Figlia di nessuno.

di Mademoiselle Moody
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il lampadario crolla. ***
Capitolo 2: *** Una sana dose di LSD. ***
Capitolo 3: *** Essere strani non è poi così male. ***
Capitolo 4: *** Viaggiare con te, quasi quasi, mi piace. ***
Capitolo 5: *** La collina degli esseri divini. ***



Capitolo 1
*** Il lampadario crolla. ***


Okay, okay, okay. Prima di iniziare questo delirio più totale vorrei fare una breve introduzione: ho sempre odiato inserire personaggi nuovi (cosidetti OOC) all'interno di storie già scritte. Davvero, è una cosa che detesto. Infatti, non so perché, l'abbia appena fatto.  
E' una sorta di esperimento.
Spero di migliorarla nel corso dei capitoli e no, non vi voglio costringere a recensirla per forza: se vi va, bene, se non vi va, pazienza. Non a tutti piace lasciare commenti (me compresa), quindi vi capirò. Spero che questo primo capitolo non faccia del tutto schifo. Grazie per l'attenzione, e che il disastro abbia inizio. :D PS: i personaggi sono tutti inventati però, vi prego, spero che non vi offendiate. Nel senso che io non ce l'ho assolutamente con le suore o i preti, ma era per dare più drammaticità al tutto. :D 

  

»M.Moody

 

Il lampadario crolla.

 

Quella mattina il sole picchiava violentemente contro una piccola e lugubre finestra di un terzo piano.

Come se ci dovesse entrare per forza, svegliò la bambina che ancora era beata tra le braccia di Morfeo.

Ambra strabuzzò gli occhi controvoglia: un'altra infernale giornata stava per avere inizio.

Mise a fuoco la camera, anche se ci voleva un coraggio disumano per definirla tale.

Infatti, Il suo letto sudicio si trovata di fronte alla piccola finestrella gotica, unica fonte di luce della stanza.

Certo, perché permettersi una lampada o chicchessia era troppo!

La camera, eccezion fatta per l'armadio di legno chiaro nell'angolo, era completamente vuota e stretta.

« Ehi Amb! » chiamò una voce maschile bussando da dietro la porta. « È tardi, muoviti! »

Ambra si alzò e si stiracchiò, osservando la sveglia che si trovava sul comodino in mogano.

Erano le sette in punto di un afoso maggio, il ventisette per l'esattezza.

Dopo di che, girò le chiavi dietro la tapparella e aprì la porta.

« Ben alzata, eh! » fece un ragazzino magro ed alto. « Sai che non devi fare mai ritardo quando... »

« Cresc, andiamo! » tagliò freddamente la ragazza, afferrandolo per un braccio e trascinandolo con sé.

« Buongiorno anche a te, allora » fece l'amico sghignazzando, socchiudendo gli occhi verde bosco. « Come mai così di buon umore, oggi? »

« Il solito ... » fece lei allusiva.

« Ancora con questo dannato sogno? » chiese mentre iniziavano a percorrere il corridoio tappezzato da foto di suore e bambini.

« Sì, ancora Cresc. Solo che stavolta la scena era più nitida » disse Ambra imboccando le scale. « Come al solito lui era lì, davanti a lei. In mano aveva qualcosa di luminoso e lo puntava contro la donna, mentre blaterava. Non so che lingua fosse. Era strana, articolata. Sembrava... »

« Greco » concluse l'amico, mentre scendeva al fianco di Ambra. « Lo so, Amb! È da quando sei piccola che hai questo dannato incubo ... »

« Scusami, hai ragione... »

« Macché, sai che mi fa piacere quando ti confidi con me! »

« Grazie, Cresc. Comunque, questa volta l'ho visto bene ».

« E sei sicura che quello fosse tuo padre? »

« Ah boh, chi l'ha mai visto? » ridacchiò lei, riacquistando la sua solita aria allegra.

« È inutile che ridi laggiù, io da qui non ti vedo! » scherzò Cresc, dandole una pacca sulla schiena.

L'altezza di Ambra rientrava perfettamente nella media di una ragazzina undicenne. Cosa che, invece, secondo l'amico, non era affatto vera: continuava a punzecchiarla perché, vicino a lui, la bambina era decisamente bassa.

Del resto Cresc aveva anche due anni di più, ma secondo lui non era rilevante.

« Le tue battute continuano a fare schifo » chiarì Ambra.

I due amici, dopo essere scesi dalle scale, si trovarono in un ampio ingresso di una palazzina d'epoca.

Così girarono subito a destra per aprire un'alta porta pesante.

« Siete in ritardo » declamò un voce fredda.

« Scusate signora, è che abbiamo avuto difficoltà ad alzarci … » iniziò il ragazzo che venne bloccato dall'amica.

« È colpa mia, Madre Agata. Crescenzo non c'entra nulla, anzi: è venuto anche a svegliarmi ».

Davanti alla porta che avevano aperto, si estendeva un lungo tavolo imbandito, al quale sedevano tre suore, un prete e dieci bambini, di diverse età.

La suora che aveva parlato era quella seduta a capotavola.

« Come al solito, figliola » disse pungente la donna.

Il viso della Madre era scarno e arcigno. I suoi occhi, due fessure verde chiaro, fissavano i ragazzi con odio. I capelli crespi e grigi erano coperti dal velo.

« La prego, non la punisca … » balbettò timoroso Crescenzo, ma venne fermato dal gesto di mano della donna.

« Benedetto ragazzo, non preoccuparti. Siete ormai arrivati alla fine di quest'anno ».

« Beh, mica tanto, Madre » la interruppe Crescenzo, mentre prendeva posto a tavola. « Io devo anche fare gli esami di terza media ».

« Suvvia, signorino. Non intendevo quello ».

« E allora cosa? » chiese con tono zelante un'altra ragazzina castana, corpulenta.

« Non penserete mica di rilassarvi, Clelia. Finito il corso di quest'anno inizierete a prepararvi per quello successivo...»

« Quello successivo? » ripetè Ambra . « Andiamo, Madre, tra meno di tre settimane inizieranno le vacanze. Un po' di riposo è consentito anche per noi … »

Lo sguardo di Crescenzo fece ammutolire la ragazza e, allo stesso tempo, sia gli adulti che i bambini rabbrividirono.

« Che Dio la perdoni » sibilò Madre Agata alzando gli occhi al cielo. « L'ozio è il nemico dell'anima, figliola ».

« È la prima cosa che ti è stata insegnata, da quando hai messo piede qui all'orfanotrofio, signorina! » la rimproverò la suora tarchiata seduta alla destra del tavolo.

Gli altri annuirono consenzienti.

« Certo, non lo metto in dubbio, suor Assunta, ma non potete obbligarci a lavorare tutto l'anno! È una cosa da matti! »

« Sta' zitta, Amb! » fece Crescenzo, impallidendo.

Tutti, all'interno della sala, sapevano benissimo della brutta fine che avrebbe atteso Ambra.

Perfino quest'ultima ne era consapevole.

« Ma tu guarda da quale pulpito viene la predica » parlò per la prima volta il prete anziano. « Signorina, da quello che ci ha riferito la maestra, Mrs Clayton, quest'anno né la tua scrittura, né la tua lettura sono affatto migliorate ».

« Migliorate? » ripeté la bambina. « Che c'entra adesso? L'importante è ciò che imparo, non come scrivo o come leggo! Sono dislessica, ma non è colpa mia. È vero, tendo ad essere sempre molto attiva! Ma se solo potessi usare la mano sin ... »

« NON DIRLO NEMMENO! » la gelò il padre, guardandola con collera, attraverso gli occhi di ghiaccio. « Non pronunziare nemmeno quella cosa! »

« Ma è vero, Padre! Non è colpa mia se sono mancina! Mi sono data molto da fare quest'anno, davvero! Ho provato a scrivere con la destra, ma non ci riesco! In più, ho imparato tutto quello che c'era da studiare » si giustificò la bambina. « Solo perché scrivo male, non è giusto punirmi! Quella donna mi odia! »

« E ti sei chiesta il perché? »

Clelia ridacchiò. Anche un altro bimbo castano che le sedeva affianco, fece lo stesso.

« Sorella, ti prego » fece la suora mingherlina che ancora non aveva parlato. Aveva un viso anziano e stanco, ma era ravvivato dai suoi occhi azzurri come l'oceano. « Io l'ho sentita parlare parecchie volte in Inglese ed è davvero brava! Inoltre si da sempre da fare... »

« Taci, Eulalia! » la interruppe la Madre, senza nemmeno guardarla. « Questa bambina utilizza la mano sinistra, hai idea della gravità della cosa? »

« Sì, però non è giusto! » continuò Ambra, nonostante gli sguardi supplichevoli di Crescenzo per convincerla a fermarsi.

Ormai la Madre era paonazza dalla rabbia.

« Sta' zitta, piccola ignorante » disse la donna.

« Perché dovrei, scusate? Continuate a darmi addosso riguardo cose di cui non ho colpe! Io non sono ignorante! »

« Ah no? Eppure non ti vedo mai studiare! »

« Forse perché apprendo facilmente ciò che viene detto in classe, senza applicarmi a casa.. ehm, qui?! » chiese retoricamente la bimba.

« Come se fosse vero ... » mormorò il Padre.

« Lo è! » tagliò Ambra. « Non potete giudicare. Non mi controllate mai. NON CI CONTROLLATE MAI. Insomma, vi divertite solo a metterci in castigo perché amate vederci soffrire ».

« STA' ZITTA! » urlò Crescenzo.

« Non sto zitta, Cresc, mi spiace. È la pura e semplice verità. E tutti quanti la pensano così ».

« Come osi dire una cosa del genere? » sibilò Suor Agata.

Il silenzio piombò improvvisamente all'interno della sala. Prima che qualcun altro potesse prendere parola, la donna continuò.

« Sai perché ti hanno abbandonato qui, mostro? Sei una sottospecie di... incidente di percorso, ecco. Volevi le tue dannate risposte, non è vero? Eccotele servite, cara. Tua madre è morta, assassinata. Sai da chi? Da tuo padre ».

Il silenzio, nuovamente, riempì la stanza.

Ambra era in piedi e non muoveva un muscolo. Era abituata ai vari litigi con la suora, ma non erano arrivate mai fino a quel punto.

Di solito era proprio lei quella che veniva punita maggiormente.

Usciva di nascosto, parlava a sproposito, chiedeva troppo, rubava i giocattoli degli altri bambini ed era un'attaccabrighe. Insomma, non proprio ragazzina semplice.

Ma sputarle in faccia la vera morte della madre... Beh, quello era stato un colpo decisamente basso.

« Ogni anno qualcuno lascia una quota, una retta, per così dire, per mantenere i tuoi studi » continuò pacata, la donna. « Qualcuno vuole che impari l'Inglese, perché mi hanno chiesto di iscriverti alla scuola vicino al centro, quella di madrelingua. Ma, ogni volta, a causa tua, succede sempre qualche problema e sono costretta a cambiarti istituto. Volevo inserirti in una scuola apposita, per ragazzi problematici, ma niente! É come se qualcuno fosse sempre a conoscenza della tua situazione e mi ricorda dell' Inglese. Ne hai cambiate cinque, IN CINQUE ANNI! Ma io mi chiedo, perché versare i soldi e non prendersi la bambina? Gli altri parenti dove sono? Semplice, sanno che sei crudele e ti hanno lasciato qui ».

Improvvisamente, il lampadario di cristallo sopra la sala, iniziò a vacillare pericolosamente.

« Che stai facendo adesso? » chiese il Padre, terrorizzato. « Smettila, ora ».

La ragazzina non rispose. Guardava con impeto, attraverso gli occhi ambrati, quasi gialli, la Madre.

« La terra! SI MUOVE! » urlò una bambina piccola.

Il lampadario cadde giù, distruggendosi sul tavolo della colazione.

Tutti si nascosero, ovunque fosse possibile, mentre Ambra correva fuori dalla sala, prima che le urla della Madre potessero riecheggiarle sulla testa. Uscì dalla porta principale e sparì. Quel giorno non la videro nemmeno alla Scuola di Inglese.

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Capitolo 2
*** Una sana dose di LSD. ***


Ecco a voi il secondo capitolo. Spero vivamente che non vi faccia schifo, io l'ho definito " DI TRANSIZIONE ". :)
E' un po' più lungo del precedente, spero non vi annoi! :D
Grazie a chi ha recensito e messo la storia tra le seguite e le preferite: ve ne sono riconoscente.:)



»M.Moody




Una sana dose di LSD.
 



 

Ambra era fuori di sé.

Il suo viso, dalla carnagione olivastra, aveva assunto un colorito biancastro, quasi cadaverico.

Gli occhi ambrati, invece, erano diventati totalmente gialli. Ma questo era normale: le succedeva sempre quando era arrabbiata.

Infine, non faceva altro che muoversi i corti capelli castani che le cadevano disordinati fin sotto al collo.

Dopo aver superato il portone in ottone che divideva l'inferno dalla vita quotidiana, la ragazzina si affacciò in una strada assolata in discesa, piena di alberi e palazzine d'epoca.

Scesi i tre gradini di ingresso e, prima di superare il cancelletto, contornato da ciottoli e piante, notò le varie biciclette appoggiate al muro dell'orfanotrofio.

Ovviamente lei e i suoi fratelli -come erano soliti a chiamarsi- non potevano averne una: appartenevano sicuramente ai più grandi.

Ce n'erano tre ed accanto vi era una vecchia Fiat Punto nera.

Era di proprietà del Convento, ma erano soliti a guidarla Madre Agata e Padre Giordano.

Dopo aver scartato rapidamente l'idea di scappare a gambe levate, Ambra optò per una seconda via di fuga.

Da vicino il cancello, raccolse i ciottoli più grandi e pesanti che ci fossero. Così, con determinazione (venuta fuori a causa dell'ira), ruppe violentemente i catenacci delle bici.

Erano quattro e, riconosciuta quella di suor Eulalia, iniziò a scalfire le altre rimanenti, con la parte più appuntita delle pietre.

Mentre compieva quest'atto, il suo colorito riacquistò un tono normale, mentre sul viso si apriva lentamente il solito ghigno sadico che l'accompagnava nella maggior parte delle azioni.

Dopo averle sfregiate a sufficienza, corse con passo felpato verso la macchina dove lasciò, per tutta la lunghezza della portiera, una lungo solco, ben evidenziato.

Però, improvvisamente, le urla dall'interno dell'orfanotrofio si fecero sempre più vicine e, scagliato il sasso sul parabrezza della macchina -con molto dispiacere, senza lasciar nessun ammacco-, prese la bici di Eulalia e corse via.

La brezza estiva... no, aspetta, non c'era nessuna brezza estiva. Si moriva di caldo e Ambra sudava atrocemente, mentre pedalava giù per la strada in discesa.

Il suo respiro era irregolare. Sembrava stesse singhiozzando, ma i suoi occhi non erano né umidi, né arrossati. Aveva un aspetto palesemente tranquillo.

Era incurante dei semafori e degli insulti che le tiravano contro gli autisti dei vari autobus, a cui lei tagliava la strada, in maniera anche piuttosto elegante.

Aveva passato da un pezzo la scuola.

Quel giorno non ci sarebbe andata. Meglio così, tanto quei dannatissimi professori la odiavano, come del resto i suoi compagni di corso.

L'unico amico che aveva era Crescenzo. E viceversa.

Si conoscevano da quando lei aveva memoria. E fidatevi, che non è bello avere il primo ricordo risalente a un castigo in orfanotrofio, insieme ad un'altra decina di bambini.

Da quando aveva messo piede lì dentro, Agata, Assunta e Giordano facevano di tutto per renderle la vita un inferno. Spesso non le davano nemmeno da mangiare e così, entrava in azione la cara Eulalia, unica donna che vedesse nel buono in quella piccola bambina, dal carattere problematico.

Oh sì, perché Ambra aveva un caratteraccio.

Non faceva altro che rispondere a tono alle minacce e ai castighi che riceveva.

Aveva uno spirito parecchio agguerrito.

Il problema di fondo -almeno secondo loro- era che sin da piccola aveva dimostrato delle anormalità: un esempio banale poteva essere il fatto che scrivesse con la mano sinistra. Per questo motivo tutti la chiamavano LSD, come la droga.

La sigla stava per “La Sorella del Diavolo”.

Sì, perché ogni volta che succedevano dei problemi, e credetemi che ne succedevano, lei se ne ritrovava sempre in mezzo.

Un altro problema era la sua incurante dislessia, nonostante fosse un'ottima autodidatta: spesso studiava per conto suo, materie e argomenti che nemmeno le assegnavano. Nonostante impiegasse mezz'ora per leggere cinque pagine, a lei non importava: aveva letto più libri lei che quell'idiota di Clelia o semplicemente di Madre Agata.

Questa, infatti, era una cosa che detestava la suora. Lei era al corrente dell'intelligenza fuori dal comune della ragazza ma, secondo lei, era comunque una bambina cattiva, maleducata, menefreghista, intimidatoria, arrogante e ladra.

Questi pregi (se così li vogliamo definire), in effetti, erano del tutto veri. Del resto, Clelia non sprecava mai un'occasione per litigarci: era l'unica che l'affrontava e la scherniva, insieme ad un altro bambino, che si chiamava Eugenio. Si credevano dei gran furbi, peccato solo che Ambra e Crescenzo li fregassero sempre, anche perché erano decisamente più astuti di loro.

Un altro problema, era il fatto della sua iperattività: riusciva a combinare guai catastrofici, dopo due giorni di scuola, senza saperne il motivo. Per questo era costretta a cambiarla ogni volta che fosse possibile.

Mentre questi pensieri l'affliggevano, si fermò ad osservare il fiume che divideva la sua città: Roma.

Attraversato, si recò dall'unica persona che, al momento, poteva aiutarla veramente.

Guglielmo, il Vecchio Ladro.

Si avvicinò a Campo de' Fiori, una piazza al centro del capoluogo laziale.

Erano quasi le otto ed era già ghermita di banchi per il mercato.

Superata, si infilò in un vicolo, mentre passava davanti ad un vecchio forno, dal quale usciva un odore di pane appena sfornato.

Tentata di entrare, repulse questo desiderio e si girò verso l' officina adiacente.

Fuori, vi era una porta di legno vecchio, chiusa, segno che il Vecchio stava ancora dormendo.

Lasciò la bici davanti e bussò tre volte.

Dall'interno non si udiva nulla. Così la ragazzina bussò ferocemente.

« Arrivo, arrivo » rispose una voce assonnata, da dietro. « Ma chi può essere a quest'ora? »

« Babbo Natale » rispose annoiata Amb.

« Come hai fatto a sentirmi? » chiese il vecchio da dietro la porta.

« Io sento tutto, Gu. Adesso apri la porta, per piacere ».

« Eh no, mia cara, prima dobbiamo testarti ».

« CHE?! » urlò lei.

Fortuna che quella strada era deserta.

« Dai su, Amby... »

« Non chiamarmi Amby, Vecchio! » sbraitò lei.

« E tu non chiamarmi Vecchio » rispose sornione lui.

Ambra abbozzò un sorriso. « Sentiamo ».

« Allora, chi è che, durante la mattina, cammina a quattro zampe, a metà giornata con due, e la sera con...»

« Tre. L'uomo ».

Guglielmo non rispose subito.

« Come hai fatto? » chiese incredulo.

« E' più vecchio di te, quest'indovinello ».

La porta si aprì.

Davanti alla ragazzina si presentò un signore anziano, calvo, con dei grossi baffi bianchi, la pelle raggrinzita e degli occhi neri, vispi. Si appoggiava ad un vecchio bastone.

Guglielmo sorrise. « Entra, sciagurata ».

« Grazie! »

L'interno dell'officina sembrava tutto...tranne che un'officina.

Scartoffie, libri, modellini, gioielli e colori erano sparsi ovunque. La luce, molto povera, filtrava dalle piccole finestrelle in alto, lasciando buia la stanza ma evidenziando la polvere.

« Sei un po' strana » notò il Vecchio, avvicinandosi cautamente ad una sedia.

Seduto, si accese una sigaretta.

« Qualcosa che non va? »

« No, affatto » rispose lei con voce bassa.

« Hai fatto arrabbiare l'arpia, non è così? » domandò lui, ridacchiando.

Lei alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Guglielmo.

« Ti conosco troppo bene, piccola ».

« Sì, però questa volta... »

« Ha iniziato lei » concluse lui. « Come al solito, del resto ».

In breve, la ragazza, riassunse i fatti avvenuti durante la mattinata.

« Mi spiace, tesoro. Ma vedi, qualche volta è meglio tacere piuttosto di dire ciò che si pensa ».

« Sì, ma non è giusto. E tu lo sai ».

« Certo che lo so, però Crescenzo aveva ragione. A proposito, come mai non c'è? »

« Sono scappata ».

« Ah, giusto » disse lui ridacchiando. « Avevo dimenticato questo piccolo particolare ».

« Posso rimanere qui per la mattinata? »

« Potrei mai dirti di no, cara? » fece il vecchio, alzandosi. « Forza, accompagnami a fare la spesa ».

La spesa, come la chiamavano loro, non era la nostra spesa.

Per loro significava andare a rubare qualcosa a qualcuno, o meglio, interpretavano la stessa filosofia adottata da Robin Hood.

Del resto, si erano conosciuti qualche anno prima, quando Amb tentò di rubargli il portafoglio, senza successo.

Infatti, il Vecchio, la scoprì subito e da lì divennero ottimi amici.

Per lei era come un padre.

Alla fine della giornata, all'insegna del “rubacchiare al forno, nei ristoranti e in mezzo alla strada”, il Vecchio congedò la sua allieva.

« Prima che faccia buio è meglio che torni a casa » disse saggiamente l'uomo, appoggiato al suo bastone, mentre camminavano sul Lungotevere.

« Quella non è casa mia! » puntualizzò Ambra.

« Ma saranno preoccupati... »

Amb scoppiò a ridere.E non era una risata isterica, bensì di gusto.

« Preoccupati? Non vedono l'ora che me ne vada! Non capisco perché tu non mi voglia adottare! »

« Sono troppo anziano, lo sai » fece serio. « Adesso torna lì, si sta facendo buio, non vorrei ti capitasse niente ».

« Figurati! Chi potrebbe mai farmi qualcosa?»

E fu proprio in questo che si sbagliò.

Mentre saliva la lunga strada per l'orfanotrofio, passò incurante in un vicolo buio.

E sappiate che non si deve MAI passare nei vicoli bui, quando si è da soli.

Quando si è una ragazza.

Quando si è una semidea.

Alle sue spalle, infatti, cautamente arrivò un ragazzo che le tappò la bocca da dietro.

Prima che potesse reagire, si trovò con le spalle al muro e la mano del tizio sulla bocca.

« Sei molto carina... » constatò lui.

Oggettivamente era brutto. Avrà avuto all'incirca diciotto anni. Un diciottenne brutto.

Lentamente, lasciò libera la bocca, spostando la mano sul collo, per accarezzarlo.

« Come ti chiami? »

« Ambra » rispose lei, tremante.« Ti prego, non farmi male ».

« Figurati, è che ci volevamo divertire un po'. Io sono Leo e lui è Andrea ».

Accanto al ragazzo se ne piazzò un altro e, se possibile, ancora più brutto del primo.

« Che mi volete fare?! » domandò lei, spaventata.

« Te l'ho detto: divertirci con te ».

Mentre lui si avvicinava di più alla ragazza, quest'ultima iniziò a dimenarsi.

« Devi stare buona! » esclamò Leo. « Altrimenti sono costretto a prendere...»

Iniziò a tastarsi la giacca, senza trovare nulla.

« Ma che cav... »

« Questo, intendevi? » tuonò Ambra, tornando al suo solito comportamento arrogante.

Adesso, infatti, poggiava, sul viso del ragazzo, un coltellino.

« Come l'hai preso? » chiese sbalordito, allontanandosi.

« Non si va in giro con questa roba, sei grande abbastanza per saperlo ».

Afferrò per il braccio Leo, mentre, con l'altra mano, teneva il coltello all'altezza del collo.

« Senti bello, o come ti chiami tu, Andrea, dammi il portafoglio! Anche di quest'altro imbecille ».

« Se no? » chiese lui.

« MA SEI IDIOTA?! » esclamò Leo. « DAGLIELI E ZITTO! »

Il secondo ragazzo obbedì immediatamente e li infilò nella tasca della felpa di Ambra.

« Grazie, ragazzi. Ci vediamo » girò sui tacchi e se ne andò, lasciando i due, terrorizzati.

Mentre rideva per il suo nuovo acquisto, sentì altri passi dietro di lei.

Si girò e vide Andrea che la seguiva.

« Ancora? » chiese lei annoiata, mentre riestraeva il coltello dalla felpa grigia.

Il ragazzo, magicamente, si trasformò.

Non era possibile.

Divenne altissimo e, in testa, gli apparvero due corna.

Il corpo, da persona umana, divenne per metà a forma di toro.

Era un Minotauro.

Incredibile.

Iniziò a scappare, ma la cosa era più veloce di lei.

Una Vespa rossa le si parò davanti, quasi investendola.

Guglielmo.

« AMBRA! SALI! » gridò il Vecchio.

Lei non se lo fece ripetere due volte e, salita sul sellino, Gu mise in moto.

« Ti prego, dimmi che lo vedi anche tu! »

« Certo che lo vedo, bambina! Per questo stiamo scappando! » rispose lui, serio.

« Per andare dove? » chiese lei.

« All'aeroporto ».

« CHE?! » esclamò lei. « Ma, per fare cosa? »

« Cosa ci fa la gente di solito?! » chiese sarcastico.

« Prende un aereo... Ma per dove? »

« New York. Il primo volo possibile ».

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Capitolo 3
*** Essere strani non è poi così male. ***


Ecco a voi il terzo, terribile, capitolo! Questo, onestamente, mi piace di più perché si capiranno un po' di cose. Spero non vi faccia schifo. Grazie a tutte quelle anime pie che recensiscono e mettono la storia tra le seguite e le preferite.
 

»M.Moody


 

Essere strani non è poi così male.

 


 

Mentre si allontanavano, Ambra si girò dietro per vedere se quel mostro li stesse ancora seguendo.

Fortunatamente non c'era nessuno.

« Siamo salvi! » urlò lei, felice.

« Non esultare ancora, Amb...»

Troppo tardi.

La mora, improvvisamente, venne afferrata per le spalle e, con una forza sovrumana, fu alzata in aria dal Minotauro.

« AMBRA! » urlò Guglielmo, sterzando bruscamente mentre cadeva per terra.

Nel frattempo, Ambra si ritrovò, piacevolmente, faccia a faccia con quell'essere.

Il manto era marrone scuro e, le corna, erano larghe quanto un braccio dell'undicenne, nere come la pece.

La bocca era enorme, ed Ambra, pensò che l'avrebbe mangiata in un sol boccone se non si fosse sbrigata ad agire.

Fissò il suo viso riflesso negli occhi rossi dell'animale, piccoli ma inquietantissimi.

Intanto, dal basso, Guglielmo continuava ad imprecare.

Si era alzato da terra e camminava.

Ambra si girò per guardarlo. Notò che correva svelto verso di loro, senza bastone.

Un momento, da quand'era che il Vecchio aveva una Vespa?

E soprattutto, da quand'era che riusciva a muoversi senza bastone?

Ambra era confusa più che mai.

« Ambra! » chiamò Gu. « Mantieni la calma, okay?! Non fare nulla di azzardato o stupido! »

Il bello era che solamente il Vecchio era agitato. Ambra invece, come al solito, era impassibile.

Sadica che non era altro, sghignazzò.

« COSA RIDI!? » urlò lui. « LO FARAI ARRABBIARE ANCORA DI PIU'! »

« Zitto Gu! » esclamò lei, mentre le sue parole venivano soffocate dal ruggito del mostro. « Sei tu che lo innervosisci! Secondo me gli sono anche simpatica, non mi sta facendo nulla! »

Al che, il Minotauro, si avvicinò la ragazza verso le fauci, per morderla ma, alla piccola, venne un lampo di genio.

« ZITTA MAI, EH?! » fece Gu.

Nel frattempo, Amb riuscì a sfilare le braccia dalla presa forte, ma non stretta, del mostro.

Con il palmo sinistro stringeva ancora coltellino di Leo.

« CHE VUOI FARE?! » urlò Gu. « Ho detto di non fare niente di... »

Ma prima che potesse terminare la frase, Ambra scagliò, con tutta la forza possibile, il coltellino nell'occhio del Minotauro.

Quello urlò di dolore e, prima che lasciasse cadere Ambra al suolo, lei gli infilzò anche l'altro occhio, rendendolo cieco.

Il mostro lasciò la ragazza e lui, agonizzante, cadde a terra, tastandosi il viso.

« ANDIAMO, CORRI! » disse Ambra, andando incontro all'amico.

« Tu » fece lui, indicandola, con un fil di voce. « L'hai messo K.O. ».

« L'ho solo accecato! » esclamò, mentre aiutava il vecchio a rialzare la Vespa. « Ma tu cammini! »

« Sì, ora però, salta su! Dobbiamo andarcene! »

« Hai ragione! » fece lei, mentre salivano sul motorino.

« Che giornata pazzesca » commentò il Vecchio.

« GU! » sbraitò Ambra da dietro al sellino.

« NON TI AGITARE, SE NO CADIAMO! » la rimproverò lui, perdendo quasi l'equilibrio.

« GU! »

« Tesoro, lo so che è pazzesco, davvero, ma appena arriviamo ti potrò spiegare meglio ».

« GU! » urlò per la terza volta.

« CHE C'E'?!» sbraitò lui, fermandosi al semaforo rosso.

« Il casco » fece lei. « Mi dai il casco? Come facciamo ad arrivare fino a Fiumicino senza che io abbia il casco? »

« Uh, Per Demetra! » esclamò lui. « Mi sono dimenticato di prenderlo dal baule! Forza, aprilo, tanto è rotto ».

« Cosa hai detto? » fece Ambra, scendendo dal motorino e aprendo il bauletto, afferrando il casco.

« Che il baule è rotto » rispose il Vecchio.

« No, prima ».

« Per Demetra? » chiese Gu. « Sbrigati, Amb, sta per scattare il verde! »

« Ma che cavolo significa per Demetra?! »

« Aspetta un secondo » fece lui inchiodando bruscamente, dopo che il semaforo fosse diventato verde.

« Sei stata appena attaccata da un ragazzo, che si è trasformato in un Minotauro; non si sa come tu abbia fatto, ma l'hai accecato; stai scappando da Roma per andare a New York, senza sapere il motivo... E TU, MI CHIEDI, IL MOTIVO PER CUI HO IMPRECATO LA DEA DEL RACCOLTO!? »

L'uomo era visibilmente esterrefatto.

« Gu, ti squilla il telefono » esclamò Ambra, cambiando discorso. « Non è il caso di accostare? Stiamo creando il panico ».

In effetti, si trovavano nel bel mezzo della strada. Guglielmo la guardò per poi eseguire gli ordini. Fermatosi, rispose.

« Sì, chi è, pronto?! » domandò l'uomo.

Poi, improvvisamente, cambiò non solo tono, ma addirittura lingua.

Non era né Inglese, né Italiano. Era qualcosa di antico. Non era Latino, anche perché Ambra l'avrebbe riconosciuto.

Però, la mora, riuscì a captare qualche parola come per esempio: “Oh miei dei; Minotauro; scappare non è al sicuro; mi sono dimenticato; migliore per mare; tra diversi giorni”.

Miei Dei?! Ma che diavolo di imprecazione era? Che fine avevano fatto i vecchi “Oh, Cielo” e gli “Oh, Signore”?

Mentre Ambra rimuginava al riguardo, Guglielmo attaccò.

« Cambio di programma » annunciò. « Non andiamo più all'aeroporto ».

« E dove?! » chiese Ambra. Non ci capiva nulla.

« Alla stazione! » disse lui, riaccendendo il motore. « Prendiamo un treno! »

« P..per New York?! » domandò Amb, tenendosi stretta al Vecchio, mentre ritornavano in strada.

« Non essere stupida, come può un treno arrivare fino in America? Certo che no, per Parigi ».

« Parigi, e perché? »

« Ti sei svegliata tutta ad un tratto?! » chiese Gu. « Adesso ti interessa sapere dove andare? Appena prenderemo il treno, te lo dirò ».

« Va bene, capo ».

E, in una ventina di minuti, arrivarono velocemente a Stazione Termini.

Dopo aver fatto una corsa alla velocità della luce, Guglielmo prese due biglietti dal distributore automatico e si diressero verso i treni.

« Che binario è? » chiese Amb, facendosi strada tra la gente e le valigie.

« Il dieci » fece Gu. « Sbrighiamoci, è in partenza! »

« Figurati, sarà in ritardo ».

E invece no.

Il treno notturno rosso-bianco era fermo al binario dieci.

Salirono nel loro scompartimento e si chiusero dentro.

Erano quasi le otto di sera quando il capotreno fischiò, facendo partire le varie locomotive.

« Adesso possiamo parlare, per piacere? » chiese Ambra, guardando fuori dalla finestra.

« E' una lunga storia, tesoro. Devi seguirmi molto attentamente, okay? »

« Certo » fece lei sorridendo. « VACCA BOIA! »

« Che c'è?! » chiese allarmato il Vecchio.

« Ho dimenticato di avvertire Cresc! Adesso lo chiamo un secondo, mi passi il telefon...»

« NO! » urlò lui.

« Non sarai mica impazzito?! » chiese sbigottita lei.

« No, Ambra. Adesso ti racconto tutto. C'entrano... vedi, è difficile dirlo. Ma è riguardo i tuoi genitori ».

Ambra rimase zitta e incrociò le braccia. Nel frattempo, girò lo sguardo verso il paesaggio buio, fuori.

« Quello che ha detto la pinguina, non è del tutto falso...»

« Un momento » lo interruppe. « Tu sai chi erano i miei genitori? »

« Sì, ma lasciami spiegare » si intromise lui, intimorito dalla reazione che avrebbe potuto avere la ragazza.

« E perché non mi hai mai accennato nulla al riguardo? » chiese semplicemente.

« Per il loro volere e, soprattutto, per proteggerti ».

Ambra lo scrutò per un momento per poi far cenno di continuare.

« Quello che hai visto stasera, è reale. Il Minotauro, intendo ».

« Certo che è reale, a meno che sia pazza! » rise lei.

Lui anche abbozzò un sorriso che sparì subito dopo. « Non sei spaventata? »

« Dovrei? » chiese alzando un sopracciglio, com'era solita fare.

« Sei quasi stata uccisa, Amb...» fece il Vecchio.

Era quasi spaventato dalla fermezza della piccola.

« Ma siamo salvi, no? È questo l'importante! » esclamò strizzando l'occhio.

« Come dicevo, il Minotauro è vero. Hai presente, quindi, la Mitologia? » domandò lui, mentre Ambra annuiva. « Bene, anche le altre cose sono vere ».

Pensava stesse per urlare o almeno sgranare gli occhi, ma niente: rimase impassibile.

« Quindi i miti e gli dei sono reali? » chiese lei.

« Esattamente ».

« E cosa c'entro io? » domandò di nuovo.

« Qual'è il tuo cartone animato Disney preferito? » chiese Gu, bonario.

« Lo sai, Gu, che ce ne ho due. Mulan ed Hercules, ma...»

« Ercole chi era? »

« Il figlio di Zeus ed Alcmena, ma... »

« Quindi era? »

« Dove vuoi andare a parare, Vecchio? » chiese corrugando la fronte Ambra. « Semidio ».

« Esatto ».

« Quindi esistono anche i semidei, giusto? » chiese interessata.

« Giusto ».

« Ma la domanda di prima vale ancora per adesso: io cosa c'entro? »

« Non ti sei mai chiesta il motivo per cui non riesci a curare la tua dislessia, Ambra? »

Lei rimase di stucco.

« Il motivo per cui fai accadere cose strane e sei iperattiva? »

« Sì, ma... »

« Tu non sai chi sono i tuoi genitori, no? » continuò lui.

« Vorresti dire che... »

« Ambra, tu sei una semidea ».

Il silenzio piombò nello scompartimento. Dopo di che, la ragazza scoppiò a ridere.

« Impossibile! » esclamò.

« Non lo è! Sei dislessica perché il tuo cervello è impostato sul Greco Antico. Prima, al telefono, lo stavo parlando e tu mi hai capito! » fece lui.

« Ma non tutta la conversazione, eh! » precisò Ambra.

« Certo, perché non lo hai mai studiato! »

In effetti, tutto tornava. Ambra rimase a pensare, ma Gu continuò.

« Sei iperattiva perché hai i riflessi da combattimento più sviluppati! Come un semidio. Nessun essere umano normale sarebbe riuscito a scappare incolume dal Minotauro. Tu, addirittura l'hai accecato! »

Guglielmo già pensava che non gli avrebbe mai creduto, conoscendo il suo incomparabile cinismo. Ma, alla fine, Ambra annuì per poi continuare a parlare.

« Quindi, non sono strana? »

« Certo che no » sorrise bonario il Vecchio.

« Ma perché non me l'ha mai detto nessuno?! Insomma, di chi sono figlia e perché...»

« Ogni cosa al tempo debito, mia cara. Basti sapere che gli dei si spostano a seconda dello sviluppo della civiltà. E, visto che ora come ora quell'Occidentale è in vantaggio, loro abitano lì ».

« Quindi stiamo andando a New York.. per.. Un momento, mia madre, o mio padre, è ancora vivo?! »

« Esatto ».

« Zeus, Poseidone, Ermes, Atena... sono veri? »

« Bravissima ».

« Uno di loro è … mio padre? »

« O tua madre » propose lui.

« E tu non sai chi sia? »

« No, per questo dobbiamo andare al campo. Lui, o lei, deve riconoscerti » le sorrise.

« Sicuro è mio padre » disse con fermezza Ambra. « Mia madre è morta per mano sua, ma gli dei non possono essere uccisi, quindi mio padre è un dio ».

Guglielmo si ammutolì, mentre lei continuava a parlare.

« Ma perché mi hanno lasciato lì a marcire... »

« Ogni cosa al tempo debito, Ambra, già te l'ho detto. Per ora stiamo andando in un campo dove si allenano tutti i semidei come te. Sai, voi emanate un odore piacevolissimo per i mostri che quindi, se vi scovano, vi uccidono ».

« Per questo quel Minotauro mi ha trovata? E come mai ci ha messo così tanto tempo? »

« Perché, per ordine di uno dei tuoi genitori divini, mi ha ordinato di proteggerti e tenerti lontana dall'America e quindi dai pericoli. Molti semidei non sopravvivono ».

« Oh, beh, ora sì che mi sento meglio ».

« Per questo stavi lì, per la tua tutela ».

« Ma tu chi sei?! » domandò bisbigliando Ambra.

« Io sono il tuo custode » affermò Gu, tastandosi la testa.

Dopo di che, rimosse il cappello invisibile sopra la sua testa e, dal punto in cui vi era il berretto, apparirono due grosse corna. « Sono un Satiro ».

« Come hai fatto? » chiese Ambra.

« Trucchi di travestimento, ciccia » fece l'occhiolino.

« No, che figata » commentò Ambra. « E perché non posso dirlo a Cresc? »

« Perché utilizzando il telefonino attirerai ancora di più i mostri ».

« Allora desisto » concluse lei. « Gu, sono stanca, ti spiace se dormo? »

« Affatto, mia cara. Sarai eccitata, deduco ».

« Decisamente! Quanto potrò rimanere al campo? » chiese lei, infilandosi nella cuccetta.

« Per ora, almeno tutta l'estate » sorrise lui.

« E per dopo? » domandò lei, interessata.

« Tutta la vita ».

« Con gente come me? »

« Esatto ».

« E mi accetteranno? »

« Certo ».

Ambra, finalmente, sorrise. « Notte, custode ».

« A domani ».

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Capitolo 4
*** Viaggiare con te, quasi quasi, mi piace. ***


Scusate l'attesa, gente. Ecco a voi l'ultimo capitolo prima di arrivare a New York (sì, ce l'abbiamo fatta). E' un po' più corto degli altri. Scusate per il pessimo francese! Ho anche aggiunto una canzone che amo particolarmente, per ricordare il film che ho visto l'altro giorno al cinema"This Must Be The Place". Vi consiglio di vederlo. Comunque, bando alla ciance, ecco il quarto capitolo.  
 

»M.Moody

 

Viaggiare con te, quasi quasi, mi piace.


 

 

« Ambra, Ambra..? AMBRA! »

« Mmh?! Che c'è? » chiese assonnata la ragazzina.

« Alzati, tra meno di mezz'ora siamo a Parigi! » le ricordò Guglielmo, mentre la strattonava.

« Okay, non ti agitare » lo rassicurò lei, girandosi dall'altra parte della cuccetta. « Tra dieci minuti mi alz...»

« Ambra » mormorò lui. « C'è un Minotauro nel corridoio! »

« COSA?! » urlò lei, scattando in piedi, mentre estraeva il coltellino dalla tasca dei jeans. « DOVE? »

« Oh, finalmente ti sei alzata » esclamò Gu indicandole la mano. « Che fai, adesso ci dormi anche insieme? »

« Molto spiritoso, davvero, Gu » disse lei, sedendosi. « Quindi non c'è? »

« No che non c'è, Amby » ridacchiò lui mentre lei lo fulminava con lo sguardo. « Non mi dire che ti sei spaventata! »

« Figurati! » esclamò lei. « Ma sto morendo di fame! »

« Appena scendiamo a Parigi ti compro un croissant, contenta? » domandò lui.

« Che diavolo ci faccio con un croissant, Gu? Minimo voglio una baguette con formaggio e prosciutto! » esclamò Amb.

« Ma all'orfanotrofio non vi insegnano a dire grazie e ad adattarsi? » chiese mentre rideva.

« Sono anni che mi adatto, Gu. Voglio una baguette, ti prego! » fece lei, inginocchiandosi davanti all'uomo, mentre si sbellicava dalle risate.

« Certo, ce l'avrai ».

 

Strano a dirsi, quanto a vedersi, il treno arrivò a Parigi puntuale.

Scesi dallo scompartimento, i due si diressero verso l'uscita della stazione.

Era molto più piccola di quella di Roma.

Ambra si girò per vedere il nome: Paris Bercy.

Girò sui tacchi e seguì Gu.

« Uomo, dove siamo diretti? » chiese lei, mentre rabbrividiva.

Sarà stata anche primavera, ma Parigi era molto più fredda della capitale Italiana.

« Verso una fermata di taxi » rispose lui, sovrappensiero. « Dovrebbe essere qua nei dintorni... »

« ECCOLA LA'! » esclamò la ragazzina, indicando un marciapiede ghermito di persone in attesa.

« Sbrighiamoci, tesoro. Dobbiamo metterci in fila e aspettare ».

« Scherzi vero? » sibilò lei. « Hai visto quanta gente c'è?! »

« Ambra, ci tocca attendere e basta... » fece lui, alzando i grossi occhi al cielo. « Aspetta, cos'hai in mente? »

Il vecchio scrutò lo sguardo della ragazza, che si trasformò in uno parecchio malizioso.

« Dov'è che dobbiamo andare? » chiese lei.

« In un posto che mi hanno detto, dove si possono affittare delle macchine » rispose senza capire, mentre estraeva un bigliettino dalla tasca. « Qui ho il nome del posto e della via. Ma la tua faccia non mi convince, che vuoi...»

Prima che potesse terminare la frase, Ambra gli strappò il foglio dalle mani.

« Accasciati per terra » disse lei. « Anzi, fa finta di cadere ».

« Sei pazza » concluse lui. « Non lo faccio ».

« Avanti, Gu !» lo strattonò. « Dobbiamo andarcene il prima possibile da qua, o sbaglio? »

Alla fine il vecchio acconsentì, borbottando qualcosa tipo “guarda te cosa mi tocca fare, per la gamba bionica di Efesto!”

Guglielmo gettò un urlo e, pesantemente, cadde al suolo.

La gente intorno iniziò ad avvicinarsi al corpo inerme.

« OH CIELO! » urlò un'Ambra perfettamente sconvolta, inginocchiandosi verso l'amico e strattonandogli la giacca. « GUGLIELMO, ALZATI! FORZA, ALZATI, GUGLIELMO! »

La ragazza, si girò verso “il pubblico” chiedendo quanti di loro parlassero Italiano.

Fortunatamente, la maggior parte, erano tutti provenienti dalla Penisola Europea.

« Dove state andando, bambina? » chiese una signora sulla trentina d'anni, poggiandole una mano sulla spalla.

« Dovevamo andare a trovare la nonna! » fece la ragazzina, disperata. « Per piacere, aiutatemi! Non ho nemmeno il telefono! »

« Ma certo, tesoro, guarda, adesso ti faccio passare! » l'aiutò la donna, mentre chiamava il figlio e il marito per trascinare il Vecchio verso il taxi.

« Laissez-nous aller! »

Lì davanti, la donna parlò con l'uomo francese che stava per salire sull'auto.

Scostante, annuì e aiutò gli altri due a mettere il corpo dell'anziano sul sedile posteriore.

Ambra invece, dopo aver ringraziato la donna, salì avanti.

Diede il biglietto all'autista che, annuendo, mise in moto la macchina.

 

Ambra non proferì parola fino al punto di arrivo.

« MA.. uomo.. male? » chiedeva il francese, vedendo un Guglielmo attivo e pimpante.

« Non, il va bien. Merci et vive la France! » rispose lei, pagando.

L'uomo, accigliato, girò il volante e se ne andò.

« Tu sei matta, lo sai? » le fece notare Guglielmo, mentre camminavano verso il negozio.

« O un genio, dipende da come lo vedi! » fece lei, ridendo. « Se non fosse stato per me, adesso stavamo ancora in fila! »

« Hai ragione » affermò il Vecchio. « Prima di partire, vuoi che ti prenda una baguette? »

« MAGARI! » esclamò lei.

« Va bene, semidea, va bene » disse, dandole altri soldi. « Tu vai al bar di fronte e ci vediamo qua tra dieci minuti ».

« Okay, capo! » esclamò lei mentre si allontanava.

« Ambra » la chiamò un attimo, mentre si girava per guardarlo. « Se il cassiere ti mostra dei denti gialli, scappa ».

Lei sbuffò e tornò sui suoi passi.

Il discorso con il cassiere, fu costituito principalmente da gesti con le mani e movimenti di testa.

Dopo quella che sembrava fosse un'eternità, Ambra uscì dal bar con due baguette.

Lì fuori, Guglielmo l'aspettava in una Renault Megan Coupé Rossa.

Però, hai capito i francesi!

Montò in macchina e gli porse la baguette. Lui la rifiutò con un cenno di capo.

« Non ho fame, tesoro, grazie » fece lui, accendendo il motore.

« Guarda che io ti volevo far dare solo un morso » rispose seria. « Sono entrambe mie ».

« Grazie, semidea » rispose lui. « Forse ho un'idea su chi non possa essere tua madre ».

« Mmmh? » borbottò lei, mentre ingoiava.

« Sicuro non sei figlia di Atena, dea della giustizia ».

« Perché non ti limiti solo a guidare? » domandò lei, alzando un sopracciglio. « Per dove siamo diretti? »

« Jard-sur-Mer » annunciò lui, con un disgustoso accento francese. « Una località marittima, dalla quale prenderemo un barcone merci fino a New York ».

« Quanto dista da Parigi? » chiese lei, mentre accendeva la radio.

« Almeno cinque ore ».

« Quindi ho il tempo di dormire, giusto? »

« Come se non ce ne avessi avuto, vero?! »

« E quanto ci impiegierà la nave ad arrivare fino a New York? » domandò, cambiando discorso.

« Un giorno ».

« Solamente? » fece stupita, sgranando gli occhi. « Cioè, per un viaggio verso New York ci stiamo mettendo una vita, ma un giorno in nave, solamente? »

« Tesoro, non è una nave normale » disse lui. « Siamo aiutati da Poseidone. A quanto pare gli sei simpatica ».

« Non è che magari è mio padre? » domandò lei, noncurante, mentre cambiava le stazioni radio.

« No, non lo è » ridacchiò lui. « Fidati, non lo è ».

« Mi fido sì. Anche se, non potevamo prendere un aereo come i comuni mortali? »

« Ti manca un piccolo particolare, Amby... » le ricordò il Vecchio.

« Quale? »

« Noi non siamo comuni mortali ».

E con questa frase a effetto, Ambra lasciò un canale rock francese, dove, momentaneamente trasmettevano “This Must Be the Place” dei Talking Heads.

 

Il viaggio, nonostante fosse di cinque ore, non fu affatto pesante.

Ambra cercava di capirci sempre più riguardo la sua famiglia e il campo, ma Gu rispondeva sempre in maniera allusiva, dicendo che tutto le sarebbe stato più chiaro quando sarebbero arrivati.

Mentre arrivavano al porto, il cielo stava quasi per diventare buio.

Non si diressero verso i battelli di linea, ma raggiunsero la fine, dove vi era una nave immensa, di un colore verde acceso.

Come simbolo, vi era un grandissimo tridente che copriva la fiancata.

Sotto, vi era il nome della compagnia “Poseidon's seas”.

Che fantasia.

Era decisamente appariscente ma nessuna delle persone presenti sulla banchina, sembrava interessata alla “divina nave”.

« Ehi, Gu! » lo chiamò. « Ma i mortali non la vedono? »

« Sì, ma la Foschia, la fa sembrare una semplice nave merci » spiegò, mentre entravano nella “pancia” della nave.

« Questa “Foschia” nasconde le cose agli umani? » domandò.

« Esatto, ma ci sono alcuni umani che hanno una vista superiore ».

« Questo mondo mi piace sempre di più. Mi sento quasi privilegiata ».

Non cantare vittoria troppo presto, tesoro” pensò il Vecchio con tristezza. “Non hai idea del destino a cui sei legata”.

Scesero dalla macchina e si diressero al piano superiore.

Sembrava una lussuosissimo traghetto e basta. Uno di quelli che, nemmeno con tutti i loro furti insieme, si sarebbero potuti permettere.

Entrarono nel salone della nave. Non c'era nessuno ed era tutto allestito come se fosse una vecchia sala dorica.

« Che figata » esclamò Amb, non abituata a tutto quel lusso.

Dopo di che la nave salpò.

« Ma siamo solo noi? » domandò la ragazza al satiro.

« A quanto pare » fece lui. « Ti spiace se vado in camera a dormire? Il viaggio mi ha devastato ».

« Certo, Gu! Io rimango un po' qui a girovagare ».

« Va bene, la camera è la numero 197 ».

« A dopo! »

 

La ragazza camminò in lungo e in largo, sempre sovrappensiero.

Ancora non riusciva a crederci. Insomma, aveva scoperto in meno di un giorno di essere una semidea. E non capitava a tutti.

Poi pensò a Crescenzo e si maledì per non averlo avvertito.

Ti saresti divertito con me, Cresc”.

Nel frattempo pensava anche alla reazione che avrebbe potuto avere Agata sapendo della sua partenza.

Forse avrebbe organizzato una festa.

Ghignò. Anche lei l'avrebbe fatto.

Mentre camminava, andrò a sbattere contro una vecchietta.

« Scusi » bofonchiò la ragazza, mentre continuava a camminare imperterrita.

Un momento.

Si fermò.

Che diavolo ci faceva una vecchietta sulla nave?

Quando si girò, però, non c'era più.

« Lo stai aiutando, non è così? » sbraitò una voce acuta alle sue spalle. « Sappiamo che Jackson ha preso la folgore e che tu lo stai aiutando! »

« Cosa-sapete-chi-che-ha-preso-che?! » domandò Amb, mentre guardava la donna, che non era più una donna.

Infatti, la vecchietta, aveva preso forma di un qualcosa.

Dalla testa alla vita era una donna, onestamente bella. Invece, le gambe erano diventate due code di serpente.

Aveva visto un'immagine del mostro nel suo libro di epica, ma non c'era niente che dicesse come farla fuori.

« Non fare la finta tonta, mezzosangue » la incitò.

« Che fai, offendi?! » tuonò Ambra, estraendo il coltellino.

Un momento. Dove cavolo era il coltellino?

Le era caduto in macchina. Oh miseria ladra, e adesso?

 

Ma dove diavolo era Gu?!

« Di chi sei figlia? » chiese la donna-serpente.

« A saperlo! » alzò gli occhi al cielo. « Non è che tu lo sai? »

Ma, invece di rispondere, la donna le balzò addosso.

Grazie ai suoi riflessi divini, Ambra le mollò un calcio in pieno petto, facendola rotolare sulle spalle.

« Però, niente male per una mezzosangue non ancora addestrata ».

« Davvero?! » chiese lei pimpante. « Oh, beh, grazie! »

Ma la donna ripartì all'attacco anche se, questa volta, Ambra non fu molto veloce da colpirla.

In compenso, rotolò di fianco schivando il colpo.

« Oh porca vacca! » esclamò la ragazzina. « No, dico, hai visto quello che ho appena fatto!? »

« Che razza di eroe saresti?! » chiese allibito il mostro.

« Eroe a chi?! Io odio gli eroi! » esclamò Ambra offesa.

« Bene, allora siamo in due! »

E mentre la donna si stava per scagliare, per la terza volta consecutiva, contro la ragazza, si bloccò di colpo, prima di disintegrarsi.

Dietro il mostro si presentava Gu che, con il coltellino di Ambra, avevo pugnalato il mostro.

Notò per la prima volta che la lama non era normale. Forse era speciale, del resto apparteneva a Leo-il-ragazzo-stupratore-Minotauro. Magari serviva ad ammazzare i mostri.

« Serve per uccidere i mostri » spiegò lui, ridandole il coltellino. « E' composto dal bronzo celeste, un materiale molto pregiato per i semidei. Non te lo dimenticare più ».

« Grazie Gu, mi hai salvato la vita! » esclamò abbracciandolo.

« Lo so, è il mio lavoro. Andiamo a dormire, forza! Ci chiudiamo in stanza e non usciamo fino a domattina ».

« Sai una cosa? » disse lei, mentre camminava.

« Cosa? »

« Viaggiare con te, quasi quasi, mi piace ».

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Capitolo 5
*** La collina degli esseri divini. ***


Buonasera gente, ecco a voi il quinto capitolo. Ho dovuto spremere di parecchio le meningi, ma alla fine ce l'ho fatta. :) Spero non vi schifiate. Grazie a tutte le persone pie che seguono e recensiscono. Vi adovo. *w*

»M.Moody



LA COLLINA DEGLI ESSERI DIVINI.

 

Ambra spalancò i suoi grossi occhi castani, cercando di mettere a fuoco la cabina.

Inspirò profondamente la piacevole aria, ricca di salsedine, alla quale non era abituata.

Certo, al mare vi era andata, ma il massimo a cui si era spinta era stata la spiaggia di Ostia.

Si stiracchiò -con nemmeno un pizzico di eleganza- e saltò in piedi dal letto.

Il suo era davanti all'oblò dal quale si vedeva solo il blu.

Dell'oceano?

Del cielo?

Chissà, stava di fatto che Ambra era a chilometri di distanza da Crescenzo.

Parallelo al suo letto, ce n'era un altro con accanto la porta del bagno. Invece, dall'altra parte delle stanza, vi era la porta di ingresso.

« Che cavolo è questa puzza? » domandò alzando le ascelle. «Che razza di schifo ».

« Gu? » chiamò poi, guardando nel letto accanto al suo. « Gu!? »

« Mhh...» fece di tutta risposta l'uomo. « Che c'è? »

« Puzzo » rispose lei seriamente.

« Beh, non è una novità... » bofonchiò l'uomo, girandosi dall'altra parte.

« SCUSA?! » ringhiò lei. « VORRESTI DIRE CHE PUZZO?! »

« Nah » dissentì a sua volta. « Solo.. che sono tre giorni che non ti cambi e non ti lavi.. quindi..»

« Sì, certo, svia il discorso » borbottò lei mentre si dirigeva verso il bagno. « Andrò a farmi una ricca doccia ».

« Dovrebbe interessarmi? » chiese l'uomo, ancora con gli occhi chiusi.

« Se venissi attaccata dal telefono della doccia e dovessi morire... sappi che il mio fantasma verrà a perseguitarti fino a quando... »

La frase non poté essere terminata perché il Vecchio aveva iniziato di già a russare.

« ...Non mi supplicherai di ucciderti» digrignò.

 

Dopo una sana doccia, ad Ambra sembrò di rinascere.

Di certo non si asciugò i capelli: pensava fosse uno spreco di tempo.

Così, con i ciuffi sgocciolanti, uscì dal bagno e notò che Guglielmo dormiva beatamente.

Ancora non per molto.

Gli si avvicinò silenziosamente e inizio a battere chiassosamente le mani accanto al suo orecchio.

« GUGLIELMO, ALZATI ABBIAMO APPENA ATTRACCATO! »

Il pover'uomo sussultò e belò dallo spavento, prima di spalancare gli occhi.

«DOBB..FORZ..AND.EH!? » sbraitò. « AMBRA! »

« Ahah, siamo pari così, Vecchio » rispose lei, gioiosa.

« Sei infima, sappilo » disse lui massaggiandosi le tempie. « Perché mi hai svegliato? »

Lei si sedette sul letto davanti e alzò le spalle. « Boh, non era giusto che tu dormissi e io no ».

« Ottima spiegazione, cara, davvero...» mugugnò lui.

« Su questa crociera sul Nilo » continuò lei, fingendo di non ascoltare. « Ci sarà qualche negozio? »

« Lo sai che alla fine c'è un assassinio sul Nilo? » domandò lui.

« E lo sai che il cadavere ti somigliava? »

« Spiritosa. Comunque, vuoi fare shopping? » chiese.

« Questi vestiti fanno schifo, Gu. Sono tre giorni che li indosso. Non mi sono mai cambiata, ci ho dor...»

« Okay, okay, ho capito...» la bloccò lui. « Vuoi che ti accompagni? »

« E se venisse un altro mostro, eh?! E se mi attaccasse? Già mi hai abbandonato mentre mi facevo la doccia, sei un incosciente! E se mi uccidono mentre sto comprando un paio di mutande?! Devi pensarci a queste cose.. sei o non sei il mio Custode? »

« Non vedo l'ora di portarti al Campo. Ti lascio lì e arrivederci ».

« Ti voglio bene anche io, Gu ».

 

Al piano superiore c'erano una ventina di negozi d'abbigliamento, di scarpe e di elettronica.

Gioiosa, Ambra prese tutto quello che le serviva. Del resto la nave era deserta, non doveva pagare niente ed essere servita da nessuno. Una vera bomba.

Buttò definitivamente i suoi jeans e la sua felpa.

Iniziò a fare la sfilata per i camerini cercando l'approvazione di Gu che bocciava ogni sua scelta.

Alla fine, optò per una canottiera grigia semplice, con sopra una camicia da uomo verde a quadri (che le stava come minimo cinque volte in più), dei jeans scuri a sigaretta e un paio delle sue scarpe preferite: Converse All Star.

Basse, grigie.

Lei non era una tipa a cui interessava l'aspetto fisico oppure apparire più bella delle altre. Ma di certo, non era nemmeno una di quelle a cui non importava nulla.

Si vergognava anche un po' di quell'ambigua situazione: di solito le rubava le cose, questa volta invece aveva il libero arbitrio.

« Entro quanto dovremmo arrivare a New York? » domandò Ambra, mentre usciva dal negozio.

« Un'oretta al massimo » rispose lui. « Hai bisogno di qualcos'altro? »

Mentre passavano davanti al negozio di elettronica, ivi in vetrina c'erano dei telefoni appena usciti, Ambra si incupì.

«Ehi » la chiamò lui, scuotendole la spalla. « Che ti è preso? »

« Niente, solo che Crescenzo.. se è vero il fatto del telefono, che non posso usarlo, non potrò più sentirlo... per i prossimi tre mesi? »

Il vecchio la scrutò. Raramente Ambra dimostrava i suoi stati d'animo, ma con Guglielmo era diverso. Era praticamente suo padre.

« Amb, ti ricordi se nei saloni c'erano delle fontane? » domandò lui, afferrandole il polso e cominciando a camminare.

« Non me lo ricordo, ma se questa è una nave di Poseidone, ti pare che non ci sono fontane? »

La nave in questione, sussultò.

« Tesoro, è meglio che non pronunci i nomi degli dei. Sono un tantino suscettibili ».

« Okay, come non detto ».

Fortunatamente la fontana c'era.

« Oh, grazie agli dei » sospirò l'uomo, mentre frugava nella tasca dei pantaloni.

Pescò una moneta d'oro e prima che la gettasse nell'acqua, Ambra lo bloccò.

« Che diavolo è? »

« Una dracma d'oro » rispose cauto lui. « I soldi dell'antica Grecia ».

« Fantastico, Gu. Ma penso ti stia sbagliando, non stiamo a Fontana di Trevi: è inutile che getti i soldi ».

Guglielmo scoppiò a ridere e lanciò la moneta nell'acqua.

« Ragazza di poca fede, aspetta e vedrai... Oh Dea, accetta la mia offerta: mostrami l'Orfanotrofio di Santa Maria in Trastevere ».

La dracma sparì; in compenso apparve il viso sfocato di un ragazzo noto ad Ambra.

« CRESCENZO! » urlò.

Il ragazzo si girò e spalancò gli occhi. « Ambra? »

« Sì, idiota, sono io! »

« Sei tornata? »

« Ehm, Cresc... veramente...»

« Te ne sei andata? » chiese lui alzando il tono di voce.

« Sono stata costretta a farlo! » si scusò lei, iniziando a gesticolare. « Sono stata attaccata da un... due, sì, erano due tizi che mi volevano stuprare! Così io ho ferito gravemente uno dei due e l'altro mi voleva denunciare, ma dato che io non ho le prove per testimoniare la mia innocenza sono dovuta scappare via con Guglielmo ».

« Hai finito? » chiese pungente l'amico.

« Come?! » domandò a sua volta Ambra. Intanto Gu la guardava senza capire.

« No, dico, hai finito di raccontarmi questa palla? »

« No, Cré, non è una palla...»

« Ambra, ti conosco bene, hai raccontato più bugie tu che Pinocchio. Ero il tuo migliore amico, PENSI DAVVERO CHE NON ABBIA CAPITO!?»

Crescenzo era paonazzo dalla rabbia.

« Perché eri? Cresc, tu lo sei ancora il mio...»

«NON DIRLO NEMMENO! » urlò lui. « NON PROVARLO A DIRE NEMMENO! CI ERAVAMO PROMESSI CHE OGNUNO POTEVA CONTARE SULL'ALTRO NEI MOMENTI DI BISOGNO E CHE NON CI SAREMMO MAI DETTI BUGIE! INOLTRE AVEVAMO PIANIFICATO DI SCAPPARE INSIEME DA QUI, A MENO CHE QUALCUNO NON CI AVESSE ADOTTATO PRIMA... E TU? TE NE VAI!»

« Crescenzo, tu...»

« NO, STA' ZITTA, AMBRA! » la bloccò lui. « Forse hanno ragione tutti, sai? Da quando te ne sei andata Agata è molto più tranquilla, ha dato addirittura una festa! ALLA QUALE HO ANCHE PARTECIPATO! »

Ambra aveva gli occhi sgranati. « Non ci credo, Crescenzo, ti sei fatto circuire da loro...»

« Non voglio di certo essere amico di una persona egoista e meschina come te » sibilò. « Sparisci, non voglio mai più vederti né sentirti ».

E così il messaggio finì.

Ambra continuava a guardare il punto dove un attimo prima il suo migliore amico stava urlando.

Ah, che stupida, ex migliore amico.

« Ambra, è meglio che tu vada a prepararti, stiamo per arrivare » disse Guglielmo.

Non se lo fece ripetere due volte.

Si trascinò fino alla camera da letto.

L'unica persona al mondo di cui si interessava le aveva appena detto di sparire.

La giornata prometteva veramente bene.

Mentre ripensava alle parole di Crescenzo, Ambra e Guglielmo erano scesi al porto.

Nemmeno l'arrivo nel nuovo continente riusciva a metterle allegria: pensava ancora al suo amico.

« Perché non gli hai detto la verità? » domandò Guglielmo interrompendo il silenzio, mentre chiamava un taxi.

« Non mi avrebbe creduto ».

«Ti ha vista come un ologramma, pensare di essere figlia di un dio mi sembra il minimo... »

« Non lo conosci, Gu....»

«Ecco il taxi! » cambiò discorso il vecchio.

« Salve, vorremmo andare a Long Island, grazie ».

Salirono in macchina e chiusero le portiere.

«Allora, che ne pensi del mio inglese? » domandò lui.

« Sinceramente? » disse lei, riacquistando la sua aria tronfia.

« Certo ».

« Fa schifo ».

Guglielmo rise e le diede una gomitata. Anche lei abbozzò un sorriso.

« Vedrai » fece lui. « Troverai un sacco di nuovi amici come te ».

« Sì, è vero » sorrise sorniona.

Guglielmo si tranquillizzò vedendola di nuovo allegra, anche se non sapeva che Ambra era bravissima a camuffare le sue emozioni.

Era gasata per l'arrivo al Campo ma allo stesso tempo, sarebbe tanto voluta tornare indietro per andare da Crescenzo.

Per strappargli un ultimo abbraccio.

Dopo mezz'ora di corsa, l'autista annunciò l'arrivo alla collina.

« Sicuri che volete andare qui? » chiese incredulo l'uomo.

« Certo, signore. Ecco a lei i soldi » pagò Gu, uscendo dalla macchina.

« Uomo » chiamò Ambra. « Dove diavolo siamo? »

« Ecco, piccola, ora vedrai » disse lui, camminando per la collina fino ad un portico di legno.

« Benvenuta a Campo Mezzosangue».

Il Campo era la cosa più bella che avesse mai visto.

Varcata la soglia, notò un immenso paesaggio verde, vicino a un lago, ghermito di ragazzi che combattevano, correvano alla luce del tramonto.

« Uomo » chiamò la ragazza, strattonandogli la maglia. «ARGH!»

« Che c'è?» urlò terrorizzato.

« Scusa, è che non sono abituata a vederti con le corna... »

« Corni » la corresse lui.

« E' uguale » tagliò lei. « Ma che ore saranno? »

« Le sette e mezza di sera ».

« Di già... »

« Che ne pensi di questo posto? » chiese lui mentre si dirigeva verso un edificio.

« E' meraviglioso, Gu. Ma dove stiamo andando? » domando lei a sua volta, mentre vedeva ragazzi in armatura che le sfrecciavano accanto, armati.

« Alla Casa Grande, devi parlare con il direttore del Campo ».

«E' un semidio? » domandò lei, guardandosi in torno a bocca aperta.

« No, è un dio » puntualizzò lui. « Quello del vino ».

« Ah, Dioniso » fece lei, mentre lui l'ammutoliva.

« Che ti ho detto riguardo i nomi? »

« Oh, che tedio » alzò gli occhi al cielo.

« Eccoli lì! » Gu indicò due uomini seduti ad un tavolo, intenti a giocare a carte.

Due uomini, oddei, era un parolone.

Uno dei due era un Centauro, l'altro, invece, un tizio tarchiato vestito con una camicia leopardata.

Vicino a sé teneva una lattina di Diet-Coke.

« Signor D, Chirone! » salutò Guglielmo arrivando.

Il centauro distolse gli occhi dal gioco e salutò sorridente i nuovi arrivati.

« William, finalmente ce l'hai fatta! »

« William? » domandò Ambra incredula. « Per quale motivo ti chiamano così? »

« Tu sei Ambra, giusto? » chiese il centauro, allungando la mano. « Piacere sono Chirone, mi occupo delle attività qui, al campo ».

« Piacere mio » fece lei, stringendogli la mano. « Lei invece è talmente occupato a giocare da non potermi salutare? »

« Vedo che apprendi presto, ragazzina » chiarì lui, pungente. « Io sono il direttore, chiamami signor D; anzi, preferirei proprio non essere chiamato. Chirone, sta a te ».

« Pinnacolo? » domandò Guglielmo-William, mentre si chinava verso la ragazzina. « E' un gioco di carte che piace tanto qui ».

«Ahah, ti sto battendo un'altra volta, mio caro! » esclamò il centauro.

Aveva un'aria estremamente saggia che piaceva molto alla ragazza.

Dioniso in compenso borbottò qualcosa di incomprensibile, mentre Ambra osservava silenziosamente la partita.

In quel momento arrivò una nuova persona, un ragazzo, che fu salutato calorosamente solo da Gu, perché gli altri erano presi dalla partita.

« Posso? » chiese poi la ragazza, al dio.

« Sei ancora qui, Ambrosia? » domandò sprezzante il signor D.

« A quanto pare ci dovrò rimanere anche per parecchio » rispose tagliente. « Butti la regina, sempre meglio che sacrificare il re. Alla prossima mossa si riscatterà con l'asso ».

Dioniso rimase un attimo a pensare per poi fare ciò che gli era stato consigliato.

Vinse la partita.

« Beh, grazie, ragazza » borbottò lui, rimescolando il mazzo.

« Come scusi? Penso di non aver capito bene » fece lei sarcastica, suscitando le risate del ragazzo.

Finalmente si accorse di lui.

Era alto e biondo, con due grossi occhi azzurri molto intensi. Il viso era perfetto, tranne per una brutta cicatrice sulla guancia destra.

« Ho detto scusa, Ambra » chiarì scorbutico il dio.

« Sentiti fortunata » le disse il ragazzo. « Non si ricorda mai i nomi dei suoi allievi. Gli piaci ».

« Il lago è abbastanza grande e alto, figlio di Ermes. Se ti butti dal lato destro, potrai affogare molto velocemente » sputò le parole il dio del vino.

« Certo, signor D. William, ora la ragazza è nelle mie mani, vai a riposarti » lo esortò il tipo, prima di rivolgersi ad Ambra. « Vieni, ti faccio vedere un po' questo posto ».

« Ciao Gu, arrivederci Chirone, Dioniso...»

Il signor D fece finta di niente. La osservò per poi iniziare nuovamente a mescolare.

Si allontanarono dal posto di gioco prima che il biondo le sorridesse un'altra volta.

«Hai mai giocato a Pinnacolo? »

« Dici il gioco di carte? No » rispose lei.

Era veramente bello.

Lui alzò il sopracciglio. « Però, notevole ».

« Grazie, tu chi sei? »

« Giusto. Sono Luke, capo della casa undici, figlio -purtroppo- di Ermes ».

« Piacere Luke, capo della casa undici, figlio -purtroppo- di Ermes. Io sono Ambra, casa di niente, figlia di nessuno ».

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