Un'altra chance.

di Mia Swatt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1. IL RITORNO DI DAMON ***
Capitolo 3: *** 2. LA FESTA ***
Capitolo 4: *** 3. KATHERINE PIERCE ***
Capitolo 5: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Buon pomeriggio a tutti! Eccomi con il secondo tentativo su questa fandom :) la mia storia che pubblicai su Il Diario del Vampiro, è una one-shot a rating rosso - che, in caso potesse interessare, potete trovare QUI - e ha una trama piuttosto forte.
Tornando a questa piccola flash, cosa dirvi? La storia avrà CINQUE pubblicazioni, un giorno alla settimana - ogni Venerdì. Il racconto è composta da TRE CAPITOLI più PROLOGO ed EPILOGO. In principio, questa flash, doveva essere una one-shot, poi mi è stato chiesto di fare almeno una storiella più lunga ed è nata questa flashfic. Spero possa interessare a qualcuno :)
Adesso vi lascio al capitolo, buona lettura!

Un’altra chance

Non sono ancora pronto per lasciar perdere,
perché in quel caso non saprei mai cosa mi sto perdendo,
ma sono troppo fuori strada.
Allora, quando mi arrenderò a quello che ho desiderato?
Non saprò mai perché è crollato tutto giù, giù, giù...

Down, Jason Walker.

PROLOGO

Fell’s Church, Virginia. Stati Uniti d’America.
Agosto, 2004.

Come ogni anno, il cortile della scuola superiore di Fell’s Church, era allestito a festa. Musica, palco, sedie posizionate davanti ad esso… Altre classi si sarebbero diplomate, quell’anno.
― Damon! Ti stavo cercando dappertutto! ― lo chiamò una ragazza, la più bella di tutto il liceo. I capelli mossi, castano scuro, le ricadevano fino a metà schiena; gli occhi da cerbiatta era due pozze onice, in cui perdersi ogni volta che la guardava; il fisico era perfetto, atletico. Degno di un capo cheerleader.
― Kat, ero qui. Sto aspettando mio fratello, dovrebbe arrivare a momenti con Elena.
― Bello! Stanno ancora insieme? Che carini… Senti, volevo sapere se hai trovato le decorazioni che ti ho chiesto. Devo finire di allestire il palco, visto che tra qualche ora comincia la cerimonia.
― Certo, li ho messi in palestra. ― rispose. La ragazza si alzò in punta di piedi e gli posò un bacio a fior di labbra, per poi scappare via.
Damon restò lì, impalato, a fissare quella ninfa, orgoglioso che fosse sua. Solo sua.
Katherine Pierce, insieme a Damon Salvatore, entrambi diciottenni, erano i ragazzi più popolari del liceo. Lui, atleta affermato nel basket; lei, cheerleader bella e talentuosa.

― Attento Damon, se la guardi troppo rischia di scomparire.
― È tutta invidia. ― affermò il ragazzo ― Il fatto è che odi fino all’inverosimile che io guardi lei e non te.
― Mi hai scoperta! Adesso cosa farò? ― domandò lei, melodrammatica. Damon scoppiò a ridere per la sua sfacciataggine, ma lei era fatta così.
Bonnie McCullough, era la migliore amica di Elena Gilbert – quest’ultima altre non era che la ragazza di suo fratello, Stefan Salvatore.
Alta un metro e sessanta, Bonnie, con la sua carnagione mulatta, i suoi occhi scuri, i capelli corti e rossicci, riusciva sempre a far impazzire Damon. Lui l’adorava; c’era stato un tempo, perfino, in cui aveva pensato di poter costruire qualcosa con la “streghetta”, ma il temperamento di Bonnie non era per uno come lui. Damon voleva la popolarità, Bonnie non era quel tipo di persona.
― Non avrete già cominciato a discutere voi due, vero? ― domandò Stefan, raggiungendo il fratello insieme a Elena.
― No, fratellino. ― rispose Damon, passandogli un braccio intorno alle spalle ― Come al solito è rimasta abbagliata dal mio fascino!
― Ti piacerebbe… ― lo stuzzicò Bonnie, provocando una sonora risata alla sua migliore amica.
Elena Gilbert, sedici anni – come Bonnie e Stefan – era una ragazza alla mano. I capelli biondi, lunghi, le ricadevano lisci fino alla vita; gli occhi castani erano espressivi, sinceri, privi di ogni malizia. Stava con Stefan dal primo giorno di liceo, da quando – per caso – si erano scontrati fuori dall’ufficio del preside. Fu un colpo di fulmine, amore a prima vista.
Le ore, che dividevano l’attesa dalla cerimonia della consegna dei diplomi, passarono in fretta. Katherine, insieme al comitato di organizzazione, fece un lavoro impeccabile. Come ogni volta. Quando la cerimonia iniziò, tutti i genitori furono fieri dei propri figli, i quali – vestiti con tunica e cappelli bordeaux – si susseguivano sul palco, per ricevere la loro promozione.
― Ci siamo diplomati! ― urlò Katherine, mentre passeggiava con Damon per il Luna Park ― Finalmente ce ne andremo via da questa città, tesoro.
― Non vedevi l’ora, eh?
― Già. Tu non sei contento di partire? ― gli domandò. Lui, di tutta risposta, scollò le spalle. Damon non odiava quella città come Katherine, ma non voleva stare senza di lei. Aveva deciso, perciò, di seguirla, fino a New York.
― Un po’ mi mancherà. ― ammise lui ― In fin dei conti ci ho vissuto per diciotto anni.
― A me l’unica cosa che mancherebbe saresti tu. Fortuna che vieni con me. ― lo spinse dolcemente vicino ad un muretto e lo baciò con passione, per ore.
― Oh, scusate! ― disse Bonnie, avendo interrotto i due piccioncini ― Non vi avevo visti, stavo cercando Elena!
― Figurati, Bonnie. ― rispose Katherine ― Ti aiutiamo a cercarla, così la saluto anche io. Domani partiamo, lo sai vero? ― Bonnie annuì soltanto, sapendo perché Katherine avesse voluto precisare. Lei sapeva che Bonnie era innamorata di Damon, ma avrebbe lottato con gli artigli e con i denti piuttosto che lasciarlo a lei. Bonnie, dal canto suo, era troppo testarda per ammettere quel sentimento.
― Dovrebbero essere alla ruota panoramica.
― Bene! Allora andiamo! ― rispose Katherine ― Damon, vieni?
― Sì, andiamo. ― rispose il ragazzo, non capendo il motivo degli sguardi scambiati, poco prima, dalle due ragazze.
Come aveva intuito Bonnie, Stefan ed Elena, stavano scendendo abbracciati dalla ruota panoramica.
― Sempre a fare i piccioncini, eh?
― Parli tu, Damon. ― rispose Elena ― Tu e Kate state sempre a sbaciucchiarvi!
― E come potrei resistergli? ― domandò retorica quest’ultima, facendo ridere tutti, per il tono usato.
― Così ci siamo. ― disse Stefan, avvicinando il fratello ― Tra poche ore te ne andrai.
― Come farai senza di me? ― lo stuzzicò il fratello maggiore.
― Sei sempre un pirla, lo sai?
― Ma bellissimo. Un pirla estremamente affascinante, direi.
I fratelli Salvatore erano completamenti diversi l’uno dall’altro, non solo nell’aspetto fisico. Damon, due anni più grande, era alto un metro e ottantatre; occhi e capelli neri; fisico atletico. Caratterialmente era quello che si chiamava un dongiovanni. Sicuro di sé, fino all’inverosimile, strafottente ed egocentrico. Stefan, invece, era alto un metro e ottanta; occhi verdi, capelli castano chiaro; fisico atletico, anche’esso. Era molto dolce e altruista, sapeva ascoltare gli altri. Generoso e romantico.
― Mi mancherai, Damon.
― Anche tu, Stefan. ― si scambiarono un abbraccio fraterno e poi ognuno andò per la propria strada.
― Ehi… ― lo chiamò Katherine, mentre stavano raggiungendo l’aeroporto ― Ti stai pentendo?
― Di cosa? ― le chiese lui, confuso da quella domanda.
― Ti partire con me, per esempio. ― rispose lei ― Oppure, di aver scelto me e non Bonnie.
― Kat, io non dovevo scegliere nessuno. ― rispose Damon, deciso ― Non ero innamorato di Bonnie, come lei non lo era di me. Io ho scelto te, perché ti amo.
― Ed io amo te, Damon Salvatore. ― sussurrò lei, baciando le sue labbra morbide.

***
Brooklyn, New York. Stati Uniti d’America.
Settembre 2011.

Erano, ormai, sette anni che Damon viveva a Brooklyn. Si era laureato in giornalismo nell’anno 2009 e da due anni lavorava presso il New York Times, come stagista reporter. Aveva una carriera solida, sulla quale costruire il suo futuro; una bella casa; una ragazza con la quale doveva sposarsi. Ma tutto cambiò, all’improvviso.
Katherine era diventata una fotomodella affermata, nella grande mela. Ovunque guardasse, Damon, vedeva il suo volto sui cartelloni; attaccato agli autobus. Perfino in televisione trasmettevano alcuni dei suoi servizi. Per tutto il mondo, Katherine Pierce, era dolce, bella e simpatica. Sorridente con tutti. L’unico a sapere chi fosse, realmente, era Damon.
Lui che le aveva donato il suo cuore.
Lui che l’aveva seguita, in una città che non conosceva.
Lui che avrebbe venduto, perfino, l’anima al Diavolo pur di farla felice.
Lui che le faceva passare ogni capriccio.
Lui che l’amava senza condizionamenti mentali.
Lei, invece, lo aveva lasciato. Sei mesi prima, con un biglietto. Dopo avergli fatto trovare gli scatoloni fuori dalla porta di casa. Una casa che lui aveva comprato per lei, per loro.
Sai come ragiono
, o tutto o niente.
E per te non c’è più niente.

Katherine.

Poche righe avevano spazzato via tutto. Un amore, un passato, un futuro.

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Eccoci qua. Spero che il prologo sia stato di vostro gradimento... Per ora non credo ci sia troppo da dire, perciò lascio a voi il giudizio! Fatemi sapere cosa ne pensate :) e ci aggiorniamo Venerdì prossimo!

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Capitolo 2
*** 1. IL RITORNO DI DAMON ***


Salve a tutti! Come va? Io così e così, ho passato una notte tremenda - maledetti incubi! Va bene, giustamente starete dicendo: "e a noi che importa? Dacci il capitolo!" e avete ragione XD ci tengo solo a farvi una domandina...
Leggete, please! Solitamente - quando una storia è corta o in fase di arrivo - autopubblicizzo qualche mia storia, in caso che a qualcuno interessi leggere altro di mio. Personalmente apprezzo questa cosa, in quanto lettrice, perché se l'autrice mi piace come scrive, finita la storia che sto seguendo, mi farebbe piacere leggere altro di suo. E' vero, volendo c'è sempre il profilo di EFP, ma magari a qualcuno fa piacere vedere cosa propone l'autrice stessa... Tutto questo per chiedervi: che saghe seguite? Cosa vi piace leggere? Aspetto, con ansia, vostre notizie per il futuro. Adesso vi lascio al capitolo!

1.
IL RITORNO DI DAMON


Fell’s Church, Virginia. Stati Uniti d’America.
Settembre 2011.

L’aeroporto di Fell’s Church era sempre lo stesso, nonostante fossero passati setti anni dall’ultima volta che Damon vi avesse messo piedi. Non tornava in quel piccolo paese della Virginia da quando era partito per New York.
Nessuno sapeva del suo ritorno, neanche Stefan.
Arrivò a casa Salvatore circa mezzora dopo l’atterraggio dell’aereo. Ad aspettarlo non c’era nessuno. Suo padre, Giuseppe Salvatore, era al comune della città, era lì che lavorava praticamente da sempre; sua madre, invece, era a scuola. Faceva l’insegnante di Storia.
Quando varcò la soglia riconobbe l’odore famigliare di muschio, che da sempre aveva contraddistinto quelle mura. Quanto gli era mancato tutto quello? Troppo.
Mise a posto i bagagli, si diede una sistemata e decise di fare una sorpresa a suo fratello, facendosi trovare fuori dal College.
A differenza di Damon, Stefan, era andato con Elena all’università della Virginia. Voleva diventare uno psichiatra; Elena, invece, una veterinaria.
Erano da poco passate le due, sarebbero usciti a breve.
― Com’è andata, amore? ― domandò Stefan, ormai ventitreenne, alla sua fidanzata. Lei gli strinse le braccia attorno alla vita e rispose.
― Molto bene! E tu?
― Non vi si può lasciare qualche anno da soli che vi rammollite, eh ragazzi? ― domandò Damon, alle loro spalle. I due ragazzi si voltarono, riconoscendo la voce – se pur diventata più matura e fiera – non credevano ai loro occhi.
― Damon? ― chiese, incerta, Elena.
― L’unico e solo, cognatina!
― Oddio, sei proprio tu! ― urlò lei, buttandogli le braccia al collo. Damon le restituì l’abbraccio, alzando gli occhi al cielo.
― Ah, nessuno resiste al mio fascino… ― sussurrò, prendendosi uno pugno sul braccio.
― Ma falla finita, scemo!
― Damon. ― disse Stefan, ancora inerme dinanzi al fratello. Era sorpreso. Non sapeva che sarebbe tornato.
― Lo so, Stefan. ― sdrammatizzò lui ― Dopo anni in cui mi vedevi solo per webcam e qualche incontro fugace a New York, vedermi dal vivo ti crea uno shock, ma ehi! È tutto apposto, fratellino! Sono io.
― Non cambi mai tu! ― disse Stefan, allargando le braccia ― Fatti abbracciare!
La giornata passò serenamente. I genitori di Damon furono sorpresi, ma felici, nel riaverlo a casa. Stefan ed Elena decisero di organizzare una festa, in onore del suo ritorno a casa. Non voleva ricevimenti, Damon. Né qualsiasi altra cosa simile, ma non poteva dirlo ai suoi amici. Loro erano contenti, non voleva rovinargli l’allegria.
― Bonnie? ― domandò Damon, mentre erano tutti e tre in pizzeria.
― Sta bene. ― rispose Elena ― Ma non credo sappia del tuo ritorno, non ancora almeno.
― Quanto credi di rimanere? ― chiese Stefan, bevendo un sorso di birra.
― Per sempre, direi. ― rispose Damon, addentando un pezzo di pizza.
― E Katherine…? ― azzardò Elena, visto che nessuno aveva ancora toccato l’argomento.
― Non credo si unirà a noi.
― Cos’è successo? ― domandò Stefan.
― Mi ha lasciato. ― spiegò il fratello ― Una sera, sono rientrato a casa dal lavoro e ho trovato tutta la mia roba fuori dalla porta di casa. Lei non c’era, ovviamente. Era fuori città per qualche scatto, non lo so. Fatto sta che tutta la mia roba era lì, in bella mostra! Sulle scatole c’era il mio nome, scritto a lettere cubitali. E poi c’era questo… ― concluse, tirando fuori dal portafoglio il bigliettino con cui Katherine aveva messo fine alla loro storia. Stefan lo prese, passandolo poi a Elena.
― Mi dispiace tanto, Damon. ― disse quest’ultima, riconsegnandogli il pezzo di carta stropicciato.
― Sì, già… Anche a me.
― Quando è successo? ― chiese Stefan, capendo che il motivo per cui suo fratello fosse tornato a casa era senza ombra di dubbio quello.
― Sei mesi fa, più o meno.
― Ma… ― tentò di dire Elena, ma Stefan la bloccò.
― So quello che stavi per dirmi, Elena. ― rispose, comunque, Damon ― Perché due mesi fa, quando mi avete chiamato, ho detto che andava tutto bene? ― non vedendo risposte, continuò da solo ― Sapete come sono fatto. Inoltre, credevo che le cose potessero sistemarsi. Solo qualche giorno fa ho capito che era davvero tutto finito, forse non è mai neanche cominciato niente.
― Che vuoi dire? ― chiese Stefan, non sopportando di vedere suo fratello in quelle condizioni.
― Niente Stefan, non mi va di parlarne. Va bene?
― Va bene.
― Stasera si fa quello che vuoi tu, ragazzone! ― intervenne Elena, cercando di spezzare la tensione ― Quindi, cosa vuoi fare?
― Giocare a biliardo! ― rispose Damon ― Come ai vecchi tempi, vi va?
― Certo, basta che non bari. ― disse Stefan, alzandosi dal tavolino.
― Ehi! Io non baro… ― non finì la frase che sia Elena che Stefan, stavano morendo dalle risate. Damon sorrise, per la prima volta dopo tanto tempo. Capì, così, che quella decisione era stata la migliore. Tornare a casa, da suo fratello, dai suoi amici, era la scelta più saggia che potesse fare.

***

Era passata una settimana dal ritorno di Damon a Fell’s Church, e le cose stavano andando piuttosto bene. L’unica cosa che il ragazzo non capiva, era il motivo per il quale Elena, ma anche Stefan, non avesse detto nulla a Bonnie.
Era pomeriggio inoltrato, quando il cellulare del ragazzo suonò per la centesima volta. Il direttore del giornale, per il quale lavorava a New York, continuava a chiamarlo. Voleva che il ragazzo tornasse al suo posto di stagista; aveva futuro, diceva. Ma Damon non aveva affatto voglia di tornare in quella città. New York era stata la sua benefattrice, ma anche la sua rovina. Lì, in quel luogo, lui e Katherine avevano cominciato la loro nuova vita; lì, in quello stesso luogo dove tutto era iniziato, tutto era finito.
Si alzò dal divano, stanco di rimuginare sempre sul suo fallimento amoroso, e si versò un bicchiere di scotch. La casa non era cambiata molto in quegli anni. La libreria era stata arricchita, ma nulla era stato spostato. Suo padre teneva molto all’ordine. Aveva deciso di guardare un po’ di televisione, quando delle voci – provenienti dal portico di casa – attirarono la sua attenzione. Erano Stefan ed Elena.
― Allora, glielo hai detto o no? ― domandò il primo.
― Ancora no. ― rispose la seconda.
― Elena!
― Cosa? Stefan, sai che è un argomento delicato per Bonnie.
― Sì, lo capisco. Ma non puoi aspettare che Bonnie incontri Damon fuori dall’università o in giro per la città. Sarebbe peggio, non trovi?
Elena sbuffò, sapendo quanto le parole del suo ragazzo fossero vere. Ma era combattuta. Come avrebbe fatto a dire a Bonnie che Damon, quel Damon, era tornato a Fell’s Church?
― Lo so, ma Stefan… Come faccio a dirle che Damon è tornato? ― chiese lei, in tono lamentoso ― Sarà una batosta per Bonnie.
― Lo so. Non le è ancora passata, vero?
― No. ― rispose, sospirando pesantemente ― Da quanto si è lasciata con Jeremy non si è messa più con nessuno. Schiva chiunque, lo sai. Credevo che mettersi con Jeremy, dimenticare Damon una volta per tutte, fosse la scelta migliore per lei, invece…
― Invece non riesce a dimenticarlo. Non ci è mai riuscita davvero.
Damon era senza parole. Il respiro era fermo, il suo corpo congelato, immobile. Bonnie, quella Bonnie, era innamorata di lui? Era sempre stata innamorata di lui.
Percepì Stefan tirare fuori le chiavi, così scattò veloce – ma silenzioso – sul divano, facendo finta di non aver sentito nulla.
― Ehi, ragazzi!
― Ciao Damon. ― rispose loro, all’unisono ― Cosa fai? ― proseguì Stefan.
― Niente, ho appena spento la tv. Non c’è mai niente di decente da guardare! ― rispose, alzandosi per mettere via il bicchiere, ormai vuoto ― Com’è andata a lezione?
― Bene! ― rispose Stefan, prendendo la giacca di Elena.
― Stancante. ― disse, invece, quest’ultima, sprofondando nella poltrona.
― Come siete pappamolle. ― scherzò Damon, prendendosi in piena faccia una cuscinata, tirata da Elena ― Grazie tante.
― Figurati! ― rispose lei, sorridente ― Quando vuoi!
― Stefan, la tua ragazza mi tratta male!
― Sono sicuro che te la sei cercata.
Damon sbuffò contrariato, ma non riuscì a togliersi dalla testa neanche per un secondo quello che aveva sentito, qualche minuto prima.
― Come sta andando la mia festa di bentornato?
― Benissimo, ovviamente. ― rispose Elena ― La faremo al Mystic Grill! Ci hanno messo a disposizione non solo l’interno, ma anche il giardino.
― Una cosa in grande…
― Damon Salvatore torna a Fell’s Church. ― parlò Stefan ― È un evento che va assolutamente festeggiato.
― Va bene, va bene! ― disse lui, alzandosi ― Andrò a farmi un giro, così voi piccioncini potete tubare un po’ in santa pace. ― strizzò l’occhio, prese la giacca di pelle nere e uscì.
Fell’s Church non era granché come città. Troppo antica, troppo piccola, troppo mistica… Attirava un sacco di turisti, a causa della sua storia assurda. Si narrava, infatti, che Fell’s Church fosse stata fondata da alcuni vampiri e che dopo, gli essere umani, decisero di scacciarli, uccidendoli uno ad uno. Che stupidaggini, pensò Damon.
Era, così, troppo assorto nei suoi pensieri per accorgersi della ragazza che quasi gli sbatté addosso. Era minuta, con lunghi capelli scuri. Stringeva al petto dei libri, evidentemente era appena uscita dall’università.
― Scusami. ― disse Damon ― Non ti avevo vista… Bonnie?
La ragazza sgranò gli occhi, non credendo a chi avesse davanti. Damon Salvatore. Cosa ci faceva lui lì? Il suo cuore cominciò a battere furioso nel petto, sia per rabbia che per gioia. Due sentimenti troppo diversi e contrastanti perché potesse ragionare lucidamente. Non rispose, lo supererò semplicemente, pregando che lui non la seguisse. Speranza vana.
― Bonnie! Aspetta un attimo. ― disse lui, afferrandole un braccio ― Sei proprio tu, vero?
― No, sono sua sorella gemella. Ora se non ti dispiace… ― cercò di fargli mollare la presa, senza riuscirci.
― Sì, sei proprio tu! Sei… sei diversa.
― Sono passati sette anni, Damon. ― rispose Bonnie, riuscendo a liberarsi da quella presa ferrea ― Cosa credevi di trovare? Ancora la ragazzina di sedici anni, con i capelli rossi, corti, e le lentiggini?
― No, solo che…
― Solo che, niente. ― lo zittì lei, tagliente ― Gli anni passano per tutti, Damon. Sono passati anche per me. Ora, se vuoi scusarmi, devo tornare a casa. Caroline mi aspetta per cena. ― si voltò, lasciando Damon lì, come un baccalà a fissarla. Non se la immaginava così, proprio per niente. Aveva lasciato una Bonnie ragazzina, una bambina. Ora, invece, quella che si era trovato davanti, era una donna. Una donna fiera e orgogliosa.
― Ah comunque, bentornato a Fell’s Church. ― disse Bonnie, prima di salire in macchina e sparire, inghiottita dal tramonto che stava, lentamente, calando sulla città.

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Ecco il primo capitolo di questa piccola flash! Cosa ne pensate? Come potete vedere la caratterizzazione dei personaggi è molto diversa, sia che si parla di serie televisiva sia che si parla di saga scritta. Stefan e Damon sono fratelli, per davvero. Non c'è odio, non c'è rancora... Loro si vogliono bene - Damon vuole bene a suo fratello minore, senza se e senza ma. Elena ha un carattere frizzante e scherzoso. Ama Stefan, solo lui. Vede in Damon un futuro cognato, un amico, un fratello maggiore con cui scherzare e prenderlo in giro - questo particolare si vedrà molto anche nei prossimi capitoli -, ma tutto qui. Damon, per Elena, è solo questo. E poi c'è Bonnie... Ma di lei è inutile parlare, come personaggio verrà scoperto man mano. Solo una cosa: come avrete potuto leggere la descrizione di Bonnie è diversa, ora. Non sono diventata pazza! Ma, a differenza di Elena che è rimasta bionda ect. ect., Bonnie è cambiata, infatti lo spiega. Che altro dirvi? Ci leggiamo Mercoledì prossimo!

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Capitolo 3
*** 2. LA FESTA ***


Buon pomeriggio a tutti! Come state? Io sono in fibrillazione, oggi è il 16 Novembre! Ciò significa che è uscito nelle sale Breaking Dawn! Waa *-* non vedo l'ora di andare a vederlo! E voi? Se a qualcuno piace la saga e i film, quando andrete?
Adesso vi lascio al capitolo! Spero vi piaccia :)


2.
LA FESTA

La grande festa di bentornato si stava facendo sempre più vicina. Molti erano gli umori e le aspettative, ovviamente ognuno contrastante con l’altro.
Damon, l’ospite d’onore, era nervoso. Non voleva quella stupida festa, per molte ragioni. Per lui, il ritorno a Fell’s Church, non era da festeggiare. Era stato un cuore spezzato a riportarlo a casa; una falda di percorso; un errore di calcolo. E poi c’era il “problema” Bonnie. Come avrebbe dovuto comportarsi con lei? Aveva scoperto – origliando, per puro caso, una conversazione tra suo fratello ed Elena – che la ragazza era innamorata di lui, ancora. Si era dato dello stupido parecchie volte, di recente. Come aveva fatto, sette anni prima, a non rendersi conto di quello che Bonnie provava per lui? E, anche se se ne fosse accorto, la sua scelta sarebbe stata diversa? Quali erano i suoi sentimenti per Bonnie? Non lo sapeva.
Stefan, al contrario di suo fratello maggiore, era entusiasta di riavere Damon a casa. Certo, avrebbe preferito che tornasse in circostanze più felici, ma d’altronde, la vita era famosa per cambiare qualsiasi piano. Non poteva lamentarsi, comunque. In fin dei conti, Katherine Pierce, non gli era mai piaciuta troppo.
Elena, aiutata dalla sua amica Caroline Forbes – conosciuta all’università, infatti era la coinquilina di Bonnie, adesso – stava organizzando la festa più grande che Fell’s Church aveva mi visto. Ovviamente, seconda solo a quelle dei fondatori.
E poi c’era Bonnie… Lei che aveva passato anni a sopprimere i suoi sentimenti per Damon, tentando di rifarsi una vita. E adesso? Lui era ripiombato in città, spazzando via qualsiasi traccia di resistenza che il suo cuore, per difesa, aveva eretto. Lontano dagli occhi, lontano da cuore…, si diceva. Ma quando non si è più lontani l’uno dall’altra cosa bisogna fare?
― Damon, ti ricordo che questa sera ci sarà la festa. ― gli disse Stefan, piombando in salotto con la borsa a tracolla. Era Venerdì, il college lo stava aspettando.
― Sì, lo so. ― rispose Damon, stravaccato sul divano, intento a leggere il giornale in pantofole ― Più tardi devo raggiungere Elena al Grill, dice che ha bisogno di qualcuno per spostare alcune cose. Ma non potevi andarci tu?
― Io ho lezione, fratello.
― Ma la festa è mia e devo anche sgobbare?
― Oh andiamo, Dam! Sarai circondato da belle ragazze, di cosa ti lamenti? ― lo prese in giro il fratello, addentando una fetta biscottata ― Ma stai lontano da Elena! ― urlò Stefan, uscendo di corsa.
― E chi te la tocca! ― rispose, troppo tardi, Damon ― È troppo bionda, per me.
Decise, così, di alzarsi dal quel divano, andare a farsi una doccia e preparasi per uscire.
Erano le undici, più o meno, quando Damon arriverò al locale. Si guardò intorno e quello che vide lo lasciò senza parole o battutine.
Tutto il locale era bandito a festa. I tavoli apparecchiati, con ogni tipo di vassoio, di qualsiasi dimensione – ovviamente, il tutto era vuoto; il cibo sarebbe stato servito la sera. Elena, aveva conservato il suo spirito di organizzatrice.
― Tu devi essere Damon! ― disse una ragazza, parandosi davanti a lui. Era piuttosto carina: capelli biondi, più chiari di quelli di Elena; occhi azzurri, piuttosto grandi ed espressivi; fisico niente male.
― Sì, tu invece…?
― Caroline! ― urlò la ragazza, spaccandogli quasi un timpano ― Caroline Forbes! Sono la migliore amica di Elena e Bonnie, ci siamo conosciute al college! Finalmente conosco il grande Damon Salvatore! Ho sentito un sacco parlare di te, specialmente da…
― Caroline! ― la interruppe bruscamente Bonnie ― Che stai facendo?
― Ciao Bonnie! Salutavo…
― Damon. ― disse Bonnie, rivolgendosi proprio al ragazzo.
― Bonnie. ― rispose lui, sorridendo beffardo.
Caroline, percependo la tensione, salutò impacciata e raggiunse Elena in giardino, lasciando quei due da soli.
― Stai dando una mano a Elena, per la festa? ― domandò lui, cercando di fare conversazione.
― Non avevo nulla da fare. ― rispose lei, noncurante ― Elena mi ha chiesto un favore, così ho pensato di darle una mano. Ovviamente, questo non ha nulla a che vedere con te.
― Oh certo! ― disse Damon, superando Bonnie ― Non sia mai che Bonnie McCullough faccia qualcosa per il sottoscritto! ― concluse sogghignando e si addentrò nel locale.
― Io vorrei capire chi ti credi di essere. ― gli sussurrò lei, seguendolo.
― Damon Salvatore.
― Divertente. Molto divertente.
― Ho solo risposto alla tua domanda… Oh cibo! ― urlò. Afferrando qualche patatina fritta appoggiata sul tavolo, in casa a qualcuno fosse venuta un po’ di fame.
― Come mai sei tornato, Damon?
― La tua amica Elena non te lo ha detto? ― le domandò lui, continuando a mangiare.
― No, ha detto che sarebbe stato meglio chiederlo a te. Allora?
― Come mai tutto questo interesse? ― chiese Damon, tentando di evitare le spiegazioni. La storia con Katherine gli dava ancora fastidio.
― Sei sparito, sette anni fa. ― rispose Bonnie, decisa ― Nessuno ti ha più visto né, tanto meno, sentito. Solo Stefan e Elena sapevano come stessi, tutto il resto è passato in secondo piano – compresa la mia amicizia. ― affermò risoluta ― E adesso torni, senza un apparente motivo. Cosa dovrei pensare? Come se non bastasse, credi che tutto sia rimasto come lo hai lasciato. Ma non è così, Damon. Non lo è affatto.
Damon restò lì, impalato e muto. Dov’era finita la testarda, ma scherzosa Bonnie? Che avesse ragione lei? Il loro rapporto era finito tanti anni prima, quando lui decise di seguire Katherine? Davanti a sé, per la seconda volta da quando era tornato a Fell’s Church, non c’era più una ragazzina, ma una donna. Una donna decisa, sicura di se stessa e molto, molto bella.
La testa cominciò a pulsargli, ogni volta che cercava di fare il punto della situazione gli veniva un gran mal di testa. Ma la verità, pensò tra sé e sé, era che Bonnie gli aveva da sempre fatto venire un gran mal di testa.
― Che c’è? ― domandò lei, inclinando un po’ il capo ― Emicrania? Peccato… ― concluse, superandolo e sparendo tra la folla.
Damon guardò la fanciulla, seguendola con lo sguardo, finché non fu solo un punto indistinto tra la gente.

Erano da poco passate le otto di sera, tra un’ora la grande festa per il ritorno di Damon sarebbe cominciata. Tutti erano eccitati, chi più chi meno, per la serata.
Stefan indossò un abito semi elegante: giaccia nera, camicia verde scuro – per far risaltare i suoi occhi – e un paio di jeans scuri, che potevano essere definiti “eleganti”.
Elena, mise un abito semplice di colore indaco chiaro. Fu proprio lei a rimproverare Damon, vedendolo scendere in salotto.
― Oddio Damon, ma stai andando ad una festa non a un funerale! ― lo rimproverò, costringendo il ragazzo, prima, ad alzare un sopracciglio confuso e, poi, a guardarsi allo specchio.
― Cosa c’è che non va?
― Damon, sei tutto nero!
― No, ti sbagli. I jeans sono grigio scuro. ― rispose lui, sapendo di far irritare a morte la sua futura cognata. Indossava una camicia nera, semplice; un paio di jeans grigi – anche se sembravano piuttosto scuri, quasi neri – e le scarpe sempre del medesimo colore.
― Sono sexy.
― No, sei un becchino, Damon.
― Ma voi due state sempre a discutere? ― domandò Stefan, raggiungendo la stanza in cui si trovavano quei due.
― È sempre la stessa storia, fratellino. ― rispose Damon, solenne ― La tua ragazza mi tratta male.
― Stefan! ― si lamentò Elena ― Ma guarda com’è vestito! Stiamo andando ad una festa o ad un funerale?
― Il nero rende sexy, sciocchina! ― la stuzzicò Damon, afferrando le chiavi della sua macchina e il suo cellulare di ultimissima generazione ― Ovviamente non prendo soldi, festa per me, pagate voi!
― Dannato… ― sussurrò Elena, a denti stretti. Stefan scoppiò a ridere, prendendola per mano e la strascinò alla macchina.

Il Mistyc Grill era stracolmo di gente, quando i tre ragazzi arrivarono a destinazione. Elena ne fu compiaciuta, quasi tutta Fell’s Church era accorsa a festeggiare Damon.
― Non ricordavo di conoscere tanta gente. ― disse Damon, guardandosi intorno.
― Nemmeno io. ― lo spalleggiò Stefan, esterrefatto.
― Oh andiamo! ― sbuffò Elena ― Ci sarà stato il passaparola! Ma da quant’è che non ci divertivamo così, eh Stefan?
― Ho capito. ― disse Damon, facendo il finto melodrammatico ― Mi avete usato per dare una festa.
― Oh sì, mi hai scoperta! ― rispose Elena, mettendosi una mano sul cuore ― Piantala di rompere, Damon! Divertiti! È la tua festa, su! ― non gli diede il tempo di controbattere, che afferrò Stefan per un braccio e si buttarono nelle danze – sempre se si potessero chiamare danze, quei balli da discoteca.
Rimasto solo, Damon, cominciò ad addentrarsi nel cuore del locale. Direzione: drink e salatini. Da quant’era che non frequentava più quel genere di posti? Troppo tempo.
A New York, infatti, le occasioni per uscire erano poche. In primis, da quando faceva il tirocinio, presso il giornale più in voga della città, la sera rincasava sempre piuttosto stanco; in secundis, ogni qualvolta che si usciva era per le serate mondane di Katherine. Essendo una modella piuttosto conosciuta e ricercata, era quasi costretta a frequentare quel mondo. Damon, dal canto suo, non voleva lasciarla da sola.
― Ciao Damon!
― Caroline. ― la salutò lui, riconoscendo la voce.
― Allora, cosa te ne pare?
― Bella festa, grandi decorazioni… Beh, grazie per aver aiutato Elena, ho apprezzato. ― le sorrise sincero, nonostante non volesse trovarsi lì.
― Figurati, è stato un piacere. ― cinguettò lei, accarezzandogli un braccio. Dopodiché gli sorrise mesta e si allontanò, raggiungendo un bel ragazzo dai capelli castani. Dal fisico che aveva, doveva essere un atleta.
― Quello è Tyler Lockwood. ― sussurrò Bonnie, togliendo dalle mani di Damon l’ultima pizzettina al pomodoro ― Perciò la ragazza è off limits, spiacente!
― Perché dovrebbe importarmi di Caroline? ― domandò lui, palesemente confuso.
― Sei Damon Salvatore, la domanda è: chi non ti interessa?
― Spiritosa. ― rispose lui, dirigendosi in giardino ― Sono sempre stato fedele, io. ― continuò, sapendo benissimo che Bonnie lo stava seguendo ― Facevo lo scemo con tutte al liceo, è vero, ma era uno scherzo. Non ho mai tradito nessuna ragazza con cui sono stato.
― Ma qualcuno ha tradito te, giusto? ― domandò lei scaltra, Damon si voltò di scatto, fulminandola. Non voleva parlarne!
― Balliamo? ― si offrì, tentando di cambiare argomento.
― Cosa? ― domandò, perplessa, Bonnie.
― Hai capito, streghetta. Balliamo?
Bonnie ci pensò su qualche minuto, dopodiché afferrò la mano – che Damon aveva spalancato davanti a lei – e si fece condurre al centro della pista.
Il ragazzo si prese qualche minuto per osservare l’abbigliamento di Bonnie. Indossava un abito corto, multicolore – con tonalità che andavano dal giallo al bordeaux. I capelli erano tirati indietro leggermente, resi più lisci del solito. Ai piedi, un paio di scarpe scure – forse color viola – vantavano un tacco piuttosto vertiginoso. Era semplicemente stupenda.
― Finita la radiografia? ― domandò Bonnie, notando lo sguardo insistente di Damon.
― Scusa, ma devo ammettere che sei uno schianto stasera!
― Grazie. ― rispose lei, arrossendo. Damon prese le sue mani e, insieme, cominciarono a ballare sotto le note di una canzone di cui nessuno dei due conosceva il titolo.
― Allora, mi risponderai mai? ― domandò Bonnie, tra un passo e l’altro ― Non crederai davvero di essere riuscito a depistarmi, spero. So che il tuo tentativo di ballare altri non è un modo per eludere la mia domanda.
― Mi hai scoperto! ― rispose Damon, facendole fare una piroette.
Quando Bonnie tornò tra le sue braccia il cuore iniziò a fare le capriole. Era possibile che i suoi sentimenti non fossero mutati, almeno non diminuiti – perché era evidente che fossero aumentati – per lui? Per qualcuno che era scomparso dalla sua vita dal giorno alla notte?
― Che ne dici di goderci il ballo, Bonnie? ― sussurrò Damon al suo orecchio, e questo le procurò una miriade di brividi lungo tutta la schiena.
La ragazza non gli rispose, inclinò semplicemente la testa e sorrise. Gli sorrise per la prima volta, dopo molto tempo; gli sorrise sincera; gli sorrise felice.

***

Era passato un mese, ormai, da quando Damon aveva fatto ritorno a casa. Era riuscito ad ambientarsi, nuovamente, nel migliore dei modi: il rapporto con suo fratello Stefan era solido; i suoi soliti battibecchi con Elena, rendevano la giornata più divertente; la conoscenza di Caroline gli aveva donato il buon umore, finalmente conosceva qualcuno più egocentrico di se stesso; Bonnie… con lei le cose andavano alla perfezione.
Dopo la festa, infatti, il rapporto tra i due ragazzi era notevolmente migliorato. La ragazza, aveva deciso di offrire al “bel tenebroso” una possibilità – una sola, possibilità. Era stanca di soffocare i suoi veri sentimenti per Damon; era stanca di cercare storie alternative che, abitualmente, non avevano futuro. Damon, dal canto suo, era stufo di stare dietro ad un fantasma. Katherine era una fantasma. Negli anni che avevano passato insieme, erano state di più le volte in cui lui era solo, che quelle in cui erano insieme.
Katherine Pierce era la ragazza più bella ma, al tempo stesso, più egoista sulla faccia della terra. Non lo faceva con cattiveria, lo sapeva questo, ma lo faceva. Forse, pensava Damon da qualche tempo, aveva fatto la scelta sbagliata; forse, molto tempo prima, aveva scelto la persona sbagliata. Cos’erano lui e Katherine, in fondo? I più popolari del liceo? I ragazzi più facoltosi e in vista di Fell’s Church? Era davvero l’amore che li aveva uniti per più di sette anni oppure, molto più probabilmente, solo il benessere. Il ricordo di anni trascorsi insieme, l’affinità che entrambi provavano l’un l’altra? Non lo sapeva. Ma, insieme a Bonnie, era intenzionato a scoprirlo.

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Eccoci qua, al secondo capitolo. Finalmente il rapporto con Bonnie si è sistemato... La festa di Elena è stata grandiosa e magica, per i due amici di vecchia data. Damon comincia a farsi delle domande: amava davvero Katherine, o stava con lei solo per abitudine? Bonnie, dal canto suo, è decisa a dare una possibilità al ragazzo. Farà bene o bene, parlando di Damon? Lo scopriremo nel prossimo capitolo, che sarà l'ultimo, prima dell'epilogo. Avevo già detto che questa storia sarebbe stata corta, una flashfic, appunto. Inizialmente era nata come one-shot, ma poi l'ho trasformata in una flash, volendo rendere tutto un po' più dettagliato... Cosa succederà nel terzo capitolo? Lo vedremo Mercoledì prossimo XD adesso la parola passa a voi!

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Capitolo 4
*** 3. KATHERINE PIERCE ***


Buon pomeriggio a tutti! Mercoledì scorso ero in trepidazione perché usciva Breaking Dawn, adesso sono in trepidazione perché l'ho visto! E voi? Cosa ne pensate? Secondo me è il migliore dei quattro... Dovrebbero fare Bill Condom santo subito! E' un fottuto genio, ragazzi! Non scendo nei particolare perché non vorrei che qualcuno non lo avesse ancora visto... In caso contrario ditemi la vostra nelle recensioni! ;)
Buona lettura!


3.
KATHERINE PIERCE

Le cose, tra Bonnie e Damon, stavano andando a gonfie vele.
La prima era al settimo cielo, elettrizzata dal fatto che – finalmente, dopo sette lunghi anni – Damon Salvatore avesse occhi solo ed esclusivamente per lei. Damon, dal canto suo, era sereno. Era la prima volta che si sentiva realmente felice e in pace con se stesso.
― Che ne dici di andare al cinema? ― domandò lui, afferrando la piccola mano di Bonnie.
― Mmm, cosa proponi?
― Non ne ho idea! ― rispose, scoppiando a ridere ― Ma niente di troppo romantico o lacrimevole, per favore.
― Beh, siamo quasi sotto Natale. ― spiegò la ragazza ― Magari troviamo qualche commedia in tema, no?
― Sei un piccolo genio, lo sai?
― Grazie, me lo dicono in molti! Quello che non lo ha mai capito eri tu, Damon Salvatore.
― Non ti sottovaluterò mai più, Bonnie McCullough.
I due rimasero a fissarsi a lungo, sotto le luci dei lampioni che illuminavano le strade di Fell’s Church. Non ci fu nessun un bacio – nessuno dei due era ancora pronto per il grande passo – ma sotto quel cielo stellato, qualcosa scoccò.

***

La mattina seguente, quando il sole ancora non era sorto, una berlina nera era ferma dinanzi all’aeroporto della Virginia. In attesa. L’aereo che stava aspettando atterrò puntale, alle sette precise.
― Eccomi tornata a Fell’s Church. ― si lamentò la ragazza, portando solo un piccolo bagaglio a mano. Era impeccabile nella sua perfezione: i capelli mossi le ricadevano lungo la schiena; i jeans stretti mettevano i risalto le sue forme curate, così come la maglietta scura e il giubbotto di pelle nera – abbinato agli stivali piuttosto alti.
― Signorina. ― la salutò l’autista, aprendole la portiera posteriore ― Benvenuta a Fell’s Church, dove vuole che la porti?
― Bentornata, caso mai. ― specificò, mentre saliva in macchina ― Per il momento in albergo, grazie. Ho proprio bisogno di una doccia!
― Come desidera. ― rispose, richiudendo la portiera e salendo al posto di guida. Mise in moto e sgommò via, portano la ragazza dove aveva chiesto.

***

Era Sabato mattina. Quel giorno, i fratelli Salvatore e rispettivi amici, erano stati invitati alla tenuta Lockwook, per un picnic. Elena, Bonnie e – ovviamente – Caroline, li stavano aspettando a casa di Tyler.
― Damon, è un picnic. Cortesemente, la smetti di farti bello? ― si lamentò Stefan, per la trecentesima volta, quella mattina.
― Devo conservare il mio fascino, fratellino. ― ribatté Damon ― Non sono più un ragazzino come te, ho venticinque anni! Ci vuole cura di se stessi a quest’età.
― Non lo hai detto davvero.
― Oh sì invece! Non vorrai che diventi come papà.
― Damon, nostro padre ha anche più di sessant’anni.
― Appunto!
Stefan scrollò la testa, ridendo. A volte solo Damon riusciva a capire se stesso.
La tenuta Lockwood era maestosamente grande. La villa – che sembrava di più un castello delle favole – era immensa, con moltissimi ettari di giardino che, al suo interno, racchiudeva anche un piccolo laghetto.
Era proprio lì che le tre ragazze, insieme a Tyler, stavano aspettando l’arrivo degli ultimi due invitati.
― Ma quanto ci mettono? ― domandò Caroline, spazientita.
― Non credo sia colpa di Stefan. ― precisò Elena, guardando Bonnie, la quale sbuffò.
― Lo so, sarà sicuramente opera di Damon! ― rispose quest’ultima ― Si starà tirando a lucido.
A quell’affermazione, Tyler, scoppiò a ridere. Un ragazzo che si tira a lucidò? Pensò, solo Damon Salvatore poteva essere così vanitoso.
I quattro ragazzi vennero interrotti da una cameriera, la quale entrò con due giovani al seguito.
― Signorino Lockwood, ecco gli ultimi invitati che stava aspettando.
― Molte grazie, Serena. ― disse Tyler, congedandola.
― Scusate il ritardo! ― disse Stefan, salutando – con una stretta di mano – il padrone di casa, per poi dirigersi verso Elena ― Colpa di Damon. ― le sussurrò all’orecchio, mentre le posò un dolce bacio sulle labbra.
― Lo avevo immaginato. ― rispose lei, lanciando un’occhiataccia a suo cognato.
― Tyler, complimenti. ― disse Damon, evitando la solita ramanzina di Elena Gilbert ― Grande tenuta, mi piace! È più grande della nostra, vero Stef?
― Sì, è proprio una bella casa. ― concordò il fratello.
― Grazie, ragazzi. ― rispose Tyler ― Dopo la morte di mio padre questo spazio è diventato tutto mio, specialmente da quando mia madre sta più in ospedale che qui, a casa.
― Mi dispiace molto per tua madre, Tyler. ― disse Bonnie ― Io pochi anni fa ho perso mia nonna, so cosa significare fare via vai dagli ospedali. ― Tyler le fece un leggero sorriso, ma fu Caroline a rompere l’imbarazzo.
― Cosa ne dite di lasciar perdere i problemi, i musi lunghi, e divertirci?
― Dico che ci sto! ― la spalleggiò Damon, e tutti cominciarono a ridere e divertirsi.
La giornata stava passando nel migliore dei modi. Tra musica, cibo prelibato, chiacchiere e risate, Damon, si sentì davvero a suo agio – nonostante avesse due anni in più, rispetto a tutti loro.
― Una tartina per i tuoi pensieri. ― disse Bonnie, offrendogli ciò che aveva detto.
― Pensavo a quanto mi era mancato tutto questo. ― rispose Damon, afferrando la tartina.
― Ti sei pentito di esserti trasferito a New York?
― No. ― rispose deciso, forse troppo ― Forse no. Credo di essermi pentito di non essere tornato più qui, nemmeno per le vacanze natalizie. Ecco, questo sì.
― Perché non sei mai tornato?
― Non so risponderti, Bonnie.
― Provaci. ― lo incitò lei, desiderosa di una risposta; di capire i motivo per i quali lui, il ragazzo che lei amava, aveva deciso semplicemente di sparire, dal giorno alla notte.
― Forse ho lasciato decidere troppo a Katherine, della mia vita. ― sussurrò in risposta. Si rese conto che, da quando era tornato a casa, quella era la prima volta che nominava la sua ex ragazza.
― Katherine Pierce è sempre stata una persona parecchio autoritaria.
― Come darti torto. ― rispose lui, lanciando un sassolino nel lago ― Ma era anche parecchio sicura di sé. Credo sia stato questo a rovinarci.
― Non mi hai ancora raccontato cos’è successo… ― tentò Bonnie, sapendo quando a Damon non andasse di parlarne. Lei, comunque, voleva sapere.
― Non c’è molto da dire. ― rispose lui ― Io l’amavo, lei forse no – o, almeno, non nel modo in cui l’amavo io – è diventata famosa e mi ha lasciato. ― sorrise sarcastico ― Ovviamente nello stile di Katherine Pierce, con un bigliettino appoggiato a degli scatoloni – contenenti la mia roba – messi fuori dalla porta di casa.
Bonnie, per poco, non spalancò la bocca. Non era a conoscenza della storia e venirla a sapere così, come se nulla fosse, la lasciò sbigottita. Veramente Katherine aveva fatto una cosa simile?
― Wow. ― riuscì a dire solo qualche minuto più tardi ― Sono sconcertata. Ma… ma che… ― non trovava le parole giuste da usare. Inoltre, non voleva ferire Damon.
― Stronza? ― domandò lui ― Puoi dirlo, in fondo è ciò che è.
― La ami ancora?
― Non saprei. ― rispose, sincero ― Credo che non si possa cancellare così, di punto in bianco, un sentimento che ho provato per sette anni e più. Ma comincio a chiedermi se… ― se quello che ci legava era vero amore, pensò. Ma, ovviamente, non lo disse ad alta voce.
― Se…?
― Niente, Bonnie. Sono solo sciocchi pensieri, ma non devi preoccuparti. Katherine è il passato, qualsiasi cosa fosse, è il passato. ― disse, decidendo di mettere le cose in chiaro, una volta per tutte ― Voglio essere sincero con te, Bonnie. Tu mi piaci, mi sei sempre piaciuta. Ma scelsi Katherine. Ancora oggi non conosco il motivo di quella scelta, ma la presi, consapevole di ciò che stavo scegliendo. Di chi stavo scegliendo. Non voglio mentirti, non so se sarei mai tornato a Fell’s Church se le cose con Kat fossero andate diversamente, ma la situazione si è evoluta così com’è. Non si torna indietro, non si torna mai indietro. Semplicemente perché non si può. Ma forse, e dico forse, la vita – il destino, quello che è – mi ha dato la possibilità di rimediare ad un errore. Io, questo, non lo so. Ma non voglio ingannarti, Bonnie, voglio solo viverti.
La ragazza rimase a bocca aperta – sul serio, questa volta. Non aveva mai visto Damon così serio, e la cosa la spiazzò. Come avrebbe dovuto decifrarla quella conversazione? Quel chiarimento?
― Hai detto che… che non vuoi ingannarmi. ― si ritrovò a dire ― Ma sostieni anche di non sapere cosa senti, ancora, per Katherine. Io non voglio forzarti, dico sul serio, ma mi chiedo: allora che ci fai con me? Perché sei qui, adesso; perché esci con me?
― Perché la vita va avanti, Bonnie. ― rispose lui, deciso e fiero ― E se sulla mia nuova strada ci sarai tu, non vedo l’ora di intraprenderla.
Restarono a fissarsi negli occhi per un tempo che, per loro, parve interminabile. Non sapevano che, poco lontano da lì, qualcuno stava facendo il suo ingresso.

***

― Signorino Lockwood. ― disse Serena, entrando nel grande salone ― C’è una ragazza che chiede di Damon Salvatore.
― Chi sarebbe? ― domandò Tyler, ma prima che la domestica riuscisse a rispondere, la ragazza, fece il suo trionfale ingresso.
― Io. ― disse lei ― Katherine Pierce, in persona.
― Katherine? ― dissero all’unisono Stefan ed Elena.
― Ciao ragazzi, come state?
― Può andare, Serena. ― disse Tyler, congedandola – di nuovo.
― Sono passata a casa vostra. ― disse Katherine ― Ma tuo padre mi ha detto che eravate qui, così ho pensato di passare a trovarvi. Dov’è Damon? Non lo vedo.
― È con Bonnie. ― rispose Elena.
― Oh la dolce Bonnie… ― disse Katherine, con una punta di ironia e fastidio nella voce ― Potete dirgli che sono qui?
― Dobbiamo parlare, Katherine. ― disse Stefan, alzandosi dal divano ― Tyler, puoi scusarci un momento?
― Certo, andate pure in giardino. ― rispose il ragazzo ― Sarete tranquilli. Anzi, più avanti c’è un piccolo gazebo, lì non vi disturberà nessuno.
― Grazie. ― rispose Stefan, trascinando con sé la nuova arrivata.
Camminarono fianco a fianco per tutto il giardino, finché non giunsero nel posto indicato dal padrone di casa.
― Cosa ci fai qui, Katherine?
― Non si capisce? ― domandò lei, prima di rispondere ― Sono venuta qui, tornata in questo orribile posto, per Damon. Mi manca, ho fatto una stronzata e adesso voglio riportarlo con me a New York.
A quella risposta, Stefan, scoppiò a ridere di gusto. Katherine non era cambiata di una virgola. Nonostante avesse venticinque anni e non più diciotto, era la stessa la ragazzina viziata, che si credeva in diritto di fare tutto ciò che voleva, senza dar peso alle conseguenze delle proprie azioni. Era viziata, lo era sempre stata.
― Perché ridi? ― domandò lei, inclinando il collo.
― Sei seria, non è vero? ― chiese Stefan e lei annuì ― Katherine, non funziona così. Tu lo hai lasciato! E anche in un pessimo modo, aggiungerei. Credi davvero che ti basti venire qui, sbattere i tuoi occhioni e avere Damon ai tuoi piedi? Non siamo più al liceo, Katherine.
― Damon mi ama. ― disse lei, superando Stefan ― Non importa cosa ho fatto, lui mi ama ed io amo lui. Tutto tornerò come prima, Stefan! Lo vedrai. ― concluse, dirigendosi proprio verso Damon e Bonnie.

― A Natale voglio andare da qualche parte. ― disse Damon ― Più a Nord, in montagna. Cosa ne dici?
― Ci sto! Noi sei, ovviamente. ― rispose Bonnie, sorridente.
― Io non sono inclusa in questa gita sulla neve? ― domandò Katherine, facendo spaventare i due ragazzi.
Non appena la videro, Damon restò di sasso; Bonnie, al contrario, sentì la rabbia scorrerle nelle vene. Cosa ci faceva lei qui? Perché era tornata proprio adesso?
― Ciao Bonnie. ― la salutò Katherine ― Che piacere rivederti.
― Non posso dire lo stesso.
― Katherine. ― sussurrò Damon, guardandola come se vedesse il sole splendere per la prima volta in vita sua. A Bonnie non sfuggì il particolare, così decise di togliere il disturbo. Cominciò nuovamente a sentirsi di troppo.
― Mi sei mancato Damon. ― sussurrò Katherine, avvicinandosi a lui. Lo abbracciò lentamente, ma quando tentò di baciarlo il ragazzo la scansò ― Lo so, sei arrabbiato con me. Ma ascoltami, per favore.
― Ascoltarti? ― domandò lui, nervoso ― Mi hai lasciato con un bigliettino!
― Lo so, sono stata una stupida. Mi dispiace, Damon.
― Credi che delle scuse bastino? ― le chiese, allontanandosi da lei ― Mi hai spezzato il cuore, Katherine. Non puoi cavartela così. ― concluse, voltandole le spalle e dirigendosi verso la sua macchina.
Katherine restò lì, sbuffando. Credeva che le cose sarebbero state più facile. L’unico errore che aveva fatto, pensò, era quello di non aver messo in conto Bonnie McCullough.
Decisa e più agguerrita che mai, Katherine, tornò alla villa. Avrebbe fronteggiato una volta per tutte la sua rivale.
― Bonnie. ― la chiamò, vedendola parlare con Elena ― Posso parlarti?
― Se cerchi Damon se n’è andato, insieme a Stefan. ― rispose lei ― Puoi trovarli a casa loro.
― Certo, ci andrò più tardi. Ma al momento vorrei parlare con te, se non ti dispiace.
Bonnie ci pensò su qualche istante. Non la faceva impazzire di gioia l’idea di passare del tempo con quella donna, ma forse era giunto il momento di affrontarla davvero. Fece segno a Elena di stare tranquilla, dopodiché si allontanò con Katherine.
La stanza era molto lussuosa e solare, una contraddizione per il genere di conversazione che avrebbe preso vita da lì a poco.
― Allora? ― la incitò Bonnie ― Cosa volevi dirmi?
― Damon è mio. ― rispose Katherine, andando dritto al sodo.
― E quindi?
― Sono tornata per riprendermelo, Bonnie. ― affermò la giovane Pierce ― E né tu, né nessun altro potrete mettermi i bastoni tra le ruote.
― Damon non è un giocattolo, Katherine. ― controbatté la ragazza ― Non è un oggetto che, quando non ti piace più, puoi buttare e riprendere, poi, quando ti serve.
― Ma cosa ne sai tu di quello che c’è stato, che c’è ancora, tra me e Damon? ― domandò Katherine, visibilmente inviperita ― Sei solo una ragazzina che, in tutti questi anni, non è cresciuta per niente! Guardati, Bonnie! Sei ancora innamorata del capitano di basket del liceo!
― E tu, Katherine? Non vale lo stesso discorso per te?
― No. Non puoi paragonarmi a te, ragazzina. ― rispose lei, con freddezza e calma innaturale ― Io l’ho avuto, Damon, a differenza di te. Io non sono legata ad un fantasma, Bonnie. Io ho vissuto con lui per sette anni, dopo liceo. Io ero quella che baciava quando tornava dall’università, quella che toccava di notte, mentre facevamo l’amore… Io c’ero nel suo presente, Bonnie. Ci sono sempre stata.
Troppo turbata da quella assurda e dolorosa verità, Bonnie, non seppe cosa dire. Restò lì, impalata a fissare la donna che, ancora una volta, stava distruggendo tutto quello in cui credeva, in cui sperava. La vita era un circolo vizioso, era proprio vero. Poco importava quanto tempo passava tra un dolore e l’altro; poco importava se avevi già perso tutto quello che ti rendeva felice – o, per lo meno, serena. Non importava, nemmeno, se avessi dieci anni, diciotto, o ventitre; se la vita voleva distruggere i tuoi sogni lo faceva senza condizione di causa.
― Vinco io, Bonnie. ― disse Katherine, pregustando già la sua piccola vittoria ― Vinco sempre. ― concluse, voltando le spalle e sparendo, lasciando lì, sola, una Bonnie piangente.

***

Era passata poco più di una settimana dal ritorno di Katherine, in città. Damon, era irriconoscibile. Sempre nervoso, facilmente irritabile e di pessimo umore. Era questo il potere che la giovane donna aveva su di lui. Tutti lo sapevano, lei compresa.
― Damon. ― lo chiamò Stefan, vedendolo versarsi l’ennesimo liquore.
― Fratellino. ― lo salutò Damon ― Cosa ci fai da queste parti, non dovresti essere a lezione?
― Ho saltato l’ultima facoltativa. Sono bravo, sai? Qualche lezione in meno non mi recherà danni.
― Tieni. ― disse Damon, allungandogli il suo bicchiere ― Bevi anche tu, mi farai compagnia.
― Grazie. ― rispose Stefan, afferrando il bicchiere ― Come stai?
― Benissimo! Non si vede?
― Damon…
― E va bene, un po’ confuso. ― ammise, contro la sua stessa volontà ― Direi che è normale, no?
― Parla con me. ― provò Stefan, procurando un pesante sospiro al fratello.
― Smettila di fare il martire, Stef. Se avessi voluto parlare, sarei venuto a cercarti. Non credi?
― No. ― rispose, sicuro di quello che diceva. Damon si voltò, lanciando un’occhiata che diceva “che vorresti dire?” ― Damon, lo sappiamo entrambi come sei fatto. Tu non chiedi aiuto, non lo chiedi mai. Sei orgoglioso, esattamente come nostro padre. Se qualcuno capisce che hai bisogno di una mano, bene; altrimenti affogheresti in acque gelide piuttosto di chiedere aiuto.
― Non è vero! Non sono così… ― ci rifletté su qualche istante ― Va bene, forse un pochino. Comunque, se hai finito la predica io andrei.
― Aspetta un attimo.
― Che c’è?
― Damon, io lo so quello che Katherine ha significato e significa per te. ― cominciò Stefan, sperando che – nonostante, Damon, fosse voltato di spalle – lo stesse ascoltando ― Ma devi cercare di staccarti dal ragazzino infatuato di lei che eri al liceo, e capire cosa realmente provate l’uno per l’altra. Lei ti ha lasciato, Damon. Senza un perché, senza una ragione… Un giorno si è svegliata e ha deciso di eliminarti dalla sua vita, e lo ha fatto nel modo peggiore! Io so che al liceo l’amavi, ma so che provavi qualcosa anche per Bonnie. Quindi ti chiedo una cosa: per favore, fratello, non rovinarti la vita. Non di nuovo. Sii forte e scegli con coscienza la strada da percorrere, ma scegli bene questa volta. E se il tuo cuore dirà ancora che è Katherine colei che ami più di tutto, nonostante tutto, allora io sarò lì a sostenerti. ― concluse il suo discorso e lasciò lì suo fratello, sperando che riflettesse su quelle parole.
Rimasto solo, Damon, cercò di comprendere realmente le parole di Stefan. Cosa avrebbe dovuto fare, adesso? Katherine era tornata a sconvolgere il suo equilibrio. Poi c’era Bonnie. Aveva iniziato a provare qualcosa di serio per quella streghetta. Perché Katherine, dopo averlo lasciato, era tornata? Ci rifletté qualche istante, ma non trovò risposta. Cosa voleva il suo cuore? Quali erano i suoi reali sentimenti verso le due ragazze?
Si abbandonò sul letto, esausto. Ripensò a quei lunghi sette anni con Katherine; agli anni prima, al liceo, con Bonnie; ai mesi passati di recenti con quest’ultima. Quando si rese conto che la vita lo aveva messo dinanzi alla medesima scelta di tanti anni prima, sorrise amaramente. Eppure era così. Cosa avrebbe fatto, ora? Katherine o Bonnie? La scelta, in fin dei conti, ricadeva sempre su una di loro due.

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Salve a tutti, come va? Eccoci in direzione d'arrivo. Questo, infatti, era l'ULTIMO CAPITOLO di questa piccolissima flashfic su Il diario del vampiro. Ovviamente manca ancora l'EPILOGO, che eccezionalmente pubblicherò DOMENICA 27 NOVEMBRE. Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Epilogo. ***


Buona Domenica a tutti! Come state? Ecco l'epilogo di questa piccola flashfic su "Il diario del vampiro". Lo so, molte di voi sono dispiaciute che sia finita così presto, ma questa flash era una sorta di esperimento. Sono solita a scrivere nel fandom di Twilight e nella sezione Originale, in questo fandom ho pubblicato solo una one-shot - tempo fa - che, purtroppo, non ha riscorsso troppo successo. Nonostante tutto sono una persona testarda per natura XD perciò non mi sono data per vinta! Mi era frullata in testa l'idea di questa piccola storia - che, ripeto, avrebbe dovuto essere una OS - ed eccola qui! E' stata scritta davvero in tre giorni.
Risponderò alle vostre recensioni appena pubblicato l'epilogo, purtroppo ho avuto un Sabato piuttosto pieno e non ne ho avuto il tempo! Scusate!
Adesso vi lascio alla lettura!
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EPILOGO

Le cose, per Damon, stavano andando di male in peggio. Katherine non intendeva lasciarlo stare – nonostante lui l’avesse pregata un milione di volte; Bonnie, al contrario, era sparita dalla circolazione. Il suo cellulare era spento, e quando il ragazzo passava da casa sua, si faceva negare. Era spaventata, Bonnie. Era convinta che Damon, l’uomo che amava – che aveva sempre amato, nonostante tutto – prendesse la stessa decisione di sette anni prima. Aveva paura che scegliesse Katherine, un’altra volta.
Decise di fare l’ennesimo tentativo, Damon. Si alzò dal letto, scese di sotto e si diresse in strada.
― Damon! ― lo chiamò suo padre ― Dove stai andando?
― Fuori! ― sbraitò il ragazzo, non molto cortesemente.
Giuseppe Salvatore rimase lì, ad osservare sconvolto suo figlio soffrire per l’ennesima volta. E il motivo, pensò tra sé e sé amaramente, era di nuovo lei.
― Lascialo andare, papà. ― disse Stefan poggiandogli una mano sulla spalla ― Credo stia andando da Bonnie, di nuovo.
― Quella ragazza è proprio testarda. ― disse in signor Salvatore ― Avrei preferito mille volte lei a quella Katherine Pierce!
― Tuo figlio non è meno testardo, papà. ― concluse Stefan, rientrando in casa. Sperava segretamente che Bonnie non risbattesse la porta in faccia a Damon. Così, forse, lui avrebbe realmente avuto una scelta da fare.
Nello stesso momento, Damon, era giunto di fronte alla casa di Bonnie e Caroline. Era un’abitazione piuttosto carina, anche se molto piccola – almeno apparentemente. Salì i tre gradini e suonò, insistentemente, il campanello. Pochi minuti dopo, fu la ragazza bionda ad aprire.
― Damon! ― disse Caroline, in forma di saluto ― Cosa ti porta da queste parti? Bonnie non c’è, le dirò che sei passato! Ciao! ― tentò di richiudere la porta, ma il ragazzo la bloccò.
― Aspetta, Caroline. ― disse ― So che Bonnie è in casa, c’è la sua macchina nel vialetto. Ho bisogno di parlarle, per favore.
― Lascialo entrare. ― disse Bonnie, sbucando dal salotto.
― Grazie al cielo, Bonnie. ― rispose Caroline ― Non avrei saputo cosa fare!
― Puoi lasciarci da soli? ― le chiese l’amica. Caroline annuì, salutò Damon e scomparve in camera sua. Bonnie, dal canto suo, afferrò la giacca e uscì sotto il piccolo portico.
― Cosa ci fai qui, Damon?
― Non mi rispondevi alle chiamate, o ai messaggi. ― rispose lui ― Sono anche venuto qui spesso, questa settimana.
― Mai pensato che non volessi parlarti?
― Cos’è cambiato? ― domandò Damon, esasperato.
― Tutto, Damon. È ritornata Katherine, dannazione! E tu, da quel giorno, sei cambiato. Credi che non abbia notato il modo in cui la fissavi a casa di Tyler? Sono già stata così male, per te Damon; non voglio tornare ancora in quel baratro.
― Bonnie, io…
― Non voglio sentirti, Damon. ― disse, decisa. Prese, poi, un respiro profondo e continuò ― Io ti ho amato moltissimo. Per tutto il periodo del liceo, dal primo momento in cui ti ho visto. Non ho mai creduto al colpo di fulmine, ma non appena i miei occhi si posarono su di te, il mio cuore decise che era giunto il momento di cambiare le mie convinzioni. C’è stato un tempo, Damon, in cui ero quasi certa che tu mi ricambiassi, almeno un po’. Ma mi ero sbagliata e forse illusa, perché alla fine te ne sei andato con Katherine, senza pensare per un secondo a me. Non avevi obblighi nei miei confronti… Voglio dire, cavolo! Ero io quella innamorata di te, non tu! Perché avresti dovuto scegliere me se amavi Katherine? Al cuore non si comanda, diceva sempre mia nonna, e aveva ragione. Non si decide chi amare, ed è proprio per questo che non ti ho mai imposto me o i miei sentimenti per te. Ma Katherine ha ragione. ― si stupì lei stessa, mentre pronunciò quella frase ― Io sono stata anni a rincorrere un fantasma, quando era lei quella che ti aveva; quella che ti viveva. Non io. E come quel giorno, dopo la cerimonia dei diplomi, tu sceglierai lei.
― Bonnie, ma cosa stai dicendo? ― chiese Damon, disperato. Stava per avere una crisi di nervi e non ne capiva il perché.
― Sto dicendo che è finita qui, Damon. ― sussurrò risoluta ― Queste settimane sono state perfette, per me. Le più belle della mia vita! Perché sei stato con me. Ma non posso imporre al mio cuore l’ennesima delusione… non la sopporterebbe. ― si avvicinò frettolosamente al ragazzo che aveva di fronte e gli posò un bacio sulla guancia liscia ― Addio Damon. Stai bene. ― aprì la porta di casa e, con un gesto secco e deciso, fece scattare la serratura.
Damon restò lì, inerme. Non sapeva cosa fare, cosa sentire. Non capiva, soprattutto, per quale ragione il suo cuore era diventato un macigno troppo freddo e pesante da sopportare. Quando Katherine era sparita dalla sua vita, non fu quella la reazione. Certo, c’era stato dispiacere e dolore, ma questa volta era lacerante.
Silenzioso, come un animale notturno e ferito, riprese la direzione di casa.
Era notte fonda quando il ragazzo raggiunse la sua stanza. Nessuno era rimasto in piedi ad attenderlo. Forse, l’unico, era stato Stefan, ma si era addormentato sul divano nel tentativo di restare sveglio. L’università era sfiancante, Damon lo ricordava bene.
Quando varcò la soglia della sua stanca, si rese conto di non essere da solo.
― Cosa ci fai qui?
― Sono entrata dalla finestra, come ai vecchi tempi. ― rispose Katherine ― Ti stavo aspettando, Damon.
― Non è serata, Kat. ― rispose il ragazzo, in tono duro ― Tornatene a casa, in albergo, o dovunque stai alloggiando.
― Possiamo parlare? Ti prego, solo… solo qualche minuto.
― Che cosa vuoi? ― domandò Damon, voltandosi per guardarla in faccia. Aggrottò le sopracciglia, notando quanto fosse diversa. I delicati boccoli castani avevano lasciato il loro posto ad una mise liscia, come un oceano calmo di cioccolata fondente. Il trucco era meno accentuato, così come il suo abbigliamento era meno appariscente.
― Voglio chiederti scusa, Damon. ― parlò la ragazza, realmente pentita ― Mi dispiace per il modo in cui ti ho trattato; mi dispiace per ciò che ti ho fatto. Mi dispiace per tutto.
― E cosa dovrei farmene, adesso, delle tue scuse, Katherine? ― domandò lui, rabbioso ― Io ti ho seguito a New York, perché l’unico desiderio che avevo – o, almeno, l’unico desiderio che credevo di avere – era di stare con te, per sempre. E tu che cosa hai fatto? Hai pensato sempre e solo a te stessa. Mai una volta, una sola dannata volta, hai pensato a me.
― Lo so, Damon. Ma io…
― Tu cosa? Sei solo un’egoista, Katherine. Mi chiedo come ho fatto a non accorgermene molto tempo fa.
― Io ti ho sempre amato molto, Damon. ― disse Katherine, avvicinandosi a lui ― Sempre. Anche se ti sembrerà ridicolo e impossibile da credere, è così. Sono sempre stata una frana in queste cose. Ho sempre fatto le scelte sbagliate, nonostante sapessi quali fossero quelle giuste. Io faccio male alle persone, Damon, anche se le amo più delle mia stessa vita. Sono fatta così, non puoi cambiarmi. Nessuno può cambiarmi.
― Io volevo solo amarti, Katherine. ― rispose lui ― Ed essere amato da te. Forse, però, ci siamo illusi entrambi. Io mi sono illuso. Evidentemente non eri tu la ragazza giusta per me; la ragazza che meritava il mio amore.
Katherine annuì, capendo perfettamente a chi si riferiva. Prese, così, la sua decisione. Lei era veramente innamorata di Damon, ma lui non lo era di lei. Non più, almeno. E, forse, non lo era mai stato totalmente.
― Vivi la tua vita, Damon. ― disse Katherine, sorridendogli amaramente ― Una volta lessi da qualche parte: se ami davvero qualcuno devi anche saperlo lasciar andare. È quello che sto facendo con te; ti sto lasciando andare. Hai ragione tu: io sono egoista. Ma l’amore non può essere egoista, l’ho capito solo adesso. ― si avvicinò ancora di più, fino ad arrivare ad un palmo del suo naso ― Perdonami per tutto quanto. E sii felice… Te lo meriti. ― gli sorrise di nuovo, più facilmente e sinceramente questa volta, e poi si diresse verso la porta. Sarebbe uscita da quella casa e dalla sua vita, per sempre.
― Non devo perdonarmi, Katherine. ― disse Damon, facendo fermare per un istante la giovane ― Non ho nulla da perdonarti, ma se ti può far stare meglio accetto le tue scuse.
Katherine guardò Damon per l’ultima volta, e poi – esattamente come ne era entrata – uscì dalla sua vita, ma soprattutto dal suo cuore.

***

Finalmente anche la laurea per Stefan ed Elena era arrivata. Tutto il college si trovava a casa Salvatore, per festeggiare i due nuovi dottorandi.
― Congratulazioni, ragazzi! ― disse Damon, portando ad entrambi due flute di Champagne.
― Grazie, fratello.
― Visto, Dam? ― domandò Elena ― Ce l’abbiamo fatta! Certo, adesso c’è la specializzazione e tutto, ma ehi! Il momento in cui potremo capire cosa ti passa per la testa è vicino!
― Come, prego? ― chiese Damon, confuso.
― Stefan diventerà psichiatra – e sono dell’idea, da sempre, che te ne serva uno buono. Io diventerò veterinaria, quindi posso curare gli animali. ― concluse, facendo un sorriso a trentadue denti che, contro ogni pronostico, fece scoppiare a ridere Stefan.
― Ah, ah, divertente! ― disse Damon, palesemente offeso.
― Sai che ti vogliamo bene, Damon!
― Non ti rispondo! ― disse Damon, togliendole dalle mani il bicchiere ― E questo me lo riprendo! ― concluse, facendo un’uscita teatrale.
Era nettamente più sereno, adesso. Erano passati diversi mesi da quando Katherine era entrata, di nascosto, nella sua stanza, mettendosi a nudo. Gli era servito. Aveva, finalmente, capito quale fosse la scelta giusta da fare. Voleva attendere, però. Capire, sul serio, se fosse pronto o meno. Non voleva ferire il suo cuore. Non di nuovo, non ora che da quel cuore dipendeva anche la sua felicità – il suo futuro.
Notò una chioma castana fuori, nel cortile della loro grande villa. Afferrò la giacca scura e uscì, sotto il manto scuro della notte. È arrivata, pensò.
― Perché mi hai fatta venire? Pensavo che ci fossimo detti tutto quello che dovevamo dirci, quella volta.
― Lo credevo anche io, ma non è così.
― Io non voglio parlarne, Damon. ― disse la ragazza, cercando di andare via ― Ti ho lasciato andare, per me è finita lì. Perché rinvangare?
― Perché ti amo! ― disse lui, afferrandola per la spalle per fissarla nei suoi occhi castani ― Ti ho sempre amata. Sei tu l’unica che ho amato, amo e amerò per sempre.
― Cosa…? Che stai dicendo? ― chiese lei, sbigottita ― Tu… tu mi hai lasciata andare, quando ti ho detto che era meglio così.
― Beh, non sono un genio. Ho sbagliato, ma ti chiedo di darmi una chance. Un’altra chance. ― supplicò lui, aspettando il momento in cui l’avrebbe baciata.
― Non so cosa dire.
― Dimmi di sì. ― disse Damon, rafforzando la presa ― Dimmi che nonostante la mia stupidità, nonostante il mio orgoglio, nonostante tutti i miei difetti, tu mi ami ancora. Dimmi che nonostante i problemi che abbiamo passato, nonostante la separazione e i malintesi, scegli ancora me. Ed io, in cambio, ti prometto che ti amerò da adesso fino alla fine del mondo.
La ragazza lo fissò a lungo, prima di aprire bocca. Il suo cuore esplose per la gioia. Non era una santa. Forse, qualche errore, lo aveva commesso anche lei. Ma, nonostante tutto, lui – il suo unico e grande amore – era lì, dinanzi a lei e le stava dicendo che l’amava.
― Sì, Damon. Ti dico di sì. ― affermò decisa.
Il ragazzo fece scivolare le mani sulle sue guance, delicatamente, per poi avvicinarsi alle sue labbra piano, dolcemente. Quando le loro bocche si toccarono, entrambi avvertirono una scarica lungo tutta la schiena. Le labbra si dischiusero, così che potessero approfondire il bacio. Fu magico, passionale – al contempo dolce – ma, soprattutto, colmo d’amore.
― Ti amo, Damon Salvatore.
― Ti amo anche io, Bonnie McCullough.
E fu così, sotto un portico in una notte di primavera, che cominciò una storia d’amore che durò tutta una vita.

Fine.

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E' finita! E il nostro Damon ha fatto la sua scelta: Bonnie. Una scelta esatta, visto che la loro storia è durata una vita - come dice il finale di questo epilogo.
Volevo, per prima cosa, ringraziare tutti voi! Chi ha sempre recensito, chi lo ha fatto sporadicamente; ma anche chi ha seguito la flash in silenzio, inserendola nelle preferite o nelle seguite, ma anche nelle ricordate. Grazie mille, davvero! Un bacione!

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