Un'altra chance. di Mia Swatt (/viewuser.php?uid=111649)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1. IL RITORNO DI DAMON ***
Capitolo 3: *** 2. LA FESTA ***
Capitolo 4: *** 3. KATHERINE PIERCE ***
Capitolo 5: *** Epilogo. ***
Capitolo 1 *** Prologo. ***
Buon
pomeriggio a tutti! Eccomi con il secondo tentativo su questa fandom :)
la mia storia che pubblicai su Il Diario del Vampiro,
è una
one-shot a rating rosso - che, in caso potesse interessare, potete
trovare QUI
- e ha una trama piuttosto forte.
Tornando a questa piccola flash, cosa dirvi? La storia avrà
CINQUE pubblicazioni, un giorno alla settimana - ogni
Venerdì. Il racconto è composta da TRE CAPITOLI
più PROLOGO ed EPILOGO. In principio, questa flash, doveva
essere una one-shot, poi mi è stato chiesto di fare almeno
una storiella più lunga ed è nata questa
flashfic. Spero possa interessare a qualcuno :)
Adesso vi lascio al capitolo, buona lettura!
Un’altra chance
Non
sono ancora pronto per
lasciar perdere,
perché in quel caso non saprei
mai cosa mi sto perdendo,
ma sono troppo fuori strada.
Allora, quando mi arrenderò a
quello che ho desiderato?
Non saprò mai perché è
crollato tutto giù, giù, giù...
Down,
Jason Walker.
PROLOGO
Fell’s
Church,
Virginia. Stati Uniti
d’America.
Agosto, 2004.
Come
ogni anno, il
cortile della scuola superiore di Fell’s Church, era
allestito a festa. Musica,
palco, sedie posizionate davanti ad esso… Altre classi si
sarebbero diplomate,
quell’anno.
― Damon! Ti stavo
cercando dappertutto! ― lo chiamò una ragazza, la
più bella di tutto il liceo.
I capelli mossi, castano scuro, le ricadevano fino a metà
schiena; gli occhi da
cerbiatta era due pozze onice, in cui perdersi ogni volta che la
guardava; il
fisico era perfetto, atletico. Degno di un capo cheerleader.
― Kat, ero qui. Sto
aspettando mio fratello, dovrebbe arrivare a momenti con Elena.
― Bello! Stanno
ancora insieme? Che carini… Senti, volevo sapere se hai
trovato le decorazioni
che ti ho chiesto. Devo finire di allestire il palco, visto che tra
qualche ora
comincia la cerimonia.
― Certo, li ho
messi in palestra. ― rispose. La ragazza si alzò in punta di
piedi e gli posò
un bacio a fior di labbra, per poi scappare via.
Damon restò lì,
impalato, a fissare quella ninfa, orgoglioso che fosse sua. Solo sua.
Katherine Pierce,
insieme a Damon Salvatore, entrambi diciottenni, erano i ragazzi
più popolari
del liceo. Lui, atleta affermato nel basket; lei, cheerleader bella e
talentuosa.
― Attento Damon, se
la guardi troppo rischia di scomparire.
― È tutta invidia.
― affermò il ragazzo ― Il fatto è che odi fino
all’inverosimile che io guardi
lei e non te.
― Mi hai scoperta!
Adesso cosa farò? ― domandò lei, melodrammatica.
Damon scoppiò a ridere per la
sua sfacciataggine, ma lei era fatta così.
Bonnie McCullough,
era la migliore amica di Elena Gilbert –
quest’ultima altre non era che la
ragazza di suo fratello, Stefan Salvatore.
Alta un metro e
sessanta, Bonnie, con la sua carnagione mulatta, i suoi occhi scuri, i
capelli
corti e rossicci, riusciva sempre a far impazzire Damon. Lui
l’adorava; c’era
stato un tempo, perfino, in cui aveva pensato di poter costruire
qualcosa con
la “streghetta”, ma il temperamento di Bonnie non
era per uno come lui. Damon
voleva la popolarità, Bonnie non era quel tipo di persona.
― Non avrete già
cominciato a discutere voi due, vero? ― domandò Stefan,
raggiungendo il
fratello insieme a Elena.
― No, fratellino. ―
rispose Damon, passandogli un braccio intorno alle spalle ― Come al
solito è
rimasta abbagliata dal mio fascino!
― Ti piacerebbe… ―
lo stuzzicò Bonnie, provocando una sonora risata alla sua
migliore amica.
Elena Gilbert,
sedici anni – come Bonnie e Stefan – era una
ragazza alla mano. I capelli
biondi, lunghi, le ricadevano lisci fino alla vita; gli occhi castani
erano
espressivi, sinceri, privi di ogni malizia. Stava con Stefan dal primo
giorno
di liceo, da quando – per caso – si erano scontrati
fuori dall’ufficio del
preside. Fu un colpo di fulmine, amore a prima vista.
Le ore, che
dividevano l’attesa dalla cerimonia della consegna dei
diplomi, passarono in
fretta. Katherine, insieme al comitato di organizzazione, fece un
lavoro
impeccabile. Come ogni volta. Quando la cerimonia iniziò,
tutti i genitori
furono fieri dei propri figli, i quali – vestiti con tunica e
cappelli bordeaux
– si susseguivano sul palco, per ricevere la loro promozione.
― Ci siamo
diplomati! ― urlò Katherine, mentre passeggiava con Damon
per il Luna Park ―
Finalmente ce ne andremo via da questa città, tesoro.
― Non vedevi l’ora,
eh?
― Già. Tu non sei contento
di partire? ― gli domandò. Lui, di tutta risposta,
scollò le spalle. Damon non
odiava quella città come Katherine, ma non voleva stare
senza di lei. Aveva
deciso, perciò, di seguirla, fino a New York.
― Un po’ mi
mancherà. ― ammise lui ― In fin dei conti ci ho vissuto per
diciotto anni.
― A me l’unica cosa
che mancherebbe saresti tu. Fortuna che vieni con me. ― lo spinse
dolcemente
vicino ad un muretto e lo baciò con passione, per ore.
― Oh, scusate! ―
disse Bonnie, avendo interrotto i due piccioncini ― Non vi avevo visti,
stavo
cercando Elena!
― Figurati, Bonnie.
― rispose Katherine ― Ti aiutiamo a cercarla, così la saluto
anche io. Domani
partiamo, lo sai vero? ― Bonnie annuì soltanto, sapendo
perché Katherine avesse
voluto precisare. Lei sapeva che Bonnie era innamorata di Damon, ma
avrebbe
lottato con gli artigli e con i denti piuttosto che lasciarlo a lei.
Bonnie,
dal canto suo, era troppo testarda per ammettere quel sentimento.
― Dovrebbero essere
alla ruota panoramica.
― Bene! Allora
andiamo! ― rispose Katherine ― Damon, vieni?
― Sì, andiamo. ―
rispose il ragazzo, non capendo il motivo degli sguardi scambiati, poco
prima,
dalle due ragazze.
Come aveva intuito
Bonnie, Stefan ed Elena, stavano scendendo abbracciati dalla ruota
panoramica.
― Sempre a fare i
piccioncini, eh?
― Parli tu, Damon.
― rispose Elena ― Tu e Kate state sempre a sbaciucchiarvi!
― E come potrei
resistergli? ― domandò retorica quest’ultima,
facendo ridere tutti, per il tono
usato.
― Così ci siamo. ―
disse Stefan, avvicinando il fratello ― Tra poche ore te ne andrai.
― Come farai senza
di me? ― lo stuzzicò il fratello maggiore.
― Sei sempre un
pirla, lo sai?
― Ma bellissimo. Un
pirla estremamente affascinante, direi.
I fratelli
Salvatore erano completamenti diversi l’uno
dall’altro, non solo nell’aspetto
fisico. Damon, due anni più grande, era alto un metro e
ottantatre; occhi e
capelli neri; fisico atletico. Caratterialmente era quello che si
chiamava un
dongiovanni. Sicuro di sé, fino all’inverosimile,
strafottente ed egocentrico.
Stefan, invece, era alto un metro e ottanta; occhi verdi, capelli
castano
chiaro; fisico atletico, anche’esso. Era molto dolce e
altruista, sapeva
ascoltare gli altri. Generoso e romantico.
― Mi mancherai,
Damon.
― Anche tu, Stefan.
― si scambiarono un abbraccio fraterno e poi ognuno andò per
la propria strada.
― Ehi… ― lo chiamò
Katherine, mentre stavano raggiungendo l’aeroporto ― Ti stai
pentendo?
― Di cosa? ― le
chiese lui, confuso da quella domanda.
― Ti partire con
me, per esempio. ― rispose lei ― Oppure, di aver scelto me e non Bonnie.
― Kat, io non
dovevo scegliere nessuno. ― rispose Damon, deciso ― Non ero innamorato
di
Bonnie, come lei non lo era di me. Io ho scelto te, perché
ti amo.
― Ed io amo te,
Damon Salvatore. ― sussurrò lei, baciando le sue labbra
morbide.
***
Brooklyn, New York. Stati Uniti d’America.
Settembre 2011.
Erano,
ormai, sette
anni che Damon viveva a Brooklyn. Si era laureato in giornalismo
nell’anno 2009
e da due anni lavorava presso il New York
Times, come stagista reporter. Aveva una carriera solida,
sulla quale
costruire il suo futuro; una bella casa; una ragazza con la quale
doveva
sposarsi. Ma tutto cambiò, all’improvviso.
Katherine era
diventata una fotomodella affermata, nella grande mela. Ovunque
guardasse,
Damon, vedeva il suo volto sui cartelloni; attaccato agli autobus.
Perfino in
televisione trasmettevano alcuni dei suoi servizi. Per tutto il mondo,
Katherine Pierce, era dolce, bella e simpatica. Sorridente con tutti.
L’unico a
sapere chi fosse, realmente, era Damon.
Lui che le aveva
donato il suo cuore.
Lui che l’aveva
seguita, in una città che non conosceva.
Lui che avrebbe
venduto, perfino, l’anima al Diavolo pur di farla felice.
Lui che le faceva
passare ogni capriccio.
Lui che l’amava
senza condizionamenti mentali.
Lei, invece, lo
aveva lasciato. Sei mesi prima, con un biglietto. Dopo avergli fatto
trovare
gli scatoloni fuori dalla porta di casa. Una casa che lui aveva
comprato per
lei, per loro.
Sai come ragiono, o
tutto o niente.
E per te non c’è più niente.
Katherine.
Poche righe avevano
spazzato via tutto. Un amore, un passato, un futuro.
~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~
Eccoci
qua. Spero che il prologo sia stato di vostro
gradimento... Per ora non credo ci sia troppo
da dire, perciò lascio a voi il giudizio! Fatemi
sapere cosa ne pensate :) e ci aggiorniamo Venerdì prossimo!
|
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Capitolo 2 *** 1. IL RITORNO DI DAMON ***
Salve
a tutti! Come va? Io così e così, ho passato una
notte tremenda - maledetti incubi! Va bene, giustamente starete
dicendo: "e a noi che importa? Dacci il capitolo!" e avete ragione XD
ci tengo solo a farvi una domandina...
Leggete, please!
Solitamente -
quando una storia è corta o in fase di arrivo -
autopubblicizzo qualche mia storia, in caso che a qualcuno interessi
leggere altro di mio. Personalmente apprezzo questa cosa, in quanto
lettrice, perché se l'autrice mi piace come scrive, finita
la storia che sto seguendo, mi farebbe piacere leggere altro di suo. E'
vero, volendo c'è sempre il profilo di EFP, ma magari a
qualcuno fa piacere vedere cosa propone l'autrice stessa... Tutto
questo per chiedervi: che saghe seguite? Cosa vi piace leggere?
Aspetto, con ansia, vostre notizie per il futuro. Adesso vi lascio al
capitolo!
1.
IL RITORNO DI DAMON
Fell’s Church, Virginia.
Stati Uniti
d’America.
Settembre 2011.
L’aeroporto
di
Fell’s Church era sempre lo stesso, nonostante fossero
passati setti anni
dall’ultima volta che Damon vi avesse messo piedi. Non
tornava in quel piccolo
paese della Virginia da quando era partito per New York.
Nessuno sapeva del
suo ritorno, neanche Stefan.
Arrivò a casa
Salvatore circa mezzora dopo l’atterraggio
dell’aereo. Ad aspettarlo non c’era
nessuno. Suo padre, Giuseppe Salvatore, era al comune della
città, era lì che
lavorava praticamente da sempre; sua madre, invece, era a scuola.
Faceva l’insegnante
di Storia.
Quando varcò la
soglia riconobbe l’odore famigliare di muschio, che da sempre
aveva
contraddistinto quelle mura. Quanto gli era mancato tutto quello? Troppo.
Mise a posto i
bagagli, si diede una sistemata e decise di fare una sorpresa a suo
fratello,
facendosi trovare fuori dal College.
A differenza di
Damon, Stefan, era andato con Elena all’università
della Virginia. Voleva
diventare uno psichiatra; Elena, invece, una veterinaria.
Erano da poco
passate le due, sarebbero usciti a breve.
― Com’è andata,
amore? ― domandò Stefan, ormai ventitreenne, alla sua
fidanzata. Lei gli
strinse le braccia attorno alla vita e rispose.
― Molto bene! E tu?
― Non vi si può
lasciare qualche anno da soli che vi rammollite, eh ragazzi? ―
domandò Damon,
alle loro spalle. I due ragazzi si voltarono, riconoscendo la voce
– se pur
diventata più matura e fiera – non credevano ai
loro occhi.
― Damon? ― chiese,
incerta, Elena.
― L’unico e solo, cognatina!
― Oddio, sei
proprio tu! ― urlò lei, buttandogli le braccia al collo.
Damon le restituì
l’abbraccio, alzando gli occhi al cielo.
― Ah, nessuno
resiste al mio fascino… ― sussurrò, prendendosi
uno pugno sul braccio.
― Ma falla finita,
scemo!
― Damon. ― disse
Stefan, ancora inerme dinanzi al fratello. Era sorpreso.
Non sapeva che sarebbe tornato.
― Lo so, Stefan. ―
sdrammatizzò lui ― Dopo anni in cui mi vedevi solo per
webcam e qualche
incontro fugace a New York, vedermi dal vivo ti crea uno shock, ma ehi!
È tutto
apposto, fratellino! Sono io.
― Non cambi mai tu!
― disse Stefan, allargando le braccia ― Fatti abbracciare!
La giornata passò
serenamente. I genitori di Damon furono sorpresi, ma felici, nel
riaverlo a
casa. Stefan ed Elena decisero di organizzare una festa, in onore del
suo
ritorno a casa. Non voleva ricevimenti, Damon. Né qualsiasi
altra cosa simile,
ma non poteva dirlo ai suoi amici. Loro erano contenti, non voleva
rovinargli
l’allegria.
― Bonnie? ― domandò
Damon, mentre erano tutti e tre in pizzeria.
― Sta bene. ―
rispose Elena ― Ma non credo sappia del tuo ritorno, non ancora almeno.
― Quanto credi di
rimanere? ― chiese Stefan, bevendo un sorso di birra.
― Per sempre,
direi. ― rispose Damon, addentando un pezzo di pizza.
― E Katherine…? ―
azzardò Elena, visto che nessuno aveva ancora toccato
l’argomento.
― Non credo si
unirà a noi.
― Cos’è successo? ―
domandò Stefan.
― Mi ha lasciato. ―
spiegò il fratello ― Una sera, sono rientrato a casa dal
lavoro e ho trovato
tutta la mia roba fuori dalla porta di casa. Lei non c’era,
ovviamente. Era
fuori città per qualche scatto, non lo so. Fatto sta che
tutta la mia roba era
lì, in bella mostra! Sulle scatole c’era il mio
nome, scritto a lettere
cubitali. E poi c’era questo… ― concluse, tirando
fuori dal portafoglio il
bigliettino con cui Katherine aveva messo fine alla loro storia. Stefan
lo
prese, passandolo poi a Elena.
― Mi dispiace
tanto, Damon. ― disse quest’ultima, riconsegnandogli il pezzo
di carta
stropicciato.
― Sì, già… Anche a
me.
― Quando è
successo? ― chiese Stefan, capendo che il motivo per cui suo fratello
fosse
tornato a casa era senza ombra di dubbio quello.
― Sei mesi fa, più
o meno.
― Ma… ― tentò di
dire Elena, ma Stefan la bloccò.
― So quello che
stavi per dirmi, Elena. ― rispose, comunque, Damon ― Perché
due mesi fa, quando
mi avete chiamato, ho detto che andava tutto bene? ― non vedendo
risposte,
continuò da solo ― Sapete come sono fatto. Inoltre, credevo
che le cose
potessero sistemarsi. Solo qualche giorno fa ho capito che era davvero
tutto
finito, forse non è mai neanche cominciato niente.
― Che vuoi dire? ―
chiese Stefan, non sopportando di vedere suo fratello in quelle
condizioni.
― Niente Stefan,
non mi va di parlarne. Va bene?
― Va bene.
― Stasera si fa
quello che vuoi tu, ragazzone! ― intervenne Elena, cercando di spezzare
la
tensione ― Quindi, cosa vuoi fare?
― Giocare a
biliardo! ― rispose Damon ― Come ai vecchi tempi, vi va?
― Certo, basta che
non bari. ― disse Stefan, alzandosi dal tavolino.
― Ehi! Io non baro…
― non finì la frase che sia Elena che Stefan, stavano
morendo dalle risate.
Damon sorrise, per la prima volta dopo tanto tempo. Capì,
così, che quella
decisione era stata la migliore. Tornare a casa, da suo fratello, dai
suoi
amici, era la scelta più saggia che potesse fare.
***
Era
passata una
settimana dal ritorno di Damon a Fell’s Church, e le cose
stavano andando
piuttosto bene. L’unica cosa che il ragazzo non capiva, era
il motivo per il
quale Elena, ma anche Stefan, non avesse detto nulla a Bonnie.
Era pomeriggio
inoltrato, quando il cellulare del ragazzo suonò per la
centesima volta. Il
direttore del giornale, per il quale lavorava a New York, continuava a
chiamarlo. Voleva che il ragazzo tornasse al suo posto di stagista;
aveva
futuro, diceva. Ma Damon non aveva affatto voglia di tornare in quella
città.
New York era stata la sua benefattrice, ma anche la sua rovina.
Lì, in quel
luogo, lui e Katherine avevano cominciato la loro nuova vita;
lì, in quello
stesso luogo dove tutto era iniziato, tutto era finito.
Si alzò dal divano,
stanco di rimuginare sempre sul suo fallimento amoroso, e si
versò un bicchiere
di scotch. La casa non era cambiata molto in quegli anni. La libreria
era stata
arricchita, ma nulla era stato spostato. Suo padre teneva molto
all’ordine.
Aveva deciso di guardare un po’ di televisione, quando delle
voci – provenienti
dal portico di casa – attirarono la sua attenzione. Erano
Stefan ed Elena.
― Allora, glielo
hai detto o no? ― domandò il primo.
― Ancora no. ―
rispose la seconda.
― Elena!
― Cosa? Stefan, sai
che è un argomento delicato per Bonnie.
― Sì, lo capisco.
Ma non puoi aspettare che Bonnie incontri Damon fuori
dall’università o in giro
per la città. Sarebbe peggio, non trovi?
Elena sbuffò,
sapendo quanto le parole del suo ragazzo fossero vere. Ma era
combattuta. Come
avrebbe fatto a dire a Bonnie che Damon, quel
Damon, era tornato a Fell’s Church?
― Lo so, ma Stefan…
Come faccio a dirle che Damon è tornato? ― chiese lei, in
tono lamentoso ― Sarà
una batosta per Bonnie.
― Lo so. Non le è
ancora passata, vero?
― No. ― rispose,
sospirando pesantemente ― Da quanto si è lasciata con Jeremy
non si è messa più
con nessuno. Schiva chiunque, lo sai. Credevo che mettersi con Jeremy,
dimenticare Damon una volta per tutte, fosse la scelta migliore per
lei,
invece…
― Invece non riesce
a dimenticarlo. Non ci è mai riuscita davvero.
Damon era senza
parole. Il respiro era fermo, il suo corpo congelato, immobile. Bonnie,
quella Bonnie, era innamorata di
lui?
Era sempre stata innamorata di lui.
Percepì Stefan
tirare fuori le chiavi, così scattò veloce
– ma silenzioso – sul divano,
facendo finta di non aver sentito nulla.
― Ehi, ragazzi!
― Ciao Damon. ―
rispose loro, all’unisono ― Cosa fai? ― proseguì
Stefan.
― Niente, ho appena
spento la tv. Non c’è mai niente di decente da
guardare! ― rispose, alzandosi
per mettere via il bicchiere, ormai vuoto ― Com’è
andata a lezione?
― Bene! ― rispose
Stefan, prendendo la giacca di Elena.
― Stancante. ―
disse, invece, quest’ultima, sprofondando nella poltrona.
― Come siete
pappamolle. ― scherzò Damon, prendendosi in piena faccia una
cuscinata, tirata
da Elena ― Grazie tante.
― Figurati! ―
rispose lei, sorridente ― Quando vuoi!
― Stefan, la tua
ragazza mi tratta male!
― Sono sicuro che
te la sei cercata.
Damon sbuffò
contrariato, ma non riuscì a togliersi dalla testa neanche
per un secondo
quello che aveva sentito, qualche minuto prima.
― Come sta andando
la mia festa di bentornato?
― Benissimo,
ovviamente. ― rispose Elena ― La faremo al Mystic
Grill! Ci hanno messo a disposizione non solo
l’interno, ma anche il
giardino.
― Una cosa in
grande…
― Damon Salvatore
torna a Fell’s Church. ― parlò Stefan ―
È un evento che va assolutamente
festeggiato.
― Va bene, va bene!
― disse lui, alzandosi ― Andrò a farmi un giro,
così voi piccioncini potete
tubare un po’ in santa pace. ― strizzò
l’occhio, prese la giacca di pelle nere
e uscì.
Fell’s Church non
era granché come città. Troppo antica, troppo
piccola, troppo mistica… Attirava
un sacco di turisti, a causa della sua storia assurda. Si narrava,
infatti, che
Fell’s Church fosse stata fondata da alcuni vampiri
e che dopo, gli essere umani, decisero di scacciarli, uccidendoli uno
ad uno. Che stupidaggini,
pensò Damon.
Era, così, troppo
assorto nei suoi pensieri per accorgersi della ragazza che quasi gli
sbatté
addosso. Era minuta, con lunghi capelli scuri. Stringeva al petto dei
libri,
evidentemente era appena uscita dall’università.
― Scusami. ― disse
Damon ― Non ti avevo vista… Bonnie?
La ragazza sgranò
gli occhi, non credendo a chi avesse davanti. Damon Salvatore. Cosa ci
faceva lui lì? Il suo
cuore cominciò a battere
furioso nel petto, sia per rabbia che per gioia. Due sentimenti troppo
diversi
e contrastanti perché potesse ragionare lucidamente. Non
rispose, lo supererò
semplicemente, pregando che lui non la seguisse. Speranza vana.
― Bonnie! Aspetta
un attimo. ― disse lui, afferrandole un braccio ― Sei proprio tu, vero?
― No, sono sua
sorella gemella. Ora se non ti dispiace… ― cercò
di fargli mollare la presa,
senza riuscirci.
― Sì, sei proprio
tu! Sei… sei diversa.
― Sono passati
sette anni, Damon. ― rispose Bonnie, riuscendo a liberarsi da quella
presa
ferrea ― Cosa credevi di trovare? Ancora la ragazzina di sedici anni,
con i
capelli rossi, corti, e le lentiggini?
― No, solo che…
― Solo che, niente. ― lo
zittì lei, tagliente ― Gli
anni passano per tutti, Damon. Sono passati anche per me. Ora, se vuoi
scusarmi, devo tornare a casa. Caroline mi aspetta per cena. ― si
voltò,
lasciando Damon lì, come un baccalà a fissarla.
Non se la immaginava così,
proprio per niente. Aveva lasciato una Bonnie ragazzina, una bambina.
Ora,
invece, quella che si era trovato davanti, era una donna.
Una donna fiera e orgogliosa.
― Ah comunque, bentornato a
Fell’s Church. ― disse Bonnie, prima di salire in macchina e
sparire,
inghiottita dal tramonto che stava, lentamente, calando sulla
città.
~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~
Ecco il primo
capitolo di questa piccola flash! Cosa ne pensate? Come potete vedere
la caratterizzazione dei personaggi è molto diversa, sia
che si parla di serie televisiva sia che si parla di saga scritta.
Stefan e Damon sono fratelli, per davvero. Non c'è odio, non
c'è rancora... Loro si vogliono bene - Damon vuole
bene a suo fratello minore, senza se
e senza ma.
Elena ha un carattere frizzante e scherzoso. Ama Stefan, solo lui. Vede in
Damon un futuro cognato, un amico, un fratello maggiore con cui
scherzare e prenderlo in giro - questo particolare si vedrà
molto anche nei prossimi capitoli -, ma tutto qui. Damon, per Elena,
è solo questo. E poi c'è Bonnie... Ma di lei
è inutile parlare, come personaggio verrà
scoperto man mano. Solo una cosa: come avrete potuto leggere la
descrizione di Bonnie è diversa, ora. Non sono diventata
pazza! Ma, a differenza di Elena che è rimasta bionda ect.
ect., Bonnie è cambiata, infatti lo spiega. Che altro dirvi?
Ci leggiamo Mercoledì prossimo!
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Capitolo 3 *** 2. LA FESTA ***
Buon
pomeriggio a tutti! Come state? Io sono in fibrillazione, oggi
è il 16 Novembre! Ciò significa che è
uscito nelle sale Breaking
Dawn! Waa *-* non vedo l'ora di andare a vederlo! E voi? Se
a qualcuno piace la saga e i film, quando andrete?
Adesso vi lascio al capitolo! Spero vi piaccia :)
2.
LA
FESTA
La
grande festa di
bentornato si stava facendo sempre più vicina. Molti erano
gli umori e le
aspettative, ovviamente ognuno contrastante con l’altro.
Damon, l’ospite
d’onore, era nervoso. Non voleva quella stupida festa, per
molte ragioni. Per
lui, il ritorno a Fell’s Church, non era da festeggiare. Era
stato un cuore
spezzato a riportarlo a casa; una falda di percorso; un errore di
calcolo. E
poi c’era il “problema” Bonnie. Come
avrebbe dovuto comportarsi con lei? Aveva
scoperto – origliando, per puro caso, una conversazione tra
suo fratello ed
Elena – che la ragazza era innamorata di lui, ancora.
Si era dato dello stupido parecchie volte, di recente. Come
aveva fatto, sette anni prima, a non rendersi conto di quello che
Bonnie
provava per lui? E, anche se se ne fosse accorto, la sua scelta sarebbe
stata
diversa? Quali erano i suoi
sentimenti per Bonnie? Non lo sapeva.
Stefan, al
contrario di suo fratello maggiore, era entusiasta di riavere Damon a
casa.
Certo, avrebbe preferito che tornasse in circostanze più
felici, ma d’altronde,
la vita era famosa per cambiare qualsiasi piano. Non poteva lamentarsi,
comunque. In fin dei conti, Katherine Pierce, non gli era mai piaciuta
troppo.
Elena, aiutata
dalla sua amica Caroline Forbes – conosciuta
all’università, infatti era la
coinquilina di Bonnie, adesso – stava organizzando la festa
più grande che
Fell’s Church aveva mi visto. Ovviamente, seconda solo a
quelle dei fondatori.
E poi c’era Bonnie…
Lei che aveva passato anni a sopprimere i suoi sentimenti per Damon,
tentando
di rifarsi una vita. E adesso? Lui era ripiombato in città,
spazzando via
qualsiasi traccia di resistenza che il suo cuore, per difesa, aveva
eretto. Lontano dagli occhi, lontano da
cuore…,
si diceva. Ma quando non si è più lontani
l’uno dall’altra cosa bisogna fare?
― Damon, ti ricordo
che questa sera ci sarà la festa. ― gli disse Stefan,
piombando in salotto con
la borsa a tracolla. Era Venerdì, il college lo stava
aspettando.
― Sì, lo so. ―
rispose Damon, stravaccato sul divano, intento a leggere il giornale in
pantofole ― Più tardi devo raggiungere Elena al Grill, dice che ha bisogno di qualcuno
per spostare alcune cose. Ma
non potevi andarci tu?
― Io ho lezione,
fratello.
― Ma la festa è mia
e devo anche sgobbare?
― Oh andiamo, Dam!
Sarai circondato da belle ragazze, di cosa ti lamenti? ― lo prese in
giro il
fratello, addentando una fetta biscottata ― Ma stai lontano da Elena! ―
urlò
Stefan, uscendo di corsa.
― E chi te la
tocca! ― rispose, troppo tardi, Damon ― È troppo bionda, per
me.
Decise, così, di
alzarsi dal quel divano, andare a farsi una doccia e preparasi per
uscire.
Erano le undici,
più o meno, quando Damon arriverò al locale. Si
guardò intorno e quello che
vide lo lasciò senza parole o battutine.
Tutto il locale era
bandito a festa. I tavoli apparecchiati, con ogni tipo di vassoio, di
qualsiasi
dimensione – ovviamente, il tutto era vuoto; il cibo sarebbe
stato servito la
sera. Elena, aveva conservato il suo spirito di organizzatrice.
― Tu devi essere
Damon! ― disse una ragazza, parandosi davanti a lui. Era piuttosto
carina:
capelli biondi, più chiari di quelli di Elena; occhi
azzurri, piuttosto grandi
ed espressivi; fisico niente male.
― Sì, tu invece…?
― Caroline! ― urlò
la ragazza, spaccandogli quasi un timpano ― Caroline Forbes! Sono la
migliore
amica di Elena e Bonnie, ci siamo conosciute al college! Finalmente
conosco il
grande Damon Salvatore! Ho sentito un sacco parlare di te, specialmente
da…
― Caroline! ― la
interruppe bruscamente Bonnie ― Che stai facendo?
― Ciao Bonnie!
Salutavo…
― Damon. ― disse
Bonnie, rivolgendosi proprio al ragazzo.
― Bonnie. ― rispose
lui, sorridendo beffardo.
Caroline,
percependo la tensione, salutò impacciata e raggiunse Elena
in giardino,
lasciando quei due da soli.
― Stai dando una
mano a Elena, per la festa? ― domandò lui, cercando di fare
conversazione.
― Non avevo nulla
da fare. ― rispose lei, noncurante ― Elena mi ha chiesto un favore,
così ho
pensato di darle una mano. Ovviamente, questo non ha nulla a che vedere
con te.
― Oh certo! ― disse
Damon, superando Bonnie ― Non sia mai che Bonnie McCullough faccia
qualcosa per
il sottoscritto! ― concluse sogghignando e si addentrò nel
locale.
― Io vorrei capire
chi ti credi di essere. ― gli sussurrò lei, seguendolo.
― Damon Salvatore.
― Divertente. Molto
divertente.
― Ho solo risposto
alla tua domanda… Oh cibo! ― urlò. Afferrando
qualche patatina fritta
appoggiata sul tavolo, in casa a qualcuno fosse venuta un po’
di fame.
― Come mai sei
tornato, Damon?
― La tua amica
Elena non te lo ha detto? ― le domandò lui, continuando a
mangiare.
― No, ha detto che
sarebbe stato meglio chiederlo a te. Allora?
― Come mai tutto
questo interesse? ― chiese Damon, tentando di evitare le spiegazioni.
La storia
con Katherine gli dava ancora fastidio.
― Sei sparito,
sette anni fa. ― rispose Bonnie, decisa ― Nessuno ti ha più
visto né, tanto
meno, sentito. Solo Stefan e Elena sapevano come stessi, tutto il resto
è
passato in secondo piano – compresa la mia amicizia. ―
affermò risoluta ― E
adesso torni, senza un apparente motivo. Cosa dovrei pensare? Come se
non
bastasse, credi che tutto sia rimasto come lo hai lasciato. Ma non
è così,
Damon. Non lo è affatto.
Damon restò lì,
impalato e muto. Dov’era finita la testarda, ma scherzosa Bonnie? Che avesse ragione lei?
Il loro rapporto era
finito tanti anni prima, quando lui decise di seguire Katherine?
Davanti a sé,
per la seconda volta da quando era tornato a Fell’s Church,
non c’era più una
ragazzina, ma una donna. Una donna
decisa, sicura di se stessa e molto, molto bella.
La testa cominciò a
pulsargli, ogni volta che cercava di fare il punto della situazione gli
veniva
un gran mal di testa. Ma la verità, pensò tra
sé e sé, era che Bonnie gli aveva
da sempre fatto venire un gran mal di testa.
― Che c’è? ―
domandò lei, inclinando un po’ il capo ―
Emicrania? Peccato… ― concluse,
superandolo e sparendo tra la folla.
Damon guardò la
fanciulla, seguendola con lo sguardo, finché non fu solo un
punto indistinto
tra la gente.
Erano
da poco
passate le otto di sera, tra un’ora la grande festa per il
ritorno di Damon
sarebbe cominciata. Tutti erano eccitati, chi più chi meno,
per la serata.
Stefan indossò un
abito semi elegante: giaccia nera, camicia verde scuro – per
far risaltare i
suoi occhi – e un paio di jeans scuri, che potevano essere
definiti “eleganti”.
Elena, mise un
abito semplice di colore indaco chiaro. Fu proprio lei a rimproverare
Damon,
vedendolo scendere in salotto.
― Oddio Damon, ma
stai andando ad una festa non a un funerale! ― lo
rimproverò, costringendo il
ragazzo, prima, ad alzare un sopracciglio confuso e, poi, a guardarsi
allo
specchio.
― Cosa c’è che non
va?
― Damon, sei tutto
nero!
― No, ti sbagli. I
jeans sono grigio scuro. ― rispose lui, sapendo di far irritare a morte
la sua
futura cognata. Indossava una camicia nera, semplice; un paio di jeans
grigi –
anche se sembravano piuttosto scuri, quasi neri – e le scarpe
sempre del
medesimo colore.
― Sono sexy.
― No, sei un
becchino, Damon.
― Ma voi due state
sempre a discutere? ― domandò Stefan, raggiungendo la stanza
in cui si
trovavano quei due.
― È sempre la
stessa storia, fratellino. ― rispose Damon, solenne ― La tua ragazza mi
tratta
male.
― Stefan! ― si lamentò
Elena ― Ma guarda com’è vestito! Stiamo andando ad
una festa o ad un funerale?
― Il nero rende
sexy, sciocchina! ― la stuzzicò Damon, afferrando le chiavi
della sua macchina
e il suo cellulare di ultimissima generazione ― Ovviamente non prendo
soldi, festa
per me, pagate voi!
― Dannato… ―
sussurrò Elena, a denti stretti. Stefan scoppiò a
ridere, prendendola per mano
e la strascinò alla macchina.
Il
Mistyc Grill era stracolmo di gente,
quando i tre ragazzi arrivarono a destinazione. Elena ne fu
compiaciuta, quasi
tutta Fell’s Church era accorsa a festeggiare Damon.
― Non ricordavo di
conoscere tanta gente. ― disse Damon, guardandosi intorno.
― Nemmeno io. ― lo
spalleggiò Stefan, esterrefatto.
― Oh andiamo! ―
sbuffò Elena ― Ci sarà stato il passaparola! Ma
da quant’è che non ci
divertivamo così, eh Stefan?
― Ho capito. ―
disse Damon, facendo il finto melodrammatico ― Mi avete usato per dare
una
festa.
― Oh sì, mi hai
scoperta! ― rispose Elena, mettendosi una mano sul cuore ― Piantala di
rompere,
Damon! Divertiti! È la tua
festa, su!
― non gli diede il tempo di controbattere, che afferrò
Stefan per un braccio e
si buttarono nelle danze – sempre se si potessero chiamare danze, quei balli da discoteca.
Rimasto solo,
Damon, cominciò ad addentrarsi nel cuore del locale.
Direzione: drink e
salatini. Da quant’era che non frequentava più
quel genere di posti? Troppo
tempo.
A New York,
infatti, le occasioni per uscire erano poche. In primis, da quando
faceva il
tirocinio, presso il giornale più in voga della
città, la sera rincasava sempre
piuttosto stanco; in secundis, ogni qualvolta che si usciva era per le
serate
mondane di Katherine. Essendo una modella piuttosto conosciuta e
ricercata, era
quasi costretta a frequentare quel mondo. Damon, dal canto suo, non
voleva
lasciarla da sola.
― Ciao Damon!
― Caroline. ― la
salutò lui, riconoscendo la voce.
― Allora, cosa te
ne pare?
― Bella festa,
grandi decorazioni… Beh, grazie per aver aiutato Elena, ho
apprezzato. ― le
sorrise sincero, nonostante non volesse trovarsi lì.
― Figurati, è stato
un piacere. ― cinguettò lei, accarezzandogli un braccio.
Dopodiché gli sorrise
mesta e si allontanò, raggiungendo un bel ragazzo dai
capelli castani. Dal
fisico che aveva, doveva essere un atleta.
― Quello è Tyler
Lockwood. ― sussurrò Bonnie, togliendo dalle mani di Damon
l’ultima pizzettina
al pomodoro ― Perciò la ragazza è off limits,
spiacente!
― Perché dovrebbe
importarmi di Caroline? ― domandò lui, palesemente confuso.
― Sei Damon
Salvatore, la domanda è: chi non ti interessa?
― Spiritosa. ―
rispose lui, dirigendosi in giardino ― Sono sempre stato fedele, io. ―
continuò, sapendo benissimo che Bonnie lo stava seguendo ―
Facevo lo scemo con
tutte al liceo, è vero, ma era uno scherzo. Non ho mai
tradito nessuna ragazza
con cui sono stato.
― Ma qualcuno ha
tradito te, giusto? ― domandò lei scaltra, Damon si
voltò di scatto,
fulminandola. Non voleva parlarne!
― Balliamo? ― si
offrì, tentando di cambiare argomento.
― Cosa? ― domandò,
perplessa, Bonnie.
― Hai capito, streghetta. Balliamo?
Bonnie ci pensò su
qualche minuto, dopodiché afferrò la mano
– che Damon aveva spalancato davanti
a lei – e si fece condurre al centro della pista.
Il ragazzo si prese
qualche minuto per osservare l’abbigliamento di Bonnie.
Indossava un abito
corto, multicolore – con tonalità che andavano dal
giallo al bordeaux. I
capelli erano tirati indietro leggermente, resi più lisci
del solito. Ai piedi,
un paio di scarpe scure – forse color viola –
vantavano un tacco piuttosto
vertiginoso. Era semplicemente stupenda.
― Finita la
radiografia? ― domandò Bonnie, notando lo sguardo insistente
di Damon.
― Scusa, ma devo
ammettere che sei uno schianto stasera!
― Grazie. ― rispose
lei, arrossendo. Damon prese le sue mani e, insieme, cominciarono a
ballare
sotto le note di una canzone di cui nessuno dei due conosceva il titolo.
― Allora, mi
risponderai mai? ― domandò Bonnie, tra un passo e
l’altro ― Non crederai
davvero di essere riuscito a depistarmi, spero. So che il tuo tentativo
di
ballare altri non è un modo per eludere la mia domanda.
― Mi hai scoperto! ―
rispose Damon, facendole fare una piroette.
Quando Bonnie tornò
tra le sue braccia il cuore iniziò a fare le capriole. Era
possibile che i suoi
sentimenti non fossero mutati, almeno non diminuiti –
perché era evidente che
fossero aumentati – per lui? Per qualcuno che era scomparso
dalla sua vita dal
giorno alla notte?
― Che ne dici di
goderci il ballo, Bonnie? ― sussurrò Damon al suo orecchio,
e questo le procurò
una miriade di brividi lungo tutta la schiena.
La ragazza non gli
rispose, inclinò semplicemente la testa e sorrise. Gli
sorrise per la prima
volta, dopo molto tempo; gli sorrise sincera; gli sorrise felice.
***
Era
passato un
mese, ormai, da quando Damon aveva fatto ritorno a casa. Era riuscito
ad
ambientarsi, nuovamente, nel migliore dei modi: il rapporto con suo
fratello
Stefan era solido; i suoi soliti battibecchi con Elena, rendevano la
giornata
più divertente; la conoscenza di Caroline gli aveva donato
il buon umore,
finalmente conosceva qualcuno più egocentrico di se stesso;
Bonnie… con lei le
cose andavano alla perfezione.
Dopo la festa,
infatti, il rapporto tra i due ragazzi era notevolmente migliorato. La
ragazza,
aveva deciso di offrire al “bel tenebroso” una
possibilità – una sola,
possibilità. Era stanca di
soffocare i suoi veri sentimenti per Damon; era stanca di cercare
storie
alternative che, abitualmente, non avevano futuro. Damon, dal canto
suo, era
stufo di stare dietro ad un fantasma. Katherine era una fantasma. Negli
anni
che avevano passato insieme, erano state di più le volte in
cui lui era solo,
che quelle in cui erano insieme.
Katherine Pierce
era la ragazza più bella ma, al tempo stesso, più
egoista sulla faccia della
terra. Non lo faceva con cattiveria, lo sapeva questo, ma lo faceva.
Forse,
pensava Damon da qualche tempo, aveva fatto la scelta sbagliata; forse,
molto
tempo prima, aveva scelto la persona sbagliata. Cos’erano lui
e Katherine, in
fondo? I più popolari del liceo? I ragazzi più
facoltosi e in vista di Fell’s
Church? Era davvero l’amore che li aveva uniti per
più di sette anni oppure,
molto più probabilmente, solo il benessere. Il ricordo di
anni trascorsi
insieme, l’affinità che entrambi provavano
l’un l’altra? Non lo sapeva. Ma,
insieme a Bonnie, era intenzionato a scoprirlo.
~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~
Eccoci qua, al
secondo capitolo. Finalmente il rapporto con Bonnie si è
sistemato... La festa di Elena è stata grandiosa e magica,
per i due amici di vecchia data. Damon comincia a farsi delle domande:
amava davvero Katherine, o stava con lei solo per abitudine? Bonnie,
dal canto suo, è decisa a dare una possibilità al
ragazzo. Farà bene o bene, parlando di Damon? Lo scopriremo
nel prossimo capitolo, che sarà l'ultimo, prima dell'epilogo.
Avevo già detto che questa storia sarebbe stata corta, una
flashfic, appunto. Inizialmente era nata come one-shot, ma poi l'ho
trasformata in una flash, volendo rendere tutto un po' più
dettagliato... Cosa succederà nel terzo capitolo? Lo vedremo
Mercoledì prossimo XD adesso la parola passa a voi!
|
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Capitolo 4 *** 3. KATHERINE PIERCE ***
Buon
pomeriggio a tutti! Mercoledì scorso ero in trepidazione
perché usciva Breaking
Dawn, adesso sono in trepidazione perché l'ho
visto! E voi? Cosa ne pensate? Secondo me è il
migliore dei quattro... Dovrebbero fare Bill Condom santo subito! E' un
fottuto genio, ragazzi! Non scendo nei particolare perché
non vorrei che qualcuno non lo avesse ancora visto... In caso contrario
ditemi la vostra nelle recensioni! ;)
Buona lettura!
3.
KATHERINE PIERCE
Le
cose, tra Bonnie
e Damon, stavano andando a gonfie vele.
La prima era al
settimo cielo, elettrizzata dal fatto che – finalmente, dopo
sette lunghi anni
– Damon Salvatore avesse occhi solo ed esclusivamente per
lei. Damon, dal canto
suo, era sereno. Era la prima volta che si sentiva realmente felice e
in pace
con se stesso.
― Che ne dici di
andare al cinema? ― domandò lui, afferrando la piccola mano
di Bonnie.
― Mmm, cosa
proponi?
― Non ne ho idea! ―
rispose, scoppiando a ridere ― Ma niente di troppo romantico o
lacrimevole, per
favore.
― Beh, siamo quasi
sotto Natale. ― spiegò la ragazza ― Magari troviamo qualche
commedia in tema,
no?
― Sei un piccolo
genio, lo sai?
― Grazie, me lo
dicono in molti! Quello che non lo ha mai capito eri tu, Damon
Salvatore.
― Non ti
sottovaluterò mai più, Bonnie McCullough.
I due rimasero a
fissarsi a lungo, sotto le luci dei lampioni che illuminavano le strade
di
Fell’s Church. Non ci fu nessun un bacio – nessuno
dei due era ancora pronto
per il grande passo – ma sotto quel cielo stellato, qualcosa
scoccò.
***
La
mattina
seguente, quando il sole ancora non era sorto, una berlina nera era
ferma
dinanzi all’aeroporto della Virginia. In attesa.
L’aereo che stava aspettando
atterrò puntale, alle sette precise.
― Eccomi tornata a
Fell’s Church. ― si lamentò la ragazza, portando
solo un piccolo bagaglio a
mano. Era impeccabile nella sua perfezione: i capelli mossi le
ricadevano lungo
la schiena; i jeans stretti mettevano i risalto le sue forme curate,
così come
la maglietta scura e il giubbotto di pelle nera – abbinato
agli stivali
piuttosto alti.
― Signorina. ― la
salutò l’autista, aprendole la portiera posteriore
― Benvenuta a Fell’s Church,
dove vuole che la porti?
― Bentornata, caso
mai. ― specificò, mentre saliva in macchina ― Per il momento
in albergo,
grazie. Ho proprio bisogno di una doccia!
― Come desidera. ―
rispose, richiudendo la portiera e salendo al posto di guida. Mise in
moto e
sgommò via, portano la ragazza dove aveva chiesto.
***
Era
Sabato mattina.
Quel giorno, i fratelli Salvatore e rispettivi amici, erano stati
invitati alla
tenuta Lockwook, per un picnic. Elena, Bonnie e – ovviamente
– Caroline, li
stavano aspettando a casa di Tyler.
― Damon, è un
picnic. Cortesemente, la smetti di farti bello? ― si lamentò
Stefan, per la
trecentesima volta, quella mattina.
― Devo conservare
il mio fascino, fratellino. ― ribatté Damon ― Non sono
più un ragazzino come
te, ho venticinque anni! Ci vuole cura di se stessi a
quest’età.
― Non lo hai detto
davvero.
― Oh sì invece! Non
vorrai che diventi come papà.
― Damon, nostro
padre ha anche più di sessant’anni.
― Appunto!
Stefan scrollò la
testa, ridendo. A volte solo Damon riusciva a capire se stesso.
La tenuta Lockwood
era maestosamente grande. La villa – che sembrava di
più un castello delle
favole – era immensa, con moltissimi ettari di giardino che,
al suo interno,
racchiudeva anche un piccolo laghetto.
Era proprio lì che
le tre ragazze, insieme a Tyler, stavano aspettando l’arrivo
degli ultimi due
invitati.
― Ma quanto ci
mettono? ― domandò Caroline, spazientita.
― Non credo sia
colpa di Stefan. ― precisò Elena, guardando Bonnie, la quale
sbuffò.
― Lo so, sarà
sicuramente opera di Damon! ― rispose quest’ultima ― Si
starà tirando a lucido.
A
quell’affermazione, Tyler, scoppiò a ridere. Un ragazzo che si tira a lucidò?
Pensò, solo Damon Salvatore poteva
essere così vanitoso.
I quattro ragazzi
vennero interrotti da una cameriera, la quale entrò con due
giovani al seguito.
― Signorino
Lockwood, ecco gli ultimi invitati che stava aspettando.
― Molte grazie,
Serena. ― disse Tyler, congedandola.
― Scusate il
ritardo! ― disse Stefan, salutando – con una stretta di mano
– il padrone di
casa, per poi dirigersi verso Elena ― Colpa di Damon. ― le
sussurrò
all’orecchio, mentre le posò un dolce bacio sulle
labbra.
― Lo avevo
immaginato. ― rispose lei, lanciando un’occhiataccia a suo
cognato.
― Tyler,
complimenti. ― disse Damon, evitando la solita ramanzina di Elena
Gilbert ―
Grande tenuta, mi piace! È più grande della
nostra, vero Stef?
― Sì, è proprio una
bella casa. ― concordò il fratello.
― Grazie, ragazzi. ―
rispose Tyler ― Dopo la morte di mio padre questo spazio è
diventato tutto mio,
specialmente da quando mia madre sta più in ospedale che
qui, a casa.
― Mi dispiace molto
per tua madre, Tyler. ― disse Bonnie ― Io pochi anni fa ho perso mia
nonna, so
cosa significare fare via vai dagli ospedali. ― Tyler le fece un
leggero
sorriso, ma fu Caroline a rompere l’imbarazzo.
― Cosa ne dite di
lasciar perdere i problemi, i musi lunghi, e divertirci?
― Dico che ci sto! ―
la spalleggiò Damon, e tutti cominciarono a ridere e
divertirsi.
La giornata stava
passando nel migliore dei modi. Tra musica, cibo prelibato, chiacchiere
e
risate, Damon, si sentì davvero a suo agio –
nonostante avesse due anni in più,
rispetto a tutti loro.
― Una tartina per i
tuoi pensieri. ― disse Bonnie, offrendogli ciò che aveva
detto.
― Pensavo a quanto
mi era mancato tutto questo. ― rispose Damon, afferrando la tartina.
― Ti sei pentito di
esserti trasferito a New York?
― No. ― rispose
deciso, forse troppo ― Forse no.
Credo di essermi pentito di non essere tornato più qui,
nemmeno per le vacanze
natalizie. Ecco, questo sì.
― Perché non sei
mai tornato?
― Non so
risponderti, Bonnie.
― Provaci. ― lo
incitò lei, desiderosa di una risposta; di capire i motivo
per i quali lui, il
ragazzo che lei amava, aveva deciso semplicemente di sparire, dal
giorno alla
notte.
― Forse ho lasciato
decidere troppo a Katherine, della mia vita. ― sussurrò in
risposta. Si rese
conto che, da quando era tornato a casa, quella era la prima volta che
nominava
la sua ex ragazza.
― Katherine Pierce
è sempre stata una persona parecchio autoritaria.
― Come darti torto.
― rispose lui, lanciando un sassolino nel lago ― Ma era anche parecchio
sicura
di sé. Credo sia stato questo a rovinarci.
― Non mi hai ancora
raccontato cos’è successo… ―
tentò Bonnie, sapendo quando a Damon non andasse
di parlarne. Lei, comunque, voleva sapere.
― Non c’è molto da
dire. ― rispose lui ― Io l’amavo, lei forse no – o,
almeno, non nel modo in cui
l’amavo io – è diventata famosa e mi ha
lasciato. ― sorrise sarcastico ―
Ovviamente nello stile di Katherine Pierce, con un bigliettino
appoggiato a
degli scatoloni – contenenti la mia
roba – messi fuori dalla porta di casa.
Bonnie, per poco,
non spalancò la bocca. Non era a conoscenza della storia e
venirla a sapere
così, come se nulla fosse, la lasciò sbigottita.
Veramente Katherine aveva
fatto una cosa simile?
― Wow. ― riuscì a
dire solo qualche minuto più tardi ― Sono sconcertata.
Ma… ma che… ― non
trovava le parole giuste da usare. Inoltre, non voleva ferire Damon.
― Stronza? ―
domandò lui ― Puoi dirlo, in fondo è
ciò che è.
― La ami ancora?
― Non saprei. ―
rispose, sincero ― Credo che non si possa cancellare così,
di punto in bianco,
un sentimento che ho provato per sette anni e più. Ma
comincio a chiedermi se… ―
se quello che ci legava era vero amore,
pensò. Ma, ovviamente, non lo disse ad alta voce.
― Se…?
― Niente, Bonnie.
Sono solo sciocchi pensieri, ma non devi preoccuparti. Katherine
è il passato,
qualsiasi cosa fosse, è il passato. ― disse, decidendo di
mettere le cose in
chiaro, una volta per tutte ― Voglio essere sincero con te, Bonnie. Tu
mi
piaci, mi sei sempre piaciuta. Ma scelsi Katherine. Ancora oggi non
conosco il
motivo di quella scelta, ma la presi, consapevole di ciò che
stavo scegliendo.
Di chi stavo scegliendo. Non voglio
mentirti, non so se sarei mai tornato a Fell’s Church se le
cose con Kat
fossero andate diversamente, ma la situazione si è evoluta
così com’è. Non si
torna indietro, non si torna mai
indietro. Semplicemente perché non si può. Ma
forse, e dico forse, la vita
– il destino, quello che
è – mi ha dato la possibilità di
rimediare ad un errore. Io, questo,
non lo so. Ma non voglio ingannarti, Bonnie,
voglio solo viverti.
La ragazza rimase a
bocca aperta – sul serio, questa volta. Non aveva mai visto
Damon così serio, e
la cosa la spiazzò. Come avrebbe dovuto decifrarla quella
conversazione? Quel
chiarimento?
― Hai detto che…
che non vuoi ingannarmi. ― si ritrovò a dire ― Ma sostieni
anche di non sapere
cosa senti, ancora, per Katherine. Io non voglio forzarti, dico sul
serio, ma
mi chiedo: allora che ci fai con me? Perché sei qui, adesso;
perché esci con
me?
― Perché la vita va
avanti, Bonnie. ― rispose lui, deciso e fiero ― E se sulla mia nuova
strada ci
sarai tu, non vedo l’ora di intraprenderla.
Restarono a
fissarsi negli occhi per un tempo che, per loro, parve interminabile.
Non
sapevano che, poco lontano da lì, qualcuno stava facendo il
suo ingresso.
***
―
Signorino
Lockwood. ― disse Serena, entrando nel grande salone ―
C’è una ragazza che
chiede di Damon Salvatore.
― Chi sarebbe? ―
domandò Tyler, ma prima che la domestica riuscisse a
rispondere, la ragazza,
fece il suo trionfale ingresso.
― Io. ― disse lei ―
Katherine Pierce, in persona.
― Katherine? ―
dissero all’unisono Stefan ed Elena.
― Ciao ragazzi,
come state?
― Può andare,
Serena. ― disse Tyler, congedandola – di nuovo.
― Sono passata a
casa vostra. ― disse Katherine ― Ma tuo padre mi ha detto che eravate
qui, così
ho pensato di passare a trovarvi. Dov’è Damon? Non
lo vedo.
― È con Bonnie. ―
rispose Elena.
― Oh la dolce
Bonnie… ― disse Katherine, con una punta di ironia e
fastidio nella voce ―
Potete dirgli che sono qui?
― Dobbiamo parlare,
Katherine. ― disse Stefan, alzandosi dal divano ― Tyler, puoi scusarci
un
momento?
― Certo, andate
pure in giardino. ― rispose il ragazzo ― Sarete tranquilli. Anzi,
più avanti
c’è un piccolo gazebo, lì non vi
disturberà nessuno.
― Grazie. ― rispose
Stefan, trascinando con sé la nuova arrivata.
Camminarono fianco
a fianco per tutto il giardino, finché non giunsero nel
posto indicato dal
padrone di casa.
― Cosa ci fai qui,
Katherine?
― Non si capisce? ―
domandò lei, prima di rispondere ― Sono venuta qui, tornata
in questo orribile
posto, per Damon. Mi manca, ho fatto una stronzata e adesso voglio
riportarlo
con me a New York.
A quella risposta,
Stefan, scoppiò a ridere di gusto. Katherine non era
cambiata di una virgola.
Nonostante avesse venticinque anni e non più diciotto, era
la stessa la
ragazzina viziata, che si credeva in diritto di fare tutto
ciò che voleva,
senza dar peso alle conseguenze delle proprie azioni. Era viziata, lo era sempre stata.
― Perché ridi? ―
domandò lei, inclinando il collo.
― Sei seria, non è
vero? ― chiese Stefan e lei annuì ― Katherine, non funziona
così. Tu lo hai
lasciato! E anche in un pessimo modo, aggiungerei. Credi davvero che ti
basti
venire qui, sbattere i tuoi occhioni e avere Damon ai tuoi piedi? Non
siamo più
al liceo, Katherine.
― Damon mi ama. ―
disse lei, superando Stefan ― Non importa cosa ho fatto, lui mi ama ed
io amo
lui. Tutto tornerò come prima, Stefan! Lo vedrai. ―
concluse, dirigendosi
proprio verso Damon e Bonnie.
―
A Natale voglio
andare da qualche parte. ― disse Damon ― Più a Nord, in
montagna. Cosa ne dici?
― Ci sto! Noi sei,
ovviamente. ― rispose Bonnie, sorridente.
― Io non sono
inclusa in questa gita sulla neve? ― domandò Katherine,
facendo spaventare i
due ragazzi.
Non appena la
videro, Damon restò di sasso; Bonnie, al contrario,
sentì la rabbia scorrerle
nelle vene. Cosa ci faceva lei qui?
Perché era tornata proprio adesso?
― Ciao Bonnie. ― la
salutò Katherine ― Che piacere rivederti.
― Non posso dire lo
stesso.
― Katherine. ―
sussurrò Damon, guardandola come se vedesse il sole
splendere per la prima
volta in vita sua. A Bonnie non sfuggì il particolare,
così decise di togliere
il disturbo. Cominciò nuovamente a sentirsi di troppo.
― Mi sei mancato
Damon. ― sussurrò Katherine, avvicinandosi a lui. Lo
abbracciò lentamente, ma
quando tentò di baciarlo il ragazzo la scansò ―
Lo so, sei arrabbiato con me. Ma
ascoltami, per favore.
― Ascoltarti? ―
domandò lui, nervoso ― Mi hai lasciato con un bigliettino!
― Lo so, sono stata
una stupida. Mi dispiace, Damon.
― Credi che delle
scuse bastino? ― le chiese, allontanandosi da lei ― Mi hai spezzato il
cuore,
Katherine. Non puoi cavartela così. ― concluse, voltandole
le spalle e
dirigendosi verso la sua macchina.
Katherine restò lì,
sbuffando. Credeva che le cose sarebbero state più facile.
L’unico errore che
aveva fatto, pensò, era quello di non aver messo in conto
Bonnie McCullough.
Decisa e più
agguerrita che mai, Katherine, tornò alla villa. Avrebbe
fronteggiato una volta
per tutte la sua rivale.
― Bonnie. ― la
chiamò, vedendola parlare con Elena ― Posso parlarti?
― Se cerchi Damon
se n’è andato, insieme a Stefan. ― rispose lei ―
Puoi trovarli a casa loro.
― Certo, ci andrò
più tardi. Ma al momento vorrei parlare con te, se non ti
dispiace.
Bonnie ci pensò su
qualche istante. Non la faceva impazzire di gioia l’idea di
passare del tempo
con quella donna, ma forse era giunto il momento di affrontarla
davvero. Fece
segno a Elena di stare tranquilla, dopodiché si
allontanò con Katherine.
La stanza era molto
lussuosa e solare, una contraddizione per il genere di conversazione
che
avrebbe preso vita da lì a poco.
― Allora? ― la
incitò Bonnie ― Cosa volevi dirmi?
― Damon è mio. ―
rispose Katherine, andando dritto al sodo.
― E quindi?
― Sono tornata per
riprendermelo, Bonnie. ― affermò la giovane Pierce ― E
né tu, né nessun altro
potrete mettermi i bastoni tra le ruote.
― Damon non è un
giocattolo, Katherine. ― controbatté la ragazza ― Non
è un oggetto che, quando
non ti piace più, puoi buttare e riprendere, poi, quando ti
serve.
― Ma cosa ne sai tu
di quello che c’è stato, che
c’è ancora, tra me e Damon? ― domandò
Katherine,
visibilmente inviperita ― Sei solo una ragazzina che, in tutti questi
anni, non
è cresciuta per niente! Guardati, Bonnie! Sei ancora
innamorata del capitano di
basket del liceo!
― E tu, Katherine?
Non vale lo stesso discorso per te?
― No. Non puoi
paragonarmi a te, ragazzina. ― rispose lei, con freddezza e calma
innaturale ― Io
l’ho avuto, Damon, a differenza di te.
Io non sono legata ad un fantasma, Bonnie. Io
ho vissuto con lui per sette anni, dopo liceo. Io
ero quella che baciava quando tornava
dall’università, quella
che toccava di notte, mentre facevamo l’amore… Io c’ero nel suo presente, Bonnie.
Ci sono sempre stata.
Troppo turbata da quella
assurda e dolorosa verità, Bonnie, non seppe cosa dire.
Restò lì, impalata a
fissare la donna che, ancora una volta, stava distruggendo tutto quello
in cui
credeva, in cui sperava. La vita era un circolo vizioso, era proprio
vero. Poco
importava quanto tempo passava tra un dolore e l’altro; poco
importava se avevi
già perso tutto quello che ti rendeva felice – o,
per lo meno, serena. Non
importava, nemmeno, se avessi dieci anni, diciotto, o ventitre; se la
vita
voleva distruggere i tuoi sogni lo faceva senza condizione di causa.
― Vinco io, Bonnie.
― disse Katherine, pregustando già la sua piccola vittoria ―
Vinco sempre. ―
concluse, voltando le spalle e sparendo, lasciando lì, sola,
una Bonnie
piangente.
***
Era
passata poco
più di una settimana dal ritorno di Katherine, in
città. Damon, era
irriconoscibile. Sempre nervoso, facilmente irritabile e di pessimo
umore. Era
questo il potere che la giovane donna aveva su di lui. Tutti lo
sapevano, lei
compresa.
― Damon. ― lo
chiamò Stefan, vedendolo versarsi l’ennesimo
liquore.
― Fratellino. ― lo
salutò Damon ― Cosa ci fai da queste parti, non dovresti
essere a lezione?
― Ho saltato
l’ultima facoltativa. Sono bravo, sai? Qualche lezione in
meno non mi recherà
danni.
― Tieni. ― disse
Damon, allungandogli il suo bicchiere ― Bevi anche tu, mi farai
compagnia.
― Grazie. ― rispose
Stefan, afferrando il bicchiere ― Come stai?
― Benissimo! Non si
vede?
― Damon…
― E va bene, un po’
confuso. ― ammise, contro la sua stessa volontà ― Direi che
è normale, no?
― Parla con me. ―
provò Stefan, procurando un pesante sospiro al fratello.
― Smettila di fare
il martire, Stef. Se avessi voluto parlare, sarei venuto a cercarti.
Non credi?
― No. ― rispose,
sicuro di quello che diceva. Damon si voltò, lanciando
un’occhiata che diceva
“che vorresti dire?” ― Damon, lo sappiamo entrambi
come sei fatto. Tu non
chiedi aiuto, non lo chiedi mai. Sei orgoglioso, esattamente come
nostro padre.
Se qualcuno capisce che hai bisogno di una mano, bene; altrimenti
affogheresti
in acque gelide piuttosto di chiedere aiuto.
― Non è vero! Non
sono così… ― ci rifletté su qualche
istante ― Va bene, forse un pochino.
Comunque, se hai finito la predica io andrei.
― Aspetta un
attimo.
― Che c’è?
― Damon, io lo so
quello che Katherine ha significato e significa per te. ―
cominciò Stefan,
sperando che – nonostante, Damon, fosse voltato di spalle
– lo stesse
ascoltando ― Ma devi cercare di staccarti dal ragazzino infatuato di
lei che
eri al liceo, e capire cosa realmente provate l’uno per
l’altra. Lei ti ha lasciato,
Damon. Senza un perché, senza una ragione… Un
giorno si è svegliata e ha deciso
di eliminarti dalla sua vita, e lo ha fatto nel modo peggiore! Io so
che al
liceo l’amavi, ma so che provavi qualcosa anche per Bonnie.
Quindi ti chiedo
una cosa: per favore, fratello, non rovinarti la vita. Non di nuovo.
Sii forte
e scegli con coscienza la strada da percorrere, ma scegli bene questa
volta. E
se il tuo cuore dirà ancora che è Katherine colei
che ami più di tutto,
nonostante tutto, allora io sarò lì a sostenerti.
― concluse il suo discorso e
lasciò lì suo fratello, sperando che riflettesse
su quelle parole.
Rimasto solo,
Damon, cercò di comprendere realmente
le parole di Stefan. Cosa avrebbe dovuto fare, adesso? Katherine era
tornata a
sconvolgere il suo equilibrio. Poi c’era Bonnie. Aveva
iniziato a provare
qualcosa di serio per quella streghetta. Perché Katherine,
dopo averlo
lasciato, era tornata? Ci rifletté qualche istante, ma non
trovò risposta. Cosa
voleva il suo cuore? Quali erano i suoi reali sentimenti verso le due
ragazze?
Si abbandonò sul letto,
esausto. Ripensò a quei lunghi
sette anni con Katherine; agli anni prima, al
liceo, con Bonnie; ai mesi passati di recenti con
quest’ultima. Quando si rese
conto che la vita lo aveva messo dinanzi alla medesima scelta di tanti
anni
prima, sorrise amaramente. Eppure era così. Cosa avrebbe
fatto, ora? Katherine
o Bonnie? La scelta, in fin dei conti, ricadeva sempre su una di loro
due.
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Salve a tutti, come va?
Eccoci in direzione d'arrivo. Questo, infatti, era l'ULTIMO CAPITOLO di
questa piccolissima flashfic su Il
diario del vampiro. Ovviamente manca ancora l'EPILOGO, che eccezionalmente
pubblicherò DOMENICA
27 NOVEMBRE. Alla prossima!
|
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Capitolo 5 *** Epilogo. ***
Buona Domenica a tutti! Come
state? Ecco l'epilogo di questa piccola flashfic su "Il diario del
vampiro". Lo so, molte di voi sono dispiaciute che sia finita
così presto, ma questa flash era una sorta di esperimento.
Sono solita a scrivere nel fandom di Twilight e nella sezione Originale,
in questo fandom ho pubblicato solo una one-shot - tempo fa - che,
purtroppo, non ha riscorsso troppo successo. Nonostante tutto sono una
persona testarda per natura XD perciò non mi sono data per
vinta! Mi era frullata in testa l'idea di questa piccola storia - che,
ripeto, avrebbe dovuto essere una OS - ed eccola qui! E' stata scritta
davvero in tre giorni.
Risponderò
alle vostre recensioni appena pubblicato l'epilogo, purtroppo ho avuto
un Sabato piuttosto pieno e non ne ho avuto il tempo! Scusate!
Adesso vi lascio
alla lettura!
.
EPILOGO
Le
cose, per Damon,
stavano andando di male in peggio. Katherine non intendeva lasciarlo
stare –
nonostante lui l’avesse pregata un milione di volte; Bonnie,
al contrario, era
sparita dalla circolazione. Il suo cellulare era spento, e quando il
ragazzo
passava da casa sua, si faceva negare. Era spaventata, Bonnie. Era
convinta che
Damon, l’uomo che amava – che aveva sempre
amato, nonostante tutto – prendesse la stessa decisione di
sette anni prima.
Aveva paura che scegliesse Katherine, un’altra volta.
Decise di fare
l’ennesimo tentativo, Damon. Si alzò dal letto,
scese di sotto e si diresse in
strada.
― Damon! ― lo
chiamò suo padre ― Dove stai andando?
― Fuori! ― sbraitò
il ragazzo, non molto cortesemente.
Giuseppe Salvatore
rimase lì, ad osservare sconvolto suo figlio soffrire per
l’ennesima volta. E
il motivo, pensò tra sé e sé
amaramente, era di nuovo lei.
― Lascialo andare,
papà. ― disse Stefan poggiandogli una mano sulla spalla ―
Credo stia andando da
Bonnie, di nuovo.
― Quella ragazza è
proprio testarda. ― disse in signor Salvatore ― Avrei preferito mille
volte lei
a quella Katherine Pierce!
― Tuo figlio non è
meno testardo, papà. ― concluse Stefan, rientrando in casa.
Sperava
segretamente che Bonnie non risbattesse la porta in faccia a Damon.
Così,
forse, lui avrebbe realmente avuto una scelta da fare.
Nello stesso
momento, Damon, era giunto di fronte alla casa di Bonnie e Caroline.
Era
un’abitazione piuttosto carina, anche se molto piccola
– almeno apparentemente.
Salì i tre gradini e suonò, insistentemente, il
campanello. Pochi minuti dopo,
fu la ragazza bionda ad aprire.
― Damon! ― disse
Caroline, in forma di saluto ― Cosa ti porta da queste parti? Bonnie
non c’è,
le dirò che sei passato! Ciao! ― tentò di
richiudere la porta, ma il ragazzo la
bloccò.
― Aspetta,
Caroline. ― disse ― So che Bonnie è in casa,
c’è la sua macchina nel vialetto.
Ho bisogno di parlarle, per favore.
― Lascialo entrare.
― disse Bonnie, sbucando dal salotto.
― Grazie al cielo,
Bonnie. ― rispose Caroline ― Non avrei saputo cosa fare!
― Puoi lasciarci da
soli? ― le chiese l’amica. Caroline annuì,
salutò Damon e scomparve in camera
sua. Bonnie, dal canto suo, afferrò la giacca e
uscì sotto il piccolo portico.
― Cosa ci fai qui,
Damon?
― Non mi rispondevi
alle chiamate, o ai messaggi. ― rispose lui ― Sono anche venuto qui
spesso,
questa settimana.
― Mai pensato che
non volessi parlarti?
― Cos’è cambiato? ―
domandò Damon, esasperato.
― Tutto, Damon. È
ritornata Katherine, dannazione! E tu, da quel giorno, sei cambiato.
Credi che
non abbia notato il modo in cui la fissavi a casa di Tyler? Sono
già stata così
male, per te Damon; non voglio tornare ancora in quel baratro.
― Bonnie, io…
― Non voglio
sentirti, Damon. ― disse, decisa. Prese, poi, un respiro profondo e
continuò ―
Io ti ho amato moltissimo. Per tutto il periodo del liceo, dal primo
momento in
cui ti ho visto. Non ho mai creduto al colpo di fulmine, ma non appena
i miei
occhi si posarono su di te, il mio cuore decise che era giunto il
momento di
cambiare le mie convinzioni. C’è stato un tempo,
Damon, in cui ero quasi certa
che tu mi ricambiassi, almeno un po’. Ma mi ero sbagliata e
forse illusa,
perché alla fine te ne sei andato con Katherine, senza
pensare per un secondo a
me. Non avevi obblighi nei miei confronti… Voglio dire,
cavolo! Ero io quella
innamorata di te, non tu! Perché avresti dovuto scegliere me
se amavi
Katherine? Al cuore non si comanda,
diceva sempre mia nonna, e aveva ragione. Non si decide chi amare, ed
è proprio
per questo che non ti ho mai imposto me o i miei sentimenti per te. Ma
Katherine ha ragione. ― si stupì lei stessa, mentre
pronunciò quella frase ― Io
sono stata anni a rincorrere un fantasma, quando era lei
quella che ti aveva; quella che ti viveva.
Non io. E come quel giorno, dopo la cerimonia dei diplomi,
tu sceglierai lei.
― Bonnie, ma cosa
stai dicendo? ― chiese Damon, disperato. Stava per avere una crisi di
nervi e
non ne capiva il perché.
― Sto dicendo che è
finita qui, Damon. ― sussurrò risoluta ― Queste settimane
sono state perfette,
per me. Le più belle della mia vita! Perché sei
stato con me. Ma non posso
imporre al mio cuore l’ennesima delusione… non la
sopporterebbe. ― si avvicinò
frettolosamente al ragazzo che aveva di fronte e gli posò un
bacio sulla
guancia liscia ― Addio Damon. Stai bene. ― aprì la porta di
casa e, con un
gesto secco e deciso, fece scattare la serratura.
Damon restò lì,
inerme. Non sapeva cosa fare, cosa sentire. Non capiva, soprattutto,
per quale
ragione il suo cuore era diventato un macigno troppo freddo e pesante
da
sopportare. Quando Katherine era sparita dalla sua vita, non fu quella
la
reazione. Certo, c’era stato dispiacere e dolore, ma questa
volta era
lacerante.
Silenzioso, come un
animale notturno e ferito, riprese la direzione di casa.
Era notte fonda
quando il ragazzo raggiunse la sua stanza. Nessuno era rimasto in piedi
ad
attenderlo. Forse, l’unico, era stato Stefan, ma si era
addormentato sul divano
nel tentativo di restare sveglio. L’università era
sfiancante, Damon lo
ricordava bene.
Quando varcò la
soglia della sua stanca, si rese conto di non essere da solo.
― Cosa ci fai qui?
― Sono entrata
dalla finestra, come ai vecchi tempi. ― rispose Katherine ― Ti stavo
aspettando, Damon.
― Non è serata,
Kat. ― rispose il ragazzo, in tono duro ― Tornatene a casa, in albergo,
o
dovunque stai alloggiando.
― Possiamo parlare?
Ti prego, solo… solo qualche minuto.
― Che cosa vuoi? ―
domandò Damon, voltandosi per guardarla in faccia.
Aggrottò le sopracciglia,
notando quanto fosse diversa. I delicati boccoli castani avevano
lasciato il
loro posto ad una mise liscia, come
un oceano calmo di cioccolata fondente. Il trucco era meno accentuato,
così
come il suo abbigliamento era meno appariscente.
― Voglio chiederti
scusa, Damon. ― parlò la ragazza, realmente pentita ― Mi
dispiace per il modo
in cui ti ho trattato; mi dispiace per ciò che ti ho fatto.
Mi dispiace per
tutto.
― E cosa dovrei
farmene, adesso, delle tue scuse, Katherine? ― domandò lui,
rabbioso ― Io ti ho
seguito a New York, perché l’unico desiderio che
avevo – o, almeno, l’unico
desiderio che credevo di avere
– era
di stare con te, per sempre. E tu che cosa hai fatto? Hai pensato
sempre e solo
a te stessa. Mai una volta, una sola dannata volta, hai pensato a me.
― Lo so, Damon. Ma
io…
― Tu cosa? Sei solo
un’egoista, Katherine. Mi chiedo come ho fatto a non
accorgermene molto tempo
fa.
― Io ti ho sempre
amato molto, Damon. ― disse Katherine, avvicinandosi a lui ― Sempre. Anche se ti sembrerà
ridicolo e
impossibile da credere, è così. Sono sempre stata
una frana in queste cose. Ho
sempre fatto le scelte sbagliate, nonostante sapessi quali fossero
quelle
giuste. Io faccio male alle persone, Damon, anche se le amo
più delle mia
stessa vita. Sono fatta così, non puoi cambiarmi. Nessuno può cambiarmi.
― Io volevo solo
amarti, Katherine. ― rispose lui ― Ed essere amato da te. Forse,
però, ci siamo
illusi entrambi. Io mi sono illuso.
Evidentemente non eri tu la ragazza giusta per me; la ragazza che
meritava il
mio amore.
Katherine annuì,
capendo perfettamente a chi si riferiva. Prese, così, la sua
decisione. Lei era
veramente innamorata di Damon, ma
lui
non lo era di lei. Non più, almeno. E, forse, non lo era mai
stato totalmente.
― Vivi la tua vita,
Damon. ― disse Katherine, sorridendogli amaramente ― Una volta lessi da
qualche
parte: se ami davvero qualcuno devi anche
saperlo lasciar andare. È quello che sto facendo
con te; ti sto lasciando
andare. Hai ragione tu: io sono egoista. Ma l’amore non
può essere egoista,
l’ho capito solo adesso. ― si avvicinò ancora di
più, fino ad arrivare ad un
palmo del suo naso ― Perdonami per tutto quanto. E sii
felice… Te lo meriti. ―
gli sorrise di nuovo, più facilmente e sinceramente questa
volta, e poi si
diresse verso la porta. Sarebbe uscita da quella casa e dalla sua vita,
per
sempre.
― Non devo
perdonarmi, Katherine. ― disse Damon, facendo fermare per un istante la
giovane
― Non ho nulla da perdonarti, ma se ti può far stare meglio
accetto le tue
scuse.
Katherine guardò
Damon per l’ultima volta, e poi – esattamente come
ne era entrata – uscì dalla
sua vita, ma soprattutto dal suo cuore.
***
Finalmente
anche la
laurea per Stefan ed Elena era arrivata. Tutto il college si trovava a
casa
Salvatore, per festeggiare i due nuovi dottorandi.
― Congratulazioni,
ragazzi! ― disse Damon, portando ad entrambi due flute di Champagne.
― Grazie, fratello.
― Visto, Dam? ―
domandò Elena ― Ce l’abbiamo fatta! Certo, adesso
c’è la specializzazione e
tutto, ma ehi! Il momento in cui potremo capire cosa ti passa per la
testa è
vicino!
― Come, prego? ―
chiese Damon, confuso.
― Stefan diventerà
psichiatra – e sono dell’idea, da sempre, che te ne
serva uno buono. Io
diventerò veterinaria, quindi posso curare gli animali. ―
concluse, facendo un
sorriso a trentadue denti che, contro ogni pronostico, fece scoppiare a
ridere
Stefan.
― Ah, ah,
divertente! ― disse Damon, palesemente offeso.
― Sai che ti
vogliamo bene, Damon!
― Non ti rispondo! ―
disse Damon, togliendole dalle mani il bicchiere ― E questo me lo
riprendo! ―
concluse, facendo un’uscita teatrale.
Era nettamente più
sereno, adesso. Erano passati diversi mesi da quando Katherine era
entrata, di
nascosto, nella sua stanza, mettendosi a nudo. Gli era servito. Aveva,
finalmente, capito quale fosse la scelta giusta da fare. Voleva
attendere,
però. Capire, sul serio, se fosse pronto o meno. Non voleva
ferire il suo cuore. Non di nuovo,
non ora che da
quel cuore dipendeva anche la sua felicità – il
suo futuro.
Notò una chioma
castana fuori, nel cortile della loro grande villa. Afferrò
la giacca scura e
uscì, sotto il manto scuro della notte. È
arrivata, pensò.
― Perché mi hai
fatta venire? Pensavo che ci fossimo detti tutto quello che dovevamo
dirci,
quella volta.
― Lo credevo anche
io, ma non è così.
― Io non voglio
parlarne, Damon. ― disse la ragazza, cercando di andare via ― Ti ho
lasciato
andare, per me è finita lì. Perché
rinvangare?
― Perché ti amo! ―
disse lui, afferrandola per la spalle per fissarla nei suoi occhi
castani ― Ti
ho sempre amata. Sei tu
l’unica che
ho amato, amo e amerò per sempre.
― Cosa…? Che stai
dicendo? ― chiese lei, sbigottita ― Tu… tu mi hai lasciata
andare, quando ti ho
detto che era meglio così.
― Beh, non sono un
genio. Ho sbagliato, ma ti chiedo di darmi una chance. Un’altra
chance. ― supplicò lui, aspettando il momento in
cui
l’avrebbe baciata.
― Non so cosa dire.
― Dimmi di sì. ―
disse Damon, rafforzando la presa ― Dimmi che nonostante la mia
stupidità,
nonostante il mio orgoglio, nonostante tutti i miei difetti, tu mi ami
ancora.
Dimmi che nonostante i problemi che abbiamo passato, nonostante la
separazione
e i malintesi, scegli ancora me. Ed io, in cambio, ti prometto che ti
amerò da
adesso fino alla fine del mondo.
La ragazza lo fissò
a lungo, prima di aprire bocca. Il suo cuore esplose per la gioia. Non
era una
santa. Forse, qualche errore, lo aveva commesso anche lei. Ma,
nonostante
tutto, lui – il suo unico e grande amore – era
lì, dinanzi a lei e le stava
dicendo che l’amava.
― Sì, Damon. Ti
dico di sì. ― affermò decisa.
Il ragazzo fece
scivolare le mani sulle sue guance, delicatamente, per poi avvicinarsi
alle sue
labbra piano, dolcemente. Quando le loro bocche si toccarono, entrambi
avvertirono una scarica lungo tutta la schiena. Le labbra si
dischiusero, così
che potessero approfondire il bacio. Fu magico, passionale –
al contempo dolce
– ma, soprattutto, colmo d’amore.
― Ti amo, Damon
Salvatore.
― Ti amo anche io,
Bonnie McCullough.
E fu così, sotto un
portico in una notte di primavera, che cominciò una storia
d’amore che durò
tutta una vita.
Fine.
~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~
E'
finita! E il nostro Damon ha fatto la sua scelta: Bonnie. Una scelta
esatta, visto che la loro storia è durata una vita - come
dice il finale di questo epilogo.
Volevo,
per prima cosa, ringraziare
tutti voi! Chi ha sempre recensito, chi lo ha fatto
sporadicamente; ma anche chi ha seguito la flash in silenzio,
inserendola nelle preferite o nelle seguite, ma anche nelle ricordate. Grazie mille, davvero!
Un bacione!
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