Quanto un uomo può dimostrarsi bastardo.

di Kira Kinohari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** una nuova vita ***
Capitolo 3: *** In un caldo abbraccio. ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


La pioggia scendeva a dirotto quella mattina e Kira guidava pregando mentalmente che non le capitasse nulla.
Il lavoro la obbligava ad uscire anche con quel tempo e di prender mezzi pubblici all'ultimo minuto non se ne parlava proprio.
Aveva provato a chiamare il suo capo, ma non aveva risposto lui, solo la sua segretaria-porno-fidanzata non propriamente simpatica.
- ti arrangi – le aveva risposto, facendo aumentare la sua rabbia già ai minimi storici.
Sapeva che sarebbe scoppiata e pure presto. Nonostante tutto continuava a guidare stando attenta alla strada che si vedeva e non vedeva, come se ci fosse un mago che si divertiva a fare giochini di prestigio per farla impazzire.
Le lacrime del cielo scrosciavano sul parabrezza che si appannava per la differenza di temperatura che vi era quella mattina tra l'esterno e l'interno dell'abitacolo caldo e confortante.
Kira avrebbe voluto mettere la freccia e fermarsi in una utilissima area di sosta, ma non poteva, assolutamente, permettersi di perdere quel lavoro che le serviva come l'aria nei polmoni.
Era già stata licenziata per ben due volte da uno studio. Il problema non era la sua capacità lavorativa, anzi, era una donna in gamba ed intelligente che aveva sempre aumentato le prestazioni delle agenzie in cui lavorava, il suo unico problema era il tempismo, perchè quasi sempre arrivava in ritardo.
Questa volta non se lo sarebbe permesso. L'aveva promesso a se stessa che questo era il lavoro perfetto.
L'aveva aiutata un suo amico, beh, il suo migliore amico gay, nonchè amico del suo direttore. L'aveva consigliata elogiandone le virtù e Mister Hiwatari non aveva potuto far altro che accettare il mio curriculum vitae perfetto.
Beh, cosa si puo' dire di una diplomata e laureata con il massimo dei voti? Assolutamente nulla, carriera scolastica perfetta e anche lavorativa, se non si contano i contrattempi.
Da quando era stata assunta, sei mesi prima, presso la "H&Co." non aveva fatto altro che buttarsi sul lavoro, fissa come un camion. Non aveva più pensato ad altro, non agli amici che la sentivano sempre più distante, non all'amore che aveva categoricamente eliminato dalla sua vita, non alla famiglia che la aspettava a pranzo ogni week-end, ma ogni volta riceveva pacco perchè Kira era troppo presa a fare pure gli straordinari pur di non perdere quel dannato posto di lavoro. Era troppo, troppo importante.
Arrivò al suo ufficio quando scattavano esattamente le 07:00:59, come segnava l'orologio della macchinetta presso cui i dipendenti timbravano entrate e uscite di lavoro.
Quella sua fortuna fece imbestialire Hilary, la porno-segretaria, che era già pronta a farle chissà quale richiamo a cui, sicuramente, il suo ometto, direttore, avrebbe ubbidito come un cane, perchè per due gambe aperte e un paio di tette grandi, seppur rifatte, gli uomini farebbero qualsiasi cosa.
Non era una teoria nata dal nulla per la ragazza rossa che stava già battendo i tasti sul suo HP ultimo modello. Aveva sviluppato questa sua idea già da qualche anno perchè nella sua vita ben tre uomini l'avevano lasciata per un bel paio di tette e un triangolino ben in vista. Il suo ultimo ragazzo l'aveva tradita praticamente davanti ai suoi occhi con una ragazza squillo che stava facendo la lap-dance nel locale in cui erano finiti a ballare.
Quell'ultimo pensiero aveva peggiorato il suo umore già precario. Il suo collega, che batteva tasti alla scrivania affianco, era diventato ormai amico fidato e si accorse immediatamente del cattivo stato psicologico della ragazza, quindi senza indugio le chiese cosa succedeva, ma lei non scucì nemmeno una parola. Non si sentiva di parlare in un momento del genere.
Le pratiche scorrevano sul computer, doveva cercarne una precisa perchè il suo capo aveva deciso di riaprire quella pratica vecchia e chiusa. L'azienda in questione aveva perso quote e ottenerne la cessione sarebbe stato più facile ora che crollava a picco.
Paziente come una formica che prepara le scorte per la stagione invernale, Kira cercò la pratica, la riaprì, effettuò numerose chiamate ed infine riuscì ad organizzare un incontro tra i due direttori nel primo pomeriggio del venerdì della settimana.
Una volta finito il suo lavoro lasciò tutto sulla scrivania del capo, che si stava allegramente strusciando con la sua fidanzata in bagno, e si diresse alla sua scrivania, pronta a una nuova missione aziendale.
Kira era così, la ruota più importante del carro e quindi, quella a cui erano affidati i compiti peggiori, più infimi e difficili, ma lei riusciva sempre, proprio per quello il suo stipendio nell'ultimo mese era aumentato di quasi il doppio.

La sveglia delle sette che trillava sul suo banco da lavoro la fece sospirare di gioia, finalmente un'altra giornata era finita e lei era libera. Beh, libera giusto per il tempo che le serviva quella sera.
Il suo amico, quello che l'aveva aiutato a cercar lavoro presso la "H&Co.", aveva deciso di dare un party in casa sua per il suo ormai trent'anni e, naturalmente, la sua migliore amica non sarebbe mancata per nulla al mondo. Non quella sera.
Dopo una doccia calda e rilassante, indossò un abito color salmone che le stava un incanto e si diresse verso la villa che distava poco più di un isolato da casa sua.
Con in mano il suo sacchettino della "Abercrombie" e un sorriso stampato sul volto suonò al campanello. Le aprì un ragazzino che avrà avuto sui sedici anni, all'incirca. Aveva dei corti capelli rossi, indossava jeans chiari e maglietta blu tendente al verde.
- buonasera Daichi. - disse sorridente. - ehilà Ki, Takao ti sta aspettando! - Fremente per abbracciare l'unica persona che davvero riusciva a capirla e farla stare bene, Kira si diresse a grandi passi verso la sala, dove molta gente stava già parlottando mentre sorseggiava champagne di marca, e gli si gettò al collo.
Lui era bellissimo con la sua camicia blu notte, i pantaloni neri e lo sguardo da giovane ribelle determinato che le piaceva tanto.
L'accolse tra le sue braccia forti e familiari, quelle stesse braccia che l'avevano consolata per numerosi anni. Tutta la stanza taceva di fronte a quella dimostrazione d'affetto, stupiti dalla cosa.
vi chiederete come mai, beh, il fatto è che Takao era un ragazzo dolcissimo e sempre disponibile, con il tempo si era fatto davvero carino, ma nessuno avrebbe mai pensato che si sarebbe innamorato di un ragazzo esattamente come lui.
Josu uscì dalla cucina con un piatto di sushi appena fatto e sorrise vedendo la scena che aveva stupito tutti.
Aveva due occhi neri piccoli, ma intensi. Il naso era l'evidente segno che la perfezione esiste, come del resto il suo corpo. Aveva folti capelli biondi che gli ricadevano sulle spalle. Sì, certo, era un biondo tinto, ma a lui stava d'incanto perchè era in totale contrasto con i suoi occhi bellissimi.
Ogni donna sarebbe stata tentata di violentare quel povero ragazzo, ma lui non si sarebbe fatto toccare da nessuna, lui preferiva i ragazzi, anzi Takao.
Erano fidanzati da cinque anni e convivevano da quattro. Si erano conosciuti in un pub in cui lui cucinava e, come tutti sapranno, Takao è sempre stato una buona forchetta, così scoprirono di formare la coppia perfetta e di poter provare chissà quali squisitezze con la frutta i dolci e le lenzuola.
A Kira non aveva mai dato fastidio che il suo migliore amico fosse gay, per lei rimaneva il Takao delle elementari, delle medie, delle superiori. Il campione mondiale di beyblade che aveva dimostrato come impegno, passione e gioco di squadra potevano vincere tutto. Era rimasto il suo amico di sempre anche se quel suo amato sport gliel'aveva portato via per qualche anno.
esattamente come successo per Takao, diventato un critico gastronomo, nessuno si sarebbe mai pensato di vedere Kai alle prese con una azienda e fidanzato con quella che doveva essere la ragazza di Takao.
Josu si avvicinò alla ragazza che stava tra le braccia del suo uomo e le stampò un forte bacio sulla fronte.
Se Takao era il suo migliore amico, beh Josu era il fratello maggiore mai avuto. Si preoccupava di lei come nessuno.
Le era stato accanto quando era stata male per amore, ma non come Takao che era rimasto a dormire da lei, no. Josu era andato a prendere Nyoshi direttamente sotto casa e gli aveva lasciato un occhio nero, molto nero. Si era comportato esattamente come un fratello anche quando aveva passato con lei la notte in cui l'avevano operata di appendicite.

Due ore dopo la ragazza rossa era seduta sulla poltroncina di velluto color crema. Tra le mani teneva un drink, il vestivo le scivolava dolcemente sulle cosce sode che una mano stava accarezzando.
Il suo ex la guardava con occhi languidi.
- oh Hitoshi, chi non muore si rivede. -
- sei ubriaca, anzi, di più. -
- ti andava bene finchè ti scopavo. -
L'acidità di lei potrebbe sembrare ingiusta, ma lui era stato un vero bastardo. Mentre fingeva di "innamorarsi" di lei al punto di chiederla in sposa si scopava contemporaneamente la sua migliore amica e sua cugina. Un mezzo incesto e un tradimento sgradevolissimo, cosa poteva fare di peggio?
- ce l'hai ancora su con me? -
- ovvio, sei un bastardo. -
Lui si era messo a ridere, sapeva di esserlo e questo lo compiaceva. Mentre sorrideva di quel suo sorriso sghembo da ragazzo cattivo si avvicinava alla sua bocca per poterle rubare ancora un bacio, anzi di più.
- emh emh. -
Una voce profonda riuscì a fermare quell'uomo dal comportarsi come un perfetto stronzo ancora una volta. Era alto, non quanto Hitoshi, il fratello del festeggiato, ma era sicuramente più bello. Aveva un'aria regale e di fatti la sua famiglia era una delle più importanti di quelle giapponesi. Il suo impero, seppur d'affari, faceva di lui un Re.
- si Kai? -
- saresti così gentile da lasciare stare la mia dipendente? Sai, mi serve a lavoro. -
I due si scambiarono un paio di sguardi gelidi e poi il più vecchio se ne andò.
Kira era distesa sul divanetto, aveva gli occhi lucidi di lacrime e il bicchiere vuoto. Il decimo bicchiere vuoto di margarita.
- non amo che le mie impiegate si ubriachino alle feste nei giorni lavorativi. Soprattutto se sono le migliori nel loro campo. -
Kira ebbe un sussulto. Le dita fredde di lui che le sfioravano i capelli, le provocavano brividi che la scuotevano nei più profondi punti della sua mente.
- capo? Cosa ci fa lei qui? -
- sono amico del tuo amico, ricordi? È il motivo per cui ti ho assunta. -
- pensavo mi avesse assunta per il mio ottimo curriculum. -
La sua spontaneità faceva ridere Kai che l'aveva vista solamente in abiti eleganti, da lavoro. Arrivava ogni mattina con il suo classico pantalone lungo, la camicia a mezze maniche e la giacca. Nessun trucco, i capelli raccolti, le maniere educate.
Vederla su quel divanetto, con un vestito corto, un bicchiere tra le mani, senza alcun ritegno e controllo, lo faceva divertire parecchio.
- anche, ma soprattutto perchè Takao ci teneva. -
- molto carino da parte tua, Hiwatari. -
Non gli aveva mai rivolto la parola con quel tono strafottente, era sempre stata educata e rispettosa, beh, naturalmente non erano in ufficio.
- che ragazzina impertinente. -

Bip-bip-bip La sveglia stava suonando da un bel po' di minuti e la testa le continuava a far male da tutta la notte.
Quando aprì gli occhi per spegnere l'aggeggio si ritrovò nel suo letto con il vestito salmone ancora indosso.
"oh merda, come ci sono tornata a casa?"
Continuava a ripensare alla serata precedente anche mentre guidava la sua Toyota Aygo grigio metallizzato. Le solite strade scorrevano sotto le ruote, una svolta a destra, poi due a sinistra. Il solito semaforo rosso che durava un'eternità, la solita coda di dieci minuti.
La routine quotidiana era una salvezza per lei quella mattina, perchè la sua testa era altrove, si chiedeva cosa fosse successo. Lei ricordava solo Hitoshi che la toccava e il suo cuore lo riconosceva e soffriva, ancora una volta.
Avrebbe dovuto chiamare Takao e Josu, uno dei due le avrebbe detto cos'era successo.
"per piacere, fa che non sia finita a letto con lui."
Arrivò in ufficio alle 06:59:59. Strisciò la carta nel nastro apposito e si diresse verso la sua scrivania.
Mentre i nomi scorrevano sul computer e lei riempiva i cataloghi personali dei clienti in modo meccanico, il suo cervello scorreva le immagini del periodo passato con il maggiore dei due Kinomiya. Il suo amico l'aveva avvertita, ma lei era innamorata. Innamorata fin da quando era piccola e lui era partito per fare ricerche con suo padre. Innamorata dalla punta dei capelli a l'ultima cellula di pelle dei piedi.
Lo amava ancora.
Si ricordava perfettamente che la notte prima aveva pianto per quei suoi baci che la infiammavano esattamente come la prima volta.
Si era ripromessa niente più amore, non avrebbe perso il posto per nulla al mondo, ma Hitoshi era stato il suo sogno pressocchè da sempre.
Nemmeno il lavoro riusciva a distrarla, ma si concentrò con il massimo delle sue forze, saltò il pranzo, le due pause da cinque minuti e, come una macchina, continuò a sbattersi di qua e di là per poter risultare un'ottima impiegata, la migliore.
La sveglia delle sette, la solita sveglia di fine lavoro.
Kira era muta davanti al computer, per cercare di non pensare aveva controllato uno per uno i documenti dei clienti e aveva scoperto qualche giretto sporco da uno dei fidatissimi del capo. Presa da quella sua inquietante scoperta, spense la sveglia senza accorgersi che il suo turno era finito.
A quanto pare Mister Newton, l'americano manager della "Compton U.S.A." stava facendo dei giochetti con altre aziende, e questo l'aveva scoperto facendo qualche telefonata ad amici di altre corporazioni che erano interessati allo stesso modo alle informazioni.
Insomma, un lavoro perfetto, si era detta.
- dai Kai, ho voglia piccolo. -
La voce mielosa della segretaria sexy del capo fece risvegliare Kira come da un incantesimo. Non si era accorta della sveglia, delle chiamate ricevute dal suo vicino di casa che la aspettava per un'intervista d'affari né del tempo che scorreva veloce sullo schermo del computer.
Si alzò di fretta, cercando di fare il minor rumore possibile, e timbrò la sua uscita, poi si diresse alle scale, ma vi trovò i due piccioncini che stavano limonando.
"merda".
Kai aveva gli occhi aperti, mentre la sua ragazza si strusciava a lui con occhi chiusi e sognanti, così la vide e la fissò per poi farle l'occhiolino.
Kira, spaesata, stava giusto prendendo le scale per sparire, quando Hilary si accorse della sua presenza.
- che cosa ci fai qui brutta spiona? -
- veramente ho finito tardi il turno perchè ho trovato delle buone informazioni, ma ora vado così non vi disturbo. Ne parlerò domani con il signor Hiwatari, se vorrà ascoltarle. -
- voglio ascoltarle, ma subito. Se non le dispiace signorina Kinohari. -
- no, certo che no. - asserì la ragazza fissando con aria trionfante la segretaria che non sopportava.
Capo e impiegata si diressero nell'ufficio di lui seguiti dal bravo cagnolino, quando si furono seduti sulle comode poltroncine di pelle, Kai, con aria fredda, si voltò verso la sua ragazza liquidandola con un'espressione poco dolce e gentile. Lei corse via impettita guardando l'altra ragazza con disprezzo.
Kai era stufo del comportamento di quella ragazza, era troppo appiccicosa e troppo falsa. Si permetteva di trattare con i suoi dipendenti e di fare quello che voleva in azienda, ma non era per quello che l'aveva assunta. In realtà il suo compito doveva essere quello di pulire l'ufficio e stare attenta alle cose più piccole, come la carta nella fotocopiatrice o l'acqua nel distributore. Cose del genere, insomma, ma poi lei si era preso tutto ciò che non le spettava a letto.
Quel ragazzo tanto solitario e forte e indipendente aveva finito con il farsi fregare per un po' di sesso e nemmeno a lui scendeva giù questo fatto. Si sentiva debole per colpa di una ragazzina stupida.
- bene, di cosa mi voleva parlare? - chiese gentilmente a Kira.
- vede, c'è un cliente della società, uno dei fidatissimi, che sta facendo il doppio gioco con lei e altre aziende. -
Dopo quella prima frase si era catapultata in una descrizione dettagliata della situazione mostrando appunti delle telefonate, e altri documenti che provavano questo giochetto sporco.
Due ore dopo aveva, finalmente, finito la sua spiegazione.
L'orologio batteva le ventidue e trenta spaccate.
- molto bene Kinohari, molto bene. -
- ora, dovrei andare se mi permette. -
- certo e prenditi un giorno di ferie quando vuoi, mi sembra il minimo. - le disse rivolgendole uno sguardo pieno di un'emozione che non riusciva a decifrare.
Quando arrivò a casa, una buona mezz'ora dopo, spiò dalle finestre se il suo vicino fosse in casa. C'era, perchè la macchina era parcheggiata al solito posto, ma le finestre erano buie. Nessuna luce appariva, segno che stava già dormendo.
"passerò domattina".

Il domattina era arrivato decisamente troppo presto e Kira aveva ancora molto sonno, soprattutto perchè il suo sonno era stato disturbato dai sogni che le ricordavano il passato. Ancora oggi pensare alla sua migliore amica Brittany, la bionda americana che era andata a vivere da lei perchè erano praticamente inseparabili dall'infanzia, che si scopava il suo ragazzo nel suo letto, beh, la faceva stare male.
Non stiamo parlando di una cosa psicologica, no parliamo di un male fisico, reale, oltre a quello che le contorceva la mente strizzandola come fosse una spugna.
Appena alzata era scesa in camicia da notte dal suo vicino giornalista che aveva deciso di scrivere un articolo sulla giornata di una segretaria.
toc-toc - si? - rispose una voce debole dall'altra parte della porta verde scuro.
- signor Kiwazaki, sono Kira, le vorrei proporre un nuovo tipo di intervista visto che ieri sera sono tornata molto tardi dal lavoro, e in più vorrei concederle un'esclusiva nel caso potesse succedere qualche fatto di interesse. -
Non sapeva nemmeno lei come fosse riuscita a farsi perdonare e a convincerlo di darle una seconda possibilità, ma quel giorno passò tutto il tempo con il suo vicino affianco che prendeva nota del suo lavoro. Era il nuovo tipo di intervista che lei gli aveva proposto e che sia lui che il suo capo avevano accettato.


Le settimane passavano una dietro l'altra, ogni giorno Kai si avvicinava sempre più a Kira per via del caso del cliente. Stavano architettando un modo per ripagarlo dei suoi inganni e quindi lavoravano uno affianco all'altro per numerosi giorni.
Pranzavano insieme e spesso cenavano a casa di lui, finendo il lavoro tardi. Formavano una coppia d'affari perfetta e proprio per quello lui aveva deciso di promuoverla socia al 40%.
Anche quella sera erano a casa di lui. Kira si era messa ai fornelli mentre Kai continuava a parlare con il suo migliore amico, nonchè confidente personale.
Mezz'ora dopo stavano cenando davanti a un buon vino, di quelli italiani, importati a chissà quale prezzo pauroso.
- Kira, mi spieghi cosa ti succede negli ultimi giorni? -
- io non ne ho idea, mi sento molto stanca e ho spesso conati di vomito, credo che dovrei andare a fare due analisi. -
- oh merda. Senti, ti devo parlare di una cosa. -
- che cosa? -
- quella notte, al compleanno di Takao... -
- aspetti, devo fare di nuovo pipì. -
Era incredibile quanto fossero diventati amici, confidenti.
A Kai pesava quel ricordo sul petto come un masso, voleva toglierselo, ma allo stesso tempo avrebbe voluto che quella notte rimanesse solo per lui.
- scusi capo, non mi sento per niente bene, me ne vado a casa. -
Kira arrivò di fretta in salotto e prese velocemente borsa e cappotto. - ferma, ti accompagno. -
La portò fin sotto casa con la sua mercedes costosa, ma durante tutto il tragitto in lui stava avvenendo una specie di battaglia interiore in cui le due parti erano la voglia di raccontarle tutto e la voglia di tenere tutto dentro ed aspettare.
Per sua natura sapeva che avrebbe vinto la seconda, e dopo tutto poteva sempre dare la colpa a Kinomiya nel caso fosse successo quello di cui più aveva paura.
"che merda di uomo che sarei."
Il ragazzo era davvero combattuto e si sentiva debole di fronte alla seconda donna che l'aveva stupito fin da subito. Era forte e fiera ed intelligente, il suo corpo era una scultura che lo invitava in chissà quali sogni.
Molte volte aveva sognato di fare l'amore con lei mentre era a letto con Hilary. Lei pensava che quegli occhi chiusi volessero dire intesa ed emozione, in realtà lui immaginava la sua miglior dipendente sotto le sue mani. Era un'ossessione e per questo, quando quella sera si presentò l'opportunità di averla, non aveva resistito a fare la scelta sbagliata.
"che stronzo."
Continuava ad insultarsi così, mentalmente, ad ogni chilometro si diceva qualcos altro e intanto pensava a Kira, una possibile dipendente incinta. Di lui.

Il telefono squillava ancora, aveva provato a farlo tacere, ma chi voleva chiamarlo era davvero insistente.
- pronto. - rispose con la voce impastata dal sonno.
- capo, ecco io, sono al pronto soccorso. Mi sono venuti a prendere qualche ora fa con l'ambulanza e sto attendendo l'esito delle mie analisi. -
- merda, perchè non mi hai chiamato prima!? -
- non volevo disturbarla, non mi sembrava giusto. -
- oh Kira, sono il tuo futuro socio, devi smetterla di darmi del lei e di vergognarti. Dammi qualche minuto e arrivo. -
- ma capo, tra qualche ora dovrà andare in azienda. -
- ci penserà Hilary. -
Dovete sapere che Hilary e Kai avevano rotto, per volontà dell'ultimo. Nonostante tutto la ragazzina era rimasta a lavorare in azienda perchè dopo tutto quel tempo insieme si era affezionato in qualche modo.
Kira era sdraiata sul lettino dell'ospedale.
- signorina, si calmi. Tra poco arriveranno i risultati, siamo sicuri che non sia nulla di grave. - la voce della dottoressa era davvero tranquilla, ma la poveretta si stava un po' alterando nel vedere la sua paziente così agitata.
- mi dispiace, vorrei essere calma. -
La testa di un infermiere giovane ed inesperto nel campo sbucò dalla porta bianca, come pareti e finestre e qualsiasi cosa in quel luogo il cui odore era assolutamente riconoscibile.
- dottoressa, c'è un signore che vuole passare. -
- è un familiare? -
- dice di essere il fratello maggiore. -
La dottoressa sbuffò un poco e poi diede l'ordine di farlo entrare.
Kira si aspettava di veder entrare dalla porta dell'ospedale il suo capo, l'unico che aveva chiamato, ma si ritrovò davanti il suo fratellone Josu. Beh, non fratello di sangue, ma di scelta.
- oh Josu, che ci fai qui? -
Kira scese velocemente dal letto per abbracciarlo, ma lui la sgridò e la riportò a letto, dove doveva stare secondo gli esperti.
- per piacere, faccia stare calma sua sorella, vado a ritirare i reperti. -
- certo. -
Josu sorrise caldamente alla dottoressa e poi si rivolse verso Kira.
- il tuo capo ha chiamato Takao che ha chiamato me e io sono corso. -
- grazie. -
L'abbraccio che seguì durò parecchi minuti, tanti da coprire l'intero periodo di tempo che servì alla dottoressa per arrivare con i risultati. In volto aveva stampato un sorriso.
- bene signorina Kinohari, abbiamo i risultati e il motivo del suo malessere. -
- che cos'ho? -
- lei è incinta, signorina. Congratulazioni. -

La sconvolgente notizia aleggiava ancora nella mente della ragazza che stava seduta sulla panchina dell'ospedale con affianco gli unici uomini della sua vita che ancora non l'avevano tradita e che sapeva non l'avrebbero mai fatto.
"sono incinta. Sono incinta. Di chi cazzo sono incinta"
Sapeva benissimo di essere rimasta incita la sera del compleanno di Takao, anche perchè erano mesi e mesi che non faceva nulla con i ragazzi, quindi poteva essere successo solo in quella notte misteriosa.
- ragazzi, perchè avete permesso a Hitoshi di portarmi ancora a letto? -
Non era arrabbiata mentre faceva quella domanda ai suoi amici, solo curiosa.
- cosa? Quando? - Takao era davvero sconvolto.
- che cosa ha fatto quel verme? - Josu, davvero incazzato.
- sì, alla festa di Takao, mi ricordo solo che lui è venuto a parlarmi e poi basta. -
I due ragazzi si guardarono un attimo, poi Takao sbuffò e si rivolse alla sua migliore amica.
- non sei finita a letto con mio fratello quella sera. Kai è venuto a salvarti, poi ha visto in che condizioni eri e ti ha portato a casa, tutto qui. -
- è di Kai, Kira. -
- di Hiwatari? Il mio capo? -
- beh, sei uscita con lui, quindi... -
- che bastardo. -


- mi dispiace, non lo riconosco. -
- COSA? -
Kira era rossa in volto mentre l'uomo che l'aveva cacciata in quel casino se ne stava lavando le mani.
- non è nelle mie responsabilità. -
- certo, mi hai scopata, mi hai messa incinta, mi hai mentito e ora mi arrangio. Bene, trovati un'altra dipendente, me ne vado. -
- aspetta Kira, non dire cazzate! -
- ma vattene a fanculo! -

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Capitolo 2
*** una nuova vita ***


tre anni dopo

Kira stava aggiustando i capelli alla sua unica ragione di vita. Divideva piano i capelli, con la riga in mezzo, un codino a destra e uno a sinistra. I capelli blu scivolavano sulle spalle.
- mammina, ho fame. -
- ora la mamma ti fa il lattone tesoro, tranquilla. -
Un ragazzo bruno, vestito di tutto punto, con abito blu notte e camicia azzurra si avvicinò alla bambina con un biberon di "Barbie" tra le mani.
- tieni tesoro. -
- grazie papy. -
La donna si avvicinò all'uomo e lo baciò con passione. I due si sorrisero e poi lei corse di sopra a finire di prepararsi mentre il suo uomo si prendeva cura della loro bambina.
Indossò il suo vestito color crema, gli orecchini e la collana di perle, prese la cartellina di pelle marrone scuro che stava sopra il comò della camera e scese al piano inferiore.
- amore, porto io la bambina, tu mettiti i tuoi tacchi alti e fammi vedere che sei una donna che fa il culo a tutti i più grandi direttori delle imprese famose. -
- come ogni giorno amore mio! -
Eh già, Kira era diventata una donna in carriera, in gran carriera. Aveva fatto passi da gigante a New York, la città in cui si era trasferita.
Con le sue credenziali l'avevano assunta in modo immediato a capo di un reparto, poi l'anno dopo l'avevano promossa a vice-direttrice ed infine a dirigente, da qualche mese.
Era diventata piuttosto ricca e soddisfatta di sè e della sua famiglia.
La bambina di cui era incinta ora aveva un padre, si chiamava Brian, aveva cinque anni in più di Kira ed era un famoso avvocato.
Quando avevano iniziato a frequentarsi grazie al lavoro lui si era subito innamorato ed aveva accettato la piccola Hope come sua leggittima figlia, riconoscendola.
Erano la famiglia Mc Lennon.

- signorina Kinohari, la voglio al telefono. -
- oh, sì Mary Ann, passami la chiamata. -
- buongiorno Kinohari, sono Jhonson, le volevo dire che Tra tre giorni ci sarà il ritrovo a Tokio per la fusione con la Sujitsu, lei non deve assolutamente mancare. -
- e non mancherò, ne stia certo! -
- sapevo di poter contare su di te! Bene, buon lavoro! -
Uno sbuffo.
- Mary Ann, mi chiama Brian per piacere? -
- certo capo! -
Sapeva che Brian non avrebbe preso benissimo la questione visto che conosceva ogni dettaglio del suo passato, ma sapeva anche che si fidava di lei. La bambina sarebbe rimasta con la nonna Miranda per un paio di giorni, forse tre.
Sarebbe partita il venerdì pomeriggio, sarebbe arrivata in albergo, avrebbe riposato, la mattina dopo avrebbe dimostrato a tutti che era una dirigente con le palle e poi sarebbe tornata a casa domenica, non senza prima salutare due persone molto importanti.

Il giorno della partenza era arrivato troppo presto. Hope cercava di non fare troppi capricci, era una bambina indubbiamente intelligente, ma aveva bisogno della sua mamma, aveva solo due anni e mezzo.
- amore mio, la mamma torna prestissimo e ti porta qualcosa di bello da Tokio, che cosa vorresti? -
- Hello Kitty! -
- allora la mamma ti porterà la tua Hello Kitty. -
- mi manca mamma. -
- e tu manchi a me. -
Mamma e figlia erano strette in un abbraccio di quelli dei film, con tanto di lacrimoni agli occhi e bacetti schioccanti che Kira lasciava sulle guance della sua bellissima bambina.
- torna presto amore mio. - le disse l'uomo che l'amava al punto da farle scudo con la sua vita.
- più presto possibile. Ti amo. -
- ti amo anch'io. -

La riunione aveva preso una piega insopportabile, stavano litigando come fossero bambini piccoli che si dovevano spartire una povera mela, ma continuando così la mela finiva polverizzata dai loro pugni di piccoli frignoni.
- ora basta! Datevi un controllo, per favore! -
Non sapeva neppure lei come le era uscito di urlare così nella folla, forse la vita di mamma l'aveva un poco scombinata sul lato "pazienza", ma questo giocò a suo favore perchè tutti si zittirono.
- siamo qui per mettere in pratica una fusione di un'azienda, ma sembra che voi tutti pensiate di essere ad un asilo nido! Insomma, urlate come matti, vi insultate a gran voce, ma siamo arrivati ad essere in una jungla nel ventunesimo secolo? - .
Nessuna risposta.
- allora, se siete interessati alla fusione, iniziate ad abbassare i toni, si parlerà uno alla volta e si lascerà il tempo di finire il discorso prima di controbattere, oppure siete liberi di tornare ai vostri uffici, signori. -
Molti avrebbero pensato di avere davanti agli occhi un dittatore, ma era solo un modo di mantenere l'ordine e in quella stanza vigeva un ordine perfetto sotto il controllo di Kira.
In due ore risolsero la questione e tutti si congratularono per il grande controllo che aveva saputo mantenere, avrebbero parlato molto bene di lei se mai avessero dovuto descriverla o commentare il suo operato. Era un'ottima dirigente e questo la rendeva fiera di sé.
Nell'uscire dalla stanza con la sua cartellina blu, come il vestito che indossava, andò a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno.
- oh, mi scusi io... -
Le parole le morirono in gola quando si rese conto di esser andata a sbattere contro l'unico essere che voleva non rivedere mai più in vita sua.
- Kira? -
- non quella che conoscevi tu, Hiwatari, addio. -
Con una mossa d'anca uscì dalla stanza in gran fretta e si diresse al suo albergo. Dopo una bella doccia prese una macchina della Hilton Tokyo Hotel, e si diresse verso il paesino in cui era cresciuta
Non le fu difficile trovare la casa che cercava, anche perchè sapeva che al piano inferiore della casa era stato costruito un ristorantino di sushi davvero delizioso e altamente "quotato" per restare in tema aziendale.
Entrò nel localino rimanendo affascinata dalla eleganza del luogo. Un ragazzo alto le andò a sbattere incontro.
"che giornata da autoscontri" si disse.
- mi scusi, stava cercando un... tavolino? -
Il ragazzo la squadrava cercando di riconoscerla, ma lei gli saltò al collo.
- oh Josu, quanto mi sei mancato! -
- Kira? -
- proprio io! -
- Takao, muoviti, c'è Kira! -

Durante il viaggio stava pensando a quella serata tra i suoi "uomini", le ricordava tanto il passato e quel passato le mancava davvero molto. Aveva raccontato loro di Hope, li aveva invitati a casa sua. Poi erano andati a comprare tutti insieme un mega pupazzo di Hello Kitty, che ormai era una fissa per tutte le bambine, e altri gadget strani che le sarebbero piaciuti.
Quando era dovuta andare a Londra, in Europa, le aveva portato qualche pupazzo dal Disney store, di personaggi dei classici Disney, ed era stata contenta, sperava che sarebbe successo anche quella volta, ma soprattutto non vedeva l'ora di riabbracciarla.

Hope dormiva nel suo lettino, aveva deciso di usare il mega pupazzo della gattina giapponese come compagna per il té delle cinque, una fissa di sua nonna Miranda.
- quanto ti è costato quel coso? -
- un bel po', ma farei qualsiasi cosa per renderla felice. -
- a lei bastava che tu rimanessi qui. -
- e per rendere felice te, cosa devo fare? -
- rimanere sempre qui, con me. -
- mh, credo che mi costerà meno fatica di ciò che credi -
I due si erano attorcigliati sul letto, si stavano dando lunghi baci mentre le mani coccolavano i corpi che da troppi giorni erano soli.
- mi manca far l'amore con te, Bri -
- anche a me, e credo che questa notte non dormirai molto! -
- interessante avvocato Mc Lennon, continui la sua tesi. -
E i baci continuarono, e continuarono e continuarono.

- buongiorno principessa. -
La ragazza dai capelli neri sorrise all'uomo che era arrivato nella stanza con il tavolino della colazione a letto.
Due cappuccini, due croissant, zucchero, rosa e un simpatico e curioso biscotto della fortuna cinese.
- oh, come mai questo trattamento da regina? -
- ho detto principessa, non regina, amore mio. -
La ragazza sorrise e baciò il suo principe.
Con Brian al suo fianco poteva davvero dire di essere felice. Una figlia bellissima, un uomo che l'amava, un buon lavoro e una casa accogliente.
"non posso volere nulla di più, è tutto perfetto".
Dopo la colazione si misero sul letto a guardarsi negli occhi.
- sai, è lunedì e tra mezz'ora devo essere a lavoro. -
- oh, mio dolce amore, il lavoro ti fa male, sai? -
- cosa? -
- oggi è festa in città, ricordi? -
- oh cavolo, hai ragione! - disse accoccolandosi tra le braccia di Brian – meglio così staremo tutto il giorno insieme, dopo tanto. -
- già, stasera però Hope starà con mamma e tu con me, soli soletti. -

La giornata era passata meravigliosamente. La famiglia Mc Lennon si era vestita bene, ed era uscita. Una scappatina al Central Park, poi il pranzo da Steak House, poi i giochi e le giostre e la spesa. Hope si stava divertendo un mondo e Kira era felice di vedere la sua famiglia unita.
Stava ripensando alla giornata mentre era seduta in un tavolino di Chanterelle.
Indossava un abito lungo color senape ed era semplicemente meravigliosa. Brian le accarezzava la mano con il pollice mentre attendevano il dessert.
- amore, come mai hai voluto darmi il biscotto della fortuna questa mattina? -
- ti ricordi cosa c'era scritto? -
- certo, "la giornata che trascorrerai sarà la più importante della tua vita" -
- che brava studentessa! -
Le baciò la punta delle dita.
- bene, chiudi gli occhi ora, e preparati ad essere sorpresa. -
Kira ubbidì e quando aprì gli occhi si ritrovò un anello di diamanti paurosamente bello che le luccicava davanti agli occhi.
- Kira Kinohari, mi vuoi sposare? -
Il cuore le batteva forte nel petto. Si sentiva elettrizzata, emozionata e spaventata tutto allo stesso tempo.
- assolutamente sì. -
- oh, grazie. Ti amo! -
La coppia si unì in un bacio romantico da far venire il voltastomaco, ma che provocò un applauso scrosciante in tutta la sala.

- ciao amico, ti ho trovato tutto quello che hai chiesto. È stata dura, ma alla fine sono riuscito ad ottenere le informazioni importanti. Dovrai partire per l'America, se vuoi averla. -
- partirò domani stesso. -
- bene, prima passa a prenderti i fogli che ti servono. -
- certo, amico. -

Completo costoso, occhiali da sole, valigia di marca, di quelle solide che nessuno riesce a graffiare.
Un biglietto sola andata tra le mani e una sigaretta.
- volo 7845 signore. -
- grazie Yukotsu. -

Il volo partì ed iniziò la fine.

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Capitolo 3
*** In un caldo abbraccio. ***


Kira sbuffò seduta sulla sua poltrona di pelle nera. Le cose tra lei e Brian sembravano essere crollate a qualche giorno dalla proposta di matrimonio. Era sempre molto staccato e scortese con lei.
Molte volte lei aveva provato a chiedergli la ragione di tutto quel comportamento, ma lui rimaneva sempre sulle sue dando la colpa al lavoro e ai colleghi, allo sport e al suo stupido carattere.
"L'unica cosa che ha di stupido il suo carattere è la mancanza di coraggio nel dire la verità" pensò la grande manager.
- signorina Kinohari -
- si? -
- c'è un uomo che vuole avere un colloquio con lei. -
- mh, fallo entrare. -
Stava giocando con la sua penna piumata che la sua bambina aveva voluto comprare a coppia. - una per me e una per te, mamma. - le aveva detto e lei aveva accettato come faceva sempre.
- cavolo, giochi ancora con le penne? -
La sua voce le aveva fatto venire la pelle d'oca. Non aveva certo bisogno di voltarsi per sapere che lui era lì.
- posso chiederle cosa la porta qui signor Hiwatari? Ci sono molti chilometri dalla sua amata capitale alla sede della mia azienda. -
- naturalmente sono passato a congratularmi con te, piccola mia. -
- non sono piccola e soprattutto non sono tua. -
- questo perchè mi sei fuggita per troppo tempo, ma ora ti ho trovata e tu sarai ancora mia, questa volta per sempre. -
Kai amava ammirarla, le era mancata tantissimo e vederla in tutto il suo splendore, immobile, davanti a sè, con quello sguardo carico di emozioni intense, per lui, lo mandava in fibrillazione.
Sarebbe stata sua a qualsiasi costo.
"Ora lo caccio via a calci" pensava Kira guardando in faccia quell'uomo che odiava dal più profondo del suo cuore.
Lui non sapeva cosa voleva dire prendere e partire per un nuovo stato, incinta, con nulla in mano se non pochi soldi risparmiati da una vita. Non sapeva cosa voleva dire farsi da sola, un'azienda nuova tutta.
Kai sapeva solo avere con uno schiocco di dita, perchè tutto gli era concesso, perchè aveva tutto per diritto di nascita, perchè era sempre stato ricco e senza un cuore.
- mi dispiace dirglielo, ma se non ha nulla di cui parlarmi di davvero importante può andarse, grazie. -
Muovendo solamente due dita richiamò su di sé l'attenzione di Mary Ann che capì istantaneamente cosa doveva fare.
Entro pochi secondi i due addetti alla sicurezza sarebbero stati lì, pronti a portarsi via il disturbatore.
L'inferno era finito, per ora.

Non era certo facile per Brian assimilare tutte quelle verità sulla sua futura consorte, ma Kira era sempre stata sincera con lui, quindi non sapeva nemmeno se credere o meno a quello che gli avevano riferito.
- amico, dovresti parlarle. -
Il suo migliore amico lo aveva visto davvero troppo giù, ma lo conosceva bene da sapere che rimandava il confronto diretto con il suo problema perchè aveva troppa paura di uscirne perdente.
- non posso, non posso. Ho il lavoro a cui star dietro. -
- dovresti smetterla di nasconderti dietro il lavoro. Sei ancora un codardo per quanto riguarda la vita, ma dovresti davverlo parlarle, lei sarà tua moglie. -
- sì, bella moglie che avrò! -
- io non ti capisco, non vedevi l'ora di chiederle di sposarti! -
- lo so, è che poi mi hanno riferito certe cose... -
- quali cose? -
Brian sembrava restio a parlarne, ma infondo era il suo migliore amico e a lui aveva sempre detto tutto, cosa poteva cambiare?

"ancora due ore e sei a casa Ki, resisti".
L'apparizione di Kai le aveva fatto dimenticare che a casa avrebbe incontrato un futuro marito che la rifiutava per non si sa quale motivo.
- signorina, un'altra persona vuole vederla. -
- chi? -
- dice di essere Josh, l'amico di Brian. -
- oh, fallo passare, per piacere. -
- certo. -
Josh entrò velocemente nella stanza, i due si scambiarono due baci sulle guance, poi lui si accomodò sulla poltroncina che qualche ora prima era stata occupata da un essere viscido.
- cosa ti porta qui Josh? -
- il comportamento di Brian. -
- oh, mi nasconde qualcosa e io non so cosa, è così diverso. - Josh le aveva sempre ispirato fiducia e con lui si sentiva libera di essere se stessa, preoccupata, anzi, disperata per il comportamento dell'uomo con cui voleva passare il resto della sua vita.
- beh, io so cos'è. -
- davvero? -
- sì! Qualcuno gli ha riferito cose bruttissime sul tuo conto, gli ha detto che da piccola ti facevi pagare per prestazioni sessuali perchè avevi il vizio di drogarti, che crescendo cambiavi fidanzato una volta al mese, che in paese ti conoscevano tutti come la ragazzetta di turno perchè avevi strani modi di fare l'amore, anche con più di un ragazzo nello stesso tempo. Gli hanno riferito che non sai nemmeno tu chi sia il padre di Hope perchè quella sera c'erano troppe persone da capire chi fosse stato davvero a inseminarti. -
- COSA? -
- c'è qualcosa di vero in tutto questo? -
- certo che no Josh! Dio, ma chi è stato a raccontargli queste cose? -
- non lo sa nemmeno lui, ha ricevuto numerose buste con dentro tutte queste informazioni. -
- oh merda, Hiwatari! -
- chi? -
- il padre di Hope, è venuto a farmi visita in ufficio, l'ho dovuto cacciare con gli addetti alla sicurezza, quasi. -
- vuole Hope? -
- no, non mi ha nemmeno parlato della piccola, non glien'è mai importato di lei. Lui vuole me, è ossessionato da me. -
- devi parlare con Brian, lui deve sapere. -
- lo farò. E non devi preccuparti, non farò il tuo nome. -
- Ki, Brian sapeva che sarei venuto a parlare con te, l'ho sempre fatto, quando lui non aveva il coraggio di andare incontro ai problemi, io facevo sì che i problemi andassero incontro a lui. -
I due amici si salutarono e tornarono a lavoro.
Kai era un uomo davvero schifoso per aver fatto tutto quello.

- ciao famiglia Mc Lennon, sono a casa! -
La piccola Hope saltellò fino alla mamma.
- ciao amore della mia vita. - mormorò lei baciando la sua unica ragione di vita.
La piccola la strinse forte più che poteva, nonostante i pochi anni di vita aveva una buona presa e sembrava abbastanza perspicace. -
- papà dov'è tesoro? -
- in camera grande. Stiamo facendo un puzzle di Hello Kitty. -
- puzzle? E da quando abbiamo il puzzle di Hello Kitty? -
- l'ha comprato oggi papà! -
- ooh, ma che bravo papino che abbiamo. - disse la mamma affettuosa e si diresse verso la camera da letto con la sua bambina tra le braccia, intenta a sfuggirle dalla sua morsa solleticosa .
Quando fu arrivata sulla soglia della porta vide il suo futuro marito affacciato sul terrazzo, con il torso nudo e un jeans stretto in vita. Sulle spalle aveva ancora segni di penna. Sorrise.
- avete fatto di nuovo il gioco dei tatuaggi? -
- sì, scusa mamma. -
Hope sapeva che non le piaceva quel gioco perchè l'inchiostro non era molto salutare sulla pelle, ma fece un'eccezione per non vedere la sua bambina soffrire.
- vabbè, vai a mettere a posto i tuoi giochini? -
- certo, mamma. -
La sua bambina le sorrise e andò sul lettone a togliere i pezzi del puzzle per riordinarli nella loro scatola colorata.
Kira uscì sul balcone e abbracciò il torso nudo del suo uomo, appoggiando la guancia alla spalla e sospirando.
- Bri, amore, ho visto Josh. -
- lo sapevo che sarebbe venuto da te. -
- perchè non mi hai detto nulla? -
- non sapevo cosa dirti. Non avevo idea di come parlartene. -
- beh, sappi che nulla di ciò che ti hanno detto è vero. Nulla. E io conosco l'uomo che ti ha mandato quelle cose, che ti ha raccontato quelle fandonie. Si tratta del padre di Hope. Si chiama Kai Hiwatari e per caso mi ha vista mentre ero in riunione a Tokio. Purtroppo sembra che nonostante gli anni non sia riuscito a digerire l'ossessione per me e quindi mi ha seguita, non so come, e oggi è venuto nel mio studio a minacciarmi che sarei stata presto sua, quindi presumo che pensasse che tra noi non ci fosse abbastanza dialogo da cadere in queste stupide trappole, ma noi siamo più forti amore, noi non ci facciamo spaventare da quel verme, vero? -
Brian sospirò. Era così bello sentirsi dire quelle cose, sentir smentire tutte quelle notizie che l'avevano tanto preoccupato negli ultimi giorni. Era così bello avere le sue mani calde addosso, sentirsi amato come il primo giorno, ma allo stesso si sentiva tanto stupido per aver creduto a fandonie nate dal primo sconosciuto che voleva dividerli. Come poteva sposare una donna tanto buona, come poteva aver pensato che quelle oscenità sulla sua donna fossero vere? La cosa peggiore e che aveva dubitato quasi immediatamente di lei, forse aveva troppa paura di perderla, forse era l'emozione del possibile matrimonio, o il fatto che Hope non fosse la sua vera bambina, anche se l'amava più di un padre vero, eppure le sue convinzioni eran crollate come le casette di carte ad un soffio di un bambino dispettoso, peccato che quel bambino viziato avesse trentanni, una villa, un'azienda e davvero tanti, troppi soldi rispetto a lui, ma questo non lo sapeva, e Kira non aveva intenzione di dirglielo, era la cosa peggiore da fare.
Brian si voltò nell'abbraccio e ricambiò appoggiando le braccia sulle spalle e stringendosela al petto, lei da parte sua si sciolse in quell'abbraccio e la tensione sparì in poco tempo così come era arrivata. Fu una sensazione fantastica riavere l'uomo che amava con sé, e in quel momento mancava solo la piccola, grande, ragione di vita che spuntò come un funghetto tra di loro.
- siete belli insieme, mamma. -
- no, amore mio. Siamo belli insieme, tutti e tre. -

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