Misaki's new adventures

di Suzuki_san
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La conferenza ***
Capitolo 2: *** La prima bugia ***
Capitolo 3: *** La tempesta ***
Capitolo 4: *** Tentar non nuoce ***
Capitolo 5: *** Prendere l'iniziativa ***
Capitolo 6: *** Dopo la tempesta viene sempre il sereno? ***
Capitolo 7: *** La gelosia non porta da nessuna parte ***
Capitolo 8: *** Il passato può arrivare in aiuto del futuro ***
Capitolo 9: *** Una svolta inaspettata ***
Capitolo 10: *** Arrendersi non vuole dire perdere ***
Capitolo 11: *** I guai non finiscono mai! ***



Capitolo 1
*** La conferenza ***


Quella sera Misaki era più frastornato del solito e con un gran mal di testa. Ovviamente era tutta colpa di quello stupido di Usagi-san. Aveva insistito tutto il giorno perché lo accompagnasse alla conferenza per la presentazione del suo nuovo romanzo, soffermandosi sul fatto che se non ci fosse stato lui, non valeva nemmeno la pena di uscire di casa. Una scusa del tutto patetica, ma era stata sufficiente affinché Aikawa si fiondasse nel loro appartamento supplicandolo di venire. In poche parole: non aveva avuto scelta. Era davanti allo specchio che cercava di sistemarsi la cravatta quando entrò Usagi e vedendolo maledire il nodo non poté fare a meno di sorridere
-Ehi Misaki non sei ancora pronto?- disse avvicinandosi. Lui abbassò lo sguardo imbarazzato mentre Usagi gli sistemava la cravatta come un padre premuroso, ma poi quando fece per dirgli qualcosa vide un sorrisetto malizioso sulla curva delle labbra. Misaki lo conosceva fin troppo bene, quella sua mente perversa stava architettando qualcosa –A cosa stai pensando?- domandò timoroso
-Niente, stavo pensando che in abiti eleganti sei ancora più seducente e mi era venuta in mente qualche idea per il dopo conferenza- Misaki fece per allontanarsi, ma ormai Usagi gli aveva circondato la vita –Lasciami andare brutto pervertito- disse dimenandosi ma si ritrovò sbattuto sul letto, schiacciato dal corpo di Usagi-san e la sua lingua che cercava frenetica la sua. Cercò di opporre resistenza, ma quando Usagi lo strinse il cuore iniziò a battere sempre più forte e presto si ritrovò a ricambiare i suoi baci, anche con un certo ardore. Fu proprio in quell’istante che la porta si spalancò ed apparve Aikawa che vedendo la scena non poté fare a meno di sprizzare gioia e cuoricini dagli occhi –Voi due siete proprio carini- disse eccitata, ma poi divenne scura in volto e prese Usagi per la manica trascinandolo al piano di sotto –Sensei, non è il momento di lasciarsi andare alla passione, il taxi ci sta già attendendo-.
Misaki salì timidamente. Possibile che ogni volta che Aikawa entrava nell’appartamento di Usagi li trovava sempre mentre…Ah non ci posso nemmeno pensare, pensò mentre si agitava nella macchina attirando l’attenzione di tutti i presenti.

Dimenticando gli imbarazzi del momento finalmente arrivarono all’hotel Teito. La sala era gremita di persone e anche se era la terza volta che partecipava ad eventi come quello non poteva fare a meno di stupirsi. Giornalisti, fotografi e grandi star erano riunite attorno ad Usagi, che quella sera sembrava essere più disponibile del solito, specialmente nei confronti dei giornalisti che lo tempestavano di domande. Preferì allontanarsi per evitare di creare delle situazioni spiacevoli e si mise in disparte.
Erano quasi le undici e la conferenza continuava quando un uomo gli si avvicinò. Era alto, un corpo snello e atletico. Indossava un completo blu scuro e una camicia bianca che portava senza cravatta. I capelli erano corti e biondi, mentre gli occhi erano verdi. “Che uomo affascinante” pensò Misaki, ma poi vedendo che veniva proprio verso di lui pensò che potesse essere un giornalista e fece per andarsene ma costui gli chiese di fermarsi. Timoroso si voltò verso di lui –Buonasera- rispose
-Posso presentarmi? Iroshi Yokohama- e gli porse il suo biglietto da visita, che Misaki nemmeno lesse e mise subito in tasca, almeno non era un giornalista!
-Takahashi Misaki, piacere-
-Conosci personalmente Akihiko? Vi ho visti arrivare insieme-
-Diciamo di si, è un amico di famiglia-
-Ah capisco, prendi qualcosa da bere? È tutta la sera che ti osservo e ti vedo sempre in questo angolo da solo- Misaki si sentì un po’ in imbarazzo nel sentire quelle parole, ma anche una strana sensazione.
-Magari grazie, in effetti ho un po’ sete- e passò di fianco a Usagi-san che gli rivolse una strana occhiata che probabilmente diceva “Chi è quello?”, lui proseguì dritto, tanto non aveva niente di cui preoccuparsi. Arrivarono davanti al buffet e Iroshi prese due bicchieri di champagne –Dimmi Misaki, lavori?-
-Diciamo di si, o meglio lavoravo. Studio all’università e per mantenermi facevo un lavoro part-time, ma purtroppo i gestori del bar erano anziani e così hanno deciso di chiudere il locale-
-Caspita che sfortuna…se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiamarmi- lui lo guardò perplesso, da quando aveva il suo numero? Iroshi rise –Nel biglietto, trovi tutto li-
-Ah, certo- e rise anche lui. Passarono il resto della serata insieme parlando di vari argomenti, ma poi come al solito era arrivato Usagi che lo aveva trascinato via ed ora erano nel salotto di casa seduti sul divano in silenzio.
Usagi-san fumava la sua solita sigaretta e Misaki, vedendo che non diceva niente fece per salire le scale –Ti piace non è vero?- sbottò lui. Misaki si voltò perplesso –Chi?-
-Quell’uomo, con il quale hai cinguettato fino a mezz’ora fa-
-Stavamo solo parlando, non c’è bisogno che fai il geloso- ma sentì le braccia forti di Usagi prenderlo e spingendolo contro al muro lo baciò. –Usagi-san- provò a dire lui staccandosi un momento, ma la sua bocca fu nuovamente riempita dalla lingua di Usagi. Ma cosa gli era preso quella sera? Non si era mai comportato in quel modo. –Misaki, ti amo-
-Ma cosa stai dicendo? Sei forse impazzito?- Usagi-san si chinò, ma anziché baciarlo l’abbracciò forte. Misaki sentì che non l’aveva mai stretto in quel modo, un abbraccio carico di amore e dolcezza. Senza pensarci anche lui lo abbracciò e poco dopo si ritrovò sul letto con la camicia aperta e Usagi  che gli toglieva i pantaloni. Lo stringeva, accarezzava, baciandogli le labbra, il petto, le spalle e quando Usagi mise le sue gambe sulle spalle chiuse gli occhi e trattenne il respiro. Ma quella notte Usagi-san fu più dolce e passionale del solito e non smise mai di ripetere “Ti amo”.

La mattina seguente Usagi-san era nel suo studio che lavorava ai suoi romanzi mentre Misaki stava facendo il bucato. Guardò nelle tasche per evitare di fare dei danni con la lavatrice e quando mise la mano nella tasca della sua giacca trovò il biglietto da visita di Iroshi. L’altra sera non l’aveva nemmeno letto.

Iroshi Yokohama
Direttore generale
Libreria “Beautiful Dreams”

Misaki rimase molto colpito. Non aveva di certo l’aria di essere un uomo in carriera, oltretutto gli era sembrato piuttosto giovane, sicuramente più di Usagi-san. La curiosità gli riempì la mente e senza nemmeno pensarci si mise le scarpe e uscì, dicendo ad Usagi che andava a fare la spesa.

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Capitolo 2
*** La prima bugia ***


 La libreria era davvero enorme, a due piani con una sezione interamente dedicata allo scrittore Usami Akihiko. Ora aveva capito perché Iroshi era alla conferenza, probabilmente era li che presentavano in anteprima i suoi romanzi. “Che strana coincidenza”. In realtà non sapeva nemmeno lui il motivo per cui si trovava li, ma tutti i pensieri scomparvero quando vide venire verso di lui Iroshi vestito…vestito da commesso? –Misaki non speravo di vederti così presto- e sorrise.
-Ah Iroshi…no è che…sono rimasto stupito che uno così giovane potesse essere già direttore generale- lui rise
-Già in effetti è strano vero? Dato che poi oggi sono un comune commesso…sai mio padre ha creato questa libreria, io sono semplicemente raccomandato-
-Ah, capisco-
-Senti Misaki, io come vedi sono un po’ impegnato che ne dici se andiamo a pranzo insieme? Conosco un ottimo posto-
-Ecco io…dovrei tornare…-
-Dai andiamo, non accetto rifiuti. Ci vediamo qui per mezzogiorno va bene? E non preoccuparti offro io- lui non fece in tempo a replicare che era già sparito fra gli scaffali. Si era cacciato in un bel pasticcio… beh, per prima cosa doveva avvertire Usagi-san.
 
Erano quasi le undici e Misaki non era ancora tornato. “Usagi-san sto uscendo, vado a fare la spesa”. Quella frase gli era sembrata parecchio strana, soprattutto dopo aver visto che il frigorifero era pieno. Cosa stava facendo? Con chi era? Nervosamente accese un’altra sigaretta quando il telefono squillò.
-Usagi-san sono io-
-Ma dove sei? Mi stavo preoccupando-
-No…è che…mentre ero fuori ho incontrato alcuni miei compagni di università e volevo dirti che vado a pranzo con loro-
-Dove?-
-Come sarebbe a dire dove…non lo so, ma non preoccuparti torno nel pomeriggio, se vuoi nel frigo ci son…-
-No è lo stesso, tanto devo lavorare-
-Usag…- aveva riattaccato.
 
Ma guarda quel baka Usagi, mi ha sbattuto il telefono in faccia. Eppure io per primo dovrei stare zitto. Ma cosa mi è saltato in mente? Mentirgli così spudoratamente come se lo stessi tradendo. Un momento, forse è davvero così? No impossibile, non ho fatto nulla di male”
-Hola Misaki-
-Iroshi! Già qui? Ti aspettavo per mezzogiorno-
-Beh non volevo farti aspettare…allora andiamo?-
La strada per arrivare al ristorante fu piuttosto breve e con Iroshi che quasi correva non ebbero nemmeno il tempo per scambiare qualche parola. Misaki notò che gli somigliava molto, come carattere e anche come passioni. Anche lui ama i manga, la buona cucina, i viaggi. Non credeva di ritrovare tante buone qualità in un uomo, e soprattutto era un tipo socievole. “E’ esattamente l’opposto di Usagi-san” e questo lo incuriosiva parecchio.
Una volta seduti al tavolo calò un silenzio imbarazzante, che fortunatamente fu interrotto dall’arrivo della cameriera.
-Allora Misaki, non ti facevo un tipo così silenzioso-
-No, in effetti…- doveva trovare un argomento per evitare di stare in silenzio tutto il tempo -Alla conferenza prima di essere interrotti mi stavi raccontando dei tuoi viaggi in Europa, continua mi interessa molto- Iroshi fece un largo sorriso e iniziò a raccontare osservando divertito il volto di Misaki interessato, il quale interveniva con commenti e battute.
All’uscita dal ristorante stavano ancora ridendo –Sai Misaki, sei il primo a cui interessano così tanto i miei viaggi-
-In effetti, ho sempre desiderato vedere nuovi posti…anche Usagi-san come te ha vissuto per un periodo in Inghilterra-
-Usagi-san…Akihiko…è incredibile il fatto che tutti adorino Akihiko come se fosse il più grande scrittore mai esistito- fece una piccola pausa –Io personalmente preferisco l’amico di famiglia- Misaki quasi non inciampò nel marciapiede –Come scusa?- disse agitato
-Hai capito bene…e poi penso si sia già capito…mi piaci Misaki, sei un ragazzo sveglio, in gamba e simpatico…mi piaci- e sorrise di nuovo, ma lui rimase fermo interdetto e come era già successo non poté nemmeno dire nulla perché se ne era già andato. Silenziosamente prese la strada verso casa. “Mi piaci”…no, forse l’aveva detto come amico e poi non era scientificamente possibile. Da mesi ormai aveva appurato che lui aveva gli Usa-mones, quindi poteva attirare fisicamente solo persone della famiglia Usami. Il problema però era un altro…si sentiva fisicamente attratto da Iroshi, forse perché era così diverso da Usagi-san?
Mentre saliva le scale gli vennero in mente le parole che lui disse la prima volta che avevano fatto l’amore “Misaki…non permettere a nessun altro mai di toccarti così”...no, Usagi-san aveva già sofferto tanto nella sua vita, non poteva tradirlo…proprio lui, la persona che più amava. –Forse dovrei semplicemente parlargli, sono sicuro che mi capirebbe e aiuterebbe-.
Rinvigorito aprì la porta e trovò Usagi che stava fumando seduto sul divano, nemmeno lo guardò entrare –Usagi-san io dovrei parlarti- niente nessuna parola –Lo so che sei arrabbiato con me per oggi ma ho…-
-Hai rotto la promessa- lui lo guardò sorpreso –Di mangiare sempre insieme-
-Ah, per questo sei così arrabbiato…allora, per farmi perdonare questa sera ti farò una cena speciale- e si diresse verso la cucina, ma Usagi si alzò e prendendolo di spalle lo fece sedere su di se sul divano –Mi sei mancato- e iniziò a dargli dei piccoli morsi sul collo. Misaki chiuse gli occhi sentendo i brividi di piacere percorrergli tutta la spina dorsale, soprattutto quando Usagi gli sbottonò i pantaloni e iniziò a toccarlo dolcemente. –Usagi-san…smettila- non doveva finire così, gli doveva parlare.  Provò a divincolarsi, ma la sua stretta come sempre era forte e salda –Dico sul serio, lasciami andare…ti devo dire una cosa- ma niente. Solo sbracciandosi riuscì ad alzarsi –Possibile che per te esista solo questo?- gli urlò in faccia, ma si era già pentito di quelle parole. Lo sguardo di Usagi-san era indescrivibile, sorpresa? Delusione? Dolore? Paura? Non volle indagare e correndo si rifugiò in bagno.
 
La mattina quando si alzò trovò la tavola apparecchiata e un biglietto di Misaki “Sono uscito, torno stasera”. Usagi si sedette, sentendo le lacrime iniziare a scendere, ma non provò a fermarle –Misaki…dove sei Misaki?-
 

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Capitolo 3
*** La tempesta ***


 Dalle otto di mattina Misaki era andato nella libreria per aiutare a mettere a posto l’archivio per il nuovo anno, un lavoro a detta di Iroshi “estremamente noioso”, così gli dava una mano volentieri.
-Sai Misaki, mi fa davvero piacere vederti qui…dopo quello che ti ho detto ieri, pensavo non venissi più-
-Non devi preoccuparti…e poi mi fa piacere aiutarti- almeno così poteva pensare agli ultimi giorni e  trovare una soluzione. Per prima cosa doveva parlare con Usagi-san e poi con Iroshi. Si, perché la notte prima non aveva chiuso occhio pensando e ripensando alle sue parole. In un primo momento sembravano avergli fatto uno strano effetto, invece era solo sorpresa. Chi non lo sarebbe nei confronti di una dichiarazione? È vero, Iroshi era molto attraente, ma non valeva la pena di rovinare la storia con Usagi-san solo per provare nuove avventure.
-Sono contento, però oggi ti vedo strano…sei così pensieroso…è successo qualcosa con Akihiko?- lui lo fissò stupefatto –Andiamo non fare quella faccia, è più che evidente no? Chiunque a starvi vicino lo capirebbe- Misaki fece una risatina nervosa. Non sapeva proprio cosa dire. Faticavano tanto per tenere nascosta la loro relazione quando agli occhi dei conoscenti era così evidente. Forse anche Takahiro l’aveva capito? Per questo non lo aveva più assillato con le sue richieste di trasferirsi ad Osaka. “Che vergogna…chissà cosa penserà ora di me nee-chan, e sua moglie poi! Forse dopo aver sistemato questa faccenda dovrei dirglielo” –Allora- insistette Iroshi –Non mi vuoi dire cosa è successo?-
-Ecco, forse abbiamo litigato- disse timidamente. Non gli andava di raccontargli i fatti suoi, anche perché lui poteva solo trarne vantaggio
-Forse? Strana come cosa…o è si o è no-
-Allora no…o forse si…Iroshi non ne sono sicuro, ma preferirei non parlarne-
-Come desideri…allora torniamo ad occuparci dei nostri cari libri. A proposito, hai fame? È da stamattina che non mangiamo, se vuoi posso far portare qualcosa-
-No grazie, non ho fame- era dalla mattina che aveva lo stomaco chiuso –Ma prenderei volentieri un caffè- e sorrise.
 
L’orologio segnava le tre del pomeriggio e da circa due ore Usagi-san girovaga per la casa col telefono all’orecchio in preda al panico. Era dalla mattina che provava a telefonare Misaki, ma c’era sempre la segreteria telefonica. Lo stava tradendo, questo ormai era appurato ma non riusciva a starsene fermo ad aspettare. La testa gli doleva per le troppe lacrime versate e si era fumato già un pacchetto e mezzo di sigarette. In quel momento la porta di casa si aprì. Lui sperò tanto che fosse Misaki, ma invece si ritrovò davanti una Aikawa infuriata –Sensei- iniziò a gridare prendendolo per il colletto della camicia –Dov’è il manoscritto? Sono già le tre e io devo consegnare tutto entro le sei…lei mi sta facendo venire un esaurimento nervoso- ma poi notò che Usagi aveva gli occhi completamente rossi e mollò subito la presa tornando seria –Sensei, va tutto bene?- lui si sedette sul divano –No Aikawa, va tutto male- e si mise le mani fra i capelli –Ieri sera io e Misaki abbiamo litigato e penso che lui mi tradisca- ad Aikawa quasi non venne un infarto
-Ma cosa sta dicendo? Misaki-kun non farebbe mai una cosa tanto orribile-
-Dico sul serio…da qualche giorno si comporta stranamente. Va fuori inventando scuse patetiche, salta i pranzi e le cene e poi ieri sera mi ha letteralmente rifiutato- Aikawa gli si sedette di fianco poggiandogli una mano sulla spalla in segno di conforto. Per la prima volta Usagi la vide come un’amica e non come la sua manager –Sensei- disse dolcemente –Non deve demoralizzarsi così, Misaki è un ragazzo intelligente e sicuramente se ci fosse stato qualcosa glie ne avrebbe parlato- in quel momento il cuore di Usagi mancò un colpo. Aikawa aveva perfettamente ragione. La sera prima Misaki stava cercando di dirgli qualcosa e lui non glie l’aveva permesso. Era solo colpa sua. Scattò in piedi accendendosi l’ennesima sigaretta –Sono uno stupido…Aikawa sei stata illuminante, grazie…ti prego lasciami ancora un giorno di tempo e dopodomani avrai il tuo romanzo-
-E va bene, capisco che questa è senz’altro una questione d’emergenza- si avviò verso la porta, ma prima di aprirla si voltò verso Usagi –Ah sensei…probabilmente Misaki è più spaventato e preoccupato di lei. non sia troppo duro con lui- e uscì, lasciandolo nuovamente solo. Non c’era un minuto da perdere. Doveva scoprire dov’è che se la svignava Misaki, così iniziò a cercare qualche indizio rivelatore. Cercò ovunque, nella sua camera, in cucina, nello stanza dove studiava, ma non trovò nulla. Sembrava un perfetto ladro. Ancor più demoralizzato salì sul balcone ad osservare il tramonto. Forse doveva solo aspettare che tornasse, in fondo il biglietto diceva di aspettarlo per cena. Nervoso andò in lavanderia per vedere se nella giacca c’era un pacchetto di sigarette quando notò che Misaki non aveva ancora lavato gli abiti della conferenza. “Strano non è da lui” svogliatamente si avvicinò quando a terra vide un biglietto e lo lesse.
 
Iroshi Yokohama
Direttore generale
Libreria “Beautiful Dreams”
 
-Bingo…finalmente ti ho trovato Misaki- si catapultò fuori e sgommando partì a tutta velocità per il centro di Tokio.
 
Ormai era buio e solo gli addetti alle pulizie erano rimasti in libreria. Non si erano fermati un attimo e in un giorno aveva già catalogato quasi un terzo del libri presenti. Improvvisamente Iroshi si tolse gli occhiali buttandosi sulla sedia –Ora basta…ormai ho gli occhi che si incrociano-
-Avanti Iroshi, ci mancano solo quei libri in alto e poi abbiamo finito per oggi…anzi ora li prendo così quando finiamo andiamo a bere qualcosa insieme, ti va?-
-Aspetta un momento…mi stai forse chiedendo di uscire con te?- disse sorridendo
-No…cioè mi sembrava un’idea carina dopo questa giornata pesante…e poi volevo sdebitarmi con te per il pranzo dell’altro giorno-
-Ah, ma è stata una sciocchezza, ma mi fa piacere che tu l’abbia detto-
-Bene allora…vediamo, una scala…?-
-Puoi prendere quella in fondo al corridoio- Misaki la prese e una volta salito iniziò a prendere i libri –Misaki non prenderne così tanti in una sola volta, rischi di cadere-
-Tranquillo, non sono mica così stupido- ma appena ebbe pronunciato quelle parole il piede gli scivolò e in un attimo si ritrovò per terra col sedere dolorante e i libri che gli cadevano in testa. Iroshi gli si inginocchiò di fronte preoccupato
-Tranquillo Iroshi, ho preso solo una botta-
-Misaki, sei proprio uno stupido- e gli si avvicinò prendendogli la mano. Lui notò che era fredda, al contrario di quelle di Usagi-san, sempre calde –Misaki- disse Iroshi avvicinandosi ancora di più. Fu un attimo. Gli sollevò il mento con l’altra mano e lo baciò. Misaki per un momento rimase con gli occhi sbarrati e completamente sorpreso, poi solo per un attimo dischiuse le labbra e per quell’istante le loro lingue giocarono insieme, ma poi lo allontanò con forza. Perché lo aveva fatto? Poi vide il volto di Iroshi continuare a guardare verso l’alto. Anche lui sollevò lo sguardo e incontrò due occhi viola arrossati e un corpo paralizzato.
-Usagi-san- fu l’unica cosa che riuscì a dire.

 

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Capitolo 4
*** Tentar non nuoce ***


 In quel momento Misaki sentì lo stomaco contorcersi su se stesso parecchie volte. Era completamente pietrificato per terra, come se la forza di gravità lo spingesse sempre più in basso, fino a sotterrarlo. Anche Usagi-san sembrava essere nelle sue stesse condizioni, sperava vivamente che fosse lui per primo a dire qualcosa perché in una situazione del genere non avrebbe saputo affrontare una conversazione. Era solo uno stupido ragazzino. –Usagi-san…-iniziò a balbettare ma fu subito interrotto
-Ti prego Misaki non dire nulla- fu la risposta secca di Usagi che voltandosi iniziò ad andare verso l’uscita della libreria quasi correndo. Misaki sembrò ritrovare un po’ di buon senso e si mise a rincorrerlo, implorandolo di fermarsi –Ti prego…io posso spiegarti, non è come sembra- ma Usagi non lo ascoltava, teneva gli occhi semi chiusi e le labbra strette come se parlando avrebbe solo peggiorato la situazione. Quando poi salì sulla macchina e sgommò via, Misaki si fermò sulla porta troppo sconvolto per andare avanti. –Usagi-san- mormorò piano vedendo la sua macchina sfrecciare via. Era forse finita? Non poteva nemmeno pensarlo. In un modo o nell’altro avrebbe risolto quel malinteso. Con il magone tornò dentro dove c’era Iroshi che lo stava aspettando con un sorrisetto sulle labbra
-Allora, se ne andato?- Misaki nemmeno gli rispose. Era una domanda talmente stupida e fuori luogo che nemmeno lo degnò di uno sguardo –Avanti Misaki non fare così…se non fossi tuo amico ti direi che tutto si aggiusterà e che troverai il modo per farti perdonare, ma io sono tuo amico e quindi ti suggerisco di lasciare perdere, perché ormai non c’è più nulla da fare- e concluse con il suo solito sorriso. Misaki capì quanto era stato stupido. Come aveva potuto pensare solo per un attimo di essere attratto da una persona come quella? –Come puoi dire una cosa del genere?- gli disse con cattiveria

-Hey adesso non prendertela con me…io di questa cosa posso solo gioirne, anche se un po’ mi dispiace per Akihiko…sembrava davvero innamorato-
-Smettila di parlare così- sbottò Misaki –Quello che è successo è una tragedia e tu come fai a ridere?-

-Perché mi è piaciuta la scena, mi hai fatto così tanta tenerezza…eri li per terra tutto dolorante e vedendo Akihiko arrivare non ho saputo resistere-
-Tu hai visto Usagi-san arrivare?- disse sconcertato
-Si…dovevo trovare un modo per farvi litigare e ce l’ho fatta…ora Misaki puoi iniziare una nuova avventura con me, ma ti avverto io non sono molto fedele- e sorrise di nuovo. “Smettila, smettila di sorridere in quel modo, mi da suoi nervi”. Misaki sentì la rabbia salire in tutto il corpo. Lo aveva preso in giro sin dall’inizio e lui ci era cascato, come uno sciocco ragazzino. Sentendo Iroshi ridere la rabbia esplose e con violenza gli tirò un pugno in faccia facendolo cadere all’indietro. Quando Iroshi si tirò su Misaki aveva la mano che tremava e gli faceva male, ma ebbe una grande soddisfazione nel vedere che in mezzo al sangue c’era anche un dente. Ora ci avrebbe pensato due volte prima di sorridere ancora. Uscì anche lui e prendendo la metropolitana si diresse verso casa.
 
Quando aprì la porta era tutto buio. Chiamò più volte Usagi-san, ma niente. Non era tornato a casa. Prese il cellulare e iniziò a tempestarlo di chiamate e messaggi, ma il telefono squillava senza risposta. Arrabbiato, sconvolto ed estremamente preoccupato Misaki si coricò nel letto abbracciando Suzuki-san, anche se non chiuse occhio.
 
Aikawa guardò nervosa l’orologio. Segnava le tre e mezza. Dove diavolo era il manoscritto? Gli aveva lasciato un giorno in più di tempo e la sua bontà come al solito non veniva mai ripagata. –Quel sensei- urlò buttando in aria dei fogli –Mi manderà al manicomio…non basta avermi già mandato più volte dallo psicologo?- spazientita prese la borsa e salendo in macchina si diresse verso la casa di Akihiko.
Quando arrivò li sotto suonò il campanello, ma come al solito non rispose nessuno, così velocemente salì le scale e spalancò la porta. Non appena mise piede dentro stava per urlare, ma le parole gli morirono in bocca quando vide Misaki coricato per terra. Sembrava svenuto. –Misaki-kun- disse preoccupata andandogli vicino e quando lo girò vide che stava piangendo
-Ah sei tu Aikawa-san…scusa se non ti ho aperto, ma non ne ho avuto la forza-
-Misaki-kun, ma cosa stai dicendo? È forse passato un uragano per la casa?- disse guardandosi intorno. C’erano vestiti e scarpe dappertutto, piatti sporchi sia sul tavolo che nel lavello e una gran quantità di fazzoletti sparsi sul divano
-No, è tutta colpa mia- Aikawa lo aiutò a tirarsi su e lo sedette sul divano
-Allora Misaki, mi vuoi dire cos’è successo? Dov’è Akihiko?-
-Lo vorrei tanto sapere…è due giorni che è sparito. Ho provato a chiamarlo, mandargli dei messaggi. Sono due giorni che non chiudo occhio, l’ho cercato praticamente per tutta Tokio…in tutti gli hotel, motel, appartamenti…ma niente è sparito nel nulla. Io sono molto preoccupato Aikawa-san, non so più cosa fare-
-Strano…non è da lui comportarsi così…deve essere successo qualcosa di grave-
-Ecco ti spiegherò tutto dall’inizio…-
-Credo di saperne già gran parte- lui la guardò sorpreso –Usami mi ha raccontato che fra voi le cose non andavano per il verso giusto-
-Ma non è vero…insomma avevamo litigato è vero, ma io non avevo nessuna intenzione di finire la storia con lui…beh per farla breve, mi ha visto mentre mi baciavo con un’altra persona, ma Aikawa non è stata colpa mia…è stato lui a baciare me, io l’ho respinto ma era troppo tardi. Chissà ora cosa si è messo in testa…magari penserà che l’ho già tradito diverse volte o peggio…io non voglio che soffra- detto questo non riuscì più a trattenersi e scoppiò in lacrime. Aikawa lo abbracciò come una sorella –Misaki-kun, non fare così…bisogna ragionare. Credimi io lo conosco bene e non è tipo da sparire, anzi probabilmente è vicino a noi- Misaki non capiva. Lo aveva cercato per tutta Tokio, dove poteva essere? Aikawa sorrise dolcemente –Misaki quando soffri tanto qual è l’unica cosa che ti far star bene?- lui ci pensò su un attimo
-Probabilmente…io credo…la mia famiglia- gli venne un lampo di genio. A casa? Usagi-san era tornato a casa sua? –Ma Aikawa-san è impossibile, lui detesta la sua famiglia-
-Che ne dici di andare a vedere? Come si dice “tentar non nuoce”…dai ti accompagno io con la macchina- e in tutta fretta uscirono di casa.
 
Quando arrivarono davanti al cancello Misaki aveva il cuore che batteva a mille e le gambe tremolanti. Non era sicuro di arrivare davanti alla porta senza cadere nemmeno una volta. Quando fece per bussare sentì un cane abbaiare e dopo poco dal giardino apparve tutta scodinzolante Alexandra. Lo aveva visto solo una volta e lo trattava meglio del suo padrone. Gli fece qualche carezza e proprio in quell’istante la porta si aprì e apparve Aruhiko. Si guardarono per interminabili secondi e nessuno dei due fu capace di proferir parola. “Che imbarazzo” pensò Misaki.
-Ah sei qui- disse Aruhiko peggio di un pezzo di ghiaccio. Lo stava aspettando? –Finalmente ti sei fatto vedere, non ho mai visto mio fratello messo peggio-
-Usagi-san…è qui?- domandò speranzoso
-No, non è qui…o meglio lo era fino a un’ora fa-
-E ora dove è andato?-
-Non ne ho idea…è uscito con una valigia dicendo che voleva andarsene e tornare nell’unico luogo dove non aveva mai sofferto…probabilmente è andato in aeroporto-
-In aeroporto?- sbottò Misaki incredulo. Cosa ci andava a fare in aeroporto?
-Si, se conosco un minimo mio fratello, vorrà tornarsene in Inghilterra, a mio parere è quello il luogo dove non ha mai sofferto- e gli chiuse la porta in faccia. Certo i suoi modi gentili e cortesi non cambiavano mai. Ma non era quello il momento di pensare alle maniere di Aruhiko. Corse alla macchina dove c’era Aikawa che lo stava aspettando –Allora?-
-Credo sia andato in aeroporto, vuole tornarsene in Inghilterra-
-Allora non devi perdere nemmeno un secondo…io non posso accompagnarti, ho una riunione importante, ma da qui se corri ci metterai solo una mezz’oretta- Aikawa accese la macchina
-Aikawa-san- urlò Misaki. Lei abbassò il finestrino –Grazie, senza il tuo aiuto non sarei mai arrivato qui-
-Corri Misaki, il tempo scorre e anche velocemente, mi ringrazierai un’altra volta…ah Misaki, buona fortuna- e partì sgommando.
Non c’era un minuto da perdere. Si tolse la giacca, sebbene fosse novembre, ma non ne avrebbe avuto bisogno. Iniziò a correre diretto all’aeroporto. Doveva fermarlo, a tutti i costi. Se fosse riuscito a partire lo avrebbe perso per sempre. Non poteva permetterselo, Usagi era tutta la sua vita e l’aveva capito solamente dopo averlo perso. Aumentò la corsa andando a sbattere contro dei passanti, ma non gli importava. Doveva arrivare in tempo.

 

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Capitolo 5
*** Prendere l'iniziativa ***


 Misaki era a corto di fiato. Stava rischiando l’infarto, ma non gli importava. Mancava poco, anzi pochissimo. Si fece strada in mezzo ai taxi che parcheggiavano davanti all’aeroporto per tentare di accaparrarsi qualche cliente e finalmente le porte si aprirono. Era arrivato. Le gambe gli tremavano per la fatica e aveva il fiatone, ma non doveva diventare succube della stanchezza. Immediatamente si diresse al banco informazioni scansando le persone. L’impiegata lo guardò impaurita. In effetti doveva avere l’aspetto di un pazzo maniaco –Quando parte l’aereo per Londra?- la ragazza digitò qualcosa al computer
-Veramente signore è già partito…circa un’ora fa- a Misaki sembrò che il cuore smettesse di battere
-Ne è sicura? Forse ce ne sono altri in partenza?-

-Mi dispiace, ma non prima di due giorni- era finita. Ora non c’era più niente da fare. Le persone lo guardavano storto e i genitori tenevano per mano i figli, ma a lui non importava. Gli serviva una sedia. Doveva sedersi o sarebbe caduto li in mezzo all’aeroporto. C’era una panchina sotto al grande tabellone e lo fissò, cercando di calmarsi, di pensare, di ragionare. Non ci riusciva. Aveva il cuore in mille pezzi e qualcosa in gola che non gli permetteva di respirare. Disperato si sedette sulla panca di legno e mettendosi le mani fra i capelli iniziò a piangere. Prima silenziosamente, ma poi cominciò a singhiozzare sempre più forte, fino a scoppiare in un pianto disperato. –U..sa..gi-san- continuava a ripetere, cercando di darsi un contegno, ma non gli importava. Ormai la sua esistenza non aveva più senso. Era stato uno stupido, uno sciocco…ma come aveva potuto solo pensare di lasciare Usagi-san per quel…quel maledetto bastardo. La verità era che aveva sempre avuto paura di amare Usagi-san. Infatti glie lo aveva detto solo una volta in tutta la loro storia, mentre lui lo ripeteva ogni minuto. Non lo meritava. Una persona come Usagi-san era troppo per lui. Continuava a singhiozzare. Sembrava un bambino.
-Hey guarda che se non la smetti finirà che ti arrestano- Misaki per un attimo smise di piangere e sollevò la testa. Era forse un sogno? No, non poteva essere un sogno…Usagi-san, non era partito?

-U…Usagi-san?-
-Si Misaki, sono io- lui aveva la vista appannata dalle lacrime, ma poté vederlo. Il suo corpo, le sue grandi mani, i suoi occhi, i suoi capelli…il suo sorriso –Usagi-san- quasi gridò e gli si fiondò fra le braccia, stringendolo a se più forte che poté e scoppiando a piangere un’altra volta. Usagi-san non era partito. Era rimasto li ed ora gli stava accarezzando dolcemente i capelli.
-Come ho potuto pensare solo per un secondo di andarmene lontano da te Misaki? Io non posso vivere senza di te…perdonami, perdonami se sono stato così egoista da non ascoltarti. Perdonami se ho sbagliato- Misaki non capiva…si stava scusando? Lui? Che colpa aveva Usagi in tutta quella faccenda?
-Usagi-san sono io che devo chiederti scusa…non volevo farti soffrire in questo modo…per cui ti prego Usagi-san…torniamo a casa- disse fra i singhiozzi, prendendogli la manica della giacca. Usagi gli accarezzò la guancia sorridendo
-Si…torniamo a casa- disse quasi sussurrando. Misaki questa volta si mise a piangere silenziosamente e Usagi gli asciugava con il pollice le continue lacrime che uscivano dagli occhi. –Misaki sei proprio uno stupido…ed è per questo che ti amo- lui abbassò la testa cercando di sfuggire al suo sguardo. “Come posso resistere di fronte a tanta dolcezza?” –Te l’ho già detto ricordi? Non permetterò mai a nessuno di portarmi via la persona che più amo- poi si avvicinò al suo orecchio –Ora basta piangere o rischi che ci arrestino tutti e due- Misaki trovò il coraggio di alzare la testa e guardarlo negli occhi viola. Anche i suoi erano lucidi, ma Usagi-san era troppo pieno di se per mettersi a piangere come un bambino, come lui. Ed era proprio quella parte del suo carattere a farlo impazzire. Tempo addietro in una lezione di filosofia aveva sentito dire che la cosa più difficile da dire ad un’altra persona non era ti amo, ma ho bisogno di te. Era ancora più difficile, perché per lui voleva dire abbandonarsi completamente a quella persona, amarla e sentirsi amati ogni giorno di più, senza la sensazione di sentirsi persi. E lui aveva deciso che quella persona era Usagi.
-Usagi-san-
-Si?-
-Io…ho bisogno di te- disse e sollevando i piedi aggrappandosi alle spalle forti di Usagi lo baciò. Lo sentì rimanere per un momento sorpreso, ma poi con la solita dolcezza gli prese il volto fra le mani e approfondì il bacio. Le persone che erano li vicino ora si allontanavano, alcune disgustate, altre imbarazzate, altre ancora sorridendo, ma a loro non importava. Erano insieme finalmente, e questa volta per sempre.
 
Quando misero piede in casa, Misaki aveva già smesso risoluto di piangere, perché aveva deciso che quella notte sarebbe stato lui a prendere l’iniziativa e questa volta sarebbe andato fino in fondo. Purtroppo non fece nemmeno in tempo a parlare, perché Usagi-san lo aveva già preso in braccio e in un attimo si ritrovarono sul letto, l’uno sopra all’altro. Usagi quasi strappò la maglia di Misaki e iniziò a baciargli il collo, succhiandolo e mordendolo fino a fargli male. Poi iniziò a scendere baciandogli il petto e leccando delicatamente i capezzoli. Misaki sotto di lui gemeva di piacere eccitato, ma non doveva finire così. Con forza prese le spalle di Usagi facendolo cadere sotto di se. “Bene Usagi-san, ora tocca a me”.
-Misaki- disse lui
-No, non dire nulla ti prego…posso farcela- di certo non voleva finire come l’ultima volta, costretto a leggere tutti i suoi romanzi di boy’s love. Era sicuro fino a un secondo fa, perché ora stava già tremando come una foglia. Usagi vide che stava tremando e gli prese le mani portandole alla bocca e baciandole –Lo so che ce la puoi fare…Misaki-
-Uhm?- disse lui mentre gli toglieva la cravatta e iniziava a sbottonargli la camicia
-Ti amo- Misaki lo baciò, mettendogli le mani fra i capelli. Fu un bacio lungo, pieno di passione. Le loro lingue quasi combattevano l’una con l’altra, poi quando Misaki, senza fiato, si staccò aveva tolto la camicia ad Usagi ed ora gli stava baciando il petto. Al contrario suo che lo morsicava sempre, i suoi erano baci leggeri, delicati e ad Usagi quasi bruciava la pelle. Ogni volta che le sue piccole labbra toccavano il suo petto si sentiva bruciare. La voglia di prenderlo e di fare l’amore con lui era sempre più forte, ma si impose di resistere, curioso di vedere fin dove sarebbe arrivato. Quando Misaki arrivò alla cintura si sollevò e iniziò a maneggiare per togliergli i pantaloni. Era la prima volta che spogliava Usagi-san e vederlo nudo da quella prospettiva lo mise parecchio in imbarazzo, ma questo non gli impedì di osservare attentamente il corpo di Usami. –Usagi-san, sei bellissimo- e lui rise. Certo che rideva, doveva essergli sembrato così stupido! Ma Usagi lo prese e lo baciò nuovamente. Cercando di non pensare a quel piccolo incidente di percorso, Misaki riniziò a baciargli l’addome e quando arrivò all’inguine non si fermò, iniziò a baciare il membro di Usagi-san. Chiuse gli occhi per l’imbarazzo, ma continuò imperterrito fino a che non sentì le grandi mani di Usagi-san sollevarlo e guardarlo negli occhi –Misaki, questa sera sono l’uomo più felice del mondo…mi dispiace ma non ci riesco…non riesco più a resistere- Misaki, qual tonno che era, non capì il senso di quelle parole fino a che non si trovò sdraiato di pancia e sentiva la leggera peluria del petto di Usagi sulla sua schiena. Lui gli baciò la schiena tirandolo leggermente su e dopo avergli divaricato le gambe iniziò a spingere per entrare dentro di lui. Misaki per un attimo trattenne il respiro per il dolore, ma poi sentendo Usagi-san muoversi, iniziò a muoversi insieme a lui. Stringeva le lenzuola, fino quasi a strapparle, ripetendo costantemente il suo nome. –Usagi-san- disse ansante –Mi…mi sei mancato- Usagi gli prese le mani e le strinse forte, cercando la bocca di Misaki. Quella notte l’unico rumore dell’appartamento furono i loro respiri e le loro grida di piacere.

 

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Capitolo 6
*** Dopo la tempesta viene sempre il sereno? ***


La sveglia quella mattina suonò troppo presto. Misaki la spense velocemente, anche se di malavoglia, onde evitare di svegliare Usagi-san. Si mise con il gomito appoggiato al cuscino e lo osservò. Aveva il sorriso sulle labbra. Per forza, dopo una notte come quella che avevano appena passato. Misaki ripensò al suo tentativo di iniziativa e non poté evitare di diventare rosso sino alla punta dei capelli. Aveva scoperto però che non era così imbarazzante come credeva ed era sicuro che da quel giorno la loro vita sessuale sarebbe cambiata. Per Usagi-san sicuramente in meglio, per lui…era tutto da vedere. Usagi-san si mosse e alcune ciocche di capelli gli caddero sul viso, allora Misaki avvicinando lentamente la mano glie le spostò. Usagi-san. Il suo Usagi-san. Senza nemmeno pensarci si avvicinò e delicatamente lo baciò sulle labbra, per cercare di non svegliarlo. Tentativo inutile. Lui gli prese il viso con la mano stringendolo a se.
-Buongiorno- disse. Buongiorno? Da quando Usagi-san si svegliava di buon umore? –Misaki, non ho potuto fare a meno di pensare da quanto tempo mi stessi osservando-
-Ah…ecco…non lo so…ecco Usagi-san in realtà, dato che non ne ho avuto l’occasione ieri…vorrei spiegarti insomma ciò che è successo…-
-Misaki, mi basta sapere che tu mi sei accanto-
-Lo so ma…non possiamo far finta che non sia successo nulla-
-E va bene- disse Usagi mettendosi seduto -Ma lascia che dica io prima una cosa…sai Misaki tu prima di arrivare qui diciamo che eri…sessualmente confuso-
-Ma cosa…-
-Lasciami finire…hai scoperto questo lato della tua sessualità con me e forse ho sbagliato in tutto questo tempo-
-Ma Usagi-san tu non hai sbagliato proprio nulla, sono io l’unico che ti deve chiedere scusa…non so cosa mi abbia preso-
-Lo so benissimo invece, succede anche a me ogni tanto…è una cosa normale-
-Normale? Ma se si ama una persona non si devono pensare certe cose- Usagi-san lo attirò a se abbracciandolo
-Come al solito non hai capito nulla…se chiedi in giro, qualunque coppia ti risponderà che non pensa costantemente alla persona che ama. In giro ci sono persone che accendono la nostra fantasia, ma Misaki tutto sta nelle nostre azioni. A te è capitato Iroshi, un tipo anche molto intraprendente, e siccome la tua mente non era preparata per una cosa del genere sei andato in subbuglio. So anche che hai provato a parlarmene e io non sono stato capace di ascoltarti, per cui chiudiamo qua l’argomento. Iroshi è passato e noi invece siamo il presente e il futuro-
-Non sei arrabbiato con me? Insomma dopotutto ci hai visto mentre mi baciava-
-A dire la verità avevo pensato che prima o poi sarebbe potuto succedere una cosa del genere…per questo ti chiedo di perdonarmi. Non sono stato in grado di affrontare la cosa seriamente e da uomo adulto. Ho preferito fuggire e rifugiarmi lontano da te, ma è stato un inferno. Tu mi chiamavi ogni dieci minuti, notte e giorno e ogni volta che il telefono squillava e vedevo il tuo nome mi chiedevo sempre “Ma cosa sto facendo? Devo tornare da lui”…in realtà ho sperato fino all’ultimo che fossi tu a venire da me e così è successo-
-Si, ma perché tu non eri partito…io non ho fatto nulla. Sei tu quello che ha salvato la nostra storia-
-No…credo che l’abbiamo salvata insieme…e poi non avevo mai pensato di andarmene via. Quel pomeriggio sono andato in aeroporto è vero, ma non ho mai pensato di partire…Misaki come avrei potuto abbandonarti?-
-Ti ringrazio per queste belle parole…ma io mi sento così in colpa…e se dovesse tornare a farsi vivo?-
-Non riuscirebbe nemmeno a passare oltre l’uscio della porta, perché ci sarei io a proteggerti…e poi sono sicuro che se solamente lo vedessi non riuscirei a trattenermi e gli tirerei un bel pugno in faccia per spegnergli quell’odioso sorriso- Misaki rise
-Non preoccuparti Usagi-san, ci ho già pensato io…dopo che te n’eri andato sono tornato dentro e gli ho fatto cadere un dente. Penso che ci vorrà un po’ prima che ritorni a ridere- a quel punto anche Usagi si mise a ridere e gli scompigliò i capelli
-Non parliamo più di questa cosa ti prego Misaki, e non voglio nemmeno che tu ti tormenti con i sensi di colpa…me lo prometti?-
-Va bene Usagi-san…te lo prometto- e sorrise –Allora, cosa vuoi per colazione?-
-Te, voglio te Misaki, per tutte le colazioni, i pranzi, le cene e le notti della mia vita- e prendendolo per un braccio lo fece cadere sotto di se –Sai una cosa? Dovremmo litigare più spesso se poi ogni volta è come stanotte…eri così passionale-
-Non scherzare su queste cose, baka Usagi- non poteva sopportare l’idea di litigare nuovamente con lui.
-Hai ragione…bene, allora che ne dici di continuare quello che hai iniziato questa notte?- “Lo sapevo” pensò Misaki arrossendo “Come al solito me le vado a cercare
-Dai Usagi-san, è ora di colazione non di fare certe cose- disse cercando di divincolarsi
-Ma io non ho fame-
-Io invece si, e tanta…lasciami andare…lasciami andare, BAKA USAGIIII-
Mentre Misaki Takahashi era tornato di nuovo succube di Usami Akihiko, ripensò a tutto quello che era successo in quei giorni e una cosa era certa: il suo amore per Usagi-san che diventava ogni giorno più grande. Mentre cercava di scappare dalla sua stretta così forte, calda e accogliente, sentì le sue grandi mani su di se. Vide il suo sorriso, che diventava sempre più grande ad ogni sua implorazione di lasciarlo andare. “E come potrei non amare una persona così?
 
Con il bicchiere in mano fece cenno al barista di riempirlo nuovamente. Ormai si sentiva la testa pesante, ma non gli importava, nemmeno del sorrisetto del suo amico
-Caro Iroshi ti sei ridotto proprio male…non ti avevo mai visto così preso da una persona tanto da arrivare ad ubriacarti in questo modo-
-Taci-
-A quanto vedo sei ferito nell’orgoglio…questo Misaki non ha ceduto- ma Iroshi rise
-Tu invece si e parecchie volte e come al solito sbagli deduzione…si è fermato solo perché è arrivato quello scribacchino. Ma non ti preoccupare, tutto è concesso in guerra in amore e io farò di tutto purché si lascino- e rise
-Non è meglio se lasci perdere? trovati qualcun altro-
-Assolutamente no…lascia passare un po’ di tempo e vedrai che sarà Misaki stesso a venire da me-
-Come fai ad esserne così sicuro?-
-Perché come ti ho già detto…tutto è concesso in guerra in amore-
 

 
Ora mi prendo un po’ di spazio anche per me!!!!
Prima cosa volevo ringraziarvi per come state seguendo questa fanfiction=) sono davvero al settimo cielo, non mi aspettavo così tante critiche positive=)=) *salta per la stanza*…in teoria questo doveva essere l’ultimo capitolo, ma dato il successo e dato il fatto che avevo già in mente qualche idea per un possibile continuo…procedo con questa storia, sperando di non deludere=)
Ciao ciao=) vale=)
 

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Capitolo 7
*** La gelosia non porta da nessuna parte ***


Misaki quella mattina si era messo nei banchi infondo all’aula, vicino alla finestra. Era troppo distratto per poter seguire la lezione e troppo agitato per rimanersene a casa senza far nulla. Oziare metteva in moto pensieri stupidi, portando ad incredibili soluzioni irreali. Erano passate più di tre settimane da quando lui e Usagi-san avevano fatto pace e da quel giorno il loro rapporto era diventato molto più profondo e armonico. Almeno fino a quella mattina. Usagi-san doveva starsene tutto il giorno nella libreria di Iroshi, che ovviamente presentava il romanzo in anteprima e lui doveva rimanere li per firmare autografi. Non appena Usagi glie lo aveva detto, aveva insistito per andare e stargli vicino, ma non c’era stato nulla da fare. Anche se ormai la storia con Iroshi era chiusa, Usagi si era messo a fare il geloso e così da bravo studente, doveva rodersi le viscere di rabbia e gelosia su un banco. “Si staranno parlando? Staranno litigando? Non ce la faccio più…io devo andare a vedere”.
Quando finì la lezione fece per alzarsi ma Sakura, una ragazza che aveva conosciuto all’inizio del semestre, lo fermò.
-Hey Misaki, hai tempo di aiutarmi con letteratura? Tu sei bravo e lo sai che sono una frana…e poi a casa non ho tempo- Sakura era una ragazza molto carina, sveglia e in gamba. Si era sposata un anno dopo aver finito le superiori ed ora che aveva avuto un bambino, di certo a casa non aveva tempo per studiare.
-Mi dispiace, ma oggi proprio non posso-
-Dai ti prego, la settimana scorsa non sono riuscita a venire a lezione mi serve una spiegazione veloce- Misaki sospirò
-E va bene…dai andiamo in biblioteca-
-Oh grazie- disse Sakura abbracciandolo –Domani ti porto i biscotti, mia madre ne sta facendo un sacco per Natale…a proposito, manca una settimana, tu cosa farai?-
-Non lo so ancora…probabilmente starò a casa-
-Che tipo poco sociale che sei-
-Forse ho preso da qualcuno- e sorrise, pensando ad Usagi-san.
 
Erano le quattro del pomeriggio ed era dalla mattina che firmava autografi in quella maledetta biblioteca, ma fortunatamente Iroshi non si era visto, nemmeno per l’ora di pranzo…forse aveva paura ad affrontarlo. Faceva bene, perché la tentazione di spaccargli la faccia era enorme e non gli sarebbe passata tanto facilmente.
Aikawa era seduta accanto a lui e mostrava un sorriso fiero a tutti quelli che portavano il libro da firmare. Ogni tanto gli diceva di sorridere anche a lui, ma non ci riusciva. Non in quel posto. Li vicino c’era lo scaffale dove Misaki e Iroshi si erano baciati. Con Misaki ne avevano parlato più di una volta, di quanto accaduto, ma lui lo aveva pregato di smetterla, perché non avevano nient’altro da dirsi. La cosa si era risolta per il meglio e lui e Misaki ora vivevano ancora più in armonia di prima. La verità era che gli faceva troppo male il solo pensarlo e forse, fare finta di nulla era la cosa migliore. Almeno per Misaki. Lo vedeva molto più sereno e tranquillo, mentre lui era mangiato dalla gelosia. Il suo Misaki non sarebbe più stato sfiorato da nessuno, questa era una promessa.
 
Fuori era buio e la coda si era lentamente esaurita. Usagi si alzò per andare in bagno e quando fece per tornare si trovò davanti Iroshi. I muscoli gli si tesero tutti in un colpo. Calmo, doveva restare calmo
-Ciao Akihiko…ti vedo felice-
-Puoi ben dirlo- e fece per scansarlo di lato, ma Iroshi alzò il braccio per fermarlo e lo fissò dritto negli occhi. Usagi capì che lo stava sfidando e nel contempo, stava mettendo a dura prova la sua pazienza
-Come sta il caro Misaki?- disse sorridendo.
-Molto bene, ora lasciami andare-
-Oh quanta fretta, ti sta forse aspettando?-
-Esattamente-
-Sai Akihiko tu puoi stargli addosso finche vuoi, ma ti do un consiglio-
-Ne faccio a meno dei tuoi consigli…lasciaci in pace-
-E’ nelle mie intenzioni…ma ti dico comunque di goderti Misaki finché puoi, perché non starà vicino a te ancora per molto- a quelle parole Usagi non ci vide più e prendendolo per il colletto lo sbatté contro lo scaffale
-Smettila di dire queste cose- sibilò Usagi –Ti diverti a prendere in giro così le persone? Perché lo fai-
-Il perché mi chiedi- disse lui con un sorriso amaro –Questa domanda non è degna di una risposta-
-Lascia in pace Misaki…o non risponderò più delle mie azioni- e lasciandolo andare uscì furibondo dalla libreria.
 
Quando Usagi entrò sbattendo la porta, Misaki capì che doveva aver parlato con Iroshi. Lo sapeva che sarebbe finita male. Tutto per colpa sua. Velocemente salì le scale. Usagi si era chiuso in bagno. Lui aprì lentamente la porta e lo vide appoggiato al lavandino, scuro in viso. Era arrabbiato. Ed era colpa sua
-U…Usagi-san, tutto bene?-
-Secondo te?- lo aggredì lui. Misaki fece un passo indietro –Scusa Misaki…è che puoi ben immaginare cosa sia successo-
-Non lo avrai picchiato-
-Mi sono trattenuto, ma ho dovuto chiedere aiuto a tutto il mio autocontrollo…mi ha detto di goderti finché posso perché non starai vicino a me ancora per molto- Misaki crollò seduto sul wc. Non voleva piangere, ma non sapeva quanto avrebbe retto quella situazione
-Mi dispiace Usagi-san…è tutta colpa mia, in qualche modo riesco a rovinare sempre tutto…ma qualunque cosa succeda io non ti lascerò, mi credi vero?-
-Certo che ti credo…ma sono spaventato, quell’Iroshi è pericoloso-
-Non molto…almeno non quanto noi due insieme- e sorrise –Davvero Usagi-san, perché non ti arrabbi con me? Lo so che sei consapevole che è tutta colpa mia, eppure non mi hai detto nulla-
-Se ci tieni così tanto, posso arrabbiarmi…ma non riuscirei a rimanerlo per più di cinque minuti con te-
-Mi bastano quei cinque minuti…devi dirmelo…dimmi che sono stato uno stupido, uno stronzo, un bastardo e che ti sto facendo del male gratuitamente- Usagi si voltò verso di lui
-E va bene…Misaki sei stato uno stupido, come hai pensato davvero di potermi tradire col primo che ti si è presentato davanti? Sono stato male come un cane e alcune volte mi hai fatto pensare di odiarti…sei stato uno stronzo, come hai potuto baciare Iroshi? Come ti è venuto in mente di lasciarmi quel biglietto con scritto che tornavi la sera…non hai pensato che forse mi sarei preoccupato?- ora stava quasi urlando, ma Misaki era in un certo senso sollevato. Finalmente si stava sfogando
–Sono tre settimane che muoio dalla gelosia, non ce la faccio a non pensare a quello che è successo. Cosa sarebbe accaduto se non fossi arrivato e vi avessi interrotto? Misaki sei stato un vero stronzo e ti sei comportato come tale- ma poi chiuse gli occhi e si inginocchiò di fronte a lui –Ma poi Misaki tu mi hai aperto il tuo cuore quella notte…mi hai fatto capire quanto a me ci tenessi davvero, mi hai fatto sentire importante…non capisci? Io devo proteggerti, io ti sarò per sempre accanto e ci sarò per sempre, ogni volta che avrai bisogno di me-
-Io ho sempre bisogno di te…costantemente. Ormai non posso più pensare ad una vita senza di te. Tu sei la persona che ho scelto e nessuno potrà mai portarmi via- Usagi lo abbracciò. Il suo Misaki. Lo baciò stringendolo a se. Gli mise una mano fra i suoi capelli e con delicatezza lo appoggiò su di se, ma poi si staccò improvvisamente
-Non senti?- disse. Misaki era ancora troppo intontito dal bacio per ragionare –Sta bruciando qualcosa?-
-La carne- disse Misaki correndo giù. Dalla padella saliva il fumo nero e riuscì a far areare la stanza prima che scattasse l’allarme antincendio. Usagi arrivò in cucina sorridendo –Dimmi, siamo rimasti senza cena?- Misaki fece cenno di si con il capo –Andiamo a mangiare fuori?-
-Perché no- disse Misaki –Ma stasera offro io, quindi non aspettarti ristoranti di lusso-
-Se ci sei tu, puoi portarmi anche in discarica- Misaki scosse la testa. “Non cambierà mai
 
Quando uscirono dalla tavola calda erano quasi le due. Erano rimasti tutta la sera a parlare di viaggi e di sogni ed erano davvero felici. Anche fuori dal locale continuarono a ridere e a raccontarsi pezzi della loro vita che mai avevano conosciuto.
L’aria era diventata molto più fredda e siccome le strade secondarie per andare alla metropolitana erano deserte, Usagi strinse Misaki per scaldarlo. In quell’istante sentì qualcosa arrivargli sul naso. Era freddo e bagnato. Sollevò lo sguardo. Fiocchi di neve stavano iniziando a cadere
-Usagi-san, guarda sta nevicando- disse sorridendo
-Lo vedo Misaki…lo vedo- e lo baciò. Era il suo primo bacio sotto la neve e Misaki pensò che era incredibilmente romantico. Il freddo gli passò in un batter d’occhio, riscaldato dall’amore di Usagi.
-Usagi-san- disse staccandosi dal suo bacio –Andiamo a casa-
-Perché? Si sta così bene qui fuori sotto la neve, non è romantico?-
-Si ma io voglio andare a casa
-Come sei insistente, dimmi almeno il perché-
perché…voglio fare l’amore con te- disse impuntandosi.
Usagi-san non disse più nulla, ma Misaki vide che aveva accelerato il passo.

 

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Capitolo 8
*** Il passato può arrivare in aiuto del futuro ***


Fermati, osserva, rifletti.
La tua vita non è mai stata felice e armoniosa. Il tuo destino era forse quello di soffrire? Nessun uomo merita di soffrire così tanto, la vita va vissuta con le persone che si amano, e tu? Cosa hai fatto per meritarti tutto questo?

La scuola era finita ed ora ci sarebbero state le vacanze estive. Ovviamente lui le avrebbe passate ancora un volta da solo, nel suo piccolo appartamento a Tokio. I suoi genitori erano molto impegnati con la libreria e spesso erano fuori per affari e lui fin da quando era piccolo doveva cavarsela. Ma per un ragazzo di diciassette anni, timido ed introverso, senza nessun amico era difficile la vita della città. Fortunatamente c’era “The best in town” una piccola tavola calda, dove tutte le sere andava a mangiare. Sebbene non avesse mai parlato con i proprietari, ormai aveva il suo tavolo personale. C’erano due sedie, ma ne veniva sempre occupata una e basta.
Anche quella sera gli venne portato il solito piatto con le polpette e il ramen e lui inizio a mangiare silenziosamente. C’era molta confusione quella sera e tutti i tavoli erano occupati, solo la sedia di fronte a lui era rimasta vuota, ma non per molto. Stava finendo di mangiare le sue polpette quando di fronte a lui si sedette un uomo. Era giovane, probabilmente sui trent’anni, forse anche meno.
-Scusa ragazzo, ma è tutto pieno e io ho una fame da lupi, non ti dispiace vero?- fece di no con la testa.
 
Fu il loro primo incontro. L’uomo che avrebbe scombussolato per sempre la sua vita e la sua routine così ben studiata era arrivato. Era l’opposto di lui. Sorrideva sempre, era cordiale con tutti. Estroverso, sembrava conoscere chiunque gli passasse di fianco. Come poteva notare un ragazzino, solo, introverso e silenzioso?
 
Per le sere successive ebbe l’impressione che quell’uomo lo stesse seguendo. Anche lui ogni sera veniva a mangiare alla tavola calda, ma non gli aveva più rivolto la parola. Lo osservava, lo osservava costantemente. Ogni sera ordinava tre porzioni di polpette e non smetteva un attimo di parlare, sembrava conoscere tutte le persone che entravano e uscivano da quel locale. Inoltre attirava anche molte donne, perché era veramente affascinante e mai rifiutava di parlare con loro. Era il suo esatto opposto. Provava l’impulso di andare a conoscerlo, ma non trovava il coraggio. Chi mai lo avrebbe ascoltato…chi mai l’avrebbe voluto come amico?
Silenziosamente uscì dal locale e dopo poco si accorse che l’uomo lo stava seguendo a qualche metro di distanza. Si fermò preoccupato –Che cosa vuoi?-
-Non spaventarti, volevo solo conoscerti meglio…sei sempre solo e silenzioso e mi sono chiesto per quale motivo-
-Puoi darti una risposta da solo-
-Dai aspetta non andartene…non hai amici con cui uscire la sera?-
-Scusa se non sono socievole come te-
-Poche persone sono socievoli come me e poche persone sono da sole come te…ogni volta che ti osservo non riesco a non preoccuparmi. La solitudine è davvero brutta e forse ti serve un amico…come ti chiami?- forse doveva rispondere…o forse no? In fondo perché doveva dire il suo nome ad un perfetto sconosciuto? –Allora? Hai perso la lingua? Io mi chiamo Daisuke Satou, sono nato il 9 agosto 1984, ho ventisette anni, lavoro in una multinazionale qui a Tokio e attualmente vivo in un hotel. Sono stato abbastanza esauriente? Tu invece chi sei?-
-Iroshi- l’uomo rimase piuttosto deluso, ma non si perse d’animo -Sei uno studente, dalla divisa sembra che tu vada in una scuola piuttosto rinomata-
-Si…ma se fosse per me andrei in una scuola normale-
-E come mai uno ricco come te mangia in un posto così? Non hai una servitù a casa?-
-Come mai un manager di una multinazionale mangia in un posto così?- ma cosa voleva quell’uomo? Credeva forse di essere simpatico?
-Di certo hai un brutto carattere-
-Scusa, ma ora devo andare- e cercò di allontanarsi ma Daisuke continuava a seguirlo –Mi vuoi lasciare in pace?-
-Ti va di venire a bere qualcosa insieme a me?-
-No- e se ne andò.
-Tutti meritano un po’ di affetto- ma Iroshi non lo ascoltò nemmeno.
 
I suoi tentativi di allontanare Daisuke non erano serviti a nulla e così la sera dopo si trovava in un bar con davanti un bicchiere di acqua e il viso sorridente di Daisuke che gli parlava del suo ultimo viaggio negli USA. Continuava a parlare ininterrottamente e Iroshi si domandava il perché.
-Perché mi stai così addosso?- domandò Iroshi quando uscirono dal locale interrompendo la parlantina di Daisuke. Lui sorrise
-Il perché mi chiedi? Sai Iroshi forse è arrivato il momento di dirtelo…io non sono come gli altri- Iroshi non capì –Non capisci è? Bene allora mettiamola così- Daisuke gli prese il braccio e l’attirò a se baciandolo. Iroshi rimase troppo sconvolto da quel gesto, ma era anche sconvolto dal fatto che non provava ribrezzo. Quello era il suo primo bacio e sentiva il cuore battergli forte. Ma cosa stava facendo? Stava baciando un…uomo? Daisuke lo lasciò –Ti è abbastanza chiaro il perché ti stia così addosso? Mi piaci Iroshi, non ce la faccio a starti lontano- lui non rispose. Era ancora troppo sconvolto. Possibile che la prima persona che si interessava a lui fosse un uomo, più grande di lui di dieci anni? –Davvero?- disse sorpreso
-Si Iroshi…credo di essermi innamorato di te-
-Non ci si può innamorare in due settimane…è impossibile-
-Eppure non lo è-
 
Aveva ragione Daisuke. Non era impossibile. Finalmente qualcuno che gli voleva bene davvero c’era ed era lui. Daisuke. Il suo migliore amico, il suo fratello maggiore, il suo fidanzato, la persona che amava. Il periodo più felice della sua vita. Daisuke era venuto a vivere nel suo monolocale e lui non sapeva di poter trovare una felicità simile. Se fosse morto in quel momento sarebbe morto felice.
Ma il suo destino non era forse quello di soffrire?
 
Quella sera Daisuke era rientrato dal lavoro più tardi del previsto. Iroshi lo aveva aspettato in piedi nonostante il giorno dopo dovesse andare a scuola –Tutto bene?- gli domandò quando si infilò sotto le coperte e lo abbracciò
-No Iroshi…va tutto male- lui si girò preoccupato. Daisuke stava piangendo
-Daisuke, ma cosa è successo?-
-Il lavoro…mi hanno trasferito nella nuova azienda aperta da poco a Sapporo- Iroshi si rilassò, chissà cosa credeva
-Daisuke calmati dai non è così terribile…potrò venirti a trovare durante le vacanze e qualsiasi altra domenica. Gli aerei sono tanti e sempre in orario-
-Lo so, ma non voglio starti lontano…voglio rimanere qui con te, non voglio lasciarti-
-Ma non mi stai lasciando io verrò a trovarti ogni volta tu lo desideri, io per te ci sarò sempre-
-Lo so…e lo stesso vale per me, non ti abbandonerò mai…mai-
 
La loro storia andò avanti un altro anno. Mancava una settimana a Natale e Iroshi sarebbe partito l’indomani per Sapporo, ma quando accese la televisione vide che a causa della forte turbolenza un aereo diretto a Tokio proveniente da Sapporo era caduto nel mare. Non si era salvato nessuno. Il telefono squillò immediatamente. Probabilmente era Daisuke che lo stava chiamando per dirgli di non partire o di venire in treno. Felice di poter sentire la sua voce rispose
-Iroshi, sei Iroshi?-
-Si, ma chi parla?-
-Sono Kozo Takahashi, capo del signor Daisuke Satou…- ciò che avvenne dopo la chiamata Iroshi non seppe nemmeno ricordarlo. Daisuke aveva preso quel maledetto volo per arrivare a Tokio e fargli una sorpresa. Il suo capo disse che era entusiasta e aveva anche chiesto un giorno in più per andare a Tokio prima che lui partisse. Ma non era mai arrivato.
 
Il suo destino era quello di soffrire. L’unica persone per cui valeva la pena di vivere era morta. La sua intera esistenza era finita, ora non importava più nulla.
Non si ricordava bene quel periodo della sua vita. Era fatta di eccessi, donne, uomini, alcol e qualche volta anche droga, ma la persona che gli aveva promesso che non l’avrebbe mai abbandonato lo aveva fatto. Proprio il giorno di Natale. Non poteva sopportare di vedere le coppie felici. Non doveva essere l’unica persona a soffrire, anche gli altro dovevano farlo. E lui passava la vita vedendo la sofferenza degli altri. Sofferenza che lui stesso provocava. Ma gli andava bene così, almeno finché questo lo avrebbe aiutato a soffrire di meno.
Il suo amico Josuke più volte gli aveva dichiarato il suo amore per lui, ma probabilmente la sua esistenza non era fatta per l’amore e nemmeno se si fosse innamorato di lui la sua misera vita sarebbe cambiata.
 
Fermati, prenditi un secondo. Osserva  la tua vita e le persone che hai intorno. Rifletti, è giusto ciò che stai facendo? Misaki era uguale a lui. Anche lui era innamorato così tanto di Daisuke, come lui di Akihiko. Forse doveva smetterla di fare ciò che stava facendo. Forse gli avrebbe giovato…forse doveva veramente smetterla di dargli fastidio, ma ormai aveva già organizzato tutto.
Non poteva più tornare indietro…o forse semplicemente non voleva?

 

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Capitolo 9
*** Una svolta inaspettata ***


Usagi teneva ben salda la mano di Misaki. Non che gli potesse scappare in qualche modo, ma dopo quella frase sentiva di dover arrivare a casa il più in fretta possibile. I fiocchi di neve scendevano copiosi e sulla strada si era già formato un manto bianco scivoloso…ma anche incredibilmente romantico. Vedeva il volto di Misaki rosso nelle guance, ma poteva scommettere che non era per il freddo. Le strade secondarie a quell’ora erano vuote e approfittando del fatto che erano vuote…no! Doveva aspettare, essere calmo e paziente, anche se con Misaki vicino tutto il suo self-control andava a farsi benedire. Spinse Misaki contro il muro e premendo il suo corpo contro il suo iniziò a baciarlo nervosamente e con grande desiderio. –Usagi-san- provò a ribellarsi Misaki, ma ormai Usagi gli aveva messo una mano dentro ai pantaloni e stava accarezzando dolcemente il suo membro –Usagi-san…ti prego, non qui- disse Misaki con la voce tremante, ma fu nuovamente zittito dai baci di Usagi. Non aveva altra scelta che assecondarlo. Si lasciò andare, dimenticando di essere appoggiato ad un muro gelido, perché a scaldarlo c’era la passione di Usagi-san. Lo strinse a se inarcandosi con la schiena, poi Usagi tolse la mano e si scostò leggermente –Muoviamoci- disse alla fine. “Forse non avrei dovuto dirgli quelle cose” pensò Misaki, preoccupato per la serata che lo aspettava. Quasi corsero alla stazione della metropolitana, ma quando arrivarono li c’era talmente tanta gente che si riusciva a malapena a passare e una voce di sottofondo che diceva che a causa di un incidente i treni avevano subito forti ritardi e che non sarebbero ripartiti prima di un’ora. E ora? Misaki guardò Usagi e aveva il volto seriamente deluso. La sua serata perfetta stava lentamente sfumando. Furono costretti ad aspettare insieme a tutta la calca di gente e dopo mezz’ora finalmente videro arrivare un treno. Le persone quasi ci si fiondarono sopra e se non fosse stato per la prontezza di riflessi di Usagi, lui sarebbe rimasto giù come un pesce lesso. Respirare era quasi impossibile e lo stesso tenersi aggrappati da qualche parte, ma Misaki non aveva nulla da temere, perché c’era Usagi che con un braccio lo teneva ben stretto. Forse avrebbe potuto torturare un po’ Usagi-san, anche se sapeva già che se ne sarebbe pentito. Cercando di essere il più mimetico possibile si avvicinò e facendo finta di perdere l’equilibrio gli cadde addosso. –Misaki fai attenzione- gli disse Usagi, ma non si perse d’animo. Facendo il più lentamente possibile si mise davanti ad Usagi-san sfiorandogli le labbra e strusciandosi contro di lui. Lo vide serrare la mascella e stringere il palo della metropolitana così forte da farsi venire le nocche bianche. La sua piccola tortura stava funzionando. Si girò nuovamente e con la schiena si appiattì contro Usagi-san sfiorandolo nuovamente e sentì il suo corpo eccitarsi. Rimase così finché non arrivarono alla loro stazione. Quando scesero Usagi lo prese per il braccio e lo baciò nuovamente –Cosa credevi di fare sulla metropolitana ragazzino?-
-Io? Assolutamente niente, perché?-
-Te la sei cercata- Usagi lo prese per mano e lo trascinò fino al loro appartamento. Non aveva il tempo materiale per trasportalo di sopra nella camera da letto e così lo coricò sul divano, togliendogli gli abiti in modo frenetico e con grande eccitazione. Lo baciò ancora e ancora, ma lo spazio era troppo poco. Metà del divano era occupato dal suo nuovo manoscritto. Buttò tutto a terra e si distese sopra di lui. Gli mordeva il collo, i capezzoli baciandolo dappertutto. Non gli bastava mai, mai si sarebbe saziato del suo corpo. Era come una droga, ogni volta ne voleva sempre di più e Misaki stupido che lo provocava nel treno facendo aumentare il suo desiderio fino alle stelle. Forse gli morse il collo un po’ troppo forte perché Misaki urlò sotto di lui –Usagi mi stai devastando- ne era felice, perché era proprio quello che voleva. Tornò a baciarlo e ora anche Misaki lo stava toccando e senza che lui gli dicesse nulla si girò  da solo –Usagi ti prego fai pian…ah- le sue parole non era servite a niente. Il desiderio che provava era troppo forte per poter essere controllato e poi ormai doveva esserci abituato…o forse no?
Misaki sentiva tutti i muscoli del suo corpo essere rigidi. Quella sera Usagi-san era parecchio incontrollabile. Sentiva il suo corpo strusciare a ritmi sempre più veloci contro la sua schiena e ad ogni movimento lo sentiva entrare sempre più in profondità, in modo quasi insistente. Era la prima volta che usava così poco tatto, evidentemente quello era tutto il desiderio che poteva esprimere nei suoi confronti. Nonostante avesse le lacrime agli occhi ne fu davvero felice e si mise ad urlare il suo nome con una passione sempre più crescente, ansimando ad ogni suo movimento. Usagi gli morse la spalla e sentì i suoi denti entrargli nella pelle, ma quello non era dolore era piacere. Misaki si inarcò cercando un contatto sempre più profondo. Usagi era all’apice del piacere. Aveva il sapore di Misaki perfino nel midollo spinale. Lo sentiva urlare sotto di lui, mentre lui si muoveva sempre più velocemente, stringendo le sue mani tremanti, rassicurandolo con i suoi baci, amandolo con tutto se stesso. Mentre facevano l’amore, per la prima volta sentì anche un’altra persona urlare. Lui. Misaki aveva la capacità di travolgerlo come un fiume in piena e quando sentì che stava per venire non si staccò, non riusciva ad allontanarsi da Misaki. Col fiatone e con il corpo sudato si coricò sopra il suo corpo prima di mettersi di lato e abbracciarlo. Vide che stava piangendo.
-Perdonami Misaki, non volevo farti male- Misaki lo zittì con una bacio dolce e sincero, poi si rannicchiò contro il suo petto e chiuse gli occhi. Usagi lo prese in braccio e lo portò sul loro letto e prima di coprirsi con la coperta, lo strinse a se, sperando che anche da addormentato riuscisse a sentire il battito del suo cuore.
 
La mattina seguente Usagi accompagnò Misaki all’università. Era l’ultimo giorno di lezione ed era parecchio importante. Misaki lo salutò con un piccolo bacio sulla guancia per paura che gli studenti potessero vederlo e poi felice ripensando alla notte appena passata andò verso la sua aula. I fianchi gli dolevano immensamente e al suo risveglio aveva anche fatto fatica ad alzarsi, tutto indolenzito. Era stata una notte troppo passionale per il suo corpo. La mattina era stato costretto a mettersi un maglione a collo alto per coprire i succhiotti di Usagi che aveva sul collo e sulle spalle. Nonostante tutto, era felice di avere quei segni sul corpo. Stava camminando lungo il giardino quando su una panchina di fronte a lui vide Iroshi. Lo stava fissando…da quanto tempo era li? Lo stava aspettando? Incuriosito e anche spaventato, Misaki andò verso di lui, ma quando gli fu abbastanza vicino, lui si alzò e girandosi dall’altra parte senza nemmeno degnarlo di uno sguardo fece per andarsene. Misaki pensò che lo stesse prendendo in giro per l’ennesima volta, ma non si sarebbe arreso –Fermati- gli disse cattivo. Iroshi si girò –Cosa vuoi? Cosa sei venuto a fare all’università?-
-Non lo so…forse ti stavo aspettando-
-Forse? Come sarebbe a dire? Bada Iroshi che non ho tempo da perdere-
-Infatti, nessuno ti sta costringendo a rimanere qua…anzi io me ne stavo puntualmente andando-
-Non dire stupidaggini, ho visto che mi stavi aspettando- ma Iroshi fece per andarsene nuovamente
-Fermati- urlò Misaki questa volta –Perché hai detto quelle cose ad Usagi-san l’altro giorno? Ti diverti così tanto a rovinare la vita delle altre persone?- Iroshi sorrise amaramente
-Sai Misaki? Hai fatto centro anche questa volta…ma forse più che per divertimento è un’esigenza-
-Spiegati meglio-
-Ti consiglio di lasciare Akihiko ora prima che tu possa soffrire veramente…come ho fatto io-
-Risparmiami i tuoi preziosi consigli e dimmi perché lo fai- disse risoluto. Voleva sapere qual’era il motivo che spingeva Iroshi a rovinare la vita delle persone innamorate. Forse avrebbe potuto aiutarlo
-Se pensi che tu o chiunque altro sia in grado di aiutarmi ti sbagli di grosso…sono arrivato ad un punto in cui tornare indietro è impossibile, ma se ci tieni così tanto te lo dirò. Dieci anni fa è morto, in un incidente aereo Daisuke, l’uomo che amavo e ora…quello che faccio da allora lo faccio per la sofferenza…nella mia vita ho sofferto così tanto che non posso essere l’unico. Vedere la sofferenza degli altri, che io stesso ho provocato, mi aiuta ad andare avanti, perché so che non sono l’unico-
-Sei patetico Iroshi…non crederò a queste parole-
-Peccato, io ti ho detto la verità-
-Lasciaci in pace…tu puoi escogitare tutti i trucchetti che vuoi, ma non riuscirai a separarci-
-Ne sono consapevole quasi quanto te…ma io vi ho separato già una volta-
-Sono cambiate molte cose da allora…vattene via, non voglio più vederti- e se ne andò. Sperava che dopo quelle parole se ne andasse definitivamente, anche perché mancavano solo due giorni a Natale e lui doveva pensare a cosa regalare ad Usagi-san.
 
La sera Misaki era chiuso nella sua stanza che preparava il regalo per Usagi. Era una fortuna che lui dovesse finire il capitolo entro la vigilia e così poteva stare tranquillo e non correva rischi di essere scoperto. Aveva quasi finito il suo lavoro quando gli tornarono in mente le parole di Iroshi. Chissà se gli aveva mentito o aveva detto la verità? Vide il portatile accanto a lui. Non seppe resistere alla curiosità. Accese internet e digitò “incidenti aerei 2001 Giappone”. Dopo aver cliccato invio gli apparvero numerosi siti e foto dell’incidente aereo. A causa della forte turbolenza l’aereo proveniente da Sapporo diretto a Tokio era caduto nel mare. Non c’erano stati sopravvissuti. “Allora Iroshi diceva la verità oggi” disse sorpreso. Vide che c’era un elenco dei caduti in quell’incidente e cercò il nome di Daisuke. Ne trovò solo uno e il nome era Daisuke Satou. “Incredibile…ora capisco molte cose di Iroshi, ma questo non giustifica quello che fa”. Spense il computer prima di rimanerne coinvolto, ma quella notte non riuscì a chiudere occhio.

 

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Capitolo 10
*** Arrendersi non vuole dire perdere ***


 Guardò la sveglia. Erano le sei e mezza di mattina e da parecchie ore Misaki si girava e rigirava nel letto ripensando alle parole di Iroshi. Che diamine! Ma perché doveva sempre cacciarsi in quelle brutte situazioni? Fortuna che Usagi era impegnato nella scrittura del suo romanzo. Aveva dichiarato ad Aikawa di volerlo terminare il 23 dicembre per potere stare insieme a lui per Natale. Gli ultimi due anni li aveva passati chiuso nel suo studio a scrivere. Aveva tempo fino alle ore 17:00 per prendere una decisione. Quando scese per la colazione Usagi era seduto sul divano –Buongiorno Misaki- forse poteva chiedere consiglio ad Usagi, in fondo lui era adulto e sicuramente aveva più esperienza di lui.
-Usagi-san…se io dovessi morire tu cosa faresti?- Usagi rimase talmente sorpreso da quelle parole che il fumo della sigaretta gli andò di traverso facendolo tossire. Non poteva sentirsi un banale buongiorno?
-Ma cosa dici Misaki? Non rispondo nemmeno ad una domanda del genere-
-No davvero…perché se tu dovessi morire io mi sentirei completamente perso…non avrei più nessuna ragione per vivere-
-Non voglio sentire questi discorsi…se io dovessi morire tu devi voltare pagina, anche se questo non vuol dire dimenticare. Devi rifarti una vita-
-Io non credo di poterci riuscire-
-Tutti dicono così, ma per noi esseri umani l’amore è un’esigenza, prima di tutto fisica, ma anche spirituale. Non si può vivere senza amore. Si può soffrire per anni e anni e anni, ma non si può rinunciare all’amore, nemmeno pensando alla sofferenza degli altri- Misaki rimase seriamente colpito dalle parole di Usagi. Era un uomo molto intelligente e di buon senso, e le parole che aveva appena detto era la realtà della vita. Gli sorrise e lui scompigliò i suoi capelli –Stupido ragazzino…su ora prepara la colazione, così potrò finire il mio romanzo e domani e dopodomani ti avrò tutto per me nel nostro primo vero Natale- e prese Misaki per il bacino, baciandolo e mettendogli una mano nei pantaloni. Misaki riuscì a sfuggire alla sua presa e dopo aver atteso che Usagi tornasse al lavoro, uscì diretto alla libreria. Le parole di Usagi, lo avevano illuminato.
 
Iroshi era sommerso dalle scartoffie dell’archivio. Era il lavoro che più odiava quando arrivava la fine dell’anno. Mettere in ordine tutte le rimanenze. Almeno lo aiutava a distrarsi e non pensare al Natale. In quel momento entrò Josuke  e sembrava parecchio stupito –Indovina chi è appena entrato nella libreria e sta chiedendo di te-
-Chi?- disse Iroshi senza alcuna emozione
-Come chi? Misaki Takahashi ovvio…devo ammettere di essere molto sorpreso, mai avrei pensato che ci fossi riuscito a farlo venire di sua spontanea volontà- Iroshi lo guardò con aria assente –Ma insomma, sei per caso ubriaco?-
-No…sto bene- Josuke alzò le sopracciglia, pensando a quell’uomo e alle sue innumerevoli stranezze e  se ne andò.
Dopo poco apparve sulla porta Misaki. Iroshi sorrise nel vederlo con il volto affannato, aveva corso?
-Allora Misaki…mi sembrava di aver capito dalle tue parole che non volevi vedermi mai più, posso chiederti cosa ci fai qui?-
-Non per il motivo che pensi tu- disse Misaki sedendosi sulla sedia –Ho fatto una ricerca ieri sera, sull’incidente aereo e mi dispiace-
-Se sei venuto fin qui per darmi la tua compassione puoi anche andartene, non mi serve la tua pietà…ne quella di nessun altro- disse alzandosi e prendendo in mano altri libri
-Non sono venuto qui per compatirti…finalmente ho capito il motivo per cui ti metti sempre in mezzo alle coppie felici…ti piace vedere la sofferenza, provi un piacere smisurato, il che ti fa confondere. Pensi di sentirti meglio sapendo che non sei l’unico a soffrire per amore, ma in realtà sei sommerso dai sensi di colpa- Iroshi si bloccò con il braccio a mezz’aria. Misaki sorrise, aveva fatto centro –Sei un vero bastardo, ecco la verità-
-Se hai finito le tue deduzioni Misaki ora puoi anche andartene-
-Perché non cambi il tuo modo di essere?-
-Non dirmi cosa devo fare della mia vita…devi smetterla Misaki di fare l’adulto…vattene-
-Nessuno merita di essere solo, specialmente in questo periodo. Tu hai sofferto tanto, ma sei tu che continui a farti del male. Devi solo lasciarti questa storia alle spalle e ricominciare a vivere-
-TACI- urlò Iroshi buttando a terra i libri. Misaki si spaventò, non l’aveva mai visto così arrabbiato –COSA PENSI DI SAPERE TU DELL’AMORE? Sei solo un patetico ragazzino che ha scoperto di amare solo grazie a me…ammettilo Misaki, tu prima eri solo un codardo, e ora pretendi di farmi la morale? Vattene via, torna dal tuo amato Usagi-san prima che lui scopra che sei venuto qui-
-No, non me ne andrò finché tu…- Misaki schivò all’ultimo il libro che gli aveva scagliato contro Iroshi
-TI HO DETTO DI ANDARTENE…VATTENE VIA- Misaki si alzò lentamente osservando il volto contratto dal dolore di Iroshi. Si stava trattenendo dal piangere, ma nello stesso tempo lo guardava in cagnesco
-Va bene, io me ne vado ma tu rifletti sulla tua vita…nessun essere umano merita di soffrire. Ricordati che per noi l’amore è un’esigenza, prima di tutto fisica, ma anche spirituale. Non si può vivere senza amore. Si può soffrire per anni e anni e anni, ma non si può rinunciare all’amore, nemmeno pensando alla sofferenza degli altri- gli fece uno strano effetto ripetere le parole di Usagi, ma poi preferì andarsene e questa volta per sempre. Anche lui doveva voltare pagina.
Non appena Misaki uscì Iroshi si accasciò a terra appoggiando la schiena al muro. Si sentiva strano, aveva una sensazione di oppressione al petto. Stava respirando più forte e ad ogni respiro il petto gli faceva sempre più male e sentì le sue guance bagnate. Si toccò gli occhi, stava piangendo? Era la prima volta che piangeva in tutta la sua vita. Suo padre gli ripeteva sempre che piangere era cosa per deboli e lui non aveva mai versato una lacrima. Nemmeno alla morte di Daisuke era riuscito ad esternare la sua sofferenza. Le lacrime scendevano sempre più copiose in un pianto silenzioso. In quell’istante entrò Josuke –Iroshi…stai…stai piangendo?- lui lo guardò con gli occhi pieni di lacrime –Perdonami…Josuke- disse fra i singhiozzi. Lui si inginocchiò di fronte a Iroshi e lo abbracciò. Sentiva le sue lacrime calde sul collo e le sue mani che stringevano la sua maglia, quasi a strapparla. Finalmente era tornato…il vecchio Iroshi…il bambino solo che se ne stava sempre in disparte e non aveva nemmeno un amico…il ragazzo dolce, con cui si poteva parlare di tutto…l’uomo con il cuore pieno di amore. –Credevo che questo giorno non arrivasse mai- Iroshi si staccò dall’abbraccio e si asciugò le lacrime –Tutta colpa di uno stupido ragazzino…ma Josuke credo di essermi lasciato tutta questa storia alle spalle. Finalmente ho capito e voglio ricominciare una nuova vita, iniziando dall’amore- Josuke si alzò, lasciandogli le braccia. No, perché lo aveva fatto? Il suo tocco lo stava riscaldando fino al cuore.
-Allora spero che troverai questa persona…-
-Josuke vieni con me negli Stati Uniti…apriamo un ristorante. È sempre stato il mio sogno-
-Che cosa?-
-Insieme…andiamo negli Stati Uniti…Josuke tu mi hai detto di cercare la persona giusta per me, ma io non ho bisogno di cercare. Credo di averla sempre avuta davanti agli occhi…sei tu Josuke- lui si sentì quasi svenire e senza pensarci si chinò nuovamente e lo baciò. Iroshi provò nuove sensazioni…sensazioni che non provava da anni e solo quando fu senza fiato riuscì a parlare –Mi dispiace di averlo capito così tardi-
-Non dire niente…non dire niente…sarei venuto con te anche se non mi avessi detto queste cose-
-Josuke solo una cosa…in tutto questo tempo io ho sempre e solo amato-
-Allora lascia che sia io ad amare te…vedrai negli USA inizieremo una nuova vita, ci lasceremo tutto alle spalle-
-Si…sono d’accordo…finalmente ho capito che arrendersi all’amore non vuol dire perdere, ma vincere. E io, grazie a te, ho vinto tutte le mie paure-
-Allora partiamo subito, domani stesso-
-Si…ma prima c’è un ultima cosa che devo fare-

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Capitolo 11
*** I guai non finiscono mai! ***


Misaki aprì gli occhi. Finalmente era arrivato il giorno tanto atteso: la vigilia. Aveva grandi progetti per quella giornata e di certo non voleva nemmeno immaginare cosa avesse architettato in quella sua mente contorta Usagi-san. “Devo ammettere che sono piuttosto preoccupato”. Decise di non pensarci, anche perché quella mattina avevano un sacco di cose da fare. Prima di tutto c’era da andare ai grandi magazzini per comprare l’albero e tutte le decorazioni; successivamente andare a fare la spesa per la serata della vigilia; terzo andare in pasticceria e prendere gli ingredienti necessari per fare la kurisumasu keki, la torta di Natale. Velocemente si catapultò giù dal letto e scendendo le scale vide che c’era Usagi seduto sul divano che fumava la sua solita sigaretta –Scusa Usagi-san…oggi ho dormito più del dovuto- ma non gli rispose. Che fosse successo qualcosa? –Usagi-san?-
-E’ arrivata questa lettera stamattina…l’ho trovata sotto la porta e volevo aprirla insieme a te-
-Di che si tratta? Forse sei stato selezionato per vincere qualche altro premio prestigioso? In questo caso su aprila-
-No, non si tratta di questo…è di Iroshi- Misaki si bloccò in piedi. No, non voleva che gli si rovinasse quel giorno, non l’avrebbe permesso –Ti stavo aspettando per leggerla-
-Sei sicuro di volerla leggere? Insomma a me non importa-
-A me si- Misaki si sedette silenzioso di fronte ad Usagi e ascoltò la voce profonda dello scrittore, mentre sempre più sorpreso sgranava gli occhi:
 
Misaki, Usagi
sono un vigliacco per questo non ho trovato il coraggio per venire a parlarvi di persona e così ho deciso di scrivere questa lettera. So che non basta per chiedervi scusa per tutto quello che vi ho fatto passare, ma spero che in qualche modo possa alleviare il vostro odio nei miei confronti. Anzi, spero che un giorno riuscirete a perdonarmi per quello che ho fatto. Ma finalmente ho capito per cosa vale veramente vivere e questo lo devo grazie alle tue parole Misaki.
Me ne vado…io e Josuke abbiamo deciso di andare negli Stati Uniti dove apriremo un ristorante.
Chissà, magari un giorno vi vedremo entrare nel nostro ristorante a New York e allora capirò che forse mi avete perdonato.
Iroshi
 
P.S: Akihiko sei l’uomo più fortunato del mondo e io mai nella vita ho visto due persone amarsi così…non arrabbiarti con Misaki per quello che ti dirà dopo che avrai letto queste righe!
 
-Ebbene cosa mi devi dire?-
-Ecco…in questi ultimo giorni ho avuto due incontri con Iroshi, il primo del tutto casuale e…- gli raccontò dell’incontro all’università, di Daisuke e dell’incidente aereo. Gli disse anche del secondo incontro e della possibile decisione finale di Iroshi.
-Misaki…è proprio per questo tuo carattere che tutti si innamorano di te…sono contento per quello che hai fatto. Sei riuscito a far cambiare vita una persona disperata, ti sei comportato da adulto- Misaki non poteva credere a quelle parole. Che fosse l’atmosfera natalizia?
-Dici davvero Usagi-san?-
-Si…questa storia è finita nel migliore dei modi e io non sono mai stato felice come in questo momento…allora dove desideri mangiare questa sera?-
-No ecco io…a dire la verità non voglio mangiare fuori-
-Ma è tradizione a Natale-
-Lo so però…quando c’erano ancora i miei genitori festeggiavamo il Natale in casa. La mamma preparava una cena speciale, mentre io, mio padre e Takahiro facevamo l’albero e addobbavamo la casa…era il Natale di famiglia, ma dopo l’incidente non abbiamo più festeggiato in quel modo. Ora però Usagi-san…voglio festeggiarlo come con la mia famiglia perché…ora…sei…sei tu la mia famiglia- Misaki si stupì lui stesso di quelle parole. Da quando era così sdolcinato? Ma nel vedere il volto felice di Usagi ne era valsa la pena
-Misaki queste tue parole mi scaldano il cuore…molto bene, faremo il Natale in famiglia, ma come ben sai io non so cucinare-
-E’ ovvio che quello lo farò io, non voglio rischiare di morire la vigilia di Natale…tu pensa a far arrivare un albero e gli addobbi qui a casa...puoi farlo?-
-Che domanda…certo che posso, sono Usami Akihiko- e immediatamente andò al telefono. Lo sentì ordinare un albero e gli addobbi e poi fumandosi una sigaretta si sedette sul divano in attesa, mentre Misaki preparava la colazione. In quel momento suonarono al citofono, ma come al solito Usagi nemmeno si mosse, così andò alla porta. Non appena l’aprì venne investito da dieci uomini delle consegne, ognuno dei quali portava uno scatolone alto almeno un metro, poi per ultimo altri tre uomini portavano un pino…vero? Usagi-san pagò come se nulla fosse ignorando Misaki –Bene…credo che abbiamo un bel po’ di lavoro da fare-
-Usagi-san cos’è questa roba-
-Come cosa sarebbe…le decorazioni per la casa ovvio- Misaki si pentì di aver lasciato quel compito ad Usagi. Ne avevano abbastanza per addobbare l’intero condominio
-Ah…certo…ma temo tu abbia frainteso ancora una volta le mie richieste-
-Volevi l’albero più grande?-
-No…va bene così…su mettiamoci al lavoro- e insieme fecero l’albero. C’erano delle palline molto belle e coloratissime, alcune di alta fattura “Beh con Usagi-san non ci si può aspettare addobbi di seconda mano!” pensò Misaki mentre appendeva le ghirlande di agrifoglio sulla scalinata. Misero le luci anche su balcone, con un Babbo Natale appeso alla ringhiera e quando finirono la loro casa sembrava essere diventato un negozio di Natale. Ci saranno state più decorazioni in quella stanza che in tutta Tokio –Bellissimo- disse Usagi abbracciando Misaki –Che ne dici di provare il nuovo copridivano natalizio?- Misaki guardò l’orario e vide che erano quasi le quattro del pomeriggio
-Non posso Usagi-san…devo correre a fare la spesa per stasera altrimenti rischiamo di rimanere a digiuno-
-Non ho problemi a rimanere a digiuno- ma poi si ricordò le bellissime parole che gli aveva detto Misaki quella mattina e per la prima volta da quando stavano insieme rinunciò al piacere –E va bene Misaki…ma stasera non avrai scusanti-
-Oh lo so bene…tornerò per le sei- e uscì. Quella giornata stava procedendo per il meglio e doveva ammettere che non vedeva l’ora che arrivasse il dopo cena. Si, ne era sicuro…niente poteva rovinare quella giornata perfetta.
 
Usagi stava camminando nervosamente su e giù per la stanza, accompagnato dalla musica natalizia che diffondeva la renna di peluche a grandezza naturale. Erano le sette passate…ma dove diavolo era finito Misaki? Aveva detto di tornare per le sei ed era in ritardo già di un’ora buona…non era da lui fare una cosa del genere. Che gli fosse successo qualcosa? No, non poteva immaginarlo…forse era stato rapito da Iroshi? La lettera era solo un tentativo di distrazione? No, ora stava esagerando, non si poteva essere così meschini…e allora dov’era? In quell’istante squillò il telefono. Usagi si precipitò a rispondere –Che cosa?...si…arrivo subito- e corse fuori di casa.
 
Quella sera sembrava che tutti gli abitanti i Tokio si fossero messi al volante e lui non aveva tempo da perdere. Abbandonò l’auto e corse arrivando all’ospedale. Non appena entrò chiese di Misaki Takahashi e la donna alla reception gli disse che si trovava nella stanza 305. Non ci fu nulla da aggiungere, corse nella stanza e quando entrò c’era Misaki sdraiato sul letto con la gamba ingessata
-Usagi-san…sei già qui? Ma…hai corso?-
-Certo…mi sono spaventato a morte quando al telefono mi hanno detto che eri stato investito da un’auto-
-Avevo specificato di dire che mi ero rotto solo una gamba…mi dispiace che ti sia preoccupato così tanto…è stata una disgrazia-
-No…è una fortuna che tu stia bene, a parte la gamba-
-Già…ne avrò per un mese e poi la riabilitazione…Usagi-san scusa, pare che anche questa volta io sia riuscito a rovinare tutto-
-Non è stata colpa tua…l’importante è che tu stia bene-
-Avevo progettato tutto nei minimi dettagli, doveva essere una serata perfetta invece…siamo in una stanza squallida d’ospedale, senza nessuna decorazione a mangiare cibi precotti che fanno schifo-
-Appunto siamo insieme e questo è l’importante…su non fare quella faccia, lo so quanto tenevi al Natale ma devi rassegnarti all’idea che lo trascorreremo in ospedale- Misaki era parecchio triste e sebbene la presenza di Usagi lo rasserenasse non poteva essere felice. Silenziosamente mangiarono la minestra scotta e quasi fredda dell’ospedale, ma poi Usagi tirò fuori dalla tasca della giacca un pacchetto –Tieni Misaki…spero che almeno con questo tu possa tirarti su di morale-
-Un regalo? Per me?- Misaki si sentiva veramente commosso –Oh no!-
-Cosa c’è? Non ti senti bene?-
-No il mio regalo…è a casa nostra-
-Aspetta un secondo- Usagi uscì dalla stanza e poi rientrò –Allora non lo apri?- Misaki ubbidì. Aprì la scatola e c’era un braccialetto in argento con incise a mano le lettere M e A. Misaki non sapeva se esserne felice o imbarazzato. Quelli erano i classici regali che si facevano le coppiette innamorate
-Non ti piace?-
-No Usagi-san…è bellissimo-
-Così non ti dimenticherai di me-
-Non mi dimenticherei mai di te- e gli sorrise. All’improvviso la porta si spalancò ed apparve Aikawa con in mano il regalo di Misaki –Sono arrivata in tempo? Scusate se non mi trattengo, ma ho una cena importante…buon Natale ragazzi- e come era arrivata se ne andò. Misaki teneva in mano il regalo –Tieni Usagi-san…non è prezioso come il tuo, ma spero che ti piaccia lo stesso- Usagi lo scartò impaziente. Era un album fotografico dove lui aveva messo le foto che avevano fatto a Sapporo, ma per i restanti 3/4 era vuoto…per il momento. –Oh Misaki…è la nostra vita- Usagi-san lo abbracciò stringendolo a se e poi lo baciò –Questo è senza alcun dubbio il Natale migliore di sempre-
-Insomma…-
-No è perfetto…è unico nel suo genere-
-Si ma non ci sarà un dopo cena- Usagi sorrise arruffandogli i capelli
-Ti vedo deluso Misaki…non preoccuparti abbiamo capodanno per recuperare…e tutto sommato sono parecchio eccitato. Non ho mai fatto l’amore con qualcuno con una gamba rotta…chissà quali nuove posizioni potremmo provare, non sei d’accordo?- e sedendosi sul letto iniziò a stuzzicarlo
-No…non sono per niente d’accordo…Usagi-san cosa fai, potrebbero entrare le infermiere-
-Non devi preoccuparti…ho messo fuori il cartello con scritto “do not disturb”-
-Ma non siamo in un hotel…lasciami BAAAAAKAAA USAGIIIII-
E’ inutile non cambierà mai…ma infondo se cambiasse non sarebbe più il mio Usagi-san”
 
 

 

THE END
 


Bene con questo ultimo capitolo ne approfitto per salutarvi e per ringraziarvi per tutte le vostre recension:) sono felice che come me vi siete appassionate a questa storia (parlo al femminile perché fino ad adesso non ho mai incontrato nessun uomo a cui piaccia lo yaoi, per cui se fra di voi ce ne dovesse essere qualcuno chiedo perdonoXD)
Spero ci risentiremo presto con una nuova fanfiction…per il momento vi saluto molto calorosamente e ancora grazie grazie grazie e grazie:):)
Saluti,
Vale:)

P.S: se qualcuno volesse mettere mi piace alla mia pagina qui il link =)
https://www.facebook.com/pages/Suzuki_san-EFP/235006006657000?ref=hl

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