Darkness -passioni proibite-

di TheWhiteFool
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caffè, riflessi e pioggia ***
Capitolo 2: *** Streghe, polpettoni e levitazioni mancate ***
Capitolo 3: *** Sabbia, odori e magia ***
Capitolo 4: *** Gelsomini, sole e camerieri ***
Capitolo 5: *** Amiche, pantaloni e sigilli ***
Capitolo 6: *** Baci rubati, luce e arrivederci ***
Capitolo 7: *** Brioche, scontri e gattini ***
Capitolo 8: *** Sinfonie, nuovi arrivi e vecchie conoscenze ***
Capitolo 9: *** Babbuccie, Tailandia e 4 parole ***



Capitolo 1
*** Caffè, riflessi e pioggia ***


Ai bambini le streghe fanno paura. Non sto parlando di quelle streghette buone, protagoniste di libri e di film, come Hermione o Sabrina. No... non mi sto certo riferendo a quel tipo di streghe.

Parlo delle streghe delle notti d'inverno, quelle notti dove ogni sussurro o cigolio ha un significato nefasto. Delle streghe di cui vostra nonna vi raccontava, per convincervi a non uscire di casa dopo il calar del sole. Delle streghe protagoniste di quelle storie del terrore che vi lasciavano come un rivolo gelido lungo la spina dorsale, rendendovi incapaci di dormire la notte.

Ma le streghe non esistono, direte voi. E tanto meno quelle cattive.

Anch'io credevo così, un tempo. E lo crederei ancora, ma ormai è troppo tardi per dimenticare la verità.

 

*

 

-Ancora un po' di caffè?-

Alzo lo sguardo e vedo Dotty china verso di me, con un enorme sorriso in faccia e una caraffa piena di caffè profumato in mano. Dotty è la cameriera del “White Frog”, il bar di fronte a casa mia, e la conosco da una vita. È una donna sulla trentina, con un viso a forma di cuore incorniciato da capelli rosso fuoco, ed è sempre pronta a fare quattro chiacchiere con i clienti che sembrano averne bisogno.

Le sorrido, porgendole la tazza -sì, grazie- mentre Dotty inclina la brocca, l'aroma del caffè danza salendo fino alle mie narici. Sospiro soddisfatta: non c'è davvero niente che profumi così.

Quando ha finito, Dotty sorride e si sistema il grembiule da cameriera, quello che porta sempre, a strisce bianche e rosa -Ehi, Glenn- mi dice -quando finisco di servire i clienti, ti va di parlare un po?- mi fa l'occhiolino. Oh oh. Quando Dotty fa l'occhiolino significa che c'è sempre di mezzo un ragazzo.

-Certo- rispondo, sorseggiando il caffè bollente e guardandola di sottecchi. Speriamo bene. L'ultima volta che abbiamo parlato di ragazzi Dotty mi ha convinto a pedinare Mark, quel postino biondo che le piaceva. Sono dovuta andare in giro imbaccuccata in un passamontagna per non farmi riconoscere, nascondendomi dietro ogni albero, modello Mission Impossible. Alla fine abbiamo scoperto che Mark era gay, e che viveva con il suo ragazzo e un paio di gatti soriani in una viletta nel centro strorico.

-Torno subito, allora.- Dotty sventola il blocchetto degli appunti a mò di saluto, poi si allontana verso una coppia seduta al bancone, per prendere le ordinazioni.

Sospiro, intrecciandomi una ciocca color paglia intorno al dito. Il “White Frog” è uno dei pochi bar decenti di Roven Lake, la cittadina di diecimila abitanti dove vivo. È piuttosto piccolo, ma le enormi finestre che danno sulla strada lo fanno sembrare più grande. I mobili e in pavimento sono in legno, e alle pareti sono affisse vecchie foto in bianco e nero, risalenti all'inizio dello scorso secolo, che mostrano il bar com'era allora e i suoi vecchi proprietari. Il nome “White frog”, rana bianca, deriva dal piccolo salvadanaio a forma di ranocchia sul bancone, che sembra guardare gli avventori del locale con i suoi occhi buffi. Il personale del bar la considera una specie di portafortuna.

Mi piace il White Frog. Mi ricorda quando mia nonna mi portava a fare colazione con brioches e caffè qui ogni mattina. All'epoca ero molto piccola.

-Allora- Dotty scivola nella sedia difronte a me -c'è aria di nuovo in città!-

La guardo alzando un sopracciglio -che vuoi dire?-

Lei si sporge sopra il tavolo, protesa verso di me, con un aria vagamente cospiratoria -sai che il paese è piccolo e la gente parla...- inizia, e io le faccio segno di non farla tanto lunga e di andare dritta al punto. Dotty ride: sa bene che non sopporto i giri di parole.

-Ok.- dice -hai presente quella casa mezza distrutta vicino al fiume? Quella con l'edera rampicante. Ecco, vi si è appena trasferito un uomo.- trattiene il fiato come se mi avesse fatto la rivelazione del secolo e ora io dovrei cominciare a ballare per l'eccitazione. Dotty è sempre così, pronta a imbizzarrirsi per una cosa da niente. Ma è proprio questo suo carattere solare ad avermela resa cara: io sono sempre stata timida e solitaria. È stata lei, una sera piovosa di chissà quanti anni fa, ad aver fatto quello che sarebbe stato il primo passo della nostra amicizia, semplicemente venendo da me e offrendomi uno smarties. Poi si è presentata e ha iniziato a parlare. E da allora, di parlare, non ha mai smesso.

-pronto?- mi schiocca le unghie color rosa cicca davanti al naso -terra chiama Glenn! Ragazza, non ti sarai persa di nuovo nelle tue fantasticherie, spero.-

Apro una bustina di zucchero di canna e la verso nel mio caffè. Mescolo lentamente, prima in verso orario poi in verso anti orario, tanto per farla sbuffare spazientita. Sorrido quando la vedo incrociare le braccia con la coda dell'occhio. È nostra abitudine prenderci bonariamente in giro.

-E allora, un uomo è andato a vivere nella casa diroccata.- dico alla fine -non mi sembra poi una grande storia, Dotty, senza offesa.-

Lei mi rivolge un sorriso a trentadue denti, e sventola un dito come chi sta per rivelare un segreto di stato -ed è qui che ti sbagli, tesoro. Perchè il nostro nuovo compaesano non è un semplice uomo, è un figo pazzesco.- sospira con sguardo sognante.

Guardandola non posso fare a meno di ridacchiare -dovresti vedere la tua faccia, Dotty. Hai proprio l'aria di aver preso una bella cotta.-

-L'avresti presa anche tu, se lo avessi visto- si sventola l'aria col menù dei gelati, usandolo a mò di ventaglio, come se il pensiero del nuovo arrivato fosse troppo sexy da sopportare.

-Non so il suo vero nome, ma l'ho soprannominato Mister Dark. È venuto qui a prendere un caffè, martedì scorso. Amaro, senza zucchero né latte. L'ha bevuto in un sorso solo.- spalanca gli occhi -ah, che uomo!-

Non posso farci niente: vederla in questo stato mi fa venire da ridere. E questo significa che Dotty è messa male, perchè io non sono una che ride spesso.

Lei mi lancia un' occhiataccia, facendo finta di essersi offesa dalle mia risate, ma in un secondo torna subito a sorridermi -forse tornerà, sai. È da martedì che tengo pronto il cellulare, se lo vedo gli faccio una foto di nascosto e poi te la mostro. Mister Dark non ha fatto quest'effetto solo a me, sai- aggiunge pensierosa -anche a Mary Smith. Eravamo le uniche nel locale, quando è entrato-

Inarco un sopracciglio -Dotty, Mary Smith ha ottant'anni. Come può averle fatto effetto?-

-Ah, non ne ho idea, ma ti giuro che sembrava una gatta in calore.- alza le spalle.

-Quanti anni ha?- le chiedo un po' incuriosita. Comincio a chiedermi chi sia questo benedetto uomo che ha fatto perdere la bussola a quella vecchia carampana della signora Smith. In genere non sono il tipo che offende le vecchiette, ma dire “vecchia carampana” a Mary Smith è come farle un complimento. Ha fatto la maestra elementare fino a settant'anni e passa, e l'ho avuta come insegnante io stessa. Quando alla mensa mi rifiutavo di mangiare il pesce o lo stracchino (che fra parentesi era una roba giallognola, unticcia e puzzolente), mi obbligava a starmene seduta in un angolo per tutta la ricreazione mentre i miei compagni andavano in giardino a giocare. Stronza.

-Boh, Mister Dark sarà di sicuro più giovane di me...- dice Dolly pensierosa -ma decisamente più vecchio di te. A occhio avrà ventisei, o forse venticinque anni- le brillano gli occhi -ehi, potrebbe essere il mio toy boy!-

Scoppiamo a ridere entrambe. Abbiamo ancora le lacrime agli occhi quando uno dei clienti chiama la cameriera con fare scocciato. Dotty si alza lanciandomi un ultimo sguardo -scusami Glenn, devo scappare-

-non ti preoccupare, tanto stavo per andare anch'io. Fra un po incomincia il mio turno alla libreria.-

-Va bene, allora. Spero di vederti, domani, così ti finisco di raccontare!- mi scocca un bacio sulla guancia, poi scatta verso il cliente, un uomo robusto che la guarda a metà fra lo spazientito e il disgustato. È incredibile quanti clienti trattino male Dotty, quasi come se fosse uno zerbino o la loro schiava personale. Naturalmente lei deve sempre sorridere ai clienti scortesi e non rispondere agli insulti degli uomini ubriachi che frequentano il locale verso la sera tardi. Per fortuna in genere si tratta solo di qualche idiota, non di qualcuno veramente pericoloso: del resto, difficilmente esiste una cittadina più tranquilla di Roven Lake.

Lascio i soldi per il caffè sul tavolo ed esco nella stradina secondaria dove ha sede il White Frog. Un soffio di vento improvviso mi investe, facendomi quasi volare via la sciarpa grigia, e sono costretta a fare una piroletta su me stessa per afferrarla al volo. Per fortuna sono in una zona poco trafficata e nessuno può aver visto la mia goffa acrobazia: non sono mai stata un asso in educazione fisica, sarebbe imbarazzante se qualcuno mi vedesse contorcermi per rincorrere una stupida sciarpa.

Mi avvio per la stradina, con le mani sprofondate nelle tasche del cappotto e ogni respiro che si condensa in nuvolette di fumo davanti ai miei occhi. È l'inizio di settembre, e alcuni direbbero che il lato negativo di vivere in una cittadina del nord è che la brutta stagione arriva fin troppo presto. Ma a me piacciono l'inverno e l'autunno: mi piace starmene a guardare la pioggia fredda da dietro una finestra, o andare a pattinare sul lago ghiacciato durante i giorni grigi di dicembre. Dotty non riesce a capire questa mia passione per i luoghi che lei chiama “buoni solo per deprimersi e per inumidirsi le mutande”, e dice che se l'inverno a Roven Lake mi piace così tanto forse ho preso una botta in testa da piccola. Lei, d'altronde, ha sempre amato l'estate, ma non so se è per il caldo o per i ragazzi che vanno a farsi il bagno a torso nudo.

Passo per una strada decorata da alti abeti ai lati, e sono arrivata a destinazione: la vecchia libreria “Kevin's and March” è dove lavoro part time come comessa, sei pomeriggi a settimana. Non vengo pagata molto, ma è il mio lavoro ideale: adoro i libri. Quando non ci sono clienti, mi perdo nei meandri di quelle pagine di carta, e mi diverto a vagare da scaffale in scaffale per scegliere il genere che mi ispira di più sul momento. Leggo di tutto: romanzi fantasy, romantici, horror o mitologici, basta che la trama non sia banale o mal scritta. Inoltre, il mio capo, il signor March, è sempre stato molto gentile con me. Conosceva mia nonna e mi ha offerto un lavoro quando ho finalmente finito il liceo, appena tre mesi fa. Al solo pensiero che non studierò più fisica per tutta la mia vita sento come un calore soddisfatto invadere il mio corpo.

Sono quasi le tre e la libreria deve aprire. Tirò fuori le chiavi e traffico con la serratura della saracinesca. Una volta che l'ho tirata su e sto per aprire la porta a vetri, mi si spezza il respiro. Voglio urlare ma tutto quello che mi esce dalla gola è un gemito indistinto. Arretro confusamente di qualche passo e inciampo sui miei stessi piedi, ma non me ne rendo conto: la mia mente è come svuotata.

Mi fisso la punta degli anfibi, troppo spaventata per alzare lo sguardo. No: calma, devo stare calma. Porto una mano tremante alla bocca. Sento la prima goccia d'acqua fredda toccarmi il viso: sta iniziando a piovere.

Diavolo, Glenn” mi dico “non fare l'idiota: avrai visto male. Anzi, sicuramente hai visto male. Alzati ed entra nel negozio, se non vuoi prenderti la pioggia”.

Lentamente, mentre l'acqua comincia ad inumidirmi i lunghi capelli, mi alzo in piedi e lancio uno sguardo alla porta finestra: lancio un lungo sospiro di sollievo.

niente, hai visto?” penso, mentre riprendo le chiami che mi erano sfuggite di mano con dita incerte “è tutto normale: dev'essere stata la tua immaginazione.”

Apro la porta della libreria e mi fiondo dentro, chiudendola dietro di me e appoggiando la schiena al muro. Sento il rumore della pioggia che batte sul tetto del negozio.

non c'era davvero niente. Eppure...”

per un istante, per un solo istante, quando ho visto il mio riflesso nella porta finestra mi era sembrato il riflesso di un altra donna... no. Nel riflesso ero sempre io, Glenn Brennan, una pallida ragazza di diciannove anni, ma i miei occhi erano diversi, la mia espressione era diversa. Malvagia.

Sì, malvagia. Non avrei potuto trovare un appellativo migliore. Le mie guancie erano più incavate, i miei occhi erano cerchiati da ombre scure, come quelle dei matti in un manicomio, e il mio viso... era senza espressione. Uno sguardo strano, folle, cattivo. La ragazza del riflesso ero e non ero io.

-è stata solo un'impressione.- dissi, a voce alta, come se volessi convincere anche me stessa -solo una veloce impressione.-

-Cosa è stata solo una veloce impressione?- mi chiede una voce roca. Sobbalzo, allontanandomi dal muro, e vedo un uomo che sta richiudendo la porta del negozio dietro di se. La sua giacca di pelle è bagnata dalla pioggia e così sono i suoi capelli, aderenti alla nuca e resi ancora più scuri dall' acqua. Lui alza lo sguardo, e due iridi più azzurre di una cascata d'inverno mi fissano. I nostri occhi si intrecciano per un attimo solo, prima che io mi metta a guardare il pavimento: non riesco a sostenere lo sguardo dello sconosciuto. Se possibile, ho il fiato ancora più mozzo di prima, ma per una ragione completamente diversa.

È lui Mister Dark. Ne sono sicura, è lo straniero di cui parlava Dotty. Devo dire che il nomignolo è azzeccato. È diverso da qualsiasi altro uomo che io abbia mai visto prima, anche se non saprei dire come. Di certo me lo ricorderei, se lo avessi già incontrato: Roven Lake è una città troppo piccola per non notare un uomo del genere in tutti gli anni in cui vi ho vissuto.

Lo sconosciuto si avvicina: sento ogni suo singolo passo e lo vedo togliersi i guanti, anch'essi di pelle come la giacca, sfilandoseli dito per dito -è questa la libreria Kevin's and March, vero?- chiese, con la sua voce profonda, roca, da fumatore.

-Sì. Desidera?- chiedo, guardando dappertutto se non dalla sua parte, con una voce più fredda di quel che mi aspettavo: qualcosa mi sussurra di non dargli troppa confidenza. È come un istinto, una vocina interiore che mi dice che quell'uomo è pericoloso. Pericoloso.

-Cercavo qualcosa- mi dice lui, fermandosi a pochi passi da me. La sua voce è fredda, ma tradisce qualche sorta di emozione mentre mi guarda. Come chi ha aspettato un momento per lungo tempo.

-cercava un libro?- chiedo, incrociando le braccia e assumendo l'espressione più sostenuta che posso. Mi accorgo che è incredibilmente difficile fingere di essere sostenuta, davanti allo sconosciuto dagli occhi chiari.

-una ragazza.- risponde lui, misurando bene le parole -e a quanto pare ti ho trovata, Glenn Brennan.-

 

 

Ed eccomi qua! Spero che questa storia vi sia piaciuta. È partito tutto da un idea che mi è venuta tempo fa: vedete, a me non piacciono molto le protagoniste buone e perfettine, e quindi mi sono detta: perchè non scrivo qualcosa dove la protagonista ha la parte della strega cattiva?

Oh, beh, Glenn non è proprio cattiva. Ma non è neanche la classica ragazza dolce che passa il suo tempo salvando i gattini dagli alberi. Spero di riuscire a caratterizzarla meglio nei prossimi capitoli, trasmettendo l'idea che ho di lei: di una ragazza schiva, solitaria ma con pochi amici fidati, e che si ritrova di colpo in una situazione e in un ruolo che non vuole.

Comunque, questa storia è principalmente romantica, (e no, non è detto che sia proprio Mister Dark il protagonista maschile, anche se di certo avrà un ruolo importante) ma con elementi di azione e di magia.

Commentate, e mi raccomando, siate spietati! XD

E sopratutto, grazie se vi siete fermati a leggere fin qua =)

 

TheWhiteFool.

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Capitolo 2
*** Streghe, polpettoni e levitazioni mancate ***


Stringo le mani dietro la schiena, forte. Sento le dita tremare. È troppo: quel viso non mio riflesso nella porta finestra, e ora questo sconosciuto di cui Dotty parlava si presenta dove lavoro, e si comporta come se mi conoscesse da sempre.

Sospiro: è uno di quei momenti in cui capisci di aver bisogno di una poltrona, una coperta e una cioccolara calda.

-Glenn Brennan- lo straniero ripete lentamente il mio nome, con quella sua voce profonda, come se volesse assaporare ogni sillaba. Non sorride.

-Come fa ha sapere il mio nome?- gli chiedo, brusca. Qualcosa mi dice che non è venuto alla libreria per comprare, e quindi niente mi vieta di essergli scortese. E la mia scortesia è venata di paura, anche se faccio di tutto per non farglierlo capire. Fisso la mensola il tavolino di legno sommerso dai libri dietro di lui, ostentando un espressione indecifrabile.

-Chissà- dice lui, e per la prima volta sul suo volto si fa strada un ghigno -magari me l'ha sussurrato un uccellino.-

Mi si mozza il fiato: ma chi cavolo è questo? Che sia uno stalker psicopatico? Mi irrigidisco: se io fossi un gatto, in questo momento starei rizzando il pelo.

-Ma lei chi diavolo è?- gli ringhio contro:

-entra nel mio negozio, dice di conoscermi e si comporta in modo tutt'altro che normale!-

-Scusami, allora. Immagino di esserti apparso un cafone. Permettimi di presentarmi- dice lui in un tono monocorde, come non gliene potesse fregare di meno di rivolgermi delle scuse, e stesse pronunciando delle parole vuote.

La mia dote di pazienza non è infinita, e di certo si è estinta già da un pezzo: metto da parte il timore e lo guardo dritto negli occhi.

È alto, molto più alto di me, tanto che devo alzare la testa per fissarlo in faccia. È pallido e magro, e intorno alle labbra carnose si nota una sottile barbetta, come se non si fosse rasato per una notte soltanto. Quegli occhi azzurri che anche da lontano mi avevano fatto fremere ora sono vicini: cascate e laghi gelati d'inverno mi fissano immobili. I capelli neri gli sono aderenti alla nuca per la pioggia presa, e riesco quasi a sentirlo, l'odore di pioggia, come se provenisse da lui.

-Io sono Nathan. Nathan Fitzgerald- dice, e per la prima volta sorride...no. Lui ghigna, non sorride.

-Bene, Nathan Fitzgerald. Si può sapere come fa a conoscermi?- gli chiedo fredda, incrociando le braccia.

-Oh, domanda lecita. Vediamo...-

Nathan comincia a camminare intorno a me, molto lentamente, ma non so se sia per evitare movimenti bruschi che possano spaventarmi, o che al contrario questo sia il suo modo di giocare al gatto e al topo. Mi irrigidisco: se cerca di spaventarmi...beh, ci riesce benissimo. Ma non glielo darò mai a vedere.

-è una storia lunga e complicata, ma posso assicurarti che non ho cattive intenzioni, se questo ti può far stare meglio- dice pensieroso, quasi come se stesse parlando più a se stesso che a me. Alla fine si ferma e mi guarda negli occhi, serio, come se avesse deciso che è ora di smetterla coi giri di parole.

-Glenn, se so il tuo nome è perchè ho fiducia che tu potrai aiutarci in un progetto. Io e gli altri ti abbiamo vegliata a lungo, in tutti i tuoi diciannove anni di vita, perchè non ti accadesse niente di male.-

Non riesco a distogliere lo sguardo: i miei occhi sono spalancati -Gli altri chi? E cosa dovrebbe accadermi?-

-Gli altri del Cerchio della Luna, Glenn. I nostri fratelli e le nostre sorelle. Persone come te e me-

-Come... te e me?- chiedo, in sussurro impercettibile.

Nathan annuisce -sì. Streghe e stregoni. Coloro che portano la magia della Luna nel sangue.-

Si avvicina di colpo, inaspettatamente. Pochi millimetri dividono il suo corpo caldo del mio. La sua bocca è a un soffio dal mio orecchio.

-Tu sei una strega, Glenn- sussura, in un alito di vento e di pioggia.

Resto paralizzata.

In un lasso di tempo inferiore al secondo, ma che alla mia mente pare molto più lungo, mille pensieri mi vorticano nella testa. Non capisco, o forse capisco tutto. Mi sento come se vedessi per la prima volta le tessere sparse di un puzzle estremamente complicato, che solo io sono in grado di rimettere insieme.

tu sei una strega”

Rivedo l'immagine del mio volto riflesso e deformato nella porta finestra.

-No!- allontano Nathan di scatto, spingendolo via con le braccia, forte e violenta e confusa e arrabbiata.

-Le streghe non esistono- gli sputo addosso -non so se confondere le ragazze con assurde fantasticherie sia il tuo hobby preferito, Nathan Fitzgerald- pronuncio il suo nome come se fosse un insulto -ma ti conviene riprovare con qualcuna più giovane, perchè è da tempo che non credo più alle favole.-

Lui è arretrato di qualche passo, ma non sembra ferito nè dalla spinta nè dalle mie parole.

-Sapevo che l'avresti presa in questo modo- dice, passandosi una mano fra i capelli scuri.

Dà come l'impressione di essere il tipo d'uomo che non si scomporebbe neanche se ora gli passassi sopra con un tir a cento e venti all'ora. Se lo facessi davvero, e dio solo sa quanto ne ho voglia ora, credo che riuscirebbe a schivare l'assalto per un soffio, per uscirne fresco come dopo una passeggiata mattutina.

-non dovresti prendertela con me, ma con gli altri membri del consiglio- storce il naso -io te lo avrei detto prima. Sai, più giovane un individuo è, più è propenso ad accogliere la magia nella sua vita.- borbotta scuro in volto.

Se gli sguardi potessero uccidere, ora Nathan sarebbe già bello che morto. Ci tiene proprio a continuare questa storia assurda. Non voglio credere a niente di quello che dice.

Vedendo la mia occhiataccia, si riavvicina di nuovo e mi afferra i polsi: gemo e cerco di mandarlo via, ma non ci riesco. Non molla la presa fino a che non lo fisso in viso.

-Senti. Mi dispiace che tu debba a venire a sapere tutto così, di botto. Ma purtroppo non sono il tipo che ama indorire la pillola, quindi non facciamola tanto lunga.- inspira. Mi sta ancora tenendo i polsi, e forse è solo una mia impressione, ma mia sembre che dove le sue dita toccano la mia pelle ci sia una fornace bollente.

-Gli adulti non credono alla streghe. Ma questo non significa che non esistano.-

-da tempi immemorabili, l'egemonia della comunità magica si è spezzata: streghe e stregoni si sono divisi in due sottogruppi, con pensieri e ideali opposti l'uno dall'altro. Io faccio parte della confraternita del Cerchio della Luna, e così anche tu. Anzi, per essere precisi, hai un ruolo ben più importante del mio... ma una cosa per volta.- sopira, socchiudendo gli occhi per un attimo.

-so che è difficile da accettare. Ma non ti sei mai sentita strana, diversa dalle altre persone? A scuola, a casa, una vocina che cercavi di ignorare ti sussurrava all'orecchio che quella non era la tua vera vita. E ultimamente, avrai ricevuto dei segnali... ombre, riflessi di quella vera natura che è stata ignorata per troppo tempo.

Lui si allontana, e io abbasso lo sguardo. In genere non mi do mai pervinta, ammeno che non ci sia una ragione logica. Una parte di me vorrebbe prendere a pugni Nathan per le assurdità che sta dicendo, eppure l'altra parte vorrebbe potergli credere... credere che io sia una strega.

Non ha senso.

non ti sei mai sentita strana, diversa dalle altre persone?”

Sono sempre stata solitaria e schiva, preferendo il silenzio alla compagnia. Con pochissime eccezzioni.

ultimamente, avrai ricevuto dei segnali... “

l'immagine riflessa di quello che era e non era il mio volto, quello che avevo visto nel vetro della porta-finestra torna nella mia mente. Quello sì che si sarebbe potuto definire un volto da strega, ma io non sono così.

O forse non lo sono solo esteriormente?

Mi sento così confusa.

-credo che ora tu abbia bisogno di riflettere. Domani vai alla riva del lago: mi troverai la.-

non faccio in tempo ad alzare lo sguardo, che Nathan se n'è andato, portando il profumo di pioggia con sè.

 

 

*

 

Alle sette di sera finisco il mio turno e mia avvio verso la strada di casa. Fosse per me, me ne sarei andata via subito, ma non potevo mollare così il lavoro. Me la devo guadagnare la pagnotta, in qualche modo.

È da quando ho finito la scuola che mi sono trasferita in un monolocale in periferia. È un cesso di appartamento, ma questo e altro per la mia autonomia. Non che continuare a vivere con mio padre fosse un idea terribile, ma avevo bisogno dei miei spazi.

L'edifico è un palazzetto vecchio di almeno cinquant'anni, di un vago colore verde opaco, il ricordo sbiadito di quello che una volta era un intonaco color smeraldo. Ci sono quattro piani, e questo lo rende come un grattacielo in una cittadina piccola come Roven Lake. Comuque, io sono all'ultimo.

Quando entro, trovo Mrs Kettle nell'ingresso. Mrs Kettle è la vecchietta che vive al secondo piano, e sembra avermi presa in simpatia. I suoi passatempi preferiti sono collezzionare pantofole scozzesi, guardare le vecchie repliche di Beautiful e adottare gatti randagi.

-Glenn!- appena mi vede, mi rivolge un sorrisone. Avanza ciabbattando allegramente verso di me, mentre cerca qualcosa nel suo borsone;

-cara, purtroppo è vero quello che dicono delle borse grandi: non si trova mai niente. Ah... ecco qua!- estrae un polpettone impacchettato nella stagnola dalla borsa, in puro stile Mary Poppins, e me lo porge ancora prima che io riesca a dirle ciao.

-Mrs Kettle, non doveva...- sorrido, prendendo il polpettone in mano. Da quando mi sono trasferita, Mrs Kettle ha preso l'abitudine di prepararmi qualcosa da mangiare almeno una volta a settimana, e gira con cibo impacchettato nel borsone a quadretti finchè non mi incontra per consegnarmelo. Non è una cuoca provetta, però i suoi piatti hanno quel sapore casereccio che non gusto spesso, essendo una dicianovenne disadattata che sopravvive grazie ai surgelati.

-sciocchezze, sciocchezze- agita la mano, come a dire che non è niente di speciale -una vecchietta in pensione ha un sacco di tempo da perdere a casa, non mi dispiace cucinarti qualcosa.- si guarda l'orologio al polso -Oh, purtroppo ora non posso fermare a chiacchierare, cara, ma fra venti minuti ho un appuntamento con le amiche del bowling.-

-Non c'è problema. Vuole che l'accompagni? Il bowling non è lontano.- dico, mentre Mrs Kettle avanza ciabbatando verso la porta di ingresso.

-Oh, no, non ti preoccupare cara. A domani!- è quasi uscita dalla porta, quando si gira improvvisamente, spalancando gli occhi -oh, a proposito! È passato un giovanotto, dopo pranzo, chiedendo di te. Gli ho detto che eri fuori, ma che se voleva vederti poteva andare a trovarti al lavoro. Gli ho dato l'indirizzo della libreria, spero non ti dispiaccia!-

-...Ah, davvero?- ho la gola secca. credo di sapere di chi stia parlando.

Mrs Kettle mi strizza l'occhio -già. Era un bel pezzo di marcantonio, se permetti. Fossi in te lo inviterei a casa più spesso, non mi dispiacerebbe avere un bel moretto che gironzola per il corridoio di tanto in tanto. Beh, ora devo proprio scappare. A presto, Glenn, e cerca di mangiare un pò di verdura insieme al polpettone!-

Quando se n'è andata, resto per un attimo a fissare la porta d'ingresso. Poi scuoto la testa e salgo i gradini con passi infuriati e pesanti. Di certo, Nathan mi ha mentito: come può essere uno stregone se non è neanche capace di percepire quando sono o non sono in casa?! Sono sicura che se favesse davvero dei poteri magici non avrebbe avuto bisogno di chiedere indicazioni ad una vecchietta con una passione per le pantofole scozzesi!

E di certo io non posso essere una strega. Cioè, se sapessi fare incantesimi me ne sarei accorta: ho letto tutti i libri di Harry Potter. Se Nathan voleva farmi bere la sua storia, avrebbe fatto prima a mandarmi la lettera d'ammissione a Hogwarts, con tanto di firma di Albus Silente.

Entro in casa, metto il polpettone nel minuscolo freezer, mi tolgo gli anfibi con le punte dei piedi per poi buttarmi a faccia in giù sul divano letto.

Mi sfrego le mani sul viso: è stata una giornata intensa. Domani dovrò raccontare a Dotty che il suo Mister Dark, che è il modo in cui lei chiama Nathan dalla prima volta che l'ha visto, è tutto suonato.

Certo. Però...

Se io fossi davvero una strega, ora potrei far lievitare... diciamo, lo specchietto appeso in bagno fin qua sul divano.

La porta del bagno è aperta. Vedo una parte dello specchietto bianco affisso alla parete. Mi concentro.

-Specchietto... lievita!-

Niente.

-Specchietto... vieni qui da me!-

Nada.

Se con la sua sssurda storia Nathan aveva intenzione di farmi rincitrullire, ci è riuscito benissimo. Cioè, sto cercando di far volare uno specchio dal bagno al salotto con la forza del pensiero, cazzo!

Mi rialzo stiracchiadomi: meglio dimenticare quella assurda storia al più presto.

Mi svesto, lanciando i vestiti alla rinfusa nella cesta della biancheria sporca, (che ormai ha raggiunto un altezza preoccupante). Riempio la vasca d'acqua calda e mi siedo sul bordo. Adoro fare un bagno caldo la sera: mi aiuta a rilassarmi. Il lato negativo è che quando torno a casa tardi rischio di addormentarmi direttamente nella vasca. Una volta mi è sucesso davvero: la mattina dopo avevo i polpastrelli talmente raggrinziti da far paura.

Prima di entrare nell'acqua mando un messaggio a Dotty. Domani dovrò assulutamente raccontarle di Nathan.

 

Ciao Dotty

nn serve k mi rispondi, so k nn hai ancora finito il turno. Sappi solo che domani ti dovrò raccontare qualcosa al riguardo del tuo Mr Dark!!! ma nn ti dico niente, tanto x tenerti sulle spine. Ah, comunque se dovessi rincontrarlo nn dargli confidenza: è tutto suonato.

 

Sorrisi fra me e me: già me la immaginavo, a rodersi le unghie per la curiosità.

 

*

 

Resto a lungo ammollo nella vasca, tanto che se fossi un merluzzo a quest'ora sarei già bella lessata. I capelli chiari mulinano nell'acqua trasparente intorno a me, simili a delle alghe. A volte, Dotty mi prende in giro, perchè secondo il pensiero americano una bionda dovrebbe essere una ragazza abbronzata e ridente, e non una pallida, lentigginosa asociale come me. Dice che Madre Natura ha sbagliato in pieno col mio colore di capelli.

Sto così bene, immersa fino al collo nella vasca. C'è un perfetto silenzio, rotto solo dal tubare di qualche gufo fuori dalla finestra. Fisso assonnata il mio frastagliato riflesso nell'acqua.

D'improvviso, i contorni del riflesso si fanno più nitidi, e una me stessa immobile e terribile mi restituisce lo sguardo.

Urlo e mi scaravento fuori dalla vasca, inondando il pavimento d'acqua e schiuma. Annaspo fino allo specchio alla parete, lo stesso che prima stavo cercando di far lievitare, e lo guardo.

La mia faccia è quella di sempre. Mi avvicino: l'unica cosa anormale è la mia espressione, a metà fra lo spaventato e il confuso.

Eppure sono sicura di cosa ho visto: il mio viso tramutato, proprio come nel riflesso della porta finestra, appena qualche ora prima.

Scivolo giù fino a sedermi sul pavimento, tenendomi la testa con le mani.

O sto impazzendo, o quell'imbecille aveva ragione. La prima ipotesi è la più probabile, ma i riflessi distorti del mio viso e qualcosa del mio animo mi dicono che forse dovrei credere alla seconda opzione.

Fu in quel momento che iniziai a credere davvero alla stregoneria.

Domani vai alla riva del lago. Mi troverai là.

Nathan mi doveva delle risposte.

 

 

 

Ed eccomi qua con il secondo capitolo!

Questo pezzo è più che altro un periodo di transizione, che serve a introdurre un pò la vita di Glenn e il fatto che l'idea della magia cominci ad insediarsi in lei. La vera e propria storia comincierà nel prossimo capitolo, (dove chiarirò le questioni riguardanti alla magia, compreso il fatto del riflesso deformato di Glenn).

Grazie a tutti coloro che si sono fermati a leggere fin qui =) Ah, e un abbraccio speciale alle impavide che mi hanno lasciato una recensione per il primo capitolo:

ovvero sophia90, Miss_Slytherin e Dark Eyes! ^_^

Un bacione e alla prossima puntata, Darkness: passioni proibite andrà in onda su Rai2.... ehrm, EFP! XD

TheWhiteFool

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Capitolo 3
*** Sabbia, odori e magia ***


Roven Lake è un perfetto esempio di cittadina di provincia: situata a pochi chilometri dal confine col Canada, ad un primo sguardo sembra essere composta da nient'altro che casette dalla calce sbiadita, gatti randagi e vecchietti sgorbutici. Però, se non ci si sofferma sui particolari più rozzi, si riesce a cogliere la bellezza della mia città, che si mostra nelle rose selvatiche che crescono anche nei meandri di terra più dura, o gli arcobaleni che si affacciano timidi fra un temporale e l'altro, svettando colorati fra il cielo plumbeo.

Ma la parte più bella di Roven Lake è l'acqua: la città si erge sulle rive del lago Diven. È un enorme, implacabile distesa d'acqua fredda, selvaggia e bella come solo la natura può essere. Da piccola mi spaventava, ma ora vengo spesso a passeggiare sulle sue rive. Sull'estremità opposta sorge un' altra cittadina, Distan Spring, ma il lago è talmente grande che questa è visibile solo di notte, grazie alle luci delle case che emergonodal buio.

Stringendomi le braccia al petto per combattere il freddo pungente, mi avvio verso la baia.

La spiaggia di sabbia chiara viene usata dagli abitanti per tenerci le barche: si tratta per lo più motoscafi scrostati. Qui quasi tutte le famiglie ne hanno uno: mi ricordo che quand'ero piccola mio papà comprò un motoscafo, color rosso fuoco, e portava me e mia madre al centro esatto del lago; da ingenua bambina che ero, pensavo che nelle profondità di tutta quell'acqua si trovasse il popolo del mare (tralasciando che i laghi sono d'acqua dolce), prorpio come nel cartone Disney della Sirenetta.

Smetto di camminare quado sono quasi arrivata alla baia delle barche. È completamente deserta, a parte per un'unica, solitaria figura di fronte a me.

È seduto su un motoscafo verde sbiadito, con le mani sprofondate nelle tasche del cappotto scuro e una sigaretta fra le labbra.

Mi avvicino, cercando di essere silenziosa, ma è come se lui avvertisse la mia presenza: alza lo sguardo, e l'azzurro dei suoi occhi mi investe.

-Glenn- mormora Nathan con la sua voce roca, a mò di saluto. Getta il mozzicone di sigaretta sulla sabbia, e avanza verso di me. La sua espressione scura e fredda non ha niente da invidiare alle acque del lago attorno a noi. Ho come l'impressione che Nathan, dietro le sue sigarette e alle sue espressioni criptiche, sia ancora più freddo e selvaggio del lago stesso.

-Sei venuta.-

-Davvero? Molto perpsicacie. E io che pensavo di essere ancora a casa a lavorare a maglia!-

Lui ghigna -Vorrei proprio vederti, a lavorare a maglia.-

Lo guardo truce: chi gli ha dato il permesso di mettersi a parlare come se fossimo due vecchi compagni di scuola? Prima mi deve dare delle spiegazioni.

-Poche ciance: è meglio che tu chiarisca per bene questa storia della stregoneria.-

-Molto bene- dice ghignando -molto molto bene...almeno non sei una ragazza che si perde in giri di parole. Cosa vuoi sapere?-

Si siede di nuovo sul bordo del motoscafo verde, senza smettere di guardarmi. Con la mano indica il posto accanto a lui. È un invito.

Beh, non è che mi ucciderà starmene seduta accanto a questo cretino...” sbuffo, sedendomi anch'io sul bordo del motoscafo “sempre meglio che starsene in piedi come una beota.”

Mi fisso le punte degli anfibi, ma in qualche modo so che sta sorridendo soddisfatto. Solo perchè ho accettato di sedermi? Che cretino. Non gli darò altro tempo per gongolare.

-ho visto delle cose strane- gli dico di colpo -prima nel riflesso di una porta-finestra, e poi nello specchio del bagno di casa mia. Ho visto il mio viso... il mio viso deturpato. Quella ero e non ero io.- sospiro.

-Ha tutto a che fare con la faccenda della stregoneria? Perchè se l'unico mio potere magico è vedere le cose deformate, allora tanto valeva diventare miope.-

-Quella che hai visto non eri realmente tu, Glenn. Almeno non fisicamente. Quei riflessi erano delle manifestazioni dei tuoi poteri nascosti, che premono per essere svelati. Succede a tutti. Anch'io percepisco il mio riflesso diverso, di tanto in tanto. Ma non preoccuparti: solo tu puoi vedere la tua immagine distorta. Agli umani comuni che guarderanno, ad esempio, uno specchio dove ti stai riflettendo, apparirai come sempre.-

I miei occhi scuri sono persi a contemplare le acque del lago. Sono sollevata: se Nathan dice il vero (e ho deciso che per ora gli darò il beneficio del dubbio), non devo preoccuparmi di mutare aspetto in una strega fredda e terribile. Cioè, mi dicono che sono una strega, ma non penso di essere così tremenda... il che mi riporta ad un altra questione.

-Frena un attimo, moretto. Non mi hai ancora detto in cosa consistono le mie facoltà di presunta strega. Se ti aspetti che indossi una palandrana nera e mi metta a preparare pozioni nella cantina di casa mia, allora credo che tu abbia preso una bella cantonata.-

Nathan mi guarda sogghignando. -niente del genere. La cosa è un po' più complicata delle storie che hai letto nei libri di favole, dolcezza.-

Lo guardo incupita: -non chiamarmi dolcezza.-

Inclina la testa, un sorriso strafottente stampato sulle labbra -perchè no? Tu prima mi hai chiamato moretto.-

Sento un vago calore salirmi alle guance -ti ho chiamato moretto perchè è la verità. Se non ti va bene tingiti i capelli e ti chiamerò biondone.- sbuffo, incrociando le braccia.

-Seguendo il tuo filo logico secondo il quale dovrei chiamarti con un aggattivo che ti descrive, allora no... - inizia lui indecifrabile- no davvero. “Dolcezza” non ti si addice affatto.-

-Ecco- faccio sarcastica -almeno su questo siamo d'accord...-

non ho il tempo di finire la frase, che mi giro e il volto di Nathan è accanto al mio. Non respiro. Il mio coure si è temporaneamente fermato, o forse è volato via.

Riesco a vedere ogni singola sfumatura colorata dei suoi occhi celesti, e il suo profumo mi arriva chiaro fino alle narici. Profumo di pino, di pioggia e di... maschio.

-La dolcezza non ti si addice- mi sussura con la sua voce roca. Riesco a sentire il respiro caldo delle sue parole.

  • Eppure ci sarebbero altre decine di qualità che potrebbero descriverti, e nessuna te la farebbe invidiare.-

Riesco a sentire la presenza fisica del suo corpo, le sue torsioni e il suo calore.

È troppo vicino. Troppo. La sua presenza fisica, il suo odore, la sua voce...

È talmente piacevole da star male.

-Non ci provare!- lo allontano di scatto, piantandoli una mano sul petto e spingendolo via. Ho le gote in fiamme. Diavolo, l'ho appena conosciuto! Lui non... non può respirarmi sul collo e... e odorare di maschio in quel modo! E no, che cavolo! Come può uno sconosciuto avere degli occhi così pazzeschi? Dovrebbe essere punito da una qualche pena capitale.

Mentre io lo guardo rossa e fumante di rabbia, Nathan si è allontanato e si è lisciato la camicia, ma ha la sua solita arietta compiaciuta. Ma com'è che lui è sempre così rilassato e io in questo momento vorrei scomparire con la testa sotto la sabbia, modello struzzo?

Si alza in piedi -scusa- dice, ma non sembra dispiaciuto. Si vede che gli piace provocare le ragazze in quel modo. Chissà a quante avrà detto le parole che ha detto a me.

Mi sorride.

Lo strozzo, giuro che lo strozzo.

-Forse tu hai del tempo da perdere, ma si dà il caso che io abbia di meglio da fare che stare qui ad ascoltare i tuoi monologhi. Vorrei che mi spiegassi qualcosa di più concreto prima che il 2012 arrivi e ci ammazzi, tutti.- lo riprendo sbuffando.

Lui alza le spalle e, di nuovo con quel suo sguardo indecifrabile (non so se detesto di più quello o il suo sorrisetto strappa-schiaffi), si avviccina alla riva del lago. Mi da la schiena, fissando pensieroso le acque grigie d'autunno, come se stesse riordinando le idee.

-Le leggende che mia madre mi narrava quando ero ancora bambino parlano di come all'inizio la comunità delle streghe e degli stregoni fosse unita. Vivevamo in pace ed egemonia, o almeno questo è quello che dicono le storie. Poi, qualcosa si ruppe, e la comunità si divise in due fazioni maggiori. Queste due fazioni hanno un punto di vista sulla vita e sull'uso della magia totalmente opposto. Io e te facciamo parte del Circolo della Luna.- fa una pausa.

-Il nostro Circolo ha varie comunità in tutto il mondo, e così anche il Circolo del Sole. Per lo più cerchiamo di tenerci lontani dalla fazione avversa, ma sulle sponde del lago Diven si sono insediate due comunità, sulle due rive opposte.-

Mi ci vuole un attimo per metabolizzare la notizia -intendi le due città, Roven Lake e Distan Spring?- chiedo confusa -ma mica tutti gli abitanti di una città possono avere la magia... cioè, non avrebbe senso. Me ne sarei accorta.-

-infatti- continua lui -solo alcuni membri della popolazione hanno quel particolare... gene nel sangue, quel che ci rende ciò che siamo. Da sempre i componenti del Circolo del Sole locale si sobo insediati a Distan Spring, mentre i nostri antenati seguaci della Luna hanno mischiato il nostro destino con la popolazione di Roven Lake. O forse ne sono stati i padri fondatori, chissà.-

-ma avevi detto che ci sono stati dei conflitti- dico pensosa -è sicuro avere l'altro Circolo così vicino a noi?-

Senza neanche accorgemene, credo ad ogni singola cosa che Nathan mi sta dicendo. C'è qualcosa, dentro di me, che mi prega di ascoltarlo. Forse è l'atmosfera che crea il lago, o la magia che si sta risvegliando in me. O forse sono gli ormoni del ciclo in arrivo.

Nathan ha di nuovo quel suo sorrisetto stampato in volto... ma sembra diverso. Una sorta di sarcasmo più triste e sconsolato che mai.

-oh, ovvio che non è sicuro avere i nostri rivali così vicini. È da decenni che combattiamo per il possesso del lago e dell'area nei dintorni. Abbiamo alternato le lotte clandestine a degli armistizi, o ci siamo ignorati a vicenda. Fino a quindici anni fa.-

Mi fissa scuro in volto -la tensione è cresciuta ripetutamente, e noi del Circolo della Luna siamo stati i primi a rompere l'armistizio.- inspira, e le parole sembrano venirgli fuori a fatica.

-ci eravamo stufati di dover sopportare il Circolo del Sole e i suoi moralismi. Volevamo usare la nostra magia senza doverci giustificare con nessuno. All'epoca avevo undici anni, e restai a casa da solo, imbaccucato sotto la mia coperta di flanella, come se questa potesse difendermi dalla guerra clandestina che stava infuriando là fuori, e di cui le persone normali non avevano idea. Vidi uscire di casa mia madre e mio padre, e i loro corpi erano talmente vibranti di magia, printi per la guerra, da farmi quasi paura.-

Lo guardo in silenzio. Nathan fissa con sguardo indecifrabile un punto lontano.

-è stata l'ultima volta che li ho visti. Il Circolo del Sole aveva preparato della adeguate difese. Quella notte, nella pianura deserta poco lontana dal lago, si è svolta una guerriglia. Il Circolo del Sole intimò di trovare un accordo alla nostra Prima Strega, il nostro capo. Naturalmente lei rifiutò, come tutti del resto. Il Circolo della Luna è sempre stato fin troppo un amante della vendetta e della guerra per rinunciare.-

Sospira. I suoi occhi azzurri mi sembrano così distanti.

-Com'è... com'è finita?- gli chiedo, anche se dentro di me conosco già la risposta.

Lui fa di nuovo quel sorriso triste -oh, Glenn, non è un caso che io sia il primo stregone che tu incontri. Quella notte, il Circolo del Sole ha comesso una strage. Non solo hanno ucciso tutti i maghi adulti che avevano partecipato alla guerriglia, ma il giorno seguente hanno invaso Roven Lake... e hanno preso tutti quelli che restavano. Bambini. Anziani. Donne gravide. Almeno quelle checche del Circolo del Sole sono famose per concedere una morte rapida ed indolore...- sbuffa, scuro in volto come non mai.

-Che ipocriti. Secondo loro la strage sulla città dopo la battaglia aveva scopo di eliminare definitivamente una minaccia, per “proteggere la loro gente da attacchi futuri...” non hanno neanche le palle per dire che era da tanto che volevano torglierci di mezzo.-

Resto in silenzio, la fronte incrinata, il viso fra le mani. Nathan è a qualche passo da me, ancora rivolto a guardare il lago. O forse quarda la cittadina del Circolo del Sole, Distan Spring, sull'altra riva. Mi chiedo se riesca davvero a vederla, o se stia solo fissando un punto imprecisato nella nebbia che si forma spesso sopra le acque torbide del lago.

Devo pensare. Sento come le piccole tessere di un puzzle che pian piano stanno tornando al loro posto.

-Hai detto...- inizio -hai detto che il Circolo del Sole ha fatto una carneficina. Ma la polizia... le persone comuni, come possono... ?-

-non essersene accorte?- conclude, tirado fuori un pacco di sigarette dalla tasca -è bastato un potente incantesimo di alterazione di memoria. Coloro che conoscevano i maghi e le streghe di Roven Lake sono convinti che i loro amici abbiano lasciato la città, una famiglia per volta, nel corso degli anni. Streghe e stregoni non sono poi molti: era una storia credibile.-

-Un attimo-

lui si gira verso di me, con la sigaretta in mano e l'accendino nell'altra, fissandomi sorpreso dal mio tono di voce.

Mi sento la gola spaventosamente secca e la mente annebbiata.

-Dici che quindici anni fa c'è stato un massacro- parlo a voce bassa, tanto che Nathan è costretto ad avvicinarsi per sentirmi. Forse in condizioni normali farebbe qualche commento sarcastico, ma dal tono della mia voce capisce dove sto andando a parare.

Si siede davanti a me, col peso del corpo sui talloni. Mi guarda in silenzio.

-ho tre domande- dico in un soffio.

-la prima: hai detto che vivevi a Roven Lake all'epoca. Io sono sempre vissuta qui, e se ho fatto i conti giusti avevo quattro anni. Allora come abbiamo fatto a sfuggire a... a?-

non serve nemmeno che completi la frase: mi ha capita alla perfezione.

-sono riuscito a scappare, la notte prima che il Circolo del Sole venisse a cercare i superstiti a Roven Lake- mi spiega, con un timbro stranamente gentile -il mio istinto mi diceva che i miei genitori erano già morti. Quando un essere magico è così legato ad una persona, queste cose le avverte.

Mi sono rifugiato a Chicago, la città più vicina che ospitava un altro Circolo della Luna. Sapevo dove trovare altre streghe ed altri maghi grazie ai racconti dei miei genitori. Credevo di essere l'ultimo superstite...- i suoi occhi azzurri mi fissano in volto, immobili.

-ma c'eri anche tu. I maghi di Chicago ti hanno localizzata con un incantesimo di rilevamento: eri l'ultima adepta della Luna a Roven Lake: una bambina piccola, insignificante. Non avevi più di quattro anni. Gli adepti del Sole si aggiravano per la città, non in modo appariscente per evitare di insospettire la gente comune, ma si addentrarono nelle case di coloro che possedevano la magia, per ucciderli. Presto ti avrebbero trovata.-

Degludisco. Non ho molti ricordi della mia infanzia, e di certo non ricordo quello di cui Nathan sta parlando. Però qualcosa mi dice che è tutto vero.

-Il Circolo della Luna di Chicago ti ha imposto un sigillo: hanno messo sotto chiave i tuoi poteri, per così dire. Era l'unica possibilità di salvarti: era troppo tardi per venire a prenderti. Il sigillo ti ha fatto apparire ai componenti del Circolo del Sole come una bambina normale, e ti hanno risparmiata.-

Mi fisso le dita. Nathan è ancora vicino a me, seduto senza sfiorarmi. Per quanto io abbia spesso voglia di spaccargli la faccia, in questo momento sento che mi è vicino. Siamo gli ultimi due superstiti di una grande famiglia, che hanno perso tutto. Lui più di me: la casa, la sua vita, coloro che amava.

-Riguardo ai tuoi genitori, Glenn, se non ricordo male da quel che mi hanno detto, tua madre si è trasferita col suo nuovo marito ben prima della guerriglia, e tuo padre è un uomo comune. Gli adepti del Sole non gli avrebbero tolto un capello.- aggiunge, vedendomi silenziosa.

Alzo gli occhi, e lui è così vicino -perchè sei tornato?- gli chiedo, più duramente di quanto intendessi.

Si alza in piedi. Quel momento di vicinanza, quasi di fratellanza, è finito:

-dovevo tornare. Sono cresciuto al Circolo di Chicago, ma questo posto è dove sono nato. La comunità di Chicago crede che, un poco alla volta, i maghi della Luna debbano riprendersi quello che meritano.- dice altezzoso. Poi rispunta fuori quel sorrisetto strafottente.

-Inoltre, qualcuno doveva pur cominciare il tuo addestramento di strega. Dopo quindici anni, il sigillo si sta per rompere. Come si dice, meglio tardi che mai!-

Sbuffo, guardandolo in tralice -di che accidenti di addestramento stai parlando, moretto?-

Nathan si china di nuovo verso di me, con un sorriso, si sfila la sigaretta dalle labbra. Tiene la cicca fra le mani e io lo guardo scettica, sempre più convinta che sia mezzo scemo.

Se non fosse che dalle sue mani risplende una luce argentea, e un attimo dopo la sigaretta si è trasformata in un giglio nero.

-Oddio!- urlo, e per la sorpresa cado all'indietro, nella pancia del motoscafo. Sento le chiappe e la testa doloranti per la botta, e poi sento la voce bassa di Nathan che ride.

Ride di me! E la sigaretta era... e adesso è... !

Fra sigarette mutanti, luci argentate e la botta in testa, è gia tanto che io non sia svenuta sul colpo. Credo alla storia di Nathan. Ma una cosa è sentire parlare di streghe e un altra è vedere compiersi una magia davanti ai tuoi occhi!!

Con un po di fatica, torno a sedere. Lo vedo giochellerare con il fiore nero e guardarmi divertito -hai della sabbia nei capelli- mi dice col suo ombroso sguardo divertito.

Stronzo.

-e tu hai un buco nero al posto dal cervello! Come ti salta in testa di fare una magia del genere senza avvertirmi?- ringhio, passandomi le mani nei capelli a casaccio per togliermi la sabbia. Non voglio pensare in che condizioni pietose sono, mentre lui se ne stà li, fresco e sexy con il suo giglio-sigaretta in mano.

Sexy?!

Devo aver preso una botta bella forte, perchè come diavolo posso trovare sexy una persona così insopportabile?

-lascia, faccio io- mi dice avvicinandosi, per togliermi la sabbia dai capelli. Respingo la sua mano infastidita, e mi alzo in piedi.

Non saranno neanche le undici del mattino, ma io mi sento a pezzi come se avessi appena scalato l'Everest. Immagino che sia questo l'effetto che fanno le grandi rivelazioni.

-e adesso che facciamo?- butto lì, guardandolo in cagnesco. Vorrei davvero andarmene e lasciarlo a tramutare cicce in fiori tutto da solo, ma non c'è più nessun altro stregone o strega che possa rispondere alle mie domande e chiarirmi le idee. Ho la consapevolezza di essere dipendente da lui.

E questa consapevolezza mi uccide.

-beh, tanto per dirne una- fa Nathan, alzando le spalle -pensavo di invitarti a pranzo.-

lo guardo a bocca aperta, indecisa se tirargli una scarpa. Non è che abbia fatto qualcosa di male... ma c'è qualcosa in lui che mi da una strana sensazione. È irritazione, probabilmente.

E poi come può uno prima fare truchetti di magia e raccontarti storie di lotte assurde, e poi invitarti a prazo?!

-non è che mi insegneresti qualche incantesimo per sparare fulmini?- gli chiedo sarcastica -perchè adesso mi sarebbe davvero utile...-

Lui ghigna e si affianca a me. Di nuovo, mi rendo conto di quanto sia alto.

-in realtà, pensavo di portarti a mangiare a Distan Spring.- dice, ignorando completamente le mie parole.

Guardo a bocca aperta l'altra riva del lago, dove c'è la città dei maghi del Sole;

-ma...ma cosa faranno quando ci vedranno?-

-Quelle checche? Niente- lui alza le spalle -il loro assurdo codice d'onore impone di non attaccare un nemico se questo non gli minaccia o gli attacca per primo.-

Sbuffo -e quindi devo supporre che ci lascieranno mangiare indisturbati nel loro ristorante migliore?- chiedo scettica.

-oh, no- dice lui atono -immagino che ci lancieranno qualche sguardo sospettoso... o forse non ne incontreremo nessuno. Chissà, magari saremo fortunati.-

E, prima che io possa protestare, lo stronzo mi fa sedere sul motoscafo più vicino alla riva delle acque gelate. Sfiora la superficie del lago con la punta delle dita e di nuovo compare quella luce argentea, giusto un attimo prima che un onda venuta dal nulla ci sospinge in acqua, e che il motoscafo parta a tutta velocità verso la riva opposta, con me che urlo e Nathan seduto pacifico.

 

 

Hioiiii! =) Salve a tutti!

Ed eccoci qua col nuovo capitolo... la storia prende e delinearsi un pò meglio. Presto si chiarirà meglio la questione fra le due fazioni del Sole e della Luna (purtroppo non ho una grande fantasia per inventarmi i nomi), si chiarirà la moralità “particolare” del Circolo della Luna e comparirà un personaggio inedito mooolto interessante...

Spero che fin qui la storia vi piaccia, e mi raccomando, ditemi cosa ne pensate! Per me i vostri pareri sono importantissimi, e anche le critiche. Anzi, se avete dei consigli su cosa vi piacerebbe che sucedesse o quale personaggio vi piacerebbe approfondire (a quest'ultima frase mia cugina mi ha urlanto “Nathan!!” nelle orecchie), non esitate a dirmelo.

E scusate per la lunghezza del capitoo!! il prossimo sarà più corto, giuro.

E, ultimo ma non meno importante, GRAZIE 1000 a chi mi ha lasciato un recensione!

quindi una abbraccio speciale a DarkEyes, Miss_Slytherin e Sophia90! <3 <3 <3

Baci baci!

TheWhiteFool.

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Capitolo 4
*** Gelsomini, sole e camerieri ***


La punta del motoscafo si impenna sulla sabbia bianca della riva. Barcollo e rotolo giù di peso, finendo a faccia a terra, con grumi di sabbia che mi finiscono in gola.

Intanto, Nathan scende del motoscafo verde con aria beata, aggiustandosi le pieghe della giacca scura. Mi guarda alzando un sopracciglio:

-problemi?-

vorrei tanto, ma davvero tanto dirgli di andare a defecare, ma la sabbia che ho in gola e gli scossoni del motoscafo sulle onde mi hanno rigirato lo stomaco e me lo impediscono. Mi premo una mano sulla bocca, giusto per essere sicura di non vomitare.

Di colpo, sento il respiro caldo di Nathan accanto a me, e le sue mani che mi scostano i capelli dal viso, come a dire: “ecco, se vuoi rimettere, almeno così non ti sporcherai tutta.”

Scanso via la sua mano di colpo, lanciandogli un occhiataccia: purtroppo lo stimolo è appena finito, altrimenti avrei colto al volo l'occasione di vomitargli in faccia il pane tostato e il caffè che ho mangiato a colazione.

-chi diavolo ti ha insegnato a navigare così, un serial killer in stato di ebrezza? Mi hai scombussolato tutto lo stomaco!-

lui alza le spalle e si avvia verso un sentierino deserto che risale la spiaggia e dovrebbe portare fino alla nostra meta, Distan Spring. La città degli adepti del Sole.

-Hey, aspetta, moretto!- mi rialzo e gli corro dietro, nervosa. Sento come una strana elettricità nell'aria, qualcosa che mi dice che non dovrei essere qui.

Nathan si gira, le mani nelle tasche e gli occhi blu fissi nei miei -ce la fai a camminare?- chiede, cogliendomi totalmente di sorpresa. Sembra serio, quasi preoccupato per la mia salute. Ma l'impressione dura solo un attimo, e il suo sorissetto sarcastico torna ad impossessarsi del suo volto -se stai male, possiamo sembre chiamare un ambulanza. O nel tuo caso il manicomio, per fare prima.-

-Ah. Ah. Ah. Ma che divertente.- la mia voce è impregnata di sarcasmo come una polpetta nel sugo. -e per te quale istituzione si dovrebbe chiamare, il carcere? A proposito, di chi è quel motoscafo? Per favore, non dirmi che l'hai solo “preso in prestito”.- È una frase così da film.

Nathan mi guarda divertito -”prendere in prestito” è uno dei miei verbi preferiti, Glenn. Comunque, lo riporteremo al legittimo proprietario prima di questo pomeriggio... anche se vedo che la notizia di un furto magico non ti sconvolge particolarmente.- osserva con un espressione da schiaffi.

Per la prima volta, arrosisco, guardandolo con espressione leggermente colpevole -dovrei essere scandalizzata. Immagino.-

-precisamente. Ma fai parte del Circolo della Luna. Dopotutto, la nostra moralità è sempre stata... particolare.-

lo guardo a bocca aperta -che intendi dire? Che il Circolo della Luna è formato da terroristi e maniaci?-

Beh, conoscendo Nathan, non mi stupirebbe...

-no, sciocca, ma diciamo che il nostro modo di pensare è generalmente più... aperto di quello di quei bigotti del Circolo del Sole. È una cosa che abbiamo nel sangue. Non pensare che siamo criminali: la maggior parte di noi ha la fedina penale fresca e pulita come una rosa. Siamo solo... un tantino più egoisti, per così dire. Avari, un po' più inclini al corrompere e a soddisfare le... passioni momentanee.-

mi fissa, e c'è qualcosa nel suo sguardo che mi fa sentire a disagio.

Bastardo.

-allora...- sbuffo -non dovevamo andare a Distan Spring?-

-Infatti. È a meno di dieci minuti a piedi, ormai... il motoscafo lo lasciamo indietro, nessuno lo scoprirà in questa baia deserta. Seguimi.-

 

*

 

Per trovarsi semplicemtne oltre la riva dello stesso lago, Distan Spring sembrava mille miglia lontana da Roven Lake. Invece che di pietra corrosa da muschio e salsedine, i muri delle case sono dipinti in stucchi dai colori vivaci, gialli, azzurri o lilla chiaro; dalle finestre pendono fiori di gelsomini dal profumo esotico, scarlatti come fuoco, tanto diversi dalle fredde rose timide e dalle edere rampicanti della mia città. Seppur la cosa non abbia molto senso, anche il clima sembrava più indulgente, di mezzo o forse un grado intero. Sia Distan Spring che Roven Lake hanno, come cittadine di campagna, una loro particolare bellezza, ma la città del Sole sembra più... calda, esotica, estranea. E, in un certo senso, questo calore mi fa venire la pelle d'oca.

Nathan cammina di fronte a me. Lo seguo a metà fra il guardigno e il curioso, bevendo con lo sguardo ogni singolo angolo delle strade e dei visi dei bambini ridenti. Se avessimo incontrato gli adepti del Sole, Nathan aveva promesso di dirmelo.

“e comunque, dopo l'armistizio, non ci farebbero niente. Non sono tipi da infrangere le regole” mi aveva ribadito, appena prima di entrare in città.

-non sei mai stata a Distan Spring prima?- mi chiede, senza voltarsi nè smettere di camminare -hai vissuto a Roven Lake per tutta la tua vita. Non ti è mai venuta voglia di fare una gita fuori porta?-

mi strinsi nelle spalle -gli abitanti di Roven Lake non vedono molto bene quelli di Distan Spring. Solo ora me ne rendo conto, ma credo che anche le persone comuni non amino molto avventurarsi qui. Loro... io... sentiamo qualcosa, ecco. Come di non essere bene accetti. Sono venuta qui solo una volta, in gita scolastica alle elementari. È finito che io e la mia compagna di banco ci siamo azzuffate per una girella al cioccolato e siamo cadute nel lago. A casa, mio padre mi ha fatto una sfuriata, quindi no, dopo il brutto ricordo non sono tornata spesso a Distan Spring.-

Nathan non si ferma, ma mi lancia un' occhiata a metà fra il sorpreso e il divertito:

-ed eri solita fare a botte con le tue compagne di classe, da piccola?-

-per una girella al cioccolato? Ma certo che sì- risposi, ricambiando il sorriso.

Solo dopo qualche attimo mi rendo conto che quella era la prima volta che ci scambiavamo un paio di frasi senza ringhiarci adosso.

Camminiamo fino ad un piccolo ristorante all'aperto. Nathan mi indica una sedia nel tavolo più appartato, sotto un gazebo, e io gli lancio un occhiata guardigna:

-rinfrescami la memoria, come può aiutarmi un romantico pranzetto all'aperto nel mio addestramento?-

Lui ghigna -Amore, se ti aspettavi un pranzetto al lume di candela, mi dispiace darti buca. Tu ordini qualcosa da mangiare e aspetti qui. Io devo sbrigare delle comissioni. Non ci vorrà molto.-

lo guardo a bocca aperta -e pensi di mollarmi qui da sola? Di cavartela con un “non ci vorrà molto”?-

lui rimane un attimo in silenzio, fissandomi con una strana espressione. Indecifrabile.

-credimi, se potessi rimmarei qui con te. Ma devo avvisare gli anziani del Circolo della Luna di Seattle che il tuo ritrovo è andato a gonfie vele. In teorie non c'erano problemi, ma sai come sono i vecchietti...-

-si preoccupano sempre?- azzardai.

Lui accenna un sorriso -non quelli del Circolo della Luna. Semmai, ti abbaiano adosso finchè non gli riporti tutto a dovere. Farò in fretta, dolcezza. Giusto una telefonata veloce- dice con la sua voce roca.

Prima di andarsene, si china verso di me, il suo viso diretto verso la mia bocca... solo che io cambio posizione della testa, e le sue labbra sfiorano la mia guancia.

-mai approfittarsi di una donzella in difficoltà per poi andarsene a telefonare ai nonni- gli dico con voce cupa, incrociando le braccia.

Se Nathan Fitzgerald pensa di averla vinta facile con me, dopo soli due giorni che mi conosce, ha preso una cantonata.

Lui si ritira con occhi spalancati, confuso ed offeso. Probabilmente, non è abituato ad essere respinto.

Si allontana senza neache salutarmi.

Mi stiracchio sulla sedia, cercando di scacciare la sensazione di disagio. In questa città, mi sento come il topo nella tana del gatto, anche se gli abitanti che abbiamo incontrato, tutte persone comuni, non sembrano aver notato nè la mia natura nè quella di Nathan.

-Non si riconosce un adepto della magia al primo sguardo- mi aveva detto lui sulla barca -a prima vista, nulla ci distingue dai comuni mortali. Solo coloro che hanno un addestramento avanzato possono percepire l'aurea della magia.-

Sono l'unica cliente del locale. Le campane suonanti della chiesa mi ricordano che è appena mezzogiorno. Se tutto va bene, dovrei riuscire ad essere al lavoro in orario. Il mio turno alla libreria comincia alle tre del pomeriggio.

Arrotolandomi una ciocca biondo paglia intorno al dito, prendo il cellulare (un aggeggio nero vecchio come il cucco, ma d'altronde una diciannovenne precaria non può permettersi grandi cose), e mando un messaggio a Dotty:

 

“Ciao cara, ti va se ci bekkiamo stasera? Ho bisogno di parlare con qualkuno. A k ora finisci il turno?”

 

Neanche due secondi dopo, mi risponde. Dotty è una cellulare-dipendente.

 

“finisco alle otto!!!! stavo per kiedertelo io. XD Nn ho dimenticato il tuo mess di ieri sera, devi parlarmi di mister dark!!!! guarda k nn mi sfuggi bella! ;)

 

Sorrido, mettendo via il cellulare. Dotty ha sempre esagerato con i punti esclamativi. È come se un pò del suo buon umore venisse trasmesso dai suoi messaggi.

-Mi scusi, è pronta per ordinare?-

Alzo lo sguardo, e vedo un ragazzo, della mia età o forse poco più grande di me, in divisa da cameriere. È alto, slanciato e asciutto, e i capelli sono una matassa di riccioli biondi, simili a quelli degli angeli dei dipinti rinascimentali. Mi fissa con un occhi a metà fra il verde e il grigio, con un aria timida e servile.

-in realtà non ho ancora guardato il menù... Anthon- dico, dopo aver visto il suo nome sul cartellino attaccato alla camicia blu della divisa.

-Anthon!- un' acuta voce femminile proviene dalla finestra che dà alla cucina interna -io mi prendo una pausa! Pensa tu ai clienti, e vedi di non mandare a fuoco il locale mentre mi faccio un giro, buono a nulla di un ragazzo!-

La voce senza volto è seguita dal rumore di una porta sbattuta e dalla messa in moto di una macchina.

Anthon, vicino a me, ha un aria imbarazzata.

-chi era?- gli chiedo, alzando un sopracciglio.

Lui sorride timido -Trisha, il mio capo.-

-Ha proprio l'aria di essere una grandissima stronza.-

lui mi guarda interdetto, poi ride -beh, non posso certo essere io a dirlo, visto che sono un suo dipendente.-

-invece dovresti essere proprio tu a dirlo: è il dovere di ogni cameriere parlare alle spalle del proprio padrone- dico scherzosa.

-la mia amica Dotty ne sa qualcosa, credimi.-

lui mi guarda incuriosito -la tua amica è una cameriera?-

-la migliore. Potrebbe darti lezioni private su come insultare il tuo capo senza farsi beccare. Se vuoi te la presento, anche se forse è un po grande per te.-

-beh, è il sogno di ogni ragazzo uscire con donne più grandi.- scherza lui.

Ha un sorriso bellissimo, molto aperto e solare.

-guarda, in questo momento non ho niente da fare. Starei aspettando un uomo, ma più a lungo non lo vedo meglio è. Senti, ti va di portarmi un martini e un piatto di gnocchi al ragù, e magari farmi un pò di compagnia mentre mangio?-

Si guarda in giro -beh, perchè no... tanto di altri clienti non ne vedo. Arrivo subito!-

Sparisce dentro la cucina per ritornare poco più tardi, con un martini sul vassoio e un sorriso in viso, servizievole come un cameriere di super gala.

-Gli gnocchi sono in preparazione- dice, sedendosi nella sedia di fronte a me.

-Grazie- sorseggio un sorso di martini.

-a proposito, io sono Anthon. Anthon Loring.-

-E io sono Glenn Brennan. Piacere, Anthon.-

ci stringiamo la mano: le sue dita sono lunghe, affusolate, calde.

-Allora, Glenn- mi guarda divertito -spiegami perchè non sarei adatto per la tua amica Dotty.-

-Beh...- dico, lasciando scivolare un dito intorno al bicchieri di martini -intanto, lei ha trentatrè anni. E tu ne hai quanti, diciotto?-

-diciannove. Ammetto che sarebbe un pò complicato, ma come si dice, l'età non conta in amore!- scherza lui, con uno sguardo pomposo che mi ricorda tanto i principi dei film Disney.

-Se ti interessa tanto, potresti diventare il suo toy boy. Ha una fissa al riguardo.-

Anthon alza un sopracciglio -una fissa sui toy boy? Oh-oh. Allora qualche speranza c'è l'ho!-

Scoppio a ridere. Chissà cosa farebbe Dotty, se sapesse che ho parlato delle sue preferenze sessuali con uno sconosciuto cameriere biondo. Probabilmente, ci riderebbe sopra.

-e tu, di anni, quanti ne hai?- mi chiede, a metà fra il timido e l'incuriosito.

-centonove. Perchè, non si vede?- faccio scherzosa.

-Cavoli! Devo dire che li porti davvero male. Io te ne avrei dati almeno cinquecento.-

-Lo so, lo so. Ma sai, i lifting non fanno per me. Preferisco andare in giro con la faccia che ho-

la conversazione si sta facendo sempre più strana, eppure mi mi sento sempre meno a disagio. L'angioletto biondo e i suoi sorrisi sembrano avere una qualche sorta di potere calmante... un pò come il cioccolato.

E dopotutto, la faccenda dell'età non è poi così strana. Devo ricordarmi di chiedere a Nathan quanto a lungo può vivere una strega. Magari fra duemila anni sarò ancora in circolazione, chissà. Oddio, ma questo vorebbe dire che dovrei sorbirmi Nathan per altri duemila anni?! Piuttosto mi sparo prima!

Anthon va in cucina e ritorna con un piatto fumante di gnocchi, che posa di fronte a me -bon apetit!-

-tu non prendi niente?- gli chiedo, mentre torna a sprofondare nella sedia davanti a me.

Alza le spalle -sono gli svantaggi di fare il cameriere. Guardi gli altri mangiare e torni a casa la sera con un buco al posto dello stomaco. Ma non ti preoccupare, ci sono abituato. Solo, non fare mai la cameriera se per caso soffri di calo di zuccheri.-

-Glenn?-

una voce fredda, roca, alle mie spalle. Mi volto, e Nathan mi fissa, con gli occhi gelidi come non glieli avevo mai visti prima.

-Oh!- Anthon schizza in piedi, con espressione imbarazzata -S-salve, signore. Se desidera far compagnia alla signorina, le posso portare qualcosa da bere, oppure preferisce...-

-non serve- lo interrompe Nathan duro -c'è ne stavamo andando.-

lo guardo infastidita. Per una volta che mi stavo divertendo!

-col cavolo, che ce ne stiamo andando! Questi gnocchi sono una delizia e non mi alzerò da questa sedia finchè non avrò leccato il piatto da cima a fondo. Ma ti sembra il modo?-

si gira verso di me, freddo. Anche se non sapessi che è uno stregone, in questo momento mi farebbe paura.

-Glenn. Andiamo.-

uno sguardo che non ammette repliche. Potrei anche restare qui a litigare, ma non voglio dare ulteriore fastidio ad Anthon. Mi alzo, e faccio per prendere il portafoglio ma Nathan mi precede, lasciando una banconota da venti dollari sul tavolo

-Lascia stare- mi dice.

Oh beh, almeno ha la galanteria di pagarmi il pranzo.

Mi prende per la vita e fa per trascinarmi via. Sento come un guizzo dove le sue mani toccano la mia pelle, e con più fatica di quella che normalmente farei lo allontano, camminando ad una certa distanza da lui.

Mi volto solo una volta, e faccio appena in tempo a vedere gli occhi grigi di Anthon e il sorriso in segno di saluto.

Non diciamo niente fino al motoscafo.

-allora- fà Nathan alla fine -ora che hai conosciuto il luogo degli adepti del Sole, è tempo di andarcene. Gli anziani mi hanno dato il loro consenso: da domani inizierà il tuo addestramento.-

-perchè mi hai portata via così di botto?- gli chiedo fredda, guardandolo mentre si affaccienda a sciogliere la corda del motoscafo. Non ho intenzione di dargli una mano, perchè:

Punto primo, mi deve una spiegazione.

Punto secondo, il suo fondoschiena fa proprio una bella figura quando è chinato verso il motoscafo, e da qua posso osservarlo meglio.

-perchè, perchè....- sbuffa Nathan. Alla fine si rialza e mi guarda con i suoi occhi di ghiaccio.

-ti ho portata via, Glenn, perchè volevo che vedessi la città degli adepti del Sole, ma non mi aspettavo che fraternizzassi con uno di loro. Oh, di certo il biondino non ha compreso la tua vera natura, è troppo giovane per percepire la tua aurea. Ma l'esperienza mi ha reso capace di riconoscere l'odore di un fattucchiere del Sole a trenta chilometri di distanza. Sei sorpresa? Beh, chiudi la bocca e vieni a darmi una mano col motoscafo. Voglio tornare a Roven Lake prima di Natale, grazie.-

 

 

Salveeee! *_* ecco a voi il nuovo capitolo, e scusate l'attesa.

Ho finalmente introdotto Anthon, un personaggio per cui ho un debole, lo ammetto. È che non resisto al fascino dei biondi. Ma non vi prreoccupate, se siete fan di Nathan: non c'è concorrenza.

O almeno non ancora...

Sappiate che dal prossimo capitolo si inizia a far sul serio, sia con l'addestramento magico sia con il rapporto di odio/attrazzione fra Nathan e Glenn.

Vi avviso, potrebbero esserci degli Orrori di ortografia nel testo, perhè l'ho riletto molto velocemente. Fatemi sapere cosa ne pensate, e non addolcite la pillola: andateci giù di brutto con le critiche! xD

Come sempre, grazie alle mie adorabili recensitrici! ** (ma esiste questa parola? Recensitrici? Boh xD ) Dark Eyes e Miss_Slytherin! <3 <3 <3

PS: l'attore che ho trovato per Anthon (adoro cercare immagini per i miei personaggi), si chiama anche lui Anthon. XD

Bene, basta con gli sproloqui. A presto!

TheWhiteFool

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Capitolo 5
*** Amiche, pantaloni e sigilli ***


-Allora, fammi capire bene...-

Dotty adagiò il mento sulle ginocchia, fissandomi con un aria a metà fra il pensieroso e l'eccitato. Eravamo stravaccate sulla scalinata del mio vecchio liceo, ma nessun professore sarebbe comparso dal nulla per dirci qualcosa, visto che era quasi mezzanotte e la scuola era deserta. Era strano tornare ad appogiarsi su quegli scalini, con una coca cola in mano e nessun compito da fare, tre mesi dopo il diploma. Sembrava passato un secolo. Tuttavia, mi faceva ancora impressione pensare che non avrei più varcato la grande porta d'ottone della scuola come studentessa. Anzi, non l'avrei varcata più e basta. Non sapevo se esserne triste o felice.

Le interrogazioni, comunque, sembravano essere state sostituite dall'interrogatorio che Dotty mi aveva fatto su Nathan. E come l'avevo incontrato, e quanto era figo, e cosa mi aveva detto, e quanto era figo, e se mi aveva già chiesto di uscire, e quanto era figo...

La mia amica non aveva dimenticato quell'unica volta quando il mio rompi-coglioni preferito era passato al “White frog”, il locale dove Dotty lavorava. Lei non aveva voluto ascoltare una sola parola su quanto Nathan fosse insopportabile: l'unica cosa che sembrasse interessare a Dotty era la descrizione nei minimi particolari del suo fondoschiena.

...che è un bel culetto, se proprio lo volete sapere.

Naturalmente non le avevo detto niente riguardo alla magia. Nathan mi aveva espressamente proibito di farne parola con qualcuno che non facesse del Circolo della Luna o del Sole.

Anche se preferirei che tu non parlassi affatto con i maghi del Sole”. Mi aveva detto guardandomi con un sorriso freddo.

Comunque, anche se non me lo avesse vietato, non avrei parlato della magia nè con Dotty, nè con nessun altro. Insomma, chi mai mi avrebbe creduto? Prima dell'altro ieri, alla magia, non ci credevo neanch'io. Se qualcuno fosse corso da me dicendo di essere un mago, avrei fatto una telefonata al manicomio senza pensarci due volte.

-Ok- disse Dotty alla fine, sorseggiando la lattina di fanta sopra pensiero -un fascinoso sconosciuto ti si avvicina di punto in bianco, dicendo di volerti conoscere...-

annui: era quella la storia che mi ero inventata. Con Dotty, che ha un fiuto naturale nel riconoscere le bugie, meglio non inventarsi cose troppo complicate.

-...ti porta a fare una gita a Distan Spring e pranzate insieme...-

-non è andata proprio così- la interrompo scura in viso -lui mi ha offerto il pranzo, ma poi mi ha mollata per fare una telefonata ai suoi... ehm, ai suoi nonni.-

...I suoi “nonni” stregoni del Circolo della Luna di Chicago, s'intende.

-non è stato bello per niente, credimi. In pratica mi ha mollata da sola al tavolo. E quando è tornato mi ha trascinata via impedendomi di finire i miei gnocchi, da grande cafone e testa di cazzo che è.-

Dotty mi lancia uno sguardo di rimprovero -ecco, Glenn, è proprio questo tuo atteggiamento che non va. Ti impedirà di conseguire il fine ultimo!-

La guardo confusa -e quale sarebbe, il fine ultimo?-

Dotty mi guarda come se fossi un' ingenua ragazzina che ha ancora tutto da imparare.

-ma entrare nei suoi pantaloni, è chiaro!-

La coca cola mi va di traverso e la sputo fuori, macchiandomi la punta degli anfibi. Lei, serafica, mi da dei colpetti sulla schiena;

-Su, su, Glenn. Non fare sempre queste tragedie.-

-Queste tragedie!- ripeto con voce rauca. No, intendo, mi ha appena suggerito di farmi uno sconosciuto molto stronzo e probabilmente molto matto!

-Queste tragedie! Dotty, cavolo!-

Lei inarca un sopracciglio rosso -beh, che c'è di male? Insomma. Non sei mica una verginella. E neanche lui. Comunque, quanti anni hai detto che ha?-

-Ventisei, ventisette, non ricordo. Deve considerarmi una bambina...- mormorai con voce sconsolata.

No, un momento: sconsolata? Ma perchè sconsolata? Sconsolata significa dispiaciuta... ma non vedo perchè dovrei essere dispiaciuta del fatto che Nathan mi consideri una poppante. Non me ne frega un cazzo, della sua opinione!

Dotty mi fissa con un sorrisetto furbo e il capo inarcato -tanto per cominciare, Glenn, non conquisterai mai un uomo se continui a mantenere quel tuo caratteraccio. Dovresti essere più aperta, e meno imbronciata...-

-e tu dovresti farti una bella insalatina di cazzi tuoi- sbuffo e al tempo stesso arrossisco, cercando di pulirmi la punta dell'anfibio macchiata di coca cola.

-...e magari dire meno parolacce- continua lei, come se non avessi parlato -Glenn, conoscendoti so che sai essere molto simpatica, ma ad un primo sguardo non sai darlo a vedere. Inoltre, l'Operazione Pantaloni andrebbe meglio se mettessi un pò meno quei vestitacci scuri che ti piacciono tanto- mi guarda come per valutarmi -hai delle bellissime gambe. Se solo ti decidessi a metterle in mostra con qualche gonna!-

-Per sentirmi bene con me stessa non mi serve una gonna- sbuffo -mi servono i vestiti che mi piacciono. E poi quelli che indosso non sono mica pantalonacci!-

-Guarda, meglio che non dica cose sconvenienti- alza gli occhi al cielo.

-E, ultimo ma non meno importante, dovresti usare un pò più le scollature.-

-è facile per te dirlo- arrossisco -quanto hai? Una terza? Le scollature non servono con la mia seconda scarsa...-

-Non si dice seconda scarsa- dice Dotty con aria saggia -ma prima abbondante, ricordatelo.-

La guardo, e non posso fare a meno di scoppiare a ridere. Anche se ogni tanto io e Dotty battibecchiamo, le voglio un mondo di bene. Lei è per me la sorella maggiore che non ho mai avuto.

-E dai, rossa- mi alzo in piedi -ti offro un gelato di mezzanotte. Ci stai?-

Spalanca gli occhi -Fragola e vaniglia con doppia panna per me! E chissene frega della cellulite!-

-Così si fa, sorella!-

Si alza in piedi ridendo e ci avviamo verso la gelateria di Roven Lake, che non chiude mai prima delle due del mattino.

-pregusto già il cono all'amarena- le dico mentre camminiamo.

Dotty sorride maliziosa -e secondo me, riguardo a Nathan, pregusti già anche qualcos'altro.-

Mi soffoco una rispostaccia in gola per non attirare l'attenzione del gelataio che intanto ci ha salutate sorridendo.

*

-La magia non è un gioco- mi dice Nathan serio, fissandomi negli occhi:

-richiede concentrazione ed esercizio. E ha specifiche regole che vanno rispettate: non si può, ad esempio, far apparire denaro dal nulla, o trasformare le macerie in oro.-

La sera dopo la mia chiacchierata con Dotty, io e Nathan ci siamo dati appuntamento a casa sua. Non fatevi idee strane: è isolata, di fronte al lago, un enorme maniero vecchio e fatiscente che Nathan ha comprato quando si è trasferito a Roven Lake. Il posto perfetto per far pratica indisturbati... o almeno, il posto più vicino e più comodo.

Sbadiglio, seduta a gambe incrociate sul tappeto del salotto -questo l'hai già ripetuto tre volte. Ora possiamo incominciare a far incantesimi o posso tornare a casa a guardare “L'incantesimo del lago”?-

Lui alza un sopracciglio -L'incantesimo del lago?-

Alzo le spalle -Oggi lo replicano in prima serata.- da bambina, era il mio cartone preferito.

Lui scuote la testa, incredulo. Poi sbuffa e si avvicina, sedendosi a gambe incrociate di fronte a me.

-Hai ragione. È tempo di fare sul serio. Ma prima, dobbiamo rimuovere il tuo sigillo.-

-intendi quello che il Circolo della Luna di Chicago mi ha applicato per non far scoprire la mia esistenza ai maghi del Sole? Ma credevo che fosse già stato rimosso...-

-in parte- annuisce lui -ma ci sono ancora dei frammenti, abbastanza da impedirti di usare i tuoi poteri. Attenta: appena avremo rimosso i rimasugli del sigillo, la tua essenza magica, che è stata rinchiusa per anni, si risveglierà. I bambini dei Circoli vengono addestrati fin dai primi anni al controllo della magia. Tu, invece, non lo sei, e i tuoi poteri potrebbero manifestarsi se hai, ad esempio, repentini cambiamenti d'umore.-

Annuisco. Ho la pelle d'oca: voglio farli, questi incantesimi. Ho riletto troppe volte Harry Potter per non sentirmi eccitata in questo momento.

... eccitata. Con Nathan seduto di fronte a me, sul pavimento del suo salotto, è una pessima parola.

Di colpo, lui estrae un coltellino argentato e ricoperto di glifi dalla tasca dei pantaloni -Questo farà un pò male, ma non ti spaventare.-

-Hey!- mi ritraggo -che vuoi fare con quello?-

Lo sapevo che era un maniaco, lo sapevo!

Lui alza gli occhi al cielo -Glenn, ti prego. Qualche goccia del tuo sangue serve per la rimozione del sigillo. Il sangue della “vittima” del sortilegio è indispensabile, infatti, per questo tipo d'incantesimo. Perfino un bambino del Circolo della Luna lo sa.-

-Oh, allora scusa tanto se gli anziani del Circolo hanno deciso di mettermi in disparte per salvarmi la vita. Mi sa che dovrò iniziare i corsi di recupero!-

-è questo, il tuo corso di recupero.- e, in un modo molto più veloce di quanto mi aspettassi, mi prende la mano e mi taglia il palmo con la lama del coltello d'argento.

Mi mordo la lingua per il dolore, e ricaccio indietro le lacrime. Nessuno mi vedrà mai piangere, tantomeno Nathan.

Lui mi tiene il palmo con la mano destra, mentre con la sinistra intinge un dito nel mio sangue e traccia un glifo sulla mia fronte.

-Eshrenii, na ni raòes- mormora, e c'è qualcosa di strano nella sua voce. I suoi occhi azzurri si sono fatti ancora più chiari, una sfumatura d'argento impercettibile ma reale.

E di colpo sento come se il cuore mi esplodesse da dentro: è una sensazione straziante, e al tempo stesso piacevole. Bellissima e letale. Pericolosa come una notte di luna.

Una luce scura sembra invadere tutto il mio corpo. Mi sento leggera, come se non avessi peso, come se non mi trovassi più nel mondo reale, ma in un luogo dove le leggi della fisica sono state da tempo dimenticate.

E di colpo, ecco lei.

La mia alter ego. Il mio riflesso bellissimo e glaciale, che avevo visto per la prima volta nella porta finestra della libreria dove lavoro.

La donna di ghiaccio e di tenebre sorride. Il suo volto è il riflesso del mio, ma il suo sorriso è letale, cattivo. Ne ho paura... e al tempo stesso ne sono affascinata.

Il mio riflesso mi porge la mano, una mano di ghiaccio e ammantata dall'ombra, senza smettere di sorridere.

Se prendo quella mano mi dice una vocina nella mia testa non sarò mai più quella di prima... non sarò più nè inconsapevole, nè innocua, nè docile.

Pericolosa.

Sarò pericolosa, per me stessa e per gli altri.

La donna sorride.

E sarò potente.

Incauta come un gattino, allungo la mano. Sento le dita di nebbia del mio alter-ego stringermi.

Un lampo di luce azzurra, luminosa come la Luna. E poi, di colpo, il buio.

*

Apri gli occhi, sbattendo le palpebre per abituarmi alla luce. Muovo le dita, e non sento niente di strano se non la ruvidezza del lenzuolo. Mi guardo intorno.

-Ti sei svegliata- la voce di Nathan sembra sollevata dalla notizia. Confusa, volto la testa e lo vedo alzarsi da una poltrona per raggiungermi sul letto.

Mi sfiora una ciocca bionda -sei rimasta svenuta per più di tre ore. Cominciavo a preoccuparmi, non pensavo che liberarti dal sigillo sarebbe stato così difficile.- ha un cipiglio scuro -la maggior parte di noi adepti della Luna convive con il proprio alter-ego, ovvero la propria essenza magica, fin dalla tenera età. Tu, invece, l'hai dovuto affrontare solo ora. Io... non ci ho pensato. Mi dispiace.-

Vorrei prenderlo in giro sul fatto che è la prima volta che mi rivolge delle scuse, ma ho la gola secca. Per riuscire a parlare, mi ci vogliono un paio di tentativi: -d...dove sono? Che ne è stato di.. lei?- non c'è bisogno di specificare a chi mi riferisco.

-ti ho portata nella mia camera, per farti riposare. Lei è dentro te, adesso. Siete una cosa sola. Ora sei una strega completa, e potremmo esercitarci sugli incantesimi appena ti sarai rialzata.-

Mi sento diversa, ma non saprei dire come. Non mi sento nè più decisa, nè più intrepida o bella, ma più... completa. Come se avessi trovato qualcosa che cercavo da tempo.

Eppure non so se è un bene o un male.

Un attimo di silenzio cala fra noi. Di colpo, mi accorgo di come Nathan sia seduto accanto a me sul materasso, e delle sue mani adagiate sul lenzuolo. Non avevo mai notato le sue mai. Hanno dita lunghe, ma forti. Fatte per stringere. Alzo gli occhi, e le labbra di Nathan non mi sono mai parse così vicine.

...e, di colpo, le sento sopra le mie. Calde, umide. Il suo corpo è premuto contro il mio, a farmi da scudo c'è solo la stoffa ruvida del lenzuolo. Il suo calore, il suo odore, tutto di lui è proteso verso me.

E, per una volta, non lo respingo.

Non è un bacio casto o gentile, ma ruvido, selvaggio, incontrollato, appassionato. Violento. Le nostre labbra si esplorano a vicenda per un tempo indefinito, forse minuti, forse ore. Poi, quando lui tira un sospiro per riprendere fiato, mi sposto sul suo collo. Lo sento fremere di piacere quando passo la lingua sulla clavicola. Le sue mani sono attorcigliate fra i miei capelli, e sento la pressione delle sue gambe e del suo fallo sopra me, siamo separati solo da una leggera stoffa.

Non saprei dire se sono stata io a baciare lui o lui a baciare me. So solo che non voglio che smetta.

 

 

...E il seguito alla prossima puntata!

No, sul serio, vedrete come questa scena andrà a finire nel prossimo episodio. È mezzanotte e sono troppo stanca per continuare a scrivere. -.-

Scusate il ritardo con gli aggiornamenti ma esiste qualcosa che si chiama scuola ed esitono anche le buche da recuperare... (nel mio caso una, fisica) -.- Beata Glenn che ha finito il liceo, ma ora che sono in vacanza non mi posso certo lamentare! XD

E comunque, comunque comunque... GRAZIEEEEE!!! ragazze nello scorso capitolo mi sono trovata ben 4 recensioni, mi avete fatto felicissima! =3 Un abbraccio, quindi, a Miss_Slytherin, Dark Eyes, Cupidina 4ever e Straw X Kisshu! Lo so che lo ripeto ogni volta e che forse sono noiosa, ma le recensioni, anche le più negative, mi fanno piacerissimo.

PS: Chi conosce L'incantesimo del lago? Io da bambina lo adoravo! (e ametto che, alla veneranda età di 17 anni, me l'ho recentemente rivisto con la mia best...) xD

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Capitolo 6
*** Baci rubati, luce e arrivederci ***


Un improvviso ritornello dei Linkin Park mi riporta, di colpo, alla realtà.

-Merda- le labbra di Nathan si staccano dalle mie. Come paralizzata, sento il suo corpo allontanarsi, e lo guardo mentre si risvolta le tasche dei pantaloni alla ricerca del cellulare.

-Solo un momento. Non muoverti.- mi dice, guardando il dispaly. Si alza dal letto ed esce in corridoio, chiudendosi la porta alle spalle mentre risponde alla telefonata.

Forse è uscito perchè non voleva che origliassi. Ma, anche se fosse rimasto qua, non l'avrei fatto. Ho la testa che mi scoppia.

Mi tiro a sedere, tremante, e passo le mani sul viso. Le mie guance sono ancora calde, le mie labbra aspettano ancora un bacio. Un bacio che io non voglio.

Degludisco. Ma certo che lo voglio. O almeno, il mio corpo lo vuole. La mia mente sta cercando di trovare una spiegazione razionale, ma la verità è che Nathan mi è sempre piaciuto, sin da quando è entrato quel giorno in libreria. L'ho negato perfino a me stessa, fin'ora, perchè all'inizio lo ritenevo un pazzo pericoloso e adesso... beh, guardiamo in faccia la realtà. Quante ragazze si farà in un mese, uno come lui? Ci ha provato con me sin dal primo giorno che mi ha vista. E, quando siamo andati insieme a Distan Spring, ho notato come lo guardavano le altre donne. E come lui guardava loro.

-Oddio- ho il respiro agitato e gli occhi sgranati, e sono contenta che nessuno possa vedere la mia debolezza, in questo momento.

Prima ho ceduto, ma non accadrà più. Per via della rimozione del sigillo, che mi aveva lasciata esausta e senza forze...

E poi, lo ametto, non sto con un uomo da almeno otto mesi. E lui era così vicino e sembrava così preoccupato del fatto che fossi svenuta...

Mi tiro in piedi con un ringhio, ignorando un lieve giramento di testa. Evidentemente sono ancora debole per la rimozione del sigillo, ma ora ho la testa più lucida. Quando Nathan avrà finito quella telefonata e tornerà qui tutto arrapato, se pensa di trovarmi di nuovo tutta unoo zucchero, beh, allora si sbaglia di grosso.

-Per lui, sono solo una delle tante- ripeto, annuendo, come per auto-convincermi -non succederà più.-

Tuttavia, quando penso che non permetterò che non ci sia nulla fra noi, sento come se mi si gelasse il sangue nelle vene.

-Era il Concilio di Chicago.- la sua voce mi fa sobbalzare, mentre Nathan torna nella camera da letto -hanno avuto dei casini... - si blocca quando mi vede in piedi, quando vede la mia espressione: -Glenn, che c'è?-

Respiro, cercando di restare impassibile e calma. Devo dare l'idea di essere una donna sicura e realizzata, che non ha bisogno di lui.

Spero solo che non inizino a tremarmi le gambe.

-Nathan... scusa. So che col mio comportamento ti stò confondendo. Ma non possiamo farlo.-

Lui mi fissa, ancora col cellulare in mano, e nei suoi occhi così azzurri la confusione si trasforma in rabbia.

Sorride gelido: -oh? Non possiamo farlo? Dì un po', soffri di un qualche disturbo bipolare che ti fa cambiare idea nell'arco di cinque minuti?-

Lo guardo in cagnesco -E tu soffri di qualche sindrome che ti porta ad aproffitarti di donne appena svenute e dalle idee confuse?-

Per un velocissimo attimo, spalanca gli occhi e lo vedo spiazzato. Ah-ah! Colto sul fatto. Lo sapevo che aveva contato anche sulla mia debolezza. Ma forse, quell'espressione me la sono solo immaginata, perchè il suo viso riprende subito il ghigno sarcastico e sicuro di sé.

-Credimi, ho incontrato donne che, anche dopo svenute, erano in grado di ragionare e di sottrarsi da fare cose che non volevano.-

è il mio turno di rimanere spiazzata. Ho ceduto così facilmente perchè un po' lo volevo anch'io.

Ma non è il caso di dirglierlo.

-Non parliamone più.- dico, per evitare di addentrarmi troppo in una conversazione ostile. Che sia per il sigillo, per lo svenimento o per i suoi baci, ho la testa ancora un po' intorpidita. Non ho intenzione di discutere se non sono nelle condizioni di averla vinta.

-è meglio che ci diamo da fare con quegli incantesimi. Ho diciannove anni di insegnamenti magici da recuperare.-

*

Nathan, all'apparenza, si comporta ancora come prima. Ghigna, mi lancia frecciatine, ogni tanto sorride alle mie battute. Però c'è una lieve freddezza nel suo modo di fare. Di certo, se ci è rimasto male, è troppo orgoglioso per mostrarlo. Comunque, i suoi occhi non mi sono mai sembrati tanto glaciali.

Mezz'ora dopo, siamo di nuovo in soggiorno, che è un campo d'azione più sicuro della camera da letto, e Nathan mi sta spiegando come svolgere un incantesimo. Siamo seduti uno difronte all'altra, a gambe incrociate e schiena dritta. Sembra che stiamo facendo yoga.

-Ok.- dice lui serio -il primo incantesimo che ti sottoporrò sarà risucchiare l'energia. È molto comune fra gli adepti della Luna.-

-Risucchiare l'energia?-

Annuisce -sì. Ti ho detto che le confraternite del Sole e della Luna si sono divise anche per i diversi modi di vedere la magia. Il Circolo del Sole usa la magia per curare, creare, illuminare. Ad esempio, sono molto portati nella guarigione di ferite e malattie, glielo concedo. Ma fin troppo spesso usano la magia per scopi davvero noiosi, come aiutare le piante a crescere al meglio: hai notato di certo come Distan Spring fosse piena di geranei alle finestre. Davvero uno spreco di potenziale, se vuoi il mio parere.-

Alzo un sopracciglio -Quindi, sono tutti giardinieri?-

Ghigna, e un ombra di tristezza mista a rabbia gli attraversa il viso:

-Se fosse davvero così, non ci avrebbero sterminati quindici anni fa.-

-E gli adepti della Luna?-

Si passa una mano fra i capelli scuri -Qua la storia si fa molto più interessante. Il nostro Circolo è portato per i sortilegi, per i malocchi, per le magie di distruzione... il che ci riporta al tuo incantesimo.-

Il mio primo incantesimo. Sento le mani formicolarmi per l'eccitazione.

Prende una lampadina accesa sul comodino dietro di lui, e la posa in mezzo a noi.

-Ecco qua. Spegnila.-

Un po' sospettosa, allungo la mano e clicco l'interruttore. La lampadina si spegne.

-Non così, sciocca!- mi guarda a metà fra lo spazientito e il divertito -Devi usare la magia per spegnerla!-

-Oh, scusa tanto!- lo guardo con le guance accalorate -ma se tu non sapessi niente di magia, e un tizio un pò fuori di testa ti venisse a dire di spegnere una lampadina senza darti altre spiegazioni, tu cosa faresti?-

Respira, come per calmarsi e per non rispondermi male. Chiude gli occhi per un attimo, e io resto a fissarlo.

Cavolo, anche da seduto è così alto...

-Immagino di essere stato... umph, poco chiaro- ammette a fatica, ma non ho il tempo di gongolare sul fatto che lui ha amesso di aver sbagliato, perchè riprende subito a cianciare.

Riaccende la lampadina:-ora fa quello che ti dico, senza discutere. Inspira e svuota la mente. Non dovrebbe essere tanto difficile, per te-

Gli lancio un occhiataccia.

Mi ignora -Concentrati sulla lampadina, e su nient'alto. Quella lampadina emette luce, e tu puoi toglierle quella luce. Puoi farlo. Puoi fare piombare il mondo intorno a essa nello stesso buio che regna di notte. E di notte, niente ha il diritto di emettere luce. Sole le stelle... e la Luna.-

Fisso quella lampadina con tutta me stessa. Provo a concentrarmi.

Spegniti. Non emettere luce. Non ne hai il diritto, stupida lampadina comprata al negozio dell'usato...

La lampadina continua indisturbata a illuminare la stanza.

-Mi sento stupida- mi lamento -stò qua a parlare con una lampadina. E poi, che cazzo di incantesimo è? Se la voglio spegnere, clicco l'interruttore, no?-

E poi Nathan si lamenta che gli adepti del Sole sono tutti giardinieri. Ma si guardi lui! Cos'è questo, un incantesimo per elettricisti?

Sbuffa spazientito -Glenn, questo è solo uno degli incantesimi base. Non inizierai certo a fare sortilegi di alto livello senza neanche sapere spegnere una fonte di luce... e la lampadina è solo un esempio. Questo incantesimo si può applicare anche al fuoco, ai lampioni...-

-Ok, ok. Ho capito. Ora taci e lasciami concentrare.-

Torno a fissare la lampadina, che brilla indisturbata. La guardo male: è come se si prendesse gioco di me, la stronzetta.

La fisso per un tempo indeterminato. Le mie mani sono chiuse a pugno, le articolazioni tese. Sento la testa come se andasse a fuoco.

E d'improvviso, dopo uno scoppio di luce, la lampadina si spegne.

-Wow!- scatto in piedi, raggiante -oddio! Oddio, oddio, oddio!- comincio a saltellare -sono stata proprio io?-

Nathan non mi ascolta. Sta fissando la lampadina, esterefatto. Poi alza gli occhi verso di me.

-L'hai fulminata.- mormora a bocca aperta. Mi guarda basito.

Guardo la lampadina. In effetti, non si è solo spenta. È nera, è bruciata, e un odoraccio aleggia nell'aria.

-Io... beh, scusa.- dico a disagio -te ne comprerò una nuova, ok?-

Ma e lui non sembra importare. Si alza in piedi:

-Glenn, tu non dovresti essere in grado di bruciare le lampadine appena al secondo tentativo.- mormora, senza smettere di guardarmi sopra pensiero, come se fossi un gioco di Cluedo di cui non si riesce ad individuare il colpevole.

-Ok. Cioè, scusa, so che non avrei dovuto. Ma ti ho già detto che te compro un altra...-

-intendevo che è un incantesimo piuttosto avanzato per una che non ne ha mai fatti. Spegnere è una cosa. Distruggere, beh, è un altra faccenda.-

Non so come prenderla. -Oh.- è tutto quello che riesco a dire.

-Gleen, io devo andare a Chicago.-

L'improvviso cambiamento di argomento mi lascia a bocca aperta: -Cosa? Perchè?-

Da dove gli è venuta fuori, questa? E poi non può andarsene, no! Non può e basta. Cosa faccio io senza un maestro di incantesimi?

-è solo per un paio di giorni.- mi rassicura, vedendo la mia espressione agitata.

-Un paio di giorni?- chiedo. Uff, meno male. Cioè, lui deve insegnarmi come folgorare le lampadine, solo di quello mi importa. Devo imparare tutto cio che serve per diventare una strega.

...Ma a chi voglio darla a bere?

-è per quello che ti hanno telefonato, prima?- chiedo, impassibile, come se non me ne importasse poi molto.

Annuisce, scuro in volto -hanno avuto dei dissidi interni. Giochi di potere, più che altro. La politica, purtroppo, infanga anche i Circoli. Tutti i membri della zona devono recarsi a Chicago per decidere il da farsi.-

-E io?- chiedo, colta sul vivo -non sono anch'io un membro del Circolo della Luna?-

-No, non ufficialmente almeno, fino alla tua investitura.-

Uff. Questi qui non sono mai contenti. Ora salta fuori anche un invenstitura di cui non sapevo niente!

-Ad ogni modo, tornerò domenica. Tu, intanto, continua ad esercitarti con questo incantesimo, fino a quando non saprai padroneggiarlo alla perfezione. E da una sfogliata anche a questo.-

E, vi giuro che non ho idea da dove, mi conegna fra le mani un librone con strani fregi sulla copertina, con l'aria di essere stato pubblicato, forse, nell'era dei dinosauri.

-E cosa ci faccio con questo?!- chiedo a bocca aperta.

Nathan alza le spalle -è un libro di magia, piuttosto semplice, sulle pozioni. Dagli un occhiata, se ci riesci. Prova a comporre il filtro a pagina sedici, è per principianti e dovrebbe aiutarti a far pratica.-

Perfetto, ora mi assegna anche i compiti per casa.

-Qualche altro suggerimento?- chiedo, con un espressione fintamente seria -chessò, devo provare a lanciarmi giù da un grattacielo con una scopa, per vedere se riesco a volare? Oppure preferisci che telefoni a Harry Potter per allenarmi a Quidditch?-

Ghigna -Quella del grattacielo sarebbe una bella scenetta. Oh, già vedo i titoli dei giornali: “giovane donna si suicida portando una scopa con sé, gli ispettori indagano sulla provenienza dell'oggetto...”

-Oh, ma chiudi la bocca!- lo riprendo, però mi scappa un sorrisetto.

-Cerca di esercitarti di notte, se puoi. Col buio, i poteri degli adepti della Luna si fanno più potenti. E, ultimo ma non meno importante, stai lontana da Distan Spring.-

Mi si avvicina, lo sguardo penetrante come non mai. Alza la mano e, prima che io possa fare niente, mi passa un dito, leggero, sulle labbra. Dove mi ha baciato.

Si sofferma un attimo, e poi esce di casa, chiudendosi la porta alle spalle. Lo sento chiamare un taxi, la sua voce attutita dai muri della casa. Se ha un appartamento a Chicago, immagino che non gli serva nemmeno preparare una valigia. Resto un attimo immobile, tenendo il libro al petto, poi esco anch'io.

 

 

Bene. Il Circolo della Luna diventerà famoso per fulminare le lampadine! XD

Allora, Nathan va a Chicago per un paio di giorni (no, non va dall'amante, non preoccupatevi), e boh, volevo farlo più lungo questo capitolo, far fare a Glenn delle cose che ho in mente ma preferisco rimandare tutto al prossimo, per non interrompere la scena a metà come è successo nella scorsa puntata. Non mi è piaciuto granchè com'è venuta fuori questa storia, ma la prossima sarà più coinvolgente, non vi deluderò! XD

Ad ogni modo, oltre alle persone che hanno recensito questa storia (ragazze, vi adoro! <3), vorrei anche ringraziare tutte le lettrici anonime che hanno aggiunto le (dis)avventure di Glenn fra i preferiti! =3 ho dato un occhiata alla pagina di tutte, perchè sono curiosa e volevo vedere, almeno un pò, che tipe siete! =)

 

Bacioni e alla prossima! ^^

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Capitolo 7
*** Brioche, scontri e gattini ***


ATTENZIONE: ho pubblicato questo episodio molto prima del solito, e quindi è possibile che vi siate persi la scorsa puntata se avete cliccato “vai all'ultimo capitolo”. Date un occhiata per essere sicuri ;)

 

 

Il sabato mattina dopo la partenza di Nathan sono seduta ad un tavolino appartato dal “White Frog”, il bar dove lavora Dotty. Fortunatamente oggi ci sono troppi clienti, il che tiene la mia amica occupata e mi evita di rispondere alle sue domande sull' “operazione pantaloni”. È una fortuna, inoltre, perchè mi da il tempo di concentrarmi sul libro di pozioni che mi ha dato Nathan, che sto sfogliando distrattamente mentre sorseggio il mio capuccino all'orzo. È un vecchio tomo dalle pagine ingiallite, proprio adatto per un libro di stregoneria.

Il brusio di sottofondo del bar e la calda aria di sole che filtra dalle tende di pizzo rosa delle finestre contribuiscono a rendermi di umore allegro. Intendo, ieri sono riuscita ad eseguire il mio primo incantesimo (al solo pensiero sento una fitta d'orgoglio), oggi non lavoro e, sopratutto, non mi dovrò sorbire Nathan per due giorni.

Cioè, non è che non voglio averlo fra i piedi, è solo che è stancante passare del tempo con lui. Non facciamo altro che battibeccare e devo stare continuamente all'erta se voglio avere l'ultima parola in una discussione. Anche se, d'accordo, ogni tanto stare con lui può anche essere divertente...

Ma non è che mi manca. No. Assolutamente... cioè...

-Oh, insomma!- sbuffo spazientita e colpisco il tavolo con una mano.

Ecco, lo vedete che Nathan non mi manca? Il suo solo pensiero mi fa imbestialire.

-Qualcosa non va, cara?-

Alzo gli occhi e vedo una vecchietta che mi fissa con sguardo preoccupato. Mi sento le guance in fiamme: di sicuro mi ha vista imprecare da sola e colpire il tavolo. Dannato Nathan, è tutta colpa sua! Ma possibile che anche quando non c'è riesce a complicarmi la giornata?

-Oh, no, sto bene- le rispondo con un sorriso smagliante, del tipo “sono perfettamente normale, grazie e ora se ne torni pure a bere il suo caffelatte.”

Le vecchietta mi fissa sorridendo, mentre Dotty mi ficca sul tavolo la mia ordinazione (brioche con crema di ciliege), talmente affannata che non ha neanche il tempo di salutarmi prima di fiondarsi da un altro cliente che la chiama a gran voce.

-Sa, mia nipote spesso ha un espressione simile a quella che aveva lei un attimo fa...- continua la vecchietta, sorridendo -... sempre quando pensa al suo ragazzo lontano.-

La brioche mi va di traverso.

Comincio a tossicchiare, e la signora gentile mi dà dei colpetti sulla schiena:

-su, su. Non dovrebbe mangiare così in fretta. Fa male allo stomaco, sa? Lo dico anche a mia nipote, ma lei non mi scolta mai...-

-Grazie- le dico quando mi sento meglio. Mi accorgo che la vecchietta sta fissando il libro di magia con aria interessata.

-Oh, che bello! Lei fa per caso parte della compagnia teatrale cittadina?-

La guardo senza capire. Teatro? Cioè, cosa sembro, un clown?

Indica il libro -è un perfetto oggetto di scena! Ho sentito che metterete in scena una commedia di streghe, vero?-

Alla parola “streghe”, il mio stomaco sembra fare un doppio salto mortale. Ma poi capisco e mi rilasso: deve aver pensato che il libro fosse un qualche oggetto di scena.

-Ehm... proprio così!- dico, richiudendo il libro con un gesto secco e rimmettendolo nella borsa -quest'anno metteremo in scena... ehm... una riedizione della “Spada nella Roccia”!-

Cavolo, devo stare più attenta. Ok che è un vecchio libraccio polveroso, ma è comunque di magia e lasciarlo aperto sul tavolino di un bar forse non è stata una grande idea.

-Ohh- la vecchietta spalanca gli occhi interessata, mentre io mi afretto a lasciare i soldi sul tavolino e ad alzarmi in piedi -lei che parte farà?-

-Maga Morgana- borbotto, dicendo il primo personaggio che mi viene in mente. Prendo la brioche in mano e mi afretto ad uscire dal bar, facendo un cenno di saluto a Dotty, che sta scrivendo febbrilmente le ordinazioni di un cliente indeciso.

Uscendo dalla porta, riesco a sentire un brandello di conversazione:

-Come sono le brioche alla nutella?- chiede il cliente sopra pensiero.

-Beh, molto buone. E con la nutella- risponde Dorry stancamente.

-Uhm... non saprei. C'è ne tanta, di nutella? Riempie più o meno della metà dell'interno della brioche?-

-Credo... più- risponde Dotty confusa. Mi lancia uno sguardo disperato mentre esco dalla porta del bar. Chiudendomela alle spalle, sento il cliente interrogarla sulla consistenza della pasta delle brioche.

Anche se starò per morire di fame, giuro che non farò mai la cameriera.

*

Non sapendo cosa fare, comincio a bighellonare sulla riva del lago. È una bellissima giornata di sole, e le acque del lago Diven ne riflettono la luce, come se fossero attraversate da innumerevoli gemme cristalline. Tira un leggero vento che diffonde l'odore di abeti, fiori ed alghe, così tipici della mia città.

Mi siedo su uno masso e, mangiucchiando la bioche alle ciliegie, do un occhiata al libro di magia.

Vado a pagina sedici, dove c'è il filtro che Nathan mi ha detto di provare a comporre mentre lui non c'è. Il titolo, scritto a sottili caratteri svolazzanti, è “ pozione di morte apparente”; ah beh, niente di strano insomma. C'è una descrizione seguita dalla lista degli ingredienti:

Questa pozione, scoperta dalla strega della Luna Ingrid D'onnerlien nel 1643, è un sonnifero molto blando che permette a chi lo beve di dormire profondamente per almeno sei ore. Se eseguita correttamente, colui o colei che la berrà non potrà essere svegliato nemmeno da urla o scossoni, il che ha dato il soprannome “pozione di morte apparente”. Una versione dell'opera shakespiriana “Giulietta e Romeo”, rivista da alcuni storici del Circolo del Sole, prevede proprio che sia stata questa la pozione che Giulietta bevve nell'ultimo atto della commedia. Le controindicazioni...”

Un momento. Agrotto le sopracciglia: questa cosa della pozione-sonnifero mi fa scattare un campanello in testa. Mi metto le mani sulle tempie, come se volessi letteralmente spremermi le meningi, e ricordo: quando Nathan mi ha portata per la prima volta a Distan Spring, devo avergli accennato che spesso soffro d'insonnia.

Oh.

No, cioè, non sarà sicuramente per quello che mi ha indicato questa pozione. Probabilmente non se lo ricordava neanche. Non essere ridicola, Glenn Brennan.

Certo, se funzionasse, potrei finalmente dormire senza svegliarmi almeno una volta per notte.

Eccitata, scorro con gli occhi la lista degli ingredienti: 2 bianchi d'uovo, miele di ginepro, (ma cos'è, una pozione o una torta?!), cera d'api, due foglie d'edera appassita, acqua bollente e tre radici di ginseng.

Ginseng. Cosa diavolo è il ginseng?

Scuoto la testa e chiudo il libro. Magari Mister “vado-a-Chicago-per-il-weekend” mi ha dato questa pozione proprio per tormentarmi su come trovare del ginseng. Magari si ricordava dei miei problemi di insonnia, e mi ha segnalato un rimedio irrealizzabile. Intendo, non ho la più pallida idea di cosa possa essere il ginseng: un fiore? Una patata? Una famosa marca di mutande?

Mi alzo in piedi, mangiando l'ultimo boccone di brioche.

È ancora presto e la baia è deserta. Se non sbaglio, poco più in là dovrebbe trovarsi quell'insenatura dove sono conservati i motoscafi degli abitanti. Chissà se c'è ancora il motoscafo verde che Nathan ha “preso in prestito” per portarmi a Distan Spring...

Distan Spring. Alzo gli occhi ed eccola là. È una di quelle rare giornate in cui non c'è nebbia sul lago, e riesco quasi a vedere i colori accesi degli intonachi delle case.

Distan Spring è la città degli adepti del Sole, e si trova sulla riva opposta di Roven Lake, la città della Luna.

“Stai lontana da Distan Spring” mi aveva detto Nathan, fissandomi col suo sguardo ombroso. Ma ora Nathan non c'è. È andato a Chicago, ad una riunione magica o qualcosa di simile.

Sempre che non abbia fatto una scappatella dall'amante. Potrebbe anche essere.

E se io facessi una piccola gita a Distan Spring, lui non lo verebbe mai a sapere...

E anche se lo sapesse, vabbè, avremmo solo un argomento in più su cui litigare. Uno in più, uno in meno. Non facciamo altro, insomma cosa vuole che cambi?

Prendo la mia decisione e mi avvio per il sentierino tortuoso che solca le rive del lago, l'unica strada che collega le due città. Immagino che, essendo il Circolo della Luna e quello del Sole rivali, non credo che a nessuno importasse gran che costruire una strada decente verso la casa del nemico.

Ehi, ma queste sono le regole di Nathane dei maghi anziani della Luna, mica le mie. Cioè, cosa diavolo dovrebbe esserci di sbagliato nei maghi del Sole? Insomma, lo so che quindici anni fa hanno sterminato la popolazione magica di Roven Lake, ma non è che noi ci fossimo comportati poi molto bene, almeno secondo quello che dice Nathan.

E poi, a sentire lui, sono tutti giardinieri. Non mi pare poi così male, se ne incontro qualcuno potrei chiedergli dove sbaglio con le orchidee, dopo una settimana mi muoiono sempre...

Dopo un quarto d'ora che ho imboccato il sentiero, un rumore mi fa drizzare le orecchie. Un rumore come un... miagolio?

Spalanco gli occhi: io adoro i gatti! Se c'è ne uno, lo voglio vedere.

-Qui micio, micio micio micio... micio!-

Ed eccolo là: uno splendido gatto bianco e affusolato mi guarda da sotto in su, con un espressione altera, seduto su uno tronco caduto. Mi avvicino cautamente.

-Micio micio... vieni qui, veglio solo accarezzarti un attimo, micetto bello!-

mi guarda sospettoso, mentre mi avvicino a lui. Poi, quando spicco un salto per prenderlo, si scansa ed io finisco per battere la testa sullo scoglio.

Ahia! Stupido gatto.

Mi rialzo, lo vedo che scappa in mezzo ai cespugli, e parto all'inseguimento. Mio padre mi ha sempre detto che quando vedo un gatto, il mio quoziente intellettivo si abbassa di almeno cinquanta punti. Immagino sia vero. E poi c'è qualcosa, nella rincorsa, che mi da i brividi.

come quando bisticcio con Nathan, non sono soddisfatta finchè non riesco ad averla vinta.

Inseguo il gatto in mezzo ai cespugli (Gesù, spero che non siano ortiche), e il suole erboso si fa sempre più ripido: sono arrivata molto vicino alla riva del lago.

Non c'è un anima a parte il gatto bianco che si è fermato davanti ad una cesta di vimini dall'aria consumata, come se fosse stata gettata via e dimenticata nel tempo.

Ce l'ho in pugno. Mi lancio contro il gatto... e, per la seconda volta in pochi minuti, vado a sbattere contro qualcosa. Un qualcosa che è alto, leggermente abbronzato, molto magro e molto biondo.

Col sedere dolorante a terra, alzo gli occhi, stupefatta -Anthon?-

La cosa, o meglio, il ragazzo contro cui mi sono scontrata è proprio lui, non c'è ombra di dubbio. Anthon Loring. Il cameriere gentile del locale di Distan Spring, con cui ho scambiato qualche parola prima che quell'idiota di Nathan mi trascinasse via.

-Oddio- fa stupefatto lui, guardandomi con occhi sgranati e massaggiandosi il sedere dolorante -Glenn? Ma da dove sei spuntata?-

-Ehm, da quel cespuglio là dietro.- dico con una smorfia. Forse la caduta mi ha rincitrullito il cervello.

Lui mi guarda interdetto per un attimo, con lo stesso sguardo che si rivolge ai malati di mente. Poi scuote la testa e scoppia a ridere:

-Io da quella roccia là dietro- mi indica uno scoglio mentre si rialza in piedi facendomi l'occhiolino -stavo rincorrendo un gatto. E tu che fai da queste parti?- mi dice con una faccia finta-seria mentre mi porge una mano per aiutarmi ad alzarmi -lavoro o vacanza?-

Scoppio a ridere e gli prendo la mano. Ha dita molto lunghe, affusolate, ma la sua stretta è solida e sicura.

-In realtà... anch'io inseguivo un gatto. Un gatto bianco.-

Lui annuisce -Come Alice nel Paese delle Meraviglie. Ah no, lei rincorreva un coniglio... Comunque, credo che stiamo rincorrendo lo stesso gatto.- fa con un alzata di spalle.

Ci giriamo entrambi alla ricerca della dannata bestiaccia, e lo vediamo disteso serafico davanti alla cesta di vimini, che si lecca una zampa e non ci degna di uno sguardo.

-Regina!- le fa Anthon aspro -ti sei fatta rincorrere fin da Distan Spring, gatta degenere che non sei altro!-

Distan Spring! Penso con un sussulto. È vero. Nathan mi aveva avvertito: Anthon vive a Distan Spring ed è un mago del Sole, ed è per questo che Nathan mi ha portata via la prima volta che l'ho incontrato. Ha detto che aveva percepito la sua aurea, ma che probabilmente Anthon non è ancora in grado di percepire quella degli altri, e che per questo non si era accorto che sono un'adepta della Luna.

Neanch'io sono in grado di percepire le auree, se è per questo. Dev'essere una tecnica molto avanzata.

Anthon mi guarda con un sorriso e un espressione divertita negli occhi verde chiaro:

-Allora- inizia, un pò confuso, un pò divertito -perchè inseguivi la mia gatta?-

-Ah- Mi sento avvampare. Cioè, insomma. Cosa posso dirgli, che ho inseguito un gatto giù per una ripida discesa e in mezzo a ortiche e cespugli solo perchè volevo accarezzarlo?

-Beh, tu perchè la inseguivi?- gli chiedo spavalda.

Mi guarda con un sopracciglio inarcato -Beh, è la mia gatta... è da qualche tempo che torna a casa sempre più di rado, e volevo scoprire cosa le fosse sucesso, sai com'è. La mia sorellina non mi avrebbe mai perdonato se non l'avessi fatto- ride -e quindi ho inseguito Regina da quando è uscita dalla porta di casa. Saranno almeno otto chilometri, cristo santo. Per un pò ho temuto che sarebbe andata fino a Roven Lake.- lancia un occhiataccia alla cittadina alle nostre spalle.

È chiaro che Anthon è stato messo in guardia contro la città della Luna: glielo leggo negli occhi da come la guarda.

Ed è altrettanto chiaro che non ha la più pallida idea di chi io sia.

Torna a guardare me, e ha di nuovo quel suo sorriso aperto, fiducioso, un pò giocherellone, che è lui a ricordarmi un gatto, adesso.

-Ma tu non hai ancora risposto alla mia domanda, no?-

-è vero. Non l'ho fatto.- non posso fare a meno di restituirgli il sorriso. Poi scrollo le spalle: se non mi ha giudicata matta fin'ora, non lo farà neanche adesso.

-In realtà, volevo accarezzarla. Per questo le sono andata dietro.-

Lo vedo, lo vedo benissimo che cerca di rimanere serio, ma nei suoi occhi verdi passa uno strano luccicchio -Insomma... hai rischiato l'osso del collo per inseguire una gatta non tua.- annuisce, come se questo fosse perfettamente normale. Forse è un pò matto anche lui. Si china a raccorgliermi la borsa, che mi era volata via nella caduta, le dà una spolverata e me la porge.

-Grazie.-

-Ma ti pare. Devo ametterlo, è uno strano modo per reincontrarti. Ti scontri spesso a mezz'aria con padroni di gatti?-

Scoppio a ridere -Ma no!-

-Davvero? Peccato. Sarebbe stato un hobby divertente.-

Ok, forse è adirittura più pazzo di Nathan. Ma non posso fare a meno di sentirmi a mio agio, anche se sono in riva al lago con uno sconosciuto e il suo gatto, e sono anche abbastanza sicura di avere degli steli di erba fra i capelli.

Anche se questo sconoscito, in effetti, è un mago del Sole...

Sospiro. Forse dovrei andarmene. Ma vedo Anthon, di fronte a me, con quel sorriso bonario e lo scintillio divertito negli occhi verde chiaro, e mi sembra impossibile che possa rappresentare un pericolo.

-Allora.- mi fissa -Posso farti una richiesta strana?-

Alzo le spalle -se non è niente di sconcio, allora sì, puoi farla-

-No! Cioè...niente del genere- si volta.

Sbaglio, o è arrossito?

Respira e torna a guardarmi -Dato che volevi tanto accarezzarla, ti propongo un patto: se mi aiuti a prenderla, la puoi coccolare quanto ti va.-

Mi si illuminano gli occhi: è una sfida!

-ma è la tua gatta- osservo, cercando di darmi contegno -non ti basta chiamarla?-

-se bastasse, non mi sarei fatto otto chilometri sotto il sole cocente- sospira affranto. In effetti, ora noto che è sudato, tanto che la camicia leggera e bianca gli si è attaccata alla pelle. Se fosse qui, Dotty noterebbe che ha degli addominali niente male.

Regina ha smesso di leccarsi e ci stà guardando con gialli occhi sospettosi. Mi domando, ma perchè i gatti hanno sempre l'aria di sapere tutto?

-Ok, mettiti a destra- mi fa Anthon, e io eseguo -Io copro la sinistra. Se scappa dalla tua parte, bloccala e prendila. Non ti preoccupare, non graffia: quando la prendi in braccio si agita un pò, ma non ti fa male.-

Annuisco. È una delle situazioni più strane in cui mi sono mai trovata, compresa la storia della strega.

Anthon e io ci muoviamo circospetti attorno a Regina, che adesso ha il pelo dritto ed è pronta a scattare. Ci scambiamo uno sguardo d'intesa, come se fossimo due agenti segreti durante una pericolossisima missione mortale.

Per un attimo, tutto tace, tanto che riesco a sentire il rumore delle onde del lago increspato dal vento. Formiamo un triangolo, io, Anthon e la gatta.

-Ora!- urla Anthon, e ci scagliamo verso Regina, che miagola alterata e si lancia di lato, una nuvola di pelo bianco. Mi schiva ma Anthon si piazza davanti a lei, e per sfuggire al ragazzo deve cambiare direzione verso il lago. Quando mette una zampa in acqua è come se avesse preso una scossa elettrica. Scoppio a ridere e la prendo, proprio mentre stava per scapparmi in mezzo alle gambe.

-Vittoria!- urlo, alzando la gatta in aria. Regina, conscia del suo destino, ha smesso di dimenarsi, ma mi guarda con un espressione furiosa. Probabilmente questa gatta pensa che sono stupida, ma non mi importa.

Non mi divertivo così da settimane.

-Grande!- Anthon si scosta una ciocca dorata dagli occhi e mi lancia un sorrisone.

-Bravissima, d'ora in poi ti eleggerò ad accalappia-gatte ufficiale!-

Alzo gli occhi al cielo, sbuffando divertita -wow, onorata.-

Coccolo Regina dietro l'orecchio. Dio, se è bella e altera.

-Sai, “Regina” gli sta a pennello.- dico al mago del Sole, che intanto si è avvicinato a me.

Lui alza le spalle -è la stessa cosa che ho detto a mia sorella quando le ha scelto il nome. Peccato che ultimamente si sia inselvatichita.-

Lancia alla gatta un occhiataccia e incrocia le braccia sul petto -cosa devo fare con te, disgraziata?-

D'improvviso, un suono acuto ci blocca. Un miagolio. Guardiamo entrambi Regina, che se ne è restata in silenzio da quando l'ho presa in braccio, ma ora si divincola e si protende verso la cesta di vimini.

E di nuovo, si sente quel miagolio, acuto e disperato.

-Oddio!- facciamo io e Anthon in coro, e corriamo verso la sbrindellata cesta di vimini.

Un musetto fa capolineo e mi guarda con occhioni impauriti.

-Oh, cavoli!- mi porto le mani alla bocca, lasciando cadere Regina che biomba a terra con un miagolio oltraggiato.

Il mio primo fidanzato, Jeoffrey, si lamentava sempre che passavo molto più tempo col suo gatto che con lui. In effetti, aveva ragione. Sono sempre andata in brodo di giuggiole per i gatti, molto di più che per i fidanzati. E in particolari per i cuccioli.

Il gattino, una palla di pelo grigio striato, ma con gli stessi occhioni giallo-verdi di Regina, fa un passetto incerto e inciampa fuori dalla cesta.

-è un amore!- esclamo, tutta uno zucchero.

Se Nathan mi vedesse in questo momento, direbbe che sono rincoglionita.

-Questo non l'avevo previsto- Anthon si passa una mano fra i capelli, interdetto. Prende Regina in braccio, e la guarda dritto negli occhi:

-Ma cosa mi hai combinato, eh?-

Io non ci bado più: sto coccolando il gattino e credo di essermi innamorata.

-Bene- sospira il mio compagno, passandosi una mano fra gli arruffati capelli dorati, come se stesse riflettendo sul da farsi.

-Senti, non so se riesco a tenerli in braccio tutti e due. Mi aiuteresti a riportarli a casa? Cioè- è adorabile quando arrosisce -lo so che è una richiesta maleducata, e se non puoi non c'è problema, chiamerò qualcuno...-

Ci rifletto: un altro pò di tempo per coccolare il cucciolo striato?

-Ma certo che sì!-

Non mi è neanche passato per la testa che per “casa” intende Distan Spring, covo e rifugio degli adepti del Sole che quindici anni fa hanno massacrato tutti i miei maghi compaesani.

 

 

Oh beh, per una volta ho scritto di una Glenn un pò più allegra. Cioè, ogni tanto anche lei è capace di essere di buon umore!

Comunque è probabile che ci siano errori di battitura, perchè ho riletto molto velocemente.

Grazie a tutti quelli che hanno seguito la fanfic! ** Spero che continui a piacervi, non sono sempre sicura di quello che scrivo. e come sempre un abbraccio stritolatore va alle mie recensitrici! <3 brida, cupidina4ever, Miss_Slytherin, Dark Eys, sophia90. Vi adoro ragazze!

Se per caso avete dei suggerimenti o consigli, sarò felice di sentirli! =)

Alla prossima! Baci bacioni! ^^

 

PS: l'immagine dovrebbe essere Glenn che legge il libro di pozioni davanti al lago... =3

 

 

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Capitolo 8
*** Sinfonie, nuovi arrivi e vecchie conoscenze ***


 

Passeggiamo lentamente lungo il sentiero roccioso che costeggiava la riva del lago. Il sole, ancora una volta, splende e i suoi raggi giocano allegri come bambini sulla riva dell'acqua, decorandola da riflessi argentati.

Anthon tiene Regina in braccio. Io ho il piccolo cucciolo striato senza nome, che dorme pacifico fra le mie braccia e che non smetto di accarezzare. Per una gattofila come me, questo è il massimo della vita.

-Allora- sorride Anthon dopo un pò. Non c'è molta differenza fra l'allegria del suo viso e quella del sole.

Beh... in effetti lo è, un mago del Sole. Mi chiesi se fossero tutti così spigliati, e se gli adepti della luna fossero tutti come.... Nathan e me, presumo.

-Allora cosa?- chiedo al ragazzo dai ricci dorati. .

-Sembri pensierosa- mi dice, saltando sopra un masso che si era trovato davanti -Sorridi poco, eppure quanto lo fai si capisce che provi una felicità genuina. Per lo più, ghigni.-

-Ghigno?!- gli chiedo sbalordita. Io non ghigno! Era Nathan quello che ghigna, mica io.

-Di tanto in tanto, ma non penso che tu lo faccia con cattiveria- dice alzando le spalle. Di colpo, si ferma e mi guarda dall'alto con quei suoi occhi verde chiaro.

-La verità è che non riesco a capire cosa pensi. Sei come un enigma.-

Alzo un soppracciglio -perchè, di solito capisci cosa pensano le persone? Ma chi sei, Edward Cullen?-

-Oh, non parlarmi di quel vampiro!- è il suo turno di alzare gli occhi al cielo -mia sorella ne è completamente cotta, povera ragazza. Ha tappezzato tutta la sua camera con poster di Robert Pattison: ormai non c'è più un centimetro di muro libero.-

Ridacchio -la mia amica Dotty, invece, è nel team Jacob. Sai, il lupo mannaro. Però scommetto che ha qualche anno in più di tua sorella.-

Lui scoppia a ridere, riprendendo a camminare -Credo che Twilight sia una specie di virus che colpisce le donne. Peggio dell'influenza. Tu ne sei immune, spero?- mi chiede divertito, le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni.

-Certo.- rispond serissima. Non è il caso di dirgli che in realtà mi piace Carlisle, il vampiro e dottore biondo.

-La verità è che cerco di capire quello che le persone provano perchè vorrei diventare psicologo.- mi dice dopo un attimo di silenzio. Lo guardo sorpresa, e lo vedo che fissa il terreno ed era arrossito.

-Non stavo cercando di psicanalizzarti, non farti l'idea sbagliata- mi dice impacciato, prima che io possa aprir bocca –è solo che mi piace l'idea di mettermi in contatto con le persone. Mi... intriga, capisci? Poter capirle meglio, cosicchè un giorno, magari, potrò anche aiutarle in caso di difficoltà... devo sembrarti stupido- aggiunge con una risatina nervosa -allora, cambiamo argomento! Che ne dici di parlare del tempo?-

-Cavolo...- mormoro, guardandolo con occhi spalancati.

-Cavolo cosa?- mi chiede lui confuso.

-Cavolo... ti si addice perfettamente. Fare lo psicologo, intendo. In genere sono molto diffidente verso gli strizza cervelli- spiego -ma tu... sei diverso. Penso che a te importerebbe davvero di aiutare le persone, non lo faresti solo per "guadagnarti la pagnotta".-

E in più era riuscito a mettermi a mio agio, cosa non facile, visto che in genere sono ostile verso gli sconosciuti. Anche perchè l'ultimo sconosciuto che ho incontrato (leggi: Nathan), mi ha praticamente sconvolto la vita.

Ma questo non glielo dico.

-Beh... grazie!- mi dice, genuinamente contento delle mie parole.

-Ma il lavoro al ristorante?-

Alza le spalle -Oh, quello è solo un modo per mettere via dei soldi per l'università di psicologia. I mie non possono certo mantenermi: anche la facoltà più economica ha dei costi piuttosto alti. Sai, ho ventun anni. É da quando ho finito il liceo che lavoro in quel locale- aggiunge con una smorfia -ancora un paio di mesi, e avrò messo da parte abbastanza soldi per pagarmi la facoltà e un soggiorno al campus.-

Lo dice quasi come se non gli importasse, ma si vede che i soldi, per lui, sono un argomento spinoso. Aveva lavorato sodo per più di due anni per mettere da parte i risparmi... e aveva detto che i suoi genitori non possono mantenerlo. Mi chiedo se abbia dei problemi in famiglia.

Di colpo, sento come l'istinto di doverlo aiutare. Il che è strano, visto che in genere sono generosa quanto una vedova taccagna.

Passare il tempo con Anthon... era così diverso dallo stare con Nathan. Con il ragazzo biondo chiacchieravo, sciolta come non mai, eppure, in qualche modo, era come se avessi io in mano le redini della situazione. Sapevo che avrei potuto ferire il cuore sensibile di Anthon in un attimo, con una parola, anche se non avevo la minima intenzione di farlo.

Con Nathan, invece... era una lotta. Una lotta continua, eppure, stranamente, quel continuo confronto mi faceva sì perdere i gangheri, ma mi rendeva anche più viva che mai.

-Sei rimasta silenziosa- osserva viso-d'angelo -ti ho forse annoiata con le mie chiacchiere e ora pensi a come stendermi senza che io me ne accorga?-

Rido -non saprai mai cosa penso, Mister Psicologo- gli dico con un sorissetto furbo.

-Glenn, così mi ferisci- si lamenta, facendo finta di asciugarsi le lacrime inesistenti. Poi sorrise di nuovo.

-Ok. Basta parlare di me, anche se so bene di essere un bellissimo argomento. Dimmi qualcosa di te.-

-Ehm...- mormoro confusa. Com'è strano, quando ti chiedono di parlare a ruota libera e non sai come iniziare. D'altronde, cosa posso dirgli? Che faccio parte del gruppo dei suoi nemici mortali?

-Fammi qualche domanda.- decisi alla fine.

-Uhm...- annuisce lui pensieroso -allora... ti piace Lady Gaga?-

Scoppio a ridere. È talmente insensato! E questa da dove gli è venuta?

-No- rispondo con le lacrime agli occhi -cioè, sì... dipende.-

-Ma allora, sì o no?-

-In generale no affatto- dico alla fine, tenendomi la pancia. Mi fanno male le costole dal ridere -Ma due delle sue canzoni, telephone e bad romance, non sono poi tanto male.-

-Telephone è passabile. Ma bad romance...- si ficca due dita in gola e mima un conato di vomito, facendomi ridere ancora.

-E allora, quale musica ti piace?-

-My chemical romance. Evanescence. Alcune dei Green Day, ma più che altro i Linkin Park.- dico alzando le spalle.

Annuisce, come se avesse compreso uno dei più grandi misteri della vita -Musica urlata, insomma, anche se non tanto quanto i Nirvana o cose del genere. Non c'è male.-

Stavolta ghigno davvero -Allora, sono promossa in gusti musicali?-

-Uhm...- dice lui squadrandomi e prendendo tempo -sì, può essere. Con la sufficienza, però!-

Sorrido e, girando la testa, e vedo un cartello con scritto: "benvenuti a Distan Spring".

Sento il sangue gelarmi nelle vene. Ci siamo avvicinati troppo alla città degli adepti del Sole. Anthon non aveva percepito la mia aurea da strerga della Luna perchè è ancora inesperto, ma questo non significa che maghi e streghe più anziani di lui non possano identificarmi come loro nemica.

Non posso entrare a Distan Spring, non senza protezione.

Ovvero, non senza Nathan.

-Senti, grazie della chiacchierata- dico precipitosa, avvicinandomi ad Anthon per porgergli il cucciolo. Il gattino continua a dormire beato.

Anthon mi guarda confuso -ma ti ho fatto camminare chilometri sotto il sole, e mi hai aiutata a riportare a casa i gatti. Vieni da me, almeno ti offro qualcosa da bere...o, se hai paura della mia sorellina possiamo andare in un bar!- aggiunsge speranzoso.

-Mi dispiace- dico, e sento una strana fitta allo stomaco -ma...ho un impegno imprologabile. Scusa, me ne ero dimenticata. Ma grazie del tempo che abbiano passato insieme, mi sono divertita molto!-

Faccio per porgerli il gattino, ma lui mi guarda pensieroso e poi scuote la testa.

-No. Tienilo tu.-

-Ma... ma come! È il tuo gatto!-

-è il cucciolo di Regina- spiega, indicando la gatta bianca che tiene in braccio -ma i miei genitori non lo vorranno mai in casa. Un gatto solo basta e avanza, mi dicono sempre, lo sbatterranno alla fuori alla prima occasione che trovano. O in un canile- dice rabbrividendo.

-Forse è per questo che Regina l'ha tenuto lontano da casa, sapeva che glielo avrebbero tolto presto. Troppo presto. Ma so che con te sarà al sicuro.-

Me lo riporge e io stringo il cucciolo al petto. Non si era ancora svegliato: evidentemente era un dormiglione...

Proprio come me.

-Forse... forse può funzionare.- faccio esitente -Per un pò. Ma non so se avrò il tempo di prendermene cura.-

Lui sorride -io dico che sarai fantastica. Però, se ci fossero problemi, basta che mi chiami e ti aiuterò. Ti pagherò anche il suo mangime e le visite mediche: d'altronde, te l'ho mollato io.-

-Non dire sciocchezze! Io l'ho accettato, io mi curo di lui. Però, se ogni tanto vorrai venire a trovarlo... a vedere come sta, insomma, sei più che benvenuto-

Mi fissa: i suoi occhi versi si riflettono, per un attimo, nei miei.

-Ma certo che verrò a trovarlo.-

Restiamo un attimo in silenzio.

-Sei... proprio sicura di non voler passare da me?-

-Te l'ho detto. Ho un impegno. Io...ciao.-

Mi volto, cominciando a percorrere il sentiero a ritroso.

-Glenn!-

Mi rigiro verso di lui, e vedo che, di nuovo, ride.

-Me lo dai il tuo numero di cellulare?-

 

*

 

Un'ora abbondante dopo, quando mi rischiudo la porta scolorita del mio appartamento alle spalle, i piedi mi fanno un male cane. Sospiro stanca e appoggio il cucciolo striato sul divano. Si era finalmente svegliato. Si guarda intorno con aria persa e grandi occhioni celesti che, più che farlo sembrare un gatto furbo, gli danno un' aria ingenua. Miagola spaesato per un momento, poi muove qualche incerto passo sul cuscino rosa e ci fa la pipì sopra.

-Oh, grandioso!- mi avvicino in fretta e lo metto a terra, prendo il cuscino (cercando di non toccarlo troppo) e lo butto immediatamente nella vecchai lavatrice che tengo in bagno . Quando torno in salotto, trovo la bestiaccia che si stà facendo le unghie sull unico cuscino superstite.

-No!- urlo disperata, sottraendo il cuscino rosa dalle grinfie del gattino. Urto la bestiola per sbaglio mandandolo a zampe all'aria... dove rimane immobile.

Oh cazzo. Lo ho ucciso!

Mi dimentico completamente del cuscino e corro verso di lui, portandomi le mani alla bocca -Oddio, non volevo! Non volevo! Senti, distruggimi pure tutta la casa se vuoi, ma rialzati, ti prego!-

Lo guardo disperata, mangiandomi le unghie. Il cucciolo freme, e poi... si rialza in un istante e trotterella contento intorno alle sedie del tavolo. Mi concedo un unico, lungo sospiro di sollievo.

-Mi hai fatto preocccupare, sai?- dico guardandolo seria e incrociando le braccia al petto

-quelli erano i mei cuscini preferiti!- Ed erano anche costosi: me li aveva regalati papà per la cerimonia del diploma.

So che può sembrare un regalo un pò strano, ma quando avevo visto quel paio di cuscini rosa chiaro, decorati da perline cucite a mano, esposti in una vetrina di un negozio, me ne ero innamorata.

Peccato solo che costassero, tipo, settanta dollari l'uno.

Papà era con me quel giorno. Era rimasto silenzioso come al solito,con le mani giunte dietro la schiena e l'aria tranquilla. Quattro mesi dopo, alla cerimonia, mi aveva consegnato il sacchetto con i due cuscini.... e le chiavi di questo appartamento.

"Ora che hai una casa tua, è tempo che cominci ad arredarla" aveva detto con un sorriso spontaneo.

Immersa nei ricordi, preparo un piccolo giaciglio di asciugamani per il micetto, che per cambiare non stà fermo un attimo.

-Dovrò darti un nome- faccio pensierosa, mentre lui (o lei: non ho ancora controllato) sale sul bancone delle cucina e annusa la ciotolina azzurra che contiene il pepe, per poi starnutire indignato un attimo dopo.

Beh, non si può proprio dire che sia furbo.

-Magari potrei chiamarti Ciuchino- gli dico meditabonda, come se mi ascoltasse;

-come l'asino di Shrek. O Ciuchina, se sei una ragazza. Io dico che ti stà a pennello.-

Anche se mi stà distruggendo mezza casa, non riesco ad arrabbiarmi con quella bestia. È un cucciolo troppo carino, e troppo stupido. Probabilmente non ha neanche idea di cosa sta facendo.

Il campanello mi distrae dalla mia ricerca di un nome appropriato. Aveva iniziato a piovere un attimo dopo che ero rientrata in casa, e mi chiedo chi diavolo potesse sfidare quel tempaccio per venire a vedermi.

-Arrivo!- grido -tu aspetta qui- guardo poi severa al cucciolo:

-e vedi di non combinarmi altri disatri.-

Mi avvicino alla porta, mentre il campanello continua a suonare, impazientemente e ripetutamente.

-Ho detto che arrivo, cazzo!- sbuffo spazientita mentre apro la porta -non c'è bisogno di...-

E il cuore mi si ferma nel petto.

Nathan.

Completamente bagnato dalla pioggia, privo di qualsiasi traccia di un ombrello, con i capelli scuri appiccicati al viso e le goccie d'acqua che cadono dalle ciglia, simili alla rugiada. Indossa una giacca di pelle nera e un paio di jeans sulle gambe lunghe, ormai completamente strafondi.

-Allora- mi dice, appoggiandosi allo stipite della porta e sporgendo il viso verso di me:

-Mi fai entrare?-

 

 

 

Ma certo che ti lasciamo entrare, Nathan! XDD

Questo capitolo lo dedico esclusivamente a Brida, che mi ha chiesto di continuare la storia! ^^

Scusate i ritardi negli aggiornamenti, ma la mia testolina si distrae troppo spesso. A volte accendo il computer per scrivere e finisco per fare altro (tipo sprecare il tempo su youtube o deviantArt) =_=

Comunque ho un'idea molto precisa di come andrà avanti la storia... il gattino, per esempio, l'ho programmato da settimane! ;)

E chiedo scusa anche per gli errori di ortografia, ma ora non ho tempo per ricontrollare il testo. Lo farò nei prossimi giorni.

Bacini e buon proseguimento delle vacanze! ^^

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Capitolo 9
*** Babbuccie, Tailandia e 4 parole ***


 

Bagnato fradicio, sulla soglia di casa. I capelli corvini attaccati alla fronte per l'acqua, la giacca di pelle nera, il suo profumo fresco e mashile, come quelle erbe d'alta montagna... eucalipto, pino, menta.

E poi i suoi occhi, che mi percorrono. Occhi di ghiaccio puro che mi provocano un brivido lungo la schiena.

"Nathan".

-Permesso- sbuffa, scostandomi rudemente e rompendo l'incantesimo. Lo guardo infuriata mentre si sfila le scarpe coi piedi e si dirige in salotto: ma come si permette?!?

-Scusami...- ringhio, seguendolo a ruota sbattendo le mie ciabbatte di pelo rosa sul pavimento -non mi sembra di averti dato il permesso di entrare!-

-Oh, il viaggio da Chicago è andato molto bene Glenn, grazie per avermelo chiesto!- dice, sedendosi sul divano -sei sempre così gentile a preoccuparti per me!-

O, oltre che l'abusivo ora fa anche il sarcastico? Sono tentata di sfilarmi una ciabatta rosa e pelosa e di lanciargliela in testa.

Seduto sul mio divano, in qualche modo Nathan riesce a ricordarmi uno di ritratti di lord nei quadri ottocenteschi.

Mi lancia il suo solito ghigno, scostandosi i capelli bagnati dagli occhi -su, non fare quella faccia: sembra che ti abbiano infilato una carota su per il sedere. Comunque, a Chicago ti ho anche preso un regalo....-

Spalanco gli occhi: un regalo? Lui? Per me? Ma che idiozia è mai questa?

Lo guardo con le braccia incrociate -Dov'è la fregatura?-

-Nessuna fregatura!- ribatte, offeso. Solo in quel momento noto che con sè ha un piccolo zaino impermeabile, in cui inizia a cercare -aspetta solo che te lo tiro fuori... fa finta di non aver colto il doppiosenso.-

Sbuffo, cercando di non fissarlo mentre rivolta il contenuto dello zaino. Ma non c'è molto altro da guardare, in realtà. Oh beh, da qualche parte c'è il gatto, poi le pozzanghere che Nathan mi ha sparso per casa, i suoi mocassini di Luis Vuitton (LUIS VUITTON??) neri e fradici, la pioggia che batte sui fiori fuori dalla finestra.... ma, per qualche strana legge fisica, i miei occhi si fermano sul suo collo. Nathan è piegato in avanti, e mentre cerca il mio regalo/fregatura non mi vede. I muscoli del collo sono tesi, la pelle bagnata ma viva, pulsante. È così...

Oddio. Perchè mi sono fissata sul suo collo? Stò diventando un vampiro? O peggio, una maniaca? Sposto il fretta e furia lo sguardo altrove.

-Trovatoto!- dice, estraendo un pacchetto dallo zaino; sorride soddisfatto come se avesse appena scalato l'Everest.

Si alza e in due grandi falcate mi raggiunge -ecco qua, questo è per t... CHE COS'é QUELLA COSA?!?-

Ha gli occhi sgranati, che mi guardano le babbuccie rosa e pelose.

-Ok, lo so che come scarpe non sono un gran che ma non tutti possono permettersi dei mocassini di Luis Vuitton...- sbuffo stizzita.

-No...non intendevo quelle (non che siano una bella visuale), ma... quello!- e indica col dito il gatto che si è accoccolato vicino ai miei piedi.

-Ah!- dico allegra -questo è Ciuchino. O Ciuchina, non ho ancora controllato.- alzo le spalle.

Mi lancia un lungo sguardo che mi fa sentire molto, molto stupida -perchè hai chiamato quella bestia come l'asino di Shrek?-

-Perchè è molto, molto stupido. Come te. Oh, ora che ci penso potrei iniziare a chiamarti Ciuchino! Sareste una bella coppia, tu e il gatto.- ghigno -Quando vi chiamerò verrete tutti e due, oh ma che visione dolce!- la mia voce gronda di sarcasmo come il miele da un alveare.

-Che visione obbrobriosa- Nathan lancia un occhiataccia al mio gatto -dove l'hai pescato?-

-Da un bidone della spazzatura.- dico, il primo posto che mi viene in mente -l'avevano abbandonato, povera bestia.-

Sorprendentemente, Nathan non fa una piega alla mia versione. Un altro punto alla mia abilità di bugiarda! In fondo, mica potevo dirgli che me lo aveva dato Anthon-mago-del-sole-ed-eterno-nemico-che-vuole-fare-lo-psicologo-e-mi-ha-chiesto-il-numero-di-cellulare.

-Non va bene- Nathan schiocca la lingua, infastidato -prima di tutto, una strega della Luna che si rispetti non avrebbe mai salvato un gattino, lo avrebbe lasciato a marcire. Seconda cosa, il mio regalo è questo, quindi mi aspetto che ti liberi della bestiaccia pelosa al più presto.-

E mi ficca in mano il pacchetto, che... si muove.

Ok, non è che si muove. É un secchetto piuttosto grande, pieno d'acqua. Con dentro il più bel pesciolino che abbia mai visto. Azzurro e argenteo, con delle macchioline lilla, nuota elegante e armonioso nell'acqua.

-Oh- è l'unica cosa che riesco a dire.

-Ti piace?- chiede. Ha le mani ficcate nelle tasche e cerca di guardare da un altra parte, ma mi lancia continue occhiatine speranzose.

Per un attimo, stò per dirgli di sì. Sì che mi piace, sì che puoi entrare in casa... un semplice sì, per tutto.

Ma poi mi rendo conto dell'assurdità della cosa.

-Mi hai regalato... un pesce!- grido indignata, lanciandoli un occhiataccia -sei stato per due giorni a Chigaco e questo è il massimo che sei riuscito a fare? Niente gioielli, niente magliette con la scritta "I love Chigaco", e poi i pesci muoiono subito!-

-Ma insomma!- sbotta -sai quanto mi è costata quella bestia?! È un royn pisces, una razza rarissima della Thailandia, e quello è uno dei pochi esemplari rimasto al mondo! Ci ho speso una fortuna all'asta!-

-Soldi buttati, visto che me lo mangerò fritto in padella! Ma ti sembra di spendere tanto per una persona a cui non sai nemmno se piacciono i pesci o no? E poi dove lo dovrei mettere, nella vasca da bagno?-

-Nel tuo cervello se vuoi, visto che a quanto pare contiene acqua e nient'altro!-

-E poi...lo tenevi nello zaino! In un sacchetto! Che cretino, e se si rompeva?-

-Non sono stupido come credi, ho fatto un incantesimo di indistruttibilità al sacchetto, sciocca! Se sapevo che eri così materialista, la prossima volta ti compravo una collana! Cavolo, e sì che te l'ho preso solo perchè la tua amica Dotty mi ha detto che l'azzurro e l'argento sono i tuoi colori preferiti-

E di colpo, il silenzio fra noi, pesante come un macigno. "I miei colori preferiti..." penso, mordendomi le labbra. Il pescolino nuota beato nel sacchetto, riluncendo di squame azzurre e argentee. Nathan mi guarda, ferito, infuriato. C'è qualcosa nei suoi occhi di ghiaccio... un ombra di pena, di tristezza. Di colpo mi sento una merda.

Si rinfila i mocassini e va verso la porta. -E va bene, me ne vado-

-Fermo!- urlo senza neanche rendermi conto, correndo verso di lui e bloccandogli la porta col chiavistello -non ti ho dato il permesso di entrare...ora non ti do il permesso di uscire.-

I suoi occhi si spalancano, presi alla sprovvista. Chiudo la porta a chiave, che infilo nella tasca dei pantaloni, e mi dirigo in cucina senza degnarlo di un' occhiata.

Mi segue incuriosito -la chiave che hai messo nelle mutande era un invito implicito?-

-No- ribatto secca, prendendo una bacinella arancione. La riempio d'acqua e ci ficco il pesce dentro. -Lo tengo. Se crepa subito come fanno i pescolini rossi non è colpa mia.-

Mi guarda, inespressivo, indecrifrabile per un lungo secondo -se lo tieni, allora devi liberarti del gatto.-

-Si chiama Chuchino. E no, piuttosto mi libero di te!-

Ghigna -ma non mi avevi proibito di uscire?-

-Per stasera puoi restare. A quanto pare la mia casa è diventata un rifugio per animali in difficoltà. Un cucciolo di gatto, un pesce in via d'estinzione e un randagio bagnato.-

Arriccia le labbra, come se non volesse mostrarmi il suo sorriso contento. Cerca di no n mostrarmi che è felice che io la tengo davvero, la sua trota tailandese. E anch'io arriccio le labbra, cercando di non mostrarmi troppo contenta che non si è arrabbiato con me per il modo stronzo in cui mi sono comportata.

"Non te ne sei andato", penso, fissandomi le ciabatte pelose "sei rimasto qua".

-Glenn?- sussurra, i suoi occhi di ghiaccio incontrano i miei.

-uhm?- I miei occhi, nei suoi occhi.

Nathan sorride.

-Dov'è il bagno?-

 

 

Mentre Nathan si asciuga col phon, decido di chiamare il pesce Shrek (per via del mio umorismo perverso), e lo metto su un armadio troppo in alto per Chuchino. Non vorrei che il gatto decida che il cibo tailandese gli piace.

Quando Nathan torna, ricominciamo l'allenamento da strega. A quanto pare, gli anziani del Circolo della Luna gli hanno detto di "darsi una mossa nell'addestrarmi", e saltiamo tutti i convenevoli. Per prima cosa mi fa ripetere un paio di volte l'esercizio per fulminare la lampadina che avevo già sperimentato: un incantesimo di distruzione, ed è nella distruzione che si basa la magia della Luna. Gli adepti del Sole, invece, sono specializzati nella Creazione e nell'energia benefica, come Anthon.

"Anthon...", penso, togliendomi una goccia di sudore dalla fronte. Non ho tempo di pensare a lui, non adesso "Resta concentrata".

Dopo che ho padroneggiato l'incantesimo, Nathan mi insegna come creare un aurea di energia negativa fra le mani, da usare come poiettile da lancia.

-è un incantesimo basilare, ma fondamentale- mi dice Mister Moretto, aggiustandomi la posizione delle mani nell incantsimo -proiettili del genere hanno fatto stragi durante la guerra contro i maghi del Sole. Prega che non ti serva mai evocarlo.-

L'aurea oscura ha una sfumatura blu talmente scuro da sembrare nero, ma è punteggiata di puntini luminosi, minuscole stelle brillanti. Vicino alle mie mani, invece, l'aurea ha un chiarore bianco perlaceo "La notte e le stelle, e le mie mani sono la Luna", penso, osservandomi le mani su cui l'aurea crea strani giochi di luce e ombra "mai mi sono sentita strega della Notte come in questo momento."

Passano almeno tre ore prima che io riesca a padroneggiare perfettamente l'incanto. Quando finiamo è l'una del mattino, e io cado sul divano sfinita. Chuchino mi salta sulla pancia e comincia a mordicchiarmi il bottone dei pantaloni, ma sono troppo stanca per scacciarlo.

-La magia è un energia- mi dice Nathan, che invece è allegro e pinpante come una rosa come se si fosse appena alzato dal letto -e, come altra energia che eserciti sul tuo corpo, come quando corri o fai sport per ore, esigerà la tua fatica. A proposito- aggiunge, guardando il micetto -quella bestiaccia stà cercando di spogliarti. Ammetto che non è poi stupido come sembra.-

Sono talmente stanca che non ho neanche la forza di lanciarli un'occhiataccia -ha più probabilità lui di vedermi nuda che tu in tutta la vita- mugugno, distendendomi sul divano. Nathan si avvicina e mi alza i piedi, per poi sedersi e lasciare che io li appoggi sulla sua pancia. Con gli occhi che mi si chiudono, per stavolta possono anche permetterglierlo.

Intanto, Chuchino mi si è accoccolato sulla pancia, e accarrezzandolo chiudo definitamente gli occhi. Le sue fusa e la pioggia fuori dalla finestra sono gli unici rumori del mondo.

-Nathan...-mugugno dopo un pò. Ho gli occhi chiusi e il corpo rilassato, indolente. Mi distendo inconscia su un fianco, la mia solita posizione per dormire, e Chuchino mi graffia il golfino per non cadere per terra.

-Sì, Glenn?-

-..com'è andata a Chigaco?-

Un attimo di silenzio, di fusa e di pioggia.

-Gli anziani mi hanno solo detto di addestrarti, e poi hanno fatto un sacco di burocrazia. E poi...no.-

Nathan sorride, sistemando una coperta sopra di me, e al contempo cercando di non spostare i miei piedi per non svegliarmi -...il resto te lo racconterò più avanti. Non è un argomento per serate come questa. Dormi, biondina. Dormi, e sogna l'argento e l'azzurro, il caffè profumato, la musica dei Green Day e le centinaia di libri che leggi. Dormi, e sogna tutte le cose che ti piacciono. Il resto può attendere.-

E poi, ma forse era solo la mia immaginazione, disse ancora qualcosa. Un sussurro, un sospiro in una notte di pioggia. Quattro parole. Ma ormai ero già addormentata, e non le ricordo.

 

 

 

Wow. Ho scritto un capitolooooo!

Scusate lo sclero, ma la scuola mi ha rubato tempo, lo studio mi ha sottratto un bel pò di pomeriggi liberi, e in quelli in cui non ho niente da studiare sono impegnata da altre parti. Oppure sono talmente stanca che non ho voglia di scrivere. Ma insomma, alla fine ce l'ho fatta a pubblicare.

Riassunto delle puntate precedenti: Nathan era a Chigaco, Glenn ha visto Anthon che gli ha fatto tenere il gattino. Anticipazione della puntata sucessiva (su Italia 1!! XD): Anthon potrebbe scoprire qualcosa...

 

Ok, non dico altro. Vi ho dato l'anticipazione solo perchè siete state davvero fantastiche a seguire le mie storie fin'ora, anche con questo mega-ritardo. Anche se erano mesi che non scrivevo, ho ricevuto nuove recensioni e messaggi privati per questa storia. Ragazze, parlo sul serio quando dico che il vostro interesse mi ha riscaldato il cuore meglio di una cioccolata calda!! <3 Seriamente, grazie, grazie della pazienza. Farò del mio meglio per riprendere a pubblicare almeno ogni settimana.

E come sempre.. siate stronze e sincere nelle recensioni! ;)

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