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di contessa barthory
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** La verità fa male ***
Capitolo 3: *** nuovo inizio ***
Capitolo 4: *** il ragazzo dal cuore spezzato ***
Capitolo 5: *** scintille di ghiaccio ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


Salve a tutti!! E’ la mia prima fan fiction e spero che vi piacerà!! Buona lettura!!
5 giugno 2011
Oggi è la comunione di mia cugina, Maria , e siamo tutti in un ristorante molto carino, all’aperto, con dei tavoli color avorio coperti da dei gazebo,con nastri e drappeggi di tessuto ai lati. Ho un vestito davvero bello, che ho comprato due settimane fa con mia zia. E’ arancione, senza spalline, con la scollatura a cuore e tanti fiori sul bordo.
Sono allegra, perché non sto pensando molto. Se pensassi, di sicuro non sarei più molto allegra.
E’ da una settimana e mezzo che non vado da mio padre all’ospedale. Quando sono con lui, o quando torno a casa, sono serena, cerco di non far vedere agli altri quanto soffro, e in realtà non lo vedo neanche io, me ne sono accorta solo dopo. Ma arrivata la sera, vado a letto e non riesco a trattenere le lacrime.
Credevo di non saper piangere più, ma a quanto pare non è vero. Penso che da sette mesi mio padre è in un letto di ospedale e che non parla bene, anzi, ormai non parla nemmeno più. Penso che all’inizio la speranza era tanta, pensavo che si sarebbe rimesso in un mese o due, dopo quell’ictus. Ma non era l’ictus il problema, quello era solo una conseguenza della malattia che già aveva e che, probabilmente per paura di conoscere la verità, non sapeva di avere. Aveva paura di avere un tumore, come mia madre, e aveva paura di morire.
Ma è stato molto peggio. Se si fosse fatto almeno un controllo, forse saremmo riusciti a curarlo. Perché, ictus a parte, aveva la possibilità di farcela. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. E pensare che all’inizio ero tanto fiduciosa, ma la speranza ha fatto le valigie quando abbiamo scoperto del tumore. Poi penso a quando si è dovuto operare, perché la metastasi che premeva sul cervelletto era troppo pericolosa, l’avrebbe potuto uccidere da un giorno all’altro. E penso a quando mia sorella mi ha chiamato per andare da papà, che voleva vedere me, lei e mio fratello e a quando mia ha detto, in lacrime, che era solo una questione di tempo e che una crisi respiratoria se lo sarebbe potuto portare via in qualunque momento. E poi quando la rassegnazione ha preso il posto della speranza, che però è tornata, per fare ancora più male di prima, come si dice, la “speranza dei disperati”, quella che quando viene uccisa in un modo così brutale fa tanto male.  E piango, in silenzio, con mia nonna a fianco a me nel letto che dorme. Mi sento sola, in ogni momento mi sento sola.
Ma oggi, proprio oggi, che dovrebbe essere un giorno di festa, il giorno del Signore, mi dicono che mio padre non c’è più.
Lui era tutto per me, era un padre fantastico, che faceva sorridere tutti, era un padre di cui a volte mi vergognavo in pubblico, come tutti gli adolescenti e che mi rifiutavo di salutare con un bacio quando mi accompagnava a scuola. Adesso mi pento, mi pento di tutto quello che non ho fatto, di quante volte non sono stata la figlia che meritava, di quante volte non l’ho apprezzato per quello che faceva, di quando non ho capito quanto sia stato difficile crescere una bambina di cinque anni senza una moglie accanto. Posso solo immaginare ora di quanto sia stato difficile per lui nascondere il suo dolore per cercare di cancellare il mio.
Ma io l’ho amato, l’ho amato davvero tanto, e spero che lo sappia, spero che l’abbia capito. Deve essere così. Altrimenti tutto ciò che sono sarebbe falso. La mia vita, la mia visione del mondo, la mia positività la devo a lui.
È stato un compagno di giochi, un padre meraviglioso, una madre, un insegnante e anche il mio migliore amico. Non mi chiedo come farò senza di lui perché so già che posso andare avanti. Nonostante mi sembri che il mondo stia per cadermi addosso, nonostante senta tutto come se fossi in una scatola, isolata dal resto, nonostante mi senta a pezzi, so che ce la posso fare. Ma non perché io sia forte o brava, solo perché sono umana.
E le ferite di un uomo guariscono sempre, che lui lo voglia o no. È solo questione di tempo.
Ora non mi resta che aspettare. 

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Capitolo 2
*** La verità fa male ***


Salve … se c’è qualcuno … in ogni caso spero di si. E’ la mia prima fan fiction e spero di riuscire a fare qualcosa di decente … comunque volevo solo dire che il capitolo precedente era dal punto di vista del nuovo personaggio, ho intenzione di cambiare un po’ gli schemi della storia originale, e volevo anche dire che il nuovo personaggio è inventato, ovviamente, ma la sua è una storia vera, per quanto riguarda il passato … per quanto riguarda Howl, ovviamente no, purtroppo … vi lascio alla lettura, se ci siete ancora … quindi, ciao!! XD
 

[Pov Howl]
Buio.                                                                                                  
C’era solo buio. Non riuscivo a trovare un modo per fare un po’ di luce. Non sentivo più la magia, non sentivo nulla, poi una voce soffocata mi richiamò:   
“Howl! Howl, per favore svegliati!”                                               
Sentii qualcuno che mi sfiorava le guance, poi il naso e infine le  palpebre. Eccole, le avevo trovate, finalmente!! Visto che sapevo dov’erano, potevo aprirle. Ma quando lo feci me ne pentii all’istante. Troppa luce, c’era decisamente troppa luce.                                                                                                 
“Oh, la luce!!” dissi coprendomi gli occhi.                                                
“Giusto!! Scusa Howl!!” mi rispose una voce familiare, e qualcuno corse a chiudere una tenda. Di colpo si fece buio e io mi ricordai come un flash tante cose legate a quella voce: due occhi scuri, dei capelli argentati e un viso amico che mi sorrideva … “Sophie …” pensai, senza nemmeno rendermene conto. Poi mi ricordai tutto ciò che era successo; il mio animo, Calcifer, la guerra, le bombe … Mi alzai di scatto dal letto, urlando: “Sophie!”. Al che, lei, preoccupata, mi venne vicino. “Che c’è? Cos’è successo? Ti fa male qualcosa?” mi chiese preoccupata. Rimasi imbambolato a guardarla, non provando più niente se non affetto e un istinto protettivo nei suoi confronti. Dov’era finita tutta l’adrenalina che sentivo in corpo quando lei era con me? E l’agitazione? L’imbarazzo? Quello che io credevo che avrei provato una volta riacquistato il mio animo? L’amore che credevo avrei provato per lei? Io … non sentivo più niente.        
“Howl … che hai?” mi chiese Sophie guardandomi negli occhi.                                                                                                      
“E’ … per il tuo animo?” mi chiese incerta. “Giusto, il mio animo” pensai, e nell’esatto istante in cui mi resi conto che avevo di nuovo un cuore, mi accasciai al suolo. Era come se il mio corpo non riuscisse a reggere un peso così grande, come se la forza di gravità si fosse moltiplicata in un solo secondo e mi avesse schiacciato. Sentivo solo confusamente le persone intorno a me che, preoccupate, mi soccorrevano. Ma io ero troppo stanco e troppo triste per continuare a resistere al peso che dovevo sopportare di nuovo, dopo tanti anni. “Io non so più amare …” pensai tristemente, prima di chiudere gli occhi e lasciare finalmente quel peso agli altri, abbandonandomi al nulla.
 
Mi risvegliai nella mia camera, questa volta senza nessuna luce ad accecarmi, e la prima cosa che vidi fu Sophie, che guardava il vuoto con espressione preoccupata.                      
“Sophie …” sussurrai pianissimo, ma lei mi sentì ugualmente e si girò di scatto. Il suo viso si rilassò quando la chiamai.                     
“Finalmente …” sospirò. Poi mi guardò dolcemente e mi chiese: “ Come stai?”                                                                    
“Sto bene,” dissi “almeno credo. Sono solo un po’ debole …”. Cercai di alzarmi ma sentii ancora su di me quel peso enorme. Sbuffai, e Sophie sorrise.       
 “Un animo ha il suo peso, cosa pensavi?” mi disse sorridendo e continuò “ma è un peso sopportabile, una volta che ci fai l’abitudine. E poi ne vale la pena, non credi?”. A quel punto mi spaventai, ricordandomi che avevo perso qualunque capacità di amare una donna. Non sapevo come dirlo a Sophie, le volevo ancora molto bene e mai avrei pensato di deluderla così tanto come ora mi trovavo costretto a fare. In ogni caso, la verità è sempre meglio di una illusione, anche se ferisce di più.                                                                                     
“Sophie, ti devo parlare” esordii.                                                        
“Non ora, sei troppo debole”mi interruppe lei. Frustrato le dissi: “Devo parlarti ora Sophie, è importante.”                                    
“Va bene, allora” mi rispose lei sorridendo. In quel momento sorrideva, ma avevo il terrore che quel sorriso non l’avrei rivisto più, dopo ciò che stavo per dirle.                                              
“Allora … prima, quando non avevo un animo, provavo qualcosa per te che non avevo mai provato con nessuna. Ero costantemente eccitato, imbarazzato e felice contemporaneamente, ma non era amore. Non poteva esserlo, perché non avevo un cuore. Così ho pensato che quando avessi riacquistato il mio animo noi saremmo rimasti insieme e quelle sensazioni che io sentivo si sarebbero trasformate in amore. Ma non è successo, perché ieri, prima di svenire, ti ho guardato e non ho provato nulla. Solo affetto e istinto protettivo nei tuoi confronti, ma niente di ciò che mi aspettavo. E nemmeno niente di quello che provavo prima. Non ho sentito niente di niente” confessai tutto d’un fiato. Poi alzai gli occhi verso il suo viso, visto che per tutto il tempo in cui avevo parlato, avevo avuto il coraggio di guardare solo la coperta del letto. Quando incrociai i suoi occhi vidi incredulità, tristezza, consapevolezza e soprattutto lacrime. Lacrime sulle ciglia, sulle guance, negli occhi e sulle labbra. E in quel momento capii che il mio cuore provava tutti i sentimenti, tranne l’amore per una donna. Tutti i sentimenti, compreso il dolore e la sofferenza. Perché lo sentii distintamente fare crack. Si era spezzato alla vista delle lacrime di Sophie. E sentii anche odio, tantissimo odio. Odio verso me stesso, che ero stato capace di far piangere la persona più buona e pura del mondo; odio verso il mio cuore, che non era capace di amarla come meritava; odio verso il passato, per avermi permesso di stringere un patto che avrebbe portato solo sofferenza; e odio verso la maledizione, che sciogliendosi, mi aveva restituito un cuore a metà.                      
“Lo sapevo” disse Sophie, asciugandosi le lacrime “lo sapevo che sarebbe finita così. Ma non importa Howl, davvero. Va bene così. Ora devo andare però, se non ti dispiace. Torno dopo. Ciao”. E senza darmi il tempo di dire niente, non che ce ne fosse bisogno, avevo parlato fin troppo, uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Mi accasciai sul letto, sentendo quel nuovo fardello che ero costretto a portare, gravare su di me.                                          
“Non ne è valsa la pena, proprio per niente!” pensai, prima di chiudere di nuovo gli occhi.      

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Capitolo 3
*** nuovo inizio ***


Salve a tutti, eccomi ancora qui … dunque, in questo capitolo c’è la voglia di andare avanti e la positività che non c’erano negli altri due, ma che dovevano comunque arrivare. In ogni caso scusate per il ritardo, ma al computer sono una schiappa, ci metto un sacco di tempo a postare i capitoli e pochissimo a scriverli. Ora vi lascio alla lettura, ciao!! XD
 
Firenze, tre anni dopo

Camminavo come al solito per le strade lastricate di Firenze, pensando al compito di fisica del giorno prima, implorando non so chi affinché  fosse andato bene. Io adoravo la fisica, ma non per questo magicamente diventava facile ai miei occhi. Al suono della campanella entrai in classe, salutando i miei amici. La prima ora era italiano, e,in accordo con la professoressa, il lunedì avevamo un ora di studio delle divinità antiche, soprattutto quelle greche. Io adoravo davvero le divinità greche, le storie e i miti che le riguardavano, tutti gli avvenimenti di intrighi, vendette, scontri combattuti con i poteri più disparati, umani che vincevano usando l’astuzia o l’inganno. Mi facevano desiderare di essere una delle divinità, un Apollo al femminile, o Atena, o Poseidone donna. Era tutto così magico e fantastico. Ho sempre adorato la magia e ho sempre fantasticato sulla sua esistenza. In fondo, se l’uomo è riuscito ad immaginarselo, da qualcosa dovrà pur essere partito, no? Magari … Continuai a fantasticare fino alla fine delle lezioni, non prestando il minimo interesse per i professori. La mia vita era difficile, a volte malinconica e triste, ma la cosa positiva di aver perso tanto era che poi riesci ad apprezzare ciò che non hai ancora perso, anche se spesso apprezzi ciò che gli altri hanno e che tu non hai. Ma l’invidia o il desiderio di tornare indietro non fanno bene a nessuno, quindi è meglio concentrarsi su come prendersi la rivincita da soli, senza aspettare nella “Provvidenza Divina”. Chi fa da sé, fa per tre. E comunque noi siamo gli artefici del nostro destino, un po’ come Efesto, dio del fuoco e fabbro degli dei. Lui, lo storpio, creava oggetti di una bellezza indescrivibile. Da tutto può nascere tutto. Dal dolore la gioia e dalla morte la vita. Niente è scritto e niente può essere previsto.  In ogni caso continuai a sognare il mio principe azzurro, con i capelli neri e gli occhi verde acqua finché non arrivai a casa da mia nonna, che spense le mie fantasie, ormai volate oltre le nuvole, con uno: “Svelta, Arianna, il pranzo è pronto!”
 
 
[pov Howl]


Dopo la mia chiacchierata con Sophie mi addormentai e fui svegliato nel cuore della notte da un terribile incubo. Vagavo per dei sentieri di montagna, scuri e impervi, e sapevo di dover raggiungere la cima, anche se non sapevo il perché. Camminavo sempre più lentamente, l’aria si faceva più rarefatta, il respiro era affannoso e stavo quasi per fermarmi, quando vidi Sophie sulla cima, che mi sorrideva e mi invitava a salire. Questo mi diede energia e continuai a salire, ma, ad un metro da lei, il suo viso si fece scuro e cominciò a piangere. Si spacco la terra tra me e lei e tanti demoni uguali a me prima che Sophie mi salvasse, si avventarono sul mio corpo, cercando di farmi cadere nella voragine appena creata. Io cercavo di chiedere scusa a Sophie, di parlarle, ma lei piangeva e c’era una voce, molto somigliante a quella di Madame Sullivan, ma un po’ distorta, che diceva:
“Tu non meriti il perdono, non meriti la magia, non meriti la vita! Ti ucciderò per ciò che le hai fatto!”.
E mi svegliai urlando proprio mentre i demoni alati mi gettavano con violenza nel vuoto. Sophie entrò di corsa in camera mia, ancora con la camicia da notte, spaventata dal mio urlo. Si avvicinò, e io riuscii a notare, malgrado la luce fioca della candela, che aveva gli occhi gonfi e le guance bagnate di lacrime. La feci sedere accanto a me e la abbracciai, permettendole di inzuppare di acqua salata le coperte e la mia camicia. Dopo che ebbe finito di sfogarsi le parlai, cercando di essere più dolce possibile:
“ Sophie, ascolta, io non so perché al mio nuovo cuore manca un pezzo, non so perché i sentimenti che mi aspettavo di provare non ci sono e non so perché io mi senta così strano, come se avessi un vuoto; ma so che, nonostante non ti ami, io mi sia affezionato molto a te, ti voglio bene, farei di tutto per vederti sorridere un’altra volta e so che ti sono debitore. Non sono le emozioni che credevo avrei provato, ma sono molto più forti di qualunque cosa il mio cuore abbia sopportato fino ad adesso. Spero che non soffrirai per me, perché fidati se ti dico che non ne vale la pena, ma spero che resterai con me, se puoi, perché qui tutti hanno bisogno di te. Ma soprattutto io ne ho bisogno. Sei tu che mi hai salvato e che mi hai fatto provare per la prima volta un amore così forte come quello tra fratelli di sangue. Ti auguro il meglio e so che un giorno incontrerai una persona migliore di me e soprattutto che ti ami come meriti. Ti prego, non mi odiare, Sophie!”                                                                                           
Lei mi guardò con altre lacrime che spuntavano agli angoli degli occhi e disse:
“Oh, Howl!”                                                                                     
Si rituffò tra le mie braccia e ricominciò a piangere. Quando ebbe finito, alzò la testa e mi fece il sorriso più bello che io avessi mai visto, a cui non potei non rispondere con un altro sorriso altrettanto luminoso.
“Ora che si fa? Vuoi restare qui o vuoi trasferirti? Posso portarti ovunque tu voglia” le dissi con affetto. Lei ci pensò un po’ e poi mi rispose, con una scintilla di eccitazione e incertezza allo stesso tempo:
“Non sono mai stata in Italia …”                                                                    
“E Italia sia!!” le risposi con un sorriso, subito imitato dal suo. Ora che avevo ottenuto il suo perdono, potevo ricominciare questa nuova vita piena di cose da scoprire, di emozioni nuove da controllare e da far esplodere. Ora potevo anche cercare quella parte che mi mancava, quel pezzo di cuore perso chissà dove, ma che ero fermamente intenzionato a ritrovare.
 

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Capitolo 4
*** il ragazzo dal cuore spezzato ***


 Salve … mi sono fermata per un bel po’ di tempo … problemi personali, blocco dello scrittore e impegni stressanti tutti insieme. * si tira dei pomodori in faccia da sola * comunque spero di poter continuare bene questa storia, anche se nemmeno io so che sta succedendo, mi vengono, o meglio, mi faccio venire delle idee al momento. Ok, ho finito di ammorbarvi, vi lascio alla lettura, ciao!
ps: * sempre a rompere ‘sta qua, eh?!* volevo solo aggiungere che c’è un pov Sophie … giusto per far capire come si sente veramente … ;)
 

 
“And so lying underneath those stormy skies
She'd say, "oh, ohohohoh I know the sun must set to rise”
PARADISE – COLDPLAY-
 
[pov Sophie]
La fattura della strega delle lande, la scalinata salita con il corpo di un’ottantenne, il terrore di perdere Howl a causa di un mio stupidi errori … perché in quel momento mi sembravano stupidaggini che avrei potuto affrontare anche ad occhi chiusi? Era perché dopo tutti i guai e i pericoli superati ero diventata più forte? No, non era per questo. Io ero la solita, insignificante, noiosa Sophie. Allora perché? Perché mi sentivo come se il mondo mi fosse crollato addosso, con tutti i suoi problemi, le sue guerre, i suoi pianti. Le risate delle persone e la loro felicità erano … leggere. Non erano come i missili, le lacrime e i dolori. Loro erano volate via, lontano da me, lontano dalla mia stupida vita. Erano lì, a svolazzare nel loro spazio luminoso, mentre io ero sulla terra, anzi, sommersa da essa, con la mia aura di sofferenza e frustrazione. Frustrazione per non essere diversa. Magari bella, simpatica o anche solo interessante. Ma io ero Sophie. Maledetto cuore. Ma forse, forse era per questo … per il cuore. Poverino, nella mia vita era stato abituato alla noia, all’allegria, al senso del dovere, al massimo alla nostalgia o ad un po’ di invidia. Nessuno l’aveva preparato a sopportare amore, dolore, tristezza, paura e … disperazione, come io stavo facendo. Era come obbligare un cavallo da corsa a trascinare un carro carico di botti piene di vino. Era impossibile, il cavallo non l’avrebbe mai potuto fare. Ecco perché il mio cuore non combatteva, perché era stanco della fatica e del peso di cui l’avevo caricato. Ma anche io ero stanca … eppure non potevo fare come il cavallo, cioè fermarmi e basta. Non potevo annullare i miei sentimenti per un po’. Per far riprendere il cuore. Allora come avevo fatto fino a quel momento a non cadere in pezzi? Forse … ero più forte di quanto pensassi, o forse il mio amore per Howl non era immenso come credevo. In fondo ero una bambina, non avevo un altro parametro con cui confrontare i miei sentimenti per Howl, non avevo provato per nessuno quello che provavo per lui … chissà. In fondo il sole deve prima tramontare, per poter sorgere, no?
 
[pov Arianna]
Nei giorni di festa di solito mi riposavo e non pensavo a niente. Il sabato sera potevo uscire con i miei amici e la domenica dormivo fino a tardi. Quel sabato uscii con due mie amiche, Marika e Sabrina, per Firenze, niente di che, solo una passeggiata e magari una pizza. Stavamo camminando quando tre brutti tipacci ci si avvicinarono.                                                                                                                      
“Ma guarda che ragazze carine che abbiamo qui, eh Marco?” disse quello più grosso.                                                                 
“Hai proprio ragione Giulio... allora, ragazze, venite con noi, che ci facciamo un giro …” disse quello meno grande, ma ugualmente minaccioso. Con un’espressione che non lasciava dubbi riguardo le loro intenzioni, presero il braccio di Marika e di Sabrina, facendo pressione. Prima che le miei amiche potessero urlare, un altro ragazzo arrivò e, facendosi strada tra i due tipacci, li allontanò da noi.                            
“Ragazzi, ragazzi … che maniere sono queste?” disse lui “che maleducati, scusateli.” La sua faccia dispiaciuta strappò un sospiro di sollievo a Sabrina e Marika rilassò il volto. Ma a me quel tizio non me la raccontava giusta. E infatti poco dopo disse: “ Si fa così: allora ragazze, volete venire a fare un giro con noi?” Marika, sempre più confusa, disse:                                                                                               
“Mi dispiace, ma dobbiamo proprio tornare a casa e …” la voce le si affievolì quando vide il ‘nostro salvatore’ sorridere.                                            
“Risposta sbagliata, mi dispiace.” Disse lui, e fede un passo indietro, come a dare ai due tipacci il permesso per continuare quello che stavano facendo prima del suo arrivo. La faccia spaventata delle mie amiche e il sorriso dei ragazzi mi fece intendere che questa volta non ce la saremmo cavata molto facilmente. Ma poi sentimmo un urlo, di una voce conosciuta.                                                                         
“Lasciatele in pace!” disse la voce “ andate via, se non volete guai”.                                                             
I ragazzi si allontanarono con un’espressione tra la sorpresa e lo spavento, mentre il loro capo si allontanava con aria superiore, come se il fatto non fosse il suo. Le mie amiche non trattennero più le lacrime e scoppiarono a piangere per la paura di ciò che sarebbe potuto succedere. I nostri salvatori, intanto, le consolavano dicendo che tutto era passato. Ma non era loro la voce che avevo sentito, la voce familiare.                                                                                        
“Stai cercando me?” disse La voce, da un qualche punto dietro le mie spalle. Mi girai di scatto e attesi che lui si facesse avanti, in modo da vederlo. Quando riuscì a distinguere il suo viso, un sorriso enorme comparve sul mio viso.                                  
“Riccardo!” esclamai felice, e corsi ad abbracciarlo. Lui mi accolse tra le sue braccia ridendo, e mi accarezzò i capelli.                                                                
“Chi credevi che fosse, Batman? Di solito non bazzica questi posti … qui ci sono solo io che posso salvare le donzelle in pericolo!”                                  
“Giusto, hai ragione … anche se io preferivo Batman!” dissi io ridendo.                            
“Allora, se è così … me ne vado …”rispose lui, allontanandosi da me.                                  
“No! Scherzavo, dai! Vieni qui!” mi opposi io, ancorandomi tipo piovra a lui. Ridacchiando tornò ad abbracciarmi.                                                         
“Allora, che ne dici di continuare insieme la passeggiata?” mi chiese lui. Contenta  come non mai, gli risposi di si, assaporando la serata che, in compagnia del ragazzo dei miei sogni, si prospettava fantastica. Stavamo svoltando l’angolo, ridendo e scherzando, quando una luce dorata attirò la mia attenzione. Era una giacca, di un ragazzo. Lui stava camminando velocemente e riuscii a vederlo solo per un secondo. Aveva i capelli neri con dei riflessi blu, era alto ed era bellissimo. Prima di sparire, incrociò il mio sguardo. Aveva gli occhi più tristi che avessi mai visto. Pieni di dolore, rabbia, odio verso se stesso. Esprimevano una sofferenza immensa. Ma poi svoltai l’angolo e lo persi di vista. Tornai alla realtà e mi accorsi che gli altri non avevano notato nulla. Ridevano come tre secondi prima. Anche io ricominciai a scherzare, ma ancora pensavo al lui. Chissà perché era così. Chissà se riuscirà a trovare cosa cerca, il ragazzo dal cuore spezzato.
 

Piaciuto? Spero di si … attendo commenti, se volete … grazie di aver letto, al prossimo capitolo!! CIAO!
 

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Capitolo 5
*** scintille di ghiaccio ***


Salve a tutti … che poi tutti chi non lo so … cooomunque questo capitolo sarà principalmente pov Howl. E … niente, vorrei dirvi che se recensite non è che mi dispiaccia poi tanto, eh … magari solo qualche recensioncina, piccina picciò … ok, non vi ammorbo più, ciao ciao!
 

[pov Howl]
Ero appena tornato a casa. Avevo passato la notte a controllare le strade di Firenze, una delle città italiane più belle. Cercavo una casa abbandonata in cui andare a vivere con la mia ‘famiglia’. Ah, famiglia, che bella parola. Io non avevo mai avuta una, ma Sophie, lei me ne aveva donata una. Non avrei mai vissuto abbastanza per ringraziarla. Sentii dei passi scendere le scale di corsa e poi vidi Sophie che mi veniva incontro con il sorriso dolce che la caratterizzava.                             
 “Bentornato Howl” mi disse.                                                                              
“Ciao Sophie, non devi alzarti solo per me, non ce n’è bisogno, ma grazie.” Le risposi io.                                                                                           
 “Allora …” cominciò lei, “cosa hai trovato?”                                                     
“Un palazzo antico, abbandonato, ma in buono stato. Ho lasciato lì un filo magico, che mi aiuterà ad aggiungere uno spicchio colorato alla porta, in modo da raggiungere la casa velocemente. La città è davvero fantastica, ma se vuoi possiamo girare tutto il mondo. Faremo tutto ciò che desideri, Sophie”                                                                                    
“Non voglio niente di che, mi basta restare con voi” disse lei guardando a terra con le guance rosse.                                                           
“Anche per me è questa la cosa più importante, sai?”                                               
 Mi sorrise come se le avessi fatto il regalo più bello del mondo, e non potei fare altro se non sorriderle di rimando. Aveva l’innato potere di guarire i cuori degli altri con la sua gentilezza e la sua bontà. Era davvero magica.                                                                                                  
Sophie

Solo quando rimasi da solo a letto mi concessi di pensare alla ragazza. I suoi occhi avevano incrociato i miei per un solo istante, ma era bastato. Avevo visto la curiosità, la concentrazione, e infine il dolore e la comprensione. Possibile che avesse capito il mio dolore? Una ragazza sconosciuta, che era insieme ad altre persone, che non poteva nemmeno conoscere la magia, poiché in Italia era stata bandita dai tempi dei Romani, che mi capiva meglio di chiunque altro. Anche meglio di Sophie, che sapeva tutto del mio cuore e del mio dolore, e che mi aiutava. Sophie mi consolava, ma non avrebbe mai potuto capirmi. E lo speravo, perché capirmi per lei avrebbe significato passare quello che stavo passando io, e davvero non volevo. Ma quella ragazza … lei mi aveva capito. Come aveva fatto, poi, era il mistero. Ma i suoi occhi, quegli occhi neri, così profondi … erano pieni di tristezza e dolore anche prima che leggessero i sentimenti nei miei. Forse quella ragazza aveva una storia come la mia, fatta di perdite, di solitudine e di speranze. Ma era così piccola … sembrava avere 16 o 17 anni … e i suoi occhi erano quelli di una guerriera che ha perso tanto ma che continua a lottare … vorrei avere la tua forza, ragazza sconosciuta. Vorrei conoscerti per dare un nome all’essere che sembra riesca a capirmi con uno sguardo. E in uno sguardo sono passate scintille di ghiaccio, come se tu fossi magica e potente. Ti vorrei conoscere davvero …

 
Oook, lo so che fa un po’ schifo … ma non ci posso fare nulla. Duunque … cosa succederà nel prossimo capitolo secondo voi? No, lo chiedo perché io non ne ho idea, devo ancora scriverlo … Ja presto bellezze!! Ciao!!
 
 

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