III.
Il Phoenix non era un locale grande.
Era un vecchio deposito trasformato in una discoteca, un
grande spazio che comprendeva un piccolo bar, dei divanetti bianchissimi, dei
tavoli bassi neri e dei piccoli bagni, quasi sempre occupati da coppiette clandestine.
Non vi era niente di particolare in quel locale eppure era
il centro di ritrovo delle Crew, situato al confine tra Reeperbahn e Sankt
Georg.
Per le due grandi Crew era zona neutrale, era una piccola
Svizzera situata ad Amburgo.
Tom entrò prima di qualsiasi altra persona della sua Crew.
Con il suo passo dinoccolato, le mani nelle tasche dei
grandi pantaloni bianchi, la sua classica faccia da stronzo già stampata sul
viso, un sorriso sadico che piegava le labbra carnose.
Le luci psichedeliche che illuminavano la pista lo
disorientarono appena.
Sbattè gli occhi un paio di volte prima di abituarsi a
quelle luci forti.
La pista era già piena di gente che si scatenavano al ritmo
di “Dirty Picture” di Taio Cruz e Ke$ha.
Alcune ragazze, sole e sicuramente in cerca di un qualsiasi
essere dotato di apparato riproduttivo, stavano ballando scompostamente
mostrando i mini vestitini trasparenti.
Altre si strusciavano a ragazzi con negli occhi
l’eccitazione.
Quello era il suo mondo.
Il Capo era arrivato!
Prese a camminare sentendo Bill canticchiare alla sue spalle
sistemandosi le bretelle di catena.
«Una precauzione» aveva detto sorridendo «Se qualcuno mi
attacca sono ben accessoriato no?»
Sorrise di sbiego mentre iniziavano a percorrere quel
piccolo tragitto che portava al loro tavolo.
Con la coda dell’occhio il ragazzo osservò il tavolo della
Crew di Marcus.
Vuoto.
«Gli stronzi non sono ancora arrivati!» annunciò con un
mezzo sorriso stampato sul volto.
Una risata bassa gli fece capire che il messaggio era stato
ricevuto.
Muovendo la testa a ritmo si accostò alla pista da ballo
afferrando per le braccia due ragazze che stavano ballando vicine.
Una bionda e una mora.
Quelle si illuminarono nel vedere chi le avesse agganciate.
Si arpionarono alle sue braccia e si lasciarono trascinare
dal ragazzo verso il suo tavolino.
Un sospiro rassegnato di Bill lo fece ridacchiare.
Strinse entrambe le ragazze e, senza trattenere quel suo
classico sorriso superiore, arrivò al suo tavolo.
La coppietta che lo occupava, tranquillamente immersi in una
limonata, appena lo videro se ne andarono lasciando il lungo divanetto vuoto.
Tom vi si buttò a peso morto portandosi dietro le due che
poco ci misero ad attaccarsi al suo petto.
Voltò la testa verso la mora ispezionando il suo minivestito
nero, così aderente che riusciva a vedere il pizzo del reggiseno.
Inchiodò i suoi occhi verdi nei suoi, sorrise malizioso
afferrando il suo viso e portando le sue labbra verso le sue, assaggiandole con
un semplice morso.
La ragazzo non obbiettò, spingendosi di più verso di lui.
Dischiuse le labbra senza che Tom facesse pressione, il
ragazzo fece scivolare la sua lingua nella bocca della ragazza approfondendo il
contatto.
Sentì, distrattamente, Gustav sbuffare mentre si sedeva al
suo fianco «Hai intenzione di fare così tutta la sera, ho avrò il piacere di
scambiare qualche parola con te?»
Tom alzò una mano mentre la mora sembrava non volerlo far
respirare.
La bionda si mise in ginocchio sul divanetto, con un colpo
secco della testa si spostò i capelli di un lato e si piegò fino ad arrivare al
collo del ragazzo.
Arpionò le mani sulla t-shirt immacolata e iniziò a
succhiare un lembo della sua pelle chiara. Tom sospirò sulle labbra della mora
mentre quella sorrideva.
«Wow, nuovo record!» esordì Sven sedendosi con la birra tra
le mani «Non siamo nemmeno arrivati e il Boss già ci da dentro!»
Tom sorrise sulle labbra della mora mentre lasciava un
gemito basso quando sentì la lingua della bionda sfiorargli il Pomo d’Adamo.
«Che cazzone che sei, Kaulitz!» sbottò Matt sedendosi al
fianco di Sven «Potevi prenderne una per me!»
Tom morse le labbra della mora.
Erano morbide, gli piaceva il sapore ci ciliegia che aveva
il suo lucida labbra, voltò appena la testa verso gli amici «Se siete dei
poveri sfigati mica è colpa mia!»
Non riuscì ad articolare altre parole che la mano fredda
della bionda si serrò intorno alla sua mandibola, costringendolo a girarsi
verso di lei.
Tom si trovò a stretto contatto con degli occhioni nocciola.
La bionda si avventò sulle sue labbra e Tom le dischiuse
automaticamente, lasciando che lei prendesse la guida del gioco.
Bill mandò un basso gemito di dissenso.
Riusciva persino a vedere la lingua del fratello scontrarsi
con quella della bionda, accarezzarla.
«Mi fa quasi schifo» commentò alzandosi e sistemandosi i
pantaloni neri aderenti «Vado a prendermi qualcosa di forte, almeno mi
dimentico subito di questa scena da orgia porno, qualcuno viene con me?»
Andreas si rizzò in piedi spolverandosi i pantaloni «Vengo
con te, riesco persino a vedere il perizoma di quella mora!» disse schifato.
Tom sorrise allargando una mano e accarezzando il
fondoschiena della mora, che intanto guardava verso le sue gambe divaricate,
con la mano che scendeva sempre più in basso.
«COSA?!?!» urlarono, all’unisono, Georg e Matt.
Si guardarono in cagnesco tra di loro, puntando le mani sul
divanetto bianco.
«Posto mio!» esclamarono entrambi rizzandosi velocemente e
buttandosi a pesce sul posto dove poco prima sedeva Andreas-
Una risata generale abbracciò il tavolo.
«Sembra che non l’abbiate mai vista in vita vostra!» rise
Jasper mentre si sentiva appoggiare da Gustav, Fabian e Sven.
Adam sorrise «Se fanno a gara a chi ha più porno, cosa
potete aspettarvi?»
Fissò gli amici che intanto avevano trovato un accordo («Io»
«No, Io» «Tutti e due!») e Georg aveva fatto accomodare Matt sulle sue gambe e
entrambi piegarono la testa fischiando ammirati.
«Rosso… wow!» commentò Georg.
«Che culo!» concordò il biondo.
Tom sorrise mentre la bionda iniziava a succhiare il suo
labbro inferiore e la mora accarezzava il cavallo dei suoi pantaloni.
«Dimmi Tom» iniziò Jan, pacato «Hai intenzione di morire
asfissiato o cosa?»
Il moro si voltò appena verso il ragazzo incappucciato,
mandò un gemito quando la mano della mora di strinse sul suo inguine e sorrise
«Sarebbe un buon modo di morire!»
Le due ragazze ridacchiarono.
«Poi dicono che quelli di Reeperbahn sono dei porci misogini
eh?» commentò Natalia sedendosi al fianco del suo ragazzo «Attento Adam, stai
sbavando!»
«Eh?» quello la guardò spaesato, poi sorrise imbarazzato «No
no piccola, stavo ammirando le capacità polmonali del Boss!»
«Certo» ironizzò lei tirandogli una sberla sul braccio.
Raja ridacchiò mentre, lenta, si sedeva sulle ginocchia di
Austin, che l’accolse in un abbraccio caldo «Piace anche a te lo spettacolino
di Tom?»
«Voglio un Oscar!» riuscì a dire lui mentre la bionda lo
prendeva per la felpa e lo baciava con violenza.
Raja lo ignorò.
«Mi piacerebbe ripeterlo con te!» mormorò malizioso
prendendole il mento e avvicinandolo alle sue labbra.
«Ci servirebbe un’altra Austin!» sbottò Arual facendosi
ricadere sul divanetto, di fianco a Matt.
La serata era iniziata male.
Aveva trovato Tobi, il suo ragazzo, a strusciarsi con
un'altra.
Quando, in bagno, aveva fatto presente la cosa, lui le aveva
detto che lo stava facendo per non destare sospetti.
Era facile avere la scusa sempre buona.
Non le importava se era della Crew avversaria e se i suoi si
sarebbero insospettiti.
«Che c’è Aru?»
La voce di Matt la fece sorridere.
Quel ragazzo era la sua vera salvezza.
Girò la testa verso di lui, fissando i suoi occhioni blu
«Niente Matt, solo che tutti i maschi sono stronzi!»
«Hai problemi con qualcuno?» chiese lui «Vuoi che lo pesti a
dovere?»
Arual sorrise, grata «No, ma grazie!»
«E di cosa piccola Aru? È il minimo che posso fare per te!»
Allargò le braccia e lei si lasciò abbracciare da lui.
Il profumo di Matt le inebriò i polmoni.
Solo quando era tra le braccia del biondo era veramente a
casa.
****
Delle mani fredde stava percorrendo il suo addome.
Le mani della bionda si erano insinuate sotto la sua t-shirt
e stavano scendendo verso i suoi pantaloni.
La cosa era dannatamente eccitante.
La mora, di cui non ricordava nemmeno il nome, lo afferrò
per la mandibola e lo spinse verso di lei.
Lo baciò con violenza, con le labbra aperte, infilando
violentemente la lingua nella sua bocca.
Un flash li inondò.
Stava diventando davvero qualcosa di sporco.
Tom prese la sua testa iniziando a dettare legge lui.
Leccò le sue labbra e infilò la lingua tra le sue labbra.
Un altro flash.
La bionda che saliva e tracciava con la lingua un percorso
fino al suo orecchio, morse il lobo.
Altro flash.
Da dove era uscita quella macchinetta fotografica?
«Ora faccela tu una foto, mio capo» mormorò sensuale la
bionda, nel suo orecchio.
Tom sgranò gli occhi.
Allungò una mano rubando il cellulare che la mora teneva in
mano.
Vedersi in foto, mentre baciava quella ragazza, lo fece
eccitare di più.
Si mise comodo mentre le due si rizzavano in ginocchio, ai
suoi lati.
Si leccò le labbra, pregustando il momento.
Le vide avvicinarsi lentamente, cacciando appena le lingue.
Tom avviò la modalità video, sentendo l’eccitazione salire.
Le due scontrarono le proprie lingue, poi la mora afferrò la
testa della bionda e la baciò con violenza.
«Brave…» mormorò osservando la scena dal cellulare.
Presero a baciarsi con piccoli morsi, riusciva ad
intravedere le loro lingue.
Il sospiro della bionda, attutito dalla labbra della mora,
lo fece sentire quasi male.
La mora aveva iniziato a massaggiare il seno della bionda.
Quando le due si staccarono, lasciandolo inebetito a
guardarle, si allontanarono velocemente.
Nel mentre Tom stoppava il video il suo sguardo cadde sul
tavolo della Crew di Reeperbahn.
Quello che vide lo fece rabbrividire.
Marcus era seduto con una ragazza, una ragazza che non aveva
mai visto.
La osservò mentre si toglieva una ciocca di capelli scuri
dagli occhi e sorrideva con un paio di labbra da mozzare il fiato.
Tutto in quella ragazza era da mozzare il fiato.
Dal corpo curvilineo coperto solo da un top nero con tanto
di bollerino, alle gambe lunghe e perfette, che si intravedevano dalla mini
gonna bianca sfilacciata retta da una cinta borchiata.
Come poteva una ragazza come quella parlare con Marcus?
Tom li osservò interessato, puntando i gomiti sulle
ginocchia.
Lei rideva di qualcosa che lui aveva detto, lo guardava con
uno strano affetto.
Lo colpì leggermente a una spalla e sorrise nel vedere la
sua faccia prendere una finta espressione offesa.
Quando il moro allargò le braccia quella si rifugiò, con
piacere, in quel caldo abbraccio.
Qualcuno, poi, lo chiamò.
Marcus si rizzò annuendo al vuoto e, con un sorriso
mortificato, baciò la fronte della ragazza.
Sparì, subito dopo, nella folla.
Lo sguardo spaesato di lei lo fece intenerire.
Afferrò la borsetta e ne estrasse un pacchetto di Camel, ne
prese una accendendola e portandosela alle labbra.
Tom si leccò il piercing, immaginandosi di essere
quell’oggetto.
«Gus, chi è quella?» domandò, all’improvviso, all’amico.
Gustav, preso alla sprovvista mentre beveva una birra, si
girò verso la direzione indicata dal capo «Chi?»
«Quella seduta al divanetto degli sfigati, l’hai mai vista?»
Gustav la guardò e poi scosse la testa «No»
Tom la guardò ancora.
La vide afferrare la collanina che aveva al collo e giocarci,
distrattamente.
«Credo sia la ragazza di quel rincoglionito» annunciò «Li ho
visti insieme»
Gustav lo guardò scuotendo la testa «Forse lo usa, è l’unica
spiegazione possibile!»
Il capo, però, scosse la testa «No, lo guardava con troppo
affetto» scansò le ragazza con gentilezza, indirizzandole verso Matt, e puntò
lo sguardo verso la ragazza che stava fissando le sue scarpe con interesse
«Poco male…» disse «Rovinerò un po’ le cose»
Elise sospirò.
Odiava quelle feste, specialmente quando suo fratello
spariva.
C’era un motivo se lei evitava sempre di frequentare quei
posti.
Odiava la puzza di alcool e marijuana che saturava l’aria di
quei posti colmi di gente.
Odiava l’odore del sesso facile.
Odiava l’ipocrisia della gente che le sorrideva solo perché
era la sorella del capo.
E poi… aveva visto Tom, impegnato con due ragazze.
Come avrebbe potuto lei, vestita con dei semplici
straccetti, riuscire ad attirare l’attenzione di quel ragazzo?
Si fece cadere verso lo schienale del divanetto sospirando.
Era troppo timida per mettersi addosso quei vestiti
trasparenti che lasciavano intravedere tutta la “mercanzia”.
«Ehi…»
La voce sensuale che aveva detto quelle parole la fece
sobbalzare.
Era ancora uno di quei deficienti della Crew che volevano
conoscerla meglio?
Voltò la testa e quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
Tom era davanti a lei, vestito completamente di bianco.
Il visino dolce scoperto, i cornrows neri tirati indietro,
il piercing che luccicava sulle sue labbra.
Sembrava un angelo caduto dal cielo.
Sentì il cuore perdere un battito.
«C…ciao!» balbettò, sentendosi patetica.
Tom le sorrise, cordiale «Sei sola?»
«A quanto pare!» rispose lei, sempre più in agitazione.
«Ti dispiace se mi siedo?» le domandò ancora.
Elise scosse la testa afferrando la borsa che occupava il
posto di fianco al suo.
Le tremavano le mani, le sentiva scivolose e sperò che la
borsa non scivolasse via dalle sue mani.
La posò dall’altro lato e sentì il divanetto cedere appena.
Tom si era seduto.
Sentiva il suo calore al contatto con il suo corpo.
Lui sorrise «Sono Tom, piacere!» allungò una mano.
Elise la fissò con reverenza, era grande, forse tre volte la
sua.
L’allungò sperando che non si accorgesse di quando tremava
«Elise, piacere mio!»
Sentì i suoi occhi posarsi su di lei.
Arrossì visibilmente.
Notò la sua mano avvicinarsi al suo collo.
Afferrò il suo ciondolo d’appartenenza, guardandolo fisso.
«Sei della Crew di Marcus per caso?» domandò senza far
trapelare dalla sua voce il disgusto.
Elise si pietrificò.
Piegò le mani per fare arrivare dietro il suo collo.
La sganciò sentendosi come libera, facendola ricadere nelle
mani di Tom.
Quello chiuse il ciondolo a pugno, alzando gli occhi ambrati
verso di lei.
«No!» disse secca, facendolo sorride.
Quel sorriso rischiava seriamente di farla sentire male.
Dal vivo era ancora più bello.
«No?» disse lui «Bene, allora non ci sarà nessun problema se
ci conosciamo meglio, vero?»
Puntò gli occhi verso i suoi.
Notò la sua mano fare una proiezione all’indietro e buttare
alle sue spalle il ciondolo.
Tradimento.
Ma cosa poteva farci lei?
Ignorò quella vocina che, insistente, le diceva di
rifiutare.
«Nessun problema».
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