Cave canem! di Lely1441 (/viewuser.php?uid=26394)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ~ L’apparenza inganna ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ~ Chi di spada ferisce… ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ~ … di spada perisce! ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo ~ Chi fa falla, e chi non fa sfarfalla ***
Capitolo 5: *** Quinto capitolo ~ L’erba cattiva non muore mai ***
Capitolo 1 *** Primo capitolo ~ L’apparenza inganna ***
Cave
canem!
Dedicata
a lady
hawke ♥
Un
ringraziamento speciale a Rowena,
ovviamente, che ho costret-coff,
che mi ha fatto da beta! ^^
Primo
capitolo ~ L’apparenza
inganna
Remus
Lupin si arrampicò a fatica per lo stretto passaggio che
portava
alla sala comune. Era talmente stanco che si era dovuto imporre di
rispondere con
un sorriso di cortesia alla battuta piuttosto lasciva della Signora
Grassa, e lui
non si doveva mai costringere ad
essere
gentile: lo era di natura. Purtroppo anche il fattore luna piena
contava: mancava
solo un paio di giorni alla sua trasformazione, e questo contribuiva ad
accrescere
il suo senso di malessere generale.
Si
accorse di una figura seduta su una delle poltrone davanti al camino,
e un sospiro gli sfuggì suo malgrado dalle labbra: quella
era l’inconfondibile nuca
di un Black di sua conoscenza.
Era
chiaro che lo stava aspettando: l’intenzione di andarsene a
dormire
ad un orario decente scomparve come neve al sole.
«Lily
è già tornata?», gli chiese, sedendosi
per terra, sul tappeto.
La luce della fiamma viva quasi gli feriva lo sguardo, ma ebbe il modo
di accorgersi
comunque dello scatto irrequieto delle gambe dell’amico, che
le aveva incrociate
di scatto.
«Già.
Pensavo saresti venuto insieme a lei».
Remus
sporse un po’ indietro la testa, incuriosito.
«Infatti
di solito è così. Però si è
sentita poco bene durante la ronda,
quindi ho insistito perché andasse a riposarsi».
Sirius
era l’emblema dello spirito tormentato annoiato. Aveva
abbandonato
totalmente la testa sul bordo morbido dello schienale, fissava il
soffitto con aria
pensierosa ed a braccia incrociate, ma il suo piede continuava a
disegnare piccoli
cerchi nell’aria. Era chiaro che non riuscisse a prendere
sonno.
Non
era raro che soffrisse di quei momenti di puro tedio, ma solitamente
cominciava a dar fastidio ai primini oppure a corteggiare
più o meno sfacciatamente
le ragazze; forse il non avere vittime da torturare era il motivo per
cui avesse
deciso di attendere lui.
«Felpato,
qualcosa non va?», gli domandò, rompendo il
silenzio. Sirius
sciolse le braccia per poi incrociarle di nuovo.
«No.
C’è qualcosa che non dovrebbe andare?»
Remus
alzò un sopracciglio. Sirius era sempre stato una
primadonna.
Era talmente cocciuto ed orgoglioso e vanaglorioso e
vanitoso… E tutta un’altra
infinita lista di difetti. Ogni volta che era indispettito da qualcosa,
metteva
il muso e spargeva tutt’intorno la sua aura nefasta,
rifiutandosi di parlare perché
voleva essere pregato. In
ginocchio. Con
le ceneri cosparse sul capo.
Be’,
Lunastorta non era decisamente in vena.
«Ti
darò un’unica possibilità. O parli e ti
togli questo peso dallo
stomaco - perché sai che
c’è e sai che
io so che c’è
-, oppure puoi restare con il muso a passare una notte insonne,
senza che questo mi provochi il minimo senso di colpa. Non
sarò io ad implorarti
di rivelarmi i tuoi pensieri».
Sirius
sollevò appena il capo; stette a guardarlo per qualche
istante,
assorto, prima di lasciarsi sfuggire un sorrisetto ironico:
«Non avresti il minimo
senso di colpa, eh? Ti ricordo chi è il più
maturo tra noi due. Non resisteresti
due giorni prima di cercare di riaggiustare le cose».
L’altro
sospirò e si passò una mano sul viso. Si dette
silenziosamente
dell’imbecille, perché ovviamente Felpato aveva
ragione e questo lo faceva sentire
ancora più irritato. Di solito era lui quello che non aveva
mai torto.
«Avanti,
dimmi».
Sirius
si mosse di nuovo, posando un piede sul ginocchio dell’altra
gamba e iniziando a giocherellare con i lacci della scarpa. Sapeva che
a Lunastorta
la faccenda non sarebbe piaciuta, ma aveva una voglia terribile di
sfogarsi un po’.
Anche a costo di prendersi una ramanzina.
«Ho
litigato con James».
«Uh.
E come mai?»
«Era
iperattivo ed io in un momento no. Mi ha dato un calcio sugli
stinchi perché gli ho risposto male e io ho reagito con un
pugno sul naso. Non l’ha
presa bene, temeva gliel’avessi rovinato per sempre. Secondo
lui ora è storto...
e figurati se può andare dalla Evans con il naso
storto».
Remus
sorrise. La famigerata fissa per Lily aveva qualcosa di parossistico.
«Su,
una bella dormita e domani sarà tutto come prima».
Era
già capitato che James e Sirius litigassero. Avevano due
personalità
forti e dominanti, ed entrambi erano cresciuti viziati fino
all’inverosimile, l’uno
per l’affetto dei suoi genitori, l’altro per il
buon nome della famiglia. Ad entrambi
non era mai mancato nulla. Erano anche due immaturi - due eterni
bambinoni, considerò
con un altro sorrisino -, quindi i piccoli scontri non erano mai
mancati; finivano
con l’avere dei terribili rimorsi che i poveri Remus e Peter
dovevano ogni volta
sorbirsi, per poi alzarsi una mattina e comportarsi entrambi come se
nulla fosse
accaduto.
Non
gli era mai capitato di sentirli chiedersi scusa a vicenda, a ben
pensarci.
Il
capo di Sirius crollò nuovamente sulla spalliera, e dopo un
attimo
di esitazione aggiunse:
«Sì,
ma se io non avessi voglia di fare pace? Non stavolta. Voglio
che mi chieda scusa».
Remus
cominciò a subodorare qualcosa di strano
nell’aria, e la cosa
più che interessarlo lo fece preoccupare. Non veniva fuori
troppo spesso il lato
di Felpato più serio - anzi, era in grado di contare quei
momenti sulle dita di
una mano monca -, e poteva essere solo sintomo di guai.
«Felpato,
cosa c’è sotto?»
L’altro
sbuffò sonoramente. Poteva fidarsi di Remus, e lo sapeva
benissimo,
però non poteva neanche dimenticare il fatto che fosse amico
sia suo che di James.
Lo avrebbe considerato malissimo, lo sapeva.
Eppure,
era rimasto in piedi ad attenderlo, perché il suo dannato
subconscio
gli imponeva di affliggere qualcun altro con i suoi patetici patemi
d’animo.
Anche
il suo subconscio era un fottuto bastardo, bene. Sono queste
le scoperte che ti cambiano la vita.
«È
per la Evans… Mi ha veramente infastidito che invece di
pensare
al fatto che stesse litigando con me, continuasse a blaterare sul suo
conto».
«Cielo,
Sirius!», esclamò Remus, tanto allarmato che gli
uscì fuori
il nome di battesimo. «Non sarai mica geloso?»
I
Black non arrossiscono, non se riescono ad evitarlo. I Black si fanno
mortalmente pallidi.
«Non
sono geloso. Semplicemente non riesco a capire perché si sia
dovuto
fissare tanto con una ragazza quando ne può avere mille
altre! Perché proprio lei?
Conosci Ramoso, è incapace di restare focalizzato su un
obiettivo per più di due
settimane… Lunastorta, sono due anni. Sono due dannatissimi
anni. Comincio a non
sopportarlo più».
Remus
continuò a sogghignare, e Sirius sentì di odiare
anche lui. «Ok,
sai cosa ti dico? Pensala come ti pare», sibilò,
alzandosi in piedi e sovrastandolo
in altezza. Sembrava davvero arrabbiato.
«Certo
che la penserò come mi pare, Felpato. Se mi fossi fatto
condizionare
da voi, ora sarei a correre nudo sul prato in direzione della Foresta
Proibita,
proclamando il mio eterno amore alla vita da selvaggio».
Sirius
lo fissò con odio.
«Non
mi è mai parsa un’idea migliore».
Remus
fece un gesto con la mano a mezz’aria, come per volerlo
blandamente
trattenere.
«Guarda
che può capitare di essere gelosi del proprio migliore
amico.
In effetti, ultimamente ogni volta che Ramoso nomina Lily sembra che ti
parta un
embolo…»
«Indovina
il perché!», rispose l’altro,
avvelenato, mentre saliva le
scale a chiocciola che portavano al loro dormitorio.
Si
sentiva orribilmente frustrato. Ciò che non riusciva a
capire di
quella assurda non-coppia era quale dei due fosse l’elemento
sbagliato. Era James
ad essere un coglione, oppure la Evans
un’asessuata?
Andiamo,
dopo quasi due anni di corte spietata qualunque
donna avrebbe ceduto alle avances
di Ramoso. Se non altro per esasperazione. Non riusciva proprio a
mettersi nei loro
panni, anche perché a lui la maggior parte delle volte
servivano pochi giorni per
ottenere quello che voleva.
A
volte persino ore.
Si
bloccò con il piede che quasi toccava l’ultimo
gradino. Ecco una
cosa che avrebbe risolto i suoi dubbi e avrebbe fatto decisamente
infuriare Ramoso.
Le avrebbe chiesto di uscire, e sicuramente avrebbe ricevuto un
sì come risposta,
dimostrando al suo migliore amico che poteva definitivamente togliersi
dalla testa
la Evans.
E,
nel remotissimo caso si fosse beccato un due di picche, avrebbe
dimostrato quanto fosse frigida.
Sbuffò
ancora, ripensando alle parole di Lunastorta. Lui non era in
alcun modo geloso di James. Né della sua amichetta.
*
«Vuoi
uscire con me, Evans?»
Lily
lo fissò storto, prima di sillabargli un secco:
«No».
“Be’,
un passo in avanti rispetto a James. Almeno non mi ha augurato
di finire preda del furore sessuale di Mirtilla Malcontenta”.
«Oh,
e potrei sapere il perché?»
Lily,
che era in ritardo per la sua lezione di Rune Antiche,
accelerò
il passo.
«Perché
mi stai antipatico quanto il tuo amichetto. Cioè, prima di
oggi non tanto quanto lui, dato che almeno tu
non mi chiedevi di uscire nei momenti meno opportuni. Però
ti sei appena giocato
l’ultima chance, mi spiace». Lei lo
guardò di sottecchi e Sirius fece spallucce.
«Non sembri granché disperato, Black».
Lui
si riscosse dai propri pensieri e le sorrise, sornione.
«Avresti
preferito che ti supplicassi in ginocchio nel bel mezzo del
corridoio?»
Lily
quasi rabbrividì. Ci bastava Potter ad esporla
quotidianamente
al pubblico ludibrio.
«No,
Black, ma mi domando perché tu sia venuto proprio da me,
visto
la tua amicizia con quello scemo».
«Abbiamo
litigato».
«Di
nuovo?», chiese, per nulla stupita. Dopo averli visti tirarsi
addosso
a vicenda il cibo della cena, aveva intuito che l’amicizia
maschile segue parametri
un tantino diversi da quella femminile. Figuriamoci per quei quattro.
«Sì.
E sai, mi domandavo se fosse lui lo stupido o tu la frigida».
Lily
arrossì per la rabbia. Certo non era il modo migliore per
corteggiare
una ragazza.
«Black,
se sei qui per insultarmi puoi anche andartene».
Sirius
sorrise automaticamente. Iniziava a prenderci gusto.
«Evans,
te lo richiedo. Sicura che tu non voglia uscire con me? Ti
libereresti di James in men che non si dica, e io sarei
l’unico oggetto della sua
ira funesta. Sarebbe divertente e non avresti nessun tipo di
controindicazione».
«Mi
spiace, non gioco con i sentimenti degli altri. Per quanto sia
insopportabile, trovo meschino il fatto che sia proprio il suo migliore
amico a
cercare di fargli una cosa del genere».
Erano
ormai davanti alla porta dell’aula, e Sirius si
fermò.
«Credimi,
sono più scocciato di te da questa situazione. Perlomeno,
riusciremmo a togliergli dalla testa l’immagine di te che,
come ogni cara mogliettina
che si rispetti, lo attende a casa dopo una giornata di duro lavoro.
Pensaci. Anche
io ti sopporto poco, Evans: almeno in questo modo riuscirei a riportare
le cose
com’erano prima».
«Arrangiati»,
fu l’unica risposta.
Il
ragazzo rimase a guardarla mentre prendeva posto accanto ad una
compagna di dormitorio, prima che un’alterata professoressa
Wilson gli chiudesse
la porta in faccia. Sempre agitata quella donna.
Si
girò e percorse con calma il corridoio nel verso contrario.
Ora
che ci pensava, anche lui era in ritardo per le lezioni.
*
Quando
Lily era entrata in classe, Remus aveva involontariamente alzato
lo sguardo e gli era parso decisamente strano intravvedere Sirius sulla
porta. Aveva
cercato di capire cosa fosse accaduto dall’espressione di
Lily, ma lei non sembrava
turbata e Remus non era ancora un Legilimens. Per il momento.
Aveva
atteso pazientemente la fine dell’ora ed aveva fermato Lily
prima
che uscisse, affiancandosi a lei, che fu ben lieta di vederlo.
«Remus!
Ancora grazie mille per ieri sera, mi hai salvato! Non fosse
stato per te, stamattina avrei ancora avuto il mal di
testa…»
«Sono
contento tu ora stia meglio», le disse sorridendo, prima di
cambiare
faccia e chiederle: «Lily, come mai Sirius era con
te?»
La
vide corrucciare la fronte, prima di dare un’occhiata nervosa
alla
professoressa che stava sistemando degli appunti sparpagliati sulla
cattedra.
«Vieni,
andiamo in qualche posto più tranquillo».
Remus
annuì e si fece guidare lungo i corridoi, fino ad arrivare
al portone d’ingresso della scuola e superarlo. Continuarono
per un po’,
arrivando quasi in prossimità delle serre di Erbologia. Era
novembre ed erano
usciti senza coprirsi ulteriormente, quindi lui sperò si
trattasse di una cosa
di breve durata.
«Scusa
se siamo usciti, ma onestamente avevo paura che qualcuno ci
sentisse», disse lei, cominciando a sfregarsi le mani sulle
maniche della
divisa. «Vedi, volevo chiederti… Ma Potter e Black
hanno litigato davvero? E così
gravemente?»
Remus
la guardò, perplesso.
«Be’,
sì, ma penso che non duri più di
tanto… Come al solito, no?»
Lily
fece una smorfia poco rassicurante.
«Vedi,
Black mi ha chiesto di uscire».
«Felpato
ti ha chiesto di- Oh. Quel grandissimo idiota».
Si
passò una mano sul viso, chiudendo gli occhi e rimanendo a
pensare
per parecchio tempo in silenzio. Cielo, le cellule celebrali di Sirius
si erano
decisamente volute buttare insieme nell’acido.
All’improvviso,
si ricordò che c’era altro di cui invece
preoccuparsi.
«Ehm,
scusa se te lo domando, ma tu… Tu cosa gli hai
risposto?»
La
ragazza scosse la testa.
«Di
no, ovviamente. Sai che uno dei miei più grandi desideri di
sempre
è quello di vederli sparire dalla faccia della Terra,
possibilmente insieme».
Remus
abbozzò un sorrisino e si sentì sollevato: lei
sembrava
sinceramente sincera e vagamente disgustata. Il fascino Black pareva
non averla
nemmeno sfiorata. E pensare che la maggior parte delle ragazze ne
veniva
investita come da un treno in corsa.
La
sua stima per la sua compagna di Casa crebbe molto, in quei
pochi secondi.
«Bene.
Anche perché temo sia uno dei suoi capricci…
Sirius non è un
cattivo ragazzo, solo che durante questi mesi è stato messo
davvero a dura prova»,
si precipitò ad aggiungere, vedendo l’espressione
di Lily rabbuiarsi pericolosamente.
Paragonarla ad un giocattolino per ricchi ragazzi annoiati era stata
una mossa degna
di James, accidenti a lui.
«Tranquillo,
Remus, non avevo intenzione di dargli corda. Poi se è
davvero una sua voglia passeggera, dubito che la cosa
ricapiterà».
Lui
annuì e ricominciò a camminare in direzione del
castello.
«Vedrò
di parlare con Felpato, tranquilla. Intanto incamminiamoci».
Lily
annuì e lo seguì, in silenzio, finché
il ragazzo non inciampò
su una radice che sporgeva dal terreno. Di riflesso si
aggrappò a lei, e fu solo
per questo che non cadde.
«Oh,
scusa Lily!»
Lei
scoppiò in un’allegra risata e lo prese a
braccetto, come un buon
amico.
*
James
Potter aveva bisogno di riflettere. Era ovviamente ancora arrabbiato
con Sirius - oh, andiamo, aveva rischiato di menomarlo seriamente e non
se ne era
neppure pentito! -, e visto che all’ora di pranzo mancava
ancora un po’, non
era riuscito a resistere alla tentazione di farsi un giro sulla sua
scopa, una
delle poche attività in grado di dargli l’ebbrezza
necessaria per avere poi la
concentrazione adatta per meditare. Stava fischiettando tra
sé e sé quando
intravide due figure che risalivano verso di lui; curioso
com’era, li fissò
senza curarsi affatto di quello che potevano pensare quando se ne
fossero accorti.
Non
si era mai preoccupato di creare meno fastidio agli altri, anzi.
Il
volo di uno stormo di uccelli spaventati lo distrasse; quando
tornò
ai due, sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene. La chioma di
Lily non era confondibile
con quella di nessun’altra, non dopo gli anni passati ad
osservarla, e l’altro era…
Per
le mutande sporche di Merlino! Era Lunastorta! E si stavano fissando
teneramente negli occhi come due disgustosi piccioncini il giorno di
San Valentino!
Dettagli che anche lui mostrasse la sua aria da trota se la trovava in
giro, anche
quando non era la festa degli innamorati.
Ridevano
spensierati, e lei l’aveva appena preso a braccetto. James
era troppo sconvolto per muoversi, quindi rimase fermo, impotente,
finché non gli
furono davanti. Remus aveva cominciato a salutarlo dieci metri prima.
Brutto
infame.
«Ramoso,
vai a farti un giro? Temo che fra poco inizi a piovere, non
farti prendere la mano come al solito», gli disse Giuda una
volta che fu a portata
di voce. «Noi adesso andiamo a pranzo, a dopo!»
Se
ne andarono così, sempre vicini, sempre sorridenti. Lily gli
aveva
rivolto il suo classico sguardo vagamente disgustato, ma non aveva
commentato.
Quel
traditore figlio di buona strega. Non poteva andare da Felpato
perché il suo orgoglio glielo impediva, e il ragazzo per cui
aveva sudato sette
vesti da mago pur di accompagnarlo come Animagus nelle notti di luna
piena… lo aveva
raggirato crudelmente. Da quanto andava avanti quella storia?
Erano
entrambi Prefetti, chissà cosa avevano combinato insieme
nelle
lunghe notti d’ispezione… La sua mente si
popolò di immagini raccapriccianti, e
si sforzò con tutto sé stesso di cancellarle.
Gli
rimaneva un solo amico, l’unico che sicuramente si era
salvato
da tale congiura. Il povero, piccolo e così spesso
sottovalutato Codaliscia. Improvvisamente,
sentì un moto d’affetto nei suoi confronti.
Fece
rapidamente dietrofront e tornò a castello, meditando su
come
poter utilizzare la scopa che aveva in mano per fare del male - molto male - ai suoi due ex-migliori
amici
fedifraghi.
Note dell’autrice:
questa storia è stata scritta su richiesta di lady
hawke, durante una delle solite conversazioni sceme su Skype.
Onestamente non ricordo
più come sia venuta fuori la SiriusLily, ma non fa niente,
suvvia.
La
storia verrà aggiornata ogni dieci giorni (a meno di non
avere impegni
improrogabili).
Se
vorrete farmi sapere cosa ne pensate, la sottoscritta ne
sarà ben
più che lieta, ovviamente!
See
ya, guys!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Secondo capitolo ~ Chi di spada ferisce… ***
Cave
canem!
Secondo
capitolo ~ Chi di spada
ferisce…
Era
stato un lunedì orribile. Lily aveva affrontato con coraggio
le sei ore di lezione
della mattinata, ma si era accorta di avere quel lieve malessere che,
se non curato
immediatamente, sarebbe diventato presto una febbriciattola fastidiosa
ed inutile.
Dopo le due ore di Pozioni si era fiondata nella sala comune
così da poter subito
mettersi a studiare; voleva andare a letto presto, quella sera, e
svegliarsi come
nuova la mattina dopo. Per fortuna aveva già iniziato il
tema di Trasfigurazione
che la McGranitt aveva assegnato come compito, e doveva giusto
sistemare il disegno
delle varie fasi lunari. Poi rimaneva da esercitarsi in Incantesimi, ma
quello non
le avrebbe portato via molto tempo.
C’era
un tempo da cani, fuori; il cielo grigio pieno di nubi plumbee non
aveva smesso
per un momento di far sentire il boato del temporale che di
lì a poco si sarebbe
scatenato, contribuendo a creare quell’atmosfera apatica che
le avrebbe fatto volentieri
infilare la porta del suo dormitorio e buttarsi sul letto, dimentica,
una volta
tanto, dei suoi doveri come studentessa e come Prefetto.
Già
l’aria che tirava nella stanza non era delle migliori, si
accorse subito: un gruppetto
di studenti del primo anno stava facendo chiasso in un angolo, altri
giocavano a
Scacchi Magici, ben pochi sembravano studiare. Il rumore in genere non
era un problema,
ma quel giorno le avrebbe dato fastidio anche il volo di una mosca. Si
impossessò
di una poltroncina e gettò sul tavolo la borsa stracolma di
libri, che atterrò con
un tonfo sopra delle riviste lasciate lì da qualche ragazza.
Quando si mise seduta,
si accorse che dall’altra parte della sala qualcuno aveva
girato una poltrona verso
l’angolo ed evidentemente se n’era rimasto
lì, perché sbucava una gamba dal bracciolo,
una gamba che aveva qualcosa di familiare… Si riscosse dopo
qualche attimo di vagheggiamento
e si diede della stupida: con tutto quello che aveva da fare, di sicuro
non poteva
star lì a fissare una gamba qualunque! Sfogliò il
libro di Trasfigurazione fino
ad arrivare al quarto capitolo ed iniziò a leggere a bassa
voce, tra sé e sé.
*
Sirius
Black aprì gli occhi di malavoglia. Si era addormentato su
una poltrona della Sala
Comune, dato che Ramoso si era portato dietro Codaliscia agli
allenamenti di Quidditch
e Remus era corso in biblioteca per finire il suo tema di
Trasfigurazione; gli aveva
domandato se volesse accompagnarlo, ma Sirius aveva preferito
impigrirsi un po’
prima di doversi mettere sopra i suoi rotoli di pergamena. Era passata
una settimana
dal suo bisticcio con James, ma era la prima volta che si verificava
quella sorta
di spaccatura, dato che il Cacciatore aveva iniziato inspiegabilmente
ad evitare
persino Lunastorta. C’erano tutti alla trasformazione, cinque
giorni prima, ma l’aria
che si era respirata era tesa e affatto gradevole; aveva il fondato
sospetto che
Ramoso avesse cercato di dargli una cornata, ma quest’ultimo
aveva negato categoricamente,
insultando la sua scarsa capacità di giudizio…
Lunastorta l’aveva più volte pregato
di far pace con James, ma Sirius era stato irremovibile: stavolta,
senza le sue
scuse, non avrebbe accettato di metterci una pietra sopra.
Si
alzò in piedi, stiracchiandosi pigramente, e nel girarsi
vide la Evans china su
una pergamena talmente lunga che toccava terra. Decise di infastidirla,
dato che
non aveva niente di meglio da fare.
«Come
mai non sei in biblioteca? È raro vederti qui a studiare,
dato che Ramoso ti tende
i suoi soliti agguati…»
Lei
alzò lo sguardo e Sirius notò che aveva gli occhi
umidi e un’espressione spaesata;
sembrò impiegare diversi secondi prima di focalizzarlo e
riconoscerlo.
«Oh,
Black», disse solamente, chinando nuovamente il capo e
appoggiandolo su un pugno
chiuso. Fu proprio l’assenza di una reazione degna di tale
nome che lo incuriosì,
così che si portò alle sue spalle e lesse le
ultime righe, con l’inchiostro che
ancora brillava, lucido e non asciutto.
«Guarda
che qui hai ripetuto il concetto almeno tre volte di fila… E
spero che questo sia
un errore di distrazione perché, se applicassi su un umano
un incantesimo con questa
formulazione, probabilmente gli spunterebbero delle ali e volerebbe
via».
Lily
fissò i punti che lui gli indicava, e dovette riconoscere
con una certa fatica che
aveva ragione. Sospirò, cancellando un paio di righe e
provando a riscriverle.
Sirius,
nel frattempo, aveva fatto nuovamente il giro del tavolino, e si era
lasciato cadere
senza molta grazia sulla poltrona davanti alla sua. Era rimasto a
fissarla per un
po’, notando che la Evans avesse le guance stranamente rosse
e gli occhi stranamente
lucidi, come se…
«Ehi,
Evans, non avrai mica la febbre?»
Lei
sobbalzò e divenne ancora più rossa.
«No,
assolutamente! Sono solo un po’ accaldata, tutto
qui…»
Ecco
una cosa in comune con Remus: facevano entrambi schifo a mentire.
Chissà se era
un problema legato alla loro funzione di Prefetti… Lui e
James non avevano di queste
preoccupazioni, infatti.
Inarcò
un sopracciglio, profondamente scettico, e si sporse per posare la mano
sulla sua
fronte; prima che lei si ritraesse, offesa ed infastidita,
riuscì chiaramente a
percepire il calore sospetto della sua pelle.
«Non
ho niente!», strillò lei, in risposta alla sua
muta accusa e al vago cipiglio di
commiserazione. «Andiamo, non sono James. Anche se
confesserai di avere la febbre,
non insisterò per portarti in braccio fino in
infermeria… Sei troppo pesante, mi
stancherei a metà strada».
Lily
strinse appena gli occhi: la scena a cui Black faceva riferimento
faceva parte del
suo “muro della vergogna”, insieme alla volta in
cui per la rabbia aveva fatto prendere
fuoco al cassetto delle mutande di Petunia. Da quella volta, a
“strana” si era aggiunto
l’epiteto “pazza criminale” ai tanti che
la sua deliziosa sorellina le indirizzava
contro.
«Va
bene, forse ho un po’ di febbre… Forse»,
sottolineò, con un’occhiataccia.
«Basterà una buona dormita per riprendermi,
però
devo prima finire di studiare», disse con stanchezza. Forse
fu quel suo tono stranamente
rassegnato che diede da pensare a Felpato. La scrutò con
occhio critico, prima di
domandarle, con un sospiro:
«Cosa
ti rimane da fare?»
«Finire
qui, aggiustare il compito di Astronomia… Oh, ed esercitarmi
in Incantesimi».
Sirius
le prese la borsa e ne rovesciò il contenuto sul tavolino,
senza badare alla sua
espressione esterrefatta.
«Astronomia
è questa?», chiese, rivolto più a
sé stesso, prendendo in mano una pergamena in
fondo al mucchio di libri. «Sì, è
questa», ebbe anche la gentilezza di rispondersi,
una volta aperta.
«Cosa
staresti cercando di fare?!», strepitò Lily, con
un pericoloso calo di voce che
rese la sua indignazione piuttosto comica.
«Non
lo vedi, Evans?», le rispose Sirius, con una calma
invidiabile. «Ti aiuto a finire
i compiti, così puoi andare a riposarti e James non mi
rinfaccerà di averti lasciata
in difficoltà», ridacchiò, prima di
ricordarsi che il suo migliore amico ancora
non gli parlava ed incupirsi di conseguenza. «Per Vitious non
c’è molto da fare,
temo, ma è lo stesso incantesimo che dovevamo preparare per
la volta scorsa, e mi
sembra tu te la fossi cavata abbastanza bene, no?»
Lily
lo fissava attonita. Il suo cervello faticava a registrare le parole di
Sirius,
e per qualche istante temette di avere una qualche sorta di
allucinazione.
«Stai
scherzando, vero?»
Sirius
alzò lo sguardo, sorpreso, prima di rivolgerle un ghigno:
«Cos’è,
hai paura che ti si rovini la media? Al massimo te la
alzo…»
Lei
scosse la testa, con forza, tentando di fargli capire quanto fosse
sbagliato quello
che voleva fare:
«Black,
ti spiego io come dovrebbe andare. Tu dovresti svegliarti, alzarti da
quella poltrona,
notare il mio essere in difficoltà e valutare se ignorarmi o
cercare di darmi fastidio
finché non ti minaccio di affatturarti, e continuare
comunque a farlo. Come vedi,
aiutarmi non rientra in queste due scelte».
Il
ragazzo si limitò a scrollare le spalle, recuperando una
vecchia piuma che era nella
borsa ed era rotolata fuori insieme ai libri di testo.
«Oppure
potrebbe essere un sordido piano per divertirmi alle tue spalle,
facendoti prendere
un Troll in un paio di materie…»
Lei
sobbalzò e gli strappò di mano la pergamena,
controllando con gli occhi ridotti
ad una fessura che fosse tutto a posto; le uniche due parole inserite
andavano bene,
per il momento. Sirius era rimasto a guardarla per un attimo, prima di
scoppiare
a ridere e riprendersi il foglio.
«Per
le mutande di Merlino, Evans, se non riesci nemmeno a cogliere il
sarcasmo devi
stare veramente male…»
«Perché
lo stai facendo? Per James?», lo interruppe.
L’altro registrò il mancato uso del
cognome o degli altri simpatici appellativi che solitamente lei usava
per riferirsi
al suo decerebrato migliore amico, prima di risponderle, meccanicamente:
«Certo
che lo faccio per lui, per chi altri dovrei farlo?»
Lily
rimase a studiarlo per un po’, ma lui non alzò
più il capo dalla sua mappa. Cominciarono
a lavorare, tra il cicaleccio degli studenti più piccoli e
il grattare delle piume
sulla pergamena, mentre Sirius rifletteva sulla domanda della ragazza.
Si era reso
conto che non lo stava facendo per James, ma per sé stesso,
e la cosa lo infastidiva
terribilmente.
*
«Credi
che io stia sbagliando qualcosa?», domandò James a
Peter quella sera a cena, notando
che la sua adorata Lily si era seduta tra Remus e Sirius; nulla di
strano, ma quegli
ultimi giorni ogni piccola cosa bastava per farlo andare in paranoia.
L’amico alzò
gli occhi ed incrociò quelli grigi dell’erede
della casata Black, che stava ridendo
insieme a Remus.
«Con
Lily?», domandò Codaliscia, sulle spine. Non era
preparato ad affrontare una sua
crisi di gelosia, non senza l’aiuto di Lunastorta, che
l’aveva abbandonato per stare
accanto a Felpato. Un bel problema.
James
sbuffò e si agitò sulla panca, continuando a
spiare il trio di sottecchi, sperando
di non essere scorto da loro.
«Di
Lily e di quell’altro traditore laggiù»,
sibilò, infilzando con ferocia una patata
arrosto e ingurgitandola senza neanche capire di che cosa si trattasse.
Peter sobbalzò
e osservò attentamente Sirius: sapeva che i due erano ancora
arrabbiati l’uno con
l’altro, ma non pensava potesse addirittura arrivare a
definirlo “traditore”.
«Quest-»
«Ma
io dico!», lo interruppe Ramoso, quasi strozzandosi con il
succo di zucca. «Quanto
sono… sfacciati. Ci sta
provando davanti
ai miei occhi!»
Peter
corrugò le sopracciglia; Sirius stava tranquillamente
scambiando due parole con
un ragazzo del settimo anno, ma forse James si riferiva ad una nuova
tattica di
approccio. Non era Felpato quello che sosteneva che il miglior modo per
attirare
l’attenzione delle ragazze fosse ignorarle completamente?
Sospirò, rendendosi perfettamente
che lui non avrebbe mai saputo farci con le esponenti del gentil sesso
come i suoi
migliori amici.
Ritené
saggio non fare commenti, tanto più che Lily ora si stava
alzando e avviando probabilmente
verso i dormitori. James immediatamente abbandonò la sua
forchetta nel piatto e
la seguì, lasciando solo Peter, che scambiò con
gli altri due amici uno sguardo
del tutto sconfortato. Del mezzo sorrisetto di Sirius si accorse
unicamente Remus,
che scosse la testa ma non disse nulla.
James,
nel frattempo, aveva individuato Lily lungo le scale e si era
affrettato a portarsi
accanto a lei, che lo ignorò a bella posta. Sembrava
arrabbiata ancor prima che
aprisse bocca.
«Ehi,
Evans», ridacchiò lui, stupidamente, passandosi
una mano tra i capelli, a disagio.
L’aveva seguita per dirle cosa,
esattamente?
«Potter,
ti assicuro che non è giornata. Ho un’emicrania
terribile e l’unica cosa che voglio
vedere ora è il mio letto, non la tua faccia»,
rispose, quasi aggressiva. In effetti,
ora che James ci pensava, non l’aveva vista toccare molto il
cibo, a cena. «Quindi,
se hai qualcosa di veramente importante da dire, dilla, altrimenti
fammi il favore
di sparire».
Si
aspettava il solito attacco diretto, ma lui si fermò
improvvisamente, esitando.
Lily impiegò pochi secondi prima di non avvertire
più la sua irritante presenza
al suo fianco, quindi si bloccò anche lei, girandosi
perplessa. «Tutto bene?»
«Perché
vuoi uscire con uno dei miei migliori amici?», le chiese
semplicemente, un po’ impacciato.
Lei arrossì fino alla radice dei capelli, un po’
per la febbre, un po’ per l’indignazione,
un po’ per il senso di vergogna che provava. Era anche
arrabbiata con Black, ovviamente,
perché pensava non l’avrebbe usata come arma in
quella loro lite sottobanco, non
dopo che l’aveva aiutata quel pomeriggio.
«Te
l’ha detto lui?»
James
scosse il capo, con un sorriso mesto. «Sono giorni che non ci
parliamo, l’ho semplicemente
intuito».
L’ira
nei confronti di Sirius svanì immediatamente, ma questo
acuì solo il suo disagio.
«Non
sono affari che ti riguardano, Potter», si limitò
a commentare, con una fitta alla
testa che le provocò una buffa smorfia. Fece per andarsene,
ma James alzò la voce:
«Certo
che sono affari miei! Io sono innamorato di te!»
Questo
fece andare letteralmente in bestia la piccola, dolce e tenera Lily,
che si voltò
con uno sguardo che avrebbe congelato chiunque, ma James
continuò imperterrito:
«Non
so che intenzioni abbia, perché davvero non me
l’aspettavo da parte sua, ma ti assicuro
che nessuno potrà mai volerti più bene di
me».
Lei
sperò solamente che il pavimento si aprisse sotto i suoi
piedi e lo inghiottisse,
facendolo sparire dalla sua vista.
«Sai
cos’è che non tollero di te, Potter? Tra le tante,
innumerevoli cose», ribatté,
abbassando il tono tanto quanto l’altro l’aveva
alzato. «Tu sei convinto di poter
avere tutto ciò che vuoi. Be’, non è
così che funziona. Non sono una tua proprietà,
e mi arrogo il sacrosanto diritto di uscire con chi più
desideri… E guarda
caso, quella persona non sei tu».
Detto
questo, si girò e iniziò a salire di corsa le
scale, tanto che della replica di
James non le pervenne che qualche parola confusa, tra cui un
“Lunastorta”, cosa
che la fece adirare ancora di più: come si permetteva di
metterci in mezzo il povero
Remus, ora?
«Aconitum Napellus»,
borbottò alla Signora
Grassa, che la fece passare immediatamente. La discussione con Potter
l’aveva scossa
e le aveva sicuramente alzato la febbre, ma le aveva anche fatto
saltare la mosca
al naso.
Lily
Evans non era una ragazzina stupida come molte sue coetanee. Era
perfettamente consapevole
che si stava mettendo nei guai. Però, rifletté
mentre si infilava il pigiama, forse
era meglio un problema targato Black che uno targato Potter.
Almeno
Sirius non era innamorato di lei.
*
«Black!»,
lo chiamò Lily, mentre si stavano dirigendo
tutti verso le serre di Erbologia. Sirius si fermò,
così come Remus, al suo fianco.
James e Peter li avevano preceduti, quindi erano fuori dalla portata di
orecchie
indiscrete.
«Evans»,
la salutò lui, mentre una schiera di ragazze Tassorosso
passava accanto a loro,
sospirando languidamente. «Qual buon vento?»
Lei
fece un cenno di saluto, ricambiato, verso l’altro prefetto
di Grifondoro, prima
di affrontare il discorso.
«Volevo
chiederti se sei ancora intenzionato ad uscire con me»,
disse, sicura di sé, arrossendo
appena. Remus si irrigidì immediatamente e lanciò
un’occhiata di fuoco all’amico,
che non diede segno di essersene accorto, ma anzi sorrise.
«La
prossima settimana c’è l’uscita ad
Hogsmeade, se ti va».
Lily
annuì, seria, e prima di andarsene disse un’ultima
cosa:
«Sia
chiaro che lo faccio solo per togliermi dai piedi quella piattola
asfissiante di
Potter, ieri ha proprio superato ogni limite».
Felpato
rimase per qualche istante a guardarla, sempre sorridendo, pensando che
Ramoso era
riuscito a fare il suo gioco. Lunastorta gli diede una gomitata,
irritato.
«Si
può sapere cos’hai nel cervello? Cacca di
Doxy?»
L’amico
allargò il suo sorriso, mentre riprendevano a camminare.
«Se
sei geloso, Lunastorta, potresti sempre uscire con noi»,
ribatté serafico, beccandosi
un calcio su uno stinco, che però ebbe l’unico
effetto di farlo scoppiare a ridere.
«Dai, l’hai sentita anche tu: niente di
serio».
«Ti
giuro che se farai qualcosa di sbagliato con lei o nei confronti di
Ramoso te la
farò pagare», borbottò, di pessimo
umore. Sirius gli passò un braccio dietro le
spalle e lo rassicurò:
«D’accordo,
mammina».
E
stavolta il pugno che gli venne rifilato lo lasciò per
qualche istante senza fiato.
Note
dell’autrice: Spiegazione per quanto riguarda la strampalata
dichiarazione di James…
Può sembrare strano che capiti solo al secondo capitolo di
una storia, ma ricordo
che è il sesto anno e che Ramoso muore dietro a Lily da un
sacco di tempo. Vista
in questa prospettiva, mi sento legittimata :)
Ovviamente
un ringraziamento a chi segue e ha messo nei preferiti la storia, e uno
più grande
a chi l’ha recensita XD
Al
5 settembre!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Terzo capitolo ~ … di spada perisce! ***
Cave
canem!
Terzo
capitolo ~ … di spada perisce!
Lily
iniziava a pentirsi amaramente di aver accettato di uscire con Black.
Si era confidata
unicamente con la sua amica Mary, ma la sua reazione l’aveva
lasciata totalmente
sconcertata e già le aveva fatto presagire il peggio. Si era
messa a saltellare
per tutta la camera in estasi, gracchiando ad intermittenza il suo
nome, quello
di Sirius Black e l’intervento delle sacre copri-pudenda
dell’eminentissima Morgana.
«Ti
rendi conto? Sirius Black, il più bel ragazzo di tutta la
scuola! E questo dopo
che James Potter - ehi, dico, quel James
Potter, il più figo Cacciatore della scuola! - ti ha fatto
una corte spietata per
mesi - che dico! -, anni!» Si era fermata
all’improvviso, scrutandola con sospetto.
«Di’ un po’, tu: non è che ti
sei messa a fare strani filtri d’amore e glieli rifili
di nascosto nei succhi di zucca?»
Lily
era arrossita come un peperone e le aveva lanciato addosso il suo
cuscino per farla
smettere, ma aveva ottenuto solo una grassa risata in risposta.
Il
ricordo ancora la faceva sentire profondamente in imbarazzo e
cercò di non pensarci
mentre salutava Black e Remus, che l’attendevano fuori da
Mielandia. Fare il tragitto
insieme fin dalla scuola sarebbe stato troppo per lei.
«Evans»,
la accolse il primo, mentre l’altro le sorrideva con
cortesia. «Da dove preferisci
cominciare?»
«Davvero,
non importa», rispose, mentre dava una nervosa occhiata
intorno a sé. «Basta che
ci spostiamo da qui».
Un
gruppetto di Serpeverde cominciava a guardarli con un po’
troppa insistenza per
i suoi gusti.
«Evans,
mi faresti capire come dovremmo fingere di uscire insieme se intendi
passare la
tua uscita in qualche angolo nascosto?», sembrò
ragionarci un po’ su Black. «Non
che a me dispiaccia, ma Lunastorta qui penso sarebbe un po’ a
disagio», aggiunse
seriamente, mentre Remus roteava gli occhi al cielo e la ragazza lo
fissava disgustata.
«Oh, avanti, scherzavo», si affrettò ad
aggiungere, ma Lily non ne era poi così
sicura.
«Scusa
se ho insistito a venire», intervenne Remus. «Ma
immaginavo il tuo imbarazzo, e
Felpato non è facilmente gestibile se si è da
soli, senza esperienza e contrari
ai più barbari metodi di tortura».
Lei
gli rivolse un sorriso radioso, cosa che fece sbuffare Sirius.
«Non
puoi neanche immaginare quanto io ti sia grata!»,
esclamò, risultando così probabilmente
l’unica donna della scuola a non apprezzare particolarmente
la compagnia del
più affascinante tra i due fratelli Black. Decisero poi di
andarsene a prendere
una Burrobirra dai Tre Manici di Scopa, battibeccando perché
Sirius si ostinava
a tenere per mano la ragazza, lei si opponeva e Remus cercava di
aiutarla.
«Mi
sapete spiegare come farebbe la gente a supporre che noi due stiamo
insieme, se
a tutti sembra che camminare accanto a me sia come affiancare un grosso
troll puzzolente?»,
sbottò Black, lasciandola finalmente andare davanti
all’entrata del locale.
«Preferisco
il troll», borbottò Lily funerea. Si era
già collezionata minimo una ventina di
occhiate assassine da parte di tutte le studentesse che avevano avuto
la sfortuna
di incontrare, ed ormai era matematicamente certo: per quella sera, a
cena, tutti
avrebbero parlato della strabiliante pomiciata della Evans con Black,
nel bel mezzo
della strada. Rimaneva ogni volta sempre più agghiacciata
dai voli pindarici di
certe persone; ancora una settimana, e le voci avrebbero confermato ben
altri incresciosi
fatti accaduti là fuori… Meglio non pensarci.
«Vado
ad ordinare», disse Sirius, felice come una Pasqua. Si fece
largo tranquillamente
tra la folla che assediava il bancone, mentre Lily domanda
all’altro prefetto, con
un sussurro:
«Ho
fatto davvero una sciocchezza, vero?»
Remus
sorrise, con una vena di malizia che le diede da pensare. Ogni tanto si
dimenticava
del fatto che se lui faceva parte di quel gruppo, esisteva un motivo
più che valido.
«Tutto
ciò che implica un Black o un Potter solitamente
è una pessima idea, ok, ma Felpato
sembra divertirsi, quindi per ora non c’è di che
preoccuparsi. Se poi Ramoso la
prenderà male… Al massimo si sfideranno a duello
tra di loro».
Lily
contemplò per qualche istante la magnifica immagine di quei
due che si eliminavano
a vicenda. Dopotutto, forse non stava compiendo una totale idiozia come
aveva pensato
all’inizio.
«Ecco
qua», disse allegro Sirius, tornando con le loro ordinazioni
e con un sorriso che
andava da un angolo all’altro del volto.
«Madama
Rosmerta?», chiese pratico Remus, spiando dietro le spalle
del compagno, che assentì
con il capo. Lily scosse il capo, sorridendo: il fascino di quella
donna era quasi
magnetico, riusciva ad attirare studenti ed insegnanti come mosche al
miele. I Tre
Manici di Scopa, pur essendo sin dalla sua fondazione il miglior pub
del paesino,
non aveva mai fatto tanti affari fino al suo arrivo, un paio di anni
prima.
«Ho
incontrato Adam Webb, mi ha chiesto se fossi con Ramoso
perché dovevano spostare
l’allenamento di Quidditch», ridacchiò
divertito, e la ragazza sentì il gelo afferrarle
le viscere. «Gli ho detto che ero in galante compagnia della
Evans… Dovevate vedere
la sua faccia, pensavo che quella mascella potesse pulire il bancone,
tanto gli
è caduta!»
Lily
arrischiò un’occhiata in giro, ed effettivamente
vide tre membri della squadra di
Grifondoro guardarli strabiliati ed increduli. Chiunque avrebbe creduto
che si era
bevuta il cervello ad uscire con Black, ma conoscendo la grande
ammirazione in cui
era tenuto quel perfido ragazzo… molto più
probabilmente si stavano semplicemente
domandando dove fosse Potter, se volesse tentare un omicidio od un
suicidio, e soprattutto
questo che effetti avrebbe avuto sulle sue prestazioni in volo. Era
già accaduto
che fossero venuti a pregarla, l’anno prima, di andarsene
dagli spalti durante un
allenamento; lei era andata solo per fare un favore alla sua amica
Mary, cotta perdutamente
del già citato Webb, ma era stato Potter quello che si era
girato talmente tante
volte a guardarle che si era preso un Bolide in testa.
Il
ricordo ancora la faceva sprofondare nella vergogna.
«Non
preoccuparti, Lily», intervenne Remus, come se fosse riuscito
a leggere i suoi pensieri.
«La partita contro Corvonero è ancora
lontana».
La
ragazza amava il Quidditch, e per un solo istante si domandò
se non fosse meglio
sopportare Piattola Potter per amore dei compagni; poi però
le si affacciò alla
mente l’immagine di lui che si dichiarava sulle scalinate e
rabbrividì. Dopotutto,
una sola partita era una sola partita, avrebbero sempre fatto in tempo
a rimontare.
E i Corvonero le erano pure simpatici, suvvia.
Remus
e Sirius iniziarono a chiacchierare del più e del meno, e
lei cominciò a rilassarsi;
ogni tanto la coinvolgevano in uno dei loro strambi discorsi, e lei,
stranamente,
si era dimostrava via via sempre più alla loro altezza.
«E
quindi volevamo rinchiudere la McGranitt in uno sgabuzzino con Vitious,
ma dobbiamo
trovare il modo di farceli entrare…»
«Perché
non con Rüf? Dieci minuti con lui sono dieci ore di lunga
agonia», mormorò Lily,
finendo il boccale. Gli altri due la guardarono per un attimo,
ammirati.
«Com’è,
Evans, che finora ho sottovalutato le tue
potenzialità?»
Lei
diventò scarlatta, mentre cercava di aggiustare il tiro.
«Mi
è venuta fuori così! Non volevo!»
Ma
ormai era troppo tardi, aveva visto il sorrisino di Remus e lo
scintillio d’eccitazione
negli occhi di Sirius.
Quando
uscirono dal locale erano tutti più a loro agio, e Lily
acconsentì a girare per
mano con il presunto fidanzato nuovo di zecca senza lamentarsi
più di tanto.
«Aspettatemi
un attimo qui», disse Sirius, correndo dentro a Scrivenshaft
per comprare un paio
di nuove boccette d’inchiostro: aveva rotto la riserva di
Remus facendola levitare
e poi cadere sopra la testa di Mocciosus - almeno
così sarà costretto a lavarsi!, aveva
spiegato lui con un sogghigno -, cosa
che Lunastorta non aveva preso granché bene, così
come l’accusa di star iniziando
a diventare noioso. La diretta conseguenza era che ora si trovavano
sprovvisti
anche delle scorte di Sirius.
Mentre
attendevano pazientemente il suo ritorno, iniziarono a discutere sulle
possibilità
che avevano di riuscire ad attirare e rinchiudere due professori senza
venire espulsi;
e fu così che li trovò James Potter.
*
Quando
quella mattina James si era svegliato, aveva pensato per la prima volta
in tutta
la sua carriera scolastica che non aveva poi tanta voglia di andare in
giro a far
malanni. Non ci sarebbero stati né Felpato ad istigarlo,
né Lunastorta ad assistere…
solo Codaliscia ad adularlo. Peter gli era molto simpatico, davvero, e
a modo suo
gli si era affezionato, ed era assolutamente perfetto quando aveva
bisogno di un
appoggio morale per un qualche suo piano, ma… non era il suo
migliore amico, molto
semplicemente.
Poteva
sempre seguire la Evans, certo, ma il ricordo della scenata sulle scale
ancora pesava
sul suo stomaco come un macigno… Si premette un cuscino sul
viso, sbuffando: odiava
sentirsi un idiota. Aveva immaginato quella scena per mesi e mesi,
riuscendo a toccare
punte di drammaticità toccanti (lui che la salvava da un
Ippogrifo imbizzarrito
e si feriva gravemente durante l’atto era la sua versione
preferita, al momento,
ripresa da uno dei romanzetti rosa scovato nel cesto del cucito di sua
madre, un
uggioso pomeriggio di qualche anno prima), ed era riuscito a rovinare
tutto. Davvero,
ci sarebbe mancato giusto Pix per farlo finire nella lista dei peggiori
imbecilli
di Hogwarts, e ce ne voleva per farne parte. L’ultimo era
stato Scott Cavendish,
uno dei Serpeverde con due anni in più, trovato in mutande a
camminare sulle mani
in un corridoio del terzo piano, canticchiando stupide canzoncine su
alcune delle
grazie femminili… Leggenda voleva che la faccia della
McGranitt, la prima ad imbattersi
in lui, fosse stata impagabile.
Un
po’ di meno lo era stata l’occhiata glaciale che
aveva riservato loro, quando li
aveva convocati nel suo ufficio per sottoporli ad un lungo ed
estenuante interrogatorio,
degno della peggiore Santa Inquisizione.
Insomma,
era stato a lungo a domandarsi se fosse il caso di mettersi ancora
più in ridicolo…
Era una settimana che evitava quei tre, per la prima volta in vita sua.
Ecco,
poteva aggiungere, per la prima volta in vita sua pensava
prima di agire. Cielo, era così faticoso!
Come accidenti riusciva Remus a farlo tutto il santo
giorno? E lo faceva persino apparire una cosa naturale!
Non
aveva mai sofferto tanto di mal di testa.
Alla
fine però era stato vinto dalle occhiate sconsolate di Peter
- sapeva che, se fosse
andato insieme agli altri due, James l’avrebbe presa
malissimo e quindi non sarebbe
azzardato a muoversi senza di lui -, che desiderava ardentemente
quell’uscita, e
aveva ceduto tra gli squittii eccitati dell’amico.
Si
era comunque voluto tenere a debita distanza dai suoi amici, scendendo
tardi e saltando
la colazione per arrivare insieme agli altri ritardatari, indifferenti
alle minacce
di Gazza.
Lui
e Peter avevano girovagato per le vie brulicanti di studenti quasi
tutta la mattina,
entrando di tanto in tanto in qualche negozio e rimanendoci il giusto
che serviva
loro per far recuperare la sensibilità alle dita e alla
faccia, sconvolte dal terribile
attacco del gelo di fine novembre. Era quasi mezzogiorno quando
imboccarono la via
dove trovarono Remus e Lily, vicini e ridacchianti, in piedi davanti a
Scrivenshaft…
Si bloccò e fermò anche Peter, facendogli segno
di tacere, nascondendosi dietro
un cartellone pubblicitario posto di sbieco in mezzo al marciapiede.
Erano quindi
usciti insieme? Lo stavano davvero tradendo così? Avrebbe
voluto andarsene subito,
ma il suo infallibile fiuto da Malandrino gli imponeva di restare.
Infatti, dopo
poco uscì, da quello stesso negozio, Sirius, che prese per
mano Lily e si avviò
con lei e l’amico verso la fine della strada, dando agli
altri due le spalle. Codaliscia
guardava la scena a bocca aperta, e il cervello di James
andò in black-out.
Con
il sangue che pulsava nelle orecchie, afferrò la bacchetta
che aveva nelle vesti
e lanciò un Inflatus all’indirizzo di Sirius, che
iniziò a gonfiarsi orribilmente…
Quando
Lily e Remus si voltarono, allarmati, videro solo James che li fissava
con espressione
dura e affatto pentita. Girò i tacchi e se ne
andò, mentre Peter correva da Sirius.
*
In
tanti anni di onorato servizio, Minerva McGranitt si era sempre fatta
delle idee
precise su ogni studente; non dei pregiudizi, semplicemente quel giusto
fiuto che
la portava a scoprire gli autori di determinate bravate o addirittura a
scoprirle
anzitempo. Una delle cose che quindi la lasciarono più
esterrefatta fu il dover
accorrere in infermeria e trovare Sirius Black seduto su di un lettino,
immusonito
e scostante, sgonfiato da poco dal provvidenziale intervento di
Lumacorno che era
stato chiamato da una Lily Evans spaventatissima, mentre lui flirtava
allegramente
con Madama Rosmerta.
Black
si era rifiutato di parlare, ma era bastata un’occhiata
indagatrice agli amici che
erano con lui per sapere la verità. Peter Minus e Lily Evans
si erano guardati in
imbarazzo, mentre Remus Lupin si era stranamente concentrato sulle
stringhe delle
proprie scarpe.
«Lupin»,
aveva semplicemente detto, prima di uscire dall’infermeria,
aspettandolo fuori dalla
porta.
Il
ragazzo aveva riassunto in poche e concise frasi l’accaduto,
e la professoressa
aveva dovuto sbattere più volte le palpebre prima di
riprendersi dalla sorpresa.
James Potter aveva scagliato un incantesimo - non di quelli per ridere,
come quando
aveva fatto crescere due baffoni enormi ad una ragazzina Serpeverde -
contro Sirius
Black, il suo migliore amico.
Per
Merlino, era come vedere Silente in veste rosa ballare un liscio nel
suo studio,
abbracciato ad un manichino parlante.
«C’è
un motivo per questa sua azione o ha… improvvisamente perso
il lume della ragione?»
«Be’,
ecco…»
Il
ragazzo aveva preso un lieve cenno di colore sulle guance, e la
McGranitt aveva
insistito, facendo leva sul suo senso del dovere:
«Lupin,
sei un Prefetto. Sai meglio di me che è tuo preciso compito
riferire agli insegnanti
ciò che non va, passando sopra determinati sentimenti di
affetto o di protezione
verso gli amici…»
Lui
aveva chinato ancora di più il capo. Avrebbe preferito
calpestarsi da solo le mani
e rompersi le dita pur di non parlare, ma la professoressa aveva
ragione, come sempre.
«Sirius
e Lily escono insieme, James l’ha scoperto oggi e, ehm, non
l’ha presa granché bene».
Le
sopracciglia della donna erano saettate verso l’alto, ma
aveva fatto un unico, asciutto
commento.
«Facevo
la Evans più intelligente».
Se
ne era andata senza aggiungere altro, mandando un ragazzino Grifondoro
del primo
anno a recuperare Potter nel suo dormitorio, dove era sicura di
trovarlo. Ed era
nel suo ufficio, infatti, che ora si stava presentando, funereo.
«Potter.
Siediti, prego».
Il
ragazzo eseguì l’ordine, ma ancora non
l’aveva guardata negli occhi. La donna sospirò,
togliendosi i piccoli occhiali e passandosi una mano sul viso. Che
grandissima gatta
da pelare.
«Ho
saputo dei motivi che ti hanno spinto a… gonfiare
il signor Black», iniziò, desiderando di camminare
scalza sui carboni ardenti piuttosto
di affrontare discorsi sentimentali con uno dei suoi
studenti… Ma doveva pur farlo.
«Ovviamente ti spetta una punizione, ma sono sicura tu
l’avessi già messo in conto».
Il
ragazzo non rispose, non diede cenno di aver capito; la professoressa
scosse il
capo e continuò: «Il signor Gazza sarà
molto contento di avere nuovamente il tuo
prezioso aiuto, allora. Ti farò sapere a che ora presentarti
da lui. Puoi andare».
Lo
osservò alzarsi e andarsene verso la porta, ma non dovette
che aspettare qualche
ora prima che Gazza si ripresentasse da lei, con espressione
trionfante, trascinando
per le orecchie sia James Potter - che presentava un naso in condizioni
pietose
e un volto ricoperto di sangue, che continuava a zampillare macchiando
il colletto
della sua tunica - e Sirius Black, a braccia incrociate e scurissimo in
volto. Inarcò
un sopracciglio, ma si limitò a dire: «Bene,
immagino che anche il signor Black
sentisse la mancanza di un bel periodo passato insieme a Mastro
Gazza… Penso che
le siano più affezionati di quel che crede, Argus».
L’uomo
ovviamente non afferrò l’intento ironico e fece
una faccia quasi terrorizzata. La
McGranitt congedò tutti con un secco gesto della mano, e si
appoggiò sulla spalliera
della sua sedia, esausta. Cominciava a pensare di non avere
più l’età di gestire
certi studenti.
L’Inflatus
non è casuale… Harry usa lo stesso incantesimo
per gonfiare zia Marge, mi piaceva
l’idea che fosse un tratto in comune con il padre ;)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Quarto capitolo ~ Chi fa falla, e chi non fa sfarfalla ***
Cave
canem!
Quarto
capitolo ~ Chi fa
falla, e chi non fa sfarfalla
«Quindi
sei stato punito insieme a James?», sussurrò il
pomeriggio seguente Lily, evitando
di guardare il ragazzo stravaccato sulla sedia davanti a lei.
«Però, anche tu… che
bisogno avevi di creare tanto trambusto?»
«Non
fare domande a cui non puoi avere risposta, Evans»,
mormorò l’altro, cercando di
non far cadere la piuma che teneva sospesa sopra il labbro superiore a
guisa di
baffo.
La
ragazza scosse la testa, ma continuò a scrivere il suo
compito di Difesa contro
le Arti Oscure in silenzio. Avevano preso l’abitudine di
studiare insieme - o meglio,
lei studiava, lui si distraeva tutto il pomeriggio, salvo fare in
un’ora quello
per cui lei ne aveva impiegate quattro
- prediligendo
la biblioteca come luogo dei loro ritrovi, a volte allietati dalla
presenza di Remus.
Il povero ragazzo aveva una gran pena di Peter, lasciato completamente
solo in balia
di James che gli impediva di studiare in santa pace a causa delle sue
continue occhiate
assassine - come poteva Codaliscia concentrarsi quando il suo
più caro amico era
in una situazione tanto infelice? -, e quindi il Prefetto approfittava
degli allenamenti
del più vanitoso Cacciatore della scuola per aiutare
l’altro il più possibile in
sala comune, proprio come in quel momento.
Intanto
le ombre della sera si erano allungate sui tavoli e si avvicinava
l’ora di chiusura;
Lily posò la penna sul tavolo e allontanò la
pergamena con aria vagamente disgustata.
«Pensavo
che almeno durante il sesto anno fossimo risparmiati da un tale
massacro, dato che
non ci sono gli esami importanti come i G.U.F.O. o
i M.A.G.O… Eppure, non siamo ancora a dicembre
che già siamo carichi come lo scorso aprile!»
«Ora
non esagerare», la rabbonì Sirius, con aria
serafica. «Nessuno del sesto ha ancora
avuto un crollo nervoso come la piccola Webb».
Kelly
Webb, infatti, Corvonero del quinto anno, durante l’ora di
Trasfigurazione aveva
accidentalmente distrutto il cappello preferito della McGranitt;
attonita dalla
sonora ramanzina che si era dovuta sorbire, era scappata dalla classe
in lacrime
e aveva incrociato Pix, che l’aveva rincorsa senza
pietà. Vitious l’aveva recuperata
sotto shock dietro un arazzo al secondo piano e le aveva imposto di
rimanersene
tre giorni in infermeria, per riaversi dal brutto colpo. La storia
aveva fatto il
giro di tutti i tavoli della Sala Grande quando un Serpeverde del suo
anno le aveva
sibilato all’orecchio qualcosa riguardante molto
probabilmente un cappello da strega
ed il suo improprio utilizzo: si era beccato una sonora sberla davanti
a tutti gli
studenti, tanto che Nevrotica Webb era diventata d’un tratto
la mascotte dei Corvonero
e quando i membri di Tassorosso e Grifondoro la incrociavano in giro
non le risparmiavano
affettuose pacche sulla schiena, complimenti o sorrisi di
ringraziamento. La sua
popolarità aveva subito una notevole impennata.
«Tu
ovviamente hai già terminato tutto, dato che stasera sei in
punizione…», mormorò
Lily con tono rassegnato. Ormai non aveva neanche più la
forza di sentirsi invidiosa
di quella specie di Signore del Tempo (*) che non si vedeva mai
studiare ma che
era impossibile trovare impreparato. La ragazza aveva sentito parlare
delle Giratempo,
ma non era mai riuscita a intravvedergliene una addosso.
«Ho
avuto un incontro decisamente coinvolgente con qualche rotolo di
pergamena e dei
libri, prima», ridacchiò lui.
«Dopotutto, non voglio che tra me e la Foresta Proibita
ci siano dei terzi incomodi».
La
ragazza sussultò e lo fissò spaventata:
«Stai
scherzando, vero? Non andrete davvero
nella Foresta Proibita? Dovrebbe essere illegale, Silente dovrebbe fare
qualcosa
con quel mostro di Gazza, quel…»
«Lily,
calma, tranquilla», la interruppe lui, sorpreso da quella sua
reazione. «Non credo
ci condurranno là dentro, non dopo l’ultima volta,
perlomeno… Ma anche se fosse,
ti assicuro che è decisamente sopravvalutata: non
c’è niente di così terrificante.
Peter affamato è più pericoloso di ogni creatura
che potrebbe vivere in quella selva».
Lei
annuì, ma non lo guardò negli occhi; Sirius aveva
ormai capito che farla alterare
era l’unico modo per alleggerire la tensione, anche se questo
significava sempre
qualche probabile fattura rivolta al suo indirizzo. «Oh, non
mi dirai che sei preoccupata»,
cantilenò, prendendola in giro e rimanendo a studiare la sua
replica.
«Per
voi due? Penso che l’unico che dovrebbe sollevare il mio
timore sia proprio Gazza»,
ribatté lei, fingendosi distaccata. Sirius sorrise e
l’aiutò a mettere a posto la
sua roba, prima di passarle un braccio attorno alle spalle e condurla
verso il loro
meritato pasto.
«Stai
tranquilla per Ramoso… C’è pur sempre
Pix a proteggerlo da quadri impertinenti e
ragazzine elettrizzate».
«Idiota».
*
Gazza
aveva portato i due Grifondoro nel corridoio principale del sesto
piano, indicando
loro le armature che li fissavano senza espressione.
«Dovete
ripulirle. Tutte. Al mio ritorno voglio che risplendano come il
sole».
Sirius
roteò gli occhi al cielo e James sbuffò
sonoramente, ma l’uomo sembrò non badarci.
«Solo olio di gomito, niente incantesimi. E state attenti
agli elmi… Non vorrei
che perdeste una mano come un Tassorosso di mia conoscenza».
Appoggiò
la lanterna che aveva portato con sé sul pavimento di pietra
insieme al secchio
con i detergenti, girò le spalle e se ne andò
zoppicando verso le scale, con il
solito orribile ghigno a deformargli il volto.
«Quella
del Tassorosso se l’è sicuramente
inventata…», borbottò Ramoso,
afferrando di malavoglia
uno straccio unto quasi quanto i capelli di Mocciosus e versandoci
sopra una considerevole
dose di “Ruggi-NO!”, guardando disgustato il
liquido color diarrea di gufo venire
immediatamente assorbito dal tessuto.
«Puoi
sempre provare. Magari sono armature a prova di stupido, captano
l’idiozia altrui
e si mettono in moto per eliminarla», rispose seccamente il
suo ex-migliore amico,
che si era già portato avanti col lavoro.
James
ebbe la fortissima tentazione di afferrare il secchio e tirarglielo in
testa; quella
fugace immagine riuscì a risollevargli appena lo spirito,
quel tanto, perlomeno,
che serviva a tentare di non commettere un omicidio dentro le mura di
Hogwarts.
Lavorarono
in silenzio, di buona lena, per i primi tre quarti d’ora,
lasciando che l’energico
strofinio fosse l’unico rumore di sottofondo. Mano a mano che
il tempo passava,
James approfondiva tra sé e sé il discorso che
voleva condurre con l’altro, calibrando
le domande da porgli. Sirius era permaloso quanto un centauro, quando
ci si metteva,
quindi pregò Merlino che un minimo di savoir
faire di Remus fosse riuscito a contagiare anche il ramo
Potter, dopo sei anni
che si conoscevano.
«Senti,
mi spiace».
«Per
essere un emerito cretino? Sono d’accordo».
Sì,
va bene, al diavolo il savoir faire
e
tutti i francesismi annessi e connessi!
«Mi
spiace della situazione», ringhiò a labbra
strette, rischiando di staccare una placca
di ferro dal suo supporto con una passata troppo violenta.
«Ma dato che sei tu
quello che sta uscendo con la mia
ragazza, non penso di dovermi scusare».
«Ah,
era la tua ragazza? Perdonami, penso di essermi perso il momento in cui
lei ti ha
detto di sì», ribatté l’altro
causticamente. Se Ramoso voleva battaglia, lui di
certo non si sarebbe tirato indietro.
«Be’,
quasi, prima che qualcuno non decidesse di uscirci insieme!»,
alzò il tono di voce
l’altro, buttando stizzito lo straccio a terra.
«E
a me non ha detto no!»
«L’avrai
drogata!»
«Cosa?!»
«Ehi,
voi due!», strillò una voce dalle tenebre. Sirius
e James continuarono a guardarsi
in cagnesco anche all’arrivo di Mastro Gazza, che
passò ad analizzare il lavoro
svolto con occhio critico. «Direi che ancora non ci siamo,
prevedo molte altre serate
di punizione… Parlerò con la professoressa
McGranitt di questo», annunciò, gongolando
come un bambino davanti ai regali di Natale.
«Sai
che roba…», borbottò Sirius, avviandosi
ai dormitori, con James che lo seguiva a
debita distanza. Gli animi erano ancora incandescenti, ma il magico
momento era
stato spezzato e nessuno dei due aveva più voglia di
parlare, preferendo rimanere
ciascuno sulla propria livida posizione.
Quando
entrarono nella sala comune, James lo superò di corsa e si
diresse verso il suo
letto, senza badare al fatto che dal bracciolo di un divanetto spuntava
una ciocca
di capelli rossi ben nota, cosa che invece l’altro non
mancò di notare.
Lily
si era addormentata sul divano, rannicchiandosi come il suo grasso
gatto peloso
contro lo schienale; sul tavolino era rimasto aperto un libro che
Sirius prese in
mano, prima di sedersi sulla poltroncina accanto e distendere le gambe
in maniera
poco consona al galateo a cui era stato abituato fin da piccolo. Chiuse
di scatto
le pagine e dovette soffocare una risata con una mano, vedendo che
faceva parte
della stessa serie che la signora Potter collezionava con cura e che il
marito non
mancava di etichettare spesso come “spazzatura”:
uno di quei romanzetti rosa da
cui solitamente i maschi si tengono alla larga come fossero infetti da
qualche strana
malattia incurabile.
«Non
ti facevo tipo da leggere questa roba, Evans»,
esordì, rimanendo a godersi lo scatto
repentino che fece la ragazza, destandosi di soprassalto.
«Chi…
Cosa… Ah, sei tu», mormorò lei,
passandosi una mano sulla faccia e scuotendo con
forza la testa per svegliarsi definitivamente. «La punizione
è già finita?»
«Sì…
Ma ripeto la mia osservazione: pensavo che l’integerrimo
Prefetto Lily Evans disdegnasse
letture di questo tipo», proseguì lui, ben deciso
a mettere un dito nella piaga
- o magari una mano intera.
Difatti,
lei arrossì paurosamente, non sapendo bene cosa rispondere.
«Non
è mio, è di Mary… Non sapevo cosa fare
mentre ti aspettavo e gliel’ho chiesto in
prestito, tanto per fare qualcosa».
«Mi
stavi aspettando?», le domandò Sirius con un
guizzo d’interesse negli occhi
grigi, solamente per ricevere come risposta un’occhiata di
rimprovero.
«Sappi
che mi sento direttamente responsabile di tutta la faccenda, e non
intendo rimanere
con le mani in mano».
«Quindi
ti proporrai a Gazza come inserviente sostitutiva?»
«In
realtà pensavo più a un supporto di tipo
morale», ribatté lei con tono sostenuto,
«dato che non sono stata io a rifilare un pugno a
quell’altro stupido».
«Già
te ne vai?», chiese Sirius con una punta di delusione,
osservandola alzarsi in
piedi e rassettarsi la gonna. Lei lo fissò e
allargò le braccia, come a voler dire:
“cos’altro potrei fare?”
«Dobbiamo
alzarci presto domattina, se te ne sei dimenticato».
«Lo
so, lo so», si arrese lui, seguendola fino alle scale che
portavano ai dormitori;
la ragazza aveva già un piede sul primo scalino, quando la
richiamò. «Ehi, Evans.
Dimentichi una cosa».
«Cosa?»
Aveva
girato la testa, e Sirius ne aveva approfittato per posarle una mano
sulla guancia
e baciarla.
«Il
bacio della buonanotte. Sogni d’oro, Lily».
*
«Sei
un idiota», sbottò Remus, tagliando con troppa
foga le lumache poste sul tagliere
e rischiando di amputarsi un dito. «Avevi detto
“relazione senza implicazioni”,
e questa non è assolutamente
una relazione
senza implicazioni, razza d’imbecille!»
«Sai,
comincio davvero a stancarmi di tutta la gente che si diverte ad
insultarmi, questi
giorni», rispose piccato Sirius. Era in torto, torto marcio,
e questo lo rendeva
nervoso ed irritabile.
«Be’,
hanno tutti ragione, Felpato! Si può sapere cosa ti
è saltato in mente? Sai meglio
di me-»
«Che
la Evans è off-limits. Senti, non lo so cosa mi è
preso, va bene? Era lì, e io…
Io…»
«L’hai
baciata! Sapendo bene quanto Ramoso sia cotto di lei, hai baciato la
quasi-ragazza del tuo migliore amico!», sibilò
Lunastorta, controllando che nessuna
orecchia indiscreta riuscisse a captare qualcosa nel rumore prodotto
dal sobbollire
dei calderoni.
«Oh,
ma volete piantarla di considerarla tutti la sua ragazza? Non mi sembra
che intorno
al suo collo ci sia il cartello “Occupata”,
“Fidanzata” o “Fregata per sempre da
quell’idiota di Potter”».
Remus
finì di leggere l’ultima parte delle istruzioni e
cominciò a girare la pozione in
senso anti-orario; il suo blu scuro era ben lontano
dall’essere anche lontanamente
paragonabile all’azzurro chiaro che era sicuro ci fosse nei
calderoni di Lily o
Severus, ma aveva smesso di fare delle lezioni di Lumacorno un
eccessivo cruccio.
Pozioni non sarebbe mai stato il suo mestiere, dopotutto.
«Sei
perfettamente a conoscenza di come funzioni tra noi. La donna di un
Malandrino non
può essere toccata da nessuno, tantomeno da un altro
Malandrino».
«Oh,
ti prego», sbuffò Sirius, dedicandosi alle sue
radici di valeriana come se volesse
polverizzarle con la sola forza del pensiero. «È
una stupida regola che si è inventato
Ramoso, e l’ha fatto solo perché in quel periodo
le ronzava attorno Harvey».
«Tu
eri comunque d’accordo».
«Non è la sua donna!»
«Avanti,
è come se lo fosse. Lei è innamorata di
lui».
Sirius
rischiò di compromettere la sua decente carriera da
pozionista scambiando le parti
scartate con quelle buone, ma riuscì a salvarsi in extremis.
«Questa
è la più grossa… fandonia…
che abbia mai sentito in quasi diciassette anni di vita».
«Avanti,
apri gli occhi: l’unica cosa che ancora la frena è
il suo orgoglio, dato che ha
passato mesi e mesi a rifiutare di ammettere con sé stessa
che quell’essere immaturo
potesse davvero amarla».
Felpato
riprese a macinare gli ingredienti pensierosamente: non esisteva che
Lily fosse
presa da Ramoso, no davvero. «Magari non a livello conscio,
ma ti assicuro che è
solo questione di tempo».
«Lunastorta,
con tutto il bene che ti voglio… Sicuro che la luna piena
non cominci ad avere anche
altri generi di effetti, su di te? Non so, un qualche tipo di
minorazione mentale.
Magari ti sta lentamente risucchiando il cervello».
«Non
essere maleducato, Sirius», lo rimproverò seccato
Remus. Era lui il primo a scherzare
sopra la sua condizione di lupo mannaro, ma non quando le frecciatine
si facevano
pesanti e sgarbate. L’altro se ne pentì subito, e
decise di riparare come poteva:
«Scusami.
Ammetto di aver esagerato. È che è tutta questa
situazione… Non so più come
comportarmi».
«Be’,
sappiamo entrambi che Lily è un capriccio…
Potresti finirla qui, così da non arrecare
ulteriori danni».
Remus
si aspettava una risposta, ma il silenzio andrò
prolungandosi in maniera direttamente
proporzionale alla sua preoccupazione. «Perché per
te Lily è un capriccio,
vero?»
Sirius
non sapeva, in tutta onestà, cosa rispondere. La ragazza non
gli era mai andata
particolarmente a genio perché era schifosamente geloso del
suo migliore amico -
e gli costava molto ammetterlo, perché questo faceva di lui
una femminuccia melensa
- e non si era mai curato granché di conoscerla meglio.
Però doveva riconoscere
che era una brava ragazza, dolce, bella, intelligente e sarcastica, a
volte disarmante…
La sera prima l’aveva baciata per una rivincita personale
contro James oppure perché
davvero l’aveva voluto?
«Ci
devo pensare».
«Felpato…»
«Ci
devo pensare».
Lunastorta
scosse il capo e si preparò a versare in una provetta il
contenuto necessario per
riempirla, meditando sul fatto che, se le conseguenze erano quelle, era
meglio non
innamorarsi mai di nessuno.
Tantomeno di una Evans.
(*)
Riferimento al Doctor Who ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Quinto capitolo ~ L’erba cattiva non muore mai ***
Cave
canem!
Quinto
capitolo ~
L’erba cattiva non muore mai
Lily
aveva sempre pensato che avere un ragazzo fosse una cosa meravigliosa:
abituata
fin da piccola a vedere nei libri e negli sceneggiati in televisione
l’affiatamento
totale e completo tra due persone tanto decantato dal popolo femminile,
aveva avuto
il buon diritto di ritenere che quella fosse un’ottima
prospettiva di vita. Non
aveva messo in conto che la favola perfetta esiste solamente quando si
è disposti,
nelle difficoltà, ad aiutare l’altro, anche
venendo a patti con il proprio orgoglio
o facendo cose che si preferirebbe evitare, e che non sempre
è tutto rose e fiori.
Non
le piaceva la situazione attuale; non era certa di cosa provasse Sirius
nei suoi
confronti, e odiava non capire
qualcosa.
Senza contare che aveva sempre ammirato molto l’amicizia che
regnava tra quei quattro
debosciati e riteneva infantile e irragionevole gettare tutto alle
ortiche per uno
stupido litigio. Era assurdo, come se i tre moschettieri e
D’Artagnan si fossero
sciolti e non avessero intenzione di tornare insieme.
Una
cosa che sua madre le aveva rimproverato spesso era la pessima
abitudine di intromettersi
negli affari altrui, perché poi era sempre lei quella che ne
faceva le spese; ma
stavolta non era come se fosse direttamente colpevole di tutto?
Sirius
e James avevano litigato e, casualmente, il giorno dopo il primogenito
dei Black
aveva cominciato a ronzarle intorno; era semplice ripicca per portare
via al suo
migliore amico la ragazza che popolava i suoi sogni da anni, oppure un
contorto
modo per fargli capire quanto si potesse star male ad essere
improvvisamente ritenuti
i numeri due?
Erano
giorni che si arrovellava su questa questione; aveva provato a parlarne
con Sirius,
girandoci attorno, ma dato che quest’ultimo era una volpe
l’aveva scoperta subito
e le aveva concesso unicamente dei sorrisi sibillini e irritanti,
dicendole di piantarla
di comportarsi come una gattina in calore e di smetterla di
preoccuparsi di questioni
di cui non sapeva nulla. La suddetta aveva soffiato un’irata
imprecazione e aveva
deciso che quel figlio di troll non aveva bisogno del suo aiuto.
Non
erano passati due giorni che già non riusciva a concentrarsi
sullo studio, rischiando
la vita di Lumacorno facendo quasi esplodere il calderone al suo
passaggio.
Il
professore l’aveva ripresa bonariamente, adducendo la sua
piccola disattenzione
(piccola? Aveva sbagliato metà degli ingredienti!) ad un
mero cambio del tempo.
Lily, che era rimasta al fatto che fosse al massimo la primavera a
rendere sbadati,
e non certo l’inverno, aveva sorriso con vergogna e aveva
annuito, ringraziando
per la prima volta in vita sua la fortuna sfacciata di essere nelle
grazie di Lumacorno.
Si
era anche sentita osservata, ma non aveva faticato ad immaginarsi Remus
che tentava
di leggerle la mente; Sirius aveva ridacchiato piano, Peter si era a
malapena accorto
dell’incidente, preso com’era dalla sua pozione, e
James aveva continuato a sostenere
quell’indifferenza nei suoi confronti che tanto la feriva.
Scuotendo
la testa, Lily si era detta che era ridicolo ed infantile sentire la
mancanza di
quelle attenzioni fin troppo asfissianti, ma era con una punta di
disagio che era
costretta ad ammetterlo, almeno a sé stessa. Provava
l’istinto suicida di andare
da lui e chiedergli scusa, anche se, a conti fatti, non avrebbe neanche
saputo lei
dire di cosa. Era simile ai primi litigi con sua sorella Petunia
riguardo ad Hogwarts:
non poteva farci niente se lei possedeva poteri magici e
l’altra no, ma questo non
le aveva impedito di chiederle scusa, almeno fino a quando Petunia non
aveva cominciato
ad offenderla pesantemente.
Quando
si vuole bene ad una persona, aveva riflettuto, si è in
grado di ingoiare l’orgoglio
pur di superare una crisi. E lei era finita con il volere davvero bene
a quello
scriteriato di Potter.
La
fine della lezione l’aveva sorpresa in questi pensieri; si
era girata ed aveva visto
la schiena di James allontanarsi in fretta.
Fu
in quel momento che decise di fare qualcosa.
*
«Potresti
smetterla, cortesemente, di inseguirmi per tutto il
corridoio?»
«Da
quel che so io, è proprietà della scuola, quindi
è legittimo per me attraversarlo».
Sirius
roteò gli occhi al cielo, decidendosi finalmente ad
interrompere la marcia con cui
aveva - inutilmente - tentato di seminare la ragazza.
Per
Merlino, ora ricordava perché non aveva mai voluto
impelagarsi in una relazione
seria. Le donne hanno la capacità di diventare terribilmente
noiose e asfissianti.
«Cosa
c’è, Evans?», le domandò, con
irritazione. Lily sbuffò e gli lanciò
un’occhiataccia.
«Cos’è,
torniamo ai primordi della nostra conoscenza, Black?»,
ribatté causticamente lei, facendo attenzione a sottolineare
il cognome dell’altro. Le dava il nervoso quando si
atteggiava a superiore, una
maschera che aveva portato fino a quando non avevano deciso di mettersi
insieme.
In
realtà, Sirius non era così male come si ostinava
a voler far credere, non era nemmeno
così indifferente come si sforzava di sembrare. Lily si era
però anche resa conto
di non essere lei quella in grado di far crollare il solido muro che si
era costruito
intorno; per ora ci erano riusciti solamente gli altri Malandrini, e
questo sembrava
bastargli. A ben pensarci, l’unica cosa di cui veramente
Sirius si curava erano
gli altri tre compagni.
«Al
nostro primo viaggio sull’Espresso?», chiese lui,
con un immediato sorriso a stirargli
le labbra al ricordo dell’istintiva antipatia verso
Mocciosus. «Vuoi davvero tornare
all’undicenne saccente che eri?»
«E
tu vuoi davvero tornare al nanetto impertinente che eri?»,
sibilò lei, facendogli
il verso inviperita. Sirius fece per ribattere, un po’ offeso
e un po’ divertito,
ma lei stroncò sul nascere qualsiasi tentativo atto a farle
perdere il filo. «Noi
due dobbiamo parlare», scandì, con uno sguardo
determinato che gli fece subito intuire
qualcosa.
«Quando?»,
si limitò a chiedere, e Lily sospirò di sollievo
per non essere stata costretta
a Schiantarlo davanti a testimoni per portarlo al luogo
dell’incontro.
«Direi
fra una mezz’ora. Fatti trovare davanti al campo di
Quidditch».
«Lily,
è dicembre, fa un freddo cane, che bisogno
c’è di-»
«Fai
come ti ho detto. Ti prego», aggiunse lei, sperando che il
suo piano andasse come
doveva. Lui rimase a studiare diversi secondi la sua espressione
supplice con aria
indecifrabile, ma poi si arrese.
«D’accordo.
Ma, se dovessi prendere un malanno, poi sarai tu quella costretta a
farmi da infermiera»,
ridacchiò, di colpo gioviale. La ragazza scosse la testa,
rinunciando a comprendere
gli sbalzi d’umore di un Black, e si limitò a
picchiettare il suo petto con l’indice:
«L’erba
cattiva non muore mai».
Si
era già voltata e se ne stava andando via, quando Sirius
aggiunse, alzando la voce:
«Ma
può prendersi comunque un raffreddore!»
Lily
accelerò il passo e cominciò a correre non appena
fuori dalla visuale del ragazzo,
letteralmente volando giù per le scale e pregando di fare in
tempo. Aveva appena
varcato il portone che venne investita da un’aria gelida che
la fece rabbrividire;
maledì sé stessa per essersi scordata come una
stupida il mantello, ma temeva di
far danni Appellandolo (tipo investire Gazza e beccarsi una punizione),
così si
risolse ad aumentare l’andatura per tenersi al caldo.
Arrivò
agli spogliatoi giusto in tempo per vedere la squadra Grifondoro
entrare a cambiarsi,
e scambiò un cenno d’intesa con Webb, nei cui
confronti aveva un debito di riconoscenza,
ora. Quella mattina l’aveva supplicato di trattenere James
dentro con le buone o
con le cattive dopo l’uscita della squadra, per
“appianare una certa faccenda”.
Il buon caro vecchio Adam non aveva mosso un ciglio, anzi, i suoi occhi
si erano
illuminati: “Non so cosa sia preso
a
James, ma sta giocando da schifo. Risolvi la situazione e ti
dedicheremo la
prossima vittoria”.
Passarono
i primi dieci minuti, poi il primo quarto d’ora; Lily
cominciava ad innervosirsi
ed aveva appena preso la decisione di provare a spiare quando si
sentì un grido
ed un tonfo. Preoccupata, corse verso l’ingresso, e venne
quasi travolta da tutti
i giocatori che ridacchiavano e si scambiavano pacche comprensive sulla
schiena.
«Ehm,
cosa…», provò a domandare, ma venne
subito bloccata proprio da Webb, uscito in quel
momento.
«Petrificus
Totalus. Vallo a recuperare quando vuoi», le
spiegò, con una certa aria sadica nello
sguardo. Lei annuì e rimase a guardarli andare via, senza
avere il coraggio di entrare
a verificare lo stato di James. Stava giusto meditando sul suo attuale
atto di codardia
indegno di Grifondoro, quando cominciò ad intravvedere una
figura scendere il pendio
erboso. Ringraziò Morgana e Merlino - stare fuori per tutto
quel tempo sudata e
accaldata non era stata certamente l’idea del secolo - e
aspettò che si avvicinasse
abbastanza per prenderlo per un braccio e trascinarlo dentro.
«Lily,
co-»
Sirius
si bloccò immediatamente, e con lui anche la ragazza,
perché James era davanti a
loro, con il didietro scoperto all’aria e gli occhi che
sembravano poter sputare
fuoco.
Ci
fu un attimo di silenzio, prima che Sirius scoppiasse a ridere
sguaiatamente e Lily
corresse a sciogliere l’incantesimo, lasciando che James,
paonazzo in faccia, si
risistemasse come meglio poteva e cominciasse ad urlare contro
l’altro:
«Non
osare ridere di me! Erano tutti contro il sottoscritto, e mi hanno
preso alla sprovvista,
completamente alla sprovvista! Ah, quegli infami me la pagheranno, me
la pagheranno
cara!»
Ma
Sirius non l’ascoltava, troppo preso a rotolare sul pavimento
come… una specie di
cane impazzito, pensò Lily, che nel frattempo non sapeva
proprio come risolvere
quell’ulteriore inghippo.
«Scusate,
penso che-»
«Ahahah!
Ma ti sei visto? Il grande Cacciatore James Potter ridotto al silenzio
e all’immobilità
con le viril terga al vento! Per Godric, dove sono Lunastorta e
Codaliscia quando
servono? Questa batte persino lo scherzo a
Lumacorno…»
Inaspettatamente,
soprattutto per Lily, che già era pronta a domare gli
spiriti, James scoppiò a ridere
insieme all’amico.
«No,
il peggio è stato quando Silente si è visto
volare fuori dalla finestra quello gnomo
nudo…»
Lily
era sicura di non voler sentire altro.
«Sirius
Black e James Potter!», strillò, in una
riproduzione abbastanza fedele della
McGranitt. I due si fissarono negli occhi e cominciarono ad ululare
insieme.
«Cielo,
è uguale!», sfiatò Sirius, con le
lacrime agli occhi, mentre l’altro gli faceva
eco. La già citata piccola, dolce e tenera Lily
sfoderò la bacchetta e la puntò
contro i due, che tentarono inutilmente di darsi un contegno, sdraiati
com’erano.
Molto, molto inutilmente.
«Allora,
non siamo qui per ridere e scherzare, ma per risolvere la questione una
volta per
tutte. Voi due vi volete bene, un bene dell’anima, quindi
siete stati due idioti»,
e la bacchetta espulse delle involontarie
scintille rosse e dorate che fecero morire il ghigno sulle loro labbra,
«a litigare
a causa mia. Potter, potresti amarmi anche più di tua madre,
ma non è comunque un
buon motivo per trascurare i tuoi migliori amici o per sfinirli con
assurde lodi
a mio nome… Black, come si suol dire: è stato
breve ma intenso. Finisce qui».
La
ragazza si voltò e uscì di gran carriera,
ignorando i due, stesi per terra, che
si guardavano con aria complice.
«Che
dici, facciamo pace, vecchio mio?», chiese Ramoso, facendo
sbuffare Sirius.
«Lo
dici solo perché mi ha mollato davanti ai tuoi
occhi», ribatté lui, fingendo di
essere offeso a morte.
«Be’,
ammetto che la cosa abbia aiutato parecchio, sì…
Ma mi mancavi, Felpato, molto semplicemente».
Sirius
rimase steso a fissare il soffitto della stanza per un po’,
prima di rispondere:
«Anche
tu mi sei mancato. Ma non costringermi a ripeterlo».
«Tranquillo,
non intendo neppure litigare più con te. Non
così, perlomeno, e non per lei».
«Non
c’è problema, ora è tutta tua. Ammetto
di essere stato un po’… geloso… di voi
due,
ma conoscendola meglio mi è passata: non posso provare
invidia per il poveretto
che se la sposerà, no davvero!»
«Ehi!»,
replicò James, mollandogli un pugno sul braccio.
«Non mettere in discussione le
mie decisioni!»
«Figurati,
sapevo già com’eri quando siamo diventati
fratelli», rispose l’altro, alzandosi
in piedi e offrendo una mano per aiutare l’altro. Una volta
faccia a faccia, tornarono
seri entrambi.
«Felpato,
mi spiace davvero tanto, sono stato un idiota»,
mormorò, incerto. Sirius aveva sempre
pensato che avrebbe provato una profonda soddisfazione nel sentirgli
pronunciare
quelle paroline magiche, ma in realtà era troppo sollevato
dal fatto che le cose
si fossero sistemate - finalmente - per poterci badare davvero. Non si
sa come,
finirono abbracciati come i due fratelli mancati che erano, con Sirius
che rispondeva:
«Lo
siamo stati entrambi, ora mettiamoci una pietra sopra e non pensiamoci
su».
Uscirono
dagli spogliatoi insieme, uniti come lo erano sempre stati, ridendo e
scherzando
mentre il sole tramontava e regalava ad Hogwarts gli ultimi raggi di
luce.
Ora
era di nuovo tutto come doveva essere.
«Felpato,
scusa, cosa significa: “è stato breve ma
intenso”?!»
«Continua
a mangiare, Ramoso…»
Mea
culpa, è passato un po’ di tempo
dall’ultimo aggiornamento ^^”
Direi
che manca un capitolo e l’epilogo, e poi ci siamo.
Ovviamente
i commenti sono graditi, dato che come al solito si riconferma la
pigrizia intellettuale
di chi mette nei preferiti e poi non commenta… =P Ovviamente
scherzo, ma rimane
comunque un invito a farmi sapere cosa ne pensate.
Alla
prossima!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=787097
|