Il ritratto scomparso

di Sherlock Holmes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Only a boy ***
Capitolo 2: *** The case ***
Capitolo 3: *** Self defence ***
Capitolo 4: *** Think ***
Capitolo 5: *** Blood...? Paint! ***
Capitolo 6: *** Getting older ***



Capitolo 1
*** Only a boy ***


 Molte volte ho rimproverato Watson di dilagare eccessivamente nel raccontare le nostre avventure.
“Bene, allora faccia lei! Ci provi, avanti…Scriva di un episodio della sua vita investigativa senza errare, come io faccio!” mi ha detto questa mattina, irato.
Beh, mio caro Watson: ora capisco le difficoltà che si incontrano nel conciliare i fatti con le mie deduzioni senza annoiare i lettori. Quindi, mi scuso di essere stato a volte un po’troppo esigente e critico.
Dopo questo preambolo, sono in grado di raccontarvi uno dei casi che meno mi ha dato filo da torcere. Posso azzardare nel dire che, però, è stato l’episodio più curioso ed inspiegabile in cui io mi sia mai imbattuto.
Penso che sia giusto riscattare la reputazione di questo giovane, così malamente infangata da un certo scrittore irlandese… Per questo mi accingo a narrarvi questa storia.
Watson si era ormai trasferito a Cavendish Place con la sua dolce metà, e le sue visite si erano fatte sempre più frammentarie e infrequenti.
Quel giorno di pioggia mi trovavo, solo in casa, comodamente seduto sulla mia poltrona, con le gambe sul bancone dei reagenti chimici, a fumare. Era uno di quei periodi di inattività mentale che così tanto mi frustrano.
Perciò per me fu come la manna dal cielo il sentir bussare insistentemente. Mi allacciai la veste da camera, scesi velocemente le scale e spalancai l’uscio.
Mi restituì lo sguardo un ragazzo fradicio, vestito di tutto punto per una serata di gala. Sulla testa svettava una tuba nera, ed in mano stringeva un bastone da passeggio.
Con voce rotta mi chiese:- E’ questa la casa di Mr.Sherlock Holmes?
- Sì, certo. Entri, non faccia complimenti.-
Non appena mise i piedi nel mio appartamento, sembrò rinvigorirsi. Mi diede cappello e cappotto e poi lo feci accomodare nel mio studio.
Era un ventenne di rara bellezza, biondo, occhi azzurri e lineamenti perfetti. L’uomo che, suppongo, tutte le donne sognano. Le gocce di pioggia cadevano dai suoi ricci sul suo spolverino. Tremava, ma forse non per il freddo. Le sue mani si torcevano freneticamente l’una nell’altra. Sembrava a dir poco disperato.
- Quindi è lei l’investigatore?- mi domandò.
- Consulente investigativo.- lo corressi – Sì, sono io.-
Si voltò e scrutò la stanza, alla ricerca di qualche ombra sospetta:- Siamo soli?
- Naturalmente.-
Il giovane deglutì:- Mi trovo in una situazione tremenda.
- Mi esponga il caso.- dissi, congiungendo le punte delle dita, felice di aver qualcosa su cui concentrare i miei sforzi mentali.
- Il mio nome è…- si interruppe.
Tremò violentemente.
- Le prendo una coperta.- gli dissi, alzandomi. Ma lui mi trattenne per il polso:- No, non è necessario.- sospirò – Mi chiamo Dorian Gray. -
 

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Capitolo 2
*** The case ***


 
- Sono venuto da lei perché mi è stata rubata una cosa a dir poco preziosissima. Si tratta di un mio ritratto, Mr. Holmes. La prego!- esclamò poi, con le lacrime agli occhi.- Lo deve ritrovare, per l’amor di Dio! E’ la mia vita, la mia anima…-
Aggrottai le sopracciglia. Doveva proprio tenerci a quel quadro… Non capivo perché era per lui così vitale riaverlo. Beh, come potevo sapere…
- Mi dica qualcosa di più. Quando è sparito il dipinto?-
- Sono rincasato un’ora fa e… Non c’era più! Scomparso, svanito…- disse, mugugnante, prendendosi la testa fra le mani.
- Si calmi.- gli intimai – Chi sapeva del suo prezioso ritratto?
- Colui che l’ha dipinto, Basil Hallward.- disse, afferrandosi il braccio.
- Solo lui?- chiesi. Sembrò soppesare la domanda:- No, ci sono tutte quelle dame dell’inaugurazione… Natasha, Rosalie, Victoria… E James, Carl, Rupert… E poi… C’è anche Henry… Sì, Lord Henry Wotton, l’amico in comune con Basil. C’era anche quel giorno…- mormorò, e il suo sguardo si perse nel vuoto.
Sembrava un delirante, sia nel parlare che nel comportarsi. Quindi, gli porsi un bicchiere di brandy, per ridargli energia, che trangugiò. Quando però si accorse che quello che aveva in bocca era una bevanda alcolica, la sputò, ed iniziò a tossire.
La mia professionalità mi intimava di continuare a fargli domande.
- Ha notato qualche impronta, qualche segno sospetto sul luogo del furto?-
- No, nessuno. Sembra essersi volatilizzato.-
Restai in silenzio per qualche minuto, a pensare…
- Il pittore… Hallward… Aveva qualche interesse per il quadro?-
Dorian Gray annuì:- Diceva che in quelle pennellate aveva messo l’essenza della sua natura.- mi osservò, tenendo tra le mani il bicchiere di cristallo. - E’ venuto questo pomeriggio. Mi ha chiesto di prestarglielo per una mostra a Parigi, ma io ho rifiutato di darglielo. Come potevo, no… -
- Ha insistito?-
- Veramente, no. Non appena gli ho espresso il mio più secco rifiuto, non ha mosso obiezioni. Se ne è semplicemente andato a prendere il treno per raggiungere la ville lumière.-
- E che mi dice degli altri suoi amici?-
- Non vedo perché dovevano trafugare un mio ritratto. Natasha, Rosalie e Victoria avevano detto che era meraviglioso, ma il loro interesse era sfumato lì. Invece, James mi aveva offerto una cifra notevole per acquistare il quadro.-
- Bene. Mi sono già fatto un paio di idee. Le farò sapere il prima possibile. Se vuole un mio consiglio, vada a letto, dorma, non pensi più al quadro…-
- Ma come faccio a non pensarci? E’ la mia intera esistenza! Lei non comprende…-
Continuava a tremare come una foglia mossa da un vento impetuoso.
Afferrai il mio cappotto, e gli porsi il suo:- Venga, la accompagno ad una carrozza.-

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Capitolo 3
*** Self defence ***


La pioggia scrosciante si era tramutata in una pioggerellina leggera. Così, non presi neanche l’ombrello.
Il Big Ben scandì la mezzanotte.
Guardai a destra e manca ma non vidi alcuna vettura.
- Dove abita?-
- A Paddington Road.- mi rispose.
Presi un vicolo laterale e vidi con mio sollievo una carrozza, ma il vetturino non c’era. Sentii gli schiamazzi che provenivano dal pub lì accanto: dedussi che l’uomo era andato a ristorarsi.
- Non si muova di qui, capito?-
Dorian Gray annuì. Sembrava essersi piuttosto ripreso.
Ma non appena entrai nel bar, chiedendo del vetturino, sentii delle urla in strada.
Corsi fuori, estraendo il revolver: feci in tempo a vedere il ladruncolo trapassare con un coltello il corpo di Dorian Gray. Un colpo mortale, senza dubbio. Eppure, il ragazzo si guardò il petto, non sanguinante, da cui estrasse il pugnale, gettandolo con noncuranza in terra. Il ladro lo osservò stralunato, prima di fuggire via. Il suo compare era riverso a terra, in un lago di sangue, lo stesso che gocciolava dalla spada di Dorian, estratta dal suo bastone da passeggio.
Il ragazzo si voltò, e vide il cadavere. Gridò di dolore:- NO! L’ho fatto, ancora una volta è successo! No no no…- ripeteva, come in trance.
Cadde in ginocchio, piangente.
Corsi da lui, sollevandolo da terra. Tastai nel punto in cui il coltello lo aveva colpito: con mio grande stupore, non c’era alcuna ferita. Era integro. Non aveva un graffio.
La folla del pub si era radunata intorno alla scena cruenta.
- Dorian – dissi, scuotendolo – Che è accaduto?
- Mi… Mi stavano attaccando: uno davanti e uno alle spalle. Il mio istinto è stato di estrarre la spada e puntarla dietro me. Sapevo che stava arrivando… L’ho ucciso…-
- E’stata legittima difesa.- conclusi, osservando lo svizzero che stringeva in pugno il cadavere.
Dorian si ricompose in fretta, e quando arrivò Lestrade, spintonando, aveva il volto rigido, pronto a testimoniare.
Non appena il capo della polizia mi vide, incrociò le braccia, eloquente:- Perché, Holmes, dove è stato commesso un crimine, io trovo sempre lei?

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Capitolo 4
*** Think ***


Dorian fu condotto a Scotland Yard per la deposizione. Lestrade mi consigliò di tornare a Baker Street: la mia presenza non era fondamentale, visto che non ero presente nel momento in cui il ragazzo aveva avuto la colluttazione che aveva portato alla morte dell’uomo.
Prima di salire sulla carrozza, Dorian gettò un’occhiata verso di me, e mormorò:- Conto su di lei, Mr. Holmes…
Lo guardai truce. C’era qualcosa che mi nascondeva… O qualcosa che non avevo afferrato pienamente…
Non chiusi occhio tutta la notte. Fumavo di continuo la mia pipa, pensando…
Quella ferita inferta a Gray, che per qualsiasi uomo era mortale, a lui non aveva comportato neanche l’ombra di un graffio. Non aveva indosso protezioni. E, come avevo potuto constatare, la camicia, in quel punto, era stata lacerata: quindi, era davvero stato colpito.
Ma perché senza alcuna conseguenza?
Era questa la domanda principale che mi vorticava in mente.
Naturalmente, non perdevo di vista il caso in sé: dovevo scoprire dove ora si trovava il ritratto.
Molte ipotesi mi si profilavano in mente, una meno probabile dell’altra.
Il sole era già sorto quando mi venne l’illuminazione. Ma se la mia sensazione era vera, per risolvere questo problema dovevo abbracciare il soprannaturale.
Afferrai la giacca, mi aggiustai il fazzoletto da collo e mi recai all’ufficio anagrafe.
Chiesi alcuni documenti, che mi passarono sottobanco. Li scorsi con gli occhi: i miei dubbi si confermarono.
Uscii e chiamai una carrozza, indirizzandola a Paddington Road.
 
Arrivato, vidi un ragazzino che sventolava i giornali del mattino, invitando possibili acquirenti a comprarli.
Gliene pagai una copia. Nella pagina di cronaca un titolo mi colpì.
Basil Hallward a pezzi
Lessi le prime righe, e tanto bastò a confermare una delle mie teorie.
Bussai alla porta e il maggiordomo mi invitò ad entrare. Dorian Gray, pallido come un cencio, mi squadrò da sopra le scale.
- Venga.- si limitò a dire.
Mi accomodai nel suo salotto e gli dissi, senza preamboli:- Temo di aver scoperto il suo segreto.
- Non ne dubitavo.- mi rispose.
- Lei è nato nel 1851. Dovrebbe avere 40 anni ed invece ne dimostra appena una ventina. E’invulnerabile. E’immortale.-
- Esattamente.- mi disse, sedendomisi davanti.
- Lei si è tradito ieri sera. Me lo ha praticamente detto. Ma non avevo afferrato la vera natura di quella frase. Ha detto che quel quadro era la sua vita, la sua anima. E’ così, vero? La sua anima è imprigionata nel quadro.-
Andò alla finestra e mi sorrise tristemente. Si limitò ad annuire.
- Ha letto i giornali?-
Fu la mia volta ad annuire.
- Che cosa tremenda…- sussurrò – Basil… Così barbaramente ucciso e fatto a pezzi…-
- Lui sapeva il suo segreto, Mr.Gray?-
- Beh, no. A meno che…- il suo sguardo si perse nel vuoto.

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Capitolo 5
*** Blood...? Paint! ***


 
- Continui.- lo incitai.
- L’unico che lo sapeva è Henry. Cioè, lui mi ha fatto fare quel dannato giuramento vent’anni fa… E’ solo per colpa sua se la mia anima è confinata in un dipinto. Ma lui lo aveva detto per scherzo, non ci credeva. Quando la scorsa settimana sono tornato dal mio lungo viaggio intorno al mondo, lui è stato il primo che ho incontrato. E’rimasto a dir poco stupito nel vedermi ancora giovane e bello, esattamente come vent’anni prima. Ne è sembrato felice. Fin troppo, ora che mi ci fa pensare. D’altronde…-
In quel momento, Dorian lanciò un grido di dolore che mi fece gelare il sangue nelle vene. Si portò la mano al petto e la ritrasse, piena di un liquido rosso, simile al sangue. Si appoggiò al bracciolo della poltrona, per evitare di cadere pesantemente a terra. Si accasciò dolcemente sul pavimento. Io tentai di sorreggerlo. Chiamai il maggiordomo, che arrivò tempestivamente.
- Vada a Cavendish Place, numero 186 e chieda del dottor Watson. Gli dica che Sherlock Holmes ha urgente bisogno di lui qui. C’è un ferito grave.-
- No…- esalò Dorian.- Non c’è alcun bisogno di un medico. Devo avere il quadro…-
- Il quadro?-
- Se trafiggono il ritratto, feriscono me…-
Il liquido che sgorgava non era sangue, ma colore ad olio…
- Vada comunque…- dissi al maggiordomo, che, con un cenno, uscì in strada, chiamando una carrozza.
Ora sapevo chi aveva trafugato il dipinto. Era ovvio. Il movente era semplice quanto perverso…
- Dove abita Lord Wotton?-
- Ad un isolato da qui.- sussurrò.
Mi bastò correre tagliando da un vicolo laterale.
La domestica si rifiutava di farmi entrare.
Così, decisi di passare dalla finestra. Peccato che dovetti scalare due piani sulla grondaia, prima di raggiungerla…
La stanza in cui entrai era cupa, scura, poco illuminata.
Distinsi il profilo del Lord, con un temperino in mano, intento ad osservare lo scempio che aveva compiuto contro il ritratto, che sembrava gocciolare sangue.
- Perché non accade? Ora che lo ucciso, io devo essere l’immortale, ed invece…-
Si ferì la mano con la lama del coltello, e il sangue sgorgò copiosamente.
Gli puntai la pistola alla tempia. Si voltò e mi osservò, ridendo.
- Cosa crede di fare?-
- Getti il coltello, ora, e si allontani da quel quadro.-
- Chi è lei?- mi chiese, incuriosito. Il suo sguardo saettava dal dipinto al temperino, che ancora stringeva in pugno.
- Sono Sherlock Holmes.-
- Oh, l’investigatore…-
- Consulente investigativo, prego…- controbattei. – Faccia come le ho detto.-
- Prima mi dica come ha fatto…-
- Oh, il caso in sé è stato piuttosto semplice. Era ovvio che gli unici che potevano muovere pretese sul quadro erano il pittore e il mentore di Gray, che abilmente lo ha manipolato. Infatti, è stato lei a fargli fare quel giuramento.
Comunque, per avere il quadro ha cercato la mediazione di Hallward. Ma quando è tornato a mani vuote, lei non ha più potuto trattenersi. In un impulso d’ira l’ha ucciso. Poi, ha compreso che per appropriarsi del dipinto servivano metodi criminosi. Così, ha assoldato un professionista (altrimenti Dorian avrebbe notato le tracce) e se lo è procurato. Il passo successivo era uccidere Gray per prendere il suo posto nella… come posso dire… ehm, tela magica. E’ stato il suo obiettivo fin dall’inizio. Probabilmente, Dorian doveva servire da cavia…
Il punto che invece mi ha recato maggiori difficoltà era l’accettare il soprannaturale. Però, quando esamini tutte le possibilità, eliminato l’impossibile, quello che rimane dev’essere la verità.-
- Molto abile, davvero…- mi disse – Ma non riuscirà a salvare Dorian…-
- No, temo di no…-
La tela, sulla quale sembrava dipinto un uomo sulla quarantina, ferito in più punti e con uno sguardo triste, stava mutando… Lentamente, ma stava accadendo.
- Lei non mi potrà accusare di nulla…-
- Davvero?- sbottai – Non le basta violazione di proprietà privata, omicidio, e, mi auguro, tentato omicidio di Dorian Gray?-
- Non ha le prove…-
- Scommette? Il sangue su quel coltello è quello di Mr.Gray… E una perizia scoprirà che quell’arma è la stessa che è stata usata per fare a pezzi il povero pittore.-
Si voltò di scatto, tentando di ferirmi con quel coltello… Ma la mia profonda conoscenza del baritsu mi permise di disarmarlo.
Con mia somma sorpresa, nello stanzino fecero irruzione vari agenti della polizia, tra cui Clarkie.
La domestica, alle loro spalle, urlò, vedendo che avevo placcato il suo padrone.
- Fatemi indovinare…- sussurrai – La signora ha sentito dei rumori in casa, sulla grondaia, e ha chiamato gli agenti di pattuglia per controllare, giusto? Beh, il vero criminale in questa stanza è lui.- dissi indicando Lord Wotton – Avete l’assassino di Basil Hallward. Come sempre, a voi il merito… Congratulazioni!-
Clarkie mi sorrise, e mi lasciò rincasare. Se ne andarono, con Lord Wotton urlante:- Non finisce qui!-
- Davvero?- ribattei.
- Quel quadro! Dà il potere di diventare immortali! Dovete ascoltarmi!- gridò dimenandosi con un pazzo.

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Capitolo 6
*** Getting older ***


 
Il quadro!
Constatai che sanguinava ancora…
“ Maledizione!” mi dissi. Afferrai il ritratto dalla pesante cornice e, quando tutti se ne furono andati, lo portai a Paddigton Road, tra gli sguardi stupiti dei passanti.
- Mr. Holmes… Venga. La aiuto…-
Io e il fido maggiordomo portammo in casa il dipinto.
- Come sta?- gli chiesi.
Scosse tristemente la testa:- Ho chiamato il dottor Watson, come mi ha detto di fare… Ma…
Lo scostai, ed entrai nel salotto, dove giaceva Dorian, morente. Lo avevano trasportato sul divano. Su di lui era chino il mio amico.
- Holmes…- sussurrò Watson – Ho lasciato i miei pazienti… Pensavo fosse lei in pericolo di vita…-
- Allora?- dissi, guardando il ragazzo.
- Ho fatto tutto il possibile… Ma va contro ogni scienza medica! Quello non è sangue…-
- Lo so.- mi limitai a dire.
Dorian voltò la testa. Sembrava più vecchio… Aveva qualche ruga e un ciuffo di capelli era bianco. Gocce di sudore freddo gli imperlavano la fronte.
Allungò la mano, e accarezzò il quadro.
- E’ giusto  così…- mormorò – Io ero contro natura… Io ho sbagliato. Ho peccato.-
- E chi può dirlo?- gli domandai – Cos’è giusto? Cos’è sbagliato? La risposta dipende dai punti di vista.-
- No, Mr.Holmes… Io ho ucciso. Ho fatto una cosa terribile.-
L’uomo del dipinto stava lentamente diventando un ragazzo.
- Se Sibyl Vane si è suicidata è solo colpa mia. Quella sera… Ero ubriaco. Ho detto delle cose orrende…-
- Ecco il motivo per il quale si rifiuta di bere alcolici.- sussurrai, ricordando di come aveva sputato il mio brandy.
- E suo fratello… Voleva vendicarla… Mi ha colpito e io per difendermi, ad istinto, feci altrettanto. Ma mentre io ero immortale, lui…-
Tossì.
Con poche parole, mi ringraziò per avergli trovato il ritratto. Non mi chiese chi fosse stato il ladro ed io non glielo dissi: perché togliergli in punto di morte la memoria di chi credeva fossero amici?
Si tastò poi il viso e sorrise:- Che bello invecchiare!
E con queste parole, esalò l’ultimo respiro.
 
Questa è la vera storia di Dorian Gray, che ricordo con affetto. Pregherei quindi i lettori di romanzi contemporanei di non prestare credito alle parole di Oscar Wilde… Perché lui ha distorto i fatti, li ha romanzati, ha trasformato il mostro in una pecora e la colomba in un orrendo rapace.

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