapasseri ed una scure intrisa di sangue incastrata nel cartello.”

Eva sussultò, risvegliandosi di soprassalto.

Ancora una volta, si era lasciata cullare dall’ipnotico ronzio della macchina di Charles.

 Ancora una volta, avrebbe avuto bisogno di un fisioterapista.

“Dev’essere gente discreta.”- sogghignò Sinclair, rallentando, una volta entrato in città.

“Non dico che preferirei seguire una scia di sangue fino all’Ibrido, ma …”

Wolfskin si sporse dal finestrino, osservando i pochi negozi aperti e l’alto livello di desertificazione dal quale la città sembrava essere colpita. Per un breve istante, immaginò un cespuglio di polvere rotolare lungo la strada e Clint Eastwood uscire da un bar, con entrambe le mani sulle fondine, pronto a far fuoco, dopo una significativa sequenza di scambi d’occhiate ed un paio di colpi di sperone.

“L’idea non sarebbe affatto male, sai?”- lo assecondò lo stregone, svoltando cautamente a sinistra.

“Sembra una cittadina così anonima.”

E, se a dirlo era Eva, doveva esserlo seriamente, si disse Dorian.

“E noiosa.” - sbuffò deluso il licantropo, arricciando le labbra, all’ennesima via disabitata- “Mistero risolto, ora so perché qui le persone muoiono ancora prima di arrivare. È il tempo che ammazza i turisti e non viceversa.”

 

***

 

 

“Ti prego, dimmi che non è vero!”

Caroline sgranò gli occhi chiari, vedendola.

Avanzò con passi decisi, ignorando il fatto che avesse una scarpa slacciata, per poi posizionarsi davanti alla nuova arrivata, con le braccia incrociate al petto, piuttosto contrariata. “Adesso sei anche una cheerleader?”- sbottò, squadrando Rebekah con sufficienza.

“Mi hanno suggerito di inserirmi in una squadra, per fare nuove amicizie.”- cinguettò candidamente la bella Originaria, lasciando che la sua coda di cavallo perfetta oscillasse lungo la schiena.

“Non ne dubito.”- una delle sottili sopracciglia della Forbes si inarcò, mentre le belle labbra rosee si curvavano in un’espressione sardonica- “Hai proprio l’aria di una in cerca di amici.”

“E poi, sono sempre stata brava, in ginnastica artistica. Tutto sommato, diventare capitano non mi dispiacerebbe affatto.”

Bekah la ignorò volutamente, prima di prendere posto, insieme alle compagne, in campo. Con un’elegante piroetta, seguita da una perfetta spaccata, dimostrò quanto fosse ferrata in quello sport.

“Sono io il capitano.”- soffiò Caroline, ben decisa a mettere in chiaro la situazione.

“Per ora.”

Il tono sinistro di Rebekah la fece trasalire.

“Perché sei qui.”- sibilò, prendendo coraggio. La affrontò con lo sguardo, vacillando, di fronte a quelle iridi chiare, forti di anni che lei non era certa di poter nemmeno immaginare.

“Mio fratello mi ha chiesto di sorvegliare la nostra nuova risorsa.”- il mento pronunciato di Rebekah indicò l’alta figura di Tyler, poco lontano, alle prese con gli allenamenti di football.

“Tyler è …?”

“Un elemento fondamentale, nella nostra squadra.”

“Sta lontana da lui.”- sibilò piccata Caroline, osservandola con astio.

“Ci vediamo stasera. So che il falò rappresenta una delle più importanti tradizioni di questa scuola.”

La nuova studentessa trillò con noncuranza, camminando leggera sull’erba del campo, verso le compagne di squadra. Sorrise civettuola, divertita dalla sua nuova condizione di adolescente.

Posò gli occhi chiari sui giocatori, sugli spalti, sulle reti che cingevano il perimetro del campo, sulla strada che si intravedeva, oltre di esse.

Il suo sguardo si spalancò, rivelando delle pagliuzze dorate, in quel verde chiaro che illuminava i suoi occhi. Socchiuse le labbra, irrigidendosi. Fece una breve corsa, ritrovandosi in mezzo al campo.

“Impossibile.”

Trasalì, con gli occhi, pieni di meraviglia e allarme, che seguivano i movimenti di una figura che era certa di conoscere.

Quel fisico slanciato, quei capelli lunghi e biondissimi, quel viso che le aveva sempre invidiato, quegli occhi troppo blu le erano familiari.

Eva?

Rapida, con le labbra serrate in segno di muta apprensione, Rebekah si avvicinò ad una compagna, imperandole di chiamare a gran voce quel nome.

Serrò i pugni, nel tentativo di far cessare il tremolio agitato delle mani, affilò la vista, scrutando con attenzione la figura assai nota ed i due ragazzi che la scortavano.

Trattenne il respiro, mentre la sua compagna gridava il nome di Eva, nell’aria.

Attese qualche istante, poi sussultò.

Si era voltata. Eva si era voltata, al suono del suo nome.

Rebekah si allontanò con rapidità, visibilmente tesa. Accertatasi che nessuno potesse ascoltarla, estrasse con violenza un piccolo cellulare tappezzato di strass e digitò con foga un numero di telefono, in preda all’agitazione.

“Sei un bastardo!”- ruggì, quando il suo interlocutore rispose alla chiamata. Pestò un piede a terra, creando una piccola voragine, sotto il piede.

“Rebekah, tesoro. Stai trascorrendo una giornata piacevole?”

La voce roca di Niklaus la spazientì. Ben presto avrebbe abbandonato quel tono arrogante, ne era certa.

“Mi hai mentito.”- sputò lei, ferita. Lo sentì sorridere e ciò le provocò un accesso di bile.

Detestava che lui si prendesse gioco di lei.

“Temo di non seguirti, mia cara.”- ghignò l’Ibrido, provocando uno sbuffo stizzito di sua sorella che serrò le labbra carnose, urtata.

“Perché non mi hai detto che Eva è viva?”

Improvvisamente, il tetro ridacchiare di Nik era scomparso.

Il silenzio, dall’altro lato del telefono, fece dubitare Bekah di aver mai cominciato quella telefonata.

“Stefan ti ha detto qualcosa?”

Suo fratello aveva smesso di schernirla. Attendeva, paziente, che lei colmasse le sue lacune.

“Non ho avuto bisogno di parlare con lui. Ce l’ho davanti. È a Mystic Falls.”- soffiò la bella Originaria, lanciando un’occhiata fugace alla strada dove aveva visto proiettarsi il fantasma di una vita dimenticata.

Eva era la prova che anche lei e Nik erano stati umani.

Ancora una volta, il silenzio di suo fratello la mise a disagio. Sentì un brivido percorrerle la schiena.

“Sei ancora lì?”

Aveva bisogno che Niklaus le replicasse qualcosa, una risposta qualsiasi.

Il suo silenzio la spaventava.

“Tienila d’occhio: sarò lì domani.”

“Perché è qui, Nik? Come è possibile?”

Vacillavano entrambi, cullati dall’incertezza.

“Nik?”

Il segnale ridondante della chiamata interrotta la affogò nei suoi stessi dubbi, rimasti irrisolti.

 

***

 

Eva scandagliò la stanza, visibilmente delusa. Lasciò cadere la sua borsa da viaggio ai piedi di un letto dalle coperte d’un bianco consumato da lavaggi superficiali, per poi posare gli occhi sulla carta da parati giallognola. Una piccola finestra affacciava su di una stradina insignificante. I tiepidi raggi del sole filtravano deboli, ostacolati da uno strato di polvere esterno che rendeva la luce in quella stanza orribilmente nociva.

“Domani mattina daremo inizio alle ricerche.”

Charles aveva fatto silenziosamente ingresso nella sua camera, per accertarsi che tutto fosse in ordine.

“Sul serio, ci siamo fermati qui, prima di arrivare alla suite, non è così?”- sussurrò Eva, scrutando con meticolosa attenzione il mobilio essenziale di quella stanza 2x2.

“Continua a sognare, lovely.” - ghignò Dorian, affiancandola. E pensare che, delle tre stanze adiacenti che avevano affittato, quella della ragazza era la migliore. “ Siamo già nella suite.”

“Ma non c’è il bagno!”- protestò lei, lanciandogli uno sguardo palesemente sconvolto.

“È in fondo al corridoio. Chiuditi a chiave, è un consiglio.”- sogghignò Sinclair, ricevendo, in risposta, un ringhio sommesso.

“Bene.” - sibilò la bionda, piccata. Estrasse con forza gli asciugamani dalla sacca, ancora dipendente dal lusso dell’albergo di Filadelfia - “ Ma se aveste ucciso e derubato qualcun altro, durante il tragitto, forse adesso avrei la doccia in camera.”

God blesses us, siamo davvero imperdonabili!” - rise Dorian, congiungendo le mani in segno d’una preghiera ben poco sentita.

“Il fatto che non abbia alcun senso dell’umorismo mi fa credere che lei pensi davvero quello che dice.”- aggiunse il licantropo, non appena la ragazza scomparve nel corridoio.

“Sarà  meglio tenerla d’occhio.”- propose Charles, mentre rientrava nella propria stanza.

“Se non troverà almeno la carta igienica, in bagno, saremo costretti a scavare una fossa, nel giardino sul retro.”- sorrise Dorian, seguendo l’amico.

“Questa è l’ultima dose di Elleboro che mi è rimasta.”- constatò Charles, piuttosto contrariato. “Domani dovrò trovare il modo di procurarmene dell’altro.”

“Basterà, per stasera?”

Wolfskin lo osservò, leggermente innervosito.

“Dovrebbe.”

“Dovrebbe?”

Lurch faceva dello humour?

“Te ne dovrò dare una porzione inferiore, rispetto a ieri, per conservarne un po’, nel caso in cui non riesca a procurarmene dell’altro, entro domani.”

“E funzionerà ugualmente?”

Domanda lecita, visti i trascorsi.

“Lo scopriremo.”

“È proprio il genere di sorprese che amo.”- ghignò tristemente il licantropo, assistendo, in silenzio, alla preparazione dell’infuso.

Inalò con disgusto l’odore dolciastro della bevanda, pregando con tutto se stesso che quella brodaglia sortisse l’effetto sperato.

“Alla mia salute! E, di conseguenza, a quella di tutti gli altri.”

Si abbandonò sul letto, in attesa di scivolare rapidamente in quello stato di incoscienza che era stato, per lui, una manna dal cielo.

“Come ti senti?”

I dieci minuti più lunghi della sua vita.

“Piuttosto cosciente.

“Questo è evidente.”

Charles lo osservava con le sopracciglia aggrottate, domandandosi perché mai l’infuso non agisse.

“Se ti stai chiedendo se sento il bisogno impellente di stramazzare a terra, allora la mia risposta è: No, affatto.”- sospirò Wolfskin, seduto sul bordo del letto. Osservò preoccupato il tramonto che, non poi così lentamente, lasciava spazio alla luna.

“Questo è un problema. Dammi un paio di minuti, vado a prendere altro Elleboro. A questo punto, è solo questione di quantità.”

“Fossi in te, rivedrei anche la qualità.”- sorrise nervosamente Dorian, mentre osservava l’amico allontanarsi, in cerca di altra acqua calda.

Eva richiuse con cautela il rubinetto della doccia, avvolgendosi in un asciugamano. Il bagliore verdognolo di quel bagno la fece rabbrividire. Il marmo nero dei lavandini e le cabine doccia disposte in fila lo facevano assomigliare ad un obitorio.

Un vecchio orologio analogico, appeso sopra la porta, segnava le otto di sera. Si era rifugiata sotto quella doccia per quasi un’ora. La pelle raggrinzita dei polpastrelli ne era testimone.

Lanciò un’occhiata furtiva al corridoio deserto e scivolò silenziosa, lungo il muro, puntando gli occhi blu sulla porta della sua camera, ancora distante.

La porta della stanza di Dorian era accostata, probabilmente i ragazzi erano entrambi lì. Si strinse nell’accappatoio, decisa ad elemosinare da Wolfskin il phon, di cui lui era il geloso custode.

Sbarrò gli occhi, quando scorse l’alta figura di Charles, accasciato a terra, incosciente.

Accorse verso di lui, visibilmente allarmata, cercandogli il polso. Si guardò intorno, constatando che Dorian non era lì.

Bloody Hell, la luna.

Scosse Sinclair per le spalle, pregando che si svegliasse.

Dorian doveva essersi trasformato, a giudicare dalle pietose condizioni in cui versavano i suoi abiti.

Quell’anonima cittadina avrebbe presto avuto qualcosa di cui parlare.

 

 

***

 

 

“Questa festa è terribilmente noiosa.”

Rebekah sibilò stizzita, constatando che indossare dei decolleté, in quell’occasione, era stata una pessima idea. Rimosse, per l’ennesima volta, i tacchi dal terriccio umido, spostandosi di un paio di passi, decisa a non rimanere ferma nello stesso punto, per più di trenta secondi.

Un grande falò scoppiettava davanti a lei, illuminando il principio di una foresta, adattata ad ospitare praticamente tutto il liceo.

“Ma guarda: ho avuto la stessa impressione, mentre ti osservavo.”

Una fiamma più alta illuminò un paio d’occhi d’un azzurro glaciale che la scrutarono diffidenti. Damon ghignò sardonico, regalandole, poi, uno sguardo ammaliatore.

“Non credo di averti mai dato idea di voler parlare con te.”- sbottò lei, incrociando le braccia al petto e guardandolo con odio.

“Beh, questo è un vero peccato.”- Salvatore le porse un bicchiere di birra, abilmente rubato dal tavolino di birra pong, poco lontano- “Io sono il solo ad aver avuto il coraggio di venire a fare quattro chiacchiere.”

“Un gesto che, francamente, né apprezzo né mi impressiona.”- lei lo rifiutò malamente, sorridendo seccata.

“D’accordo, Barbie Klaus, facciamo a modo tuo.”- sogghignò il vampiro, sorseggiando avidamente l’alcolico respinto- “Ignoriamoci a vicenda, se è così che ti piace.”

Le diede le spalle, tornando verso il tavolo. Afferrò al volo la pallina in gioco e privò i partecipanti di altri due bicchieri.

“Finalmente, dalla tua bocca è uscito qualcosa di sensato.”- sibilò Rebekah, lieta che si fosse allontanato.

“Una birra?”

O, magari, no.

“No, grazie.”- rifiutò lei, in maniera piuttosto contenuta. La rigidità dei suoi movimenti lasciava intendere quanto di lì a poco, quel rifiuto sarebbe stato espresso con maggiore chiarezza e maggiore violenza.

“Un marshmallow?” - Salvatore sembrava votato a mettere a dura prova la sua pazienza- “Sono la fine del mondo.”

“Il cibo umano è insipido.”

L’Originaria si allontanò, trovando rifugio su di una panca, dalla quale spodestò un paio di ragazzi già ubriachi, scaraventandoli a terra con prepotenza.

“Provare per credere.”

Il vampiro le porse un bastoncino fumante ed in parte carbonizzato.

La bionda strappò con diffidenza un pezzo di marshmallow, piuttosto scettica.

“È buono.” - fu costretta ad ammettere, piacevolmente sorpresa- “Ma, ora mi domando, Damon Salvatore, perché cerchi di distrarmi?”

“Rilassati.” - ghignò lui, illuminandola con il miglior sguardo suadente del suo ampio repertorio- “Vivi in casa mia, semini cadaveri sulla mia moquette e giochi al gatto e il topo con mio fratello. Fare una chiacchierata mi sembrava il minimo.”

“Sono colpita. Sembri quasi credibile.” - lei si alzò spazientita, bisognosa di cambiare aria- “Ora, con permesso, devo trovare un modo di rendere questa serata più interessante.”

Si allontanò disinvolta, schivando agilmente un paio di ragazzi barcollanti ed addentrandosi nella foresta, in cerca di un po’ di tranquillità. Sbuffò seccata, camminando, involontariamente, al ritmo di quella fastidiosa musica dance che tanto le ricordava il rumore di due camion che si scontravano.

Fu in quel momento che le sue orecchie trovarono finalmente conforto, riconoscendo, fra le chiassose risate dei seniors, un suono familiare.

Qualcuno aveva gridato, giù nella foresta. Un urlo straziato aveva tentato di sovrastare i rumori della festa, risuonando flebile e smorzato, udibile solo a chi lo stesse cercando.

Corse a gran velocità in direzione del grido, allontanando con le esili braccia i rami che la ostacolavano. L’inconfondibile odore ferroso di sangue le solleticò le narici, provocandole un brivido lungo la schiena. Poteva sentire le gocce scarlatte scontrarsi con il suolo, impregnando il terreno e confondendosi con la rugiada.

Li vide. Due fari brillarono fra le fronde, seguiti da un ringhio basso e gutturale. Le zanne sferzarono l’aria in un morso d’avvertimento, mentre le zampe possenti superavano il cadavere ancora caldo, con l’intento di proteggere la preda guadagnata.

Rebekah inclinò il capo, affascinata. Cosa si faceva un licantropo, nella contea di Boringville, durante una notte di luna calante?

“Ho appena trovato il mio deus ex machina.”

Sorrise pacata, guardando incuriosita la bestia, sempre più minacciosa. Con un piccolo passo in avanti, la vampira scatenò l’ira della creatura che le si slanciò contro, facendo sussultare il suolo. L’Originaria colse il grosso lupo di sorpresa, assestandogli un poderoso calcio allo sterno, scaraventandolo a qualche metro di distanza, contro lo spesso tronco di un abete. L’animale emise un ululato smorzato dall’impatto e si risollevò, facendo leva sulle muscolose zampe posteriori. Con una spinta maggiore si lanciò ancora una volta contro la nuova e più temibile preda. Bekah lo colpì alla testa con un calcio, proiettando a terra il mastodontico cane.

Scomparve nella notte, trascinando con sé la pesante carcassa.

“Sei il licantropo più noioso che abbia mai incontrato.”

Sbuffò tediata. Perfino nel rivederlo trasformarsi non aveva provato granché.

Contrariamente a quanto avrebbe mai pensato, lo aveva rivestito.

Bekah lo guardò con sufficienza, tirandogli un leggero calcio alla bocca dello stomaco, nel tentativo di svegliarlo.

Si guardò intorno. Di chiunque fosse quella casa, le piaceva.

Dorian rantolò, rotolando su un fianco, con entrambe le mani uncinate alla testa. Socchiuse gli occhi, constatando di avere la vista offuscata. Tossì, avvertendo forti fitte allo stomaco.

“Bloody Hell, ho la testa in fiamme.”- mugolò il licantropo, sfiorando con le labbra il parquet e tossendo, dopo aver ingerito della polvere. Inarcò la schiena, tentò di alzarsi in ginocchio, ma venne ostacolato dalle fitte alle tempie che gli fecero perdere l’equilibrio. Scivolò malamente a terra, con un lamento.

“Probabilmente, perché qualcuno ti ha preso a calci.”

Wolfskin mugolò interrogativo, sollevandosi sui gomiti, nell’attesa che le gambe tornassero a rispondere. Osservò spaesato i supporti dei mobili nell’ampia stanza buia in cui, quello era certo, si trovava.

 “Potresti avere una commozione cerebrale. O tre.”- sospirò Bekah, osservando con esasperante nonchalance le proprie unghie. Gli tirò un nuovo buffetto, facendolo tornare supino.

Aveva la conferma che quello fosse lo stesso ragazzo che aveva visto camminare insieme ad Eva, quella mattina. Sorrise soddisfatta, guardando compiaciuta il licantropo tastarsi un lato della testa, dal quale sgorgava sangue fresco.

“Dimmi che sono ancora in Virginia.”- ansimò Dorian, tentando un nuovo approccio con il pavimento. Riuscì a restare in equilibrio sulle ginocchia, aggrappandosi disperato allo schienale di un sofà bianco, sul quale tracciò dieci scie rosse.

“Si, è così.”

“Chi sei?”

Wolfskin aveva sollevato lo sguardo, ancora offuscato, sulla ragazza. Un’amazzone di rara bellezza, quella che gli rivolgeva la parola.

“La ragazza che ti ha trovato steso sulla veranda, nudo. Credevo fossi solo uno di quegli idioti ubriachi che hanno partecipato al falò di ieri sera, ma poi mi sono dovuta ricredere. Hai ululato un paio di volte, prima di svenire definitivamente.”

Lui la ignorò, tentando di rimettersi definitivamente in piedi. Barcollò, oscillando sul posto, fino a quando non riuscì a ritrovare l’equilibrio.

“Siamo a Mystic Falls?”

Era orribilmente confuso. Ricordava di essersi trasformato, di aver abbandonato l’albergo, di aver aggredito gli studenti al falò, ma non aveva la più pallida idea di come fosse arrivato in quella casa. Né ricordava quella ragazza.

“Purtroppo.”- sospirò Rebekah, stringendosi nelle spalle. Lo osservò ancora una volta, compiaciuta. Non ricordava nulla. Un vero peccato.

“È insolito, per un lupo mannaro, trasformarsi con la luna calante.”

A quelle parole, ascoltate in fin troppe occasioni, Wolfskin arricciò le labbra, facendo schioccare la lingua. Si era tradito, ancora una volta.

“Charles mi ucciderà.” - mormorò, ridendo amaramente-“Ce l’hai un nome?”

“Non rientra nel tuo interesse saperlo.” - soffiò Bekah, infastidita dai lamenti del suo nuovo giocattolo- “Né a me importa conoscere il tuo.”

“Devi essere una piena di amici, tu.”

Wolfskin azzardò qualche passo, rischiando di ricadere a terra. Posò una mano su un fianco, convinto che di lì a poco tutte le sue interiora si sarebbero riversate sul pavimento. Avvertì un sinistro scricchiolio alle ossa, ma decise di non indagare oltre.

 Aveva bisogno di credersi in salute, per poter tornare a casa.

“Beh, mia cara Chiunque, è giunta, per me, l’ora di andare. Ti ringrazio per avermi recuperato nel raggio di pochi kilometri. Capita sempre meno di frequente.”

Le sorrise stancamente, avanzando a tastoni, in cerca della porta. Vi si addossò con tutto il suo peso, trovando sollievo nel legno freddo a contatto con la sua pelle livida.

“Sei un licantropo anomalo ed io ti ho scoperto. È curioso. Fossi in te, vorrei mantenere il segreto.”

La sua ospite si stava offendendo perché lui non l’aveva uccisa?

Strano posto, l’America.

“Confido nel tuo buonsenso, lovely.”- sorrise divertito lui, voltandosi a guardarla.

Il viso di porcellana era imbronciato, le labbra curvate verso il basso ostentavano la sua capricciosa personalità.

Lei gli sorrise dolcemente, eppure, Dorian avvertì l’improvviso impulso di allontanarsi con rapidità.

“Fai davvero male, carino.”

Rebekah si mosse celere verso di lui, afferrandolo per lo scollo della maglietta e scaraventandolo contro le scale, nell’ingresso. Wolfskin colpì i gradini con forza, ruzzolando poi, di nuovo incosciente, fino ai piedi della splendida vampira.

“Ho sempre voluto un cucciolo.”

 

 

 

 

 

 

Biondich Caverna

Ben trovati!

Da dove comincio?

Ok, ci sono.

Credo.

Questo capitolo è basato sulla puntata 3x06 Smells like teen spirit. Sto disperatamente tentando di non allontanarmi troppo dalla trama originale, anche se, più la storia andrà avanti, più i riferimenti agli episodi saranno sempre minori e sporadici.

Or bene!

Questo capitolo è una sorta di trampolino di lancio al sesto, dove avverrà il grande incontro fra il Pro Hybrid Team e l’oggetto della sua ricerca.  E poi?

Tutti contro Mikael! O quasi …

Bene! Ora che vi ho messo la pulce nell’orecchio, vi lascio, nella speranza di leggere presto i vostri pareri riguardo questa storia buttata giù da una scrittrice a tempo perso, quale mi piace identificarmi.

Ringrazio di cuore chi legge, recensisce, segue e preferisce questa storia! With love,

Biondich!

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Capitolo 6
*** Rendez vous ***


Rendez vous

 

“Ti giuro che stavo seguendo.”

Damon riemerse dai propri pensieri, allo schiarirsi della sua voce. Accavallò una gamba, guardandosi intorno,per poi rivolgere i penetranti occhi azzurri alla sua interlocutrice.

“Hai la testa altrove, Damon?”

Liz Forbes lo scrutò, socchiudendo appena le palpebre.

“Non più, ora.”– la rassicurò il vampiro, battendo una mano sulla panchina su cui sedevano- “ Dicevi?”

Dio, che ci fossero nuovi problemi da aggiungere alla lista delle “7 cose per cui sarebbe meglio essere impalettati”?

Al primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto posto c’era Elena, in tutte le sue varianti: Elena preoccupata per Stefan, Elena che cercava di cambiare Damon, Elena che non voleva ammettere di avere un debole per lui, Elena che voleva uccidere Klaus, Klaus che voleva uccidere, o meglio, dissanguare un po’ alla volta Elena, Elena, Elena, Elena.

Chi si sarebbe aggiudicato il tanto ambito settimo posto di quella lista?

“Amanda Dupree, quarto anno. Era al falò, ieri sera. I suoi genitori dicono che non è tornata a casa ieri notte. L’hai vista?”

Lo sceriffo Forbes lo osservò con apprensione, consegnandogli una fotografia della ragazza scomparsa.

Un viso sorridente, con piccoli occhi verdi ed un mare di lentiggini, sembrò pregare Damon di ricordare. O di cercarla.

“Non sapevo nemmeno che ci fosse un’Amanda Dupree a Mystic Falls. Ma, andiamo, Liz, di che ti preoccupi?”- il vampiro aggrottò le sopracciglia scure, dubbioso- “Sei stata giovane anche tu, avrà passato una notte da leoni con qualche senior e starà smaltendo una sbornia colossale. Quando starà meglio, tornerà a casa.”

Le riconsegnò l’immagine, per poi regalarle un sorriso sghembo.

Aveva questioni più urgenti ed originali di cui occuparsi. Qualsiasi cane da ricerca avrebbe svolto più che egregiamente quel compito.

“La sua migliore amica dice di averla vista addentrarsi nella foresta. Non risponde al cellulare. Potremmo andare a dare un’occhiata.”- la donna gli rivolse un’occhiata apprensiva. Evidentemente, qualcosa non quadrava per lei.

“Sono pieno di impegni, ma, dato che me lo chiedi tu, suppongo di poter partecipare a questa gita.” – sospirò Damon, roteando gli occhi, rassegnato- “Ma ti avverto, non sono mai stato un bravo scout. Starà a te assaggiare le feci dei procioni, per stabilire se si sono davvero mangiati la tua ragazzina.”- sogghignò, provocando uno sbuffo dello sceriffo.

“Per quel che mi riguarda, spero stia davvero smaltendo la sbornia in qualche squallido motel, fuori città.”- borbottò Liz Forbes, facendogli cenno di seguirlo nella volante.

“Questo perché non è tua figlia.”– sorrise mefistofelico il vampiro, aprendo la portiera- “ Se fosse la tua dolce bambina, credimi, preferiresti ritrovarla nello stomaco di un procione, piuttosto che …”

“Chiaro.”

La donna mise in moto, interrompendo le sagaci osservazioni di Damon che sorrise, illuminandola con lo sguardo di ghiaccio, per poi addossarsi allo schienale del sedile ed attendere pazientemente di raggiungere il bosco.

Il falò scoppiettava ancora, debole, ormai in procinto di spegnersi. I festoni, strappati dai seniors che avevano tentato di arrampicarsi sugli alberi, dopo le innumerevoli partite di birra pong, ricadevano verso il basso, scossi da un debole vento settembrino, sibilando, ogni volta che incontravano le cortecce degli alberi.

Centinaia di bicchieri segnavano il percorso tracciato da degli Hansel e Gretel non poi così piccoli ed innocenti. Damon poté giurare di aver visto un paio di slip, dietro ad un masso.

Avanzò, cercando, fra l’odore di vomito e benzina, quello del sangue. Aveva pensato al peggio, si. In quel periodo, erano gli incubi a dominare la realtà.

Lo percepì. Tanto, fin troppo, mescolato all’erba, al terriccio, alle radici, fonte di nutrimento per l’intera foresta.

Avanzò a grandi passi, facendo strada allo sceriffo, augurandosi che lei non vedesse quello spettacolo, ancora lontano, ma perfettamente visibile nella sua mente.

Un tripudio di carni, in un mare di sangue.

“Oh, Dio.”– Liz Forbes trattenne a stento un conato di vomito. Distolse lo sguardo, ansimò agitata, afferrando, con mani tremanti, il telefono.

“ Devo avvisare la centrale.”

“Aspetta.”– Damon si chinò sui polpacci, studiando quei brandelli, riconoscendovi un assassino antico quasi quanto la sua specie- “ Qualunque cosa l’abbia aggredita, non era di certo un procione.”

“Come riesci a fare del sarcasmo anche davanti a questo?”- la donna lo osservò accigliata, poi indietreggiò, rifuggendo l’acre odore di quelle carni senza più nome.

“La forza dell’abitudine.”

“Cosa è stato? Un vampiro?”- Liz Forbes dovette ricorrere ad una buona dose di fegato, per posare gli occhi sulla carcassa vilipesa. C’era qualcosa di primordiale nel modo in cui quelle carni erano state lacerate.

“Questi sembrano più i morsi di un lupo mannaro.”- commentò aspramente Damon, risollevandosi da terra. Ma non era possibile.

Non c’erano licantropi a Mystic Falls, non più, almeno. Il vero punto in questione era che non c’erano licantropi nell’intero universo che si trasformavano con la luna calante.

“Il figlio di Carol Lockwood?”- domandò la donna, posando gli occhi sul sangue rappreso, divenuto il luogo d’incontro per la maggior parte degli insetti del bosco.

“Non è opera di Tyler,credimi. Ha un alibi di ferro.”- sospirò Damon, in cuor suo rammaricato di non avere nulla, fra le mani. Aveva visto Lockwood durante la festa, era certo della sua innocenza. E poi, nemmeno la sua nuova condizione di ibrido gli avrebbe concesso di commettere un omicidio così efferato. Non era il sangue, che l’assassino cercava. Era la carne.

“Stai dicendo che c’è un nuovo licantropo a Mystic Falls? Con la luna calante?”

“O un grizzly di quasi due metri. Ma, visti i trascorsi, quoto la prima ipotesi. Anche se sembra strano, lo so.”- replicò il vampiro, risollevandosi da terra, per poi rivolgere un’ultima occhiata al cadavere mutilato nella foresta.

“Dovremmo avvisare il Consiglio.”- sospirò lo sceriffo, incrociando le braccia al petto, visibilmente scossa.

“Dammi un paio di giorni, Liz. Prima vorrei chiarire la questione. Meglio non mettere in giro certe voci.”

Damon aveva ragione.

“Chiamo la centrale. Dirò che è stata attaccata da una grosso lupo, o un cane selvatico.”

“Perfetto.” – Damon la scortò fino alla volante, ammirando il suo autocontrollo- “ Penserò io a sistemare la faccenda.”

“Grazie, Damon. Per tutto quello che stai facendo per noi.”

 

***

 

“Devi lasciarmi andare, sto bene.”

Charles rantolò, quando Eva posò ancora una volta la garza sulla ferita. Il sangue affluiva lentamente, rigandogli il forte torace, per poi riversarsi sulle lenzuola smunte e sulla tappezzeria. La ragazza lo osservò contrariata, ignorando le mute imprecazioni di Sinclair, circa il suo avere la mano fin troppo pesante.

“Non sono mai stata ferrata in scienze, ma potrei giurare che il sangue deve rimanere dentro il corpo. O, quantomeno, non sulla moquette.”

Era impassibile, di fronte a tutto quel liquido scarlatto.

Imbevette il tampone nell’alcol, tornando a pulire la ferita.

“È solo un graffio.”- sbottò lo stregone, senza particolare convinzione.

“Smettila, Charles.” – Eva lo guardò severa. Estrasse dalla sua borsa da viaggio un vecchio Grimorio e glielo porse, non poi così delicatamente, indicando una pagina che si era prodigata a cercare, impiegando quasi due ore- “ Ora pronuncia questa formula.”

“Questo non è l’incantesimo più indicato.”

Charles negò con il capo, ignorando una fitta provocatagli dal profondo taglio nel torace.

“Pronuncia.”- insistette Eva, ben più determinata.

Lo aveva vegliato per tutta la notte, terrorizzata all’idea che non si svegliasse.

“Dobbiamo trovare Dorian, Eva. Questa è la nuova priorità.”

“Allora, ti consiglio di riprenderti in fretta.” – sentenziò lei, preparando un nuovo tampone ed ignorando deliberatamente l’occhiata torva di Sinclair.

“E’ strano che non abbia ancora chiamato.”- soffiò, ripensando a Wolfskin.

Dorian non era uno sprovveduto. Se avesse potuto, li avrebbe contattati.

“Per questo ho bisogno che tu mi lasci andare.”

“Tu smetti di sanguinare e io ti libero.”

Charles prese fra le mani l’antico Grimorio e lo consultò, in cerca di un incantesimo che si prestasse alla sua situazione. Lo trovò, recitandone la formula, interrotto, alle volte, dalle dolorose fitte che la ferita e la mano pesante di Eva gli provocavano.

La ragazza osservò meravigliata i margini di pelle squarciata farsi sempre più vicini e ricongiungersi, per poi non lasciare alcuna traccia del taglio.

“Bene.”

Sinclair, ben più in forze, si risollevò dal letto ormai cremisi, ben intenzionato a cambiarsi d’abito. Regalò ad Eva un sorriso d’approvazione, ringraziandola di tante premure, per poi afferrare un pezzo di garza e terminare di ripulire il sangue rappreso sull’addome scolpito.

“Resta qui, io andrò in città, in cerca di informazioni. Un licantropo non passa di certo inosservato.”

“Ed io che faccio?”

Eva lo osservava, palesemente offesa.

Ancora una volta, veniva accantonata in un angolo e lasciata da sola.

“Non ti muovi da qui.”- intimò severamente Charles, in cuor suo rammaricato di doverla estromettere dalle ricerche- “ Ti chiamerò, se scopro qualcosa.”

Non poteva permettersi di perdere anche lei.

“Perché non vuoi che ti aiuti?”

Lei sollevò lievemente il mento, serrando la mascella. Incrociò le esili braccia al petto, puntando gli occhi blu in quelli grigi e contriti di Charles.

“Hai qualche idea?”- ghignò lui, visibilmente messo alle strette - “Ti prego, illuminami.”

“No, non ne ho. E nemmeno tu. Potremmo cercarlo insieme.”

Sinclair si ripromise che avrebbero chiarito quella questione, una volta trovato Wolfskin.

“Resta in albergo e tieni con te il cellulare di Dorian. Se chiama, avvisami.”- replicò, ignorando le sue parole. Prese la chiave della stanza e la ripose accuratamente in una tasca dei pantaloni, facendo ricorso a tutte le sue forse, per rimanere indifferente allo sguardo arrabbiato di Eva.

“D’accordo.” – sbuffò lei, arricciando le labbra- “Ma la prossima volta che ti trovo svenuto e sanguinante per terra, ti giuro che ti lascio in quello stato.”

“Uomo avvisato.”- le sorrise lui, per poi scivolare agilmente nel corridoio ed abbandonare l’albergo.

La bionda si abbandonò sul letto, amareggiata. Odiava quella sua condizione di arma segreta. Era prigioniera di una nuova esistenza, si sentiva soffocare in quello stato di quiete e silenzio che la sua seconda vita le aveva imposto. Era troppo sovrannaturale, per poter condurre una vita normale, e troppo umana per poter affrontare i pericoli cui era esposta.

Sibilò tediata, quando si accorse di essersi macchiata i vestiti, con il sangue di Charles. Abbandonò la camera dei ragazzi, per poi dirigersi nella propria. Infilò svogliatamente un paio di jeans chiari ed una camicia di sangallo bianca, poi osservò, ancora una volta, il malsano colore delle lenzuola.

Guardò il display del telefono di Dorian, constatando che non aveva chiamato.

Si sentiva inutile, un pezzo di mobilio che Sinclair e Wolfskin si trascinavano dietro, un peso morto che veniva sballottato in giro, senza alcun reale significato, senz’anima, senza un’esistenza concreta.

Decise di reagire. Infilò il cellulare nella tasca dei suoi skinny jeans, prese la chiave della stanza e richiuse la porta dietro di sé, decisa a dare il suo contributo nella ricerca di Dorian. Un atto di ribellione il suo, volto a far valere la sua persona, a farla sentire importante, essenziale, per le persone a cui teneva di più.

Ma, per sicurezza, si disse che quella scappatella sarebbe stata abilmente nascosta a Charles, poiché era certa che non l’avrebbe approvata.

Abbandonò l’albergo, lasciando che i tiepidi raggi di un sole settembrino le riscaldassero la pelle chiara che si confondeva con il sangallo. Si guardò intorno, osservando con sospetto ogni superficie, sussultando ad ogni alzarsi di saracinesche e trattenendo il fiato, ogni volta che avvertiva dei passi in lontananza.

Era in terra straniera, nemica, forse, si disse.

Raggiunse il centro cittadino, camminando rasente ai muri dei negozi, attenta ad ogni movimento proprio e altrui, tentando, con scarso successo, di apparire disinvolta. Il mondo la spaventava.

Eppure, un tempo non era così.

Un tempo avrebbe saputo affrontare le avversità a testa alta e ne sarebbe uscita vincitrice. Ma la vecchia Eva era morta e di lei non restava che lo splendido involucro. O, almeno, era ciò che era stata portata a credere.

Deambulò silenziosa, studiando attentamente quell’anonima cittadina. Scandagliò ogni vicolo, nella speranza di trovarvi Dorian, ma non lo vide. Non aveva niente in mano, eppure, era forte della consapevolezza di aver fatto almeno un tentativo. Forse era tutto ciò di cui aveva bisogno.

Ripercorse i propri passi, ben più tranquilla. Non erano più strade nuove, quelle che percorreva. Guardò compiaciuta le vetrine che all’andata aveva evitato, orgogliosa d’esser sopravvissuta a quell’uscita fin troppo intraprendente, si specchiò in una di esse, osservando affascinata gli abiti da sera che vi erano esposti.

Bentornata, Ehwaz* ” ( Eva)

Sussultò, spalancando gli occhi blu, al suono di quella voce. Fu attraversata da un brivido che le provocò una forte fitta alla schiena, mentre sentiva le viscere annodarsi fra loro in cappi stretti e dolorosi. Dietro di lei, un’alta figura si ergeva, riflessa appena, nel vetro opaco della vetrina.

Nix†αus* ” (Niklaus) – soffiò lei, in una lingua non credeva di ricordare più, ormai.

Si irrigidì, serrando le braccia ai fianchi, assumendo una posa fin troppo poco plastica. Prese un lungo respiro e si voltò.

Il suo cuore millenario perse un battito e sembrò restituirne uno alla creatura originale davanti a sé.

Cacciavano spesso, in quella foresta. Lui ed Elijah superavano silenziosi le capanne del villaggio, armati di arco e faretra, per poi scivolare fra le spesse cortecce di quegli alberi secolari, con un barlume d’eccitazione negli occhi.

Un’altra gara.

Elijah non riusciva ormai a tenere il conto delle sfide che suo fratello Niklaus gli lanciava.

Quello che era certo era che non ne avesse mai rifiutata alcuna.

Nik si acquattò laconico, dietro ad un masso, facendogli cenno di seguirlo. I suoi occhi chiari indicarono la massiccia sagoma di un cervo. Il grosso animale brucava cauto, ma sembrava non essersi accorto della presenza dei due giovani cacciatori. Il manto scuro dell’erbivoro fu illuminato dai tenui raggi di sole che filtravano fra le fitte fronde degli alberi, segnando il rapido calare del sole, dietro le montagne.

Nik estrasse celermente una freccia dalla faretra e tese l’arco, concentrato. Con la coda dell’occhio, vide Elijah compiere gli stessi controllati movimenti.

Avevano tinto le code delle frecce con colori diversi, così da poter stabilire di chi sarebbe stato il colpo mortale che avrebbe ucciso l’animale. Misurarono la velocità del vento, percependo l’aria che carezzava loro gli zigomi, tesero i muscoli, con l’intento di non provocare la fuga del cervo.

Un fruscio rapido, alla loro destra, li fece sussultare, visibilmente colti di sorpresa Una freccia sferzò l’aria, per poi incastrarsi in una corteccia, poco lontana dalle sagome dei due cacciatori. La coda vibrò, causando la fuga dell’animale che scomparve nel cuore della foresta, così da privare i suoi predatori di un buon bottino.

Elijah si alzò rapidamente, trascinando con sé il fratello. Un’altra freccia colpì, veloce, il terriccio accanto al masso, mancando di poco la gamba di Niklaus.

Scrutarono con attenzione il punto da cui il dardo era stato scoccato, serrando le mascelle.

Dei passi leggeri e decisi catturarono la loro attenzione. Tesero gli archi, pronti a colpire.

“Chi sei”- intimò a gran voce Niklaus, mantenendo lo sguardo fermo sul nuovo cacciatore. Sollevò il mento, aggrottando le sopracciglia chiare.

“Quel cervo era mio”- protestò risoluto il nuovo cacciatore, avanzando leggero verso lui ed Elijah.

I due fratelli sorrisero, schernendolo.

“Grazie a te, non è più di nessuno, adesso.”- ghignò Klaus, abbassando l’arco.

Non era intimorito. Non riusciva a vedere quel giovane cacciatore come una minaccia.

“Qual è il tuo nome”

Elijah guardava lo sconosciuto con sospetto, con i muscoli delle braccia ancora tesi, assieme all’arco. Osservò contrariato suo fratello. Niklaus avrebbe dovuto diffidare di più.

Quella foresta era pericolosa, lo sapeva.

“Mi chiamo Eva”

Il cacciatore rivelò il suo volto, lasciando che lo spesso cappuccio che indossava ricadesse lungo le spalle esili. Liberò una lunga chioma dorata che incorniciò il bel viso dagli zigomi alti.

I suoi occhi blu si posarono istintivamente su Nik.

“Le femmine non dovrebbero andare a caccia.”- disse il ragazzo, osservando con interesse la giovane. Le sorrise istintivamente, ignorando lo sguardo severo di suo fratello.

“Nemmeno gli uomini che cacciano come donnette dovrebbero. Eppure, siamo tutti qui.”

Eva rise ingenuamente, con lo sguardo sprezzante che indugiava sui due sconosciuti.

Niklaus sogghignò, approvando con il capo quella risposta sagace.

“Dove vivi?”

Elijah cercava risposte. Le regalò un mezzo sorriso,ma non poté fare a meno di diffidare di lei.

Qui, nel bosco.”

Il ragazzo sgranò gli occhi, lasciando la presa sull’arco. Ripose la freccia nella faretra, gonfiò il petto, naturalmente perplesso.

Niklaus sorrise ancora una volta, piacevolmente sorpreso.

“Sai cosa accade nella foresta, durante la luna piena?”- domandò Elijah, scettico a quelle parole. Chi mai poteva vivere in quella foresta, pur conoscendo i pericoli che questa celava?

Elijah e suo fratello erano stati cresciuti ed abituati a nutrire un timore reverenziale, per la natura. E ad avere terrore dei suoi mostri.

“E voi?”

“Qui si radunano i figli del Male: i licantropi.”- sibilò lui, aggrottando le sopracciglia scure. Si chiese se Eva non fosse una di loro.

“Tu li chiami abomini, io li definisco miracoli.”- sorrise la giovane cacciatrice, inclinando leggermente il capo di lato – “Prima di giudicarli, dovresti vederli trasformare.”

“Tu li hai visti?”

Niklaus aveva sgranato gli occhi chiari, sorridendo ammaliato. Una ragazza che andava a caccia e seguiva i licantropi, durante la luna piena, era insolita. Ne era totalmente rapito.

“Mia padre mi ha insegnato a seguire le loro tracce, senza che loro possano accorgersi di me.”

I suoi occhi blu si posarono sul bagliore sempre più fioco del sole, ormai quasi del tutto tramontato. A breve, sarebbe sorta la luna piena.

“Dobbiamo andare, Niklaus.”- lo esortò Elijah, posando una mano sulla sua spalla.

Dovevano raggiungere il villaggio, prima che calasse la notte.

Nik annuì, seguitando ad osservare affascinato la bella ragazza della foresta. Si ripromise che l’avrebbe incontrata di nuovo.

“Arrivederci, Eva.”- arretrò, seguendo il fratello, per nulla in grado di distogliere lo sguardo da quel viso chiaro come gli astri.

Una figlia della Luna, quella che gli sorrise dolcemente, con gli occhi blu forti d’una luce che raramente aveva visto, altrove.

“Arrivederci, Niklaus.”

 

“Sei ancora più bella di quanto ricordassi.”

Nik aveva impercettibilmente spalancato gli occhi, quando si era voltata. Ricordava perfettamente il suo viso, eppure, era stato come se per più di mille anni, ogni ricordo di Eva fosse stato ricoperto d’un velo che ne celava la reale bellezza. Lontana dalla coltre oscura della sua mente, lei tornava a splendere più che mai.

Le concesse un mezzo sorriso, ostentando un sicurezza che a fatica era riuscito a trovare, e dovette ricorrere ad uno sforzo immane per mantenerlo sul suo volto.

Poteva sentire il battito del cuore di lei accelerare, sotto l’elegante camicia di sangallo che si confondeva con la sua pelle. Il suo sguardo scivolò silenziosamente sulle vene che le decoravano le braccia e Niklaus avvertì i polpastrelli delle proprie dita fremere. Ricordava di aver tracciato i percorsi di quei sottili fili blu, con le proprie mani, in un’altra vita.

Scorgeva nei suoi occhi un’opprimente confusione, il frastuono di migliaia domande che scrosciavano, come fredde gocce di pioggia su di un vetro, sommergendo, a poco a poco, entrambi.

Lui aveva chiuso gli occhi, davanti al temporale. Eva era rimasta a guardare i fulmini di ricordi che squarciavano violentemente il cielo plumbeo della sua mente.

“Come mi hai trovata?”

La voce le si spezzò in gola ed Eva indietreggiò, ritrovandosi ad un passo dal vetro del negozio.

Si impose la calma, nascose dietro la schiena le mani, animate da piccole convulsioni e spasmi. Serrò le labbra chiare, in attesa che il loro tremolio nervoso si acquietasse.

Incontrò coraggiosamente gli occhi di Niklaus, riconoscendovi il giovane cacciatore che aveva amato e lo spietato assassino che l’aveva uccisa.

Più che mai, si rese conto di amare quegli occhi, ma di non poter fare a meno di odiare il modo in cui la guardavano.

“Forse, prima di questo, dovremmo parlare di te.”– la voce roca di Nik le provocò un nuovo fremito lungo la schiena- “Cosa sei?”

Cos’era, Eva? Tutto e niente, in quel momento.

“È complicato, io non …”

Avrebbe voluto essere più forte, imporsi a lui con determinazione, mostrarsi tenace ed impassibile di fronte alla prova della sua passata esistenza, esattamente come Nik stava facendo con lei.

“Abbiamo entrambi tutto il tempo del mondo, a quanto vedo.”

Gli occhi di zaffiro di Klaus percorsero la figura scossa di Eva, osservando ammaliati la fresca giovinezza di quel corpo che imprigionava un’anima millenaria.

“Temi forse che i tuoi amici non approverebbero questa nostra chiacchierata?”

La sua voce sprezzante la fece sussultare, costringendola ad indietreggiare ancora di un passo, finendo a diretto contatto con il vetro.

Serrò le labbra, osservandolo allarmata.

Sapeva di Dorian e Charles? Poteva aver fatto loro del male?

“O, magari, preferisci tornare in albergo?”

La sua voce, a stento controllata, la terrorizzò. Sembrava essere una conferma alle sue incertezze.

“Lo sai? Non ero il solo a fremere dalla voglia di rivederti.”- ghignò sardonico lui, afferrandola malamente per un braccio.

Quel contatto costrinse Eva a sbarrare gli occhi. Il fiato le si smorzò, provocandole una fitta al petto. Si divincolò rapidamente, tendendo ogni muscolo del corpo in un vano tentativo di fuga.

La mano di Niklaus allentò istantaneamente la presa, rendendola nuovamente libera.

“Ti seguo, sweetheart.

***

 

Charles Sinclair aveva imprecato sottovoce, quando era tornato in albergo.

L’aveva cercata nella sua stanza, in quella di Dorian, nella propria, nella piccola hall. Eva non c’era. Alla reception, qualcuno poteva giurare di aver visto una graziosa chick uscire dall’albergo.

Digitò per l’ennesima volta il numero di cellulare di Wolfskin, ascoltando l’oramai fin troppo familiare beep della segreteria telefonica.

Aveva perso Dorian, aveva perso Eva.

Non si accorse che qualcuno stava bussando alla sua porta, fino a quando quel battere non rischiò di scardinarla.

Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri, raggiungendo rapidamente la porta, augurandosi che si trattasse di Eva. O, di Dorian, in qualunque modo fosse possibile.

Fu illuminato dal mite sorriso di una ragazza dalla ondulata chioma bionda pettinata ordinatamente lungo le spalle.

“Posso aiutarti?”

La osservò accigliato, scrutandola con meticolosa attenzione. Una curiosa sensazione alla bocca dello stomaco gli fece presagire il peggio.

“Sono più che certa che sarò io ad aiutare te.”– replicò orgogliosa la bella giovane, socchiudendo altezzosamente le palpebre- “Credo che questo sia tuo.”

Le sue braccia esili si spostarono verso il muro adiacente alla porta, riassestando in piedi un corpo semicosciente, livido e malconcio.

Dorian.

“Chi sei?”

Domanda lecita, vista la situazione.

Charles si fece da parte, lasciandola entrare. Osservò con apprensione il volto contuso di Wolfskin. Doveva essere medicato.

“Quella che si accerterà che suo fratello non vi spezzi la spina dorsale, quando arriverà.”- trillò con noncuranza la ragazza, sorridendogli appena, mentre scaricava il licantropo sul letto.

Dorian perse l’equilibrio, ricadendo malamente a terra. Mugolò un “ouch” che fu smorzato da un grugnito, dovuto al sangue rappreso nel setto nasale.

“Dov’è Eva?”- soffiò stancamente lei, accomodandosi sul bordo del letto, con esasperante nonchalance. Scandagliò con meticolosa attenzione la stanza, per poi guardare Charles con sufficienza.

“Di cosa stai parlando.”-sibilò Sinclair, mentre il suo sguardo grigio correva preoccupato sulla sagoma dell’amico che tentava, con difficoltà, di risollevarsi da terra.

“Ripensandoci, potrei essere io quella che vi farà molto male. E, non appena sarà qui, Nik finirà il lavoro.”- sorrise tediata la ragazza, afferrando malamente Wolfskin per lo scollo della maglietta ed issandolo sul letto. Il movimento troppo rapido provocò a Dorian un giramento di testa che lo costrinse ad accasciarsi sul materasso.

“Niklaus?”

Il volto di Charles si incupì. Forse la scomparsa di Eva non era stata causale. Il ché era anche peggio, maledizione.

“Mio fratello.”- sorrise Rebekah, scotendo la chioma dorata e liberando nell’aria una fresca fragranza di Chanel n°5.

Charles protese una mano verso di lei, recitando parole troppo potenti per essere udibili, nel tentativo di sconvolgere la mente della bella Originaria.

Bekah avvertì una lieve fitta alle tempie che urtò profondamente il suo già precario equilibrio mentale. Mostrò i canini, sibilano furiosa, per poi scaraventare Sinclair al lato opposto della stanza ed avventarsi su Wolfskin, strattonandolo con forza.

“Prova a fregarmi e lo uccido.”- ruggì furibonda, inclinando con una mano perfettamente curata il capo di Dorian, così da avere libero accesso alla sua giugulare.

Nel vedere Sinclair massaggiarsi una spalla dolorante, tornò in sé, liberando il licantropo dalla sua ferrea presa, per poi sorridere, inspiegabilmente quieta.

“Ora, dimmi, perché Eva è viva? Cos’è? Un vampiro? O quella che ho visto è una doppelganger?”

Charles ruggì collerico, risollevandosi da terra, fortemente deluso dagli scarsi effetti che il suo incantesimo aveva avuto sull’Originaria.

“E va bene, taci, se vuoi. Tanto, quando Nik sarà qui, dovrai parlare per forza.”

Nella stanza calò un imperturbabile silenzio, interrotto, non sempre in maniera regolare, dal respiro affannato di Dorian, fortemente provato dalle attenzioni che Rebekah gli aveva rivolto. Era stato torturato, fino a quando non le aveva detto dove trovare il resto del gruppo.

Il battere di una mano incerta sulla superficie della porta sembrò riportare in vita ciascuno dei presenti, permettendogli di abbandonare le pose granitiche che avevano assunto. Rebekah si mosse celere ed aprì, spalancando impercettibilmente gli occhi chiari e lasciando che le labbra carnose si socchiudessero appena, in un’espressione di pura meraviglia.

Good morning, gentlemen. Spero che mia sorella sia stata una brava ospite.”

Niklaus la superò, lanciandole un’occhiata eloquente. Ghignò sardonico, rivolto a Charles e Dorian, mentre posava una mano sulla schiena di Eva, per far sì che lei lo affiancasse.

“Rebekah?”- sussurrò la ragazza, ritrovando in quella stanza l’amica di un tempo che sembrava non esserci mai stato. La osservò confusamente, senza guardarla davvero. Indietreggiò appena, lasciando che la gelida mano di Niklaus premesse maggiormente sulla sua schiena, poi si scostò, oppressa dalla sua stessa presenza.

“Fin troppe emozioni in una sola volta, mia cara. Cerca di essere forte. Abbiamo tanto di cui parlare.”- soffiò lui, sogghignando mefistofelico.

Tenace, quel mezzo sorriso arrogante seguitava ad occupare il suo volto, celando ai presenti il disagio che lo divorava dall’interno.

Niklaus riviveva la stessa sensazione provata nella foresta di Bialowiesky. Sentiva di non appartenere più a quel luogo, eppure, non poteva fare a meno di camminarci.

Non riusciva più a vedere il suo riflesso negli occhi di Eva, ma continuava a cercarlo.

“E così, tu sei l’Ibrido.”

Charles lo osservò, ricolmo d’odio, cupo e freddo. Con le braccia incrociate al petto, si addossò alla parete affianco al letto e osservò l’alta figura di Niklaus che sorrideva sprezzante.

“Non mi sono mai piaciute le etichette. Chiamami Klaus.”

“Come ci hai trovati”- sibilò Sinclair, scrutandolo severamente. Osservò con apprensione gli occhi turbati di Eva, rigidamente composta, lì accanto a lui.

Dorian mugolò disgustato, tirandosi faticosamente a sedere sul letto.

“È stata Rebekah. Quando ha riconosciuto Eva, si è premurata di avvertirmi. Ed io sono corso a dare un’occhiata di persona.”– sorrise l’Ibrido, indicando la graziosa bionda addossata alla porta della camera- “Oh, ed è stata così gentile da recuperare il vostro licantropo difettoso e renderlo inoffensivo.”

“Lo hai quasi ucciso.”

Eva posò gli occhi su Dorian che le sorrise debolmente, lottando contro il torpore che lo avvolgeva.

Un flacone di antidolorifici, non chiedeva di meglio.

“Ha davvero detto difettoso?”- sussurrò Wolfskin, arricciando il labbro superiore, colpito nel suo orgoglio.

Eva lo raggiunse, liberandosi dal senso d’oppressione che la vicinanza a Niklaus le provocava. Si sedette accanto a lui, serrando la presa intorno al suo braccio, osservandolo preoccupata.

“Mia sorella non è mai stato un tipo delicato.”– sospirò l’Ibrido, rivolgendo un’occhiata severa alla vampira. Aveva esagerato.

“Ma ora, credo sarebbe opportuno fare qualche chiarimento su di te, sweetheart.”

I suoi occhi corsero nuovamente, ansiosi di riposarsi sulla pallida figura di Eva. Per un breve istante, il suo sorriso sarcastico svanì. Ma il mostro dentro di sé soffocò rapidamente quello sprazzo d’umanità, segregandolo in profondità.

“Mettetevi comodi, vi prego.”– ghignò, invitando tutti i presenti a prendere posto. Osservò minacciosamente Charles, ancora in piedi.

“Sedetevi.”

Le sue pupille si ridussero, costringendo Sinclair ad un’azione forzata. Schiavo di quello sguardo, lo stregone fu costretto ad obbedire alla volontà dell’Originale.

“Chi di voi due devo ringraziare per averle restituito la vita?”

Niklaus si accomodò a terra, esaminando attentamente i due ragazzi, per poi posare gli occhi su Eva, ben più calma.

Sentì il suo cuore battere più lentamente, quieto, forte grazie alla presenza di Charles e Dorian.

“Il biglietto lo devi intestare a Mikael.”- ridacchiò tetro Wolfskin, tossendo convulsamente. Il suo sguardo verde si puntò divertito sul volto dell’Ibrido che si fece improvvisamente serio.

“Mikael ha fatto sì che Eva tornasse in vita.”- ribadì Sinclair, cogliendo la paura nel suo volto. Sorrise, compiaciuto di quella reazione.

“Perché?”- sussurrò Niklaus, pregando il mostro dentro di sé di restituirgli quella maschera di arrogante noncuranza che gli aveva permesso di fronteggiare i fantasmi del suo passato.

Per ucciderti.”

La voce di Eva era più decisa, determinata. Avvertiva la sua paura diminuire, al crescere delle proprie certezze.

Niklaus avrebbe dovuto ascoltare.

“E come, di grazia?”

L’Ibrido serrò la mascella, scostando altrove lo sguardo chiaro. Serrò i pugni, facendo schioccare la lingua, seccato.

“Se uccide me, la tua condizione di ibrido cesserà. Tornerai ad essere solo un licantropo.”

“Questo non è possibile.”

Niklaus le rivolse un’occhiata incredula, socchiudendo appena le labbra, evidentemente colto di sorpresa.

Come poteva dire il vero? Come poteva, lui, non esserne stato messo al corrente?

La sua invincibilità veniva messa in discussione, proprio da chi gliel’aveva, inconsapevolmente, donata.

“Lo è, invece. E può farlo solo spezzando il legame di sangue che ti ha concesso di completare la fase di transizione.”- spiegò Charles, con i nervi tesi, nel tentativo di controllare la propria voce.

Odiava il fatto di dover scendere a compromessi con quel mostro.

“E voi come sapete queste cose?”

“La nonna di Charles è la strega che mi ha riportata in vita, per conto di Mikael, negli anni ’20.”

Chicago.

Niklaus ricordò quella notte, rabbrividendo.

Mai come prima d’ora si rese conto d’essere stato a più d’un passo dalla morte.

Mai come quella notte, Mikael era stato così vicino al suo obiettivo.

“Il sigillo della catacomba è stato violato.” – soffiò, con la mente ancora offuscata da un passato fin troppo vivo- “Gli unici a poterlo aprire eravamo io e …”

“I discendenti della strega che pronunciò l’incantesimo, più di mille anni fa.”- proseguì Sinclair, stabilendo con l’Ibrido un contatto visivo. Lo osservò con determinazione e disprezzo, ansioso di cogliere la sua reazione.

“Mi stai dicendo che tu sei l’erede di una delle famiglie di streghe più antiche del mondo?”

Klaus sogghignò, spalancando gli occhi azzurri in uno sguardo stralunato.

“È esatto.”

“Mikael come ha scoperto del legame di sangue?”

Esigeva spiegazioni.

Quel nuovo stato d’ignoranza lo logorava all’interno, privandolo d’ogni forza, come un parassita.

“Non lo so.”– Charles sembrava godere di quel suo stato d’incertezza- “ Ma Elizabeth Sinclair, mia nonna, fece in modo che, una volta riportata in vita, Eva non potesse essere trovata. L’abbiamo custodita, celandola al Cacciatore.”

“Suppongo, allora, di doverti ringraziare, amico mio.”- ghignò l’Ibrido, portandosi una mano fra i capelli. Serrò la presa sul retro della nuca, sfogando silenziosamente la propria frustrazione.

“Non lo abbiamo fatto per te.”- lo corresse prontamente Sinclair.

“E come mai sei così…”

Niklaus tornò ad osservare affascinato Eva, compostamente seduta sul ciglio del letto. Si torturava la dita affusolate, intrecciandole fra loro, ma aveva uno sguardo fiero, animato dalla determinazione.

Rinata nello stesso corpo in cui era morta, mai scalfita dal tempo, eternamente umana.

“L’incantesimo che la prima strega della mia famiglia pronunciò voleva che Eva fosse protetta dal tempo.”

Nik sorrise, sovrappensiero.

Era stato lui stesso a chiedere che lo fosse. Mai si sarebbe aspettato di poterne constatare di persona l’efficacia.

“Mikael ci da la caccia.”

La voce di Eva riportò ognuno dei presenti alla realtà dei fatti.

Era quello, il vero motivo per cui erano tutti riuniti in quella squallida stanza d’albergo.

Erano lì per una questione d’affari.

Niente di più.
“Ne sono consapevole, purtroppo. I cittadini di Mystic Falls hanno questa malsana idea che lui li aiuterà davvero ad annientarmi.”- ghignò fiero l’Ibrido, beandosi delle espressioni sbigottite dei tre giovani.

“I cittadini di Mystic Falls?”- Dorian arricciò il naso, scettico.

“Non siamo gli unici esseri sovrannaturali in circolazione, qui. Ma, probabilmente, non dovrei rovinarvi la sorpresa.”

“Non amiamo le sorprese, tanto vale mettere tutte le carte sul tavolo.”- sbottò Charles, serrando la mascella, innervosito dall’imperturbabilità dell’Ibrido.

“Avrete tempo per conoscerli tutti.”- Klaus sorrise, con una luce animata da una malsana euforia negli occhi-“Mia sorella Rebekah ed il nostro amico Tyler vi introdurranno ai nostri avversari.”

“Tyler?”

Dorian tentò di inarcare un sopracciglio, ma avvertì una dolorosa fitta alle tempie che lo costrinse a digrignare i denti.

“Il mio primo ibrido di successo.”

Gli occhi di Niklaus si spalancarono impercettibilmente, brillanti d’orgoglio.

“Hai spezzato la maledizione?”

Charles lo scrutò con attenzione, celandogli il suo stupore.

Klaus annuì, piegando le labbra in un sorriso arrogante.

Hybridi hobrydi bu.”- ghignò Dorian, per poi tossire ancora una volta, affaticato.

“Qualcosa del genere.”

“Quindi, cosa farai? Creerai un fedele esercito di OGM?”- il licantropo si sporse in avanti, lanciandogli un’occhiata provocatoria. Avvertì una mano di Eva fargli pressione sul petto. Stava cercando di impedirgli di rovesciarsi a terra.

“Da che pulpito mi viene la predica. A parlare è un lupo mannaro che non conosce le fasi lunari, a quanto ho sentito dire.”- sogghignò Nik, posando lo sguardo sulle pallide mani di Eva che contrastavano con il sangue rappreso sugli indumenti di Wolfskin.

“Che ci vuoi fare, nelle mie copie della saga di Twilight c’era un errore di stampa.”

Il licantropo ridacchiò tetro, sotto lo sguardo divertito dell’Ibrido.

“Dorian, smettila.”- sibilò Eva, visibilmente a disagio. Lo accompagnò con una mano, facendolo addossare nuovamente alla parete dietro il letto.

Aveva bisogno di essere medicato.

“Cosa c’è, Zombie?”– Dorian si divincolò, ostentando una forza che non aveva- “Oh, giusto. La chiamo Zombie, mi diverte. La aiuta a ricordare che tu l’hai uccisa. Ed aiuta anche me.”- i suoi occhi verdi caddero astiosi sulla figura di Niklaus.

“Dorian, ora basta.”

Tacque, sotto lo sguardo contrariato di Eva.

“Sei fortunato, Nik. Lei è riuscita a superarlo. È forte, più di quanto tu possa immaginare. Non credo sia da tutti rimanere calmi, mentre si è seduti a meno di un metro dal proprio assassino.”

“Siamo qui per un’alleanza. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. A noi serve protezione.”

La ragazza in questione cambiò rapidamente argomento.

Non era forte, non lo era affatto. Era spaventata, logorata da quell’incontro, sottoposta ad una prova che non era certa di poter superare.

“A te servo per sopravvivere.”

Serrò la mascella, rivolse gli occhi blu a Niklaus, osservandolo con fierezza.

Quella era la sua unica certezza. La sua unica forza.

Su quell’affermazione si sarebbe basato il loro patto. Da quella dichiarazione dipendevano la sua salvezza e quella di Dorian e Charles.

“È così.” – confermò Klaus, scrutandola con attenzione. Eva colse nella sua voce una nota malinconica e la sua mente tentò di riportarla in quel passato che si riproponeva con prepotenza, mescolandosi al presente.

Avvertì un brivido, al debole suono d’una risata millenaria.

“Io dovrò allontanarmi per qualche tempo, ma Rebekah sarà ben lieta di avere per voi un occhio di riguardo. In cambio, vi chiedo di aiutarmi a gestire i miei avversari.”

La voce di Nik la riportò brutalmente alla realtà, trascinandola via da quell’intricato labirinto che i suoi ricordi avevano creato.

“È un buon accordo.”– sussurrò lei, cercando approvazione negli occhi di Charles- “Giusto?”

“Solo se prevede, come risultato finale, la morte di Mikael.”

Sinclair la guardò severamente, serrando le labbra, lapidario e conciso.

“ E’ solo per questo che lo abbiamo cercato.”

Coglieva negli occhi di Eva l’incertezza, percepiva la sua confusione ed era consapevole di non poterla alleviare.

“Con noi dalla tua parte, non dovresti avere problemi ad eliminare l’Origicoso.”- rantolò Wolfskin, guardando di traverso l’Ibrido. Dovette sforzare i muscoli dell’addome, per mantenersi a sedere.

“Se Mikael muore, saremo tutti liberi. Anche tu.”-gli occhi di Eva cercarono quelli di Niklaus, osservandolo coraggiosamente.

Than, suppongo che il nostro patto sia suggellato. Farò in modo di rimanere in contatto.”

L’Ibrido distolse lo sguardo per primo, rifuggendo quelle iridi colorate d’un blu d’altri tempi. Si risollevò da terra, serrando la mascella, per poi rivolgere un sorriso sprezzante ai nuovi affiliati.

“Rebekah, vogliamo andare?”- rivolse lo sguardo a sua sorella, invitandola ad aprire la porta. Era preoccupata, lo percepiva. In rigoroso silenzio, aveva assistito a quell’incontro, assorbendo, come una spugna, ogni singola parola.

“Signori, siamo soci in affari, da adesso.”- Niklaus ghignò, osservando interessato le figure di Eva e Charles che lasciavano il loro posto, per accompagnarlo alla porta.

“Lieto di riaverti nella mia vita, my love.”-sussurrò suadente, avvicinandosi rapido alla ragazza.

Il mostro dentro di sé sembrava aver preso pienamente possesso d’ogni suo gesto, ogni suo sguardo.

Percepì il suo cuore battere più veloce, sentì il suo disagio e ne rise. Le scostò una ciocca di capelli biondi dal viso, per carezzarle uno zigomo, ma Eva si scostò, irrigidendosi improvvisamente.

C’era rabbia nel suo sguardo.

“Io devo ancora trovare una ragione per rallegrarmi di averne un’altra.”- sibilò lei, mentre lo seguiva con lo sguardo, oltre la porta.

E, per un breve istante, il mostro dentro lui, scomparve.

Niklaus tornò ad osservare il suo viso carico di risentimento, lasciando ogni singolo ricordo libero di trafiggergli il petto, di sconvolgergli la mente.

Quel giorno, come secoli prima, si ripromise che avrebbe rivisto ancora quella figlia della Luna.

“E così, Eva è tornata.”

La voce di Rebekah spezzò il silenzio in cui Niklaus era stato trascinato. Il ragazzo millenario inspirò profondamente, realizzando d’aver ormai raggiunto la hall.

“L’hai vista anche tu.”- replicò distrattamente, soggiogando la receptionist, affinché si dimenticasse di averli visti.

“Sembri turbato, Nik.”

Lo era, più di quanto volesse.

“Non lo sono, Bekah.”

Mentì, sorridendole gioviale.

“Stai mentendo.”

“No, affatto.”- la guardò severamente, maledicendo il suo intuito- “Ed ora, mia cara, ti chiedo di tornare alla Pensione e riprendere con nonchalance la tua vita superficiale. Non chiamarmi, a meno che non sia strettamente necessario.”

“Il licantropo ha ucciso una ragazza, ieri notte. La gente potrebbe farsi delle domande.”- sibilò lei, tediata dalla ritrovata scontrosità di suo fratello. Incrociò le braccia al petto e pestò i piedi, reclamando capricciosamente attenzione.

“Sarà mia premura risolvere la faccenda, al più presto. La sua è senza dubbio una maledizione antica, ma non c’è sortilegio che non abbia un cavillo. Basterà trovare il suo.”

“Intendi spezzare il suo anatema?”

“In un modo o nell’altro.”

 

 

Biondich caverna:

Buonasera!

Rieccomi, dopo un’interminabile serie di sfortunati eventi ( computer impallato, Fastweb carogna, seconda crisi del computer ecc.), con il sesto capitolo!

Scrivere questo capitolo è stata una sfida.

Klaus è un personaggio indubbiamente complesso e non è mia intenzione stravolgerlo più del dovuto. Spero di non averlo fatto, in questo capitolo! In caso contrario, chiedo venia.

Anyway, cosa ne pensate di questa rimpatriata di Originals?

Fin dal prossimo capitolo, ognuno dei personaggi prenderà decisioni fondamentali, in funzione di questa nuova alleanza.

Ringrazio di cuore chi legge, recensisce, segue e preferisce questa storia!

Alla prossima,

Biondich!

** Avevo trovato delle splendide rune, per scrivere i nomi, ma il sito ha deciso che non potevo visualizzarle ç_ç Quindi mi sono dovuta arrangiare con i simboli standard!

Che frustrazione.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Missing ***


Missing

 

 

 

“Solo perché tu la smetta di tormentarti, ci tenevo a dirti che, contrariamente a quello che si sarebbe potuto pensare, Charles è riuscito a trovare dell’Elleboro, ieri pomeriggio, dopo la visita del tuo ex e della sua psicolabile sorella. Di conseguenza, ecco per quale motivo sono ancora negli Stati Uniti, in Virginia, a Mystic Balls, città della noia, in questo albergo, per essere più precisi.”

La voce di Dorian riecheggiò in quella stanza, facendola sobbalzare.

“Buongiorno, ad ogni modo.”

Eva sibilò, sollevandosi di scatto dal letto. Spalancò gli occhi, trasalendo, per poi guardare di sottecchi il licantropo che aveva fatto irruzione nella sua stanza, senza il minimo riguardo.

“Che ore sono?”- mugolò, massaggiandosi il viso ancora intorpidito, per poi appoggiarsi sui gomiti, fortemente in disappunto, circa quel rude modo di svegliarla.

“Quasi mezzogiorno.”

Con un secco movimento dell’avambraccio, il ragazzo scostò le tende, permettendo ai tiepidi raggi di sole di illuminare la stanza.

“Ho dormito soltanto tre ore.”- si lamentò lei, rifuggendo la luce diurna. Si nascose sotto le lenzuola smunte, sbuffando seccata.

Dorian strattonò la coperta, privandola del suo riparo.

“Questo spiega quelle gigantesche borse sotto gli occhi. Ma sono certo che con qualche kilo di fondotinta ed una spatola da muratore tornerai come nuova.”

Eva soffiò come un gatto, ferita nel proprio orgoglio femminile.

“Perché sei qui?”- ringhiò, mentre recuperava le lenzuola, scivolate a terra.

“Nella tua altrimenti miserabile vita o in questa stanza?”

“Quella più ovvia.”

“Per avvertirti.”- Wolfskin sorrise divertito- “Il Dr. Zivago è preoccupato per la tua salute mentale. Dietro ad un’apparentemente insignificante colazione insieme, si celerà una seduta psicologica. Tieniti pronta.”

“Digli che non voglio mangiare.”- rantolò lei, prima di affondare la testa nel cuscino, ben intenzionata a recuperare le ore di sonno perse in quella notte d’insonnia.

“Vuoi una seduta seria?”

Ma, prima, avrebbe assassinato il licantropo.

“Non voglio una seduta, non voglio una colazione, non voglio te, in camera mia, dopo sole tre ore di sonno! Sto bene, non preoccupatevi. Ho avuto novant’anni per accettare il fatto che lui mi avesse uccisa. L’ho superato.”- sbottò esasperata, pregando Dorian, con lo sguardo, di lasciare la sua camera.

Era stanca, fisicamente e psicologicamente parlando.

“Anche lui, stando a quanto ho visto.”

Persino Eva lo aveva constatato. Niklaus non era stato minimamente scalfito da quell’incontro che per lei era stato così deleterio. Cicatrici millenarie che credeva scomparse si erano riaperte, solcandole la pelle, il cuore, la mente, lacerando quei tessuti e lasciando che schegge di ricordi-reminescenze dimenticate- infettassero quei lembi di pelle e vita, più letali di un veleno.

“Uno dei vantaggi di non avere più dei sentimenti, immagino.”- commentò distrattamente lei, saggiando con la mano il cuscino, ancora umido di lacrime.

Aveva pianto, al riaprirsi di quelle ferite.

“O di non averne mai avuti.”

Le parole di Dorian furono l’ultima lama ad affondare in quei tessuti di carne e memoria.

“Non è così.”- Eva sibilò fra i denti, rabbuiandosi. Volse il capo verso il muro, evitò di guardare Wolfskin.

Lui non sapeva, non aveva il diritto di parlarle in quel modo.

“Così come?”

“Buonanotte, Dorian. Ho davvero bisogno di dormire. A più tardi.”- lo liquidò seccamente la ragazza, ricoprendosi fin sopra la testa con le lenzuola, mentre un’ultima lacrima, quella che, si disse, avrebbe concluso quel momento di vulnerabilità, le rigava il viso, tracciando un piccolo solco, per poi scomparire fra le lenzuola.

“A dopo, Zombie.”– il licantropo sospirò, allontanandosi dal letto, rammaricato d’aver toccato un tasto dolente.

“E, per quel che vale, se non prova alcun sentimento per te, è davvero un idiota.”- addolcì il tono, accarezzando distrattamente la superficie di legno della porta.

Lasciò la stanza, abbandonando Eva ad un nuovo stato di commiserazione e risentimento.

Un’ora, forse due, forse solo pochi minuti, la ragazza non seppe dirsi per quanto quella ritrovata solitudine durò.

Fu interrotta dal pressante bussare alla porta. Quel battere insistente la costrinse a riemergere da quello stato di tormentata quiete e ad alzarsi, per farlo tacere. Raggiunse la fonte di quel rumore con poche falcate, imprecando furiosa contro chi, era certa, si trovava dall’altra parte di quel muro di cartongesso.

“Dorian, smettila!”- la voce le si spezzò in gola, affievolendosi ad ogni sillaba pronunciata, fino a divenire un mormorio leggero.

“Hai senza dubbio un’aria meno smorta di ieri. Anche se dovresti fare qualcosa per quelle occhiaie.”

“Rebekah”– sussurrò Eva, indietreggiando appena- “Continua a farmi un certo effetto vederti.”

“Ti ci abituerai.”– la vampira socchiuse appena le palpebre, sorridendo pacata- “Ora, ti dispiace seguirmi? Ho bisogno di parlare anche con loro, purtroppo.”

Era rigida, non riusciva ad eliminare la lieve tensione che la attanagliava, limitando i suoi movimenti. Bekah si muoveva meccanicamente, mentre pregava il suo cervello di processare rapidamente la visione di Eva. Non avrebbe mai immaginato di ritrovare, a distanza di un millennio, qualcuno che avesse fatto parte della sua vita passata, senza condividere la sua maledizione.

“Lei che ci fa qui?”

Charles spalancò gli occhi grigi, quando la vide, accompagnata da Eva.

“Ma tu guarda. Chi non muore si rivede.”- la vampira sorrise sardonica, posando gli occhi su Wolfskin, accanto all’amico. Osservò il suo volto, decisamente meno contuso e sanguinante, e sogghignò compiaciuta.

“Non mi dire. Charles, hai invitato la Regina di Cuori al nostro tea party? E c’è anche Ev-alice. Che sorpresa.”- Dorian incrociò le braccia al petto, emettendo un ringhio basso e gutturale- “Avanti, Rebekah, non mordo mica. Non fino a stasera, almeno.”

La sfidò con lo sguardo, mostrando un’invidiabile dentatura hollywoodiana.

“A questo cane manca la museruola.”- sospirò altezzosamente la bionda, per poi fare ingresso nella stanza ed incedere con passi misurati e decisi. Appoggiò un fianco alla parete, studiò ciascuno dei presenti con uno sguardo vagamente annoiato.

“Perché sei qui?”- Charles aggrottò le sopracciglia, scrutandola con attenzione. Non si fidava di lei. Odiava ciò che rappresentava.

“Vi ho trovato un posto migliore di questo, per soggiornare.”- replicò quieta la vampira, scotendo i boccoli d’oro che ricaddero ordinati ai lati della testa.

“E chi hai ucciso, per procurarcelo, lovely?”- ghignò Wolfskin, fulminandola con lo sguardo.

“Nessuno. Ho soggiogato i coniugi Gray perché se ne andassero.”

“Un gesto così disinteressato.”- Charles sorrise sardonico, posando gli occhi grigi sull’Origaria- “E a cosa dobbiamo l’onore?”

“Sarete più vicini alla Pensione dei fratelli Salvatore. Al momento, il maggiore dei due, Damon, è quello che crea più problemi.”– Bekah inclinò lateralmente il capo, socchiudendo appena le belle labbra, mentre, nella sua mente, si proponevano interessanti e macabre soluzioni a quella seccatura-“ Ma sia lui che suo fratello sono vampiri pressoché innocui. Uhm, forse Stefan un po’ meno, ora che Nik lo ha soggiogato.”- osservò lo smalto perlato delle proprie unghie, lasciando che la luce artificiale della stanza ne evidenziasse la lucidità.

“Saremo i vicini di casa di due vampiri. Ma che bello.”- Dorian fece schioccare la lingua, lanciando un’occhiata d’intesa ad Eva e Charles.

Non sembrava essere un gran piano.

“Di tre, considerato che io stessa soggiorno alla Pensione.”

“Un motivo in più per rifiutare la tua offerta, Dracugirl. Senza offesa.”- Wolfskin sorrise sprezzante alla vampira, accennando ad un inchino irriverente.

“La mia non era un’offerta. Voi vi trasferirete lì. Con le vostre gambe o per mano mia.”

 

***

“Quindi ci hai portati qui per sorvegliarci meglio.”

Rebekah aveva saputo essere davvero persuasiva.

Eva osservò perplessa la villetta che le si presentava davanti, ne ammirò il piccolo giardino ordinatamente curato, il portone di legno, laccato di un blu notte che riluceva appena, illuminato dalla luce diurna.

“È esatto.”– Bekah aprì la porta, concedendo ai nuovi occupanti di vedere la dimora- “E poi, è qui che tengo la maggior parte del mio guardaroba.”

Un breve ingresso, dal quale si ergeva un’alta scala che conduceva al piano superiore, anticipava un ampio soggiorno, dall’aria confortevole.

Dorian riconobbe, in quel mobilio elegante e quei divani bianchi, la casa che lo aveva ospitato, dopo la trasformazione e la sua gita al falò. I sofà, però, erano certamente stati ripuliti del suo sangue.

“La gente potrebbe farsi delle domande, sulla sparizione dei veri proprietari. Dovremo accampare delle scuse.”- Eva curiosò interessata, scrutando i titoli dei volumi di una libreria nel salotto, per poi volgere gli occhi alla piccola cucina, separata da un arco a sesto acuto.

“Gray, eh? Potrei sempre spacciarmi per un loro nipote: Dorian Gray. Bloody Hell, ho sempre sognato di chiamarmi così!”– il licantropo prese fra le mani una fotografia dei proprietari, leggendone i nomi in una didascalia- “Zio Peter e zia Jane si sono presi una vacanza e mi hanno lasciato la casa, per poter ospitare un paio di amici.”- suggerì, mentre il suo sguardo si soffermava su di una teca, ricolma di suppellettili antiche- “ Tu potresti chiamarti Charles Baudelaire. Ci pensi, Sinclair?”

“Nomi troppo vistosi, se messi insieme, Dorian.”- sorrise lo stregone, avanzando con passi misurati nella stanza e compiacendosi di quell’arredamento dal carattere inglese.

“Fai come vuoi, io ormai ho deciso.”- sbottò Wolfskin, per poi raggiungere la cucina e gioire del buon assortimento di cibo nel frigorifero.

“Mentre voi supereroi giocate a trovare il vostro alter ego, io andrò alla Pensione. Tornerò qui nel pomeriggio, con la speranza che il cane abbia smesso di abbaiare. Sono certa che ai nostri vicini non interessano le tue menzogne.”

Rebekah li osservò severamente, per poi ancheggiare verso la porta, compiaciuta da quelle reazioni.

“Sicura di non essere una strega? Ti assicuro che il dubbio c’è.”- la voce di Dorian le giunse nitida alle orecchie. Lo fulminò con lo sguardo, per poi sogghignare mefistofelica.

“Bastardo.”

Si richiuse la porta alle spalle, scomparendo in quella soleggiata cittadina, lontana da occhi indiscreti.

“Ti farai uccidere, se continui così.”

Eva sorrise, avvicinandosi a Dorian ed appoggiando un fianco ad un sofà candido, per poi carezzarne la superficie.

“Siamo nemici naturali, non posso farci nulla.”– il licantropo ghignò, per poi squadrarla con sufficienza, aggrottando le sopracciglia- “ Ma, ora, parliamo di cose serie. Tu: Eva non va bene. Evangeline può essere un buon arrangiamento. Non trovi, ma cherie?”

“Un nome vale l’altro, per me.”- Eva sollevò gli occhi al soffitto, per nulla interessata a quel gioco di ruolo.

“Evangeline Lilly.”- sentenziò Dorian, squadrandola ed auto compiacendosi della trovata.

“È il nome di un’attrice, Dorian.”- Sinclair negò con il capo, divertito- “Lascia che sia Eva a decidere.”

“Evangeline Strauss.”- sorrise la ragazza, annuendo fra sé.

“Come il compositore?”

“Elizabeth Sinclair mi ha sempre detto che le ricordavo un suo walzer. Le mille e una notte, una delle prime opere che ho ascoltato in tutta la mia vita.”– spiegò lei, sempre più convinta che fosse quello il cognome da adottare-“Suona bene, no?”

I due ragazzi acconsentirono ed Eva lasciò la stanza, dando inizio all’esplorazione del piano superiore. Avanzò con cautela, osservando l’elegante carta da parati color crema, decisamente più piacevole di quella dell’albergo. Percorse il lungo corridoio, dalle porte in noce, e le aprì, con gli occhi curiosi di una bambina, carezzando distrattamente le pareti ed ogni mobile, fino a quando non raggiunse la camera da letto dei proprietari.

Luminosa e splendida, era occupata da un ampio letto a baldacchino, ricoperto d’una trapunta dal motivo floreale. Eva si avvicinò affascinata e saggiò la consistenza del materasso, trovandolo meravigliosamente confortevole. Nel poggiare la testa su quei cuscini morbidi e freschi, percepì qualcosa, sotto di essi. Celato sotto delle fresche lenzuola pervinca, un pacco nero, legato da sottili fili blu e d’argento, attendeva d’essere svelato. Chiari e dolorosi, pochi simboli indicavano il destinatario di quel dono.

Ehwaz.

La ragazza s’incupì, deglutendo a fatica. Con mani tremanti strappò via quei fili, tranciò la carta, mentre l’agitazione s’impossessava di lei. Le sue dita percorsero la superficie di legno di un piccolo ritratto, dai colori sbiaditi. Era lei. Si era riconosciuta in quel piccolo quadro, aveva rivisto i propri occhi, quasi come in uno specchio.

E, dopo la disperazione che l’aveva logorata durante la notte, era stata la rabbia, sua meschina complice, a farsi prepotentemente spazio in lei, annunciando, con una fitta al petto, quello che sarebbe divenuto rancore.

Niklaus cercava di torturarla, insidiando in lei ricordi che aveva cercato di rimuovere, per anni.

Nove decadi, per ricominciare una nuova vita, non erano riusciti a cancellare poco più di diciotto inverni di memorie.

Perché cercava di farle del male?

Rigirò il piccolo quadro, ritrovando, sul retro, un piccolo nome, inciso con la lama affilata di un coltello da caccia.

Nix†αus.

Abbandonò il ritratto sul letto, sibilando con spregio verso quel dono che, a distanza di un millennio, oltraggiava i suoi ricordi. Si abbandonò accanto a quel quadro, chiudendo gli occhi, nel tentativo di soffocare il dolore che il piccolo oggetto le aveva procurato.

“Manchi solo tu, Charles.”

Dorian sogghignò, lanciando uno sguardo di sfida all’amico, comodamente seduto su un sofà.

Sinclair aveva temporeggiato fin troppo. L’amico voleva che tirasse fuori un nome.

“Whitechapel.”- sentenziò infine lo stregone, rompendo il silenzio- “Charles Whitechapel.”

“Sei così irrimediabilmente vecchio e scontato!”– il licantropo esplose in una risata di scherno, sbuffando sonoramente- “ Sei inglese e ti chiami come uno dei più celebri quartieri di Londra?Tanto vale chiamarti Johnny English.”- sbottò, afferrando il telecomando della Tv per poi fare zapping.

“E sarei io il banale, Dorian Gray?”- Charles inarcò un sopracciglio, per poi sogghignare divertito.

“Tu non puoi fare humour, Lurch. Limitati ai tuoi ‘Chiamato?’.”- punto nel vivo, Wolfskin spense il televisore e rivolse un’occhiata contrariata all’amico. Arricciò leggermente il labbro superiore, per poi esibirsi in un’impeccabile imitazione del maggiordomo degli Addams. Si alzò dal divano, per poi affacciarsi ad una finestra nel salotto ed osservare interessato la quieta via in cui risiedevano.

“Ed ora, my friend, si da il caso che io sia l’unico a non aver ancora fatto un giro in questo buco di città. Ci vediamo.”- annunciò, ben intenzionato ad andare in esplorazione. Guardò il display del cellulare. Aveva almeno tre ore di libertà, prima che l’ultima luna calante di quel mese sorgesse. Ancora una notte ed avrebbe avuto una settimana di libertà.

Con la luna nuova, sarebbe stato libero dalla propria maledizione.

Era positivo. Avanzava con sicurezza, osservando con interesse le villette a schiera ed i loro occupanti che risiedevano ai lati della via che conduceva alla piazza principale, gareggiando fra loro, per primeggiare nella cura del giardino, nel candore degli steccati, nell’ostentazione di sorrisi contraffatti che mascheravano deprecabili segreti.

Quante casalinghe coltivavano, fra le piante di rosmarino e salvia, la verbena? In quanti vasi, ricolmi di gerani variopinti, si celava dello strozza lupo?

Dorian raggiunse la piazza centrale di Mystic Falls, scrutando con perplessità l’esigua quantità di negozi. Quel soggiorno sarebbe stato indubbiamente monotono ed interminabile.

Una tiepida brezza settembrina gli scompigliò i capelli castani, solleticandogli il volto. I segni delle torture erano stati notevolmente alleviati dagli incantesimi di Charles e la sua natura di lupo mannaro lo aveva aiutato a guarire con rapidità. Non gli restava che un occhio ancora lievemente livido, ma, presto, anche l’ultimo segno di un delitto commesso sarebbe scomparso, insieme al ricordo del sangue e delle carni lacerate.

Non provava rimorso, non poteva. Non era stato lui ad uccidere. Non era in sé, non poteva controllare quella bestia annidata dentro il suo petto e la sua mente.

“Sei Dorian, ho ragione?”

Wolfskin si voltò, irrigidendosi appena.

Quella voce non gli era affatto familiare e, non appena lo vide, realizzò che neppure quel viso aveva alcunché di noto.

Un perfetto sconosciuto, quello che gli si diresse speditamente incontro.

“Ti conosco?”- il licantropo inarcò leggermente un sopracciglio, scrutando con attenzione quel ragazzo dal sorriso sprezzante.

Ebbe il malsano istinto di togliergli quell’espressione gioviale dalla faccia.

“Tyler Lockwood. Sarò il tuo cicerone, qui a Mystic Falls.”

Il novello ibrido tese una mano, sorridendo cordiale.

“Credevo che i ciceroni ci fossero solo a scuola.”- Dorian sogghignò, premurandosi di non ricambiare la stretta. Lo squadrò con sufficienza, per poi aggrottare la fronte e domandarsi come un tipo del genere potesse essere diventato un esemplare di una razza superiore.

Se l’era immaginato sullo stile di Terminator. Ma quel ragazzetto pareva più la versione abbronzata di Billy Elliott.

“Mi manda Klaus.”

Chi l’avrebbe mai immaginato.

“Oh, quindi sei qui perché Padron Klaus ti ha chiesto di braccarmi, Smeagol.”- sogghignò Wolfskin, incrociando le braccia al petto e sollevando il mento squadrato- “Desolato, ma non ce l’ho io l’anello.

“Ieri hai ucciso una ragazza, al falò. Lo sapevi?”

Tyler lo scrutava, concentrato sulle proprie parole, mentre, di tanto in tanto, si guardava intorno, quasi temesse d’essere scoperto.

“Ho vaghi ricordi confusi.”- sospirò spazientito il licantropo, esaminando più attentamente il suo interlocutore.

Qualcosa non quadrava.

“Klaus può aiutarti.”

Lockwood si fece improvvisamente serio, ostentando un controllo che non sembrava capace di avere.

“Cos’è, fa anche sedute di ipnoterapia, adesso? È un ibrido pieno di sorprese, sul serio.”- ridacchiò tetro Dorian.

Ma era interessato. Inevitabilmente curioso di sapere cosa quel messaggero gli avrebbe proposto.

“Può spezzare la tua maledizione.”

Il licantropo spalancò impercettibilmente gli occhi verdi, osservando Tyler con uno sguardo stralunato e confuso.

“Non è poi così in gamba.”– soffiò, ben poco convinto-“La mia famiglia ci ha lavorato per secoli, senza venire a capo del problema. Nemmeno lui può.”

“L’unica maledizione più antica della tua è quella che colpì lo stesso Klaus. Se ha spezzato quella, può liberare anche te.”

Mentiva, non vi erano altre spiegazioni.

“Senti, Gollum, che ne dici di limitarti alla tua condizione di cicerone? Sto cercando un bar.”- Dorian sibilò con spregio, emettendo un ringhio basso e decisamente minaccioso.

Non amava che le persone si prendessero gioco di lui.

Non tollerava che lo si illudesse.

“Da quando sono un ibrido, non sono più vincolato alla luna. Posso controllare le trasformazioni, posso scegliere. Nessuna maledizione, solo libertà.”

Tyler Lockwood era sincero,eppure, sembrava recitare un copione.

“Non ricordavo di essere così in confidenza con te, dieci minuti fa. E non sono nemmeno ubriaco.”– Wolfskin assottigliò lo sguardo smeraldino, inclinando lateralmente il capo- “ Quanto a te, il vecchio Nik ti ha soggiogato davvero per bene o ti fai di LSD? Le tue pupille ti tradiscono.”

Era indubbiamente stato ammaliato.

“Non so di cosa tu stia parlando.”

Tyler sorrise ingenuamente, allargando le braccia muscolose, in un gesto di totale inconsapevolezza. Ma lo sguardo fisso, vuoto e privo d’emozione, parlava chiaramente per lui.

For God’s sake, sei fatto e soggiogato!”- esclamò Dorian, esasperato.

Lockwood sembrò non averlo sentito. Sorrise ancora una volta, gioviale e disinteressato.

“Devo andare, adesso. Ma è stato un piacere. Sono certo che avremo modo di rivederci.”- tese nuovamente una mano, in un secondo tentativo di saluto.

“In questa città è praticamente impossibile non incontrarsi.”-il licantropo declinò la stretta una seconda volta, scotendo il capo in un cenno negativo.

Sollevò gli occhi al cielo, per poi dare le spalle al modello 2011 della linea Hybridize yourself della Klaus&Co., ben deciso a proseguire l’esplorazione di quella cittadina insulsa ed insignificante.

“Oh, e comunque, è il Mystic Grill.”

Dorian prese un lungo respiro, prima di voltarsi verso Tyler, ancora una volta.

“Cosa?”

“Il bar.”

Con un cenno della mano, Lockwood lo congedò.

“Dimenticherai ogni singola parola che gli avrai rivolto, non ricorderai di aver mai dialogato con lui. Saprai solo di conoscerlo. Rammenterai unicamente che lui è tuo amico.”

La voce di Niklaus riecheggiò nella sua mente, ponendo fine al soggiogamento. Dopo un breve momento in cui il giovane ibrido si domandò, con una certa qual perplessità, per quale motivo avesse saltato gli allenamenti di football, si incamminò verso casa, ricordando di aver promesso a sua madre un pomeriggio in famiglia.

“Mystic Falls, Mystic Hotel, Mystic Grill … Mio Dio, questo è l’Inferno.”

Dorian Wolfskin mugugnò, quando, svoltato l’ennesimo angolo, finì per ritrovarsi in una via esattamente uguale a quella recedente.

 

***

“Puoi lasciarmi qui, davvero.”

Eva sorrise allegra, aggrottando le sopracciglia in segno di forte convinzione.

Charles indugiava, temporeggiava nell’ingresso dei coniugi Gray, titubante di fronte alle sue parole.

“Con quella? Scordatelo.”- sibilò, osservando allarmato Rebekah che aveva comodamente occupato uno dei divani bianchi del salotto, con in mano un Martini.

Era tornata nel pomeriggio, come aveva promesso. Ma aveva messo radici, ormai.

“Vai a prendere il tuo rottame, Charles.”– lo rassicurò Eva, incrociando le braccia al petto, tediata dal continuo stato di allerta del ragazzo- “Rebekah resterà qui per sorvegliarmi.”

“Andiamoci insieme a prendere la macchina, così Becky avrà il pomeriggio libero. E la notte. E la mattina. E tutti gli altri giorni.”- brontolò lo stregone, seguitando a guardare in cagnesco la vampira sul sofà. Alzò la voce, così che la diretta interessata sentisse.

“Non ho niente di meglio da fare.”– sbuffò l’Originaria, mettendosi a sedere, per poi prendere un ultimo sorso di alcolico- “E poi, Eva ed io abbiamo tanto di cui parlare. O sbaglio?”- sorrise bonaria all’amica ritrovata, per poi mordere l’oliva nel bicchiere.

“No, è vero. Ci sono delle questioni importanti di cui parlare privatamente. Questioni che riguardano un’altra vita.”- soffiò Eva, spalancando impercettibilmente gli occhi blu nella sua direzione.

Posò lo sguardo su Charles, pregando che se ne andasse, e si incupì. Sinclair avrebbe probabilmente capito che qualcosa non andava.

“Dalla quale io sono estromesso?”- il ragazzo sembrò rammaricarsi di quell’esclusione.

Ne era spaventato, perché la riconosceva come legittima.

Eva aveva ritrovato il suo passato. Quanto spazio avrebbero avuto, lui e Dorian, per lei, ora che aveva riottenuto ciò che aveva perduto?

“Si, Charles. È così.”

Un colpo al cuore, per il ragazzo.

“Molto bene.”- sibilò lui, visibilmente ferito dalle sue parole- “Ma tornerò presto, perciò vi consiglio di fare in fretta. O finirò per sentire qualcosa.”- sputò infine, prima di uscire e richiudere violentemente la porta di casa, in uno scatto d’ira.

Eva rimase immobile nell’ingresso, per qualche istante, rammaricata dalla sua reazione. Detestava litigare con lui.

“Ed ora, perché non mi dici per quale motivo mi sono dovuta ritrovare a reggerti il gioco? C’è qualche ragione in particolare per cui non lo volevi qui?”

La ragazza rivolse gli occhi tristi alla vampira, corrugando appena le sopracciglia.

Bekah l’aveva aiutata a liberarsi di Charles e quest’ultimo gesto di complicità l’aveva sorpresa.

Estrasse rapidamente il piccolo quadro che aveva ricevuto in dono da Niklaus da sotto il tavolino da caffè, per poi mostrarlo alla vampira. Lo aveva nascosto lì, dopo essere riemersa dalla camera in cui lo aveva trovato.

“Il motivo è questo.”

Vide lo sguardo di Rebekah incupirsi, mentre scrutava il ritratto millenario.

“Il regalo di Nik?”- la voce dell’Originaria scaturì in un sussurro, le parole si dispersero nell’aria, mentre gli occhi di Eva tornavano a guardare quelli della ragazza nel ritratto che tanto le assomigliava.

“Dimmi dov’è, Bekah.”– Eva era forte di un rancore serbato per troppo tempo- “Dimmi dov’è Niklaus.”

“Perché lo vuoi sapere?”

“Devo parlare con lui, ne ho bisogno.”

La necessità di uno sfogo si era fatta spazio in lei. Lo sentiva come necessario.

“Non so dove sia, non posso aiutarti.”

La vampira sembrò ritrovare, in quella ragazza risoluta, l’ombra d’un’antica amicizia.

“Ma hai un modo per tenerti in contatto con lui, dico bene? O non mi avrebbe trovata.”

Gli occhi di Eva la imploravano di aiutarla.

“Nik non mi dice mai la sua posizione, non lo farà neanche stavolta.”- sospirò l’Originaria, levando lo sguardo al soffitto, per poi inarcare lievemente un sopracciglio.

“Chiamalo.”

“Si infurierà. Vuole che lo contatti solo in caso di emergenza.”

Rebekah saggiava il terreno, testava la caparbietà di Eva. E metteva alla prova anche la propria.

“Beh, questa è un’emergenza. Ho centinaia di domande per la testa ed ognuna di queste finirà per uccidermi, se non ricevo una risposta.”– sibilò sprezzante la ragazza, assottigliando lo sguardo blu e ricacciando una piccola lacrima, l’ultima che i suoi occhi si erano ripromessi di versare- “Ora, se non sbaglio, abbiamo chiarito che a tuo fratello servo viva.”- si sollevò rapidamente, per poi prendere il cordless nel soggiorno e porgerlo alla vampira- “Sono certa che saprà essere comprensivo, questa volta.”

“Dov’era tutta questa determinazione, ieri?”

Bekah sorrise mestamente, compiaciuta. Neppure Eva era cambiata. Nessuno di loro aveva mutato se stesso in qualcuno differente da chi era un tempo.

“Niklaus ha toccato un tasto dolente, quest’oggi.”- sospirò Eva- “ Ora tocca a me.”

“Lo chiamerò. Ma ti avverto, potrebbe non essere così accondiscendente.”- Rebekah prese da una tasca dei suoi jeans un cellulare ricoperto di strass ed aprì svogliatamente la rubrica.

“So bene di avere a che fare con un Niklaus completamente diverso da quello umano, Bekah, ma dovrà farsene una ragio …”

“Ti sbagli, Eva. Proprio perché non è cambiato affatto, potrebbe decidere di non incontrarti. Non così presto, almeno.”

Anche lui era rimasto provato dal loro incontro?

“Allora, dovrò fare affidamento sull’Ibrido che c’è in lui.”- soffiò la ragazza, prendendo posto accanto alla vampira, in cuor suo lieta d’aver trovato un’alleata. Raccolse le ginocchia al petto, si torturò le dita, mentre, debole e deleterio, il suono d’attesa della chiamata riecheggiava in tutta la stanza, impregnando d’impazienza ogni superficie.

“Deve essere un evento costellato di morti, fiamme e tragiche fini quello che ti spinge a contattarmi in questo preciso istante, sorella. Non vedo perché mi avresti chiamato, altrimenti.”

La voce a stento controllata di Niklaus fece trasalire l’Originaria che serrò le labbra, pentita d’aver commesso un passo così dannatamente falso. Il suo sguardo corse velocemente sulla figura attenta e tesa di Eva. Si era lasciata coinvolgere e, ne era certa, avrebbe pagato lei stessa le conseguenze.

“Dove sei, Nik?”- Bekah guardò le proprie unghie, sospirando rassegnata. Si appoggiò allo schienale del divano, ne carezzò distrattamente la superficie, mentre, roca e meschina, la voce di Klaus si piegava in una risata sardonica.

“Un po’ qua, un po’ là, mia cara. Come sempre. Qualcosa non va, con i nostri camerati?”

“A dire il vero, si. Eva vuole parlarti.”– l’Originaria squadrò la ragazza accanto a sé, soffermandosi sullo sguardo determinato e la rigidità del corpo-“Di persona.”- specificò, cercando reazioni in entrambi.

“Sono molto occupato, al momento.”-sbottò l’Ibrido, sibilando lapidario.

“Sembra importante, Nik.”- sua sorella insistette, ricalcando quelle parole con l’intento di riguadagnare la sua attenzione.

“Per lei o per me?”

“Per tutti e due.”- Eva serrò la mascella e strappò il telefono dalla mano della vampira, spazientita.

Niklaus tacque, al suono della sua voce.

“Ci vediamo fra un’ora, sulla statale, appena fuori da Mystic Falls.”-sentenziò con voce monocorde- “Ora, sii gentile, restituisci il telefono a Rebekah.”

La ragazza obbedì, guadagnandosi un’occhiata severa della vampira che non aveva affatto approvato quel gesto impulsivo.

Fine, così sia.”– Klaus sospirò, acconsentendo a quell’incontro- “A proposito, Lockwood ha fatto quanto richiesto?”- abbassò il tono di voce, così che Eva non potesse sentirlo.

“Certamente, Nik.”

Bekah se ne era accertata personalmente, seguendo la loro risorsa, nel pomeriggio.

Sorrise compiaciuta, quando suo fratello interruppe la telefonata, senza fare commenti. Il suo istinto le diceva che, tutto sommato, non ci sarebbero state ripercussioni, per lei, a causa di quella telefonata.

“Pare che tu abbia avuto la meglio.”- Bekah sogghignò, scrutando Eva, con gli occhi ridotti a due fessure.

La ragazza sorrise debolmente, prendendo coraggio.

“Puoi accompagnarmi da Nik, prima che Charles e Dorian tornino?”

“Suppongo di poterlo fare.”

***

 

“Vedo che ti sei attrezzata.”

Bonnie sgranò gli occhi, per poi intrecciare le dita fra i capelli corvini e scostarli dal viso.

Elena aveva estratto rapidamente un raccoglitore, illustrandole il contenuto accuratamente catalogato senza alcun un reale sistema.

Erano le foto scattate nei sotterranei della tenuta dei Lockwood. Avevano scoperto dei tetri cunicoli sotto le fondamenta, che serpeggiavano sotto la città, occultando reconditi segreti. E quei segni, incisi nella roccia, sembravano avere in sé informazioni fondamentali per la loro guerra contro Klaus.

“Alaric ha bisogno di una mano, con questi simboli. Siamo ancora in alto mare, perciò tanto vale che ci provi anche io.”- la Gilbert si strinse nelle spalle, estraendo alcune fotografie, per poi porgerle all’amica.

“Fammi dare un’occhiata.”– Bonnie le posizionò sul grembo, sollevandone una e ponendola controluce- “Okay, è roba complicata. Queste sono rune. Ma questi simboli sono …”

Aveva chiaramente letto, in un paio di fotografie, i nomi di Niklaus, Rebekah, Elijah e Mikael, riconoscendo l’alfabeto runico che li costituiva. Ma c’erano molti altri segni ed apparivano occulti, indecifrabili ed assolutamente nuovi.

“Incomprensibili?”

“Avrei detto assurdi ed improbabili, ma il concetto è quello.”

“Speravo potessi darmi una mano, Bonnie.”- Elena le rivolse uno sguardo supplichevole. Deglutì nervosamente, torturandosi le dita delle mani.

“Sono una strega, ma non faccio miracoli.”- si giustificò la Bennett, strappandole un sorriso. Sospirò costernata, per poi accarezzare la superficie di quelle immagini e tornare ad osservarle, sollevandole verso l’alto.

“Potresti anche andarci solo vicina. Mi accontento!”- Elena sorrise debolmente, addossandosi allo schienale della panchina su cui sedevano. La luce pomeridiana, calda e forte, le carezzò la pelle, riscaldandola. Socchiuse gli occhi, lottando contro il riverbero, per poi tornare ad guardare quei disegni misteriosi e privi di significato.

“Fotografie interessanti. Sono pitture rupestri?”

Le ragazze sussultarono, irrigidendosi appena. Raccolsero le immagini, ammassandole nel raccoglitore, in preda all’ansia, per poi rivolgere gli sguardi interrogativi alla sagoma che si apprestava a raggiungerle.

“Perdonate l’intrusione, non ho potuto fare a meno di osservarle.”- sorrise cordialmente un giovane, piegando le labbra in un’espressione affascinante-“Il mio nome è Charles Whitechapel e … sono appena arrivato in città. Temo di essermi perso e voi siete i soli bipedi che ho incontrato oggi, se escludiamo un paio di piccioni.”- portò una mano fra i capelli mori, guardandosi intorno, evidentemente imbarazzato.

“Mystic Falls è una cittadina piuttosto mite e le vie si assomigliano tutte. Sono Bonnie Bennett.”- la ragazza esibì un caldo sorriso, per poi porgergli la mano, in segno di saluto.

Sinclair, sotto falso nome, ricambiò la stretta, serrando la presa intorno alla sua mano. Entrambi avvertirono un curioso formicolio alle estremità delle falangi, che li costrinse ad interrompere rapidamente quel contatto.

My pleasure.”- lo sguardo grigio di Charles si illuminò, intrigato.

Aveva colto qualcosa di più che una semplice essenza umana, in quella giovane dai boccoli corvini.

“Elena Gilbert.”

“Incantato.”- strinse con delicatezza la mano della seconda ragazza, per poi studiare entrambe con curiosità. Che facessero parte della fauna soprannaturale di Mystic Falls?

Ne era quasi certo.

“E così, Bonnie Bennett ed Elena Gilbert, siete archeologhe, forse?”- indagò, interessato al contenuto del raccoglitore abbandonato sulla panchina.

Una brezza leggera lasciò che le fotografie si scontrassero fra loro, cospargendosi su tutta la lunghezza del sedile e facendo, di conseguenza, ampia mostra dei disegni che contenevano.

“È soltanto una ricerca scolastica.”- Elena sorrise tesa, per poi prodigarsi a raccogliere nuovamente le fotografie. Emise uno sbuffo nervoso, incastrò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“ Sono simboli davvero molto antichi. Raccontano una storia.”

E Charles era incredibilmente curioso di conoscerla.

“Il vero problema è capire quale.”- sospirò la Bennett, incrociando le braccia al petto.

“Questo è un Sole, senza dubbio. E questo potrebbe essere un sacrificio. Un sacrificio al Sole o un sacrificio del Sole.”– lo stregone prelevò un’immagine dalle mani di Elena, studiandola con minuziosa attenzione. Un cerchio scomposto, inciso con la punta di una lama, era circondato da figure esili, prostrate ai piedi del grande astro.

“Perdonatemi, immagino lo sappiate già.”- sorrise lui, restituendo la fotografia alle legittime proprietarie.

Bonnie sgranò gli occhi, inevitabilmente sorpresa, ed Elena assottigliò lo sguardo, animata dalla curiosità.

“Tu riesci ad interpretarli?”- soffiarono le due, quasi all’unisono.

“Non sono un esperto, questo è poco ma sicuro, ma ogni segno ha una sua logica. Basta trovarla.”

La Gilbert scambiò un’occhiata d’intesa con l’amica, annuendo leggermente con il capo.

“Abbiamo tante logiche da trovare, qui.”- Bonnie sogghignò, indicando l’ingente numero di immagini scompostamente posizionate nel raccoglitore.

“Vedo.”- lo sguardo grigio ed intelligente di Charles scivolò ancora una volta sulle fotografie- “Da quale sito archeologico provengono?”

“Uno locale. Il nostro professore è un affiliato della fondazione che ha acconsentito agli scavi.”

Mentivano entrambe, Sinclair poteva leggerlo nei loro bei visi.

“E fa fare il lavoro sporco alle sue studentesse.”- ghignò, ricevendo in cambio deboli sorrisi d’assenso.

“Sono gli inconvenienti dell’avere i voti più alti della classe.”- sorrise Bonnie, levando gli occhi al cielo, per poi sorridergli gioviale.

Lo stregone si chiese se anche lei avesse percepito qualcosa, durante quel breve contatto delle loro mani.

O era un’abile bugiarda o non aveva idea di chi si trovasse davanti.

“Beh, non mi resta che augurarvi in bocca al lupo con la vostra ricerca, signorine.”- il ragazzo sollevò lievemente il meno, per poi indietreggiare di qualche passo- “Sono certo che svolgerete un ottimo lavoro. Good evening.”

Psicologia inversa, o qualcosa del genere.

Aveva dimostrato loro di poter essere un valido interprete. Aveva dimostrato loro che avevano bisogno di lui, per conoscere la storia di quei simboli. Ma non si sarebbe proposto, come aiutante. No, sarebbe parso sospetto. Avrebbe fatto in modo che fossero loro stesse a chiedergli aiuto.

“Aspetta.”

Come volevasi dimostrare.

“Charles, giusto?”- Elena lo seguì, visibilmente in imbarazzo. Abbassò lo sguardo, per poi incastrare, ancora una volta, una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio.

“Ti ascolto, miss Gilbert.”

Sinclair si fermò, scrutandola attentamente.

“Abbiamo tempi stretti, con questa ricerca.”

“Temo di non poter fermare il tempo.”-sorrise lui, assottigliando lo sguardo.

“No, ma potresti dare un’occhiata a qualche altra fotografia. Sempre che tu lo voglia.”

“Sarei lieto di dare una mano.”- lo stregone sogghignò, complimentandosi con sé stesso per la riuscita del suo piano- “Ma sarebbe irrimediabilmente più semplice se potessi vedere questi simboli di persona.”

Un sacrificio del Sole era qualcosa di insolito, indubbiamente. Raro, fin troppo.

Charles ne era rimasto affascinato, avrebbe dato qualsiasi cosa per venire a capo di quel mistero.

“Il sito è stato temporaneamente chiuso, purtroppo.”- intervenne tempestivamente Bonnie, affiancando Elena- “C’è stata una piccola frana.”

“Questo è un vero peccato.”– Sinclair trattenne a stento un ringhio sommesso- “ Ad ogni modo, sarà un vero piacere, per me, aiutarvi a riportare alla luce la storia di …”- rimase basito, quando il suo sguardo grigio cadde nuovamente sulle fotografie e riconobbe, fra quei disegni, dei simboli fin troppo noti- “ Rebekah, Elijah, Mikael e … Niklaus.”– impiegò tutte le sue forze, per non mostrare la sua sorpresa alle due ragazze- “Alfabeto runico. Uhm, è interessante.”

Qualunque storia quei segni narrassero, Charles ne era ormai certo, aveva a che fare con gli Originali.

“Hai detto di essere appena arrivato?”

Bonnie aveva abilmente sviato il discorso e, inconsapevolmente, aveva concesso a Sinclair di distrarsi dai suoi stessi pensieri.

“Da Manchester. Sono ospite presso i coniugi Gray. Sono un caro amico di loro nipote. Abbiamo preso un anno sabbatico ed abbiamo deciso di girare un po’ il mondo.”- mentì lo stregone, per poi sorridere ingenuamente.

Avrebbe dovuto rendere Eva e Dorian partecipi di quella versione dei fatti, prima che si tradissero.

“Ed avete cominciato da qui? In tutta onestà, è davvero una falsa partenza!”- Bonnie inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.

“I signori Gray sono partiti qualche giorno fa ed hanno chiesto a loro nipote e a me di sorvegliare la casa.”- sospirò Charles, infilando entrambe le mani in tasca- “Saremo incastrati qui per un po’.”

“Beh, Charles, se non hai niente di meglio da fare, in questi giorni, a noi serve una mano.”

Elena era intenzionata ad usufruire dei servigi di quel giovane inglese tanto abile nell’interpretare i loro simboli, per poter accelerare i preparativi alla guerra contro Klaus.

“A me serve un modo per passare il tempo, perciò vi ringrazio per avermi concesso la possibilità di spezzare la monotonia di questo soggiorno.”- Sinclair accennò un inchino, grato ad Elena per la sua offerta.

“Facciamo domani pomeriggio al Mystic Grill?”

“Temo di non conoscerlo.”

“È l’unico locale che serva pietanze decenti, qui in città. Non puoi sbagliare, credimi.”- Bonnie sorrise, divertita dall’espressione contrita del ragazzo.

“A domani, allora, my ladies.”

“Arrivederci, Charles.”

Sinclair aveva avuto un colpo di fortuna, si disse, mentre riprendeva il cammino, per raggiungere la Mustang rossa, parcheggiata poco più lontano dell’albergo nel quale avevano soggiornato la notte precedente.

Il metodo persuasivo di Rebekah aveva fatto in modo che raggiungessero la nuova dimora a piedi, perciò il ragazzo si era ritrovato costretto a dover recuperare la propria auto, solo nel pomeriggio.

Raggiunse il parcheggio semideserto e ritrovò il prezioso cimelio di famiglia, lieto, in cuor suo, che non fosse stato danneggiato.

E fu mentre infilava la chiave nella serratura dell’auto che il suo telefono squillò.

Old boy, sappi che non mi abbasserò a passare per la gattaiola. Va contro ogni mia prerogativa e la mia natura stessa me lo impedisce.”

La voce di Dorian esplose nelle sue orecchie, facendolo imprecare sottovoce.

“Di che diavolo stai parlando?”- sibilò, entrando nell’abitacolo ed accendendo il quadro dell’automobile.

“Si da il caso che tu abbia l’unico mazzo di chiavi di casa. Potevi avvisarmi che tu ed Eva sareste usciti. Vi avrei raggiunti, non ci avrei messo molto. Voglio dire, siamo a Mystic Falls …”

“Eva è in casa, Dorian. Sono andato a prendere la Mustang.”- ribatté lestamente, allarmato. Un’orribile sensazione allo stomaco gli fece presagire il peggio.

“Ti sbagli, non c’è nessuno qui.”

Non poteva essere.

“L’ho lasciata da sola con Rebekah.”- sibilò lo stregone, accelerando.

“E loro hanno lasciato sola la casa, a quanto pare.”

“Dammi due minuti.”– sterzò rapidamente, per poi accelerare ancora di più- “ Nel frattempo, trova un modo per entrare.”

Incolpò se stesso, della scomparsa di Eva. Si era lasciato convincere.

“Vuoi che sfondi una finestra? Oh, andiamo, zio Peter e zia Jane non mi permetteranno più di ospitare le serate di strip poker!”

Charles ruggì, interrompendo quella telefonata. Raggiunse la villetta dei coniugi Gray, abbandonando la Mustang nel vialetto, senza alcuna particolare cura.

Eva era irrintracciabile, invisibile a tutti, persino a lui.

L’avrebbe persa, forse per sempre.

Dorian gli aprì, consentendogli di varcare la soglia di casa, per poi lanciargli un’occhiata preoccupata.

L’avrebbero persa entrambi.

“Qui non c’è nessuno. Hanno chiaramente levato le tende.”- disse il licantropo, raggiungendo l’amico nel salotto, ora terribilmente silenzioso.

“Questo è evidente.”

“Ma c’è un biglietto. Thelma e Louise torneranno entro stasera. La scrittura è senza dubbio quella di Eva.”

Wolfskin gli porse un biglietto che aveva trovato adagiato sul tavolino da caffè nel salotto. Poche righe che li rassicuravano circa il fatto che la ragazza sarebbe tornata quella sera stessa, però, non sembrarono acquietarli.

Anzi, ebbero l’effetto contrario.

“Potrebbero averla ammaliata.”

Charles osservò le parole scritte da Eva, preoccupato.

“Tornerà.”

“Non possiamo rintracciarla, non abbiamo niente. Ti stai affidando a poche parole scritte su un pezzo di carta? Sul serio?”

Come poteva, Dorian, esserne così certo?

Klaus avrebbe potuto portarla lontana da loro e nasconderla per l’eternità, senza che nessuno dei due potesse fare nulla.

“Già.”- ghignò il licantropo, incrociando le braccia al petto, fin troppo calmo, per i suoi gusti- “Ma, se può farti sentire più tranquillo, potresti sempre rintracciare la versione vamp di Maria la sanguinaria e chiederle, non troppo gentilmente, dove diavolo è Eva.”

“Non abbiamo niente, da usare per localizzarla.”

“Abbiamo il suo guardaroba.”- il mento di Dorian indicò il piano di sopra, dove i vestiti di Bekah erano stati accumulati dalla vampira stessa, in mancanza di un armadio più grande, alla Pensione dei Salvatore.

Raggiunsero rapidamente il piano superiore, spalancando con irruenza la porta della camera da letto dei coniugi, per poi estrarre dall’armadio un top nero, incredibilmente aderente.

Charles concentrò ogni sua energia in quell’abito, ricercandone, nello spazio e nel tempo, la proprietaria, la sua essenza, una minima traccia di lei.

Una breve immagine, il ronzio di un’automobile, Rebekah alla guida, il cartello di benvenuto di Mystic Falls, davanti a lei. Poi quel contatto si dissolse.

“Sta tornando indietro. Sta tornando qui.”

Ne era certo.

“Visto? Avranno fatto shopping o qualsiasi altra noiosa roba da femmine millenarie che passano insieme del tempo di qualità.”

“Eva non c’è. Non è con Rebekah.”

 

 

Biondich caverna:

Porcapaletta sono in ritardo! Speravo di poter aggiornare questa mattina, ma gli inconvenienti, i pandori e le schedine della tombola me lo hanno impedito.

Ma, sono ancora in tempo per augurare a tutti voi uno splendida serata natalizia! Perciò, AUGURI!

Nella speranza che possa davvero essere considerato un regalo ( e non un supplizio!), vi lascio questo capitolo, un po’ più lungo del solito, per salutarvi, dal momento che non credo avrò modo di pubblicare ancora, prima della fine dell’anno!

Quindi, agli auguri di buon Natale, aggiungeteci anche quelli di un Felice Anno Nuovo!

Confido di ricevere i vostri pareri, riguardo questo aggiornamento, sia per eventuali commenti, sia per mandarmi definitivamente a quel paese!

Ringrazio le meravigliose fanciulle che leggono, recensiscono, seguono, preferiscono e ricordano questa storia.

Vi ringrazio davvero, merci beaucoup!

Alla prossima,

Biondich!

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Capitolo 8
*** An unfair game ***


An unfair game

 

 

Si addossò ad un guardrail, incrociando le braccia al petto, nel tentativo di tacere l’assordante rumore del proprio cuore che scalpitava nella gabbia toracica, pieno d’agitazione. Si guardò intorno, constatando che il sole era ormai in procinto di calare e scomparire dietro le alte cime degli alberi che circondavano la statale.

Accavallò una gamba e colpì, inevitabilmente, una piccola sacca da viaggio che aveva portato con sé. Distolse lo sguardo, quando questi ricadde sulla borsa e la sua mente le ricordò cosa contenesse.

Prese un lungo respiro ed avvertì il battito cardiaco diminuire, all’aumentare della propria sicurezza.

Era lì da oramai mezz’ora, constatò. Forse Niklaus aveva deciso di non incontrarla.

Eva raccolse da terra lo zaino e cominciò a camminare rasente il limitare della strada, ben intenzionata a rientrare in città, prima che calasse la notte.

Era furiosa e rammaricata, per quel mancato appuntamento. Aveva centinaia di domande che serpeggiavano nella sua mente, insidiando i suoi ricordi, deboli d’umanità.

Le mancavano le risposte.

S’irrigidì, quando vide la strada illuminarsi. Non aveva scorto passare molte macchine, fino a quel momento.

Si voltò lentamente ed i suoi occhi incontrarono gli abbaglianti di un’autovettura che la superò rapidamente, lasciando che la strada tornasse nuovamente isolata e debolmente riscaldata dagli ultimi raggi di sole di quella giornata.

La giovane chiuse gli occhi, emettendo un lungo sospiro, mentre i muscoli del suo corpo tornavano a distendersi, provocandole un fremito.

“Credevo volessi parlarmi.”

Il fiato le si smorzò in gola ed i suoi occhi si spalancarono in un’espressione sorpresa ed atterrita. Eva si voltò nuovamente, tornando a posare gli occhi sul tratto di strada che aveva percorso.

Era sola.

La sua mente si prendeva gioco di lei, proiettando i suoi pensieri nell’ambiente che la circondava.

Il suo sguardo blu ricadde istintivamente sull’asfalto, dove si proiettavano, distorte e oblunghe, due sagome che si sovrapponevano, congiungendosi armonicamente. Ombre.

Eva si irrigidì istintivamente e si voltò, ormai certa che non fossero scherzi della mente, quelli che la tormentavano.

“Sei in ritardo.”- proferì lei, terribilmente incerta. Posò gli occhi sulle labbra di Niklaus, piegate in un sorriso misurato ed enigmatico, per poi incontrare il suo sguardo sagace ed inevitabilmente incuriosito.

Indietreggiò d’un passo, realizzando quanto fosse breve la distanza che la divideva da lui.

“Avevo una buona ragione, per esserlo.”- Klaus mise entrambe la mani nelle tasche anteriori dei jeans che indossava, seguitando ad osservare la ragazza, interessato-“Ma, ora, hai tutta la mia attenzione.”

Lei prese coraggio, domandandosi come quel ragazzo eterno potesse assomigliare così tanto a quello che conosceva, senza avere, di lui, niente più che l’aspetto.

Quel modo che aveva di sorriderle e di guardarla avidamente la intimoriva. Era diverso.

Si impose mentalmente la calma e sostenne il suo sguardo inquisitorio, affilando il proprio.

Eva afferrò rapidamente lo zaino che aveva con sé ed estrasse, con le mani tremanti di rabbia, l’antico contenuto.

“Il fatto che fosse impacchettato implicava che si trattasse di un regalo.”

Klaus si rigirò l’icona fra le mani, per poi inarcare leggermente un sopracciglio, celando alla giovane davanti a sé il suo disagio.

“Non hai bisogno di comprare la mia fiducia.”- sibilò Eva, per poi serrare la mascella, mentre cercava di non distogliere il proprio sguardo adirato dal suo. Deglutì nervosamente, prendendo un lungo respiro, nel tentativo di distendere i nervi.

“La mia era più un’offerta di pace.”

Ed un’implicita richiesta di perdono.

“Combattiamo lo stesso nemico.”- la ragazza serrò i pugni, mordendosi il labbro inferiore- “E’ tutto ciò che ci lega, ormai.”

“È così?”

Niklaus assottigliò lo sguardo azzurro, gonfiando il petto. Sembrò rammaricarsi di quelle parole, ma soffocò quello sprazzo d’umanità, con un ghigno derisorio.

“Si.”

No.

Lo sguardo di Eva aveva vacillato, la sua voce si era incrinata appena, riducendosi ad un sussurro, un debole soffio che fu trascinato lontano, dal vento.

“C’è altro, o abbiamo finito?”

Gli occhi di Klaus si accesero d’ira, il sorriso sardonico sul suo volto scomparve con la stessa rapidità d’un fulmine in cielo. Serrò maggiormente la presa sul piccolo quadro e fu costretto ad abbassare lo sguardo, quando si accorse di averne smussato un angolo, fino a sbriciolarlo. Osservò il palmo della propria mano, impregnato di polvere antica quanto se stesso.

“Tienilo tu. Io non lo voglio.”

“Io non ne ho più bisogno.”

“Bisogno?”– lo sguardo della ragazza si illuminò, pieno d’interrogativi- “Perché?”

“Beh, ti ho trovata.”

Il sorriso enigmatico sul volto di Klaus era del tutto nuovo. Sembrava disteso, ma il tremolio nervoso dell’angolo destro della bocca dava ad intendere quanto, in realtà, servisse a mascherare la curiosa sensazione di sconforto in cui versava.

“Mi … mi stavi cercando?”- il battito cardiaco di Eva accelerò, all’aumentare della sua sorpresa- “Nessuno sapeva, gli antenati dei Sinclair fecero in modo che nessuno potesse trovarmi.”

“Sei tornato .”- i suoi occhi blu osservarono un punto lontano, perdendosi nei ricordi- “Sei tornato in quella foresta. Non c’era altro modo perché tu scoprissi che ero viva.”- cercò il suo sguardo, piena di stupore-“Perché?”

“Avevo bisogno del tuo anello, per chiedere un consulto, circa alcuni inconvenienti che stavano ritardando i miei piani.”

Rabbrividì, soppesando le parole di Niklaus. Non c’era alcuna emozione nella sua voce.

“E io che credevo volessi portarmi un mazzo di crisantemi.”- mormorò con voce flebile, abbassando lo sguardo. Eva sorrise debolmente ed incrociò le braccia al petto, serrando le pallide mani intorno alle braccia, per farsi forza.

“I crisantemi sono per i morti.”- la corresse prontamente l’Originale, tornando ad osservarla con morboso interesse. Il suo sguardo, vigile ed intelligente, la scrutò con attenzione, le sue labbra tornarono a piegarsi in un mezzo sorriso divertito.

“Io lo sono stata, grazie a te.”- poteva uno sguardo trafiggerlo con tanta violenza?- “Ad ogni modo, l’anello l’ho perso.”- una mano di Eva coprì istintivamente l’altra, cercando, nostalgica, il prezioso gioiello che un tempo l’aveva decorata e del quale, nonostante l’assenza, avvertiva ancora la leggera pressione.

“Un vero peccato. Ricordo quanto ti piacesse.”

Niklaus lo rammentava veramente. Più di quanto volesse.

“Mi piaceva, quando aveva per entrambi un significato.”- sibilò Eva, serrando la presa sull’anulare, per poi tornare ad osservare il ragazzo davanti a sé, piena di rancore.

Klaus levò appena le sopracciglia, in segno di muta comprensione.

Sorrise mestamente, al ricordo di come le avesse donato quel piccolo gioiello.

 

 

Quella foresta era diventata la sua seconda casa. La percorreva, con i passi agili e decisi e gli occhi intelligenti che saettavano su ogni superficie che incontravano.

Correva veloce, lungo sentieri invisibili agli occhi, ma ben chiari alla mente.

Mille e mille volte vi era tornato, dal loro primo incontro.

Aveva un sacchetto, appeso alla cintola. Scavalcò agilmente un ampio tronco sradicato, per poi estrarre dal suo contenitore di cuoio un piccolo anello che subito lo aveva attratto, quando lo aveva visto.

Lo aveva rubato dal portagioie di Rebekah, scatenandone l’ira. Solo in seguito aveva scoperto che la sua angelica sorella lo aveva preso dallo scrigno di sua madre.

Era corso via, sorridendo, e Bekah lo aveva inseguito fino al limitare del bosco.

Niklaus aveva deciso che quel gioiello sottratto avrebbe trovato una nuova proprietaria.

Era inusuale il modo in cui ne era entrato in possesso, perciò, altrettanto insolita sarebbe stata l’occasione in cui lo avrebbe donato alla giovane cui lo voleva destinare.

Una sfida.

Eva lo attendeva, arrampicata su di un alto masso, divenuto il luogo di quasi ogni loro incontro.

Gli sorrise, correndogli veloce incontro. Alcune ciocche di lunghi capelli biondi le ricaddero disordinatamente sul bel viso, sfuggendo dalla treccia in cui li aveva raccolti.

Un giovane Niklaus, umano ed ingenuo, aveva sfidato la ragazza più insolita che avesse mai incontrato, ad un duello.

Lui era un abile spadaccino, lei una tenace avversaria.

Si destreggiavano spesso in singolar tenzoni, volte unicamente al loro divertimento.

Klaus le aveva insegnato a tirare di spada ed Eva, in cambio, gli permetteva di seguirla, nelle notti di luna piena, per veder trasformare i licantropi.

“Un premio, hai detto?”- rise Eva, sollevando un sopracciglio, curiosa.

Il giovane abbassò lo sguardo, sorridendo, per poi estrarre l’anello dal piccolo sacchetto.

“Se vincerai, sarà tuo. Se vincerò io, te lo donerò.”- le disse.

Lei rise di cuore, per poi prendere una spada ed osservare il verde del bosco riflettersi sulla lama.

“Ma, in questo modo, io vincerò comunque!”- protestò Eva, sfidandolo con lo sguardo.

“Nel primo caso, vincerai il premio e l’onore.”- la corresse Nik, estraendo la propria arma dal fodero- “Ma nel secondo, mia cara, avrai solo il premio. E, allora, sarà l’unica cosa a consolarti, per aver perso valore.”

“Nel primo caso, allora, questo anello avrà un significato felice, per me. Mentre nel secondo non farà che ricordarmi la mia sconfitta!”

“E non sei curiosa di sapere quale dei due casi sarà il tuo?”- la invitò, facendole cenno di seguirlo in un ampio spiazzo, perfetto per sfidarsi.

“Solo una cosa, guerriero.”- Eva sorrise astutamente, seguendolo docile-“ Se tu vincerai, avrai soltanto l’onore. Se perderai, dovrai dar via il tuo valore e l’anello.”- osservò, piuttosto contrariata-“ Non è equo!”

“Se tu vincerai, io avrò il piacere di donare questo pegno all’unica donna che mi abbia mai sfidato e sconfitto.”- Nik sorrise, leggermente impacciato, per poi carezzare, con la lama della sua spada, quella di Eva, sospesa a mezz’aria-“ Se perderai, sarò onorato di regalare questo anello all’avversario più valoroso con cui mi sia mai battuto.”- sorrise divertito, ridendo dello sguardo attento della giovane- “In entrambi i casi, questo dono simboleggerà il rispetto e la stima che nutro nei tuoi confronti.”

“Te la cavi, con le parole. Ma, mi domando, sarai altrettanto abile, con le armi, questa volta?”- Eva affilò lo sguardo, muovendo passi cauti e attenti, pronta a reagire.

Duellarono, in una danza aggraziata, scandita dal fragore delle lame che si scontravano fra loro, per gioco.

Niklaus la lasciò vincere. Non glielo disse mai.

L’aveva ingannata, lo sapeva.

Ma non aveva trovato nessun altro modo se non mentirle, per poterle dire la verità.

“Dimmi una cosa, com’è vivere senza soffrire per nessuno? Non è più semplice?”

La voce di lei lo riscosse violentemente dallo stato d’incoscienza in cui i suoi ricordi lo avevano fatto scivolare. L’Originale incontrò gli occhi blu della ragazza e socchiuse le labbra, senza riuscire a proferire parola.

“Tu non puoi capire, Eva.”- rantolò, dopo quella che gli parve un’eternità. Emise un ringhio basso e gutturale, aggrottando le sopracciglia, visibilmente sulla difesa.

“È vero, non posso. Ma vorrei avere anch’io il dono di sopprimere ogni sentimento.”

Lo desiderava con tutta se stessa.

“Lo ritieni un dono?”- Niklaus sembrò meravigliarsi. Incrociò le braccia al petto, assottigliando lo sguardo e scrutando la giovane con attenzione.

“Non lo è?”

“Può essere la cura ad ogni pena o un’ulteriore maledizione.”

“Per te cos’è?”

Quella domanda lo aveva spiazzato, costringendolo a serrare la mascella, visibilmente colto di sorpresa.

Entrambe.

Nessuna delle due.

Non lo sapeva.

Aveva sempre evitato quella domanda, l’aveva rifuggita, la odiava e la temeva al contempo.

“È tardi. Dobbiamo andare.”- sentenziò lapidario, guardandola con severità. Serrò le labbra e distolse lo sguardo, per poi aggrottare le sopracciglia, insolitamente nervoso.

“Cosa?”- Eva spalancò gli occhi blu, osservandolo confusa.

“North Dakota, Ohio, Maryland … C’è molto da visitare. Seguiremo le migrazioni dei branchi di licantropi. Come ai vecchi tempi.”- la risata roca e tetra di Niklaus la fece rabbrividire.

L’ibrido tornò a sfoggiare un ghigno sprezzante e minaccioso, con la speranza di intimorirla.

“Io non vengo con te.”

La ragazza negò energicamente con il capo, indietreggiando d’un passo, allarmata.

Il suo cuore riprese a battere rapidamente, martellando con forza dentro la gabbia toracica, esortandola ad allontanarsi. I muscoli erano tesi, pronti a reagire.

“Credevo avessi ancora delle domande, per me.”- lui inclinò lateralmente il capo, ipnotizzato da quelle pulsazioni accelerate. Avevano un qualcosa di armonioso, c’era qualcosa di melodico, nel rumore del sangue che percorreva rapidamente quelle vene blu.

“Le ho. Ma non intendo seguirti.”- Eva scosse la testa, arretrando ancora.

“Temo dovrai farlo.”- lo sguardo azzurro di Klaus si era illuminato in maniera a dir modo pericolosa.

Lei lo aggirò, trattenendo il respiro, ben intenzionata a tornare in città, prima che calasse la notte. Tirò un sospiro di sollievo e, una volta percorsi i primi due metri, sentì diminuire la tensione che l’ingombrante presenza di Niklaus le provocava.

Un grido le si smorzò in gola, quando avvertì un’insopportabile pressione sull’avambraccio, che la costrinse a rigirare su se stessa.

La ferrea presa di Nik la costrinse a digrignare i denti ed Eva soffiò come un gatto, dimenandosi con quanta forza aveva in corpo.

“Farai esattamente ciò che ti dirò, quando te lo dirò. Smetti di opporti.”

Non poté fare a meno di osservare i suoi occhi; si ritrovò imprigionata da quello sguardo, costretta a sostenerlo da una forza che non era in grado di contrastare.

Sentì ogni resistenza scemare, la rabbia svanire, le forze abbandonarla, fino a quando non smise di divincolarsi.

“Nik, no …”

Era consapevole di essere stata soggiogata e non poteva fare a meno di odiare la creatura davanti a sé. Avrebbe voluto ripiegare e correre, più veloce che poteva, lontana da lui, ma le sue gambe sembravano ancorate all’asfalto e non rispondevano al suo comando.

“Vuoi che risponda alle tue domande? Lo farò.”– Klaus sogghignò, liberando il suo avambraccio dalla morsa in cui lo teneva. Allentò la presa, trasformando quella stretta d’acciaio in un tocco leggero e carezzevole che durò pochi istanti.

“Ma sono terribilmente impegnato e non posso permettermi di trattenermi tanto a lungo nello stesso luogo.”– sembrò rammaricarsi di ciò che aveva appena fatto, ma, per l’ennesima volta, soppresse quel senso di colpa, mostrandosi ancora più severo- “Seguimi.”- le intimò, invitandola ad affiancarlo.

“Perché lo stai facendo”- Eva sussultò, quando percepì il proprio corpo muoversi, senza che lei potesse fermarlo.

Avanzarono lungo la statale, allontanandosi, non poi così lentamente, da Mystic Falls.

“Dovresti portare con te della verbena. Così sei un bersaglio facile e nessuno di noi due può permettersi che tu lo sia.”- commentò con fare disinteressato l’ibrido, tornando improvvisamente gioviale. Tentò di sorriderle, ma, quando incrociò il suo sguardo astioso e spaventato, riprese ad osservare il limitare della strada.

“Come ci riesci? Come puoi essere così indifferente a tutto? Vorrei che potessi insegnarmi a non provare più niente.”

“No.”- quello di Nik sembrò un ruggito- “La sofferenza, ogni singola emozione restano. Solo che ci si dimentica perché si provano.”– evitò di guardarla, percepiva i suoi occhi blu addosso, li sentiva su di sé ed avvertiva il senso di disagio farsi sempre più forte, in lui-“E l’unica cosa in grado di colmare il vuoto lasciato da quell’interrogativo è il sangue.”

Klaus serrò la mascella, accelerando il passo.

“Perché mi hai uccisa, Nik?”

La voce affaticata di Eva lo ridestò completamente. Spalancò impercettibilmente gli occhi, sibilando.

Camminavano da ormai un’ora, ad una velocità difficilmente sostenibile da un passo umano. I muscoli delle gambe della ragazza si contraevano dolorosamente, pregandola di fermarsi. Ma non poteva. Non avrebbe potuto, fino a quando l’ibrido non glielo avesse permesso.

Eva sperava che quella domanda lo fermasse.

Era quello il quesito che la tormentava da anni, quello era il reale motivo per cui aveva voluto incontrare Niklaus.

Non lo so più.”- mormorò lui, rallentando appena l’andatura, mentre, poco lontana, si presentava loro la sagoma di un’auto, debitamente parcheggiata a distanza di sicurezza.

“Avevi detto che avresti risposto alle mie domande.”- protestò la ragazza, tentando di stargli dietro.

“Non ho una risposta.”- Klaus sibilò amareggiato, evitando di guardarla negli occhi.

“Rebekah sostiene che non sei cambiato.”

Rebekah avrebbe smesso di sproloquiare. Di sua spontanea volontà o con il contributo di suo fratello.

“Mia sorella ha una fervida immaginazione e, spesso, vede solo ciò che vuole vedere.”- Nik estrasse dalla tasca posteriore dei jeans le chiavi ed liberò l’auto dalla sicura, aprendo con decisione lo sportello del passeggero, per poi rivolgere una fugace occhiata ad Eva- “Sali in macchina.”

La giovane prese posto, a malincuore, nell’abitacolo, osservando l’ibrido richiudere lo sportello e raggiungere il sedile del conducente.

“Ma lei non è poi così diversa da come era un tempo.”- lei aggrottò le sopracciglia, mentre Niklaus accendeva il quadro dell’automobile, deciso ad allontanarsi il più possibile da lì.

“È un’abile attrice. Quella che le vedi indossare è solo una maschera.”

“Tu menti.”-sbottò la ragazza, voltandosi indietro e guardando con apprensione le luci di Mystic Falls farsi sempre più deboli e lontane. Rabbrividì, rimproverandosi di non aver preso in considerazione la possibilità d’un rapimento.

“No, affatto.”

Niklaus ringhiò, serrando la presa sul volante. Si irrigidì, era inevitabilmente stato scoperto. Pestò il pedale dell’acceleratore con una forza tale da sentire l’automobile sobbalzare, con un sinistro cigolio.

“Sapevi che avrei voluto parlarti ed avrei chiesto spiegazioni. E sapevi fin dall’inizio che non avresti risposto al quesito più importante.”

Eva torse il collo, in preda all’agitazione, voltandosi verso la strada già percorsa, ormai lontana da Mystic Falls.

Guardò Klaus con determinazione, piena di rabbia. Era stata presa in giro, ancora una volta.

“Immagino ti starai chiedendo perché sono venuto lo stesso, allora.”- la voce di Nik era pacata e le sue labbra si piegarono in un sorriso astuto.

“No, non ne ho bisogno.”- sibilò la giovane, posando gli occhi fuori dal finestrino, così da non mostrare al suo rapitore l’attimo di fragilità che l’aveva colpita-“Mi hai teso una trappola. Hai manipolato i miei sentimenti e mi hai attirata lontano da Charles e Dorian.”- la voce le si incrinò appena, mentre pronunciava i loro nomi.

Rebekah si sbagliava, Niklaus era totalmente diverso da quello che era un tempo.

Eva lo stava constatando personalmente.

“Mi credi davvero così meschino?”- sorrise l’ibrido, rivolgendole uno sguardo divertito.

Le sue labbra tornarono a serrarsi, quando vide gli occhi tristi di lei osservarlo con rancore.

Non era in grado di sostenere quello sguardo.

“Non è così?”- ringhiò la ragazza, raccogliendo un ginocchio al petto e serrandovi intorno le braccia, bisognosa di farsi coraggio.
“Lo è.”- fu costretto ad ammettere l’Originale, annuendo fra sé- “Ma hai certamente sminuito l’effetto sorpresa.”- abbassò lo sguardo, soffocando il senso di colpa che lo logorava dall’interno.

“Voglio tornare a Mystic Falls, non verrò con te.”

“Lo farai, invece. Lì non sei al sicuro.”

Klaus negò con il capo, lanciandole un’occhiata severa. Si augurò che bastasse a farla demordere.

“Lasciami andare.”- sibilò Eva, ricolma d’un odio che traspariva dagli occhi blu, accesi d’ira. Tremava di rabbia, la sua voce era roca, bassa per il nervosismo.

“Loro non possono proteggerti.”

Nik sembrava essere irremovibile.

“Fammi tornare dalla mia famiglia.”

“No.”

Per un breve istante, l’ibrido avvertì un’insolita fitta al petto, che lo costrinse a digrignare i denti. Avrebbe condannato Eva ad un’eternità di solitudine, esattamente come era accaduto a lui, privandola della sua famiglia?

Osservò i propri occhi nello specchietto retrovisore e non poté fare a meno di provare repulsione verso se stesso.

“Me lo devi.”

Le doveva molto, ogni cosa, l’eternità. Ma non poteva permettersi di restituirle alcunché, almeno per il momento.

Eva avrebbe dovuto pazientare, prima d’ottenere la libertà che le spettava.

“Ora, fa’ silenzio.”- le intimò, osservandola minacciosamente. La sua sola presenza lo sconvolgeva. Non poteva permettersi distrazioni.

Addolcì l’espressione del volto, conciliando quell’ordine con un caldo mezzo sorriso- “Per favore.”

Si rifugiò nel silenzio, in una quiete scandita unicamente dal ronzio dell’automobile.

Eva taceva, costretta al mutismo, osservando il buio panorama dal finestrino, torturandosi le dita. Il battito del suo cuore era regolare, giungeva nitido alle orecchie dell’Originale che ne teneva il ritmo, tamburellando le dita sul volante.

Eppure, quello stato laconico era ancor più deleterio, per Klaus. Lo costringeva ad affrontare i propri pensieri che gridavano, nella sua mente, d’essere liberati, perché taciuti per troppo tempo.

“Non percepisco la tua paura.”

Parlare lo aiutava a rimanere concentrato sulla realtà. Liberò Eva da quel comando d’assoluto silenzio e la osservò, pregandola, con lo sguardo, di tenere viva quella conversazione.

“Forse perché non ne ho.”- sbottò lei, lieta in cuor suo di aver ripreso il controllo della propria bocca. Tirò su con il naso, affranta.

Sospirò, esausta, e si abbandonò completamente al sedile, serrando la mascella.

“Ne sono compiaciuto e avvilito, al contempo. Un po’ di soggezione sarebbe lusinghiera, nei miei confronti.”- un vano tentativo di farla sorridere, quello di Nik, che si ritrovò a sopprimere una risata amareggiata, sotto lo sguardo rigido della ragazza.

“Non puoi uccidermi di nuovo.”- sputò lei, guardando la strada davanti a sé- “Ed io troverò il modo di tornare da Charles e Dorian. Puoi starne certo.”

Suonava come una minaccia.

Eva avrebbe fatto ogni cosa in suo potere, per tornare da loro.

“Sono curioso di sapere come.”- Klaus sogghignò, sfidandola con lo sguardo, per poi tornare a convergere la propria attenzione sulla strada.

“Mi inventerò qualcosa.”- sibilò lei, con determinazione.

Era una promessa, la sua.

“Sarò lì, per vederti all’opera.”- rise tetro l’Originale, prima di tornare a guardarla- “Dovresti dormire, ora. Il viaggio sarà lungo.”

Eva scosse il capo, intenzionata a rimanere vigile. Tentò di non incontrare gli occhi azzurri di Niklaus, decisa a combattere il soggiogamento. Eppure, le sue pupille ambivano a riposarsi sul volto del ragazzo, quasi non potessero farne a meno.

“Dormi.”

Lo sguardo dell’ibrido era pieno di rammarico.

Eva scosse il capo con maggior veemenza, ma avvertì presto le sue palpebre farsi pesanti. Un caldo torpore la avvolse, costringendola ad abbandonare la testa contro il sedile.

“Forse un giorno saprai perdonarmi.”

 

***

 

 

 

“Un sacrificio del Sole? È plausibile, sorprendentemente plausibile. Come ci siete arrivate?”

Alaric Saltzman rischiò di mandar giù di traverso l’abbondante sorso di bourbon che aveva preso, quando tornò ad osservare la fotografia che Elena gli aveva porto. Per un breve istante, l’ampio ed legante salotto della Pensione dei Salvatore vorticò, agli occhi stanchi e lucidi del professore di storia.

Bonnie sedeva compostamente su di un divano, guardando gli altri simboli, senza venirne a capo.

“Un aiuto esterno.”- mormorò distrattamente, corrugando la fronte, quando le capitò fra le mani un segno ancora più improbabile di quello precedente.

Cominciava a dubitare che avessero davvero un senso.

“Magari qualche Origi-bimbo ha trovato della grafite ed ha scarabocchiato le pareti di casa.”- ghignò Damon, rispondendo al suo dubbio silenzioso ed accomodandosi sul bracciolo accanto alla strega, con in mano un bicchiere di cristallo ricolmo fino all’orlo di liquido ambrato.

“Un passante.”- proseguì Elena, incrociando le braccia al petto, ben più rivolta ad Alaric.

“Avete chiesto aiuto ad un passante?”- il vampiro sollevò rapidamente lo sguardo azzurro, posandolo, con aria fortemente interrogativa, sulla giovane Gilbert.

“Sembrava piuttosto ferrato.”- si giustificò lei, sollevando gli occhi al soffitto.

“Lo è, indubbiamente.”– Saltzman annuì, con aria meditabonda. Con un pennarello, catalogò l’immagine, incollandovi sopra un post-it.

“Chi è? Lo conosco?”

“È appena arrivato in città. È inglese, un amico di un nipote dei coniugi Gray, se ho capito bene.”

Bonnie emise uno sbuffo ed abbandonò le fotografie fra le mani di Damon che arricciò il labbro superiore, fortemente seccato.

“Conosce l’alfabeto runico, sa interpretare i punteggi delle partite di Pictionary degli Originali, è appena arrivato … Sono il solo a non ritenerlo un fantastico colpo di fortuna?”- inarcò un sopracciglio nero, terribilmente scettico. Sorrise di scherno, per poi mandar giù, tutto d’un fiato, mezzo bicchiere di alcolico.

“Non lo sei, Damon. Ma ci aiuterà e, francamente, ora come ora non ci serve altro.”- ribatté prontamente Elena, guardandolo con determinazione.

Il vampiro la osservò a lungo, con un’ espressione indecifrabile sul volto, prima di scuotere il capo in un cenno negativo e svuotare il bicchiere.

“Tu che ne pensi? Niente vibrazioni, aure negative, chakra scombinati o roba simile?”- domandò rivolto alla strega, curioso di conoscerne il parere.

“Non riesco a capire. Ho avvertito qualcosa, ma non potrei definire esattamente cosa.”

“Affascinante.”- commentò lui, senza particolare enfasi- “E gli avete anche dato appuntamento domani. Se dovessi scommettere su chi, tra voi due, Betty e Wilma, ha avuto la brillante idea di invitare un potenziale mostro ad un aperitivo al Grill, punterei su …”- il suo indice inquisitore girò in aria per qualche secondo, prima di posarsi con decisione sulla figura di Elena che arricciò il naso, seccata.

“Si, è stata una mia idea.”- brontolò, allargando le braccia, in segno di resa.

“Jackpot!”- plaudì l’affascinante Salvatore, levando il bicchiere vuoto in un brindisi poco sentito. Le fece l’occhiolino, per poi sorridere soddisfatto.

“Io credo sia una buona idea. Se è davvero pericoloso, avvicinandolo, potremmo tenerlo sotto controllo.”- Alaric lo fulminò con lo sguardo, per poi rivolgersi con gentilezza alla sua protetta.

“O sotto terra.”- mugugnò il vampiro, ricevendo, in risposta, una gomitata nello stomaco, da parte di Bonnie.

“Se fosse davvero un ‘fantastico colpo di fortuna’, tanto meglio. Ne abbiamo bisogno ed è da un po’ che non ce ne capita uno.”- proseguì Saltzman, ignorando deliberatamente le non poi così contenute imprecazioni di Damon, nei confronti della Bennett.

“Io sto cercando un qualcosa che ha ridotto una studentessa in pezzi così piccoli da poter entrare in un barattolo di maionese, Ric.”– sibilò il vampiro, guardando l’amico con severità- “Quindi perdona la mia perplessità, riguardo il nuovo amico di Elena.”- e scoccò un’occhiataccia alla ragazza in questione.

“Damon, falla finita.”

La Gilbert sembrava intenzionata ad andare fino in fondo.

“Potrei farlo, certo, ma non mi va. Domani pomeriggio verrò anche io. Indosserò il mio cappello da esploratore e porterò una frusta. Almeno sarò nella parte.”- sogghignò il bel Salvatore, allontanandosi per riempire il bicchiere con altro bourbon.

“Forse è meglio di no.”- Ric aggrottò la fronte, piuttosto riluttante- “Con questo atteggiamento, finiresti per creare problemi. Se si tratta di un possibile alleato, sarebbe meglio tenercelo stretto. Se è un mostro assetato di sangue, meglio non farlo arrabbiare. Ce ne sono già abbastanza, in giro.”- tentò di rabbonirlo, consapevole del fatto che Damon non avrebbe lasciato perdere tanto facilmente-“Resterò io, con le ragazze.”- lo rassicurò.

Il vampiro impiegò diversi secondi, per valutare la proposta.

“D’accordo.”- sospirò infine, rassegnato all’evidenza dei fatti-“Ma imbottitelo di strozzalupo e verbena. Se nasconde qualcosa, verrà a galla.”

“Di questo mi occuperò io.”

 

 

***

 

 

“Non stai mentendo.”

Charles sgranò gli occhi, sotto lo sguardo annoiato di Rebekah che si controllava, di tanto in tanto, le unghie curatissime, sbuffando sonoramente.

Era esausto.

Aveva addormentato Dorian con un infuso di Elleboro, prima che il sole tramontasse ed aveva atteso, intimandosi di non perdere il controllo, che la sorella di Klaus tornasse indietro.

L’aveva interrogata, minacciata, aveva tentato, con scarsi risultati, di torturarla e si era ritrovato con un labbro gonfio, un occhio terribilmente pesto, contusioni e abrasioni su tutto il corpo e nessuna informazione significativa sull’ubicazione di Eva.

“Non mento nemmeno quando dico che manchi di perspicacia.”- la bionda sollevò lo sguardo, auto compiacendosi delle condizioni in cui aveva ridotto lo stregone- “Non ho idea di dove Nik abbia portato Eva. Ho provato a chiamarlo, ma ha spento il cellulare.”– mostrò al ragazzo il registro delle chiamate del suo piccolo cellulare tempestato di strass, per poi sospirare- “Non posso fare altro.”- sorrise, socchiudendo le palpebre, prima di alzarsi dal sofà-“Francamente, questa situazione comincia ad infastidirmi. Penso proprio che tornerò alla Pensione. Ci vediamo.”

Sinclair la seguì, fino all’ingresso, osservandola minacciosamente.

“Aspetta.”- le intimò con risolutezza, affilando lo sguardo grigio e carico d’odio.

“Se Eva non torna, giuro che ucciderò te e tuo fratello.”- sibilò, mantenendo a stento un pieno controllo della propria voce, simile ad un ruggito- “Credimi.”

“Buona serata.”- Bekah sembrò non dare troppo peso alle sue parole, anche se, per un breve istante, i suoi occhi chiari s’illuminarono allarmati-“La mia lo sarà sicuramente.”

La sua attenzione fu catturata dallo scricchiolio delle travi del parquet al piano di sopra. Dei passi misurati, scandivano un percorso molto chiaro, agli occhi esperti della vampira. Rebekah sorrise sardonica, prima di inarcare un sopracciglio e strizzare l’occhio a Charles che la osservò scettico.

“Fossi in te, tornerei a dare un’occhiata al piano di sopra.”

 

 

***

Eva aprì gli occhi, sollevandosi di scatto. Ansimò spaventata, fino a quando non realizzò di non trovarsi più nell’abitacolo di un’automobile diretta chissà dove.

Non appena la sua vista glielo consentì, realizzò di aver già visto quelle pareti dai colori pastello. Le sue dita carezzarono sollevate la trapunta dai motivi floreali che ricopriva il letto a baldacchino della camera matrimoniale dei coniugi Gray.

Era a casa. Più o meno, insomma.

Dei tiepidi raggi di sole filtravano dalle tende color panna.

Era inevitabilmente confusa. Niklaus sembrava essere intenzionato ad allontanarla da Charles e Dorian per sempre. Ma l’aveva riportata inspiegabilmente indietro.

Raccolse i capelli in una coda disordinata e scese rapidamente le scale, diretta al piano inferiore. Avrebbe chiesto spiegazioni ai ragazzi, circa il suo ritorno.

Le sue narici percepirono il gradevole aroma di caffè che permeava il salotto e la cucina e seguì quel profumo, avanzando con passi felpati.

“Sei tornata, allora.”

Sorrise radiosa, quando incontrò il volto rilassato di Wolfskin, intento a preparare dei pancakes al cioccolato.

“A quanto pare“-rispose, ancora piuttosto interdetta-“Ne dubitavi?”

Si accomodò al tavolo, guardandosi intorno con aria perplessa.

Klaus l’aveva lasciata andare, dopo tutta quella farsa.

Non riusciva a farsene una ragione. Era un comportamento privo d’ogni logica.

“Io non più di tanto. Ma Charles …”- il licantropo le servì il caffè, per poi spegnere i fornelli e concedere ai dolci qualche minuto di raffreddamento.

“Avevo lasciato un biglietto.”- Eva bevve avidamente il contenuto della tazza, rammentando di aver saltato la cena, la sera precedente. Era affamata di cibo e di spiegazioni.

“Un videomessaggio o, ancora meglio, una chiacchierata vis a vis avrebbe reso la tua assenza di gran lunga più tollerabile. E meno inquietante.”- ghignò Wolfskin, prendendo posto di fronte a lei. Inarcò un sopracciglio, poi congiunse entrambe le mani davanti alla bocca, con aria meditabonda.

“Non avevo tempo. Dovevo cogliere l’occasione, finché ne avevo una.”- rispose francamente la ragazza, afferrando voracemente un dolce tiepido, decisa a mettere a tacere il sinistro brontolio del proprio stomaco.

“Giusto. Allora dimmi, sono curioso: dov’è che i mostri millenari portano le belle ragazze, la sera? Vorrei che mi aggiornassi. Qualche locale da indicarmi, così saprò dove non andare?”

“Dimenticavo, questa è la tua settimana di libertà. Cosa farai, stavolta?”

Eva sorrise, tentando di apparire disinvolta. Continuava a chiedersi perché mai Niklaus avesse improvvisamente cambiato idea.

Le sembrava un gesto umano.

“Il viaggio del mese scorso, a Bali, è stato davvero gratificante, ma dubito che Mikael approverebbe la mia assenza. Dio, lo distruggerei.”- Dorian sogghignò, afferrando un pancake ed intingendolo nel suo caffelatte- “Vedrò cos’ha da offrire questo idilliaco pezzo di terra dimenticata da Dio, dalla moda o da qualsiasi altra cosa che possa dimostrarne l’effettivo progresso.”

“Buona fortuna, allora.”- sorrise la ragazza-“Dov’è Charles?”

Non lo aveva visto e, in tutta onestà, ne era rimasta sollevata.

“È uscito. Per fare la spesa, credo. O per una partita di bocce, con gli amici dell’ospizio. Non ricordo, a dire il vero.”

“Bene. Non avrei sopportato un suo interrogatorio.”- sospirò la giovane, lieta, in cuor suo, che lo stregone non ci fosse. Non sarebbe stata in grado di sopportare le sue filippiche. Non per il momento, almeno.

“Ed il mio?”

“Oh, no.”- Eva osservò il licantropo, con un’espressione inorridita. Arricciò il naso, mugolando infastidita.

“Oh si, invece. La vera domanda è: con chi preferisci parlarne? Con l’affascinante licantropo di buon umore o con il burbero stregone con la menopausa?”

Non avrebbe parlato con nessuno dei due. Dopotutto, non aveva niente da dire loro. Nik l’aveva presa in giro, aveva giocato con i suoi sentimenti, l’aveva attirata fuori città, lontana dalla loro sorveglianza, l’aveva soggiogata e, almeno per un paio d’ore, rapita.

Poi aveva inspiegabilmente cambiato programmi.

“Io non voglio …”- la sua voce fu interrotta dall’impeto con cui il portone di casa si spalancò, rivelando la graziosa figura di una ragazza, piena di shoppers.

“Di giorno, la finestra sfondata tende a notarsi un po’ di più.”- commentò distrattamente l’Originaria, varcando la soglia e scaricando, all’ingresso, tutti i suoi recentissimi acquisti.

“Rebekah”- Wolfskin le venne incontro, sorridendo ironico- “ E pensare che la mia giornata era cominciata così bene.”

Lessie”- lei lo squadrò con sufficienza, increspando capricciosamente le labbra- “Ho un paio di cose da lasciare nel guardaroba. Non ti illudere.”

Il suo sguardo intelligente ricadde istintivamente su Eva che si era affacciata nel salotto, rimanendo in silenzio. Bekah le sorrise astutamente, inarcando un fine sopracciglio.

“Al contrario, accomodati pure.”- il licantropo si fece carico d’ogni busta, cominciando a salire le scale- “Serve una mano?”

“Perché sei così stucchevole e gentile?”

La vampira assottigliò lo sguardo, incrociando le braccia al petto.

“Ci sono opinioni controverse e contrastanti a riguardo. Meglio non andare più a fondo.”

“Cosa vuoi?”- sibilò spazientita, una volta raggiunta la stanza da letto dei coniugi, ridotta ad una cabina armadio. Si guardò intorno, realizzando che Eva era rimasta al piano inferiore.

“Mi sono svegliato con l’irrefrenabile voglia di essere gentile con gli anziani.”- sorrise il ragazzo, guadagnandosi un’occhiataccia- “Dopo aver scaricato queste borse, se vorrai, ti aiuterò ad attraversare la strada.”

“Il tuo istinto di conservazione deve essere difettoso.”- ghignò la vampira, trattenendo l’impulso di ridurlo in fin di vita.

“Dì a tuo fratello che ho ricevuto il messaggio.”- Wolfskin si fece improvvisamente serio e la osservò con determinazione-“E che ci sto.”

Bekah sorrise compiaciuta.

“Diglielo tu.”- sorrise, porgendo al ragazzo il suo telefono e premendo il tasto di chiamata rapida che lo avrebbe messo in contatto con Klaus.

Il giovane lupo mannaro attese qualche secondo, prima che il suo interlocutore rispondesse alla telefonata.

“Se continui così, mi costringerai a rimettere il pugnale lì dove l’avevo piazzato. Non abusare della mia pazienza.”- sibilò minaccioso l’ibrido, con voce tetra.

Sembrava non essere un buon momento. Meglio ancora, si disse Dorian.

Holy cow, ho di nuovo sbagliato numero.”– si finse rammaricato, senza riuscire a trattenere un sorriso nervoso- “Rebekah, ti dispiace cercare il numero della pizzeria, sull’elenco?”

“Tu sei il licantropo anomalo.”

Klaus sorrise, interessato.
“Dorian Wolfskin, esatto.”

“Cosa posso fare, per te, Dorian?”- domandò l’Originale, mostrandosi insolitamente affabile ed accondiscendente.

“La vera domanda è: cosa posso fare io, per te, Nik. Il tuo Igor mi ha consegnato la brochure sui vantaggi dell’ibridazione. Carina, sul serio. Devi esserti impegnato parecchio. Mi chiedo: perché?”

“So essere un buon amico, con chi merita la mia fiducia. Posso aiutarti e mi sembrava giusto lasciare che fossi tu a prendere questa decisione.”- replicò prontamente l’ibrido. Quella telefonata aveva ormai catturato totalmente la sua attenzione.

“Ed io posso fidarmi di te?”- ribatté acidamente il ragazzo-“ Francamente, i tuoi trascorsi lasciano molto a desiderare, in fatto di lealtà.”

“Ho imparato dai miei errori.”- Klaus sogghignò, per poi emettere un leggero sospiro-“ A te offro la possibilità di non commetterne mai nessuno.”

“Come puoi essere certo che funzionerà anche con me? Rischieresti di avere un ibrido quattro stagioni e senza controllo.”- Dorian sembrava avere ancora delle perplessità-“Devo starti davvero molto a cuore, Nik. Non mi hai aggredito alle spalle, in un vicolo buio, non mi hai ricattato … Oh, certo, non potevi. Lei deve perdonarti parecchie cose, aggiungerci la trasformazione a tradimento del migliore amico sarebbe troppo. Dimmi se sbaglio.”

Lo stava mettendo alla prova, Niklaus ne era certo. Sorrise, ammirando il coraggio di quel giovane.

“Hai chiamato per qualche buona ragione o stai semplicemente cercando un possibile rimpiazzo al tuo psicanalista?”- rispose ironicamente, ripagando Wolfskin con la sua stessa moneta.

“Non sono così maledettamente disperato.”

“No, è vero. Sei solo disperatamente maledetto.”

A quelle parole, il sorriso sardonico sul volto del licantropo svanì.

Era la verità, lo era da troppo tempo.

Costretto a subire una punizione, per una colpa commessa secoli e secoli prima dagli antenati della sua famiglia. Un crimine che non conosceva, perché non compiuto.

La sua unica colpevolezza era quella di aver ereditato il gene della licantropia. Con esso, aveva guadagnato un’ulteriore maledizione, implacabile e destinata a condurre ogni lupo mannaro della famiglia Wolfskin alla morte.

“D’accordo.”– Dorian prese un lungo respiro, prima di rispondere- “Peggio di così non può andare, ad ogni modo. Trasformami.”

 

 

Biondich caverna:

Buonasera!

Rieccomi qui, con un nuovo capitolo!

Or dunque, che dire?

Non è stata una passeggiata, scriverlo. Affatto!

Spero di non aver stravolto troppo il personaggio di Klaus. Se l’ho fatto, al solito, chiedo scusa!

Mi sembrava doverosa qualche spiegazione e chiarimento, fra Nik ed Eva, perciò spero abbiate gradito quanto letto.

Ma, tentativi di comprensione a parte, the show must go on, right?

Ed ecco che Dorian cade nella rete dell’ibrido originale, decidendo di farsi trasformare, e Damon, Elena & Co scelgono di mettere alla prova il loro unico possibile alleato, ovvero Charles.

Spero di ricevere i vostri pareri, positivi o negativi che siano!

Nel frattempo, ringrazio di cuore quelle anime pie che hanno la pazienza di leggere, recensire, seguire, preferire e ricordare questa storia!

Alla prossima,

Biondich!

 

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Capitolo 9
*** Keep it secret. ***


 

bts

Keep it secret.

 

 

 

 

 

Buongiorno.”

Al suono di quella voce, Eva riemerse tempestivamente dalla cucina e sorrise.

“Ehi,”- lo salutò, con un lieve cenno del capo- “Hai già fatto colazione? I pancakes di Dorian sono davvero la fine del mondo. Te ne riscaldo uno?”- gli mostrò il vassoio, ancora emanante il profumo di cioccolato, nel tentativo d’indurlo in tentazione.

Voleva mettere Charles di buon umore. Forse sarebbe riuscita a scampare alla paternale.

“Sto bene.”- lo stregone la scrutò con severità, prima si sibilare, lapidario. Incrociò le braccia al petto, senza distogliere lo sguardo da una Eva fortemente a disagio, perché consapevole di non poter evitare la filippica.

“D’accordo,”- la ragazza trascinò quella parola, quasi sperasse in un repentino cambio d’idea dello stregone- “li finisco io.”

Sgattaiolò in cucina, varcando l’arco a sesto acuto, per poi far finta di armeggiare con pentole e fornelli ed essere impegnata.

“Ti sei comportata come un’incosciente. Spero te ne renda conto.”

Il tono perentorio di Sinclair la costrinse a fermarsi. Il chiassoso rumore di stoviglie spostate cessò improvvisamente, seguito da un opprimente silenzio che calò rapido in quella cucina.

“Charles, ti prego.”- Eva si voltò a guardarlo, sospirando stancamente. Si addossò ad un bancone, sostenendo lo sguardo inflessibile del ragazzo.

“No, Eva.”- negò energicamente con il capo, fulminandola con gli occhi grigi-  “Hai idea di cosa sarebbe potuto accadere? Credevamo ti avesse portata via.”

“Non lo ha fatto.”- obiettò prontamente lei, allargando appena le braccia, quasi ad evidenziare che la sua presenza ne era la prova.

Eppure, la sua voce si piegò leggermente, mentre pronunciava quelle parole.

Niklaus l’aveva lasciata andare, ma questo non le aveva impedito di dimenticare che, prima di riportarla a casa, sembrava avere tutte le intenzioni di rapirla.

“Ma avrebbe potuto!”- ruggì Charles, battendo con forza una mano sul bordo del lavello- “ Non posso proteggerti, se non ti ho con me. Lo sai. O hai deciso di smettere di preoccuparti di Mikael?”

“Perché sei così arrabbiato?”

Gli occhi blu di Eva lo osservarono attenti, provocandogli un curioso senso di disagio.

Il ragazzo si portò una mano fra i capelli mori, per poi sorridere amaramente.

“Perché sei tutto ciò che resta della mia famiglia.”- ammise, addolcendo il tono della voce e lo sguardo- “ E non intendo perdere anche te.”

La stava implicitamente pregando di non abbandonarlo.

“Non me ne andrò.”- Eva aggrottò le sopracciglia, negando inconsciamente con il capo.

Non avrebbe mai lasciato lui e Dorian. Le sembrava impossibile anche solo pensare a quella oscura eventualità.

“Non di tua spontanea volontà, forse.”- sorrise tristemente lo stregone, sollevando il mento, per poi compiacersi dell’espressione addolorata di Eva.

Teneva a loro, almeno quanto loro tenevano a lei.

“Se Nik avesse voluto allontanarmi da voi, lo avrebbe fatto.”- osservò la ragazza, incrociando le braccia al petto, per poi inarcare un sopracciglio.

“Rebekah ha detto che sei stata tu a chiederle di portarti da lui.”

“Ho dovuto.”- sospirò, spostando altrove lo sguardo- “Avevo bisogno che lui rispondesse alle mie domande.”

“Lo ha fatto?”

No, no, no.

“No.”- soffiò lei, fortemente amareggiata- “E, paradossalmente, ha fatto luce su una delle più importanti. Mi chiedevo se fosse cambiato. Beh, lo è.”

“La sua sola presenza fa del male a tutti noi.Vorrei che ci riflettessi su.”

Le parole di Charles le fecero mancare il respiro, per un istante.

Ne era terribilmente consapevole, lo sapeva.

E allora perché non riusciva a crederlo davvero?

“Quando uccideremo il Cacciatore, dovrai lasciare il tuo passato alle spalle.”

Poteva quel male essere anche la sua cura?

Klaus era un veleno letale che uccideva lentamente, logorando dall’interno e distruggendo tutto ciò che incontrava sul suo cammino.

Ma, preso a piccole dosi, Nik poteva essere una cura efficace, un antidoto.

Era paradossale, come l‘arsenico e la stricnina.

Sempre ammesso che tu lo voglia.”

Eva avvertì un brivido correrle lungo la schiena.

Certo che lo voleva.

Una volta morto Mikael, sarebbe stata libera di dimenticare e ricominciare una nuova vita.

Avvertì un senso di malinconia pervaderla e si affrettò a soffocarlo, allarmata.

“Smettila.”- sibilò al ragazzo, guardandolo severamente.

“Ho intenzione di chiudere la questione in poco tempo, Eva. Prima o poi, dovremo affrontare l’argomento.”

Poi, il più tardi possibile, mai …

“Sceglierò sempre la mia famiglia, Charles. Non voglio lasciarvi.”- replicò lei con decisione. Serrò entrambi i pugni, quasi cercasse di trattenere la fermezza che l’aveva aiutata a decidere così in fretta.

Ma, lo sapeva, se avesse lasciato la presa, anche le sue certezze avrebbero vacillato.

“Ma non riesci a dimenticare ciò che sei stata.”- Charles aveva colpito nel segno- “Non potrai avere entrambe le vite. Dovrai scegliere chi essere.”- sorrise affranto, incrociando il suo sguardo-“E, visti i recenti avvenimenti, non sono più così sicuro di conoscere la tua scelta.”

Nemmeno lei lo era.

“Ora basta!”- ruggì Eva, quasi indignata- “Falla finita, Charles. Tu non sai cos’ho per la testa, non mi conosci così a fondo!”

Lei stessa non era più certa di saperlo.

“Tu non mi permetti di farlo.”- Charles la osservava, paziente.

“Forse non voglio.”- sibilò lei, serrando la mascella.

“È proprio questo, quello che mi spaventa.”

Terrorizzava anche Eva.

Non c’erano mai stati segreti fra loro, non ce n’era mai stato bisogno.

Ma, ora, la sua mente le imponeva di tacere le preoccupazioni e le emozioni che la tormentavano, perché era certa che nessuno potesse comprenderle.

“Dimentichiamo questa chiacchierata, che ne dici?”- la ragazza addolcì lo sguardo, sorridendo stancamente-“ Non ho alcuna intenzione di litigare.”

Voleva semplicemente abbandonare quel discorso e scrollarsi di dosso il senso di colpa che, inaspettatamente, l’aveva avvolta.

Aveva risposto velocemente alle domande di Charles, con una meccanicità insolita. Ma sentiva di non essere stata completamente sincera, con quel ragazzo e con se stessa.

Ma qualsiasi fosse la verità, era nascosta anche a lei.

“D’accordo.”- sospirò Sinclair, inarcando leggermente le sopracciglia ed acconsentendo- “Se è ciò che vuoi.”

“Non voglio parlarne più.”

 

 

***

 

 

Dorian Wolfskin archiviò quella giornata come la migliore che avesse mai trascorso.

Il sole splendeva alto, illuminando la strada semideserta davanti a lui, mentre, nell’abitacolo di una Lamborghini Murcielago laccata in grigio metallizzato, imperversava un piccolo uragano, per via del finestrino sbadatamente lasciato aperto.

Percorreva a gran velocità l’autostrada sulle note di Highway to Hell, degli ACDC, con un mezzo sorriso astuto sulle labbra.

Mimò le strofe della canzone, scotendo appena i capelli castani, per poi rivolgere un’occhiata divertita alla sua nuova compagna di scorribande. Ghignò compiaciuto, quando vide le labbra di Rebekah piegarsi in una smorfia di assoluta repulsione, verso la radio, ed alzò il volume.

“E così, non sai guidare. Mille anni sul groppone e non sai guidare.”- la osservò a lungo, per poi tornare a convergere lo sguardo verde sulla strada.

In lontananza, gli alti edifici di Richmond iniziavano a far mostra di sé.

“In compenso, conosco centinaia di modi diversi per uccidere una persona.”- sbottò la vampira, rivolgendogli un’occhiata truce- “Perciò, ti consiglio vivamente di limitare i tuoi commenti.”

Dorian ridacchiò tetro, per poi premere maggiormente sull’acceleratore e testare i cavalli di quell’auto da centinaia di migliaia di dollari.

“Non puoi uccidermi, Becky.”- le fece il verso, sogghignando- “Tuo fratello ha in serbo qualcosa, per me. C’è un secondo fine, nella sua amichevole offerta. Non vorrai guastargli i piani, lovely.”

Wolfskin era perfettamente consapevole del fatto che qualcosa, nei generosi propositi di Klaus, non andasse. Ma aveva deciso di ignorare quel sentore. O, quantomeno, di non dargli troppo peso.

“Perché hai accettato di farti trasformare, se credi che Nik abbia in mente qualcosa?”- l’Originaria inarcò un sopracciglio, incuriosita. Con un rapido movimento della mano, spense la radio e godette della nuova condizione di quiete che aveva creato.

“A me non interessa assolutamente nulla di tuo fratello e delle sue faide con il vicinato.”- ghignò il licantropo, per poi sorridere amaramente- “Convivo con una maledizione vecchia quasi come il mondo dall’età di sedici anni. Voglio smettere di vivere quest’incubo e non mi importa come o perché otterrò la libertà.”

“Forse non sei così noioso come credevo.”- Rebekah sorrise appena, ammirata. Incrociò le braccia al petto ed addossò il capo, ricoperto di boccoli biondi, al sedile.

“Non ti risponderò con un complimento, sweety.”

“Detto da te, non lo sarebbe comunque.”- sorrise mefistofelica, provocando uno sbuffo da parte del ragazzo.

“Dovremmo uscire insieme, ogni tanto!”- rise Dorian, senza distogliere lo sguardo dall’autostrada.

“Se volessi portare a spasso un cane, ne prenderei uno più carino.”

“1-0 per te, lovely.”- il licantropo sogghignò, incassando il colpo- “Ma la partita non è ancora finita.”

“Mi chiedo come tu possa sproloquiare e guidare contemporaneamente. Il tuo cervello dovrà essere incredibilmente provato, da tutto questo sforzo.”

Wolfskin rispose riaccendendo la radio e cercando, fra i canali, la canzone più rumorosa che potesse trovare.

Le sensibili orecchie di Bekah trovarono nuovamente conforto, quando il cellulare di Dorian squillò, costringendolo a spegnere nuovamente l’assordante musica che stava rendendo intollerabile la sua permanenza a bordo dell’auto.

“Old boy, come posso esserti utile?”- il licantropo aggrottò le sopracciglia, concentrandosi sia sulla strada sia sulla telefonata.

“Che ne dici di cominciare con il dirmi dove sei?”

Dorian era sgattaiolato fuori dalla villetta dei Gray, parlando di fare quattro passi in città, ma, evidentemente, i suoi programmi avevano preso una piega assai differente. Osservò l’orologio digitale sul quadro dell’automobile e constatò che erano le quattro di pomeriggio passate.
“A Richmond.”- ammise, con un sorriso truffaldino sulle labbra- “Con tutte le intenzioni di imbucarmi ad un addio al nubilato ed uno al celibato, per festeggiare con le amiche della sposa e le amichette dello sposo.”

Quella era la sua versione dei fatti. Non poteva dire a Sinclair di aver preso appuntamento con Klaus per un aggiornamento della sua condizione di mostro.

Lo avrebbe fatto in seguito, ad opera compiuta, come un onesto codardo.

“Pensi di tornare, per stasera?”

“Non so a quali nubilati e celibati sia stato tu, ma dubito che vengano organizzati prima delle nove di sera. Quelli memorabili, almeno.”- ridacchiò, per poi allentare la pressione sul pedale dell’acceleratore, dal momento che si apprestava ad entrare in città.

“Ho bisogno che tu rimanga a casa con Eva, stasera.”- sospirò Charles, con voce leggermente roca- “Ho un appuntamento.”

Probabilmente, se Dorian non fosse stato così preso dalla nuova, splendida automobile che Rebekah gli aveva procurato, soggiogando il proprietario, si sarebbe accorto che Charles stava mentendo.

“Credevo che la serata del bingo fosse solo di domenica!”

“Il mio non è proprio un addio al nubilato, ma …”

“Si parla di donne, quindi.”-lo sguardo verde di Wolfskin si illuminò, incuriosito. Rise malizioso, coinvolgendo anche l’amico.

“E di un aperitivo.”- proseguì lo stregone-“Sarebbe scortese rifiutare.”
“Quasi da ingrati, Sinclair!”

“Sei così comprensivo!”- sorrise divertito Charles, lieto, in cuor suo, che Dorian non avesse alcunché da contestargli.

“D’accordo, resto io con Eva.”- asserì il lupo mannaro, compiaciuto- “ E’ così raro che una ragazza ti chieda di uscire che sarei un mostro, ad impedirti di andare.”

“Siamo d’accordo, allora.”

“Ci vediamo dopo, my friend.”- Wolfskin salutò l‘amico, sogghignando-“Solo una cosa: è carina?”

“Lo sono entrambe.”

“Sono fiero di te!”

Sbuffò divertito, concludendo quella telefonata, sotto lo sguardo interdetto di Rebekah che increspò le labbra ed inarcò un sopracciglio, considerevolmente scettica.

“Gli hai mentito.”- osservò la vampira, guardandolo di sottecchi.

“Già, sono io il tipo cattivo.”- commentò distrattamente il ragazzo, deciso ad ignorare quella constatazione.

Probabilmente, se avesse saputo che anche Sinclair non era stato completamente sincero, si sarebbe sentito meno in colpa.

“Allora, dove ci aspetta Sua Ibridità?”- celò le sue preoccupazioni dietro un sorriso sghembo, attirando nuovamente l’attenzione dell’Originaria ed indicando, con il mento squadrato, la strada davanti a sé.

“C’è un vecchio magazzino abbandonato, in periferia. Ci attende lì.”

Dorian Wolfskin riprese gran parte della sua verve, quando, una volta raggiunto il centro, osservò con orgoglio gli sguardi sognanti della fauna maschile di Richmond posarsi avidi sulla sua nuova automobile. Mise un braccio fuori dal finestrino e prese, dal cruscotto, un paio di Ray Ban, per completare l’opera.

Lui e Rebekah raggiunsero il luogo d’incontro con incredibile lentezza, dal momento che il licantropo aveva deciso di proseguire quella sfilata, allungando la strada. Le minacce non poi così velate della vampira, però, seppero riportarlo sulla giusta carreggiata.

Un deposito in procinto di essere demolito li accolse, fra cigolii sinistri, dovuti a vecchie impalcature mai smontate e piene di ruggine, ed il potente gracchiare di malaugurosi corvi, appollaiati su lamiere d’automobili malmesse e  divenute probabili bare improvvisate per i cadaveri della malavita di Richmond.

“Accogliente.”- Wolfskin si guardò intorno, scrutando con attenzione un ingresso malconcio. La porta di ferro, scardinata e cadente, anticipava un’ ampia stanza, debolmente illuminata da vecchie lampade al neon, in parte fulminate, polverosa e fetida.

“Se l’avessi saputo, avrei fatto un’antitetanica ed un‘antirabica, prima di venire qui.”- mugugnò il ragazzo, scorgendo, con la coda dell’occhio, un ratto sgattaiolare da sotto un ammasso di copertoni che celavano delle gomme d’automobili e marmitte.

“Il margine di tempo per i preparativi era troppo poco. Questo è il meglio che ho potuto trovare, con così poco preavviso.”

Una voce roca riecheggiò nel magazzino, anticipando un’alta figura che incedeva con passi decisi e misurati, ostentando un sorriso malsanamente gioviale sulle labbra.

Klaus tese una mano a Dorian, con un entusiasmo che il licantropo ritenne orribilmente fuori luogo.

“Sono tempi duri anche per i mostri millenari, immagino.”- Wolfskin ricambiò la stretta, seguitando a guardarsi intorno, scettico.

“Ti ringrazio per la comprensione.”

“Bene.”- il lupo mannaro si sfregò le mani, facendo schioccare la lingua, in segno di nervosismo- “ Allora …”

“Prima di commettere scelte irreversibili, vorrei che riflettessi attentamente sulla possibilità che voglio darti. Così da non avere ripensamenti.”- Klaus lo scrutò attentamente, infilando le mani nelle tasche dei jeans, mentre sua sorella lo affiancava.

“Che ne dici di illustrarmi cosa diavolo è un ibrido, tanto per cominciare? Più lupo o più vampiro?”- Dorian inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.

Acre odore di sangue giunse alle sue narici, solleticandole. Prese un lungo respiro, deciso a limitare gli interrogativi.

“Entrambi, in un perfetto connubio.”

“Niente coda, zampe e tartufo?”

“È il meglio delle due specie.”

Gli occhi color zaffiro di Klaus assunsero toni sempre più scuri, per poi sfumare rapidamente verso un giallo ocra, spaventosamente intenso. Sotto quegli occhi che rispecchiavano la Morte e la celebravano, piccole vene nere tracciavano un percorso serpeggiante che giungeva fino agli zigomi.

Le labbra carnose si schiusero, mostrando spesse zanne affilate, capaci di lacerare carni e spezzare ossa, con terrificante facilità.

Eppure, in quello sguardo selvaggio ed animalesco, Dorian leggeva chiaramente la consapevolezza e la lucidità. Non erano occhi offuscati dalla trasformazione, quelli di Niklaus.

La sua mente processava con la ferocia di un lupo, ma era paziente, riflessiva, spietata e coerente, come quella di un vampiro.

Poteva, quella, essere realmente una razza superiore?

“Impressionante”- soffiò il ragazzo, tentando di non mostrare tutto il suo stupore- “Davvero d‘effetto.”

Sulle labbra di Klaus si dipinse un sorriso compiaciuto e, con la stessa rapidità con cui si erano formate, le piccole vene nere che avevano ottenebrato il suo sguardo scomparvero, lasciando che l’ocra di quegli occhi cedesse nuovamente il posto ad un azzurro limpido ed intenso. Le zanne svanirono, restituendo all’Originale la dentatura perfetta con cui aveva accolto i suoi ospiti.

“Non sarai schiavo del Sole o della Luna, avrai il mondo ai tuoi piedi.”- sorrise suadente l’ibrido, allargando teatralmente le braccia.

“Ma avrò te, sopra la testa.”- osservò Dorian, affilando lo sguardo smeraldino.

Era rimasto piacevolmente sorpreso da quella dimostrazione. Ma non voleva mostrarsi entusiasta. Non ancora, almeno.

“Come amico e alleato.”- lo corresse prontamente Klaus, sollevando leggermente il mento e spalancando gli occhi chiari.

“Non lo so, Nik.”- Wolfskin fece schioccare la lingua, stringendosi nelle spalle con fare disinteressato- “Non mi hai ancora convinto.”

“Non saresti dovuto venire, allora.”- lo sguardo dell’Originale si accese improvvisamente, diventando minaccioso. Il sorriso che piegava le sue labbra si tramutò in un ghigno mefistofelico, la sua voce si fece più profonda e roca.

“Ti eri impegnato così tanto, con Lockwood ed il nostro casuale incontro, che mi sono detto ‘Bloody Hell, non vorrai offenderlo, Dorian!’.”

“Damon Salvatore ti da la caccia.”- ribatté velocemente l’ibrido, osservando il giovane licantropo, con severità- “Pare che ti sia lasciato un po’ andare, a quella festa. So che i genitori della ragazza l’hanno sepolta in un’urna. E pensare che non l’hanno neppure dovuta cremare.”-ridacchiò tetro, facendo trasalire Dorian.

“Non risalirà mai a me.”- il sorriso teso sulle labbra di Woflskin dava ad intendere quanto quell’affermazione fosse difficilmente credibile.

“Ah, no? Non ci metterà molto, invece. Sei arrivato da poco e, quando ti accascerai a terra, tramortito dallo strozza lupo, avrà la conferma dei suoi sospetti.”- Klaus sputò quelle parole con insolita malignità, costringendo Rebekah ad osservarlo allarmata- “Una volta trovato il licantropo anomalo, si farà delle domande, se non se le è già fatte. Risalirà alla tua famiglia, ai Sinclair, a Eva. Ed io non posso permetterlo.”

“Come posso risolvere questo inconveniente?”- soffiò il lupo mannaro, aggrottando le sopracciglia, ormai deciso ad abbandonare il tono di scherno che aveva utilizzato fino a quel momento.

Ancora una volta, tornava ad essere l’anello debole del gruppo.

Ci ho già pensato io.”- sorrise Klaus, tornando gioviale- “Come ti ho detto, so essere un buon amico, con chi merita la mia fiducia.”

“Come?”- il ragazzo rimase interdetto, curioso di conoscere i metodi risolutivi dell’ibrido.

“Se ne occuperà il nostro amico comune Tyler.”

“Cosa vuoi da me, allora, Nik?”

Dorian indietreggiò di un passo, lanciando un’occhiata furtiva alla porta scardinata del magazzino.

“Damon Salvatore non si arrenderà. Sa essere molto testardo, specie se crede che qualcosa minacci il suo territorio.”- gli occhi di Klaus tornarono a guardare il licantropo con inflessibilità- “Se farà in modo di farti assumere dello strozza lupo, tu dovrai essere in grado di contrastare l’effetto dell’erba.”

“Mi sarà un tantino difficile, dal momento che … Oh.”

Wolfskin provò un’insolita stima nei confronti dell’Originale. Certo, nutriva repulsione per quell’essere intriso di meschinità, ma non poteva fare a meno di rispettare quel suo machiavellico piano. Klaus non voleva aiutare lui. Non voleva aiutare nemmeno Eva e Charles. Forse, neppure se stesso.

C’era un fine ancora più grande, intelligibile a chiunque, perfino all’ibrido.

Dorian era solo una pedina, nella sconfinata scacchiera di quel mostro. Un fante che, però, benché consapevole di essere manovrato, non avrebbe esitato a scendere in battaglia.

Klaus aveva bisogno di lui, per raggiungere il suo scopo. Dorian aveva bisogno dell’ibrido per ottenere ciò che voleva. Era poi così sbagliato cercare un accordo?

“Noi ibridi sopportiamo con maggiore facilità gli effetti della pianta. La tua metà vampira contrasterà gli effetti degenerativi che lo strozza lupo avrà sulla tua metà di lupo mannaro.”

“Quindi non ho poi così tanta scelta.”

Non che gli servisse altro tempo, per decidere.

“Sappiamo entrambi che hai già preso una decisione. O non saresti venuto qui.”

Wolfskin rise, plaudendo l’acuta sagacia dell’Originale.

Il licantropo aveva valutato attentamente quella possibilità ed era ormai giunto alle sue conclusioni.

Annuì compiaciuto, per poi abbassare lo sguardo verde al pavimento polveroso del magazzino.

“È vero.”- ammise, con un sospiro-“D’accor  …”

I suoi occhi corsero velocemente dal suolo allo spazio di fronte a lui. Una lieve brezza gli sferzò gli zigomi, l’odore ferroso del sangue raggiunse nuovamente le sue narici, costringendolo a sbarrare gli occhi. Avvertì una forte pressione attirarlo indietro, mentre un braccio gli circondava il torace, stritolandolo in una stretta che gli smorzò il fiato.

Emise un rantolo strozzato, quando Klaus lo costrinse ad affondare i denti nella carne del suo avambraccio. Le ferite che l’ibrido si era auto inferto erano ormai in procinto di rimarginarsi; esercitando una maggiore pressione del braccio, sul volto del ragazzo, l’ibrido impose al giovane licantropo di riaprire quelle carni lacerate e di ingurgitare quanto più sangue poteva.

Lo stomaco di Wolfskin si contorse disgustato, rifiutando di assorbire quel liquido scarlatto. L’avambraccio sanguinante di Klaus serrò la mascella di Dorian, costringendolo a sollevare il mento, in un tentativo di sopprimere un conato di vomito.

Il torace del licantropo fu rapidamente liberato dalla presa in cui era trattenuto ed entrambe le mani dell’Originale si posarono sul collo contratto del ragazzo.

Con un secco ed esperto movimento dei polsi, l’ibrido spezzò le vertebre cervicali del lupo mannaro che, con una mezza torsione, ricadde violentemente a terra, in una nuvola di polvere e schizzi di sangue.

“Sei stato piuttosto violento.”

Lo sguardo impassibile di Rebekah corse sulla sagoma di Dorian, accasciato a terra, con gli occhi vitrei sbarrati in un’espressione sorpresa ed atterrita, quasi avesse realizzato, solo negli ultimi istanti di vita, di aver commesso un gravissimo errore.

Le labbra intrise di sangue erano schiuse. Con un lieve buffetto, dato con la punta di una scarpa, la vampira serrò la bocca di Wolfskin, così che non prendesse polvere.

“Prima muore, prima si sveglierà.”- commentò Klaus, osservando distrattamente il morto.

Sorrise debolmente a sua sorella, soffocando un dubbio che lo aveva assalito, fin durante la trasformazione del ragazzo.

 “Hai fame, mia cara?”
“Era ora che me lo chiedessi.”

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Charles osservò ansiosamente l’orologio che aveva al polso, mentre, davanti allo specchio nell’ingresso della villetta dei Gray, sistemava il colletto della camicia bianca che indossava.

“Esci?”

Il viso di Eva fece capolino, dietro le sue spalle. I suoi occhi blu lo scrutarono incuriositi ed il ragazzo sorrise, per poi estrarre da una tasca dei pantaloni il cellulare e constatare che Dorian non aveva richiamato.

Premette il tasto di chiamata rapida, ma, ben presto, la voce della segreteria lo costrinse ad interrompere la telefonata.

Andava avanti così da almeno due ore, ormai.

“Vorrei.”- sospirò, leggermente nervoso- “Ma temo dovrò annullare il mio appuntamento. Dorian aveva promesso che sarebbe tornato.”

Non era la prima volta che Wolfskin spariva consapevolmente. Il viaggio del mese scorso a Bali era stata una sorpresa per tutti. Dorian aveva comunicato la sua posizione da un hotel, in Indonesia, lasciando lei ed Eva di stucco.

Certo, avrebbe potuto fargli un colpo di telefono. Sinclair era disposto ad accettare anche chiamate internazionali.

“Vuoi annullare un appuntamento?”-  Eva arricciò il naso, osservandolo sconcertata-“Tu non esci mai!”-  gli sferrò un pugno amichevole ad una scapola-“Charles, non puoi dire sul serio!”

“Non intendo lasciarti qui, senza supervisione.”- e, su questo punto, lo stregone si dimostrava essere irremovibile.

“So badare a me stessa,”- la ragazza aggrottò le sopracciglia, incrociando le braccia al petto- “posso rimanere a casa da sola, per qualche ora. È già capitato.”

“Sei evasa con la tua sorvegliante, ieri sera. Mi chiedo cosa farai, da sola.”- Charles aveva un sorriso sulle labbra, ma dai suoi occhi grigi trasparivano apprensione e la stessa alterazione che lo aveva seguito da quella mattina.

“Ti prometto che resterò qui. Non inviterò nessuno ad entrare e prenderò della verbena, se può farti sentire più tranquillo. Ma tu devi uscire, Charles.”- lei tentò di rassicurarlo, sperando che, svagandosi un po’, il ragazzo potesse dimenticare la discussione animata che avevano avuto precedentemente, quel giorno- “Se resterai qui, renderò la tua permanenza un vero Inferno e ti farò pentire amaramente della tua decisione.”- lo minacciò.

“Se al mio ritorno non sarai qui, non sarà Mikael, quello da temere. Sono stato chiaro?”- il suo sguardo severo fu smorzato dalla curva verso l’alto che le sue labbra avevano preso.

Eva ricambiò il sorriso, per poi rivolgergli un’occhiata astuta.
“Suona il campanello, quando torni. Verrò ad aprirti”- lo spinse fin oltre la soglia di casa, per poi richiudere violentemente la porta, abbandonando Sinclair nel vialetto.

Lieto di aver già preso le chiavi dell’auto, lo stregone prese la Mustang, diretto verso il Mystic Grill. Girò a vuoto, fino a quando non riconobbe il nome del locale in un’insegna intermittente al neon. Posteggiò la preziosa automobile, per poi raggiungere il locale, non ancora così affollato.

Erano le sei e mezza, dopotutto. L’orario degli aperitivi sarebbe cominciato entro un’ora e, presto, quei tavoli deserti sarebbero stati occupati dagli studenti di Mystic Falls, decisi ad affogare nell’alcol la frustrazione di un nuovo anno scolastico.

Scorse le sagome di Elena e Bonnie, in piedi accanto ad un tavolo, e le due ragazze gli sorrisero, facendogli cenno di raggiungerle.

Avanzò con passi cauti e misurati, osservando compiaciuto l’arredamento semplice ma elegante del locale ed apprezzando la musica soffusa che rendeva l’atmosfera decisamente accogliente.

“Perdonate il ritardo, ho avuto difficoltà a trovare questo posto.”- sorrise affabilmente, salutando le due giovani. Vide un uomo, seduto al tavolo che avevano prenotato. Lo osservava, scrutandolo con minuziosa attenzione, mentre, con le mani, disponeva le fotografie degli antichi simboli che aveva visto il pomeriggio precedente, testando il suo livello di curiosità.

Senza freni inibitori, il giovane stregone avrebbe strappato dalle mani dell’uomo quei preziosi disegni e sarebbe corso via. Ma attese pazientemente, lanciando a quei fogli solo una fugace occhiata.

“Ric, lui è Charles Whitechapel.”- Elena sorrise nervosamente all’uomo che si alzò e tese una mano a Sinclair, sorridendo affabilmente.

“Alaric Saltzman”- si presentò ed il ragazzo ricambiò la stretta- “Bonnie ed Elena mi hanno detto che ti sei rivelato essere uno strabiliante interprete di questi simboli.”

“Lei deve essere il professore di storia.”- le labbra dello stregone si schiusero in un sorriso consapevole- “I suoi metodi d’insegnamento sono affascinanti. Lavorare su del materiale rinvenuto da così poco tempo è certamente innovativo.”

“Ormai, noi docenti dobbiamo inventarci di tutto, per mantenere alto il livello di attenzione dei nostri studenti.”- si giustificò Saltzman, sbuffando rassegnato.

“Sono certo che il suo sistema avrà un grande successo.”

Charles si accomodò al tavolo, seguito da Elena e Bonnie. La strega lanciò un’occhiata eloquente ai suoi due amici, per poi sorridere alla loro nuova risorsa.

“Prendiamo qualcosa da bere?”- suggerì, battendo delicatamente un palmo sulla superficie del tavolo- “Vado ad ordinare. Charles, possiamo offrirti qualcosa?”

“Prenderò volentieri una birra, ti ringrazio.”- accentò lui, di buon grado.

Sapeva che sarebbe stato messo alla prova, perciò avrebbe dovuto semplicemente lasciarsi testare e fingersi inconsapevole d’ogni cosa.

Mentre loro si accertavano della sua natura e delle sue intenzioni, lui avrebbe fatto lo stesso con i suoi comprensibilmente sospettosi collaboratori.

“Sei giovane, per avere interessi così … antichi.”- Alaric si schiarì la voce, tornando a convergere lo sguardo intelligente sul giovane davanti a sé.

“Immagino che anche lei si sia avvicinato alla sua materia, alla mia età.”- Charles giocherellò distrattamente con i sottobicchieri , accanto al portatovaglioli- “ Ad ogni modo, mio padre era un professore universitario di antropologia culturale ed ha inevitabilmente finito per influenzarmi, con i suoi studi.”

Non era una menzogna. Fortunatamente, non aveva dovuto compromettere ulteriormente la sua identità.

“Elena mi ha detto che hai preso un anno sabbatico, per viaggiare. Cosa intendi seguire, una volta ripresi gli studi?”

“Psicologia, probabilmente.”- ammise Sinclair, quasi felice di non stare mentendo- “Sono sempre stato piuttosto bravo a capire le persone. So sempre con chi ho a che fare.”- le sue parole, ben scandite, celavano una non poi così implicita minaccia.

Stringendo la mano del professore, Charles aveva potuto constatare che c’era qualcosa di soprannaturale anche in lui. Emanava un’energia insolita che si concentrava in una mano in particolare, in una nocca, in una falange, in un anello.

Aveva già visto un manufatto simile, sapeva quale fosse l’uso che ne veniva fatto. Quello che aveva davanti era un umano al quale era stato fatto il dono dell’immortalità.

“Offre la casa, ragazzi.”- Bonnie tornò al tavolo, trasportando con disinvoltura un vassoio, colmo di quattro bicchieri e quattro bottiglie di birra. Porse a Charles un boccale ed una bottiglia, per poi accomodarsi accanto ad Elena e riconsegnare il vassoio ad un cameriere di passaggio.

Cheers!”- Sinclair levò la bottiglia in un brindisi gioviale, constatando, con un’occhiata fugace, che, nel fondo della bottiglia, si erano da poco sedimentate alcune foglie di verbena e strozza lupo.

Lo aveva immaginato.

“Alla nostra!”- brindarono i tre, facendo scontrare fra loro le bottiglie.

Sinclair bevve avidamente, sotto gli sguardi vigili dei compagni di tavolo.

“Questa birra ha un retrogusto aromatico.”- lo stregone sorrise soddisfatto, incontrando lo sguardo di ognuno dei presenti- “Ricetta curiosa, se comprende erbe di campo.”

Avvertì un gran senso di soddisfazione pervaderlo, nel vederli irrigidirsi per lo stupore. Fu Elena a smorzare la tensione, sorridendo nervosamente.

“Non vorrei guastarti la festa, ma potrebbe essere sapone per i piatti. Non sarebbe la prima volta, credimi!”

“Vogliamo dare un’occhiata a questi disegni, allora?”- Ric si schiarì la voce, sospirando pesantemente. Lasciò che Charles osservasse i simboli rinvenuti nei sotterranei, per poi rivolgere lo sguardo ad Elena e Bonnie.

La giovane Gilbert sembrava piuttosto sollevata che le due erbe non avessero sortito alcun effetto su quel ragazzo. Forse, quell’inglese era davvero il loro colpo di fortuna.

“Questo è un lupo.”- le dita di Charles indicarono delle linee disordinate che ricordavano la sagoma dell’animale- “Questo invece è un uomo.”- mostrò loro un altro disegno filiforme, ma piuttosto chiaro-“L’uomo viene spesso paragonato al lupo. L’ordine gerarchico dei branchi di lupi ha ispirato i primi modelli di società umana. Molte leggende parlano di uomini che discendevano dai lupi stessi.”- sorrise, constatando quanto quell’argomento lo stesse infervorando- “ Guardate questo simbolo. Potrebbe simboleggiare l’uomo, l’essenza umana.”- il segno in questione era un cerchio, quasi perfetto.

“I triangoli fanno riferimento alle zanne  del lupo.”- il ragazzo indicò due piccoli segni, posti accanto al cerchio precedentemente analizzato.

“Il cerchio, con i due triangoli non può che essere …” - indugiò qualche istante, osservando i tre compagni di tavolo, divertito dalle loro espressioni attente- “Il licantropo.”

“È un’interpretazione molto fantasiosa.”- sorrise Alaric, intrecciando le dita delle mani fra loro e celando una leggera tensione. Elena e Bonnie sorrisero tese, per poi stringersi nelle spalle.

“Il folklore è pieno di questo genere di testimonianze.”- ribatté Sinclair, per poi rivolgere ai presenti un’occhiata ingenua- “ Questo è ciò che mi viene in mente, osservando questi segni.”

“Vai avanti, ti prego.”

“Il simbolo dell’uomo si ripropone,ancora una volta.”- indicò un altro cerchio, tracciando la forma piana con le dita. Il suo sguardo si spostò su di un simbolo accanto a quello dell‘uomo- “Questo è il Sole. Qui i simboli si sovrappongono. L’uomo tenta di sovrastare l’astro, l’astro si impone sull’uomo.”- la sua voce si affievolì, mentre la sua mente processava ed elaborava le informazioni che aveva appreso, fino a quel momento-“L’uomo che brama il Sole, ma lo teme. Il vampiro.”- cercò di nascondere la sorpresa che lo aveva colto, con un sorriso-“Comincio a credere che si tratti di un falso.”- mentì, tornando ad osservare i tre compagni.

“È un sospetto che è sorto anche a noi. A maggior ragione, abbiamo bisogno di capire cosa dica.”- replicò Saltzman, con la voce roca per il nervosismo.

Forse avevano davvero trovato qualcosa di utile da usare contro Klaus.

“È giusto.”- annuì Charles, constatando di non essere l’unico mascherare la verità- “Oh, questo è interessante …”- i suoi occhi grigi caddero su una fotografia, seminascosta dalle altre- “Qui si parla di un albero, un grosso albero che è stato bruciato, insieme al Sole.”- un albero, che riconobbe essere una quercia, si sovrapponeva al simbolo del Sole e bruciava fra delle fiamme stilizzate- “E’ così che è nato il vampiro.”- ricollegò quell’immagine alla fotografia precedente, unendole con le mani.

“Per cosa? Perché?”- le domande uscirono istintivamente dalle labbra di Elena che si ritrovò ad implorare con lo sguardo Sinclair di chiarire i suoi interrogativi.

“Per contrastare i licantropi.”- replicò seriamente lo stregone, osservando con fermezza ognuno dei presenti.

“Ma c’è dell’altro.”- le sue mani recuperarono, fra tutte quelle fotografie, l’immagine che maggiormente aveva incuriosito il gruppo- “Guardate questo simbolo. È composto da due parti molto distinte.”- evidenziò con le dita la duplice struttura del disegno- “Il Sole e l’uomo, l’uomo e il lupo.” - tacque improvvisamente, realizzando quanto stava per dire- “Questo disegno rappresenta sia il vampiro sia il licantropo. Un ibrido.”

Al suono delle sue parole, Charles poté giurare di aver sentito il tavolo tremare, scosso dagli stessi brividi che avevano percorso le due ragazze e l’uomo davanti a sé.

Proseguì con la sua interpretazione, ignorando il fatto che fossero oramai passate due ore, da quando era entrato al Grill. Il locale cominciava ad affollarsi e la musica era stata alzata di almeno cinque livelli di volume. Le luci erano state rese leggermente soffuse e, presto, quella lettura sarebbe stata ostacolata.

Prese dal mucchio l’ennesima fotografia, rigirandosela più volte fra le mani. Quel simbolo aveva un ché di familiare, eppure, risultava piuttosto oscuro al giovane inglese.

“Questo segno, invece, rappresenta …”

Una strega.” - intervenne prontamente Bonnie, lanciandogli un’occhiata eloquente. Charles raccolse quello sguardo, cogliendovi della consapevolezza.

Sorrise mite, per poi tornare a convergere la propria attenzione sull’immagine.

“La vicinanza tra il simbolo dell’ibrido e quello della strega indica il compiersi di un’azione.”- mostrò ai collaboratori i due segni presi in considerazione- “ La lettura è da sinistra verso destra. Questo mi fa pensare che l’ibrido sia il soggetto dell’azione e la strega ne sia l’oggetto.”- indicò prima un simbolo, poi l’altro- “I triangoli, che simboleggiano le zanne del lupo, sono rivolti alla strega. L’ibrido ha attaccato la strega.”- ora, la storia degli Originali prendeva una piega assai differente- “Se questo è sangue, credo l’abbia uccisa.”

Elena aggrottò la fronte, osservandolo allarmata.

Alaric si irrigidì, spalancando impercettibilmente gli occhi, per poi scambiare un’occhiata furtiva con Bonnie.

“C’è un’ultima fotografia.”- la strega porse a Sinclair un’immagine sbiadita, assottigliando lo sguardo.

Il ragazzo osservò il nuovo foglio, scrutandolo con attenzione.

“Questo è ancora una volta l’ibrido.”- le sue dita tracciarono i segni incisi nella roccia, per poi delineare le linee del simbolo accanto ad esso-“Il disegno accanto indica che l’ibrido ha attaccato un umano.”

Affianco al piccolo e semplice cerchio che rappresentava l’essenza umana, era incisa una lettera runica, iniziale di un altro nome che si sarebbe sommato a quelli dei membri della famiglia degli Originali.

“Quelle sembrerebbero rune … Ma la roccia ha franato, il nome è praticamente illeggibile.”

Gli occhi di Charles si spalancarono. Quella piccola lettera, che tanto somigliava ad una “m” maiuscola, era l’iniziale di un nome che lo stregone conosceva bene.

Ehwaz.

Chiunque avesse inciso quella storia, nella roccia, aveva parlato anche della morte di Eva, per mano di Klaus. Chiunque fosse stato, rischiava di compromettere la salvezza della ragazza.

Non credo sia rilevante.”- soffiò il giovane inglese, restituendo a Bonnie la fotografia, con un sorriso teso sulle labbra- “ E poi, si tratta indubbiamente di un falso. Ora che ci penso, le rune erano tipicamente usate nei Paesi scandinavi e nell’Europa nel Nord e del’Est. Ma non ci sono testimonianze di colonizzazioni vichinghe, negli Stati Uniti.”- sperò di sviare ogni sospetto- “ Dico bene?”

“Così sembrerebbe.”- sospirò Alaric, per poi prendere un lungo sorso di birra e massaggiarsi il mento.

Erano lì da ormai tre ore, a giudicare dalla tensione che gli si era accumulata nel collo e nelle spalle. Appoggiò entrambi i gomiti al tavolo, tentò invano di sciogliere le giunture doloranti, poi sbadigliò, portandosi nuovamente alla bocca la sua birra.

“Forse, è giunta l’ora che io vada. Si è fatto tardi.”

Charles restituì le immagini ai legittimi proprietari, sorridendo cordialmente.

Aveva bisogno di rimanere da solo e rielaborare i dati raccolti, lontano dagli sguardi, ancora velatamente diffidenti, dei tre cittadini di Mystic Falls.

Ignorò deliberatamente l’occhiata inquisitoria che Bonnie gli stava lanciando, per poi alzarsi dal tavolo e stringere affabilmente la mano a tutti i presenti, prima di andare. A contatto con la mano della Bennett, avvertì nuovamente un brivido. Scorse gli occhi della ragazza spalancarsi impercettibilmente e fu certo che, questa volta, anche lei avesse avvertito la medesima sensazione.

“Sei stato un preziosissimo aiuto, Charles. Senza di te, saremmo ancora in alto mare.”- Elena gli sorrise bonariamente, per poi incastrare una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“È stato un vero piacere.”- ricambiò lui, accennando un piccolo inchino- “Spero avremo occasione di rivederci.”

“Puoi contarci!”- Ric sollevò la birra in un brindisi di assenso, per poi prodigarsi a rimettere tutte le fotografie nell’apposito faldone.

Sinclair percorse a grandi passi il Mystic Grill, ben deciso a levare le tende, seduta stante.

Vide con sollievo che la Mustang rossa era ancora lì dove l’aveva lasciata ed estrasse rapidamente le chiavi dalla tasca dei pantaloni, con tutte le intenzioni di tornare alla villetta dei Gray, molto rapidamente.

“Sei bravo a mentire.”

Fu costretto ad arrestare il suo incedere, lì a pochi metri dall’auto.

Riconobbe la voce di Bonnie e si voltò, allargando le braccia ed ostentando un’ingenuità che non gli apparteneva.

Era stato scoperto, allora.

Rimase interdetto, quando si rese conto di non essere poi così seccato da quel fatto. Anzi, sembrava sollevato.

“Su cosa?”- sorrise, con uno sguardo interrogativo negli occhi grigi.

“Questo devi dirmelo tu.”- sbottò la ragazza, incrociando le braccia al petto- “Sono una strega, ma non leggo nella mente.”

Ripensandoci, Sinclair ricordò di una famiglia Bennett, originaria di Salem.

Il sorriso sul suo volto si allargò notevolmente, sotto lo sguardo sorpreso della giovane.

“Temo di non capire, Bonnie.”- Charles proseguì con la sua farsa, mostrandosi assolutamente ignaro delle sue parole.

“Hai sentito bene, invece. Non sei un licantropo, non sei un vampiro, non sei un ibrido. Ma non sei solo umano, Charles.”- inarcò un sopracciglio, per poi osservarlo con durezza- “Questo l’ho avvertito.”

“Fa qualche differenza?”

“Dipende da che parte stai.”- Bonnie si strinse nelle spalle, per poi affilare lo sguardo.

Il sorriso sulle labbra di Charles si affievolì e lo stregone serrò la mascella, irrigidendosi.

“Credo di averti dato prova di questo.”- sibilò, aggrottando le sopracciglia.

“Chi sei?”- la Bennett lo osservò piena di curiosità e timore, avanzando cautamente verso di lui- “ Ma, soprattutto, cosa sai?”

“Devo andare,ora.”- Charles replicò lapidario, prima di aprire la Mustang ed entrare nell‘abitacolo-“Buonanotte, Bonnie.”

 

 

***

 

 

 

Il cupo magazzino di Richmond versava in un silenzio quasi tangibile, interrotto, alle volte, dallo squittire dei ratti, nascosti fra i copertoni e le lamiere, ed dal ritmato rumore dei tacchi delle scarpe di Rebekah che battevano sulla pesante cassa di ferro su cui era seduta.

Tergiversava su un social network, scorrendo le fotografie della festa al falò e compiacendosi di quanto fosse fotogenica. Quell’epoca le stava donando un gran numero di soddisfazioni ed il suo ego si stava rapidamente ingigantendo.

I suoi occhi chiari abbandonarono il display del cellulare e tornarono a posarsi, con indifferenza, sul cadavere poco lontano.

“Sbaglio o dovrebbe svegliarsi?”- inarcò un sopracciglio fino, per poi scrutare suo fratello, serio come raramente lo aveva visto essere, accanto alla porta scardinata della stanza.

Klaus si slanciò in avanti, con le labbra serrate ed uno sguardo vagamente folle negli occhi.

“Ci sta mettendo troppo.”- sibilò, fortemente sconcertato.

Il dubbio che lo aveva assalito sin dai primi istanti dopo la morte di Dorian si stava materializzando.

Forse, la maledizione che aveva colpito il licantropo non poteva essere spezzata con la semplice trasformazione. Probabilmente, a Wolfskin non era concessa la mutazione in ibrido.
“Pensi sia morto? Definitivamente, intendo.”

 Nik osservò severamente la sua adorabile sorella indifferente, poi rivoltò, con un calcio, il lupo mannaro defunto.

Non dava alcun segno di volersi riprendere e Klaus emise un ringhio basso e gutturale, inequivocabilmente minaccioso.

“Credo si stia facendo attendere. Abusa della mia pazienza.”- ruggì lui,  per poi aggirare il corpo morto, in preda all’agitazione.

“Forse la sua maledizione non poteva essere spezzata.”

Quell’aspide di sua sorella dava voce alle sue paure,  spietata come un incubo.

“È un grande istrione, ha solo bisogno di tempo.”- tentò di convincere anche se stesso- “Non posso permettermi che muoia, in ogni caso. Se non si sveglierà da solo, dovrò dargli un piccolo incentivo.”

Se Dorian non si fosse ripreso, Klaus avrebbe dovuto trovare una strega disposta a riportarlo in vita.

Non poteva permettere che Eva o Sinclair venissero a conoscenza del decesso del licantropo. La loro alleanza era già precaria, la morte di un loro amico avrebbe fatto sì che ogni accordo saltasse.

“Cosa succederà, se la trasformazione non avverrà?”
“Temo avremo un nuovo omicidio ed un occultamento di cadavere, sulla coscienza, mia cara.”- un piccolo ghigno si disegnò sulle labbra dell’Originale che sollevò il cadavere di Dorian da sotto le braccia, trascinandolo lontano dal polveroso pavimento del magazzino.

“Sai che novità …”- sbuffò con nonchalance Bekah, prima di abbandonare il suo sedile ed anticipare il fratello. Poco lontano dal vecchio deposito, abilmente nascosto da sguardi indiscreti, un grosso furgone attendeva che i suoi proprietari lo raggiungessero.

La vampira aprì gli sportelli posteriori, permettendo a Klaus di scaricare Wolfskin al centro del camion.

L’ibrido sorrise macabro, al pensiero che, se si fosse risvegliato, Dorian avrebbe certamente avuto qualcosa da ridire, riguardo la location.

“Ma, questa volta, dovremo mantenerlo segreto.”- intimò a sua sorella, tornando serio in viso, prima di richiudere violentemente il furgone.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Elena si rigirò nel letto, carezzando le lenzuola e tirandole maggiormente sulle spalle scoperte.

Sospirò profondamente, dormendo placida.

Dopo aver salutato Charles, al Grill, Bonnie era tornata casa, piuttosto taciturna.

Elena e Ric avevano rimesso insieme la storia che il giovane inglese era riuscito a ricostruire e quello che ne era uscito fuori aveva un ché di sconvolgente.

Conoscere la vera storia di Klaus poteva giocare a loro vantaggio.

Se l’ibrido aveva ucciso la strega originaria che, secondo fonti certe, era anche sua madre, e lo aveva tenuto nascosto al resto della sua famiglia, forse Elena avrebbe potuto portare dalla sua parte Rebekah. Con lei e Mikael, nelle sue fila, avrebbe potuto vincere la guerra contro Klaus.

Quei pensieri l’avevano cullata, fino a farla addormentare. Il suo sonno era stato reso più dolce dal barlume di speranza che aveva visto in quel piano e tutte le sue preoccupazioni sembravano essersi alleviate.

Forse quello era un sogno, probabilmente, sorto il sole, quella leggerezza che l’aveva fatta sentire rinata si sarebbe dissolta, ma non le importava. Le stava concedendo un riposo così pacato e rinvigorente che le avrebbe permesso di affrontare qualunque tipo di avversità le si fosse presentata davanti.

Quando il suo cellulare squillò, rompendo quella meravigliosa e a lungo ricercata quiete, Elena sbarrò gli occhi, trasalendo. Portò il telefono all’orecchio, grugnendo confusamente.

“Si può sapere chi ha avuto la malsana idea di dare il mio numero a Caroline?”

La voce arzilla di Damon esplose nelle sue orecchie, facendola mugugnare aspre considerazioni contro l’avvenente interlocutore.

“Damon, sono le tre.”- rantolò, per poi affondare nuovamente la testa nel cuscino-“Non potevi aspettare domani mattina, per porre domande scontate?”

“Stavi dormendo?”- lo sentì sorridere e non poté fare a meno di roteare gli occhi e sbuffare stizzita.

Quel vampiro non aveva il minimo riguardo.

“Mh.”- sospirò, tirandosi faticosamente a sedere ed avviluppandosi nelle coperte-“No, abbracciavo il mio materasso, caduto in un momento di sconforto.”

“Il tuo sarcasmo ha bisogno di una revisione.”

“C’è altro o hai finito?”- Elena scrutò il buio nella sua stanza, quasi tangibile. Fuori dalla finestra, dietro le saracinesche strategicamente abbassate perché la luce non disturbasse quel riposo rigenerante, il vento soffiava, costringendo gli alberi nel vialetto ad una danza sgraziata.

“Caroline mi ha telefonato, in lacrime. Tra un singhiozzo e l’altro, mi ha parlato di Tyler.

Lockwood ha confessato di aver fatto a brandelli la studentessa al falò. È stato lui.”

Quel buio la fece improvvisamente rabbrividire,quasi potesse inghiottirla. Accese frettolosamente la lampada che aveva sul comodino, continuando a fissare un punto indefinito della stanza, libera dall’opprimente oscurità in cui versava.

“Che cosa? Tyler?!”- Elena dovette schiarirsi la voce, diventata stridula- “Ma è innocuo!”

“Dimentichi che ora è un mini-Klaus.”- la voce di Damon era seria e lasciava trapelare le preoccupazioni che lo attanagliavano.

La ragazza avvertì il suo intestino annodarsi, per il nervosismo,  e strinse maggiormente a sé le coperte, ancora incredula.

“Mio Dio …”- mormorò, rielaborando quanto appena sentito.

Le risultava quasi impossibile che Tyler avesse commesso un omicidio tanto efferato. Damon aveva messo, nella lista dei sospettati, anche un frullatore elettrico di due metri con la prolunga, per quanto il corpo di quella ragazza era stato trucidato.

“Ma non credo molto a questa versione dei fatti. L’ho visto, Elena. Tyler era al falò e non è passato momento  che non fosse o con Caroline o tenuto d’occhio da me.”

“Pensi che abbia a che fare con Klaus?”- la voce della Gilbert si incrinò appena, a quel pensiero.

Stava tentando di distruggerli, lentamente, logorandoli.

“Ormai, sono poche le cose che non lo riguardano.”

Da mesi ormai, la sua vita subiva alti e bassi, a seconda dei cambiamenti d’umore di quel mostro originale. Aveva perso l’ultima possibilità di avere una famiglia, con la morte di Jenna, e la speranza di avere un futuro. Non le restava che Jeremy, il tramonto dell’amore perduto di Stefan ed il sorgere di un qualcosa di totalmente nuovo, con Damon.

Ma ogni giorno rischiava di perdere anche quel poco che le rimaneva.

“Beh, risolveremo anche questa. In un modo o nell’altro, ne verremo fuori.”- sospirò, chiudendo gli occhi, in un vano tentativo di far scemare tutte le sue paure. Ma erano lì e sarebbero rimaste con lei, fino a quando Klaus sarebbe stato in grado di far del male alle persone che amava.

“Dovresti chiamare la biondina. Non sembra aver preso bene questa storia.”

“Sarà la prima cosa che farò, domani mattina.”- sbuffò stancamente- “Mio Dio, domani mi aspetta una lunga giornata di telefonate e conversazioni sgradevoli.”

Oltre a Caroline, Elena aveva in programma di contattare Rebekah e tentare di convincerla a tradire suo fratello. Sapeva già che entrambe le chiamate avrebbero necessitato una buona dose di fegato e nervi saldi.

“Mi sono perso qualcosa?”

“Ti prego, possiamo rimandare?”- mugugnò la ragazza, addossando la testa al cuscino, rassegnata ormai a non poter riprendere sonno.

“Ma, così, finirò per far parte delle tue conversazioni sgradite.”- il vampiro sembrò rammaricarsi, mettendo un finto broncio.

Elena percepì il rumore del ghiaccio che si scontrava contro il cristallo di un bicchiere da liquore e sbuffò.

“Credi che parlarne adesso non lo sia?”

“Buonanotte, Elena.”

“Buonanotte, Damon.”- interruppe quella telefonata, augurandosi di ricadere presto in quel meraviglioso sonno da cui era stata strappata.

Ma, ne era certa, difficilmente sarebbe riuscita a riposare, dal momento che Klaus popolava tutti i suoi incubi.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Damon osservò a lungo il camino spento, nel salotto della Pensione. La quiete in cui quella magione era caduta sembrava aver preso vita, torturandolo e tentando di spingerlo verso il baratro della follia.

Non era solo, però, in quel mausoleo, destinato ad accogliere le sue membra logorate e la sua anima, da poco risorta.

Stefan giaceva nelle cupe cantine di quella villa vittoriana, in uno stato di spietata concretezza.

Damon aveva cominciato a chiedersi quanto realmente fosse sbagliato quel nuovo Stefan, se l’illuso, fra i due, non fosse lui stesso che, schiavo di quei nuovi sentimenti che gli avvolgevano il petto con la dolcezza di un abbraccio, rinnegava la sua essenza di mostro, accecandosi di fronte alla cruda consapevolezza di aver perso la propria umanità.

Fu una chiamata, a liberarlo da quella pressante solitudine e dai duri pensieri che questa portava con sé.

“Dì un po’, ti sono mancata?”

Katherine sorrise maliziosa, con la sua voce leggermente roca e calda, provocando un sospiro esasperato del vampiro che si addossò allo schienale del divano, sollevando gli occhi di cielo e nebbia  al soffitto del salotto, con una smorfia seccata sul volto.

“Quasi quanto una seduta con il gruppo alcolisti anonimi.”

“A-ah.”-la voce della vampira divenne un ringhio minaccioso- “Ti ho svegliato?”

“La tua voce sarebbe risultata irritante anche in pieno giorno.”- un ghigno sprezzante si dipinse sul volto di Damon che tornò ad osservare, senza particolare interesse, il camino spento- “Cosa vuoi, Katherine”

“Dio, sei così scortese!”- la doppelganger aveva un modo tutto suo di fingersi indignata- “Io e Mikael potremmo offenderci.”

Lo sguardo di Damon si illuminò, pieno d’interesse. Scoprì la dentatura perfetta in un ghigno malsanamente euforico, per poi alzarsi e riempire nuovamente il bicchiere con qualsiasi cosa fosse avanzata nel piano bar.

“Non è un po’ troppo vecchio, per te?”

“Falla finita.”- Katherine sbuffò, sospirando annoiata- “L’ho trovato, gli ho parlato e non vede l’ora di fare quattro chiacchiere con te.”

“Ah, davvero?”- il vampiro l’ascoltava rapito, intrigato dalla piega che quella storia stava prendendo.

Ma avrebbe dovuto diffidare. Katherine non era certo uno stinco di santo ed il Cacciatore aveva la fama di non essere un tenerone.

“Suppongo gli facciano comodo un paio di braccia in più, per tenere fermo Klaus, mentre lo prende a calci.”

“È una proposta così allettante …”-Damon ghignò entusiasta- “Organizza un incontro.”

“Si può fare.”- acconsentì la vampira, con un sorriso sulle labbra maliziose.

“Se abbiamo finito, io stavo dormendo, perciò …”

“Che mi dici di Stefan?”

Damon colse, nella voce della doppelganger, una certa ansietà e si crogiolò nel perverso piacere di tenerla sulle spine, dal momento che sembrava tenerci parecchio.

“E’ spietato, opportunista,  un vero bastardo. Mi ricorda qualcuno, in effetti.”- sorrise.

Avrebbe tanto voluto uno specchio, in quel momento. L’espressione sul suo volto era quella che probabilmente avrebbe avuto Saw l’Enigmista. Si, in quel salotto mancava uno specchio. Un grande specchio per l’ego di Damon.

In giornata, il vampiro avrebbe provveduto.

“Piantala con i complimenti e dimmi come se la cava.”- sibilò lei, a denti stretti.

“E’ con noi, più o meno.”- Mr. Salvatore Jr. roteò gli occhi, per poi sbuffare, abbandonando il suo tono arrogante, per portare notizie del fratellino sociopatico- “Non può fare a meno di essere lo spione di Klaus, ma vuole liberarsi dal suo soggiogamento. Collaborerà.”

O, almeno, lo sperava vivamente.

“Splendido.”- Katherine sembrò accontentarsi di quella risposta- “ Mikael vuole incontrare anche lui. Ti terrò aggiornato.”

“Purché non chiami più nel cuore della notte, come una scolaretta in preda agli ormoni!”

“E tu che scuse hai, per aver chiamato il mio doppione?”- sogghignò malevola, soffocando una risata di scherno- “Il segnale di chiamata in corso ti ha tradito. Prova a negare che era con lei che stavi parlando.”

“Parla più forte, Katherine, non … ti … ento … Linea … rotta …   interfe … enza!”

“Vai al Diavolo”- sbottò rudemente la vampira.

“Dopo di te!”

 

 

 

 

 

 

 

Biondich Caverna:

 

 

Buon pomeriggio!

Come state? Avete già visto la puntata 3x11? *__* Klaus … Vecchio tenerone! E poi sarebbe lui, quello cattivo!

( voglio anche io un bracciale di diamanti!)

Anyway, io ed il mio fegato siamo un po’ spompati, colpa della mononucleosi che ci colpisce!

Ma, consoliamoci: dal momento che sono costretta a letto, posso annunciarvi con piacere che la scaletta del prossimo capitolo è già conclusa e sono in fase di stesura!

Però, prima di perdermi in spoiler -sempre ammesso che li vogliate- facciamo una summa di questo aggiornamento.

È il capitolo più lungo che abbia scritto fino ad ora, dal momento che succedono parecchie cose!

Partiamo dall’inizio: Charles mette Eva di fronte alla dura realtà dei fatti, anticipandole quella che sarà poi un’ardua scelta: ciò che era e ciò che è.

Dorian è andato a Richmond per farsi trasformare da Klaus e si è trascinato dietro quell’adorabile rompi meloni di Rebekah.

Ed ora, con tanta commozione, vi annuncio che abbiamo raggiunto quota 3 omicidi in 9 capitoli! * Biondich, in versione troll face, stappa una bottiglia di spumante *

E ce ne saranno degli altri!

L’unica toppa è che ho ucciso il personaggio meno palloso della storia … Uhm.

…. …. Rimedierò!

Nel frattempo, Klaus e Bekah stanno andando da un ferramenta a comprare una vanga … Ops.

Charles ha svelato la vera storia degli Originali e … “He has officially been busted!” * come direbbe il vecchio Nik, con quel suo accento meravigliosamente macabro e senzualo!*

Bonnie ha capito che nasconde qualcosa e lo tampinerà per bene.

Ma ora passiamo al machiavellico piano di Klaus: ha chiesto a Tyler, povero ibridino cuoricino, di addossarsi la colpa dell’omicidio commesso da Dorian, così da sviare le indagini di Damon.

Mr. Salvatore ( o, come spesso la mia imbranataggine con la tastiera mi spinge a chiamarlo, “Slavatore” *whtf?!* ), ci cascherà? O andrà fino in fondo alla faccenda?

E la vecchia Katherine ha recuperato Mikael!

Ok, basta. Lo spazio della Biondich caverna non può essere più lungo del capitolo!

Fermi tutti!

Ho lasciato la parte più importante alla fine e me la stavo dimenticando! Vi piace la locandina iniziale?

Dal prossimo capitolo in poi, quella che avete visto si alternerà ad una seconda locandina ( la mononucleosi mi ha lasciato parecchio tempo a disposizione per cimentarmi nei fotomontaggi!) che vedrà rappresentati Charles, Eva e Dorian, nel caso vi chiedeste che facce abbiano.

Detto ciò, vi lascio, nella speranza che abbiate apprezzato il capitolo e che vogliate farmi sapere cosa ne pensate! * Biondich è felicissima di aver raggiunto, ormai abbastanza stabilmente, una media di 3 recensioni a capitolo! Tentiamo di puntare al 4? :D *

Ringrazio di cuore chi legge, recensisce, segue, preferisce e ricorda questa storia!

E, per ringraziarvi di essere arrivati fin qui, vi lascio la seconda locandina, in anticipo! 

 

 

ced  

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Capitolo 10
*** For her ***


 

charles-eva-dorian

 

For her

 

 

 

“Finalmente, questa noiosa cittadina sembra essersi decisa a fare qualcosa di interessante. La settimana prossima il Liceo organizza la festa dell’Homecoming. Anche se, dopo il fiasco del falò, mi ritrovo ad essere un tantino scettica, a riguardo.”

Quella voce, sovrastata dallo sfregamento di ampie buste di carta fra loro, anticipò la sua proprietaria, riecheggiando nel modesto ingresso della villetta dei Gray, seguita dallo scattare della serratura, una volta richiusa la porta.

Eva abbandonò il divano su cui si era distesa, cullata dai suoni che provenivano dalla Tv accesa ormai dalle sette di quella mattina.

Né lei né Charles avevano dormito molto, durante la notte, entrambi troppo in pensiero per il mancato ritorno di Dorian.

La ragazza si stiracchiò senza troppi complimenti, inciampando sui suoi piedi, mentre raggiungeva l’ingresso.

“Rebekah?”- sbadigliò rumorosamente, stropicciandosi gli occhi stanchi- “Lascia, ti do una mano.”

Liberò la vampira da alcune buste, rischiando di cadere a terra, sotto il loro peso. Nelle mani dell’Originaria non sembravano avere tutta quella consistenza.

“Sei sola?”

Bekah si guardò intorno, affilando lo sguardo. Era tornata indietro, su richiesta di Klaus.

“Charles è uscito a comprare del latte e mi ha messo a guardia del forte, nel caso Dorian si faccia vivo. Aveva promesso che sarebbe tornato ieri sera. Non è da lui non tentare di mettersi in contatto.”

“Mh.”- lo sguardo della vampira si allarmò e le sue labbra si schiusero in un risolino nervoso che soffocò con rapidità- “Probabilmente, ha di meglio a cui pensare.”

“È quello che spero.”

Dorian Wolfskin non si era ancora risvegliato, quando Bekah era ripartita da Richmond. Lei e suo fratello avevano vegliato il morto per tutta la notte, nella vana speranza che entrasse in fase di transizione.

Ma non era accaduto e Nik le aveva imperato di fare immediatamente ritorno a Mystic Falls per non far sorgere sospetti.

“Nell’attesa, potresti aiutarmi a scegliere quale vestito indossare al ballo di inizio semestre.”- sorrise bonaria Bekah, cominciando a salire le scale, decisa ad evitare l’argomento.

“È senz’altro una valida alternativa al guardare il televisore. Sono quasi certa di aver rotto il telecomando e non ho più voglia di vedere le repliche di Will & Grace. Credo di volere un amico gay. Chissà se Charles o Dorian …”- borbottò  Eva, meditabonda, contraendo i muscoli delle braccia per sollevare le pesantissime buste della vampira. Si addossò alla parete, lungo le scale, sforzando l’addome, nel disperato tentativo di non cadere all'indietro.

In qualche modo, si poteva dire che Rebekah stesse attentando alla sua vita. Quando raggiunse l’ampia camera da letto che condivideva, ormai, con i vestiti dell’Originaria, sbarrò gli occhi. Le ante spalancate palesavano lo scempio commesso: la vampira aveva strappato con veemenza, dalle rispettive stampelle, ogni abito candidato alla cerimonia, scaraventandolo sul letto, ormai seminascosto dalla pila di vestiti.

Quello non era un guardaroba, era l’ingresso per un mondo parallelo!

Eva scavò fra gli indumenti, ritagliandosi un angolo di letto dove rannicchiarsi, mentre osservava Bekah piroettare e studiare con minuziosa attenzione ogni capo.

“Allora, che mi dici di questo?”- la vampira inarcò un sopracciglio, con indosso un microabito di un colore che la ragazza sul letto non seppe definire.

“Che si nota. Anche da lontano. Probabilmente, anche al buio. Hai mai provato ad attraversarci l’autostrada, di notte?”- le labbra di Eva si piegarono in un sorriso sardonico, mentre osservava quell’abito catarifrangente.

“Il licantropo ti sta educando ad un uso sconsiderato dell’umorismo.”- sbuffò la vampira, rifugiandosi dietro l’anta spalancata, per cambiarsi.

“Se lo dici tu ...”- sospirò l’altra, abbandonandosi sul materasso, decisamente provata da quella selezione d’abito- “Ma levati quell’affare, prima che mi si distacchi una retina.”

Ci sarebbe voluta un’eternità. O due, magari. Al quindicesimo cambio d’abito, Eva decise che avrebbe mandato al Diavolo la sincerità e si sarebbe sganciata da quella sorta di girone infernale, tacendo i suoi pensieri a Rebekah.

“Questo?”- la vampira la osservò speranzosa, pregandola, con lo sguardo, di approvare quel tubino blu, con lo scollo a barca.

“Carino.”- Eva annuì, decidendo che, tutto sommato, fra quelli visti fino a quel momento, quello era il migliore.

Poi si disse che, dopo tutto quel tempo, anche un costume da banana sarebbe stato più che adatto.

“Soltanto carino?”

Oh, no.

Quasi bello?”- la ragazza si strinse nelle spalle, sorridendo tesa. Era la fine.

“Lascia perdere.”- sbuffò tediata l’Originaria, tornando a nascondersi dietro l’anta, dopo aver arraffato svogliatamente un’altra dozzina di vestiti.

“È il primo ballo a cui partecipi?”- domandò Eva, frugando fra gli abiti abbandonati sul materasso. Non ne aveva mai visti così tanti, tutti insieme.

“Scherzi?”- Bekah rise, nervosa, specchiandosi nell’anta con lo specchio, per poi sollevarsi sulle punte dei piedi ed osservare il risultato- “Sarà il milionesimo, non riesco nemmeno a tenere il conto dei eventi scolastici a cui ho partecipato.”

La sua voce si incrinò appena, mentre tornava ad osservare la propria immagine riflessa nello specchio. Avere più di mille anni e non aver mai realmente vissuto: Rebekah sorrise mestamente al suo riflesso, ammirando il proprio corpo fasciato da un tubino rosso, elegante e sfacciato, come lei.

“E le mani ti tremano ogni volta così tanto?”

Gli occhi blu di Eva inchiodarono il suo sguardo, osservandola attenti dal letto. La vampira intrecciò istintivamente fra loro le dita delle mani, sussultando.

Non era mai stata ad un ballo, non se l’era potuto permettere. Non c’era mai stato tempo per le sciocchezze, per lei e Nik.

 L’Homecoming avrebbe riscattato un’eternità di fuga e sacrifici, restituendole, finalmente, la giovinezza e l’adolescenza perdute in quella tragica e lontana notte dello scorso millennio.

“Che ne pensi?”- si voltò verso Eva, con un sorriso debole e gli occhi lucidi.

“È perfetto.”

L’Originaria sorrise grata, tornando ad osservarsi in quello specchio.

“Tu sei mai stata ad un Homecoming?”- domandò, inarcando un sopracciglio, una volta ritrovata la sua verve. Incrociò le braccia al petto, scotendo appena i boccoli biondi che le ricaddero copiosi sulla schiena.

“Io non ho mai frequentato una scuola.”- Eva sbuffò, stringendosi nelle spalle, con disarmante semplicità- “Non potevo permettermelo, non con il Cacciatore alle calcagna. Ma ho visto centinaia di teen comedy ed immagino che le cose non vadano tanto differentemente da come sono messe in scena.”

Rebekah colse una nota malinconica ed amareggiata nella sua voce.

Eva era stata costretta ad affrontare una nuova realtà, senza averla vista nascere, e quella seconda vita, appena guadagnata, le era stata restituita unicamente per poterle essere tolta, ancora una volta. Costretta a non rimanere mai per troppo tempo negli stessi luoghi, non era mai riuscita ad adattarsi, a vivere quelle esperienze che, probabilmente, l’avrebbero resa più forte, più capace di fronteggiare l’angosciosa profezia che pendeva sulla sua testa.

Morta per donare la vita, viva per restituire la morte.

“Dovresti venire anche tu, Eva.”

La ragazza in questione spalancò gli occhi blu, visibilmente colta di sprovvista. Sorrise sincera, scotendo il capo con fermezza.

“Io? Credimi, sarei un pesce fuor d’acqua. Questa non è la mia epoca, non riesco ad abituarmici. Stare in mezzo alla gente mi rende nervosa, non potrei gestire una situazione del genere.”

“Sai, cara, con l’abito giusto, tutto ti sembrerà più semplice.”- Bekah piroettò con grazia sulle punte, osservando, affascinata, la stoffa dell’abito seguirla in quella elegante giravolta.

“Direi che tu hai trovato il tuo.”- rise l’umana, strizzandole l’occhio.

“Tu e Nik avete poi parlato?”

Bekah scomparve dietro l’anta dell’armadio, lasciando l’abito rosso, per rindossare un paio di skinny jeans ed un elegante top di seta con cui si era presentata alla villetta dei Gray.

“Dovresti chiederlo a lui.”- sbottò Eva, abbandonandosi supina sul letto, con la testa appoggiata su un morbido cuscino fatto di miniabiti e felpe.

Levò gli occhi al soffitto, inspirando profondamente.

“L’ho fatto, ma ha borbottato qualcosa di incomprensibile, per poi mandarmi all‘Inferno, per l’ennesima volta.”- sorrise mite la vampira, riemergendo da dietro l’anta-“Riceverò lo stesso trattamento, da te, o posso sperare in una risposta un po’ più esauriente?”

“Io ho posto domande, lui le ha semplicemente ignorate, per poi rapirmi, temporaneamente.”- brontolò l’altra, risollevandosi a sedere- “Ieri mattina mi sono ritrovata qui.”- accarezzò distrattamente le coperte, ancora colpita da quel gesto inspiegabile.

“Sapevo che non ci sarebbe riuscito.”- rise l’Originaria, incrociando le braccia al petto, fortemente compiaciuta.

“Tu sapevi?”- Eva la osservò, sbigottita.

Grandioso, Rebekah era in combutta con Nik.

Le avevano teso una trappola, si erano entrambi presi gioco di lei.

“Mi aveva accennato qualcosa.”- sogghignò la vampira, per poi aggrottare la fronte-“Non biasimarmi, è pur sempre mio fratello.”

Fratello un cavolo, aveva cercato di rapirla! Il fatto che avesse cambiato idea, poi, passava in secondo piano.

L’aveva terrorizzata.

“E poi, Nik sta solo cercando di riguadagnarsi la tua fiducia.”- cinguettò ilare Bekah, socchiudendo leggermente le palpebre, curiosa di cogliere la reazione dell’umana.

“Soggiogarmi e spaventarmi a morte non è una buona strategia. Diglielo.”- ringhiò Eva, fortemente in disappunto.

“È un po’ fuori fase, dagli tempo. Dopotutto, nessuno di noi avrebbe mai immaginato di riaverti qui.”- sorrise onestamente la vampira, sistemandosi i capelli, leggermente scarmigliati, dopo l’ultimo cambio d’abito-“Ma, devo ammetterlo, mi fa piacere non essere più l’unica ragazza millenaria di questa città.”

“Fino a prova contraria, io ho soltanto novantacinque anni. La tardona sei ancora tu!”- sbuffò Eva, ancora contrariata dagli ultimi risvolti che quella storia aveva preso.

Rebekah le aveva mentito, ingannandola. Si era finta disponibile, comprensiva e l’aveva attirata da Niklaus, facendole credere di aver preso ogni decisione da sola.

Subdola, come suo fratello.

Ma era ancora la stessa ragazza che aveva conosciuto, più di mille anni prima.

“Bentornata, Eva. Non avevo ancora avuto l’occasione di dirtelo.”

“Grazie, Bekah.”- sorrise lievemente la ragazza-“Devo ammettere anche a me fa piacere rivederti.”

L’Originaria avvertì la vibrazione del proprio cellulare, in una delle tasche anteriori dei propri pantaloni.

From Nik: Torna al magazzino, dobbiamo parlare.

Osservò il dislpay del proprio cellulare, per qualche istante, tentando di decifrare quel messaggio.

Cos’era successo?

“Va tutto bene?”- Eva la guardava accigliata, interrogandosi su cosa potesse aver scombussolato l’amica, fino ad ammutolirla.

“Certamente.”- sorrise nervosamente la vampira, tentando di apparire convincente-“Devo andare. Tornerò più tardi, ci vediamo.”

Raccolse i  propri effetti personali, in tutta fretta, decisa a raggiungere Richmond nel minor tempo possibile.
“Te ne vai di già?”

“Ho un impegno improrogabile, purtroppo.”- soffiò lei, terribilmente nervosa.

“Oh, beh, come vuoi. Ma questo casino lo pulisci tu.”- sbuffò l’umana, stringendosi nelle spalle.

Rebekah sorrise, acconsentendo, per poi abbandonare, veloce, la villetta.

Lasciò rapidamente quella piccola cittadina accarezzata dai tiepidi raggi di un sole settembrino e rimediò un passaggio per Richmond, dirottando una mini cooper verniciata con una gradevole tonalità d’azzurro, per poi raggiungere l’angusto deposito in periferia, dove Nik l’attendeva.

Il suo messaggio criptico le aveva lasciato l’amaro in bocca, facendo crescere in lei una morbosa curiosità. Che Wolfskin si fosse svegliato? Oppure no?

Il suo istinto non sembrava riuscire ad orientarla verso la risposta giusta.

“Quanta fretta, ti ricordo che ho una vita anch’io.”- sibilò piccata, quando scorse, disteso sul cofano di un’automobile da rottamare, suo fratello, con entrambe le mani dietro la nuca ed un’aria insolitamente pensierosa sul volto.

“Tu si.”- mormorò distrattamente Niklaus, prima di tirarsi svogliatamente a sedere-“Lui non più.”

Lo sguardo di Rebekah ricadde istintivamente su di un telo di plastica, debitamente predisposto ad accogliere il cadavere di Dorian, ormai freddo e grigio.

“Non si è svegliato?”- soffiò, lievemente turbata.

Per quanto insopportabile, le faceva un certo effetto vedere quel ragazzo sempre solare privo d’ogni linfa vitale e di colore.

“A questo punto, non credo lo farà.”- Klaus scese agilmente dal cofano, emettendo un ringhio adirato.

Wolfskin era stato il suo primo ed unico fallimento, da quando aveva trovato la chiave per creare nuovi ibridi. La sua morte rischiava di procurare all’Originale nuovi e temibili nemici.

“Quindi che facciamo?”

Ma Niklaus aveva ancora un asso nella manica, prima di arrendersi definitivamente.

“Ci sbarazziamo del corpo, mia cara.”- sentenziò con un ghigno perverso, lasciando interdetta sua sorella-“Prendi il ragazzo, io penso alla fossa.”

“Credevo volessi riportarlo in vita, con un incantesimo.”- osservò Bekah, prendendo due lembi del telo su cui era stato adagiato Dorian e cominciando a trascinarlo.

Scorse suo fratello impugnare con leggerezza una vanga e saggiare il terreno, in cerca di un punto in cui il suolo fosse più soffice.

“Trovare una strega disposta a farlo richiederebbe troppo tempo.”- sibilò lui, severo, per poi trafiggere la terra con la vanga, fino al manico. Sollevò con forza il cumulo di terra e lo scaraventò lontano, per poi ripetere quell’azione, fin quando non ottenne una fossa profonda tre metri, lunga e larga due.

Sotto lo sguardo turbato della sorella, l’ibrido vi lasciò cadere, senza troppe cerimonie, il corpo esanime di Wolfskin, per poi sfregarsi le mani, ansante per lo sforzo.

“Una sepoltura piuttosto misera.”- commentò Bekah, con voce monocorde.

C’era qualcosa di inevitabilmente inusuale nella frenesia con cui Nik si stava adoperando ad occultare il cadavere.

“Dubito che avrà occasione di lamentarsene.”- sorrise lui, mantenendo gli occhi fissi sul defunto, sperando che funzionasse.

Il fatto che Dorian non si fosse ancora svegliato, non voleva dire che non lo avrebbe fatto.

Probabilmente, aveva soltanto bisogno di un piccolo trauma che lo spingesse a reagire.

Klaus si augurò che seppellirlo vivo bastasse.

“Qui giace Dorian Wolfskin, un licantropo non proprio convenzionale, un ibrido quasi completo, un cadavere finito.”- conficcò la pala nel terreno davanti ai propri piedi, impugnandola con entrambe le mani, mentre il suo volto assumeva un’aria di finta mestizia, mal celata da un ghigno di diabolica euforia che gli piegava le labbra- “Gli elogi funebri non sono il mio forte.”- si strinse nelle spalle, rivolgendo un’occhiata divertita a sua sorella.

“Forse si risveglierà, per mandarti al Diavolo. Non avrebbe tutti i torti, se lo facesse.”- commentò con nonchalance l’Originaria, guadagnandosi un’occhiata di rimprovero dal giovane millenario accanto a lei.

Il piccolo cellulare di Bekah vibrò, catturando la sua attenzione. Doveva aver inavvertitamente lasciato la sua chat aperta ed ora, con sua comprensibile sorpresa, il nome di Elena Gilbert lampeggiava sul display, annunciando un suo messaggio.

From Elena: Possiamo parlare?

Rebekah inarcò un sopracciglio, prima di sbuffare pesantemente e pigiare i tasti, con foga, per rispondere all’odiosa doppelganger.

To Elena: Non ho niente da dirti. Evitiamoci imbarazzanti momenti di silenzio, che ne dici?

Pochi istanti dopo, la Gilbert replicò.

Sembrava particolarmente decisa.

From Elena: Va bene. Parlerò solo io, ma ho bisogno che tu ascolti quello che ho da dire.

L’Originaria si chiese quale potesse essere l’argomento di conversazione. Dopotutto, l’unica cosa ad accomunarle era l’aver amato Stefan. Anche se Rebekah era praticamente certa di averlo amato di più e meglio di Elena.

Non c’era competizione.

To Elena: Purché sia interessante.

La Gilbert rispose pochi istanti dopo.

From Elena: Oh, credimi. Lo è.

Il telefono per poco non le scivolò dalle mani, quando avvertì un ruggito straziato, poco lontano.

La pala che Niklaus impugnava si fermò a mezz’aria, cessando di riversare terra sul morto.

Però, che tempismo.”- commentò Bekah, con un sorriso astuto sulle labbra-“Beh, adoro il lieto fine. Ora, con permesso, lascio a te il piacere di dare un bacio di bentornato al bell’addormentato. Devo trovare un vestito per l’Homecoming.”

Klaus emise un latrato divertito e riversò la terra sul torace del resuscitato, osservando, affascinato, il suo risveglio.

Il cadavere di Dorian Wolfskin fu attraversato da spasmi continui, fitte e contrazioni che lo costrinsero ad un nuovo, e più straziato, ululato.

“Vecchio bastardo!”

Ruggì con forza, sbarrando gli occhi, tornati ad essere di un verde intenso e smeraldino. Boccheggiò, ansimando, sforzandosi di prendere boccate d’aria sempre più ampie, per poi constatare quanto fosse inutile. Serrò i pugni, raccogliendo, fra le dita, terriccio e ciottoli umidi. Osservò le pareti di terra che lo circondavano, con lo sguardo confuso e pieno d’orrore, fino a quando non scorse l’alta figura di Klaus, in piedi, di fronte a lui.

“Buongiorno anche a te.”- l’ibrido sorrise, con gli occhi azzurri ricolmi di soddisfazione- “Non avevo mai assistito ad un risveglio tanto sofferto. Rebekah ed io temevamo di dover organizzare una veglia funebre. ”

A quelle parole, Wolfskin emise un rantolo strozzato e si tirò a sedere, portando una mano al collo, inaspettatamente compatto. Tastò febbrilmente la nuca, contò le vertebre cervicali, ansando, in preda allo shock.

“Bloody Hell, tu mi hai ucciso!”- ringhiò, mostrando i denti e portando entrambe le mani fra i capelli, disperato.

Cosa aveva fatto?

“Temporaneamente.”- tenne a precisare l’ibrido, spiazzandolo con la sua calma.

“Mi hai spezzato il collo!”

“È il modo più rapido ed indolore di porre fine ad una vita.”

“Ora, tocca a me!”- ruggì il ragazzo nella fossa, sollevandosi e tentando di trascinare il quel maledetto buco anche il suo assassino. Con un rapido movimento, Niklaus gli assestò un poderoso calcio allo sterno, proiettandolo nuovamente a terra.
“Fossi in te, limiterei lo spreco di energie all’ ascoltarmi. Sei in fase di transizione, la tua trasformazione non è ancora completata.”- gli intimò, raccogliendo da terra la vanga ed impugnandola con entrambe le mani, per usarla come appoggio.

Dorian sgranò gli occhi, quando realizzò a cosa fosse servita.

“Questa è una fossa … Tu mi stavi seppellendo vivo!”

Indietreggiò fino alla parete, ignorando il terriccio che gli era entrato nella maglietta, graffiandogli la pelle.

“In mia difesa, avevi l’aria piuttosto deceduta, fino a pochi secondi fa.”- l‘Originale sorrise, estraendo dalla tasca posteriore dei jeans una piccola sacca-“Bevi questo. Ti aiuterà.”

“Sangue.”

Dorian lo osservò allarmato. Negò energicamente con il capo, addossandosi ancor di più alla parete di terra dietro di sé. Uncinò il terreno con le dita, spalancando gli occhi, inorridito.

La sua gola bruciava, provocandogli fitte insopportabili che lo costrinsero a digrignare i denti, più volte. Le sue pupille si dilatarono, avvertì i propri muscoli contrarsi, alla vista di quel liquido scarlatto.

Lo bramava, con ogni fibra del suo corpo.

“Bell’acume.”- sorrise Klaus, rigirandosi quella sacca, fra le mani, con torturante lentezza-“E’ della doppelganger Petrova. La chiave per creare gli ibridi.”

“Io non bevo sangue, consapevolmente.”-sussurrò Dorian.

Eppure, la sua mente ed il suo corpo agivano in modo differente. Si ritrasse quanto più poté, fuggendo all’amara e spaventosa consapevolezza di quanto quella frase non gli appartenesse più.

Non c’era alcuna via d’uscita. Il desiderio di sangue sarebbe stato la sua nuova maledizione.

“Dovrai abituartici.”- Klaus lo osservò bonariamente, chinandosi sui polpacci e mostrandogli tutta la sua comprensione- “Non troverai pietanza abbastanza saporita da placare la Sete, non ci saranno ragioni abbastanza valide, sentimenti abbastanza forti da impedirti di nutrire te stesso. Il desiderio di sangue diventerà sempre più forte, fino a renderti suo schiavo. Un vampiro in preda alla frenesia della Sete è quanto di più pericoloso esista al mondo. Figuriamoci un ibrido.”- sorrise mestamente, al pensiero che ognuna delle sue creature avrebbe avuto la possibilità di non macchiarsi della morte di qualcuno, per completare la mutazione.

Dorian Wolfskin sarebbe stato l’ennesimo ibrido di cui Klaus sarebbe stato invidioso.

“Bevi.”- soffiò, ben più serio in volto.

Giocherellò con la sacca, sotto lo sguardo famelico del ragazzo, osservando i suoi lineamenti contrarsi, nel tentativo di resistere all’ormai irrefrenabile bisogno del contenuto scarlatto.

“Scordatelo.”- sputò Dorian, con il volto deformato dall’immane sforzo cui si stava sottoponendo.

Per quanto ancora avrebbe resistito?

“Allora, non scomodarti ad uscire dalla fossa. Se non completerai la trasformazione, morirai.”- sibilò Nik, collerico- “Tanto vale che mi risparmi la fatica di riportartici.”

Si risollevò velocemente, abbandonando la sacca di sangue, sul bordo della fossa, per poi scomparire e lasciare Wolfskin da solo.

Il ragazzo si sollevò a fatica, con gli occhi verdi costantemente puntati sull’oggetto dei loro desideri, mentre le fitte alla gola si facevano più intense.

Seppure chiuso, dal contenitore proveniva uno stuzzichevole odore ferroso che solleticò le narici di Dorian, invitandolo ad avvicinarsi.

Irresistibile.

Il giovane avvertì un dolore acuto alla bocca e percepì le proprie gengive pulsare, quasi, sotto di esse, qualcosa tentasse di emergere.

I muscoli, tesi, costrinsero Wolfskin ad uno scatto in avanti che lo trascinò alla parete opposta della fossa, sempre più vicino a ciò che lo stava richiamando.

Allungò una mano, pallida e tremante, verso la sacca, afferrandola con avidità e stringendola con brama. Vi affondò i denti, serrando gli occhi, ed avvertì il carezzevole piacere di quel liquido del rosso più intenso a contatto con le sue labbra.

Deglutì a fatica, per poi berne ancora e ancora, assaporandolo, ad ogni sorso, sempre di più, saziando la sua sete.

Cheers

Klaus rise, riapparendo poco lontano.

Al suono della sua voce, Dorian lasciò andare la sacca di sangue che ricadde a terra, macchiando il terreno di un rosso che fu presto inghiottito dal suolo, lasciando di sé solo l’inconfondibile odore.

Wolfskin indietreggiò appena, avvertendo la propria testa girare.

Si sentiva forte, come mai era stato. Invincibile.

Sorrise di quella sensazione. Il tormento provato poco prima, la sua stessa morte erano valsi la pena. Il senso di assoluta completezza, di potenza che provava lo fece sorridere. Rise, rise di cuore. I suoi occhi osservarono quelli di Niklaus, pieni di riconoscenza, istintiva devozione verso colui che lo aveva salvato dalla sua maledizione.

Il suo sguardo verde scomparve, lasciando che le iridi si colorassero di un ocra inteso e spaventoso, le gengive ricominciarono a pulsare, con maggior vigore, fino a quando le zanne non le lacerarono, ufficializzando la sua trasformazione in ibrido. Ma Dorian Wolfskin  seguitò a sorridere, ignorando il dolore che quelle zanne gli avevano provocato, affiorando.

Era libero

Non sarebbe mai più stato d’intralcio ad Eva e Charles, avrebbe potuto proteggerli entrambi, avrebbe riscattato l’antico nome della sua famiglia, interrompendo la stirpe di maledetti, per iniziarne una tutta sua, più forte, svincolata da qualsiasi anatema.

“Bentornato, amico mio.”

O, almeno, così credeva.

 

 

***

 

 

 

Non dirmi che la febbre dell’Homecoming ha colpito anche te. Ti facevo meno remissiva. Speravo ti ribellassi al sistema o qualcosa del genere.”

Elena sussultò, quando la sagoma di Damon apparve nel riflesso dello specchio cui si trovava davanti. Finì di lisciarsi i capelli, per poi lanciare un’ultima occhiata al display del proprio cellulare.

Aveva ottenuto l’attenzione di Rebekah. Dopo aver tirato su di morale Caroline,  avrebbe dovuto affrontare l’Originaria e demolire tutte le sue certezze, per portarla dalla sua parte. Decisamente, non avrebbe segnato quella giornata sul calendario.

“Porto Caroline a fare un po’ di shopping terapia. E, sì, lo ammetto: ho un debole per i balli studenteschi. Biasimami, se vuoi. Tanto ci andrò comunque.”- sorrise stancamente, per poi afferrare una borsa e riempirla con pochi effetti personali.

“Ti serve un cavaliere?”

Il respiro di Damon le solleticò il collo, mentre le sue parole scorrevano leggere, fino alle sue orecchie, provocandole un fremito.

“Che ballo sarebbe, se non ne avessi uno?”- sorrise, voltandosi verso di lui.

Era cambiato così tanto, si era migliorato, lottando contro se stesso, per lei.

Silenziosamente, l‘aveva protetta, difesa, aspettando, paziente, che lei, un giorno, lo ripagasse dei suoi sforzi.

Se c’era qualcuno che meritava d’essere amato, quello era Damon.

“D’accordo.”- il vampiro sorrise suadente, per poi levare gli occhi al soffitto- “Chiederò in giro. Qualche single disperato lo troveremo, non temere.”

Rise, vedendola sbuffare sonoramente.

Le cinse i fianchi con entrambe le braccia, osservandola divertito, per poi lasciarla andare, con un ghigno provocatorio sul bel volto.

Così bella, così non sua. Elena non lo meritava. Ma era poi così sbagliato sperare che, un giorno, lei scegliesse lui?

“L’Homecoming? Sarà eccitante.”- la risata tetra di Stefan lasciò che in quella sala cadesse un gelido silenzio, rotto da un sussulto della giovane Gilbert che si irrigidì improvvisamente, sotto lo sguardo incerto di Damon.

 “ Ci vai anche tu, Elena?”- Stefan sogghignò, osservando entrambi con sufficienza, per poi avanzare con tormentosa flemma verso di loro, con passo cadenzato.

“Stefan”

Elena mormorò il suo nome, allarmata. I suoi grandi occhi color nocciola lo scrutarono interdetti, pieni di interrogativi, paura e compassione.

Cosa ne era stato di lui? Chi era quel mostro, imperturbabile e spietato, che si nascondeva dietro al suo volto?

“Sono in libertà vigilata. La cantina cominciava ad andarmi stretta, perciò, torno in camera mia.”- il ragazzo allargò teatralmente le braccia, per poi inarcare le sopracciglia, invitando entrambi i presenti a dar voce ai loro pensieri.

“E tu glielo lasci fare?”- la voce di Elena scaturì in un acuto stridulo, rivolta a Damon che aggrottò la fronte, interdetto davanti al repentino cambiamento d’umore della ragazza, nei suoi confronti.

“Scherzi? È stata un’idea di Damon.”- la risata genuina di Stefan costrinse il fratello ad emettere un ringhio basso e gutturale, palesemente minaccioso.

“Che ha improvvisamente cambiato i suoi piani e rispedirà quel parassita di suo fratello, giù nello scantinato.”- ringhiò, sorridendo mefistofelico, con gli occhi azzurri spalancati oltre il limite.

“Non lo farai, invece.”- Stefan incrociò le braccia al petto, ricolmo di soddisfazione- “Cosa direbbe, poi, Mikael? Se non sbaglio, vuole vedere anche me.”

“Sono più che certo che saprà farsene una ragione, se non verrai. Io non avrò problemi, di certo.”- latrò il maggiore, lanciandogli un’occhiata eloquente.

Stupido idiota, quale parte di “non parliamone con Elena” gli era sfuggita?

“Mikael?Che cosa?”- la ragazza li osservò entrambi, spiazzata.

La stavano tenendo all’oscuro di qualcosa e lei non poteva sopportarlo.

“Parlo davvero troppo, scusate. Sarà meglio che vada, comincio ad aver fame.”- Stefan si finse contrito, per poi ridacchiare e strizzare l’occhio alla ragazza, soffiando un “Ci vediamo” con un tono di voce talmente ironico ed impersonale da farla rabbrividire.

“Non disturbarti a tornare, Stef.”- sbottò Damon, prima che scomparisse.

Lo avrebbe ucciso. Almeno un paio di volte.

“Mikael?”

Grandioso, allora non soffriva di Alzheimer.
“Ops.”- il vampiro sorrise nervosamente e fece per andarsene, quando avvertì la pressione di una mano che si posava, con decisione, sulla sua spalla.

“Damon. Di cosa stava parlando Stefan?”
“Katherine mi ha chiamato, ieri sera. Ha trovato papà-original ed ha organizzato un incontro. Tra lei, me, Stefan e Mikael. Fattene una ragione, tu non ci vieni.”-  la guardò intensamente, pregandola di ascoltarlo.

“Io devo partecipare!”
“No che non devi, per nessun motivo al mondo.”- la rimbeccò, scotendo il capo, con fermezza- “Non sappiamo quanto sia pericoloso, non possiamo rischiare.”

Lei fece per controbattere, levando un indice di fronte a sé, ma lui la fermò, guardandola con risolutezza.

“Scordatelo, Elena.”

“Bene.”- sospirò lei, costretta ad arrendersi, davanti ai suoi occhi decisi-“Ma non cercare di tagliarmi fuori da questa storia, Damon. Ne faccio parte anche io, più di tutti voi.”

 

 

 

***

 

 

Charles Sinclair osservava il vuoto davanti a sé, tentando di far scemare la tensione che lo stava logorando.

Incertezza.

Ne aveva paura, la temeva, più d’ogni altra cosa.

La scomparsa di Dorian non era che una delle tante crepe che stavano lentamente facendo sgretolare quella parete di vita che aveva costruito a poco a poco, negli anni. Neppure la minaccia di Mikael aveva mai fatto tremare così tanto quelle fondamenta.

Niklaus, invece, stava tentando di abbattere quel muro, poco alla volta, con la metodologica pazienza di uno spietato assassino.

Prima Eva, ora Dorian.

Sinclair si sentiva minacciato, avvertiva un grave pericolo aleggiare intorno a quella che era la sua famiglia.

Klaus li stava dividendo.

Eva era diventata impulsiva e lo stava tenendo all’oscuro di quella parte di lei che era ancora legata a quel mostro. Charles sapeva che non sarebbe mai riuscita a lasciare il passato alle spalle. La presenza di Niklaus non glielo avrebbe permesso.

E Dorian?

Non era che la seconda vittima, nelle tenebre in cui l’Originale li stava lentamente facendo scivolare.

La sua scomparsa non era casuale, non poteva esserlo.

Ancora una volta, fu la segreteria telefonica ad interrompere il segnale d’attesa di quell’ennesima chiamata al cellulare del licantropo.

Andava avanti così dal giorno precedente.

Che ne era stato di lui? Stava bene? Perché non dava sue notizie? Era vivo? Chi era il responsabile della sua morte? Che ne sarebbe stato di Charles ed Eva, senza di lui?

Troppe domande, azzardate, disgustose, spaventose e nessuna risposta.

“È un vero peccato. A me, questo parquet piace davvero tanto.”

La voce di Eva lo ridestò rapidamente da quei cupi pensieri, costringendolo ad arrestare il suo incedere agitato, attraverso il salotto. La ragazza lo osservava con aria pacata, da uno dei divani, seguendolo quella sua passeggiata agitata, fra i mobili.

“Continua a non rispondere.”- sbottò Charles, serrando la presa sull’apparecchio telefonico- “Non è da lui.”

Il tono preoccupato dello stregone turbò profondamente la ragazza che si rabbuiò, raccogliendo le ginocchia al petto.

“Hai già provato a rintracciarlo con un incantesimo?”- indagò, accigliata.

Il ragazzo sospirò, accennando ad un lieve “Sì” con il capo.

“È a Richmond.”

“Beh, almeno è dove aveva detto di essere.”- mormorò lei, passandosi una mano fra i capelli.

“Mi chiedo se la sua permanenza sia volontaria o forzata dagli eventi.”

Forzata da Klaus, magari.

C’era lui, dietro la scomparsa di Wolfskin? Perché? Il suo era forse un gioco di potere? “Restatemi fedeli o vi farò scomparire nel nulla“?

“Credi sia nei guai?”

“Tu no?”

Eva era preoccupata quanto lui, ma aveva un modo insolito di dimostrarlo.

Riusciva a mantenere un completo controllo di sé, senza che alcuna emozione trasparisse, se non dai suoi occhi.

“Questo mese è stato particolarmente duro, per lui. Probabilmente, si starà godendo la sua libertà.”- replicò pacata, augurandosi che fosse la verità.

Una parte di sé, ne era certa, sentiva che sarebbe tornato. O, almeno, lo sperava così tanto intensamente, da spingerla a crederlo.

“Una telefonata non credo sarebbe così vincolante.”-sibilò Sinclair, abbandonandosi sul divano, accanto a lei, per poi appoggiare la testa, esausta per la forza pressante con cui gli interrogativi si accavallavano nella sua mente, contro lo schienale del sofà.

Il suo cellulare trillò, facendolo sussultare. Eva si sporse verso di lui, piena di curiosità.

From Dorian: Tornerò stasera, ho avuto qualche contrattempo. Spero di non aver sabotato il tuo appuntamento,

Dorian.

 

Sollievo.

Charles ne fu pervaso e sospirò, rilassando i muscoli tesi. Rilesse più e più volte quelle poche parole, cercandovi un messaggio implicito, una richiesta d’aiuto, il minimo segnale di allarme.

Forse, stava diventando paranoico. Eppure, una curiosa sensazione alla bocca dello stomaco gli imponeva di mantenere alta la guardia.

Richiamò Wolfskin, deciso a chiarire la situazione, nell’immediato.

Non rispose.

Perché non gli aveva risposto? Non poteva? Si stava nascondendo? Stava scappando? Da chi?

Sinclair conosceva la risposta. Klaus. Seguitava ad essere convinto che dietro l’illogica sparizione - e riapparizione- di Dorian ci fosse l’ibrido che, come un abile burattinaio, muoveva silenziosamente fili invisibili, costringendo le sue marionette ad eseguire i suoi comandi.

Perché Dorian?

Klaus era davvero coinvolto? Quali prove aveva, se non la sua diffidenza ed il suo odio manifesto nei suoi confronti?

“È Wolfskin?”- domandò Eva, scrutando con interesse ed ansia il display del vecchio Nokia,  mordendosi nervosamente il labbro inferiore.

“A quanto pare, tornerà stasera.”- sospirò Sinclair, chiudendo, per un istante, gli occhi grigi, nel disperato tentativo di liberare la propria mente da tutti quei quesiti irrisolti.

“Lo sapevo!”- la ragazza accanto a sé inarcò le sopracciglia, entusiasta- “Mi devi venti dollari.”

Lui aggrottò la fronte, piuttosto interdetto.

Eva lo osservava con decisione, con un mezzo sorriso astuto sulle labbra chiare.

Così fortunata, a non conoscere a fondo la mente umana.

Charles aveva una chiara visione dei lati più oscuri e spaventosi del pensiero degli uomini. Per questo temeva il peggio: sapeva che aspetto avesse.

“No che non te li devo. Non abbiamo fatto alcuna scommessa.”- sbuffò divertito, incrociando le braccia al petto.

Era turbato, attanagliato dall’orribile consapevolezza che qualcosa non andava.

Quel messaggio non era stato, per lui, consolatorio. Chiunque avrebbe potuto scriverlo e fingersi Dorian.

Il fatto che il licantropo seguitasse a non rispondere alle sue chiamate sembrava confermare le sue teorie.

Cosa stava accadendo?

“La mia era una scommessa mentale.”- rise Eva, sfidandolo con lo sguardo.

Sinclair era certo che, dietro quel sorriso, anche la ragazza vivesse le stesse preoccupazioni.

“Non ce li ho venti dollari.”- replicò il ragazzo, stringendosi nelle spalle, ben deciso a non affliggerla con i suoi sospetti e le tue teorie di complotto.

Ad ognuno i suoi fantasmi.

“Il resto della spesa andrà benissimo.”- insistette lei, sferrandogli un pugno leggero al braccio, con un sorriso sardonico.

Lo stregone sospirò pesantemente, per poi infilare una mano nella tasca dei pantaloni scuri che indossava ed estrarne il contenuto.

“C’erano delle offerte, non ho saputo resistere.”- sogghignò, lasciando ricadere, nei palmi tesi di Eva, pochi cents.

Ammiccò, con aria di sfida, per poi rialzarsi dal divano e risalire rapidamente le scale, diretto verso il piano superiore.
“Taccagno.” - ringhiò la ragazza, rigirandosi fra le mani quegli spiccioli che non raggiungevano nemmeno un dollaro.

Sinclair scomparve nel piano superiore per quasi tutto il pomeriggio, perso nei propri pensieri, lasciando alla giovane lo spazio di dedicarsi ad un’attività di cui intendeva occuparsi già dal giorno precedente. Dalla finestra che affacciava sul vialetto principale, filtravano spifferi d’aria capricciosi, per via della voragine che Dorian vi aveva aperto, in mancanza della chiave di casa.

Frugò attentamente nei cassetti che i coniugi Gray avevano relegato alla manutenzione domestica, cercando del silicone, per poi rimediarsi- non proprio convenzionalmente- un paio di lastre di legno con cui sigillare la finestra.

Era sempre stata brava, con il bricolage. Più dei ragazzi, di certo.

Impiegò parte della sua giornata in quella riparazione, per poi osservare soddisfatta il risultato soddisfacente che aveva ottenuto. I tiepidi raggi di sole avrebbero avuto un nuovo ostacolo da superare, prima di poter riscaldare l’ingresso e parte del salotto.

Poi, il campanello suonò.

Eva sobbalzò, abbandonando sul pavimento gli strumenti di lavoro, per raggiungere rapidamente la porta d’ingresso, piena di curiosità.

Era certa di sapere chi fosse.

“Io ti uccido!”- ruggì,spalancando la porta che sbatté violentemente contro lo stipite.

La giovane sbarrò gli occhi, per poi ammutolirsi improvvisamente. C’erano delusione e meraviglia, nel suo sguardo.

Incontrò gli occhi scuri di una ragazza che la osservò accigliata, intimidita dall’irruenza con cui era stata accolta.

“Ciao”- sorrise tesa-“Mi chiamo Bonnie Bennett. Charles è in casa?”

Eva sussultò, per poi ricomporsi.

“Ehi”-mormorò, facendosi lentamente da parte- “Prego, entra. Io sono … Evangeline.”

Normalità.

Si impegnò a mantenerla, tentando di entrare nella parte. Sorrise, leggermente imbarazzata.

“Tu sei …?”- Bonnie inarcò un sopracciglio sottile,mentre i suoi occhi correvano sulla figura di Eva, con sguardo interrogativo.

Aveva sentito Charles menzionare un giovane nipote dei coniugi Gray.

Ma non aveva mai fatto il nome di una ragazza. Eppure, una come lei non si dimenticava facilmente.

Perché Charles non aveva mai nominato Evangeline, prima?

“Un’amica d’infanzia.”- ribatté prontamente la bionda, per poi guadarsi intorno, nervosa, ed urlare a squarcia gola un “Charles? C’è Bonnie!” che, era certa, lo stregone non avrebbe potuto ignorare. Probabilmente, nemmeno il vicinato.

“Bella casa, davvero confortevole.”- sorrise la Bennett, osservando interessata l’elegante arredamento di quella camera.

Eva annuì, grata, per poi invitarla a prendere posto ed accomodarsi.

“Tu sei il suo appuntamento di ieri sera? Ti prego, dimmi che non ho fatto una figuraccia colossale.”- domandò interessata, per poi sedersi sul divano opposto alla ragazza dai capelli corvini.

Appuntamento, si.”- sorrise Bonnie, ben poco convinta- “Non ti ho mai vista, in giro. Mystic Falls è una città piuttosto piccola, le novità tendono a notarsi in fretta.”

Eva trasalì. Nella sua mente, quella semplice ed amichevole conversazione cominciava ad assumere gli aspri toni di un interrogatorio.

“Non esco spesso.”- soffiò, stringendosi nelle spalle, con aria indifferente.

Dov’era Charles?

Faceva davvero caldo in quella stanza. O, forse, si gelava. Non lo sapeva.

“Io frequento abitualmente il Mystic Grill, con un paio di amiche. So che vi fermerete qui per un po’; se ne hai voglia, potresti unirti a noi. Immagino che convivere con due ragazzi non sia sempre il massimo.”- sorrise la Bennett, con le labbra piegate in un’espressione amichevole.

“Oh, credimi, non ne hai davvero idea!”- e, per un breve istante, la bionda si lasciò andare, dimenticando di dover diffidare degli estranei. Che guai avrebbe potuto portare quella brunetta dal sorriso cordiale?

Eva si rilassò, prendendo un lungo respiro, liberandosi dal senso d’oppressione che l’aveva invasa fino a quel momento. Cercò di immaginarsi in un locale, in compagnia di amiche. Aveva conosciuto così poche persone, nell’arco della sua seconda vita … Agognava la normalità da troppo tempo, desiderava con ardore di non dover diffidare costantemente di chi avesse davanti, di poter smettere di temere il mondo. E sapeva che quella era una realtà ancora lontana.

“Ciao, Bonnie”- Charles irruppe nel salotto, ridestando Eva dai propri pensieri.

“Che sorpresa.”- sorrise teso lo stregone, osservando con severità la Bennett.

Che diavolo ci faceva lì?

Lei lo scrutò con determinazione, leggermente intimidita dal suo sguardo grigio e spietato.

Nessuno sapeva che fosse in quella casa. Aveva agito sconsideratamente, seguendo il proprio istinto. Ma chi le garantiva che Charles Whitechapel non le avrebbe fatto del male?

“Ti va di fare quattro passi?”- mormorò con voce flebile, per poi avanzare, cauta, verso l’ingresso della villetta.

Fuori, alla luce del sole, avrebbe agito con maggiore sicurezza.

“Ma certo.”- acconsentì il ragazzo, con un rigido cenno del capo- “Prendo la giacca.”

Sinclair le passò accanto, per poi superarla e raggiungere uno dei sofà, dove aveva abbandonato il proprio soprabito. Guardò eloquentemente Eva che acconsentì, con uno sbuffo: sarebbe rimasta in quella dannatissima casa, sì.

Ma poi, colta da un momento di euforia, lo seguì, insieme a Bonnie, fin oltre la soglia di casa, esclamando un “La approvo, è carina!”, con un tono, non poi così riservato, che fece sospirare lo stregone ed arrossire la strega, visibilmente a disagio.

Decisamente fuori luogo.

Sinclair si allontanò rapidamente dal vialetto, incitando la Bennett a fare altrettanto.

“Mi accusi di non so cosa, ti presenti a casa mia, senza che io ti abbia dato indirizzi o appuntamenti … Siete tutti così invadenti e ficcanaso qui, o questa è una tua peculiarità?”- ringhiò spazientito, rivolgendo un’occhiata particolarmente severa alla ragazza accanto a sé.

“La seconda. E, in genere, è una dote molto apprezzata, qui in città.”

“Ma non mi dire.”- sbuffò seccamente lui, incrociando le braccia al petto.

Aveva sempre rimproverato a Dorian di essere troppo impulsivo ed irresponsabile e, ora, non poteva far altro che biasimare se stesso. Rischiava di compromettere la sua sicurezza.

“Voglio sapere chi sei e cosa sai, Charles.”

Il ragazzo osservò Bonnie con aria sorpresa, dandole ad intendere quanto quella domanda lo avesse spiazzato.

“Sono uno studente in vacanza, capitato, evidentemente, in una cittadina bigotta della Virginia.”- mentì, guardandola, furioso- “Cosa so? Che la prossima volta, andremo in Texas.”

“Il modo in cui sei riuscito ad interpretare quei segni, ieri sera, ti ha tradito.”

Lo sapeva, ne era perfettamente consapevole. Quel pensiero lo aveva tormentato per tutta la notte, spaventandolo.

Il suo interesse lo aveva costretto a scoprirsi ed ora avrebbe dovuto affrontare le conseguenze di quella sua sconsideratezza.

Ma, una parte di sé sorrise, al pensiero di poter mettere in chiaro le cose.

Poteva tornare a suo vantaggio.

“Sono solo molto bravo, in quel campo.”- sorrise inconsapevolmente, ridendo delle sue stesse bugie- “Vuoi farne un dramma?”

“Non ti sei scomposto più di tanto, parlando di vampiri, licantropi e streghe.”

Erano all’ordine del giorno, per lui.

“Conosco il folklore, so che c’è gente facilmente suggestionabile che tende a credere a certe storie.”- ghignò, con aria di scherno.

“E tu ci credi?”

Certamente.

“No.”- replicò, sempre meno convinto. Un mezzo sorriso gli deformava il volto, mentre, dentro di sé, Charles Sinclair affrontava un curioso dibattito fra la ragione e l’istinto.

Seguitare a mentire o lasciarsi scoprire? Aveva poi così importanza?

Lo stregone era ormai certo che il pericolo non fossero Bonnie, i fratelli Salvatore, Mikael stesso.

L’ombra del Male aveva la stessa sagoma di Niklaus.

Lui era il suo nemico.

“Io dico di si.”-insistette la Bennett, guardandolo risoluta-“Sapevi della verbena e dello strozzalupo nella tua birra.”

“È possibile.”- soffiò lui, per poi sorriderle lascivo.

“Sei uno stregone.”

Right, sweety.

“È un insulto insolito.”- sogghignò Sinclair, aggrottando la fronte.

“È la verità.”

Lo era.

Charles sospirò, annuendo impercettibilmente con il capo. Aveva permesso a Bonnie di trovare una risposta ai suoi dubbi, le aveva concesso di avvicinarsi al suo reale essere, abbassando la guardia.

E ne era profondamente felice. Il suo piano, dettato dagli ultimi avvenimenti, stava lentamente prendendo forma.

“Perché sei qui?”- la Bennett lo osservò, incerta, una volta appurato che le sue congetture avevano un fondamento.

Aveva davanti a sé un ministro della Natura e, contrariamente a quanto avrebbe potuto pensare, non ne era intimorita.

Qualcosa, anzi, le diceva che quell’incontro sarebbe potuto essere propizio.

“Sono in vacanza con degli amici.”

“E loro cosa sono?”

“Gente normale che ignora certe mie capacità.”- ribatté prontamente il giovane inglese, deciso a limitare i danni.

Doveva tenere lontani Eva e Dorian dalla mente di Bonnie, impedire che lei o chiunque altro, in quella cittadina maledetta, si interessasse ai loro trascorsi. 

“Umani?”

“Terribilmente scettici e razionali, fra l’altro.”- sospirò lui, tentando di apparire credibile- “Gradirei che questa conversazione rimanesse privata.”

Lei annuì silenziosamente, accennando ad un lieve sorriso.

Riusciva a comprenderlo. Neppure per lei era stato semplice riuscire a conciliare la magia con la vita quotidiana. Era logico e assolutamente plausibile che Whitechapel avesse deciso di tenere i suoi amici all’oscuro dei suoi poteri.

“Cosa sai sui vampiri originali?”- domandò, infine, ben determinata ad andare in fondo alla questione.

“Quello che ora sai anche tu.”

Il ragazzo sibilò, agitato. Qualcosa, in quella domanda, lo aveva messo a disagio.

“Credevo che avessi smesso di opporre resistenza.”- lo rimbeccò lei, contrariata.

“Non mi capita spesso di avere conversazioni di questo genere, con i miei simili.”

“Se è per questo, nemmeno a me.”- ammise la ragazza, in un soffio deciso- “Cosa sai degli Originali.”

“Perché ti interessano così tanto?”- domandò Charles, con uno sguardo indagatore che gli accendeva gli occhi grigi, brillanti di curiosità.

Conosceva la risposta, la condivideva.

“Io cerco il modo di uccidere un ibrido.”-  quanta determinazione, nelle parole di Bonnie-“Klaus.”- la ragazza sputò quel nome, con tutto il veleno che aveva in corpo.

Charles si compiacque di tutto quel fiele, così simile a quello che lui stesso provava, nei confronti dell’Originale.

“E hai già qualcosa in mente?”

“Forse.”

Bonnie lo osservò incerta, interdetta di fronte al repentino cambiamento d’umore del ragazzo. Era evidentemente interessato a quanto lei avrebbe detto.

“Illuminami.”- la esortò, senza riuscire a trattenere un mezzo sorriso malsanamente euforico.

“Non credo di potermi fidare pienamente di te, Charles.”

“Ti ho dato prova di lealtà, svelandoti la loro storia.”- sbottò il ragazzo, serio in volto- “Sai come sono nati.”- la osservò intensamente, augurandosi che gli credesse-“Dal tuo viso, si direbbe che hai anche idea di come distruggerli.”- prese un lungo respiro, proferendo quelle ultime due parole, dopo averle a lungo ponderate-“Voglio aiutarti.

Bonnie schiuse le labbra in un’espressione di pura sorpresa.

Mai avrebbe pensato che Whitechapel volesse prendere parte a quella spaventosa guerra.

“Perché?”- soffiò, ancora scossa dalle sue parole.

“L’ibrido deve morire.”- Sinclair sillabò quella frase, con determinazione e rancore-“Ho due ragioni perché ciò debba avvenire.”

Dorian, Eva.

C’erano motivazioni più potenti?

“C’è un cacciatore di vampiri che potrebbe fare al caso nostro. Il suo nome è Mikael.”

Sai che novità.

“Il suo nome era fra le fotografie.”- Charles dovette fingere di non avere alcuna idea di chi fosse- “Si direbbe contemporaneo dell’ibrido.”

“Crediamo facesse parte della sua famiglia.”

Vai al sodo, Bonnie.

“Dov’è, adesso?”

Lontano, vicino, dietro quell’angolo, alle loro spalle.

Mikael era una presenza costante, un fantasma che infestava ogni luogo in cui si rifugiavano, non vincolato ad una casa, ma legato a loro.

Ed ora? Dove si nascondeva, dove li attendeva?

“Da qualche parte, non lontano da qui.”- soffiò la Bennett, intimidita dal pressante interesse con cui il ragazzo chiedeva del Cacciatore-“Questa sera incontrerà il resto della compagnia, per decidere un piano.”

Dalle parole della strega, sembravano molte, le persone coinvolte in quell’oscuro contrasto.

“Quanti siete e che scuse avete, per cimentarvi in una battaglia millenaria?”

“È complicato.”- sorrise debolmente la ragazza, inspirando lentamente- “Quello che ci spinge a lottare è l’amore per le persone a noi care. Klaus ce ne ha già portate vie molte, senza che noi potessimo fare niente.”

“Credo di capire.”

Mikael aveva distrutto la sua famiglia, Klaus gli stava portando via quel poco che di quella restava.

“Voglio incontrare il Cacciatore, Bonnie.”- sbottò risoluto lo stregone, lasciando basita la Bennett che ritrasse il mento, incredula.

Charles ignorò quella curiosa sensazione allo stomaco che spesso lo aveva colpito, in caso di pericolo.

Stupido o insensato che fosse, voleva affrontare lo spettro che lo perseguitava da ancora prima che nascesse.

“Non credo si possa fare.”

Bonnie lo osservò titubante, sospettosa di fronte allo zelo con cui quel ragazzo, apparso dal nulla, si proponeva di aiutarla.

“Tu hai i tuoi cari, io ho i miei.”- ringhiò Charles, indispettito dalla sua risposta-“Posso aiutarvi ad uccidere l’ibrido, ma voglio prima parlare con il Cacciatore.”

Che andasse al Diavolo lei, se avesse continuato a rifiutare. Avrebbe trovato da solo un modo per contattare Mikael.

“Vieni nella piazza principale, questa sera, verso le nove.”

 

 

 

***

 

 

 

 

Che diavolo stava facendo?

Avanzava meccanicamente lungo le vie debolmente illuminate di Mystic Falls, udendo a malapena il suono dei propri passi, immerso in quello che era un silenzio quasi palpabile.

Follia.

Doveva certamente esserne affetto, per essersi spinto così oltre.

Rancore.

Lo serbava da tempo e sentiva il bisogno di liberarsene, una volta per tutte.

Gelosia.

La provava, senza riconoscerla. Klaus gli stava portando via ogni cosa, più rapidamente di quanto immaginasse. Probabilmente, Eva non aveva mai smesso di essergli legata e mai lo avrebbe fatto, ma Sinclair la percepiva più distante di quanto non fosse mai stata, improvvisamente antica ed eterna, irraggiungibile, ineffabile.

Dorian lo teneva all’oscuro di quel che lo affliggeva, allontanandosi sempre di più. Non c’erano mai stati segreti, fra loro, fratelli di colpa.

Niklaus aveva distrutto quel piccolo universo che i tre ragazzi avevano saputo faticosamente creare, imponendo le sue tenebre.

La verità era che l’ibrido non sarebbe mai stato in grado di aiutarli davvero.

Anche se fosse riuscito ad uccidere Mikael, Eva non sarebbe mai stata libera. Probabilmente, se possibile, la sua condizione si sarebbe ulteriormente aggravata, rendendo la sua esistenza un Inferno ancora più vasto e doloroso.

Mikael non era che uno dei nemici di Klaus.

Un mostro del genere quanti ne poteva avere?

Non sarebbe stato che l’inizio.

Avrebbero braccato Eva, fino a farla pregare ed implorare la morte. Lei, che meritava di vivere altri mille anni, per essere ripagata del suo sacrificio ingiusto.

Fintanto che Niklaus sarebbe stato in vita, lei ne sarebbe stata prigioniera.

Ma se l’ibrido fosse stato ucciso?

Eva non era che la seconda arma, contro Klaus.

La prima era tenuta saldamente fra le mani spietate di Mikael ed attendeva, con trepidazione, di essere piantata nel cuore del suo figliastro.

Se Klaus fosse morto, per mano del suo patrigno, Eva non sarebbe più stata indispensabile.

Libera.

In grado di condurre una vita normale, di tornare a vivere realmente, di riguadagnare ciò che era stata costretta ad abbandonare.

Per questo motivo, Charles Sinclair camminava speditamente e senza alcun relativo controllo dei propri arti, lungo le blande vie di quella cittadina della Virginia.

Per lei.

 Per la loro famiglia, per ciò che avrebbero potuto essere, una volta svincolati dalla profezia che pendeva sulla sua testa, con l’aggraziata e spaventosa lentezza della  leggendaria spada di Damocle.

Charles aveva il potere di fermare quell’arma profetica prima che potesse colpire Eva.

Good evening”- sorrise audace, quando raggiunse la piazza del centro cittadino.

Osservò distrattamente un paio di passanti rumorosi, per poi concentrare il proprio sguardo su due figure laconiche, ferme in pose granitiche ed orgogliose.

“E tu chi diavolo sei?”- ghignò Damon, incrociando le braccia al petto.

Scrutò attentamente il giovane- inglese, dall’accento- che veniva loro incontro.

Avvertì la forte presenza di Stefan, accanto a sé, per poi inarcare un sopraciglio, con aria di sufficienza.

“Bonnie mi ha detto di raggiungere questo posto.”

Ma che brava streghetta.

Aveva agito alle loro spalle, stretto alleanze con un perfetto sconosciuto, invitandolo all’assoldamento del più pericoloso sicario di tutti i tempi.

“Tu sei lo stregone casualmente di passaggio per Mystic Falls, allora.”- sorrise sardonico, spalancando impercettibilmente gli occhi azzurri. Trattenne a stento una risata di scherno.

“Siamo qui per le stesse ragioni.”- Sinclair ricambiò il sorriso ironico, per poi rifugiare entrambe le mani nelle tasche del cappotto nero che indossava- “Il mio nome è Charles Whitechapel, ad ogni modo.”

“Damon e Stefan Salvatore”- ribatté il vampiro, indicando se stesso e suo fratello, con un gesto disinteressato della mano- “Non che per noi sia un piacere. Non ci piacciono gli stranieri che si immischiano in questioni private.”- ringhiò, con lo sguardo palesemente minaccioso, celato da un sorriso mefistofelico.

“Per come la vedo io, siete voi che ad esservi intromessi nei miei piani.”- sorrise lo stregone, osservando entrambi con curiosità.

Dunque, loro erano i vampiri che gestivano la Pensione in cui alloggiava Rebekah.

Lo affascinò il modo in cui quelli che credeva fossero i suoi nemici si erano rivelati validi alleati.

Volubile è la mente umana.

“Bonnie sembra fidarsi di te, per qualche ragione a me decisamente oscura.”- sorrise Damon, sotto lo sguardo severo di Stefan-“Ma se davvero puoi aiutarci ad uccidere Klaus, francamente non mi serve altro.”

Il più giovane dei Salvatore emise un ringhio contrariato, irrigidendosi sul posto.

Dare fiducia non sembrava essere una buona idea. Stefan, ancor meno di Damon, voleva introdurre un estraneo in un contesto così pericoloso. Oh, non perché temesse per la sua incolumità.

Era piuttosto questione di non avere a che fare, eventualmente, con un nemico in più.

“Ciò non toglie che, se, per qualsiasi motivo, dovessimo cominciare a dubitare della tua lealtà, non esiteremo a sbarazzarci di te.”- sentenziò Stefan, con voce baritonale. Il suo sguardo freddo, d’un verde spento, a causa del recente soggiogamento di Klaus, si posò con determinazione sul volto di Charles.

“Mi hai tolto le parole di bocca, Stefan.”- sorrise lo stregone, guardandolo con risolutezza negli occhi spietati.

Ormai non poteva tirarsi indietro. Avrebbe presenziato all’incontro con Mikael e guardato negli occhi quel mostro che aveva terrorizzato la sua famiglia dall’alba dei tempi. Quanti Sinclair e quanti Wolfskin erano morti, braccati dal Cacciatore?

Come poteva, Charles, allearsi con l’uomo responsabile della morte di quasi tutti i membri della sua famiglia?

Elizabeth Sinclair, sua nonna, era stata la sua ultima vittima.

Con quale coraggio avrebbe più pensato ai suoi cari, dopo che la sua mano avresse stretto, sigillando un’ingiusta alleanza, quella di Mikael?

“Davvero splendido.”-ghignò Damon, ridestandolo dai suoi pensieri-“Vogliamo andare?”

No.

Si.

Certamente.

Mai.

“Vi seguo.”- mormorò confusamente lo stregone, per poi prendere posto in un’ elegante auto sportiva, parcheggiata poco lontano.

Avvertì il ronzio continuo ed instancabile dell’auto, lanciata in una corsa spericolata, dettata dal fatto che il conducente e suo fratello avevano già incontrato, a loro tempo, la morte e non la temevano più.

Diavoli fortunati!

Charles si aggrappò alla maniglia dello sportello, con quanta forza aveva in corpo, quasi da quel pezzo di plastica dipendesse la sua stessa vita.

E, del resto, era così.

Le luci e la strada si mischiavano, creando giochi di ombre nell’abitacolo silenzioso, mentre l’auto correva veloce, lasciandosi alle spalle il cartello di benvenuto di Mystic Falls.

Un piccolo pub, in lontananza, li accolse con un’insegna intermittente, rifulgente quanto un visionario Graal.

Damon abbandonò la vettura nel piccolo parcheggio del locale, per poi avanzare con decisione verso l’entrata, seguito da Stefan ed un incerto Sinclair.

Solo per dare un’occhiata, si ripeté lo stregone, avanzando cauto, dietro i due vampiri.

In seguito, avrebbe deciso se procedere con il suo piano o lasciarsi inghiottire nelle tenebre in cui Klaus aveva già trascinato Eva e, probabilmente, anche Dorian.

Voleva solo conoscere le reali intenzioni del Cacciatore.

“Oh, Dio, c’è anche Katherine!”- Damon plaudì con falso entusiasmo, indicando una figura, leziosamente appoggiata ad un bancone- “Devo essere in un incubo, allora.”- ghignò, andando incontro alla vampira, così simile e così lontana da Elena-“Ti direi ‘Chi non muore si rivede’ , ma, come sai, le battute squallide sono sempre state una prerogativa di mio fratello.”- inarcò le sopracciglia, per poi battere una mano sulla spalla di Stefan- “Avanti, Stef, so che muori dalla voglia di dirglielo.”

“Ciao, Katherine.”- sorrise il più giovane, ignorando deliberatamente Damon ed il suo infantilismo.

“Klaus ti ha ridotto maluccio, a quanto vedo.”- la vampira avanzò, con passo cadenzato, verso di lui, inarcando un sopracciglio- “Ora, sorridi. Non sembri tu.”- constatò sardonica.

“Sono libero dal peso dei sensi di colpa, adesso.”- replicò lui, con un sogghigno pericoloso-“Non è affatto male.”

Katherine lo guardò interdetta, per poi spostare la propria attenzione sulla terza figura che aveva fatto ingresso insieme ai suoi pupilli.

“E questo chi è?”

“Un nuovo membro dei Klau(s)layers.”- ribatté prontamente Damon, sussurrandole maliziosamente all’orecchio.

Sinclair osservò la giovane donna, con meraviglia. Era la copia esatta di Elena Gilbert, eppure, niente, nel suo atteggiamento, ricordava la studentessa che aveva incontrato il giorno precedente.

Se fossero state gemelle, ne era certo, avrebbe trovato anche solo un minimo particolare che le avrebbe accomunate, oltre l’aspetto fisico.

Ma Elena e Katherine erano due menti ben distinte e diverse, probabilmente opposte.

A meno che …?

“Charles Whitechapel.”- si presentò, tendendole con determinazione la mano-

“È un vero piacere, per me conoscere la seconda doppelganger.”- sogghignò, compiaciuto della propria intuizione.

Vide gli occhi della vampira osservarlo stupiti, per poi scrutarlo con attenzione, diffidenti.

“In via di successione, io sarei la prima, tesoro.”- soffiò, con un sorriso macabro sulle belle labbra.

“Lui è sul retro. Muovetevi.”- sbottò infine, indicando con il mento una porta, celata dietro una tenda di perline, oltre il bancone.

Charles dovette concentrarsi intensamente, per controllare le pulsazioni accelerate del proprio cuore. Teso, seguì i due Salvatore, guidati dalla splendida Petrova, oltre quel varco, ritrovandosi in una piccola stanza, arrangiata a dispensa, debolmente illuminata da un vecchio lampadario anni ‘30, che emetteva un tenue bagliore verdognolo e malato.

Seminascosto nell’ombra, un uomo sulla cinquantina, elegante e distinto, li scrutò meticolosamente, con le mani congiunte dietro la schiena ed uno sguardo imperturbabile negli occhi.

“Voi dovete essere i fratelli Salvatore”- sentenziò, aggrottando appena le sopracciglia grigiastre-“Tutti e … tre?”

“Questo qui è a parte.”- Damon indicò Charles, visibilmente a disagio, in quella stanza, circondato da quattro vampiri che, con ogni probabilità, se avessero saputo chi realmente fosse, gli avrebbero strappato il cuore dal petto.

“Il tuo cuore batte, ragazzo.”

Lo sguardo glaciale, arido ed intransigente di Mikael si posò, meravigliato, su Sinclair.

Il ragazzo serrò la mascella, celando l’odio ed il timore che nutriva verso quel mostro.

“Succede, quando sei vivo.”- sputò, avendo la meglio sul nodo che gli si era formato in gola. Spostò lo sguardo sulle pareti mai dipinte della stanza ed i suoi occhi furono istintivamente catturati da una macchia d’umidità, su di una parete. Vi si concentrò, soffocando i propri pensieri.

Prese lunghi respiri, tentò di stabilizzare il proprio battito cardiaco.

“È uno stregone.”- spiegò Stefan, inarcando un sopracciglio. Coglieva la sua paura, la percepiva come se fosse propria.

“La magia che scorre in voi ministri della Natura mi ha sempre affascinato. Siete creature capaci di grandi cose.”- Mikael si schiuse in sorriso mite che facilmente sarebbe potuto essere scambiato per un ghigno sarcastico.

“Hai un’aria familiare.”- disse infine, seguitando ad osservare Charles, con morboso interesse.

“È la prima volta che ti vedo.”- replicò, fin troppo rapidamente, il ragazzo.

Non era una menzogna.

Non aveva mai avuto bisogno di avere un identikit del Cacciatore. Sapeva che, se lo avesse mai incontrato, lo avrebbe certamente riconosciuto. Avrebbe avuto le mani ricoperte del sangue della sua famiglia e, nei suoi occhi, Sinclair avrebbe ritrovato gli sguardi terrorizzati dei suoi antenati.

E così fu.

“Flirting a parte, direi che abbiamo un paio di cose di cui discutere: la sociopatia di tuo figlio ed come intendi distruggerlo.”- proruppe Damon, catturando l’attenzione dell’Originale che sollevò leggermente il mento, osservandolo grave.

“L’unico modo di uccidere definitivamente un vampiro originale è quello di trafiggerlo con un paletto di quercia bianca, ricavato dall’albero sacrificato per generarci.”

“Voglio sperare che tu ne abbia già uno, perché non abbiamo davvero il tempo di dedicarci al giardinaggio.”- Damon ghignò, incrociando le braccia al petto, per poi osservare Katherine, accigliata.

“Ed è l’unica soluzione che abbiamo?”- domandò la vampira, addossandosi ad una parete e giocherellando, con fare falsamente disinteressato, con una ciocca di capelli scuri e perfettamente curati.

Charles sentì le gambe venirgli meno, mentre l’aria, in quella stanza, diveniva irrespirabile. Boccheggiò, osservando Mikael con decisione, terrorizzato all’idea che potesse rispondere un …

Si.”- annuì con decisione il vampiro millenario, osservando eloquentemente Sinclair.

Nel suo sguardo, lo stregone colse la coscienza.

Mikael lo aveva riconosciuto, doveva aver capito chi fosse.

Il ragazzo fu attraversato da un brivido che gli provocò una dolorosa fitta alla schiena, mentre il suo stomaco si attorcigliava ed annodava, spaventato.

Il Cacciatore sapeva.

“Che mi dici di Eva?”

Fu Stefan a parlare. Non aveva dimenticato quanto quel viaggio in Europa avesse destabilizzato Klaus, quanto l’ingresso in quella tomba lo avesse terrorizzato e reso vulnerabile.

Charles serrò i pugni, madidi di sudore, per poi aggrottare la fronte, allarmato.

Non c’era alcuna via d’uscita, era finita.

Ogni cosa stava per essere mandata al Diavolo.

“Perché credi dovrei saperlo?”- proferì Mikael, spiazzando ognuno dei presenti.

Il cuore di Sinclair perse ben più di un battito e, con decisione, palpitò, estenuato.

Perché l’Originale stava mentendo? Perché nascondeva loro l’esistenza di Eva? Cos’aveva in mente?
“Perché sembra essere importante, per Klaus. Abbiamo visitato la sua tomba, non molto tempo fa. Era vuota.”- insistette il giovane Salvatore, fortemente contrariato dalla mancanza di informazioni, perfino da parte di Mikael.

Chi diavolo era Eva? Perché sembrava non essere mai esistita? E perché, se era così importante per Klaus, l’ibrido non l’aveva portata con sé, come aveva fatto con le bare dei suoi fratelli?

“Non so davvero di cosa tu stia parlando, ragazzo, ma credi alle mie parole. Io ucciderò Niklaus, io so cos’è che mi occorre per farlo.”- latrò cupo il Cacciatore, rivolgendo lo sguardo freddo e pericoloso a Charles - “La nostra sarà una collaborazione temporanea che, per inciso, non mi è necessaria. Se volete dimostrarvi utili, portatelo da me.”

Sinclair era ormai certo di essere stato scoperto. Il Cacciatore sapeva, sapeva perfettamente chi avesse davanti.

Mikael era consapevole di essere vicino ad Eva.

Quel pensiero logorò Charles, fino a consumarlo. L’aveva messa in pericolo, lui che avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di proteggerla.

“D’accordo.”- acconsentì Damon, tendendo una mano verso il vampiro millenario, per suggellare quella pericolosa alleanza- “Noi troveremo un modo di attirarlo in città, tu ti occuperai di lui.”

“Molto bene.”

 

 

 

***

 

 

Eva sussultò, ruzzolando sgraziatamente giù dal letto, sul quale si era appisolata, quando il campanello suonò. Si massaggiò le membra doloranti per la rovinosa caduta e raggiunse rapidamente il piano inferiore, percorrendo in tutta fretta le scale, fino all’ingresso. Arricciò il naso, al pensiero che Charles fosse già di ritorno: era uscito poco più di un’ora prima, per un secondo appuntamento con Bonnie. Forse era stato un fiasco colossale, ipotizzò, mentre apriva la porta.

Spalancò gli occhi blu, in un’espressione di pura sorpresa, per poi slanciarsi con foga verso l’alta figura sulla soglia ed annodare le braccia al collo di quel ragazzo che sorrise sghembo, lieto di rivederla.

“Stupido idiota!”- ringhiò la ragazza, una volta sciolto quell’abbraccio che celava, in sé, tutte le sue preoccupazioni. Come Charles, anche Eva aveva temuto il peggio. Sferrò un pugno alla spalla di Wolfskin che digrignò i denti, constatando quanto fosse notevole la forza che la giovane celava nelle braccia esili.

“Dobbiamo lavorare ancora un po’ sull’esternazione delle emozioni, sweety.”- mugugnò, per poi farsi da parte e permettere ad Eva di posare lo sguardo sul vialetto, debolmente illuminato dalla luce d’ingresso.

La ragazza deglutì nervosamente, mentre il suo cuore prendeva a battere con foga, attirando l’attenzione di una seconda sagoma che attendeva, riservata, di essere notata.

“Rebekah mi ha detto che lo stavate cercando. Ero a Richmond, per questioni di affari, e mi sono imbattuto nel nostro amico. Ho immaginato che lo rivoleste indietro.”

Eva colse dell’umiltà negli occhi di Niklaus, erto compostamente nel vialetto, quasi del tutto privo di quella maschera di arroganza ed imperturbabilità che gli aveva visto indossare, precedentemente.

Lei annuì silenziosa, confusa da quel suo nuovo volto, così insolito, così gradevole.

“Che cosa hai fatto, credevamo ti fosse successo qualcosa!”- sibilò furiosa, nuovamente rivolta a Dorian. Il ragazzo la superò, osservando incerto il proprio piede valicare la porta.

Era entrato. Probabilmente, l’invito di Eva era implicito.

“Mi sono lasciato un po’ andare, Eva.”- ghignò soddisfatto Wolfskin, per rivolgere un’occhiata d’intesa a Klaus, elegantemente composto, fuori dalla villetta- “Perché non entri, Nik?”

Eva si irrigidì, addossandosi ad uno stipite della porta ed osservando la sagoma laconica dell’Originale farsi sempre più vicina.

“Se tu sei d’accordo, naturalmente.”-  Klaus soffiò, osservandola, comprensivo, con il capo lievemente inclinato verso il basso e gli occhi che correvano ora su di lei, ora sul selciato che tracciava un percorso rettilineo, fino alla strada, separando, così, due piccoli rettangoli d’erba, tagliata all’inglese, macchiati, qua e là, da piccole aiuole di fiori variopinti, ora chiusi e sopiti, nella notte.

Eva lo osservò incerta, cercò nei suoi occhi un qualunque segnale di pericolo, ma non vi trovò nulla. Quelle distese d’acqua cristallina chiedevano la sua comprensione, la imploravano di concedere loro quella stessa fiducia che, un tempo, lei avrebbe nutrito istintivamente, incondizionatamente.

 “Avanti, vieni dentro.”- sentenziò, con un sospiro, ricevendo, in cambio di quella prova di speranza, un sorriso riconoscente.

Sperò di non doversi pentire di quella decisione. Avanzò con passi cauti, verso il salotto, percependo, dietro di sé, l’ingombrante e forte presenza di Klaus, insolitamente docile.

Eva non riusciva a capire se dovesse diffidare o meno di quel suo repentino cambio d’atteggiamento.

Cercò risposte nello sguardo verde di Dorian, comodamente seduto su uno dei divani di pelle nel salotto, per nulla turbato. Forse non c’era alcun pericolo, probabilmente Nik stava realmente tentando di riguadagnarsi la sua fiducia, lottando contro la sua stessa natura.

Eppure, Eva non riusciva a liberarsi dal sospetto che la visita dell’ibrido aveva portato con sé.

“Dov’è Sinclair?”

Wolfskin si guardò intorno, aggrottando confusamente le sopracciglia, per poi rivolgere un’occhiata interrogativa alla giovane, rigidamente composta, nel salotto.

“È uscito con una ragazza, credo.”- replicò distrattamente Eva, seguendo Niklaus con lo sguardo. Lo vide accomodarsi sul secondo divano e scrutare, quieto, la camera.

“Una ragazza?”

“Suona così strano?”- lei inarcò un sopracciglio, per poi incrociare le braccia al petto ed appoggiare i fianchi allo schienale del divano su cui Dorian era seduto.

“Affatto.”- sorrise il ragazzo, facendo schioccare la lingua, per poi negare con il capo- “Ma se è la stessa con cui è uscito ieri sera, direi che ha raggiunto un record!”

“Dovresti chiamarlo. Era sull’orlo di una crisi di nervi.”

Eva lo osservò con rimprovero, concentrandosi su di lui, per cercare di ignorare il fatto che avvertisse chiaramente la forza dello sguardo di Klaus su di sé.

“Nah, aspettiamo che torni. Sarà una sorpresa.”- Wolfskin si alzò dal sofà, per poi sorridere gioviale al loro educato ospite, stranamente non bellicoso- “Vuoi una birra, Nik?”

“Brindiamo al tuo ritorno a casa.”- l’ibrido sorrise, accennando ad un impercettibile movimento del capo, in segno di assenso. Nel suo sguardo, una nota eloquente raggiunse Dorian che scomparve in cucina, sotto gli occhi vigili di Eva.

“Perché sei qui?”

La ragazza volse lo sguardo sull’Originale, decisamente a disagio. Lo scrutò con attenzione, visibilmente tesa. 

“Per accertarmi che vada tutto bene e che tu sia al sicuro. E, a quanto pare, ho scelto un‘ottima serata, per venire a controllare. Lo stregone ti ha lasciata incustodita. È un gesto piuttosto azzardato.”

“So badare a me stessa.”- sbottò lei, aggrottando le sopracciglia, orgogliosa- “E poi, Charles ha una vita. È giusto che la viva.”

Tentò di mostrarsi sicura, ostentando un’autoritarietà che raramente aveva dimostrato di avere. Ma non voleva dare a Niklaus la soddisfazione di avere ragione.

Loro non possono proteggerti, le aveva detto.

L’assenza di Sinclair non aveva fatto altro che confermare quanto da lui sospettato.

Gli occhi blu di Eva incontrarono quelli celesti di Niklaus, per un breve istante, sfidandoli ad arrendersi all’evidenza dei fatti.

Lei non avrebbe lasciato quella che era diventata la sua famiglia.

Il silenzio ricoprì quella camera, come un velo, vestendo l’aria, i pensieri silenziosi ed ogni istante trascorso, d’eternità. A scandire il tempo, c’era unicamente il respiro regolare di Eva, il ritmato espandersi del suo torace, il moto ondulato dei suoi capelli, ogni volta che rilassava le spalle.

“Chi è morto?”- fu Dorian a strappare, con violenza, i fili di quella tela di quiete, riemergendo dalla cucina con tre birre e porgendone una a Klaus- “Bloody Hell, sarà una lunga serata, temo.”- mormorò, osservando i presenti nella stanza, entrambi turbati.

Alla nostra alleanza”- l’Originale levò la bottiglia di birra e sorrise gioviale, per poi rivolgere un’occhiata particolarmente significativa a Wolfskin che annuì, obbedendo al suo Sire.

Lasciò la stanza, con una scusa, concedendo al suo salvatore di poter, finalmente, rivelare quali fossero le ragioni che lo avevano spinto a tornare a Mystic Falls.

“Forse dovrei andare.”- Eva si schiarì la voce, constatando d’essere nuovamente sola, insieme a Nik-“Buonano …”

“Speravo potessimo parlare, in tutta onestà.”

In quel tono involontariamente perentorio, la ragazza colse qualcosa di incredibilmente simile ad una preghiera. S’irrigidì e sgranò gli occhi, schiudendo le labbra.

“Di cosa?”- sibilò, accigliata- “Credevo avessimo esaurito gli argomenti di conversazione, due giorni fa. O, almeno, tu non sembravi particolarmente in vena di chiarimenti.”

Gli occhi di Niklaus la osservavano pacati, mentre sulle sue labbra si dipingeva un sorriso tiepido, tenue e gradito, in grado di far scemare la rabbia di Eva che trattenne il respiro, incerta.

“Perché mi hai riportata indietro, Nik?”

Perché lo aveva fatto?

Klaus se lo era chiesto ripetutamente, incessantemente, con rimprovero, con dolcezza, con sgomento, con rabbia.

Aveva provato vergogna e orgoglio, per quel suo gesto d’umanità, aveva sofferto e goduto per aver vacillato, per aver ceduto a lei.

“Credevo fosse ciò che desideravi.”- soffiò, con un mezzo sorriso, sollevandosi dal divano, per venirle incontro.

Aveva rispettato il suo desiderio, esaudito la sua richiesta, soffocato l’egoismo che lo stava spingendo a portarla via dalle uniche persone che avevano saputo restituirle un po’ di felicità, la stessa gioia che lui le aveva strappato, insieme alla vita.

Una parte di sé, dormiente, rimasta sopita per secoli, lo aveva spinto a cambiare programmi, a cercare nello sguardo di Eva della gratitudine, per quel po’ d’umanità che aveva saputo mostrare. E Niklaus le aveva chiuso gli occhi, addormentandola, per non vedere quella riconoscenza che sapeva di non meritare.

Aveva paura di quello sguardo, lo temeva perché aveva avuto, in passato, un insolito potere su di lui, un’influenza che, ora, non era più in grado di sopportare.

“Lo era.”- Eva lo guardò fiera, per poi arretrare di un passo-“ Ma non capisco. Cerchi di spaventarmi, di tenermi a distanza e poi ti presenti qui, per parlare?”

Pazzo. Illuso. Miserabile.

Perché era lì? Perché era rimasto?

“Avere dei ripensamenti è ancora lecito, che io sappia.”- sorrise sprezzante, infilando le mani in tasca e serrando la presa sulle fodere, fino a lacerarle ed entrare in contatto con il jeans dei pantaloni che indossava.

“Vuoi parlare? Bene, comincia tu.”- la voce di Eva tremò, sotto il suo sguardo sincero-“Potresti iniziare con un Mi dispiace. Ne aspetto uno da più di mille anni.”

“Perderebbe di significato e di spontaneità, ora.”

Rise, rise di se stesso. Persino lui si odiò, per l’imperturbabilità con cui le aveva risposto.

Quante volte aveva gridato al vento quelle parole? Aveva lasciato che si disperdessero nell’aria, sperando che la raggiungessero, ovunque lei fosse, liberandolo da quella colpa che lo aveva logorato e continuava a ferirlo e consumarlo.

Ed ora che lei era lì, pronta ad ascoltare quelle scuse che meritava di ricevere, che lui le doveva, che entrambi desideravano sentire, lui le avrebbe taciute.

“Forse dovresti andare.”

Eva sembrava leggere, attraverso i suoi occhi, quei pensieri egoisti ed ingiusti. Sollevò appena il mento e serrò la mascella, per poi indicare la porta d’ingresso con lo sguardo rancoroso.

Probabilmente,  Niklaus avrebbe realmente dovuto lasciare quella casa, concedere ad Eva il beneficio della sua assenza. Sarebbe stato il dono più grande che le potesse fare. Ma non riusciva ad andarsene, non poteva, non voleva.

“Perché non sei tornata da me, prima?”

Domanda sciocca, insensata e inutile.

“Perché avrei dovuto?”- Eva lo osservò stralunata, allargando le braccia, di fronte all’assurdità di quell’interrogativo.

“Perché posso proteggerti.”

Le parole scaturirono in un soffio, dalle labbra di Klaus, serie, decise, reali.

La osservò attentamente, con le sopracciglia aggrottate, chiedendole silenziosamente di credergli.

Continuava a chiedersi perché fosse lì, cosa lo avesse spinto a chiederle udienza, pur consapevole di non poter rispondere alle sue domande, di non poterle chiederle alcunché, di non averne il diritto.

Rise di Eva, che non sapeva di concedergli un privilegio,  anche solo guardandolo.

Lei lo osservò a lungo, in silenzio.

“Ho impiegato parecchio tempo ad accettare il fatto di essere morta. E sapere che eri stato tu, ad uccidermi, non ha reso le cose più semplici.”- ammise la ragazza, in un sussurro deciso-“E’ paradossale che sia proprio tu a difendermi.”

Lo era.

Un carnefice pentito che curava le ferite inferte alla sua vittima.

“Non deve essere stato facile, per te, abituarti a tutto questo.”

Klaus sorrise amareggiato, mitigando lo sguardo, sprezzante per natura, ed azzardando un passo verso di lei.

“No, affatto.”- Eva addossò le spalle ad una parete ed incrociò le braccia al petto, con gli occhi accesi di risentimento- “Ci sono ricordi che non me lo permettono tutt’ora.”

E le rammentavano ogni giorno quanto quella sua nuova esistenza fosse sbagliata, invisa a tutti, ingiusta.

“Che genere di ricordi?”

Lui, loro, ciò che ne era conseguito.

“Voglio che te ne vada, Nik.”- lo pregò di lasciarla andare, di non farla scivolare in quei pensieri, ancora una volta-“Per favore.”

“Quali ricordi, Eva?”

Lui ignorò le sue parole, muovendo altri due passi verso di lei, più vicino, sempre più prossimo ad una risposta per la domanda che seguitava a porsi.

Perché era lì?

“Gli stessi che tu non sembri più avere.”- soffiò la giovane, sostenendo il suo sguardo, per poi scostarsi ancora.

L’ibrido fu più veloce e riguadagnò la distanza che lei aveva tracciato, osservandola con interesse e mestizia. Il suo sguardo era concentrato, il suo corpo attento a non compiere movimenti troppo bruschi. Chinò il capo, in cerca di parole che aveva tenuto per sé per fin troppo tempo.

“Ci sono memorie che neppure l’eternità è in grado di cancellare. Non ti nascondo che ho tentato di soffocarle, più e più volte, durante questa sorta di vita.”- rise di quell’ultimo termine, così privo di significato per lui-“Ma non ci riesco. Continuano a ricordarmi il mostro che sono e l’uomo che ero.”- confessò.

“È  così anche per me.”

Eva lo osservò confusa, diffidando della sua sincerità, di quella vulnerabilità che le stava mostrando, senza alcun timore.

“Siamo schiavi degli stessi tormenti.”- mormorò Niklaus, con voce carezzevole, osservando la propria immagine riflessa negli occhi meravigliati di lei.

Affascinante, il modo in cui, specchiandosi in quegli occhi blu elettrico, riuscisse a vedere quella parte di sé che aveva celato, a lungo, sotto una maschera di diabolica malignità. Bello e spaventoso, al contempo.

“La verità è che amavo quel passato.”- soffiò Eva, percorsa da un brivido.

Amava tutto ciò che le aveva donato e concesso di vivere.

Quello stesso passato cui sembrava essere legata indissolubilmente, inevitabilmente, che l’avrebbe accompagnata per sempre, per tutta la vita, per ricordarle che difficilmente avrebbe trovato di nuovo qualcosa di tanto simile e tanto potente a ciò che aveva avuto. Quel passato di cui avrebbe voluto cambiare soltanto una notte: quella notte che aveva fatto del suo presente il suo trascorso.

“Io ho iniziato ad odiarlo quando ho perso l’unica ragione per cui valesse la pena viverlo.”- c’era rabbia, nella voce di Klaus, rancore ed ira nei confronti di se stesso.

Klaus aveva trovato spesso, durante la sua eterna giovinezza, motivo di odiare se stesso e ciò che era diventato.

La sua eternità gli ricordava ogni giorno come l’avesse ottenuta, cosa avesse sacrificato, per averla.

Più volte aveva pensato di porre fine alla propria esistenza, di far tacere le eco di quella vita che era stato costretto a rifiutare. Ma, poi, aveva realizzato che non vi sarebbe stata punizione più grande che vivere un’eternità fatua, priva di consistenza, per ciò che aveva commesso.

“Cosa ne è stato della tua umanità?”

Era fuggita, davanti alle sue labbra intrise del sangue di Eva.

“L’ho distrutta. Non avevo più motivo di averne una.”

Non la meritava.

“Senti mai il bisogno di riaverla?”

“A quale scopo?”- Niklaus sorrise sprezzante, arretrando appena.

Vacillava, ancora una volta, debole di fronte a lei, improvvisamente vulnerabile, lui, mostro invincibile. Prese un lungo respiro, represse quello sprazzo d’umanità che sentiva invadergli il petto nel quale giaceva il suo cuore, arido e prosciugato d’ogni sentimento. Sogghignò, tornando ad indossare quel volto d’arroganza e crudeltà che aveva mantenuto per secoli, abituandosi al dolore che portarlo comportava.

“Perché questo non sei realmente tu.”

I suoi occhi si spalancarono impercettibilmente, al suono delle parole di lei.

“Non sono più me stesso da molto tempo, Eva.”- sorrise amareggiato, allargando teatralmente le braccia.

“Questa sembra essere una scusa.”

Eva aggrottò la fronte, allarmata dal repentino cambiamento d’umore dell’ibrido.

O le aveva mentito fino a quell’istante, o lo stava facendo ora.

“La migliore del mio repertorio.”- ghignò l’Originale, avvicinando pericolosamente il proprio viso a quello della ragazza. Il suo respiro regolare, fin troppo lento, le solleticò la pelle, provocandole un fremito. Eva scorse il ghigno sulle labbra di Klaus farsi sempre più ampio, quando le scostò una ciocca bionda di capelli dietro l’orecchio, scoprendole il collo contratto per la tensione.

“Dovresti andare, ora.”- la ragazza aggirò rapidamente l‘Originale, trattenendo il respiro ed augurandosi che il rossore che le aveva colorato le guance svanisse rapidamente-“Io e Dorian ce la caveremo.”

Aprì violentemente la porta di casa, per poi voltarsi e tornare ad osservarlo.

Sussultò, quando si accorse che la distanza che li divideva era ancora minore di prima. Indietreggiò verso l’uscio e si aggrappò alla superficie laccata di blu, rischiando di cadere all’indietro.

Una presa ferrea bloccò la sua caduta, restituendole l’equilibrio perduto, ed Eva avvertì una forte scarica elettrica pervaderla, fin dentro le ossa.

Fece per divincolarsi, ma la stretta di Klaus si sciolse, ancor prima che  potesse reagire, quasi lui ne fosse rimasto ustionato, tanto quanto lei.

“Buonanotte, Eva.”- sorrise lascivo, guardandola con decisione-“Per quel che vale, mi dispiace. Eri nel posto sbagliato, al momento sbagliato.”

Varcò la soglia della villetta, sotto lo sguardo incerto della ragazza che sembrò percepire, dietro quel tono sfrontato, il suono di una scusa sincera, di un dispiacere realmente provato.

Avvertì una curiosa sensazione di leggerezza farsi spazio in lei, quasi quelle parole l’avessero liberata dal peso opprimente di un rimpianto troppo a lungo provato.

“L’ironia della sorte è che credevo di essere con la persona giusta.”- ribatté prontamente, dopo aver preso un lungo respiro.

Vide Niklaus arrestarsi nel vialetto, granitico, immobile, e ne rimase affascinata. Se non fosse stato per il tiepido vento che muoveva gli steli delle ginestre, nelle aiuole del piccolo prato all’inglese, o per il lontano richiamo di una civetta solitaria, Eva avrebbe potuto credere che il tempo si fosse fermato, catturando l’ibrido in quella posa elegante.

“Lo credevamo entrambi.”

Parole sussurrate che le giunsero nitide alle orecchie, intrise di malinconia e rabbia, ricolme delle vana speranza di un perdono.

Niklaus scomparve nella notte, accompagnato dal vento che liberò nell’aria un delicato profumo di ginestre e carezzò il viso di Eva, spettinandole i lunghi capelli.

Perché era lì? Perché era lì?

Per lei.

 

Biondich Caverna:

Sono in un ritardo pazzesco! Scusate!

Non vi annoierò con le mie controversie con la connessione ad Internet ed il suicidio- quasi riuscito- del mio pc, perciò arrivo al dunque!

Cosa ne pensate di questo capitolo?

Da qui in poi la storia si farà più interessante.

Dorian è un ibrido, Mikael è nei paraggi e Charles ha deciso di schierarsi contro Klaus, perché lo ritiene una minaccia più pericolosa del Cacciatore.

Nel frattempo, il vecchio Nik cerca -in un modo tutto suo- il perdono di Eva. Riuscirà ad ottenerlo?

Anyway, non voglio dilungarmi troppo, perché questo capitolo è stato kilometrico!

Voglio ringraziare di cuore voi assidui lettori che leggete, commentate, seguite, preferite o ricordate questa storia!

I vostri commenti non sono che uno stimolo ad andare avanti! Se potessi - e se la clonazione umana fosse possibile e legale- vi regalerei un Joseph Morgan a testa!<3

Mi scuso ancora per il ritardo di questo aggiornamento e vi comunico che- ahimè!- la pubblicazione dei capitoli, temo, diventerà bisettimanale o, almeno, ogni dieci giorni. Gli impegni sono troppi ed il tempo è poco ç_ç

Grazie ancora, spero abbiate gradito quanto letto!

See ya next time,

 

Biondich!

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Capitolo 11
*** Double crossings and unsolved mysteries ***


 

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Double crossings and unsolved mysteries

 

 

“Bloody Hell, vorrei essere te, per vedere me, nel modo in cui mi stai guardando tu!”

Charles sussultò, non appena mise piede in cucina.

Aveva percepito il suo ritorno, la sua presenza, in quella casa, fin dalla sera precedente. Sinclair, dopo quella che gli  era sembrata un’eternità, in cui lo sguardo raggelante di Mikael era l’unica immagine che dominava la sua mente, era rientrato nella villetta dei Gray ed aveva scorto, sotto lenzuola sgualcite  e trapunte mal riposte sul fondo del letto, la sagoma di Wolfskin, immerso in un sonno così rilassato che lo stregone non aveva osato interrompere.

Era vivo e questo riuscì a far scemare parte delle preoccupazioni che torturavano il giovane stregone.

Charles aveva rimandato la filippica al mattino successivo ed ora, Dorian attendeva, ignaro, di subire il suo rimprovero.

“Devo farti la paternale o ti rendi conto, da solo, che mi sto trattenendo a stento dal prenderti a calci?”- sbottò Sinclair, dissimulando un sorriso sollevato-“Non ho tempo di correrti dietro, ogni volta che scompari, Dorian.”

“Risparmiamela, ti prego.”- sospirò il giovane ibrido, rivolgendo la propria attenzione ai fornelli, accesi sotto una padella ricolma di pancakes al cioccolato- “Tanto sai già che farei soltanto finta di ascoltare i tuoi prepotenti bla bla bla, interrompendo il tuo inutile soliloquio con un paio di ‘A-ah’ e ‘Hai ragione, Sinclair!’”- i suoi sensi amplificati permisero all’odore dei dolci di stordirlo leggermente, provocandogli un giramento di testa-“Siamo uomini, right? Risolviamo questa storia con una pacca sulla spalla e una birra, che ne dici?”

Sorrise gioviale, ignorando il lieve pizzicore alla gola che avvertiva. Inalò ancora una volta l’odore di cioccolato caldo e fumante, nella speranza di soffocare quella maledetta sensazione.

“Sono le otto di mattina.”

Sinclair aggrottò la fronte, piuttosto sorpreso. Addentò un dolcetto, compiacendosi delle straordinarie doti culinarie del suo migliore amico.

“E da quando questo è un problema?”- Wolfskin allargò le braccia, sorridendo ingenuamente.

Lo stregone annuì, dirigendosi, con passo trascinato, verso il frigorifero.

“Heineken o Budweiser?”- mormorò disinteressato, scrutando, contrariato, il considerevole stato di desertificazione in cui versava l’elettrodomestico.

“Sorprendimi.”

“Birra a colazione? Di chi è il compleanno?”

Eva apparve, silenziosa come un gatto, affilando lo sguardo ancora assonnato ed arricciando il naso.

Dorian fu costretto a trattenere il respiro,quando, raccogliendo i capelli in un’alta coda di cavallo, la ragazza lasciò che l’odore del suo sangue saturasse l’aria nella cucina.

Il bruciore alla gola tornò.

“Buongiorno, sweetlove.”- sorrise debolmente, schiarendosi la voce- “Carine, quelle borse sotto gli occhi. Ti danno un’aria vissuta.”

“Sei appena tornato e vuoi già essere buttato fuori di qui?”- sbottò lei, inarcando un sopracciglio ed afferrando un pancake, ormai tiepido.

Dorian rise, abbassando lo sguardo, colpevole.

“Voi due siete troppo tesi, dovreste prendervi una vacanza. Richmond ti cambia la vita. Dovreste vederla.”- illuminò entrambi con lo sguardo verde ed illuminato dalla coscienza di aver omesso un particolare molto importante- “ A proposito di tensione e nervi saldi, dimmi, Charles, come è andato il tuo secondo appuntamento con … qual era il nome della poveretta?”

“Bonnie Bennett”- intervenne tempestivamente Eva, per poi affiancarlo ed attendere la risposta di Sinclair.

“Giusto! Che nome ridondante e cacofonico.”- ghignò l’ex licantropo,  guadagnandosi un’occhiata malevola da parte di Charles.

“Bene.”

“Bene ‘non mi ha ancora denunciato per stalking’ o bene ‘lei sapeva che uscivamo insieme‘?”

Eva rise di gusto, tirando una gomitata nelle costole del ragazzo.

Bene ‘ci rivedremo prossimamente‘.”- sogghignò lo stregone, incrociando le braccia al petto.

Mentiva, mentivano tutti, in quella stanza. E a nessuno di loro interessava conoscere la verità. Ognuno, al contrario, si chiedeva, con pressante insistenza, per quanto ancora sarebbero riusciti a resistere.

“È una cosa seria, quindi?”- lo sguardo smeraldino di Dorian si accese, animato dalla curiosità.

“Assolutamente no!”

“E lei lo sa?”

“Questa conversazione finisce qui.”- ringhiò Sinclair, visibilmente alle strette- “Orientiamoci, piuttosto, sul ‘cosa o chi ha impedito a Dorian Wolfskin di mettersi in contatto con la sua famiglia per un giorno e mezzo, facendoci temere il peggio.’

“Vogliamo saltare la parte noiosa in cui io tento di spiegarvi che i drink dello Shakesbear non sono di buona qualità? Disgustosi. Nik mi ha trovato svenuto, dietro un cassonetto, un isolato più lontano dal locale.”- il giovane ibrido si massaggiò la nuca, con aria piuttosto confusa e incerta-“ Ma è stata una notte da leoni, credo.”

Non aveva il coraggio di confessare loro la verità. Non ci riusciva. Si vergognava di ciò che aveva commesso, sentiva di averli traditi entrambi.

Nik ti ha trovato?”

Charles inarcò le sopracciglia, visibilmente interdetto. Al suono di quel nome, la rabbia si era fatta spazio in lui, con la prepotenza di un’esplosione.

“Right, come ti ho detto. Mi ha dato un passaggio fino a Mystic Falls, dopo avermi offerto da bere.”- questa era la versione che aveva accordato con il suo Sire-“Sai come si dice: chiodo scaccia chiodo.”

“È tornato ieri sera, poco dopo che te ne eri andato.”- proseguì Eva, annuendo con decisione, a quella resoconto dei fatti.

“E l’ibrido?”

Sinclair era agitato.

Klaus aveva interagito con i suoi protetti, mentre lui era andato a far buon viso a cattivo gioco con il loro più acerrimo nemico.

Pura casualità?

Charles non credeva alle coincidenze.

“Si è fermato un paio di minuti, il tempo di brindare alla mia rimpatriata con una birra.”- sorrise Dorian, trasudando innocenza. Omise la permanenza dell’Originale, per parlare con Eva, decidendo di non alterare ulteriormente la labile pazienza dello stregone.

“È così?”- Charles rivolse lo sguardo preoccupato sulla ragazza, di fronte a sé.

“Già.”- si strinse nelle spalle lei, annuendo leggermente.

Tacque la sua chiacchierata con Nik, evitò di parlarne con Charles.

Lui non avrebbe capito.

Sinclair tendeva a coprirsi le orecchie, quando non voleva ascoltare.

“Questo vuol dire che non siamo più al sicuro, in questa casa. Lo avete invitato ad entrare. Bella mossa, grandiosa, davvero.”

“Nik non è certo un pericolo, per noi, Sinclair.”

Dorian scoprì i denti, in un ringhio impulsivo. Serrò la presa sul manico della padella e lo avvertì piegarsi, sotto la pressione esercitata dalla propria mano.  Mollò istintivamente la presa, prima di piegare definitivamente l’utensile.

La sua nuova forza lo rese euforico.

“Vorrei che non riponeste tutta la vostra fiducia in lui.”- sibilò Charles, aggrottando la fronte, davanti all’improvvisa reazione dell’amico-“Non ci ucciderà, ma questo non significa che non troverà altri modi per torturarci.”

“È dalla nostra parte.”- ribadì con risolutezza l’ex licantropo, inchiodando con lo sguardo lo stregone.

Avvertì i battiti regolari del cuore di Charles aumentare lievemente, mentre quelli di Eva non sembrarono avere alcuna variazione.

Lei era pienamente d’accordo con Wolfskin.

“Vi siete mai chiesti come sarebbe stato se lui ed Eva non fossero vincolati dal legame di sangue?”- ruggì adirato Sinclair, osservando gravoso prima l‘amico, poi la ragazza -“Se la tua morte non avesse alcuna influenza su di lui? Credi avrebbe ancora tutte queste premure- sempre che si possano considerare tali?”

Klaus aveva attirato a sé anche Dorian, ormai.

Che ne sarebbe stato di lui, ora che era solo?

“Se non fossimo legati, io non avrei ragione di esistere.”- replicò con fermezza la giovane, scrutandolo severamente-“Perciò, no, non me lo sono chiesta, Charles.”

Il nuovo ibrido percepì il cuore dello stregone perdere un paio di battiti, una volta realizzato di aver proferito un’ assurdità.

“Voglio solo che stiate attenti. La sua influenza è maggiore, su di voi.”- mormorò debolmente Sinclair, pregandoli, con lo sguardo grigio e costernato, di comprenderlo, di capire che, al di là di quel comportamento rigido e furibondo, non c’era che la sua paura di perderli entrambi.

“E tu vorresti dire che sei immune al suo charme?”- ghignò Dorian, incrociando le braccia al petto, con il mento lievemente sollevato.

“Io so abbastanza da non avere alcuna ragione per fidarmi di lui.”

 

 

 

 

 

***

 

 

“Rebekah, sweetheart, dove sei?”

Il primo di una lunga serie di messaggi, lasciati nella segreteria telefonica dell’Originaria.

“Maledizione, Bekah, che fine hai fatto?”

Il secondo, vibrato nel microfono del cellulare, da un Niklaus fortemente agitato.

“Rebekah, per la tua incolumità e quella di tutti gli abitanti della Virginia, rispondimi. Sai che non amo ripetermi, perciò ti suggerisco di prendere quel maledetto telefono e richiamarmi al più presto.”

Il decimo, difficilmente comprensibile, dal momento che la voce roca dell’ibrido aveva subito alti e bassi, assecondando le ondate d’ira e spavento che lo avevano colpito.

Sua sorella era scomparsa dal pomeriggio precedente, quando, dopo il risveglio di Wolfskin, aveva lasciato Richmond, per dedicarsi allo shopping.

Il suo cellulare squillava a vuoto e l’Originale cominciava a temere il peggio.

Digitò frettolosamente un altro numero, premendo con fin troppo vigore, sul display del proprio apparecchio ed attese, serrando la mascella, che il suo interlocutore rispondesse.

A Mystic Falls, Dorian osservò incerto il proprio telefono, abbandonato sul sofà, accanto a sé, vibrare, chiamato da un numero terribilmente sconosciuto.

Lo prese fra le mani ed uscì nel giardino della villetta, celando quella conversazione ad orecchie indiscrete.

“La birra di ieri sera mi è rimasta sullo stomaco, sai?”- sorrise Niklaus, improvvisamente gioviale.

Wolfskin sospirò e socchiuse gli occhi, accecato dagli abbaglianti raggi di un sole che dominava incontrastato, allontanando le nubi e riscaldando ogni superficie su cui si posava.

“Big Bro, ti sei procurato il mio numero? Così mi lusinghi!”- ghignò l’ex licantropo, coinvolgendo il suo Sire in un latrato divertito.

“Mi piace tenermi in contatto, con i miei alleati.”

“Vedo. Allora, Papi, come posso aiutarti?”

“Klaus va decisamente meglio.”- puntualizzò l’Originale, alquanto interdetto da quell‘appellativo-“Mi chiedevo se Rebekah non fosse lì con te.”

“Barbie killer? Nah, non è  qui.”

“Ne sei certo?”- soffiò, senza riuscire a celare la propria agitazione.

Perché sua sorella non rispondeva? Perché nessuno sapeva dove fosse?

“Credimi, l’avrei notata, se fosse passata da queste parti. E’ successo qualcosa?”

“Nulla di grave, amico mio.”- tornò a sorridere Klaus, per poi cambiare strategicamente argomento di conversazione-“Come procede il tuo reinserimento?”
“Meglio di quanto pensassi, a dire il vero.”

“La Sete?”

Era una torturante consapevolezza, quella di dipendere dal sangue altrui.

Dorian aveva avvertito la propria gola fremere e bruciare, di fronte alla coscienza di avere dieci litri di sangue caldo che passeggiavano liberi in quella casa.

“Ho tutto sotto controllo, Klaus.”- sbottò il ragazzo, tentando di convincere perfino se stesso.

“Immagino, allora, che i nostri Charles ed Eva abbiano accettato di buon grado la tua guarigione.”

“Già, a proposito dell’ ibr-inghippo, non ho ancora trovato un buon momento per parlargliene. Vorrei che la cosa restasse fra me e te, per un po’.”

Il tempo che le cose si appianassero, che quella situazione convergesse verso un risvolto positivo.

Avrebbe attutito loro il colpo.

“Rispetto la tua decisione. Hai la mia parola: non sarò io a rivelare loro la tua trasformazione.”

“Magari lo farò stasera, con calma, quando Sinclair sarà di buon umore. Sempre ammesso che il suo appuntamento non si trasformi in una tragedia greca. Non sarebbe la prima volta.”- Dorian si lasciò sfuggire quei pensieri, catturando completamente l’attenzione di Niklaus che si concentrò su quella telefonata, ormai inevitabilmente interessato.

“Un appuntamento? Con una ragazza del posto, presumo.”- indagò Nik, pieno di sospetto.

“Betsy Batson, Bunny Bunton, Bonnie Bennett o come diavolo si chiama.”

La strega.

Sinclair frequentava la stessa maledetta giovane strega che si prodigava con zelo alla sua sconfitta.

Curiosa coincidenza o abile doppio gioco?

Charles era a conoscenza del fatto che Bonnie stesse impiegando tutte le sue forze nella ricerca di Mikael?

Quel ragazzo non era certo uno sprovveduto, non poteva non sapere con chi avesse a che fare. E allora perché incalzava con certe discutibili frequentazioni?

“Beh, sono curioso di sapere quale sarà l’esito di questo incontro. Gradirei che mi tenessi aggiornato.”- sorrise bonariamente, soffocando ogni suo timore di un eventuale complotto dello stregone, a suo discapito.

“Sui flirt di Charles? Basterebbe un telegramma, una volta ogni quattro anni!”

“Voglio che siate al sicuro, non possiamo sapere con precisione chi ci è amico e chi no e voglio solo accertarmi che non vi sia alcun secondo fine, in questa relazione.”

“Come ti pare.”- sospirò Dorian, annuendo energicamente.

Fu poi preso da un lampo di consapevolezza, quando vide la Mustang rossa di Charles, parcheggiata nel vialetto.

“Oh, a proposito, quella Lamborghini Murcielago … era un regalo di tua sorella. Non è che …”

Rivoleva quell’auto gioiello, la desiderava con tutto il cuore.

“Te la riporto indietro.”- ghignò l’Originale, acconsentendo.

“Con il pieno!”

 

 

 

 

 

***

 

 

 

“Bu”

Tyler Lockwood sussultò, al suono di quella voce intrisa di ironia e scarso entusiasmo.

Si voltò, incontrando lo sguardo severo e glaciale di Damon Salvatore.

“Hey, che posso fare per te?”- sorrise teso, domandandosi che diavolo ci facesse lì.

Non avevano mai avuto un grande feeling, quindi cancellò la voce visita di cortesia dalla propria lista mentale.

“Non lo so, Tyler.”- il vampiro assunse un’aria meditabonda, aggrottando le sopracciglia, per poi regalargli un mezzo sorriso ed uno sguardo folle-“Ad esempio, potresti dirmi chi ha ucciso veramente quella poveretta al falò, qualche giorno fa.”- ghignò, divertito dall’espressione allarmata dell’ibrido- “Poi potresti proseguire, dicendomi perché ti sei addossato il suo omicidio e, magari, potrebbe sfuggirti anche chi ti ha chiesto di farlo. Anche se, su quest’ultimo punto, ho già i miei sospetti. Comincia con K e finisce con laus. Ti dice niente?”

“Ascolta, amico, l’ho uccisa io. Mi dispiace, è stato un raptus e mi sento terribilmente in colpa per quello che ho fatto, ma è successo.”- soffiò Lockwood, visibilmente a disagio-“ La colpa è mia.”

Damon rise amaramente, negando con il capo, tediato dalla testardaggine del giovane.

“Di che colore erano i suoi occhi?”- domandò, serio in volto.

“Io”- Tyler boccheggiò, indietreggiando, sempre più alle strette- “l’ho attaccata alle spalle, non potevo …”- mentiva.

Non sapeva neppure che aspetto avesse la ragazza di cui si era addossato l’omicidio.

“Quindi immagino che, prima di morderla, tu le abbia scostato i capelli.”- proseguì il vampiro, assottigliando lo sguardo-“Un vero peccato, quel biondo così chiaro, imbrattato di sangue … L’incubo di ogni hair stylist.”

Damon ricordava perfettamente il volto di Amanda Dupree, la giovane studentessa fatta a brandelli qualche giorno prima.

Aveva scorto i suoi occhi verdi, nella fotografia che Liz Forbes gli aveva fornito,  ed il suo incarnato pallido, incorniciato da una folta chioma di capelli ramati.

“Mi dispiace, so di aver sbagliato”- mormorò Tyler, deglutendo nervosamente.

“A-ah, risposta sbagliata, Mr. Lockwood. Quella giusta era: Scherzi, Damon? Quello snack aveva i capelli più rossi che io abbia mai visto!”- sogghignò Mr. Salvatore, con falso entusiasmo- “O vuoi forse dirmi che l’hai attaccata alle spalle e ad occhi chiusi?”

Il giovane ibrido serrò la mascella, senza poter controbattere.

Idiota.

Non riusciva a reagire, non sembrava credibile.

“Klaus ti ha chiesto di coprire l’assassino, non è così?”- insistette il vampiro, scrutandolo con decisione, certo delle proprie convinzioni-“Perché? Chi è?”

“Non ricordo il colore dei suoi occhi o dei suoi capelli, ma sento ancora le sue grida nella mia testa ed il sapore del suo sangue nella mia bocca.”- rantolò Lockwood, con un ghigno malevolo ma incerto sulle labbra- “Non ho fatto caso a chi fosse, volevo solo saziare la mia sete.”- mormorò, spaventato dalle proprie parole.
“Tu non sei cattivo, Tyler. Non mentire.”- Damon ringhiò, contrariato, per poi spintonarlo indietro- “Ma voglio dirti una cosa: ogni passo che fai verso Klaus, sarai dieci passi più lontano da Caroline e da tutti i tuoi amici.”

Lo sapeva, lo sapeva perfettamente.

Ma non riusciva a contrastare quel legame a favore di quello con i suoi cari.

“Ho tutto sotto controllo, non si ripeteranno mai più incidenti di questo genere.”- sibilò, pregando silenziosamente Damon di lasciarlo andare e non tormentarlo più.

“Non fino a quando il tuo amico non ucciderà di nuovo. Ti userà come scudo anche la prossima volta, mi domando?”

 

 

 

 

***

 

 

 

“Tu hai coinvolto Whitechapel?”- la voce della giovane Gilbert, accovacciata sul proprio letto, divenne particolarmente stridula, a causa dello sconcerto che l’aveva assalita- “Bonnie, come hai potuto! Lui è …”

“Uno stregone, Elena. Vuole uccidere Klaus e vuole aiutare noi. In tutta onestà, non siamo in condizioni di poter rifiutare l’aiuto di nessuno.”

La strega sospirò, sedendosi accanto a lei.

Parlare con Elena diventava ogni giorno più difficile. La doppelganger prendeva in analisi ogni singola parola, la sezionava, smembrava e ricollegava a fatti o eventi, nel disperato tentativo di trovare una soluzione efficace ad ognuno dei problemi che affliggevano le loro menti provate e adolescenti.

E tutto ciò la stava logorando.

“Sarà solo un’altra anima che andrà ad unirsi a quelle che già gravano sulla mia coscienza.”- sbottò la Gilbert, rammaricandosi di non aver potuto impedire che altre persone venissero messe in mezzo a quella battaglia.

“È stata una sua scelta, nessuno lo ha coinvolto.”

“Io l’ho trascinato in questa storia, io gli ho chiesto aiuto con quei maledetti simboli, sarà soltanto colpa mia, se verrà ucciso. Come al solito.”

“Smetti di autocommiserarti, ti prego.”- la strega le posò gentilmente una mano rassicurante su una spalla- “Non credo di poterlo sopportare, davvero.”- sorrise.

Elena annuì debolmente, prima di ripartire all’attacco.

“Che mi dici di Mikael? Damon ha deciso di ignorare le mie chiamate e Stefan … beh, non abbiamo molto da dirci, in questo periodo.”- sospirò, addossando le spalle tese alla testiera del letto ed abbracciando il proprio cuscino.

“Perché io dovrei saperne più di te?”

“Perché no?”- si strinse nelle spalle, sotto lo  sguardo interdetto di Bonnie.

“Abbiamo appuntamento, questa sera, alla Pensione, per fare il punto della situazione. I ragazzi ci aggiorneranno e cominceremo a pensare ad un piano.”

“Ottimo.”

“Come è andata con Rebekah? Sei riuscita a … immagino non sia stato facile.”- la Bennett osservò con occhi incerti l’amica, curiosa di conoscere l’esito dell’incontro ravvicinato fra l’Originaria e la doppelganger.

“Affatto.”- soffiò amaramente Elena, schiarendosi la voce-“L’ho vista piangere ed era così inaspettatamente umana.”

Aveva incontrato Rebekah, il pomeriggio precedente, e, spietata come mai avrebbe creduto di poter essere, le aveva comunicato che quasi tutta la sua vita ed il suo affetto per Niklaus erano costruiti su di una menzogna.

Inutile dire che si era sentita un verme, quando la vampira l’aveva accusata di stare mentendo.

Rebekah era fragile, come qualunque ragazza.

La Gilbert non aveva più ricevuto sue notizie, dopo quella dolorosa chiacchierata e, francamente, la cosa non la sorprese più del dovuto.

Era logico che la vampira stesse attraversando una testarda fase di rifiuto della verità, a favore di una menzogna che aveva dipinto le pareti della sua realtà.

Ma Elena aveva visto, nei suoi occhi millenari, accendersi una fiamma di rancore, nei confronti di Klaus.

“Certe cose non muoiono mai. I sentimenti restano.”

“Spero che il suo odio per Klaus duri abbastanza da mantenerla dalla nostra parte.”- mugugnò la Gilbert, giocherellando svogliatamente con un lembo della trapunta sul letto-“Non dimenticare che è pur sempre suo fratello.”

“Lo stesso fratello che ha ucciso la loro madre, però.”- puntualizzò Bonnie, inarcando un sopracciglio.

“Allora, non ci resta che confidare che l’amore di Rebekah per sua madre sia più forte di quello per l’ibrido.”- riassunse Elena, con un sorriso stanco sul bel viso.

“Già.”

“Ma se le cose si mettessero male, abbiamo ancora un asso nella manica.”- lo sguardo della doppelganger si accese di determinazione, mentre aggrottava la fronte.

“Sarebbe?”

“Alaric sta continuando a lavorare alle incisioni che abbiamo trovato sotto la tenuta dei Lockwood. Ricordi quel graffito illeggibile? Neppure Whitechapel è stato in grado di decifrarlo, ma  credo che Rick abbia avuto un’intuizione. Non ha voluto dirmi altro, ma credo che sia sulla buona strada per rivelarci il nome dell’Originale mancante!”

Lo stesso nome che né Charles né Klaus avrebbero mai permesso venisse scoperto.

 

***

 

 

 

Dorian Wolfskin  osservò a lungo la strada, fuori dalla villetta dei Gray, ben illuminata dai lampioni che annunciavano il calar della notte.

“Riuscirai a scendere, prima che il sole sorga di nuovo?”- gridò al vento, così che la diretta interessata recepisse le sue parole.

Il ragazzo sorrise, quando la vide scendere le scale, con passi incerti.

Eva avanzò, avvolta in un grazioso miniabito primaverile, dai motivi floreali e dai colori tenui, che aveva preso in prestito dall’armadio di Rebekah.

Indossava un paio di sandali color avorio che limitavano considerevolmente le sue capacità motorie.

Wolfskin rise di gusto, porgendole il braccio, così da impedirle di precipitare rovinosamente a terra.

Erano le nove passate e la serata si prospettava tranquilla.

Charles era uscito con Bonnie, invitando caldamente i due amici a non lasciare la villetta e a munirsi di verbena, per qualsiasi evenienza.

Dorian aveva scelto di ignorare deliberatamente il suo suggerimento ed aveva deciso di trascinare con sé anche Eva.

Il fatto che, nel pomeriggio, il nuovo ibrido avesse ricevuto un messaggio dal suo Sire, in cui Klaus gli suggeriva di portare la giovane a fare un giro, era del tutto casuale.

“Cerca di apparire disinvolta ed evita di camminare come un condannato a morte, nel miglio verde.”- ghignò il ragazzo, trascinando l‘amica, dal vialetto alla strada.

Una fresca brezza di metà settembre accarezzò loro i volti, scompigliandogli i capelli.

“Credi sia facile, con questi affari a piedi?”- mugugnò la ragazza, aggrappandosi con maggiore forza al suo braccio.

Procedevano ad un’andatura spaventosamente lenta e, presto, lei si tolse le scarpe, avanzando a piedi nudi, lungo i marciapiedi di Mystic Falls.

Giunsero in vista delle luci intermittenti dell’insegna del Mystic Grill, dopo poco più di dieci minuti, e nelle loro orecchie, tiepide note riecheggiarono, segnando l’inizio dell’happy hour.

“Per questa sera, Eva, ti prego, potresti non essere te stessa?”- mormorò l’ex licantropo, togliendole di mano i sandali e riponendoli a terra, così che potesse rindossarli.

“Ti ricordo che sei stato tu a chiedermi di accompagnarti.”- sbuffò tediata la giovane, guardandolo in cagnesco. Incrociò le gambe, ben intenzionata a non seviziarle, di nuovo, con quei maledetti strumenti di tortura.

“Che ci vuoi fare, mi piacciono le sfide impossibili!”- ghignò Dorian, chinandosi sui polpacci  e serrando le dita intorno ad una caviglia di Eva, per farle indossare i sandali.

“Io torno a casa.”- sibilò lei, svincolandosi dalla sua stretta ferrea, per poi fare dietro front.

“Scordatelo, sweety.”- una mano di Dorian la riattirò a sé, costringendola a voltarsi- “Tu entrerai lì dentro con me e ti divertirai come raramente o - almeno, quando sei in compagnia di Sinclair- mai ti è capitato.”

La giovane sbuffò, levando gli occhi al cielo, ormai consapevole di quale fosse il motivo che aveva spinto Wolfskin ad insistere tanto, per avere la sua compagnia.

“Fammi indovinare, ti serve una spalla per gli abbordaggi?”

Lui sorrise, annuendo impercettibilmente con il capo.

“Scegli: vuoi essere mia cugina o la rivale che spinge le ragazze a fare del loro meglio per guadagnarsi la mia attenzione?”

Erano entrambe tecniche assodate e ben convalidate.

“Prima vediamo cos’ha da offrire questo posto, poi deciderò.”- sospirò Eva, rassegnata. Indossò controvoglia i sandali e zoppicò fino alla porta del locale, per poi arrestarsi nuovamente.

“Cosa succede se trovi una ragazza che faccia al caso tuo?”- si domandò, inarcando un sopracciglio, piuttosto scettica-“Voglio dire, che ne sarà di me?”

“Facciamo come al solito, lovely, cos’è hai dimenticato il programma? Mi aspetti in un angolo del bar, fino al mio ritorno, ed evitiamo di menzionare a Sinclair che ti ho lasciata incustodita per qualche ora.”

Anche questa parte del piano era stata più volte messa in atto.

“Non mettermi sottopressione o, puoi credermi, dirò a Charles che mi hai costretta a seguirti, nonostante ci avesse chiesto di restare a casa.”- sorrise astutamente, illuminando il ragazzo con uno sguardo blu particolarmente sagace.

“Sinclair mi ha detto di tenerti d’occhio e lasciarti a casa da sola non sarebbe stato un gesto responsabile. Se ti ho con me, mi è più facile farti da balia.”

“Ti rendi conto che la soluzione era che tu dovevi annullare la tua serata?”- Eva arricciò il naso, visibilmente interdetta.

“Era inammissibile! E poi, Charles è uscito con Bonnie, right? Perché io avrei dovuto modificare i miei programmi?”

“Forse perché tu non hai una ragazza?”- azzardò lei, incrociando le braccia al petto, per poi digrignare i denti, ad una fitta particolarmente dolorosa del piede sinistro.

“Ho te.”

Dorian aveva soffiato quelle due semplici parole con delicatezza, inaspettata dolcezza e sensualità. Sorrise sghembo, scrutandola attentamente, con i suoi splendidi occhi verd …

“Bloody Hell, dovresti vedere la tua faccia, Zombie!”- Wolfskin esplose in una risata fragorosa, tirandole uno scappellotto alla nuca-“ Andiamo, sei uno schianto, credimi, ma tra noi non funzionerebbe. Io ti conosco troppo bene!”- ghignò, divertito dal colore purpureo che gli zigomi della ragazza avevano assunto.

Eva avvertì il malsano istinto di pugnalare il ragazzo con un tacco di sandalo.

“Quindi sarei soltanto io il problema?”- mugugnò, assottigliando lo sguardo furioso.

“Vuoi trovarmi qualche difetto? Ti sfido a farlo, my love!”- quella che era iniziata come una risata di scherno, scaturita dalle ironiche labbra di Dorian, si trasformò in un rantolo strozzato, quando Eva gli tirò un pugno, alla bocca dello stomaco.

“Non provocarmi, Wolfskin. Potrei calpestare e distruggere la tua autostima, nel giro di pochi minuti.”- sogghignò sardonica la ragazza- “E poi, se non smetterai di darmi il tormento, reciterò la parte della fidanzata gelosa e sociopatica, non appena troverai una ragazza interessante.”

“Non oseresti.”

Dorian la sfidò con lo sguardo, piuttosto allarmato.

“Io no, ma Evangeline Strauss … chi lo sa?”- sorrise mefistofelica la ragazza, conciliando quella minaccia con un occhiolino particolarmente ammaliante.

“Tu e il tuo disturbo bipolare mi fate paura.”

“Allora, non farci arrabbiare.”

“Ti stai guadagnando tutto il mio rispetto, darling.”- ghignò il novello ibrido, per poi aprire la porta del Grill e lasciare che la giovane varcasse la soglia.

Quella che era semplice musica soffusa si tramutò presto in un insieme di suoni più forti, continui ed insistenti, accompagnati dal brusio delle conversazioni dei presenti e dal frangere dei bicchieri fra loro, fra una risata e l’altra.

“Oh Dio, io me ne vado!”- mormorò Eva, visibilmente a disagio in quell’ambiente sociale. Fece per uscire, quando Dorian la bloccò per le spalle, costringendola a fronteggiare le sue paranoie.
“Bene, Eva torna a casa, ma Evangeline resta.”- ghignò,  ammonendola con un indice, per poi sospirare esasperato-“Andiamo, mille anni fa eri la fidanzata di Beowulf , affrontavi mammuth a mani nude e indossavi pelli di tigre ed ora ti fai problemi per un paio di dozzine di studenti liceali in un locale che odora di cipolle fritte?”

“Non c’erano i mammuth, ai miei tempi.  Dove ti sei documentato?”

“E chi se ne frega?”- Wolfskin si strinse nelle spalle, prima di spingerla rudemente verso il bancone- “Recupera un po’ di spirito pseudo-vichingo e cerca di apparire normale, okay?”

Era sola, in quel mare di gente. Eva si accomodò su di uno sgabello, lanciando occhiate fugaci alla sagoma di Dorian, decisamente interessato alle forme dell’avvenente cameriera del Grill, da poco assunta.

Sbuffò, ordinando al barista un misero bicchier d’acqua, per poi giocherellare con il porta tovaglioli accanto a sé e perdersi nelle conversazioni altrui.

Le sarebbe piaciuto farne parte, viverle, condurle.

Ma la consapevolezza di non appartenere a quell’epoca le era d’intralcio e la imprigionava in una campana di vetro, ogni qualvolta tentava di inserirsi.

“Acqua naturale?”- sorrise una voce, dietro di lei-“O sei un poliziotto in servizio o hai un grosso segreto da nascondere.”

Eva trattenne il respiro, voltandosi lentamente. Incontrò un paio di occhi di cielo e nebbia che la scrutavano curiosi ed un sogghigno obliquo, spaventosamente ammaliante.

“In entrambi i casi non avrei ragioni di dirtelo, no?”- replicò lei, decidendo che Evangeline Strauss sarebbe stata di gran lunga più spacciata di Eva.

Seguì con lo sguardo lo sconosciuto che si sedette accanto a sé, per poi sorridere debolmente.

“Giusto.”- annuì con decisione il ragazzo, lasciando che una ciocca di capelli neri ricadesse leggera sulla sua pallida fronte-“Damon Salvatore, ad ogni modo.”- il vampiro tese una mano, verso la bella forestiera.

“Evangeline Strauss.”- lei ricambiò la stretta, per poi lanciare una fugace occhiata a Wolfskin, non molto lontano, ma totalmente rapito dalla cameriera del locale.

Niklaus aveva nominato i Salvatore, durante il loro primo incontro, classificandoli come nemici.

“Una straniera a Mystic Falls. Non è più una rarità, ma è sempre interessante.”- Damon aggrottò le sopracciglia, per poi regalarle un mezzo sorriso, piuttosto rilassato-“Perché hai scelto questo posto, come meta?”

“Sono ospite di un nipote dei coniugi Gray. Teniamo d’occhio la casa, mentre i padroni sono fuori.”- ribatté prontamente la ragazza, rifilandogli la risposta convalidata con Charles e Dorian, in caso di domande inopportune.

“Non sapevo che i Gray avessero un nipote inglese.”- il vampiro inarcò un sopracciglio, alludendo al non troppo forzato accento che caratterizzava Eva e che aveva udito, anche parlando con Charles.

“La vita è piena di sorprese.”- sorrise ironica lei, con finto entusiasmo.

“Posso offrirti qualcosa da bere, Evangeline?”

“Ho già la mia acqua.”- la giovane indicò distrattamente il bicchiere davanti a sé, stringendosi nelle spalle.

“Intendevo qualcosa di serio.”

“No, grazie.”- rifiutò garbatamente, portando una ciocca di lunghi capelli biondi dietro l’orecchio.

Damon latrò divertito, prima di attirare l’attenzione del barista.

“Due bourbon, sii gentile.”- ordinò, lanciandogli un’occhiata particolarmente eloquente.

L’uomo annuì meccanicamente, per poi prodigarsi a servirlo.

“Perché sei qui?”

Eva inarcò un sopracciglio, guardando l’affascinante ragazzo accanto a sé, con diffidenza.

“Al Grill?”

“Con me.”- sottolineò la ragazza, affilando lo sguardo.

Con tante ragazze, nel locale, quale motivo aveva, Mr. Salvatore, di parlare con lei?

Non era una coincidenza, ne era certa.

“Faccio parte del comitato di benvenuto di Mystic Falls. Alla fine di questa serata ti chiederò di compilare un foglio, con la valutazione dei servizi che questa cittadina ti ha offerto.”

“Metterò un 3, alla voce ‘ Tecniche di approccio del nostro impiegato.’ “- ghignò la ragazza, mentre il barista le posava davanti un bicchiere ricolmo di liquido ambrato.

Il vampiro rise di gusto, prima di prendere un sorso abbondante di bourbon.

“Sei sola?”- le domandò, riposando il bicchiere sul bancone.

“Sono con il mio fidanzato.”- mentì Eva, distogliendo lo sguardo.

Meglio mettere delle distanze, fra loro.

“Ecco che diventi meno interessante, dolcezza.”- sorrise Damon, prima di compiere una mezza torsione sullo sgabello e scandagliare il locale, in cerca di una qualche faccia nuova-“Chi è il fortunato?”

“Quello là.”- Eva indicò distrattamente il punto in cui Dorian si trovava, certa di essere credibile. Ma, non appena levò gli occhi sull’amico, si diede mentalmente uno schiaffo. Non era credibile, non con Wolfskin che flirtava spudoratamente con la cameriera.

Maledetto idiota!

“Stai mentendo.”- Damon sorrise sornione, tornando a guardare Eva che sbuffò,rassegnata.

“D’accordo, è mio fratello.”- tentò, pregando il ragazzo accanto a sé di non indagare oltre.

“Puoi fare decisamente di meglio.”- il vampiro fece schioccare la lingua, prima di prendere un altro sorso di alcolico.

“Cugino.”

Il giovane che aveva vicino negò con il capo, facendole intendere che no, non si era bevuto neppure quella versione.

Fine, è un amico. Dovevo fargli da spalla, ma, a quanto pare, ha tutto sotto controllo.”- sospirò ormai esausta la giovane, appoggiando sgraziatamente un gomito sulla superficie di legno davanti a sé, per poi scansare leggermente il bicchiere di bourbon.

“Puoi sempre ubriacarti e passare la serata a lanciargli noccioline salate, dal bancone.”- propose Damon, squadrandola con minuziosa attenzione, piuttosto compiaciuto.

“Una prospettiva piuttosto squallida, in tutta onestà.”

“Il bourbon ha il magico potere di rendere tutto più divertente. Prendine un sorso.”- il vampiro si protese verso di lei, scostandole i capelli con un braccio, per poter afferrare il bicchiere accanto a lei e porgerglielo, con gentilezza.

“Non fa per me, scusa.”

A quella risposta, il ragazzo posò il bicchiere, spazientito, ed avvicinò il proprio volto a quello di Eva che si ritrasse appena, consapevole delle sue intenzioni.

“Ho detto: prendine un sorso.”- le intimò con maggior risolutezza, osservandola intensamente negli occhi.

Eva scrutò le sue iridi chiare per qualche istante, per poi schernirlo con un sorriso astuto.

“Quando e se avrò sete, lo farò. Ti ringrazio.”

Verbena.

L’amichetta dello stregone veniva imbottita di verbena ed era umana, a giudicare dal suo battito cardiaco, così nitido nelle sue orecchie.

Aveva fatto un buco nell’acqua, di nuovo.

Ma, andando ad esclusione di colpi, il colpevole dell’omicidio della ragazza al falò doveva essere …

“Va tutto bene?”

Jackpot!

Dorian Wolfskin si era avvicinato, con sguardo intimidatorio, quando aveva scorto Eva ed il suo misterioso molestatore.

Guardò la ragazza, preoccupato, per poi scrutare con diffidenza il giovane che le stava accanto.

“Non è carino lasciare una spalla senza lavoro, in un posto come questo. Non sono tutti gentiluomini, qui.”- ghignò Damon, fulminando l’ex licantropo con lo sguardo.

Mandò giù l’ultimo sorso di bourbon rimastogli nel bicchiere, senza distogliere lo sguardo da Dorian che sorrise sghembo, corrugando le sopracciglia.

“Ti ringrazio per il promemoria, chiunque tu sia.”- il novello ibrido emise un ringhio basso e gutturale-“Ma la mia spalla è perfettamente in grado di difendersi, dai flirt inopportuni. Te compreso.”

Vide Eva negare con il capo, in un disperato e vano tentativo di fargli intendere quanto fosse più saggio evitare di creare dissidi.

“Damon Salvatore”- il vampiro latrò divertito, tendendogli una mano, per presentarsi.

“Dorian Gray.”- il ragazzo ricambiò la stretta e sorrise, quando avvertì la presa di Damon farsi sempre più intensa.

“D’accordo, non vuoi dirmi come ti chiami. Va bene.”- il vampiro lo osservò accigliato, per poi appoggiare entrambi i gomiti sul bancone-“Ci passerò sopra.”

“È il mio nome.”- ribadì Wolfskin, inclinando lateralmente il capo.

“Sul serio?”

“Poca fantasia,  l’amore viscerale di mio padre per Oscar Wilde ed eccomi qui.”

“D’accordo, Gray. Forse sono stato un tantino scortese, con te, ma puoi biasimarmi?”- Damon sospirò, accondiscendente e, nel suo sguardo, scomparve gran parte dell’astio che provava nei confronti di Dorian- “ La cameriera è carina, ma Evangeline è …”

“Proprio qui accanto a voi?”- domandò accigliata la ragazza, sentendosi improvvisamente invisibile.

Molto carina.”- la corresse Salvatore, strizzandole l’occhio. 

“Grazie, credo.”- farfugliò lei, incastrando una ciocca di capelli dietro l’orecchio, imbarazzata.

Il vampiro afferrò rapidamente il bicchiere di bourbon davanti a lei e lo fece scorrere verso Dorian.

“Sei totalmente astemio anche tu o mi tieni compagnia e finisci - o, meglio, cominci- il bourbon della tua graziosa amica?”

Wolfskin sorrise, inarcando un sopracciglio, per poi prendere fra le mani il contenitore di vetro.

Cheers”- ghignò, una volta che Damon ottenne dal cameriere un secondo bicchiere di alcolico.

Inghiottì il contenuto ambrato tutto d’un fiato e si sentì morire.

Avvertì un atroce bruciore alla gola, quasi i tessuti del suo corpo si stessero dolorosamente decomponendo. Il liquido gli ustionò le pareti della gola e dello stomaco, il nuovo ibrido fu costretto a soffocare un gemito straziato, quando deglutì.

“Molto bene.”- rantolò, tentando di apparire disinvolto- “Vogliate scusarmi, ma la natura chiama.”- chiuse gli occhi per un istante e si impose di non tossire, poi sorrise debolmente, scrutando Damon con aria di sfida- “Tu resta qui e tu sta lontano da lei, intesi?”

Riposò, con mani tremanti, il bicchiere vuoto sul bancone e si allontanò in direzione della toilette maschile, avvolto in un conturbante silenzio che si era auto imposto.

“Il tuo amico tende ad essere un vero brontolone. Ma ho anch’io i miei impegni e in ogni caso devo andare. E’ stato un vero piacere, Strauss. Ci vediamo in giro.”- la voce di Damon scaturì in un ringhio basso e adirato, mentre salutava Eva e si allontanava dal locale.

Neppure il nipote dei coniugi Gray era il suo assassino. Non aveva avuto alcuna reazione, alla verbena e allo strozzalupo.

Questo significava che Tyler era il vero omicida? O che il mostro che aveva fatto a brandelli la studentessa era ancora a piede libero?

Probabilmente, se Mr. Salvatore non si fosse allontanato così rapidamente, dal Mystic Grill, si sarebbe accorto che, al contrario di quanto credeva, il drink aveva influito davvero negativamente su quello che era il vero colpevole della morte della ragazzina al falò.

Dorian si accasciò a terra, una volta raggiunto il bagno, tossendo convulsamente, nel disperato tentativo di liberarsi dalle torturanti ustioni che avvertiva, sotto la pelle.

Digrignò i denti e accostò la fronte, sudata, contro le fredde mattonelle di quel bagno pubblico, tentando di lenire il dolore che quel maledetto bicchiere di bourbon aveva scatenato.

Le luci, la musica, le voci si spensero, nella sua testa, lasciando il posto ad un fischio continuo ed un tedioso ronzio che lo stordirono.

“Sei un tipo tosto.”- sorrise una voce, ancora ovattata, nella sua testa-“Il solo fatto che tu sia riuscito a non svenire davanti a lui ti fa onore.”

Wolfskin si sforzò di sollevare lo sguardo verde e offuscato dalle lacrime, riconoscendo, a tratti, i lineamenti di Tyler Lockwood.

“Che mi succede”- rantolò, contraendo lo stomaco, ad una fitta particolarmente violenta al ventre-“Klaus aveva detto che sarei stato più forte!”

E, allora, perché si sentiva morire?

“Damon deve averti dato sia della verbena che dello strozzalupo. Nemmeno gli ibridi possono resistere ad entrambe le erbe.”- osservò Tyler, chinandosi sui polpacci, piuttosto allarmato.

“Morirò?”- soffiò Wolfskin, attraversato da uno spasmo più violento che lo costrinse ad imprecare.
“No, se ti rimetti in forze. Da quanto non mangi?”

“Da ieri pomeriggio.”

“E non sei ancora saltato alla gola di nessuno? Amico, tu sei grande!”- plaudì l’altro, osservandolo, colmo di ammirazione.

Nutriva una fiducia sconfinata in quel ragazzo, steso sul pavimento, in preda alle convulsioni.

Questo, perché Klaus voleva che lui la provasse.

“Arriva al sodo, Lockwood, o ti giuro che ti trascinerò nell’oltretomba con me.”- rantolò Dorian, ormai al limite delle forze.

“Perché rifiuti di nutrirti?”- Tyler lo guardò accigliato, totalmente interdetto, di fronte all’ottusa resistenza che Wolfskin si imponeva, di fronte al sangue.

“Perché farlo implicherebbe la morte di secondi e il dolore di terzi.”

“Questo, se prendi il sangue direttamente dalla fonte.”- sorrise l‘altro- “Oppure, puoi fare come me.”- estrasse rapidamente un piccolo sacchetto, dalla tasca posteriore dei pantaloni e la porse all’ibrido in preda all’agonia.

Dorian avvertì la propria gola bruciare con forza maggiore, alla vista del contenitore. Percepì i canini affiorare, i suoi occhi mutarono da un verde brillante ad un ocra intenso ed i suoi zigomi furono nuovamente occupati da piccole venuzze nere e serpeggianti.

“Dove l’hai presa?”- mormorò, senza distogliere lo sguardo dalla sacca di sangue a pochi centimetri dal proprio volto.

“Dall’ospedale.”- lo informò Lockwood, avvicinandola ancora di più a lui-“Rebekah e Klaus fanno sempre in modo che io me ne possa procurare un po’, in caso di emergenza.”

“Non hai mai ucciso nessuno, da quando sei …?”

“No. E la mia vita è più semplice, per certi versi. Più di prima, sicuro. Prendine un po’, prima che le erbe di brucino il cuore.”- Tyler insistette, aiutando Dorian ad addossarsi al muro, per poi lasciargli, fra le mani, il contenitore.

“Possono farlo?!”- Wolfskin emise un ringhio strozzato e sgranò gli occhi, terribilmente agitato.

“Credo. Non mi hanno mai drogato con questa roba.”

“La tua vita è tutta in discesa, Lockwood, eh?”- mugugnò infine, prima di affondare i canini nella sacca ed inghiottire avidamente il liquido in essa contenuto. Ad ogni sorso assunto, avvertì un po’ di dolore lenirsi, il bruciore affievolirsi, lasciando spazio ad una nuova sensazione d’invincibilità.

“Affatto.”- sorrise mestamente l’altro, passandosi una mano fra i capelli scuri- “Ma non sono un tipo che si abbatte.”

Un rivolo di sangue serpeggiò lungo il mento di Dorian che, con un lembo della maglietta, eliminò ogni traccia di quel macabro, ma necessario, pasto.

“Va meglio?”

“È sorprendente!”- ghignò entusiasta Wolfskin, ormai del tutto rinvigorito. Si tirò su in piedi, aggrappandosi ad un lavandino e gettò il contenitore, ormai vuoto, nel cestino dei rifiuti, accanto alla porta.

“E questo è niente! Klaus ti ha parlato dell’ammaliamento?”

“Il mio risveglio non è stato dei migliori e dei più convenzionali, quindi io e Nik abbiamo deciso di rimandare a data da destinare il corso per giovani ibridi emergenti.”- lo sguardo di Wolfskin si illuminò, pieno d’interesse- “Possiamo farlo davvero? Nel pacchetto ibrido è compreso l’optional del soggiogamento?”

“Abbiamo il meglio delle due specie.”- puntualizzò Tyler, con un tono di voce molto simile a quello che Dorian aveva sentito utilizzare da Niklaus.

“Compresa l’allergia da fieno.”- brontolò l‘inglese, piuttosto contrariato.

“È solo un effetto collaterale dell’essere le creature più forti della terra.”

“Come ti pare.”- il giovane dagli occhi smeraldini annuì seccamente, per poi avvicinarsi all’uscita, con passi decisi- “Ora, se vuoi scusarmi, devo piantare uno sgabello nel petto di Mr-raggio di sole-Salvatore.”- ghignò, piuttosto adirato.

“Non farlo, Dorian. Te lo sconsiglio vivamente.”

“Perché?”

“Non ti sei chiesto perché Damon ti abbia testato? Sta indagando sulla morte della ragazza al falò.”

Dorian lo osservò confusamente, aggrottando la fronte, con aria grave.

“Klaus aveva detto di aver sistemato le cose …”- mormorò, plausibilmente spiazzato.

“Già, ma nessuno mi ha creduto, quando ho confessato l’omicidio.”- sorrise stanco Lockwood, stringendosi nelle spalle.

Non che la cosa lo rendesse triste, è ovvio.

“Perché mi hai coperto?”- Wolfskin inarcò un sopraciglio ed arricciò il naso.

“Perché nessuno mi ucciderà, per questo. Sono miei amici.”- replicò Tyler, con una punta d’orgoglio nella voce-“Ma se Damon o suo fratello scoprono che tu sei coinvolto, ti distruggeranno senza pensarci due volte. Sei una minaccia, per loro.”

“Non più, ora.”- l’inglese allargò le braccia, in segno d’ovvietà. Era in grado di controllarsi, non avrebbe più scodinzolato in giro per la città, a caccia di studentesse.

“Scherzi? Ora sei al primo posto, nella loro lista nera. Sei un ibrido.”

“Quindi cosa dovrei fare?”

“Cerca di non dare nell’occhio più del dovuto.Tu ed i tuoi amici non siete più al sicuro.”

“Allora, suppongo di doverti ringraziare per l’aiuto, Lockwood.”- Dorian tese una mano, in una stretta di sincera gratitudine che fu presto ricambiata da Tyler.

“Siamo amici e fratelli, in qualche modo. Era il minimo.”

Wolfskin mollò la presa, non appena udì i cardini della porta scricchiolare, annunciando l’ingresso di un cliente del Grill.

“Dorian?”

Eva inarcò un sopracciglio, non appena lo vide, e tirò un sospiro di sollievo.

Sweety, questo è il bagno degli uomini e, fino a prova contraria, tu sei …”

“Credevo fossi svenuto o roba simile. Sei entrato mezz’ora fa.”- ribatté lei, ignorandolo temporaneamente, per posare gli occhi sul ragazzo accanto a lui.

“Ciao, io sono Tyler Lockwood”- sorrise gioviale il giovane, levando una mano sopra la testa, in segno di saluto.

“Evangeline Strauss”- ricambiò lei, riconducendo quel nome al primo ibrido di successo menzionato da Nik.

“Lo so.”- lui le strizzò un occhio ambrato, per poi far cenno a lei e Dorian di spostarsi in un luogo più gradevole, in cui parlare.

“Oh, d’accordo.”- mormorò Eva, piuttosto confusa. Zoppicò fino all’entrata del Mystic Grill, per poi rivolgere un’occhiata implorante a Wolfskin- “Possiamo andare? Ti prego, sappiamo entrambi che questa non è la tua serata.”

“Bene, andiamo.”- acconsentì lui, per poi salutare il secondo ibrido-“Tyler, ci vediamo. E grazie ancora per avermi avvertito che la cameriera è già impegnata. Bloody Hell, sarebbe stato imbarazzante! Per il suo ragazzo, intendo.”- mentì, sperando che l’amica non indagasse oltre.

“Contaci.”- acconsentì Lockwood, reggendogli il gioco. Rivolse uno sguardo interessato e consapevole alla ragazza, accanto alla porta, e le regalò un sorriso smagliante, sfoggiando la sua dentatura perfetta-“Ciao, Eva. È stato un piacere conoscerti.”

Lei annuì gentilmente, per poi lasciare il locale, insieme a Wolfskin.

Lontana da occhi indiscreti, scese dai vertiginosi tacchi che indossava ed avanzò, lungo la strada, a piedi nudi.

“Che ci facevi con l’ibrido di Nik?”- domandò all’amico, mentre la musica del Grill si faceva sempre più ovattata e distante.

“Niente. Ci siamo incontrati in bagno e mi ha dato qualche dritta sulla cameriera. Si chiama solidarietà maschile, darling.”- ghignò il ragazzo, serrando, poi, la mascella-“Torniamo a casa?”

“Così potrò bruciare queste maledette scarpe!”

 

 

 

***

 

 

Charles Sinclair, di ritorno da una prima riunione alla Pensione dei fratelli Salvatore, lasciò ricadere la giacca sullo schienale di uno dei divani di pelle, perdendosi nell’opprimente silenzio in cui la villetta dei Gray era scivolata, apparentemente deserta.

Chiamò a gran voce Dorian ed Eva e percorse rapidamente le scale, per poi constatare che anche il piano superiore era totalmente desolato.

Di nuovo.

Ruggì, in preda all’agitazione, per poi tornare nell’ingresso, ben intenzionato a recuperare i suoi amici, ovunque essi fossero.

“Ad un’analisi più attenta, tu ed io non siamo poi così differenti.”

Sussultò, evidentemente colto alla sprovvista.

Un sorriso sagace si dipinse sulle labbra di Niklaus, placidamente accomodato su di un divano, nel salotto. L’Originale si sollevò lentamente, sotto lo sguardo alterato di Sinclair che si avvicinò con passi cauti e misurati, rimanendo sulla difensiva.

“Mi paragoni a te? Così mi offendi.”- sorrise nervoso il ragazzo, appoggiando entrambe le mani sullo schienale del divano di fronte all’ibrido.

“La tua famiglia è il tuo unico punto debole. Niente ti turba, ma se avverti una qualche minaccia verso i tuoi cari, tendi ad agire impulsivamente, d’istinto, per proteggerli.”- la voce di Nik scorreva calma, roca e lievemente malinconica, mentre il suo sguardo cadeva, ripetutamente, sul pavimento- “E’ nobile e questo mi rende incline a portarti rispetto.”- ammise, con un sorriso trattenuto.

“Non che questo mi lusinghi.”- sputò Charles, aggrottando la fronte, interdetto di fronte a quella sorta di confessione.

Il volto di Klaus era incredibilmente rilassato e lo stregone non riuscì a cogliere alcun particolare che lo spingesse a diffidare delle sue parole.

“Non sono qui per farti dei complimenti, Charles. Non è da me e sappiamo entrambi che la mia cortesia nei tuoi confronti è dettata dal fatto che, temo, Eva si rammaricherebbe davvero molto, se trovasse la tua testa, staccata ed abbandonata a debita distanza dal tuo corpo. E non è mia intenzione ferirla ulteriormente.”- il sorriso cordiale sul suo volto non riuscì a celare la luce minacciosa che si era impossessata dei suoi occhi.

Quell’espressione gioviale si tramutò in un ghigno macabro e pericoloso, non appena, nella mente dell’Originale, si presentarono idilliache immagini di un eventuale smembramento dello stregone.

“Questo perché le hai già fatto del male in ogni modo possibile.”- sorrise amareggiato il ragazzo, emettendo un ringhio sommesso- “Lei non c’è, quindi, mi chiedo, perché sei qui?”
“Perché voglio sapere quali motivazioni hai tu per voler farla soffrire.”

Le labbra di Klaus si piegarono nuovamente verso il basso, donando alla bocca una linea dritta e severa, mentre i suoi occhi osservavano, con rigidità, il volto di Charles.

“Non so di cosa tu stia parlando, francamente.”- mormorò teso lo stregone, serrando la presa sullo schienale del sofà.

Charles Sinclair era ormai certo che la comparsa di Niklaus, la sera precedente, non fosse più una coincidenza.

E ne fu spaventato.

“Come te, anche io sento il bisogno di proteggere i miei cari, da ciò che ritengo essere una minaccia.”

“Perché mi dici questo”- soffiò, indietreggiando appena, quando Klaus si sollevò dal divano, osservandolo con determinazione.

“Perché mia sorella è scomparsa ed io ho tutte le ragioni per credere che sia opera tua.”- ringhiò l’Ibrido, scoprendo i denti, in uno scatto d’ira.

“Non ho niente a che vedere con Rebekah. Io non c’entro.”

“Posso capirlo, Charles. Reputi opera mia la scomparsa di Dorian, non mi hai ancora perdonato la morte di Eva, sebbene non sia il tuo perdono, quello che mi interessa. Ti sei vendicato, a discapito di mia sorella. Bene, ho ricevuto il tuo messaggio. Ma ora, restituiscimi Rebekah.”- sibilò l’Originale, avanzando con fare minaccioso ed espirando rumorosamente, per placare l’impeto furioso.

“Non so nulla di tua sorella, te l’ho detto.”- Sinclair scandì molto bene quelle parole, deglutendo, cauto.

Coglieva, nel volto di Niklaus, ogni diabolica intenzione, nei suoi confronti.

L’ibrido spalancò impercettibilmente gli occhi chiari, quando realizzò che, quella di Charles, era la verità.

Emise un ringhio gutturale, serrando i pugni, fino a far impallidire le nocche.

“So cosa stai facendo, ragazzino. Il mio è un semplice avvertimento: ci sono persone pronte a qualsiasi cosa, pur di ottenere ciò che vogliono- sono più che certo che tu capisca di cosa parlo- persone che non avrebbero alcun rimorso ad infrangere la parola data. Non fidarti di loro o metterai in serio pericolo chi ti è più caro.”

Il cuore dello stregone si fermò, per un breve istante, raggelandosi, alle oscure parole, intrise d’odio, che Klaus aveva proferito.

Possibile che sospettasse qualcosa? Che avesse compreso il suo doppio gioco? Avrebbe dovuto fare maggiore attenzione, era certo che l’Originale lo avrebbe tenuto d’occhio, dal momento che diffidava della sua lealtà.

“La tua è una minaccia?”- soffiò, aggrottando la fronte e sollevando appena il mento, consapevole.

“Non sono io il cattivo, Charles.”

“Questa affermazione è soggetta a delle obiezioni, a seconda dei punti di vista.”- sbottò Sinclair, fortemente contrariato.

“Siamo dalla stessa parte, non è così? Farci guerra fra noi è privo di senso e controproducente. I dissidi ci rendono più vulnerabili.”

Niklaus mitigò lo sguardo e piegò le labbra in un sorriso ironico e sprezzante, infilando le mani nelle tasche anteriori dei jeans scuri che indossava ed osservando il ragazzo davanti a sé con aria di sfida.

“Sei tu quello che sta mettendo a dura prova l’efficacia di questa alleanza. La tua presenza fa del male ai miei amici e sta allentando i rapporti della nostra famiglia. Non ho alcun valido motivo per poterti dare fiducia o accettare un qualsivoglia compromesso da parte tua.”- sibilò lo stregone, con il volto deformato dalla rabbia-“Il mio obiettivo è liberare Eva, Dorian e me stesso da una profezia che ha condizionato le nostre vite per troppo tempo. Se avrò motivo di ritenerti un ostacolo alla riuscita di questa impresa, non esiterò ad annientarti.”

“E così sarà per me.”- un ghigno mefistofelico si dipinse sulle labbra di Klaus- “Ma desidero che tu non metta in discussione il forte legame che mi tiene unito ad Eva. Sai bene che esiste da molto prima che il vincolo di sangue si formasse. C’è sempre stato e sempre ci sarà.”- mormorò infine, con sollievo e con malinconia.

“Lei deve andare avanti con la sua vita, lo merita. Deve lasciarsi il passato alle spalle e cominciare a sperare in un futuro!”- ringhiò Charles, ignorando la paura che lo aveva avvolto, fino a poco prima.

Avanzò verso l’ibrido e lo osservò con ripugno e disprezzo, domandandosi come potesse essere così crudele da voler perseguitare la giovane.

“È ciò che vuole?”- soffiò l’Originale, lasciando correre l’irruenza del ragazzo.

“Si.”

Quella parola morì, fra le labbra di Charles, quando lo stregone realizzò quanto poco sincera quella risposta fosse.

Sapeva che, con ogni probabilità, il responso di Eva sarebbe stato differente.

Nik trattenne il fiato, irrigidendosi improvvisamente, sotto gli occhi confusi di Sinclair.

Serrò la mascella, prima di scagliarsi violentemente contro di lui ed afferrarlo per lo scollo della camicia che indossava, costringendolo a compiere una mezza torsione e spingendolo contro lo schienale del divano.

“Allora, ascoltami attentamente, perché non intendo ripetermi, Charles. Me ne andrò quando sarà lei a volerlo, quando non troverò, nei suoi occhi, null’altro che disprezzo e odio, verso di me. Ma, fino a quel momento, gradirei che tu non osassi profanare la sua mente, obbligandola a compiere scelte che tu vuoi che lei faccia, perché, altrimenti, le darò una buona ragione per allontanarmi, strappandonti il cuore dal petto e gettandolo ai suoi piedi. Francamente, temo tu stia voltando le spalle al nemico sbagliato.”- sibilò, con le labbra tremanti d’ira, per poi schiuderle in un ghigno pericoloso- “Sono stato abbastanza chiaro?”

Rise, compiaciuto dell’espressione inorridita che il volto di Charles aveva assunto.

Era più che certo di aver rinsaldato quell’alleanza, mettendo in riga lo stregone.

“Fin troppo.”- ribatté, rigida e decisa, una voce, alle sue spalle.

Le mani di Klaus, serrate intorno al collo della camicia di Sinclair, allentarono istintivamente la loro presa, al suono di quelle parole.

La porta della villetta dei Gray si richiuse, accompagnata distrattamente dal braccio di Dorian, pochi passi dietro ad Eva.

Era stata la ragazza a parlare.

Niklaus si voltò con esasperante lentezza verso di lei, rimproverandosi di non aver avvertito suo arrivo. L’ira lo aveva reso cieco e sordo, impedendogli di percepire quel battito cardiaco, lievemente accelerato, che ora giungeva più che nitido nelle sue orecchie, martellando con una potenza tale da stordirlo.

Tacque, incontrando i suoi occhi severi ed allarmati.

“Esci da questa casa.”- gli intimò la giovane, scrutandolo con fermezza e spregio.

La sua pelle era stata punta dai gelidi brividi che l’avevano percorsa, udendo la voce dell’Originale, così carica di collera e malignità da risultare un ruggito.

Bella e forte, Eva sembrò tornare quella di un tempo, agli occhi, ancora accesi di rabbia, di Nik.

“Probabilmente, sono stato un po’ troppo impulsivo”- mormorò l’ibrido, con un sorriso teso sulle labbra.

Ignorò volutamente Sinclair ed avanzò, cauto, verso la giovane, allargando le braccia, nel vano tentativo di dimostrarle che non avrebbe più agito in quel modo.

“Vattene. Adesso.”

Eva non indietreggiò. Si limitò ad osservarlo con durezza, intransigente, di fronte al suo sorriso nervoso ed il suo sguardo costernato.

Possibile che fosse lei, quella che, in quel preciso istante, era in grado di spegnere ogni emozione, mentre lui si sentiva attanagliare da un tormentoso senso di colpa, per come aveva agito?

Ma il suo cuore palpitava veloce ed Eva era solo molto brava a celare la sua paura, sotto una maschera di sdegno.

Maestosamente erta e severa, mostrava, finalmente, la sua eternità, così simile a quella dell‘ibrido.

“L’hai sentita, Nik?”- ghignò Charles, massaggiandosi il collo, intorpidito dalla pressione che la stoffa tirata aveva esercitato sulla pelle, ormai purpurea.

In un moto d’ira, Klaus ringhiò, abbassando lo sguardo, senza voltarsi indietro.

“Smettila, Charles.”- soffiò Wolfskin, visibilmente a disagio, in quella situazione.

Pregò, con lo sguardo, l’amico di non provocare ulteriormente l’Originale. Sapeva cosa sarebbe successo, poteva leggere le intenzioni del suo Sire nei suoi occhi, avvertiva il proprio sangue ribollire, scaldato dalla stessa rabbia che agitava quello dell’ibrido.

“Ironia della sorte, ora sei caldamente invitato ad uscire da questa casa.”- proseguì Sinclair, con un sorriso sprezzante sulle labbra.

Lo stregone intonò una nenia, con voce roca e bassa, mantenendo lo sguardo grigio e adirato sul mostro originale che, in balia di quell’incantesimo, ruggì con violenza, serrando gli occhi e scoprendo i denti, in un grido straziato. Uncinò entrambe le mani alla nuca, ferendosi, mentre subiva le parole di Sinclair, pericolosamente efficaci.

La sua mente fu sconvolta e torturata da urli di voci che non riconosceva, che inveivano con violenza contro di lui, imprecando ed imputandogli la propria morte.

Spiriti.

Centinaia, migliaia, nella sua testa. Gli offuscarono la vista, visi e voci invisibili di coloro che erano morti per mano sua.

I suoi fantasmi, quelli che Niklaus si rifiutava di vedere, ma che non lo abbandonavano mai.

Erano lì, per lui, per gridargli ciò che per mille anni lui aveva semplicemente ignorato.

L’Originale si piegò sulle ginocchia, stremato, per poi voltarsi, sotto gli occhi atterriti di Eva e Dorian, e lanciarsi con violenza contro Charles.

Dischiuse le labbra in un ghigno provato e scoprì i canini, affiorati in seguito all’atroce sofferenza che lo aveva colpito.

Scaraventò Sinclair dall’altro lato della stanza, ansimando, per poi appoggiarsi allo schienale del divano, ancora stordito da quel maledetto incantesimo.

Charles si risollevò da terra, ignorando il forte colpo alla schiena che aveva subito, pronto a recitare nuovamente quell’oscuro canto infernale, ma fu presto strattonato indietro e bloccato dalla ferrea stretta di Dorian che gli intimò il silenzio, passandogli un avambraccio davanti alla bocca.

Tentò di divincolarsi più e più volte, senza alcuna possibilità di liberarsi dalla morsa spaventosamente potente del nuovo ibrido.

Un insolito silenzio calò in quella stanza, ormai divenuta un’arena, interrotto unicamente dai respiri pesanti di chi si era battuto e di chi, impotente, aveva assistito allo scontro.

“Vattene via, maledizione! Esci di qui!”

Quella quiete, dopo la tempesta, fu spezzata dalle parole esasperate fino allo stremo di Eva che impugnava, con mani tremanti, un pezzo di legno, le cui schegge le avevano ripetutamente graffiato i polpastrelli.

Il piccolo tavolo, nell’ingresso, accanto alla scala, era stato rovesciato e ripetutamente pestato da un piede irruento, al fine di spezzare una delle quattro gambe finemente intagliate, mentre, nel salotto, imperversava la battaglia.

Dorian la osservò confusamente, per poi serrare maggiormente la presa intorno a Charles, così che non potesse liberarsi.
I canini di Niklaus scomparvero nell’istante immediato in cui l’ibrido si voltò verso la giovane e le sue labbra si schiusero in un sorriso compiaciuto.

Quando avanzò verso di lei, con passi misurati e attenti, Eva lo scrutò con decisione, agitando il paletto improvvisato davanti a sé, nel vano tentativo di dimostrarsi pronta ad usarlo.

“Fuori da questa casa.”- gli intimò, interdetta, al cospetto della sua figura incredibilmente a proprio agio, in quella situazione che per lei assumeva le oscure tinte di un incubo.

“Mezza gamba di un tavolino non mi ucciderà, sweetheart. Ma immagino che questo tu lo sappia.”

Le fu abbastanza vicino da poter accarezzare quell’arma con le punte delle dita, sotto lo sguardo vigile della ragazza che serrò maggiormente la presa sull’impugnatura.

“Dimmi che vuoi che me ne vada per sempre, che esca dalla tua vita per l’eternità, e lo farò.”- soffiò con leggerezza, facendosi sempre più vicino. Posò le proprie mani, grandi e gelide, sulle sue, arrossate per lo sforzo, ed accompagnò il paletto, adagiandolo sul proprio petto, nel punto esatto in cui, un tempo, un cuore umano aveva scalpitato, alla vista della giovane.

Ed ora, sotto quello strato di carne, muscoli ed ossa, quello stesso luogo era divenuto una voragine, tana di un mostro che si era impossessato di lui, fino a fargli dimenticare chi fosse.

“Pugnalami”- proferì, serio in volto, carezzando le sue mani, strette ancora sull’arma-“Pugnalami ed io svanirò dalla tua vita, se è ciò che realmente desideri.”

Eva trattene il respiro e lo osservò confusamente. Deglutì con forza, benché un opprimente nodo alla gola la ostacolasse, per poi guardare le proprie mani, quasi non le appartenessero più.

Tremò di rabbia, paura, sgomento ed impotenza, di fronte alla consapevolezza di non essere in grado di farlo. Di non voler affondare quel paletto nel suo cuore.

Allentò la presa sull’arma e trascinò una palmo in aria, per poi scagliarlo contro lo zigomo destro di Niklaus.

Un rumore secco e sordo riecheggiò nella villetta ed Eva percepì la propria mano, rossa e pulsante, fremere, dopo quello schiaffo.

L’Originale serrò la mascella, massaggiando, con la lingua, l’interno della guancia lesa, per poi scrutare la giovane donna davanti a sé con decisione ed un velo di implicita gratitudine.

Afferrò la mano ingiuriosa della ragazza e la strinse nella propria, lenendone il bruciore con il gelido tocco delle proprie dita, poi la liberò, sorridendole grato.

“Vedo il disprezzo ma non vedo l’odio. Questo significa che il nostro è un Arrivederci.”- le carezzò la guancia destra, avvertendo la sua pelle tendersi, al passare della mano, e la scrutò con fermezza ed una nota d’orgoglio, per quella sua impulsività così simile alla propria.

Scomparve, sotto gli occhi atterriti di Eva, concedendo ai suoi muscoli di sciogliersi ed al cuore di riprendere un ritmo regolare.

La ragazza lasciò ricadere il paletto a terra e fissò a lungo un punto indefinito davanti a sé, lo stesso spazio che, pochi istanti prima era stato occupato dal volto pericolosamente affascinante di Klaus. Aggrottò la fronte, imponendosi si riprendere il controllo di sé e rivolse uno sguardo apprensivo a Sinclair, ancora bloccato nella morsa di Dorian.

“State bene?”- soffiò, preoccupata, avanzando verso di loro.

“Si.”- mugugnò il ragazzo, una volta libero di muoversi e parlare- “E grazie a Dorian, anche Niklaus è in ottima forma.”- sibilò sprezzante, rivolgendo un’occhiata severa all’amico di vecchia data.
“Ti ho praticamente salvato la vita, Charles! Ti avrebbe polverizzato, se non ti avessi fermato.”- si difese l’ex licantropo, gonfiando il petto, ferito.

“O hai salvato la sua?”

Dorian tacque, sbarrando gli occhi.

Un barlume di consapevolezza si accese nel suo sguardo, quando realizzò quanto quella domanda fosse più che lecita.

Aveva agito d’impulso, come fosse la cosa più naturale del mondo. Aveva interrotto Charles prima che potesse realmente fare del male al suo Creatore.

Ma una parte di sé soffocò quello sprazzo di coscienza, spaventata.

“Ho reagito per aiutare te.”- replicò con una decisione solo apparente.

Si sentiva in colpa, sapeva di non essere sincero.

Poteva l’asservimento a Niklaus essere più forte del legame di fraterna amicizia che lo legava a Sinclair?

“Se è così, ti ringrazio.”- annuì lentamente lo stregone, decidendo di non proseguire oltre, con la discussione-“A proposito, bel lavoro, Eva.”-ghignò ironico e astioso alla giovane.

“Ti rendi conto che la colpa è soltanto tua?”- sbottò la ragazza, avanzando verso di lui con passi fin troppo decisi- “Se ne sarebbe andato senza che niente di tutto questo accadesse, se tu non lo avessi attaccato!”- ringhiò,trattenendosi dal colpire anche lui, in volto.

“Senza che tu scoprissi le tue vere intenzioni, vuoi dire?”- sibilò di rimando Charles, alzando ancora di più il tono di voce, fino a sovrastarla- “ Senza che dovessi farci capire che, comunque le cose vadano, lo vorrai accanto a te? Potevamo levarcelo di torno, tu ne avevi il potere e hai sprecato la nostra unica possibilità! Potevi essere libera e hai scelto di rimanere prigioniera, Eva!”

“Non è Niklaus la minaccia più grande, lo sai anche tu!”- ruggì lei, con maggior forza. Il suo incarnato pallido si colorì e le labbra chiare divennero più rosse e tremanti di rabbia- “E’ il Cacciatore”- mormorò, tirando su con il naso- “Nik lo ucciderà, rendendoci tutti liberi.”

“Ed io mi chiedo chi ci libererà, poi, da lui.”- sibilò lo stregone, carico d’odio, oltrepassandola.

La villetta dei coniugi Gray  sprofondò in una calma apparente, un silenzio che gridava nelle orecchie ancora allertate dei suoi ospiti, una quiete che celava pensieri dolorosi, giusti o sbagliati che fossero, ricordi lontani eppure così freschi, rimorsi spaventosi e torturanti.

Nessuno parlò più, quella sera.

Le scale che affacciavano sull’ingresso scricchiolarono ripetutamente, sotto i passi pesanti degli inquilini che si trascinarono dal piano inferiore a quello superiore e viceversa, come fantasmi errabondi, dimentichi di quale ragione fosse quella che li spingeva a rimanere vincolati a quella terra.

Eva si rigirò più e più volte nel letto, spalancando gli occhi, ogni qual volta udiva i passi dei ragazzi, fuori dalla porta della sua camera da letto.

Serrò le palpebre, si impose il sonno, per poter scivolare via da quella realtà così complicata, fatta di crepe, incrinature e tasselli mancanti, fatta di suoni striduli e straziati.

Ogni parola, proferita quella sera, riecheggiò nella sua testa, stordendola.

C’era qualcosa di giusto, in ciò che aveva fatto? C’era qualcosa di salvabile?

“Pugnalami. Pugnalami ed io svanirò dalla tua vita, se è ciò che realmente desideri.”

Non ci era riuscita, non era stata abbastanza forte da affondare quello stupido pezzo di tavolino in quel petto che una volta l’aveva accolta, con l’unico intento di proteggerla.

E gli aveva silenziosamente chiesto di restare.

Sospirò, nella dormiveglia, stringendo a sé il cuscino, quasi, inconsciamente, tentasse di sfogare tutta la propria frustrazione.

Rabbrividì, avvertendo su di sé una brezza fresca, proveniente dalla finestra nella sua stanza, improvvisamente aperta.

“Grazie.”

Un mormorio leggero, che si liberò nell’aria, giunse debolmente alle sue orecchie ed Eva avvertì una delicata pressione sulla propria pelle risalirle il braccio, lasciato scoperto dal lenzuolo, la spalla, il collo esile, coperto dai capelli arruffati, intorno alla testa, fino al viso, placidamente rilassato.

Trasalì, spalancando gli occhi blu e sentì il proprio respiro venirle meno. 

  

 

Biondich caverna:

 

Good evening, darlings!

Come state?

Avete visto la nuova puntata? Strepitosa!

Anyway, spero abbiate gradito questo nuovo capitolo, più del precedente!

So che questa storia è un po’ noiosa, perciò vi chiedo scusa. Andando avanti diventerà più movimentata e, spero, vi interesserà, più di quanto faccia adesso.

Nel frattempo, rinnovo i ringraziamenti a chi ha la pazienza di seguire questa fan fiction , più precisamente:

Ariel Winchester

bee___

EnjoyTheSilence__Klaus23

Esmeralda91

giogy

Lunetta91

MissMiluna

sackiko_chan

xAlisx

xHeyCass__

 

Chi, con mia somma gratitudine, la ricorda:

Alessandrina96

res

 

E, naturalmente, le splendide persone che l’hanno messa fra le preferite:

AlexysBlack

CissKlaus

Maryanne92

sporpellina

veclam

 

Grazie di cuore, davvero!

Spero di sentire presto il vostro parere e le vostre considerazioni riguardo questa storia!

Alla prossima, sweethearts,

 

Biondich!

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Capitolo 12
*** Once upon a bloody night... ***


B-Caverna:

Vi chiederete: perché quassù?

Ebbene, per fare un breve intervento.

So di essere in un ritardo spaventoso con la pubblicazione e per questo motivo sono qui per scusarmi. Il tempo mi è stato tiranno in queste settimane, impedendomi di scrivere e/o dare un’occhiata al sito.

Ma! La lunga e dolorosa sequenza di compiti in classe sembra essersi ormai alleggerita, perciò prometto di ritornare ad aggiornare regolarmente, secondo i tempi stabiliti ( ogni 2 settimane o, se possibile, 10 giorni)

Detto questo, le mie scuse vanno in particolar modo indirizzate alle splendide Alessandrina96 , Esmeralda91 e xHeyCass_ che hanno avuto la straordinaria ( e apprezzatissima) pazienza di recensire lo scorso capitolo!

Naturalmente, rinnovo i ringraziamenti a tutti voi che leggete, recensite, preferite, ricordate e seguite questa storia!

Ci vediamo giù!

Once upon a bloody night …

 

 

 

 

I suoi occhi.

Persino nell’oscurità della sua camera, debolmente contrastata dal tenue bagliore dei lampioni in strada, Eva riuscì a scorgerli.

Mai, nella sua lunga seconda vita, ne aveva visti di così belli.

Distese di ghiaccio, incrinate da sottili lampi dorati che si perdevano in due pozzi neri, pieni di tutto, ogni cosa, in eterno.

Occhi antichi, quelli di Niklaus.

Vecchi quanto quelli di Eva, ma pieni di esperienze ed immagini che la giovane non aveva potuto catturare, poiché costretta ad una morte apparente.

Eva scorse gli occhi di Nik, in quella stanza. Vicini ai propri, così prossimi che per un istante credette che quei due pozzi neri volessero riversare nei propri quel tutto di cui erano colmi, per raccontarle la loro storia.

Avvertì un respiro, moderato, calmo, a stento percettibile, emesso da polmoni forti, cui il loro proprietario aveva imposto di funzionare, benché non gli fosse più indispensabile.

Il tocco leggero di una mano che tante volte l’aveva sfiorata e altrettante volte si era stretta intorno a colli e cuori, per uccidere, le scostò i capelli dal viso, in un gesto di naturale dolcezza che le tolse il fiato, per la familiarità che portava con sé.

Eva si sollevò di scatto, mettendosi a sedere, ed accese rapidamente la lampada sul comodino.

La tenda della finestra compì un movimento innaturale, troppo violento per essere attribuito alla volubile velocità con cui il vento soffiava.

Era sola.

Gli arti intorpiditi da un sonno strappato con violenza ed armoniosa delicatezza, i capelli arruffati da un lato ed ordinatamente incastrati dietro l’orecchio dall’altro, le sopracciglia aggrottate, sotto il peso dell’agitazione ed un involontario sorriso sulle labbra, al ricordo di quegli occhi.

Il suo sguardo bluastro ricadde sul comodino, ben illuminato dalla lampada sopra di esso.

Un dono vi era stato adagiato, in attesa di essere svelato.

Eva afferrò celere il pacchetto, di forma cilindrica, elegantemente annodato con fili di seta blu e d’argento, su di una fine carta nera.

La strappò con febbrile curiosità, lanciando occhiate fugaci alla finestra, ancora aperta, quasi sperasse che Niklaus riapparisse e giustificasse quel nuovo regalo.

Le mani della giovane si chiusero su di una superficie legnosa, ben levigata e trattata affinché i suoi polpastrelli non potessero essere feriti. Una punta acuminata, ad un’estremità del pezzo di legno cilindrico, le chiarì la funzione di quel presente.

Un paletto.

Klaus le aveva donato un paletto, in memoria di quella che era stata una notte fatidica, per fare delle scelte.

La ragazza si rigirò lo strumento fra le mani, domandandosi quale fosse il messaggio nascosto dietro l’arma.

Doveva significare qualcosa, ne era certa. Niklaus non lasciava mai niente al caso.

Ripensò a quel “Grazie” che le aveva sussurrato, pochi istanti prima di svanire e cercò di collegare quel paletto alle sue parole.

“Pugnalami. Pugnalami ed io svanirò dalla tua vita, se è ciò che realmente desideri.”

Eva impugnò saldamente l’arma e la osservò pensierosa, assottigliando lo sguardo.

Niklaus le aveva concesso una seconda possibilità.

Con quel dono, le stava garantendo che avrebbe potuto cambiare la sua decisione, un giorno.

Era ancora libera di scegliere se averlo accanto o allontanarlo per il resto dell‘eternità.

 

***

 

 

 

Eva si risvegliò nel tardo pomeriggio.

Non percepì molta differenza, fra la debole luce delle cinque del mattino e quella tiepida delle sette di sera.

Si tirò pigramente a sedere e percepì il proprio braccio dolere, a contatto con la rigida superficie del paletto, accanto a sé.

Nascose l’oggetto in un cassetto del comodino e si alzò, decisa a dare un senso a quella nuova - ed ormai quasi volta al termine - giornata.

Indossò un paio di jeans a sigaretta scuri ed una canottiera e percorse silenziosamente le scale, per dirigersi al piano inferiore, ben decisa ad affrontare i due amici e far luce sugli eventi della scorsa notte.

Attraversò il salotto deserto e raggiunse la cucina, per poi realizzare che anch’essa era vuota.

“Buongio … Ben svegliata, darling.”

La voce di Dorian, proveniente dal salotto, la fece sobbalzare.

Eppure, era certa di non averlo visto.

Eva gli venne incontro, con un accenno di sorriso sulle labbra, cercando, nel suo volto, un qualsiasi segno di collera, ira o rancore nei suoi confronti.

Ma Wolfskin non sembrava in grado di provare odio per le persone.

“Buona … sera. Lo scarico di tensione ha trasformato il mio sonno in una sorta di coma. Non ho mai dormito così tanto. Se non contiamo i mille anni passati da più o meno morta …”- farfugliò, incastrando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Dorian la osservò accigliato, per poi sogghignare ed incrociare le braccia al petto.

“Hai visto Sinclair?”- le domandò, accomodandosi su di un divano, ancora leggermente spostato dall’urto dello stregone, lanciato da Niklaus, la sera precedente.

“Non sento strepiti, quindi no.”- Eva si strinse nelle spalle, per poi accomodarsi accanto a lui-“Da quanto tempo è uscito? Come ti è sembrato?”

“Più nervoso del solito. Credo stesse parlando da solo, ma non ne sono sicuro. Di certo, non parlava con me. Questa mattina mi ha salutato con un grugnito e se ne è andato.”

“Mi odia.”- mormorò la giovane, per poi sospirare, amareggiata. Addossò le spalle allo schienale del sofà e chiuse gli occhi, nel disperato tentativo di far scemare il senso di colpa che la attanagliava.

“Puoi giurarci!”

“Non sei di aiuto, Dorian.”- sibilò, fulminando il ragazzo con lo sguardo.

“La verità fa male, il più delle volte, my love.”

“E tu? Ce l’hai con me?”- Eva soffiò stancamente, volgendo il viso verso l’amico, rassegnata alla realtà dei fatti.

“Non più del solito. Non ti biasimo per come hai agito. Al tuo posto, anche io avrei fatto la stessa cosa.”- Dorian la rassicurò, aggrottando la fronte con decisione-“ E poi, è stato Charles a dare inizio alle danze, Klaus ha reagito di conseguenza. Se ci pensi, quello in torto è Sinclair.”

O, almeno, era ciò che la sua nuova condizione di ibrido e servo lo portava a credere.

“Ma hai sentito anche tu le parole di Nik, quando siamo entrati. Ha minacciato Charles.”

Le aveva sentite, certo. Ma Wolfskin le aveva rielaborate, a favore del suo Sire.

“Sinclair ha bisogno di una strigliata, ogni tanto. Continua a non fidarsi di Klaus e questo compromette la nostra alleanza. L’unico modo di mettere in riga Charles è quello di spaventarlo.”- ghignò con nonchalance, con gli occhi versi accesi di un’euforia che lo aveva avvolto da quando, la sera precedente, aveva affondato i suoi nuovi canini in quella sacca di sangue, assaporando il vellutato sapore del sangue umano.

“Tu ti fidi così ciecamente di Niklaus”- constatò Eva, assottigliando lo sguardo.

“Perché non dovrei? Può aiutarci, lo ha già fatto, lo farà. Avremmo dovuto cercarlo prima. Saremmo liberi già da un pezzo.”

“Lo ha già fatto? Che intendi?”- lei osservò l’ex licantropo accigliata, totalmente ignara del significato che le sue parole celavano.

Woflskin boccheggiò per qualche istante, consapevole di essersi quasi tradito.

Non era ancora il momento di confessare la sua trasformazione, non con Sinclair fuori di testa.

“Ci ha rimediato una casa, ecco che intendo!”- rantolò, messo alle strette-“La stessa casa che tu ed io abbandoneremo, proprio adesso.”- sorrise, avvertendo del sudore freddo scorrergli lungo la schiena.

Fu il turno di Eva di impallidire.

“Cosa? Di nuovo?”- mormorò, sconcertata.

“Cancelliamo la serata di ieri,mostruosa in tutti i suoi particolari: io che vado in bianco, tu che rimorchi, fra tanti, uno dei nostri acerrimi nemici, l’ultimate wrestling match in salotto e la tragica fine del tavolino nell’ingresso.”- Dorian si alzò rapidamente dal divano e le porse una mano, invitandola a seguirlo- “Usciamo!”

“Non mi sembra un suggerimento particolarmente illuminato. Non sappiamo neppure dove sia Charles!”

“Se la caverà. Andiamo, sweety, sei la mia spalla!”

Wolfskin afferrò la ragazza per un braccio, tirandola in piedi con estrema facilità, benché lei opponesse resistenza.

Contrasse i muscoli, quando avvertì l’odore invitante del sangue di Eva, così vicino a sé. Liberò l’amica dalla presa e la spinse lontana, dissimulando la tensione con un sorriso inquieto.

La ragazza barcollò su di un piede, per poi riprendere agilmente l’equilibrio e guardarlo, accigliata.

“Questa città è piccola e inquietante. Rischiamo di farci scoprire, ogni volta che usciamo!”- brontolò, incrociando le braccia al petto e pestando i piedi sul parquet.

“Viviamo sul filo di un rasoio, my love, lo so. Ma, da quando siamo qui, ti stai trasformando. Sei quasi divertente!”- ghignò il ragazzo, provocando uno sbuffo della giovane-“Esci con me, Eva.”- sorrise suadente.

Lei sollevò lo sguardo blu verso il soffitto, con una smorfia contrariata sul viso.

“Riuscirai mai a farmi un complimento come si deve?”- protestò, arricciando le labbra in un’espressione imbronciata.

“Quando me ne ispirerai uno, sarai la prima a saperlo.”

“Questo è offensivo! Non ispiro complimenti?”

Il lato di primadonna di Eva affiorava, al cospetto della totale indifferenza di Wolfskin.

“Usciamo? Offro io!”- il novello ibrido deviò strategicamente il discorso e l’amica ringhiò, ferita nel proprio orgoglio femminile.

Ad una nuova occhiata seducente del giovane ex licantropo, la ragazza sbuffò pesantemente e cominciò a salire le scale, diretta alla propria camera.

“Prendo la giacca, ma scordati che ti dia una mano.”- sibilò stizzita, per poi deviare verso il bagno e sistemarsi.

“Sei bellissima!”

“Vai al Diavolo!”- gridò lei, richiudendo violentemente la porta,dietro di sé.

Qualche minuto dopo spalancò la porta della propria camera, decisa a prendere una felpa, e frugò nei cassetti del comodino, in cerca dei propri effetti personali.

Infilò il tutto in una tracolla e si arrestò sul posto.

Il suo sguardo ricadde, ancora una volta perplesso, sul piolo nel cassetto e, quasi involontariamente, Eva decise di portarlo con sé.

Corse rapidamente al piano inferiore e, al seguito di Woflskin lasciò la villa dei Gray.

Dorian rimpianse di avere dei sensi così sviluppati. Il rumore assordante dei propri passi e di quelli di Eva riecheggiavano con vigore nella sua testa, stordendolo.

Procedevano ad un’andatura spedita, dal momento che la giovane aveva optato per indossare un paio di trainer, dopo l’estenuante serata con indosso i tacchi.

Raggiunsero il Grill, avvolti nel silenzio, decisi ad ignorare i pensieri che, seppur diversi, li tormentavano nello stesso modo.

Il locale più gettonato di Mystic Falls -forse perché l’unico?-, quella sera, era gremito di gente.

Un gruppo di studentesse, di Richmond, a giudicare dai discorsi che Dorian, involontariamente, riusciva a percepire, aveva scelto di passare la serata in quella mite cittadina.

Il ragazzo sorrise, addossandosi con le spalle al bancone, e puntò lo sguardo verde e sagace sulle avvenenti e giovani clienti del locale.

Dorian lanciò un’occhiata divertita alla sua adorabile spalla con il broncio, seduta su uno sgabello accanto a lui.

“Visto, lovely? Siamo qui, ci stiamo divertendo, tu, io e …?”- batté una mano sul bancone, attirando l’attenzione del giovane barista che gli aveva servito un paio di birre.

“Matt.”- sorrise il bar man, affondando un panno in un bicchiere, per poi liberare il piano dal boccale vuoto di Dorian ed osservare accigliato il bicchiere ancora intatto della biondina accanto a lui.

“Matt, giusto! Un altro giro, ti ringrazio.”- sorrise l’ex licantropo, schioccando le dita, a quel nome già sentito.

Eva portò i capelli, lunghi e liberi sulle spalle, da un lato, per poi osservare interdetta il compagno di scorribande. Sorrise a Matt, lasciandogli intendere che avrebbe potuto portar via quella birra. Non l’avrebbe bevuta comunque.

“Ne hai trovata una carina?”- sospirò, rivolta al suo amico, compiendo una svogliata piroetta sullo sgabello e guardandosi intorno, dondolando infantilmente le gambe.

“Ce ne sono un paio, laggiù.”- Wolfskin indicò con lo sguardo una graziosa moretta e la sua amica castana, vicine all‘entrata-“Mi butto?”

“E affonda.”- ghignò Eva, tornando a dare le spalle alla clientela del locale.

“Questa era cattiva.”- Wolfskin si finse ferito dalle sue parole, ponendo entrambe le mani sul petto-“Ma, del resto, tu ce l’hai con me, quindi lascerò correre. Troverò compagnia, questa sera, alla faccia tua.”- le soffiò, ad un palmo dal viso.

“Se hanno buon gusto, ti ignoreranno.”- sbottò la ragazza, con un sorriso sardonico sulle labbra.

“Frigida.”

L’avvenente inglese abbandonò la sua spalla, incamminandosi con nonchalance verso le sue due nuove prede. Indossò il suo miglior sorriso, attirando la loro attenzione con uno sguardo ammaliatore che avrebbe sciolto qualsiasi animo.

Aveva tutte le intenzioni di testare le sue nuove capacità di ibrido, a cominciare dal soggiogamento.

 

 

***

 

 

Charles Sinclair fu in vista del cartello di benvenuto di Mystic Falls e rallentò, alleggerendo la pressione del proprio piede sull’acceleratore della Mustang rossa.

Aveva lasciato la città, quella mattina, nel vano tentativo di riallineare i pensieri e far scemare la rabbia che lo aveva spinto, la sera precedente, a rischiare la vita.

Osservò distrattamente il quadrante dell’orologio da polso che indossava e constatò di essere perfettamente in orario.

Parcheggiò l’automobile ad un centinaio di metri dalla Pensione dei Salvatore e scelse di proseguire a piedi, fino alla grande villa.

Attraversò il sentiero, ignorando lo scricchiolio dei propri passi sulla ghiaia, e si preparò psicologicamente a quella nuova riunione, ormai certo di aver scelto da che parte stare.

Suonò il campanello della magione e attese.

“Elena”- sorrise tiepido, salutando con un cenno del capo la giovane doppelganger che sussultò, sbarrando gli occhi.

Si sentiva così in colpa per averlo coinvolto.

“Charles, noi … loro … ti stavamo aspettando.”- farfugliò la Gilbert, incastrando una ciocca di capelli dietro l’orecchio e facendo cenno al ragazzo di entrare.

“A quanto ho capito, ci sono dei risvolti interessanti.”- indagò lo stregone, osservando estasiato l’elegante mobilio della tenuta.

“Bonnie ha detto di avere una grossa sorpresa per tutti noi”- sorrise tesa Elena, guidandolo attraverso le grandi stanze di quella dimora secolare- “Per di qua.”

Raggiunsero l’ampio salone, gremito di tutti coloro che avevano una più che valida ragione per desiderare la morte dell’ibrido originale.

Gli occhi grigi di Sinclair saettarono immediatamente sulla grave figura di Mikael, erto al lato di un divano su cui sedeva, incredibilmente silenziosa, anche Rebekah.

“Buonasera, Charles.”- sorrise il vampiro originale, allargando un braccio, in segno di saluto.

Lo stregone dissimulò l’angosciosa tensione che la vista di quel mostro gli procurava e ricambiò, con un secco cenno della testa.

Il suo sguardo tornò a posarsi, allarmato, su Rebekah.

Che diavolo ci faceva lì?

Quell’aspide voleva carpire da loro le informazioni necessarie a far scatenare l’ira di Niklaus e a farli uccidere tutti quanti?

“Permettimi di presentarti mia figlia Rebekah. Quando ha saputo di come suo fratello ha brutalmente spezzato la vita della sua amatissima madre, ci ha concesso tutto il suo aiuto, per annientarlo.”- intervenne l’Originale, una volta che percepì il suo stupore.

La vampira levò gli occhi, ancora adombrati dal dolore della consapevolezza, su Charles che annuì distrattamente, quando capì che era la verità.

“Bene, ci siamo tutti.”

Damon fece rapidamente ingresso nella sala ed osservò vagamente divertito il ridicolo assembramento di freak che aveva recuperato, per combattere Klaus.

Rimase interdetto, quando non vide Stefan, ma poi si strinse nelle spalle e si avvicinò al piano bar, strategicamente rifornito durante il pomeriggio. Porse un bicchiere di scotch a Mikael, uno a Sinclair, poi, constatando quanto fosse esigua la capienza dei bicchieri di cui disponeva, portò il collo della bottiglia alle labbra e buttò indietro la testa, compiacendosi dell’eccellente qualità dell’alcolico.

“Dov’è Bonnie?”- domandò lo stregone, guardandosi intorno, meditabondo.

“Lei e Ric stanno finendo di provare il loro spettacolo di marionette, al piano di sopra.”- ridacchiò il vampiro, prendendo un altro sorso di scotch- “Streghetta, ne hai per molto? Il pubblico comincia a scaldarsi!”- tuonò, rompendo la quiete che aleggiava nel salone.

Pochi istanti, e dalle scale provenne un rumore di passi affrettati che percorsero rapidamente i gradini.

La Bennett raggiunse la camera, trafelata, per poi sorridere vittoriosa ad ognuno dei presenti.

“Alaric ed io abbiamo lavorato sul nome mancante. Questo incantesimo, abbinato ad una tavola Ouija ci rivelerà l’identità dell’Originale misterioso.”- annunciò trionfante, esibendo una superficie di legno che Charles conosceva bene.

Il giovane inglese sbarrò gli occhi, consapevole del fatto di avere un gigantesco problema.

Non poteva opporsi agli spiriti. Se questi fossero stati adirati con Niklaus, avrebbero certamente svelato l’identità di Eva a tutti i presenti, mettendola in serio pericolo e compromettendo la sua copertura.

Doveva trovare il modo di impedire a Bonnie di mettersi in contatto con loro.

“Quindi lo scopriremo in diretta.”- dedusse Damon, inevitabilmente incuriosito da quella eventuale seduta spiritica.

“Qualcosa del genere.”- annuì il professor Saltzman, raggiungendo il salone per aiutare Bonnie con il pesante grimorio che aveva fra le mani.

“E vi serve un’incitazione iniziale o riuscirete a cominciare entro questa sera?”- ghignò impaziente il bel Salvatore, affiancando Elena. Incrociò le braccia al petto e fece schioccare la lingua, tediato dalla lentezza con cui i quasi del tutto umani in quella stanza procedevano ai preparativi.

“Perché non prendi qualcosa da bere, Damon? Temo tu stia cominciando a tornare sobrio.”-latrò Alaric, strizzandogli l’occhio, mentre aiutava Bonnie a sistemare gli strumenti sul tavolo da pranzo.

“Ho bisogno di tre volontari, ragazzi. Charles, ti va di darmi una mano? Uno stregone in più potrebbe farci comodo.”- la Bennett osservò con determinazione Sinclair che annuì passivamente, avvicinandosi al tavolo, come se fosse un patibolo.

“Mikael, avrò bisogno anche del suo intervento.”- proseguì timidamente la strega.

“Farò qualsiasi cosa per uccidere mio figlio.”- sorrise mite l’Originale.

Ma qualcosa disse a Charles che più che a Bonnie, si stesse rivolgendo a lui.

Rabbrividì.

“Elena o Damon?”- la strega guardò incerta i diretti interessati, domandandosi chi dei due desiderasse maggiormente la morte di Niklaus.

“Io.”

“Io!”

“È me che ha dissanguato!”

“Sono io che lo odio perché ti ha dissanguato!”

“Lui mi ha uccisa! Lo odio più di te!”

“Hai idea dell’Inferno che ho passato, mentre tu eri morta? Io lo odio più di te!”

“Bonnie, fa qualcosa!”- strepitò la Gilbert, ormai esasperata.

“Scelgo Damon. Scusa, Elena.”

Con un sorriso trionfante, il vampiro trottò verso il tavolo e si unì al quartetto.

In seguito all’incantesimo pronunciato da Bonnie, ognuno dei prescelti posò due dita su un’estremità di una grossa freccia di legno appoggiata sulla tavola, invocando gli spiriti.

Attesero qualche istante, guardandosi l’un l’altro con giustificato scetticismo.

Anziché muoversi ed indicare loro la verità, rimaneva immobile.

“Funziona?”

La doppelganger si sporse verso la superficie di legno ed arricciò il naso, dubbiosa.

“Ho l’aria di una strega soddisfatta del proprio incantesimo?”- sbottò la Bennett, visibilmente urtata dal fatto che l’incantesimo non avesse sortito alcun effetto.

“Ha ragione, Elena.”- ghignò Damon, scoccando un’occhiataccia alla strega- “Niente sbalzi di corrente, lampade fluttuanti, scritte sui muri o sospiri inquieti …”- latrò.

“Credevo avessi superato i cliché degli spettri.”- Alaric lo guardò interdetto, corrugando la fronte, per poi tamburellare le due dita coinvolte nell’incantesimo sulla freccia.

“Puoi biasimarmi? Questo pezzo di legno è troppo immobile.”- si lamentò il fascinoso vampiro, roteando gli occhi, annoiato.

Trattenne il respiro, quando avvertì i propri polpastrelli vibrare, mossi dalla freccia di legno, trascinata sulla tavola Ouija da fili invisibili.

“Si muove!”- Bonnie soffiò e ricevette, in cambio, un’occhiataccia di Damon che mimò un “Ma dai!” che nessuno percepì.

Gli occhi di tutti i presenti seguirono i tremanti movimenti della freccia che puntò dritta verso le lettere dell’alfabeto che ornavano la tavola.

“Qual è il nome dell’Originale che stiamo cercando?”- domandò Bonnie, rivolta alla forza che stava imponendo all’indicatore un curioso giro.

La freccia di legno guidò le dita dei quattro prescelti sulla lettera E. Nessuno azzardò congetture, fino a quando la punta non si posò sulla V e la A.

Fu allora che la Bennett pose la fatidica domanda.

“Chi è Eva?”

Sinclair trasalì.

La freccia compì un paio di giri su se stessa, sotto lo sguardo morboso di Charles che s’irrigidì, improvvisamente.

Pensò a cosa potesse fare.

Non c’erano incantesimi che avrebbe potuto utilizzare, senza destare sospetti.

L’indicatore, animato ancora una volta, indicò con esasperante lentezza la parola Profezia.

“Quale profezia?”

La freccia indicò con maggior decisione delle lettere e formulò: Lei morire.

“Grandioso, dobbiamo ucciderla. Qualcuno di voi è interessato a sapere il perché? Io no. Chiedi a Jumanji dove si trova questa Eva, streghetta.”- replicò Damon, piuttosto tediato.

Quella tavola li stava portando ad una nuova svolta dei fatti. Al Diavolo i particolari.

“Dov’è Eva?”

Maledizione.

Gli occhi di Charles saettarono in quelli di Mikael, erto di fronte a lui. L’Originale ghignò compiaciuto, mentre lo stregone rabbrividiva d’orrore.

La freccia fremette sotto le loro dita e vorticò velocemente su se stessa, picchiettando agitata sulla superficie della tavola.

Tremò incerta verso le lettere elencate, ma a metà strada si bloccò.

“Dov’è Eva? Dove si trova?”- ripeté Bonnie, spazientita.

La punta tremava, picchiettava e vorticava su se stessa, senza tregua. Ad un tratto, cessò di muoversi e puntò dritta verso la Bennett, svincolandosi dalla pressione delle dita e finendo quasi per trafiggerla.

Damon la spostò appena in tempo e l’indicatore di legno piombò a terra, inerte.

Sotto lo sguardo sbigottito di ognuno dei partecipanti, la tavola Ouija fu avvolta dalle fiamme e Alaric corse tempestivamente verso la cucina, in cerca d’acqua.

Con un ultimo spasmo di vita, la freccia, rigando il pavimento, scivolò fino ai piedi si Charles che la osservò sbigottito e pieno d’interrogativi.

Saltzman proruppe nel salone con una brocca d’acqua ed un asciugamano e, in breve tempo, riuscì a spegnere le resistenti fiamme che in pochi istanti avevano carbonizzato la tavola.

“Immagino che questo non facesse parte della grande rivelazione.”- Damon si strinse nelle spalle, guadagnandosi comprensibili sguardi furenti da tutti.

“Non è possibile!”

Bonnie osservò amareggiata i resti fumanti della tavola Ouija, impastati con l’acqua gettata da Ric.

Mikael scrutò quella cenere con aria grave, Rebekah sembrò tirare un sospiro di sollievo.

Charles sentì le proprie gambe venirgli meno e fu costretto a sedersi.

Qualcuno lo aveva protetto ed aveva impedito loro di scoprire la verità.

Ma chi?

L’unico nome che venne in mente al giovane inglese fu quello di sua nonna, Elizabeth Sinclair.

Possibile che fosse riuscita a contrastare lo spirito che aveva, per primo, fatto muovere l’indicatore?

“Forse, chiunque sia Eva, non deve essere rivelata.”- constatò Alaric, mentre, aiutato da Elena, ripuliva il pavimento del salone della Pensione dal legno carbonizzato.

“Un motivo in più per andare a fondo in questa storia.”- ribatté con fermezza il maggiore dei Salvatore, aggrottando le sopracciglia, determinato- “ La verità su questa fantomatica Eva sembra essere protetta da forze sovrannaturali. È il tuo campo, giusto?”- domandò, rivolto a Bonnie.

“Non riesco a contrastare questa magia. Chiunque abbia formulato l’incantesimo doveva essere molto potente e molto antico.”- constatò, una volta che raccolse da terra l’indicatore di legno ed avvertì un’ energia insolitamente forte pervaderlo.

“Esther?”- azzardò Elena, timorosa.
“Mi è difficile crederlo. Credevo volesse vendicarsi di Niklaus.”- Damon negò energicamente con il capo, guardando Mikael in cerca di conferma.

“E così è.”- acconsentì il vampiro originale, scoccando un’occhiata furente a Sinclair, ancora troppo scosso, per potersene accorgere.

“Allora chi può essere?”
“Non ne ho idea.”- dichiarò Bonnie, ancora piuttosto ferita nel proprio orgoglio di strega provetta- “Ma lo scopriremo. Nel frattempo, direi di rimandare questo incontro. Manca poco all’Homecoming e se Klaus ha in mente qualcosa, dovremo essere pronti.”

“Qualcosa mi dice che lo saremo, mia cara.”

Lo sguardo glaciale di Mikael si illuminò pericolosamente, mentre sorrideva.

 

 

***

 

 

Stefan Salvatore fece ingresso al Grill, osservando senza alcun reale interesse lo sciame di studentesse agitate che cercavano due compagne, misteriosamente svanite nel nulla.

Lasciò che la musica dell’happy hour lo coinvolgesse, trascinandolo nel vortice di pensieri che lo torturavano, ogni volta che abbassava la guardia.

Erano lì, davanti a suoi occhi. I sentimenti, le emozioni, i ricordi, tutti nella sua mente e nel suo petto.

Come se a separarli da lui ci fosse un’indistruttibile lastra di vetro, l’odio, il rimorso, il senso di colpa, la paura, la vulnerabilità sfilavano al suo cospetto. E Stefan li osservava con il sorriso sulle labbra.

Non potevano più ferirlo.

Eppure, sentiva di essere disposto a soffrire le peggiori pene, pur di tornare a provare qualsiasi cosa.

Il suo sguardo percorse ancora una volta le sagome della clientela del Grill e si soffermò su una chioma bionda, al bancone. La ragazza seduta sullo sgabello, quasi avesse percepito di essere osservata, si voltò appena, consentendogli di scorgere il profilo del suo volto.

Il vampiro fu attraversato da un brivido e si irrigidì sul posto, animato dalla consapevolezza di aver già visto quel viso.

“Potrà suonare squallido, ma hai un’aria familiare.”- sorrise suadente, accomodandosi sullo sgabello accanto a quello della giovane-“Ti ho già vista da qualche parte?”

“Direi di no.”

Eva lanciò un’occhiata fugace al ragazzo che le si era seduto accanto, per poi tornare a giocherellare con il portatovaglioli davanti a sé.

Dannazione, quel posto era un campo minato!

“Eppure sono quasi sicuro di aver già visto i tuoi occhi.”- il giovane pose un gomito sul bancone, seguitando ad osservarla con morboso interesse- “Potresti dirmi il tuo nome e togliermi definitivamente ogni dubbio.”

“Comincia tu, allora.”- ribatté lei, con un sorriso teso.

“Stefan Salvatore”

“Evangeline Strauss”- mormorò Eva, aggrottando le sopracciglia, piuttosto interdetta-“Salvatore? Ho conosciuto tuo fratello Damon.”- ricordò ad alta voce, realizzando di avere a che fare con un altro problematico avversario.

Doveva levarsi dai piedi quel succhiasangue il prima possibile.

“Sfortunatamente.”- rise leggero il giovane Salvatore- “Ma, credimi, non abbiamo nient’altro in comune, oltre al sangue.”

Cos’è, fai dell’umorismo, Stefan?

“Lui si è dimostrato piuttosto cortese.”- Eva si strinse nelle spalle, affilando lo sguardo, in sua direzione.

Leggeva chiaramente, negli occhi verdi del vampiro, una rabbia primordiale, nei propri confronti.

“Allora, mi dovrò impegnare, per superarlo.”

“Non sarà necessario, ma ti ringrazio. Non sto cercando compagnia.”

Lei sorrise appena, distogliendo rapidamente lo sguardo, per seguire con gli occhi l’incedere avanti e indietro di Matt, intento a servire.

“Un vero peccato, ma suppongo di dovermene fare una ragione”- Stefan batté con leggerezza la mano sul bancone, per poi alzarsi e sorriderle sinceramente- “Valeva la pena tentare.”

“Questo si che è cortese. Hai decisamente stracciato tuo fratello!”- tentò di confortarlo la bionda, visibilmente imbarazzata.

“Buona serata”

Stefan abbandonò il locale, avvolto in un conturbante silenzio, lasciando Eva nuovamente sola.

La ragazza si guardò intorno, sperando che Wolfskin facesse ritorno, ma dovette sospirare rassegnata, quando vide solo un altro considerevole gruppo di giovani fare ingresso al Grill.

Di Dorian, nemmeno l’ombra.

“Ti porto qualcosa?”

Sobbalzò, a quella domanda. Si voltò di scatto verso il bancone ed incastrò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, con aria confusa.

“Ti ringrazio, Matt, ma sono a posto.”- sorrise tiepida-“Anzi, credo tornerò a casa, sono davvero stanca.”

“La prossima volta, offre la casa. Il Grill rimborsa sempre gli appuntamenti mancati.”- il giovane Donovan le fece un occhiolino amichevole, per poi passare uno straccio umido sul bancone e prodigarsi a liberare il piano dagli aloni lasciati dai bicchieri.

“Oh, allora, mi dovrete abbonare l’intero anno!”- rise Eva, raccogliendo i capelli in una coda alta.

“Ci manderesti in bancarotta! Piuttosto, potrei trovarti un rimpiazzo e salvarmi la faccia e il posto al Grill.”

“Ti sei appena guadagnato una generosa mancia ed una cliente affezionata, barista.”- sogghignò sardonica la ragazza, lasciando sul bancone i dollari spesi più una cospicua mancia- “ Posso chiederti un favore? Se vedi un ragazzo alto, castano chiaro, incredibilmente irritante che risponde al nome di Dorian Gray, puoi dirgli che Evangeline è tornata a casa?”

“Da sola o con qualcuno?”

Lo sguardo complice di Matt la fece sorridere.

“Non voglio farlo ingelosire. E’ il mio coinquilino e le chiavi di casa ce le ho io.”

“Allora, riferirò il messaggio.”

“Grazie infinite!”

Lasciò il Mystic Grill, decisa a tornare alla villetta dei Gray.

Procedette a passo spedito, intenzionata a raggiungere la meta nel minor tempo possibile.

Avvertì il lontano latrato di un cane, che le giunse alle orecchie debole e vacuo, mentre aumentava il ritmo della propria andatura, con lo sguardo dritto davanti a sé.

Ripercorse la strada che aveva attraversato con Dorian, impressa a fuoco nella sua memoria.

“Lo sai? Ci ho ripensato. Io sono praticamente certo di averti già vista.”

Eva trasalì, sbarrando gli occhi.

Compì una giravolta su se stessa e boccheggiò, quando incontrò i suoi occhi inquisitori.

Stefan Salvatore sorrise, affilando lo sguardo, divertito dalle pulsazioni accelerate del cuore della ragazza.

“Ma io no e di questo sono più che sicura.”- soffiò lei, indietreggiando appena e guardandosi intorno, agitata.

Era sola, ancora una volta.

E non c’era momento peggiore, per esserlo.

“Oh, non dal vivo, non fraintendermi.”- il vampiro fece un paio di passi in avanti, con aria indifferente-“In un dipinto.”- e a quelle parole, i suoi occhi si accesero di collera.

I muscoli di Eva si irrigidirono improvvisamente.

Fuggire.

Doveva allontanarsi da lui e raggiungere la villa al più presto.

“Non ho mai posato per un pittore, perciò non ero io.”- rantolò, con la voce roca per la tensione. Indietreggiò ancora e notò con orrore che Stefan aveva fatto in avanti, lo stesso numero di passi che lei aveva compiuto all’indietro.

“Ne sei certa? In una catacomba, magari, nell’Europa dell’Est. Strano posto, per tenere un così bel ritratto. Ma, del resto, non c’è da stupirsi. Era stato lasciato lì, insieme al suo soggetto. Ed ora tu sei qui.”- il sorriso cordiale sul volto del giovane Salvatore si tramutò in un ghigno diabolico, deformato da una euforica rabbia-“Eva, giusto?”

“Non so a cosa tu ti riferisca”

Come poteva conoscerla?

La giovane ansimò, atterrita, afferrando febbrilmente la tracolla, con una mano.

Corri, Eva. Fuggi.

“Ah, no? Ho visitato la tua tomba, insieme al bastardo originale che mi ha rovinato la vita. Chi diavolo sei? Perché Klaus non sapeva che tu sei viva? Che valore hai per lui?”

Ad ogni domanda, ogni passo guadagnato, ogni sguardo, la voce di Stefan diveniva sempre più un ringhio, un ruggito furioso, pieno del desiderio di conoscenza.

Vattene, più veloce che puoi, Eva.

Le gambe della giovane si mossero, istintivamente. Non sapeva se quella voce nella sua testa fosse la sua coscienza o fossero spiriti, non riusciva a distinguerlo. Cominciò a correre, veloce, veloce come solo un millennio prima aveva fatto.

I muscoli bruciavano, il fiato le si spezzava in gola, ferendole i polmoni, fino a farle lacrimare gli occhi ed offuscarle la vista.

Non c’erano più suoni, in quelle strade.

Eva svoltò un angolo, attirando a sé la tracolla che le batteva sui fianchi, ostacolando la sua corsa affannata.

Dov’era?

Non riconosceva quella strada, così simile alle altre.

Perduta.

Quali speranze aveva di sopravvivere?

Scivolò a terra, lacerando i jeans e la carne, sulle ginocchia, lungo i polpacci. Gemette, mordendosi l’interno delle guance, per poi risollevarsi da terra e riprendere quella corsa disperata, nell’intento di rimandare al più tardi possibile la propria morte.

Avvertì i rivoli di sangue scenderle lungo le gambe e, nella corsa, tastò più volte le ferite con le mani, impregnandole di liquido scarlatto.

Senza voltarsi indietro, sporcò di sangue un muro, per poi correre nella direzione opposta a dove aveva lasciato le proprie tracce.

Voleva depistarlo.

Si augurò che il piano funzionasse e si infilò in un vicolo, accasciandosi a terra, per riprendere fiato. Sangue, polvere e asfalto divennero una cosa sola.

“Ti ho fatto delle domande, Eva.”

Percepì le dure parole di Stefan, troppo vicine, e ricominciò a correre, nella speranza che fossero solo una crudele illusione della propria mente.

Girò un altro angolo, nella vana speranza di riconoscere un qualsiasi particolare che le permettesse di orientarsi.

“Vorresti essere così gentile da rispondermi?”

Una presa ferrea la afferrò per un braccio, costringendola a compiere una torsione, per evitare che si spezzasse. Digrignò i denti, avvertendo le proprie ossa scricchiolare, sotto la pressione delle dita di Stefan.

Gli assestò un poderoso calcio alla bocca dello stomaco, per poi divincolarsi dalla sua morsa e barcollare poco più lontano, lottando contro lo straziante bruciore delle ferite.

Una energica spinta la scaraventò nell’oscurità di un altro vicolo, facendola scivolare a terra e rotolare su un fianco, per un paio di metri.

Percepì i passi calmi di un metodico Stefan, tornato ad essere lo Squartatore che aveva terrorizzato gli Stati Uniti, mietendo vittime per fame e divertimento.

Eva si impose la calma, avvertendo le proprie mani fremere.

La sua mente la catapultò nell’intricato labirinto di ricordi che costituivano il suo passato.

Un tempo cacciatrice, ora preda, la giovane fu pervasa da un’antica eccitazione, quella della caccia cui spesso partecipava, seguendo, silenziosa, gli uomini del suo villaggio.

Suo padre le aveva insegnato l’arte della pazienza e della perseveranza, anche nelle situazioni più pericolose.

Estrasse con rapidità il paletto che aveva portato con sé dalla tracolla e lo celò dietro la schiena, percependo i passi di Stefan farsi sempre più vicini.

Si alzò in piedi, ignorando il dolore che le ferite le procuravano, e, quando il vampiro le fu abbastanza vicino, deciso a strapparle le informazioni che desiderava, concentrò ogni energia nell’avambraccio destro ed affondò quell’arma, nel suo petto.

Lo sentì ululare di dolore, scoprire i canini acuminati in una smorfia di agonia, mentre gli occhi, oscurati dal Potere, si posavano sul pezzo di legno, a così pochi centimetri dal proprio cuore.

Il giovane Salvatore ruggì adirato, scaraventando Eva lontano, per poi accasciarsi a terra, impotente, contro l’atroce potenza velenosa del legno, sul suo corpo.

Afferrò con entrambe le mani il paletto, nel disperato tentativo di liberarsi di quell’opprimente sofferenza.

Ma, quando fu sul punto di estrarlo, questo ripiombò nella sua carne con maggiore violenza, sotto la pressione di una mano decisa che lo costrinse a gridare con maggior vigore.

“Ma guardati, Stefan.”- un latrato divertito sfiorò le orecchie del vampiro e dell‘umana-“Ti aggrappi con tutte le tue forze all’ostinata consapevolezza che ci sia un tassello mancante, in questa storia, un sussurro che ti è sfuggito, un grido troppo lontano di cui hai colto solo le eco. Lo sai?E’ proprio così.”

Eva sgranò gli occhi, quando colse nelle tenebre del vicolo l’alta sagoma di Niklaus, chino sui polpacci, con un ghigno posato sulle labbra rosse ed una mano premuta sullo sterno di Stefan, ormai totalmente trapassato dal piolo.

La ragazza gemette, ad un nuovo e più atroce spasmo delle gambe, da cui affiorava, instancabile, sangue scuro.

“Chi è Eva!”- mugghiò il più giovane dei Salvatore, avvertendo, inorridito, la punta del paletto graffiare ormai l’asfalto sotto di sé. Dovette resistere alla tentazione di contorcersi per il dolore, perché consapevole del fatto che il minimo movimento avrebbe potuto avvicinare il paletto al cuore e ucciderlo.

“Lo hai colpito magistralmente, mia cara.”- Klaus sorrise leggero, affilando lo sguardo in direzione della giovane e studiando la sua figura con minuziosa attenzione, in apprensione per quei profondi tagli che aveva, lungo i polpacci-“Stefan è un vampiro temibile. Negli anni ‘20, a Chigago, aveva l‘invidiabile fama di essere un temibile assassino. Non è così, Ripper?”- il sorriso che rivolse a Stefan non fu altrettanto gradevole.

“Lei cos’è”- il vampiro tentò di orientare il capo verso Eva, rannicchiata contro la parete opposta-“Perché è viva!”

“Permettimi di presentarti la giovane donna che ha avuto lo sfortunata sventura di incontrarmi. Come puoi sentire tu stesso, è umana, quanto la nostra preziosa doppelganger.”

L’ibrido lasciò che i battiti cardiaci accelerati della ragazza giungessero nitidi alle sue orecchie e, per un breve istante, si inebriò del profumo del suo sangue.

Per dieci secoli aveva tentato di dimenticarlo ed ora la sua mente ne era di nuovo satura.

“Perché è qui”- sibilò Stefan, digrignando i denti, con il volto deformato dalla sofferenza.

“Perché la mia maledizione l’ha seguita, fin oltre la morte. È qui per uccidermi.”- le parole dell’Originale erano intrise di malinconia, la stessa che, seppure celata da un sorriso, continuava a trasparire dai suoi occhi millenari- “Se lei muore, io morirò con lei.”

Il cuore di Eva perse diversi battiti, a quelle parole.

Niklaus avvertì la giovane soffiare sorpresa, per poi addossarsi maggiormente alla parete, confusa.

“Cosa?”- Stefan rantolò, sbarrando gli occhi verdi, in un’espressione di pura sorpresa.

“Nik,che stai facendo”

La voce di Eva scaturì in un sussurro incerto, debole e lieve.

Sgomenta, si chiese perché Niklaus stesse mettendo a rischio le loro vite, in quel modo.

L’Originale rise di quell’apprensione ingiustificata.

Sotto lo sguardo interrogativo dello Squartatore, ghignò mefistofelico, prima di spalancare gli occhi chiari e catturare l’attenzione di quelli del giovane Salvatore.

“Sfortunatamente, amico mio, dimenticherai questa informazione e perderai la tua unica possibilità di uccidermi, proprio qui, proprio ora.”

“No!”

Stefan ringhiò, negando energicamente con il capo, nel disperato tentativo di rifuggire le iridi di zaffiro dell’ibrido.

“Ti ho detto: dimentica, Stefan. Dimentica Eva, dimentica ciò che hai visto in quella tomba, dimentica questa notte.”

Il vampiro cessò di opporre resistenza. Abbandonò il capo contro l’asfalto, mantenendo fisso lo sguardo negli occhi di Klaus, ormai inesorabile vittima del soggiogamento.

Ogni immagine, ogni certezza, ogni parola catturata e gelosamente custodite nella sua mente svanirono, nell’immediato istante in cui Nik cessò di parlare.

“Eccoci qui. Non c’è peggior tormento della consapevolezza di conoscere la verità, ma non potervi accedere.”

Vide Stefan boccheggiare confusamente, per poi venire avvolto da un torpore che lo costrinse a chiudere gli occhi, facendogli perdere i sensi.

Niklaus estrasse, con mano ferma, il paletto dal petto del vampiro, ripulendolo dal sangue, sulla giacca che l’eterno diciassettenne indossava.

Eva impiegò tutte le sue forze, per rialzarsi da terra. Inspirò profondamente con il naso ed impiegò del tempo, per rilasciare tutta l’aria catturata e distrarsi, così, dalla fastidiosa sensazione del sangue rappreso che le tendeva la pelle lacerata.

“Come poteva sapere … come ha fatto a scoprire che …”-soffiò, con lo sguardo che saettava ora su Klaus, ora sulla sagoma inerme di Stefan.

“Temo sia colpa mia. Era con me, quando sono tornato . Questa storia ha preso pieghe improvvise ed ho avuto molte questioni urgenti di cui preoccuparmi. Ho sottovalutato l’acume di Stefan, ma ormai è tutto sotto controllo.”

Le labbra dell’ibrido si schiusero in un sorriso mite e rassicurante, mentre avanzava verso di lei e scrutava contrariato il sangue che le imbrattava gli abiti e la pelle.

Non era in quelle condizioni che sarebbe dovuta versare. Lui non avrebbe dovuto permetterlo. Non dopo averle promesso di proteggerla.

Cosa c’era di sbagliato in lui? Come poteva ricadere sempre negli stessi errori?

“Come mi hai trovata”

Eva gonfiò il petto e lo scrutò con severità, forte dello stesso risentimento che le aveva dato, la sera precedente, la forza di minacciarlo. Sollevò il mento, con sguardo fiero, e dissimulò una smorfia di dolore, serrando la mascella.

“Ti stavo seguendo.”

Niklaus si compiacque della resistenza che la giovane gli stava opponendo.

Sentiva il suo cuore pulsare veloce, i muscoli fremere e coglieva, nel suo sguardo deciso, un barlume di eccitazione.

Eva non aveva paura. Quella che avvertiva in sé era una scarica di adrenalina, per una caccia così ben riuscita.

Aveva combattuto uno dei più pericolosi predatori del pianeta, senza uscirne sconfitta.

Mai come in quel momento, Niklaus aveva riconosciuto in quella giovane la insolita ragazza che vestiva abiti maschili ed usciva, nelle notti di luna piena, per vedere i licantropi trasformarsi.

Era Lei, di nuovo.

O, almeno, sperava intensamente che lo fosse.

“Perché?”- quella domanda affiorò spontanea dalle labbra della giovane.

“Dal momento che entrambi i tuoi amici hanno di meglio da fare, ho pensato avessi bisogno di protezione. E difatti …”

Charles se ne era andato senza dire una parola, Dorian l’aveva abbandonata al Grill, non appena ne aveva avuto l’occasione.

Niklaus era lì, per lei.

“Ti ringrazio.”- replicò la ragazza, ostentando indifferenza-“Ma, ora, ho intenzione di tornare a casa, perciò …”- azzardò un paio di passi, intenzionata ad lasciare quel vicolo, pregno del proprio sangue.

Barcollò in avanti, fin quando non avvertì una presa sicura, ma leggera, sui fianchi, che la attirò a sé, concedendole di trovare un sostegno cui affidarsi.

Il respiro le si smorzò, quando percepì la terra mancarle sotto i piedi ed un vento forte scompigliarle le ciocche di capelli che si erano liberate dalla coda di cavallo.

Nascose il viso nel petto di Niklaus, mentre l’Originale percorreva a velocità sovrannaturale le cupe strade di Mystic Falls, in direzione della villetta dei Gray.

E, inaspettatamente, Eva si sentì protetta, a casa.

Avvertì quasi senza accorgersene il rumore della porta della villa che si richiudeva ed aprì gli occhi, chiusi per la sorpresa, quando l’ibrido si fermò.

L’Originale la adagiò con delicatezza sul letto a baldacchino e, presto, le trapunte dai chiari motivi floreali si colorarono di cremisi e polvere, tinteggiando di rosso il fondo del letto.

Eva impiegò qualche istante a liberare Niklaus dal proprio abbraccio. Sciolse la presa con difficoltà e rassegnazione.

Adagiò la schiena indolenzita contro i cuscini e finse indifferenza, per quel viaggio così incredibile e veloce.

“Ora sono al sicuro. Puoi andare.”- sbottò seccamente, imponendosi mentalmente di mantenere un certo qual distacco.

Nik aveva minacciato Charles, si era preso gioco di lei, mostrandole le sue debolezze. Non poteva fidarsi di lui.

“Sembrano tagli profondi”- Klaus si sedette, con cautela, sul bordo del letto, osservando con apparente impassibilità le ferite di Eva.

“Sto bene.”- sibilò lei, ritraendo una gamba, quando Nik tentò di allontanare il jeans lacero dalla carne viva.

“Comprendo e accetto la tua riluttanza ad avermi qui, ma ti prego di non sottovalutare quelle ferite. Nessuno di noi due può permetterselo.”

Se Eva lo vedeva come un mostro privo di sentimenti, così sarebbe stato.

Ma non ci riusciva.

Non poteva permettersi di essere spietato, con lei.

“Poche gocce e sarai come nuova.”- mormorò leggero l‘Originale, prima di affondare i canini nel proprio polso.

Un rivolo di sangue serpeggiò lungo la sua pelle, fino al palmo della mano, aperto di fronte alla giovane che lo osservò attenta, per nulla toccata dall’ennesimo piccolo fiume scarlatto che i suoi occhi avevano visto, quella notte.

“Non berrò il tuo sangue.”- replicò ferma, guardando severamente il ragazzo davanti a sé.

“Probabilmente, in un bicchiere assumerà una sfumatura meno macabra.”- accogliendo la sfida che Eva gli stava lanciando con lo sguardo, l’Originale scomparve e riapparve in poco più di un istante, rigirandosi fra le mani un calice. Morse ancora il proprio polso e lasciò che le pareti di cristallo del recipiente divenissero bordeaux.

Posò teatralmente il bicchiere sul comodino, sotto lo sguardo vigile di Eva.

“Ad ogni modo, hai fatto un ottimo uso del mio regalo.”- le sorrise gioviale, estraendo dalla tasca posteriore dei jeans scuri che indossava il piolo, ancora pregno del sangue scuro e secolare di Stefan.

“Le persone regalano gioielli, buoni acquisto, vestiti e weekend a Parigi e tu mi hai donato un paletto.”

Niklaus rise. In effetti, aveva un ché di ridicolo ed incredibilmente profondo in sé.

“Sono a favore dei regali intelligenti.”- l’ibrido prese nuovamente posto sul fondo del letto, inevitabilmente preoccupato dalle ferite che deturpavano le gambe della ragazza-“Non sei sorpresa anche tu di quanto si sia dimostrato utile?”

“Oh, si, è davvero incredibile.”- sputò Eva, incrociando le braccia al petto ed arricciando le labbra.

Si prendeva ancora gioco di lei?

Le aveva regalato un paletto e casualmente era stata aggredita da un vampiro, la sera successiva.

Come poteva, Niklaus, pensare che non si sarebbe posta delle domande?

“Insinui forse che quanto accaduto questa notte fosse premeditato?”

Lo sguardo dell’ibrido si spalancò, sorpreso.

“Credo solo che, dietro ogni tua azione, ci sia un secondo fine.”

L’Originale abbassò lo sguardo consapevole e si ritrovò a contemplare distrattamente i complessi disegni delle trapunte, seguendo con lo sguardo gli steli dei fiori che si avviluppavano su se stessi.

“Credo che tu sapessi che non ti avrei pugnalato. E credo che volessi farlo sapere anche a Charles e Dorian.”-la voce di Eva divenne più forte, attirando la sua attenzione-“Tu mi hai usata.”

Quando Klaus tornò ad osservare le sue iridi blu, accese di rancore, si irrigidì.

Percepiva la sua rabbia e non poteva far altro che accettarla.

Lo aveva fatto involontariamente, animato dal desiderio di comprendere quali fossero le sue intenzioni.

Non era certo di quale sarebbe stata la reazione della nuova Eva, a quella sfida lanciata la notte precedente. Aveva sperato con ogni fibra del proprio corpo che lei non lo trafiggesse con il piolo, ma aveva preso in considerazione quella possibilità.

Non lo aveva previsto, non poteva.

Non era più certo di conoscere Eva come un tempo e sapeva, per certo, di essere molto diverso dal Niklaus che l’aveva amata.

Siamo due estranei dall’aria terribilmente familiare, si disse.

“Tu avevi il potere di scegliere.”- sibilò fra i denti, scrutandola con severa determinazione.

Sciocca.

La vera Eva lo avrebbe capito. Avrebbe compreso ogni suo gesto, anche il più insensato.

Avrebbe voluto guardarla con occhi diversi, estranei, preservarla come un semplice oggetto, un idolo senza il quale sarebbe stato distrutto. Ma non poteva. Non ne aveva la forza.

Quella ragazza, senza luce negli occhi, era troppo simile a Lei.

E lui non poteva resistere alla tentazione di vedere quel volto e ricordare.

Un giorno, la vera Eva sarebbe tornata, ne era certo.

Niklaus l’avrebbe attesa pazientemente.

“E ancora mi chiedo se la mia sia stata una scelta saggia.”- mormorò la ragazza, incrociando il suo sguardo, per scrutarlo con una decisione tutta nuova che squarciò il petto dell’ibrido.

L’Originale serrò la mascella e la osservò mestamente, per poi spostare gli occhi altrove e guardare senza alcuna particolare attenzione il mobilio della stanza.

“Ti sei pentita?”- soffiò, e le sue labbra tremarono, per un istante, sotto il peso di un’umanità che faticava a riaffiorare e che era stata brutalmente repressa dal peso di più di mille anni di deprecabile condotta, sangue versato e violenze ingiustificate.
“No.”

Ed Eva sbuffò, quasi si odiasse per avergli detto la verità.

Si accomodò meglio, sul letto, e digrignò i denti, quando spostò la gamba lesa.

L’ibrido scomparve, lasciandola di stucco. La giovane contemplò per un tempo che le parve infinito la parete opposta della stanza, con aria confusa.

“Allora, non vedo come tu possa avere dubbi, riguardo la tua decisione.”

Niklaus riapparve, facendola trasalire, e, concentrando ogni muscolo del proprio corpo posò un porta ghiaccio, avvolto in un panno, sulla sua gamba.

“La mia famiglia ne ha, Charles ne ha.”- Eva avvertì una fitta particolarmente dolorosa che andò diminuendo, con il progressivo torpore che il ghiaccio le stava procurando-“Siamo sempre stati uniti e mai come adesso siamo stati così distanti gli uni dagli altri.”

“E ritieni sia mia la colpa?”

“Almeno in parte.”- sbottò lei, severa-“Non hai alcun diritto di minacciarli né di far loro del male. Qualsiasi sia la ragione che vi spinge ad entrare in contrasto.”

Niklaus serrò la mascella, corrugando lievemente la fronte. Si sentì in dovere di darle spiegazioni, lui che non aveva bisogno di permessi.

Voglio che tu sappia che se lho fatto è perché temevo che la scomparsa di Rebekah fosse opera del tuo stregone. La sua avversità nei miei confronti non è un mistero, lo sai anche tu.”- sibilò quasi rabbiosamente.

Lei non gli avrebbe creduto.

Lei non si fidava di lui.

E lui continuava a cercare il suo perdono.

Tua sorella è scomparsa?

Eva rimase sorpresa e accigliata.

E riapparsa, si.- seguitò l’ibrido, compiacendosi dell’apprensione che la ragazza stava dimostrando nei confronti di Bekah-Aveva distrattamente spento il cellulare, mentre imponeva la sua ingombrante personalità agli sventurati cittadini di Atlanta. Sfortunatamente, ha avuto la premura di rispondere alle mie chiamate, soltanto dopo che il nostro animato scambio dopinioni era già avvenuto.”- sorrise divertito, al ricordo dell’ultima telefonata con sua sorella, proprio quella mattina.

Eri preoccupato per lei?

Eva addolcì lo sguardo, piacevolmente sorpresa di scorgere quello che sembrava essere uno sprazzo d’umanità.

Non sono così spregevole come amo farmi dipingere.- Nik latrò con un sorriso amareggiato sulle labbra-Bekah è mia sorella. A parte questo, è alquanto amabile. Non potrei tollerare che soffrisse per mano dei miei nemici. Ad ogni modo, quanto avvenuto la scorsa notte non si ripeterà, hai la mia parola. Questo, se non avrò più ragioni di dubitare dei tuoi amici.”- le regalò un mezzo sorriso accondiscendente ed uno sguardo complice che lei accolse, annuendo.

“Anche perché la prossima volta non esiterò ad affondare quel maledetto affare di legno nel tuo petto.”- sibilò l’umana di rimando, riuscendo a stento a mantenere un’espressione minacciosa-“Lo giuro.”

“So che lo farai.”- l’ibrido ghignò compiaciuto ed abbassò lo sguardo, consapevole-“E te ne sono grato. Perché questo significa che mi stai concedendo del tempo, per farti cambiare idea.”

“Prendo della verbena, non puoi soggiogarmi.”- ribatté indignata la giovane, aggrottando la fronte e spostandosi indietro, verso la spalliera del letto.

“Soggiogarti per far sì che tu mi perdoni e riponga un po’ di fiducia in me?”- Klaus rise sincero, illuminandola con un‘espressione così gioviale che Eva, per un istante, dimenticò di averlo visto trapassare un diciassettenne con lo stesso paletto che ora era adagiato sul comodino accanto a lei-”Mi credi davvero così spregevole?”- continuò l’Originale, ghignando divertito.

Eva inarcò un sopracciglio ed espirò sonoramente, per poi far schioccare la lingua.

“Già, forse è meglio che tu non risponda.”- sorrise Klaus, osservando, poi, la gamba della giovane, contusa e scarlatta-“Il ghiaccio sta facendo effetto?”

“Va meglio.”- Eva si sporse leggermente ed annuì con vigore.

“È un taglio piuttosto profondo. Quel bicchiere potrebbe guarirti totalmente …”

“Non temere, Niklaus, non ci lascerò morire.”- sbottò la ragazza, quasi inconsciamente.

“Ti è così difficile credere che io sia interessato alla tua salute, indipendentemente dalla mia?”- l’Originale aggrottò la fronte, spiazzato.

Perché, ai suoi occhi, risultava essere così mostruoso?

“Penso solo che, se non ci fosse di mezzo il legame di sangue, ti comporteresti in maniera differente, con me.”- Eva sospirò amareggiata, ricordando le parole di Charles. Qualcosa le diceva che, forse, dopotutto, Sinclair poteva aver ragione.

“Oppure, non cambierebbe nulla.”- e la tempestività con cui Niklaus replicò, le fece intendere quanto lui desiderasse che la sua opinione fosse presa in considerazione.

“Non lo sapremo mai. Che peccato.”- ghignò lei, sardonica. Ma presto, quell’accenno di sorriso ironico svanì.

“Non c’è alcun secondo fine nella mia presenza, questa notte, Eva.”

“Vorrei poterti credere.”- mugugnò lei, seccata. Incrociò le braccia al petto e deglutì nervosamente, incerta su come comportarsi.

“Allora, fallo. È la verità.”

Gli occhi di Niklaus le stavano silenziosamente chiedendo di credergli.

La giovane tacque e seguitò ad osservarlo, sospirando leggera.

Avrebbe voluto farlo, ma i recenti avvenimenti le imponevano un certo scetticismo, nella valutazione di ogni sua azione.

“Anche se, ad essere sinceri, una mira nascosta c’è.”- ridacchiò l’Originale, tornando ad osservarla con un sorriso astuto sulle labbra.

“Lo sapevo!”- Eva sbarrò gli occhi blu si sporse in avanti, sdegnata dal comportamento di Niklaus.

Perché seguitava a prendersi gioco di lei?

“Ma questo intento segreto richiederebbe, prima, una completa guarigione della tua gamba sinistra.”- proseguì l’ibrido, sorridendole lascivo ed indicando con lo sguardo il bicchiere ricolmo del proprio sangue, sul comodino accanto a lei.

La giovane aggrottò la fronte, dubbiosa.

“Mancano pochi giorni all’ Homecoming. Sai di cosa si tratta?”

Niklaus affinò lo sguardo turchese e scrutò attento le iridi blu di Eva, concentrate su di lui.

“Un ballo studentesco. Rebekah me ne ha parlato.”- la ragazza seguitò ad osservarlo, interrogandosi su cosa intendesse dirle.

“Mi chiedevo se volessi farmi l’onore di accompagnarmi. Naturalmente, in veste ufficiosa, almeno per il momento. Tempo che le acque si calmino e diventino meno torbide ed i balli cui prenderai parte saranno più consoni e meno scialbi e …”

Gli occhi di Klaus caddero sul copriletto floreale intriso di sangue, mentre pronunciava quell’invito, con leggero imbarazzo. Rise di sé, poi guardò la giovane, augurandosi che quella debolezza che le aveva dimostrato la inducesse ad accettare.

Non desiderava altro.

“Mi dispiace, Nik, non verrò con te.”

Come?

“Non concederesti ad un mostro di fingersi cavaliere, almeno per una serata?”- l’ibrido conciliò quella domanda con un sorriso leggero e piacevole, celando alla ragazza il comprensibile stupore per quella risposta.

Prima di divenire tale, quel mostro era già un cavaliere. Credo lo abbia soltanto dimenticato.”

Eva lo sperava con tutto il cuore, confidava nel fatto che un giorno, Niklaus, il giovane uomo che le aveva giurato amore e fedeltà eterni, sarebbe tornato.

Allora, aiutami a ricordare, Eva.- il sorriso sul volto dell’Originale si incrinò appena, il suo sguardo divenne più severo-Vieni con me.”- insistette con maggior determinazione.

No.

Non sono capace di ripetermi con la stessa cortesia della prima volta.- le labbra di Klaus si piegarono in un ghigno sprezzante e velatamente minaccioso-Ti prego di rivalutare la tua risposta.

Non poteva essere rifiutato.

Ho detto, No.”- Eva scandì ogni parola, sostenendo il suo sguardo, con fermezza.

Trasalì, quando colse nel volto di Niklaus la rabbia.

Bene, allora.- l’ibrido acconsentì, annuendo lentamente con il capo, mentre seguitava ad osservarla con un’insensata aria di sfida-Hai fatto la tua scelta.

E non poteva essere più sbagliata.

Si alzò dal letto, con un movimento secco, e si avviò a velocità sorprendente verso la porta della stanza.

Perché ti comporti in questo modo?

Eva urlò quella domanda a pieni polmoni, sperando di fermarlo, prima che fosse troppo tardi.

Una leggera brezza le scompigliò appena i capelli e l’Originale riapparve nella camera, assumendo una posa granitica.

Quale modo?”- domandò con voce monocorde Klaus, lievemente accigliato.

Addossò le spalle alla porta ed incrociò una gamba, osservando la giovane sul letto, severamente.

Ci intimidisci, fai ammenda e poi ricominci.- ribatté incerta Eva, in soggezione davanti ai suoi occhi spietati-Lo trovi efficace?

Non conosco altre maniere di rapportarmi con i tuoi amici.”- sibilò l’ibrido con fermezza.

Non che si stesse sforzando di essere gentile, certo, ma, in ogni caso, il suo discutibile senso dell’amicizia non sarebbe comunque stato intenzionato a fargli cambiare atteggiamento.

Allora, evita di utilizzare questo tono, almeno in mia presenza.

Lei avanzava una pretesa fin troppo complessa.

Niklaus le sorrise appena, affascinato dagli sprazzi di decisione che lei dimostrava. In quei momenti, l’eternità di Eva tornava a brillare.

Dovresti riposare.- mormorò Nik, scrutandola con indifferenza e soffocando ogni pensiero di lei che gli ottenebrava la mente-Quella è davvero una gran brutta ferita e avrai bisogno di essere in forze, quando i tuoi amici saranno qui. Suppongo chiederanno spiegazioni.”- sorrise sprezzante, conscio del fatto che avrebbe nuovamente dovuto mettere in riga Sinclair. Lo stregone non aspettava altro che un pretesto per fare la sua mossa.

“Dirò loro che mi hai salvato la vita.”

La giovane lo osservò a lungo, piena di sicurezza.

Era la verità, dopotutto, e lei aveva bisogno che le divergenze fra Nik e Charles si appianassero.

“Dopo avertela tolta.”-soffiò con un sorriso amareggiato l’Originale-“Sai qual è la verità? Che non saremo mai pari.”

E non c’era dolore peggiore di questa consapevolezza.

 

 

 

***

Charles Sinclair abbandonò la Pensione dei Salvatore, con un’espressione indecifrabile sul volto. Si passò una mano fra i capelli scuri e scosse la testa, nel tentativo di riprendersi.

Ne era uscito vivo. Era riuscito a mantenere intatta la sua copertura ed aveva salvaguardato la sicurezza di Eva e Dorian.

Poteva dirsi più che soddisfatto.

Anche se, ogni passo che compiva verso la distruzione di Klaus, sembrava portarlo, inesorabilmente, verso la distruzione di Eva.

Possibile che non ci fosse alcun modo di aggirare la profezia che pendeva sulla sua testa?

Scorse poco lontana la Mustang e tirò un sospiro di sollievo.

Ce l’aveva fatta. Sarebbe tornato a casa e si sarebbe rifugiato nella consapevolezza di aver protetto i suoi cari, ancora una volta.

“Una serata piuttosto ingrata, questa. Non sei d’accordo, ragazzo?”

Trasalì e chiuse gli occhi per un breve istante, quando udì quelle parole. Si voltò lentamente e s’irrigidì, scrutando confusamente la sagoma di Mikael, compostamente erto di fronte a lui.

Incredibile la tempistica con cui quella tavola sia stata avvolta dalle fiamme.”- proseguì l’Originale, con nonchalance, fulminando il giovane stregone con lo sguardo.

“Stupefacente, sì.”- si limitò a replicare il ragazzo, schiarendosi nervosamente la voce.

Un segno di tensione, il suo, che non sfuggì al vampiro.

“Una magia così potente non può che essere opera di un Antico.”- proseguì il Cacciatore, con un sorriso diabolico sulle labbra sottili. Avanzò con noncuranza verso il giovane che serrò la mascella, inquieto.

“Hai gli stessi occhi di Elizabeth. Un grigio così ricco di sfumature è difficile da dimenticare e, a quanto vedo, è una caratteristica di famiglia. Fin dall‘alba dei tempi.”- latrò il Cacciatore, con un sorriso gioviale sul volto ed una luce vagamente folle negli occhi chiari.

“Temo tu mi confonda con qualcun altro, Mikael.”- soffiò Sinclair, tentando di mantener saldi i nervi.

Serrò i pugni, quando avvertì le proprie mani tremare, per l’agitazione.

Ora ne aveva la conferma. Il Cacciatore lo aveva riconosciuto.

“Io non credo. E nemmeno tu.”

Charles tacque, seguitando ad osservare l’Originale con apprensione.

“Come sta la ragazza? Immagino goda ancora di quei privilegi che Elizabeth le ha concesso.”

Inutile seguitare a negare l’evidenza. Lo stregone doveva dare una conferma al mostro davanti a sé.

“Dovresti saperlo, dal momento che hai tentato di rintracciarla.”- sputò il ragazzo, mantenendo a stento un completo controllo di sé.

Le sopracciglia grigiastre di Mikael si inarcarono lievemente, a quelle parole.

“Oh, credimi, non sono stato io. Ero piuttosto preso da altre rilevanti questioni, per dedicarmi a lei.”

Charles boccheggiò, per qualche istante. Riconosceva nel suo volto la verità e non poté fare a meno di chiedersi, allora, chi diavolo avesse tentato di rintracciare Eva, la settimana precedente.

A meno che … Klaus.

Doveva essere stato lui a cercare Eva.

Charles Sinclair avvertì il proprio mondo precipitare, sotto i duri colpi della consapevolezza che quella ricerca disperata, ogni paura, ogni discussione avuta durante quella settimana erano basate sul nulla.

“Ma suppongo, adesso, di essere nuovamente libero di darle la caccia. E, dal momento che uno dei suoi custodi è qui, immagino di essere sulla strada giusta. Dov’è?”- il sorriso sulle sue labbra non mascherava la minaccia che trapelava dai suoi occhi.

“Lei non è qui.”- sibilò a denti stretti lo stregone, ostentando una sicurezza che non aveva.

Mentire non gli veniva facile, in quel frangente. Non con la Morte davanti.

“Tu menti, ragazzo. Ed io detesto le menzogne.”- tuonò il Cacciatore con voce grave, osservando severamente il giovane davanti a sé.

Charles si sentì soffocare ed indietreggiò appena, nel disperato tentativo di raggiungere la Mustang, nel minor tempo possibile.

“È la verità.”- insistette con maggior risolutezza, pregando che Mikael gli credesse.

“Allora perché sei qui, da solo?”- sorrise ironico il Cacciatore, assottigliando lo sguardo e sollevando leggermente il mento.

“Per un accordo. Ti aiuterò ad uccidere Klaus e tu, in cambio, lascerai vivere in pace Eva e la mia famiglia.”

Sinclair ritrovò la propria fermezza, augurandosi che l’Originale valutasse, quantomeno, la sua offerta.

“La ragazza fa parte del mio piano.”

“Sappiamo entrambi che la sua morte è solo uno degli strumenti per uccidere l’ibrido. Eva non ti è necessaria.”- precisò lo stregone, digrignando i denti, fuori di sé.

Mikael tentava di metterlo alle strette.

“Tu pugnalerai Niklaus ed io farò in modo che questo avvenga.”- proseguì il giovane, con risolutezza.

Uccidere Eva era fuori discussione, maledizione.

“Oppure”- il Cacciatore ghignò compiaciuto, inclinando lateralmente il capo, come un rettile davanti ad una preda-“potrei stringere il tuo cuore, fino a farlo esplodere. Sono certo che avrai l’accortezza di indicarmi dove si trova la ragazza ed io avrò la possibilità di scegliere come uccidere quell’abominevole bastardo. Oh, naturalmente, la tua collaborazione ti farebbe aver salva la vita. Sono un uomo di parola, io.”

Si mosse rapidamente e congiunse le dita della mano destra, per poi affondarle nel petto di Charles.

Sinclair ululò di dolore, osservando inorridito le dita dell’Originale affondare con maggior forza nel suo torace.

Ben presto, gli indumenti dello stregone furono pregni di sangue. La camicia bianca di Sinclair assunse tinte scarlatte, mentre il lacerante dolore al petto si faceva sempre più intenso.

“Sai che non te lo direi.”- rantolò, chiudendo gli occhi, ad una fitta più intensa-“ E sai che, se commetterai un gesto troppo impulsivo, quale uccidermi, un altro custode farà in modo che un’eternità non ti basti, per trovare Eva.”- boccheggiò, guardando inorridito le dita di Mikael nel proprio petto-“Questo è il motivo per cui hai nascosto la verità ai fratelli Salvatore, non è così?”

Stava per cedere.
“Hai coraggio da vendere.”- constatò il Cacciatore. Con un colpo secco del polso, sfilò le dita dalla carne viva di Charles che mugolò ancora una volta, agonizzante, per poi accasciarsi sulle ginocchia, con una mano stretta sul torace, pregno del proprio sangue.

“Ma ora, ognuno di loro sospetta qualcosa. Dopo che Stefan ha fatto il nome di Eva, loro … ci arriveranno.”- sibilò il ragazzo, in preda a violenti spasmi, dovuti al dolore.

C’era così tanto sangue, sulle proprie mani, sui propri indumenti.
“Fa in modo che mio figlio muoia e, hai la mia parola, la ragazza non avrà più niente da temere.”- i passi di Mikael giunsero leggermente ovattati, alle orecchie stordite di Charles-“Ma se il piano dovesse fallire, ricorda, non ci saranno luoghi abbastanza sicuri, profondi o oscuri in cui nascondervi. Io vi troverò e, se così sarà, bramerete la morte, così come ora agognate un altro giorno di vita.”- sibilò l’Originale, afferrando lo stregone per una spalla, fino a costringerlo a rimettersi in piedi.

Sinclair rise, per il nervosismo. Barcollò sul posto, con una smorfia stanca sul volto, madido di sudore.

“Abbiamo un accordo?”- tese la propria mano, intrisa di sangue, al Cacciatore che lo scrutò impassibile.

“Eliminerò ogni ricordo della ragazza dalle loro menti. Ma, se necessario, farò in modo che tu abbia più di un vampiro, alle calcagna. Credimi.”

 

 

***

 

 

 

“Dannazione, Eva, sei tornata qui da sola? Ti avevo detto di aspettarmi nel locale!”

La ragazza in questione sussultò, sobbalzando sul letto, con il cuore a mille.

Il ruggito adirato di Dorian le giunse fin troppo nitido alle orecchie e fu presa dal panico. Si trascinò sul bordo del letto, ben attenta a muovere il più delicatamente possibile le gambe lese, senza sapere cosa fare.

Non voleva che si allarmasse, vedendola in quello stato.

Fu in quel momento che il suo sguardo cadde, quasi involontariamente sul comodino.

La luce della lampada illuminava con prepotenza il calice di cristallo, ricolmo del prodigioso sangue di Niklaus.

“Poche gocce e sarai come nuova.”

La voce roca e suadente di Klaus le riecheggiò nella mente, provocandole un brivido lungo la schiena.

Si era ripromessa di non farlo, di non cedere. Di non prendere quell’antidoto.

Prese il bicchiere fra le mani e ne contemplò per qualche istante il contenuto scarlatto. Posò con incertezza le labbra sull’orlo ed inclinò il contenitore, per assumere una quantità minima di sangue, niente più del dovuto.

“Eva? Che diavolo …”

La ragazza per poco non mandò di traverso il sorso che aveva preso ed un rivolo del rosso più intenso le solcò la pelle, bagnandole il mento.

Dorian si bloccò sulla porta, con gli occhi ricolmi di interrogativi. Quella stanza era satura dell’odore del sangue di Eva e del suo Sire e questo gli dava alla testa. Arieggiò la stanza, muovendo ripetutamente la porta e serrando la mascella.

Che diavolo era successo? Perché era in quelle condizioni?

Lei gli impose il silenzio con un indice davanti al volto e svuotò, ormai rassegnata, il contenuto del calice, per affrettare gli effetti prodigiosi.

“Chi ti ha ridotta in questo stato”- soffiò il giovane Wolfskin, osservando con apprensione le lesioni e le contusioni della ragazza.

I profondi tagli che le squarciavano le gambe smisero improvvisamente di torturarla. Il dolore tacque, la pelle contusa si distese, ogni ferita si rimarginò, con un processo rapido e non privo di fascino.

Eva provò l’inebriante sensazione d’essere invincibile. Il sangue le ribolliva nelle vene, quasi fosse animato di vita propria, restituendole un vigore che la lasciò di stucco.

Provava una sensazione di assoluta completezza, si sentiva bene come raramente le era capitato.

“Nessuno. Non è successo nulla, Dorian. Non siamo mai usciti di casa. Non una parola con Charles, hai capito?”

Le sue parole, così decise, lasciarono perplesso il novello ibrido.

Dorian osservò accigliato la giovane amica, incrociando le braccia al petto, per poi massaggiarsi il mento, visibilmente agitato.

“Devo preoccuparmi?”- mormorò, pregandola, con lo sguardo smeraldino, di non celargli la verità.

“Non più. È tutto sotto controllo.”- annuì Eva con fermezza, decisa a tacere quanto, quella notte, fosse stata vicina alla morte.

“Ci ha pensato Nik?”

“Ci ha pensato lui, si.”

“Klaus il Risolutore, ah?”- Wolfskin fece schioccare la lingua, dondolandosi sul posto ed ammiccando in maniera oltremodo esagerata.

“Non occorre che tu ribadisca il concetto.”
“Cercavo solo di smorzare la tensione.”- si difese il giovane, ad un’occhiata particolarmente contrariata della bella compagna che incrociò le braccia al petto, accigliata.

La finestra della stanza di Eva fu illuminata da un paio di abbaglianti e, ben presto, fu udibile il rumore di un motore in raffreddamento. Lo sbattere di uno sportello ed il rumore di ghiaia calpestata nel vialetto fecero sussultare entrambi gli amici che, con un’occhiata d’intesa, si prepararono al peggio.

Wolfskin si precipitò al piano inferiore, lasciando ad Eva lo spazio per cambiarsi i jeans laceri.

“Ed ecco che il mio tentativo fallisce miseramente …”- mugugnò Dorian, spalancando la porta, prima ancora che Charles potesse aprirla.

“Quindi non sei morto. Volevo affittare la tua stanza, ho ricevuto delle offerte che … “- con un gran sorriso, unicamente volto a nascondere tutto il sangue ed i tormenti che aveva visto quella notte, accolse l’amico, insolitamente pallido.

“Ciao.”- rantolò Sinclair, varcando la soglia con passo incerto.

Dorian lo vide barcollare appena e prendere un lungo respiro affannato.

Nell’aria, il novello ibrido percepì un odore diverso. Ancora sangue. Non era quello di Eva, non era quello di Klaus.

Altro sangue, in quella notte d’Inferno.

“Ehi”- Eva scese velocemente le scale, rischiando di ruzzolare, e sorrise tenue allo stregone-“Avevamo cominciato a darti per disperso.”

“Beh, ho ritenuto che fosse doveroso fare un po’ per uno. Era il mio turno di sparire.”- replicò pacatamente il ragazzo, celando una lieve fitta al torace.

Con un incantesimo, era riuscito a ridurre le dimensioni della ferita che Mikael gli aveva inferto, ma aveva bisogno di nuove cure.

E di mantenere segreta quella voragine nel petto.

Gli occhi grigi e stanchi di Charles caddero istintivamente sull’orlo della camicia di Eva e le unghie della giovane.

Il sangue incrostato non sfuggiva ad un occhio allenato come il suo.

“Cosa ti è successo alla …”- le domandò, alludendo alle tracce evidenti che aveva saputo cogliere.

La giovane s’irrigidì appena, incastrando una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrise nervosamente, imponendosi di trovare rapidamente una scusa.

“Ho colpito lo spigolo del comodino. È solo un graffio.”- sollevò appena una gamba dei pantaloni, mostrando il sangue rappreso sulla caviglia e giustificando , così, le impronte scarlatte sulla maglietta e le mani.

Sinclair annuì lentamente, per nulla convinto di quella versione dei fatti.

Ma non aveva più alcuna importanza, ormai.

Presto, sarebbero stati liberi.

Wolfskin approvò con un’occhiata particolarmente complice la versione di Eva, compiacendosi della prontezza di risposta dell’amica.

“E tu …”- Charles si voltò verso l’amico, notando, sul collo della sua camicia chiara, piccoli schizzi scarlatti che lo lasciarono ancor più perplesso.

L’ex licantropo guardò i propri indumenti e si rimproverò mentalmente di essere stato un perfetto idiota. Come aveva potuto non accorgersene?

Eva lo scrutò accigliata, meravigliandosi di non aver notato anche lei quelle macchie.

“Epistassi, mentre mi facevo la barba. Una cosa tira l’altra e nel bagno sembrava essere stata girata la scena di un splatter movie. Ho pulito tutto!”-ghignò il novello ibrido, scoprendo la dentatura smagliante in un sorriso innocente e vagamente imbarazzato.

Ancora una volta, si congratulò con se stesso per la propria inventiva.

“Tu che scusa hai, invece?”- Dorian inarcò un sopracciglio, osservando con attenzione gli abiti di Sinclair.

Lo stregone aveva assunto una posa innaturale, per poter mantenere chiusa la giacca e nascondere la camicia sotto di essa.

Ma l’odore di sangue era troppo forte. Con un colpo incredibilmente rapido, Wolfskin aprì la giacca dell’amico che soffocò un rantolo strozzato.

La camicia bianca era tinta di un rosso incredibilmente vivo ed era stata lacerata all’altezza del petto.

“Ho … bloccato una rissa, tornando. Ma il mio intervento non ha impedito a un tizio di rompere il setto nasale a un altro. Non avevano dei fazzoletti, così hanno usato la mia camicia.”- mentì spudoratamente Charles, conciliando quella menzogna con un sorriso stanco.

“Capisco.”- mormorò Eva, incredibilmente scettica. Ma non era nella posizione di poter fare osservazioni del genere.

“Beh, sono davvero distrutta. Buonanotte!”- si congedò rapidamente dai due amici, scomparendo al piano superiore, decisa ad eliminare definitivamente le tracce del proprio sangue.

Bloodnight! Oh, pardon. Goodnight!”- sogghignò Dorian, divertito e spaventato al contempo, da tutte quelle bugie.

“Notte.”

 

***

 

I quattro giorni seguenti furono, per i giovani inquilini della villa dei Gray, i più piacevoli e tranquilli, da quando avevano raggiunto Mystic Falls.

Klaus e Rebekah sembravano essere svaniti nel nulla e così anche Elena, Bonnie ed i fascinosi fratelli Salvatore.

La quiete che quei giorni portarono con sé, sortì effetti mirabolanti anche sulla convivenza dei tre ragazzi inglesi.

Charles Sinclair, ormai certo di essersi liberato di ogni inconveniente, specie da quando aveva venduto l’anima al Diavolo originale, era diventato così piacevolmente gioviale da destare non poco i sospetti di Eva e Dorian.

La loro famiglia sembrava aver ritrovato l’armonia perduta.

Un equilibrio, il loro, destinato a spezzarsi, ancora una volta, in una calda mattina di lunedì.

Sinclair e Wolfskin avevano lasciato la villa, per recarsi a fare la spesa, lasciando Eva a guardia del forte.

Quando il campanello di casa suonò, la giovane aprì senza alcuna esitazione.

Spalancò il portone, ritrovandosi a contemplare il vialetto deserto.

Sulla soglia, a poca distanza dai suoi piedi, un pacco di notevoli dimensioni, avvolto in una raffinata carta nera e fili blu e d’argento, attendeva d’essere visto.

Un biglietto, incastrato fra i fili che legavano quel dono, catturò l’attenzione di Eva che lo prese fra le mani, piena di curiosità.

Una scrittura appuntita ed elegante la indicava come destinataria del presente.

A Eva

Nella speranza che tu cambi idea.

 

 

 

 

 

B-Caverna:

Sempre io!

Non preoccupatevi, non vi ruberò ulteriormente tempo.

Spero che abbiate apprezzato questo capitolo, lunghetto ma abbastanza pieno di eventi. Ci avviciniamo all’Homecoming, gente!

Come avete visto, nell’ultima parte del chappy c’è stato un salto nel tempo di quattro giorni e… Ok, facciamo così: diamo il via al sondaggio!

Secondo voi, cosa c’è in quel pacco?

Il televoto terminerà fra due settimane, ladies and gentlemen!

Ok, la smetto.

Baci, alla prossima,

Biondich!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Homecoming:our time won't come tonight ***


 

Homecoming: our time won’t come tonight

Si rigirò il biglietto fra le mani, percorrendo con la punta dellindice lelegante ed affilata grafia del mittente.

Si guardò intorno, quasi sperasse di scorgere, in lontananza, la figura di Niklaus.

Era certa che non volesse perdersi la sua reazione a quel nuovo dono. Sfidando il paesaggio con lo sguardo, Eva sollevò il grosso pacco nero e richiuse dietro di sé il portone, per poi precipitarsi, con infantile entusiasmo, al piano di sopra, per aprire in totale sicurezza il presente.

Quando lultimo filo dargento scivolò a terra, la ragazza aprì lincarto, liberando unelegante scatola rivestita di seta, così ricca da poter facilmente essere creduta il regalo stesso.

Ma, ancora una volta, la calligrafia di Klaus la guidò verso la verità.

Aprimi

Come poteva non seguire quel cortese suggerimento?

Eva sollevò delicatamente il coperchio della scatola, rivelandone il contenuto.

Trattenne il fiato, estasiata.

Non aveva mai visto un colore così brillante e meraviglioso. Un abito di seta e crepes di un verde smeraldino così intenso e perfetto da farla trasalire.

Prese delicatamente il vestito, rimirandolo in tutta la sua lunghezza.

Tagliato poco al di sopra delle ginocchia, leggero, così soffice al tatto da farle disidratare i palmi delle mani. Il corsetto, dal taglio imperiale, si intrecciava, fino a creare un complesso accavallamento di stoffe che coprivano una sola spalla, lasciando totalmente libera laltra.

Eva scosse il capo, facendo schioccare la lingua, contrariata.

Amava quellabito.

Resistere alla tentazione di indossarlo sarebbe stata una sfida fin troppo ardua.

Questa volta, Klaus aveva fatto affidamento su uno stratagemma più subdolo, per ottenere ciò che voleva.

Contava di portare in luce la sua vanità.

 

***

 

 

E così queste sono granate alla verbena e strozza lupo.”- con una smorfia di concentrazione, Elena avvitò il tappo di un piccolo barattolo, seguendo le istruzioni di Damon.

La Pensione dei Salvatore aveva assunto l’aspetto di una vera e propria armeria, negli ultimi quattro giorni, in vista di un possibile attacco di Klaus.

Quanto accaduto durante l’ultimo incontro dei Klau(s)layers sembrava aver ridotto i cittadini di Mystic Falls ad uno stato di costanti paranoie e tensioni.

Le bruciature sul tavolo da pranzo, provocate dall’incendio della tavola Ouija che aveva annullato l’incantesimo di Bonnie, non erano che la riprova di quanto ancora fossero ben lontani dall’avere una pur minima chance di poter distruggere Klaus.

La ricerca di Eva, continuava, segretamente.

Questo, per via del mancato ottemperamento dei patti, da parte di Mikael.

Il Cacciatore non aveva rinunciato alla sua preda.

Aveva soggiogato tutti gli ospiti della Pensione non affinché dimenticassero Eva, come aveva garantito a Charles Sinclair.

Ma li aveva ammaliati, imponendo loro di non rivelare allo stregone inglese le informazioni che avrebbero ottenuto sulla giovane umana originale.

Mentre Bonnie tentava di imporre il proprio potere sul misterioso spirito ostile che aveva sabotato il suo incantesimo, Elena e i fratelli Salvatore preparavano munizioni anti ibridi.

Abbiamo anche la variante con schegge di legno e strozza lupo, molotov alla verbena e un assortimento completo di paletti della Saltzman Slayers productionÓ . Ma, se le cose si mettessero davvero male, potremmo sempre usare la faccia di Stefan come demoralizzatore di massa. Perché quellaria costipata, fratellino?”- ghignò Damon, scoccando un’occhiata malevola a suo fratello, laconicamente appoggiato allo stipite della porta, con una fastidiosa aria di sufficienza.

Non ce la farete, non con quella roba. Non lo ucciderete.”- sospirò quasi tediato Stefan, incrociando le braccia al petto.

Il suo scoraggiamento era dettato dal fatto di provare una terribile sensazione di sconforto.

Provava un acuto senso di fastidio, ogni qualvolta veniva menzionato il nome dell’ibrido originale, quasi fosse consapevole di essere a conoscenza di un segreto che avrebbe potuto cambiare le carte sul tavolo e concedergli un vantaggio, ma non riuscisse a ricordare di cosa si trattasse.

Si sentiva impotente, incapace di agire.

Non gli restava altro che la commiserazione di se stesso.

Elena lo scrutò severamente, prima di prodigarsi ad assortire una nuova granata, sotto l’attenta supervisione del maggiore dei fratelli Salvatore.

Farete? Ti tiri indietro, Stef?”- Damon guardò il fratello con aria stralunata, aggrottando le sopracciglia, visibilmente perplesso.

Posso odiarlo, ma non posso agire totalmente contro di lui. Non mi è permesso.

Quasi dimenticavo quanto fosse corto il guinzaglio che Klaus ti ha lasciato. Beh, fratellino- latrò il corvino, infastidito dallo stato in cui l’ibrido originale aveva ridotto quel che restava della sua famiglia-Se non hai intenzione di partecipare alla festa, evita quantomeno di starci fra i piedi. Perché non vai a divertirti, Squartatore?”- sogghignò, altrettanto amareggiato dall’arrendevolezza di Stefan.

Avrebbe voluto che combattesse con maggior forza di volontà, che si opponesse a Niklaus, che desiderasse con ogni fibra del proprio corpo di tornare quello che era fino a pochi mesi prima.

Il vecchio Stef era meno divertente, ma decisamente più facile da tenere a bada.

Occultare cadaveri stava diventando una prassi fin troppo noiosa per Damon.

Non chiamarmi così.”- sibilò il moro, mostrando i denti in un ringhio gutturale.

Damon non sembrava comprenderlo, non poteva.

E, forse, Stefan non desiderava essere compianto da nessun altro fuorché se stesso.

Perché no? È ciò che sei.

Ciò che ero.”- tenne a puntualizzare il minore, deglutendo a fatica.

Il sangue che spesso, ormai, gli macchiava gli abiti dimostrava il contrario.
Allora, dimmi, cosa diavolo sei, ora?”- lo provocò il fratello, storcendo la bocca in una smorfia obliqua.

Damon-Elena lo richiamò con fermezza, chiedendogli di non alterare ulteriormente l‘altro-Stefan ha ragione, questo non basta. Ci serve un altro piano. Dobbiamo prima essere certi che Klaus torni in città.”- sospirò, socchiudendo gli occhi stanchi.

Riposare sembrava essere una priorità passata in secondo piano, da un po’ di tempo a quella parte.

Potreste dargli una valida ragione per tornare.

Sussultarono tutti e tre, al tono grave della voce di Mikael.

E sarebbe? Sono poche le cose che facciano presa su di lui.”- Damon smorzò la tensione, affilando lo sguardo glaciale in direzione del vampiro originale, silenziosamente apparso nella stanza.

Le labbra di Mikael si piegarono in un ghigno astuto e perverso e, ad Elena, parve di riconoscere, nello sguardo del vampiro, la stessa luce vagamente folle e determinata che aveva spesso colto negli occhi chiari di Niklaus.

Sono più che sicuro che la mia morte sia fra queste.”- replicò pacato l’Originale, compiacendosi degli sguardi sbigottiti delle tre ignare pedine sulla sua scacchiera.

Che cosa?

Vuoi che diciamo a Klaus che tu sei morto?”- Elena storse il naso, scettica.

Voglio che tu lo faccia. Mio figlio si fida di te. Tradiscilo. Dilania le sue certezze.”- ghignò il Cacciatore, volgendo lo sguardo in direzione di Stefan. Il giovane Salvatore s’irrigidì, guardando confusamente il vampiro originale.

Sarò obbligato a dirgli la verità e vorrà le prove della tua morte. Non può funzionare.”- soffiò, visibilmente colto di sorpresa. Deglutì a fatica, cercando conferma negli occhi di Damon.

Allora, suppongo dovrò morire per davvero.”- sorrise mefistofelico l’Originale, allargando teatralmente le braccia e lasciando che l’elegante giacca del completo scuro che indossava facesse intravedere il petto, celato da una camicia di seta nera.

Colpo di scena.”- mormorò Damon fra i denti, inarcando un sopracciglio.

Elena e Stefan scossero energicamente il capo.

Sembrava essere un piano fin troppo azzardato.

Larma in mio possesso è lunica in grado di uccidere definitivamente un vampiro originale. Un vampiro non può impugnarla o morirebbe insieme allAntico. Quindi, se vogliamo che mio figlio creda a questa storia, dovrai essere tu a pugnalarmi, mia cara. Temporaneamente, è chiaro.”- il sorriso cortese sulle labbra di Mikael svanì quasi immediatamente, lasciando il posto ad un ghigno determinato ed euforico, diretto alla doppelganger.

Vuoi che ti pugnali sul serio?”-Elena trasalì, allarmata. Era una richiesta fuori dall’ordinario, cui non era certa di poter attendere.

L’Originale estrasse dalla tasca interna della giacca che indossava uno stiletto che la Gilbert conosceva fin troppo bene.

Lo intinse nella cenere, prima di porgerlo ed Elena, invitandola ad esaudire la sua richiesta.

La giovane si voltò verso Damon, in cerca di certezza. Aveva bisogno del suo appoggio.

Il maggiore dei Salvatore annuì silenziosamente con il capo, incrociando le braccia al petto.

Poi, Elena incontrò lo sguardo rammaricato di Stefan. In un modo tutto suo, il vampiro sembrava dispiaciuto di vederla compiere un atto simile. Un tempo l’avrebbe protetta da qualsiasi cosa avesse minacciato la sua umanità e la sua innocenza. Ed ora assisteva, impassibile, ad un suo omicidio.

Polso fermo.”- sorrise Mikael, aiutando Elena ad impugnare lo stiletto.

Con mani tremanti, la ragazza saldò la presa sullo pugnale e, preso un lungo respiro, affondò la lama nel petto dell’Originale che, con un gemito soffocato, ricadde a terra, con un tonfo sordo.

La Gilbert indietreggiò d’un paio di passi con lo sguardo inorridito che saettava ora sulle proprie mani, ora sul corpo quasi mummificato del vampiro.

Damon aggirò il cadavere e riapparve, lanciando un telefono cordless fra le mani di Stefan.

“Fai la tua parte.”- sbottò al minore, lanciandogli un’occhiata particolarmente eloquente.

Stefan accolse l’implicita richiesta di non mandare tutto al Diavolo e si accomodò su una poltrona, nel salotto, contemplando da lontano il morto originale sul pavimento.

Digitò un numero di cellulare ed attese che il suo interlocutore rispondesse.

Stefan- latrò compiaciuta la voce dall’altro capo del telefono-La tua telefonata non è che una piacevole sorpresa. A cosa la devo?

Mikael è morto.

Stefan fu fin troppo lapidario.

Niklaus tacque improvvisamente ed il giovane Salvatore ebbe l’impressione di non aver mai iniziato quella telefonata.

Come, prego?”- mormorò l’Originale, con una voce insolitamente più roca del normale e percettibilmente tesa.

È proprio qui, steso sul pavimento del mio salone. Finalmente, ho trovato quel non so cosa che ha colmato il vuoto nellarea davanti al camino.”- proseguì ostentando indifferenza il vampiro.

Sorrise astutamente. Non aveva altri modi di opporsi a Klaus, se non con le parole.

Dimmi esattamente cosa è successo.-ringhiò l’ibrido, palesemente scioccato da quell’annuncio-Non osare mentirmi, Stefan. Ho ancora molto da strapparti via e, hai la mia parola, sarò ben più che disposto a farlo, se quanto stai dicendo è falso.

Elena lo ha pugnalato. Le cose si erano messe male, lei gli ha piantato la sua stessa arma nel cuore e, ora, io e Damon abbiamo trovato un sostituto per il vecchio tappeto persiano.”- ribadì Stefan, pregando che Klaus gli credesse.

Se avesse posto una domanda sbagliata, avrebbe rischiato di mandare a monte il piano.

Voglio vederlo. Voglio vedere il suo corpo decomposto, voglio vedere il suo cadavere con i miei occhi.”- ruggì l’Originale, stentando a mantenere un pieno controllo di sé e della propria voce.
Perché non vieni qui, allora? Non credo abbia più fretta di andarsene.

Gli occhi di Stefan si posarono su Damon ed Elena che annuirono, approvando la sua performance. Poi, il suo sguardo saettò su una chioma dorata che aveva silenziosamente fatto ingresso nel salone, con gli occhi pieni di consapevolezza.

Probabilmente, quell’adorabile aspide di Rebekah doveva aver origliato la loro intera conversazione, a giudicare dall’impassibilità con cui osservava il cadavere di suo padre.

Oppure, le tendenze sociopatiche erano una caratteristica di famiglia.

Se stai mentendo, Stefan, tu Passami Rebekah, voglio parlare con mia sorella.”-sibilò Klaus, con la voce rauca tremante di malsana euforia.

Come preferisci.”- il giovane Salvatore si strinse nelle spalle e, con un’occhiata particolarmente eloquente, passò il cordless a Rebekah.

Rebekah, tesoro- impressionante come la voce di Klaus avesse cambiato tono- E la verità?

Si, Nik.- lei lo rassicurò, con una perfomance degna d’una grande attrice- Mille anni di fuga e finalmente potremo fermarci a riposare. Siamo liberi.- rincarò la dose, con una nota sentimentale-Mi manchi, fratello. Questa cittadina di miserabili mi va stretta.

Lo sentì sospirare sollevato e provò una straziante fitta al petto.

Sarò presto a casa, lo prometto. Questa sera stessa, date le circostanze.”- mormorò suo fratello, con insolita dolcezza.

Bekah annuì silenziosamente, per poi interrompere la telefonata. Riconsegnò il cordless ai proprietari, distogliendo lo sguardo, lucido di senso di colpa, dagli occhi degli inquilini della Pensione.

Non riusciva ad odiare Niklaus come realmente avrebbe voluto fare.

Non poteva.

Nik era tutto ciò che aveva, tutto ciò che le era rimasto.

Tornerà.-sussurrò debolmente, con un sorriso stanco sul bel viso-Se lè bevuta.

 

 

***

 

 

 

Giornata idilliaca, non trovi?Il sole splende, il cielo è terso, tu non borbotti Tu non borbotti. Neanche una parola, niente da ridire, nessuna filippica in quattro giorni. E sono quasi certo di averti visto sorridere, ieri sera. Hai … persino cucinato tu!- Dorian Wolfskin serrò maggiormente la presa sulle buste di carta e superò Charles, uscendo dal supermercato-Bloody Hell, sei malato! Cerchi forse di indorarci la pillola, Sinclair?”- si voltò verso l’amico, con un sogghigno divertito e percorse all’indietro la strada verso la villetta dei Gray.

Tu hai la straordinaria capacità di rovinare i bei momenti, Dorian.”- sospirò pacato lo stregone, affiancandolo ed affrettando il passo.

Mi preoccupo per te, my friend. Non capita spesso di vederti così di buon umore.

Il cellulare di Charles vibrò, catturando la sua attenzione.

Gli occhi grigi del ragazzo si posarono sul display e lessero con attenzione il messaggio.

From Bonnie: Mikael ha un piano. Klaus tornerà presto in città e, con ogni probabilità, non perderà certo l’occasione di rovinare l’Homecoming. Dobbiamo essere pronti, potrebbe essere la nostra unica possibilità di ucciderlo.Ne parliamo stasera.

Sto solamente cominciando a pensare che i nostri problemi si risolveranno, presto.”- Sinclair sogghignò, riponendo in tasca il telefonino.

Mikael aveva un piano, Klaus sarebbe morto.

Quella giornata aveva preso una piega straordinariamente positiva.

Era ora che abbracciassi una visione più rosea del presente!”- gioì Wolfskin, dandogli una poderosa pacca sulla spalla che lo fece barcollare in avanti.

Stasera ci sarà lHomecoming del liceo, qui in città. Pensavo di andarci.”- Charles sorrise, mostrandosi indifferente.

Lo sguardo di Dorian si illuminò euforico e il giovane ex licantropo scoprì i denti in un sorriso derisorio, prima di svoltare un angolo ed attraversare la piazza principale di Mystic Falls.

Inviterai la fantomatica Bonnie? Quando me la presenterai? Dovrai farlo, prima o poi, o inizierò a credere che sia solo frutto della tua immaginazione!”- domandò, trasudando curiosità.

Se voglio che la cosa fra noi due funzioni, vi presenterò il più tardi possibile.”- sorrise Sinclair, levando gli occhi grigi al cielo limpido.

Temi potrebbe innamorarsi di me? Sarebbe comprensibile, insomma, andrebbe contro natura se non lo facesse!

In effetti, sentendoti parlare, non credo ci sia alcun pericolo che lei possa scegliere te.”- ghignò malevolo lo stregone.

L’amico si finse ferito dalla sua malevola considerazione, poi tornò ad ostentare il proprio egocentrismo.

Le donne mi amano, Sinclair!”- ruggì al vento, approfittando del fatto che la piazza cittadina fosse praticamente deserta.

Un paio di anziane si voltarono in direzione del giovane ibrido, osservandolo con rimprovero.

Le donne ti compatiscono, Dorian.”- mugugnò l‘amico, compiaciuto.

Ma poi si affezionano!

Come ad un cane.

Attraversarono l’ingresso della villetta, lasciandosi guidare dalla musica proveniente dallo stereo nel salotto e dalla pungente puzza di bruciato che affiorava dalla cucina.

Accorsero entrambi, ritrovandosi immersi in una nuvola di fumo denso e caldo.

Dorian spalancò rapidamente le finestre, mentre Charles osservava contrariato la sagoma impacciata di Eva, intenta a sibilare e imprecare contro gli elettrodomestici, in una lingua che non credeva potesse ancora ricordare.

Ho avuto problemi con il forno.”-mugugnò lei, sventolando un guanto da forno, per arieggiare la stanza. Storse il naso, all’acre odore di cibo carbonizzato.

L’idea di cucinare qualcosa le era parsa brillante, ma non aveva tenuto conto delle sue scarse doti culinarie.
Per questo lo hai incendiato?”- ghignò Sinclair, asciugandosi gli occhi arrossati e tirando su con il naso. Dorian fece schioccare la lingua e tentò di sbirciare il contenuto di una pirofila incandescente, abbandonata sul bancone.

È solo un po di fumo, Charles!”- ruggì Eva,guardando di sbieco lo stregone. Schiaffeggiò il dorso della mano di Woflskin, quando si accorse delle sue intenzioni.

Devo dargli ragione, stavolta, sweety. Se fosse tanto normale avere tutto questo fumo in casa, useremmo ancora un calderone appeso sulla fiamma viva, tramite due aste di legno. Non trovi?”- sorrise sornione l’ex licantropo, affilando lo sguardo.
Non ho dato fuoco a niente, vi dico!

Ma nessuno dei due sembrava crederle.

Ho fatto una torta.”- sbuffò, esaurita. Incrociò le braccia al petto, tediata dalla scarsa fiducia dei due compagni.

Tu? Una torta? Sul serio?

Dorian trattenne a stento una risata, prima di schivare abilmente la mano di Eva e scoprire il contenitore, ancora fumante, del famigerato dolce.

Tacque improvvisamente, quando percepì l’odore invitante di cioccolato fuso.

Non era poi così carbonizzata.

Era per te, stupido idiota.- sibilò la bionda, affilando lo sguardo, stizzita-La prossima volta, cercherò di far bruciare anche il dolce, oltre alla carta da forno.

Mi hai davvero fatto una torta?

Le prossime tre settimane saranno difficili, per te. Cercavo solo di tirarti su di morale.

Ma di cosa Io non ho più …”- Dorian la osservò confusamente, con uno sguardo stralunato negli occhi verdi.

Poi realizzò.

La trasformazione.

Non aveva ancora parlato a nessuno del proprio cambiamento, non aveva fatto parola del mutamento in ibrido. Il tempo era volato e quell’importante comunicazione era scivolata via dalla sua mente.

O, forse, era stata la paura delle reazioni di Eva e Charles a frenarlo, fino a quel momento.

Grazie, Eva. È un bel gesto.- soffiò, avvertendo un doloroso nodo alla gola.

Non era ancora pronto. Sinclair sembrava aver ritrovato il proprio equilibrio, Eva godeva, finalmente, di un po’ di normalità.

Non voleva rovinare tutto. Avrebbe atteso, fingendo che nulla fosse cambiato.

Fingendo di non aver mentito alla propria famiglia.

Lasciò la cucina, mentre Charles si occupava della spesa e del riordinamento della cucina, sotto la supervisione di Eva.

Wolfskin avvertì il proprio cellulare squillare e riconobbe rapidamente il numero sul display. Uscì con discrezione nel vialetto della villa e rispose a quella chiamata decisamente inattesa, avvertendo la propria tensione salire.

Aveva un pessimo presentimento.

Klaus?

Vorrei trattenermi a lungo, amico mio, ma le circostanze mi impongono una certa fretta. Hai saputo dellHomecoming?

Dorian percepì una nota di tensione nella voce del proprio Sire e digrignò nervosamente i denti.

Certo che si. Ne parlano tutti. Non devono uscire molto, i ragazzi, da queste parti.”- ghignò l’ex licantropo, massaggiandosi la nuca e guardandosi intorno, circospetto. Se Sinclair lo avesse sorpreso al telefono con Nik, sarebbe stata la fine.

Gli eventi, a Mystic Falls, tendono sempre ad assumere pieghe inaspettate, hanno un ché di magico. Per questo attirano spesso gli stranieri.”- sorrise lascivo l’Originale.

Compreso Charles. Sarà lì, con Bonnie Bennett.”- Dorian parlò istintivamente, quasi si sentisse in dovere di rendere partecipe Niklaus di tale evento.

Realizzò solo in seguito di aver parlato senza alcun controllo di sé.

“Ah, davvero? Una curiosa coincidenza, non trovi?”- non c’era particolare sorpresa nella voce dell’ibrido originale.

C’era l’amara consapevolezza di aver posto delle congetture esatte.

Di cosa stai parlando, Nik?

Parlo del fatto che il tuo amico ha assidue frequentazioni con la giovane detestabile strega che ha impiegato tutte le sue forze per ostacolarmi e tentare di uccidermi.”- sibilò grave Klaus.

Dorian rabbrividì, serrando la mascella.

Perché Sinclair non gli aveva rivelato la vera identità di Bonnie? Che non lo sapesse?

Impossibile. Il suo amico non era uno sprovveduto.

Credi che Charles sia con lei?”- mormorò confusamente al proprio Sire, spaventato.

Perché Sinclair frequentava quella strega? A quale scopo?

Odiava così tanto Klaus da rischiare di mettere in pericolo Eva?

Credo che dovresti partecipare anche tu, questa sera, per assicurarti che non commetta niente di particolarmente stupido.”- ghignò l’Originale, con una nota maliziosa nella voce. Suonava come una provocazione.

Non posso presentarmi lì, io non loro non sanno ancora della trasformazione. Questa notte dovrei trasformarmi. Almeno, in teoria.”- sussurrò Wolfskin, lanciando un’occhiata guardinga alla porta e controllando di essere ancora solo.

Klaus non poteva fargli una cosa del genere. Non ora. Non quella sera.

Allora, ti suggerisco di trovare il tempo di informare i tuoi amici del tuo cambiamento. Tu sarai a quella festa, Dorian. Ho rispettato il tuo volere, ti ho concesso del tempo per informarli, ma è giunto il momento, ora, che sia io a rivelarti, dato che per te è così difficile.”- imperioso, Niklaus non sembrava volergli concedere nessun tipo di scappatoia.

Non adesso, Klaus. Non devono saperlo necessariamente, per ora.”- lo pregò, con la voce incrinata dalla disperazione.

L’ex licantropo avvertì dei brividi corrergli lungo la schiena e si irrigidì.

Si, invece. Questa notte, le menzogne di cui vi siete nutriti a vicenda, saranno finalmente svelate.

Quella di Klaus risuonò come una profezia, alle orecchie attente di Dorian.

Il ragazzo osservò a lungo il viale davanti a sé, incurante del pressante segnale di chiamata interrotta.

Era in trappola, consapevole di non avere scelta, di dover sottostare alla decisione di Niklaus.

Percepì il portone aprirsi e vide affiorare il viso di Eva, curiosa di conoscere le sue preferenze sul tipo di condimento della pasta cucinata da Sinclair per pranzo.

La raggiunse velocemente, con un sorriso tirato, riponendo in tasca il cellulare e soffocando un rantolo nervoso.

Non riusciva a dire la verità. Avrebbe lasciato che fosse Klaus ad agire.

Quindi, se ho ben capito lantifona, io vengo steso da una tisana di Elleboro, Charles se ne va allHomecoming con Bonnie e Eva?”- riassunse Dorian, facendo ingresso nella cucina.

Resta di guardia, qui a casa.”- replicò con fermezza lo stregone, aprendo un barattolo di pomodoro, per preparare un buon sugo rosso.

Wolfskin tirò un sospiro di sollievo.

Cosa? Sul serio?”- Eva arricciò il naso, visibilmente contrariata. Evidentemente, aveva altri programmi.

Questo è il piano.”- ripeté conciso il ragazzo, osservandola con decisione negli occhi.

Oppure - è solo un suggerimento- potrei venire al ballo con te.

L’ex licantropo osservò con interesse la biondina decisa che si dimenava nella stanza, in una gara di fermezza con il serioso moro dagli occhi grigi e spietati.

Credevo non ti piacesse questo genere di cose.”- Charles inarcò un sopracciglio, scrutandola con sospetto.

Potrei aver cambiato idea.”- si strinse nelle spalle lei, con indifferenza.

Non stavolta, Eva. Non è sicuro.

Ma ci sarà anche …”- la ragazza fece per controbattere, ma fu tempestivamente interrotta da Dorian.

Francamente, my love, gli darei ascolto. Resterai a casa a farmi la guardia, stasera. Cè un bel documentario, su History Channel, alle nove. Ti sintonizzo il canale, prima di stramazzare a terra, che ne dici?”- l’ibrido le lanciò uno sguardo particolarmente eloquente, nascosto allo stregone, chiedendole di non proseguire oltre.

Bene.”- la giovane colse al volo la preghiera e acconsentì, annuendo lentamente, piuttosto rammaricata.

I suoi piani sembravano essere appena stati compromessi.

Eva sbuffò sonoramente, furibonda e dolorosamente consapevole della propria mancanza di polso.

Non aveva ancora deciso se accettare l’invito formale di Niklaus o ignorarlo.

Ma detestava il fatto che le fosse preclusa l’eventuale possibilità di presenziare all’Homecoming.

Salì al piano di sopra, osservando con sospetto l’elegante scatola dell’atelier di moda parigino da cui, a giudicare dall’etichetta, proveniva l’abito smeraldino che Klaus le aveva donato.

Non voleva cedergli.

Non desiderava concedergli una nuova vittoria.

Non le restava che decidere se lasciare che lo intendesse da solo o dirglielo di persona.

Nascose il regalo sotto al letto, quando avvertì un leggero bussare alla porta della propria camera. Aggrottò la fronte, quando vide il volto costernato di Dorian, appena fuori dall’uscio.

Sospirò esasperata e lo ignorò deliberatamente, dandogli le spalle ed osservando senza alcuna particolare cura il mobilio della stanza.

Non fare quella faccia, Eva.”- la pregò Wolfskin, entrando, consapevole di quale fosse il problema.

Speravo mi appoggiassi.”-sibilò lei, tradita dall’unico amico che, si augurava, l’avrebbe aiutata a fronteggiare la tirannide di Sinclair.

Vuoi davvero andare allHomecoming?”- sorrise spiazzato il giovane ibrido, allargando le braccia, in un gesto di naturale incredulità.

Eva levò gli occhi blu al soffitto.

Possibile che suonasse così irreale il fatto che lei volesse presenziare a quell’evento?
Non cè alcun pericolo, Klaus e Bekah parteciperanno. Sarò molto più al sicuro a quella festa che qui.”- insistette lei, con decisione.

Dorian boccheggiò appena ed arretrò di un passo, sorpreso.

Klaus sarebbe stato lì?

Perché diavolo, allora, aveva bisogno che anche lui partecipasse?

Cosa aveva in mente?

L’ex licantropo avvertì sempre più forte l’opprimente coscienza di un alone oscuro e misterioso, intorno a quella questione.

Ho bisogno che tu non dica a Charles che Niklaus sarà lì, questa sera.”- sbottò il ragazzo, avvicinandosi ad Eva, per parlarle con maggior discrezione-”Sul serio, non deve saperlo.”- le intimò con ansioso e severo.

Lei lo scrutò accigliata e ricolma di sospetto. La sua richiesta la allarmava.

“Perché?”

“Sappiamo entrambi cosa accadrebbe.”- sibilò il giovane, con gli occhi verdi smarriti e pieni di angoscia.

Non aveva idea di quello che sarebbe potuto avvenire. Ma sentiva di non potersi fidare di Sinclair.

Il suo Sire non voleva che lui lo facesse.

“Sarà il nostro segreto, allora.”- annuì lentamente Eva, osservandolo con attenzione. Non riusciva a fidarsi delle sue parole.

Lei sorrise appena, con un’ombra d’astuzia negli occhi.

Né Charles né Dorian sembravano volerla a quell’evento, per motivi che le erano oscuri.

Come poteva essere più sicuro lasciarla sola, in compagnia di un licantropo trasformato, ché trascinarla ad un ballo, protetta da due vampiri originali?

La credevano una sciocca.

Eva prese la sua decisione. Avrebbe scoperto di persona quale fosse la verità.

Non vedeva l’ora di percepire la seta smeraldina sulla propria pelle.

Non sarebbe mancata al suo primo ballo studentesco.

 

 

 

 

***

 

 

“Ancora niente?”

Nella camera di Bonnie, Elena sbuffò annoiata, stropicciandosi stancamente gli occhi assonnati.

Aveva raggiunto la Bennett nel pomeriggio, decisa a darle tutto l’appoggio morale possibile, mentre la strega si adoperava a portare avanti la ricerca della misteriosa Eva, all’insaputa di Charles.

La corvina fece una smorfia seccata e sospirò sconfitta, lasciandosi ricadere sul proprio letto.

“No.”-mormorò, massaggiandosi le tempie-“C’è come un muro, fra me e gli spiriti. È roba seria, mi ci vorrà del tempo per trovare una soluzione. E non credo ci riuscirò entro questa sera.”- sputò, rimproverando se stessa.

Elena si accomodò accanto a lei, guardandola on orgoglio. Bonnie si stava impegnando così tanto, per la sua guerra. Era stata la sua ancora si salvezza, la sua costante.

Vederla così priva di energie la intristiva. Si sentiva in colpa e impotente.

“Vorrà dire che, per il momento, ci faremo bastare Mikael. Terremo la ricerca di Eva come piano di riserva.”- si strinse nelle spalle la Gilbert, con un sorriso poco convinto sulle labbra.

“Nella speranza che il Cacciatore riesca nel suo intento.”- mugugnò la strega, chiudendo gli occhi, per liberarsi dalla spossatezza e dalla costante tensione cui gli incantesimi la sottoponevano.

“Ne dubiti?”- l’amica la guardò accigliata, con la voce lievemente incrinata.

“Ci sono troppi margini d’errore e non sappiamo come Klaus agirà. Potrebbe aver già scoperto il nostro piano.”- sbadigliò nervosamente Bonnie, osservando con apprensione la doppelganger.

“Allora, forse l’unico modo di coglierlo di sorpresa è quello di agire senza alcun piano.”-sorrise tiepidamente Elena, con la schiena percorsa da brividi costanti.

Aveva paura. Doveva averne.

Giocavano con la Morte, dopotutto.

Il cellulare della giovane doppleganger vibrò, annunciando l’arrivo di un messaggio.

From Damon:

Barbie-Klaus sembra piuttosto stranita, da stamattina. Sarebbe meglio non averla fra i piedi, questa sera. Mi servi qui alla Pensione, dobbiamo risolvere la questione “Odi-et-amo” di Rebekah. Sai bene quanto me che non l’avremo mai completamente dalla nostra parte.

Elena si chiese cosa intendesse Damon con “risolvere la questione”.

Lasciò Bonnie alle prese con i suoi incantesimi e raggiunse la magione dei Salvatore, con un’orribile sensazione alla bocca dello stomaco.

Era perfettamente consapevole di come dovesse agire.

E, se le cose fossero andate secondo i programmi, Rebekah non sarebbe stata per nulla contenta di ritrovarsi un pugnale nella schiena.

 

***

 

 

“Qui è tutto pronto, D.”

La voce di Charles ruppe il silenzio che già da qualche minuto era calato nella villetta dei Gray.

Erano le sei di pomeriggio ormai inoltrate ed il cielo terso aveva incominciato ad assumere toni sempre più caldi, scivolando verso il tramonto.

In una tazza, l’infuso di Elleboro fumava, in attesa di essere assunto da Wolfskin.

Il ragazzo osservò con mestizia la brodaglia marrone, consapevole di essere davanti ad un bivio.

Ma sapeva cosa doveva fare.

“Già,”- rantolò, disgustato dal fetore del liquido- “ penso lo porterò su con me e lo berrò in disparte. Sono molto geloso delle mie schifezze.”- sorrise amareggiato

Sinclair acconsentì, sovrappensiero. Seguì Dorian al piano superiore e lo lasciò nella sua stanza. Aprì l’armadio nella propria camera e prese in prestito, dall’ex proprietario di casa, un completo scuro.

Raggiunse il bagno, per farsi la barba, e, in breve tempo, fu pronto.

Passò nella stanza di Woflskin e trovò l’amico disteso sul letto, inerme, e la tazza dell’infuso vuotata e abbandonata distrattamente sul comodino. La raccolse personalmente e, uscendo, richiuse la porta a chiave, così da confinare nella stanza il giovane licantropo.

Sistemò i bottoni della propria camicia, lasciò il recipiente in cucina ed indossò la giacca del completo.

“Sto uscendo.”- annunciò solennemente, percependo il passo leggero di Eva sulle assi del parquet nel soggiorno.

Con indosso un pigiama dagli accostamenti di colore improbabili, la ragazza lo raggiunse nell’ingresso, scrutandolo con indifferenza.

Charles percepì ostilità nei propri confronti.

“Mi dispiace, per stasera. Credimi.”- sorrise appena, rammaricato- “E’ solo che …”

“Non è sicuro. Lo so.”- lo rimbeccò Eva, incrociando le braccia al petto, con aria rassegnata- “Potrei incappare in un punch corretto o rompermi un tacco o indossare lo stesso vestito della reginetta … Dio, rimpiangerei Mikael.”- sbuffò ironicamente la giovane, rimproverando con lo sguardo lo stregone.

“La prossima volta, potresti essere tu ad indossare la corona.”- sorrise sincero Charles, strizzandole l’occhio e sistemandosi il colletto della camicia.

“Non credo sarà la premiazione l’evento chiave di questa serata.”- ribatté prontamente lei, con un’occhiata particolarmente eloquente.

Sinclair fece finta di nulla e, con un sorriso tirato, abbandonò la villetta dei Gray, congedandosi da Eva.

Accertatasi che lo stregone fosse ben lontano, la ragazza si precipitò al piano superiore, diretta verso il bagno. Impiegò un’ora abbondante per sistemare i capelli e truccare il volto, poi raggiunse la propria camera e riportò alla luce l’elegante scatola francese che custodiva il prezioso abito che Niklaus le aveva regalato. Lo indossò, compiacendosi del carezzevole contatto del tessuto sulla propria pelle, e prese in prestito un paio di sandali con dei tacchi vertiginosi dall’ampio assortimento di Rebekah.

Decisa a portare avanti la propria causa e scoprire la verità, Eva abbandonò la villetta dei Gray, diretta verso il Liceo di Mystic Falls.

Avanzò con cautela, lungo le strade ormai buie della cittadina, guardandosi intorno circospetta ed ascoltando distrattamente il rumore dei propri passi, decisi, ma un po’ barcollanti.

Raggiunse il centro cittadino e rimase perplessa quando vide la sede dell’Homecoming totalmente circondata da transenne.

Che diavolo era successo?

“La festa è stata spostata a casa mia. La palestra si è allagata.”- proruppe gentilmente una voce che ad Eva risultò stranamente familiare- “Eva?”

La bionda si voltò rapidamente, riconoscendo una sagoma amica.

“Tyler”- sussurrò, sorridendo tesa- “A casa tua? Da che parte devo andare?”

“Posso darti un passaggio, se vuoi. Poi andrò a prendere Caroline.”

Lockwood le fece strada, sorridendo gioviale, fino alla limousine affittata per l’occasione.

La ragazza lo seguì, senza porsi troppe domande.

“Caroline, ah?”- chiese, una volta entrata nella macchina. Inarcò un sopracciglio, con un’occhiata complice.

“È la mia fidanzata.”- ribatté quasi in imbarazzo l’ibrido, massaggiandosi il retro della nuca.

“E la ami?”

“Grazie a Klaus, potrò farlo per sempre.”

L’umana tacque, colpita dalle sue parole. Coglieva, nella voce di Tyler, la stessa nota di devozione che aveva percepito in quella di Dorian, quando parlava di Nik.

L’auto si fermò davanti alla tenuta del sindaco ed Eva scese, lasciandosi guidare dalla musica. La festa sembrava essere iniziata da tempo, a giudicare dai sorrisi già ebbri di numerosi studenti.

Il suo sguardo si posò su di una ragazza mora, non particolarmente alta, che le venne incontro con aria annoiata e boriosa, guardandola con sufficienza.

“Eva, scommetto. Che sorpresa, sul serio.Seguimi, Barbie, sei tra gli ospiti d’onore.”- sorrise con tono falsamente accomodante la giovane che in seguito si presentò come Mindy.

Eva attraversò cauta latrio della tenuta dei Lockwood, ben attenta a schivare i bicchieri di punch violaceo e di birra che, nelle mani tremanti degli adolescenti già ubriachi, rischiavano di macchiarle labito.

Si guardò intorno, lasciandosi coinvolgere dallatmosfera briosa, creata dalla musica e dalle risate che riempivano ogni stanza.

Mindy le diede un pizzicotto al braccio, chiedendole brutalmente di girare a destra.

Eva mostrò i denti, sibilando furiosa. Le avrebbe volentieri assestato un pugno in faccia.

Accelerò il passo, compiacendosi del proprio equilibrio sui tacchi che aveva preso in prestito dallampio assortimento di sandali di Rebekah.

Ehi, principessa, so io dove devi andare. Non fare di testa tua.- sbuffò annoiata la giovane guida, spingendo Eva e rischiando di farla inciampare.

Anche io so dove dovresti andare!- ringhiò la bionda, fulminandola con lo sguardo.

Mindy la scaricò nel bel mezzo del salone gremito di partecipanti, per poi scomparire, senza lasciare di sé alcuna traccia.

Grandioso, doveva aver sentito la sua risposta.

Eva avanzò nellampia sala, scrutando con attenzione il mare di studenti che la occupavano. Sbuffò, sentendosi osservata.

Buonasera.

La voce roca ed il suo respiro controllato le carezzarono il collo, provocandole un brivido lungo la schiena. Spalancò gli occhi, prima di voltarsi, con unelegante mezza piroetta.

Niklaus la osservò a lungo, con le labbra socchiuse e le iridi chiare accese dinteresse.

Buonasera.- la bocca di Eva si piegò in un sorriso astuto, mentre osservava totalmente ammaliata la figura dellOriginale, fasciato in un elegante completo nero- Non sembri particolarmente sorpreso di vedermi.- constatò, vagamente delusa.

Possibile che avesse previsto la sua decisione?

Speravo solo che tu accettassi il mio invito. Non credere che la tua presenza mi lasci indifferente. Non è affatto così.- sorrise genuino librido, con gli occhi totalmente rapiti dalla sua figura-Noto con piacere che hai accettato il mio regalo.

Questo è decisamente migliore dellultimo.- la giovane si strinse nelle spalle, accarezzando il morbido tessuto della gonna, con una mano-Ho pensato volessi vedere come mi stava.

Klaus inarcò un sopracciglio, osservandola con brama.

Scoprì i denti in un latrato roco, prima di imporsi un certo rigore.

Sei incantevole.- sorrise lascivo, prendendole una mano. Con uno sguardo provocatorio negli occhi, accostò le proprie labbra sul dorso pallido, in un baciamano straordinariamente curato. Sogghignò divertito, quando avvertì le pulsazioni del cuore di Eva accelerare, a quel contatto.

Ti ringrazio.- soffiò lei, ritraendo la mano con fin troppa decisione-E così questo è un Homecoming?- sviò strategicamente il discorso, guardandosi intorno, piacevolmente sorpresa.

Organizzato in grande stile, anche se con poco preavviso.- Niklaus la affiancò, ammirando il suo profilo-Ma quando il tempo non è più così importante, certi limiti scompaiono.

È bellissimo - si lasciò sfuggire Eva, guardando rapita i colori e i tessuti degli abiti delle altre ragazze. Larcobaleno in una stanza.

Percepì il ritmo della musica che riecheggiava nelle sale rallentare e tornò ad osservare i tessuti variopinti che accompagnavano i movimenti delle coppie, invitate alle danze da un lento particolarmente coinvolgente.

Fu costretta ad indietreggiare, quando quattro studenti le sfrecciarono accanto, decisi ad unirsi agli altri ballerini.

Nuovi colori si aggiunsero allarcobaleno.

*Come up to meet you, tell you I’m sorry,
You don’t know how lovely you are.
I had to find you, tell you I need you,
Tell you I set you apart.

Mi concedi questo ballo?- la voce di Niklaus le provocò un nuovo brivido lungo la schiena-Prometto di non pestarti i piedi.

Era così umano, in quel momento.

Invitandola ad assecondarlo, lasciò scivolare una mano lungo la sua schiena, esercitandovi una leggera pressione che le provocò un fremito. Intrecciò le proprie dita con quelle di Eva, imprigionando la sua mano, senza distogliere lo sguardo dal suo viso.

Mosse il primo passo verso di lei, accorciando considerevolmente la distanza che li divideva, con gentilezza, guardandola, scrutandola nellanimo, perfino quando lei abbassava lo sguardo, incespicando nei propri passi.

Ammetto di averti attesa con una certa impazienza- sorrise librido, conducendola in un ampio giro, guidandola con cautela, impedendo alle coppie più sbadate anche solo di sfiorarla.

Laveva aspettata, quella sera. Laveva attesa per più di un millennio.

Non lavrebbe lasciata andare così facilmente.

Menti- replicò pacata Eva, corrugando le sopracciglia, velatamente contrariata.

Non ne ho alcun motivo.- sorrise onestamente lOriginale, liberando i suoi fianchi dalla propria presa, per farla volteggiare in unaggraziata piroetta- Ma, se volessi farlo, ti direi che sei una ballerina eccezionale.- ghignò astutamente, riattirandola a sé con un abile movimento dellavambraccio.

Si lasciò inebriare dal suo profumo, ripercorse la sua schiena con la propria mano, tracciando la linea delle vertebre ed arrestandosi ai fianchi.

Sono infortunata.- Eva arrossì appena, indicando con lo sguardo la propria gamba, perfettamente guarita dalle lacerazioni-Devi darmene atto.- lo rimbrottò, con sguardo complice.

La tua scusa non regge.- sorrise lascivo librido, solleticandole il collo con il proprio respiro.

Tell me your secrets and ask me your questions,
Oh, lets go back to the start.
Running in circles, coming in tales,
Heads are a science apart.

Cominci ad appezzare questa nuova epoca?

Klaus la colpì con una nuova domanda, per poi sorprenderla, facendole compiere una nuova giravolta.

Inizio a vederla da un nuovo punto di vista e devo ammettere che non è poi così male.- sorrise lei, intrecciando ancora una volta le proprie dita alle sue, mentre posava una mano sulla sua spalla, percorrendo il braccio e seguendo le linee dei bicipiti.

Questa vita saprà renderti più felice di quella precedente. Hai la mia parola.

Non sei il primo che mi fa questa promessa.- sorrise lei, compiacendosi della decisione che aveva colto nella sua voce.

Ma sono il solo che può mantenerla.- le garantì lui, scrutandola con fermezza.

Nobody said it was easy,
It's such a shame for us to part.
Nobody said it was easy,
No-one ever said it would be this hard,
Oh take me back to the start.

Eva lo sapeva.

Sapeva con fin troppa decisione che le parole di Niklaus dicevano il vero.

Cosa farai, una volta libera?

L’Originale tacque la lieta notizia della morte del Cacciatore. Non disse nulla ad Eva. Egoista, desiderava godere della sua presenza, così perfetta, in quel momento.

In quell’abito straordinariamente adatto a lei, Eva tornava a risplendere, più bella che mai. E, nei suoi occhi blu, Niklaus sembrò cogliere una luce antica, la stessa fiamma che un millennio prima lo aveva stregato e che lui aveva portato dentro di sé per tutta la vita.

Smetterò di avere paura. Mikael è il solo che temo. Senza di lui, probabilmente riuscirò a godermi a pieno questa eternità.- ammise lei, con disarmate sincerità. Nessuno schermo, nessuna difesa. Pura verità.- Viaggerò.

E cosa ne sarà della tua nuova famiglia?

Klaus attese con interesse la risposta di Eva a quella domanda. La temeva e la bramava, così come desiderava lei ed era spaventato dagli effetti che la sua sola presenza sortiva su di lui.

Lascerò che vivano la loro vita. Ne hanno tutto il diritto.

Li lascerai?”- l’ibrido inarcò un sopracciglio, piuttosto scettico.

Lei che aveva saputo più volte tenergli testa, quando lui stesso aveva minacciato di portarla via dai suoi amici, che era arrivata ad impugnare un paletto contro di lui, per salvare loro la vita, voleva abbandonarli.

Li libererò.”- precisò Eva, guardandolo con orgogliosa fermezza.

Un gesto molto altruistico.

Una nuova piroetta seguì il commento pacato di Klaus.

Sarà il mio modo per ringraziarli di tanti sacrifici.”- la ragazza ritornò fra le sue braccia, con decisione.

Rapiti l’uno dall’altra, si fermarono.

Credi ti permetteranno di farlo?”- Nik sorrise, affilando lo sguardo.

Io gli impedirò di fermarmi.

Eva sussurrò suadente quelle parole, accostandosi al suo orecchio e sorridendo maliziosamente.

Si sentiva forte, imbattibile, finalmente eterna. Non provava timore. Non provava alcuna soggezione.

Non mi resta che dirti Bentornata, Eva.”-mormorò l’ibrido, sorprendendosi dei brividi che la voce di lei, roca e sensuale, gli aveva provocato. Leggermente stordito da quella sensazione nuova e ritrovata, la liberò dalla sua presa, interrompendo la danza.

I was just guessing at numbers and figures,
Pulling your puzzles apart.
Questions of science, science and progress,
Do not speak as loud as my heart.

And tell me you love me, come back and haunt me,
Oh and I rush to the start.
Running in circles, chasing tails,
And coming back as we are.

Lei non sembrò dare troppo peso a quel gesto, motivato dalla paura di esporsi troppo, da parte di Niklaus.

Cosa ne è stato della tua famiglia?”- gli domandò, avvicinandosi al tavolo del buffet e prendendo da bere.

Le cose si sono complicate, negli ultimi dieci secoli. Un giorno te lo spiegherò.- tagliò corto l’ibrido, percependo, non troppo distante, un passo teso ed accelerato che giungeva in loro direzione.

Sorrise mefistofelico alla figura che gli si appropinquava.

Nobody said it was easy,
oh it’s such a shame for us to part.
Nobody said it was easy,
No-one ever said it would be so hard.
I’m going back to the start
.

 

“Vuoi scusarmi, per un istante?”- si congedò con rammarico dalla sua dama e le sorrise rassicurante, prima di raggiungere Stefan Salvatore e condurlo lontano dagli occhi di Eva.

“Ti stai godendo la festa, amico mio?”- lo salutò, con un’espressione rilassata sul volto.

Posò una mano sulla sua spalla e si guardò intorno, riconoscendo, fra la folla, le graziose figure della doppleganger e della strega ficcanaso, visibilmente tese.

Sospetto.

Non era sopravvissuto per più di un millennio, dando credito a tutte le storielle che gli venivano raccontate.

Non avrebbe certamente cominciato quella sera.

“Non ti facevo un tipo da birra pong e reginette.”- sorrise il vampiro, celando abilmente la tensione che lo avvolgeva.

“Questo evento ha per me un significato ben diverso. Io l’ho trasformato in una veglia funebre.”

Stefan aggrottò le sopracciglia, colpito. Se l’era bevuta, allora.

“E, a proposito di questo, dov’è l’ospite d’onore?”- aggiunse Niklaus, con una nota ironica nella voce.

Lo stava provocando.

“È alla Pensione. Posso portarti lì, se vuoi.”- mormorò ben poco convinto il giovane Salvatore.

Qualcosa non quadrava.

“Perché non lo vai a prendere, invece? Portalo qui.”- gli intimò l’ibrido, ben più minaccioso. Stefan rabbrividì, irrigidendosi.

Questo non rientrava nei piani.

Mikael li attendeva alla Pensione, decisamente vivo. Un particolare che sarebbe risaltato anche ad un occhio ben poco allenato.

“Come preferisci.”- acconsentì, schiarendosi nervosamente la voce- “Vado a prenderlo.”

Il vampiro si ritirò fra la folla, sotto lo sguardo vigile e provocatorio di Niklaus che sorrise beffardo, prima di tornare da Eva, elegantemente appoggiata al tavolo del buffett.

Così bella, così ignara.

Così umana.

Qualche istante dopo, Charles Sinclair riconobbe, fra gli invitati, una chioma bionda fin troppo familiare. Avvertì le proprie viscere contorcersi per l’orrore ed avanzò, pallido in volto, verso il tavolo, con gli occhi grigi sbarrati per la sorpresa.

Eva? Che diavolo ci fai qui!”- ringhiò lo stregone, afferrando l’amica per un braccio e costringendola ad una brutale giravolta su se stessa.

Lei spalancò gli occhi, per poi ricomporsi rapidamente.

Charles”- sorrise, per nulla sorpresa.

Guardò per un breve istante Niklaus, accanto a sé, poi tornò ad osservare la sagoma sconcertata di Sinclair.

In uno scatto d’ira, il ragazzo la allontanò, portando in disparte l’Originale, con le mani tremanti di rabbia ed un batticuore spaventosamente assordante.

Perché lhai portata qui”- sibilò fra i denti, guardando Klaus in cagnesco.

Che ragione avevo per non farlo? Cè qualche particolare questione di cui vuoi mettermi al corrente?”- sogghignò l’ibrido, portandosi alle labbra un bicchiere di champagne e sorseggiandolo avidamente.

Tu la stai usando.”- sbottò lo stregone, mantenendo a stento un pieno controllo di sé.

Il suo sguardo saettò su Eva, poco distante, e sulla folla. Presto, la tenuta dei Lockwood sarebbe divenuta un campo di battaglia. Eva non sarebbe dovuta essere lì.

No, affatto.- sibilò Klaus, schernendolo-Ma voglio essere certo che tu non commetta qualche gesto totalmente stupido. Rischieresti di metterla in pericolo. Non trovi?

Charles rabbrividì.

Lhai portata qui per assicurarti che io non cerchi di ucciderti.”- sussurrò, spiazzato. Era stato messo in trappola. Non poteva opporsi.
Affatto.-il sorriso vittorioso sulle labbra dell’Originale lasciava intendere ben altro-Lho invitata perché desideravo averla accanto. Questo, prima ancora di sapere della morte di Mikael.

Sinclair boccheggiò, visibilmente colto alla sprovvista.

L’ibrido doveva avere un piano. Evidentemente, non si fidava delle parole di Stefan.

Ah- latrò Nik, estasiato dall’espressione inorridita sul volto dello stregone- Vedo che la notizia della sua dipartita non ti sorprende più di tanto. Immagino che l’adorabile Bonnie Bennett ti avesse già messo al corrente di questo lieto evento.

Eva lo sa?”-soffiò il giovane inglese, tornando ad osservare l’amica, poco lontana.

Stavo per dirglielo. Ora sono certo che questa sarà, per lei, la serata più emozionante della sua vita. O, magari, vuoi essere tu a dirglielo. Che ne dici?”- lo provocò, mandando giù in un sol colpo ciò che dello champagne era rimasto nel bicchiere.

Charles annuì confusamente e si allontanò in direzione del‘amica, per poi voltarsi indietro e constatare che Klaus era scomparso nel nulla.

La ragazza lo osservò piena di curiosità, avvicinandoglisi e guardandosi intorno, in cerca del proprio cavaliere.

Di cosa avete parlato tu e Nik?”- domandò, portando dietro l’orecchio una ciocca di capelli, per poi scrutare con meticolosa attenzione il volto provato dell’amico.

Devi tornare a casa, Eva.”- le intimò Sinclair, afferrandola per un avambraccio e cominciando a trascinarla verso l’atrio.

La musica, in sottofondo, sembrò acquietarsi ed il vociare divenne più fitto e chiassoso, mentre, fra gli studenti, individui estranei ai festeggiamenti si aggiravano, con aria estremamente minacciosa.

Cosa?No!”- Eva guardò sconcertata il ragazzo che la trascinava via e si divincolò con tutte le sue forze, fino a liberarsi e fermarsi nell’ingresso. Fece per tornare indietro, fin quando non si sentì spingere in avanti da Charles e da un altro ingente gruppo di invitati che la trascinarono verso il giardino sul retro, dove si era ormai radunato un cospicuo numero di persone.

Eva, tu non capisci, ho davvero bisogno che tu te ne vada.”-le sussurrò terribilmente allarmato lo stregone, guardandosi intorno con aria circospetta.

Temette il peggio.
Il Cacciatore è morto, la doppelganger Petrova lo ha ucciso. Siamo liberi, Eva.”- sibilò con decisione il ragazzo, facendole mancare il respiro. La trascinò nella folla, facendosi largo con violenza, per portarla lontano da quella villa, nel minor tempo possibile.

Che stai facendo! Charles!”- si lamentò Eva, digrignando i denti per il dolore che la sua stretta le provocava. Pestò i piedi a terra, rischiando di inciampare.

Avanti, Eva, ti ho detto di seguirmi!

Perché!”- rantolò lei, confusamente. Mikael era morto. Nessun altro pensiero le invadeva la mente. Le parole di Sinclair riecheggiavano rumorosamente nella sua testa, facendole ronzare le orecchie ed attutendo il vociare dubbioso degli studenti intorno.

Perché Mikael non è morto! Entrerà da quella porta e, se ti troverà, ti ucciderà!”- ruggì finalmente Charles, con uno sguardo disperato e smarrito negli occhi.

Cosa? Avevi detto che …

Quanta delusione nello sguardo di Eva.

Quanta frustrazione nella sua voce.

“È una trappola. È qui per uccidere l’ibrido.”- soffiò lui, vinto dal bisogno di dirle la verità, per la prima volta da fin troppo tempo.

La vide impallidire e percepì il suo stordimento. Quando Eva indietreggiò, lo stregone la bloccò per un braccio, attirandola a sé.

Il vociare divenne un sussurro. I bisbigli si trasformarono in silenzio, al passare di nuovi individui dall’aria minacciosa, intorno alla folla.

Ibridi.

Le creature di Klaus erano ovunque. Giravano intorno agli studenti, accerchiandoli ed osservandoli con sguardi animaleschi e violenti di predatori spietati.
Non muoverti. Siamo circondati.”- sibilò nell’orecchio destro di Eva che si irrigidì immediatamente.

Devo avvertire Niklaus.”- soffiò lei, guardando con apprensione le vetrate della tenuta dei Lockwood.

No, Eva. Non devi.

Ora smettila, Charles!”- ringhiò lei, divincolandosi con forza, per poi scomparire nella folla.

Charles non fu abbastanza veloce da riuscire a bloccarla e la seguì, sgomitando per passare, fra i partecipanti atterriti.

Eva! Torna indietro!”- mugghiò al vento, ritrovandosi davanti due giovani ibridi dagli sguardi particolarmente famelici.

L’avevano lasciata passare. Eva era tornata nella villa e Mikael sarebbe arrivato a momenti.

Lo stregone incanalò le proprie forze nelle braccia, intonando una nenia bassa ed antica che costrinse i due grossi ibridi davanti a sé a piegarsi sulle ginocchia, straziati da lancinanti fitte alle tempie.

Charles, resta fermo.

Una mano si posò sulla spalla di Sinclair che interruppe immediatamente

l’incantesimo, avvertendo il proprio sangue gelare.

Chiuse gli occhi, augurandosi che fosse solo il peggior incubo della propria vita, poi si voltò lentamente, prendendo lunghi respiri ed imponendosi la calma.

Tu?-mormorò sconfortato, fuori di sé per la disperazione-Dovevo immaginarmelo. Ti sei venduto lanima al Diavolo, non è così, Dorian? Klaus ti ha trasformato.”- constatò, deglutendo a fatica.

L’amico serrò la mascella, senza sapere realmente cosa dire.

Non era riuscito a confessare il proprio segreto, quando ne aveva avuto l’occasione.

Quella notte, la previsione di Klaus si era avverata. Le verità erano venute a galla.

Wolfskin aveva raggiunto la festa, dopo aver finto di avere assunto l’infuso di Elleboro.

Aveva mentito, ingannato e tradito.

Ed era il momento di una resa dei conti.

Non è come credi, Sinclair. Avevo le mie ragioni.”- soffiò infine, con voce roca e fin troppo bassa, a causa delle tensione.

Percepiva il cuore di Charles pulsare velocemente di rabbia e dolore. Lo aveva tradito. Aveva tradito la sua fiducia.

Con che coraggio lo avrebbe più guardato negli occhi?

Le tue ragioni? Sul serio? Cera qualcosa che valesse la pena di tutto questo? Ci hai mentito, Dorian, sempre. Hai tenuto alloscuro me ed Eva di tutto quanto!”- ruggì Sinclair, spintonando l’amico che indietreggiò di un passo e fu subito affiancato da altri due ibridi che scoprirono i canini, a quella dimostrazione di resistenza.

E tu invece?- ribatté Wolfskin, mentre avvertiva le proprie zanne affiorare e gli occhi sfumare verso l’ocra più intenso-Bloody Hell, Sinclair, che ti succede? Stento a riconoscerti, maledizione! Credevo fossimo dalla stessa parte!”- ringhiò, spaventato.

Aveva degli ordini da eseguire.

Io sto cercando di proteggervi!

E come? Aiutando il Cacciatore? Credi davvero che rispetterà i patti? Sappiamo cosa è in grado di fare, ci ucciderà!”- insistette Dorian, dovendo ricorrere ad una buona dose di autocontrollo,per non saltargli alla gola.

Percepì il proprio sangue ribollire nelle vene e la Sete farsi largo in lui con una prepotenza inaudita.

Credi che Klaus non lo farà? Ci porterà via Eva e ci distruggerà! Ha già preso te!”- Charles indicò con il mento il suo volto deturpato dalla trasformazione e lo guardò con ribrezzo e disapprovazione.

Cosa era diventato?

Falla finita, Sinclair! Ti rendi conto di averci messi tutti in pericolo? Forse, se Klaus volesse ucciderti, non avrebbe tutti i torti!”- ululò l’ibrido, uncinando le unghie alla pelle della propria nuca, nel tentativo di frenare gli istinti omicidi che gli imponevano di mettere fine alla vita dell’oppositore.

Alla vista di quel vano tentativo di autocontrollo, il tono dello stregone si addolcì.

Ti ha asservito. Sei totalmente sotto il suo controllo.”- mormorò, commiserando il proprio sventurato amico, caduto nell’infida rete dell’Originale.

Vuoi sapere perché ho chiesto a Klaus di trasformarmi?Perché credevo che il tuo atteggiamento così astioso nei suoi confronti fosse dovuto al fatto di avere troppi problemi a cui pensare! Le mie trasformazioni, Eva, tutte le bugie da rifilare!

Lo aveva fatto per essere forte e poter far fronte alle avversità.

Tu ed Eva non siete mai stati dei pesi, per me, Dorian!

Io volevo aiutarti, Charles.”-mormorò l’ibrido, socchiudendo gli occhi ormai lucidi.

Stava per cedere.

Non mettendoti contro di me, Dorian. Non così.

Non deve per forza finire male. Uccidiamo il Cacciatore. Klaus ci aiuterà.”- sorrise stanco Wolfskin, pregando l’amico di assecondarlo.

Come potevano essere giunti a questo?

Aveva paura. Aveva paura di se stesso, aveva paura di Charles, aveva paura per Charles.

Mi dispiace, ma questo non posso permetterlo. Se Mikael morirà, Eva continuerà ad essere in pericolo. Se Klaus cadrà per mano di Mikael, Eva sarà libera e noi con lei!”- tentò di spiegare Sinclair, guardandosi intorno con orrore.

Gli studenti avevano cominciato a temere il peggio, i mormorii si erano trasformati in grida, mentre gli ibridi intorno si avvicinavano, minacciando di attaccare la folla.

Ho lordine di uccidere chiunque tenti di scappare o di opporsi, Sinclair.”- soffiò Dorian, percorso da un brivido lungo la schiena.

Le parole di Klaus riecheggiarono nella sua mente ed avvertì un’istintiva avversione nei confronti di quello che, fino a poco prima, era stato il suo migliore amico.

Vediamo fin dove ti spinge il tuo legame con il tuo Sire, allora. Che ne dici?”- ghignò lo stregone, sotto lo sguardo sbigottito di Wolfskin che serrò la mascella ed indietreggiò appena.

No, Charles, non farlo”- lo pregò, avvertendo i canini affiorare con decisione e la gola bruciare, insaziabile.

O se la nostra amicizia sarà più forte.”- rise sprezzante l’amico, compiendo qualche passo all’indietro, per poi voltarsi e camminare, coraggiosamente, verso la villa, ignorando gli ordini che gli ibridi gli gridavano.

No!”- ringhiò Dorian, quando vide due delle grosse creature di Klaus avventarsi su Charles.

Si slanciò a velocità soprannaturale verso di loro, spintonandoli lontano ed impedendo loro di uccidere Sinclair.

Ma il bisogno di obbedire al comando di Niklaus fu irresistibile.

Si avventò sullo stregone e, in breve, l’odore ferroso del sangue di Charles saturò l’aria.

 

 

 

***

 

 

Klaus osservò compiaciuto le sale desolate della tenuta dei Lockwood. Passeggiò lentamente, calciando i bicchieri strappati violentemente dalle mani dei partecipanti, ora divenuti ostaggi.

Gli striscioni prelevati dalla palestra del Liceo erano stati strappati e pendevano dal soffitto, accarezzando il pavimento, mossi dal vento che filtrava dalle finestre lasciate aperte.

“C’è un tipo, all’ingresso, che vuole vederti. Dice di chiamarsi Mikael.”- sussurrò Mindy, avvicinandoglisi con un sorrisetto astuto sulle labbra carnose.

L’Originale annuì consapevole. Abbassò lo sguardo e serrò i pugni, quando percepì le proprie mani tremare.

“Allora, sarà bene che vada. Non è cortese farlo attendere.”- disse stancamente, congedandosi dalla giovane ibrida- “Raggiungi i tuoi compagni e assicurati che agiscano secondo i miei ordini.”

Lasciò Mindy nel soggiorno e si incamminò verso l’atrio, contraendo i muscoli del volto e imponendosi un rigore che, sapeva, non sarebbe riuscito a mantenere, davanti al Cacciatore.

S’irrigidì, quando, aperta la porta, incontrò lo sguardo severo dell’uomo che, per più di un millennio lo aveva inseguito, dilaniando le sue certezze, distruggendo ogni suo tentativo di trovare un po’ di normalità. L’uomo che lo aveva reso un mostro.

“Buonasera, Niklaus.”

Un ghigno sprezzante si dipinse sulle labbra di Mikael che socchiuse gli occhi, percependo la tensione nel volto dell’ibrido.

“Mikael”- soffiò il figliastro, deglutendo a fatica e dissimulando lo stato d’allarme con un mezzo sorriso provocatorio.

“Non sembri sorpreso di vedermi.”

“Ho imparato a non credere a niente che ti riguardi, in tutti questi anni. Dovresti saperlo, tu mi hai creato.”-sibilò Nik, ostentando un’indifferenza che a stento riusciva a mantenere.

Si sentì impotente, debole.

Distolse lo sguardo azzurro, si schiarì la voce bassa, per poi tornare ad osservare il vampiro con rabbia, il rancore che aveva serbato per più di dieci secoli, nei confronti di un padre padrone e carnefice.

“Non sei sangue del mio sangue, giovane bastardo.”- tenne a precisare l’Originale, con rigore. Lo scrutò grave, scoprendo appena i canini.

“Ma sei tu ad avermi reso così.”-ghignò Niklaus, schernendolo- “E adesso, perché non vieni dentro, così possiamo continuare questa sgradevole chiacchierata padre-figlio?Oh, dimenticavo. Tu non puoi entrare.”- latrò divertito.

“Puoi sempre unirti a me, qui fuori.”

“Ti ringrazio, ma penso resterò esattamente dove sono. Da qui la vista è più gradevole. Fremo dalla voglia di vedere come i miei ibridi ti dilanieranno la carne, riducendoti a brandelli.”- Klaus sorrise beffardo, mentre una decina dei suoi ibridi si affrettava ad accerchiare il Cacciatore.

“Seguiti ad agire come un codardo, ragazzo. Ti nascondi dietro gli abomini che hai creato. Sai che non possono uccidermi.”

“È vero, lo so. Ma a questa festa manca uno spettacolo che dia emozioni forti e la tua lotta alla sopravvivenza contro il mio contingente sarà lo spettacolo che renderà questo evento memorabile.”- sogghignò l‘ibrido, incrociando con fierezza le braccia al petto.

Ma avvertì i propri occhi bruciare, desiderosi di versare una lacrima.

Un’eternità di violenze, sangue e morte non era riuscita a cancellare la sua umanità. E questa riaffiorava istintivamente, al cospetto del mostro che, per primo, aveva tentato di strappargliela via.

Niklaus nutriva un timore reverenziale, nei confronti del Cacciatore.

Così era stato, da umano, così era, ancora.

I legami con la sua natura umana erano molto più numerosi di quanto lui stesso potesse credere.

“Dimentichi che i tuoi mostri sono per metà ancora vampiri. Questo mi ha consentito di ammaliarli e costringerli a disubbidirti. O, peggio ancora, ad uccidersi fra loro.”- rise compiaciuto il Cacciatore-“Cosa farai, una volta solo?”

“Ne creerò altri.”- si sbrigò a ribattere Nik, evidentemente spiazzato.

Osservò con diffidenza i propri alleati, ormai certo di non potersi più fidare di loro.

“Cadranno anch’essi, perché guidati da un comandante che non è degno d’essere ritenuto tale. Sarai solo. Lo sarai per sempre.”

Una lacrima rigò il volto millenario di Niklaus che serrò la mascella, fino a provare dolore.

“Quante parole, Mikael.”- mormorò, con un ghigno derisorio-“Credevo fossi qui per uccidermi.”

“Ogni cosa a suo tempo, ragazzo.”- sorrise tetro il vampiro originale, con una luce minacciosa negli occhi di ghiaccio-“Io non posso entrare”- si fece da parte, consentendo ad un’ombra di varcare la soglia.

“Ma io si!”-ringhiò Damon, avventandosi su Klaus e cogliendolo di sorpresa.

Il maggiore dei Salvatore estrasse con rapidità un grosso paletto dalla tasca posteriore dei jeans scuri che indossava e lo sguardo dell’ibrido si illuminò d’orrore.

Nik digrignò i denti, sbattendo contro una parete, e non fu abbastanza veloce, da poter schivare la presa del vampiro che lo proiettò a terra, affondando il famigerato paletto di quercia bianca nel suo petto.

Con un ululato straziato, Niklaus riuscì ad impedire alla punta del piolo di trapassarlo totalmente, brandendolo con entrambe le mani e scalciando, per allontanare Damon da sé.

Ruggì ancora, mostrando i canini, furioso.

Madido di sudore, scorse la sagoma di suo padre assistere con impassibilità al proprio omicidio.

“Nik!”

Un grido spaventato giunse alle orecchie delle tre creature sovrannaturali, catturando la loro attenzione.

Lo sguardo severo del Cacciatore saettò istintivamente sulla figura che, atterrita, si era fermata nell’atrio, osservando sconvolta il violento scontro.

“Eva”- sibilò pieno di rabbia, quando vide la ragazza.

Lei impallidì vistosamente, incrociando i suoi occhi, e lesse chiaramente le sue intenzioni.

Damon, al suono di quel nome così terribilmente familiare, sollevò lo sguardo e rimase impietrito, rischiando di lasciare la presa su Klaus.

Eva.

La stessa Eva che loro stavano cercando?

L’aveva avuta sempre sotto agli occhi. Le aveva offerto da bere, persino.

La fissò sbigottito, senza sapere realmente cosa fare. Mantenne la presa sul paletto, vi impose maggiore forza, nel tentativo di farlo affondare ancora di più nel torace dell’ibrido che ululò, contorcendosi per il dolore.

Un’ombra saettò in direzione di Damon, spintonandolo lontano e consentendo a Klaus di estrarre il paletto, con una smorfia di dolore, liberandosi di quell’arma maledetta.

Accadde tutto fin troppo velocemente.

La porta finestra che affacciava sul giardino sul retro della tenuta si spalancò, lasciando entrare due giovani ibridi che accorsero, alle grida straziate del loro Sire.

“Portatela via da qui!”- ruggì Nik, indicando Eva, senza riuscire a guardarla.

La giovane fu trascinata via, strattonata con forza e allontanata dall’atrio, sotto lo sguardo vigile di Mikael, deciso a fermarla.

Approfittando della distrazione del Cacciatore, Klaus impugnò il paletto e si avventò contro il patrigno che spalancò gli occhi, colto alla sprovvista.

Con un secco movimento del polso, l’ibrido affondò il paletto nel cuore del proprio creatore, con una forza inaudita, beandosi del rumore di ossa che si spezzavano, nello sterno del Cacciatore.

Lo vide ricadere a terra, con una smorfia d’orrore sul volto, ed arricciò le labbra, visibilmente provato.

Mikael rantolò, prima di venire avvolto da fiamme dorate che, partendo dal suo petto, si diffusero lungo tutto il suo corpo.

Klaus serrò la mascella, chiudendo per un breve istante gli occhi.

Assaporò la propria libertà, s’inebriò del suo nuovo stato di invincibilità.

Mikael era stato troppo a lungo uno dei propri limiti ed ora era stato superato, distrutto, annientato.

“Sarai solo, ragazzo. Lo sarai per sempre.”

Tremò, quando le parole del Cacciatore risuonarono nella sua mente affaticata.

Probabilmente, lo sarebbe stato. Ma sarebbe stato libero.

Si voltò indietro, deciso a conoscere l’identità dell’ombra che gli aveva salvato la vita.

Stefan Salvatore teneva ancora stretta la presa su suo fratello, con gli occhi sbarrati ed il respiro affannato.

Sapeva di aver commesso un errore. Ma sapeva di aver fatto la cosa giusta.

Larma in mio possesso è lunica in grado di uccidere definitivamente un vampiro originale. Un vampiro non può impugnarla o morirebbe insieme allAntico.”

Le parole di Mikael risuonarono gravi nella mente del giovane Salvatore.

Era stato disposto a lasciare in vita Klaus, pur di impedire a suo fratello di sacrificarsi. Non poteva permettersi di perderlo.

Damon boccheggiò, sconvolto, scrutandolo con quanto odio aveva in corpo.

Pazzo!

Aveva mandato all’aria l’unica vera possibilità di uccidere Klaus.

Ringhiò, fuori di sé, divincolandosi dalla stretta del minore, disgustato da quel contatto.

Ogni cosa di Stefan lo ripugnava.

Era stato tradito dal proprio sangue.

La mano di Klaus si posò sulla spalla del più giovane, invitandolo pacatamente a sollevarsi da terra.

Damon scomparve nel nulla, una volta libero di muoversi.

“Ti sei guadagnato la tua libertà, amico mio.”- sorrise gentilmente Nik, osservando con orgoglio l’alleato ritrovato-“Non dovrai più eseguire i miei ordini. Sei libero.”

 

 

***

 

 

In una jeep nera che procedeva ad andatura piuttosto lenta, Eva aprì gli occhi.

Si guardò intorno confusa, avvertì il proprio cuore palpitare agitato nel petto.

Non era più nella tenuta dei Lockwood.

Posò gli occhi sul guidatore, un ragazzo non più che ventenne, dai cortissimi capelli neri e la mascella squadrata.

Quando si accorse di essere osservato, si voltò verso di lei e le sorrise gioviale, rivelandole il color nocciola dei propri occhi.

“Ad ogni modo, mi chiamo Tony. So che non è un buon momento per fare amicizia, ma il tuo silenzio è inquietante e ho bisogno che tu mi dica esattamente dove abiti.”

Fermò la macchina, lasciando il motore acceso, e orientò il busto in direzione della biondina frastornata.

“Più avanti, sulla destra.”- replicò lei, corrugando la fonte, pensierosa.

Poi ricordò.

“Dov’è Nik? Che ne è stato di Mikael? Perché sono qui!”- ringhiò, agitata.

Tentò di slacciarsi la cintura, mentre la sua mente le riproponeva immagini spaventose.

Le menzogne di Charles, il sangue che affiorava dal petto di Niklaus, trafitto da un pugnale, gli occhi di Mikael, come quelli di un rapace, fissi su di lei.

Cos’era successo?

“Rilassati, dolcezza, sul serio!”- sorrise divertito il giovane ibrido dagli occhi di cioccolato- “Va tutto bene.”- la rassicurò, seguendo le sue indicazioni a parcheggiando nel vialetto dei Gray.

Eva avvertì il malsano impulso di colpirlo violentemente.

E lo fece.

Gli assestò un poderoso schiaffo in pieno volto e lo vide contrarre la mandibola, incassando il colpo.

Lui digrignò i denti, poi, con un sospiro, le sorrise, palesemente seccato.

“Tu sarai una sfida.”- mugugnò, scendendo dall’auto, per poi aprirle lo sportello.

Il salotto e le camere da letto erano bene illuminate ed Eva si allarmò.

Tutto lasciava presagire che ci fosse qualcuno, in casa.

“Dorian”- soffiò spaventata, correndo verso l’ingresso.

La sua apprensione aumentò, quando trovò l’uscio accostato e la serratura manomessa.

Qualcuno aveva fatto effrazione nella piccola tenuta.

“Io entro, tu resta qui fuori.”

Tony assottigliò lo sguardo, guardandosi intorno con attenzione. Si parò davanti alla ragazza e spalancò il portone.

Ma, quando tentò di entrare, si ritrovò impossibilitato.

Sbuffò infastidito, rammentandosi di aver bisogno di un permesso, per entrare.

“Ripensandoci, è meglio se entri prima tu e poi mi inviti.”- brontolò seccato, lasciando passare la giovane.

Eva gli permise l’ingresso, avanzando cauta e scandagliando ogni stanza, piena di sospetto.

Avvertì le assi del pavimento del piano superiore scricchiolare, in prossimità della camera di Dorian, e contrasse i muscoli, seguendo con lo sguardo i movimenti che percepiva.

“Charles?”- chiamò, sperando che si trattasse dello stregone.

Non ricevette alcuna risposta e si spaventò.

Scambiò un’occhiata eloquente con Tony che scomparve, raggiungendo le camere da letto in un lampo.

Eva impose al proprio cuore di decelerare. Il rumore era assordante, cominciava a stordirla.

“Non c’è nessuno qui.”- le comunicò l’ibrido, affacciandosi dalle scale-“Forse è stato un cortocircuito ad accendere queste lampade.”

Nessuno?

E Dorian?

Come poteva, Tony, non essersi accorto di un gigantesco lupo mannaro svenuto su un letto?

La ragazza accorse velocemente al piano superiore, spalancando la porta della camera dal licantropo e pietrificandosi sull’uscio.

Il letto era vuoto, di Wolfskin non c’era alcuna traccia.

Che diavolo stava succedendo?

Tony sembrò leggere chiaramente le sue domande ed Eva capì.

Lui sapeva molto più di quanto desse a vedere.

“Klaus mi ha chiesto di aiutarti a preparare i bagagli, devi lasciare questa casa.”- la informò, chiarendo i suoi dubbi.

“Che cosa sai, più di me”- si impose con decisione lei, scrutandolo con severità.

“Ho ricevuto un ordine.”- ribatté scocciato l’ibrido, estraendo un cellulare da una tasca dei pantaloni e mostrandole il contenuto del messaggio.

From Klaus:

Mikael è morto. Ci spostiamo, portala via. Assicurati che non lasci alcuna traccia di sé.

 

Il Cacciatore era morto.

Eva non ebbe il tempo di assimilare quell’informazione. Tony la trascinò fuori dalla stanza, incitandola a fare i bagagli nel minor tempo possibile.

“Non me ne vado, senza Charles e Dorian.”-protestò la ragazza, entrando nella propria stanza ed osservando la scatola francese sul letto.

Niklaus aveva mantenuto la sua promessa. L’aveva resa libera.

“Sono al sicuro, ti aspettano a Richmond.”- replicò con decisione il giovane ibrido, spalancando le ante dell’armadio. Tirò fuori il maggior numero possibile di abiti, mentre Eva cercava degli zaini in cui infilarli.

Ma c’era qualcosa di insolitamente incerto nella sua voce.

“Stai mentendo.”- lo smascherò la ragazza, smettendo di appallottolare i vestiti nelle borse da viaggio.

Che ne era stato dei suoi amici?

Tremò, inorridita al pensiero che qualcosa potesse essere andato storto.

“Ti ho detto che sono a Richmond.” - ringhiò minacciosamente l’ibrido.

Il campanello di casa suonò, prima che lui potesse inveirle contro.

“Ora, mentre io mi occupo della tua roba, che ne dici di andare ad aprire?”- ghignò tediato, per poi emettere un ringhio basso e gutturale.

Eva sibilò stizzita, poi corse rapidamente al piano inferiore, con gli occhi blu fissi sul portone.

Pregò che si trattasse di Sinclair, lo sperò con tutte le forze. Quando puntò lo sguardo nello spioncino, sentì le gambe venirle meno ed il cuore perdere uno, due, dieci battiti.

Con mani tremanti spalancò l’uscio e schiuse le labbra, piena di sorpresa.

“Nik”- sussurrò, osservando il volto dell’Originale stravolto-“Io”- le parole le morirono fra le labbra.

Con passi incerti lo lasciò entrare, percependo la tensione che lo avvolgeva.

Gli occhi azzurri di Niklaus erano ancora lucidi, le labbra ancora intrise del sale di lacrime che aveva trattenuto per troppo tempo.

“È finita. Non potrà seguirci oltre.”- mormorò l’ibrido, con lo sguardo stanco ma vittorioso negli occhi-“E’ morto.”- la sua voce si incrinò appena.

Era la verità.

La schiena di Eva fu percorsa da brividi instancabili, mentre il sangue le ribolliva nelle vene.

Invincibile.

Tornò a provare quello straordinario senso di onnipotenza, per un breve istante.

“Stai bene?”- soffiò, cogliendo il turbamento nel suo volto.

“Mikael non sarà più un problema.”

Lui le sorrise mestamente, rassicurandola con lo sguardo.

Gli occhi di Eva si erano posati sul buco che il paletto aveva creato all’altezza del petto, sulla camicia.

“Grazie”- Eva gli sorrise, piena di gratitudine.

Avanzò verso di lui con passi indecisi e colse nei suoi occhi l’innocenza di un’umanità strappata via con violenza.

Gli prese il volto fra le mani e lo sentì irrigidirsi, spiazzato da quel gesto.

Con le dita, Eva percorse delicatamente la scia tracciata da un’ultima lacrima versata e sorrise dolcemente.

Posò delicatamente le labbra su quelle di Niklaus, in un contatto leggero e carezzevole che inebriò l’Originale.

“Per aver mantenuto la promessa.”

“Non lo merito”-mormorò lui, serrando le palpebre e sforzandosi di resisterle.

La allontanò da sé, consapevole di non essere ancora degno del suo perdono.

“Cosa?”- lei lo osservò confusamente, spaventata dalle sue parole.

Erano liberi.

Lo erano davvero?

Klaus guardò oltre Eva, annuendo, e la ragazza si voltò di scatto, trasalendo.

“Dorian”-soffiò, totalmente spiazzata.

Che diavolo stava succedendo? Perché non si era trasformato?

“Mi dispiace”- le sussurrò l’Originale, carezzandole la pelle con il proprio respiro. La fece voltare verso di sé, estrasse rapidamente, da una tasca, un fazzoletto imbevuto di cloroformio e glielo passò davanti alla bocca, costringendola ad inalarlo.

Eva prendeva quotidianamente la verbena, soggiogarla sarebbe stato difficile.

“No!” - rantolò la giovane, divincolandosi invano dalla sua stretta.

Con gli occhi pieni di interrogativi e paura, fissi su Wolfskin, la giovane si abbandonò fra le braccia di Niklaus, priva si sensi.

 

B-Caverna:

Alleluja!

Ce l’ho fatta!

O meglio, non è vero! Mi ero prefissata di aggiornare il 31 Marzo, ma, ogni volta che faccio dei piani, qualche inconveniente distrugge tutto quanto.

Scusatemi di nuovo!

Nel complesso, non sono particolarmente entusiasta del risultato.

Non lo so, mi sembra incompleto.

Ho cercato di seguire il telefilm, inserendo gli avvenimenti più importanti, ma temo sia venuto fuori un pasticcio. Troppe cose e confuse.

Da qui in poi, la trama prenderà una piega abbastanza interessante, però!

I misteri verranno svelati e, spero, tutto avrà un senso.

Nel frattempo, rinnovo i ringraziamenti a tutti coi che leggete, preferite, ricordate e seguite questa storia!

Tutta la mia devozione va alle splendide Esmeralda91 e xHeyCass_ che hanno avuto la straordinaria pazienza di recensire lo scorso capitolo!

Vi ringrazio! Quasi dimenticavo! (*) la canzone in sottofondo è The scientist dei Coldplay! La adoro!

Perdonatemi ancora per il colossale ritardo, cercherò di rispettare i termini di pubblicazione, bacissimi,

 

Biondich!

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Capitolo 14
*** Lie and Prejudice ***


Lie and Prejudice

 

 

 

 

Klaus serrò la presa sul telefono cellulare, fino a far impallidire le nocche e tremare la plastica dell’apparecchio che si incrinò in più punti, sotto quella morsa intrisa di rabbia.

Le bare erano sparite.

Era tornato a prenderle e, con suo sommo sgomento, non le aveva trovate.

“Perso qualcosa, Klaus?”

Stefan aveva sorriso, dall’altro capo del telefono, latrando divertito.

Con quale coraggio aveva osato trafugare il suo tesoro più prezioso?

Pazzo.

Aveva sfidato il suo mentore e si era condannato.

“Ucciderò chiunque tu conosca, eliminerò le loro famiglie, raderò al suolo l’intera città, se necessario. Pessima mossa, Stefan.”

Lo aveva minacciato, nella vana speranza di spaventarlo. Ma sapeva che sarebbe stato inutile.

Un uomo disperato non conosce limiti, si era detto. Stefan non aveva più niente da perdere, ormai. Il rischio non lo intimoriva affatto.

“Accomodati pure. Nessuno ha più importanza per me. Ma ti consiglio vivamente di stare attento a ciò che fai. Non vorrei essere costretto a far sparire questo bottino per sempre.”

Aveva fatto la sua mossa, lo aveva messo con le spalle al muro.

Klaus era in trappola.

Impotente, doveva sottostare all’accordo con il giovane Salvatore.

“Le ritroverò e, quando accadrà, finirò quello che ho cominciato, con te.”

Nik dovette schiarirsi più volte la voce arrochita dalla tensione e dallo sconcerto. Non era riuscito a prevedere un inconveniente del genere.

Ma non avrebbe più commesso sbagli, se lo ripromise.

“Mi hai già portato via tutto. Ora tocca a me.”

Stefan aveva bruscamente interrotto quella telefonata, abbandonando l’ibrido all’incertezza.

L’Inferno da cui Klaus era emerso sembrava volerlo inghiottire nuovamente fra le sue fiamme, per riprendere l’eterna tortura della solitudine.

 

***

 

 

 

Eva sussultò, spalancando gli occhi e contraendo ogni singolo muscolo del proprio corpo. Prese un lungo ed incerto respiro, percependo un fastidioso formicolio agli arti, e trovò la forza di reagire e tirarsi a sedere, guardandosi intorno allarmata.

Quella in cui si trovava non era la villetta dei Gray, ne era certa.

Dov’era?

La memoria le tornò brutalmente, provocandole un brivido lungo la schiena, che la fece sobbalzare.

La morte di Mikael, il tradimento di Charles, il bacio non ricambiato a Klaus, il suo sguardo rammaricato e colpevole negli occhi, il cloroformio, Dorian.

Le parvero frammenti di una vita passata.

Mille domande le balenarono in mente, tormentandola senza darle tregua.

Scese dal letto sul quale era seduta e si mosse con cautela in quell’ampia stanza, cercando con lo sguardo un qualsiasi particolare che le risultasse familiare.

Riconobbe, vicino ad un alto armadio a muro, un paio di sandali che appartenevano alla vasta collezione di Rebekah. Aprì un’anta e il guardaroba della vampira le si presentò davanti agli occhi.

Prese senza particolare cura un paio di jeans e un top, una volta constatato di avere ancora l’abito da ballo indosso.

Quando si affacciò alla grande finestra vicina all’armadio, notò con sorpresa che il paesaggio era decisamente cambiato.

Non era più a Mystic Falls, a giudicare dalle distese di praterie che si stagliavano intorno alla casa. Un brezza fredda le scompigliò appena i capelli e, in lontananza, Eva scorse le sagome di una grande città.

Ma era troppo poco, per poter orientarsi.

Lasciò la camera e si ritrovò in un lungo corridoio, le cui assi del pavimento scricchiolarono, sotto il suo passo leggero.

Splendidi quadri di nature morte e perfette riproduzioni di grandi opere coprivano le pareti color perla ed Eva li ammirò uno ad uno, fino a quando non raggiunse le scale.

Ampie e ricche, conducevano al piano inferiore di quella singolare e sconosciuta dimora.

Quando percepì della musica e delle risate sguaiate, la giovane affrettò il passo e irruppe in quello che riconobbe come il salone di quella casa, lanciando uno sguardo interrogativo negli occhi.

“Ce ne hai messo di tempo, principessa.”

Tony, l’ibrido che l’aveva riportata a casa, la sera dell’Homecoming, la osservò, con un sorriso tirato sul volto.

Accanto a lui, Mindy fece schioccare la lingua ed incrociò le braccia al petto, evidentemente seccata da quell’interruzione.

“Direi che le presentazioni non servono, giusto?”- ghignò, osservando con sufficienza Eva, rigida sulla porta e decisamente poco entusiasta di averli entrambi lì.

Dov’era Charles? E Dorian? Che stava succedendo? Klaus!

La bionda sostenne lo sguardo sprezzante di Mindy, prima di deglutire faticosamente ed imporsi ai due ibridi.

“Dove siamo”- sibilò fra i denti, affinando l’udito, nella speranza di percepire le voci dei suoi amici.

“Piuttosto lontani da Mystic Falls.”- sospirò Tony, consapevole del fatto che di lì a poco ci sarebbe stata una raffica di domande a brucia pelo- “Piuttosto lontani dalla Virginia, in effetti.”

“Avevi detto Richmond.”- protestò l’umana, evidentemente spiazzata, ripensando agli aventi della scorsa notte.

Cosa ne era stato di Sinclair e di Wolfskin?

“Ci siamo stati, infatti. Ieri. Hai il sonno pesante, dolcezza.”

Per quanto tempo era rimasta priva di sensi?

“Dov’è Dorian”- soffiò, allarmata.

L’ultima cosa che ricordava erano gli occhi addolorati dell’amico.

Perché non si era trasformato? Perché era lì, quella notte?

Forse …?

Niklaus dava la caccia ai licantropi.

Possibile che avesse trasformato Dorian in un ibrido?

“È uscito qualche ora fa, per fare provviste. Tu mangi, non è così?”- sogghignò Mindy, umettandosi le labbra con indifferenza.

“E Charles?”

Eva colse in entrambi i suoi sorveglianti reazioni opposte, alla stessa domanda. Gli occhi di Tony si adombrarono e l’ibrido s’irrigidì, probabilmente cercando di trovare le parole giuste per risponderle.

Mindy gongolò appena, abbassando la testa, per celare un sorriso.

“A questa rispondi tu, io non voglio avere a che fare con questa storia.”- disse la brunetta all’amico, tirandogli una gomitata alle costole.

Si allontanò con passi cadenzati e si abbandonò sul divano, decisa ad estromettersi dalla conversazione.

“Rispondete!”- ruggì Eva, decisamente meno in soggezione.

Si impose su di loro con la prepotenza di una sovrana e, per un breve istante, gli ibridi in questione si sentirono in dovere di accontentarla.

“Lo stregone ha opposto resistenza, è stato inevitabile …”- tentò di rabbonirla il ragazzo, passandosi una mano fra i capelli, per il nervosismo.

Indietreggiò, quando colse una luce iraconda negli occhi blu di Eva che schiuse le labbra, inorridita.

“Che avete fatto”- sussurrò, impallidendo.

“Non è poi così grave, credimi … Dorian ha saputo controllarsi …”- ma la voce roca di Tony sembrava voler dire il contrario.

Dorian?

Eva boccheggiò confusamente, frastornata.

Cosa aveva fatto Woflskin? A Charles?

Non le risultava possibile.

Erano come fratelli, non si sarebbero mai fatti del male a vicenda.

“D-dov’è”- mormorò appena, fulminando Tony con lo sguardo- “Dov’è Charles.”

Aveva bisogno di chiarimenti. Doveva sapere.

“Piano di sopra, seconda porta a destra!”- cantilenò Mindy, mentre Eva si slanciava fuori dal salone, decisa a perlustrare l’intera dimora, in cerca dello stregone.

Salì rapidamente le scale, precipitandosi nel corridoio che aveva percorso poco prima, poi si fermò davanti ad una porta in noce.

L’aprì e l’odore acre di chiuso e sangue le pizzicò le narici, costringendola, inizialmente, a respirare con la bocca.

Accese la luce, liberando quella camera dall’oscurità di cui era impregnata, e sussultò.

Su di un letto, ormai cremisi, giaceva, apparentemente esanime, Sinclair, con il volto grigiastro e smunto e gli indumenti pregni del proprio sangue.

Morsi e graffi gli deturpavano il collo e il petto.

Il volto, madido di sudore, era piegato in una smorfia di dolore, i capelli erano impastati di liquido scarlatto, ormai rappreso.

Il respiro era a stento percettibile.

“Charles”- sussurrò Eva, con le lacrime agli occhi.

Tremò, avvicinandosi al letto, ed avvertì un opprimente nodo alla gola.

Non ricevette alcuna risposta e continuò ad avanzare verso di lui.

Gli posò una mano sulla fronte e rabbrividì, avvertendo la freddezza della sua pelle.

Il corpo inerme sembrò rianimarsi appena e gli occhi di Charles, di un grigio spento, si orientarono sul viso spaventato di Eva che sorrise leggermente, a quella reazione.

“Riesci a sentirmi?”- mormorò lei ancora, accarezzandogli la fronte.

“A tratti.”

Il giovane sembrò riprendere un po’ colore ed energia e tentò di mettersi a sedere, ma la ragazza gli impose di non muoversi, premendogli delicatamente una mano sulla spalla.

“Che cosa hai fatto …”- sospirò sommessamente la ragazza.

Come aveva potuto ridursi in quello stato?

Sinclair aveva tradito, mentito ed ingannato lei e Dorian. E aveva rifiutato l’alleanza di Niklaus.

“Volevo proteggervi.”- lo stregone sembrò percepire le domande di Eva.

“Non così.”

“Sto morendo, Eva.”- Sinclair soffocò un rantolo- “In ogni caso, ho fallito.”

“Non morirai, Charles.”- lei sorrise debolmente, scostando altrove lo sguardo, nel tentativo di ricacciare una lacrima.

“Klaus non mi permetterà di sopravvivere. La mia morte è nel suo interesse. Ho cercato di ucciderlo.”

“Ma la tua vita è nel mio interesse.”- sussurrò lei, protendendosi leggermente verso l’amico- “Non osare abbandonarmi, Charles.”

“Aiutami ad uscire da qui, allora”- tentò di sorridere lo stregone.

“Tieni duro per qualche ora.”- mormorò con discrezione la ragazza, accarezzandogli ancora la fronte- “Ho un piano.”

 

 

 

 

***

 

 

Elena Gilbert bussò con maggiore decisione alla porta della Pensione dei Salvatore.

Suonò il campanello, bussò ancora, tirò un calcio al portone, poi ringhiò spazientita.

Una musica assordante proveniva dall’ampio salone della magione, quasi il proprietario volesse volontariamente coprire ogni altro tipo di suono.

Decisa ad entrare ad ogni costo, aggirò la casa e forzò ogni finestra, sperando di trovarne una aperta.

E la trovò.

Scivolò all’interno della camera da pranzo, ricadendo malamente sul pavimento, poi, determinata a chiedere spiegazioni, procedette a passo spedito verso il salone.

Sbuffò e spense lo stereo, provocando un mugolio dalla sagoma accasciata sgraziatamente sull’elegante divano davanti al camino.

“Ti ringrazio.”- borbottò svogliatamente Damon, chiudendo gli occhi, senza il minimo interesse a conoscere l’identità di chi si era appena guadagnata l’appellativo di guastafeste.

Ma il delicato profumo della sua pelle e dei suoi capelli rendeva praticamente inconfondibile quella figura.

“E sentiamo, sei venuta per farmi la predica, rifiutare i miei sentimenti o ricordarmi quanto io sia un fallimento come fratello maggiore e/o fratello del vampiro di cui sei stata innamorata, che ami e che sempre amerai?”- latrò divertito, lasciando ricadere, senza particolare cura, una bottiglia di scotch sul pavimento.

“Sono qui per chiederti come ti senti”- mormorò Elena, evidentemente intimidita dalla rabbia che aveva colto nella voce di Damon.

“Decisamente ubriaco, ecco come.”- borbottò il vampiro, prima di esplodere in una risata fragorosa ed abbandonarsi di nuovo sul sofà.

“Sei chiuso qui dentro da quasi due giorni.”- constatò Elena, osservando contrariata l’ingente numero di sacche di sangue, disordinatamente lasciate sul piano bar, mescolate ai bicchieri.

“Ma il mondo continua a girare.”- sospirò il vampiro, scrutandola con lo sguardo turchese ebbro e lievemente spento.

“Damon, ho bisogno che tu cerchi di reagire. Stefan se ne è andato, è vero. Ma io ho bisogno che tu rimanga lucido. Non posso tenere testa a Klaus, senza di te.”- soffiò la Gilbert, allontanandogli dalle mani gli alcolici e costringendolo a prestarle attenzione. Gli prese il volto fra le mani, sedendosi accanto a lui, e gli carezzò gli zigomi, sorridendo rassicurante.

“Ce l’avevo in pugno, Elena. Ero lì, con il paletto piantato nel suo petto. Solo poca pressione in più e lo avrei ucciso.”- sibilò fra i denti il ragazzo, incapace di celarle la propria frustrazione. Le sua voce tremò, sotto il peso dell’insicurezza.

Aveva perso l’occasione di essere il suo eroe, di darle una valida ragione per amarlo.

“Troveremo un altro modo, per ucciderlo. Abbiamo sempre Eva. Bonnie e Ric ci stanno lavorando, la troveremo.”- lo incoraggiò la Gilbert, corrugando le sopracciglia in uno sguardo deciso.

Damon trasalì.

Eva.

Parve tornare improvvisamente sobrio, al suono di quel nome.

Lo aveva dimenticato, aveva rimosso un particolare così importante!

“So chi è.”- soffiò, ritrovando, nella propria mente, l’immagine della ragazza.

Era stato Mickael a identificarla, per primo. Il Cacciatore aveva sempre saputo chi fosse e aveva mentito a tutti loro.

“Cosa?”- Elena spalancò gli occhi, colta di sorpresa.

“Eva. L’ho vista.”- il vampiro annuì con fermezza, ribadendole il concetto-“So chi è.”

Sotto lo sguardo interrogativo della ragazza che gli chiese come fosse possibile, come avesse fatto a riconoscerla, Damon rivisse il ricordo della propria sconfitta.

“Era all’Homecoming. È una degli amici dello stregone inglese. Ci hanno fregato.”- ringhiò, pieno di rabbia.

Ricordava perfettamente Evangeline.

L’aveva avuta sotto gli occhi per più di una settimana.

“Stai dicendo che Charles era …”

“Una talpa. E, guarda caso, dopo la festa sono scomparsi entrambi.”- mormorò amareggiato Damon, addossando le spalle allo schienale del divano, vittima della frustrazione.

“Mio Dio”- Elena lo imitò, con un velo di delusione negli occhi ambrati.

Il vampiro scomparve e riapparve con in mano due bicchieri ed una bottiglia di qualsiasi cosa fosse avanzata dalla sua riserva personale.

“Vuoi fare un brindisi?”- ghignò, mantenendo a stento un pieno controllo di sé-“Direi che ce lo meritiamo.”

 

 

 

***

 

 

 

Dorian Wolfskin fece ingresso nel grosso casolare, portando con sé un gran numero di buste, ricolme di prelibatezze.

Raggiunse l’ampia cucina e lì le adagiò, percependo il vociare della televisione nel salone.

Eva non doveva essersi ancora svegliata o la tensione, in quella casa, sarebbe stata palpabile.

Fece ingresso nel salone, salutando con un cenno del capo Tony e Mindy, ma poi s’irrigidì sul posto e trasalì.

Eva era lì.

Lo osservava con severità, le sopracciglia aggrottate e le labbra serrate, quasi si stesse trattenendo dal gridare di rabbia.

Il sangue le ribolliva nelle vene, era un suono fin troppo nitido, nelle orecchie dell’ex licantropo.

Lei, con le braccia incrociate al petto, avanzò verso di lui e gli passò accanto, dandogli una spallata e lasciandogli intendere di seguirla.

Il ragazzo, rassegnato, esaudì la sua richiesta, consapevole del fatto di essere davanti ad una resa dei conti.

“Come hai potuto!”

Lontana dagli occhi indiscreti dei suoi bisbetici sorveglianti, Eva non esitò a tirare fuori tutta la bile che le si era accumulata dentro.

Soffiò come un gatto, guardando con disprezzo il giovane davanti a sé.

Dorian abbassò lo sguardo, colpevole, e tacque.

“Ci hai sempre mentito! Ti sei fatto trasformare, non è così? Sei come loro!”- ringhiò lei, indicando con lo sguardo il salone- “Perché non me lo hai detto! Perché non me ne hai parlato!”

“Klaus ha spezzato la mia maledizione, Eva. Sono libero. Hai idea di quanto tempo abbiano impiegato i miei antenati, nella disperata ricerca di una soluzione che spezzasse l’anatema? Io ci sono riuscito, grazie a Klaus!”- abbaiò Wolfskin- “Ma tu e Charles non avreste capito. Parlarvene sarebbe stato come precludermi l’unica possibilità che avevo.”

“Dici di essere libero?”- mormorò tristemente la ragazza, con sguardo sprezzante- “Quindi è stata una tua scelta ridurre Charles in fin di vita.”

“Ci stava tradendo.”- tentò di giustificarsi l’ibrido, indietreggiando appena.

Fu vittima dei sensi di colpa e si sentì morire.

“È nostro amico!”

“Ci ha ingannato fin dall’inizio”- soffiò sempre meno convinto Dorian, spaventato dall’ira di Eva.

“Anche tu.”- sussurrò la ragazza.

“Charles, sta morendo.”- una lacrima rigò il viso di lei e mosse il cuore di lui, fino a provocarli una dolorosa fitta al petto.

“Avevo degli ordini da eseguire. Avevo l’ordine di uccidere. Ho lottato con tutto me stesso per non farlo, devi credermi.”- mormorò disperatamente Wolfskin- “Non volevo arrivare a tanto, ma Charles non mi ha lasciato alcuna scelta.”

Neppure Niklaus gli aveva concesso delle alternative.

“Mi dispiace così tanto, Eva.”- soffiò atterrito.

Cosa era diventato? Come aveva potuto?

Non riusciva a riconoscersi.

Non voleva credere di aver condannato a morte quello che considerava un fratello.

“Possiamo salvarlo, Dorian.”- proferì con maggiore discrezione la ragazza, avvicinandosi a lui- “Possiamo aiutare Charles. Ma ho bisogno di te.”

“Cosa … Cosa vuoi che faccia?”

Eva sospirò sommessamente, estraendo dalla manica della felpa che indossava il paletto di Niklaus, fortuitamente rinvenuto in un cassetto, nella stanza in cui si era risvegliata.

“Reagisci!”- lo pregò, prima di affondare il piolo nel suo stomaco.

Wolfskin ululò, piegandosi su se stesso, con il volto deformato da uno straziante dolore al ventre, mentre Eva affondava ancora di più l’arma.

Il ragazzo la afferrò per un polso, tentando di allontanarla e di estrarre il paletto, ma lei lo spinse verso i banconi della cucina, bloccandolo.

“Reagisci, Dorian!”- insistette la ragazza, sfilandogli il paletto dallo stomaco.

L’ibrido sussultò, sollevato, premendo con entrambe le mani sulla voragine dalla quale scaturiva, instancabile, un denso liquido cremisi.

“Che stai facendo!”- ruggì contro l’amica, con uno sguardo sconvolto negli occhi verdi.

Eva non rispose ed alzò il braccio, decisa ad affondare ancora una volta il piolo nella sua carne.

Aveva disperatamente bisogno di sangue vampiro o ibrido, per guarire le profonde ferite di Sinclair. Ed era praticamente certa, viste le condizioni in cui l’amico versava, che nessuno degli occupanti di quella casa le avrebbe dato volontariamente il proprio sangue, per salvare lo stregone.

Ma se il sangue fosse stato necessario per salvare lei?

A quel secondo tentativo di trapassarlo della giovane, la mano di Wolfskin bloccò il polso di Eva, prima che potesse trafiggergli ancora l’addome, e la costrinse a compiere una torsione, minacciandola di spezzarle il braccio.

Lei non se lo fece ripetere due volte.

Orientò l’arto nella direzione opposta a quella impostagli dalla presa di Dorian ed avvertì le proprie ossa frantumarsi, sotto la morsa d’acciaio dell’ibrido.

Un dolore atroce le esplose nel braccio, per poi diffondersi in tutto il corpo.

Impallidì vistosamente, gridando, e scivolò a terra in ginocchio, tenendosi l’arto fratturato fino alla spalla.

Chiuse gli occhi, mentre le lacrime le rigavano il viso, sotto lo sguardo confuso di Wolfskin che si chinò sui polpacci, allarmato.

Il paletto, pregno del sangue del ragazzo, ricadde a terra, mentre il braccio di Eva assumeva toni violacei e si gonfiava.

Ma ci era riuscita.

Il suo piano stava funzionando.

“Bloody Hell, che diavolo hai fatto!”- boccheggiò il ragazzo, incerto su come agire.

Tony e Mindy accorsero rapidi verso di loro e Dorian li fece allontanare, ruggendogli contro selvaggiamente.

Klaus lo avrebbe ucciso. Ne era praticamente certo.

Sollevò Eva e la prese fra le braccia, trasportandola celere nella sua stanza ed adagiandola con delicatezza sul letto.

Lei rantolò, arricciando le labbra, con il volto ormai verdastro, per il dolore.

“Non so cosa tu abbia in mente, ma appena starai meglio, ricordati che mi devi delle spiegazioni”- le sussurrò il ragazzo, con voce tremante, massaggiandosi il volto, nel vano tentativo di far scemare la tensione.

Sapeva che quello di Eva non era stato un incidente, lo sentiva fin dentro le viscere.

“Chiama Niklaus, raccontagli cosa è successo.”- mormorò lei, con voce flebile ed una luce vittoriosa negli occhi- “Avrò bisogno del suo sangue, per guarire.”

Perse i sensi.

Il suo risveglio, qualche ora dopo, fu accompagnato da un’atroce fitta al braccio che la costrinse a mordersi le labbra, nel tentativo di non lasciarsi sfuggire un gemito.

Si issò a fatica a sedere sul letto e colse i primi bagliori arancioni, segno che era ormai pomeriggio inoltrato. Scese dal letto, facendo attenzione a non muovere il braccio leso, e si guardò intorno.

Su un comodino, non poi così diverso da quello che aveva avuto nella villa dei Gray, trovò adagiato un calice di cristallo, riempito, per un quarto, di sangue.

Niklaus non si era sprecato.

L’esigua quantità di sangue presente nel bicchiere, le fece intendere che l’Originale aveva deciso di trattare con prudenza quell’incidente.

Probabilmente, Nik sospettava qualcosa.

Eva prese il recipiente e si bagnò le labbra con il sangue dell’ibrido, sperando che quelle poche gocce riuscissero a guarirla, comunque.

Poi, si alzò e, con in mano il calice, lasciò silenziosamente la propria stanza, decisa a non farsi scoprire.

Tornò davanti alla porta in noce, vicina alle scale, e vi entrò, pregando che le assi del pavimento non scricchiolassero, svelando la sua posizione.

“Charles?”- bisbigliò appena, guardando con apprensione la sagoma inerte dell’amico.

Quando non ricevette risposta, si allarmò.

“Charles, ti prego”

Sperò che non fosse troppo tardi.

“Eva?”- lo stregone tossì appena ed aprì gli occhi, ormai contornati da spesse occhiaie scure che contrastavano con il pallore della sua pelle ed il rosso scarlatto del sangue incrostato su di essa.

Lei si avvicinò con cautela, determinata ad andare fino in fondo.

“Ho bisogno che tu beva questo.”- gli mostrò il calice, guardandolo con decisione-“Ti aiuterà a guarire.”

“Ti sei procurata del sangue di vampiro“- constatò Sinclair, sforzandosi di mettere a fuoco la vista offuscata-“Cos’è successo al tuo braccio”- le domandò, deducendo, evidentemente, quanto accaduto.

“Non è nulla. Sta guarendo.”- sorrise lei, sviando strategicamente il discorso e riproponendogli il bicchiere.

“Immagino che Lui non sappia che il suo sangue non è destinato a te.”

“Abbiamo tutti dei segreti”- tagliò corto la ragazza, per poi inclinare lievemente il bicchiere, pronta ad aiutare l’amico ad assumerne il contenuto- “Ora prendilo, svelto.”

Charles la fermò, bloccandole il polso sano.

“Sai che lo ucciderò, non è vero?”

La mise alla prova, testò i suoi sentimenti. C’era ancora qualcosa che li legava o Klaus aveva strappato via ogni filo?

“So che mi ascolterai.”- ribatté con fermezza Eva, intenzionata ad ignorare la provocazione- “Ho bisogno che tu mi prometta che smetterai di ostacolare Nik. Non ti farà del male, se non lo provocherai. Ed io non voglio perderti.”

Lo pregò di assecondarla, di obbedirle.

“O non vuoi lasciare lui?”

Eva sussultò.

“Tu non capisci.”- sibilò, distogliendo lo sguardo.

Non avrebbe saputo rispondere a quella domanda, troppo diretta, troppo chiara, se paragonata al caos che regnava nella sua mente.

“Oh, io capisco eccome, Eva. So leggere le persone, so leggere te.”- Sinclair tentò di sorridere, ma fu costretto a tossire convulsamente, a causa delle ferite al petto.

La ragazza s’irrigidì appena.

Adagiò il calice sul comodino accanto al letto dello stregone e lo scrutò severamente, amareggiata e colpevole.

“Bevi quel sangue e allontanati da questo posto, più in fretta che puoi.”- sibilò, prima di allontanarsi verso la porta e lasciare la stanza.

“La verità fa male, non è così?”- latrò al vento Charles, per poi sprofondare nuovamente nella più drammatica e buia solitudine.

 

 

***

 

 

 

 

“Non riesco a crederci. Charles ci ha riempiti di menzogne. Mio Dio, ho passato venti minuti nella stessa stanza con Eva in carne e ossa!”

Bonnie guardò Elena, visibilmente scioccata.

Nella camera da letto della Gilbert, si abbandonò su una sedia, avvertendo le proprie gambe tremare, sotto il peso della sconfitta.

Si sentì tradita.

Credeva si sarebbe potuta fidare di quel giovane stregone, aveva sperato di trovare un possibile alleato ed un amico con cui condividere la magia, in lui.

Nascose il viso fra le mani, massaggiandosi le tempie per far scemare la tensione.

“Nessuno di noi poteva sospettare che ci stessero ingannando, Bonnie.”- la rassicurò Elena, sedendosi sul letto ed incastrando una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio.

Sapeva che l’amica avrebbe sofferto, a causa di quella scoperta.

Bonnie si sentiva responsabile. Era stata lei a presentare Charles al gruppo, lei lo aveva messo al corrente di ogni piano, lei aveva compromesso la riuscita dell’impresa.

“Avrei dovuto percepirlo. Avrei dovuto prevederlo e non ne sono stata capace.”- mormorò la strega, asciugandosi una piccola lacrima che le aveva tracciato una scia leggera su uno zigomo.

Si odiava, si sentiva impotente, inutile. E non poteva sopportarlo.

“Non puoi fartene una colpa.”- soffiò la Gilbert, accarezzandole bonariamente i capelli corvini, nel vano tentativo di acquietarla. Ma sapeva che nulla avrebbe fatto demordere Bonnie, se non un nuovo stratagemma per uccidere Klaus.

“Sono stata alla villetta dei Gray. Devono averla abbandonata durante la notte. Se ne sono andati.”- proseguì, sospirando rassegnata.

Era andata lì, in cerca di tracce e, con sua sorpresa, la signora Gray le aveva sorriso caldamente, sottolinenando più e più volte come, nella sua famiglia e in quella di suo marito, non ci fossero mai stati parenti di origine inglese.

I tre giovani che erano misteriosamente arrivati a Mystic Falls se ne erano andati, avvolti in un alone oscuro, come fantasmi.

Nessuno, in città, si ricordava di averli mai incontrati.

“E con loro, probabilmente, se ne è andata la nostra unica possibilità di uccidere Klaus.”- mugugnò con rabbia la Bennett, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.

“Ne usciremo.”- promise Elena, guardandola con decisione.
“Già.”-Bonnie sorrise amareggiata- “Ogni volta che risolviamo un problema, scivoliamo in qualcosa di ancora più grave.”- constatò.

“Ora, però, sappiamo che aspetto ha Eva. Beh, tu e Damon lo sapete.”- si strinse consapevolmente nelle spalle la doppleganger, cercando di mantenere una visione positiva della situazione.

“Ma Klaus saprà che la stiamo cercando.”- contestò la strega, sollevando gli occhi lucidi di risentimento e sconfitta sull’amica, mesta spettatrice della sua autocommiserazione.

“Più si impegnerà a nasconderla, più sarà facile, per noi, trovarla. Un solo passo falso e, in un modo o nell’altro, arriveremo a lei.”

Bonnie non riuscì a trattenere uno sbuffo di scherno.

Perché era l’unica a vedere Klaus per come era realmente? Un mostro spietato, troppo antico per poter essere distrutto.

L’ibrido non avrebbe permesso loro di avvicinarsi a Eva e nemmeno …

“Che mi dici di Charles?”- soffiò,consapevole del fatto che, nella caccia a Eva, anche Whitechapel si sarebbe opposto a loro.

Non riusciva a vedere alcun barlume di salvezza, in quel pozzo oscuro in cui Klaus li aveva fatti scivolare.

“Se tiene a se stesso, sarà meglio che non rimetta piede qui in città. Damon non ha preso bene il suo tradimento.”

 

 

 

***

 

 

Eva sfiorò appena il braccio dolorante, constatando quanto il processo di guarigione fosse lento, avendo assunto una così esigua quantità di sangue.

Si augurò che Charles avesse ormai recuperato tutte le forze.

Avvertì, dal salone, il tono grave della voce di Niklaus e sentì il proprio cuore scalpitarle furioso nel petto.

Senza più alcun timore, irruppe nella sala, incedendo con ampie falcate, ben attenta a non mostrare le condizioni ancora piuttosto gravi del proprio braccio.

I sorrisi accondiscendenti sui volti di Tony e Mindy, intenti a lusingare oltre ogni dire il proprio Sire, si incrinarono vistosamente, sotto lo sguardo severo della ragazza.

I due asserviti rivolsero un’occhiata incerta a Klaus che, pur non voltandosi, identificò chiaramente la sagoma che aveva messo piede nel salone. Congedò i propri alleati con un sorriso cordiale e socchiuse gli occhi, percependo la rabbia di Eva, avvertendone le vibrazioni.

“Buongiorno, sweetheart. Ti sei fatta attendere.”

Un sorriso lascivo si dipinse sulle labbra dell’Originale che congiunse le mani ed avanzò con passi cadenzati verso di lei.

La scrutò con attenzione, lieto di vederla nuovamente in forze. Ma gli ultimi avvenimenti lo costringevano ad assumere un atteggiamento tutt’altro che amabile.

Lei serrò la mandibola, sdegnata dall’indifferenza che traspariva dalla sua voce. Si rammaricò di ritrovarsi davanti all’oscura creatura che, alle volte, dominava l’animo dell’affascinante giovane uomo che le aveva fatto da cavaliere, due giorni prima.

Non aveva a che fare con il solito Niklaus. Dunque, non sarebbe stata la solita Eva.
“Che diavolo hai fatto!”- ruggì, tremando d‘ira.

Lui le aveva rubato altri due giorni di vita, senza concederle la possibilità di realizzare quanto fosse accaduto.

L’uomo che aveva popolato per quasi un secolo i suoi incubi era morto, concedendole, finalmente, di condurre un’esistenza eterna e tranquilla.

Con il Cacciatore, era morto anche il segreto di Eva.

Niklaus rise appena, godendo del suo sconcerto.

“Ti ho salvato la vita. Ed ignorerò questa tua sfuriata, per il semplice fatto che mi hai già ringraziato, due sere fa.”- sogghignò l’ibrido, carezzandole il viso con le dita, per poi indugiare con il pollice su quelle labbra che lo avevano sfiorato con dolcezza, lasciando, sulle sue, l’agrodolce sapore del perdono.

Bella e sfuggente, Eva si ritrasse, per poi sferrargli un poderoso schiaffo in pieno volto, fuori di sé.

“Sta cominciando a diventare un’abitudine.”- mormorò sovrappensiero Nik, massaggiandosi la guancia lesa, compiaciuto della prontezza di riflessi della ragazza.

“Mi fidavo di te!”- sputò Eva, con indignazione.

“E mi è lecito sapere cosa ti abbia fatto cambiare idea?”- sorrise leggero l’Originale, deciso a tollerare tutta quella comprensibile ostilità.

Assorbì tutto il suo odio e se ne nutrì, come se fosse il sangue dal gusto più dolce e prelibato che avesse mai avuto il piacere di assaporare.

“Ti sei preso gioco di me, Niklaus, non osare negarlo.”- sibilò lei fra i denti, con gli occhi blu accesi di risentimento.

Ogni sua parola sembrava scivolare sulla pelle dell’Originale e dissolversi, come una goccia d’acqua a contatto con una rovente superficie di diabolica arroganza.

“Al contrario, sono il solo ad averti presa sul serio. Non ti ho mai mentito, Eva.”- sottolineò l’ibrido, scandendo con cura ogni singola parola. Accompagnò quella puntualizzazione con un elegante gesto della mano che sferzò ripetutamente l’aria e sfiorò involontariamente i capelli della giovane.

Lei distolse lo sguardo, ben poco convinta.

“Guardami negli occhi, Eva.”- sussurrò con voce roca, provocandole un fremito-“Guarda i miei occhi.”

“Non puoi soggiogarmi.”- si sbrigò a sottolineare la ragazza, guardandolo con disprezzo.

“Forse è quello che dovrei fare. Renderebbe le cose infinitamente più semplici.”- Niklaus rabbrividì alle sue stesse parole- “Potrei persino chiederti di amarmi e credere ad ogni mia parola.”

Rimase inorridito da ciò che aveva detto, avvertì le proprie dita fremere dalla voglia di strapparsi il cuore dal petto.

Si odiò. Ma il mostro annidato nel suo petto gli impose di mantenere intatto il sorriso ironico sulle sue labbra.

“Ma sarebbe una bugia.”- soffiò lei, spaventata.

“So accontentarmi.”

L’ibrido le strizzò un occhio, per poi far schioccare la lingua e ridere del suo sguardo indignato.

“Allora, fallo. Completa il quadro e finisci di distruggere la mia vita, ancora una volta.”- lo provocò Eva, con la voce arrochita dalla rabbia. Sussurrò quella sfida al suo orecchio destro, poi lo allontanò con uno spintone, dimenticandosi di avere un braccio leso, e dovette digrignare i denti, per non farsi sfuggire un gemito di dolore.

“Ecco”- Klaus abbassò lo sguardo consapevole-“immaginavo che saremmo arrivati a questo.”- il suo sguardo si accese, accogliendo la sfida-“Permettimi di chiarirti la situazione, ti va?”

La afferrò malamente per il braccio buono, attirandola a sé e costringendola a voltarsi.

“Il tuo stregone ha eseguito un abile doppiogioco, nelle ultime settimane. Davvero subdolo, è arrivato ad allearsi con Mikael e i fratelli Salvatore, pur di uccidermi.

La sua impulsività mi affascinava, fino all’ultimo mi sono chiesto dove si sarebbe spinto. A causa sua, hai rischiato di morire, più di una volta.”- le sibilò nell’orecchio, carezzandole il collo con il proprio respiro.

La verità, pronunciata da Nik, assumeva tinte più oscure.

Per un attimo, Eva odiò Charles.

“E, immagino, tu ti stia chiedendo perché mai il licantropo non si sia trasformato, la scorsa notte.”- proseguì l’Originale, con un tono di voce ancor più alterato-“Un particolare del genere non può esserti certo sfuggito.”- latrò divertito-“E’ un ibrido, ora.”

“Hai agito alle mie spalle!”- ruggì lei, divincolandosi dalla sua presa ed indietreggiando di qualche passo.

“Non io. Dorian.”-ringhiò Niklaus, stanco di essere l’unico mostro da biasimare-“Lui è venuto da me, lui ha chiesto di essere trasformato e sempre lui mi ha pregato di non rivelare né a te né allo stregone questo irrisorio particolare.”

Colse lo stupore negli occhi blu di Eva, l’orrore, l’amara consapevolezza del tradimento.

“Io non ti ho mentito.”- le sussurrò con decisione, levandosi di dosso la pesante maschera diabolica dal volto-“Mai.”- proseguì, per poi riaccostare la propria mano al viso teso di lei, cercando, in quella pelle tiepida, un po’ della propria umanità.

Lei ne era la gelosa custode.

“Hai ridotto Charles in fin di vita.”- la voce della giovane si spezzò in un sussulto, rabbrividendo, a quel contatto.

“È stato il vostro amico.”

“Ha eseguito un tuo comando.”- ribatté la ragazza, scrutandolo severamente.
“Avevo ordinato di fermare chiunque tentasse di fuggire o di opporsi. Non potevo sapere che Sinclair mi stesse pugnalando alle spalle.”

Sprezzante, un sorriso mefistofelico piegò nuovamente le labbra dell’Originale.

“Ma lo avevi previsto.”

“Sono un buono stratega. Vuoi farmene una colpa?”- si strinse leggermente nelle spalle Klaus, con gli occhi azzurri, brillanti d’astuzia.

“Avevi ragione, Charles ha mentito a tutti noi. Ma ora è finita.”

“No, fino a quando il suo cuore continuerà a battere.”

“Ha sbagliato, è vero, ma non merita di morire, per questo.”-lo pregò di darle ascolto, imponendosi con risolutezza su di lui.

“Con lui, morirebbe anche il tuo segreto e saresti libera, una volta per tutte.”- soffiò l’ibrido, lascivo. La tentò, seducendo il lato oscuro della sua mente.
“Non ti consento di lasciarlo morire.”- insistette Eva, determinata a non cedergli.

Riuscì a liberarsi dalla coltre di tenebre che le parole di Klaus avevano portato con sé.
“Non sto chiedendo il tuo permesso.”

“Allora, non avresti dovuto rivelarmi le tue intenzioni.”- lo rimproverò con lo sguardo Eva, intenzionata a non demordere e a far valere la propria eternità.

“Credevo volessi la mia più totale sincerità.”- ghignò provocatorio Niklaus, apparentemente non colpito dall’opposizione della splendida donna che lo scrutava ripugnata.

“Sei un mostro.”- lo disprezzò Eva, arricciando le labbra, amareggiata.

“E lo sarò, finché sarai tu a vedermi così.”

 

 

 

***

Eva abbandonò la camera da letto in cui si era rifugiata, nel vano tentativo di scrollarsi di dosso la tensione che lo scontro verbale con Niklaus le aveva provocato.

Si sentiva stremata. Massaggiò il braccio, ancora dolorante, e percepì che le ossa dell’articolazione della spalla si erano riassestate. L’avambraccio, però, era ancora fortemente leso e la costrinse ad emettere un mugolio strozzato.

Era stata tradita da ognuna delle persone più importanti della sua vita.

Paradossalmente, la morte del Cacciatore sembrava averla richiusa in una prigione di menzogne da cui lei, però, era intenzionata ad evadere.

Non avrebbe più temuto nessuno come aveva temuto Mikael. Non avrebbe più provato quell’insopportabile sensazione d’impotenza e paura, davanti a qualcuno.

Avrebbe rimesso ordine nella propria vita, passo dopo passo, recuperandone i frammenti, per creare una nuova composizione.

Si sarebbe assicurata che Niklaus non uccidesse Charles, poi avrebbe provveduto a far sì che Sinclair non cercasse di eliminare l’Originale.

Voleva che le sue volontà fossero seriamente prese in considerazione. Se lei desiderava che entrambi sopravvivessero, nessuno dei due sarebbe morto per mano dell’altro.

Chiaro.

La vecchia Eva, determinata e caparbia, era ufficialmente tornata.

Lasciò nuovamente la propria camera e si fermò davanti alla porta in noce, che custodiva il corpo semicosciente dello stregone. Si sporse oltre la soglia e riuscì a scorgere il bicchiere sul comodino. Era stato vuotato da poco del sangue che conteneva. Piccole gocce scarlatte rigarono il cristallo, per poi ricongiungersi sul fondo del calice.

Si accertò del respiro di Sinclair, ma, quando percepì dei passi lungo le scale, fu costretta a lasciare rapidamente la stanza, per non essere scoperta.

Raggiunse il piano inferiore, intenzionata a creare un diversivo, per permettere allo stregone la fuga.

“Possiamo parlare?”

Bussò con il braccio sano contro lo stipite della porta del salone, quando scorse Klaus, placidamente seduto su una poltrona chesterfield, con in mano un buon bicchiere di vino ed un libro dalla copertina piuttosto consunta, su una gamba accavallata.

“Se non ti incuto troppo timore”- mormorò distrattamente l’ibrido, senza distogliere lo sguardo dalla sua antica lettura.

Sembrava essersi decisamente acquietato, ma il tono di voce asettico sottolineava quanto ancora fosse turbato dal loro ultimo incontro.

“Ho pensato a quello che hai detto”-Eva avanzò con cautela nella stanza, accarezzando il divano, gemello della poltrona su cui l’Originale sedeva- “Hai ragione, tu non mi hai mai mentito.”

Addolcì il tono, tentò di sorridere, sotto lo sguardo indifferente dell’ibrido che richiuse svogliatamente il libro che aveva fra le mani e sospirò.

“Se è il tuo modo di chiedermi scusa, ti suggerisco vivamente di cominciare con le parole Perdonami, Nik.”- ghignò sardonico, nel tentativo di capire se il suo risentimento fosse sincero o se si trattasse di un subdolo stratagemma- “Ma sei libera di aggiungere il tuo tocco personale.”- e, con un gesto disinteressato della mano, la invitò a prendere la parola.

“Smetti di comportarti così.”- sbottò lei, irrigidendosi sul posto.

“Così come un mostro?”-sorrise ingenuamente lui, allargando le braccia-“Mi dispiace deluderti, ma l’hai voluto tu.”

“Non l’ho mai chiesto.”- replicò Eva, affatto intimidita dalla sua ostilità.

Nik si sentiva tradito.

Quello era il suo modo di dimostrarlo.

“Allora, avresti dovuto darmi fiducia, quando ne avevo bisogno.”- sibilò il ragazzo, per poi congiungere le mani ed assumere un’espressione spaventosamente pacata-“Siamo entrambi delusi. Un vero peccato.”

“L’ultima volta che ho provato a fidarmi di te, mi hai stordita con del cloroformio e messa fuori gioco per più di un giorno.”- sottolineò la giovane, stanca di essere accusata.

Ora era lui la vittima?

“Nessuno è perfetto.”- si giustificò senza troppe cerimonie lui, per poi alzarsi dalla poltrona e raggiungerla, in meno di un secondo.

Le fu così vicino che, ne era certo, lei avrebbe indietreggiato. Ma Eva non demorse. Rimase immobile, costringendo Klaus a compiere un breve passo indietro, per non finirle addosso.

“Stammi a sentire.”- gli intimò risoluta, inchiodandolo con lo sguardo- “Vuoi la mia fiducia? Allora, dammi la tua.

Hai la mia parola che Charles non sarà più una minaccia. Non è necessario che tu lo uccida. Possiamo raggiungere un compromesso.”- le parole le morirono fra le labbra.

Sperò che Sinclair fosse già lontano, che fosse fuggito, come lei gli aveva chiesto.

“Hai tutta la mia attenzione.”

L’Originale sembrò compiacersi di quella tenuta di posizione e la scrutò con interesse, ammaliato dalla forza che lei emanava.

Riconobbe, nei suoi occhi blu, l‘antica luce che tanto lo aveva affascinato, fino a farlo innamorare.

“Fa dimenticare Charles di me. Cancella ogni traccia della mia esistenza dalla sua mente, liberalo dalla mia maledizione. Merita di vivere una vita normale.

Non sarà più una minaccia.”- tentò di persuaderlo, sperando che quella proposta lo convincesse.

“Mi chiedi di graziare un traditore.”

“Ti chiedo un favore personale. Me lo devi.”

Nik sorrise ammirato e si umettò le labbra, pieno d’orgoglio per la sua adorabile avversaria.

“Abbiamo un accordo?”- tese la mano destra, intenzionato a suggellare quel patto con una formale stretta di mano.

Eva trasalì. Il braccio le doleva ancora spaventosamente. Tentò di dargli la sinistra, sperando che fosse lui a cambiare.

“L’altra mano, sweetheart.”- sorrise astuto Klaus, prima di prenderle delicatamente l’arto. La stretta, dapprima leggera, divenne man mano più forte, fino a quando Eva non fu costretta a gemere di dolore, tradendosi. “Dovrebbe essere già guarito.”- costatò l’Originale, carezzandole il dorso, meditabondo.

Il suo sguardo s’illuminò d’ira.

“Mi chiedo cosa ti abbia spinta a pugnalare un così caro amico come Dorian.”- domandò, prima di liberarla dalla sua presa.

“Ha quasi ucciso Charles.”- tentò la ragazza, mordendosi nervosamente l’interno delle guance.

“Non è abbastanza.”

“E’ la verità!”- insistette lei, rimproverandosi di non esser parsa abbastanza convincente.

“Non hai trovato il coraggio di pugnalare me, figuriamoci lui.”- latrò amareggiato lui, fulminandola con gli occhi- “Cosa ne hai fatto di tutto il sangue che ti ho dato?”

“Ho rovesciato il bicchiere”- soffiò velocemente la giovane, deglutendo a fatica.

Non le credeva, non si fidava.

“No che non l’hai fatto.”- rise consapevole l’ibrido, con un barlume d’euforia negli occhi.

Si slanciò con foga verso le scale, certo di sapere dove si trovasse il proprio sangue.

Sarebbe stato ben più che disposto a strapparlo dalle viscere di Sinclair, per riaverlo. Ringhiò furioso, ormai consapevole del tradimento di Eva.

Come aveva potuto?

Lui si era fidato della giovane, aveva faticosamente cercato il suo perdono e lottato contro la sua stessa natura, pur di riavere, con lei, il legame di un tempo.

Ed Eva aveva avuto l’ardire di ingannarlo.

“Nik, aspetta!”- la ragazza lo seguì, visibilmente allarmata.

Raggiunsero le scale e, lì, Klaus si arrestò, serrando una mano alla ringhiera ed uncinando nel legno le unghie, mentre le zanne, desiderose di affiorare, pungevano le sue gengive.

“Charles”- sussurrò l’umana, spiazzata. Sperava fosse ormai lontano.

“Avrei dovuto prevederlo.”- latrò Niklaus, rivolgendo un’occhiata torva alla ragazza dietro di sé.

Tornò a guardare lo stregone in cima alle scale, con un sorriso minaccioso sul bel volto squadrato.

“Per mia fortuna, non l’hai fatto.”- replicò insolitamente pacato il ragazzo, socchiudendo appena gli occhi ed accennando un tiepido sorriso beffardo.

Klaus fece schioccare la lingua ed abbassò lo sguardo, annuendo consapevole.

“Beh”- sorrise, sfregandosi le mani e scoprendo i denti in un ghigno malsano- “Dal momento che sei qui, tanto vale che io onori il patto stretto con Eva.”- sorrise, sfidando con lo sguardo la ragazza che si irrigidì, tesa-“Guardami negli occhi, amico mio. Da bravo, rendimi le cose più facili.”

Klaus avanzò verso Charles, salendo lentamente i gradini, mentre la sua voce arrochita scivolava leggera e ammaliante, fino alle orecchie dello stregone che si scosse appena, risvegliandosi dal breve senso di torpore che le parole dell’ibrido gli avevano provocato.

“No!”- ringhiò Sinclair, per poi protendere un braccio verso l’Originale ed intonare una nenia antica quanto l’ibrido, sconvolgendo la mente di Niklaus fino a costringerlo ad aggrapparsi al corrimano, per non cadere.

L‘ibrido sbarrò gli occhi ocra, ruggendo furibondo, per poi stringere le mani intorno alla testa, pregando che quel supplizio terminasse presto.

Assistette impotente alla discesa di Sinclair dalle scale e fu costretto ad accasciarsi su un gradino, stordito dalle grida degli spiriti che riecheggiavano nella sua testa, a causa dell‘incantesimo dello stregone.

Quando Dorian, Tony e Mindy accorsero, ad un nuovo ululato straziato di Klaus, Charles sconvolse le loro menti con lo stesso incantesimo, proiettandoli a terra e vincolandoli al pavimento.

Ma dovette interrompere presto la sua nenia, fin troppo affaticato da tutto quell’impiego di energie.

“La prossima volta che ci incontreremo, uno di noi due cadrà per mano dell’altro.”- sibilò all’Originale, liberando i suoi alleati dal tormento, per poi prendere un lungo respiro, evidentemente provato da tutto quello sforzo.

Non era ancora guarito completamente. Non era abbastanza forte da poterli ostacolare tutti, ancora.

“Charles!”- Eva lo chiamò spaventata, cogliendo le intenzioni degli ibridi che, ancora stremati, stavano tentando di rimettersi in piedi, per attaccarlo.

“Rimetterò ogni cosa a posto.”- le garantì il ragazzo, prima di allontanarsi nel buio di una notte ormai inoltrata- “Lo prometto.”

Dorian fu il primo a riassestarsi in piedi, seguito da Klaus.

Quando Wolfskin fece per slanciarsi oltre la porta, deciso ad inseguire Charles, il tono grave e stremato del suo Sire lo costrinse a fermarsi.

“Lasciatelo andare! Che se ne vada!”- ringhiò l’Originale, barcollando leggermente, per poi riprendere il totale controllo di sé-“Non saremo noi ad ucciderlo.”- sorrise appena, accertandosi che nessuno dei suoi protetti fosse rimasto eccessivamente leso da quell’affronto magico.

I suoi occhi brillarono furiosi, sfumando nuovamente verso un azzurro chiaro ed intenso, per poi guardare Eva, con gelida approvazione.

Era riuscita nel suo intento e non sapeva quanto imprudente fosse stata.

“Che vuoi dire”- soffiò lei, aggrottando la fronte, spiazzata.

Cosa le era sfuggito?

“Cosa voglio dire?”- rise Klaus, facendosi sempre più vicino-“Damon Salvatore ti ha riconosciuta, all’Homecoming. Sa chi sei. E sa che lo stregone è coinvolto. Se lo troverà prima di me, gli strapperà ogni informazione su di te e lo ucciderà.”- le sussurrò suadente, per poi ghignare soddisfatto-“Credi ancora che tradirmi e ingannarmi sia stato un buon piano? Lo hai condannato a morte.”- sentenziò lapidario.

“Tu lo avresti ucciso.”- si giustificò Eva, prendendo seriamente in considerazione le parole di Nik.

Aveva davvero messo Charles in un pericolo ancora più grave?

“So riconoscere il valore dei miei avversari ed ho rispetto per loro.”- protestò l’ibrido, ferito nel proprio orgoglio e stanco della luce mostruosa in cui lei continuava a vederlo-“Ma adesso, non mi lasci altra scelta. Dovrò eliminarlo.”

Eva rabbrividì, negando con il capo, decisa a non accettare quella possibilità.

“Allora, uccidiamo i Salvatore!”- propose, guardando con determinazione l’Originale davanti a sé, nella vana speranza di ottenere il suo appoggio.

Klaus schiuse le labbra, stupito.

Osservò la ragazza per qualche istante, colpito da tanta tenacia e dalla nonchalance con cui parlava di porre fine alla vita dei due vampiri.

“Credi non ci abbia pensato, Eva? Non mi è permesso. Questo gioco ha delle regole prestabilite ed ora sono costretto a sottostarvi.”- ribatté lui, prontamente.

Ripensò alla telefonata ricevuta e allo sconvolgimento che quest’ultima gli aveva portato. Non poteva permettersi mosse azzardate, non con il rischio di perdere quanto di più caro aveva.

“Regole?”
“Stefan Salvatore mi ha preso qualcosa a cui tengo davvero molto. Mi ha in pugno. Non posso concedermi il lusso di agire d’istinto, non fino a quando non riavrò ciò che mi è stato rubato.”- sibilò Nik, trattenendosi dal ruggire di rabbia.

Non sembrava avere alcuna via d’uscita. Avrebbe dovuto assecondare Stefan, fino a quando non avesse trovato qualcos’altro con cui rispondere a quell’oltraggioso affronto.

“Cos’è? Cosa ti ha rubato?”- chiese Eva, perplessa.

Ne era totalmente all’oscuro e così sarebbe stato, anche in futuro.

La giovane non era ancora pronta a prendere posto negli affari di famiglia.

“Questa conversazione si esaurisce qui.”- sibilò asettico l’ibrido, prima di darle le spalle ed allontanarsi, raggiungendo la porta di un ampio studio e richiudendola malamente dietro di sé.

Aveva bisogno di riflettere, di pianificare la sua prossima mossa. E di smettere di cedere a Lei.

“Niklaus, non puoi più tenermi fuori da questa storia. Ne faccio parte, ormai!”- protestò Eva, senza ricevere alcuna risposta.

Amareggiata, serrò le labbra, determinata a salvaguardare la propria salvezza e l’incolumità dello stregone.

“Se non lo farai tu, mi occuperò io dei Salvatore.”- mormorò, certa che, seppur lontano, Nik avesse potuto sentirla.

 

 

***

 

 

Bonnie sospirò, uscendo dal Mystic Grill.

Neppure quella serata, organizzata da Elena e Caroline, per rallegrare gli spiriti abbattuti ed esausti dopo gli ultimi avvenimenti, era riuscita a farla sentire meglio. O, almeno, meno peggio.

Aveva lasciato le sue amiche in compagnia di Matt, decidendo di tornare a crogiolarsi nell’autocommiserazione e di affogare tutti quei pensieri con un bagno caldo ed una sana dormita.

Non sarebbe andata a scuola, l’indomani.

Avanzò lungo le strade debolmente illuminate della cittadina, troppo presa dalle proprie congetture, per accorgersi che qualcuno la stava seguendo.

Un’ombra silenziosa accelerò il passo, seguendo la Bennett fino alla soglia di casa.

Agì, prima che varcasse la soglia.

La attirò a sé, bloccandole le braccia i fianchi in una ferrea stretta, per poi passarle una mano davanti alla bocca ed impedirle di gridare e chiedere aiuto.

L’ombra lasciò la città, trascinando con sé la chiave di volta della fauna magica di Mystic Falls.

 

 

 

B- Caverna:

Ce l’ho fatta!

Sono in ritardo ( sai che novità), ma di un solo giorno! ( faccio progressi!)

Non ho molto da aggiungere su questo capitolo, in effetti.

Klaus è lunatico e tendenzialmente bipolare, ma questo lo sapevamo già, no?

Ecco perché la telefonata di Stefan e la scoperta della scomparsa delle bare lo ha fatto andare fuori di testa. E chi ci rimette?

Eva, ovvio!

La quale, però, sta cominciando a riprendere un po’ di carattere, non vi pare?

Dunque! Klaus vuole uccidere Charles, Charles vuole uccidere Klaus, Eva vuole che rimangano entrambi in vita.

Fin qui, niente di nuovo.

Ma, ora, anche Damon vuole uccidere Charles, mentre Eva vuole uccidere Damon e Stefan.

E, allora, perché qualcuno ha rapito Bonnie? E chi è stato?

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia intrigati almeno un pochino, sweethearts.

Non mi resta che ringraziare tutti voi che leggete, recensite, preferite, ricordate e seguite questa storia!

Un saluto particolare va a Esmeralda91 che, anche se mi dice che non devo, io ringrazio di cuore per il sostegno che mi da con le sue recensioni!

Detto ciò, vi invito a lasciare un commentino, se vi va, tanto per farmi sapere che ci siete!:3

Grazie davvero,

Biondich!

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Capitolo 15
*** Watch your world burn ***


 

 

 

Watch your world burn

 

 

 

 

“Perché quel muso lungo?”

Il profumo di fiori che avvolgeva la graziosa figura di Caroline raggiunse le narici di Elena che, ancora prima che la Forbes proferisse parola, riconobbe l’amica.

La mora sistemò meglio lo zaino sulla spalla e rallentò il suo incedere, così che la bionda potesse raggiungerla. L’ultimo rintocco della campanella segnò definitivamente la fine di quella nuova giornata scolastica e ufficializzò la libertà degli studenti.

“Sono preoccupata per Bonnie.”- confessò la doppelganger, causando uno sbuffo contrariato della vampira, decisamente meno in ansia, per la Bennett.

“Sapevi che non sarebbe venuta a scuola. Ce lo ha detto ieri sera.”- Care aggrottò la fronte, percependo l’apprensione della ragazza ed allarmandosi leggermente.

Salutò con un sorriso ed un cenno della mano Matt, per poi deviare il percorso di Elena, prendendola sottobraccio, e trascinarla lontano dal mare di studenti nel cortile del liceo.

“È stato un periodo difficile per lei. Troppo stress, troppe pressioni.”- proseguì l‘altra, incastrando una ciocca di capelli dietro un orecchio, con un opprimente nodo alla gola ed un orribile senso di colpa.

Lo sconforto in cui Bonnie era scivolata era causa sua, in parte. Ed Elena non poteva far altro che guardare l’amica biasimarsi per un fallimento di cui lei non era che la responsabile.

“Niente che un po’ di cucina cinese non possa guarire. Potremmo prendere qualcosa da portar via e passare da lei, che ne dici?”- trillò la Forbes, dandole un buffetto, per ridestarla dai pensieri che l’avevano fagocitata.

La mora sorrise appena, guardando orgogliosamente la vampira.

“Che senza di te, Caroline, nessuno di noi sarebbe in grado di rialzarsi e ricominciare a combattere.”

“Tenetemi stretta, ragazzi, sono più unica che rara!”- esultò Caroline, trascinando l’altra in direzione di un ristorante cinese, decisa a far riemergere ognuno dei suoi cari dall’oscurità in cui erano stati risucchiati.

Raggiunsero l’ingresso della villetta dei Bennett mezz’ora dopo, con due buste ben rifornite di cibo e tutte le intenzioni di condividerlo con la loro strega preferita.

“Non c’è nessuno?”

Caroline arricciò il naso, suonando ancora una volta il campanello, mentre Elena si affacciava alle finestre, cercando di cogliere qualche movimento all’interno dell’abitazione.

“È strano.”- la Gilbert si impose la calma, mentre un pessimo presentimento si faceva spazio in lei.

“Sarà uscita. Probabilmente è andata al Grill.”- ipotizzò la Forbes, per poi prendere il cellulare e digitare il suo numero di telefono-“La chiamo.”

La suoneria di un cellulare catturò la loro attenzione ed entrambe trasalirono.

Un display si accese, rivelando la sua posizione, seminascosto dalle piante, vicino alla veranda.

“È il suo telefono”- Elena prese fra le mani l’apparecchio, notando delle incrinature sullo schermo. Spalancò gli occhi, quando trovò anche le sue chiavi di casa, poco lontane-“E quelle sono le chiavi! Oh Dio, l’hanno presa, qualcuno l’ha portata via!”- sussurrò inorridita.

La vampira apparve rapida accanto a lei, chinandosi sui polpacci e cercando, fra l’erba, eventuali indizi.

“Potrebbe aver deciso di svuotare la borsa sulla veranda, non essere così catastrofica …”- bofonchiò, ricorrendo al suo ottimismo. Ma poi tacque improvvisamente, schiudendo le labbra-“C’è del sangue.”

“Oh no.”

Elena si sporse, terrorizzata all’idea che potesse appartenesse alla Bennett.

“Non è di Bonnie, fidati.”- Care ne era certa-“E’ del rapitore.”

“Devo chiamare Damon.”- soffiò l’umana, afferrando con mani tremanti il proprio cellulare e digitando frettolosamente il numero di telefono del vampiro, guardandosi intorno frustrata.

Non avrebbe dovuto lasciare che Bonnie tornasse a casa da sola, la notte precedente. Si sentì nuovamente responsabile.

“Mhsi?”- Damon rimase sorpreso da quella chiamata.

“Bonnie è scomparsa, qualcuno l’ha portata via”- lo assalì la Gilbert, senza prendere fiato.

Dirlo ad alta voce la fece rabbrividire. Era la realtà dei fatti e non poteva essere più spaventosa.

“Rilassati.”- mugugnò il vampiro, evidentemente poco sobrio-“Come puoi esserne certa?”- biascicò, massaggiandosi le tempie, stordite dalla voce acuta e agitata di Elena.

“La casa è vuota, il cellulare e le chiavi sono sulla veranda. Damon, è stata rapita!”- ringhiò spazientita la mora, sotto lo sguardo allertato di Caroline, intenta a cercare, nell’aria, tracce dell’amica.

“Klaus”- sibilò fra i denti il maggiore dei Salvatore-“Forse sa che lei conosce l’identità Eva. Probabilmente, starà eliminando ogni traccia di lei.”

La doppelganger sussultò, inquieta.

“Vuoi dire che …?”
“No che non voglio, Elena! È solo una teoria.”-sbraitò spazientito il vampiro- “ Anche perché il prossimo, se fosse vero, dovrei essere io. Resta lì, sarò da te fra poco.”

 

 

***

 

 

 

Il ronzio continuo del motore della Mustang rossa che percorreva a gran velocità le autostrade americane ormai da ore fu interrotto da un confuso lamento, proveniente dal posto accanto al guidatore.

Charles Sinclair rallentò appena, stringendo maggiormente la presa sul volante della sua preziosa automobile, fortuitamente ritrovata abbandonata in un parcheggio poco fuori da Mystic Falls.

Bonnie aprì lentamente gli occhi, combattendo contro il torpore che le avvolgeva gli arti.

La confusione nella sua mente fu tale da costringerla ad impiegare ogni sua energia, per poterla combattere.

I suoi occhi scuri, ancora offuscati, intravidero una strada, le sue orecchie percepirono della musica ed il rumore del motore in sottofondo.

“Non muoverti troppo velocemente. Rischi un calo di pressione.”

Sussultò, voltando la testa, per poi addossarsi allo sportello, nel disperato tentativo di creare maggiore distanza possibile fra lei e il guidatore.

“Tu?!”- rantolò, riprendendo finalmente il pieno controllo di sé.

Spalancò gli occhi e schiuse le labbra, intimorita.

Era stato Charles a trascinarla via, la sera precedente.

Lo stregone non sembrò particolarmente toccato da quella reazione di sconcerto e continuò a guardare la strada, con fin troppa nonchalance.

“Credimi, non ha fatto piacere neanche a me tornare in città.”- le disse, senza alcuna particolare variazione di tono o espressione-“Mi serve una mano, Bonnie.”

La Bennett ritrasse il mento, stizzita.

“Con che coraggio osi anche solo parlarmi!”- abbaiò, fuori di sé-“Mio Dio, ci hai ingannati e mi hai rapita!”

Charles roteò gli occhi, quasi annoiato da quella tiritera. Nonostante fosse preparato psicologicamente a quella reazione, la trovò incredibilmente irritante.

“Credimi, non è come sembra.”- le disse con decisione, guardandola con fermezza negli occhi scuri e pieni di interrogativi.

Aveva paura, glielo leggeva chiaramente nel viso dai lineamenti contratti.

“Sei con Klaus.”- mormorò Bonnie, decisamente restia a dargli credito-

“Perché ti ha detto di portarmi via? Cos’ha in mente? Dove mi stai portando!”

Lo stregone serrò la mandibola, per poi raggiungere una piazzola di sosta ed accostare, lasciando il motore acceso.

“Voglio ucciderlo, Bonnie. Siamo tutto fuorché alleati.”- puntualizzò, evidentemente disgustato all’idea che il proprio nome fosse accostato a quello dell’ibrido- “Klaus ha fatto in modo che credeste che me ne fossi andato con lui. Voleva che non vi fidaste più di me e ci è riuscito. Non avevo altro modo, per parlare con te, se non quello di portati lontano da Mystic Falls. So di non essere più il benvenuto, in città.”

La Bennett schiuse le labbra, metabolizzando le informazioni che il ragazzo le aveva fornito.

Era sincero?

Il suo metro di giudizio era stato intaccato, negli ultimi tempi. Non era certa di poter valutare correttamente le sue parole.

“So la verità, so di Eva.”- sibilò spazientita, intenzionata a metterlo alla prova e a testare la sua reazione-“Perché la stai proteggendo? È lei la chiave per distruggere Klaus!”

Charles spalancò leggermente gli occhi, evidentemente colto di sorpresa.

“È una situazione delicata.”- soffiò, irrigidendosi.

Qualcosa era evidentemente sfuggito al suo controllo, dalla notte dell’homecoming.

Rabbrividì.

Deglutì a vuoto, senza sapere esattamente contro reagire.

“Perché la conosci? Che diavolo sta succedendo!”- ringhiò sconvolta lei, arricciando le labbra, mentre nella sua mente balenavano tante assurde ipotesi, ognuna senza una conferma-“Con il tuo aiuto, l’esito dell’homecoming sarebbe stato diverso.”

Charles annuì silenziosamente, addossando le spalle allo schienale del guidatore.

“Lo so. E lo sapeva anche l’ibrido.”- sibilò fra i denti, ricordando con rabbia gli ultimi giorni e la distruzione che avevano portato-“Ti spiegherò tutto, una volta arrivati.”- guidò l’auto, tornando sulla corsia, intenzionato a raggiungere nel minor tempo possibile la meta.

La strega si voltò, osservando confusamente la strada già percorsa.

“Dove stiamo andando?”- sussurrò, incerta se essere intimorita o meno da quella gita fuori porta.

“A Salem.”

 

 

***

 

 

 

Dorian Wolfskin prese un lungo respiro, prima di fare ingresso, con decisione, nello studio dell’antica magione che lo ospitava.

Si fece coraggio e richiamò, schiarendosi la voce, l’attenzione del suo Sire, intento a conversare affabilmente con una delle nuove risorse.

Accoglieva i nuovi adepti ogni mattino, introducendoli a quella nuova esistenza, con un sorriso sulle labbra distese ed una luce di diabolica euforia negli occhi.

“Posso parlarti in privato, Nik?”- domandò l’ex licantropo, affilando lo sguardo verde in direzione del nuovo acquisto dell’ hybrid team.

Un ragazzotto dall’aria decisamente provinciale, con un po’ di pancetta, la barba incolta ed un paio di occhietti a palla che lo osservarono confusi.

Decisamente, non c’era competizione.

Gongolò per un breve istante, poi si ricompose, ricordando per quale motivo fosse lì.

“Certamente, amico mio. Qualcosa non va?”- sorrise l’Originale, congedando il nuovo fratello con una pacca sulla spalla, per poi congiungere le mani, invitando Wolfskin ad avvicinarsi.

“Sì, a dire il vero.”- Dorian corrugò la fronte, concentrandosi-“Questa storia non va, tutta la giornata di ieri non va. Mi ha pugnalato. La mia Zombie mi ha piantato un paletto nello stomaco.”- ribatté fermamente, senza alcun timore di mostrare tutto il proprio sconcerto.

Aveva passato la notte rivivendo il ricordo del gradevole sapore del sangue di Charles, dell’orribile suono delle ossa del braccio di Eva che si frantumavano, sotto la sua morsa, e dello sconvolgimento provato, al cospetto della distruzione che l’homecoming aveva portato con sé.

Non c’era più alcuna famiglia da proteggere.

“La nostra Eva ha un temperamento molto particolare. Dopotutto, è un’ Originaria.”- le labbra di Niklaus si distesero nuovamente in sorriso che celava un ghigno amareggiato.

Trattenne a stento un ringhio basso e gutturale, ricordando come la sua Musa lo avesse tradito, squarciando la sua fiducia e trascinandolo nuovamente nel baratro di solitudine da cui credeva di essere riemerso.

Lei aveva scelto il presente, rinnegando il suo passato. Aveva scelto di salvare Charles, prendendosi gioco di lui.

Il sangue gli ribollì nelle vene, costringendolo a serrare la mandibola, nel disperato tentativo di non ruggire di rabbia.

“Non sto parlando di questo.”- Dorian rimase interdetto da quella risposta. Era chiaro che Klaus non fosse sincero. Aveva visto il suo sconvolgimento, la notte precedente. L’asservimento lo aveva costretto a provare odio per Sinclair e risentimento nei confronti di Eva.

“Parlo del fatto che mi ha chiesto aiuto, per salvare Charles, e l’unico modo che ha trovato, per ottenerlo, è stato quello di bucherellarmi l’addome con un piolo di legno.”- sputò Wolfskin, arricciando le labbra, disgustato.

Nik accarezzò distrattamente la superficie di legno della scrivania che aveva accanto, abbassando lo sguardo, per poi tornare gioviale.

“Ti avevo chiesto di lasciare lo stregone in quello stato. Questa non è che la riprova del fatto che trasformarti è stata un’ottima idea. Sei fra i più validi membri della mia squadra, un eccellente compagno d’armi.”- sorrise candido, per poi indurire lo sguardo e serrare le labbra, in una smorfia crudele-“ Il tuo comportamento, ieri, mi ha quasi fatto dimenticare che anche tu mi ha tradito. Ti avevo chiesto di uccidere chiunque si opponesse, all‘homecoming. Ma tu non lo hai fatto.”- ghignò mefistofelico.

Il giovane ibrido sussultò, sconcertato.

“Volevi sul serio che uccidessi Sinclair? Tu sei pazzo!”- ringhiò, allargando le braccia, incredulo.

Come poteva anche solo pensare che avrebbe davvero agito secondo le sue cruente regole?

“Volevo che portassi a termine il tuo compito. Nessuno dei tuoi compagni ha mai opposto resistenza.”- sottolineò Nik, impassibile, al cospetto dello sgomento del ragazzo che sbarrò gli occhi verdi, guardandolo stralunato.

“Beh, probabilmente, è perché non gli hai ancora ordinato di fare a brandelli la loro famiglia.”- sibilò indignato Dorian, arricciando il labbro superiore, pieno di disprezzo-“Qualunque cosa tu stia facendo, falla finita. Puoi centrifugarmi il cervello come preferisci, ma sappi che sono ancora in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. E mi opporrò, se necessario. Non puoi avere tutto questo controllo su di me. Non te lo permetto.”- ribatté con fermezza, intenzionato a far valere le proprie parole.

Mantenne lo sguardo fisso in quello fin troppo rilassato di Niklaus, incerto sul da farsi.

L’Originale lo scrutava imperterrito, senza mostrare alcun segno di cedimento, con un piccolo sorriso beffardo sulle labbra.

Dorian trattenne il fiato, inquieto.

“D’accordo.”- annuì lentamente Klaus, dopo un lasso di tempo che parve interminabile. La sua voce roca e spaventosamente pacata risuonò con la violenza di un rombo di tuono, nella mente di Wolfskin che boccheggiò, riprendendo il pieno controllo di sé.

“Tutto qui?”- rantolò, evidentemente spiazzato.

“Hai ragione, Dorian. Ho richiesto troppo, da te. Ti garantisco che non si ripeterà più. D’ora in poi, avrai la libertà d’azione che richiedi.”- sorrise con falsa comprensione Klaus, tornando a congiungere le mani, fino a fare impallidire le nocche.

“Dici sul serio?”- ancora una volta, Dorian sudò freddo.

“Certamente.”- acconsentì Nik, scoprendo i denti in uno scatto nervoso delle labbra-“E quando ti accorgerai di credere davvero in ciò che fai, non potrai far altro che biasimare te stesso. Sei libero dal tuo capro espiatorio, adesso.”

Sorrise lascivo, congedando l‘ex licantropo, con lo sguardo acceso d’ira, seguendo la figura di Wolfskin fin oltre la porta.

La piega sardonica sulle sue labbra svanì nell’immediato istante in cui il giovane ibrido lasciò la stanza, cedendo il posto ad un’ espressione evidentemente furiosa.

Il suo regno oscuro, faticosamente costruito nel corso dei secoli, dopo un’estenuante caccia di cui era stato protagonista come predatore e come preda, gli si ribellava, avanzando pretese, violando le sue leggi, costringendolo a giungere a dei compromessi.

Tutto ciò era intollerabile.

Klaus si abbandonò sull’elegante poltrona winchester nello studio, pieno di tormentose domande.

Raramente si era ritrovato a non sapere in alcun modo quale sarebbe stata la prossima mossa.

La situazione gli era sfuggita di mano, constatò amareggiato.

Pur consapevole della vanità della sua azione, digitò per l’ennesima volta il numero di cellulare di sua sorella, nella speranza di ricevere una risposta.

Ma anche Bekah era scomparsa. Probabilmente, lei stessa era stata fra i responsabili che lo avevano nuovamente gettato nel vortice oscuro in cui sembrava essere condannato a scontare l’eternità.

Eppure, non esitava a desiderarla di nuovo con sé, per tornare a fingere di avere una famiglia.

Il display fra le sue mani fremette, illuminandosi, e l’ibrido rabbrividì.

“Buongiorno, raggio di sole.”- sogghignò tetra la voce dall’altro capo del telefono.

Niklaus chiuse gli occhi per un breve istante, in un disperato tentativo di autocontrollo.

“Stefan”-sospirò, contraendo il volto ed uncinando le dita ai braccioli della poltrona-“Le tue chiamate hanno perso molto della loro compiacenza, negli ultimi tempi.”

Il giovane Salvatore sorrise consapevole.

“Ho valutato le tue parole.”- esordì, catturando completamente l’attenzione dell’Originale che affilò lo sguardo turchese, piegando un angolo della bocca in una smorfia vittoriosa.

“Allora, sarà bene che ti informi del fatto che sono sempre più intenzionato a mettere in pratica quanto ti ho detto. Si tratta solo di decidere chi sarà il primo. Il giovane fratello di Elena, Jeremy, o l’avventuroso professore di storia?”- mormorò con fare disinteressato, per poi prendere fra le dita una matita ed ornare alcuni fogli sulla scrivania con degli splendidi ghirigori, raffinati e perfetti.

“Credevo volessi ferire me, non lei.”- sorrise Stefan, ben poco toccato dalla malignità delle parole dell’ibrido.

“Risparmiamoci le menzogne, Stefan, in memoria dei vecchi tempi. Ho detto che distruggerò il tuo mondo. E che tu lo neghi o meno, la tua vita è ancora in funzione di quella di Elena.”- sibilò grave Klaus, con la voce arrochita per la tensione. Il labbro superiore tremò, scoprì i canini in un ringhio silenzioso.

“Ti sbagli.”

“Oh, certo che no.”- sputò l’Originale, con un sorriso malsano sul volto-“Ma sai cosa succede, quando un buco nero comincia a fagocitare tutti i satelliti, intorno a un pianeta? Gli assi si spostano e quest’ultimo muore lentamente.”- rabbrividì lui stesso, al suono spaventoso della propria voce-“Non ucciderò la nostra preziosa doppleganger, sarebbe controproducente. Ma il suo animo si inaridirà fino a sgretolarsi e tu assisterai alla sua morte interiore, consapevole di esserne la sola ed unica causa.”

“Quante parole, Klaus, sono davvero impressionato.”- nessuna incrinatura nel tono del vampiro, nessun cedimento, nessuna emozione-“Accomodati pure, sul serio.”

L’ibrido negò con il capo, evidentemente contrariato dai risvolti che quella conversazione aveva preso.

Non aveva niente che facesse presa su Stefan. Si sentì impotente, vittima di chi una volta era stato il suo pupillo.

Il caos regnava sovrano.

“Perché hai chiamato”- sibilò fra i denti, serrando la presa sull’apparecchio che si incrinò ancora una volta, sotto la pressione della sua morsa.

“Per proporti un accordo, in realtà.”

Klaus rise beffardo.

“Non sei nella posizione, per poterne proporre uno.”- ringhiò, con uno sguardo vagamente folle negli occhi.

Pazzo.

Osava agire come un suo pari, avanzava pretese fin troppo coraggiose, contro un essere invincibile.

Derise la masochista determinazione di Stefan. Ma ne fu anche spaventato.

Non era in grado di prevedere fin dove si sarebbe spinto.
“Oh, credimi, lo sono. E sai cos’è divertente? Tu non puoi rifiutare.”

Klaus rabbrividì, tacendo improvvisamente.

Avvertì un fulmine squarciare il suo universo e annunciare l’imminente tempesta.

“Rivuoi le bare? D’accordo, te le restituirò.”- ghignò il giovane Salvatore.

“Un gesto così generoso, il tuo, che non posso fare a meno di chiedermi cosa tu voglia in cambio.”- latrò Nik, mantenendo a stento un pieno controllo della propria voce che si incrinò, allarmata.

“Eva.”

Un nuovo lampo, più violento, colpì Niklaus al petto.

“Temo di aver capito male.”- soffiò l’ibrido, con gli occhi chiari e tersi fissi su un punto indefinito della stanza.

Rivide parte di sé in quello Stefan che, senza scrupoli e senza remore, esigeva che lui firmasse la propria condanna a morte.

“Oh, no, affatto. Vedi, Nik, è curioso. Dovevo essermene evidentemente dimenticato. Fortunatamente, qualcuno mi ha rinfrescato la memoria. Com’era? Giusto. La sua morte è indispensabile per uccidere te.”- il vampiro sorrise lascivo.

Aveva saputo del non poi così infruttuoso tentativo di contattare gli spiriti da parte di Bonnie. Sapeva della profezia e aveva riconosciuto la graziosa compagna di ballo di Niklaus, all’homecoming, come la proprietaria del nome della chiave per uccidere l’ibrido originale.

“Credi che sarei disposto a cederti la mia polizza sulla vita, per le bare?”-ruggì Klaus, interrompendo il suo splendido disegno, per impugnare con violenza la matita ed affondarla nel legno intarsiato della scrivania-“Con Eva al sicuro, sarà solo questione di tempo, prima che io riesca a trovare il tuo nascondiglio. Non hai alcun potere su di me.”

Ma sapeva perfettamente di mentire.

“Potrebbe non esserci più niente da cercare, fra poco.”

No.

“Non osare, Stefan.”

“O cosa, Klaus?”- sorrise ingenuamente il vampiro, trascinando l’ibrido in un silenzio da quale a stento sarebbe riemerso.

Si beò della quiete dell’Originale, interpretandolo come uno straordinario successo personale.

“Consegnami Eva. Non la ucciderò, per ora. Ci sono un paio di cose che vorrei che tu sistemassi, prima di farlo. Eva, per la tua famiglia.”- rincarò la dose, divertito dal suono della propria voce che riecheggiava, incontrastata.

Attese, certo che Klaus non gli avrebbe concesso l’ultima parola.

“No.”- sussurrò l’Originale, alzandosi dalla poltrona con uno scatto furioso.

“Ti lascio qualche giorno per pensarci su, che ne dici? Ora come ora non credo tu sia in grado di valutare correttamente l’offerta.”

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

Eva spalancò gli occhi, riemergendo dal sonno forzato che si era imposta, quella notte, per poter far tacere i propri pensieri.

I ruggiti furiosi di Niklaus l’avevano ridestata quel mattino presto, ma la sua mente esausta le aveva imposto di tornare a dormire, chiedendole di rimandare il risveglio ad un momento più calmo e meno teso.

Si alzò a fatica dal letto, trattenuta dal pesante senso di colpa che le gravava addosso, privandola di ogni forza.

Perché, nonostante sentisse di aver fatto la cosa giusta, non riusciva a gioire di quella conquista?

Aveva salvato la vita di Charles e aveva pagato quel gesto, perdendo la fiducia di Niklaus.

Non poteva combattere su due fronti così distanti e avversi l’un l’altro. Non poteva parteggiare per entrambi, ma non riusciva a rimanere in disparte, sapendo che prima o poi l’uno avrebbe prevalso sull’altro.

Nascose la testa fra le mani, svanì dal mondo per un lungo istante, esausta.

Il braccio sembrava essere totalmente guarito, constatò.

Dorian.

Era stato uno strumento, parte di un piano che sembrava aver portato con sé solo distruzione.

Non c’era più alcuna famiglia da proteggere e tenere unita.

Eva si alzò faticosamente dal letto e guardò fuori dall’ampia finestra che affacciava sulle verdeggianti praterie che circondavano la grande villa che la teneva prigioniera.

Era ormai pomeriggio.

Charles doveva ormai essere lontano.

La giovane associò il nome dello stregone al tradimento.

Come aveva potuto ingannarla?

Lei aveva sperato con tutto il cuore che, salvandolo, Sinclair avrebbe rinunciato al suo intento di uccidere Niklaus.

Ma Charles aveva fatto leva sul bene di Eva, per poter tornare in forze e riprendere la sua guerra, forse ancor più determinato a concluderla di quanto fosse mai stato.

La ragazza lasciò la stanza, seguendo i rumori e le voci che percepì al piano di sotto, fino al grande salone, gremito di scatoloni e giovani ibridi, intenti a seguire le indicazioni del loro Sire.

Incontrò gli occhi scuri di Tony che deglutì nervosamente, arrestando il suo incedere, incerto sul da farsi.

Il ragazzo capì che era meglio allontanarsi da lì. C’era aria di tempesta.

Richiamò silenziosamente i compagni, sotto lo sguardo vigile di Klaus che, con le mani intrecciate dietro la schiena, scrutò malevolo l’umana rigida nell’ingresso della stanza.

L’Originale serrò la mandibola e scosse il capo, voltandolo altrove, quando avvertì i passi leggeri di lei farsi più vicini.

Eva avanzò cauta, rasente il muro, trattenendo il respiro.

“Mi dispiace.”- soffiò improvvisamente, carezzandosi le spalle, per infondersi coraggio-“Io … credevo che Charles … che stupida sono stata. Gli ho dato la mia fiducia e mi ha tradita.”- mormorò risentita.

Spalancò gli occhi, quando realizzò che ciò che aveva detto suonava terribilmente familiare.

“Oh.”- sussurrò, ricordando la delusione nelle parole e negli occhi di Niklaus, la notte precedente.

Lui sembrò intercettare i suoi pensieri e sorrise beffardo.

“Benvenuta nel club.”- sibilò, beandosi del suo senso di colpa.

Assaporò quel momento, impresse a fuoco, nella sua millenaria memoria, quello sguardo desolato, conscio di aver commesso un errore e desideroso di un perdono.

“Avevi ragione, non avrei dovuto ingannarti.”- Eva sospirò, addossandosi alla parete e osservando distrattamente le sagome di due ibridi che risalivano rapidamente il piano superiore, mentre altri trascinavano nell’ingresso un paio di scatoloni.

“Perdonami, Nik.”- soffiò, chiudendo gli occhi per un breve istante.

Il suo universo si stava rapidamente sgretolando sotto i suoi piedi.

Li riaprì velocemente, quando percepì l’ombra dell’Originale davanti a sé.

Un giovane ibrido attendeva silenzioso sulla soglia, con in mano una valigia ed una giacca che Eva riconobbe immediatamente. Apparteneva a Rebekah.

Stavano partendo?

“Sono profondamente toccato, mia cara, sul serio. Sembri quasi sincera.”- latrò Klaus, deridendola con uno sguardo sprezzante-“Caricate le valige, vi raggiungeremo fra un attimo.”- intimò poi al suo asservito.

La ragazza schiuse le labbra, interdetta, e si allarmò.

“Dove stiamo andando?”- chiese, seguendo con lo sguardo il ragazzo con la valigia, per poi constatare che, nell’ingresso, era stato radunato l’intero guardaroba di Bekah.

“Tu, molto lontana da qui, dove mi assicurerò che tu rimanga, fino a nuovo ordine.”- ribatté con fare disinteressato Niklaus, passando un dito su una mensola nel salone, per testarne la pulizia.

Prese fra le mani un vecchio libro, intenzionato a portarlo via, per poi sorridere candido alla giovane impietrita sulla soglia.

“Perché? Cosa sta succedendo?”- lei aggrottò la fronte, evidentemente spiazzata.

Indietreggiò appena, ritrovandosi con le spalle contro il muro. Il suo battito cardiaco accelerò, tormentando la mente di Nik che si sforzò di reprimere quel suono, fin troppo nitido, nelle sue orecchie.

Ghignò appena, per poi appoggiare nuovamente il libro e tendere una mano alla giovane, invitandola a lasciare la parete.

Quel gesto elegante divenne più impulsivo e con un colpo secco l’Originale la strattonò lontana dal muro, costringendola a rigirare su se stessa, per bloccarle le spalle.

“Guardati intorno, Eva, imprimi nella tua mente le ultime immagini di questa casa. Non la rivedrai più.”- ghignò, solleticandole il collo con il proprio respiro.

Lei rabbrividì, divincolandosi con successo da lui. Barcollò in avanti, urtando il divano, e sussultò.

“È per la telefonata di questa mattina, non è così? Era Stefan Salvatore.”- azzardò, scrutandolo con determinazione.

Lo aveva sentito ruggire, quella mattina, mugghiare d’odio, per poi scardinare la porta dello studio.

Inconsapevolmente, aveva menzionato le bare, probabilmente accecato dall’ira.

Klaus rimase interdetto, per poi compiere il suo stesso ragionamento.

Abbassò lo sguardo, rise consapevole.

“Beh, rendi le cose più semplici.“- una smorfia malsana gli deformò il volto- “Mi ha proposto uno scambio.”- sibilò, senza riuscire a celare lo sconforto che quell’argomento portava con sé.

Eva tacque, pensierosa.

“Ciò che mi ha rubato, per te.”- sputò l’ibrido, quasi indignato-“Ciò che voglio, per ciò di cui ho bisogno.”

Eva trasalì, percependo il suo odio nei propri confronti.

Spalancò gli occhi bluastri, realizzando il perché di tutto quel trambusto e dei bagagli all’ingresso.

Ebbe paura.

“Mi stai consegnando a lui? Sai che mi ucciderà e sai che questo vuol dire che potrà uccidere anche te, non puoi …”- tacque, sotto lo sguardo severo di Niklaus che le intimò il silenzio, offeso dalla sua congettura sbagliata.

“Mi sto assicurando che solo uno di noi due rispetti l’accordo.”- ringhiò, per poi slanciarsi verso di lei, intenzionato a riprendere i preparativi per la partenza.

La afferrò malamente per il braccio, ma lei si ritrasse, guardandolo con fermezza, nel disperato tentativo di temporeggiare.

“So delle bare.”- soffiò, sperando che questo lo fermasse.

“Come”- Nik la osservò confusamente, scoprendo i denti in uno scatto nervoso del labbro superiore.

“Lo hai gridato questa mattina. Cosa contengono? Chi?”

Lui scostò lo sguardo altrove, deciso ad ignorare le sue domande.

“È tardi, devi andare.”-sentenziò lapidario, deciso a non perdere altro tempo- “Se l’incantesimo della famiglia del tuo caro stregone continuerà a funzionare così bene, potremmo rivederci, fra qualche mese, anno, decennio, secolo.”- latrò, prendendole il mento fra le dita e ridendo del suo stato di allarme.

“Vuoi punirmi per aver tradito la tua fiducia, non è così?”

A quella domanda, l’Originale interruppe quel contatto, quasi la pelle di lei, tiepidamente delicata, gli avesse consumato le dita, con delle fiamme invisibili.

“Hai già la risposta.”- la fulminò con lo sguardo, intimandole di cessare quelle domande-“Ad ogni modo, separarci è il modo più efficace, per rimanere entrambi in vita. Negli ultimi novant’anni ha funzionato alla grande, non sei d’accordo?”- celò il proprio turbamento con un sorriso sprezzante, mantenendo lo sguardo fisso su di lei, in attesa che cedesse.

“Ho chiesto a Charles di non cercare di ucciderti, perché temevo per la sua incolumità.”

“Lo so.”- replicò con tono grave l’ibrido.

Lo sapeva fin troppo bene.

L’aveva odiata per quella ragione. Gli aveva dimostrato inequivocabilmente quanto ogni sforzo di far nuovamente parte della sua vita fosse risultato vano.

“Ma l’ho fatto anche perché ho paura che riesca nel suo intento.”

Perché aveva paura che riuscisse nel suo intento?

Perché aveva paura che lo stregone potesse ucciderlo?

Una paura insensata, la sua.

Priva di alcun tipo di ragione, a meno che non … A meno che a lei non importasse della sua vita.

A meno che a lei non importasse di lui.

Si riscosse dai propri pensieri, ricordando quale fosse il suo nuovo piano.

“Andiamo.”- soffiò ancora scosso, incamminandosi verso l’ingresso, intenzionato ad allontanarla da sé, il prima possibile.

La sua presenza lo stordiva, lo faceva dubitare della propria invincibilità.

Lo rendeva umano, in un momento in cui non poteva permettersi di essere vulnerabile.

“No.”- replicò fermamente Eva, senza muovere un passo. Incrociò le braccia al petto, sollevando il mento e serrando la mandibola, intenzionata a non demordere.

“No?”- Klaus trattenne a stento una risata beffarda, voltandosi verso di lei, con uno sguardo stralunato negli occhi accesi d’ira.

“Non ho intenzione di andarmene.”- ribadì lei, gonfiando il petto, imponendosi di mantenere la propria posizione e non cedere.

Non se ne sarebbe semplicemente andata.

“Ma lo farai.”- le intimò grave Klaus, avanzando deciso verso di lei, con il volto contratto e severo.

Come osava opporsi al suo volere e sfuggire al suo controllo?

L’Originale era intenzionato a rimettere ordine nel proprio regno e, per poter ristabilire il regime di terrore cui aveva abituato il mondo intero, aveva bisogno che lei smettesse di influenzarlo con la propria essenza umana.

“No.”

A quell’ennesima ribellione, l’ibrido ringhiò, strattonandola con forza e accompagnandola non troppo gentilmente contro la parete opposta, intenzionato a ricordarle con chi avesse a che fare.

“Non voglio traditori con me.”- sibilò a un palmo dal suo viso, con un tono di voce così roco e carico di furia da assomigliare ad un rombo di tuono-“Ti suggerisco di uscire molto rapidamente da quella porta, salire in macchina e lasciarmi risolvere questa questione in compagnia di chi è decisamente consapevole di quanto la mia fiducia sia un dono raro e prezioso.”

Vide il suo petto sollevarsi ed abbassarsi veloce, scorse il profilo delle vene blu del suo collo farsi più nitido, quando Eva deglutì a vuoto.

Il sangue corse veloce lungo le pareti dei vasi, graffiandoli, quando le si raggelò.

Ma il suo volto non manifestò la paura che il suo corpo dimostrava di avere.

“Dici di avere rispetto dei validi avversari. Un tempo mi ritenevi alla tua altezza.”- soffiò la ragazza.

“Quel tempo è morto, Eva!”- ruggì violentemente l’ibrido, affondando le unghie nella parete accanto al viso di lei che trattenne il fiato, immobile-“Ma sull’essere avversari, hai ragione. Lo siamo. Solo che combattiamo ad armi impari, questa volta.”- ghignò l’Originale, mentre l’azzurro limpido dei suoi occhi lasciava posto all’ocra intenso e mostruoso del predatore che era e le labbra si schiudevano in un sorriso pericoloso, mostrando le zanne-“Dimentica il passato, niente di ciò che è stato vale più con me.”- le sussurrò suadente, compiacendosi del suo disagio.

Sentì il suo corpo tremare, nonostante lei lottasse contro l’istinto di fuggire.

“Perché tu lo hai ucciso.”- mormorò a fior di labbra, guardandolo negli occhi e recuperando parte del proprio autocontrollo-“La tua guerra è anche la mia, adesso. Mettiti l’anima in pace, se non hai un cuore, perché io ho intenzione di restare e combattere.”- sentenziò, per poi spintonarlo indietro, senza alcun timore.

Al cospetto del suo sguardo caparbio e fermo, Klaus ritrasse le zanne, per poi afferrarla un’ultima volta, deciso a testare fin dove la sua insensata testardaggine l’avrebbe spinta.

“E dimmi, ti prego, come pensi di potermi essere utile, a parte continuare a respirare?”- i suoi occhi spietati la scrutarono nell’animo, cercando un qualche tipo di cedimento o di debolezza su cui fare leva-“Sappiamo entrambi che la tua umanità è un prezioso quanto scomodo dono.”- le carezzò un zigomo con il dorso gelido della propria mano, tracciando una linea decisa fino al collo, sul quale esercitò una pressione maggiore, ricordandole la fragilità della sua natura.

“Non sto parlando della questione con i Salvatore.”- sibilò Eva, accogliendo quelle provocazioni come un test sulla propria fedeltà.

Colse l’incertezza negli occhi di Niklaus, tornati ad assumere i toni di un cielo di ghiaccio, attraversato da lampi di fuoco.

Lui la osservò incerto, pieno d’interrogativi che lei sarebbe stata felice di colmare.

“Parlo della tua guerra contro te stesso, contro la tua umanità, contro il tuo passato.”- lo colpì dritto al petto, con quelle parole, per poi liberarsi dalla sua presa con maggiore facilità di quanto avrebbe mai creduto.

Lo vide irrigidirsi, colto di sorpresa, e approfittò del suo sgomento, per porre fine a quella discussione.

“Dì a Tony di riportare dentro i bagagli, perché io non me ne vado.”

 

 

 

***

 

 

 

Dietro a delle nuvole dai contorni argentati, Bonnie Bennett scorse il tenue bagliore d’una luna piena, timidamente nascosta da una coltre scura che celava le prime stelle agli occhi della giovane strega.

Camminavano ormai da una buona mezzora, constatò.

Charles aveva parcheggiato la Mustang fra gli alberi all’estremità di un piccolo bosco, prendendo dal cruscotto una torcia, per poi guidare quella spedizione avvolta nel mistero.

In lontananza, le luci delle case abitate brillarono, contrastando con l’oscurità nella quale, invece, i due ragazzi si addentravano.

Quando Whitechapel aumentò il passo, facendosi largo fra le fronde, Bonnie capì che la meta era ormai vicina.

Il raggio della torcia si orientò sulle assi grigiastre di una villetta di dimensioni modeste, in pessime condizioni, il cui portico era gremito di cumuli di foglie marce che, mai portate via, avevano creato una patina liscia e sdrucciolevole, sulla quale la giovane rischiò di scivolare.

Il legno sul quale camminavano scricchiolò, segnando i loro passi, e la Bennett riconobbe, in quelle assi scalfite e scolorite, le tracce di un devastante incendio.

Ma la casa era lì, ancora in piedi, nonostante minacciasse di crollare da un momento all’altro.

Il nome, sulla placca d’ottone in parte fusa che circondava il campanello, era stato grattato via, lasciando quella oscura dimora nel più completo anonimato.

“Perché siamo qui? A chi appartiene questa casa?”- domandò in un sussurro la strega, rabbrividendo, quando un colpo di vento fece muovere l’anta di una finestra, con un fragoroso cigolio.

Scorse la sagoma di Charles arrestarsi davanti alla porta e prendere un lungo respiro, prima di forzare la serratura e spalancare la porta con un calcio.

“Alla mia famiglia.”- mormorò lo stregone, puntando la torcia all’interno dell’abitazione, per poi azzardare un passo e varcare la soglia.

“Da come sei entrato, non si direbbe.”- farfugliò la Bennett, seguendolo.

L’atmosfera, sul portico, aveva un ché di decisamente agghiacciante. Non che all’interno fosse migliore.

La ragazza tossì convulsamente, strizzando ripetutamente gli occhi, nel tentativo di abituarsi all’oscurità più completa di quella stanza e alla polvere.

Udì i passi del ragazzo, poco lontani, ed avanzò a tentoni, sperando di non urtare contro nulla.

Percepì il suono metallico di strumenti che ricadevano sulle assi ammuffite del pavimento, fino a quando il giovane non riemerse, porgendole una seconda torcia.

Bonnie tirò un sospiro di sollievo e si beò di quel nuovo bagliore, lieta di poterlo controllare personalmente.

“Cos’è questo posto, Charles”- mormorò, percorrendo con la pila le pareti dell’ingresso, piene di cornici vuote o in parte carbonizzate. Due ampie librerie gemelle, poste l’una di fronte all’altra, erano gremite di tomi ormai illeggibili, ricoperte da una spessa coltre di polvere e cenere.

“Il mio nome è Charles Sinclair, non Whitechapel. Devi perdonarmi, ma il mio cognome non è mai stato particolarmente benvisto. I trascorsi dei miei antenati ci sono costati l’estromissione dal Consiglio.”- sospirò lui, sfiorando con le dita lo stipite della porta che affacciava su un grazioso salotto, un tempo ricco di drappeggi del rosso più acceso, a giudicare dalle foto che quando era piccolo i suoi genitori gli avevano mostrato, ed ora ridotto ad un cumulo di seta bruciata, come sangue nero e sporco.

Non aveva mai avuto modo di chiamare quel luogo casa. Ma sentiva di appartenergli, fin nelle viscere.

Rimase in silenzio, contemplando lo stato di distruzione in cui quell’abitazione versava.

“Sinclair”- ripeté Bonnie, metabolizzando quella verità e corrugando la fronte, alla familiarità di quel nome-“Credo che mia nonna vi conoscesse”- ricordò distrattamente, avanzando cauta all’interno della sala, attenta a non calpestare i resti di un’antica cristalliera ridotta in frantumi.

Centinaia di piccole stelle rifulsero, al passaggio del raggio della torcia, illuminando il pavimento.

“I Sinclair e i Bennett sono tra i più antichi casati di streghe e stregoni del mondo intero. Ma, a differenza della vostra, la nostra fama è essenzialmente quella di traditori e reietti.”- sorrise mestamente Charles, prendendo fra le mani una cornice d’argento meno logora delle altre.

Una giovanissima Elizabeth Sinclair sorrideva, abbracciando un bambino di pochi anni più grande di lei, con lo stesso sorriso sghembo di Dorian ed i capelli chiari arruffati sulla testa.

“Perché?”- la Bennett si avvicinò ancora, rabbrividendo, quando uno spiffero, filtrato attraverso i vetri rotti delle finestre, le solleticò la schiena.

“Lo scoprirai.”

Il ragazzo abbandonò la stanza, raggiungendo le scale che affacciavano al piano superiore. Cigolarono prima ancora che vi salisse, tremando.

Sinclair le risalì con cautela, intimando a Bonnie di attenderlo, e tornò qualche minuto dopo con una pesante cassa, apparentemente rimasta nell’incendio che anni prima aveva coinvolto la dimora.

Appoggiò il baule ai piedi delle scale, per poi mordersi il pollice e lasciare che il sangue scorresse fluido, lungo il suo dito. Posò la falange lesa sulla serratura e attese.

Si aprì con uno scatto sonoro, consentendo al solo e unico legittimo erede di accedere al suo contenuto.

Preziosi grimori furono illuminati da entrambe le torce degli stregoni che schiusero le labbra, pieni di meraviglia.

“Perché mi hai portata qui, Charles”- soffiò Bonnie, affascinata dai possibili contenuti di quegli scritti così antichi.

“Ho bisogno del tuo aiuto. Vorrei che evocassi uno spirito per me.”

Charles richiuse la cassa, una volta accertatosi che ogni cosa fosse al suo posto.

Non mancava nulla.

“Non posso più farlo, non mi è consentito. Da quando ho riportato in vita un … amico, mi è stato impedito di mettermi in contatto con l’Aldilà.”- tentennò la Bennett, colta di sorpresa.

“Puoi tentare, Bonnie?”- insistette il ragazzo-“A me è preclusa ogni comunicazione con il limbo. Ho perso la mia ultima occasione qualche tempo fa.”- ripensò amareggiato a come aveva bruscamente interrotto il suo colloquio con Elizabeth, durante il breve soggiorno a Philadelphia-“Ho bisogno che tu faccia comunque un tentativo.”

Lei annuì silenziosamente, per poi chiedere al giovane di trovare delle candele da poter accendere.

“Chi devo invocare?”

“Elizabeth Sinclair.”- lo stregone scandì bene quel nome, mentre ultimava gli ultimi preparativi, nella disperata speranza che il suo piano funzionasse.

“Chi è?”- domandò Bonnie, sorpresa.

Una parente? Che ruolo aveva in tutta quella questione?

“Forse l’unica persona in grado di darci qualche nuovo indizio su come uccidere Klaus.”

Lei annuì, per poi concentrarsi e sperare semplicemente che funzionasse.

“Non ci riesco.”- sospirò la strega, estenuata dal lungo stato di concentrazione che un’impresa del genere richiedeva.

Prese un lungo respiro, asciugandosi la fronte madida di sudore, mentre una candela si spegneva, scossa da un debole vento.

Charles negò con il capo, massaggiandosi il mento, spaventato all’idea di un fallimento.

“Prova ancora.”- rantolò, agitato. Riaccese la candela, osservando con determinazione la Bennett, perché tornasse a concentrarsi.
“Non ci riesco, Charles!”- ringhiò la ragazza, stremata. Si alzò a fatica, lottando contro la debolezza delle gambe che si piegarono sotto di lei, costringendola a scivolare in ginocchio.

“Perdonami.”- Sinclair la aiutò a spostarsi, facendola accomodare sul gradino, accanto a sé-“ Speravo solo che …”

“Voglio che tu mi dica tutta la verità su di te, Charles.”- la giovane lo guardò intensamente, desiderosa di avere risposte.

“È una storia che comincia più di mille anni fa.”-sospirò Sinclair-“Probabilmente, avrai una buona ragione per odiarmi.”- latrò tristemente, per poi spegnere tutte le candele rimaste, ormai consapevole di quanto quel primo tentativo fosse stato infruttuoso.

“Perché hai scelto di smettere di mentire?”

“Perché sono stanco, Bonnie, e mi sento responsabile di quanto sta accadendo. Presto, però, saremo liberi. In un modo o nell’altro, lo saremo. Hai la mia parola.”

 

 

 

 

***

 

 

 

Dorian Wolfskin sospirò sommessamente, digitando per l’ennesima volta, quel giorno, il numero di telefono di Charles.

Lasciò il ventiduesimo messaggio ad una segreteria telefonica ormai stanca di sentire la sua voce, ancora leggermente euforica, che parlava di libertà, di un nuovo inizio, di pace e fratellanza.

Ma sapeva che Sinclair non lo avrebbe affrontato, se non a viso aperto.

Ma dove poteva essere andato?

Libero d’essere schiavo solo di se stesso, il giovane ibrido premette l’acceleratore della splendida Lamborghini murcielago, pegno di Rebekah, diretto a gran velocità, sulle tracce dell‘amico.

Mystic Falls avrebbe avuto, ancora una volta, qualcosa di cui parlare.

 

 

***

 

 

 

 

“Questi Grimori sono antichissimi!”

Bonnie sfogliò delicatamente le pagine di un antico testo, meravigliata dall’immensa energia che questo emanava.

C’era un intero baule gremito di un sapere così potente da provocarle le vertigini.

“Contengono alcuni fra i primi incantesimi mai pronunciati. Sono uno dei grandi tesori della famiglia Sinclair.”- sorrise compiaciuto Charles, puntando la torcia sul grimorio sulle ginocchia della Bennett, per agevolarle la lettura.

“Potrei sfogliargli per ore, c’è così tanto da imparare”- sussurrò estasiata la strega, bramando quelle informazioni con ogni fibra del proprio corpo.

“Allora, aiutami a contattare Elizabeth, Bonnie. Dammi una mano e potrai studiare queste pagine.”

“Te l’ho detto, non ci riesco.”- si giustificò lei, con un velo d’imbarazzo negli occhi scuri-“ Ma forse …”- ebbe un’illuminazione.

“Cosa”- Sinclair pendeva dalle sue labbra.

Si concentrò sulla sua voce, attese impaziente di conoscere i suoi pensieri.

“Promettimi che non ti prenderai più gioco di me, Charles. L’ultima volta che ti ho dato fiducia, hai rischiato di mettere in pericolo tutti i miei amici.”

“Hai la mia parola, Bonnie Bennett.”- giurò onestamente lo stregone.

“Tu ed io non possiamo evocarla, ma … So chi potrebbe entrare in contatto con lei. Ma ho bisogno di fare una telefonata.”

I pensieri della strega si rivolsero tutti su una figura amica: Matt.

Dopo averlo salvato dall’annegamento nella piscina, Donovan si era ritrovato con l’ingombrante capacità di vedere i fantasmi.

Charles sospirò, prendendo, dalla tasca posteriore dei pantaloni, il cellulare.

Ignorò le ventidue telefonate di Dorian, con una smorfia indecifrabile sul volto, e porse l’apparecchio alla ragazza, con un’occhiata particolarmente eloquente.

“Non farmene pentire.”- le intimò, per poi passarsi una mano fra i capelli, evidentemente sottopressione.

La giovane attese impaziente che l’amico rispondesse, turbata dal nuovo stato di quiete in cui quella casa era piombata.

“Pronto?”

“Matt”- soffiò Bonnie, lasciandosi riconoscere dal ragazzo.

“Bonnie? Accidenti, dove …”- Donovan rimase comprensibilmente sorpreso

da quella chiamata inattesa. Aveva incontrato Caroline, nel pomeriggio, ed era venuto a sapere della sua scomparsa.

Fece per chiederle ulteriori informazioni circa la sua sparizione, ma lei lo interruppe.

“Sei solo?”

“Sono al Grill.”- replicò confusamente lui, aggrottando la fronte, in un’espressione concentrata.

Che diavolo stava succedendo?

“Bene. Mi serve una mano.”
“Dove diavolo sei! Ti stiamo cercando, Elena credeva che Klaus ti avesse rapita!”- proruppe Matt, sconcertato dall’indifferenza della corvina.

Si allarmò, nonostante, a giudicare dalla calma nella sua voce, fosse abbastanza chiaro che Bonnie stava decisamente meglio di quanto Elena aveva ipotizzato.

“Sto bene, sul serio. Mi serve un favore.”

Non aveva risposto alla domanda, pessimo segno.

Non poteva parlare? Qualcuno la stava costringendo a tacere?

Era in pericolo?

“Di cosa si tratta?”-mormorò lui, soffocando tutti gli interrogativi.

Più l’avrebbe fatta parlare, più avrebbe avuto modo di ottenere informazioni sulla sua scomparsa.

“Ho bisogno che tu entri in contatto con uno spirito, per me.”

Matt boccheggiò, interdetto, davanti a quella richiesta così insolita.

A che scopo? Cosa si celava dietro all’insensata fuga della Bennett?

“Che sta succedendo, perché sei scomparsa? Bonnie, non mentirmi!”- sibilò, guardandosi intorno con aria circospetta.

Il locale, sebbene fossero ormai le nove di sera passate, era fin troppo poco affollato.

Non che la cosa lo preoccupasse. Dialogare con un fantasma gli sarebbe risultato più facile e discreto, dato l’esiguo numero di clienti.

Si diresse verso il magazzino ed attese che Bonnie rispondesse.

“Tornerò presto, non preoccuparti.”-lo rassicurò la ragazza, senza lasciar trapelare alcun indizio, circa la sua attuale ubicazione e le ragioni che l’avevano spinta ad andarsene-“ Il nome dello spirito è Elizabeth Sinclair.”

Il giovane barista inarcò un sopracciglio biondo, dubbioso.

Quel nome gli giungeva incredibilmente nuovo, non aveva mai sentito la Bennett accennarne minimamente.
“Non hai altro?”- mormorò, per poi rabbrividire, quando una lieve brezza fredda gli solleticò la schiena. Si guardò intorno, in cerca della corrente d’aria, e realizzò che quel vento leggero proveniva dall’interno della stanza.

“Lei ti aiuterà. Sarà più facile del previsto.”- proseguì Bonnie, prima di tacere e attendere i risvolti.

Matt sospirò scettico.

Lanciò un’occhiata incerta alla porta che affacciava sul locale, per poi accostarla. Fece spazio fra gli scatoloni, temporeggiò, liberando la mente, senza sapere realmente cosa fare.

Aveva solo un nome.

Come poteva pensare, Bonnie, che gli sarebbe bastato per …

Trasalì, indietreggiando di un passo ed inciampando su un pacco di bottiglie che rotolarono a terra, sfiorandogli le gambe.

Matt serrò la presa sull’apparecchio telefonico e deglutì nervosamente, con gli occhi fissi sulla parete opposta, prima vuota, ora occupata da una sagoma alta e sorridente, dall’aria straordinariamente pacata.

La donna sorrise, scrutando con i suoi intensi occhi grigi il ragazzo, per poi avvicinarsi lentamente, quasi percepisse la sua paura.

“La vedo.”- mormorò distrattamente Donovan al telefono, mentre si risollevava da terra, pulendosi i jeans e riassestando in piedi le bottiglie rovesciate.

A Salem, Charles interpretò l’espressione sorpresa della Bennett come un ottimo segno.

“Passami il telefono, Bonnie.”- le intimò, strappandole impaziente il cellulare dalle mani-“Matt, giusto? Ho bisogno che tu chieda a Elizabeth se può ottenere delle informazioni per me.”- sibilò, con la voce tremante d’euforico entusiasmo.

Ce l’aveva fatta. Sarebbe riuscito nel suo intento, ne era certo.

“Tu chi diavolo sei”- sbottò il barista, turbato dal repentino cambio d’interlocutore. Posò gli occhi sull’elegante signora davanti a sé che sorrise rassicurante, poi aggrottò la fronte, prestando attenzione alla nuova voce dall’altro capo del telefono, nel vano tentativo di riconoscerla.

“Un amico. Chiedi a Elizabeth quello che ti ho detto.”- si impose con decisione Sinclair, intenzionato a non perdere tempo.

Si passò una mano fra i capelli scuri, massaggiò il mento, placando il nervosismo che lo aveva colto.

“Cercherà di aiutarti, ma devi fare in fretta.”- replicò Matt, pochi istanti dopo-“Non potrà rimanere a lungo. Gli spiriti la trattengono dall’altro lato.”

Plausibile, commentò Charles.

L’odio secolare che le antiche famiglie nutrivano per i Sinclair doveva essere così forte da seguirli anche nell‘aldilà.

Rabbrividì, al pensiero che la morte non sarebbe stata che una nuova e più tormentosa tortura, se paragonata alla vita.

“Ho bisogno che mi dica che esiste un altro modo di uccidere Klaus, oltre al pugnale di quercia bianca. Eva è fuori discussione.”

“Non lo sa.”- Donovan, sebbene confuso, fu un più che abile mediatore e referente-“Ma sostiene che la chiave per trovare una soluzione siano …”-la sua voce si incrinò, soffocata da un sussulto-“Oh no”

Charles lo chiamò ripetutamente, senza ricevere alcuna risposta.

Bonnie spalancò gli occhi, allarmata, prendendo il telefono fra le mani, in preda all’agitazione.

“Che sta succedendo? Matt!”- gridò, percependo il respiro affannoso dell’amico, attraverso l’apparecchio-“Matt! Che succede! Matt!”

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Al Mystic Grill, Matt fu costretto ad interrompere la telefonata, sotto lo sguardo severo di una sagoma nota ma decisamente più pericolosa del solito.

“Che ci fai qui”- soffiò inquieto, guardando torvo Stefan Salvatore, erto nel locale, ormai deserto, con un sorriso enigmatico sul volto squadrato.

Il vampiro sospirò, stringendosi nelle spalle con indifferenza. Ogni suo gesto racchiudeva in sé qualcosa di sinistro e minaccioso.

“Sono curioso. Ho sentito dire in giro che l’adorabile Bonnie è stata portata via. Un tragica coincidenza.”-sorrise beffardo, puntando lo sguardo verdognolo e folle negli occhi chiari e turbati del ragazzo- “Chi era al telefono?”

“Non ti interessa.”- sbottò coraggiosamente Matt, indietreggiando di un passo. Con la coda dell’occhio, colse, nella stanza, la figura di Elizabeth Sinclair, intenta a scrutare con attenzione Stefan, quasi temesse per l’incolumità del suo unico mediatore con il mondo dei vivi.

“Io credo di si, invece”- latrò tetro il giovane Salvatore, compiendo qualche passo cadenzato in avanti, con un sorriso malsano che si spense quasi subito, lasciando il posto ad uno sguardo duro e grave-“ Dov’è Bonnie? Dove si trova?”
“Non me lo ha detto.”
“Con chi è?”- spazientito, Stefan scoprì le zanne, in uno scatto d’ira.

Conosceva la risposta.

Klaus non era il solo ad avere occhi ed orecchie ovunque.
“Non lo so.”

Le parole morirono fra le labbra di Matt, quando avvertì l’orribile pressione della mano di Stefan sul suo collo.

Il vampiro lo costrinse ad addossarsi alla parete opposta, ridendo della sofferenza sul volto del ragazzo.

“Potresti chiederlo alla tua amica.”- ghignò, rivolgendo un’occhiata provocatoria alla stanza apparentemente vuota.

Aumentò la pressione sul collo del giovane Donovan, sfidando gli spiriti a intervenire, evidenziando quanto serie fossero le proprie intenzioni.

“Perché non ti fai dire dove sono lei e il suo amico?”- latrò, scrutando con decisione la propria vittima, con gli occhi adombrati da venuzze scuse e le pupille accese di una furia primordiale-“Dille che ti ucciderò.”

“Perché dovrebbe importarle.”- soffiò l’umano, tentando invano di allontanare la mano del vampiro dalla gola.

Orientò gli occhi chiari e atterriti in direzione di quelli grigi e cauti della donna, spettatrice silenziosa ed impassibile della sua tortura.

“Mi importa, figliolo. Al momento, sei l’unico tramite con mio nipote.”- intervenne la strega, avanzando con eleganza nella stanza, così vicina che, per un istante, sia Matt che Stefan ebbero l’impressione che la donna fosse realmente lì.

“Dov’è, allora?”- insistette il giovane Salvatore, confrontando il pallore della propria mano con l’intenso violaceo della pelle del ragazzo.

Matt scrutò speranzoso Elizabeth Sinclair, ascoltando passivamente le parole che la donna gli rivolse, in risposta alle minacce di Stefan.

“A Salem. Bonnie è a Salem.”- tossì infine, digrignando i denti.

Il vampiro sorrise vittorioso, liberando il collo di Donovan dalla sua morsa ferrea e impietosa. Il giovane scivolò in ginocchio, ansimando affaticato, con una mano sulla gola stressata, lieto di tornare a respirare a pieni polmoni.

Tentò di risollevarsi, addossandosi alla parete, ma venne afferrato dal suo carnefice e scaraventato contro il bancone.

Scivolò rovinosamente a terra, battendo la testa contro uno sgabello, e ricadde a terra con un tonfo sordo ed un rantolo strozzato.

“Niente di personale, Matt.”

Stefan scomparve, contemplando con un velo di soddisfazione l’esito positivo della missione.
Il Grill piombò in un raccapricciante silenzio, interrotto unicamente dall’oscillare delle lampade che, appese al soffitto, avevano subito lo spostamento d’aria provocato dal corpo inerme di Matt che si scontrava con il bancone e il rapido svanire del minore dei Salvatore.

Animato da un’energia estranea e potente, Matt riprese i sensi, portandosi una mano alla fronte contusa e sanguinante, terribilmente frastornato.

Nonostante avesse la vista ancora offuscata, riconobbe il fantasma di Elizabeth, poco lontano da lui.

“Ho bisogno che tu avverta mio nipote. Le intenzioni di quel vampiro non sono delle migliori.”- la voce della strega risuonò nitida nelle sue orecchie, ridestandolo completamente-“Chiamalo. Salvagli la vita, ti prego.”

Il ragazzo annuì silenziosamente, digitando il tasto di chiamata rapida, per richiamare il numero sconosciuto, grazie al quale aveva potuto contattare la Bennett.

“Matt, che cosa è successo? Perché hai urlato!”

Il giovane fece una smorfia infastidita, quando le grida della ragazza riecheggiarono nella sua mente, creandogli nuova confusione.

“Stefan”-mormorò, affaticato-“Sa dove siete, sta venendo da voi.”

“Perché?”

“Non lo so, ma credo che il tuo amico sia in pericolo.”- con un ultimo sforzo, Donovan concluse la chiamata, distendendosi sul pavimento freddo, in cerca di sollievo dal lancinante dolore alla testa che lo tormentava.

In quell’ambiente messo a soqquadro dalla furia devastatrice di un vampiro disperato, Dorian Wolfskin fece ingresso, sbarrando gli occhi, a quella visione.

Aveva percorso a gran velocità la strada per Mystic Falls, intenzionato a ritrovare Charles e certo che fosse quella cittadina il luogo giusto da cui partire.

Accorse rapido in soccorso del ragazzo che riconobbe come l’amichevole barista conosciuto giorni prima. Fu costretto a respirare con la bocca, per via dell’incontro ravvicinato con il sangue di Matt che mugolò, intontito dalla botta, quando l’ibrido lo riassestò in piedi, facendolo sedere su di uno sgabello e portandogli del ghiaccio.

Chiunque avesse ridotto Donovan in quelle condizioni doveva essere a caccia d’informazioni, non c’era alcun dubbio. La cassa del Grill era intatta, non si trattava di una rapina.

“Cosa diavolo è successo”- domandò Wolfskin, costringendo l’altro ad aprire gli occhi e a combattere la confusione.

Matt digrignò appena i denti, con una smorfia di dolore sul volto, per poi mugugnare un “Dietro di te …” che Dorian non recepì in tempo e perdere nuovamente i sensi, stremato.

L’ex licantropo fu proiettato a terra da una forza devastante che lo immobilizzò sul pavimento, impedendogli di reagire.

Stefan Salvatore ghignò euforico, prima di piantare con foga una siringa nel collo del giovane ibrido che ululò di dolore, sbarrando gli occhi, ormai ocra intenso, in un’espressione di puro terrore.

Sentì il proprio corpo bruciare, arso dal mille fiamme che scorrevano instancabili nelle sue vene, distruggendo i suoi organi, senza incontrare ostacoli.

Dorian trovò conforto, da quell’insopportabile supplizio, solo quando perse i sensi, stremato dal veleno della verbena e dello strozza lupo iniettatogli dal vampiro.

Con un sorriso indecifrabile sul volto, il minore dei Salvatore lasciò il locale, trascinando con sé il corpo inerme di Wolfskin, svanendo nella notte.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Bonnie tentò più e più volte di richiamare Matt, senza ottenere alcuna risposta. Le mani le tremarono vistosamente, il battito accelerato faceva da sottofondo a quell’ambiente tetro e sinistro in cui lei e Charles si trovavano.

“Stefan sta venendo qui.”- soffiò, guardando Sinclair, allarmata.

Non sapeva cosa realmente avrebbe significato l’arrivo del vampiro, ma provava un forte stato d’inquietudine.

Avvertì il proprio stomaco contorcersi per l’agitazione, la voce si arrochì, evidenziando il suo nervosismo.

“Perché? Come diavolo fa a sapere dove siamo!”- lo stregone ringhiò furibondo, vittima delle stesse preoccupazioni che attanagliavano la Bennett.

“Matt crede che tu sia in pericolo.”

Il ragazzo sospirò agitato, passandosi una mano sul volto, mentre meditava sul da farsi. Avanzò nel buio, con passi ritmati, imponendo alla sua mente di rielaborare le informazioni ottenute, per sviluppare un piano.

“Se Stefan mi crede legato a Klaus, vorrà qualcosa.”- osservò meditabondo.

“Se Stefan ti crede legato a Klaus, vorrà ucciderti.”-sottolineò Bonnie, fin troppo lapidaria-“Dobbiamo andarcene.”

Sinclair accolse la sentenza della strega come unica possibilità.

Orientò la torcia sulla grossa cassa che aveva recuperato dal piano superiore, poi tornò nel salone, intenzionato a portar via alcune delle poche fotografie rimaste integre, testimoni del fatto che una volta una famiglia c’era stata.

Distrutta, dissanguata e maledetta da chi non era stato in grado di comprendere le sue azioni.

Bonnie gli fece strada, uscendo per prima, mentre lui recuperava il pesante baule, arrancando con fatica, fin sulla soglia.

Lo stregone sgranò gli occhi grigi, affilando lo sguardo, per poi irrigidirsi, quando una brezza gelida gli punse la schiena, facendolo rabbrividire.

La ragazza era svanita nel nulla, risucchiata da quella notte insolitamente tetra, nonostante la luna piena rifulgesse nel cielo.

Avanzò appena, scorgendo, con un sospiro di sollievo, un’ombra poco più avanti.

Probabilmente, la torcia di Bonnie doveva essersi scaricata.

“Questo posto mette i brividi perfino a me.”- commentò con spaventosa indifferenza la sagoma scura, poco lontana.

La cassa cadde dalle mani di Charles, piombando davanti ai suoi piedi con un tonfo sordo.

“Stefan, perché sei qui”- sibilò fra i denti, con gli occhi puntati sul vampiro che procedette verso di lui, raggiungendolo in poche falcate.

Accese la pila che Sinclair aveva affidato alla Bennett e la puntò verso il proprio volto, conferendosi dei lineamenti particolarmente spettrali e mormorando un “Bu” ironico, per poi latrare divertito.

“Per te, in effetti. La tua fuga da Klaus è stata incredibilmente provvidenziale. Mi hai evitato un sacco di problemi.”- sorrise l’eterno diciassettenne, puntando la torcia sul volto del ragazzo che strizzò gli occhi, abbagliato.

Dov’era Bonnie?

“Cosa vuoi da me”- ringhiò nervoso, guardando torvo il pericoloso predatore erto di fronte a sé.

“Eva.”

Sinclair rise silenzioso, sfidando il vampiro a ripetere quell’assurdità.

“Ti suggerisco di trovare un’altra risposta, se vuoi essere preso in considerazione.”- disse con fermezza, ostentando una calma che, sapeva, non avrebbe mantenuto ancora a lungo.

Si guardò intorno, scrutando l’oscurità, in cerca della Bennett.

Le cime degli alberi oscillarono inquiete, colpite da un vento gelido che le fece tremare e mosse le nuvole, liberando così la luna dalla sua prigionia.

Ma niente. La ragazza sembrava svanita nel nulla. Qualunque cosa volesse, Stefan aveva intenzione di richiederla solo e unicamente a Charles.

“Oh, non ne ho bisogno. So chi è, so che valore ha per Klaus e credo di sapere a cosa serva.”- le labbra del minore dei Salvatore si piegarono in un sogghigno malvagio-“Ma, sfortunatamente, temo che Nik tenga la sua bella bambola di porcellana in una casa a prova di visitatori esterni e a me serve un lasciapassare.”

“È fuori discussione che io ti aiuti a ucciderla.”- ringhiò Sinclair, spaventato dalla propria ira- “Eva non è un’opzione.”

“Molto bene“- il vampiro affilò lo sguardo verde e maligno, scoprendo i denti in un ringhio selvaggio-“Abbiamo un’eternità davanti a noi. Io di certo.”-incrociò le braccia al petto-“Posso aspettare.”

Charles serrò la mandibola, confuso.

“Ma non vorrei che, per colpa di un tuo capriccio, fossero terzi a pagare le conseguenze.”- sorrise diabolicamente il ragazzo centenario, mentre i suoi occhi si illuminavano euforici.

Strizzò un occhio a Charles, per poi svanire e riapparire in pochi istanti.

Lasciò ricadere a terra due corpi che scivolarono nell’erba, inerti, per poi sollevarne uno e riassestarlo in ginocchio.

Sinclair boccheggiò inorridito, quando vide la sagoma priva di sensi di Bonnie, a pochi metri da Stefan, e perse più di un battito, quando riconobbe il corpo che il vampiro teneva per il collo.

Dorian.

“No.”- soffiò, con gli occhi grigi e sconvolti rivolti sull’ex licantropo, decisamente incosciente.

“Porta Eva da me. È l’unica arma che rimane, contro Klaus.”- insistette il giovane Salvatore, con un’espressione decisamente meno accondiscendente sul volto.

Wolfskin riaprì lentamente gli occhi, ancora notevolmente stordito dalla grande quantità di verbena e strozza lupo somministratagli qualche ora prima. Biascicò qualcosa di incomprensibile, prima di rivolgere gli occhi smeraldini su Charles e scoppiare in una risata isterica, interrotta da rantoli e sussulti.

“No.”- ribatté con fermezza lo stregone, scrutando severamente l’amico di un tempo, per celare la preoccupazione che la sua reazione gli aveva causato.

“Allora, trova tu un’altra opzione. Arriverò a lei, in ogni caso.”- sibilò grave Stefan, per poi forzare la presa sul collo di Dorian, minacciando di staccargli la testa-“O ti serve un incentivo?”

Wolfskin soffocò un ululato straziato, digrignando i denti e respirando affannosamente.

“Sprechi il tuo tempo, ragazzone.”- latrò l‘ibrido, chiudendo gli occhi ad una fitta più decisa-“Uccidendomi, gli farai solo un favore. Hai scelto l’ostaggio sbagliato.”- sorrise, provocando l’ira di Stefan che aumentò ancora la pressione, percependo le prime vertebre cervicali dislocarsi.

Charles chiuse gli occhi, al sinistro rumore delle ossa di Dorian che incominciavano a cedere.

Nonostante lo odiasse, sentì come insopportabile l’eventualità che il ragazzo morisse.

“C’è un’alternativa.”- sbottò, sospirando teso, nella speranza che quell’idea, balenatagli in mente, fermasse Stefan dal compiere quell’esecuzione.

“Sono tutt’orecchi.”

Il vampiro allentò la presa sul collo dell’ibrido che, ancora stordito dal veleno nel proprio corpo, chiuse gli occhi, sperando di perdere nuovamente i sensi.

“Non ucciderai Eva, Dorian o chiunque altro. Ma vinceremo tutti.”

Il cuore di Charles ebbe una fitta, quando lo stregone proferì quelle parole. Il senso di colpa divenne un tormentoso nodo alla gola, tanto insopportabile da costringere il ragazzo a prendere una lunga pausa, prima di seguitare a parlare.

“Vai avanti.”- lo incitò il minore dei Salvatore, con un ruggito animalesco, mosso dalla curiosità.

“C’è un incantesimo che protegge Eva dall’invecchiamento. La mantiene eternamente giovane.”- le parole morirono fra le labbra di Charles che si sentì un assassino-“Posso spezzarlo. Posso renderla completamente umana, soggetta al passare del tempo. Nessuno la ucciderà. Basterà solo aspettare.”

“No. Non aspetterò che lei invecchi. Mi serve una soluzione immediata.”- Stefan scosse energicamente il capo, escludendo a priori quella possibilità.

Non avrebbe concesso a Klaus un minuto di più, non gli avrebbe permesso di vivere ancora una vita.

Non dopo ciò che aveva fatto.

Avrebbe preso la sua eternità e l’avrebbe privata di ogni scopo, portandogli via tutto ciò che aveva.

“È quella che stavo cercando di trovare. Ma tu hai interrotto la mia telefonata con Matt, prima che potessi ottenere le informazioni di cui ho bisogno.”

“Allora, torniamo da lui, insieme. Che ne dici?”

“Stefan?”

Bonnie riprese conoscenza, massaggiandosi la testa indolenzita, ancora troppo stordita per poi comprendere a pieno quanto stesse accadendo.

“Va tutto bene”- la rassicurò Sinclair, lieto di vederla muoversi, di nuovo.

Si avvicinò alla strega, sotto lo sguardo vigile del vampiro, e la aiutò a rimettersi in piedi, sorreggendola per le braccia ed accertandosi che non avesse nulla di rotto.

Le fece compiere qualche passo, quando scorse Stefan riafferrare malamente il corpo esausto di Dorian e minacciarlo, ancora una volta.

“Ripensandoci, ho deciso di fare un cambio di programma.”

Charles fece sedere Bonnie sull’erba, per poi rivolgere l’attenzione su Wolfskin, nuovamente in difficoltà.

“Sarebbe?”- mormorò, senza sapere cosa attendersi.
“Spezza l’incantesimo. Subito.”- gli intimò il ragazzo centenario, minacciando di strappare il cuore dal petto dell’ibrido-“Rendila completamente umana. Per sicurezza. Così che, in caso non dovessimo trovare un’alternativa, tra qualche anno ci pensi la sua salute a sistemare la situazione. Avanti.”

“Lascia andare Dorian e ne possiamo parlare.”- azzardò Sinclair, deglutendo a fatica, con le mani tremanti, spaventato all’idea di non riuscire a convincere Stefan, una seconda volta, a lasciare andare Wolfskin.

“Oh, non credo. Tu farai quello che ti dico. Io agirò di conseguenza.”

Charles si ritrovò con le spalle al muro, obbligato ad agire, nonostante la propria mente tentasse di opporsi.

Stava davvero condannando Eva a subire il tempo, per uccidere Klaus?

La sua famiglia aveva mantenuto per anni intatta la forza di quell’incantesimo, in memoria d’un’antica promessa, ed ora, lui, l’ultimo erede di un grande fardello, avrebbe infranto un antico giuramento, per salvare il fantasma di una famiglia che probabilmente non esisteva più.

“D’accordo.”- mormorò lo stregone, aprendo lentamente il baule, per prelevarne una piccola scatola di velluto e stringerla fra le mani, prendendo un lungo respiro.

La aprì, estraendone un piccolo e prezioso anello, arricchito da una grande e lucente pietra di un blu intenso, che tanto gli ricordò gli occhi di Eva.

L’anello, che la ragazza aveva portato al dito per più di un millennio e che credeva di aver perso, era stato segretamente custodito dalla famiglia Sinclair.

“Cos’è?”- domandò curioso Stefan, corrugando la fronte, interessato.

L’eternità di Eva”- soffiò pensieroso Charles, lasciando che il tenue bagliore lunare illuminasse la pietra- “L’incantesimo che la mantiene giovane è stato racchiuso in questa pietra per più di un millennio.”- sospirò mestamente, prima di esercitare una forte pressione sul castone e staccare la gemma che si opacizzò, lontana dalla montatura.

L’aveva condannata. Ma, paradossalmente, le aveva salvato la vita.

Ma si sentì comunque il suo carnefice.

A Eva non era rimasta che la giovinezza eterna e lui gliel’aveva strappata via.

“Interessante”- sorrise Stefan, probabilmente aspettandosi qualcosa di più scenografico-“Torniamo a casa?”- plaudì, lasciando ricadere il corpo di Dorian a terra e rispettando l’accordo.

Aiutò Bonnie ad alzarsi e la afferrò malamente per un braccio, guidandola in quell’oscurità, mentre Charles avanzava lentamente, seguendoli.

Sinclair guardò a lungo la sagoma di Wolfskin, steso inerme nell’erba, in balia del clima volubile. Nuvole scure tinsero l’orizzonte di un nero ancora più tetro, celando nuovamente la luna.

Lieto di avergli salvato la vita, si allontanò, sperando, un giorno, di poter tornare a chiamarlo fratello.

 

 

 

 

 

***

 

 

Niklaus spalancò gli occhi turchesi, riemergendo dallo stato di quiete e riflessione in cui aveva catturato il mostro dentro di sé. Increspò le labbra e lasciò ricadere agilmente le gambe, incrociate sulla scrivania, sul pavimento, per poi slanciarsi dall’elegante poltrona winchester su cui si era abbandonato e riassestarsi in piedi.

Uscì dallo studio con un impeto mostruoso, avanzando al ritmo dell’assordante musica che proveniva dal salone.

Ringhiò spazientito, spalancando le porte semiaccostate della sala e scandagliando lo spazio, in cerca dei responsabili di tutto quel chiasso.

“Chi di voi stupidi bambini ha deciso di comunicare al mondo intero la nostra posizione?”- latrò minacciosamente, con un ghigno malsano sul volto, mentre spingeva con decisione il pulsante dello stereo, facendo ripiombare la stanza in un sinistro silenzio.

Il camino era stato acceso; scoppiettò vivace, accompagnato da una risata amara e soffocata ed un singhiozzo trattenuto.

“Colpa mia.”- mugugnò una voce, guidando lo sguardo dell’ibrido fin davanti al divano di pelle inglese.

Klaus aggrottò la fronte, avanzando lentamente, quasi non credesse ai propri occhi.

Eva si asciugò una lacrima, per poi sorridere distrattamente alla sagoma che le si era parata davanti e la osservava severa, dall’alto.

“Ti avrei offerto da bere, ma vedo che ti sei servita da sola.”- Klaus tirò un buffetto, con il piede, ad una bottiglia semivuota di scotch, facendola rotolare accanto alla giovane- “Abbondantemente.”
“Non sono neppure alticcia.”- sbuffò amareggiata la ragazza, tirando su con il naso.

Aveva pianto. Le restava il vuoto di uno spirito ormai esausto, da colmare con lacrime e whiskey.

“Mi sorprendi, visto il desolante vuoto della mia riserva personale.”- sospirò l’Originale, senza alcun particolare interesse.

Si sedette a terra, poco lontano da lei. Appoggiò un braccio su un ginocchio, scrutando attentamente l’umana con le spalle contro il sofà ed un bicchiere di cristallo fra le mani.

Lei si voltò appena, incontrando il suo sguardo ancora adirato, per poi tornare ad osservare le fiamme che danzavano nel camino, ardendo instancabili.

Percepì la rabbia di Klaus e le si strinse il cuore.

Ridacchiò stancamente, avvertendo l’alcolico fare finalmente effetto.

“Vuoi fare un brindisi?”- sospirò, porgendo al ragazzo un bicchiere vuoto, decisa ad ignorare i suoi occhi inquisitori.

Era stanca perfino di avere paura.
“D’accordo”- acconsentì Nik, sporgendosi verso di lei, per poi riempirlo con del whiskey e studiarne i riflessi ambrati, alla luce delle fiamme.

Vide con i propri occhi la distruzione.

Sentì come proprio il doloroso senso di sconfitta di Eva.

Lei era ancora lì, dopo tutto. Klaus rise amareggiato, constatando che il proprio regno era ancora dominato dal caos.

Le aveva concesso di restare, spaventato dal vuoto che la sua assenza avrebbe potuto provocare.

“Alla libertà.”- mormorò lei, avvicinandosi decisa, per dare inizio al brindisi- “Perché è ancora un pallido miraggio.”- abbassò lo sguardo bluastro, mentre le parole le morivano in bocca.

Incastrò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, quando sentì Klaus sbuffare, evidentemente consapevole.

“Alla famiglia.”- proseguì lei, sorridendo mestamente-“In quanto a situazioni familiari difficili non ci batte nessuno.”- strizzò un occhio in direzione dell’ibrido, insolitamente rigido e silenzioso, di fronte a quell’implicita richiesta di aiuto e perdono.

“Alla solitudine.”- Eva alzò il bicchiere, oscillando impacciata e rischiando di rovesciarne il parte il contenuto-“La nostra condanna.”

Il mondo le sembrò più leggero e meno oscuro, man mano che elencava ad alta voce tutte le sue paure.

“A me. Perché ogni mio giorno su questa è terra è un errore. È contro natura, è sbagliato, è ingiusto. E, in tutta onestà, non me ne importa assolutamente nulla.”- sorrise, riuscendo a coinvolgere lo stesso Klaus che annuì silenziosamente, con le labbra piegate in un riso consapevole.

L’Originale fece per scontrare il bicchiere contro il suo, deciso ad interrompere il soliloquio della giovane, ma lei lo fermò, chiedendogli di attendere un ultimo brindisi.

“A Niklaus.”- proferì Eva con determinazione, catturando totalmente l’attenzione dell’ibrido che la scrutò, soffermandosi sulle sue labbra e su ciò che avrebbero detto.

“L’unico che non mi ha mai mentito, il mio passato- che gli piaccia o meno-, il mio presente e il mio futuro.”- sorrise la ragazza, per poi fare incontrare i bicchieri e mandar giù tutto d’un fiato il contenuto.

L’ibrido si lasciò riscaldare dalle sue parole, capaci di donargli un torpore ancor più piacevole di quello che avrebbero potuto concedergli le fiamme nel camino.

Lei aveva scelto di restare e combattere per lui.

“È lecito che tu mi odi. Sul serio, lo capisco. Ma Charles è parte della mia famiglia, non potevo permetterti di fargli del male. Avresti agito ugualmente, se al suo posto ci fosse stata Bekah.”- proseguì Eva, ridendo di sé e della propria insolita loquacità.

Guardò lontano, ricordando quanto sola fosse al mondo, ancora una volta.

Nik, Charles, Dorian avevano tutti un’ottima ragione per odiarla.

L’importanza della propria sopravvivenza cominciava ad essere messa in dubbio da Eva stessa.

“L’ho fatto.”- la voce arrochita di Klaus le provocò un brivido e sembrò restituirle un po’ di forze.

“Stefan Salvatore ha mia sorella e, con lei, i miei fratelli.”- mormorò silenziosamente l’ibrido, sfiorando con le labbra il bordo del bicchiere.

“Cosa?Vuoi dire che le bare ospitano …”- nonostante fosse poco lucida, Eva collegò immediatamente gli eventi-“Ma Bekah è un vampiro, lei è …”

Spalancò gli occhi blu, raccolse le ginocchia al petto, animata da una grande curiosità.

Nik abbassò lo sguardo, giocherellando con il bicchiere che teneva fra le mani, per poi sorridere mestamente.

Per la prima volta dopo tanti anni, sentì il bisogno di giustificare la propria condotta.

“Lo siamo tutti. Ma nel corso dei secoli gestire le sprovvedutezze dei miei fratelli è stato difficile. Mikael ci dava la caccia, non potevamo permetterci distrazioni.”-proferì sovrappensiero, increspando le labbra ed inarcando un sopracciglio al nome del patrigno.

Eva aggrottò la fronte, rabbuiandosi.

“Li hai uccisi.”- sentenziò, lasciandolo senza parole.

Improvvisamente, Niklaus riconobbe la tragicità delle proprie azioni.

“Temporaneamente.”- sottolineò, avvicinando il proprio viso a quello interdetto della ragazza-“In attesa che le acque si calmassero, che ci fossero le condizioni favorevoli per poter tornare ad essere una famiglia. Tutto ciò che ho fatto, ogni mia azione, lodevole o deprecabile che fosse, è stata in funzione di questo.”

Aveva votato la propria eternità al solo scopo di poter tornare a fingere che il tempo scorresse anche per lui.

Abbassò gli occhi al pavimento, deciso ad evitare di incontrare lo sconcerto nello sguardo di lei.

“Non puoi risolvere ogni cosa con un omicidio, lo sai?”- sorrise dolcemente Eva, cogliendolo evidentemente di sorpresa.

Nik la osservò, schiudendo le labbra, disarmato dalla sua comprensione.

La giovane si trascinò accanto a lui, affiancandolo, per poi contemplare le fiamme, ora più deboli, che ardevano placide.

“Dici di volere una famiglia ma, non appena le cose si mettono male, elimini i pesi superflui e tendi ad isolarti. Mai sentito dire che l’unione fa la forza?”

Niklaus sorrise silenzioso, guardando con orgoglio la testa bionda che si era appoggiata contro la sua spalla.

Il profumo dei capelli di lei lo stordì e il tepore della sua pelle lo ustionò. Ma non si allontanò da quella piacevole tortura, nonostante lo sconvolgimento interiore che provocasse.

La odiò.

In un modo diverso da come l’aveva odiata il giorno precedente, quando lei aveva scelto di tradire la sua fiducia.

La odiò perché era riuscita a riconquistarla. Ne aveva raccolto i frammenti da terra e li aveva ricomposti, rendendoli più forti.

“Certi detti perdono di significato quando entrambi i tuoi genitori votano la loro vita e non-vita alla tua distruzione.”- sorrise l’Originale, lambendo con le labbra l’ultima goccia di whiskey rimasta nel bicchiere, senza distogliere gli occhi dalla ragazza che distese le gambe esili accanto alle sue e sospirò, incrociando le braccia.

“Sei inattaccabile, ci rinuncio. Hai vinto tu.”- sbuffò tra il divertito e l’esasperato, per poi sfiorare con le dita il proprio bicchiere, indecisa se riempirlo ancora una volta o meno.

Addossò con maggiore pressione la testa alla spalla di Niklaus, cercandovi conforto.

Le parve che le fiamme nel camino si fossero fermate insieme al mondo, quasi cercassero di darle il tempo di trovare una soluzione ad ognuno dei problemi che le tormentavano la mente, sotto forma di pensieri.

“Mi capita spesso.”- mormorò divertito Klaus, facendola sorridere.

“È tardi.”- Eva sbadigliò leggera, per poi prendere un lungo respiro e rimettersi goffamente in piedi. Stirò le braccia, salendo in punta di piedi, per poi oscillare sul posto-“Visto che uccidermi sarebbe decisamente controproducente e che io non ho intenzione di andarmene, ti rimane una sola soluzione, per poter combattere questa guerra.”- disse, con un sorriso astuto sulle labbra ed uno sguardo malizioso negli occhi blu e vagamente lucidi.

“Sarebbe?”- la bocca di Klaus si piegò in un ghigno truffaldino, mentre le iridi azzurre si accendevano d’interesse.

“Restare da solo.”

A quelle parole, l’Originale guardò confusamente la ragazza, con le labbra socchiuse e le sopracciglia aggrottate.

Non si attendeva nulla del genere.

“Con me.”- sorrise dolcemente Eva, appoggiandosi al bracciolo della poltrona vicina-“Possiamo essere soli insieme.”

Niklaus abbassò lo sguardo e si compiacque, cercando di ignorare i brividi che, instancabili, gli percorrevano la schiena.

Prese fra le mani i bicchieri di cristallo e li riempì, sotto lo sguardo silenzioso della giovane che attese, trattenendo a stento un nuovo sbadiglio.

Le porse un calice, con negli occhi una luce euforica.

“Alla solitudine.”- sorrise, distendendo il braccio, per poter far scontrare il proprio bicchiere con quello fra le mani di Eva-“Ciò che ci resta e che ci unisce.”

“Insieme all’eternità.”- precisò la giovane, annuendo con decisione.

Cheers”- ghignò l’ibrido, prima di portare alle labbra il liquido ambrato e mandarlo giù tutto d’un sorso.

Lei appoggiò distrattamente il recipiente vuoto su un tavolino e prese un lungo respiro, sperando che la stanza smettesse presto di vorticare su se stessa.

Fece per andarsene, ma un’idea balenata in mente la trattenne, facendola sorridere.

“Non so se sia l’alcool a farmi parlare o … niente. È decisamente l’alcool, ma la prossima volta che cerco di baciarti, mi riferisco a qualche sera fa, gradirei che tu … Ecco tu …”- si umettò le labbra, evitando di guardare Klaus direttamente negli occhi, pur percependo il suo sguardo vagamente divertito- “Baciami e basta, ok? Tra noi due, quello che morde sei tu, quindi non hai niente di cui preoccuparti. Ecco tutto. Dio, spero con tutto il cuore di dimenticare questa parte della serata, domani mattina!”- mugugnò, prima di barcollare fuori dalla stanza e salire a fatica le scale.

Niklaus latrò divertito, contemplando ancora per qualche istante le deboli fiamme che ancora animavano il camino.

Per la prima volta nella sua vita, fu lieto di essere solo.

La pace ritrovata ebbe breve vita. La vibrazione del proprio cellulare avvertì l’Originale della presenza di un messaggio.

From Stefan: Tic Tac, Tic Tac, il tempo sta finendo!

 

 

B-Cave:

Buongiorno, raggi di sole!

Come sempre, sono qui a chiedervi perdono per il ritardo e la lentezza con cui pubblico i capitoli, ma, purtroppo, saprete meglio di me che Maggio è il mese in cui i professori si svegliano e realizzano di essere indietro con compiti, interrogazioni e programmi e, quindi, danno il meglio di sé, per recuperare il tempo perso ( che poi è assurdo, ho passato l’intero anno barricata in casa a studiare e, nonostante tutto, siamo indietro rispetto alle altre classi? Mi devono delle spiegazioni, tsk.)

Anyway, bando alla ciance!

Vi ho lasciato un capitolo decisamente lungo che, spero, non sia risultato troppo pesante, privo di senso alcuno o semplicemente noioso.

Lo Stefan di cui avete letto è quello completamente fuori del post furto delle bare, mentre Klaus ( spero che non vi sia troppo risultato OOC) alterna momenti di furia a fasi più rilassate.

E Dorian?

Ultimamente le prende un po’ da tutti, ma, a chi simpatizzasse per i suoi Bloody Hell e la sua verve, dico che presto tornerà il bambinone di prima!

Elizabeth Sinclair sembra aver qualche dritta per il Mystic Team, ma basterà, per annientare il nostro originalissimo-ibridino-cuoricino?

Detto questo, ringrazio naturalmente chi legge, segue, preferisce e ricorda questa storia!

Un saluto particolarmente sentito e un GRAZIE immenso va a xHeyCass_ e Esmeralda91 per le loro splendide recensioni! (Appena possibile, risponderò alle vostre bellissime recensioni, lovelies!)

Dunque! Aggiornerò il prima possibile, sperando di poter rispettare i termini delle due settimane. Se non ci dovessi riuscire, sappiate comunque che non lascerò la storia inconclusa. Arriveremo alla fine, prima o poi;)

Ora scappo a vedere il finale di stagione, dicono che sia epico! Voi che ne pensate? (perdonate eventuali sviste ortografiche, appena avrò un po' di tempo correggerò tutti gli errori!)

Un bacio, alla prossima,

Biondich!

 

 

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