As you like it di Il_Genio_del_Male (/viewuser.php?uid=81001)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kings and Queens - part 1 ***
Capitolo 2: *** Kings and Queens - part 2 ***
Capitolo 3: *** Having my baby ***
Capitolo 4: *** From N***** with love ***
Capitolo 5: *** Mpreg is all around ***
Capitolo 6: *** Haven't had enough ***
Capitolo 7: *** All together passionately (?) - part 1 ***
Capitolo 8: *** All together passionately (?) - part 2 ***
Capitolo 9: *** We found love ***
Capitolo 10: *** My happy ending ***
Capitolo 1 *** Kings and Queens - part 1 ***
PAIRING: Merthur
più altri.
RATING: La storia
è ancora in fase di
stesura, ma credo che oltre il giallo non mi spingerò. Il
verde la farà da
padrone, insomma.
GENERE: Comico,
Romantico, Parodia.
AVVERTIMENTI: “Fiat
slash, et slash fuit” (cit.) e
OOC grande come una casa per tutti i personaggi.
DISCLAIMER: I personaggi non
mi appartengono, né
i diritti della serie (ahimè) che vanno tutti alla BBC; non
guadagno niente dal
mio fangirleggiare.
DEDICA: A coloro che
hanno avuto fiducia in
me, mi hanno supportata, sopportata e non si sono ancora stufati di
star dietro
ai miei deliri, in particolare: le mie due omonime, le due Beatrici,
Valentina
e Virginia.
NOTE: Alle vecchie e
nuove lettrici:
benvenute nel seguito di A midsummer
night’s
dream... in Camelot! Non mi dilungherò molto,
anche perché sono troppo tesa
ed emozionata per dire qualcosa di sensato. Un video toccante e
straziante da
consigliarvi, però, ce l’ho: http://www.youtube.com/watch?v=m_7e-7FmWjk&list=FLGE_a2JXkXZa1YIzCH2Jlxw&feature=mh_lolz
(SPOILER! sulla quarta stagione).
As usual, ci
tengo a precisare che questa fanfiction è autobetata.
*sudori freddi*
Buona
lettura, e che il delirio abbia inizio!
“Come
vi
sentite?”
“Gaius,
è la
diciottesima volta in un’ora che me lo chiedi! E piantala di
darmi del ‘voi’,
ché non è proprio il caso”.
“Come
sarebbe a dire? State… va bene, stai
per
venire nominato re consorte: se continuassi a darti del
‘tu’ sarebbe un
comportamento quanto mai
irrispettoso nei tuoi confronti, Merlin”.
Orbene, un
piccolo salto indietro nel tempo a questo punto è doveroso.
Come gli esimi
lettori ricorderanno, nel capitolo finale della precedente storia il
nostro
intrepido eroe aveva accettato di sposare Arthur Pendragon, principe di
Camelot. E fin qui tutto bene. Quel che il gentile pubblico non
può sapere è
che nel mese e mezzo che era seguito alla fatidica notte di Beltane
molte cose
erano cambiate.
Prima tra
tutte, era stata annunciata l’abdicazione del sovrano in
carica, Uther, in
favore del figlio: il ragazzo aveva ormai l’età
giusta e l’esperienza
sufficiente per accollarsi gli onori e gli oneri che derivavano dal
fatto di
indossare la corona reale, era benvoluto dal popolo e dai membri della
corte, i
suoi soldati non avrebbero esitato a dare la vita per lui e -non meno
importante- poteva contare sull’appoggio, la collaborazione e
la lealtà di un
mago potentissimo quale era Merlin Emrys. Motivo per cui, nella stessa
occasione, Uther aveva annunciato ufficialmente il fidanzamento del
principe
con il piccolo Dumbo il suo amatissimo idiota. Poi aveva colto di sorpresa tutti
(evitando per un pelo
un’epidemia di morti premature per colpi apoplettici, ictus
ischemici e
trombosi) precisando che il giorno delle nozze del figlio
anch’egli si sarebbe
unito in matrimonio con Cenred. In seguito si sarebbero trasferiti nel
regno di
quest’ultimo e l’avrebbero governato insieme,
lasciando così liberi gli sposini
di gestire Camelot come meglio credevano.
Una tale
dichiarazione di intenti aveva riempito di letizia il popolo (largo ai
giovani!) giacché la fiducia che nutrivano nei confronti dei
due ragazzi era
sconfinata, ma d’altro canto aveva sconcertato non poco
l’Asino Reale che non
si sentiva pronto per succedere al padre e anche Merlin, atterrito
all’idea di
regnare a tutti gli effetti.
Le doppie
nozze erano state fissate per le Idi di giugno e benché
Arthur si fosse già
portato avanti con l’organizzazione del proprio matrimonio,
si era deciso
infine di far crepare l’avarizia e di ingaggiare il miglior
wedding planner su
piazza: Enzo Miccio, noto al grande pubblico per i diversi programmi di
successo che conduceva su Real Time (canale 31 del Digitale Terrestre).
L’uomo
aveva subito assunto il controllo della situazione: dopo essersi fatto
consegnare le chiavi del castello (marcondirondirondello) aveva assunto
un’impresa di pulizie affinché lo facesse
splendere da cima a fondo. Aveva poi
incaricato i suoi collaboratori di addobbare ogni più remoto
angolo e corridoio
del palazzo e il fiorista di piazzare un po’ ovunque piante
di pisello odoroso
(tsk, sempre a pensar male) e aveva mostrato allo chef i bozzetti delle
torte
nuziali, non prima di aver lungamente conferito al riguardo con
entrambe le
coppie di sposi.
Nel
frattempo Merlin non era rimasto con le mani in mano. Aveva continuato
ad
assistere Gaius nella distillazione di pozioni curative e nella
raccolta di
erbe mediche e aveva stoicamente affrontato non meno di cinquanta prove
e cambi
d’abito, in modo da permettere ad Enzo di individuare il look
nuziale che più
valorizzasse la sua bellezza delicata e non convenzionale. Si era poi
sorbito
interminabili lezioni di galateo ed etichetta, dal cui effetto
soporifero
riusciva a salvarlo unicamente Arthur. Il futuro sposo infatti non
perdeva
occasione per monopolizzare il suo tempo libero: sbattendolo contro la
prima
superficie orizzontale e/o verticale, ma anche trascinandolo nel
Fantabosco fino
al chiosco di Tonio Cartonio per fargli assaggiare la miglior
Scivolizia di
Britannia, componendo terrificanti odi in suo onore e addestrandolo
personalmente all’uso delle armi, poiché in quanto
futuro regal consorte doveva
essere in grado di affrontare degnamente un duello.
Tutti i loro
amici -tra cui Hunith, scelta da Arthur come sua testimone, arrivata a
corte
cinque giorni dopo aver ricevuto l’invito- si erano
scervellati a lungo per
trovare il regalo di nozze adatto ai teneri sposini.
Morgana, divertendosi un mondo ad immaginare la reazione dei nostri
eroi al
momento di scartare il pacco, aveva fatto raccogliere, miniare e
rilegare in un
sontuoso tomo con la copertina tempestata di gemme preziose dai monaci
del
convento benedettino di Norcia tutte le fanfiction che lei e altre
colleghe
slasher avevano scritto ispirandosi ai due baldi giovani (con
abbondanza di
scene lemon, rating rosso e un pizzico di BDSM, perché no?).
Lancelot e Gwaine, da poco conviventi, si erano accordati con quelle
vecchie
volpi di Albus e Gellert -che, ormai trasferitisi stabilmente a
Camelot,
stavano valutando l’ipotesi di sposarsi a loro volta e di
adottare tre o
quattro marmocchi- ed erano riusciti a scovare, in una botteguccia
anonima di
Nocturne Alley, uno strabiliante kit di sex toy in grado di far
impallidire le
meretrici più consumate.
Leon e Percival, da anime candide quali erano, avevano sferruzzato
senza sosta
giorno e notte (quando non erano in altre faccende affaccendati,
s’intende) per
confezionare una quantità notevole di coperte, maglioni,
mantelli, guanti e
sciarpe in pregiato cachemire che sarebbero bastati, nelle loro
intenzioni, per
i successivi cinquanta inverni.
Gaius, scherzando fino ad un certo punto, aveva optato per un lussuoso
cofanetto edizione deluxe, con tanto di interviste esclusive, videoclip
e brani
inediti, dell’intera produzione canora di Renato Zero. Hunith
però era
l’autrice del regalo più ispirato.
Con
i risparmi mandateli dal figlio negli anni precedenti ella aveva fatto
costruire a Ealdor una casupola umile ma confortevole, di legno
resistentissimo, una sorta di nido d’amore in cui Merlin ed
Arthur si sarebbero
potuti rifugiare ogni qual volta ne avessero sentito la
necessità. Era situata
abbastanza vicina alla sua abitazione in caso di emergenza, ma
sufficientemente
appartata per garantire loro la giusta privacy.
Persino Mordred era stato invitato, in veste di testimone di Merlin, e
il
bambino per l’occasione aveva selezionato il più
bello e maestoso tra i cobra
in suo possesso (non per niente era un Serpeverde): una femmina di nome
Nagini,
di indole docile e giocherellona, il cui manto aveva magicamente tinto
di rosso
e d’oro -i colori dei Pendragon- con venature blu intenso,
della stessa
tonalità degli occhi di Emrys.
L’unica persona rimasta in disparte durante i preparativi era
stata Guinevere.
Ella non aveva mostrato alcun pentimento per l’ingiusto
livore che aveva vomitato addosso a
Merlin, né si era ripresa
dallo shock di venire rifiutata ancora una volta dall’amato
Lance, vedendosi
preferire quello sgherro gaglioffo di Gwaine. Indi per cui la bertuccia
fanciulla non era stata invitata a presenziare alla cerimonia, al
contrario di
suo fratello Elyan.
La vigilia del
matrimonio Kilgharrah -che avrebbe assistito dall’alto,
sbirciando dalla più
ampia delle finestre della Sala del Trono, ove si sarebbe tenuta, oltre
alle
nozze, anche l’incoronazione dei nuovi sovrani- si era messo
in contatto via
bluetooth con Merlin, dando appuntamento a lui ed Arthur ai margini
della
solita radura nei pressi del castello (marcondirondirondello). Quando i
due
fidanzati vi si erano recati, avevano trovato il drago che li aspettava
con un
sorriso trepidante -il mago avrebbe potuto giurare di averlo visto
scodinzolare-
e tra le zampe un uovo di dimensioni spropositate per essere figlio di
un
normale volatile, dalla forma appuntita in cima e il guscio di un
bianco
splendente con sfumature azzurrine.
“Giovane
mago, principe Arthur” li aveva salutati.
“Kilgharrah,
è un onore incontrare una creatura magica della tua
entità; permettimi di
scusarmi per aver attentato alla tua vita, un anno fa. Ti do la mia
parola che
non si ripeterà più” aveva chinato
umilmente il capo Arthur, con voce contrita
e solenne al tempo stesso, guadagnandosi così uno sguardo
ammirato e colpito da
parte di Merlin.
“Non
affliggerti oltre, giovane Pendragon. Ti ho già perdonato
tempo fa, e poi come
recita la famosa canzone partenopea: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto/
chi ha
dato, ha dato, ha dato/ scurdámmoce 'o ppassato/ simmo 'e
Napule paisá! Ma
accetto comunque le tue scuse e le apprezzo” aveva replicato
magnanimamente il
drago.
“Uhm,
non
vorrei uccidere
quest’atmosfera di
ammmòòòre, davvero, ma posso chiedere
per quale motivo ci hai chiamati in piena
notte? In fondo ci rivedremo tra meno di sei ore” si era
intromesso bruscamente
Merlin.
Non l’aveva fatto con l’intento di essere sgarbato.
Kilgharrah non poteva
saperlo, ma aveva interrotto proprio sul più bello un
interessantissimo
lavoretto di lingua gentilmente offertogli da Arthur e il mago ci
teneva a
riprendere quanto prima da dove erano stati costretti a lasciare.
“Hai
ragione
anche tu, Merlin” aveva annuito il lucertolone. Poi con la
zampa sinistra aveva
avvicinato loro il misterioso uovo. “Questo è il
mio regalo di nozze. Ve lo do
in anticipo perché suppongo che domani sarete troppo
occupati per prestarvi la
dovuta attenzione” aveva ridacchiato maliziosamente.
“Supponi
bene, Kilgharrah” aveva sghignazzato in risposta
l’erede al trono. “Ma
cos’è?”.
“Non-
non
sarà mica un uovo di drago, per caso?” Merlin
aveva avuto un’intuizione.
“Elementare,
Watson”.
“Ma
questo
significa che non sei più l’ultimo rimasto della
tua specie” aveva sussurrato
il ragazzo.
“Sembra
di
no” aveva sorriso per niente dispiaciuto il drago.
“Quando
dovrebbe nascere?” era intervenuto Arthur, incuriosito.
“I
nuovi
nati vengono al mondo grazie ai Signori dei Draghi: solo loro hanno il
potere
di chiamarli e di farli uscire dall’uovo. Siccome tu sei
l’ultimo Signore dei
Draghi, Emrys, il compito di far nascere questo piccoletto spetta a
te” aveva
spiegato rivolgendosi al mago.
“In
che
modo?”
“Devi
dargli
un nome, semplicemente”.
Merlin era
rimasto in silenzio, l’espressione un po’ vacua.
Poi aveva serrato la palpebre.
“Aithusa”
aveva mormorato, riaprendo gli occhi che brillavano come oro fuso e la
magia
che gli scorreva potente nelle vene.
Subito il
guscio dell’uovo si era ammaccato. La cima appuntita si era
invece frantumata del tutto,
e da essa aveva fatto capolino la
testa candida di un draghetto farfugliante, con gli occhi neri e
scintillanti
come capocchie di spillo. In una parola: adorabile.
“Un
drago
bianco è davvero cosa rara e appropriata alla situazione.
Nella nostra lingua,
il nome che gli hai dato significa luce del sole. La nascita di un
drago non
avviene mai senza un qualche motivo; a volte è difficile
interpretarlo, ma
stavolta è alquanto evidente. E’ di buon auspicio
per te, per Arthur e per il
regno che fonderete insieme”.
“Roarr!”
aveva pigolato il cucciolo, ormai liberatosi dei rimasugli del guscio,
sgranchendo le ali.
Arthur aveva
sentito il cuore stringersi per la tenerezza, ma un dubbio lancinante
(?)
l’aveva spinto a soffocare momentaneamente
l’istinto di spupazzare quel cosino
dolce e a chiedere delucidazioni a
Kilgharrah.
“Aspetta
un
attimo: Merlin ed io fonderemo un regno? Insieme?”
“Ebbene
sì, giovane
Pendragon. Darete origine
alla fiorente Albion, che tra qualche secolo verrà
conosciuta dal resto del
mondo con il nome di Gran Bretagna, o Inghilterra per gli
amici”.
“Sicché...
sposati... nuovo regno... sono appena diventato padre... Oh Pikachu,
non credo
di poter reggere all’emozione” aveva biascicato il
futuro re prima di
rovesciare le palpebre all’indietro e di crollare a terra
come corpo morto cade
(cioè a mo’ di sacco di patate).
Kilgharrah
aveva sorriso, scoccando un’occhiata comprensiva a Merlin; ma
con sua sorpresa
il ragazzo, invece di burlarsi dell’idiozia del fidanzato,
stava piangendo. Un
fiotto incontrollato di lacrime gli rigava le guance, le spalle erano
scosse
dai singhiozzi ed i suoi occhi, il suo sorriso esprimevano la gioia
incredula,
trasognata ed insieme lucida tipica dei neogenitori.
“Felicitazioni,
ragazzi. Ci vediamo domani” erano state le ultime, commosse
parole pronunciate dal
drago prima di volare via, mentre Merlin si era inginocchiato,
stringendo a sé
il neonato e colpiva il viso dell’Asino con degli schiaffi
leggeri per farlo
rinvenire.
Aithusa,
aveva decretato Gaius dopo un’attenta visita, era una
signorinella. La notizia aveva
fatto sdilinquire a
lungo i due genitori (perché si sa, i padri hanno una
predilezione per le
figlie femmine). Si erano quindi dedicati a vezzeggiare la draghetta,
che dal
canto suo mostrava di apprezzare molto le coccole, strusciando il
capino contro
le mani che l’accarezzavano, azzardando timide leccatine e
mettendosi addirittura
a fare le fusa. Merlin, esausto come se l’avesse partorita
personalmente, quasi
non riusciva a reggersi in piedi. Sicché, quando Gaius era
ricomparso in scena
con un biberon di latte caldo, Arthur aveva preso in braccio Aithusa
per
allattarla, ordinando con affettuosa autorità
all’amato di stendersi sul letto
del medico e di riposarsi. Merlin aveva tentato di opporsi, ma uno
sbadiglio
traditore ne aveva rivelato l’effettiva stanchezza,
così senza più protestare
si era accucciato sull’accogliete giaciglio, chiudendo gli
occhi. Gli ultimi
suoni che era riuscito a captare prima di addormentarsi erano stati i
gorgoglii
soddisfatti della piccola e la voce carezzevole nonché un
po’ rincitrullita del
Principe che le chiedeva: “Chi è la pulcina di
babbo Arthur e di papà Merlin?
Chi è la draghetta bianca più bella del mondo? Ma
ovviamente tu, Aithusa!”
Ed eccoci
giunti alla mattina del Grande Giorno Gioiglorioso.
Mancavano
una manciata di clessidre all’inizio della cerimonia. Arthur
era già davanti
all’altare, in attesa dello sposo, Hunith e Mordred avevano
tirato fuori i rispettivi
cuscinetti con le fedi. Morgana era pronta ad avanzare lungo il red
carpet e a
spargere petali di rosa sul suo cammino, Uther reggeva la corona reale
(aiutato
da Cenred, che teneva in mano la corona che spettava al sovrano
consorte) per
procedere con l’incoronazione... E Merlin si trovava ancora
negli alloggi di
Gaius, in preda a violenti conati di vomito grazie ai quali aveva
rimesso anche
l’anima.
“Non
è
normale, questa nausea” borbottò impensierito
l’uomo, svuotando la bacinella a
cui il mago era rimasto spasmodicamente aggrappato durante
l’operazione di svuotamento,
terminata solo qualche istante prima.
“Sarà
lo
stress, Gaius, o un’influenza di tipo virale”
diagnosticò il mago.
“Sarà
pure
quello che dici tu, ma non ne sono persuaso. Quando vi siete... ti sei
svegliato stavi benissimo” ribatté un filino
piccato il medico.
“Roarr?”
intervenne Aithusa, sbattendo le alucce con fare apprensivo.
“Va
tutto
bene, amore. Il papà starà presto benissimo, se
tuo zio Gaius si decide a
somministrarmi una Pozione Antinausea” bofonchiò
Merlin.
“Ecco,
ecco”
l’uomo gli porse una coppa. “Non sia mai che il
matrimonio cominci in ritardo
per colpa mia”.
“Grazie
mille. Perdona la mia intrattabilità, ho i nervi a
pezzi” si scusò l’altro
facendo una smorfia per il sapore amaro della medicina.
“Ti
perdono
solo perché non capita tutti i giorni di sposare un principe
e di venire eletto
re consorte tutto in una volta” lo dileggiò
bonariamente il cerusico.
“E’
la
parabola di Cenerentola: dalle stalle alle stelle”
ironizzò Merlin, il volto
pallido e sbattuto.
“E’
solo ciò
che ti meriti, ragazzo mio” Gaius gli posò le mani
sulle spalle e lo guardò
dritto negli occhi. “Sono così fiero di te,
Merlin, e ti voglio bene come se
fossi mio figlio; è con l’affetto sincero di una
padre che ti auguro una vita
ricca e felice”.
“Oh,
Gaius”
esclamò l’altro abbracciandolo.
“Benedetto il giorno in cui i nostri destini si
sono incrociati. Non avrei potuto desiderare un padre putativo migliore
-ambizioni da drag queen comprese- e sono sicuro che Belinor sarebbe
d’accordo
con me” mormorò commosso.
Rimasero
così abbracciati per alcuni istanti, riversando in quel
gesto d’affetto le
parole che si erano taciuti e gli errori che si erano perdonati
reciprocamente.
Il primo a ricomporsi fu Gaius, che porse al giovane una fialetta.
“Questa
è
una pozione ricostituente, ti rimetterà in sesto. Adesso
fila a vestirti, ché
ti stanno aspettando. Io intanto mi avvio con Aithusa” disse
assestandogli una
pacca sulla schiena.
Merlin si
precipitò nella sua vecchia camera, sul cui letto erano
stati accuratamente
preparati i vestiti per il matrimonio. Indossò velocemente
la braghe aderenti
di velluto color castagna e gli stivali in tinta, la casacca di fresco
lino,
rossa con ghirigori ed arabeschi dorati e il mantello purpureo con
ricamata
sopra l’effige di un drago e una catena d’oro a
chiuderlo, identico a quello
che portavano i cavalieri della Tavola Rotonda e Arthur stesso.
Inghiottì un sorso di pozione, si pettinò
sommariamente i capelli con le dita,
si lavò i denti (perché teneva molto alla propria
igiene orale) e respirò
sonoramente due, tre volte, a fondo e con calma.
Arthur, sua madre, Gaius e Aithusa e tutti gli amici più
cari lo stavano aspettando.
Era pronto.
Si incamminò verso la sala del trono, chiudendosi la porta
alle spalle.
Ooooh, e
anche questo primo capitolo è finito. Mi è venuto
un mal di testa allucinante
ma ne è valsa la pensa (spero). Aspetto i vostri pareri con
molta, moltissima
trepidazione…
Alla prossima!
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Capitolo 2 *** Kings and Queens - part 2 ***
DEDICA: Alle anime pie
che hanno recensito e
che continueranno a farlo, alle lettrici silenziose, a chi ha inserito
questa
storia tra le Seguite, le Ricordate e le Preferite, e ovviamente alle
mie
supporter nonché amiche. Grazie di cuore, davvero <3.
NOTE: Eccovi la
seconda parte del capitolo.
E’ abbastanza descrittiva, ma ho cercato di non soffermarmi
troppo su ogni
singolo particolare per evitare l’effetto telecronaca e il
finale è piuttosto
esplosivo (o almeno, questa è la mia speranza). Se per caso
sentite la mancanza
dei miei balordi crossover non temete, perché già
dal prossimo capitolo ho
intenzione di piazzarvene uno alquanto lolloso.
Come al
solito, ci risentiamo nell’angulus.
Buona
lettura!
Arthur stava
letteralmente friggendo. Lieve tachicardia, palmi delle mani sudati,
salivazione azzerata e un principio di crisi di panico: tutti i malori
tipici
degli sposi piazzati di fronte all’altare in attesa che la
futura moglie -in
questo caso, il marito- si decida a farsi viva.
Quanto cavolo gli ci voleva, a quell’idiota, per prepararsi?
Non che fosse in
ritardo, ma lui si trovava lì in piedi e rigido come uno
stoccafisso da un po’
di clessidre e, detto fuori dai denti, non vedeva l’ora che
fosse già sera
–congedati amici, invitati e parenti, messa a nanna Aithusa e
con Merlin
svestito e arrendevole a sua completa disposizione. Quel pensiero
rischiava di
risultare fin troppo gradito ad Arthur junior, sicché
l’ancora-per-poco
principe si concentrò sull’immagine della
bellissima draghetta che l’aveva
rincretinito del tutto. Non si era vergognato nemmeno per un momento
delle
moine sdolcinate con cui l’aveva vezzeggiata né di
aver così detto addio al suo
usuale contegno di macho duro e puro (anche perché, ad
essere sinceri, quello
l’aveva perduto mentre era sotto l’influenza
dell’Amortentia). Tenere in
braccio, dare il biberon e coccolare la fragile e perfetta Aithusa gli
aveva
fatto scoprire un lato di se stesso a lui sconosciuto: affettuoso,
paterno,
anche un po’ ridicolo. Gli venne spontaneo gonfiare il petto
con orgoglio. Era
una gran bella cosa diventare papà.
Un brusio
sconnesso proveniente dal portone d’ingresso della Sala del
Trono lo distolse
dalle sue trasognate considerazioni. I musici di corte attaccarono a
suonare Marry you e Morgana
iniziò ad avanzare
lungo il corridoio, ancheggiando con l’alterigia di una top
model e
distribuendo con grazia qua e là petali rosati. Merlin era
arrivato,
ringraziando Topo Gigio.
Il muscolo
cardiaco di Arthur aumentò in modo esponenziale il numero di
battiti vedendo il
mago percorrere lentamente lo spazio che li divideva. Era semplicemente
regale
e arrapante oltre ogni limite, con quei pantaloni che gli fasciavano il
culo
le gambe e il rosso del mantello che esaltava la sfumatura corvina dei
suoi capelli
e il blu luminoso delle iridi.
Al confronto Arthur si sentì ingombrante ed appesantito
dalla cotta di maglia
lunga fin quasi al ginocchio. Tuttavia, quando incontrò lo
sguardo dell’amato,
nei suoi occhi lesse solo sincero apprezzamento e una buona dose di
nervosismo
venato d’impazienza. Come in un sogno lo osservò
avvicinarsi sempre di più,
fino a fermarsi al suo fianco. Intrecciarono le mani, senza fiatare.
Poi Uther, con la corona reale in mano, fece un passo avanti e si pose
di
fronte al figlio; quando il ragazzo s’inginocchiò,
egli pronunciò le parole di
rito.
“Arthur
Pendragon, giuri di adempiere ai tuoi doveri di sovrano fino alla tua
dipartita
o finché non ti sarai rotto le balle, e di agire sempre
negli interessi e nella
salvaguardia di Camelot?”
“Lo
giuro”
la voce stentorea di Arthur rimbombò nel silenzio generale.
“In
quanto
sovrano uscente ti passo il testimone: onora il trono ed il tuo
regno” Uther
gli cinse il capo con la sobria fascia di ottone. Il figlio
percepì acutamente
il freddo metallo a contatto con la fronte e questo lo
galvanizzò.
Rialzatosi,
strinse brevemente la mano di Merlin a mo’
d’incoraggiamento: era il suo turno
di sottoporsi al giuramento. L’ex sovrano ripeté
la procedura. Gli invitati non
emisero un suono, poiché la cerimonia non era ancora
terminata.
“Bene,
fuori
una! Adesso passiamo ai voti nuziali” esclamò
soddisfatto Pendragon senior. Si
rivolse all’erede. “Vuoi tu, figlio mio, prendere
il qui presente Merlin Emrys
come tuo legittimo sposo, amarlo e onorarlo in salute e in malattia, in
ricchezza e in povertà finché morte non vi
separi, adottare insieme a lui un
paio di bambini -ci tengo a diventare nonno, sappilo- e allevare la
piccola
Aithusa, nonché fargli mettere su qualche chilo
ché così è davvero troppo
magro?”
“Lo
voglio”
rispose senza esitazione il ragazzo.
“E
vuoi tu,
mio caro genero, prendere il qui presente Arthur Pendragon come tuo
legittimo
sposo, amarlo e onorarlo in salute e in malattia, in ricchezza e in
povertà
finché morte non vi separi, fargli da consigliere e guida
nei momenti
difficili, rimanergli per sempre leale e sopportarne la gelosia
patologica?”
“Lo
voglio”
pronunciò Merlin fieramente.
“Che
entrino
in scena i testimoni!”
Hunith e
Mordred scattarono in piedi e si accostarono agli sposi, porgendo loro
le fedi:
semplici cerchi d’oro impreziositi da un piccolo diamante
incastonato al
centro, a simboleggiare l’indissolubilità del loro
amore (regalo di nozze da
parte di Sir Aragorn). Con mani tremanti e sguardi emozionati i due
giovani si
scambiarono gli anelli.
“Con
l’autorità conferitami dall’autrice io
vi dichiaro marito e marito. Siate
felici, ragazzi, e non appartatevi da qualche parte a fare le cosacce prima della fine dei festeggiamenti.
Quasi
dimenticavo: baciatevi pure, ché altrimenti le fangirl in
sala mi linciano.
Amen”.
Non appena i
novelli sposi ebbero unito le loro labbra in un cinematografico bacio
da
cartone animato disneyano, gli invitati esplosero in un boato festoso
di
applausi e urla di gioia, con tanto di ululati d’approvazione.
“Lunga
vita
ai Re! Viva gli sposi! Forza Liverpool!”
Aithusa,
sfuggendo alla presa di Gaius, svolazzò goffamente
-rischiando più volte
di perdere quota- fino a raggiungere i
suoi genitori. Vedendola arrivare, Arthur spalancò le
braccia per accoglierla.
La draghetta ci si rifugiò squittendo felice e quando poi
Merlin si chinò a
posarle un bacio sulla testolina e si unì
all’abbraccio ella si mise a fare le
fusa, socchiudendo gli occhi e accoccolandosi tra i pettorali solidi e
gommosi
del babbo e lo sterno ossuto ma stranamente comodo del papà.
Dinnanzi ad un
così tenero quadretto famigliare una botta di commozione
assalì a tradimento i
presenti (persino ad Enzo Miccio scappò una lacrimuccia).
“Che
ne dici
Al, adottiamo anche noi un cucciolo di drago?”
sussurrò Gellert al compagno.
“Perché
no?
Domani mando un gufo a Charlie Weasley” acconsentì
l’altro.
Hunith
scoppiò a piangere a dirotto e anche Gaius diede segni di
cedimento. Gli occhi
di Uther brillavano d’orgoglio paterno, quelli di Morgana
invece scintillavano
maliziosi; già immaginava a grandi linee la one-shot piena
di oscenità che
avrebbe scritto sulla prima notte di nozze dei due piccioncini.
Mordred, con
l’espressione compassata di un piccolo lord pieno di gioia,
Evocò un fazzoletto
e lo porse alla singhiozzante Hunith, che con quei dolci occhi azzurri
gli
ricordava sua madre, morta quando era un frugoletto di un paio
d’anni. Sarebbe
piaciuta anche a Tom, pensò il bambino.
Restavano da
unire in matrimonio l’ormai-non-più-re con il suo
antico rivale, sicché Arthur
ricoprì il ruolo di officiante. Vide il volto del padre
trasfigurato dalla
felicità, quando lo sentì pronunciare il fatidico
“Lo voglio” e con un sorriso
sincero accordò ai novelli sposi il permesso di baciarsi. I
presenti espressero
nuovamente il loro consenso con esclamazioni piene di letizia
–sebbene con moderazione,
perché in fondo i due uomini non erano più di
primo pelo.
A quel punto
Enzo assunse il controllo della situazione. Fece cenno alle guardie di
affiancare i reali e di scortarli fino all’uscita,
invitò l’orchestra a suonare
la marcia nuziale e si raddrizzò il nodo della cravatta.
Merlin ed Arthur
percorsero a ritroso il tappeto rosso, tenendosi a braccetto e con
Aithusa
appollaiata sulle spalle di entrambi, accompagnati dal vociare eccitato
degli
invitati. Scesero una rampa di scale e si diressero verso il balcone da
cui
Uther troppe volte aveva pronunciato discorsi di odio contro la magia
ed
assistito ad innumerevoli esecuzioni. Non appena si furono accostati
alla balaustra
e la luce del sole li ebbe investiti, il popolo (che per ragioni
logistiche e
di spazio aveva seguito la cerimonia minuto per minuto grazie a due
maxi
schermi collocati nel cortile interno e nel giardino sul retro del
palazzo), li
accolse con acclamazioni festose e battimani, nonché
manciate di riso.
Già calato nei nuovi panni di regnante, Arthur
agitò la manina in un saluto
pieno di degnazione e Merlin provò ad imitarlo, con una
certa aggraziata
goffaggine che piacque molto ai camelottiani. Aithusa sbatté
le alucce,
provocando una sequela di “Ooooh!”
inteneriti
da parte delle donne presenti. Al biondo babbeo bastò un
cenno della mano,
cortese ma fermo, per far sì che il rumoreggiare entusiasta
della folla si
chetasse. Ottenuta l’attenzione di ogni essere vivente e
pensante nel raggio di
mille iarde, egli impugnò un microfono materializzatosi dal
nulla.
“Abitanti
di
Camelot, è un onore avervi qui riuniti per assistere alle
mie nozze e a quelle
del mio augusto padre; in questo Giorno Gioiglorioso vi auguro di
godere
appieno dei festeggiamenti che inizieranno a breve. Prima
però debbo
annunciarvi che da codesto preciso istante ogni forma di persecuzione e
discriminazione nei confronti di chi pratica la magia è
abolita. Il mio dolce
consorte, infatti, è uno dei maghi più potenti
degli ultimi tre secoli e anni
di collaborazione gomito a gomito con lui mi hanno insegnato che non
è dalla
magia che ci si deve difendere, bensì da chi ne fa uso per
scopi empi e
malvagi. Lo stesso dicasi per le creature magiche: non sarà
più consentito dare
loro la caccia ed ucciderle. Devo la mia felicità al
lucertolone svolazzante sopra di
noi”, così dicendo
rivolse lo sguardo al cielo, ottenendo da Kilgharrah uno sbuffo
divertito, “e
sono da poco diventato padre dell’adorabile cucciolo di drago
che mi sta
alitando sul collo. E’ quindi nostro dovere, mio e di Merlin,
tutelarne la
salvaguardia. Adesso lascio la parola al mio consorte,
perché pronunci il suo
primo discorso da sovrano” e gli passò il
microfono.
“Gandalf
vi
preservi tutti” esordì quegli, esitando. Non
sapeva che accidenti inventarsi e
parlare in pubblico non era mai stato il suo forte, così
scelse di improvvisare.
“Non ho molto da dirvi, se non queste poche parole: pigna,
pizzicotto,
manicotto, tigre. Che la festa cominci!”
E la festa
cominciò.
Diverso
tempo dopo, quando ormai l’ora di desinare era trascorsa da
un pezzo, Arthur e
Merlin poterono finalmente ritirarsi nella loro camera da letto e
stravaccarsi
sul regal baldacchino, ove tante sconcezze avevano commesso (sulla cui
descrizione non ci soffermeremo, consentendo così agli esimi
lettori di
lasciare a briglia sciolta la loro fantasia).
Benché esausti, ripercorsero i punti salienti del
dopo-cerimonia: il dj che,
dietro palese istigazione di Gaius, aveva riproposto i brani
più famosi di
Renato Zero in salsa house, le cortigiane che si erano sbronzate di
brutto con
il Tiramisuper e i balli di gruppo, culminati con il sempre immortale Time Warp, richiesto espressamente da
Cenred
che era un grande fan del Rocky Horror
Picture Show. Persino Merlin, che si sentiva lo stomaco
ancora sottosopra,
era stato costretto da Arthur ad unirsi alle danze.
Quello dell’apertura dei regali era stato un altro momento
topico. Alla vista
dei doni di Morgana e di quei bricconi dei loro amici cavalieri il mago
era
arrossito di botto balbettando incoerentemente mentre suo marito era
scoppiato
a ridere, ringraziandoli sentitamente e promettendo che ne avrebbero
fatto buon
uso. Il regalo di Mordred, invece, aveva conquistato Aithusa. La
draghetta si
era letteralmente infatuata del manto variopinto di Nagini, che da
parte sua
sembrava gradire molto le alucce dell’altra: per farla breve,
le due creature
erano diventate inseparabili.
I sovrani rivolsero gli sguardi in direzione dei piedi del letto, dove
stava
Aithusa, accoccolata e deliziosamente assopita e circondata dalle spire
del
serpente.
“Ringraziando
Odino ci si sposa un’unica volta nella vita. Sono talmente
stanco che ho
intenzione di ronfare saporitamente per le prossime
ventiquattr’ore” esalò
Merlin massaggiandosi le tempie.
“Come
sarebbe, dormire? E’ la nostra notte di nozze, Merlin,
sarebbe un sacrilegio
bello e buono non celebrarla degnamente” protestò
Arthur, tirandosi a sedere e
imbronciatosi.
“Ti
prego,
risparmiami. Fosse per te, ogni minuto della giornata dovrebbe essere
passato a
scopare come conigli” gli indirizzò una smorfia a
metà tra lo scherzoso e
l’esasperato.
“Non
mi
sembra che tu ti sia mai opposto. E poi non è colpa mia se
non so resisterti,
sei troppo desiderabile e spupazzabile” si difese
l’altro, mormorando
seducente.
“Ah-ah,
non
ci casco. Non mi sento nemmeno troppo bene”
replicò Merlin verdognolo in volto,
coprendosi la bocca con una mano. “Anzi, vammi a chiamare
Gaius, per piacere, e
digli che necessito urgentemente della sua Pozione
Antinausea”.
Non ebbe
nemmeno il tempo di concludere la frase che il marito si era
già precipitato
fuori dalla camera, sbattendosi la porta alle spalle. Fece ritorno poco
dopo,
accompagnato dal medico, quando la nausea del moro era divenuta
insostenibile e
le sue viscere avevano iniziato a ballare la lambada.
“Deve
essere
un virus, in effetti nemmeno io mi sento in forma” stava
spiegando il re a
Gaius, il cui sguardo preoccupato vagava dal suo volto, cereo e
sbattuto, a
quello del mago, che sembrava sul punto di rimettere l’anima.
“Occupati di lui,
io intanto mi ritiro nel gabinetto a vomitare” Arthur
indicò la bacinella di
zinco che si era procurato. Terminato quanto aveva da dire, si
scapicollò
nell’altra stanza.
“Merlin,
questa storia della nausea non mi piace per niente”,
borbottò l’anziano
cerusico, somministrando al suo protetto la medicina. “Quando
il tuo consorte avrà
finito di rigettare voglio che vi sottoponiate ad un esame di
accertamento”.
“Esame?
Tipo
le analisi del sangue?” chiese Merlin, che non andava matto
per gli aghi.
“Una
specie,
ma ti prometto che non userò siringhe”.
In quel
mentre ricomparve Arthur, con l’aria debilitata di un morto che cammina.
“Sire,
come
vi sentite?”
“Adesso
meglio, Gaius. Merlin, piuttosto, come sta? La nausea gli è
passata?” articolò
reggendosi a fatica in piedi per via delle gambe molli.
“Amore,
vieni a sederti sul letto e non preoccuparti per me. Gaius vuole
visitarci e ha
bisogno di un campione del nostro sangue, se ho capito bene”
il moro scoccò
un’occhiata interrogativa al medico.
“Precisamente.
Vi chiedo di porgermi un dito, miei sovrani”.
I baldi (al
momento non proprio baldi) giovani obbedirono, e Gaius punse i loro
polpastrelli
con uno spillo da sarta. Raccolse le gocce di sangue in due fialette,
dentro
cui poi versò un liquido trasparente che fungeva da
reagente. Quando, pochi
istanti dopo, il contenuto di entrambe le provette virò
verso l’azzurro chiaro,
il suo volto rugoso assunse un’espressione alquanto attonita
e al tempo stesso
meditabonda.
“Lo
sospettavo” sospirò stancamente. “Certo,
pensavo che si trattasse solo di Merlin”.
“Sospettavi
cosa?” lo interruppe ansiosamente Arthur. “Siamo
malati?”
“Non
la
definirei proprio una malattia, ma di certo non vi è
rimedio”.
“Parla,
Gaius: è forse una fattura, una maledizione,
un’infezione, un’unghia
incarnita?” lo incalzò il sovrano,
sull’orlo dell’isteria.
Merlin
stranamente taceva, terreo.
“Niente
di
tutto ciò, Altezza. Non me lo so spiegare, davvero, ma le
analisi non mentono. Siete
entrambi incinti, Sire. Di un bambino. Anzi, di due. Uno ciascuno,
cioè”
biascicò il cerusico in evidente difficoltà.
“I-INCINTI??!
Merlin ed io...? Avremo dei bambini... partorirò…
ci cresceranno le tette…? Oh
Charmender, abbi pietà del mio ventre”
farfugliò sotto shock Arthur e svenne
elegantemente, con le palpebre rovesciate all’indietro e
atterrando sul morbido
materasso Eminflex del baldacchino.
“Jesus
Christ Superstar, Sire, riprendetevi!” si lanciò
in suo soccorso Gaius. Si
rivolse al sovrano consorte. “Merlin, mi aiuti? Ho un
po’ di Pozione
Rinvigorente nella bisaccia, se gentilmente me la passassi- Merlin, mi
senti?!
Sire?”
Ma il nostro
eroe non si mosse. Rimase sul letto, le braccia che cingevano le
ginocchia
piegate al petto e lo sguardo vacuo, perso a fissare il vuoto.
Ossignore,
che fatica! *si sgranchisce le dita*
Per chi non
le conoscesse, eccovi il link della canzone che viene suonata durante
la
cerimonia, “Marry you”, cantata dal cast di Glee (http://www.youtube.com/watch?v=v-PBM1cyujk);
questo invece è il video di “Time Warp” (http://www.youtube.com/watch?v=v-PBM1cyujk),
che non a caso è una scena/canzone/coreografia cult.
A presto,
con tanto tanto ammmòòòre!
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Capitolo 3 *** Having my baby ***
NOTE: Rieccomi,
più o meno puntuale. Mi
scuso in anticipo per la brevità del capitolo, ma
nell’ultima settimana la mia
Musa si è impigrita parecchio (temo di averla influenzata
negativamente) e le
poche facciate che andrete a leggere sono il frutto di neanche
quarantott’ore
di scrittura: il verdetto finale spetta a voi, come sempre.
Vado un
po’
di fretta, quindi sarò concisa: buona lettura e a risentirci
nell’angulus!
Ci vollero
diverse secchiate di acqua fredda, almeno una cinquantina di ceffoni
ben
assestati ed infine una sniffata di sali perché Arthur
Pendragon, fresco di
nomina a sovrano e novello sposo, riprendesse i sensi.
La prima cosa che vide, battendo a fatica le palpebre e tirandosi a
sedere sui
gomiti, fu un paio di mani anziane e sciupate che gli palpavano con
perizia la
zona addominale. Cosa diavolo…?
“Che
ti
dicevo, Merlin? Anche il ventre di tuo marito presenta il lievissimo
gonfiore
di una persona incinta di circa tre mesi -il che giustifica le nausee-
ma nel
suo caso lo si nota con maggiore difficoltà, considerata la
differente tonicità
muscolare” stava spiegando Gaius all’altro giovane
re.
Le iridi del
mago, però, non brillavano di curiosità,
entusiasmo o paura come si conviene a
un futuro genitore. Incrociandone lo sguardo, Arthur
rabbrividì nel decifrarvi
solo la più totale inespressività.
“Merlin”
lo
chiamò, posando una mano su quelle contratte a pugno del
moro. “Merlin, che ti
prende?”
L’occhiata
che l’amato gli lanciò avrebbe fatto gelare il
sangue a Sauron in persona.
“E me
lo
chiedi pure, Asino ragliante che non sei altro? Mi prende che entrambi
aspettiamo un bambino, porca di quella pupazza, e non ho la
più pallida idea di
come sia potuto accadere” sibilò più
velenoso di una dose massiccia di arsenico,
rifuggendo il tocco gentile e assicurante di Arthur.
“Merlin,
topolino mio, di cosa ti stupisci? Siamo nel fiore della giovinezza,
sani e
vigorosi; l’abbiamo fatto tante di quelle volte che era
inevitabile che
succedesse, prima o poi” replicò ilare.
“Ma
santa
miseria, Arthur, quando Belenos distribuiva l’intelligenza tu
eri al bar a fare
colazione? Nel caso ti fosse sfuggito, per concepire bisogna che almeno
uno dei
due copulanti sia dotato di utero, ovaie e vagina, e a quanto mi
risulta ne
siamo entrambi sprovvisti!” ruggì.
“Ehm,
riguardo a questo avrei un’idea” si intromise nel
battibecco coniugale Gaius,
tossicchiando rispettosamente. “Ho motivo di credere che sia
opera della magia,
Altezze Reali”.
“Fantastico,
Capitan Ovvio è tra noi” borbottò tra
sé e sé Merlin. “Ciò non
toglie”, ribatté
con un tono di voce udibile, “che la gravidanza di Arthur sia
inspiegabile”.
“Permettimi
di contraddirti, mio caro” chiocciò un poco
malizioso l’interessato.
“E’
successo
solo qualche volta” mormorò l’altro, le
orecchie improvvisamente paonazze.
“Centoventinove
su duecentosettanta circa, calcolando una media di tre scopate al
dì per tre
mesi” precisò il marito.
“Dioniso
infoiato, hai tenuto il conto delle volte in cui ho fatto
l’attivo?”
“Non
solo,
le ho descritte minuziosamente nel mio diario segreto”
sorrise seducente.
“Oh
Salazar”, esalò basito il mago, “ho
sposato un cretino integrale. Spero solo
che i nostri figli non prendano da lui”.
“Ora
sei
ingiusto, amore” la buttò sul ridere
l’Asino Reale, sedendo accanto a lui e
cingendogli le spalle con un braccio. “Capisco che
l’idea di partorire ti
terrorizzi, ma pensa al lato positivo: i nostri genitori faranno i
salti di
gioia!”
“Adesso
sì
che mi sento rassicurato” sospirò Merlin poggiando
il capo contro quello del regal
babbeo.
Trascorsa
un’altra luna, i ventri dei nostri eroi divennero ormai ben
visibili e
tondeggianti sotto le loro vesti di leggero lino (si era ormai in piena
estate), e pertanto venne deciso di annunciarne pubblicamente le
gravidanze. Per
quanto la situazione fosse bizzarra ed inusuale, si trattava comunque
di una
lieta novella. Fu per l’appunto vera letizia quella che il
popolo manifestò
quando lo venne a sapere; non solo i Re si erano presi gioco delle
leggi
naturali, riuscendo a concepire, ma i Delfini sarebbero stati
addirittura due.
Uther, come
previsto da Arthur, quando un messaggero proveniente da Camelot gli
recapitò
una missiva in cui gli veniva comunicato il doppio lieto evento, diede
in
esclamazioni di gioia poco consone ad un ex sovrano e si
affrettò a renderne
partecipe il marito. Cenred palesò altrettanta
felicità all’idea di avere
presto dei nipotini acquisiti -benché non avesse nemmeno
compiuto quarant’anni-
e, dopo essersi recato in merceria, si dedicò con solerzia
al lavoro a maglia per
confezionare due paia di scarpine a vivaci colori (di lana,
poiché i parti
erano previsti per la festa di Yule).
Ad Hunith, che aveva prolungato la sua permanenza al castello
(marcondirondirondello) su insistenza del figlio e del genero, il
pensiero di
diventare nonna relativamente giovane fece ritornare in mente i bei
tempi in
cui Merlin era un fagottino caldo ed indifeso attaccato al suo seno e
le prese
una botta di commozione che la rese alquanto lacrimevole e nostalgica
per
diversi giorni. Superata la crisi, si asciugò gli occhi e
con piglio dolce ma
energico fornì ai due ragazzi consigli e rassicurazioni
sulla maternità.
Aithusa era troppo piccola per comprendere appieno la situazione.
Bastò
tuttavia che il babbo e il papà le spiegassero che dentro le
loro pance stavano
crescendo i suoi fratellini perché ella esprimesse la sua
approvazione
sbattendo le alucce e gorgogliando orgogliosa. Nagini, che ormai si
considerava
membro della famiglia a tutti gli effetti, si limitò a
sibilare pacatamente.
Morgana, dal canto suo, scoppiò a ridere così
selvaggiamente che le vennero le
convulsioni e le ci vollero delle ore per riprendersi. Tuttavia, non
appena il
suo sguardo si posò nuovamente sul pancione del fratellastro
e sui suoi piedi
leggermente a papera tipici delle donne incinte, tornò di
umore estremamente
ridanciano.
C’è da dire a sua discolpa che Arthur gravido era
uno spettacolo effettivamente
piuttosto buffo. I suoi cavalieri, ad esempio, faticavano a soffocare
l’attacco
di ilarità che li coglieva puntualmente nel vedere il biondo
re presentarsi
agli allenamenti mattutini con le lombari inconsciamente inarcate,
quasi a
voler ostentare il ventre gonfio. Di sera, alla taverna del Sole
Nascente, le
battute allusive fioccavano con naturalezza. Gli avventori brindavano
più e più
volte agli spermatozoi gagliardi di entrambi i sovrani, e in
particolare a
Merlin per essere riuscito a domare (e qui le risatine si sprecavano)
un principino
sul pisello come Pendragon junior.
Il piccolo Mordred, messo al corrente della notizia in quanto testimone
di uno
degli sposi, si mise a sfogliare febbrilmente, con il suo compagno di
stanza
nonché amichetto del cuore Tom Riddle, il Libro dei Nomi per
stilarne una lista
da sottoporre successivamente ai futuri genitori.
“Che
ne dici
di Voldemort, per un maschietto?” propose Tom,
improvvisamente ispirato.
“E’
troppo
lugubre. A me piace Harry, invece” lo contraddisse
l’amico.
“Assolutamente
no! Non so per quale motivo, ma quel nome mi sembra foriero di cattive
notizie”
Tom rabbrividì impercettibilmente.
Ahinoi (?),
quando l’arpia Gwen venne resa edotta dal
fratello della doppia
gravidanza di quei malefici sodomiti prese una decisione drastica: fece
armi e
bagagli e si trasferì nel più vicino convento
delle Carmelitane Scalze, votandosi
così alla vita monastica. Nessuno a Camelot ne
sentì la mancanza –tranne,
forse, Elyan.
Arthur e
Merlin, entrati che furono nella ventunesima settimana di gestazione
(Gaius
infatti aveva stabilito, dopo una prolungata e minuziosa visita medica,
che erano
rimasti incinti a distanza di pochissimi giorni l’uno
dall’altro, durante una
delle loro prime notti
d’ammmòòòre), cominciarono a
mostrare i primi segni
d’inevitabile insofferenza.
Erano indubbiamente entrambi preoccupati per le reciproche condizioni,
ma a
rendere Arthur perennemente irritabile e a tratti isterico era
l’astinenza,
cause di forza maggiore, a cui il medico di corte li aveva costretti.
Merlin,
invece, non era abituato a vedersi così pieno e florido e
temeva di essere
divenuto una palla di lardo senza forme. A ben poco valsero le
soluzioni di
divertimento alternativo suggerite dal mago (benedetti i sex toy e gli
amici
briganti che avevano avuto il fegato di regalarglieli) e le
rassicurazioni da
parte dell’Asino Reale su come la figura dell’amato
consorte fosse sempre
deliziosamente filiforme. Le scariche di ormoni a cui i nostri eroi
erano
sottoposti ne stravolsero non poco carattere e ragionevolezza,
rendendoli più
simili a due donne suscettibili e piagnucolanti in piena sindrome
premestruale
che ai legittimi sovrani di Camelot.
A smuovere
le acque e a salvare i Re ed i loro sottoposti/amici/parenti e figlie
adottive
da un esaurimento nervoso collettivo ci pensò un dipinto.
Beh, anche
questo capitolo è andato. Nel prossimo, se la Musa mi
assiste, avrà luogo il
crossover lolloso e (ovviamente) alto tasso di slash che vi avevo
promesso.. E
il dipinto ne è un indizio. *fischietta con aria misteriosa*
Non mi
dilungo oltre giacché i miei doveri domestici mi chiamano;
spero di sentire i
vostri pareri.
A
risentirci!
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Capitolo 4 *** From N***** with love ***
NOTE: Questo
è un capitolo molto discorsivo
e (apparentemente) interlocutorio e di transizione. Scrivendolo mi
è venuta
un’idea per rendere la storia ancora più delirante
e slashosa –perché al peggio
non c’è mai fine, muahahahah. L’idea per
il tema del crossover me
l’ha suggerita Edian, che ringrazio sentitamente,
anche perché mi ha dato il suo benestare nonostante la
coppia da me scelta non
sia la sua preferita.
Ci tengo a
precisare, come al solito, che NON mi drogo. Giuro.
Buona
lettura e a dopo!
Il dipinto
in questione venne recapitato al castello (marcondirondirondello) un
pomeriggio
di agosto, dopo che un temporale estivo aveva spazzato via la calura
insopportabile che aveva oppresso Camelot fino a due giorni prima.
I Re stavano
sonnecchiando nel loro bel letto a baldacchino, distesi sul fianco
l’uno di
fronte all’altro, i pancioni che si sfioravano. Il braccio
destro di Arthur era
mollemente appoggiato sull’anca del marito e
quest’ultimo aveva intrecciato una
mano con quella libera del giovane Pendragon. Ai loro piedi, Aithusa
cercava di
imitarli -come tutti i cuccioli, benché piena di energia, si
stancava
facilmente- ma Nagini le si strusciava addosso, sibilando insinuante,
implorandola di giocare insieme a lei. La draghetta sbuffò,
del fumo nero
fuoriuscì dalle sue narici, e si coprì il muso
con un’ala. Il cobra reagì a
quel gesto di rifiuto dandole le spalle e frustando con stizza la coda
prima di
acciambellarsi a cerchio e di cedere al sonno a sua volta.
Due colpi alla
porta turbarono il momento di quiete appena creatosi. Merlin
strizzò gli occhi,
Arthur continuò a russare sonoramente, la bocca (poco
dignitosamente)
spalancata.
“Miei
Re, siete
svegli e presentabili?” domandò Gaius con una
punta di divertimento.
A quel punto
il mago alzò una palpebra, vagamente intontito.
Sentì una cosa umida e rasposa
leccargli il viso e gli ci volle qualche istante per rendersi conto che
si
trattava della lingua di Aithusa, che aveva preso l’abitudine
di svegliarlo in
quel modo. Allungando una mano per accarezzare la testolina bianca
della
creatura, cercò di fare mente locale.
“Gha-iussh?”
sbadigliò.
“Precisamente,
Altezza. Hanno consegnato un pacco per voi. Poiché
è stato spedito via DHL mi è
sembrato giusto sottoporlo immediatamente alla vostra cortese
attenzione”
spiegò il medico.
“Ah.
Entra
pure, io intanto sveglio l’Asino” e così
dicendo Merlin si tirò a sedere e
spinse delicatamente il fianco del consorte ronfante, mentre la
draghetta
tornava a dormire.
“Arthur”.
“Mmmh”
grugnì
l’altro.
“Arthur,
svegliati”.
“Mmmmmhhh!”
protestò tentando di seppellire il volto nel cuscino.
“Arthur,
se
non ti decidi ad alzarti entro cinque secondi giuro che do fuoco ai sex
toy”.
La minaccia
si fece strada con sorprendente rapidità nel cervello
annebbiato di Arthur, che
sbarrò gli occhi, si tirò su e si
posizionò a gambe incrociate in quattro
secondi netti.
“Bravo
ragazzo” lo elogiò il moro arruffandogli i capelli.
“Questo
ed
altro, per la salvaguardia dei sex toy” proferì
serissimo il giovane sovrano.
In quel
mentre si aprì la porta della loro camera, da cui fece
capolino la testa canuta
di Gaius. Lo seguirono a ruota Leon e Percival, che trasportavano un
pacco
rettangolare, di dimensioni considerevoli e che a giudicare dalla
tensione dei
muscoli dei due uomini non doveva pesare poco; sulla carta che lo
avvolgeva
spiccavano le scritte URGENTE e FRAGILE.
“Appoggiatelo
pure qui, ragazzi” ordinò Gaius, indicando la
parete più vicina.
“Volete
che
lo apriamo, Sire?” offrì Percival zelante.
“Grazie,
mio
buon amico. Ti aiuterei volentieri, ma mi hanno imposto di non fare
sforzi”
replicò Arthur rivolgendo un’occhiata contrariata
in direzione del cerusico e
di Merlin.
“Sono
nelle
tue stesse condizioni, amore” gli ricordò
pacatamente il marito.
“Scusami,
topolino.
So che non è colpa tua –o almeno, non
direttamente” ridacchiò piano posandogli
un bacio sulla fronte.
Mentre i due
colombi tubavano i cavalieri si dilettavano a spacchettare il
misterioso
presente, che si scoprì essere il già citato
quadro. La tela, racchiusa da una
splendida cornice lignea riccamente intagliata, raffigurava un
paesaggio
alquanto banale e spoglio: un vascello in mare aperto, con tanto di
cielo
azzurro e sole scintillante.
“Uhm,
carino. Chi è il mittente?” chiese Arthur
avvicinatosi al regalo, la bocca
distorta in una smorfia quasi annoiata.
“Non
si sa,
Sire. E’ anonimo” rispose Leon solerte.
“Anonimo?
E
allora come fate ad essere sicuri che sia indirizzato a noi?”
“Beh,
a chi
-se non voi Altezze Reali- potrebbero mai mandare un dipinto come
omaggio?”
argomentò Gaius.
“Giusta
osservazione”.
“Magari
sul
retro del quadro c’è scritto qualcosa”
ipotizzò opportunamente Merlin.
“Ah,
il
bello di avere un marito perspicace!” sospirò
compiaciuto e senza ombra di
derisione il re. “Da bravo, Percival, sfrutta la tua forza
poderosa e
verifica”.
Mr. Muscolo
Idraulico Gel (per gli amici Percival) eseguì, facendo bella
mostra dei suoi
bicipiti possenti e armoniosi. Sollevò la tela
all’altezza degli occhi e ne
controllò rapidamente il lato posteriore.
“C’è
un
messaggio, in effetti. Dice: Ad Arthur e
Merlin, congratulazioni per le vostre nozze. A presto, P&C”
lesse
compitamente l’uomo.
“P&C?”
ripeté Pendragon junior confuso.
“Li
conosci?” gli si rivolse il mago.
“Mai
sentiti
prima. Piuttosto, non è che sono amici tuoi?”
“Ne
dubito
fortemente. Nessuno dei miei amici, che io sappia, è
abbastanza facoltoso da
potersi permettere di donarci un’opera d’arte
così pregevole” e dicendo questo
egli si accostò ad Arthur, scrutando attentamente il
dipinto. “Osservalo bene.
Tralasciando lo scenario piuttosto insignificante, questo dipinto
è eseguito
con innegabile maestria. L’uso della luce è
eccellente, per non parlare del
gusto per i dettagli. I colori sono vividi e luminosi ed il mare, poi,
è
talmente ben realizzato da sembrare vero, tangibile. Vien quasi voglia
di
allungare la mano per toccarlo”.
“In
effetti,
ora che me lo fai notare è davvero bello. Si ha la
sensazione di vedere una
lieve brezza gonfiare le vele, nonché di sentire lo stormire
dei gabbiani”
mormorò rapito il biondo.
“Mi
hai
letto nel pensiero, Arthur: anch’io sento i
gabbiani!” concordò emozionato
Merlin.
“Che
capolavoro di realismo” borbottò il medico di
corte, altrettanto assorto nella
contemplazione della tela. “Li sento pure io”.
“Ehm,
è
normale che li senta anch’io?”
s’intromise con garbo Percival, ancora impegnato
a reggere la cornice tra le mani.
“E
anche io?”
aggiunse Leon, messosi al suo fianco per aiutarlo a reggere il peso del
quadro.
I sovrani e
Gaius si scambiarono un’occhiata sgomenta, poi tornarono a
puntare gli occhi
sulla tela.
“Curioso-”
osservò il cerusico.
“Mi
è
sembrato di vedere-” lo seguì a ruota Arthur.
“...Le
onde
del mare muoversi” concluse infine Merlin.
I tre si
guardarono di nuovo, decisamente più sgomenti di prima.
Non si erano
sbagliati. Ad una seconda e più minuziosa analisi,
constatarono l’evidente
realtà dei fatti: il vento increspava l’acqua, che
a sua volta rifletteva il
riverbero della luce solare. Videro distintamente una manciata di
gabbiani
volare in direzione dell’orizzonte.
“E’
senza
dubbio opera della magia” ci tenne a sottolineare
l’ovvio Gaius.
“C’è
un
particolare che mi lascia perplesso più degli altri,
però” meditò ad alta voce
l’Asino Reale.
“Il
vascello
non si muove” completò per lui il mago.
“Esatto,
pulcino
mio. Hai idea del perché?”
Merlin
scosse la testa, pensieroso.
Tuttavia, i
nostri eroi non dovettero attendere a lungo per ricevere una risposta
ai loro
dubbi. Pochi attimi dopo, infatti, scorsero due figure in miniatura
-uomini,
presumibilmente- sporgersi dal parapetto della nave e tuffarsi in mare.
“Che
diavolo…!” esclamò Gaius preso in
contropiede.
“Fantastico,
era il mio sogno assistere in diretta al suicidio dei personaggi
animati di un
quadro” ironizzò Emrys con malcelato cinismo.
“Ma
non ha
senso” balbettò l’anziano medico.
“Chetatevi
un momento” li zittì Arthur.
“Guardate” disse poi indicando la scena.
Con immensa
sorpresa dei tre astanti, le figurine riemersero a galla e si misero a
nuotare nella loro direzione.
“E’
come se
stessero venendo verso di noi” smozzicò allibito
Merlin.
“Ma
perché
dovrebbero?” Gaius starnazzava quanto una gallina in procinto
di deporre un
uovo.
“Non
ci resta
che aspettare, per scoprirlo” Arthur diede prova di un sangue
freddo
ammirevole.
“Vedete
di
non aspettare fino a domani mattina, però, ché la
mia forza erculea ha un
limite” li supplicò Percival, i muscoli delle
braccia che mostravano i primi
segni di cedimento.
“Ma
tesoruccio,
ti sto dando una mano io” gli sorrise Leon.
“Più
che darmi
una mano me la stai posando sul culo, ma apprezzo lo stesso il
pensiero”
obiettò quietamente l’altro.
“Hai
capito
il nostro Leon” sussurrò malizioso Arthur
all’orecchio del marito.
“D’altra
parte, nomen omen” sghignazzò il mago.
Nel
frattempo, i due uomini del dipinto avevano continuato imperterriti a
nuotare,
finché-
“Non
ci sono
più! Dove sono andati a cacciarsi?” si
agitò Gaius riconquistando così
l’attenzione dei sovrani.
“Ho
come un
presentimento” cominciò a dire il mago, ma si
interruppe di colpo.
Una mano
affusolata
e pallida, da aristocratico, fece infatti capolino dalla tela e
andò ad
artigliarsi sulla cornice, come se cercasse un appiglio per tirarsi su ed uscire dal quadro. Cosa
che, in effetti, si verificò. A quella mano seguì
la sua gemella, e ad esse i
rispettivi polsi, gli avambracci; e poi le spalle, una testa, il busto.
Un
uomo, in carne ed ossa e a grandezza naturale, scavalcò
agilmente la cornice e
con un saltello posò i piedi a terra.
Era fradicio
dalla testa di capelli scuri e lunghi fino al collo agli stivali di
cuoio. Gli
abiti che indossava, benché zuppi d’acqua e di
foggia estremamente sobria,
erano ricavati da stoffe pregiate e rivelavano impudicamente la
magrezza del
suo corpo. Arthur stabilì che doveva essere un paio di
centimetri più basso di lui
e all’incirca suo coetaneo. Lo sconosciuto rivolse loro un
sorriso caldo e
amichevole, da far tremare le ginocchia a parecchie dame.
“Voi
dovete
essere i sovrani di Camelot, è corretto? Arthur Pendragon e
Merlin Emrys?”
“Per
servirvi” confermò prontamente Merlin.
“E voi chi siete, messere?”
“Un
attimo
di pazienza ed il mio compagno ed io ci presenteremo con tutti i
crismi, Sire”
replicò garbatamente il giovane, tendendo una mano in
direzione della tela alle
sue spalle.
Come prima,
un’altra mano -più larga e mascolina-
sbucò dal dipinto, seguita subito dopo
dalla silhouette di un altrettanto giovane e avvenente individuo, che
accettò il
palmo offertogli dall’altro e balzò con cautela a
terra. Il nuovo arrivato era
biondo e dotato di occhi cerulei come Arthur, considerò
Merlin, aveva il volto
più largo e lineamenti dolci, meno virili, ma il fisico
altrettanto ben
piazzato. Era grondante acqua e indossava dei capi di abbigliamento
praticamente identici a quelli del suo accompagnatore; a differenza
dell’altro,
però, teneva in braccio un coniglio. Anche il giovane
Pendragon se ne accorse,
e faticò a non strabuzzare gli occhi. Il coniglio era
bianco, come nella
miglior tradizione, ma stava ritto sulle zampe posteriori ed era molto
più
grande del normale; indossava inoltre un paio di occhiali, dei calzoni
ed un
panciotto, da cui fuoriusciva un orologio da taschino dorato.
Percival,
intanto,
con un grugnito di sollievo lasciò scivolare dolcemente il
quadro a terra,
stiracchiando le braccia indolenzite. Leon si premurò di
massaggiargli le
spalle da bravo maritino.
“E’
tardi, è
tardi. La Lepre Marzolina ed il Cappellaio Matto mi aspettano per il
tè ed io
sono in ritardo!” esclamò piuttosto in ansia la
bizzarra creatura.
Il ragazzo
biondo lo posò sul pavimento di pietra, dandogli una pacca
sulle spalle.
“Ricorda:
uscito
dal castello (marcondirondirondello) percorri due miglia a est in
direzione del
Fantabosco e troverai la buca che conduce al Paese delle Meraviglie.
Segui le
mie indicazioni e non potrai sbagliare” lo istruì.
“Grazie,
grazie
davvero, mio buon giovine. Tante care cose a lei e al suo
sposo!” salutò il
Bianconiglio, saltellando fuori dalla stanza senza degnare di uno
sguardo il
resto dei presenti.
“Comincio
a dubitare seriamente della sanità
mentale dell’autrice” bofonchiò
contrariato Merlin.
“Pulcino
mio, lo sai che Genio è fatta così: prendere o
lasciare” provò a confortarlo
Arthur.
“Io
lascerei
volentieri, credimi” sibilò in risposta lui.
“Ah-ehm”
chiese parola il giovane dai capelli scuri. “E’
arrivato il momento delle
presentazioni, credo”.
“Oh,
ma
certo. Procedete pure” concesse il re con aria solenne.
“Altezze
Reali, il mio nome è Caspian X, sovrano di Telmar e vice re
di Narnia” esordì
con voce sicura il moro.
“Ed io
sono
Peter il Magnifico, uno dei quattro sovrani di Narnia, e vice regnante
di
Telmar” prese la mano destra di Caspian tra le sue, come a
voler marcare il
territorio.
“P&C?”
domandò Merlin.
“Precisamente”
gli sorrise Caspian. Arthur ringhiò in segno
d’avvertimento, la stretta di
Peter sulla sua mano aumentò. “E’ un
codice segreto elaborato da re Edmund” si
affrettò a precisare.
“Mio
fratello” specificò il compagno un poco rabbonito.
“Come
avrete
intuito, il dipinto che vi abbiamo mandato come regalo di nozze
è una
Passaporta, nonché l’unico modo per metterci in
contatto con voi” spiegò
Caspian. “Una curiosa malattia ci
affligge,
ed un simpatico bambino -Mordred, penso si chiami così- ci
ha consigliato di
contattarvi”.
Orbene (che
razza di espressione, bah)! Sorprese? Deluse? Annoiate? Non sapete
più dove
sbattere la testa?
Non so voi,
ma Caspian/Peter è una delle mie OTP. Li shippavo quando
ancora non sapevo dell’esistenza
dello slash. Chiaramente, però, il crossover è
appena all’inizio (ed altri se
ne aggiungeranno, non temete): perché mai i due simpatici
giovanotti han dovuto
scomodare Arthur e Merlin? Che c’entra Mordred? (Risposta:
è peggio del
prezzemolo.)
Le risposte
ai vostri lancinanti -seee, come no- dubbi alla prossima puntata! *si
Smaterializza in una voluta di fumo*
|
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Capitolo 5 *** Mpreg is all around ***
NOTE: In lievissimo
ritardo, rieccomi bella
pimpante e con il prossimo capitolo già scritto per due
terzi (evento più unico
che raro!). Come nel precedente, la colloquialità fa la
parte del leone. Se,
dopo averlo letto, avrete l’impressione che la stia tirando
un po’ per le
lunghe, non temete, è tutto calcolato. Intanto godetevi la
rivelazione shock
dei Re ospiti, ché ben presto gli eventi precipiteranno,
diciamo così.
Per ringraziarvi degnamente del vostro supporto, vi dedico questa
piccola
meraviglia di video (http://www.youtube.com/watch?v=Z4oSJsgG3QM&list=FLGE_a2JXkXZa1YIzCH2Jlxw&index=8&feature=plpp_video):
guardatelo e fluffate di brutto <3.
Buona
lettura!
“Mordred?
Che accidenti c’entra quel bambino con Narnia?”
proruppe Arthur allibito
strabuzzando i suoi begli occhioni da gatto.
“Perché,
con
Harry Potter e compagnia bella invece ci azzecca qualcosa?”
commentò un filino
polemico Merlin. “Di che ti stupisci, poi? Tra gli
avvertimenti della storia
c’è anche Crossover, non te ne sei ancora
accorto?”
“Certo
che
sì. Mi domando solo quali altri colpi di scena balordi sia
in grado di
elaborare la mente contorta di Genio. A tutto c’è
un limite, che diamine”
sbottò il re.
“Ma
amore,
lo sai che Genio è fatta così: prendere o
lasciare” il mago scimmiottò le
parole pronunciate poco prima dal marito.
Egli
inarcò
un sopracciglio con l’aria di supponenza che era il suo
marchio di fabbrica e gli
rivolse un’occhiata di avvertimento.
“Scusami,
sono gli ormoni” Merlin abbassò mortificato il
capo.
“Sei
adorabile anche quando giochi a fare il bisbetico, cerbiattino
mio” tubò
l’altro istantaneamente addolcito. Gli afferrò il
mento col pollice e l’indice
e gli sollevò la testa, vezzeggiandolo con un bacio soffice
a mo’ di
rassicurazione. “E se ti vengono le scalmane da donna incinta
perché, in
effetti, porti in grembo nostro figlio, ben vengano le crisi
ormonali”.
“Suppongo
che
la stessa cosa valga per te” balbettò imbarazzato
il moro, e posò una mano sul
pancione di Arthur.
“Merlin”
mormorò quello, rivolgendogli uno sguardo languido e carico
di ammmòòòre.
“Arthur”.
“Altezze
Reali” li chiamò timidamente Gaius.
“Merlin”.
“Arthur”.
Macché!
Persi nel loro piccolo idillio rosato, partiti per la tangente,
encefalogramma
piatto.
“Oh,
insomma: vorremmo andare avanti con la storia, idioti che non siete
altro!”
intervenne esasperato il medico di corte, attirando su di sé
le occhiate
allibite di tutti gli altri.
“Gaius,
quel
tono…” lo rimproverò Pendragon junior,
troppo sorpreso per suonare veramente
offeso.
“Lo
so,
Maestà. Vi chiedo umilmente perdono, ma dovevo richiamarvi
all’ordine in
qualche modo. Abbiamo un copione a cui attenerci e Genio è
di umore
particolarmente incazzoso in questo periodo”
spiegò pacatamente l’uomo.
“Vogliamo riprendere dalla vostra prima battuta, Arthur? E
Merlin, per favore,
lascia parlare Caspian”.
“Grazie”
bofonchiò il Telmarino.
“Ok,
ok.
Scusate, mi sono fatto prendere un po’ la mano”
ammise contrito il mago.
“Amoruccio,
stai
diventando una primadonna” lo prese in giro il marito.
“Senti
chi
parla, Mr Se-mi-ignori-metto-su-il-broncio”
ammiccò scherzoso l’altro.
“Ragazzi”
li
avvertì Gaius con una sfumatura minacciosa nella voce.
“Oh,
sì.”
Arthur si ricompose. “Mordred? Che accidenti
c’entra quel bambino con Narnia?”
(ri)proruppe allibito (ri)strabuzzando i suoi begli occhioni da gatto.
Merlin non
fiatò, obbediente. Si limitò, come da copione, a
deformare i lineamenti del
volto in un’espressione sconvolta simile a quella del regale
consorte.
“Questo
non
ce l’ha detto” rispose Caspian. “Si
è solo lamentato del fatto che l’autrice lo
sfrutta a suo piacimento come postino e ha intenzione di presentare un
reclamo al
Comitato Hermes Per I Messaggeri Magici, ma non credo che vi
interessi”.
“Non
vi
sbagliate, Caspian. Però ammetto di essere curioso di sapere
perché egli si sia
Materializzato nel vostro regno” rifletté ad alta
voce Merlin.
“Oh,
il
motivo è molto semplice e non vi risulterà
affatto nuovo” intervenne Peter, fino
a quel momento rimasto in disparte. “Sono incinto. Di tre
mesi e mezzo, per la
precisione”.
I Re di
Camelot, bisogna dirlo, dimostrarono un certo aplomb
nell’elaborare la shockante
rivelazione. Del resto, dopo aver scoperto di essere entrambi gravidi,
ritenevano -nemmeno troppo a torto- di poter affrontare qualsiasi
situazione
ugualmente anomala senza dare in escandescenze o accasciarsi al suolo
come
sacchi di patate.
Fu dunque con perfetta cortesia e sangue freddo che Merlin ed Arthur
invitarono
i due ospiti a rifocillarsi e ad indossare dei panni asciutti,
scusandosi per
le proprie deplorevoli mancanze come padroni di casa. Incaricarono Leon
e
Percival, rimasti in attesa nella stanza fino a quel momento, di
allertare i
servitori affinché preparassero un bagno caldo e
arieggiassero la camera da
letto riservata
agli ospiti più
illustri.
Una manciata di clessidre dopo i quattro sovrani e Gaius si ritrovarono
a
conferire in privato negli appartamenti reali. Aithusa e Nagini si
erano
destate da poco dal pisolino pomeridiano e accolsero con festosa
curiosità i
giovani sconosciuti. La draghetta volò dritta dritta verso
Caspian -con i suoi
capelli scuri ed il fisico snello gli ricordava un pochino il
papà- e lui la
accolse tra le sue braccia, accomodandosi su un triclinio mentre la
cucciola lo
annusava con impegno. Il cobra, invece, strisciò fino a
raggiungere gli stivali
di cuoio di Peter, seduto accanto al compagno e prima che il biondo
potesse
reagire se la ritrovò acciambellata sulle ginocchia; per
nulla spaventato, egli
allungò una mano verso la testa di Nagini con
l’intenzione di accarezzarla,
esprimendo ammirazione per il suo bel manto cangiante. I genitori osservarono inteneriti le creature
familiarizzare con i loro compagni di (s)ventura, concedendosi un
sospiro
commosso e vagamente teatrale. Ad dare inizio alle danze fu Merlin.
“Come
avete
scoperto di aspettare un bambino, Peter?”
“Oh”
il sovrano
di Narnia prese a fare i grattini sotto il mento a Nagini.
“E’ stato Aslan a
dirmelo”.
“Aslan?”
interloquì Arthur.
“Trattasi
di
un leone parlante che a Narnia viene venerato come una
divinità benevola e che
in passato è accorso in aiuto dei quattro Re e anche in mio
aiuto, quando ce
n’è stata la necessità. Sospetto che
sia un fanboy in incognito, perché ha
brigato peggio di una comare affinché Peter ed io ci
mettessimo insieme” spiegò
il Telmarino rivolgendo uno sguardo innamorato al ragazzo al suo fianco.
“Mi
ricorda
qualcuno” ghignò l’Asino Reale, subito
imitato dal consorte e da Gaius.
“Kilgharrah”
concordò Merlin con tono ilare. “E’ un
drago. Machiavellico e pettegolo”
specificò a beneficio degli ospiti.
“Oh,
ma noi
siamo infinitamente grati ad Aslan per essere un così
accanito slasher! Sapete,
è stato lui a sposarci” raccontò
Caspian gonfiando il petto con orgoglio.
Tre paia
d’occhi corsero a posarsi sulle mani dei giovani sovrani e
notarono le fedi che
brillavano morbidamente ai loro anulari.
“E’
una
splendida notizia. Perdonateci se non ce ne siamo accorti
prima” si congratulò
Arthur.
“Ehm,
grazie” tossicchiò Peter il Magnifico, arrossendo
leggermente. “Stavo per
l’appunto dicendo che è stato Aslan a rendermi
edotto della mia gravidanza. Un
giorno mi ha preso da parte e mi ha detto: ‘Figlio di Adamo,
nel tuo ventre si
sta formando una vita. Non so per quale prodigio questo sia possibile,
ma sono
sicuro di non sbagliarmi. Percepisco la presenza di un’altra
aura, oltre alla
tua. È ancora allo stato embrionale, è grezza e
indefinita, ma senza dubbio si
tratta di un bambino’. Inizialmente non volevo crederci,
penso che possiate
comprendermi. Ma poi sono cominciata le nausee mattutine, le voglie, ed
i
luminari sia di Narnia che di Telmar hanno confermato il verdetto di
Aslan:
incinto”.
“Sicché
Mordred, non si sa come al corrente della cosa, è comparso
dal nulla e ha
affermato che dovevate recarvi a Camelot se volevate saperne di
più sul perché
del lieto -e quanto mai bizzarro- evento”
ricapitolò meditabondo Gaius.
Caspian e
Peter annuirono.
“E’
chiaro
che quel bimbetto ne sa una più del Diavolo. Il motivo per
cui vi ha suggerito
di venire fin qui deve essere perché le gravidanze sono in
qualche modo
collegate tra di loro. Le analisi hanno rilevato che, nel caso di
Merlin e
Arthur, i due concepimenti sono avvenuti a distanza di pochissimi
giorni, se
non addirittura ore” borbottò il medico camminando
in tondo.
Continuò
così per alcuni minuti, poi si arrestò di colpo,
illuminandosi in volto.
“Ma
certo” esclamò
colpendo con un pugno il palmo aperto dell’altra mano.
“E’ talmente ovvio: voi
tre siete rimasti incinti in contemporanea”,
indicò i sovrani di Camelot e
quello di Narnia.
“Non
può
essere, Gaius, c’è uno scarto di due mesi! Se
fosse come dici tu, Peter
dovrebbe avere il pancione, non credi? Ma non è
così, perché infatti è incinto
di tre mesi e mezzo, non di cinque abbondanti” Merlin
contraddisse il suo
maestro.
“Accipigna,
hai ragione” l’uomo curvò le spalle,
sconfortato, e si immerse nuovamente nelle
sue riflessioni.
“Che
caldo”
se ne uscì improvvisamente Caspian arrotolando le maniche
della casacca blu
cobalto che indossava e facendosi aria con una mano. Aithusa,
premurosamente,
gli sventolò un’ala davanti al viso.
“Curioso
che
sentiate caldo; per essere agosto il clima è abbastanza
fresco” osservò Arthur.
“Giugno,
vorrete dire” ribatté Peter.
“Ma
no, è
agosto. Merlin ed io siamo rimasti incinti a marzo, sono passati cinque
mesi. La
matematica non è un’opinione”
asserì sicuro del fatto suo.
“Com’è
possibile?” il Magnifico aggrottò
la
fronte, contrariato. “Quando ci siamo messi in viaggio,
nemmeno una settimana
fa, a Narnia era da poco cominciato giugno. Non è
così, Cas?” chiese conferma
al moro, che assentì.
“In
nome
della Tavola Rotonda, tutto ciò è ben
strano” si perplesse Arthur.
“A
meno
che-” disse Merlin esitante.
“A
meno che,
figliolo, non ci sia uno sfasamento spazio temporale tra il regno di
Narnia e
Camelot” concluse al posto suo Gaius, eccitato.
“Due
mesi di
differenza tra le gravidanze... Qui è già agosto,
da loro è giugno: ha senso”
il mago era altrettanto elettrizzato.
“E
quindi”,
prese parola Arthur che aveva seguito lo scambio di battute tra i due,
“l’ipotesi formulata da Gaius secondo cui avremmo
concepito contemporaneamente
ha un fondamento?”
“Proprio
così” confermò Merlin, orgoglioso
dell’acume mostrato dall’amato.
“Resta
ignoto cosa l’abbia reso possibile,
però” mormorò l’anziano
cerusico.
“Adesso
che
ci penso, prima di Smaterializzarsi in uno sbuffo di
fumo, il vostro piccolo amico ha pronunciato
delle parole che lì per lì non mi hanno detto
niente, ma che alla luce di
quest’ultima rivelazione potrebbero avere una certa
importanza” la voce di Caspian
si fece pensierosa. “…‘Dei prossimi
però se ne occupa Tom’, o qualcosa di molto
simile” e ciò detto tremò
impercettibilmente.
“Dei
prossimi?”
ripeté l’Asino Reale scandendo ogni sillaba, il
volto cereo.
“Oh
Salazar,
Tom Riddle?” Merlin prese
a
tormentarsi le mani.
“Per
tutte
le rape viola d’Inghilterra” esalò
Gaius. “Significa che dobbiamo aspettarcene altri?”
“A
quanto
pare” pronunciò Peter, lugubre.
Se ve lo
state chiedendo, sì: i ‘miei’ personaggi
mi odiano a morte. E fanno bene,
cavoli! Io però me ne frego e li costringo ad assecondare le
mie trovate
balorde, muahahahahahahah.
A tutte le
sostenitrici del pairing Caspian/Edmund: grazie -o per colpa di, farei
meglio a
dire- a xMoonyx adesso li shippo anche io (*sospira*); però
Peter non ha voluto
sentire ragioni e si è ammanettato a Caspian e ha gettato la
chiave in un
tombino, sfidandomi a separarli... Non ho avuto cuore di rivelargli che
mi ero
fatta fare un duplicato xD.
Cazzate a
parte, non so se esista davvero una varietà di rapa di
colore viola. Potrei
controllare su Google, ma dopo due ore di scrittura ininterrotta con
gli occhi
incollati al monitor ne ho le scatole piene.
Un bacio e buon
weekend a tutte <3.
|
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Capitolo 6 *** Haven't had enough ***
NOTE: Mah, una volta
tanto non ho nulla da
dire, se non che mi sono divertita moltissimo a scrivere questo
capitolo e che spero
possa piacere anche a voi. Vi ho volute viziare, propinandovi il
secondo
demenziale crossover e un pairing bonus, di cui avevo già
parlato in anteprima
a xMoonyx (sentiti privilegiata, caVa!). Dico solo: preparatevi,
perché al
peggio non c’è mai fine.
Le
spiegazioni e le note finali sono rimandate, come sempre, all’angulus.
Buona
lettura!
Ormai
rassegnatisi all’idea che l’autrice
il Fato avesse in serbo per loro
altri crossover ad alto tasso di slash e non potendo agire in altro
modo, i
nostri eroi decisero di comune accordo di aspettare
l’evolversi degli eventi.
Per ingannare l’attesa, i Re di Camelot riversarono tutte le
loro energie nel
fare gli onori di casa e stilando un programma completo di
intrattenimento per
gli ospiti.
Si
cominciò con
un tour del castello
(marcondirondirondello) per il quale Arthur si offrì di fare
da guida, soffermandosi
sulla nostalgica e dettagliata descrizione degli innumerevoli incontri
amorosi
avvenuti tra lui ed il marito ogni qual volta si imbatterono in una
stanza, un
corridoio od un anfratto buio ed isolato che erano stati teatro delle
loro manifestazioni
d’affetto. Peter e Caspian ne rimasero alquanto stupiti ed
imbarazzati, benché
improvvisamente desiderosi di emulare i loro nuovi amici non appena
tornati a
Narnia, ma non ne fecero parola a Merlin. Egli, comunque, lo venne a
sapere
ugualmente. L’unico motivo per cui non tirò
addosso all’Asino tutto
il vasellame capitatogli sotto
mano, prendendosi peraltro una bella rivincita dopo anni di vessazione,
fu che
entrambi erano incinti e
appesantiti dai
rispettivi pancioni, sicché a) sarebbe potuto risultare
dannoso per i bambini e
b) non sarebbe stata una punizione sufficientemente cruenta.
Non esitò tuttavia a togliersi uno sfizio: gli impose una
lunghissima, eterna
settimana di astinenza e mise sotto chiave i sex toy.
Nei giorni
successivi si disputò una giostra tra i cavalieri
più valorosi del regno, a cui
il Telmarino venne incoraggiato a partecipare. Peter, con un broncio
molto
simile a quello di un altro biondino di nostra conoscenza,
accettò di sedere
nella tribuna d’onore a fianco dei due sovrani e di limitarsi
al ruolo di
spettatore, poiché Gaius gli aveva categoricamente proibito
di affaticarsi o di
mettere in pericolo l’incolumità del feto che
andava formandosi nel suo ventre.
Il sorriso però tornò ben presto ad illuminargli
il volto, compiaciuto per il
numero crescente di avversari disarcionati dal marito. Quando infine
Caspian venne
proclamato da Arthur
vincitore indiscusso del torneo, il Re di Narnia scese
nell’arena e gli saltò
addosso, trascinandolo in un bacio mozzafiato che fece sospirare di
tenerezza
le donne e le coppie gay presenti e scatenò una raffica di
applausi entusiasti.
“Dedico
questa vittoria a voi, re del mio cuore” soffiò il
Telmarino sulle labbra
dell’altro.
“Cas,
quante
volte ti ho detto di non chiamarmi così in
pubblico?” replicò Peter
rifilandogli uno scappellotto che a metà strada
mutò in una carezza ai capelli
del coniuge.
Malgrado le
continue raccomandazioni del medico di corte sulla necessità
di non assumere
alcolici durante la gravidanza, al giovane Pendragon un bel
dì prese il
ghiribizzo di offrire agli ospiti un calice di ottimo Blumele o di
Scivolizia.
“Suvvia
Gaius, un goccetto non potrà che giovare alla tempra dei
nascituri” liquidò il
pover’uomo e trascinò Merlin ed i due giovani Re
al chiosco di Tonio Cartonio.
Prima che si
scolassero le loro brave pinte, però, il mago ebbe
l’accortezza di lanciare un
incantesimo che privò le bevande del minimo grado di tasso
alcolico, evitando
così una sbronza colossale di gruppo.
Trascorse
che furono tre settimane, i futuri genitori erano ormai entrati in
confidenza
tra di loro e si potevano tranquillamente considerare buoni amici. Indi
per cui
l’ultimo pomeriggio di agosto, durante una partita a Cluedo,
ad Emrys balenò
l’idea di presentare Peter e Caspian a Kilgharrah. Si
ritirò dal gioco e si
mise in contatto telepatico con lui via bluetooth per comunicargli le
sue
intenzioni, ma la risposta del drago lo deluse.
“Spiacente,
giovane mago. Sono in vacanza e non potrò raggiungervi che
tra cinque giorni”.
“In
vacanza?
Non sapevo esistessero dei resort per draghi”
commentò Merlin preso in
contropiede.
“Non
si
tratta certo di un villaggio vacanze Alpitour. Mi trovo ad
Ellesméra, nel
Centro di Reclutamento dei Cavalieri dei Draghi. E’ gestito
da Eragon
Ammazzaspettri, che in questa terra è una specie di eroe
nazionale. Si è
ritirato a vita privata e addestra i suoi successori; ha una dragonessa
molto
graziosa di nome Saphira ed è sposato con la Regina degli
Elfi, Arya. Gran
bella donna. E’ incinta pure lei, pensa un po’ che
coincidenza”.
“E’
appunto
di simili coincidenze che volevo parlarti” lo interruppe
Merlin. “Sono venuti a
trovarci niente di meno che Caspian X, sovrano di Telmar, e suo marito
Peter il
Magnifico, da Narnia. Quest’ultimo è incinto e
abbiamo scoperto che il concepimento
è avvenuto in contemporanea quello mio e di Arthur. Non
solo: è stato Mordred
-comparso lì solo Gandalf sa come- a dire loro di recarsi a
Camelot per
chiedere delucidazioni. Peccato che nemmeno noi sappiamo più
che pesci
pigliare! Poi, come se non bastasse, secondo Caspian Mordred avrebbe
accennato
ad altri uomini incinti che, supponiamo, dovrebbero arrivare
chissà quando a
farci visita” disse tutto d’un fiato.
“Quel
Mordred
è peggio del prezzemolo” rifletté
Kilgharrah. “Ed io cosa c’entro in tutto
ciò?”
“Volevo
presentarteli, Caspian e Peter intendo. Sono simpatici, sai, ci tenevo
che li
conoscessi. E speravo anche che tu avessi una risposta ai nostri
interrogativi”
ammise Merlin.
“Credimi,
giovane mago, sono totalmente all’oscuro di questa bislacca
faccenda, né al
momento mi viene in mente qualcosa che potrebbe esservi
d’aiuto. Pazientate
ancora un poco: il tempo di salutare Castigo, Eragon e combriccola e
sarò di
ritorno. Insieme cercheremo di rintracciare Mordred” promise
il drago.
“Castigo?
Chi è? Non te l’ho sentito nominare”
s’incuriosì il ragazzo.
“Oh,
il mio
fidanzato” rivelò con estrema naturalezza la
creatura magica.
“In
nome di
Apelle figlio d’Apollo, da quando hai un fidanzato?
Soprattutto, da quando sei
gay?” urlò il mago sconvolto, trasalendo
violentemente sulla poltrona sui cui
era seduto. Fece un cenno con la mano per tranquillizzare Arthur, che
sentendolo sobbalzare si era voltato verso di lui, guardandolo
apprensivo.
“Beh,
sai,
con Castigo è stato
ammmòòòre a prima vista; ci siamo
riconosciuti da subito
come anime gemelle! Comunque, citando Freddie Mercury, io sono gay come
una
giunchiglia. Possibile che non l’avessi ancora
capito?” ridacchiò.
“Il
mio gay
radar non è dei migliori” si scusò
Merlin. “E così… Castigo, eh? Bel nome.
Molto macho” sogghignò in risposta.
“Lo
è”
confermò maliziosamente l’altro. “Magari
riesco a convincerlo a tornare a
Camelot con me, chissà. Mi piacerebbe che vi
conosceste” aggiunse poi un filo
malinconico.
“Non
vedo
l’ora, Kil. Fammi uno squillo quando arrivi, mi
raccomando”.
“Me ne
ricorderò, giovane mago. A presto; salutami la famigliola,
in particolare
Aithusa” si congedò Kilgharrah.
Il giorno dopo
i quattro sovrani avevano in programma di trascorrere la mattinata in
panciolle
e di godersi il clima mite di inizio settembre, prendendo il sole
affacciati su
un bastione del castello (marcondirondirondello) e sorseggiando
cocktail
analcolici. Per qualche ora tutto filò liscio, ma il loro
divertimento venne
guastato dall’improvviso segnale di allarme lanciato dalle
sentinelle che
piantonavano il ponte levatoio.
“Raggiungete
Gaius e le nostre piccoline al laboratorio medico e non muovetevi da
lì”
ingiunse Arthur ai suoi ospiti infilandosi un abito-pareo.
“Che
sarà
mai successo?” sospirò lievemente contrariato
Merlin, avvolgendo con un
accappatoio di microfibra il pancione di sei mesi -gemello di quello
del
marito- lasciato scoperto dal costume da bagno.
Il mago non
dovette attendere a lungo per ottenere una risposta.
Giunti che
furono in prossimità dell’ingresso principale
videro che nella corte si era
riunita una fiumana di gente, accorsa da ogni angolo del palazzo per
verificare
con i propri occhi l’entità del pericolo che
sembrava minacciare Camelot. Così,
un po’ sgomitando e un po’ chiedendo gentilmente
permesso, i sovrani si fecero
strada tra la folla fino ad arrivare alla grata di ferro che impediva
l’accesso
al palazzo dal ponte levatoio.
“Qual
è il
problema?” chiese bruscamente Arthur.
“Altezze
Reali”, riferì prontamente una guardia,
“ci sono due uomini qui fuori che
chiedono di voi. Rifiutano di fornirci le loro generalità
perché prima vogliono
che li riceviate. Li facciamo entrare lo stesso?”
“Un
attimo
che conferisco con mio marito” rispose lui. “Amore,
ce la fai a sondare la loro
mente per capire se hanno intenti bellicosi o meno?”
sussurrò all’orecchio del
mago.
“Certo
che
sì. Sono un ottimo Legilimens, al contrario di quella
schiappa di Harry Potter”
affermò l’altro fieramente.
Gli occhi
diventati d’oro liquido, si sfregò la tempia
sinistra con l’indice ed il medio,
attese di essersi connesso e
cominciò
a frugare nella psiche dei due misteriosi ceffi, di cui riusciva a
distinguere
solo le sagome incappucciate (come facevano a non morire di caldo?).
L’esame
durò giusto una manciata di minuti, al termine dei quali
Merlin assentì e le
iridi riassunsero la loro tonalità blu mare.
“Vengono
in
pace. Desiderano parlarci di una questione urgente. Non ho capito di
cosa si
tratti, anche se un sospetto ce l’ho. Quel che è
certo è che non ci conviene
farli attendere oltre”.
“Sono
pericolosi?” bisbigliò Arthur irrigidendosi un
po’.
“Potrebbero
diventarlo, se non ci brighiamo a concedere loro udienza. Hanno
entrambi un bel
caratterino, non so se mi spiego”.
“E
sia”
disse il biondino. “Lasciateli entrare”
ordinò alle sentinelle, che obbedirono
senza battere ciglio.
La pesante
grata di ferro venne alzata in men che non si dica.
“Fatevi
avanti, viandanti, e dichiarate i vostri nomi ai legittimi re di
Camelot”
proclamò Arthur con voce stentorea.
Essi avanzarono,
fermandosi proprio di fronte ai nostri eroi e abbassarono i cappucci
dei
rispettivi mantelli. Il più alto dei due era di carnagione
olivastra e
corporatura robusta, con fitti capelli neri e occhi dalla forma
allungata
tendenti al giallo, che si sarebbero potuti paragonare senza sforzo a
quelli di
un lupo. Era indubbiamente affascinante, ma la bellezza del suo
compagno era
così statuaria e assoluta da non lasciare spazio al
confronto. Era longilineo e
slanciato. Una massa di capelli bronzei incorniciava il viso dalla
mascella perfetta
e i lineamenti purissimi, occhi di ambra liquida, e -questo era senza
dubbio il
fatto più straordinario- la sua pelle era così
eburnea, compatta e traslucida
da scintillare letteralmente sotto i raggi del sole.
Prima che i
due figaccioni potessero dire alcunché, si parò
davanti a loro un vecchietto
con tanto di lunga chioma bianca, tunica stazzonata grigia e bastone
nodoso.
“Tu
non puoi
passare! Sono un servitore del fuoco segreto e reggo la fiamma di Anor;
il
fuoco oscuro non ti servirà a nulla, fiamma di Udun. Ritorna
nell'ombra! Tu. Non.
Puoi. PassareeeeeeH!” e così farneticando
picchiò il bastone contro il
pavimento in pietra, come per attivare un’onda energetica in
grado di
respingere il nemico.
Ad un cenno
di Merlin due soldati entrarono in azione, afferrando
l’anziano svitato per i
gomiti e trascinandolo via di peso.
“Perdonatelo, a furia di vedere e
rivedere il dvd de La Compagnia
dell’Anello si è convinto
di essere Gandalf in persona. Ogni tanto sbrocca, ma il più
delle volte è
docile come un agnellino” lo scusò Merlin.
“Eravamo rimasti alle presentazioni,
se non sbaglio?”
Mr. Universo
abbagliò ogni creatura di sesso femminile nel raggio di un
miglio esibendosi
nel suo miglior sorriso sghembo.
“Gran
bella
vestaglia” ammiccò alludendo all’outfit
del mago. “Il mio nome è Edward Cullen,
vampiro risiedente a Forks e l’energumeno al mio fianco
è Jacob Black,
licantropo nonché mio conterraneo e compagno. Lieti di
conoscervi, Re di
Camelot”.
Scommetto
che non ve l’aspettavate, eh? *ridacchia tra sé e
sé*
Partiamo dal
pairing bonus, Kilgharrah/Castigo. Lo so che magari alcune di voi
avrebbero
preferito un bel Eragon/Murtagh, ma io l’Ammazzaspettri
riesco a shipparlo solo
con Arya, sorry! Ah, ci tengo anche a precisare che il capitolo non
contiene
alcuna traccia di spoiler riguardo ad Inheritance:
ho descritto il finale che avrei voluto leggere io, non quello
effettivo.
*piange*
La coppia
Edward/Jacob, invece… Come potevo non tirare in ballo Twilight e punire così
quell’inetta a vivere che è Bella (vi prego,
ditemi che la odiate anche voi, ditemelo!)? Era un mio dovere morale.
Bien, detto
questo non mi resta che salutarvi e augurarvi un felice finesettimana.
Alla
prossima! *rotola via*
|
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Capitolo 7 *** All together passionately (?) - part 1 ***
NOTE: Chiedo umilmente
perdono per il
ritardo di quasi due settimane e mi cospargo il capo di cenere. Sono
una
bestiaccia, è vero, e non ho nemmeno scusanti
perché il capitolo era pronto già
da qualche giorno. Che volete farci, mi è venuto un forte
attacco di
culopesaggine misto ad apatia (con tanto di
crampi-addominali-fase-pre-mestruale,
giusto per gradire) che mi ha tenuta lontana dalla tastiera del mio
amatissimo
computer. Confido che non si ripeterà più,
comunque.
Il mistero
si infittisce, il delirio dilaga e nessuno dei miei personaggi ci sta
capendo
più una mazza, quindi che dire? Stay tuned e non perdete la
speranza: un altro
paio di aggiornamenti e avrete una risposta ai vostri dubbi.
Buona lettura,
ci si becca a fine pagina!
Un silenzio
esterrefatto seguì quell’affermazione.
Silenzio che
venne infranto da una risata a gola spiegata proveniente dalla
boccaccia larga
di Arthur. Gli occhi dei presenti si spostarono quasi
all’unisono sulla figura
del Re, in abito-pareo e infradito, letteralmente piegato in due (per
quanto
l’ingombrante pancione glielo permettesse) dalle risate,
aggrappato al gomito
del consorte onde evitare di rovinare a terra. Il curioso spettacolo
durò fino
a quando Merlin, vergognandosi a morte, si chinò quel tanto
che bastava per
sibilare all’orecchio dell’altro.
“Arthur,
giuro che se non ti fai passare ‘sto attacco di ridarella
subito i sex toy li
brucio sul serio, quant’è vero che Grande
Fratello è una cafonata pazzesca”.
L’Asino
Reale, percependo nella voce del compagno un tono di velata minaccia, si zittì
bruscamente dopo soli tre decimi di secondo (la
loro vita sessuale era troppo preziosa, e Merlin fin troppo zelante nel
mantenere le sue minacce promesse). Facendo leva
sul braccio del mago si
rimise in posizione eretta e vagamente dignitosa e con la mano
liberà asciugò
le lacrime che gli solcavano le guance.
“Perdonate
il mio disdicevole comportamento, messeri. Al tempo stesso
però debbo
ringraziarvi, Sir Cullen: erano mesi che non mi spanciavo dalle risate
a questo
modo” esordì con un bel sorriso ilare stampato in
volto.
“Quali
delle
mie parole sono state involontariamente motivo di divertimento per voi,
Sire?”
domandò il vampiro, perplesso come se stesse avendo a che
fare con un demente
patentato o con un bambino in vena di scherzi. Entrambe le opzioni non
erano
nemmeno troppo lontane dalla realtà, pensò con un
pizzico di ansia Merlin.
“Vedete,
Sir
Cullen, non mi ritengo un intellettuale né un topo di
biblioteca, ma persino io ho letto
il Dracula di Bram Stoker. Non
potete essere quel che sostenete di
essere, suvvia, perché i vampiri non hanno sorrisi perfetti
da copertina
patinata e occhi ambrati, e soprattutto non sbrilluccicano
alla luce del sole” rispose il regal babbeo non
riuscendo a
trattenere un risolino.
Merlin si
schiaffò una mano in faccia, chiedendosi per
l’ennesima volta per colpa di
quale astrusa congiunzione astrale si fosse dovuto innamorare di un
simile
cretino. Il sorriso esitante di Edward si congelò in una
smorfia contratta
della bocca e Jacob, accanto a lui, emise un ringhio sordo.
“Non
avete
tutti i torti, Sire. Ma vedete, per quanto io rappresenti
l’eccezione che
conferma la regola, sono indubbiamente un vampiro. I miei denti sono
taglienti
come diamanti e intrisi di un veleno paralizzante nonché
mortale ed i miei
occhi diventano più rossi del sangue quando sono a digiuno.
Quanto alla
peculiarità della mia pelle, è
un’eredità da parte di madre”
replicò glaciale.
“Vostra
madre, Sir Cullen?” s intromise cautamente Emrys, rivolgendo
uno sguardo al
marito che intimava chiaramente di tacere, se ci teneva ad uscire vivo
da
quella situazione.
“Sono
figlio
di un diretto discendente del Conte Dracula e di Tinkerbell,
Altezza”, precisò
il rosso un poco meno ostile, ma visibilmente in imbarazzo.
“Il
suo nome
non mi è nuovo: dovrei conoscerla?”
l’altro aggrottò la fronte.
“E’
Campanellino, Altezza. Quella di Peter Pan, per intenderci”.
La fragorosa
risata di Arthur riecheggiò nella corte. Nei giorni a venire
ci furono
sguatteri che giurarono di averne sentito l’eco fin nelle
cucine.
Fortunatamente
il vampiro sembrava averci fatto il callo, a reazioni come quella di
Arthur, e
diede prova di un certo savoir-faire. Il suo compagno, al contrario,
per poco
non azzannò il sovrano alla gola.
Prima
però
che scoppiasse un incidente diplomatico, ci scappasse il morto e i due
stranieri venissero arrestati e giustiziati per direttissima,
intervennero
Cullen -che, con la sua forza prodigiosa, placcò il
licantropo- e Merlin, che eresse
uno scudo difensivo servendosi della magia. Ci vollero delle ore e
molta
pazienza per allontanare la folla assiepatasi nel cortile, trattenere
le
guardie dal compiere gesti inconsulti, sedare gli intenti omicidi di
Jacob e
convincere Arthur a darsi una regolata, ma alla fine riuscirono
nell’impresa.
Sospirando
di sollievo per la scampata tragedia, i due alleati improvvisati si
scambiarono
un sorriso d’intesa. Fu il turno di Pendragon junior di
ringhiare, possessivo
come al solito.
Quando
furono tutti e quattro in grado di parlarsi senza commettere gaffe
colossali o
arrecare offesa all’interlocutore, i re di Camelot fecero strada nel castello
(marcondirondirondello) agli ospiti e li condussero negli appartamenti
reali,
invitandoli a mettersi comodi. Un servitore si occupò di
recarsi nel
laboratorio medico per convocare urgentemente Gaius, Caspian e Peter.
Una volta
arrivati, portando con loro le bambine -che, rispettivamente, volarono
e
strisciarono in grembo ai genitori, seduti sul letto a baldacchino- e
fatte le
presentazioni, il summit ebbe inizio.
“Bene,
direi
che possiamo tranquillamente saltare i convenevoli e venire al sodo.
Gentili
signori”, Merlin guardò dritto negli occhi Edward
e Jacob, accarezzando
distrattamente la testa di Nagini, “qual buon vento vi porta
nel nostro regno?”
Invece di
rispondere, il vampiro si alzò in piedi. Nessuno
osò fiatare, perché si
trattava evidentemente di un momento topico e carico di pathos. Con
gesti lenti
e solenni sciolse i lacci del mantello e lo lasciò scivolare
a terra. Coperto a
stento da un dolcevita color marron glacé (ma non aveva
caldo, che diamine?) e
da un paio di jeans con la fascia elastica in vita, faceva bella mostra
di sé
un pancione marmoreo e di dimensioni considerevoli.
“Noto
che
non siete minimamente sorpresi” commentò
ironicamente. Poi si rivolse a Caspian
e Peter. “Ne deduco che anche uno di voi sia-” e
indicò la propria pancia.
“Io”
alzò la
mano il sovrano di Narnia. “Ma sono solo al quarto
mese”.
“Lo
vedo; il
gonfiore del ventre è appena accennato”
annuì lui.
“E
voi, messere?
A che punto della gravidanza siete arrivato?” si
informò Caspian.
“Quasi
al
sesto mese. E chiamatemi pure Edward” sorrise il vampiro,
schermendosi.
“E
avete già
un pancione così grande? Parola mia, di questo passo non
partorirete un
bambino, ma un ometto fatto e finito!” intervenne -a
sproposito, o forse no-
Arthur, sinceramente ammirato.
“Ciò
è
dovuto al fatto che i neonati dei licantropi e dei vampiri sono
più sviluppati
del normale. Il padre di Edward, medico di professione, ha stimato che
nostro
figlio alla nascita dovrebbe pesare intorno ai sei, sette
chili” parlò per la
prima volta Jacob, con voce roca e vibrante d’orgoglio.
“Sicché
è
pure in grado di parlare” constatò tra
sé e sé il biondo babbeo.
“Poffarbacco,
davvero un gigante in miniatura” si congratulò
Merlin lanciando un’occhiata di
sbieco all’amato. “O gigantessa. Conoscete
già il sesso?”
“E’
un
maschio” rivelò radioso Edward. “E voi,
lo sapete?” chiese rivolto agli altri
tre.
“Nella
nostra epoca non è ancora stata inventata
l’ecografia. Lo scopriremo una volta
che saranno nati, suppongo” scrollò le spalle il
mago, imitato da Peter.
“Ma
è una crudeltà
dover attendere fino al parto per sapere il sesso dei nascituri! Se
permettete,
vorrei farvi dono di un macchinario per le ecografie. Il tempo di
telefonare a
Carlisle perché la ordini e prenda il nostro jet privato e
vi verrà recapitata
nel giro di qualche ora” offrì il (per sempre)
giovane Cullen.
“No!
No, per
carità, Edward. La vostra generosità è
ammirevole, davvero, ma non ce n’è
bisogno. Ci piace la sorpresa, sì. Ecco. Il bello della
diretta, o qualcosa di
simile” rifiutò con ferma gentilezza il mago,
alzandosi per sottrargli l’iPhone
ultimo modello prima che potesse anche solo avvicinarlo
all’orecchio.
“E’
sempre
così altruista?” Arthur, avvicinatosi alla
poltrona occupata dal licantropo, si
azzardò a rivolgergli la parola.
“Oh,
questo
è niente. A quanto pare gli state simpatici. Tende a farsi
prendere un po’ la
mano con le persone con cui si trova a suo agio. Preparatevi a venire
sommersi
di regali costosissimi” borbottò l’altro
ancora imbronciato ma senza più
intenti bellicosi.
“Spero
che
anche voi possiate imparare a apprezzarci, o meglio, ad apprezzare me.
Vi
chiedo scusa, Sir Black, per aver riso del vostro compagno; al vostro
posto
avrei reagito nello stesso modo. Non so cosa mi sia preso,
credetemi” bisbigliò
il Re, contrito.
“Saranno
gli
ormoni, pure Edward ogni tanto si comporta da totale mentecatto da
quando è
rimasto incinto. Comunque sia, anche io debbo porgervi delle scuse,
Altezza:
non avrei dovuto attentare alla vostra vita. Giuro su quanto ho di
più caro al
mondo che non si ripeterà” promise a sua volta
Jacob.
“Ricominciamo
da zero, che ne dite? Molto lieto di fare la vostra conoscenza, il mio
nome è
Arthur” e gli porse la mano destra.
“Piacere
mio. Io sono Jacob” rispose, stringendogliela vigorosamente.
I due nuovi
amici si fissarono con intensità; poi, intrecciando i
rispettivi mignoli,
cantilenarono all’unisono: “Mannaggia al diavoletto
che ci ha fatto litigar:
pace, carote, patate”, scoppiando a ridere
l’istante successivo.
A qualche
passo di distanza, i loro compagni assistettero inteneriti alla
riappacificazione.
“Per
fortuna
hanno appianato le loro divergenze. E’ sempre cosa buona e
giusta evitare una
strage” commentò pensieroso Merlin.
“Ammetto
che
il mio Jake è un po’ irruento,
ma in
fondo è un bonaccione. Io sono il suo punto debole, sapete,
e diventa un
tantino aggressivo e suscettibile quando gli sembra di percepire una
qualsiasi
minaccia od offesa diretta a me” mormorò il
vampiro con occhi colmi
d’ammmòòòre
per il licantropo.
“Mi
ricorda
Arthur” ridacchiò egli.
“Merlin”
lo
chiamò l’Asino Reale, che aveva fatto ritorno alla
sua precedente postazione,
sulle sponde del letto. “Mi sento trascurato. Calati nei
panni del marito
premuroso e servizievole e vieni qui a dimostrarmi quanto mi
ami” ordinò in
tono giocoso, le iridi scintillanti di malizia.
“Chiedo
scusa, amico mio. Un sovrano esigente e territoriale reclama la mia
presenza”
si congedò con un sorriso Merlin e raggiunse Arthur. Si
accomodò, non senza qualche
intoppo dovuto all’incastro tra i pancioni, sulle sue
ginocchia e gli allacciò
le braccia dietro al collo, concedendogli infine un bacio che non aveva
nulla
da invidiare ai più romantici ed espliciti slinguazzamenti
cinematografici.
“Allora:
soddisfatto o rimborsato?” tubò sfarfallando le
ciglia quando furono costretti
a staccarsi per riprendere fiato.
“Stanotte
avrò modo di dimostrarti quanto tu riesca a
soddisfarmi” sorrise l’altro,
sornione e allusivo e sfacciatamente seducente.
Un colpetto
di tosse li distolse dai loro ardori pornografici
romantici, inducendoli
a voltarsi verso la fonte di quel rumore.
“Gaius?
Che
fine avevi fatto, di grazia?” quasi sobbalzò il
mago nel vedere l’anziano
medico sprofondato nella sua poltrona preferita, intento a giocare con
Aithusa
e Nagini (quando si erano allontanate dal letto?).
“Sono
sempre
stato qui, figliolo, ma voi ed i vostri ospiti eravate troppo occupati
a
chiarire malintesi per prestarmi attenzione” li
rimproverò bonariamente l’uomo.
“Perdonaci,
in quanto a galateo abbiamo ancora molto da imparare”. Si
guardò attorno,
qualcosa non tornava. “Dove si sono cacciati Caspian e
Peter?”
“Siamo
qui!”
esclamò la voce del Telmarino proveniente dal paravento
dietro cui Arthur era
solito cambiarsi d’abito.
“E che
diamine stavate combinan-” cominciò Pendragon
junior, ma si bloccò prima di
terminare la frase. Quando vide i due sovrani fare capolino con i vestiti in disordine e
le chiome
scarmigliate, gli ci volle un battito di ciglia per avere una risposta
alla sua
domanda.
“Ehm,
gli
ormoni” abbozzò Peter a mo’ di
spiegazione, arrossendo.
“Non
formalizzatevi
tanto, amici miei. Anzi, divertitevi finché
potete” replicò divertito l’altro, non
senza una punta di malignità. I tempi di magra sarebbero
arrivati anche per
loro, che diamine!
“Signori”,
si alzò in piedi Merlin, abbandonando a malincuore le cosce
tornite del marito,
“abbiamo divagato anche troppo. Cerchiamo di fare il punto
della situazione,
che ne dite? Edward, Jacob, correggetemi se sbaglio. Poco tempo dopo
aver
scoperto di essere in dolce attesa vi ha fatto visita un lugubre ed
inquietante
bambino di nome Tom Riddle?”
Essi
annuirono, visibilmente perplessi.
“E
costui vi
ha poi suggerito di recarvi a Camelot onde capire come sia stato
possibile per voi
concepire un bambino?” incalzò.
“Come
siete
riuscito ad indovinare tutto ciò? Servendovi della
magia?” chiese Jacob, battendo
le palpebre con stupore.
“Gaius,
a te
l’onore e l’onere di spiegare ai nuovi arrivati
quel che abbiamo scoperto
finora” si fece da parte Emrys, lasciando la parola al medico.
Egli
ragguagliò a dovere i due ragazzi, chiarendo così
anche il motivo della
presenza di Caspian e Peter.
“Incredibile:
ciò confermerebbe la teoria della relatività
speciale di Einstein” commentò
entusiasta Edward a proposito dello sfasamento spazio-temporale tra
Narnia,
Camelot e, seppure di poco, Forks.
“E
così ci
stavate aspettando?” Jacob era sempre più sgomento.
“Sì,
voi e
l’altra coppia. Ma il mio sesto senso di uomo incinto mi dice
che non dovremo
attendere ancora a lungo per ritrovarci al completo, diciamo”
affermò Arthur.
In quel
mentre si sentì bussare alla porta. Erano Lancelot e Gwaine, che si tenevano
teneramente per
manina. I loro sguardi, però, erano colmi
d’apprensione.
“Ragazzi”
li
salutò Merlin.
“Altezze
reali… cioè: Merlin, Arthur” si
corresse Gwaine dopo l’occhiataccia rivoltagli
dal mago. “Con noi ci sono due buffi individui. Hanno
menzionato un certo Tom
Riddle e li abbiamo fatti passare, come avevate disposto. Possono
entrare?”
“Che
vi
dicevo? Tutti insieme appassionatamente” sospirò
teatralmente l’Asino Reale.
“Ma
come?”,
vi starete chiedendo, “prima ti presenti in riprovevole
ritardo e poi ci lasci
a bocca asciutta, senza neanche uno straccio d’indizio sulla
prossima e ultima
coppia?!”
Ebbene
sì,
mie adorate. In barba al cliché secondo cui “a
Natale si è tutti più buoni”, io
tendo a diventare più cattiva di una pantegana. Scherzi a
parte, forse un
pochino sadica lo sono, ma è una strategia per tenervi con
il fiato sospeso
fino al prossimo capitolo! *schiva un pomodoro marcio*
Non odiatemi
troppo, ok? Lo faccio per voi, trust me.
Auguri di
buone feste, buone vacanze e
buon tutto;
ci risentiamo con l’anno nuovo, dopo che sarò
tornata da Londra.
Tantissimo
ammmòòòre a tutte voi! <3
|
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Capitolo 8 *** All together passionately (?) - part 2 ***
NOTE: Scusatemiscusatemiscusatemiscusatemiscusatemiscusatemiscusatemiscusatemi!
Sono in vergognoso e deplorevole ritardo, con un aborto
di capitolo che fa pena persino a me per quanto è
breve e scarno...
Ma non potevo posticipare oltre la data di aggiornamento,
perché non mi
sembra(va) giusto nei vostri confronti –tanto più
che il tempo per scrivere ce
l’ho avuto, eccome. Purtroppo stavolta non posso offrirvi un
capitolo degno di
questo nome, ma farò il possibile per cercare di rimediare
con il prossimo
(diminuendo, in primis, i tempi di attesa). E’ vero anche
che, nel frattempo,
non sono rimasta con le mani in mano, anzi: ho sfornato ben due
song-fiction
(questi sono i link, nel caso vi potessero interessare: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=903531&i=1,
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=917887&i=1)
e sto buttando giù idee per la terza.
Comunque
sia, mi dispiace molto di avervi fatte aspettare così tanto
e vi chiedo ancora
scusa.
Le ultime precisazioni, come sempre, le troverete nell’angulus.
Buona
lettura!
I misteriosi
figuri che varcarono la soglia degli appartamenti reali avevano,
invero, un
aspetto alquanto singolare.
Il
più basso
dei due sfoggiava una folta chioma bruna, appena venata di grigio e
sparata in
tutte le direzioni e aveva espressivi occhi scuri –pupille
sospettosamente dilatate,
diagnosticò mentalmente Gaius con la sicurezza di un vecchio
medico consumato.
Con la mano sinistra impugnava un violino, e teneva le maniche della
camicia di
pregiato batista negligentemente arrotolate sugli avambracci. Le
scarpe, in
robusto cuoio, erano impolverate e appena consunte sulle punte.
Il suo compagno, al contrario, era estremamente curato (per non dire
azzimato).
Indossava un bel cappotto di tweed color antracite e una bombetta in
tinta;
presentava una leggera zoppia, e pertanto si aiutava con un bastone da
passeggio. I suoi occhi azzurri erano miti ed un poco spaesati e Merlin
pensò
fugacemente che riusciva ad apparire bello persino con i baffi e le
basette
bionde che celavano la delicatezza dei suoi lineamenti.
E
così era
quella, la benedetta quarta coppia. Calò un silenzio
irreale, ovattato, che fu
ben presto rotto dalla voce del distinto gentiluomo.
“Ne
è
proprio sicuro, amico mio? Siamo capitati nel posto giusto?”
si rivolse
all’altro.
“Nessun
dubbio al riguardo” rispose egli con una fermezza disarmante.
“E
cosa
glielo fa affermare con siffatta convinzione, se posso
saperlo?” insistette
però il biondo, evidentemente non del tutto persuaso.
“E’
talmente
elementare, dottore. In questa sala ci sono quattro uomini incinti -di
cui uno
solo al quarto mese di gravidanza, oserei dire- proprio come
lei” esclamò,
quasi costernato, l’uomo.
“Ehm”
intervenne con discrezione Arthur, schiarendosi la gola. Ottenuta
l’attenzione
del duo, fece un passo nella loro direzione.
“Complimenti
per l’acume, messere. Il mio nome è Arthur
Pendragon, legittimo re di Camelot.
Costui”, disse poi voltandosi verso l’amato per
prendergli una mano e portarlo
verso di sé, “è il mio consorte, Merlin
Emrys. E voi siete…?” rivolse loro un
sorriso incoraggiante, subito imitato dal mago.
“Oh
cielo,
perdonate le nostre deprecabili maniere” si scusò
l’uomo col violino,
accennando un inchino. “Il signore al mio fianco è
John Watson, medico e mio collaboratore,
nonché compagno di vita” specificò
allusivamente, circondando con un abbraccio le
spalle del suddetto e improvvisamente paonazzo Watson. “Il
mio nome è Sherlock
Holmes, detective di non ignobile fama, per servirvi. Siamo lieti di
conoscervi, Maestà, voi ed i vostri ospiti. Ci stavate
aspettando, o sbaglio?”
Ed ecco
svelato l’arcano della quarta coppia!
Sorprese o l’avevate sospettato? A questo proposito, i miei
complimenti a mindyxx
per avere indovinato (magari non è la sola, ma è
stata l’unica a dubitane per
iscritto, diciamo).
Come avrete
vagamente
intuito, lo Sherlock e il John presenti in questa storia sono quelli
cinematografici. La chimica tra i due attori, Robert Downey Jr. e Jude
Law, è
talmente forte che non potevo non rendere loro omaggio.
In attesa di
risentirci con un capitolo più corposo, vi auguro un buon
inizio d’anno e vi
mando, as usual, tonnellate
d’ammmòòòre <3.
Alla
prossima!
|
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Capitolo 9 *** We found love ***
NOTE: *squilli di
tromba* Rieccomi, precisa
e puntuale come promesso. State facendo i salti di gioia, eh? (Coro:
Crediciiiii!)
Non ho molto
da dire, ora che ci penso. Ci sarebbe giusto da puntualizzare che la
storia
volge al termine e che il prossimo capitolo potrebbe essere
l’ultimo. Cosucce,
insomma. A proposito di un possibile sequel: potrebbe interessarvi? Io,
tanto
per ingolosirvi un po’ (?), vi dico che di personaggi da torturare
sfruttare
utilizzare ne avrei -vecchi e soprattutto nuovi; in sostanza sta a voi
decidere, per cui è fondamentale che mi facciate sapere il
vostro parere.
Ma non
perdiamo ulteriore tempo in convenevoli. Che la lettura abbia inizio!
“Tutto
ciò è
alquanto bizzarro” fu il commento di Sherlock Holmes a
proposito del gran
casino della situazione in cui si trovavano dopo che Merlin
gli ebbe
fornito un resoconto dettagliato ed esaustivo degli eventi che si erano
verificati prima del loro arrivo -suo e del dottore- a Camelot.
“Ricapitolando”,
disse pizzicando distrattamente le corde del suo violino, “un
ignoto quanto
oscuro incantesimo ha reso possibile che quattro coppie gay provenienti
da epoche
e Paesi diversi (escludendo la relativa vicinanza geografica tra
Camelot e
l’odierna Londra) non solo concepissero un bambino -eccezion
fatta per le
Altezze Reali britanniche, che hanno addirittura bissato, e al vigore
dei cui
spermatozoi mi inchino- ma anche riuscissero a darsi appuntamento nello
stesso
luogo, in barba alle barriere spazio-temporali che li
separano”.
“Non
che
questa storia dei portali tra un
mondo e l’altro sia nuova, per noi” ci tenne a
precisare Caspian, intrecciando
la mano destra con quella del marito. “Soprattutto durante i
primi mesi della
nostra relazione, ho fatto la spola tra Telmar e Londra come una
trottola”.
Peter
sorrise al ricordo, poggiando la testa sulla spalla del compagno.
“Ho
dovuto
tribolare non poco per farti capitolare, amore”
proseguì lui, tubando
dolcemente. “Se ripenso poi a quanto si è
prodigata Susan per metterci i
bastoni tra le ruote...” sospirò.
“Quella
troietta intrigante” sibilò con astio il sovrano
di Narnia. “Sono così contento
di non doverla più vedere, lei ed i suoi bulbosi occhi
blu”.
“Questa
Susan
è per caso una tua ex?” si interessò
Edward, sporgendosi verso la coppia di
sposi.
“No,
che
Aslan mi fulmini” esclamò sdegnato Caspian.
“Io mi innamorai di Peter dal primo
istante in cui incrociammo le lame, ma quella cretina di sua sorella si
fece
non so quali film mentali secondo cui lei era la donna della mia vita,
figuratevi!”
“Parenti
serpenti, eh? Mi ricorda qualcuno” ringhiò
sommessamente Jacob, irrigidendosi.
I due
sovrani li guardarono con curiosità.
“Si
riferisce a Bella” spiegò Edward, circondando con
un braccio la vita
dell’altro. “Ammetto di essere stato con lei per
-quanto, un anno?- ma ai
membri della mia famiglia è stato subito chiaro che
c’era qualcosa di
incongruo. Che me ne facevo io, vampiro bellissimo purissimo e
levissimo, di
un’umana imbranata all’ennesima potenza,
sostanzialmente inutile e appiccicosa
oltre ogni dire? L’ho usata come donna dello schermo, senza
peraltro combinarci
mai nulla. Era la mia copertura affinché nessuno scoprisse i
miei sentimenti
per il licantropo burbero e sexy che fingevo di odiare. Sapete, tra le
nostre specie
non è mai corso buon sangue. Un po’ come Romeo e
Giulietta”.
“Io
invece
ti detestavo sul serio, perché non capivo come avessi scelto
quell’impiastro
quando potevi avere me” borbottò il licantropo, a
cui evidentemente l’onta
dell’iniziale rifiuto bruciava ancora un pochino.
“E
come
siete riusciti a coronare il vostro sogno d’amore?”
domandò Peter,
appassionatosi a quella storia che ricordava tanto la sua.
“Con
una romantica
fuga d’amore a New York dove, sfruttando i contatti di mio
padre, ci ha sposati
niente meno che il sindaco in persona” cinguettò
euforico il vampiro,
sventolando la mano sinistra per mostrare la fede in tutto il suo
luccicante
splendore.
Poco
distante dall’insolito quartetto, mentre i giovani Re
squittivano complimenti e
felicitazioni ai loro nuovi amici, un John Watson al quinto mese di
gravidanza
giocava con Aithusa, che fingeva dispettosamente di volergli
mangiucchiare il
dito indice. Arthur, seduto di fronte a loro con Nagini attorcigliata
alle sue
spalle, li osservava attentamente.
“Siete
molto
bravo con gli animali, Sir Watson” attaccò bottone.
“Vi
ringrazio, Altezza, ma è solo merito
dell’esperienza. A Londra abbiamo lasciato
un bulldog di nome Gladstone, buono come il pane. In verità
sarebbe il mio
cane, ma Sherlock si diverte a sfruttarlo come cavia per i suoi
esperimenti” e
alzò gli occhi al cielo, senza riuscire a soffocare un
sorriso indulgente e
rassegnato.
“Lo
amate
molto, vero?”
“E’
la mia
vita” affermò l’altro con
semplicità. “Per lui ho accettato di sfidare le
convenzioni. Ho lasciato mia moglie Mary e il mio ambulatorio di medico
per
seguirlo ed assisterlo nelle sue indagini. Purtroppo dobbiamo agire con
estrema
discrezione. Nella nostra epoca esiste il reato di sodomia, sapete, e
non
potremo mai ufficializzare la nostra unione”
spiegò, intristito.
“E
ditemi,
ne è valsa la pena? Ve ne siete mai pentito?”
“Oh,
no”
proclamò John con calore. “Sherlock è
la mia ancora di salvezza e, malgrado le
sue stranezze e la dipendenza dalla cocaina, è il solo uomo
che potrei amare.
Avevo un unico rammarico, quello di non potergli dare un figlio. Adesso
che
anche questo piccolo inconveniente è
stato risolto, sento che la mia -la nostra- felicità non
potrebbe essere più
completa”.
“Come
vi
capisco” sussurrò Arthur, rivolgendo
un’occhiata di sottecchi a suo marito.
Nel mentre,
i sopraccitati Holmes e Merlin erano impegnati a scervellarsi in
compagnia di
Gaius.
“Quel
che ci
rimane da scoprire, dunque, è il nome del mago che ha
castato l’incantesimo”
rifletté ad alta voce l’anziano cerusico.
“Permettetevi
di contraddirvi, mio caro signore: è fondamentale appurare
quale sia il movente
che ha dato origine a codesto sovvertimento della legge naturale. Una
volta
scoperto quello, troverò il colpevole in men che non si dica
servendomi
ovviamente di uno dei miei celeberrimi procedimenti deduttivi,
così complesso
ed intricato che per scriverlo l’autrice si
taglierà le vene o impazzirà
definitivamente” obiettò, un poco esaltato,
l’investigatore.
“In
uno dei
vostri libri, forse” lo contraddisse meditabondo il mago.
“Dovete sapere, Sir
Holmes, che in questa storia niente -e sottolineo niente- procede
secondo
logica”.
Detto
ciò si
arrestò bruscamente e si portò entrambe le mani
alle tempie. Sotto gli sguardi
un filino perplessi dei presenti (meno che di Arthur, che aveva intuito
cosa
stesse accadendo) serrò le palpebre ed aggrottò
la fronte, annuendo ogni tanto.
Trascorsa che fu una clessidra o anche meno riaprì gli
occhi, rivelando iridi
dorate, e balzò in piedi con un’agilità
insospettabile.
“Signori,
Kilgharrah è appena tornato dalla sua vacanza. Ci aspetta
nella radura nei
pressi del castello (marcondirondirondello), sostiene di avere la
soluzione al
nostro problema”.
Con grande
sorpresa dei nostri eroi, accanto al già noto drago ve
n’era un altro, se
possibile ancora più maestoso ed imponente. Il suo manto era
di un rosso sangue
intenso ed altrettanto scarlatti erano gli occhi, in cui
però si intravedeva
senza fatica un fondo di dolcezza.
“Kil”
esordì
Merlin. “E tu devi essere Castigo, scommetto”
sorrise amichevolmente in
direzione del secondo lucertolone.
“Lieto
di
conoscervi, Emrys. E anche voi, re Arthur. Molte cose mi sono state
raccontate
sul vostro conto” rispose cordialmente la creatura magica,
chinando il muso in
segno di rispetto.
“Non
tutte
negative, mi auguro” scherzò Arthur.
“Castigo, Kilgharrah, vi stavamo
aspettando con ansia. Lasciate che vi presenti ai nostri
ospiti”.
Non appena lo
scambio di saluti e cortesie varie fu terminato, Kilgharrah si rivolse
a
Merlin.
“Giovane
mago, credo di poterti fornire un aiuto concreto nella risoluzione di
questo pasticcio.
Mi sono consultato telepaticamente con Saruman e Gandalf in persona ed
entrambi
mi hanno dato la stessa risposta: Evocare il colpevole tramite un
incantesimo
d’Appello antico quanto potente. L’unico
inconveniente è che è necessario che
sia un drago a pronunciarlo, motivo per cui Castigo ed io siamo
qui”.
“Perché
in
due? Uno è il solista e l’altro fa il
controcanto?”
“Ma
no,
stupidotto. Più si è meglio è,
no?” ridacchiò l’altro in risposta.
Il ragazzo
si arrese. Quel drago doveva sempre avere l’ultima parola,
accipigna.
“D’accordo,
hai vinto tu. Coraggio, recitate la filastrocca e facciamola finita una
volta
per tutte”.
Kilgharrah e
Castigo si scambiarono un’occhiata solenne e concentrata.
«Andra
moi ennepe, Mousa, polutropon, hos mala
polla
plagchthê,
epei Troiês hieron ptoliethron epersen
pollôn
d' anthrôpôn iden astea kai noon egnô,
polla
d' ho g' en pontô pathen algea hon kata thumon,
arnumenos hên te
psuchên kai noston hetairôn».
“Che cosa?”
pigolò sgomento
Edward una volta che essi ebbero terminato. “Qualcuno mi
spiega perché mai
hanno recitato il proemio dell’Odissea
in lingua originale?” (Non dimentichiamoci che il vampiro
Settebellezze, oltre
ad essere un gran gnoccone, era anche un mezzo genio.)
“Ordini
dall’alto” sbuffò,
laconico, Castigo.
“Quell’autrice
da strapazzo
prima o poi dovrà vedersela con me. Avrà notizie
dal mio avvocato,
perdindirindina!” sbottò Merlin, furioso.
In
fondo è tutta colpa sua se ci ritroviamo in questa
incresciosa situazione!, pensò non a
torto.
“Giovane mago, invece di
prendertela con Genio faresti bene a preoccuparti di altre
magagne” consigliò
saggiamente Kilgharrah.
“Chicosacomedoveperché?”
Due figure avanzarono in
direzione del gruppetto, tossicchiando un po’ per via del gas
fumogeno
provocato dall’incantesimo.
Merlin per poco non ci
rimase secco. Non loro,
supplicò
febbrilmente, gli occhi sgranati. Fatina
dei Denti, fa’ che non siano loro.
*trallallero trallallà*
Ora, io SO che vi state
rodendo il fegato e che al contempo mi state maledicendo, LO SO (ehm,
almeno
credo. Lasciatemi l’illusione, va’, anche se molto
probabilmente non ve ne
frega una beneamata cippa).
Chi sarà mai la
misteriosa
coppia di malfattori/malfattrici? Li/e abbiamo già
incontrati/e? …Domande,
domande. Io vi rivelo solo che qualche indizio l’ho
disseminato, nel corso dei
precedenti otto capitoli. E adesso scervellatevi pure, mie care.
*ammicca*
Mi raccomando: sequel sì
o
sequel no? Ci tengo ad avere la vostra opinione!
Un bacione e a presto.
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Capitolo 10 *** My happy ending ***
NOTE: Ebbene
sì, siamo giunti al termine di
quest’avventura! *gaudio e tripudio* E’ il tanto
-da me- agognato ultimo
capitolo. Agognato perché, finalmente, avrò
parecchio tempo a disposizione per
plottare altre amenità (tipo il seguito di ‘sta
roba, il cui titolo provvisorio
è Much ado about nothing)
e
avventurarmi in altri fandom, per esempio quello di Sherlock (BBC). In
caso non
sappiate di cosa sto parlando, provvedete a rimediare prima che
chiudano tutti
i siti di sharing e download, perché trattasi di un telefilm
fighissimo e
slashosissimo.
I saluti e
ringraziamenti finali sono rimandati nell’angulus.
Già che ci sono, ne approfitto per autospammare giusto due
cosucce che ho
scritto nel frattempo, ovviamente sempre sulla coppia Arthur/Merlin (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=925421&i=1
e http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=931842&i=1).
Detto
questo, spero davvero che il capitolo sia all’altezza delle
vostre aspettative.
Buona
lettura!
“Chi
non
muore si rivede, Emrys” lo salutò una vocina
metallica.
In nome
degli zigomi di Benedict Cumberbatch, perché?
Perché proprio lui?
“Mordred”
esalò il mago.
Il suo
sguardo si posò sull’accompagnatore nerovestito
del ragazzino. A giudicare
dall’altezza e dalla corporatura doveva essere coetaneo del
piccolo druido. Il
suo volto era di un pallore mortale, i lineamenti perfettamente
cesellati (se
non si fosse capito, in codesta storia la fauna maschile di
età compresa tra le
dodici e le quaranta primavere è composta da individui
invariabilmente fighi).
Sulla veste lunga sino ai piedi, gemella di quella indossata da
Mordred, un distintivo
all’altezza del cuore con ricamata una serpe nei toni del
verde e dell’argento
mandava fiochi bagliori serici.
“E tu
devi
essere il famoso Tom Riddle” ipotizzò Merlin,
rivolgendogli un sorriso nervoso.
“Ssisssignore,
precissamente. Lieto di conosscervi, ssovrani di Camelot” si
presentò il
ragazzino, sorprendentemente compito.
“Amore,
me
lo sono sognato o quel Tom sibila?” gli sussurrò
all’orecchio un Arthur
incredulo.
“Credo
sia uno
dei motivi per cui è stato smistato a Serpeverde”
bisbigliò lui in risposta.
“Chiedo
perdono” si inserì nella conversazione Sherlock.
“Non vorrei risultare
indelicato o ficcanaso, ma dato che ci troviamo nella stessa
barca… Chi sono
codesti virgulti di gioventù e donde provengono,
Maestà?”
“Oh,
è una
lunga storia, Sir Holmes. Diciamo che Mordred è un baby
druido con tendenze emo
cui Arthur ed io abbiamo salvato la vita. Da circa un anno vive a
Hogwarts,
dove ha conosciuto Tom”.
“Ssono
il
ssuo compagno di sstanza, per esssere precissi”
puntualizzò Tom pieno di
sussiego.
“Aspettate
un momento” intervenne Edward mani di forbice.
“Hogwarts? Tom Riddle?
Come diavolo è possibile? Sono opere di fantasia: vengono da
un libro, per amor
del Cielo” protestò indignato.
“Non
pronunciare un’altra parola, creatura di Sstephenie
Meyer” lo zittì quegli,
sprezzante.
Al povero
vampiro non restò che incassare e rifugiarsi tra le braccia
muscolose del suo
Jacob che (tanto per cambiare) ringhiò.
“Beh,
Mordred, quanto tempo! Merlin ti ha fatto sapere che Aithusa
è letteralmente
impazzita per Nagini? Sono come sorelle. Mai regalo di nozze fu
più azzeccato,
davvero” esclamò con giovialità Arthur
per smorzare la tensione, arruffando i
capelli del bambino.
“Mi fa
piacere” mugugnò lui visibilmente in imbarazzo,
non abituato a simili
manifestazioni d’affetto.
“Arthur,
Asino del mio cuore, non credo che Mordred si trovi qui per discutere
di
Nagini. Tieni a bada il tuo istinto paterno e lascialo parlare,
ok?” lo
richiamò all’ordine Merlin, non senza una certa
dolcezza.
“Umpf,
vabbè” si imbronciò Arthur.
“Hai dei capelli morbidissimi, sai? Come quelli di
Merlin” si complimentò con Mordred.
“Arthur”.
“Scusa,
scusa. Sono gli ormoni, abbi pazienza” e di malavoglia
lasciò la testa del
ragazzino.
“Bene.
Mordred,
adesso vorresti gentilmente spiegarci il perché del tuo
-vostro- coinvolgimento
in questa epidemia di gravidanze maschili?” chiese Merlin con
voce pacata.
L’interpellato
sospirò teatralmente.
“E
sia”
disse. “Riflettori, prego”.
Un fascio di
luce artificiale proveniente non si sa da dove lo investì.
“Riflettori?
Alle cinque del pomeriggio, con un sole che spacca le
pietre?” fu il commento,
quanto mai perplesso, di Caspian.
“Lo
sai come
son fatti i maghi, caro. Se non c’è un minimo di
atmosfera non riescono a
concentrarsi” replicò tranquillamente Peter.
“Ma
non
dovrebbe essere impedito ai minorenni
eseguire magie al di fuori di Hogwarts?”
osservò Merlin, un filino
apprensivo.
“Emrys,
non
ci ammorbare con la tua pedanteria da mamma chioccia, grazie”
lo freddò
all’istante il piccolo druido.
“Ma
io-”
pigolò, voltandosi verso Arthur in cerca di appoggio.
“Giovane
mago, forse è meglio se gli dai retta. La stiamo tirando un
po’ troppo per le
lunghe e dopo nove capitoli è ora di giungere alla
conclusione della storia, a
mio avviso” intervenne Kilgharrah.
“Grazie,
sommo
drago. Adesso, se nessuno altro mi interrompe, svelerò per
filo e per segno
tutti i retroscena di codesta incresciosa e bizzarra
faccenda” annunciò con
aria solenne Mordred.
I presenti
-draghi compresi- ammutolirono, impazienti di ricevere delucidazioni in
merito.
“Molto
bene.
Dovete sapere, spettabile pubblico, che tutto ebbe inizio la notte di
Beltane.
Immagino che Emrys ed Arthur vi abbiano narrato a grandi linee di come
si sono
innamorati” esordì, rivolgendosi ai non
camelottiani.
Edward e
Jacob, Sherlock e John, Peter e Caspian e Castigo (Kilgharrah
l’aveva informato
quando ancora si trovavano ad Ellesméra) annuirono.
“Eccellente.
Sicché sapete già che, anche dopo che
l’Amortentia ebbe esaurito i suoi
effetti, altre quattro coppie -oltre a quella formata da loro due-
rimasero
unite. Questo, come spiegai allora, fu possibile perché il
filtro era servito
unicamente ad aprirgli gli occhi sui loro veri sentimenti. Erano
destinati a stare insieme, ecco.
Tutto il popolo
brindò al trionfo del vero
ammmòòòre, ed anch’io mi
unii alla sua gioia. Se ben
ricordate, le ultime parole che pronunciai prima di Smaterializzarmi
furono: ‘Auguri
e figli in abbondanza’.
Ebbene, il
mio era solo un augurio, una di quella frasi fatte che si dicono in
questi casi.
La sorte tuttavia ha voluto che Genio -l’autrice, per chi non
l’avesse ancora
afferrato- ascoltasse le mie parole e decidesse di tramutarle in
realtà. Ecco
spiegato il fiorire di mpreg” concluse Mordred.
A Merlin
scappò una bestemmia di quelle potenti (che non riporteremo,
per non incorrere
nell’ira del Moige e perché il rating della storia
non lo permette) mentre gli
altri si guardavano attorno, evidentemente spaesati.
“Ci
sono un
paio di cose che non mi tornano, però. Se fosse come tu
affermi, Mordred,
perché mai -delle cinque coppie camelottiane unite da vero
ammmòòòre- solo
Merlin ed io abbiamo figliato? E poi”, ragionò
Arthur, aggrottando le
sopracciglia per lo sforzo cui erano sottoposti i suoi neuroni,
“Gaius ha
calcolato che siamo rimasti incinti nella seconda metà di
marzo, non dopo la
festa di Beltane. Come è possibile?”
“Domande
pertinenti, Sire; la gravidanza giova al vostro intelletto, non
c’è che dire”
replicò il ragazzino, favorevolmente colpito.
“Tuttavia l’autrice aveva
previsto che ad uno di voi non sarebbero sfuggite tali incongruenze,
sicché mi
ha scritto su un post-it la risposta da darvi. Tom, me lo
passeresti?”
“Ssubito,
mio caro” rispose zelante il Serpeverde, porgendogli un
foglietto color verde
smeraldo.
“Allora,
testuali parole: ‘Miei adorati
personaggi, vogliate perdonarmi se non mi sono potuta recare di persona
nella
ridente Camelot per portarvi i miei saluti (ho una vita
anch’io, sapete) ma
confido nell’efficienza dei miei emissari. Lasciando da parte
i convenevoli,
rispondo alle vostre più che legittime obiezioni.
Perché solo Arthur e Merlin
si sono riprodotti? Semplicemente perché bastavate ed
avanzavate voi, ragazzi.
Passi pure per i sovrani incinti, ma anche quattro dei migliori
cavalieri,
l’orafo e il suo apprendista, due uomini di veneranda
età come Uther e Cenred...!
Sarebbe stato troppo, cercate di capirmi. Soprattutto perché
i miei piani
riguardavano i vostri nuovi amici che, proprio
durante la notte di Beltane, in mondi
diversi dal vostro, erano impegnati a concepire. Voi vi eravate
già dati da
fare in quel senso -era destino che diventaste genitori-
sicché le parole di
Mordred hanno avuto effetto solo su di loro. Ma come?, vi starete
chiedendo,
hai appena detto che non volevi complicarti la vita! E’ vero,
è vero; ma la
donna è mobile, miei cari. Non ho saputo resistere alla
tentazione di
realizzare dei crossover mirabolanti. Bien, spero di essermi spiegata a
sufficienza. Adesso lascio la parola a Tom, che ha da farvi alcuni
spoiler
molto interessanti sul futuro dei vostri pargoli. Statemi bene, miei
cari! Un
bacio e tanto ammmòòòre a tutti,
Il Genio del Male’ ”.
Merlin non
sapeva più quale Santo scomodare, ma a salvarlo da una crisi
di nervi ci
pensarono i discorsi ragionevoli degli altri.
“Suvvia
Altezza, non cadete preda dello sconforto. Poteva andarci peggio,
no?” fu
l’osservazione ottimistica del dottor Watson.
“Un
figlio è
un dono di inestimabile valore” gli diede manforte Caspian.
“Non
esiste
gioia più grande, per me, che poter dare alla luce il frutto
del nostro amore”
affermò Peter, gli occhi fiammeggianti di passione puntati
sul marito.
“Io
non vedo
l’ora che nasca” aggiunse Edward, entusiasta.
“Ti
dispiace
così tanto portare in grembo nostro figlio, pulcino
mio?”
Arthur lo
guardava con l’espressione da cucciolo abbattuto
più spupazzabile del suo
repertorio, con tanto di labbro inferiore leggermente tremolante.
Merlin non
seppe resistergli.
“Certo
che no,
testa di legno. Ti amo e amerò i nostri figli più
della mia stessa vita. Non
potrei essere più felice, credimi” lo
rassicurò con ardore, prendendogli il
viso con entrambe le mani e fissandolo dritto negli occhi.
“Mi irrita il fatto
che Genio si diverta a manipolare le nostre vite a suo piacimento, per
capriccio”.
“Non
direi
che lo fa per capriccio, Merlin. Certo, si diverte immensamente a
fangirlare su
di noi -ti do ragione- ma in fondo è il suo modo di volerci
bene. Ha tolto di
mezzo Gwen, ci ha fatti innamorare e poi sposare e adesso aspettiamo
due
bambini! Desidera vederci felici, ecco tutto”
cercò di convincerlo.
“Umpf,
se lo
dici tu” borbottò Merlin un poco rabbonito.
“Ehm.
Potrei
avere la vosstra attenzione, di grazia?” si
schiarì la voce Tom. “Non ci ressta
molto tempo. Sse quello sscasssapalle del nosstro Prefetto nota la
nosstra
asssenza, ssiamo fottuti”.
“Tom,
modera
i termini: abbiamo solo dodici anni” lo rimbrottò
l’amichetto.
“Sscussa.
Dicevo, ssignori, che dovrei giusstappunto Divinare il futuro dei
vosstri figli
per il climax finale, ssapete com’è”
spiegò.
“Mi
sembra
giusto. In quanto re di Camelot ti autorizzo a procedere” lo
accontentò Arthur.
Il ragazzino
non perse altro tempo: chiese e ottenne silenzio in sala, ma
rinunciò
volentieri a luci scenografiche ed altre amenità. Chiuse gli
occhi e rimase
così, immobile, per diversi minuti. Quando infine si
riscosse dal torpore in
cui era caduto e recuperò l’uso della vista, i
presenti constatarono, non senza
un brivido di inquietudine, che le sue iridi erano diventate purpuree e
le
pupille si erano assottigliate, incredibilmente simili a quelle di un
rettile.
“Merlin
Emryss”,
proclamò con voce stentorea, “il figlio che porti
in grembo è un masschio. Avrà
capelli neri come l’ebano, pelle più candida della
neve e occhi blu come gli
abisssi dell’oceano. Ssi chiamerà Casstiel,
ssarà bello come un angelo e dotato
di poteri ssoprannaturali. Il giorno del ssuo quindicessimo compleanno
incontrerà uno sstraniero bello, biondo e macho di nome
Dean, proveniente da un
altro mondo, e sse ne innamorerà perdutamente. Arthur
Pendragon, tu invece
metterai al mondo una bambina rosssa di capelli come la tua prozia
Muriel, essile
e con l’osssatura ssottile di tuo marito. Avrà
un’indole indomita e
competitiva, nonché un cervello ssopraffino e fasscino da
vendere. Non
erediterà alcun potere magico, ma in compensso
ssarà la prima donna a regnare
in Britannia. Il ssuo nome ssarà Elizabeth”.
I due
genitori, frastornati, si guardarono. Qualcosa di molto simile
all’orgoglio paterno
(o materno?) baluginava nei loro occhi.
“Peter
Pevenssie”,
continuò Tom, “dall’unione tra te e
Casspian di Telmar nasscerà un masschio.
Erediterà la vosstra nobiltà -d’animo e
di ssangue- i tuoi capelli chiari e i
tratti eleganti del padre. Ssarà un figlio di cui andare
fieri: cortesse e
cavalleressco, coraggiosso ed eccellente guerriero. Giovine equo e
molto
ambiziosso, fonderà il Ssacro Romano Impero.
Passserà alla sstoria con il nome
di Carlo Magno e ssi prenderà una sscuffia per una bella e
ritrossa regina”.
Peter ebbe
un giramento di testa per la troppa emozione.
“Edward
Cullen, il figlio concepito con il licantropo che ami è un
masschio, ma quessto
già lo ssapevi. Ssarà anch’egli un
vampiro, ma ssomiglierà molto al nonno
Carlissle: fluenti capelli d’oro, occhi azzurri (rosssi
durante i periodi d’asstinenza,
ovviamente) e pallido come la morte. A quindici anni ssi
imbatterà in un
mortale di nobili natali, tale Louis, e ne rimarrà
immediatamente conquisstato.
Ah, quassi dimenticavo: si chiamerà Lesstat”.
Jacob
ringhiò soddisfatto. Non gli dispiaceva l’idea di
avere un altro vampirello in
giro per casa.
“Ed
infine
mi rivolgo a te, John Watsson. Partorirai una bambina di nome Jesssica,
bionda
e con gli occhi cerulei come te e ssciroccata -pardon,
intendevo sstravagante- come il tuo compagno. Da lui
erediterà la propenssione ad invesstigare, a ficcare il naso
e ad attirare guai
come il miele con le mossche, mentre da te prenderà
l’abilità nel prossare,
tanto che diventerà una giallissta di fama
mondiale”.
Sherlock
gongolò: la sua eccezionale materia grigia non sarebbe
andata perduta!
“Quessto
è
quanto. Cossì parlò Zarathusstra”
terminò Tom,
le iridi tornate alla loro abituale sfumatura nocciola.
“Tom,
evita
di copiarmi le battute, eh? Signori, il nostro compito si è
esaurito. Dobbiamo
lasciarvi, ma vi manderemo presto un gufo per tenerci in contatto.
Invitateci
ai battesimi dei bambini; mi offro in anticipo come padrino del tuo,
Emrys” si
congedò sbrigativamente Mordred.
Prese una
mano dell’amico tra le sue ed insieme recitarono una litania
(che a Merlin
suonò tanto come ‘Ambarabà
ciccì coccò’, ma preferì
illudersi di essersi sbagliato)
e si Smaterializzarono avvolti da volute di fumo.
“Beh”,
ridacchiò Castigo, “non si può certo
dire che a Camelot ci si annoi. Che farete
adesso?” domandò.
Bella
domanda. Come agire? Merlin esitò giusto un attimo, prima di
avanzare una
proposta che, se lo sentiva, avrebbe potuto cambiare radicalmente la
vita di
tutti loro.
“Io
un’idea
al riguardo ce l’avrei e spero che il mio consorte sia
d’accordo con me.
Ascoltandovi raccontare le vostre esperienze mi è parso di
capire che, per un
motivo o per l’altro, nei vostri mondi non riusciate ad
essere completamente
felici e vivere il vostro amore alla luce del sole –Susan che
briga per
separare Peter e Caspian, la rivalità tra il clan di Jacob e
quello di Edward,
la morale vittoriana e bigotta che condanna il legame tra Sir Holmes e
Sir
Watson...”
Si
fermò, voltandosi
con cautela verso Arthur. Quasi arrossì di gioia nel vederlo
rivolgergli un sorriso
incoraggiante e complice. Erano in simbiosi totale.
“Così,
stavo
pensando: perché non rimanete a vivere a Camelot?
E’ una città tranquilla e
sorprendentemente all’avanguardia per l’epoca
(benedetti anacronismi), l’aria è
buona e la gente di mentalità aperta. Il lavoro non manca e
i salari sono
piuttosto alti, ci sono tanti bambini con cui far giocare i vostri
figli; e
campi da gioco, scuole, impianti sportivi. Saremmo felici di assegnarvi
degli
appartamenti nel castello (marcondirondirondello) o di procurarvi
un’abitazione
indipendente e confortevole, come preferite” offrì
il mago con una tale e
sincera generosità da commuovere un po’ tutti,
draghi compresi.
“Mi
unisco
all’invito di Merlin, naturalmente” disse Arthur.
“Sarebbe un onore, nonché un
grande piacere, invecchiare e crescere i nostri figli con voi
accanto”.
Gli altri si
scambiarono qualche occhiata. Sorridevano contenti, nessuno escluso,
perciò la
risposta data da Sherlock Holmes, improvvisatosi portavoce del
gruppetto, non
stupì troppo i due sovrani.
“Ne
saremmo
lieti, Altezze Reali”.
La decisione
venne accolta con battimani e risate, pacche sulle spalle e strette di
mano
cameratesche. Kilgharrah e Castigo ruggirono in segno
d’approvazione.
“Adesso
avrei io una proposta da farvi”, ridacchiò Arthur una volta che il
brusio si fu chetato.
“E se ci dessimo del ‘tu’?”
…to
be continued…
Bene, anche
la mia seconda longfic è conclusa! E’ abbastanza
emozionante.
Vorrei
ringraziare i 15 (ebbene sì, c’è un
uomo tra di voi!) eroi che hanno seguito As
you like it (Emrys____, fliflai,
gaarashun, HigurashiShinko, LoversOcean,
meristrella, mindyxx, Mirageon, NomenOmen, Raen91, ShirleyPoppy96,
SilviAngel,
stefania881, Tere 331, xMoonyx); un abbraccio speciale a chi
l’ha ricordata (Cloud
Ribbon) e preferita (BeaLovesOscarinobello, Emrys____,
hukura_chan, Ice Warrior, NomenOmen, Shuura). E infine un
bacio con
schiocco alle -finora- 14 persone che hanno recensito, regalandomi
così il loro
preziosissimo parere (antote,
BeaLovesOscarinobello, blackberry, Cloud Ribbon, draco potter, elfin
emrys,
Emrys____, EuphieKai, gaarashun, mindyxx, Shuura, valentinamiky,
xMoonyx, yuuki_love).
Grazie anche
per aver solo letto e per avermi seguita fino alla fine; (ri)sentirete
presto
parlare di me e non solo per il sequel. A questo proposito, nel caso vi
andasse
di seguire i miei scleri minuto per minuto e conoscere in anticipo
spoiler, progetti
e amenità varie, questa (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950)
è la mia pagina autore su Facebook.
Al prima
possibile; tanto tanto ammmòòòre a
tutti! <3
Edit del 25/02/12: a voi il
seguito (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=969540&i=1).
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