As you like it

di Il_Genio_del_Male
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kings and Queens - part 1 ***
Capitolo 2: *** Kings and Queens - part 2 ***
Capitolo 3: *** Having my baby ***
Capitolo 4: *** From N***** with love ***
Capitolo 5: *** Mpreg is all around ***
Capitolo 6: *** Haven't had enough ***
Capitolo 7: *** All together passionately (?) - part 1 ***
Capitolo 8: *** All together passionately (?) - part 2 ***
Capitolo 9: *** We found love ***
Capitolo 10: *** My happy ending ***



Capitolo 1
*** Kings and Queens - part 1 ***


PAIRING: Merthur più altri.

RATING: La storia è ancora in fase di stesura, ma credo che oltre il giallo non mi spingerò. Il verde la farà da padrone, insomma.

GENERE: Comico, Romantico, Parodia.

AVVERTIMENTI: “Fiat slash, et slash fuit” (cit.) e OOC grande come una casa per tutti i personaggi.

DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono, né i diritti della serie (ahimè) che vanno tutti alla BBC; non guadagno niente dal mio fangirleggiare.

DEDICA: A coloro che hanno avuto fiducia in me, mi hanno supportata, sopportata e non si sono ancora stufati di star dietro ai miei deliri, in particolare: le mie due omonime, le due Beatrici, Valentina e Virginia.

NOTE: Alle vecchie e nuove lettrici: benvenute nel seguito di A midsummer night’s dream... in Camelot! Non mi dilungherò molto, anche perché sono troppo tesa ed emozionata per dire qualcosa di sensato. Un video toccante e straziante da consigliarvi, però, ce l’ho: http://www.youtube.com/watch?v=m_7e-7FmWjk&list=FLGE_a2JXkXZa1YIzCH2Jlxw&feature=mh_lolz (SPOILER! sulla quarta stagione).

As usual, ci tengo a precisare che questa fanfiction è autobetata. *sudori freddi*

Buona lettura, e che il delirio abbia inizio!

 

 

 

 

 

“Come vi sentite?”

“Gaius, è la diciottesima volta in un’ora che me lo chiedi! E piantala di darmi del ‘voi’, ché non è proprio il caso”.

“Come sarebbe a dire? State… va bene, stai per venire nominato re consorte: se continuassi a darti del ‘tu’ sarebbe un comportamento quanto mai irrispettoso nei tuoi confronti, Merlin”.

Orbene, un piccolo salto indietro nel tempo a questo punto è doveroso.

Come gli esimi lettori ricorderanno, nel capitolo finale della precedente storia il nostro intrepido eroe aveva accettato di sposare Arthur Pendragon, principe di Camelot. E fin qui tutto bene. Quel che il gentile pubblico non può sapere è che nel mese e mezzo che era seguito alla fatidica notte di Beltane molte cose erano cambiate.

Prima tra tutte, era stata annunciata l’abdicazione del sovrano in carica, Uther, in favore del figlio: il ragazzo aveva ormai l’età giusta e l’esperienza sufficiente per accollarsi gli onori e gli oneri che derivavano dal fatto di indossare la corona reale, era benvoluto dal popolo e dai membri della corte, i suoi soldati non avrebbero esitato a dare la vita per lui e -non meno importante- poteva contare sull’appoggio, la collaborazione e la lealtà di un mago potentissimo quale era Merlin Emrys. Motivo per cui, nella stessa occasione, Uther aveva annunciato ufficialmente il fidanzamento del principe con il piccolo Dumbo il suo amatissimo idiota. Poi aveva colto di sorpresa tutti (evitando per un pelo un’epidemia di morti premature per colpi apoplettici, ictus ischemici e trombosi) precisando che il giorno delle nozze del figlio anch’egli si sarebbe unito in matrimonio con Cenred. In seguito si sarebbero trasferiti nel regno di quest’ultimo e l’avrebbero governato insieme, lasciando così liberi gli sposini di gestire Camelot come meglio credevano.

Una tale dichiarazione di intenti aveva riempito di letizia il popolo (largo ai giovani!) giacché la fiducia che nutrivano nei confronti dei due ragazzi era sconfinata, ma d’altro canto aveva sconcertato non poco l’Asino Reale che non si sentiva pronto per succedere al padre e anche Merlin, atterrito all’idea di regnare a tutti gli effetti.

Le doppie nozze erano state fissate per le Idi di giugno e benché Arthur si fosse già portato avanti con l’organizzazione del proprio matrimonio, si era deciso infine di far crepare l’avarizia e di ingaggiare il miglior wedding planner su piazza: Enzo Miccio, noto al grande pubblico per i diversi programmi di successo che conduceva su Real Time (canale 31 del Digitale Terrestre). L’uomo aveva subito assunto il controllo della situazione: dopo essersi fatto consegnare le chiavi del castello (marcondirondirondello) aveva assunto un’impresa di pulizie affinché lo facesse splendere da cima a fondo. Aveva poi incaricato i suoi collaboratori di addobbare ogni più remoto angolo e corridoio del palazzo e il fiorista di piazzare un po’ ovunque piante di pisello odoroso (tsk, sempre a pensar male) e aveva mostrato allo chef i bozzetti delle torte nuziali, non prima di aver lungamente conferito al riguardo con entrambe le coppie di sposi.

Nel frattempo Merlin non era rimasto con le mani in mano. Aveva continuato ad assistere Gaius nella distillazione di pozioni curative e nella raccolta di erbe mediche e aveva stoicamente affrontato non meno di cinquanta prove e cambi d’abito, in modo da permettere ad Enzo di individuare il look nuziale che più valorizzasse la sua bellezza delicata e non convenzionale. Si era poi sorbito interminabili lezioni di galateo ed etichetta, dal cui effetto soporifero riusciva a salvarlo unicamente Arthur. Il futuro sposo infatti non perdeva occasione per monopolizzare il suo tempo libero: sbattendolo contro la prima superficie orizzontale e/o verticale, ma anche trascinandolo nel Fantabosco fino al chiosco di Tonio Cartonio per fargli assaggiare la miglior Scivolizia di Britannia, componendo terrificanti odi in suo onore e addestrandolo personalmente all’uso delle armi, poiché in quanto futuro regal consorte doveva essere in grado di affrontare degnamente un duello.

Tutti i loro amici -tra cui Hunith, scelta da Arthur come sua testimone, arrivata a corte cinque giorni dopo aver ricevuto l’invito- si erano scervellati a lungo per trovare il regalo di nozze adatto ai teneri sposini.
Morgana, divertendosi un mondo ad immaginare la reazione dei nostri eroi al momento di scartare il pacco, aveva fatto raccogliere, miniare e rilegare in un sontuoso tomo con la copertina tempestata di gemme preziose dai monaci del convento benedettino di Norcia tutte le fanfiction che lei e altre colleghe slasher avevano scritto ispirandosi ai due baldi giovani (con abbondanza di scene lemon, rating rosso e un pizzico di BDSM, perché no?).
Lancelot e Gwaine, da poco conviventi, si erano accordati con quelle vecchie volpi di Albus e Gellert -che, ormai trasferitisi stabilmente a Camelot, stavano valutando l’ipotesi di sposarsi a loro volta e di adottare tre o quattro marmocchi- ed erano riusciti a scovare, in una botteguccia anonima di Nocturne Alley, uno strabiliante kit di sex toy in grado di far impallidire le meretrici più consumate.
Leon e Percival, da anime candide quali erano, avevano sferruzzato senza sosta giorno e notte (quando non erano in altre faccende affaccendati, s’intende) per confezionare una quantità notevole di coperte, maglioni, mantelli, guanti e sciarpe in pregiato cachemire che sarebbero bastati, nelle loro intenzioni, per i successivi cinquanta inverni.
Gaius, scherzando fino ad un certo punto, aveva optato per un lussuoso cofanetto edizione deluxe, con tanto di interviste esclusive, videoclip e brani inediti, dell’intera produzione canora di Renato Zero. Hunith però era l’autrice del regalo più ispirato. Con i risparmi mandateli dal figlio negli anni precedenti ella aveva fatto costruire a Ealdor una casupola umile ma confortevole, di legno resistentissimo, una sorta di nido d’amore in cui Merlin ed Arthur si sarebbero potuti rifugiare ogni qual volta ne avessero sentito la necessità. Era situata abbastanza vicina alla sua abitazione in caso di emergenza, ma sufficientemente appartata per garantire loro la giusta privacy.
Persino Mordred era stato invitato, in veste di testimone di Merlin, e il bambino per l’occasione aveva selezionato il più bello e maestoso tra i cobra in suo possesso (non per niente era un Serpeverde): una femmina di nome Nagini, di indole docile e giocherellona, il cui manto aveva magicamente tinto di rosso e d’oro -i colori dei Pendragon- con venature blu intenso, della stessa tonalità degli occhi di Emrys.
L’unica persona rimasta in disparte durante i preparativi era stata Guinevere. Ella non aveva mostrato alcun pentimento per l’ingiusto livore che aveva vomitato addosso a Merlin, né si era ripresa dallo shock di venire rifiutata ancora una volta dall’amato Lance, vedendosi preferire quello sgherro gaglioffo di Gwaine. Indi per cui la bertuccia fanciulla non era stata invitata a presenziare alla cerimonia, al contrario di suo fratello Elyan.

La vigilia del matrimonio Kilgharrah -che avrebbe assistito dall’alto, sbirciando dalla più ampia delle finestre della Sala del Trono, ove si sarebbe tenuta, oltre alle nozze, anche l’incoronazione dei nuovi sovrani- si era messo in contatto via bluetooth con Merlin, dando appuntamento a lui ed Arthur ai margini della solita radura nei pressi del castello (marcondirondirondello). Quando i due fidanzati vi si erano recati, avevano trovato il drago che li aspettava con un sorriso trepidante -il mago avrebbe potuto giurare di averlo visto scodinzolare- e tra le zampe un uovo di dimensioni spropositate per essere figlio di un normale volatile, dalla forma appuntita in cima e il guscio di un bianco splendente con sfumature azzurrine.

“Giovane mago, principe Arthur” li aveva salutati.

“Kilgharrah, è un onore incontrare una creatura magica della tua entità; permettimi di scusarmi per aver attentato alla tua vita, un anno fa. Ti do la mia parola che non si ripeterà più” aveva chinato umilmente il capo Arthur, con voce contrita e solenne al tempo stesso, guadagnandosi così uno sguardo ammirato e colpito da parte di Merlin.

“Non affliggerti oltre, giovane Pendragon. Ti ho già perdonato tempo fa, e poi come recita la famosa canzone partenopea: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto/ chi ha dato, ha dato, ha dato/ scurdámmoce 'o ppassato/ simmo 'e Napule paisá! Ma accetto comunque le tue scuse e le apprezzo” aveva replicato magnanimamente il drago.

“Uhm, non vorrei uccidere quest’atmosfera di ammmòòòre, davvero, ma posso chiedere per quale motivo ci hai chiamati in piena notte? In fondo ci rivedremo tra meno di sei ore” si era intromesso bruscamente Merlin.
Non l’aveva fatto con l’intento di essere sgarbato. Kilgharrah non poteva saperlo, ma aveva interrotto proprio sul più bello un interessantissimo lavoretto di lingua gentilmente offertogli da Arthur e il mago ci teneva a riprendere quanto prima da dove erano stati costretti a lasciare.

“Hai ragione anche tu, Merlin” aveva annuito il lucertolone. Poi con la zampa sinistra aveva avvicinato loro il misterioso uovo. “Questo è il mio regalo di nozze. Ve lo do in anticipo perché suppongo che domani sarete troppo occupati per prestarvi la dovuta attenzione” aveva ridacchiato maliziosamente.

“Supponi bene, Kilgharrah” aveva sghignazzato in risposta l’erede al trono. “Ma cos’è?”.

“Non- non sarà mica un uovo di drago, per caso?” Merlin aveva avuto un’intuizione.

“Elementare, Watson”.

“Ma questo significa che non sei più l’ultimo rimasto della tua specie” aveva sussurrato il ragazzo.

“Sembra di no” aveva sorriso per niente dispiaciuto il drago.

“Quando dovrebbe nascere?” era intervenuto Arthur, incuriosito.

“I nuovi nati vengono al mondo grazie ai Signori dei Draghi: solo loro hanno il potere di chiamarli e di farli uscire dall’uovo. Siccome tu sei l’ultimo Signore dei Draghi, Emrys, il compito di far nascere questo piccoletto spetta a te” aveva spiegato rivolgendosi al mago.

“In che modo?”

“Devi dargli un nome, semplicemente”.

Merlin era rimasto in silenzio, l’espressione un po’ vacua. Poi aveva serrato la palpebre.

“Aithusa” aveva mormorato, riaprendo gli occhi che brillavano come oro fuso e la magia che gli scorreva potente nelle vene.

Subito il guscio dell’uovo si era ammaccato. La cima appuntita si era invece frantumata del tutto, e da essa aveva fatto capolino la testa candida di un draghetto farfugliante, con gli occhi neri e scintillanti come capocchie di spillo. In una parola: adorabile.

“Un drago bianco è davvero cosa rara e appropriata alla situazione. Nella nostra lingua, il nome che gli hai dato significa luce del sole. La nascita di un drago non avviene mai senza un qualche motivo; a volte è difficile interpretarlo, ma stavolta è alquanto evidente. E’ di buon auspicio per te, per Arthur e per il regno che fonderete insieme”.

“Roarr!” aveva pigolato il cucciolo, ormai liberatosi dei rimasugli del guscio, sgranchendo le ali.

Arthur aveva sentito il cuore stringersi per la tenerezza, ma un dubbio lancinante (?) l’aveva spinto a soffocare momentaneamente l’istinto di spupazzare quel cosino dolce e a chiedere delucidazioni a Kilgharrah.

“Aspetta un attimo: Merlin ed io fonderemo un regno? Insieme?”

“Ebbene sì,  giovane Pendragon. Darete origine alla fiorente Albion, che tra qualche secolo verrà conosciuta dal resto del mondo con il nome di Gran Bretagna, o Inghilterra per gli amici”.

“Sicché... sposati... nuovo regno... sono appena diventato padre... Oh Pikachu, non credo di poter reggere all’emozione” aveva biascicato il futuro re prima di rovesciare le palpebre all’indietro e di crollare a terra come corpo morto cade (cioè a mo’ di sacco di patate).

Kilgharrah aveva sorriso, scoccando un’occhiata comprensiva a Merlin; ma con sua sorpresa il ragazzo, invece di burlarsi dell’idiozia del fidanzato, stava piangendo. Un fiotto incontrollato di lacrime gli rigava le guance, le spalle erano scosse dai singhiozzi ed i suoi occhi, il suo sorriso esprimevano la gioia incredula, trasognata ed insieme lucida tipica dei neogenitori.

“Felicitazioni, ragazzi. Ci vediamo domani” erano state le ultime, commosse parole pronunciate dal drago prima di volare via, mentre Merlin si era inginocchiato, stringendo a sé il neonato e colpiva il viso dell’Asino con degli schiaffi leggeri per farlo rinvenire.

 

 

Aithusa, aveva decretato Gaius dopo un’attenta visita, era una signorinella. La notizia aveva fatto sdilinquire a lungo i due genitori (perché si sa, i padri hanno una predilezione per le figlie femmine). Si erano quindi dedicati a vezzeggiare la draghetta, che dal canto suo mostrava di apprezzare molto le coccole, strusciando il capino contro le mani che l’accarezzavano, azzardando timide leccatine e mettendosi addirittura a fare le fusa. Merlin, esausto come se l’avesse partorita personalmente, quasi non riusciva a reggersi in piedi. Sicché, quando Gaius era ricomparso in scena con un biberon di latte caldo, Arthur aveva preso in braccio Aithusa per allattarla, ordinando con affettuosa autorità all’amato di stendersi sul letto del medico e di riposarsi. Merlin aveva tentato di opporsi, ma uno sbadiglio traditore ne aveva rivelato l’effettiva stanchezza, così senza più protestare si era accucciato sull’accogliete giaciglio, chiudendo gli occhi. Gli ultimi suoni che era riuscito a captare prima di addormentarsi erano stati i gorgoglii soddisfatti della piccola e la voce carezzevole nonché un po’ rincitrullita del Principe che le chiedeva: “Chi è la pulcina di babbo Arthur e di papà Merlin? Chi è la draghetta bianca più bella del mondo? Ma ovviamente tu, Aithusa!”

 

 

Ed eccoci giunti alla mattina del Grande Giorno Gioiglorioso.

Mancavano una manciata di clessidre all’inizio della cerimonia. Arthur era già davanti all’altare, in attesa dello sposo, Hunith e Mordred avevano tirato fuori i rispettivi cuscinetti con le fedi. Morgana era pronta ad avanzare lungo il red carpet e a spargere petali di rosa sul suo cammino, Uther reggeva la corona reale (aiutato da Cenred, che teneva in mano la corona che spettava al sovrano consorte) per procedere con l’incoronazione... E Merlin si trovava ancora negli alloggi di Gaius, in preda a violenti conati di vomito grazie ai quali aveva rimesso anche l’anima.

“Non è normale, questa nausea” borbottò impensierito l’uomo, svuotando la bacinella a cui il mago era rimasto spasmodicamente aggrappato durante l’operazione di svuotamento, terminata solo qualche istante prima.

“Sarà lo stress, Gaius, o un’influenza di tipo virale” diagnosticò il mago.

“Sarà pure quello che dici tu, ma non ne sono persuaso. Quando vi siete... ti sei svegliato stavi benissimo” ribatté un filino piccato il medico.

“Roarr?” intervenne Aithusa, sbattendo le alucce con fare apprensivo.

“Va tutto bene, amore. Il papà starà presto benissimo, se tuo zio Gaius si decide a somministrarmi una Pozione Antinausea” bofonchiò Merlin.

“Ecco, ecco” l’uomo gli porse una coppa. “Non sia mai che il matrimonio cominci in ritardo per colpa mia”.

“Grazie mille. Perdona la mia intrattabilità, ho i nervi a pezzi” si scusò l’altro facendo una smorfia per il sapore amaro della medicina.

“Ti perdono solo perché non capita tutti i giorni di sposare un principe e di venire eletto re consorte tutto in una volta” lo dileggiò bonariamente il cerusico.

“E’ la parabola di Cenerentola: dalle stalle alle stelle” ironizzò Merlin, il volto pallido e sbattuto.

“E’ solo ciò che ti meriti, ragazzo mio” Gaius gli posò le mani sulle spalle e lo guardò dritto negli occhi. “Sono così fiero di te, Merlin, e ti voglio bene come se fossi mio figlio; è con l’affetto sincero di una padre che ti auguro una vita ricca e felice”.

“Oh, Gaius” esclamò l’altro abbracciandolo. “Benedetto il giorno in cui i nostri destini si sono incrociati. Non avrei potuto desiderare un padre putativo migliore -ambizioni da drag queen comprese- e sono sicuro che Belinor sarebbe d’accordo con me” mormorò commosso.

Rimasero così abbracciati per alcuni istanti, riversando in quel gesto d’affetto le parole che si erano taciuti e gli errori che si erano perdonati reciprocamente. Il primo a ricomporsi fu Gaius, che porse al giovane una fialetta.

“Questa è una pozione ricostituente, ti rimetterà in sesto. Adesso fila a vestirti, ché ti stanno aspettando. Io intanto mi avvio con Aithusa” disse assestandogli una pacca sulla schiena.

Merlin si precipitò nella sua vecchia camera, sul cui letto erano stati accuratamente preparati i vestiti per il matrimonio. Indossò velocemente la braghe aderenti di velluto color castagna e gli stivali in tinta, la casacca di fresco lino, rossa con ghirigori ed arabeschi dorati e il mantello purpureo con ricamata sopra l’effige di un drago e una catena d’oro a chiuderlo, identico a quello che portavano i cavalieri della Tavola Rotonda e Arthur stesso.
Inghiottì un sorso di pozione, si pettinò sommariamente i capelli con le dita, si lavò i denti (perché teneva molto alla propria igiene orale) e respirò sonoramente due, tre volte, a fondo e con calma.
Arthur, sua madre, Gaius e Aithusa e tutti gli amici più cari lo stavano aspettando.

Era pronto. Si incamminò verso la sala del trono, chiudendosi la porta alle spalle.

 

 

 

Ooooh, e anche questo primo capitolo è finito. Mi è venuto un mal di testa allucinante ma ne è valsa la pensa (spero). Aspetto i vostri pareri con molta, moltissima trepidazione…
Alla prossima!

 

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Capitolo 2
*** Kings and Queens - part 2 ***


DEDICA: Alle anime pie che hanno recensito e che continueranno a farlo, alle lettrici silenziose, a chi ha inserito questa storia tra le Seguite, le Ricordate e le Preferite, e ovviamente alle mie supporter nonché amiche. Grazie di cuore, davvero <3.

NOTE: Eccovi la seconda parte del capitolo. E’ abbastanza descrittiva, ma ho cercato di non soffermarmi troppo su ogni singolo particolare per evitare l’effetto telecronaca e il finale è piuttosto esplosivo (o almeno, questa è la mia speranza). Se per caso sentite la mancanza dei miei balordi crossover non temete, perché già dal prossimo capitolo ho intenzione di piazzarvene uno alquanto lolloso.

Come al solito, ci risentiamo nell’angulus.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Arthur stava letteralmente friggendo. Lieve tachicardia, palmi delle mani sudati, salivazione azzerata e un principio di crisi di panico: tutti i malori tipici degli sposi piazzati di fronte all’altare in attesa che la futura moglie -in questo caso, il marito- si decida a farsi viva.

Quanto cavolo gli ci voleva, a quell’idiota, per prepararsi? Non che fosse in ritardo, ma lui si trovava lì in piedi e rigido come uno stoccafisso da un po’ di clessidre e, detto fuori dai denti, non vedeva l’ora che fosse già sera –congedati amici, invitati e parenti, messa a nanna Aithusa e con Merlin svestito e arrendevole a sua completa disposizione. Quel pensiero rischiava di risultare fin troppo gradito ad Arthur junior, sicché l’ancora-per-poco principe si concentrò sull’immagine della bellissima draghetta che l’aveva rincretinito del tutto. Non si era vergognato nemmeno per un momento delle moine sdolcinate con cui l’aveva vezzeggiata né di aver così detto addio al suo usuale contegno di macho duro e puro (anche perché, ad essere sinceri, quello l’aveva perduto mentre era sotto l’influenza dell’Amortentia). Tenere in braccio, dare il biberon e coccolare la fragile e perfetta Aithusa gli aveva fatto scoprire un lato di se stesso a lui sconosciuto: affettuoso, paterno, anche un po’ ridicolo. Gli venne spontaneo gonfiare il petto con orgoglio. Era una gran bella cosa diventare papà.

Un brusio sconnesso proveniente dal portone d’ingresso della Sala del Trono lo distolse dalle sue trasognate considerazioni. I musici di corte attaccarono a suonare Marry you e Morgana iniziò ad avanzare lungo il corridoio, ancheggiando con l’alterigia di una top model e distribuendo con grazia qua e là petali rosati. Merlin era arrivato, ringraziando Topo Gigio.

Il muscolo cardiaco di Arthur aumentò in modo esponenziale il numero di battiti vedendo il mago percorrere lentamente lo spazio che li divideva. Era semplicemente regale e arrapante oltre ogni limite, con quei pantaloni che gli fasciavano il culo le gambe e il rosso del mantello che esaltava la sfumatura corvina dei suoi capelli e il blu luminoso delle iridi.
Al confronto Arthur si sentì ingombrante ed appesantito dalla cotta di maglia lunga fin quasi al ginocchio. Tuttavia, quando incontrò lo sguardo dell’amato, nei suoi occhi lesse solo sincero apprezzamento e una buona dose di nervosismo venato d’impazienza. Come in un sogno lo osservò avvicinarsi sempre di più, fino a fermarsi al suo fianco. Intrecciarono le mani, senza fiatare.

Poi Uther, con la corona reale in mano, fece un passo avanti e si pose di fronte al figlio; quando il ragazzo s’inginocchiò, egli pronunciò le parole di rito.

“Arthur Pendragon, giuri di adempiere ai tuoi doveri di sovrano fino alla tua dipartita o finché non ti sarai rotto le balle, e di agire sempre negli interessi e nella salvaguardia di Camelot?”

“Lo giuro” la voce stentorea di Arthur rimbombò nel silenzio generale.

“In quanto sovrano uscente ti passo il testimone: onora il trono ed il tuo regno” Uther gli cinse il capo con la sobria fascia di ottone. Il figlio percepì acutamente il freddo metallo a contatto con la fronte e questo lo galvanizzò.

Rialzatosi, strinse brevemente la mano di Merlin a mo’ d’incoraggiamento: era il suo turno di sottoporsi al giuramento. L’ex sovrano ripeté la procedura. Gli invitati non emisero un suono, poiché la cerimonia non era ancora terminata.

“Bene, fuori una! Adesso passiamo ai voti nuziali” esclamò soddisfatto Pendragon senior. Si rivolse all’erede. “Vuoi tu, figlio mio, prendere il qui presente Merlin Emrys come tuo legittimo sposo, amarlo e onorarlo in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi, adottare insieme a lui un paio di bambini -ci tengo a diventare nonno, sappilo- e allevare la piccola Aithusa, nonché fargli mettere su qualche chilo ché così è davvero troppo magro?”

“Lo voglio” rispose senza esitazione il ragazzo.

“E vuoi tu, mio caro genero, prendere il qui presente Arthur Pendragon come tuo legittimo sposo, amarlo e onorarlo in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi, fargli da consigliere e guida nei momenti difficili, rimanergli per sempre leale e sopportarne la gelosia patologica?”

“Lo voglio” pronunciò Merlin fieramente.

“Che entrino in scena i testimoni!”

Hunith e Mordred scattarono in piedi e si accostarono agli sposi, porgendo loro le fedi: semplici cerchi d’oro impreziositi da un piccolo diamante incastonato al centro, a simboleggiare l’indissolubilità del loro amore (regalo di nozze da parte di Sir Aragorn). Con mani tremanti e sguardi emozionati i due giovani si scambiarono gli anelli.

“Con l’autorità conferitami dall’autrice io vi dichiaro marito e marito. Siate felici, ragazzi, e non appartatevi da qualche parte a fare le cosacce prima della fine dei festeggiamenti. Quasi dimenticavo: baciatevi pure, ché altrimenti le fangirl in sala mi linciano. Amen”.

Non appena i novelli sposi ebbero unito le loro labbra in un cinematografico bacio da cartone animato disneyano, gli invitati esplosero in un boato festoso di applausi e urla di gioia, con tanto di ululati d’approvazione.

“Lunga vita ai Re! Viva gli sposi! Forza Liverpool!”

Aithusa, sfuggendo alla presa di Gaius, svolazzò goffamente -rischiando più  volte di perdere quota- fino a raggiungere i suoi genitori. Vedendola arrivare, Arthur spalancò le braccia per accoglierla. La draghetta ci si rifugiò squittendo felice e quando poi Merlin si chinò a posarle un bacio sulla testolina e si unì all’abbraccio ella si mise a fare le fusa, socchiudendo gli occhi e accoccolandosi tra i pettorali solidi e gommosi del babbo e lo sterno ossuto ma stranamente comodo del papà. Dinnanzi ad un così tenero quadretto famigliare una botta di commozione assalì a tradimento i presenti (persino ad Enzo Miccio scappò una lacrimuccia).

“Che ne dici Al, adottiamo anche noi un cucciolo di drago?” sussurrò Gellert al compagno.

“Perché no? Domani mando un gufo a Charlie Weasley” acconsentì l’altro.

Hunith scoppiò a piangere a dirotto e anche Gaius diede segni di cedimento. Gli occhi di Uther brillavano d’orgoglio paterno, quelli di Morgana invece scintillavano maliziosi; già immaginava a grandi linee la one-shot piena di oscenità che avrebbe scritto sulla prima notte di nozze dei due piccioncini. Mordred, con l’espressione compassata di un piccolo lord pieno di gioia, Evocò un fazzoletto e lo porse alla singhiozzante Hunith, che con quei dolci occhi azzurri gli ricordava sua madre, morta quando era un frugoletto di un paio d’anni. Sarebbe piaciuta anche a Tom, pensò il bambino.

Restavano da unire in matrimonio l’ormai-non-più-re con il suo antico rivale, sicché Arthur ricoprì il ruolo di officiante. Vide il volto del padre trasfigurato dalla felicità, quando lo sentì pronunciare il fatidico “Lo voglio” e con un sorriso sincero accordò ai novelli sposi il permesso di baciarsi. I presenti espressero nuovamente il loro consenso con esclamazioni piene di letizia –sebbene con moderazione, perché in fondo i due uomini non erano più di primo pelo.

A quel punto Enzo assunse il controllo della situazione. Fece cenno alle guardie di affiancare i reali e di scortarli fino all’uscita, invitò l’orchestra a suonare la marcia nuziale e si raddrizzò il nodo della cravatta. Merlin ed Arthur percorsero a ritroso il tappeto rosso, tenendosi a braccetto e con Aithusa appollaiata sulle spalle di entrambi, accompagnati dal vociare eccitato degli invitati. Scesero una rampa di scale e si diressero verso il balcone da cui Uther troppe volte aveva pronunciato discorsi di odio contro la magia ed assistito ad innumerevoli esecuzioni. Non appena si furono accostati alla balaustra e la luce del sole li ebbe investiti, il popolo (che per ragioni logistiche e di spazio aveva seguito la cerimonia minuto per minuto grazie a due maxi schermi collocati nel cortile interno e nel giardino sul retro del palazzo), li accolse con acclamazioni festose e battimani, nonché manciate di riso.
Già calato nei nuovi panni di regnante, Arthur agitò la manina in un saluto pieno di degnazione e Merlin provò ad imitarlo, con una certa aggraziata goffaggine che piacque molto ai camelottiani. Aithusa sbatté le alucce, provocando una sequela di “Ooooh!inteneriti da parte delle donne presenti. Al biondo babbeo bastò un cenno della mano, cortese ma fermo, per far sì che il rumoreggiare entusiasta della folla si chetasse. Ottenuta l’attenzione di ogni essere vivente e pensante nel raggio di mille iarde, egli impugnò un microfono materializzatosi dal nulla.

“Abitanti di Camelot, è un onore avervi qui riuniti per assistere alle mie nozze e a quelle del mio augusto padre; in questo Giorno Gioiglorioso vi auguro di godere appieno dei festeggiamenti che inizieranno a breve. Prima però debbo annunciarvi che da codesto preciso istante ogni forma di persecuzione e discriminazione nei confronti di chi pratica la magia è abolita. Il mio dolce consorte, infatti, è uno dei maghi più potenti degli ultimi tre secoli e anni di collaborazione gomito a gomito con lui mi hanno insegnato che non è dalla magia che ci si deve difendere, bensì da chi ne fa uso per scopi empi e malvagi. Lo stesso dicasi per le creature magiche: non sarà più consentito dare loro la caccia ed ucciderle. Devo la mia felicità al lucertolone svolazzante sopra di noi”, così dicendo rivolse lo sguardo al cielo, ottenendo da Kilgharrah uno sbuffo divertito, “e sono da poco diventato padre dell’adorabile cucciolo di drago che mi sta alitando sul collo. E’ quindi nostro dovere, mio e di Merlin, tutelarne la salvaguardia. Adesso lascio la parola al mio consorte, perché pronunci il suo primo discorso da sovrano” e gli passò il microfono.

“Gandalf vi preservi tutti” esordì quegli, esitando. Non sapeva che accidenti inventarsi e parlare in pubblico non era mai stato il suo forte, così scelse di improvvisare. “Non ho molto da dirvi, se non queste poche parole: pigna, pizzicotto, manicotto, tigre. Che la festa cominci!”

E la festa cominciò.

 

 

Diverso tempo dopo, quando ormai l’ora di desinare era trascorsa da un pezzo, Arthur e Merlin poterono finalmente ritirarsi nella loro camera da letto e stravaccarsi sul regal baldacchino, ove tante sconcezze avevano commesso (sulla cui descrizione non ci soffermeremo, consentendo così agli esimi lettori di lasciare a briglia sciolta la loro fantasia).
Benché esausti, ripercorsero i punti salienti del dopo-cerimonia: il dj che, dietro palese istigazione di Gaius, aveva riproposto i brani più famosi di Renato Zero in salsa house, le cortigiane che si erano sbronzate di brutto con il Tiramisuper e i balli di gruppo, culminati con il sempre immortale Time Warp, richiesto espressamente da Cenred che era un grande fan del Rocky Horror Picture Show. Persino Merlin, che si sentiva lo stomaco ancora sottosopra, era stato costretto da Arthur ad unirsi alle danze.
Quello dell’apertura dei regali era stato un altro momento topico. Alla vista dei doni di Morgana e di quei bricconi dei loro amici cavalieri il mago era arrossito di botto balbettando incoerentemente mentre suo marito era scoppiato a ridere, ringraziandoli sentitamente e promettendo che ne avrebbero fatto buon uso. Il regalo di Mordred, invece, aveva conquistato Aithusa. La draghetta si era letteralmente infatuata del manto variopinto di Nagini, che da parte sua sembrava gradire molto le alucce dell’altra: per farla breve, le due creature erano diventate inseparabili.
I sovrani rivolsero gli sguardi in direzione dei piedi del letto, dove stava Aithusa, accoccolata e deliziosamente assopita e circondata dalle spire del serpente.

“Ringraziando Odino ci si sposa un’unica volta nella vita. Sono talmente stanco che ho intenzione di ronfare saporitamente per le prossime ventiquattr’ore” esalò Merlin massaggiandosi le tempie.

“Come sarebbe, dormire? E’ la nostra notte di nozze, Merlin, sarebbe un sacrilegio bello e buono non celebrarla degnamente” protestò Arthur, tirandosi a sedere e imbronciatosi.

“Ti prego, risparmiami. Fosse per te, ogni minuto della giornata dovrebbe essere passato a scopare come conigli” gli indirizzò una smorfia a metà tra lo scherzoso e l’esasperato.

“Non mi sembra che tu ti sia mai opposto. E poi non è colpa mia se non so resisterti, sei troppo desiderabile e spupazzabile” si difese l’altro, mormorando seducente.

“Ah-ah, non ci casco. Non mi sento nemmeno troppo bene” replicò Merlin verdognolo in volto, coprendosi la bocca con una mano. “Anzi, vammi a chiamare Gaius, per piacere, e digli che necessito urgentemente della sua Pozione Antinausea”.

Non ebbe nemmeno il tempo di concludere la frase che il marito si era già precipitato fuori dalla camera, sbattendosi la porta alle spalle. Fece ritorno poco dopo, accompagnato dal medico, quando la nausea del moro era divenuta insostenibile e le sue viscere avevano iniziato a ballare la lambada.

“Deve essere un virus, in effetti nemmeno io mi sento in forma” stava spiegando il re a Gaius, il cui sguardo preoccupato vagava dal suo volto, cereo e sbattuto, a quello del mago, che sembrava sul punto di rimettere l’anima. “Occupati di lui, io intanto mi ritiro nel gabinetto a vomitare” Arthur indicò la bacinella di zinco che si era procurato. Terminato quanto aveva da dire, si scapicollò nell’altra stanza.

“Merlin, questa storia della nausea non mi piace per niente”, borbottò l’anziano cerusico, somministrando al suo protetto la medicina. “Quando il tuo consorte avrà finito di rigettare voglio che vi sottoponiate ad un esame di accertamento”.

“Esame? Tipo le analisi del sangue?” chiese Merlin, che non andava matto per gli aghi.

“Una specie, ma ti prometto che non userò siringhe”.

In quel mentre ricomparve Arthur, con l’aria debilitata di un  morto che cammina.

“Sire, come vi sentite?”

“Adesso meglio, Gaius. Merlin, piuttosto, come sta? La nausea gli è passata?” articolò reggendosi a fatica in piedi per via delle gambe molli.

“Amore, vieni a sederti sul letto e non preoccuparti per me. Gaius vuole visitarci e ha bisogno di un campione del nostro sangue, se ho capito bene” il moro scoccò un’occhiata interrogativa al medico.

“Precisamente. Vi chiedo di porgermi un dito, miei sovrani”.

I baldi (al momento non proprio baldi) giovani obbedirono, e Gaius punse i loro polpastrelli con uno spillo da sarta. Raccolse le gocce di sangue in due fialette, dentro cui poi versò un liquido trasparente che fungeva da reagente. Quando, pochi istanti dopo, il contenuto di entrambe le provette virò verso l’azzurro chiaro, il suo volto rugoso assunse un’espressione alquanto attonita e al tempo stesso meditabonda.

“Lo sospettavo” sospirò stancamente. “Certo, pensavo che si trattasse solo di Merlin”.

“Sospettavi cosa?” lo interruppe ansiosamente Arthur. “Siamo malati?”

“Non la definirei proprio una malattia, ma di certo non vi è rimedio”.

“Parla, Gaius: è forse una fattura, una maledizione, un’infezione, un’unghia incarnita?” lo incalzò il sovrano, sull’orlo dell’isteria.

Merlin stranamente taceva, terreo.

“Niente di tutto ciò, Altezza. Non me lo so spiegare, davvero, ma le analisi non mentono. Siete entrambi incinti, Sire. Di un bambino. Anzi, di due. Uno ciascuno, cioè” biascicò il cerusico in evidente difficoltà.

“I-INCINTI??! Merlin ed io...? Avremo dei bambini... partorirò… ci cresceranno le tette…? Oh Charmender, abbi pietà del mio ventre” farfugliò sotto shock Arthur e svenne elegantemente, con le palpebre rovesciate all’indietro e atterrando sul morbido materasso Eminflex del baldacchino.

“Jesus Christ Superstar, Sire, riprendetevi!” si lanciò in suo soccorso Gaius. Si rivolse al sovrano consorte. “Merlin, mi aiuti? Ho un po’ di Pozione Rinvigorente nella bisaccia, se gentilmente me la passassi- Merlin, mi senti?! Sire?”

Ma il nostro eroe non si mosse. Rimase sul letto, le braccia che cingevano le ginocchia piegate al petto e lo sguardo vacuo, perso a fissare il vuoto.

 

 

 

 

Ossignore, che fatica! *si sgranchisce le dita*

Per chi non le conoscesse, eccovi il link della canzone che viene suonata durante la cerimonia, “Marry you”, cantata dal cast di Glee (http://www.youtube.com/watch?v=v-PBM1cyujk); questo invece è il video di “Time Warp” (http://www.youtube.com/watch?v=v-PBM1cyujk), che non a caso è una scena/canzone/coreografia cult.

A presto, con tanto tanto ammmòòòre!

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Capitolo 3
*** Having my baby ***


NOTE: Rieccomi, più o meno puntuale. Mi scuso in anticipo per la brevità del capitolo, ma nell’ultima settimana la mia Musa si è impigrita parecchio (temo di averla influenzata negativamente) e le poche facciate che andrete a leggere sono il frutto di neanche quarantott’ore di scrittura: il verdetto finale spetta a voi, come sempre.

Vado un po’ di fretta, quindi sarò concisa: buona lettura e a risentirci nell’angulus!

 

 

 

 

 

Ci vollero diverse secchiate di acqua fredda, almeno una cinquantina di ceffoni ben assestati ed infine una sniffata di sali perché Arthur Pendragon, fresco di nomina a sovrano e novello sposo, riprendesse i sensi.
La prima cosa che vide, battendo a fatica le palpebre e tirandosi a sedere sui gomiti, fu un paio di mani anziane e sciupate che gli palpavano con perizia la zona addominale. Cosa diavolo…?

“Che ti dicevo, Merlin? Anche il ventre di tuo marito presenta il lievissimo gonfiore di una persona incinta di circa tre mesi -il che giustifica le nausee- ma nel suo caso lo si nota con maggiore difficoltà, considerata la differente tonicità muscolare” stava spiegando Gaius all’altro giovane re.

Le iridi del mago, però, non brillavano di curiosità, entusiasmo o paura come si conviene a un futuro genitore. Incrociandone lo sguardo, Arthur rabbrividì nel decifrarvi solo la più totale inespressività.

“Merlin” lo chiamò, posando una mano su quelle contratte a pugno del moro. “Merlin, che ti prende?”

L’occhiata che l’amato gli lanciò avrebbe fatto gelare il sangue a Sauron in persona.

“E me lo chiedi pure, Asino ragliante che non sei altro? Mi prende che entrambi aspettiamo un bambino, porca di quella pupazza, e non ho la più pallida idea di come sia potuto accadere” sibilò più velenoso di una dose massiccia di arsenico, rifuggendo il tocco gentile e assicurante di Arthur.

“Merlin, topolino mio, di cosa ti stupisci? Siamo nel fiore della giovinezza, sani e vigorosi; l’abbiamo fatto tante di quelle volte che era inevitabile che succedesse, prima o poi” replicò ilare.

“Ma santa miseria, Arthur, quando Belenos distribuiva l’intelligenza tu eri al bar a fare colazione? Nel caso ti fosse sfuggito, per concepire bisogna che almeno uno dei due copulanti sia dotato di utero, ovaie e vagina, e a quanto mi risulta ne siamo entrambi sprovvisti!” ruggì.

“Ehm, riguardo a questo avrei un’idea” si intromise nel battibecco coniugale Gaius, tossicchiando rispettosamente. “Ho motivo di credere che sia opera della magia, Altezze Reali”.

“Fantastico, Capitan Ovvio è tra noi” borbottò tra sé e sé Merlin. “Ciò non toglie”, ribatté con un tono di voce udibile, “che la gravidanza di Arthur sia inspiegabile”.

“Permettimi di contraddirti, mio caro” chiocciò un poco malizioso l’interessato.

“E’ successo solo qualche volta” mormorò l’altro, le orecchie improvvisamente paonazze.

“Centoventinove su duecentosettanta circa, calcolando una media di tre scopate al dì per tre mesi” precisò il marito.

“Dioniso infoiato, hai tenuto il conto delle volte in cui ho fatto l’attivo?”

“Non solo, le ho descritte minuziosamente nel mio diario segreto” sorrise seducente.

“Oh Salazar”, esalò basito il mago, “ho sposato un cretino integrale. Spero solo che i nostri figli non prendano da lui”.

“Ora sei ingiusto, amore” la buttò sul ridere l’Asino Reale, sedendo accanto a lui e cingendogli le spalle con un braccio. “Capisco che l’idea di partorire ti terrorizzi, ma pensa al lato positivo: i nostri genitori faranno i salti di gioia!”

“Adesso sì che mi sento rassicurato” sospirò Merlin poggiando il capo contro quello del regal babbeo.

 

 

Trascorsa un’altra luna, i ventri dei nostri eroi divennero ormai ben visibili e tondeggianti sotto le loro vesti di leggero lino (si era ormai in piena estate), e pertanto venne deciso di annunciarne pubblicamente le gravidanze. Per quanto la situazione fosse bizzarra ed inusuale, si trattava comunque di una lieta novella. Fu per l’appunto vera letizia quella che il popolo manifestò quando lo venne a sapere; non solo i Re si erano presi gioco delle leggi naturali, riuscendo a concepire, ma i Delfini sarebbero stati addirittura due.

Uther, come previsto da Arthur, quando un messaggero proveniente da Camelot gli recapitò una missiva in cui gli veniva comunicato il doppio lieto evento, diede in esclamazioni di gioia poco consone ad un ex sovrano e si affrettò a renderne partecipe il marito. Cenred palesò altrettanta felicità all’idea di avere presto dei nipotini acquisiti -benché non avesse nemmeno compiuto quarant’anni- e, dopo essersi recato in merceria, si dedicò con solerzia al lavoro a maglia per confezionare due paia di scarpine a vivaci colori (di lana, poiché i parti erano previsti per la festa di Yule).
Ad Hunith, che aveva prolungato la sua permanenza al castello (marcondirondirondello) su insistenza del figlio e del genero, il pensiero di diventare nonna relativamente giovane fece ritornare in mente i bei tempi in cui Merlin era un fagottino caldo ed indifeso attaccato al suo seno e le prese una botta di commozione che la rese alquanto lacrimevole e nostalgica per diversi giorni. Superata la crisi, si asciugò gli occhi e con piglio dolce ma energico fornì ai due ragazzi consigli e rassicurazioni sulla maternità.
Aithusa era troppo piccola per comprendere appieno la situazione. Bastò tuttavia che il babbo e il papà le spiegassero che dentro le loro pance stavano crescendo i suoi fratellini perché ella esprimesse la sua approvazione sbattendo le alucce e gorgogliando orgogliosa. Nagini, che ormai si considerava membro della famiglia a tutti gli effetti, si limitò a sibilare pacatamente.
Morgana, dal canto suo, scoppiò a ridere così selvaggiamente che le vennero le convulsioni e le ci vollero delle ore per riprendersi. Tuttavia, non appena il suo sguardo si posò nuovamente sul pancione del fratellastro e sui suoi piedi leggermente a papera tipici delle donne incinte, tornò di umore estremamente ridanciano. 
C’è da dire a sua discolpa che Arthur gravido era uno spettacolo effettivamente piuttosto buffo. I suoi cavalieri, ad esempio, faticavano a soffocare l’attacco di ilarità che li coglieva puntualmente nel vedere il biondo re presentarsi agli allenamenti mattutini con le lombari inconsciamente inarcate, quasi a voler ostentare il ventre gonfio. Di sera, alla taverna del Sole Nascente, le battute allusive fioccavano con naturalezza. Gli avventori brindavano più e più volte agli spermatozoi gagliardi di entrambi i sovrani, e in particolare a Merlin per essere riuscito a domare (e qui le risatine si sprecavano) un principino sul pisello come Pendragon junior.
Il piccolo Mordred, messo al corrente della notizia in quanto testimone di uno degli sposi, si mise a sfogliare febbrilmente, con il suo compagno di stanza nonché amichetto del cuore Tom Riddle, il Libro dei Nomi per stilarne una lista da sottoporre successivamente ai futuri genitori.

“Che ne dici di Voldemort, per un maschietto?” propose Tom, improvvisamente ispirato.

“E’ troppo lugubre. A me piace Harry, invece” lo contraddisse l’amico.

“Assolutamente no! Non so per quale motivo, ma quel nome mi sembra foriero di cattive notizie” Tom rabbrividì impercettibilmente.

Ahinoi (?), quando l’arpia Gwen venne resa edotta dal fratello della doppia gravidanza di quei malefici sodomiti prese una decisione drastica: fece armi e bagagli e si trasferì nel più vicino convento delle Carmelitane Scalze, votandosi così alla vita monastica. Nessuno a Camelot ne sentì la mancanza –tranne, forse, Elyan.

 

 

Arthur e Merlin, entrati che furono nella ventunesima settimana di gestazione (Gaius infatti aveva stabilito, dopo una prolungata e minuziosa visita medica, che erano rimasti incinti a distanza di pochissimi giorni l’uno dall’altro, durante una delle loro prime notti d’ammmòòòre), cominciarono a mostrare i primi segni d’inevitabile insofferenza.
Erano indubbiamente entrambi preoccupati per le reciproche condizioni, ma a rendere Arthur perennemente irritabile e a tratti isterico era l’astinenza, cause di forza maggiore, a cui il medico di corte li aveva costretti. Merlin, invece, non era abituato a vedersi così pieno e florido e temeva di essere divenuto una palla di lardo senza forme. A ben poco valsero le soluzioni di divertimento alternativo suggerite dal mago (benedetti i sex toy e gli amici briganti che avevano avuto il fegato di regalarglieli) e le rassicurazioni da parte dell’Asino Reale su come la figura dell’amato consorte fosse sempre deliziosamente filiforme. Le scariche di ormoni a cui i nostri eroi erano sottoposti ne stravolsero non poco carattere e ragionevolezza, rendendoli più simili a due donne suscettibili e piagnucolanti in piena sindrome premestruale che ai legittimi sovrani di Camelot.

A smuovere le acque e a salvare i Re ed i loro sottoposti/amici/parenti e figlie adottive da un esaurimento nervoso collettivo ci pensò un dipinto.

 

 

 

 

Beh, anche questo capitolo è andato. Nel prossimo, se la Musa mi assiste, avrà luogo il crossover lolloso e (ovviamente) alto tasso di slash che vi avevo promesso.. E il dipinto ne è un indizio. *fischietta con aria misteriosa*

Non mi dilungo oltre giacché i miei doveri domestici mi chiamano; spero di sentire i vostri pareri.

A risentirci!




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Capitolo 4
*** From N***** with love ***


NOTE: Questo è un capitolo molto discorsivo e (apparentemente) interlocutorio e di transizione. Scrivendolo mi è venuta un’idea per rendere la storia ancora più delirante e slashosa –perché al peggio non c’è mai fine, muahahahah. L’idea per il tema del crossover me l’ha suggerita Edian, che ringrazio sentitamente, anche perché mi ha dato il suo benestare nonostante la coppia da me scelta non sia la sua preferita.

Ci tengo a precisare, come al solito, che NON mi drogo. Giuro.

Buona lettura e a dopo!

 

 

 

 

 

Il dipinto in questione venne recapitato al castello (marcondirondirondello) un pomeriggio di agosto, dopo che un temporale estivo aveva spazzato via la calura insopportabile che aveva oppresso Camelot fino a due giorni prima.

I Re stavano sonnecchiando nel loro bel letto a baldacchino, distesi sul fianco l’uno di fronte all’altro, i pancioni che si sfioravano. Il braccio destro di Arthur era mollemente appoggiato sull’anca del marito e quest’ultimo aveva intrecciato una mano con quella libera del giovane Pendragon. Ai loro piedi, Aithusa cercava di imitarli -come tutti i cuccioli, benché piena di energia, si stancava facilmente- ma Nagini le si strusciava addosso, sibilando insinuante, implorandola di giocare insieme a lei. La draghetta sbuffò, del fumo nero fuoriuscì dalle sue narici, e si coprì il muso con un’ala. Il cobra reagì a quel gesto di rifiuto dandole le spalle e frustando con stizza la coda prima di acciambellarsi a cerchio e di cedere al sonno a sua volta.

Due colpi alla porta turbarono il momento di quiete appena creatosi. Merlin strizzò gli occhi, Arthur continuò a russare sonoramente, la bocca (poco dignitosamente) spalancata.

“Miei Re, siete svegli e presentabili?” domandò Gaius con una punta di divertimento.

A quel punto il mago alzò una palpebra, vagamente intontito. Sentì una cosa umida e rasposa leccargli il viso e gli ci volle qualche istante per rendersi conto che si trattava della lingua di Aithusa, che aveva preso l’abitudine di svegliarlo in quel modo. Allungando una mano per accarezzare la testolina bianca della creatura, cercò di fare mente locale.

“Gha-iussh?” sbadigliò.

“Precisamente, Altezza. Hanno consegnato un pacco per voi. Poiché è stato spedito via DHL mi è sembrato giusto sottoporlo immediatamente alla vostra cortese attenzione” spiegò il medico.

“Ah. Entra pure, io intanto sveglio l’Asino” e così dicendo Merlin si tirò a sedere e spinse delicatamente il fianco del consorte ronfante, mentre la draghetta tornava a dormire.

“Arthur”.

“Mmmh” grugnì l’altro.

“Arthur, svegliati”.

“Mmmmmhhh!” protestò tentando di seppellire il volto nel cuscino.

“Arthur, se non ti decidi ad alzarti entro cinque secondi giuro che do fuoco ai sex toy”.

La minaccia si fece strada con sorprendente rapidità nel cervello annebbiato di Arthur, che sbarrò gli occhi, si tirò su e si posizionò a gambe incrociate in quattro secondi netti.

“Bravo ragazzo” lo elogiò il moro arruffandogli i capelli.

“Questo ed altro, per la salvaguardia dei sex toy” proferì serissimo il giovane sovrano.

In quel mentre si aprì la porta della loro camera, da cui fece capolino la testa canuta di Gaius. Lo seguirono a ruota Leon e Percival, che trasportavano un pacco rettangolare, di dimensioni considerevoli e che a giudicare dalla tensione dei muscoli dei due uomini non doveva pesare poco; sulla carta che lo avvolgeva spiccavano le scritte URGENTE e FRAGILE.

“Appoggiatelo pure qui, ragazzi” ordinò Gaius, indicando la parete più vicina.

“Volete che lo apriamo, Sire?” offrì Percival zelante.

“Grazie, mio buon amico. Ti aiuterei volentieri, ma mi hanno imposto di non fare sforzi” replicò Arthur rivolgendo un’occhiata contrariata in direzione del cerusico e di Merlin.

“Sono nelle tue stesse condizioni, amore” gli ricordò pacatamente il marito.

“Scusami, topolino. So che non è colpa tua –o almeno, non direttamente” ridacchiò piano posandogli un bacio sulla fronte.

Mentre i due colombi tubavano i cavalieri si dilettavano a spacchettare il misterioso presente, che si scoprì essere il già citato quadro. La tela, racchiusa da una splendida cornice lignea riccamente intagliata, raffigurava un paesaggio alquanto banale e spoglio: un vascello in mare aperto, con tanto di cielo azzurro e sole scintillante.

“Uhm, carino. Chi è il mittente?” chiese Arthur avvicinatosi al regalo, la bocca distorta in una smorfia quasi annoiata.

“Non si sa, Sire. E’ anonimo” rispose Leon solerte.

“Anonimo? E allora come fate ad essere sicuri che sia indirizzato a noi?”

“Beh, a chi -se non voi Altezze Reali- potrebbero mai mandare un dipinto come omaggio?” argomentò Gaius.

“Giusta osservazione”.

“Magari sul retro del quadro c’è scritto qualcosa” ipotizzò opportunamente Merlin.

“Ah, il bello di avere un marito perspicace!” sospirò compiaciuto e senza ombra di derisione il re. “Da bravo, Percival, sfrutta la tua forza poderosa e verifica”.

Mr. Muscolo Idraulico Gel (per gli amici Percival) eseguì, facendo bella mostra dei suoi bicipiti possenti e armoniosi. Sollevò la tela all’altezza degli occhi e ne controllò rapidamente il lato posteriore.

“C’è un messaggio, in effetti. Dice: Ad Arthur e Merlin, congratulazioni per le vostre nozze. A presto, P&C” lesse compitamente l’uomo.

“P&C?” ripeté Pendragon junior confuso.

“Li conosci?” gli si rivolse il mago.

“Mai sentiti prima. Piuttosto, non è che sono amici tuoi?”

“Ne dubito fortemente. Nessuno dei miei amici, che io sappia, è abbastanza facoltoso da potersi permettere di donarci un’opera d’arte così pregevole” e dicendo questo egli si accostò ad Arthur, scrutando attentamente il dipinto. “Osservalo bene. Tralasciando lo scenario piuttosto insignificante, questo dipinto è eseguito con innegabile maestria. L’uso della luce è eccellente, per non parlare del gusto per i dettagli. I colori sono vividi e luminosi ed il mare, poi, è talmente ben realizzato da sembrare vero, tangibile. Vien quasi voglia di allungare la mano per toccarlo”.

“In effetti, ora che me lo fai notare è davvero bello. Si ha la sensazione di vedere una lieve brezza gonfiare le vele, nonché di sentire lo stormire dei gabbiani” mormorò rapito il biondo.

“Mi hai letto nel pensiero, Arthur: anch’io sento i gabbiani!” concordò emozionato Merlin.

“Che capolavoro di realismo” borbottò il medico di corte, altrettanto assorto nella contemplazione della tela. “Li sento pure io”.

“Ehm, è normale che li senta anch’io?” s’intromise con garbo Percival, ancora impegnato a reggere la cornice tra le mani.

“E anche io?” aggiunse Leon, messosi al suo fianco per aiutarlo a reggere il peso del quadro.

I sovrani e Gaius si scambiarono un’occhiata sgomenta, poi tornarono a puntare gli occhi sulla tela.

“Curioso-” osservò il cerusico.

“Mi è sembrato di vedere-” lo seguì a ruota Arthur.

“...Le onde del mare muoversi” concluse infine Merlin.

I tre si guardarono di nuovo, decisamente più sgomenti di prima.

Non si erano sbagliati. Ad una seconda e più minuziosa analisi, constatarono l’evidente realtà dei fatti: il vento increspava l’acqua, che a sua volta rifletteva il riverbero della luce solare. Videro distintamente una manciata di gabbiani volare in direzione dell’orizzonte.

“E’ senza dubbio opera della magia” ci tenne a sottolineare l’ovvio Gaius.

“C’è un particolare che mi lascia perplesso più degli altri, però” meditò ad alta voce l’Asino Reale.

“Il vascello non si muove” completò per lui il mago.

“Esatto, pulcino mio. Hai idea del perché?”

Merlin scosse la testa, pensieroso.

Tuttavia, i nostri eroi non dovettero attendere a lungo per ricevere una risposta ai loro dubbi. Pochi attimi dopo, infatti, scorsero due figure in miniatura -uomini, presumibilmente- sporgersi dal parapetto della nave e tuffarsi in mare.

“Che diavolo…!” esclamò Gaius preso in contropiede.

“Fantastico, era il mio sogno assistere in diretta al suicidio dei personaggi animati di un quadro” ironizzò Emrys con malcelato cinismo.

“Ma non ha senso” balbettò l’anziano medico.

“Chetatevi un momento” li zittì Arthur. “Guardate” disse poi indicando la scena.

Con immensa sorpresa dei tre astanti, le figurine riemersero a galla e si misero a nuotare nella loro direzione.

“E’ come se stessero venendo verso di noi” smozzicò allibito Merlin.

“Ma perché dovrebbero?” Gaius starnazzava quanto una gallina in procinto di deporre un uovo.

“Non ci resta che aspettare, per scoprirlo” Arthur diede prova di un sangue freddo ammirevole.

“Vedete di non aspettare fino a domani mattina, però, ché la mia forza erculea ha un limite” li supplicò Percival, i muscoli delle braccia che mostravano i primi segni di cedimento.

“Ma tesoruccio, ti sto dando una mano io” gli sorrise Leon.

“Più che darmi una mano me la stai posando sul culo, ma apprezzo lo stesso il pensiero” obiettò quietamente l’altro.

“Hai capito il nostro Leon” sussurrò malizioso Arthur all’orecchio del marito.

“D’altra parte, nomen omen” sghignazzò il mago.

Nel frattempo, i due uomini del dipinto avevano continuato imperterriti a nuotare, finché-

“Non ci sono più! Dove sono andati a cacciarsi?” si agitò Gaius riconquistando così l’attenzione dei sovrani.

“Ho come un presentimento” cominciò a dire il mago, ma si interruppe di colpo.

Una mano affusolata e pallida, da aristocratico, fece infatti capolino dalla tela e andò ad artigliarsi sulla cornice, come se cercasse un appiglio per tirarsi su ed uscire dal quadro. Cosa che, in effetti, si verificò. A quella mano seguì la sua gemella, e ad esse i rispettivi polsi, gli avambracci; e poi le spalle, una testa, il busto. Un uomo, in carne ed ossa e a grandezza naturale, scavalcò agilmente la cornice e con un saltello posò i piedi a terra.

Era fradicio dalla testa di capelli scuri e lunghi fino al collo agli stivali di cuoio. Gli abiti che indossava, benché zuppi d’acqua e di foggia estremamente sobria, erano ricavati da stoffe pregiate e rivelavano impudicamente la magrezza del suo corpo. Arthur stabilì che doveva essere un paio di centimetri più basso di lui e all’incirca suo coetaneo. Lo sconosciuto rivolse loro un sorriso caldo e amichevole, da far tremare le ginocchia a parecchie dame.

“Voi dovete essere i sovrani di Camelot, è corretto? Arthur Pendragon e Merlin Emrys?”

“Per servirvi” confermò prontamente Merlin. “E voi chi siete, messere?”

“Un attimo di pazienza ed il mio compagno ed io ci presenteremo con tutti i crismi, Sire” replicò garbatamente il giovane, tendendo una mano in direzione della tela alle sue spalle.

Come prima, un’altra mano -più larga e mascolina- sbucò dal dipinto, seguita subito dopo dalla silhouette di un altrettanto giovane e avvenente individuo, che accettò il palmo offertogli dall’altro e balzò con cautela a terra. Il nuovo arrivato era biondo e dotato di occhi cerulei come Arthur, considerò Merlin, aveva il volto più largo e lineamenti dolci, meno virili, ma il fisico altrettanto ben piazzato. Era grondante acqua e indossava dei capi di abbigliamento praticamente identici a quelli del suo accompagnatore; a differenza dell’altro, però, teneva in braccio un coniglio. Anche il giovane Pendragon se ne accorse, e faticò a non strabuzzare gli occhi. Il coniglio era bianco, come nella miglior tradizione, ma stava ritto sulle zampe posteriori ed era molto più grande del normale; indossava inoltre un paio di occhiali, dei calzoni ed un panciotto, da cui fuoriusciva un orologio da taschino dorato.

Percival, intanto, con un grugnito di sollievo lasciò scivolare dolcemente il quadro a terra, stiracchiando le braccia indolenzite. Leon si premurò di massaggiargli le spalle da bravo maritino.

“E’ tardi, è tardi. La Lepre Marzolina ed il Cappellaio Matto mi aspettano per il tè ed io sono in ritardo!” esclamò piuttosto in ansia la bizzarra creatura.

Il ragazzo biondo lo posò sul pavimento di pietra, dandogli una pacca sulle spalle.

“Ricorda: uscito dal castello (marcondirondirondello) percorri due miglia a est in direzione del Fantabosco e troverai la buca che conduce al Paese delle Meraviglie. Segui le mie indicazioni e non potrai sbagliare” lo istruì.

“Grazie, grazie davvero, mio buon giovine. Tante care cose a lei e al suo sposo!” salutò il Bianconiglio, saltellando fuori dalla stanza senza degnare di uno sguardo il resto dei presenti.

 “Comincio a dubitare seriamente della sanità mentale dell’autrice” bofonchiò contrariato Merlin.

“Pulcino mio, lo sai che Genio è fatta così: prendere o lasciare” provò a confortarlo Arthur.

“Io lascerei volentieri, credimi” sibilò in risposta lui.

“Ah-ehm” chiese parola il giovane dai capelli scuri. “E’ arrivato il momento delle presentazioni, credo”.

“Oh, ma certo. Procedete pure” concesse il re con aria solenne.

“Altezze Reali, il mio nome è Caspian X, sovrano di Telmar e vice re di Narnia” esordì con voce sicura il moro.

“Ed io sono Peter il Magnifico, uno dei quattro sovrani di Narnia, e vice regnante di Telmar” prese la mano destra di Caspian tra le sue, come a voler marcare il territorio.

“P&C?” domandò Merlin.

“Precisamente” gli sorrise Caspian. Arthur ringhiò in segno d’avvertimento, la stretta di Peter sulla sua mano aumentò. “E’ un codice segreto elaborato da re Edmund” si affrettò a precisare.

“Mio fratello” specificò il compagno un poco rabbonito.

“Come avrete intuito, il dipinto che vi abbiamo mandato come regalo di nozze è una Passaporta, nonché l’unico modo per metterci in contatto con voi” spiegò Caspian. “Una curiosa malattia ci affligge, ed un simpatico bambino -Mordred, penso si chiami così- ci ha consigliato di contattarvi”.

 

 

 

 

Orbene (che razza di espressione, bah)! Sorprese? Deluse? Annoiate? Non sapete più dove sbattere la testa?

Non so voi, ma Caspian/Peter è una delle mie OTP. Li shippavo quando ancora non sapevo dell’esistenza dello slash. Chiaramente, però, il crossover è appena all’inizio (ed altri se ne aggiungeranno, non temete): perché mai i due simpatici giovanotti han dovuto scomodare Arthur e Merlin? Che c’entra Mordred? (Risposta: è peggio del prezzemolo.)

Le risposte ai vostri lancinanti -seee, come no- dubbi alla prossima puntata! *si Smaterializza in una voluta di fumo*

 

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Capitolo 5
*** Mpreg is all around ***


NOTE: In lievissimo ritardo, rieccomi bella pimpante e con il prossimo capitolo già scritto per due terzi (evento più unico che raro!). Come nel precedente, la colloquialità fa la parte del leone. Se, dopo averlo letto, avrete l’impressione che la stia tirando un po’ per le lunghe, non temete, è tutto calcolato. Intanto godetevi la rivelazione shock dei Re ospiti, ché ben presto gli eventi precipiteranno, diciamo così.

Per ringraziarvi degnamente del vostro supporto, vi dedico questa piccola meraviglia di video (http://www.youtube.com/watch?v=Z4oSJsgG3QM&list=FLGE_a2JXkXZa1YIzCH2Jlxw&index=8&feature=plpp_video): guardatelo e fluffate di brutto <3.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

“Mordred? Che accidenti c’entra quel bambino con Narnia?” proruppe Arthur allibito strabuzzando i suoi begli occhioni da gatto.

“Perché, con Harry Potter e compagnia bella invece ci azzecca qualcosa?” commentò un filino polemico Merlin. “Di che ti stupisci, poi? Tra gli avvertimenti della storia c’è anche Crossover, non te ne sei ancora accorto?”

“Certo che sì. Mi domando solo quali altri colpi di scena balordi sia in grado di elaborare la mente contorta di Genio. A tutto c’è un limite, che diamine” sbottò il re.

“Ma amore, lo sai che Genio è fatta così: prendere o lasciare” il mago scimmiottò le parole pronunciate poco prima dal marito.

Egli inarcò un sopracciglio con l’aria di supponenza che era il suo marchio di fabbrica e gli rivolse un’occhiata di avvertimento.

“Scusami, sono gli ormoni” Merlin abbassò mortificato il capo.

“Sei adorabile anche quando giochi a fare il bisbetico, cerbiattino mio” tubò l’altro istantaneamente addolcito. Gli afferrò il mento col pollice e l’indice e gli sollevò la testa, vezzeggiandolo con un bacio soffice a mo’ di rassicurazione. “E se ti vengono le scalmane da donna incinta perché, in effetti, porti in grembo nostro figlio, ben vengano le crisi ormonali”.

“Suppongo che la stessa cosa valga per te” balbettò imbarazzato il moro, e posò una mano sul pancione di Arthur.

“Merlin” mormorò quello, rivolgendogli uno sguardo languido e carico di ammmòòòre.

“Arthur”.

“Altezze Reali” li chiamò timidamente Gaius.

“Merlin”.

“Arthur”.

Macché! Persi nel loro piccolo idillio rosato, partiti per la tangente, encefalogramma piatto.

“Oh, insomma: vorremmo andare avanti con la storia, idioti che non siete altro!” intervenne esasperato il medico di corte, attirando su di sé le occhiate allibite di tutti gli altri.

“Gaius, quel tono…” lo rimproverò Pendragon junior, troppo sorpreso per suonare veramente offeso.

“Lo so, Maestà. Vi chiedo umilmente perdono, ma dovevo richiamarvi all’ordine in qualche modo. Abbiamo un copione a cui attenerci e Genio è di umore particolarmente incazzoso in questo periodo” spiegò pacatamente l’uomo. “Vogliamo riprendere dalla vostra prima battuta, Arthur? E Merlin, per favore, lascia parlare Caspian”.

“Grazie” bofonchiò il Telmarino.

“Ok, ok. Scusate, mi sono fatto prendere un po’ la mano” ammise contrito il mago.

“Amoruccio, stai diventando una primadonna” lo prese in giro il marito.

“Senti chi parla, Mr Se-mi-ignori-metto-su-il-broncio” ammiccò scherzoso l’altro.

“Ragazzi” li avvertì Gaius con una sfumatura minacciosa nella voce.

“Oh, sì.” Arthur si ricompose. “Mordred? Che accidenti c’entra quel bambino con Narnia?” (ri)proruppe allibito (ri)strabuzzando i suoi begli occhioni da gatto.

Merlin non fiatò, obbediente. Si limitò, come da copione, a deformare i lineamenti del volto in un’espressione sconvolta simile a quella del regale consorte.

“Questo non ce l’ha detto” rispose Caspian. “Si è solo lamentato del fatto che l’autrice lo sfrutta a suo piacimento come postino e ha intenzione di presentare un reclamo al Comitato Hermes Per I Messaggeri Magici, ma non credo che vi interessi”.

“Non vi sbagliate, Caspian. Però ammetto di essere curioso di sapere perché egli si sia Materializzato nel vostro regno” rifletté ad alta voce Merlin.

“Oh, il motivo è molto semplice e non vi risulterà affatto nuovo” intervenne Peter, fino a quel momento rimasto in disparte. “Sono incinto. Di tre mesi e mezzo, per la precisione”.

 

 

I Re di Camelot, bisogna dirlo, dimostrarono un certo aplomb nell’elaborare la shockante rivelazione. Del resto, dopo aver scoperto di essere entrambi gravidi, ritenevano -nemmeno troppo a torto- di poter affrontare qualsiasi situazione ugualmente anomala senza dare in escandescenze o accasciarsi al suolo come sacchi di patate.
Fu dunque con perfetta cortesia e sangue freddo che Merlin ed Arthur invitarono i due ospiti a rifocillarsi e ad indossare dei panni asciutti, scusandosi per le proprie deplorevoli mancanze come padroni di casa. Incaricarono Leon e Percival, rimasti in attesa nella stanza fino a quel momento, di allertare i servitori affinché preparassero un bagno caldo e arieggiassero la camera da letto  riservata agli ospiti più illustri.
Una manciata di clessidre dopo i quattro sovrani e Gaius si ritrovarono a conferire in privato negli appartamenti reali. Aithusa e Nagini si erano destate da poco dal pisolino pomeridiano e accolsero con festosa curiosità i giovani sconosciuti. La draghetta volò dritta dritta verso Caspian -con i suoi capelli scuri ed il fisico snello gli ricordava un pochino il papà- e lui la accolse tra le sue braccia, accomodandosi su un triclinio mentre la cucciola lo annusava con impegno. Il cobra, invece, strisciò fino a raggiungere gli stivali di cuoio di Peter, seduto accanto al compagno e prima che il biondo potesse reagire se la ritrovò acciambellata sulle ginocchia; per nulla spaventato, egli allungò una mano verso la testa di Nagini con l’intenzione di accarezzarla, esprimendo ammirazione per il suo bel manto cangiante. I genitori osservarono inteneriti le creature familiarizzare con i loro compagni di (s)ventura, concedendosi un sospiro commosso e vagamente teatrale. Ad dare inizio alle danze fu Merlin.

“Come avete scoperto di aspettare un bambino, Peter?”

“Oh” il sovrano di Narnia prese a fare i grattini sotto il mento a Nagini. “E’ stato Aslan a dirmelo”.

“Aslan?” interloquì Arthur.

“Trattasi di un leone parlante che a Narnia viene venerato come una divinità benevola e che in passato è accorso in aiuto dei quattro Re e anche in mio aiuto, quando ce n’è stata la necessità. Sospetto che sia un fanboy in incognito, perché ha brigato peggio di una comare affinché Peter ed io ci mettessimo insieme” spiegò il Telmarino rivolgendo uno sguardo innamorato al ragazzo al suo fianco.

“Mi ricorda qualcuno” ghignò l’Asino Reale, subito imitato dal consorte e da Gaius.

“Kilgharrah” concordò Merlin con tono ilare. “E’ un drago. Machiavellico e pettegolo” specificò a beneficio degli ospiti.

“Oh, ma noi siamo infinitamente grati ad Aslan per essere un così accanito slasher! Sapete, è stato lui a sposarci” raccontò Caspian gonfiando il petto con orgoglio.

Tre paia d’occhi corsero a posarsi sulle mani dei giovani sovrani e notarono le fedi che brillavano morbidamente ai loro anulari.

“E’ una splendida notizia. Perdonateci se non ce ne siamo accorti prima” si congratulò Arthur.

“Ehm, grazie” tossicchiò Peter il Magnifico, arrossendo leggermente. “Stavo per l’appunto dicendo che è stato Aslan a rendermi edotto della mia gravidanza. Un giorno mi ha preso da parte e mi ha detto: ‘Figlio di Adamo, nel tuo ventre si sta formando una vita. Non so per quale prodigio questo sia possibile, ma sono sicuro di non sbagliarmi. Percepisco la presenza di un’altra aura, oltre alla tua. È ancora allo stato embrionale, è grezza e indefinita, ma senza dubbio si tratta di un bambino’. Inizialmente non volevo crederci, penso che possiate comprendermi. Ma poi sono cominciata le nausee mattutine, le voglie, ed i luminari sia di Narnia che di Telmar hanno confermato il verdetto di Aslan: incinto”.

“Sicché Mordred, non si sa come al corrente della cosa, è comparso dal nulla e ha affermato che dovevate recarvi a Camelot se volevate saperne di più sul perché del lieto -e quanto mai bizzarro- evento” ricapitolò meditabondo Gaius.

Caspian e Peter annuirono.

“E’ chiaro che quel bimbetto ne sa una più del Diavolo. Il motivo per cui vi ha suggerito di venire fin qui deve essere perché le gravidanze sono in qualche modo collegate tra di loro. Le analisi hanno rilevato che, nel caso di Merlin e Arthur, i due concepimenti sono avvenuti a distanza di pochissimi giorni, se non addirittura ore” borbottò il medico camminando in tondo.

Continuò così per alcuni minuti, poi si arrestò di colpo, illuminandosi in volto.

“Ma certo” esclamò colpendo con un pugno il palmo aperto dell’altra mano. “E’ talmente ovvio: voi tre siete rimasti incinti in contemporanea”, indicò i sovrani di Camelot e quello di Narnia.

“Non può essere, Gaius, c’è uno scarto di due mesi! Se fosse come dici tu, Peter dovrebbe avere il pancione, non credi? Ma non è così, perché infatti è incinto di tre mesi e mezzo, non di cinque abbondanti” Merlin contraddisse il suo maestro.

“Accipigna, hai ragione” l’uomo curvò le spalle, sconfortato, e si immerse nuovamente nelle sue riflessioni.

“Che caldo” se ne uscì improvvisamente Caspian arrotolando le maniche della casacca blu cobalto che indossava e facendosi aria con una mano. Aithusa, premurosamente, gli sventolò un’ala davanti al viso.

“Curioso che sentiate caldo; per essere agosto il clima è abbastanza fresco” osservò Arthur.

“Giugno, vorrete dire” ribatté Peter.

“Ma no, è agosto. Merlin ed io siamo rimasti incinti a marzo, sono passati cinque mesi. La matematica non è un’opinione” asserì sicuro del fatto suo.

“Com’è possibile?” il Magnifico aggrottò  la fronte, contrariato. “Quando ci siamo messi in viaggio, nemmeno una settimana fa, a Narnia era da poco cominciato giugno. Non è così, Cas?” chiese conferma al moro, che assentì.

“In nome della Tavola Rotonda, tutto ciò è ben strano” si perplesse Arthur.

“A meno che-” disse Merlin esitante.

“A meno che, figliolo, non ci sia uno sfasamento spazio temporale tra il regno di Narnia e Camelot” concluse al posto suo Gaius, eccitato.

“Due mesi di differenza tra le gravidanze... Qui è già agosto, da loro è giugno: ha senso” il mago era altrettanto elettrizzato.

“E quindi”, prese parola Arthur che aveva seguito lo scambio di battute tra i due, “l’ipotesi formulata da Gaius secondo cui avremmo concepito contemporaneamente ha un fondamento?”

“Proprio così” confermò Merlin, orgoglioso dell’acume mostrato dall’amato.

“Resta ignoto cosa l’abbia reso possibile, però” mormorò l’anziano cerusico.

“Adesso che ci penso, prima di Smaterializzarsi in uno sbuffo di  fumo, il vostro piccolo amico ha pronunciato delle parole che lì per lì non mi hanno detto niente, ma che alla luce di quest’ultima rivelazione potrebbero avere una certa importanza” la voce di Caspian si fece pensierosa. “…‘Dei prossimi però se ne occupa Tom’, o qualcosa di molto simile” e ciò detto tremò impercettibilmente.

“Dei prossimi?” ripeté l’Asino Reale scandendo ogni sillaba, il volto cereo.

“Oh Salazar, Tom Riddle?” Merlin prese a tormentarsi le mani.

“Per tutte le rape viola d’Inghilterra” esalò Gaius. “Significa che dobbiamo aspettarcene altri?”

“A quanto pare” pronunciò Peter, lugubre.

 

 

 

 

Se ve lo state chiedendo, sì: i ‘miei’ personaggi mi odiano a morte. E fanno bene, cavoli! Io però me ne frego e li costringo ad assecondare le mie trovate balorde, muahahahahahahah.

A tutte le sostenitrici del pairing Caspian/Edmund: grazie -o per colpa di, farei meglio a dire- a xMoonyx adesso li shippo anche io (*sospira*); però Peter non ha voluto sentire ragioni e si è ammanettato a Caspian e ha gettato la chiave in un tombino, sfidandomi a separarli... Non ho avuto cuore di rivelargli che mi ero fatta fare un duplicato xD.

Cazzate a parte, non so se esista davvero una varietà di rapa di colore viola. Potrei controllare su Google, ma dopo due ore di scrittura ininterrotta con gli occhi incollati al monitor ne ho le scatole piene.

Un bacio e buon weekend a tutte <3.

 

 

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Capitolo 6
*** Haven't had enough ***


NOTE: Mah, una volta tanto non ho nulla da dire, se non che mi sono divertita moltissimo a scrivere questo capitolo e che spero possa piacere anche a voi. Vi ho volute viziare, propinandovi il secondo demenziale crossover e un pairing bonus, di cui avevo già parlato in anteprima a xMoonyx (sentiti privilegiata, caVa!). Dico solo: preparatevi, perché al peggio non c’è mai fine.

Le spiegazioni e le note finali sono rimandate, come sempre, all’angulus.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Ormai rassegnatisi all’idea che l’autrice il Fato avesse in serbo per loro altri crossover ad alto tasso di slash e non potendo agire in altro modo, i nostri eroi decisero di comune accordo di aspettare l’evolversi degli eventi. Per ingannare l’attesa, i Re di Camelot riversarono tutte le loro energie nel fare gli onori di casa e stilando un programma completo di intrattenimento per gli ospiti.

Si cominciò  con un tour del castello (marcondirondirondello) per il quale Arthur si offrì di fare da guida, soffermandosi sulla nostalgica e dettagliata descrizione degli innumerevoli incontri amorosi avvenuti tra lui ed il marito ogni qual volta si imbatterono in una stanza, un corridoio od un anfratto buio ed isolato che erano stati teatro delle loro manifestazioni d’affetto. Peter e Caspian ne rimasero alquanto stupiti ed imbarazzati, benché improvvisamente desiderosi di emulare i loro nuovi amici non appena tornati a Narnia, ma non ne fecero parola a Merlin. Egli, comunque, lo venne a sapere ugualmente. L’unico motivo per cui non tirò addosso all’Asino tutto il vasellame capitatogli sotto mano, prendendosi peraltro una bella rivincita dopo anni di vessazione, fu che entrambi erano incinti  e appesantiti dai rispettivi pancioni, sicché a) sarebbe potuto risultare dannoso per i bambini e b) non sarebbe stata una punizione sufficientemente cruenta.
Non esitò tuttavia a togliersi uno sfizio: gli impose una lunghissima, eterna settimana di astinenza e mise sotto chiave i sex toy.

 

Nei giorni successivi si disputò una giostra tra i cavalieri più valorosi del regno, a cui il Telmarino venne incoraggiato a partecipare. Peter, con un broncio molto simile a quello di un altro biondino di nostra conoscenza, accettò di sedere nella tribuna d’onore a fianco dei due sovrani e di limitarsi al ruolo di spettatore, poiché Gaius gli aveva categoricamente proibito di affaticarsi o di mettere in pericolo l’incolumità del feto che andava formandosi nel suo ventre. Il sorriso però tornò ben presto ad illuminargli il volto, compiaciuto per il numero crescente di avversari disarcionati dal marito. Quando infine Caspian  venne proclamato da Arthur vincitore indiscusso del torneo, il Re di Narnia scese nell’arena e gli saltò addosso, trascinandolo in un bacio mozzafiato che fece sospirare di tenerezza le donne e le coppie gay presenti e scatenò una raffica di applausi entusiasti.

“Dedico questa vittoria a voi, re del mio cuore” soffiò il Telmarino sulle labbra dell’altro.

“Cas, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così in pubblico?” replicò Peter rifilandogli uno scappellotto che a metà strada mutò in una carezza ai capelli del coniuge.

 

Malgrado le continue raccomandazioni del medico di corte sulla necessità di non assumere alcolici durante la gravidanza, al giovane Pendragon un bel dì prese il ghiribizzo di offrire agli ospiti un calice di ottimo Blumele o di Scivolizia.

“Suvvia Gaius, un goccetto non potrà che giovare alla tempra dei nascituri” liquidò il pover’uomo e trascinò Merlin ed i due giovani Re al chiosco di Tonio Cartonio.

Prima che si scolassero le loro brave pinte, però, il mago ebbe l’accortezza di lanciare un incantesimo che privò le bevande del minimo grado di tasso alcolico, evitando così una sbronza colossale di gruppo.

 

 

Trascorse che furono tre settimane, i futuri genitori erano ormai entrati in confidenza tra di loro e si potevano tranquillamente considerare buoni amici. Indi per cui l’ultimo pomeriggio di agosto, durante una partita a Cluedo, ad Emrys balenò l’idea di presentare Peter e Caspian a Kilgharrah. Si ritirò dal gioco e si mise in contatto telepatico con lui via bluetooth per comunicargli le sue intenzioni, ma la risposta del drago lo deluse.

“Spiacente, giovane mago. Sono in vacanza e non potrò raggiungervi che tra cinque giorni”.

“In vacanza? Non sapevo esistessero dei resort per draghi” commentò Merlin preso in contropiede.

“Non si tratta certo di un villaggio vacanze Alpitour. Mi trovo ad Ellesméra, nel Centro di Reclutamento dei Cavalieri dei Draghi. E’ gestito da Eragon Ammazzaspettri, che in questa terra è una specie di eroe nazionale. Si è ritirato a vita privata e addestra i suoi successori; ha una dragonessa molto graziosa di nome Saphira ed è sposato con la Regina degli Elfi, Arya. Gran bella donna. E’ incinta pure lei, pensa un po’ che coincidenza”.

“E’ appunto di simili coincidenze che volevo parlarti” lo interruppe Merlin. “Sono venuti a trovarci niente di meno che Caspian X, sovrano di Telmar, e suo marito Peter il Magnifico, da Narnia. Quest’ultimo è incinto e abbiamo scoperto che il concepimento è avvenuto in contemporanea quello mio e di Arthur. Non solo: è stato Mordred -comparso lì solo Gandalf sa come- a dire loro di recarsi a Camelot per chiedere delucidazioni. Peccato che nemmeno noi sappiamo più che pesci pigliare! Poi, come se non bastasse, secondo Caspian Mordred avrebbe accennato ad altri uomini incinti che, supponiamo, dovrebbero arrivare chissà quando a farci visita” disse tutto d’un fiato.

“Quel Mordred è peggio del prezzemolo” rifletté Kilgharrah. “Ed io cosa c’entro in tutto ciò?”

“Volevo presentarteli, Caspian e Peter intendo. Sono simpatici, sai, ci tenevo che li conoscessi. E speravo anche che tu avessi una risposta ai nostri interrogativi” ammise Merlin.

“Credimi, giovane mago, sono totalmente all’oscuro di questa bislacca faccenda, né al momento mi viene in mente qualcosa che potrebbe esservi d’aiuto. Pazientate ancora un poco: il tempo di salutare Castigo, Eragon e combriccola e sarò di ritorno. Insieme cercheremo di rintracciare Mordred” promise il drago.

“Castigo? Chi è? Non te l’ho sentito nominare” s’incuriosì il ragazzo.

“Oh, il mio fidanzato” rivelò con estrema naturalezza la creatura magica.

“In nome di Apelle figlio d’Apollo, da quando hai un fidanzato? Soprattutto, da quando sei gay?” urlò il mago sconvolto, trasalendo violentemente sulla poltrona sui cui era seduto. Fece un cenno con la mano per tranquillizzare Arthur, che sentendolo sobbalzare si era voltato verso di lui, guardandolo apprensivo.

“Beh, sai, con Castigo è stato ammmòòòre a prima vista; ci siamo riconosciuti da subito come anime gemelle! Comunque, citando Freddie Mercury, io sono gay come una giunchiglia. Possibile che non l’avessi ancora capito?” ridacchiò.

“Il mio gay radar non è dei migliori” si scusò Merlin. “E così… Castigo, eh? Bel nome. Molto macho” sogghignò in risposta.

“Lo è” confermò maliziosamente l’altro. “Magari riesco a convincerlo a tornare a Camelot con me, chissà. Mi piacerebbe che vi conosceste” aggiunse poi un filo malinconico.

“Non vedo l’ora, Kil. Fammi uno squillo quando arrivi, mi raccomando”.

“Me ne ricorderò, giovane mago. A presto; salutami la famigliola, in particolare Aithusa” si congedò Kilgharrah.

 

 

Il giorno dopo i quattro sovrani avevano in programma di trascorrere la mattinata in panciolle e di godersi il clima mite di inizio settembre, prendendo il sole affacciati su un bastione del castello (marcondirondirondello) e sorseggiando cocktail analcolici. Per qualche ora tutto filò liscio, ma il loro divertimento venne guastato dall’improvviso segnale di allarme lanciato dalle sentinelle che piantonavano il ponte levatoio.

“Raggiungete Gaius e le nostre piccoline al laboratorio medico e non muovetevi da lì” ingiunse Arthur ai suoi ospiti infilandosi un abito-pareo.

“Che sarà mai successo?” sospirò lievemente contrariato Merlin, avvolgendo con un accappatoio di microfibra il pancione di sei mesi -gemello di quello del marito- lasciato scoperto dal costume da bagno.

Il mago non dovette attendere a lungo per ottenere una risposta.

Giunti che furono in prossimità dell’ingresso principale videro che nella corte si era riunita una fiumana di gente, accorsa da ogni angolo del palazzo per verificare con i propri occhi l’entità del pericolo che sembrava minacciare Camelot. Così, un po’ sgomitando e un po’ chiedendo gentilmente permesso, i sovrani si fecero strada tra la folla fino ad arrivare alla grata di ferro che impediva l’accesso al palazzo dal ponte levatoio.

“Qual è il problema?” chiese bruscamente Arthur.

“Altezze Reali”, riferì prontamente una guardia, “ci sono due uomini qui fuori che chiedono di voi. Rifiutano di fornirci le loro generalità perché prima vogliono che li riceviate. Li facciamo entrare lo stesso?”

“Un attimo che conferisco con mio marito” rispose lui. “Amore, ce la fai a sondare la loro mente per capire se hanno intenti bellicosi o meno?” sussurrò all’orecchio del mago.

“Certo che sì. Sono un ottimo Legilimens, al contrario di quella schiappa di Harry Potter” affermò l’altro fieramente.

Gli occhi diventati d’oro liquido, si sfregò la tempia sinistra con l’indice ed il medio, attese di essersi connesso e cominciò a frugare nella psiche dei due misteriosi ceffi, di cui riusciva a distinguere solo le sagome incappucciate (come facevano a non morire di caldo?). L’esame durò giusto una manciata di minuti, al termine dei quali Merlin assentì e le iridi riassunsero la loro tonalità blu mare.

“Vengono in pace. Desiderano parlarci di una questione urgente. Non ho capito di cosa si tratti, anche se un sospetto ce l’ho. Quel che è certo è che non ci conviene farli attendere oltre”.

“Sono pericolosi?” bisbigliò Arthur irrigidendosi un po’.

“Potrebbero diventarlo, se non ci brighiamo a concedere loro udienza. Hanno entrambi un bel caratterino, non so se mi spiego”.

“E sia” disse il biondino. “Lasciateli entrare” ordinò alle sentinelle, che obbedirono senza battere ciglio.

La pesante grata di ferro venne alzata in men che non si dica.

“Fatevi avanti, viandanti, e dichiarate i vostri nomi ai legittimi re di Camelot” proclamò Arthur con voce stentorea.

Essi avanzarono, fermandosi proprio di fronte ai nostri eroi e abbassarono i cappucci dei rispettivi mantelli. Il più alto dei due era di carnagione olivastra e corporatura robusta, con fitti capelli neri e occhi dalla forma allungata tendenti al giallo, che si sarebbero potuti paragonare senza sforzo a quelli di un lupo. Era indubbiamente affascinante, ma la bellezza del suo compagno era così statuaria e assoluta da non lasciare spazio al confronto. Era longilineo e slanciato. Una massa di capelli bronzei incorniciava il viso dalla mascella perfetta e i lineamenti purissimi, occhi di ambra liquida, e -questo era senza dubbio il fatto più straordinario- la sua pelle era così eburnea, compatta e traslucida da scintillare letteralmente sotto i raggi del sole.

Prima che i due figaccioni potessero dire alcunché, si parò davanti a loro un vecchietto con tanto di lunga chioma bianca, tunica stazzonata grigia e bastone nodoso.

“Tu non puoi passare! Sono un servitore del fuoco segreto e reggo la fiamma di Anor; il fuoco oscuro non ti servirà a nulla, fiamma di Udun. Ritorna nell'ombra! Tu. Non. Puoi. PassareeeeeeH!” e così farneticando picchiò il bastone contro il pavimento in pietra, come per attivare un’onda energetica in grado di respingere il nemico.

Ad un cenno di Merlin due soldati entrarono in azione, afferrando l’anziano svitato per i gomiti e trascinandolo via di peso.

“Perdonatelo,  a furia di vedere e rivedere il dvd de La Compagnia dell’Anello si è convinto di essere Gandalf in persona. Ogni tanto sbrocca, ma il più delle volte è docile come un agnellino” lo scusò Merlin. “Eravamo rimasti alle presentazioni, se non sbaglio?”

Mr. Universo abbagliò ogni creatura di sesso femminile nel raggio di un miglio esibendosi nel suo miglior sorriso sghembo.

“Gran bella vestaglia” ammiccò alludendo all’outfit del mago. “Il mio nome è Edward Cullen, vampiro risiedente a Forks e l’energumeno al mio fianco è Jacob Black, licantropo nonché mio conterraneo e compagno. Lieti di conoscervi, Re di Camelot”.

 

 

 

Scommetto che non ve l’aspettavate, eh? *ridacchia tra sé e sé*

Partiamo dal pairing bonus, Kilgharrah/Castigo. Lo so che magari alcune di voi avrebbero preferito un bel Eragon/Murtagh, ma io l’Ammazzaspettri riesco a shipparlo solo con Arya, sorry! Ah, ci tengo anche a precisare che il capitolo non contiene alcuna traccia di spoiler riguardo ad Inheritance: ho descritto il finale che avrei voluto leggere io, non quello effettivo. *piange*

La coppia Edward/Jacob, invece… Come potevo non tirare in ballo Twilight e punire così quell’inetta a vivere che è Bella (vi prego, ditemi che la odiate anche voi, ditemelo!)? Era un mio dovere morale.

Bien, detto questo non mi resta che salutarvi e augurarvi un felice finesettimana.

Alla prossima! *rotola via*

 

 

 

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Capitolo 7
*** All together passionately (?) - part 1 ***


NOTE: Chiedo umilmente perdono per il ritardo di quasi due settimane e mi cospargo il capo di cenere. Sono una bestiaccia, è vero, e non ho nemmeno scusanti perché il capitolo era pronto già da qualche giorno. Che volete farci, mi è venuto un forte attacco di culopesaggine misto ad apatia (con tanto di crampi-addominali-fase-pre-mestruale, giusto per gradire) che mi ha tenuta lontana dalla tastiera del mio amatissimo computer. Confido che non si ripeterà più, comunque.

Il mistero si infittisce, il delirio dilaga e nessuno dei miei personaggi ci sta capendo più una mazza, quindi che dire? Stay tuned e non perdete la speranza: un altro paio di aggiornamenti e avrete una risposta ai vostri dubbi.

Buona lettura, ci si becca a fine pagina!

 

 

 

 

 

Un silenzio esterrefatto seguì quell’affermazione.

Silenzio che venne infranto da una risata a gola spiegata proveniente dalla boccaccia larga di Arthur. Gli occhi dei presenti si spostarono quasi all’unisono sulla figura del Re, in abito-pareo e infradito, letteralmente piegato in due (per quanto l’ingombrante pancione glielo permettesse) dalle risate, aggrappato al gomito del consorte onde evitare di rovinare a terra. Il curioso spettacolo durò fino a quando Merlin, vergognandosi a morte, si chinò quel tanto che bastava per sibilare all’orecchio dell’altro.

“Arthur, giuro che se non ti fai passare ‘sto attacco di ridarella subito i sex toy li brucio sul serio, quant’è vero che Grande Fratello è una cafonata pazzesca”.

L’Asino Reale, percependo nella voce del compagno un tono di velata minaccia, si zittì bruscamente dopo soli tre decimi di secondo (la loro vita sessuale era troppo preziosa, e Merlin fin troppo zelante nel mantenere le sue minacce promesse). Facendo leva sul braccio del mago si rimise in posizione eretta e vagamente dignitosa e con la mano liberà asciugò le lacrime che gli solcavano le guance.

“Perdonate il mio disdicevole comportamento, messeri. Al tempo stesso però debbo ringraziarvi, Sir Cullen: erano mesi che non mi spanciavo dalle risate a questo modo” esordì con un bel sorriso ilare stampato in volto.

“Quali delle mie parole sono state involontariamente motivo di divertimento per voi, Sire?” domandò il vampiro, perplesso come se stesse avendo a che fare con un demente patentato o con un bambino in vena di scherzi. Entrambe le opzioni non erano nemmeno troppo lontane dalla realtà, pensò con un pizzico di ansia Merlin.

“Vedete, Sir Cullen, non mi ritengo un intellettuale né un topo di biblioteca, ma persino io ho letto il Dracula di Bram Stoker. Non potete essere quel che sostenete di essere, suvvia, perché i vampiri non hanno sorrisi perfetti da copertina patinata e occhi ambrati, e soprattutto non sbrilluccicano alla luce del sole” rispose il regal babbeo non riuscendo a trattenere un risolino.

Merlin si schiaffò una mano in faccia, chiedendosi per l’ennesima volta per colpa di quale astrusa congiunzione astrale si fosse dovuto innamorare di un simile cretino. Il sorriso esitante di Edward si congelò in una smorfia contratta della bocca e Jacob, accanto a lui, emise un ringhio sordo.

“Non avete tutti i torti, Sire. Ma vedete, per quanto io rappresenti l’eccezione che conferma la regola, sono indubbiamente un vampiro. I miei denti sono taglienti come diamanti e intrisi di un veleno paralizzante nonché mortale ed i miei occhi diventano più rossi del sangue quando sono a digiuno. Quanto alla peculiarità della mia pelle, è un’eredità da parte di madre” replicò glaciale.

“Vostra madre, Sir Cullen?” s intromise cautamente Emrys, rivolgendo uno sguardo al marito che intimava chiaramente di tacere, se ci teneva ad uscire vivo da quella situazione.

“Sono figlio di un diretto discendente del Conte Dracula e di Tinkerbell, Altezza”, precisò il rosso un poco meno ostile, ma visibilmente in imbarazzo.

“Il suo nome non mi è nuovo: dovrei conoscerla?” l’altro aggrottò la fronte.

“E’ Campanellino, Altezza. Quella di Peter Pan, per intenderci”.

La fragorosa risata di Arthur riecheggiò nella corte. Nei giorni a venire ci furono sguatteri che giurarono di averne sentito l’eco fin nelle cucine.

 

 

Fortunatamente il vampiro sembrava averci fatto il callo, a reazioni come quella di Arthur, e diede prova di un certo savoir-faire. Il suo compagno, al contrario, per poco non azzannò il sovrano alla gola.

Prima però che scoppiasse un incidente diplomatico, ci scappasse il morto e i due stranieri venissero arrestati e giustiziati per direttissima, intervennero Cullen -che, con la sua forza prodigiosa, placcò il licantropo- e Merlin, che eresse uno scudo difensivo servendosi della magia. Ci vollero delle ore e molta pazienza per allontanare la folla assiepatasi nel cortile, trattenere le guardie dal compiere gesti inconsulti, sedare gli intenti omicidi di Jacob e convincere Arthur a darsi una regolata, ma alla fine riuscirono nell’impresa.

Sospirando di sollievo per la scampata tragedia, i due alleati improvvisati si scambiarono un sorriso d’intesa. Fu il turno di Pendragon junior di ringhiare, possessivo come al solito.

Quando furono tutti e quattro in grado di parlarsi senza commettere gaffe colossali o arrecare offesa all’interlocutore, i re di Camelot  fecero strada nel castello (marcondirondirondello) agli ospiti e li condussero negli appartamenti reali, invitandoli a mettersi comodi. Un servitore si occupò di recarsi nel laboratorio medico per convocare urgentemente Gaius, Caspian e Peter. Una volta arrivati, portando con loro le bambine -che, rispettivamente, volarono e strisciarono in grembo ai genitori, seduti sul letto a baldacchino- e fatte le presentazioni, il summit ebbe inizio.

“Bene, direi che possiamo tranquillamente saltare i convenevoli e venire al sodo. Gentili signori”, Merlin guardò dritto negli occhi Edward e Jacob, accarezzando distrattamente la testa di Nagini, “qual buon vento vi porta nel nostro regno?”

Invece di rispondere, il vampiro si alzò in piedi. Nessuno osò fiatare, perché si trattava evidentemente di un momento topico e carico di pathos. Con gesti lenti e solenni sciolse i lacci del mantello e lo lasciò scivolare a terra. Coperto a stento da un dolcevita color marron glacé (ma non aveva caldo, che diamine?) e da un paio di jeans con la fascia elastica in vita, faceva bella mostra di sé un pancione marmoreo e di dimensioni considerevoli.

“Noto che non siete minimamente sorpresi” commentò ironicamente. Poi si rivolse a Caspian e Peter. “Ne deduco che anche uno di voi sia-” e indicò la propria pancia.

“Io” alzò la mano il sovrano di Narnia. “Ma sono solo al quarto mese”.

“Lo vedo; il gonfiore del ventre è appena accennato” annuì lui.

“E voi, messere? A che punto della gravidanza siete arrivato?” si informò Caspian.

“Quasi al sesto mese. E chiamatemi pure Edward” sorrise il vampiro, schermendosi.

“E avete già un pancione così grande? Parola mia, di questo passo non partorirete un bambino, ma un ometto fatto e finito!” intervenne -a sproposito, o forse no- Arthur, sinceramente ammirato.

“Ciò è dovuto al fatto che i neonati dei licantropi e dei vampiri sono più sviluppati del normale. Il padre di Edward, medico di professione, ha stimato che nostro figlio alla nascita dovrebbe pesare intorno ai sei, sette chili” parlò per la prima volta Jacob, con voce roca e vibrante d’orgoglio.

“Sicché è pure in grado di parlare” constatò tra sé e sé il biondo babbeo.

“Poffarbacco, davvero un gigante in miniatura” si congratulò Merlin lanciando un’occhiata di sbieco all’amato. “O gigantessa. Conoscete già il sesso?”

“E’ un maschio” rivelò radioso Edward. “E voi, lo sapete?” chiese rivolto agli altri tre.

“Nella nostra epoca non è ancora stata inventata l’ecografia. Lo scopriremo una volta che saranno nati, suppongo” scrollò le spalle il mago, imitato da Peter.

“Ma è una crudeltà dover attendere fino al parto per sapere il sesso dei nascituri! Se permettete, vorrei farvi dono di un macchinario per le ecografie. Il tempo di telefonare a Carlisle perché la ordini e prenda il nostro jet privato e vi verrà recapitata nel giro di qualche ora” offrì il (per sempre) giovane Cullen.

“No! No, per carità, Edward. La vostra generosità è ammirevole, davvero, ma non ce n’è bisogno. Ci piace la sorpresa, sì. Ecco. Il bello della diretta, o qualcosa di simile” rifiutò con ferma gentilezza il mago, alzandosi per sottrargli l’iPhone ultimo modello prima che potesse anche solo avvicinarlo all’orecchio.

“E’ sempre così altruista?” Arthur, avvicinatosi alla poltrona occupata dal licantropo, si azzardò a rivolgergli la parola.

“Oh, questo è niente. A quanto pare gli state simpatici. Tende a farsi prendere un po’ la mano con le persone con cui si trova a suo agio. Preparatevi a venire sommersi di regali costosissimi” borbottò l’altro ancora imbronciato ma senza più intenti bellicosi.

“Spero che anche voi possiate imparare a apprezzarci, o meglio, ad apprezzare me. Vi chiedo scusa, Sir Black, per aver riso del vostro compagno; al vostro posto avrei reagito nello stesso modo. Non so cosa mi sia preso, credetemi” bisbigliò il Re, contrito.

“Saranno gli ormoni, pure Edward ogni tanto si comporta da totale mentecatto da quando è rimasto incinto. Comunque sia, anche io debbo porgervi delle scuse, Altezza: non avrei dovuto attentare alla vostra vita. Giuro su quanto ho di più caro al mondo che non si ripeterà” promise a sua volta Jacob.

“Ricominciamo da zero, che ne dite? Molto lieto di fare la vostra conoscenza, il mio nome è Arthur” e gli porse la mano destra.

“Piacere mio. Io sono Jacob” rispose, stringendogliela vigorosamente.

I due nuovi amici si fissarono con intensità; poi, intrecciando i rispettivi mignoli, cantilenarono all’unisono: “Mannaggia al diavoletto che ci ha fatto litigar: pace, carote, patate”, scoppiando a ridere l’istante successivo.

A qualche passo di distanza, i loro compagni assistettero inteneriti alla riappacificazione.

“Per fortuna hanno appianato le loro divergenze. E’ sempre cosa buona e giusta evitare una strage” commentò pensieroso Merlin.

“Ammetto che il mio Jake è un po’ irruento, ma in fondo è un bonaccione. Io sono il suo punto debole, sapete, e diventa un tantino aggressivo e suscettibile quando gli sembra di percepire una qualsiasi minaccia od offesa diretta a me” mormorò il vampiro con occhi colmi d’ammmòòòre per il licantropo.

“Mi ricorda Arthur” ridacchiò egli.

“Merlin” lo chiamò l’Asino Reale, che aveva fatto ritorno alla sua precedente postazione, sulle sponde del letto. “Mi sento trascurato. Calati nei panni del marito premuroso e servizievole e vieni qui a dimostrarmi quanto mi ami” ordinò in tono giocoso, le iridi scintillanti di malizia.

“Chiedo scusa, amico mio. Un sovrano esigente e territoriale reclama la mia presenza” si congedò con un sorriso Merlin e raggiunse Arthur. Si accomodò, non senza qualche intoppo dovuto all’incastro tra i pancioni, sulle sue ginocchia e gli allacciò le braccia dietro al collo, concedendogli infine un bacio che non aveva nulla da invidiare ai più romantici ed espliciti slinguazzamenti cinematografici.

“Allora: soddisfatto o rimborsato?” tubò sfarfallando le ciglia quando furono costretti a staccarsi per riprendere fiato.

“Stanotte avrò modo di dimostrarti quanto tu riesca a soddisfarmi” sorrise l’altro, sornione e allusivo e sfacciatamente seducente.

Un colpetto di tosse li distolse dai loro ardori pornografici romantici, inducendoli a voltarsi verso la fonte di quel rumore.

“Gaius? Che fine avevi fatto, di grazia?” quasi sobbalzò il mago nel vedere l’anziano medico sprofondato nella sua poltrona preferita, intento a giocare con Aithusa e Nagini (quando si erano allontanate dal letto?).

“Sono sempre stato qui, figliolo, ma voi ed i vostri ospiti eravate troppo occupati a chiarire malintesi per prestarmi attenzione” li rimproverò bonariamente l’uomo.

“Perdonaci, in quanto a galateo abbiamo ancora molto da imparare”. Si guardò attorno, qualcosa non tornava. “Dove si sono cacciati Caspian e Peter?”

“Siamo qui!” esclamò la voce del Telmarino proveniente dal paravento dietro cui Arthur era solito cambiarsi d’abito.

“E che diamine stavate combinan-” cominciò Pendragon junior, ma si bloccò prima di terminare la frase. Quando vide i due sovrani fare capolino con  i vestiti in disordine e le chiome scarmigliate, gli ci volle un battito di ciglia per avere una risposta alla sua domanda.

“Ehm, gli ormoni” abbozzò Peter a mo’ di spiegazione, arrossendo.

“Non formalizzatevi tanto, amici miei. Anzi, divertitevi finché potete” replicò divertito l’altro, non senza una punta di malignità. I tempi di magra sarebbero arrivati anche per loro, che diamine!

“Signori”, si alzò in piedi Merlin, abbandonando a malincuore le cosce tornite del marito, “abbiamo divagato anche troppo. Cerchiamo di fare il punto della situazione, che ne dite? Edward, Jacob, correggetemi se sbaglio. Poco tempo dopo aver scoperto di essere in dolce attesa vi ha fatto visita un lugubre ed inquietante bambino di nome Tom Riddle?”

Essi annuirono, visibilmente perplessi.

“E costui vi ha poi suggerito di recarvi a Camelot onde capire come sia stato possibile per voi concepire un bambino?” incalzò.

“Come siete riuscito ad indovinare tutto ciò? Servendovi della magia?” chiese Jacob, battendo le palpebre con stupore.

“Gaius, a te l’onore e l’onere di spiegare ai nuovi arrivati quel che abbiamo scoperto finora” si fece da parte Emrys, lasciando la parola al medico.

Egli ragguagliò a dovere i due ragazzi, chiarendo così anche il motivo della presenza di Caspian e Peter.

“Incredibile: ciò confermerebbe la teoria della relatività speciale di Einstein” commentò entusiasta Edward a proposito dello sfasamento spazio-temporale tra Narnia, Camelot e, seppure di poco, Forks.

“E così ci stavate aspettando?” Jacob era sempre più sgomento.

“Sì, voi e l’altra coppia. Ma il mio sesto senso di uomo incinto mi dice che non dovremo attendere ancora a lungo per ritrovarci al completo, diciamo” affermò Arthur.

In quel mentre si sentì bussare alla porta. Erano Lancelot  e Gwaine, che si tenevano teneramente per manina. I loro sguardi, però, erano colmi d’apprensione.

“Ragazzi” li salutò Merlin.

“Altezze reali… cioè: Merlin, Arthur” si corresse Gwaine dopo l’occhiataccia rivoltagli dal mago. “Con noi ci sono due buffi individui. Hanno menzionato un certo Tom Riddle e li abbiamo fatti passare, come avevate disposto. Possono entrare?”

“Che vi dicevo? Tutti insieme appassionatamente” sospirò teatralmente l’Asino Reale.

 

 

 

 

“Ma come?”, vi starete chiedendo, “prima ti presenti in riprovevole ritardo e poi ci lasci a bocca asciutta, senza neanche uno straccio d’indizio sulla prossima e ultima coppia?!”

Ebbene sì, mie adorate. In barba al cliché secondo cui “a Natale si è tutti più buoni”, io tendo a diventare più cattiva di una pantegana. Scherzi a parte, forse un pochino sadica lo sono, ma è una strategia per tenervi con il fiato sospeso fino al prossimo capitolo! *schiva un pomodoro marcio*

Non odiatemi troppo, ok? Lo faccio per voi, trust me.

Auguri di buone feste, buone vacanze  e buon tutto; ci risentiamo con l’anno nuovo, dopo che sarò tornata da Londra.

Tantissimo ammmòòòre a tutte voi! <3

 

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Capitolo 8
*** All together passionately (?) - part 2 ***


NOTE: Scusatemiscusatemiscusatemiscusatemiscusatemiscusatemiscusatemiscusatemi! Sono in vergognoso e deplorevole ritardo, con un aborto di capitolo che fa pena persino a me per quanto è breve e scarno... Ma non potevo posticipare oltre la data di aggiornamento, perché non mi sembra(va) giusto nei vostri confronti –tanto più che il tempo per scrivere ce l’ho avuto, eccome. Purtroppo stavolta non posso offrirvi un capitolo degno di questo nome, ma farò il possibile per cercare di rimediare con il prossimo (diminuendo, in primis, i tempi di attesa). E’ vero anche che, nel frattempo, non sono rimasta con le mani in mano, anzi: ho sfornato ben due song-fiction (questi sono i link, nel caso vi potessero interessare: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=903531&i=1, http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=917887&i=1) e sto buttando giù idee per la terza.

Comunque sia, mi dispiace molto di avervi fatte aspettare così tanto e vi chiedo ancora scusa.
Le ultime precisazioni, come sempre, le troverete nell’angulus.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

I misteriosi figuri che varcarono la soglia degli appartamenti reali avevano, invero, un aspetto alquanto singolare.

Il più basso dei due sfoggiava una folta chioma bruna, appena venata di grigio e sparata in tutte le direzioni e aveva espressivi occhi scuri –pupille sospettosamente dilatate, diagnosticò mentalmente Gaius con la sicurezza di un vecchio medico consumato. Con la mano sinistra impugnava un violino, e teneva le maniche della camicia di pregiato batista negligentemente arrotolate sugli avambracci. Le scarpe, in robusto cuoio, erano impolverate e appena consunte sulle punte.
Il suo compagno, al contrario, era estremamente curato (per non dire azzimato). Indossava un bel cappotto di tweed color antracite e una bombetta in tinta; presentava una leggera zoppia, e pertanto si aiutava con un bastone da passeggio. I suoi occhi azzurri erano miti ed un poco spaesati e Merlin pensò fugacemente che riusciva ad apparire bello persino con i baffi e le basette bionde che celavano la delicatezza dei suoi lineamenti.

E così era quella, la benedetta quarta coppia. Calò un silenzio irreale, ovattato, che fu ben presto rotto dalla voce del distinto gentiluomo.

“Ne è proprio sicuro, amico mio? Siamo capitati nel posto giusto?” si rivolse all’altro.

“Nessun dubbio al riguardo” rispose egli con una fermezza disarmante.

“E cosa glielo fa affermare con siffatta convinzione, se posso saperlo?” insistette però il biondo, evidentemente non del tutto persuaso.

“E’ talmente elementare, dottore. In questa sala ci sono quattro uomini incinti -di cui uno solo al quarto mese di gravidanza, oserei dire- proprio come lei” esclamò, quasi costernato, l’uomo.

“Ehm” intervenne con discrezione Arthur, schiarendosi la gola. Ottenuta l’attenzione del duo, fece un passo nella loro direzione.

“Complimenti per l’acume, messere. Il mio nome è Arthur Pendragon, legittimo re di Camelot. Costui”, disse poi voltandosi verso l’amato per prendergli una mano e portarlo verso di sé, “è il mio consorte, Merlin Emrys. E voi siete…?” rivolse loro un sorriso incoraggiante, subito imitato dal mago.

“Oh cielo, perdonate le nostre deprecabili maniere” si scusò l’uomo col violino, accennando un inchino. “Il signore al mio fianco è John Watson, medico e mio collaboratore, nonché compagno di vita” specificò allusivamente, circondando con un abbraccio le spalle del suddetto e improvvisamente paonazzo Watson. “Il mio nome è Sherlock Holmes, detective di non ignobile fama, per servirvi. Siamo lieti di conoscervi, Maestà, voi ed i vostri ospiti. Ci stavate aspettando, o sbaglio?”

 

 

 

 

Ed ecco svelato l’arcano della quarta coppia!
Sorprese o l’avevate sospettato? A questo proposito, i miei complimenti a mindyxx per avere indovinato (magari non è la sola, ma è stata l’unica a dubitane per iscritto, diciamo).

Come avrete vagamente intuito, lo Sherlock e il John presenti in questa storia sono quelli cinematografici. La chimica tra i due attori, Robert Downey Jr. e Jude Law, è talmente forte che non potevo non rendere loro omaggio.

In attesa di risentirci con un capitolo più corposo, vi auguro un buon inizio d’anno e vi mando, as usual, tonnellate d’ammmòòòre <3.

Alla prossima!

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Capitolo 9
*** We found love ***


NOTE: *squilli di tromba* Rieccomi, precisa e puntuale come promesso. State facendo i salti di gioia, eh? (Coro: Crediciiiii!)

Non ho molto da dire, ora che ci penso. Ci sarebbe giusto da puntualizzare che la storia volge al termine e che il prossimo capitolo potrebbe essere l’ultimo. Cosucce, insomma. A proposito di un possibile sequel: potrebbe interessarvi? Io, tanto per ingolosirvi un po’ (?), vi dico che di personaggi da torturare sfruttare utilizzare ne avrei -vecchi e soprattutto nuovi; in sostanza sta a voi decidere, per cui è fondamentale che mi facciate sapere il vostro parere.

Ma non perdiamo ulteriore tempo in convenevoli. Che la lettura abbia inizio!

 

 

 

 

 

“Tutto ciò è alquanto bizzarro” fu il commento di Sherlock Holmes a proposito del gran casino della situazione in cui si trovavano dopo che Merlin gli ebbe fornito un resoconto dettagliato ed esaustivo degli eventi che si erano verificati prima del loro arrivo -suo e del dottore- a Camelot.

“Ricapitolando”, disse pizzicando distrattamente le corde del suo violino, “un ignoto quanto oscuro incantesimo ha reso possibile che quattro coppie gay provenienti da epoche e Paesi diversi (escludendo la relativa vicinanza geografica tra Camelot e l’odierna Londra) non solo concepissero un bambino -eccezion fatta per le Altezze Reali britanniche, che hanno addirittura bissato, e al vigore dei cui spermatozoi mi inchino- ma anche riuscissero a darsi appuntamento nello stesso luogo, in barba alle barriere spazio-temporali che li separano”.

“Non che questa storia dei portali tra un mondo e l’altro sia nuova, per noi” ci tenne a precisare Caspian, intrecciando la mano destra con quella del marito. “Soprattutto durante i primi mesi della nostra relazione, ho fatto la spola tra Telmar e Londra come una trottola”.

Peter sorrise al ricordo, poggiando la testa sulla spalla del compagno.

“Ho dovuto tribolare non poco per farti capitolare, amore” proseguì lui, tubando dolcemente. “Se ripenso poi a quanto si è prodigata Susan per metterci i bastoni tra le ruote...” sospirò.

“Quella troietta intrigante” sibilò con astio il sovrano di Narnia. “Sono così contento di non doverla più vedere, lei ed i suoi bulbosi occhi blu”.

“Questa Susan è per caso una tua ex?” si interessò Edward, sporgendosi verso la coppia di sposi.

“No, che Aslan mi fulmini” esclamò sdegnato Caspian. “Io mi innamorai di Peter dal primo istante in cui incrociammo le lame, ma quella cretina di sua sorella si fece non so quali film mentali secondo cui lei era la donna della mia vita, figuratevi!”

“Parenti serpenti, eh? Mi ricorda qualcuno” ringhiò sommessamente Jacob, irrigidendosi.

I due sovrani li guardarono con curiosità.

“Si riferisce a Bella” spiegò Edward, circondando con un braccio la vita dell’altro. “Ammetto di essere stato con lei per -quanto, un anno?- ma ai membri della mia famiglia è stato subito chiaro che c’era qualcosa di incongruo. Che me ne facevo io, vampiro bellissimo purissimo e levissimo, di un’umana imbranata all’ennesima potenza, sostanzialmente inutile e appiccicosa oltre ogni dire? L’ho usata come donna dello schermo, senza peraltro combinarci mai nulla. Era la mia copertura affinché nessuno scoprisse i miei sentimenti per il licantropo burbero e sexy che fingevo di odiare. Sapete, tra le nostre specie non è mai corso buon sangue. Un po’ come Romeo e Giulietta”.

“Io invece ti detestavo sul serio, perché non capivo come avessi scelto quell’impiastro quando potevi avere me” borbottò il licantropo, a cui evidentemente l’onta dell’iniziale rifiuto bruciava ancora un pochino.

“E come siete riusciti a coronare il vostro sogno d’amore?” domandò Peter, appassionatosi a quella storia che ricordava tanto la sua.

“Con una romantica fuga d’amore a New York dove, sfruttando i contatti di mio padre, ci ha sposati niente meno che il sindaco in persona” cinguettò euforico il vampiro, sventolando la mano sinistra per mostrare la fede in tutto il suo luccicante splendore.

Poco distante dall’insolito quartetto, mentre i giovani Re squittivano complimenti e felicitazioni ai loro nuovi amici, un John Watson al quinto mese di gravidanza giocava con Aithusa, che fingeva dispettosamente di volergli mangiucchiare il dito indice. Arthur, seduto di fronte a loro con Nagini attorcigliata alle sue spalle, li osservava attentamente.

“Siete molto bravo con gli animali, Sir Watson” attaccò bottone.

“Vi ringrazio, Altezza, ma è solo merito dell’esperienza. A Londra abbiamo lasciato un bulldog di nome Gladstone, buono come il pane. In verità sarebbe il mio cane, ma Sherlock si diverte a sfruttarlo come cavia per i suoi esperimenti” e alzò gli occhi al cielo, senza riuscire a soffocare un sorriso indulgente e rassegnato.

“Lo amate molto, vero?”

“E’ la mia vita” affermò l’altro con semplicità. “Per lui ho accettato di sfidare le convenzioni. Ho lasciato mia moglie Mary e il mio ambulatorio di medico per seguirlo ed assisterlo nelle sue indagini. Purtroppo dobbiamo agire con estrema discrezione. Nella nostra epoca esiste il reato di sodomia, sapete, e non potremo mai ufficializzare la nostra unione” spiegò, intristito.

“E ditemi, ne è valsa la pena? Ve ne siete mai pentito?”

“Oh, no” proclamò John con calore. “Sherlock è la mia ancora di salvezza e, malgrado le sue stranezze e la dipendenza dalla cocaina, è il solo uomo che potrei amare. Avevo un unico rammarico, quello di non potergli dare un figlio. Adesso che anche questo piccolo inconveniente è stato risolto, sento che la mia -la nostra- felicità non potrebbe essere più completa”.

“Come vi capisco” sussurrò Arthur, rivolgendo un’occhiata di sottecchi a suo marito.

Nel mentre, i sopraccitati Holmes e Merlin erano impegnati a scervellarsi in compagnia di Gaius.

“Quel che ci rimane da scoprire, dunque, è il nome del mago che ha castato l’incantesimo” rifletté ad alta voce l’anziano cerusico.

“Permettetevi di contraddirvi, mio caro signore: è fondamentale appurare quale sia il movente che ha dato origine a codesto sovvertimento della legge naturale. Una volta scoperto quello, troverò il colpevole in men che non si dica servendomi ovviamente di uno dei miei celeberrimi procedimenti deduttivi, così complesso ed intricato che per scriverlo l’autrice si taglierà le vene o impazzirà definitivamente” obiettò, un poco esaltato, l’investigatore.

“In uno dei vostri libri, forse” lo contraddisse meditabondo il mago. “Dovete sapere, Sir Holmes, che in questa storia niente -e sottolineo niente- procede secondo logica”.

Detto ciò si arrestò bruscamente e si portò entrambe le mani alle tempie. Sotto gli sguardi un filino perplessi dei presenti (meno che di Arthur, che aveva intuito cosa stesse accadendo) serrò le palpebre ed aggrottò la fronte, annuendo ogni tanto. Trascorsa che fu una clessidra o anche meno riaprì gli occhi, rivelando iridi dorate, e balzò in piedi con un’agilità insospettabile.

“Signori, Kilgharrah è appena tornato dalla sua vacanza. Ci aspetta nella radura nei pressi del castello (marcondirondirondello), sostiene di avere la soluzione al nostro problema”.

 

 

Con grande sorpresa dei nostri eroi, accanto al già noto drago ve n’era un altro, se possibile ancora più maestoso ed imponente. Il suo manto era di un rosso sangue intenso ed altrettanto scarlatti erano gli occhi, in cui però si intravedeva senza fatica un fondo di dolcezza.

“Kil” esordì Merlin. “E tu devi essere Castigo, scommetto” sorrise amichevolmente in direzione del secondo lucertolone.

“Lieto di conoscervi, Emrys. E anche voi, re Arthur. Molte cose mi sono state raccontate sul vostro conto” rispose cordialmente la creatura magica, chinando il muso in segno di rispetto.

“Non tutte negative, mi auguro” scherzò Arthur. “Castigo, Kilgharrah, vi stavamo aspettando con ansia. Lasciate che vi presenti ai nostri ospiti”.

Non appena lo scambio di saluti e cortesie varie fu terminato, Kilgharrah si rivolse a Merlin.

“Giovane mago, credo di poterti fornire un aiuto concreto nella risoluzione di questo pasticcio. Mi sono consultato telepaticamente con Saruman e Gandalf in persona ed entrambi mi hanno dato la stessa risposta: Evocare il colpevole tramite un incantesimo d’Appello antico quanto potente. L’unico inconveniente è che è necessario che sia un drago a pronunciarlo, motivo per cui Castigo ed io siamo qui”.

“Perché in due? Uno è il solista e l’altro fa il controcanto?”

“Ma no, stupidotto. Più si è meglio è, no?” ridacchiò l’altro in risposta.

Il ragazzo si arrese. Quel drago doveva sempre avere l’ultima parola, accipigna.

“D’accordo, hai vinto tu. Coraggio, recitate la filastrocca e facciamola finita una volta per tutte”.

Kilgharrah e Castigo si scambiarono un’occhiata solenne e concentrata.

«Andra moi ennepe, Mousa, polutropon, hos mala polla

plagchthê, epei Troiês hieron ptoliethron epersen

pollôn d' anthrôpôn iden astea kai noon egnô,

polla d' ho g' en pontô pathen algea hon kata thumon,

arnumenos hên te psuchên kai noston hetairôn».

“Che cosa?” pigolò sgomento Edward una volta che essi ebbero terminato. “Qualcuno mi spiega perché mai hanno recitato il proemio dell’Odissea in lingua originale?” (Non dimentichiamoci che il vampiro Settebellezze, oltre ad essere un gran gnoccone, era anche un mezzo genio.)

“Ordini dall’alto” sbuffò, laconico, Castigo.

“Quell’autrice da strapazzo prima o poi dovrà vedersela con me. Avrà notizie dal mio avvocato, perdindirindina!” sbottò Merlin, furioso.

In fondo è tutta colpa sua se ci ritroviamo in questa incresciosa situazione!, pensò non a torto.

“Giovane mago, invece di prendertela con Genio faresti bene a preoccuparti di altre magagne” consigliò saggiamente Kilgharrah.

“Chicosacomedoveperché?”

Due figure avanzarono in direzione del gruppetto, tossicchiando un po’ per via del gas fumogeno provocato dall’incantesimo.

Merlin per poco non ci rimase secco. Non loro, supplicò febbrilmente, gli occhi sgranati. Fatina dei Denti, fa’ che non siano loro.

 

 

 

 

*trallallero trallallà*

Ora, io SO che vi state rodendo il fegato e che al contempo mi state maledicendo, LO SO (ehm, almeno credo. Lasciatemi l’illusione, va’, anche se molto probabilmente non ve ne frega una beneamata cippa).

Chi sarà mai la misteriosa coppia di malfattori/malfattrici? Li/e abbiamo già incontrati/e? …Domande, domande. Io vi rivelo solo che qualche indizio l’ho disseminato, nel corso dei precedenti otto capitoli. E adesso scervellatevi pure, mie care. *ammicca*

Mi raccomando: sequel sì o sequel no? Ci tengo ad avere la vostra opinione!

Un bacione e a presto.

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Capitolo 10
*** My happy ending ***


NOTE: Ebbene sì, siamo giunti al termine di quest’avventura! *gaudio e tripudio* E’ il tanto -da me- agognato ultimo capitolo. Agognato perché, finalmente, avrò parecchio tempo a disposizione per plottare altre amenità (tipo il seguito di ‘sta roba, il cui titolo provvisorio è Much ado about nothing) e avventurarmi in altri fandom, per esempio quello di Sherlock (BBC). In caso non sappiate di cosa sto parlando, provvedete a rimediare prima che chiudano tutti i siti di sharing e download, perché trattasi di un telefilm fighissimo e slashosissimo.

I saluti e ringraziamenti finali sono rimandati nell’angulus. Già che ci sono, ne approfitto per autospammare giusto due cosucce che ho scritto nel frattempo, ovviamente sempre sulla coppia Arthur/Merlin (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=925421&i=1 e http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=931842&i=1).

Detto questo, spero davvero che il capitolo sia all’altezza delle vostre aspettative.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

“Chi non muore si rivede, Emrys” lo salutò una vocina metallica.

In nome degli zigomi di Benedict Cumberbatch, perché? Perché proprio lui?

“Mordred” esalò il mago.

Il suo sguardo si posò sull’accompagnatore nerovestito del ragazzino. A giudicare dall’altezza e dalla corporatura doveva essere coetaneo del piccolo druido. Il suo volto era di un pallore mortale, i lineamenti perfettamente cesellati (se non si fosse capito, in codesta storia la fauna maschile di età compresa tra le dodici e le quaranta primavere è composta da individui invariabilmente fighi). Sulla veste lunga sino ai piedi, gemella di quella indossata da Mordred, un distintivo all’altezza del cuore con ricamata una serpe nei toni del verde e dell’argento mandava fiochi bagliori serici.

“E tu devi essere il famoso Tom Riddle” ipotizzò Merlin, rivolgendogli un sorriso nervoso.

“Ssisssignore, precissamente. Lieto di conosscervi, ssovrani di Camelot” si presentò il ragazzino, sorprendentemente compito.

“Amore, me lo sono sognato o quel Tom sibila?” gli sussurrò all’orecchio un Arthur incredulo.

“Credo sia uno dei motivi per cui è stato smistato a Serpeverde” bisbigliò lui in risposta.

“Chiedo perdono” si inserì nella conversazione Sherlock. “Non vorrei risultare indelicato o ficcanaso, ma dato che ci troviamo nella stessa barca… Chi sono codesti virgulti di gioventù e donde provengono, Maestà?”

“Oh, è una lunga storia, Sir Holmes. Diciamo che Mordred è un baby druido con tendenze emo cui Arthur ed io abbiamo salvato la vita. Da circa un anno vive a Hogwarts, dove ha conosciuto Tom”.

“Ssono il ssuo compagno di sstanza, per esssere precissi” puntualizzò Tom pieno di sussiego.

“Aspettate un momento” intervenne Edward mani di forbice. “Hogwarts? Tom Riddle? Come diavolo è possibile? Sono opere di fantasia: vengono da un libro, per amor del Cielo” protestò indignato.

“Non pronunciare un’altra parola, creatura di Sstephenie Meyer” lo zittì quegli, sprezzante.

Al povero vampiro non restò che incassare e rifugiarsi tra le braccia muscolose del suo Jacob che (tanto per cambiare) ringhiò.

“Beh, Mordred, quanto tempo! Merlin ti ha fatto sapere che Aithusa è letteralmente impazzita per Nagini? Sono come sorelle. Mai regalo di nozze fu più azzeccato, davvero” esclamò con giovialità Arthur per smorzare la tensione, arruffando i capelli del bambino.

“Mi fa piacere” mugugnò lui visibilmente in imbarazzo, non abituato a simili manifestazioni d’affetto.

“Arthur, Asino del mio cuore, non credo che Mordred si trovi qui per discutere di Nagini. Tieni a bada il tuo istinto paterno e lascialo parlare, ok?” lo richiamò all’ordine Merlin, non senza una certa dolcezza.

“Umpf, vabbè” si imbronciò Arthur. “Hai dei capelli morbidissimi, sai? Come quelli di Merlin” si complimentò con Mordred.

“Arthur”.

“Scusa, scusa. Sono gli ormoni, abbi pazienza” e di malavoglia lasciò la testa del ragazzino.

“Bene. Mordred, adesso vorresti gentilmente spiegarci il perché del tuo -vostro- coinvolgimento in questa epidemia di gravidanze maschili?” chiese Merlin con voce pacata.

L’interpellato sospirò teatralmente.

“E sia” disse. “Riflettori, prego”.

Un fascio di luce artificiale proveniente non si sa da dove lo investì.

“Riflettori? Alle cinque del pomeriggio, con un sole che spacca le pietre?” fu il commento, quanto mai perplesso, di Caspian.

“Lo sai come son fatti i maghi, caro. Se non c’è un minimo di atmosfera non riescono a concentrarsi” replicò tranquillamente Peter.

“Ma non dovrebbe essere impedito ai minorenni  eseguire magie al di fuori di Hogwarts?” osservò Merlin, un filino apprensivo.

“Emrys, non ci ammorbare con la tua pedanteria da mamma chioccia, grazie” lo freddò all’istante il piccolo druido.

“Ma io-” pigolò, voltandosi verso Arthur in cerca di appoggio.

“Giovane mago, forse è meglio se gli dai retta. La stiamo tirando un po’ troppo per le lunghe e dopo nove capitoli è ora di giungere alla conclusione della storia, a mio avviso” intervenne Kilgharrah.

“Grazie, sommo drago. Adesso, se nessuno altro mi interrompe, svelerò per filo e per segno tutti i retroscena di codesta incresciosa e bizzarra faccenda” annunciò con aria solenne Mordred.

I presenti -draghi compresi- ammutolirono, impazienti di ricevere delucidazioni in merito.

“Molto bene. Dovete sapere, spettabile pubblico, che tutto ebbe inizio la notte di Beltane. Immagino che Emrys ed Arthur vi abbiano narrato a grandi linee di come si sono innamorati” esordì, rivolgendosi ai non camelottiani.

Edward e Jacob, Sherlock e John, Peter e Caspian e Castigo (Kilgharrah l’aveva informato quando ancora si trovavano ad Ellesméra) annuirono.

“Eccellente. Sicché sapete già che, anche dopo che l’Amortentia ebbe esaurito i suoi effetti, altre quattro coppie -oltre a quella formata da loro due- rimasero unite. Questo, come spiegai allora, fu possibile perché il filtro era servito unicamente ad aprirgli gli occhi sui loro veri sentimenti. Erano destinati a stare insieme, ecco. Tutto il popolo brindò al trionfo del vero ammmòòòre, ed anch’io mi unii alla sua gioia. Se ben ricordate, le ultime parole che pronunciai prima di Smaterializzarmi furono: ‘Auguri e figli in abbondanza’. Ebbene, il mio era solo un augurio, una di quella frasi fatte che si dicono in questi casi. La sorte tuttavia ha voluto che Genio -l’autrice, per chi non l’avesse ancora afferrato- ascoltasse le mie parole e decidesse di tramutarle in realtà. Ecco spiegato il fiorire di mpreg” concluse Mordred.

A Merlin scappò una bestemmia di quelle potenti (che non riporteremo, per non incorrere nell’ira del Moige e perché il rating della storia non lo permette) mentre gli altri si guardavano attorno, evidentemente spaesati.

“Ci sono un paio di cose che non mi tornano, però. Se fosse come tu affermi, Mordred, perché mai -delle cinque coppie camelottiane unite da vero ammmòòòre- solo Merlin ed io abbiamo figliato? E poi”, ragionò Arthur, aggrottando le sopracciglia per lo sforzo cui erano sottoposti i suoi neuroni, “Gaius ha calcolato che siamo rimasti incinti nella seconda metà di marzo, non dopo la festa di Beltane. Come è possibile?”

“Domande pertinenti, Sire; la gravidanza giova al vostro intelletto, non c’è che dire” replicò il ragazzino, favorevolmente colpito. “Tuttavia l’autrice aveva previsto che ad uno di voi non sarebbero sfuggite tali incongruenze, sicché mi ha scritto su un post-it la risposta da darvi. Tom, me lo passeresti?”

“Ssubito, mio caro” rispose zelante il Serpeverde, porgendogli un foglietto color verde smeraldo.

“Allora, testuali parole: ‘Miei adorati personaggi, vogliate perdonarmi se non mi sono potuta recare di persona nella ridente Camelot per portarvi i miei saluti (ho una vita anch’io, sapete) ma confido nell’efficienza dei miei emissari. Lasciando da parte i convenevoli, rispondo alle vostre più che legittime obiezioni. Perché solo Arthur e Merlin si sono riprodotti? Semplicemente perché bastavate ed avanzavate voi, ragazzi. Passi pure per i sovrani incinti, ma anche quattro dei migliori cavalieri, l’orafo e il suo apprendista, due uomini di veneranda età come Uther e Cenred...! Sarebbe stato troppo, cercate di capirmi. Soprattutto perché i miei piani riguardavano i vostri nuovi amici che, proprio durante la notte di Beltane, in mondi diversi dal vostro, erano impegnati a concepire. Voi vi eravate già dati da fare in quel senso -era destino che diventaste genitori- sicché le parole di Mordred hanno avuto effetto solo su di loro. Ma come?, vi starete chiedendo, hai appena detto che non volevi complicarti la vita! E’ vero, è vero; ma la donna è mobile, miei cari. Non ho saputo resistere alla tentazione di realizzare dei crossover mirabolanti. Bien, spero di essermi spiegata a sufficienza. Adesso lascio la parola a Tom, che ha da farvi alcuni spoiler molto interessanti sul futuro dei vostri pargoli. Statemi bene, miei cari! Un bacio e tanto ammmòòòre a tutti,
Il Genio del Male’
”.

Merlin non sapeva più quale Santo scomodare, ma a salvarlo da una crisi di nervi ci pensarono i discorsi ragionevoli degli altri.

“Suvvia Altezza, non cadete preda dello sconforto. Poteva andarci peggio, no?” fu l’osservazione ottimistica del dottor Watson.

“Un figlio è un dono di inestimabile valore” gli diede manforte Caspian.

“Non esiste gioia più grande, per me, che poter dare alla luce il frutto del nostro amore” affermò Peter, gli occhi fiammeggianti di passione puntati sul marito.

“Io non vedo l’ora che nasca” aggiunse Edward, entusiasta.

“Ti dispiace così tanto portare in grembo nostro figlio, pulcino mio?”

Arthur lo guardava con l’espressione da cucciolo abbattuto più spupazzabile del suo repertorio, con tanto di labbro inferiore leggermente tremolante. Merlin non seppe resistergli.

“Certo che no, testa di legno. Ti amo e amerò i nostri figli più della mia stessa vita. Non potrei essere più felice, credimi” lo rassicurò con ardore, prendendogli il viso con entrambe le mani e fissandolo dritto negli occhi. “Mi irrita il fatto che Genio si diverta a manipolare le nostre vite a suo piacimento, per capriccio”.

“Non direi che lo fa per capriccio, Merlin. Certo, si diverte immensamente a fangirlare su di noi -ti do ragione- ma in fondo è il suo modo di volerci bene. Ha tolto di mezzo Gwen, ci ha fatti innamorare e poi sposare e adesso aspettiamo due bambini! Desidera vederci felici, ecco tutto” cercò di convincerlo.

“Umpf, se lo dici tu” borbottò Merlin un poco rabbonito.

“Ehm. Potrei avere la vosstra attenzione, di grazia?” si schiarì la voce Tom. “Non ci ressta molto tempo. Sse quello sscasssapalle del nosstro Prefetto nota la nosstra asssenza, ssiamo fottuti”.

“Tom, modera i termini: abbiamo solo dodici anni” lo rimbrottò l’amichetto.

“Sscussa. Dicevo, ssignori, che dovrei giusstappunto Divinare il futuro dei vosstri figli per il climax finale, ssapete com’è” spiegò.

“Mi sembra giusto. In quanto re di Camelot ti autorizzo a procedere” lo accontentò Arthur.

Il ragazzino non perse altro tempo: chiese e ottenne silenzio in sala, ma rinunciò volentieri a luci scenografiche ed altre amenità. Chiuse gli occhi e rimase così, immobile, per diversi minuti. Quando infine si riscosse dal torpore in cui era caduto e recuperò l’uso della vista, i presenti constatarono, non senza un brivido di inquietudine, che le sue iridi erano diventate purpuree e le pupille si erano assottigliate, incredibilmente simili a quelle di un rettile.

“Merlin Emryss”, proclamò con voce stentorea, “il figlio che porti in grembo è un masschio. Avrà capelli neri come l’ebano, pelle più candida della neve e occhi blu come gli abisssi dell’oceano. Ssi chiamerà Casstiel, ssarà bello come un angelo e dotato di poteri ssoprannaturali. Il giorno del ssuo quindicessimo compleanno incontrerà uno sstraniero bello, biondo e macho di nome Dean, proveniente da un altro mondo, e sse ne innamorerà perdutamente. Arthur Pendragon, tu invece metterai al mondo una bambina rosssa di capelli come la tua prozia Muriel, essile e con l’osssatura ssottile di tuo marito. Avrà un’indole indomita e competitiva, nonché un cervello ssopraffino e fasscino da vendere. Non erediterà alcun potere magico, ma in compensso ssarà la prima donna a regnare in Britannia. Il ssuo nome ssarà Elizabeth”.

I due genitori, frastornati, si guardarono. Qualcosa di molto simile all’orgoglio paterno (o materno?) baluginava nei loro occhi.

“Peter Pevenssie”, continuò Tom, “dall’unione tra te e Casspian di Telmar nasscerà un masschio. Erediterà la vosstra nobiltà -d’animo e di ssangue- i tuoi capelli chiari e i tratti eleganti del padre. Ssarà un figlio di cui andare fieri: cortesse e cavalleressco, coraggiosso ed eccellente guerriero. Giovine equo e molto ambiziosso, fonderà il Ssacro Romano Impero. Passserà alla sstoria con il nome di Carlo Magno e ssi prenderà una sscuffia per una bella e ritrossa regina”.

Peter ebbe un giramento di testa per la troppa emozione.

“Edward Cullen, il figlio concepito con il licantropo che ami è un masschio, ma quessto già lo ssapevi. Ssarà anch’egli un vampiro, ma ssomiglierà molto al nonno Carlissle: fluenti capelli d’oro, occhi azzurri (rosssi durante i periodi d’asstinenza, ovviamente) e pallido come la morte. A quindici anni ssi imbatterà in un mortale di nobili natali, tale Louis, e ne rimarrà immediatamente conquisstato. Ah, quassi dimenticavo: si chiamerà Lesstat”.

Jacob ringhiò soddisfatto. Non gli dispiaceva l’idea di avere un altro vampirello in giro per casa.

“Ed infine mi rivolgo a te, John Watsson. Partorirai una bambina di nome Jesssica, bionda e con gli occhi cerulei come te e ssciroccata -pardon, intendevo sstravagante- come il tuo compagno. Da lui erediterà la propenssione ad invesstigare, a ficcare il naso e ad attirare guai come il miele con le mossche, mentre da te prenderà l’abilità nel prossare, tanto che diventerà una giallissta di fama mondiale”.

Sherlock gongolò: la sua eccezionale materia grigia non sarebbe andata perduta!

“Quessto è quanto. Cossì parlò Zarathusstra” terminò Tom,  le iridi tornate alla loro abituale sfumatura nocciola.

“Tom, evita di copiarmi le battute, eh? Signori, il nostro compito si è esaurito. Dobbiamo lasciarvi, ma vi manderemo presto un gufo per tenerci in contatto. Invitateci ai battesimi dei bambini; mi offro in anticipo come padrino del tuo, Emrys” si congedò sbrigativamente Mordred.

Prese una mano dell’amico tra le sue ed insieme recitarono una litania (che a Merlin suonò tanto come ‘Ambarabà ciccì coccò’, ma preferì illudersi di essersi sbagliato) e si Smaterializzarono avvolti da volute di fumo.

“Beh”, ridacchiò Castigo, “non si può certo dire che a Camelot ci si annoi. Che farete adesso?” domandò.

Bella domanda. Come agire? Merlin esitò giusto un attimo, prima di avanzare una proposta che, se lo sentiva, avrebbe potuto cambiare radicalmente la vita di tutti loro.

“Io un’idea al riguardo ce l’avrei e spero che il mio consorte sia d’accordo con me. Ascoltandovi raccontare le vostre esperienze mi è parso di capire che, per un motivo o per l’altro, nei vostri mondi non riusciate ad essere completamente felici e vivere il vostro amore alla luce del sole –Susan che briga per separare Peter e Caspian, la rivalità tra il clan di Jacob e quello di Edward, la morale vittoriana e bigotta che condanna il legame tra Sir Holmes e Sir Watson...”

Si fermò, voltandosi con cautela verso Arthur. Quasi arrossì di gioia nel vederlo rivolgergli un sorriso incoraggiante e complice. Erano in simbiosi totale.

“Così, stavo pensando: perché non rimanete a vivere a Camelot? E’ una città tranquilla e sorprendentemente all’avanguardia per l’epoca (benedetti anacronismi), l’aria è buona e la gente di mentalità aperta. Il lavoro non manca e i salari sono piuttosto alti, ci sono tanti bambini con cui far giocare i vostri figli; e campi da gioco, scuole, impianti sportivi. Saremmo felici di assegnarvi degli appartamenti nel castello (marcondirondirondello) o di procurarvi un’abitazione indipendente e confortevole, come preferite” offrì il mago con una tale e sincera generosità da commuovere un po’ tutti, draghi compresi.

“Mi unisco all’invito di Merlin, naturalmente” disse Arthur. “Sarebbe un onore, nonché un grande piacere, invecchiare e crescere i nostri figli con voi accanto”.

Gli altri si scambiarono qualche occhiata. Sorridevano contenti, nessuno escluso, perciò la risposta data da Sherlock Holmes, improvvisatosi portavoce del gruppetto, non stupì troppo i due sovrani.

“Ne saremmo lieti, Altezze Reali”.

La decisione venne accolta con battimani e risate, pacche sulle spalle e strette di mano cameratesche. Kilgharrah e Castigo ruggirono in segno d’approvazione.

“Adesso avrei io una proposta da farvi”, ridacchiò  Arthur una volta che il brusio si fu chetato. “E se ci dessimo del ‘tu’?”

 

…to be continued…

 

 

 

 

Bene, anche la mia seconda longfic è conclusa! E’ abbastanza emozionante.

Vorrei ringraziare i 15 (ebbene sì, c’è un uomo tra di voi!) eroi che hanno seguito As you like it (Emrys____, fliflai, gaarashun, HigurashiShinko, LoversOcean, meristrella, mindyxx, Mirageon, NomenOmen, Raen91, ShirleyPoppy96, SilviAngel, stefania881, Tere 331, xMoonyx); un abbraccio speciale a chi l’ha ricordata (Cloud Ribbon) e preferita (BeaLovesOscarinobello, Emrys____, hukura_chan, Ice Warrior, NomenOmen, Shuura). E infine un bacio con schiocco alle -finora- 14 persone che hanno recensito, regalandomi così il loro preziosissimo parere (antote, BeaLovesOscarinobello, blackberry, Cloud Ribbon, draco potter, elfin emrys, Emrys____, EuphieKai, gaarashun, mindyxx, Shuura, valentinamiky, xMoonyx, yuuki_love).

Grazie anche per aver solo letto e per avermi seguita fino alla fine; (ri)sentirete presto parlare di me e non solo per il sequel. A questo proposito, nel caso vi andasse di seguire i miei scleri minuto per minuto e conoscere in anticipo spoiler, progetti e amenità varie, questa (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950) è la mia pagina autore su Facebook.

Al prima possibile; tanto tanto ammmòòòre a tutti! <3

 

Edit del 25/02/12: a voi il seguito (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=969540&i=1).

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