Il Winchester che saltava nel tempo.

di mirmominkia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


LlllllLa m 

La mia seconda fanfiction.. spero vi piaccia:)
 

                                                                        Capitolo 1

 

 Era come stare dentro una nuvola. Delle immaggini si intravedevano oltre la fitta nebbia, ma erano complicate da percepire. Sam non sapeva dove era, e aveva dato per scontato il fatto che si trovasse all' interno della nebbia.
Allungò una mano, probabilmente per provare a prendere ciò che era invisibile ai suoi occhi. Ma neanche quelle ferme, sbiadite e quasi invisibili immaggini sembravano volessero farsi prendere.
Ma davanti ai suoi occhi qualcosa di strano stava sicuramente accadendo. Si trattava di un' ennesima immaggine comparsa improvvisamente in quella situazione cieca che lui attribuiva a fitta nebbia. L'immaggine si fermò.. proprio davanti a lui. Sam nonostante tutto non aveva affatto timore.
Sembrava invece curioso di sapere chi fosse quella piccola sagoma di fronte, ed era convinto che avrebbe potuto spiegargli tutto. L'immaggine, coperta anch'essa da probabile nebbia, allungò il braccio. Sam aveva ben capito che quel presunto bambino si era accorto di lui.
Inconsciamente allungò il braccio anche lui. Le mani dei due arrivaron prima con lo sfiorarsi, poi con lo scontrarsi. Sam rimase immobile per un pò di tempo, osservando l' immaggine ancora irriconoscibile del bambino.
La piccola figura iniziò a trascinare la manina a destra, spingendola poi verso sinistra. Sam, che ormai sembrava avere la mano incollata all' altro fece lo stesso. Più si comportava in questo modo più si rendeva conto che quella, ritenuta da lui nebbia, scomparve davanti ai suoi occhi permettendogli la focalizzazione del luogo, e con sua immensa sorpresa l'immaggine dinnanzi a lui divenne visibile, mostrando proprio un bambino.
Il piccolo vedeva l'uomo davanti a lui con aria stupita, come se tale visione fosse impossibile all'occhio umano. Sam scrutò il luogo in cui il bambino si trovava, e ancor più stupito di prima si accorse di essere in un bagno..un bagno di un motel. Restò comunque immobile per non spaventare il bambino che aveva davanti. Era un bambino sugli 8-9 anni. Non era molto alto, occhi abbastanza chiari e capelli lunghi sul castano chiaro.
I due si guardarono a lungo. Probabilmente anche il bambino rimase stupito nel trovarsi davanti un ragazzo robusto e alto; e a rendere più strana la cosa è che quest'uomo si trovava proprio riflesso nello specchio del suo bagno. Sam dopo un pò ci arrivò anche lui: capì di essere all'interno di uno specchio appannato. Se non altro questo spiegava anche il motivo della nebbia che aveva davanti agli occhi: qualcuno probabilmente era appena uscito dalla doccia.
Il bambino spezzò il silenzio, ponendo fine a quel momento di scambi di sguardi.
"Chi sei?" chiese con voce tremante.
Sam ingoiò a vuoto, senza rispondere; cosa poteva dire davanti a un bambino? Il piccolo, con un espressione tra il terrorizzato e il sorpreso, fece un passo indietro. Senza una ragione concreta Sam fece lo stesso, pur non sapendo cosa ci fosse al di là di uno specchio. La risposta gli arrivò subito: niente. Non capendo  come, Sam si ritrovò improvvisamente davanti allo specchio, affianco al bambino.
I due rimasero immobili davanti uno accanto all'altro, non capendo assolutamente nulla di ciò che fosse successo. Il piccolo si girò di scatto.
"Che cazzo vuoi?" urlò spaventato scontrandosi verso il lavandino. Le sue mani tremavano, come del resto ogni parte del suo piccolo corpo. Sam lo osservò per qualche secondo, ma capì che doveva immediatamente prender parola.
"Stai calmo, io non voglio farti niente. Potresti dirmi chi sei?" chiese dolcemente Sam.
"Cosa?" urlò il bambino. "Forse non te ne sei accorto, ma sei all' interno del mio bagno, dentro la mia camera! Sono io che dovrei farti domande!"
Sam deglutì, abbassandosi all' altezza del ragazzino.
"Hai ragione, mi spiace. Penso sia sorto un piccolo problema e.. io non ricordo cosa sia successo!"
"Cosa? Ma che stai dicendo? Ti avverto, presto mio fratello tornerà.. e ti farà a pezzi! Ti consiglio di andartene immediatamente!" urlò il bambino tenendosi strette le spalle.
Sam comprese che il piccolo era enormemente terrorizzato. Era solo in casa, e, da quel che aveva capito, stava aspettando suo fratello. Sapeva che doveva rassicurarlo, ma il primo dei suoi pensieri era come fosse giunto lì, in quel bagno.
"Ascolta, piccolo: stai tranquillo. Io non ho la minima intenzione di farti male. Insomma guardami, ti sembro cattivo?" rise Sam.
"Cosa ci fai qui?" sospirò il giovane. Sam non poteva rispondere a quella domanda, non sapeva dare una risposta. Ma doveva pur dire qualcosa. Il bambino era preoccupato, spaventato; Sam lo aveva capito dal tono della sua voce.
"Ascolta: mi spiace davvero tanto, ma non posso dare una risposta alle tue domande. Pultroppo è un mistero anche per me. Ma ti prego, tu devi aiutarmi."
Il più piccolo fece un passo indietro. Come doveva comportarsi, doveva fidarsi di uno sconosciuto? Per l' ennesima volta i due si riscambiarono molti sguardi. Il piccolo, probabilmente, aveva colto qualcosa di buono nello sguardo di Sam, e annuì con la testa.
"Grazie mille!" disse Sam strofinando la testa al piccolo, il quale rimaneva immobile davanti a lui. "Sai dirmi.. Dove siamo?"
"Bhè, se non te ne sei accorto siamo nel mio bagno! Nella camera di questo squallido motel, in questa squallida città!"
"Un motel? di che città si tratta?"
"Cosa? Siamo a Springfield nell' Ohio. Ma si può sapere come sei arrivato qui?" chiese il piccolo sconcertato.
Sam forse iniziava a capire qualcosa. Si trovava nell' Ohio, pur consapevole che poco tempo prima era in Kansas con Dean.. ah già, approposito: dove era Dean? Mille domande sfrecciarono nella testa di Sam. Non poteva chiedere ogni singola cosa a quel bambino, era già passato per un insano mentale ai suoi occhi, probabilmente.
Ricordò tutto riguardo ai pochi istanti precedenti: ricordò la casa di Bobby, ricordò suo fratello in preda all' ira, ricordò il loro ultimo litigio. Le parole dette in quel momento, però, preferì non ricordarle.
Improvvisamente un pensiero gli tuonò in testa, forse il caso poteva essere risolto.
"Un momentò!" disse tirando un lungo sospiro. "Piccolo, ma ora.. in che anno siamo?" chiese.
Il bambino lo guardò stupito. Quel ragazzo dall' aspetto così inteligente non sapeva nemmeno in che anno si trovavano.
"Davvero non lo sai?" chiese il fanciullo, senza ottenere risposta. "Siamo a settembre.. oggi è il 23 settembre 1992.
Sam a quelle parole sobbalzò. Era proprio il 1992. Come era possibile? Pochi attimi fà era il 2008, ed ora eravamo tornati indietro di 15 anni. Non se lo spiegava, non poteva essere nulla di razionale. Ma subito dopo le sue domande trovarono una risposta; nella sua mente risuonò un unico nome: Castiel.
certo, era ovvio. Dean e Sam avevano avuto una discussione, e l' angelo aveva assistito all' intera scena. Ultimamente ogni volta che succedeva qualcosa del genere ad andarci di mezzo era sempre lui. Probabilmente perchè Sam era affiancato da un demone, e quindi gli angeli lo vedevano sotto cattivo occhio. Oppure era per il semplice fatto che Dean era colui che avrebbe sventato l' Apocalisse, e Sam per lui era di certo una sorta di punto debole: la sua forza dipendeva anche dai rapporti che c'erano tra loro due. Sam stesso ammetteva che l' ultima litigata avuta con suo fratello era stata decisamente brutta, lui c' era rimasto davvero male per le parole che aveva detto, e, chiaramente, il caro Cass aveva pensato bene di punirlo, trascinandolo in un altro luogo e in un altro anno.
Con uno sguardo omicida Sam uscì dal bagno, mentre il piccolo dietro di lui lo seguiva con lo sguardo.
"Ehi, ma dove vai? che stai facendo?" chiese mentre seguiva Sam uscendo dal bagno.
"Non posso credere che quel bastardo abbia.."
"Aspetta, aspetta.. non puoi andartene così! Esigo delle spiegazione! Aspetta!" urlava a Sam.
Senza neanche guardarsi intorno Sam si diresse verso la porta, desideroso di trovare il modo di tornare a casa per spaccare la faccia a quell' angelo maledetto. Ma fu fermato dalla manina del ragazzino che gli ordinò di spiegargli tutto. Il piccoletto tutto sommato non aveva torto; si era trovato riflesso nello specchio del suo bagno il ragazzo, che successivamente l' ha riempito di domande. Il minimo indispensabile era dargli qualche spiegazione, o, senonaltro, inventargli una scusa plausibile.
"Già scusami, ero in preda alla collera. Penso di aver capito tutto ora, grazie per le informazioni!" disse Sam facendo di nuovo segno di uscire dalla stanza.
"No, aspetta! Nel caso non te ne sei reso conto.. tu sei uscito dallo specchio! E questo non mi sembra molto normale, no?" urlò il ragazzino strattonandolo.
"Pff, non parlare a me di normalità.." rise Sam. Lasciò la maniglia della porta, che fino a quel momento aveva tenuto stretta nella sua mano. Si guardò in torno: era una camera di condizioni abbastanza ristrette. Infondo alla stanza c' erano due letti, separati da un tappeto. Al centro notò un divanetto apparentemente antico con una poltrona affianco. E proprio tra questi c' era un tavolino, di dimensione minuscole.
"Cosa sta succedendo? cos'è che hai capito? perchè ti trovavi nel mio bagno? E soprattutto, chi diavolo sei?" chiese il ridotto.
"Bhè, non so ancora cosa sia successo con esattezza. Mi presento, mi chiamo Sam, Sam Winchester." rispose. A quelle parole il piccolo dilaniò gli occhi.
"cosa?" domandò esterrefatto.
"Si lo so, è strano che non sappia cosa succeda.. però.."
"No, tu.. sei Sam Winchester?" lo interruppe sbalordito.
"si, c'è qualcosa di strano?"
Il bambino non rispose. Si girò dall' altro lato, e camminò lungo la stanza. Sam lo fissava con sguardo incuriosito, forse gli nascondeva qualcosa.
"va tutto bene?" domandò.
"No, non va bene. Tu non puoi essere Sam!" urlò il piccolo. "Non puoi! Non puoi! Ma che diavolo sta succedendo qui?"
Sam non rispose. Che voleva dire? Perchè lui non poteva essere Sam?
"Perchè dici questo..?"
"Perchè.." urlò il bambino. "Perchè.. insomma!" forse ciò che stava per dire era tanto sconcertante per lui quanto per Sam. Ingoiò un paio di volte a vuoto, poi si girò verso Sam.
Sam in quell' istante notò il bambino fare un espressione strana nei suoi confronti, come se avesse veramente visto un fantasma.
"NO, perchè.." riprese il bambino "perchè.. sono io Sam Winchester!" concluse.
A quelle parole Sam dilaniò gli occhi. Quel ragazzino era Sam Winchester, quel ragazzino era lui. Ora per Sam era tutto chiaro.

 

23 settembre, 2008. Discarica delle auto: officina di Bobby.
Dean si trovava nuovamente alle prese con l' Impala, la quale mostrava altri problemi al motore. Le temperature erano alte, anche se l' estate era passata ormai da due giorni. Dean si passò una mano sulla fronte, ripensando a ciò che era avvenuto un' oretta prima. Anche se non lo voleva ammettere, gli dispiaceva molto.
"Pff, mi dispiace? Che cazzata. Sam è stato davvero uno stupido." disse tra sè e sè.
Le parole dette da Sam gli sfrecciavano nella mente come lampi, e in  qulache modo gli squarciavano il cuore come lame affilate. Non voleva pensarci, eppure non riusciva a fare altro. Ultimamente litigavano spesso, e sempre per le solite ragioni, ma questa volta era stato davvero terribile.
"Dean, va tutto bene?" disse un vocione dietro di lui, spezzando tutta la serie di riflessioni che stava facendo in quel momento.
"si, Bobby. Va tutto bene!" rispose con aria appassita. senza scambiare alcuno sguardo con il vecchio cacciatore, Deam afferrò la clava, e continuò a lavorare sull' auto con la testa bassa.
Bobby osservava a malavoglia il ragazzo, che sembrava avere sempre più un aria sciupata.
"Vuoi entrare un pò in casa, Dean? ti preparò qualcosa da mettere sotto i denti." chiese.
"No ti ringrazio Bobby, sto bene così."
Per quanto Dean fosse ottuso, Bobby lo era molto di più. Avrebbe fatto di tutto per strappare il giovane compagno dal lavoro sull' auto.
"Dai Dean! entra un pò, almeno bevi qualcosa.. con questo caldo!"
"Ti ho detto che sto bene!" sussurrò Dean.
"Dean su, entra in casa. Riguardo a quello che è successo prima.."
"Zitto! levati dalle scatole! Ho detto che sto bene ok?" urlò furioso il ragazzo, saltando in piedi. "Sto bene, Sto bene! Mi sono stufato di ripeterlo. Adesso lasciatemi in pace!"
Il vecchio cacciatore, che prima d' ora non aveva mai temuto i suoi ragazzi, decise di lasciare stare Dean. Forse aveva solo bisogno di tempo.
"Ah Dean, dovresti parlare con Sam! questa storia va risolta." disse Bobby prima di congedarsi.
Il ragazzo, si strofinò gli occhi. Tutto quello che era successo lo rattristava profondamente. Forse Bobby aveva ragione, doveva andare da suo fratello, doveva parlare con lui, e dovevano chiarire quella questione una volta per tutte. Ma Dean aveva paura di vedere Sam. In parte si vergognava, in parte temeva che gli avrebbe spaccato la faccia.
Perchè, si chiedeva. Perchè dopo tutto quel tempo dovevano continuare a fare certi discorsi? Perchè il loro passato veniva continuamente messo in discussione? Sam non era soddisfatto? Perchè si fidava più di Ruby, un demone, che di suo fratello? Dean aveva cercato più volte di chiederglielo e di ottenere una risposta, ma questa volta la situazione era davvero precipitata. Solo grazie all' intervento di Bobby si era trattenuto nell' uccidere di botte suo fratello. Si vergognava di quanta ira avesse liberato.
Rimase immobile, davanti all' auto con le braccia conserte. Con le mani sporche, per aver toccato i rottami, si strofinò nuovamente gli occhi.
"Piangi, Dean?"
Dean Balzò sulla sua postazione. Non si aspettava l' arrivo di Castiel dietro di sè.
"Cass, dovresti informarmi prima di comparire così all' improvviso.!"
"incredibile, Dean Winchester piange. Ti ha davvero fatto male quel che è successo prima con tuo fratello, eh?" sussurrò l' angelo, avvicinandosi lentamente a Dean.
"Cosa? No, non stavo piangendo. Mi era solo andato qualcosa nell' occhio. E riguardo a quello che è successo con Sam, non voglio parlarne!"
"Ci sei davvero rimasto così male?"
"Cass, ti prego.. mi basta Bobby, non ti ci mettere anche tu." disse supplichevole all' angelo.
Castiel si voltò dalla parte opposta. Non sapeva il perchè, ma vedere lo sguardo triste di Dean riempiva anche il suo cuore di tristezza.
"Dean.." disse poi l' angelo a bassa voce. "raccontami quello che è successo. Ti prego, dimmi cosa è successo con Sam prima!"
"Pensavo l' avresti visto, sei un angelo dopo tutto." rispose.
Castiel guardò Dean con uno sguardo di superiorità, e avvicinandosi gli disse: "infatti!"
Dean si convinse ancor di più che in tutta la sua vita non avrebbe mai capito il ragionamento degli angeli, ma gli occhi di Cass erano supplichevoli, e lui non potè far altro che raccontargli tutto.


23 settembre, 1992. Stanza del motel: Ohio.
"Io sono Sam Winchester!"
A quelle parole Sam era rimasto paralizzato. Era tornato indietro nel tempo, per mano di Castiel probabilmente. Era finito dentro uno specchio, nella stanza di un motel. Ma cosa più incredibile, aveva incontrato se stesso. Dove voleva arrivare Castiel? Cosa voleva ottenere? Una cosa certa è che doveva assolutamente trovare a casa, ma non poteva lasciare il giovane Sammy in questa condizione di spaesaggio.
Doveva trovare le parole per spiegare ogni cosa. Facendo alcuni passi indietro si accasciò sulla poltrona, mentre il piccolo seguiva ogni suo movimento con lo sguardo. Sospirò più volte.
"Fammi capire una cosa, tu sei me?" chiese sconcertato il bambino.
Sam non rispose subito. Fece cenno al bambino di avvicinarsi a lui, e delicatamente gli posò una mano sulla spalla.
"Io vengo dal futuro. Non so se posso spiegarti ogni cosa, non so se le creature superiori a noi me lo permetterebbero!"
"Ma di chi diavolo stai parlando?" chiese Sammy sempre più frustrato. " Non c'entreranno mica i demoni in tutta questa storia?"
Sam scoppiò a ridere. Non c' era una vera e propria ragione, ma vedere il suo piccolo "lui" in quella situazione lo divertiva. Era come se nella sua mente tutta l' infanzia passata tra incertezze e paure gli si ripresentasse davanti. E quel maledetto angelo che lo aveva spedito in quel luogo era consapevole del fatto che avrebbe vissuto certe sensazioni; nella sua mente lo mandò a quel paese.
"Sarò un armadio di due metri da grande!" rise il piccolo, seguendo a ruota libera il più grande. Ma l' atmosfera si fece nuovamente seria. Non potevano andare avanti così.
"Quindi già sai dell' esistenza dei mostri.." sussurrò Sam. "Dean te l' ha già spiegato."
"Si, la sera di Natale dell' anno scorso!"
Sam si convinse ancora di più di quanto la litigata avuta precedentemente col fratello sia stata giustamente messa in atto. Se in quella sera Dean avesse tenuto la bocca chiusa, lui avrebbe potuto vivere una vita normale, lontano dal pensiero dell' esistenza dei demoni, dei mostri e di quant' altro. Sapeva che era il ragionamento di un egoista, ma dopo tutto quel che era successo lui voleva solo essere normale. Della sua adolescenza ricordava molto poco, come se la maggior parte delle cose le avesse rimosse. Ed ora era lì, davanti al piccolo Sammy. Poteva chiedergli tutto, fagli qualsiasi domanda a cui non riusciva a dare una risposta: poteva chiedere come si sentisse, cosa doveva combattere, se era felice di quella vita; e invece chiese solo una cosa.
"Cosa pensi di tuo fratello, Sammy?"
Il piccolo alzò immediatamente lo sguardo. Rimase immobile, forse a riflettere, o forse a ricordare. Fece un lungo sospiro.
"Mio fratello è un coglione!" rise il piccolo. "Ma tra i coglioni è il migliore! Ha scelto lui stesso di rendermi partecipe a questa vita.. poteva non farlo, eppure lo ha fatto. Lo ha fatto perchè.. perchè mi vuole bene, credo!"
Sam rimase di stucco. Erano questi pensieri che a quell' età aveva di suo fratello.
"Voglio bene a Dean. Ha sempre fatto di tutto per proteggermi. A volte può essere severo, o violento. Ma adora tirar fuori i suoi aspetti da cattivone ogni tanto, e io accetto questa cosa, fà parte del suo carattere." continuava Sammy.
" Si, questo lo so bene!" rise Sam. Ma nella sua risata era visibile qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che in qualche modo lo commuoveva.
"Succede qualcosa tra di voi? insomma, com' è il vostro rapporto?" chiese il Bambino.
Sam ingoiò a vuoto un paio di volte. Rimase in silenzio per qualche secondo.
"Io e Dean ci vogliamo molto bene. Lui sarebbe disposto a morire per me (nel vero senso della parola), e io farei lo stesso! Delle volte succede che abbiamo delle discussioni, ma riusciamo sempre a risolvere ogni cosa." rispose poi.
Il piccolo Sammy comprese che ciò che stava scoltando aveva qualcosa a che fare con il salto nel tempo. Era già abbastanza sveglio a quell' età. Ma proprio quando Sammy chiese al più grande se tutto questo aveva a che fare con una loro litigata, Sam non rispose. Probabilmente non voleva che il piccolo conoscesse la verità sulla morte di Dean, su Ruby e sul sangue demoniaco. Senza dare apiegazioni si limitò a dire di si.
" Io e Dean, cioè tu e Dean, litigate spesso?"
"Bhè, ultimamente si, succede spesso. Ma sappi che questo non cambia il nostro rapporto." Per dire tali parole Sam dovette fare un lungo respiro. In quell' occasione odiava suo fratello, lo riteneva falso per quello a cui precedentemente aveva assistito. Ma per l' equilibrio dei rapporti fraterni rimase in silenzio, e si limitò a dire ciò che fino a un' ora prima credeva veramente.
"A proposito di Dean.. dove è ora?" chiese poi al più piccolo.
"Oddio, tornerà in breve. Come gli spieghiamo questa situazione?" si preoccupò Sammy.
"Non preoccuparti piccolo. Dean conosce queste cose, non penso si farà problemi! Gli dirò la verità." esclamò Sam, rassicurando il ragazzino.
Ripensandoci era felice di aver conosciuto se stesso, ed era felice di quanto il piccolo gli aveva detto. Ma nel cuore sentiva un peso enorme, e quel peso era proprio suo fratello. Avrebbe voluto vederlo, gli avrebbe voluto chiedere scusa abbracciandolo. Nella sua mente ricordò gli occhi di Dean, ricordò quanto odio e rabbia avevano. Non aveva mai visto il fratello così.. era una brutta sensazione.
"E per quanto riguarda papà? Dove è ora?" chiese.
"Chiamarlo papà è una parola grossa. Tu dovresti saperlo!"
"Non parlare così. Fidati, un giorno ti mancherà, e ti accorgerai di volergli davvero bene."
"Ne dubito, sai?" affermò Sammy. "Comunque non so con esatezza cosa stia facendo. Ci ha portati qui, ed è scomparso poco dopo. Dean dice che deve finire il lavoro."
"Capisco!" terminò Sam.
Da quel che aveva capito il rancore che provava nei confronti del padre già era presente quando era ancora molto piccolo. Questo deve aver fatto molto male a John, ma sicuramente lo stesso valeva per Dean, che in tutta la sua vita aveva sempre stimato il padre.
La porta si aprì improvvisamente. Sam sobbalzò dal suo posto.
"Dean, sei tornato?" chiese il piccolo Sammy andando verso la porta.
Sam vide una figura al lato della porta entrare lentamente. Era più alto di Sammy, e appena lo vide gli diede una pacca sulla spalla.
"Si, Sam. Ti ho preso la cena!" disse.
Sam si ritrovò al cospetto di un ragazzetto castano, con una strana pettinatura. Occhi verdi e sguardo sbarazzino. Nel vederlo quasi si commosse. Ricordava a malapena come fosse suo fratello a 13 anni. E le foto erano così poche da non aiutare affatto la mente di Sam. Con i suoi due metri di altezza Sam si alzò in piedi avvicinandosi al ragazzo. Doveva spiegare tutto, dire chi era e cosa era successo.

Davanti a lui c' era Dean, il suo fratellone.


Continua..





 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


  Ecco il nuovo capitolo :)
scusate se questo rispetto al primo è molto più breve, ma lo studio richiede il suo impegno e ho avuto poco tempo per scrivere.. ma vi prometto che mi rifarò al terzo capitolo!!                                                                                                       

                                             Capitolo 2
 

23 settembre, 2008. Discarica delle auto: officina di Bobby.

Dean era rimasto immobile per tutta la spiegazione dei fatti. Cass non l' aveva visto muoversi di un millimetro dal suo posto. Era lì, di fronte a lui, voltato chiaramente, nascondendo il volto, e gli occhi sopratutto, sicuramente appannati dalle lacrime. L' angelo era stato in silenzio tutto il tempo, voleva solo ascoltare quando Dean aveva da dirgli. Eppure, in cuor suo, sentiva una sorta di pulsazione, che, in qualche modo andava a tempo con la tremolante voce del ragazzo. Non sapeva il perchè, ma se stava male Dean, stava male anche lui.
Dean continuava a dire di dover tornare a casa, di andare da Sam e di parlargli.

" Non troverai tuo fratello in casa!" esclamò l' angelo.

Dean si era ormai fatto coraggio. Aveva preso un lungo respiro, e nella sua testa continuava a pensare di dover andare a parlare con Sam. Si alzò velocemente dalla sua postazione, e con un cenno fece segno all' angelo di andarsene. Doveva affrontare suo fratello guardandolo negli occhi, dicendogli tutto ciò che aveva i mente, senza insultarlo, o prendendosi a pugni: sarebbe stata una conversazione come le altre. Si vergognava all' idea di dover cercare lui Sam, ma quella situazione era troppo estnuante per lui, era come se dei coltelli lacerassero il suo cuore. Ricordava ogni istante di quelo che era successo precedentemente, anche se in quel momento era vittima dell' ira. Pensò come aveva potuto essere così coglione da dire certe cose a Sam, conoscendo la sensibilità del fratello. Ma dopotutto il fratello lo aveva stuzziccato, sapeva bene che certi argomenti erano meglio non trattarli con Dean.
Fece alcuni passi avanti, sempre più intento nella sua missione, quando la voce di Castiel gli risuonò nelle orecchie. Sam non era in casa? E dove si era diretto, allora?
Si girò di scatto, osservando l' angelo.

"Che vuol dire che non è in casa? Dov'è?" chiese.

"Ora hai davvero voglia di scusarti? pensavo che fino a poco fà non l' avresti mai fatto." rispose con un tono di superiorità l' angelo. " Fammi indovinare, ora tu andrai da lui, parlerete, vi chiederete scusa, e poi.. e poi?"

"Bhè, sulle lunghe il piano è questo. Poi avremmo il rapporto che avevamo fino a un'ora fà!"

"No, Dean. Poi niente.. Arriverà domani, e continuerete a parlare del solito argomento, delle solite questioni, e dei soliti problemi che vi avviliscono. Non cambierà niente!" urlò Castiel avvicinandosi velocemente verso il ragazzo.
Dean non rispose. Stava cercando di capire dove Cass volesse arrivare. Sentiva il suo respiro addosso, ma non si mosse.

"cosa vuoi che faccia?" sussurrò. "Che vuoi che faccia con Sam? Lui.. è mio fratello! Io ci sarò sempre e comunque per lui, nonostante quel che succede.!" terminò arrivando a toni molto più alti della voce.

" Questo non vi porterà a nulla. Dovete imparare, dovete affrontare una prova."
A quelle parole Dean si impietrosì. Di che prova parlava? Era convinto del fatto che Cass aveva in mente altre punizioni per Sam, sapeva che lo riteneva responsabile della sua debolezza, ma che poteva fare?

"Io vado da Sam, voglio parlarci! E ci vado ora." disse, mentre con uno spintone allontanò Castiel.

"Te l' ho detto,Dean: Sam non c'è!"
Dean tornò velocemente indietro con uno sguardo omicida, e afferrò l' angelo per il suo impermeabile.

"E allora cosa cazzo aspetti a dirmi dov'è, maledizione?" disse sfogandosi con l' angelo.
Ma Castiel non rispose. Era lì, di fronte a lui, in silenzio, accennando a un sorrisino compiaciuto. Osservava lo Sguardo da incazzato di Dean, e gli piaceva: adorava quello sguardo.

"E va bene, te lo dico. Tu e Sam dovete imparare. Pensate di conoscervi, ma non è così. Ci sono davvero tante cose che dovete ancora comprendere voi due."

"Cass, rispondimi." urlò Dean con quanto fiato aveva in gola. "Dove cazzo è mio fratello?"

"Non è il caso che ti scaldi Dean!" disse l' angelo con tono sicuro e tranquillo. "Lui sta facendo una gita.. una gita nel 1992!"
Dean non rispose. Lasciò l' impermeabile di Cass che aveva tenuto stretto nelle sue mani fino a poco prima, e iniziò a riflettere. Perchè Sam era nel 1992? Ma la risposta era chiara come l' acqua.

"Brutto bastardo, perchè hai mandato mio fratello nel 1992? Cos' è che hai in mente?" urlò minacciosamente.
Cass si girò dal lato opposto, e iniziò a camminare.

"Considerala una sorta di prova. E questo non vale solo per lui, presto anche tu avrai una visita." così parlò scuotendo la mano. Poco dopo Dean era rimasto solo, Castiel era sparito magicamente.
Il ragazzo si passò la mano fra i capelli più volte, sospirando. Non ci stava capendo più niente, perchè quella situazione si era sorprendentemente complicata.

"Cass, maledizione. Non puoi lasciarmi così! Devi spiegarmi cosa succede! Cass!" urlò. "Vaffanculo!"
Dean non sapeva come sfogarsi. Inavvertitamente tirò un pugno contro il primo rottame che trovò sotto tiro, poi tirò fuori il cellulare dalla tasca.

"Rispondi, Sam. Ti prego, rispondi!" farneticava. Fece il numero di suo fratello, curioso di capire dove fosse, eppure il numero risultava inesistente. In preda alla collera scaraventò lontano il cellulare.
Cosa doveva fare? Chi doveva aspettare? Dov' era suo fratello?
Perchè quel maledetto angelo continuava a mettersi in mezzo tra loro due, e perchè nonostante tutto non riusciva a odiarlo?


Flashback: 2 ore prima..

Sam era seduto sulla sedia, nella cucina di Bobby. Mille pensieri sfrecciavano nella sua mente. Ricordava ogni singola cosa di ciò che Dean gli aveva raccontato la sera prima riguardo al suo sogno, e non sapeva davvero come interpretare la cosa.
Come doveva comportarsi con suo fratello ora che conosceva tutta la verità su ciò che lui pensava? Era sempre più confuso, ma doveva affrontare Dean, pur sapendo che certi argomenti lo turbavano. Sentiva il bisogno di parlargli e di dirgli ciò che pensava anche lui.

"Tutto bene, Sam?"
La sua riflessione fu interrotta dall' arrivo di Bobby, che era intenzionato a distrarlo da quel mare di pensieri che lo affliggevano. Sam ingogiò a vuoto.

"Si, Bobby. Grazie, va tutto bene!" rispose.

"Sei sicuro? Mi sembri turbato!"

"No ti giuro, sto bene!" ribbattè alzandosi in piedi. "Voglio solo parlare con Dean!"

Bobby si scansò dalla sua postazione, rendendo possibile il passaggio a Sam.
"D' accordo. Lo troverai nella discarica d'auto, stà cercando alcuni pezzi riutilizzabili da usare per aggiustare l' impala." aggiunse poi il vecchio cacciatore con tono rassegnato.

"Grazie mille, Bobby."
Con un  sottile sorriso Sam si diresse lungo la porta, a grandi passi. Era intenzionato di ricevere delle risposte dal fratello riguardo a tutte le domande che si era posto la notte precedente.
Non riusciva a togliersi dalla testa le parole del fratello, anzi riusciva quasi ad immagginare una situazione del genere. Dean aveva sognato se stesso.. aveva sognato di lottare con se stesso; questo poteva solo significare, da quel che Sam riusciva a comprendere, che Dean temeva sè stesso. Si, ne era sicuro: suo fratello era spèaventato all' idea di dover andare all' inferno, era spaventato di ciò che sarebbe diventato, e temeva che se ne sarebbe andato senza sistemare le cose con suo fratello. Eppure ora Dean era con lui.. era tornato dall' inferno. Erano insieme, proprio come 4 mesi fà.
Nonostante tutto Dean non aveva dimenticato quel sogno, quelle immaggini, che solo dopo tutto questo tempo aveva deciso di dire a suo fratello. Sam non faceva altro che pensare alle parole di Dean, che mostravano tutta la frustrazione raccolta in quegli anni di caccia, e di sofferenza passati con John.

"Ho sbagliato tutto!" disse tra sè e sè.
Il suo passo si faceva sempre più lungo. Dean era lì, poteva comparire in qualsiasi momento, da qualsiasi parte.

"Ho sbagliato fin dall' inizio.." continò sussurando. "Ne sono consapevole, devo aggiustare questa storia, e chiedere scusa per gli errori che ho fatto!"

"Di che errori parli?" disse Dean con un sorrisetto malizioso comparendo vicino al fratellino.

"Dean?" sobbalzò il più piccolo. "Mi hai fatto prendere un colpo."

Dean inavvertitamente scoppiò a ridere, senza un valido motivo. Lo divertiva sempre prendere in giro il fratellino.

"Ti stavo cercando!" aggiunse Sam.

"Bhè mi hai trovato! Che ti serve?"
Sam rimase per un momento in silenzio. Dean sembrava felice, forse la chiacchierata della sera precedente gli erano serviti da sfogo. Sam si compiasse di questo; era bello dopo tanto vedere un sorriso sul volto di Dean, anche se si trattava di malizia.

"Allora?" ribattè Dean impaziente.

"Ecco.. ha a che fare con ciò che mi hai detto ieri."
Dean si voltò, smettendo di guardare il fratello in faccia. Sam se lo aspettava che avrebbe reagito così. Era chiaro che non voleva riaffrontare la uestione sull' inferno e sui periodi passati, ma Sam aveva il desiderio di chiedere spiegazioni.

"Dean, te la senti di affrontare l' argomento?"

Il maggiore sbuffò.
"Certo, su! Togliamoci il pensiero" terminò. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


E dopo tanto ecco anche il terzo capitolo :D
scusate il ritardo.. in questi giorni sono stato un pò depresso!  Non volevo continuare questa ff ma poi mi sono convinto u.u
TIRATEMI UN Pò SU IL MORALE CON LE RECENSIONI!!!  (si acettano, anzi si pretendono, critiche)                                







                                      Capitolo 3 




 

23 settembre 1992: stanza del motel, Ohio.

Sam era rimasto alto, drizzato in piedi con lo sguardo fisso su quella porta semiaperta. Non si faceva avanti, non voleva farsi avanti.

"Dean, devo dirti una cosa.." esclamò il piccolo Sammy afferrando la giacca del fratello.
Il fratello maggiore si girò di scatto, trovando davanti ai suoi occhi, quel ragazzone alto e robusto. In un primo momento fece una smorfia indifferente con la faccia, ma quando si rese conto di avere un estraneo all' interno della camera zompò sul suo posto.

"Ehm.. eh eh," rise Sam. "Ciao, Dean!"
Dean non rispose al saluto. Non conosceva quell' uomo, non l' aveva mai visto prima, eppure lo aveva appena salutato gentilmente.
Afferrò il fratellino per la spalla, e posò violentemente la sua testa sul collo del più piccolo.
"Questo è un tuo amico?" chiese minacciosamente.

Sam, per quanto sembrasse strano, si divertiva a vedere quei due ragazzini che aveva identificato come il segno della sua infanzia.
"Abbiamo molte cose da spiegarti, Dean!" disse con voce tranquilla.

Dean scosse il capo, e dopo aver ingoiato a vuoto trascinò la mano dietro la tasca dei jeans, come se intenzionato a prendere qualcosa.
"Sei un demone?" chiese minacciosamente.

Sam scoppiò in una risata improvvisa. Lo divertiva vedere quanto Dean fosse preoccupato, o notare il modo in cui aveva trascinato il fratellino dietro la sua schiena in modo protettivo. Ricordò questi piccoli gesti anch' essi come segni della sua infanzia. Dopotutto Dean aveva fatto tanto per lui, e sapeva di volergli un gran bene.
Il piccolo Dean guardava quello da lui ritenuto un demone con aria sconcertata.
"Si può sapere chi cazzo sei?" urlò in maniera particolarmente irritata.

Sam si avvicinò ai due bambini.
"Ciao, Dean." ripetè sorridendo. "Sono.. tuo fratello, sono Sam!"
Il giovane ragazzo dilaniò gli occhi, stupito.
"Cosa?" urlò. "Ma che cazzo stai dicendo, chi cazzo credi di sfottere?"
Lentamente indietreggiava lungo la porta, tenendo Sammy stretto a sè.

"So che sembra strano, Dean. Ma sono io, sono proprio io!"
"Stai zitto!" urlò infuriato. "Lui. è lui mio fratello! Lui è Sam!" disse indicando il fratello.

Il piccolo Sammy si divincolò dalla stretta del fratello, ponendosi al centro tra i due.
"Dean, è vero! Lui è me.." disse rivolto al maggiore.
Suo fratello lo fissava con aria disinvolta, quasi come se non gli stesse dando retta.
"Smettila, Sam. Lui è solo un altro sporco demone, e i demoni mentono. Lo ucciderò con le mie stesse mani."
Il più grande tra i tre si inginocchiò, così da rqaggiungere le altezze dei due ragazzi.
"Non sono un demone! Ascoltate la situazione è strana, e si complica sempre di più. Questo lo so, ma dovete fidarmi di me." disse con aria rassicurante. "Pultroppo ora voi siete nel bel mezzo di questo problema, creato da poteri superiori."
Dean lo fissava sconvolto.
"Di che stai parlando? Di che poteri parli?" disse minacciosamente.
Sam sbuffò. Conosceva suo fratello, e sapeva quanto fosse testardo sotto certi aspetti.
"Devi fidarti di me." disse supplichevole. "Dean, quant' è vero che sono tuo fratello devi darmi la possibilità di avervi al mio fianco per uscire da questa situazione."
Dean strinse il fratellino a sè, tenendogli la testa stretta tra le mani.
"Ti prometto.. vi prometto.. che andrà tutto bene." terminò Sam.

Sammy alzò la testa, in prossimità del fratello.
"Stà dicendo la verità, dobbiamo ascoltarlo." disse.
Dean si girò di scatto verso la porta, sospirando più volte. Non era sicuro di niente, e non aveva alcuna certezza. Ma si rendeva conto di iniziare a non capirci più nulla.

"Fidati!" sussurrò nuovamente Sam.
Il ragazzetto si passò le mani tra i capelli.
"Così, tu sei mio fratello?!"
Sam si rimise eretto su stesso.
"Bhè.. è come sarò tra qualche anno!" rispose.
Dean sbuffò scocciato.

"Va bene, va bene! Ti credo.. ma dovrai spiegarmi tutto, raccontarmi ogni cosa, e, se tutta questa storia è una balla, non te la farò passare liscia." ribbattè puntandogli il dito contro.
Detto questo scansò il fratello da davanti a sè, dirigendosi verso il bagno.
Sam tirò un lungo sospirò, incrociando il suo sguardo con quello del suo piccolo sosia, che sembrava divertito dalla situazione.
"Non vedo l' ora.." disse amareggiato.

 


23 settembre 2008: Casa di Bobby.

Dean continuava a girare per tutta la casa, urlando invano il nome di Sam.
Bobby lo aveva appena raggiunto in salotto, e si era fatto raccontare nei dettagli ogni singola cosa. Si stava comodamente rilassandoin cucina, in compagnia di una lattina fumeggiante di birra, quando venne irrimediabilmente disturbato dalle urla di Dean.

"Quel maledetto angelo.. se solo gli metto le mani addosso.." ringhiò inferocito.
"cerca di calmarti, cosa ti ha detto di preciso quel Castiel?" chiese Bobby cercando di far sbollire la testa di Dean.
Il ragazzo continuava a girare intondo per la camera, passandosi più volte le mani tra i capelli.
"Sam è nel 1992, Sam è nel 1992!" continuava a ripetere.

Che cosa doveva fare? Non poteva stare con le mani in mano quando sapeva che suo fratello poteva trovarsi disorientato, o, peggio, nei guai.
"Che cosa posso fare?" sussurrava.
Bobby lo afferrò per le spalle, scuotendolo. I suoi occhi erano lucidi, e il suo volto disperato.
"Adesso tu ti calmi.." ordinò il vecchio cacciatore. "Se quell' angelo ha detto che presto giungerà una visita anche per te, non ci resta che rimanere qui immobili ad adpettare."
Le guance di Dean si rigarono improvvisamente, e di scatto abbassò la testa.
"No, Bobby.. non posso!" Il tono della sua voce era straziante, come se stesse piangendo.
"Qual' è il problema, Dean?" urlò l' altro, continuando a scuotere il corpo dell' amico.
Dean divincolandosi da quella presa spinse violentemente Bobby contro il muro, che accennò un leggero segno di dolore. Alzò lo sguardo affranto. Poi le sue labbra si curvarono, i suoi occhi si infiammarono di rabbia.
"Sono io! Sono io il problema.." urlò. "Quello che ho fatto è il problema, il modo in cui ho lasciato Sam! Tutto è un grande problema!"

Dopo essersi leggermente sogato cadde sul divano, afferrandosi le tempie con le dita.
Bobby non si era mosso, nemmeno di un centimetro.
"Ti prego Dean, dammi retta. Aspettiamo un pò."
Il ragazzo non rispose. Rimase immobile, seduto sul divano, tormentato da tutti i suoi pensieri.

 


23 settembre 1992: stanza del motel, Ohio.

"Bhè l' ha presa meglio di quanto mi aspettassi!" disse Sam sorridendo al più piccolo.
Il piccolo Sammy sembrava perplesso, come se avesse notato un particolare che fino a quel momento era sfuggito.

"Ehi, piccolo.. va tutto bene?"
"Bhè.. no. Come facciamo a scoprire.. tutto ciò che c' è da scoprire?" rispose confuso.
Sam rise. Questa era una bella domanda. Non sapeva nulla su come tornare a casa; tutto dipendeva dalla volontà di Cass, che sicuramente aveva deciso di mettere i due fratelli Winchester alla prova.

Dean tornò dal bagno dopo essersi andato a dare una sciaccquata. E indifferente si mise a sedere sulla poltrona, proprio di fronte a Sam.
"Allora?" chiese quaso con aria scocciata.
"Allora.. cosa?"
Dean Sbuffò.
"Il minimo sarebbe avere qualche spiegazione non credi.."
"Ancora non mi credi, vero?"
Dean non rispose. Probabilmente non si fidava ancora di quello strano ragazzo comparso improvvisamente in camera sua.
"Te lo assicuro, sono io.."
"Ah si.." continuò il ragazzetto con un tono di superiorità. "Sammy mi conosce meglio di chiunque altro, se è vero che sei lui.. dimmi qualcosa che ho rivelato solo a lui."
Sam sorrise di gusto. Una simile affermazione da suo fratello se l' aspettava.
"E va bene. La notte hai il vizio di dormire scoperto, e sempre in pancia in giù; lo fai perchè dici che.. aiuta l' orgasmo." affermò Sam, incrociando le braccia.
Al suono di quelle parole la faccia di Dean divenne completamente rossa. Non aveva mai raccontato queste cose a nessuno, nemmeno a suo padre. Lo aveva detto una volta, tanto tempo prima, a suo fratello.. e pensava che lo avesse già dimenticato. Ma l' evidente afermò il contrario.
Il fratellino scoppiò in una risata improvvisa, provocando l' ira del maggiore che gli tirò uno scappellotto sulla testa.
"Ho ragione, Dean?" chiese ironicamente Sam.
Dean inrociò le braccia, appoggiandosi allo schienale. Non poteva negare l' evidenza.
"E va bene, è possibile che tu abbia ragione."

Sam cercò ancora di convincere quel testardello, raccontadogli quello che gli era successo un' oretta prima e di come era uscito dallo specchio del bagno.
Per quanto potesse sembrare incredibile, Dean si accorse di come i fatti coincidevano perfettamente. Quello era suo fratello, quello era il suo adorato Sammy.
"Bhè.. è strano, questo non posso negarlo." disse.
"E non sai quanto è strano per me, che mi sono ritrovato qui a rivivere tutto ciò che ritenevo solo un ricordo."
Dean rise.
"Non credo. Tu dovresti essere il mio fratellino, eppure ora tra di noi ci sono dieci anni di differenza."
Sam non rispose. Effettivamente non era l' unica vittima dell' evento che stava subendo. Quei due bambini si erano ritrovati partecipi a tutto questo senza aver atto niente, e il Dean del 2008 probabilmente era preoccupato per lui. Ripensando a suo fratello gli si gelò il sangue. Chissà cosa stava facendo ora, e chissà se era ancora arrabbiato per quello che era successo tempo prima. Sam non poteva nasconderlo: Dean gli mancava, specialmente in questa situazione. Non era orgoglioso, non lo era mai stato, e ammettè di odiare questa situazione in mancanza di suo fratello.

Improvvisamente il telefono accanto al piccolo Sammy squillò, facendo sobbalzare il piccolo.
"Sammy, è il mio cellulare. Passamelo, mi stanno chiamando." disse Dean.
"Ecco!" Sammy allungò il braccio verso il fratello, passandogli il cellulare che aveva appena richiesto.
Quando guardò il nome sullo schermo dilaniò gli occhi.
"Va tutto bene?" chiese il più piccolo.
Dean non rispose, era rimasto bloccato davanti al cellulare.
"Dean?!" urlò nuovamente il fratellino.
Mosse leggermente le labbra.
"Papà.. è papà!" disse poi.

Sam si alzò dal divano, iniziandosi ad agitare.
"Non dirgli che sono qua, non dirgli nulla di nulla di ciò che è accaduto.." supplicò.
"Ma lui può aiutarci!"
"Dean, no! Ti prego.. è una cosa tra di noi!" continuò gesticolando. "C'è di mezzo già troppa gente."
In un primo momento Dean rimase immobile, fissando Sam. Lui avrebbe voluto dire tutto al padre, sicuro che sarebbe stato in grado di aggiustare la questione. Poi decise di fidarsi del presunto fratello, facendo con la testa un cenno di accordo.
"Pronto.." sussurrò con un filo di voce attaccando il volto allo schermo.
"Dean sei tu?"
Alla voce del padre Sam si pietrificò, stava sentendo di nuovo la voce di suo padre. Ammetteva che dopo tutto quel tempo la cosa gli mancava. Avrebbe voluto afferrare quel cellullare, parlare con suo padre, ancora una volta. Poteva farlo; poteva dirgli tutto ciò che volrva: che lo odiava, che gli mancava, che gli dispiaceva. Eppure rimase lì, immobile, curioso solo di sentire cosa avesse da dire al maggiore dei Winchester.
Non capiva il perchè, ma sentiva un brutto presentimento. Alle porte c' era un nuovo imminente pericolo.
Non aveva mai desiderato suo fratello come in questo momento. Se Dean fosse stato qui avrebbe avuto qualche idea, forse, anche se stupida. O forse ciò che a Sam bastava era semplicemente averlo vicino e sentirsi rassicurato.
Si, gli mancava suo fratello. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 E salve a tutti :D
ecco il quarto capitolo.. da qui inizia la trama vera e propria, anche se la vera svolta si avrà dal capitolo successivo.. quindi abbiate pazienza xD

ringrazio come sempre quelli che mi seguono, chi ha aggiunto le storie tra le seguite e chi tra le preferite.. un grazie poi a tutti coloro che commentano!!!
e un grazie in particolare a      yaal      che mi commenta sempre, e mi dà anche la forza di continuare xD

mi raccomando commentate.. che mi interessano i vostri pareri :)






Capitolo 4

 


23 settembre 1992: stanza del motel, Ohio.

"Papà, sei proprio tu?"
Dean rispose con un filo di voce al cellulare.

Sam Winchester era accanto a lui, in pedi con le braccia conserte. Aveva precedentemente supplicato il fratello di non rivelare nulla al padre di quanto era successo. E Dean, dopo un leggero tentennare aveva accettato la cosa.
Il maggiore dei Winchester aveva sempre stimato il padre, ed era convinto che, se avessero detto tutto, sarebbe stato in grado anche di aiutarli. John conosceva molte cose, e questo i suoi figli lo sapevano bene.

Così, dopo quanto successe, Sam si limitò a rimanere attaccato allo schienale del divano con le gambe, curioso di quanto suo padre aveva da dire.

"Che cosa?"
Gli occhi di Dean si dilatarono mostruosamente.

I due Sam affianco a lui lo fissavano con aria sconcertata, chiedendosi cosa ci fosse di tanto particolare nelle parole che stava ascoltando.

"Dean mi raccomando, non fare cazzate!" si raccomandò John. "Non uscite dal motel, io arriverò lì tra un paio di giorni."
Il giovane si limitò a fare suoni di accondiscendenza con la voce.
"Mi raccomando, tieni d' occhio Sammy!"

Queste furono le ultime parole dettate da John al maggiore di casa, prima che la chiamata venne interrotta.
Dean era rimasto immobile, con ancora attaccato il cellulare all' orecchio. Il suo volto era un misto tra lo stupito e il terrorizzato.

"Allora?" fece Sam, avvicinandosi lentamente.

Dean però lo ignorò, rivolgendosi al piccolo che gli sedeva accanto.
"Sammy, sotto il mio cuscino c' è una pistola.. prendila!"
"Ma Dean, che diavolo..?"
"Fallo e basta!" Ordinò, con un tono di voce ampliamente più alto.

Sam era rimasto a fissare quella scena con l' amaro in bocca. Dean aveva completamente cambiato il suo modo di fare, che fino a poco fà era trasandato e sbarazzino.
Non capiva perchè fosse ancora rimasto seduto su quel divano, e perchè non gli aveva ancora dato alcun tipo di spiegazione.

"Dean?"
Eppure il ragazzo, che nel frattempo si era portato le mani sulle tempie, rimase in silenzio. Continuava a reggersi la testa tra le mani, incurante di quell' uomo che continuava a fargli domande.

Sam si avvicinò celermente a lui, dandogli uno scappellottolo sulla spalla: "Dean, mi senti?"
Al primo contato fisico Dean si alzò violentemente dal divano, afferrando la camicia di Sam per il colletto.

Il ragazzo di fattezze maggiori, che non si aspettava una simile azione, venne spintonato contro il muro, un paio di metri più avanti.
"Ma che cazz.."
"Lo sapevo!"

Sam rimase immobile, osservando gli occhi infiammati dell' altro. Non capiva quanto stava succedendo, ma la situazione era alquanto sprofondata. Dean lo aveva appena attaccato, suo fratello era arrabbiato con lui.
Il piccolo Sammy si precipitò subito contro il muro, urlando al fratello di smetterla.

"Era come pensavo!" sussurrò Dean, incurante degli urli che il fratellino gli faceva vicino.
"Che stai dicendo? Si può sapere che ti prende?"
Sam fissava il ragazzetto con sguardo disponibile al confronto.
Ma dopo che Dean tirò fuori dai pantaloni un coltello d' argento capì in fretta che lui, al contrario, non era disposto a parlare.

"Dillo, dì quel che sai.."
Sam lo fissava con aria sconvolta, non capendo dove volesse arrivare. Si trovò alle strette. Poteva liberarsi in fretta dalla presa dell' altro, eppure non lo fece. Ma presto si ritrovò quel coltello attaccato alla gola.
"Che diavolo stai dicendo, Dean?"

Sammy fissava quel quadretto senza muovere un dito. Tra le mani aveva la pistola che suo fratello gli aveva detto precedentemente di prendere. Ma era troppo confuso per capire quale fosse la cosa giusta da fare.
"Mi spiace, Sammy." disse il fratello. "Ma questo bastardo ti ha fregato. Ti ha fatto credere quello che voleva lui, e se non fosse stato per papà ci sarei cascato anche io!"
"Cosa?" chiese stupito il piccolo.

Sam, ancora appiccicato con la schiena al muro, emise un sottile riso.
"Ti rendi conto di cosa stai dicendo?" disse sorridendo all' altro.
"Vaffanculo, figlio di puttana! Sei solo un altro sporco e lurido demone."

A quelle parole Sammy dilatò gli occhi. La prima cosa che gli sfrecciò nella mente è che, molto probabilemente, quell' informazione gli era appena giunta dal padre.
Così, ancora un pò frastornato, chiese cosa John gli avesse appena detto.

Dean strattonò Sam ancora una volta, e poi, fissando ancora il fratellino, accennò un sorriso alquanto macabro.
"Non ti si può lasciare un attimo solo che mi fai entrare pure i demoni in casa!"
"Dean, che diamine, vuoi spiegarti?!" urlò irritato il bambino.
Ancora una volta Dean lanciò un altro agghiaciante sguardo a colui che si ostinava a ritenere un demone.

"Papà mi ha detto che c' è un demone in città. Era preoccupato per noi, e si voleva rassicurare che non ci saremmo mossi dal motel. Ha detto, inoltre, che partirà domani mattina dal sud Dakota, e tra un paio di giorni ci raggiungerà!" spiegò.
Tutto questo non sorprendeva il minore. Era a conoscenza del fatto che quando suo padre sarebbe tornato loro avrebbero cambiato postazione. E riteneva anche normale il fatto che, se gli era giunta voce della presenza di un demone, avrebbe almeno fatto una telefonata per assicurasi che loro fossero al sicuro.
"E quindi?"
Dean rise.
"Sammy, guarda che coincidenza. Ci giunge voce dell' arrivo di un demone, proprio nel momento in cui ci ritroviamo piantati dentro la nostra stanza con questo tizio!"

Sam afferrò il braccio di Dean, strigendolo in maniera abbastanza portentosa.
"Stai prendendo un granchio, mi spiace!" rise, mentre si allontanò dal volto l' arma con il quale era minacciato. "Pensavo ti fidassi!"
Dean con forza si slanciò con il petto contro il corpo dell' altro, schiacciandolo nuovamente contro il muro.

"Stavo iniziando a farlo, ma voi demoni  siete bravi a raggirare la gente!"
Sam lo guardò supplichevole.
"Cosa sei?" continuò Dean. "Sicuramente sei un changeling!"

Il ragazzo sbuffò.
"Dean, smettila! Non sono un demone!" disse, rispondendo alle accuse subite.
"Certo, ci hai fatto credere di essere venuto dal futuro.. che cazzata! E la cosa peggiore è che non ci hai dato alcuna spiegazione. E io che iniziavo a fidarmi, sono solo un idiota!"
Sam tacque. Davanti agli occhi aveva un mini-Dean con tutti i suoi pregi e difetti, testardaggine compresa.
"Bhè, potrai fregare mio fratello.. ma me non di certo!"

Perchè? Perchè Castiel stava permettendo che accadesse tutto ciò?
Si annoiava a tal punto da volersi divertire con i giovani Winchester come se fossero le sue bambole personali?
L' unica cosa che Sam voleva in quel momento era, oltre che tornare a casa, riempire di pugni la faccia angelica di quel maledetto figlio di puttana.

Poi dovendo per forza ricorrere a metodi sbrigatevi, che non comportassero la violenza, decise di mettere alla prova i due ragazzi.
"Sapete cos'è la trappola del diavolo?" chiese.

Dean sbuffò infastidito.
"Che razza di domande! Siamo cacciatori, è ovvio che ne siamo a conoscenza!" rispose minacciosamente.
Con un sorrisetto malizioso Sam osservò il giovane ragazzo, aspettando una spiegazione plausibile.
"Non fissarmi così, bastardo." urlò Dean, inastidito dagli occhi impertinenti dell' altro. "La trappola del diavolo è una sorta di disegno che mostra in molti casi una stella, inteso spesso come il simbolo del male. Risaputo invece è il fatto che questa, al contrario di quanto si pensi, è in grado di intrappolare i demoni. Serve una scusa plausibile per farli entrare, ma una volta lì non riescono più ad uscire, e perdono ogni tipo di potere."

Sam fissò il suo piccolo sosia, che nel frattempo si era affiancato al fratello.
"Sammy avanti.." disse sorridendo. "Disegnala!"
Il piccolo lo fissò sconcertato. Non si aspettava di ricevere un simile ordine, non di certo da lui.
"Forza, se ci entro dentro sarò in trappola, no?"

Dean lo fissò minacciosamente, e rapidamente gli tirò un pugno in pancia.
Sam non rispose al colpo, nè, tantomeno, cercò di divincolarsi. Accettò quel pugno di buon grado, così per dare la certezza ai due giovani che non si sarebbe ribellatto.
"Fai come ti ha detto, Sammy!"
"Ma Dean.."
"Fallo!" urlò. "Voglio vedere cosa crede di ottenere!"

Ancora tentennante il piccolo si diresse verso il letto, aprendo il cassetto del comodino. Da lì vi estrasse un paio di gessetti bianchi, che gli sarebbero stati utili a fare il disegno.
Celermente si gettò a terra, arrotolando il tappetto che occupava la parte più libera della stanza. Subito dopo era intento ad eseguire gli ordini che gli erano stati affidati.

Dean continuava a tenere l' uomo per il colletto della camicia, che nel frattempo non faceva nulla per impedire quanto stava accadendo.
"Dean, portalo qui!"

Sentendo così le parole di Sammy, Dean strattonò il ragazzo per qualche metro, gettandolo poi a terra.
Sam si ritrovò proprio al centro della stella appena disegnata.

"Bene, sei in trappola!" rise Dean. "E non hai nemmeno mosso un dito per fare in modo che questo non sarebbe accaduto!"
Sam si alzò lentamente in piedi, accennando uno dei suoi soliti sorrisi da genio.
"Già.." sussurrò, provocando un leggero grugnio da parte di Dean.

Alzò le mani verso la testa, facendo segno di resa, e lentamente iniziò ad avvicinarsi lungo il margine del cerchio.
Detto, fatto. Senza problemi Sam riuscì ad uscire dalla trappola appena creata.

I due giovani lì davanti a lui indietreggiarono improvvisamente.
"Non ho voglia di ricominciare il monologo, ragazzi.." continuò Sam. "Ma da quanto potete constatare non sono un demone."
Dean lanciò uno sguardo di sfida al più grande. Ora sicuramente avrebbe continuato il suo discorso dicendo che la situazione era complicata, e che dovevano comunque fidarsi di lui.

"Hai ragione!" lo interruppe Dean. "Risparmiacelo pure il tuo monologo. Allora, come spieghi tutto questo?"
Sam lo fissò. Sapeva che ancora non si fidava, ma doveva conquistare la sua fiducia. Per quanto complicato fosse ostacolare le decisioni di Dean in passato c' era giàriuscito, e l' impresa sarebbe riuscita anche stavolta.
"Bhè, tuo padre ti ha chiamato per dirti che in città c' è un demone. Non è la prima volta, Dean!" rispose.

Sammy, il più piccolo dei tre, riusciva a fidarsi dell' altro al contrario del fratello. Non aveva visto nulla di malvagio in quell' uomo che gli era improvvisamente comparso accanto qualche momento prima nel bagno, nonostante l' avesse quasi spaventato a morte.
Lanciò la pistola sul divano, e con un sospiro cadde sul letto.
"Dean, accetta la cosa!" disse. "Lui è veramente me; o meglio, io sono veramente lui."

Il fratello maggiore grugnì sconfitto.
"Te l' ha dimostrato: non è un demone. E tra l' altro se lo fosse stato non si sarebbe di certo fatto prendere a botte da te."
Nell' aria del bambino Sam riconobbe il suo solito modo di fare da saputello. Per quanto la cosa fosse degenerata in quella giornata di merda lui riusciva ancora a sorridere. Forse tutto derivava dal fatto che stava rivivendo ricordi, e stava riflettendo su altri aspetti del proprio legame con Dean che prima d' ora difficilemente aveva messo in luce.

Poi la sua attenzione si rivolse nuovamente sul fratello maggiore.
"Dean, dovresti ascoltare il tuo fratellino: è molto più intelligente di te." disse ironicamente.
Il volto di Dean si fece subito cupo. Era stato sconfitto dall' evidenza, questo non poteva più negarlo. Dopotutto lui conosceva il suo segreto sull' orgasmo.

"E va bene, e va bene!" urlò. "Ma ora non fatemi pesare questa cosa."
I due Sam risero.
"Ah, e scusa per il pugno di prima!" disse rivolto al più grande.
"Non preoccuparti, presto li riceverai tutti!"


 


Luogo sconosciuto: momento sconosciuto.

Castiel era nei pressi di una lunga scogliera.
Il mare era sconvolto da alte onde, mentre all' orizzonte si intravedevano pesanti e scure nuvole.
Era in silenzio, con gli occhi completamente barrati. Anche se era un angelo e quindi probabilemente non avrebbe dovuto sentire emozioni, in quel momento il suo animo era pesante proprio come le nuvoli di fronte a lui.

Il suo volto pensieroso lasciava preesagire che qualcosa di non positivo stava per accadere. Ma dopotutto era solito di Castiel avere il suo solito sguardo cupo.
Probabilemente stava semplicemente riflettendo sulla questione al quale aveva posto dinnanzi i due sventurati fratelli. Riteneva corretto quanto aveva fatto, pur consapevole della difficoltà che quella prova avesse comportato.

Poi i suoi occhi vennero sbarrati, mostrando l' intensa profondità che quel colore azzurro portava con sè.
"Ti stavo aspettando!" sussurrò.

"Lo so!"
Dietro di lui comparve un uomo, apparentemente sulla cinquantina d' anni.
Castiel si voltò di scatto, ritrovandosi al cospetto di un omaccione scuro in volto. Portava un lungo abito nero, con sotto una camica bianca.
"Allora, hai eseguito quanto ti ho detto?" chiese l' angelo.

"Se lo dici così lo fai sembrare come un ordine. Ricorda che io sono uno specialista!"
"Perdonami, Uriel."

Uriel si affiancò al suo collega, rimanendo immobile a fissare il mare sempre più scosso.
"Comunque si, ho fatto quanto hai detto!" rispose poi.
Castiel annuì compiaciuto.
In parte quanto stava facendo lo considerava un pò obsoleto, e probabilmente anche pericoloso in certi limiti. Ma dove il semplice uso della parola non bastava bisognava ricorrere a metodi grossolani. I Winchester ne erano l' esempio primordiale.

"Sei sicuro di quanto stai facendo? Credi che questo aiuterà Dean?" chiese l' altro.
Cass sospirò.
"Non conosco i risultati che il test mostrerà, ma sicuramente questo aiuterà non solo Dean ma anche il minore. I ragazzi devono imparare a confrontarsi, a mettersi in discussione, senza però dover distruggere il rapporto che li lega."

Subito dopo fece riferimento alla discussione precedentemente avvenuta tra i fratelli. Uriel l' aveva seguita attentamente, e anche lui aveva fatto delle osservazioni. Nonostante tutto tacque, facendo parlare solo il compagno.
"Sam dipende da suo fratello, e viceversa. Per quanto i due lo nascondano sanno di adorarsi. Dean l' ha dimostrato andando all' inferno, e non è sorprendente che dopo quanto sia successo oggi il loro rapporto sia arrivato con il mutare profondamente."
Detto questo l' angelo si girò, dando le spalle ad Uriel, e lentamente iniziò a camminate lungo la roccia.
"Dove vai ora?" chiese l' altro.

Cass, nonotante tutto, sembrava indifferente. Passeggiò frastornato dai suoi pensieri per i quindici metri che aveva davanti, e dopo essersi notevolmetne distanziato da Uriel si fermò di colpo.
"Dean ha fatto già ammende delle sue colpe, ma entrambi devono capire i propri sbagli." continuò. "Io vado, amico mio. Passo alla seconda parte. Tutto inizia da ora."

Detto questo scomparve magicamente nel nulla, lasciando l' altro angelo lì, nel bel mezzo del nulla.
Le parole dettate da Castiel proprio in quel momento sfrecciarono nella sua testa. Tutto sarebbe iniziato ora.
Uriel non conosceva nei particolari i piani dell' altro, e di conseguenza non poteva immagginare quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Il suo compito l' aveva fatto, ora si sarebbe accontentato di rimanere nell' ombra osservando quanto sarebbe accaduto.

 

23 settembre 1992: stanza del motel, Ohio.

"E ora cosa facciamo?" chiese confuso il piccolo Sammy.
Dean si era nuovamente seduto sul divano, incrociando le gambe. Stava attenetamente lucidando la pistola che precedentemente suo fratello gli aveva sfilato da sotto il cuscino.

Al contrario Sam si trovava seduto sul letto, sfogliando un libro che Dean gli aveva passato pochi istanti fà. Cercava inutilmente qualcosa tra i libri di John in grado di dare qualche informazione su quello che gli era successo. Ma non c' era nulla che affrontasse in modo diretto l' argomento riguardante i salti nel tempo. A quanto pareva solo gli angeli avevano determinate abilità, ma nemmeno di questo Sam aveva certezza.
Alla domanda di Sammy non ne seguì nessuna risposta.

Poi a prender parola fu di nuovo Sam.
"Dean, devi chiamare papà!"
Il ragazzo si rizzò sul suo posto, fissando l' altro in maniera stupita.
"Non abbiamo abbastanza informazioni su quel demone che è giunto in città. Forse può darci qualche altra informazione."
"Hai sentito quello che ha detto? Perchè a me non mi è sembrato di aver capito dalle parole di papà che dobbiamo cacciarlo." rispose spontaneamente Dean.
"Non ti stò dicendo di cacciarlo, solo che.."
Le parole di Sam vennero nuovamente interrotte dall' impulsività del fratello.
"E poi ti sembra ora il caso di metterti a ricerca di demoni? Sbaglio o dobbiamo trovare il modo di farti tornare indietro?"

Sam zompò giù dal letto, posiazionando il suo volto proprio davanti a quello del ragazzo ribelle. Rappresentava Dean in tutto e per tutto: il suo modo burbero, il fatto di volere ragione a tutti i costi.
"Dean, ti prego.. è un informazione utile."
Sam nella sua mente aveva intravisto un certo legame tra il suo arrivo e l' imminente presenza di un demone in città. Forse prima Dean non aveva tutti i torti a dire che questa fosse una coincidenza. Forse c' era davvero qualcosa di strano, e, forse, poteva anche essere la risposta a tutte quelle domande.
Poteva trattarsi di un nuovo demone, uno con cui prima non era mai venuto a contatto. Questo spiega se non altro il fatto che fosse tornato in dietro. Da un lato pensarla in questo modo non era nemmeno tanto negativo. Se dietro a tutto c' era questo presunto demone allora Castiel non era il colpevole di questa sventura.

"Dean! Pensò ci sia un collegamento, tu forse prima non avevi tutti i torti." disse.
Il ragazzo lo guardò in un primo momento confuso.
"Non hai trovato niente nel libro di papà che ti ho dato?" chiese poi.
"No, mi spiace. Su quel libro non si parla affatto di salti nel tempo o di distruzioni di portali temporali."

Ormai Dean non aveva più molti dubbi. Certo qualche incertezza era pur sempre presente, ma iniziava davvero a ritenere quell' uomo suo fratello.
"Quindi stando a riflettere su quanto hai detto prima.." disse Sam riprendendo parola. "Probabilmente c' era un fondo di verità. Potremmo trovarci di fronte a un demone in grado di oltrepassare le bariere spazio-temporali."
Dean lo guardava con aria un pò confusa.

"Dean, è un demone che salta nel tempo." gli specificò Sammy, che aveva seguito tutta la conversazione tra i due.
Il più grande in questo caso fece un espressione sorpresa.
"Certo, pensi quindi che quanto è accaduto sia stata colpa di quel bastardo."

Sam fece un cenno di accondiscendenza con la testa.
"E quindi il tuo arrivo e il suo sono.."
"Diretti!"terminò l' altro.

Certo il ragionamento di Sam effettivamente sembrava reggesse. L' unica cosa che ancora risultava complessa era: "perchè proprio lui."
D' altro canto i demoni sono personaggi effimeri, prendono di mira chiunque. Eppure in questo caso ad essere stato scelto era proprio lui, nonchè un cacciatore di demoni. Non poteva essere un caso anche questo.

Il più grande dei tre rivolse nuovamente gli occhi a Dean.
"Se ha qualche informazione, può aiutarci: chiama papà!"
Dean fissò l' uomo, e convinto si allungò lungo il divano afferrando il cellulare appoggiato alla parte opposta.
Sam si raccomandò di parlare con parsimonia, non facendo intendere di essere sprecipitati nella merda più totale.
Una volta che il ragazzo intuì le informazioni ricevute riportò il numero sul cellulare.

Sam si portò la mano davanti alla bocca, facendo segno di rimanere in silenzio.
"Sembra libero.." sussurrò Dean.

Pochi attimi dopo la voce di John dall' altro capo del telefono era limpida e squillante.
"Dean? Sei tu?"
"Papà, scusa, non volevo disturbarti.." continuò l' altro.
"State bene? Non è mica successo qualcosa?"

I due Sam al di fuori della conversazione seguivano in silenzio quanto Dean e John si stavano dicendo, aspettando delle informazioni utili.
"Ti ho chiamato per semplice curiosità.. riguardo al demone che mi hai detto!"
John stava bofonchiando qualcosa al figlio sotto voce, qualcosa che i due restanti non riuscivano a capire.
"No, papà. Stiamo bene, Sammy stà bene! Volevo solo sapere se sai qualcosa in più sul demone!"
"Si può sapere che diavolo ti importa? Vi ho detto di tenervi lontano da pericoli." ribadì il padre.
"Papà, dannazione, ti ho solo fatto una domanda! Non ho intenzione di esporre Sam a nessun rischio. Dimmi cosa sai su questo figlio di puttana."
Il tono di Dean sembrava notevolmente accentuato. Nel suo modo di parlare era individuabile un cenno di arrabbiatura. Sicuramente parlare con John Winchester non era semplice, ma Dean era già abbastanza nervoso per tutto quello che aveva dovuto sopportare nell' ultima ora.

Le parole che John sussurrò successivamente erano appena accentuate. Nemmeno la sua possente voce se articolata in quel modo avrebbe reso possibile a Sam di capire quanto stava dicendo.
Dean aveva uno sguardo incredibilmente serio, seguito poi da qualche smorfia di delusione.
"Ho capito.. e questo è quanto sono riusciti a dirti?" chiese al padre. "Che cosa? Si trattava di suicidio?"

Gli occhi di Sam si dilatarono alla voce del ragazzo. Cosa c' entrava ora il suicidio in tutta quella storia?
Sembrava che le cose si complicassero sempre di più. La sfortuna si abbatteva sui poveri ragazzi come una tempesta, e loro erano al centro del ciclone.

"Va bene.. Non importa."
A quelle ultime parole udite Sam fece con la mano segno a Dean di interrompere la chiamata.
"Ti lascio papà.. no, te l' ho già detto era semplice curiosità.. ciao!"
Senza salutarlo una seconda volta si strappò l' apparecchio dall' orecchio, interrompendo la chiamata.

Poi alzò gli occhi, ritrovandosi gettati addosso gli sguardi dei due soggetti davanti a lui.
"Allora?" chiese Sam incuriosito.
Dean sbuffò.

"Sembra che papà non sappia proprio niente di questo tizio! L'informazione gli è giunta da un certo Larry.." rispose.
Sam degludì, in parte deluso dalla rivelazione appena ricevuta.
"Però.." continuò l'altro. "Se può essere d' aiuto sappiamo che questo Larry è un vecchio amico di papà, nonchè anch' esso un cacciatore. Sembra che abbia residenza qui a Springfield, e che si sia accorto lui stesso dell' arrivo di un demone."
Il piccolo Sammy, che era rimasto in disparte per tutto il tempo, si incuriosì anch' esso alla vicenda appena narrata.
"E quindi? Come può esserci d' aiuto questa storia?" domandò Sam.
"Larry ha scoperto che un uomo proprio ieri ha perso la vita. Questa mattina si è recato nel vicolo stradale dove è stata trovata la vittima, e ha scoperto che questo si era strappato da solo i bulbi oculari."

Un brivido percosse la schiena dei tre. Da quel che pareva questo tizio si era suicidato.
"Ma sicuramente Larry avrà attributo quel misfatto a un demone poichè avrà sicuramente trovato tracce di zolfo da qualche parte, dico bene?" fece notare Sammy.
"Esatto! Il muro sul quale il corpo era appoggiato ne era pieno.. Ma il peggio è che la polizia non ha potuto fare altro che attribuire quel gesto al suicidio poichè la presunta vittima aveva i suoi bulbi oculari tra le mani: si era strappato gli occhi."
Tutti e tre sapevano bene che non si trattava di suicidio, e iniziando a formulare ipotesi si intravedè l' idea di una persuasione. Il demone aveva probabilmente costretto l' uomo a compiere un simile gesto, ma perchè?
"Dopo quanto aveva visto, ha subito chiamato papà, ritenendolo in grado di dargli una mano." terminò poi.

Se non altro il campo si restringeva. Se le riflessioni che Sam aveva precedentemente fatto sul fatto di essere in relazione con l' arrivo del demone erano fondate, questo oltre ad essere  in grado di saltare nel tempo aveva anche altre capacità: sapeva persuadere e indurre al suicidio.
La prossima mossa era intrapredere ricerche al riguardo. Bisognava trovare il nome del demone che possedeva queste qualità, e scoprire come trovarlo.

"Hai qualcosa in mente, Sam?" chiese Dean.
Sam a quel punto si sorprese, non tanto per la domanda appena posta, ma perchè finalmente Dean lo aveva chiamato per nome. Forse a quel punto si iniziava a fidare di lui.
Poi, tornando a riflettere sulla domanda, si accorse che la cosa era più complessa di quello che sembrava.
"Bhè, dovremmo parlare con un diretto interessato, qualcuno che conosce i fatti. Questo è quello che faccio di solito Dean." rise.
A quelle parole Dean si ricordò di quanto suo padre gli aveva precedentemente detto.
"Ma certo, Sam! Un diretto interessato che conosce i fatti.. Larry!"

Sam non pensava davvero di chiedere qualcosa a quel tipo, ma dopotutto poteva aiutarli.
"Certo, sarebbe un idea.. ma non credo che tu sappia come trovarlo!"
"Ti sbagli!" rise Dean. "Periferia di Springfield parte nord, numero civico 38"
Il più grande lo fissò un pò stupito.
"Papà mi ha dato l' indirizzo.. lo ha fatto per sicurezza!" aggiunse poi.

In questo caso i ragazzi Winchester erano a cavallo. Sarebbero andati a parlare con questo Larry, e probabilmente sarebbero anche riusciti ad ottenere il suo aiuto.

       

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