Why does my heart feel so bad?

di giglio_lockart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Eragon

La locanda era affollata come non mai, era uno dei classici ritrovi lungo la via che i mercanti battevano, offriva cibo, calore, due chiacchiere e camere a buon mercato.

Spinse la porta per entrare nello stanzone affollato, il legno scuro luceva dei riflessi dorati del grande camino ed il profumo dello stufato gli ricordò che non mangiava qualcosa di caldo da quando era partito.

- Quel ragazzino mi ha fatto penare!-borbottò tra i denti, scostando il mantello inzuppato dal corpo snello.

Si guardò attorno, individuandolo con facilità. Anche se stava a capo chino, concentrato sul suo boccale, brillava come una fiamma oscura in mezzo a tutta quella umanità, spiccando in essa come una rosa tra i cardi.

Sospirò. Lo inseguiva da quasi un mese, poteva quasi dire si conoscerlo, ma da quando lo aveva visto la prima volta aveva riconosciuto in lui il dolore e la sofferenza. Quel ragazzino era in fuga da qualcosa e non poteva escludere che si trattasse di lui stesso.

Eppure, le sue mani e la sua anima grondano il sangue di molti innocenti.

Si concesse di studiare il suo viso, l’espressione sofferta dei tratti delicati, il tormento degli occhi d’ametista. E decise che non era più il caso di indugiare. Con passo sicuro si avvicinò al tavolo dove lui era seduto, si piazzò davanti a lui.

- Posso sedermi?- e senza aspettare che lui rispondesse scostò la sedia dal tavolo e si sedette di fronte a lui. Solo per incrociare lo sguardo fiammeggiante di quegli occhi stupefacenti.

- Non siate scostante, principe Giglio, è diverso tempo che vi cerco e adesso sono stanco.

Ottenne che la rabbia abbandonasse i suoi occhi, Giglio si abbandonò contro la sedia, studiandolo con attenzione, registrando ogni cosa di lui.

- Chi sei?-chiese a voce bassa, pacatamente, riportando la propria concentrazione sul boccale che stringeva ancora tra le mani sottili.

- Il mio nome è Gaheris.

- Gaheris.-ripetè lentamente, senza guardarlo- Tu sei stato Potere.- era una mera constatazione, non una domanda ma Gaheris annuì lo stesso, richiamando l’attenzione di una giovane cameriera e ordinando la cena.

- Che cosa vuoi da me?

È così fragile! Così rassegnato!- pensò assurdamente Gaheris, fissando quegli occhi che conoscevano e ricomprendevano ogni sofferenza.

Con che coraggio sto per ferirlo ancora?

- Dovevo parlarti. Riferirti un messaggio e scortarti dalla persona che te lo manda.-spiegò nascondendo i propri occhi nel boccale di birra.

- Non credo che mi interessi. Non mi interessa nulla di ciò che riguarda la vostra parte. Noi siamo nemici e se non mi sono ancora deciso ad ucciderti…

- Il messaggio non riguarda la mia parte, come dici tu. Il messaggio riguarda te e solo te.

- Non voglio sentire nulla. Voglio solo essere lasciato in pace. Vattene.

- Ti seguo da un mese. Non me ne andrò così semplicemente. Il messaggio è questo: il Principe Veggente desidera parlarti e ti chiede di raggiungerlo al più presto.

- Raggiungerlo dove?-chiese Giglio suo malgrado ma immediatamente la sua bocca si contorse in un sorriso storto- Avevi detto che il messaggio riguardava me.

- Difatti. È di te che lui vuole discutere.

Calò il silenzio, almeno tra loro due, perché l’allegro chiacchiericcio della locanda continuò indisturbato.

- Il Principe Veggente.-sussurrò Giglio tra sé.

- Io ho il compito di condurti da lui, se accetterai di seguirmi.

Giglio lo studiò un poco, la birra ormai accantonata.

- E non è una trappola solo per eliminarmi?-chiese con un sorriso tirato.

- No. Tu non puoi essere ucciso ed in ogni caso non da me. Inoltre, se fosse la tua distruzione il nostro scopo sarebbe venuto uno dei Quattro Re e ti avrebbe affrontato a viso aperto.

- Immagino di si.-concordò Giglio.

Il suo sguardo scivolò tutto attorno a loro, sui visi distesi degli altri avventori, ascoltò la cordialità delle loro parole ma man mano il suo viso si chiuse in un dolore fiammeggiante e Gaheris vide di nuovo la rabbia bruciare quel viso bianco e perfetto. Capì che in quel momento stava odiando tutti coloro che li circondavano, li odiava per la serenità che avvertiva in loro, così lontana dai sentimenti che si agitavano in lui, li odiava perché la loro vita era facile mentre lui aveva già patito sofferenze incredibili. Li odiava e desiderava la loro morte, che avrebbe pianeggiato i conti tra loro.

- Giglio.-chiamò piano, concentrando su di sé quegli occhi terribili.- Loro non ti hanno fatto niente.

- E allora? Sono abbastanza irritato da ucciderli solo per sfogarmi.

- Certo. Ma quello che ti divora non sparirà con loro.

Giglio abbassò lo sguardo, fissando il piano del tavolo come se volesse imprimersi nella memoria ogni scanalatura del legno lucido.

- Si vede così tanto?-chiese debolmente, senza rialzare lo sguardo.

- Verrai con me dal Principe Veggente?

Non rispose, fissava ancora il tavolo, bambola rotta incapace di reagire.

- Come è vano tutto questo…-sussurrò pianissimo, tanto che Gaheris non fu certo di averglielo sentito dire.

Poi si alzò dal suo posto, gli gettò un’occhiata obliqua.

- Me ne vado a letto. Ci vediamo domattina.-mormorò a mezza voce, allontanandosi.

Gaheris sorrise e finì il proprio stufato, con appetito.

 

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Capitolo 2
*** Due ***


Why 2

- Si, quel ragazzo, non poteva avere più di diciassette anni, i capelli neri e gli occhi viola!-sbraitò fissando il locandiere che scosse il capo, basito.

- Signore, non so di cosa stiate parlando, nessuno come il ragazzo che avete descritto ha dormito qui, ieri notte.

- Ma ha cenato con me! Al mio tavolo!-insistette Gaheris, frustrato.

- Mi dispiace, signore.-affermò il locandiere, scuotendo il capo ed allontanandosi, mentre già un paio di avventori sghignazzavano alle sue spalle.

Ormai era evidente, Giglio aveva tagliato la corda e aveva fatto in modo che nessuno potesse dirgli nulla su quella sua piccola fuga.

- Avrei dovuto saperlo.-ammise con se stesso, uscendo dalla locanda e recuperando il proprio cavallo dalla stalla.

Si rimise in strada, montò in sella e si guardò attorno, desolato.

- Da che parte sarà andato, adesso?-si chiese fissando la strada che si snodava davanti e dietro di lui, sempre uguale.- Sei tornato indietro o sei andato avanti?

Stette ancora qualche minuto a guardarsi attorno, infine spronò il cavallo verso nord, sperando che fosse la direzione giusta. Mentre procedeva, studiò la mente di coloro che lo incrociavano, provenienti dalla direzione opposta e trovò traccia, nei pensieri di un paio di essi, di una figura nera e incappucciata che avevano incontrato di buon mattino.

- Speriamo bene.-disse a se stesso, spingendo il cavallo al piccolo trotto, il ragazzo doveva avere almeno mezza giornata di vantaggio su di lui, doveva raggiungerlo a tutti i costi.

Non osò fermarsi per un solo istante, sordo alle necessità del proprio corpo, usando se stesso ed il cavallo spietatamente, cercando con ogni mezzo di assottigliare la distanza che lo separava dal suo principe.

Cosa ti sta facendo scappare così disperatamente? Cosa stai cercando di lasciarti indietro?

La sua espressione tormentata gli balzava agli occhi ogni istante, aveva un bel dirsi che non era davvero un ragazzino, che aveva quasi mille anni e che era il Principe Oscuro, riusciva solo a focalizzare quei suoi occhi così disperati, la piega amara di una bocca che sarebbe stato bello vedere sorridere.

Al tramonto non lo aveva ancora raggiunto, si accorse che procedere con il buio lo avrebbe solo portato ad azzoppare il cavallo, quando il sole sparì dal cielo si fermò lungo la strada furente, accampandosi di malavoglia per la notte.

Ripartì non appena le stelle cominciarono a sbiadire, aveva dormito poco e male ed era infreddolito, si sentiva più arrabbiato con se stesso che mai.

- Che idiota! Avrei dovuto dormire sotto il suo letto piuttosto che perderlo di vista!-borbottò immusonito, spronando il cavallo.

Lentamente il cielo si tinse di luce, il mondo parve risvegliarsi al sorgere del sole ed il suo umore migliorò sensibilmente, cominciò a guardarsi attorno per vedere di individuare eventuali accampamenti ai lati della strada, anche se si rendeva conto dell’inutilità del suo tentativo.

Inaspettatamente, lo raggiunse a mezzogiorno.

Ad una svolta del sentiero, fermò il cavallo, fissando stupito la piccola radura che sorgeva alla sinistra della strada.

C’era un carro, carico di stoffe, una ragazza seminuda reggeva la testa di un vecchio sulla gonna stracciata, cercando di arginare il sangue che stillava da un taglio profondo alla fronte, Gaheris si accorse con facilità che la ferita era mortale, del resto il vecchio era svenuto ed era probabile che non si sarebbe mai svegliato.

Giglio aveva lasciato il cavallo sulla strada, vicino a dove lui stesso era, si era addentrato nella radura e adesso si trovava al centro di un gruppetto di quelli che Gaheris riconobbe facilmente per rubagalline. Il suo sguardo scivolò sulla ragazza e sul vecchio, notò quanto lei fosse graziosa, le sue vesti strappate parlavano chiaro, i banditi dovevano aver pensato che era il loro giorno fortunato, scosse la testa, disgustato, smontando a sua volta.

Sembrava che nessuno avesse fatto caso alla sua apparizione, poté avvicinarsi indisturbato alla ragazza ed al ferito, lei alzò il capo quando si accorse del suo incedere, lo fissò impaurita e ma lui le sorrise.

- Va tutto bene. Non intendo farvi del male. Cosa è successo?-chiese inginocchiandosi ed esaminando la ferita alla testa dell’uomo.

- Ci hanno attaccati.-sussurrò lei- Hanno ferito mio padre e… loro…- ma la voce le si spezzò, la paura della violenza la faceva tremare.

- Ed è arrivato lui a salvarvi.-concluse Gaheris intuendo le sue difficoltà.

- Si.-ammise lei, fissando Giglio che stava ancora in mezzo al gruppetto di banditi, in attesa che loro facessero un gesto.

Gaheris la guardò: era graziosa come un fiore, aveva la pelle candida come il latte e gli occhi azzurri come il cielo, i capelli biondi erano riccioli morbidi che le arrivavano appena alle spalle candide.

- Lo uccideranno se lo attaccano insieme.-sussurrò la ragazza, voltando i grandi occhi verso Gaheris.

- I banditi? Sono già morti e non lo sanno ancora. Non ti preoccupare per lui.-rispose mentre concentrava il proprio potere di guarigione per sanare la ferita dell’uomo.

La ragazza ansimò, stupita, ma Gaheris non si fece distrarre e terminò ciò che stava facendo.

- Gaheris.-chiamò Giglio a mezza voce.

L’uomo si alzò in piedi, voltandosi lentamente verso di lui.

- Loro posso ucciderli?-domandò con un sorriso fanciullesco, scostando dal volto magnifico i capelli di notte.

I loro occhi si incrociarono e Gaheris allargò le braccia.

- Come posso impedirtelo?-chiese con una certa serietà.

- Non puoi.-concordò Giglio.

È livido di furia.-constatò stupito. Ed era una considerazione strana, da fare in riferimento a quell’essere. Lo osservò strappare il cuore di uno dei banditi con artigli crudeli che scavarono nel suo petto, facendone scempio. Rideva nel farlo, la morte gli piaceva, stava godendo nell’uccidere quegli uomini, provava un piacere che lo lasciò attonito, era uno spettacolo orribile che aveva visto poche volte in vita sua. Adesso, quella creatura delle tenebre stava facendo strage di quegli uomini sotto i suoi occhi.

Sta sfogando su di loro qualcosa di più della sua rabbia. C’è una paura antica nel suo animo… un dolore mai sopito…

Si voltò di nuovo a fissare la ragazza, la sua bellezza bionda, poi riportò lo sguardo sul Principe Oscuro. Ed ebbe paura anche solo di sfiorare la verità e se ne ritrasse, richiamato alla realtà dal grido dell’ultimo morente.

Lasciò la ragazza e il vecchio e si avvicinò a Giglio, che rimirava i cadaveri attorno a lui.

Se pure aveva provato divertimento nell’ucciderli, la sua espressione era tornata cupa e fredda ed il tormento aveva oscurato di nuovo i suoi occhi.

Lanciò uno sguardo al vecchio ed alla ragazza, ma era chiaro che loro lo interessavano davvero poco, si decise a spostare la propria attenzione su colui che gli stava davanti.

- Perché sei scappato?

- Credevo fosse chiaro. Non mi interessa parlare con il Principe Veggente e non mi interessi tu.

Avrebbe voluto chiedergli cosa lo interessava, cosa vedeva ogni volta che faceva vagare lo sguardo sul mondo, invece sorrise, un sorriso tirato.

- Quand’è così… dirò al Principe Veggente che non ti interessa sapere di tua madre.

Lo vide irrigidirsi e sgranare gli occhi. Si rese conto che in quell’istante Giglio era interamente lì con lui e che aveva tutta la sua attenzione.

- Ti avevo detto che voleva parlare di te.-ricordò dolcemente, consapevole che adesso lo avrebbe seguito in capo al mondo.

Giglio non rispose, ma i suoi occhi d’ametista lo passarono da parte a parte, fulminandolo con la propria rabbia, la propria disperazione.

Incapace di sopportare oltre quel suo sguardo, gli diede le spalle e tornò verso la ragazza ed il vecchio, che aveva aperto gli occhi.

- Va meglio? Ce la fate a proseguire da soli?

La ragazza annuì, poi gettò uno sguardo a Giglio, che aveva raggiunto il proprio cavallo e che ne stava controllando i finimenti.

- Ringraziatelo per me.-chiese a Gaheris.

- Certo.-concesse lui, aiutando il vecchio a rialzarsi e a salire sul carro.- Addio, adesso.

E raggiunse a sua volta la propria cavalcatura.

- Verrai con me?-domandò a Giglio in tono formale.

- Si.-si limitò a rispondere il Principe Oscuro.

- Bene.

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Capitolo 3
*** Tre ***


Why 3

Si addentrarono ancora di più nella regione, continuando a seguire la via dei mercanti, la stagione volgeva rapidamente all’inverno e presto le ultime piogge autunnali si trasformarono in nevicate abbondanti che ostacolavano il loro procedere.

Giglio era tornato a chiudersi completamente in se stesso, insensibile a quanto lo circondava ed al suo compagno di viaggio, la piega della sua bocca si faceva sempre più amara e Gaheris si sentiva disperatamente impotente nel vederlo già così provato senza poter far nulla.

- Sei mai stato in questo regno?-chiese a Giglio un pomeriggio, quando il silenzio della desolazione invernale gli pesò troppo.

Giglio non gli rispose e quando credette che non lo avrebbe più fatto sentì la sua voce mormorare piano.

- Una volta.-giunse inaspettato dal suo compagno di viaggio.

- Cosa ti aveva condotto qui?

- Cercavo una persona.-rispose laconicamente Giglio.

- Bhe… sai come orientarti? Perché non sono più sicuro della via.

- Fra qualche ora dovremmo arrivare in una locanda lungo la strada. Potrai chiedere lì.-rispose con indifferenza, fissando senza vederli alcuni alberi coperti di neve.

Gaheris credette bene di non insistere oltre ed arrivarono alla locanda nel silenzio più completo, lasciarono i cavalli nella stalla ed entrarono nel grande locale accogliente.

- Prendi una stanza per stanotte e ordina la cena: sono stanco.-ordinò lanciandogli la propria borsa e lasciandosi cadere su una panca vicino al camino.

Gaheris obbedì senza commentare, prese accordi con l’albergatore e fece servire due abbondanti porzioni di carne, pane e vino al tavolo dove Giglio lo aspettava.

Il Principe Oscuro sedeva dando le spalle alla sala, fissava il fuoco con sguardo spento e non alzò lo sguardo quando Gaheris sedette a sua volta.

- La tua borsa, Giglio.-e la spinse verso di lui, che la prese meccanicamente per rimetterla alla cintura.

Bevve svogliatamente del vino e sbocconcellò un po’ di pane.

- Non hai fame?-chiese gentilmente Gaheris, richiamandolo alla realtà.

- No. In fondo non ho davvero bisogno di mangiare.

- Allora finisco io la tua carne.-commentò allegramente e Giglio spinse il proprio piatto intatto verso di lui.

Una graziosa cameriera passò ancheggiando vicino a loro e sorrise apertamente a Giglio, che la ignorò.

- Ora capisco perché hai voluto la stanza. Hai successo, ragazzo mio.

- Non dire idiozie.-scattò infastidito, dardeggiando su di lui.

- Bhe e che male c’è? Se avesse sorriso a me credi che avrei passato la notte con te?

Giglio lo fissò, Gaheris si accorse di averlo sorpreso.

- Che c’è, credevi che quelli della "nostra parte" non scopassero?-domandò sardonico.

- No… è solo che…

- Bhe, modestamente anch’io ho un certo successo con le ragazze. Il fascino non è prerogativa delle forze oscure.

Giglio sorrise e Gaheris di riflesso. Chiacchierarono ancora un poco, tranquillamente, davanti al fuoco caldo.

Vorrei cancellare il dolore dai tuoi occhi. A lei si spezzerebbe il cuore se ti vedesse così.

Si ritirarono presto nella loro camera, Gaheris chiuse a chiave la porta e si distese sul suo letto, spegnendo il piccolo lume.

- Gaheris.

- Dimmi.

- Buonanotte.

- Anche a te, Giglio.

Attese nel buio che il sonno arrivasse a lambirlo ma scoprì di essere incapace di chiudere gli occhi, si fece cullare dal respiro calmo di Giglio ed ascoltarlo lo tranquillizzò, pure ancora non riusciva a prendere sonno e ben presto quel respiro quieto che spiava con tanta dolcezza si trasformò in un piccolo gemito e d’improvviso Giglio si svegliò con un grido soffocato.

- Eragon!-chiamò svegliandosi dall’incubo che lo aveva fatto agitare.

Gaheris accese il lume e fu subito accanto a lui: Stai bene?-chiese preoccupato, accorgendosi che era pallido e sudato.

- Io…si… sto bene.-rispose dopo un attimo, riconoscendo il luogo dove si trovava.- Solo un incubo. Li facciamo anche noi.

Gli sorrise, si alzò e recuperò la propria borraccia.

- Tieni. Bevi e cerca di rimetterti a dormire. Non preoccuparti di nulla.

Giglio prese la borraccia e bevve, restituendogliela con un sorriso, si rigirò sotto le coperte e Gaheris tornò al proprio letto, spegnendo di nuovo il lume.

Eragon. Era il Gran Signore degli Incubi. Alcune voci ci hanno detto che ha allevato Giglio e che alla fine lui lo ha ucciso…

Con una fitta sgradevole, si rese conto che Giglio doveva essergli molto affezionato per chiamarlo a sé, mentre era ancora indifeso e spaventato dal suo incubo.

Ma allora perché lo ha ucciso?

Ma si addormentò molto prima di essere arrivato ad avere una risposta.

Proseguirono il loro viaggio più velocemente, il tempo era migliorato anche se adesso un vento gelido spazzava la strada, sollevando polvere e neve, anche tra loro era cambiato qualcosa, Giglio sembrava meno chiuso, anche se ancora i suoi occhi si attardavano su qualcosa che solo lui poteva vedere, e passarono diverse serate chiacchierando amabilmente davanti al fuoco dei ritrovi per i viaggiatori.

Cosa ti fa ancora male, ragazzino triste?

Perché poteva anche essere l’incarnazione del male primordiale, ma in quel momento Giglio era solo un ragazzino che la vita doveva avere in qualche modo già toccato.

Pure, in un qualche modo strano, Giglio accettava la sua gentilezza, le sue premure, rispondeva ad esse chiacchierando con lui, anche se nessuno dei due poteva dimenticare che in qualunque altra circostanza sarebbero stati nemici.

Gaheris lo guidò sempre più addentro nella regione, lungo la strada dei mercanti, verso le montagne che facevano da confine al regno. Una grande piana si stendeva fino alle pendici di quei monti ed in una bella giornata limpida giunsero al limitare di un bosco che si arrampicava sui pendii scoscesi della montagna più alta. Tra il bosco e la nuda parete di roccia c’era un piccolo accampamento, una decina di soldati spiarono il loro arrivo, i loro sguardi affilati si concentrarono su Giglio, riconoscendolo immediatamente per quello che era, ma lui parve ignorarli e smontando da cavallo i suoi occhi si fissarono sulla figura che uscì dalla tenda più grande.

Senza una parola Gaheris lo condusse da lui e tutti e tre entrarono nella tenda.

- Benvenuto, principe Giglio.-salutò il Principe Veggente con un cenno del capo ed un lieve sorriso.

- Grazie. Siete voi il Principe Veggente? Non so perché ma credevo foste più vecchio. O quantomeno che lo sareste sembrato.

Gaheris sogghignò e versò del vino per sé e per il suo compagno, che lo sorseggiò fermandosi presso il braciere acceso, scaldando le mani intirizzite.

- Bhe, neanche voi sembrate poi vecchio quanto siete.

- Vero. Gaheris mi ha condotto da voi. Cosa avete da dirmi?

Sia il Principe Veggente che Gaheris sorrisero, scoccandosi uno sguardo divertito.

- Che c’è?-chiese subito Giglio, notandolo.

- Le somigli davvero tanto. A tua madre, sai. Anche se siete così diversi… tu le somigli.- rispose Gaheris, continuando a sorridere.

- Tu la conosci?

- Si.

- E mio padre?

- Un attimo solo, Giglio, con calma.-intervenne il Principe Veggente.- Sei qui per questo, ma lasciaci raccontare dall’inizio. Non esiste un modo semplice per dirti quello che dobbiamo, molte delle cose che adesso ti racconterò ti sembreranno… difficili da capire e da accettare. Ma è tutto vero. Credo che adesso ti prema sapere chi sono i tuoi genitori: bene, tua madre è la divina Soveh e tuo padre è il Principe Auryn.

Giglio rise: Questa è buona, carina davvero!

Ma l’inespressività dei suoi interlocutori lo fece smettere subito.

- È uno scherzo vero?-domandò nonostante tutto, volgendosi implorante verso Gaheris.

- Se tu l’avessi incontrata solo una volta, sapresti che è la verità. Io sono stato lei, Giglio e senza nessuna ombra di dubbio posso affermare che hai il suo sangue nelle vene. E benché conosca meno bene Auryn, vedo anche lui in te.

Giglio li fissò, incapace di accettare quello che loro gli stavano dicendo, li fissò inebetito, lasciandosi cadere su una panca e fissandoli a bocca aperta.

- Mi hanno abbandonato? Perché non… mi hanno mai cercato?

- Tua madre è una donna coraggiosa e con un cuore immenso, non sarebbe mai stata capace di abbandonare suo figlio!-scattò Gaheris ma il Principe Veggente lo interruppe con un cenno.

- Nessuno dei due sa che esisti.

- Mia madre mi ha partorito! Lo deve sapere che esisto!

- Si, certo. Lascia che ti racconti come è andata. Tua madre fu assistita da un’unica persona durante il parto, una donna che si era presentata al castello come levatrice. Quando tu nascesti lei ti prese e ti portò da Auryn. O almeno, questo è quello che fece credere a tua madre. In realtà ti portò nella sua stanza, dove aveva nascosto il cadavere di un altro neonato, ad Auryn fece vedere quel cadavere e così a tua madre, spiegando ad entrambi che eri morto subito, riuscendo a portarti via indisturbata. Era l’atto finale di un piano che aveva richiesto mesi di preparazione.

- Chi era quella donna?

- Un demone al servizio dell’Imperatrice Nera ovviamente. Ti portò a Perdita e ti consegnò a lei.

Giglio chinò il capo, fissando le proprie mani, il terreno, chiudendosi in se stesso come più non faceva da giorni. Infine, fece la domanda che entrambi temevano.

- Ma… perché io?-chiese con voce tremante.

- Eri abbastanza forte da poter controllare i poteri dell’oscurità.

Di nuovo, il Principe Veggente cercò gli occhi di Gaheris, per averne il sostegno e lui annuì stancamente.

- Tanto è sempre uno shock. Io urlai per ore.

- Cosa? Cos’altro c’è?

- Giglio… l’Imperatrice Nera ti ha scelto anche perché… conosceva una profezia che ti riguarda. Una profezia che io stesso ho pronunciato e che allora non capimmo. Riguardava un essere che avrebbe compreso in sé luce e tenebra… Lei ti ha reso il Principe Oscuro ed i poteri delle Tenebre ti appartengono ma… sei nato anche per ricoprire il ruolo di tua madre nella prossima Era…

- No! No! Questa è una menzogna! Io sono il Principe Oscuro! Io sarò l’Oscuro Signore!-gridò scattando in piedi, rovesciando la panca su cui era stato seduto e dardeggiando su di loro la propria rabbia.

- Si. È per questo che tu ricomprendi in te la luce e le tenebre. Lei ti scelse perché sapeva che tu saresti stato Re Potere nella prossima Era… quindi anche se noi ti avessimo ucciso, saresti rinato, perché hai quei poteri. Saresti stato l’Oscuro Signore più potente di tutti i tempi. Era un piano perfetto.

- E voi glie l’avete permesso! Avete permesso che mi portasse via! Anche se ero della vostra parte!-gridò dardeggiando su di loro il proprio odio.

- Non potevamo agire diversamente.-spiegò con calma il Principe Veggente.- Non potevamo impedire che tu fossi anche le tenebre.

- Voi non avete idea di quello che mi hanno fatto! Non avete idea di cosa significhi essere Creato!

Gridava, il suo viso pallido bruciava di rabbia e dolore e lui stesso doveva sentirsi orribilmente spaventato e confuso.

- Giglio ti prego, calmati.-pregò Gaheris con voce gentile- Nessuno di noi voleva farti del male, nessuno di noi voleva che tu soffrissi.

Giglio rise: una risata secca, sprezzante, crudele.

- Avete avuto tanta poca compassione di me che avete lasciato che mi conducessero da Lei. Io vi domando questo: in quale altro caso avreste permesso una cosa simile? O credete che Perdita sia un’accogliente nursery?

- I pochi che sapevano non sono intervenuti perché tu dovevi essere condotto a Perdita. Giglio, tu sarai l’Oscuro Signore. Sei nato per esserlo. Ma sei anche nato per condurre l’universo da quest’Era alla prossima.

- Condurre? Esattamente cosa diavolo vi aspettate da me?

Il Principe Veggente lanciò un’altra occhiata a Gaheris.

- Diglielo.-esortò di nuovo.

- Al trapasso di quest’Era la divina Soveh tradirà Dio e devasterà l’universo. Tuo compito sarà quello di radunare gli altri Re e di condurli contro di lei, in modo da ucciderla e ristabilire l’ordinamento voluto da Dio.-annunciò con voce spenta.

Calò un silenzio di piombo, il viso di Giglio si era fatto ancora più bianco, gli occhi d’ametista spiccavano vividi e terribili sul quel viso ancora assurdamente infantile.

- Allora. Vediamo se ho capito bene. Secondo la vostra profezia è stato santo e giusto lasciare che un neonato finisse nel covo del male primordiale in modo che tutti i demoni che passavano di lì potessero farne ciò che volevano. E da me vi aspettate che io, come se niente fosse, uccidessi la mia stessa madre alla quale voi non avete detto nulla né di me né di quello che mi è successo. Mi è sfuggito qualcosa?

Gaheris fissò desolato il Principe Veggente.

- Le cose stanno così.-confermò quello con un cenno.

- Mi fate ribrezzo. In nome di cosa servite un Dio che condanna un innocente?-chiese freddo, furioso, dardeggiando su di loro.

- In nome di quello stesso amore dal quale siete stati allontanati e al quale vorreste tornare. Tu meglio di tutti dovresti sapere che l’Imperatrice Nera combatte solo per raggiungere i suoi scopi senza curarsi di come li ottiene. Conosci i mezzi che Lei usa e sai quanto questi siano spietati. Noi dobbiamo combattere ogni giorno della nostra vita per coloro che non possono difendersi e dobbiamo farlo non ad armi pari ma con tutte le limitazioni della nostra coscienza. Io considero Gaheris un amico, un fratello, un compagno ma l’ho mandato da te, a prenderti, perché ti parlasse e ti conducesse da me, anche se sapevo che tu avresti potuto ucciderlo con un solo pensiero. Siamo costretti ad usare noi stessi e quelli che amiamo in maniera spietata e spesso crudele, dobbiamo trascurare ciò che proviamo per proteggere coloro che dipendono da noi. Ogni giorno. Ad ogni istante. Abbiamo usato anche te, un neonato innocente e lo rifaremmo probabilmente, ti condanneremmo di nuovo all’orrore, al dolore. Ma è necessario. Tu hai un compito, come tutti noi e per tale compito hai sofferto e soffrirai ancora, come tutti noi, e la nostra ricompensa l’avremo semplicemente quando verremo uccisi dai nostri nemici. Noi combattiamo per gli altri, non per noi stessi. E obbediamo a Dio per proteggere e guidare, non per il puro gusto di farlo.

- Non vogliamo tornare a Lui. Vogliamo solo far scontare la nostra sofferenza.-affermò a voce bassa, guardandolo fisso- Io sono e sarò esclusivamente il Principe Oscuro. Non cercatemi mai più: noi siamo nemici.-affermò con tutta la propria disperazione.

E senza aggiungere altro uscì dalla tenda, recuperando il proprio cavallo e andandosene.

Il Principe Veggente sospirò fissando Gaheris con tristezza.

- Peggio di quanto credessimo.-commentò scuotendo il capo.

- Tu come ti sentiresti al suo posto? In parte a ragione lui, non abbiamo fatto niente per lui se non… rivelargli qualcosa di incomprensibile persino per noi e chiedergli quanto di più crudele potevamo.

- Rinnegherà il suo ruolo ed il suo potere?

- Non lo so. Quel ragazzino è terribilmente complicato. Mentre venivamo qui ha salvato un vecchio ed una ragazza da alcuni banditi. E poi ha fatto a pezzi i banditi ed io non ho mai visto nulla di così raccapricciante. Non possiamo fare altro che aspettare. E sperare che lui… capisca.

- Che capisca noi e le nostre motivazioni a Perdita?

- Non c’è luogo migliore per imparare la differenza tra bene e male.

- Ma il male è così semplice da perseguire…

- È vero. Però l’hai sentito no? "Avete permesso che mi portasse via! Anche se ero della vostra parte!". Credo che… molto in fondo… lui abbia le idee più chiare di quanto noi non pensiamo.

Anche se in questo momento è disperato e confuso. E solo.

- Speriamo che sia come dici tu. Speriamo che si dimostri degno erede di Soveh.

- Soveh ci distruggerà tutti.-ricordò uscendo dalla tenda e fermandosi ad osservare le montagne in lontananza.

- Che farai adesso?-chiese il Principe Veggente, seguendolo.

- Non ne ho la più vaga idea. Immagino che tornerò a casa per un po’, ad importunare le ragazze.

- Mi sembra una buona idea. Ci vediamo presto a Shainsa.

- Si.

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Capitolo 4
*** Quattro ***


Why 4

Si sentiva insolitamente malinconico, ma probabilmente era dovuto al fatto che stava cavalcando tutto solo da quella mattina, quando aveva abbandonato l’accampamento del Principe Veggente. Aveva freddo e il suo stomaco brontolava per la fame.

Ma più di tutto, vorrei sapere se Giglio sta bene.

Non aveva potuto fare a meno di pensare a lui, di preoccuparsi per lui, sapendolo così triste e sapendolo solo, senza nessuno con cui potesse parlare.

Rise piano, badando a che solo il vento potesse udire le sue parole.

- Non è tuo figlio Gaheris. È figlio di Soveh, è stata Sita a partorirlo.

Non ha importanza. È solo un ragazzino triste. Avrei dovuto aiutarlo, non scaricargli sulle spalle il peso intollerabile di ciò che è. Sarà un miracolo se non impazzirà.

Si stiracchio sulla sella, abbandonando le briglie sul collo del cavallo e spingendo e braccia verso il cielo.

Il suo cuore fece una buffa capriola, quando vide il cavallo nero fermo ad un lato della strada e la figuretta incappucciata seduta sotto un albero.

Con un gran sorriso si affrettò a raggiungerlo e si fermò vicino a lui.

Giglio alzò il capo a guardarlo. Aveva l’aria imbronciata di un bambino che stesse per fare i capricci.

Eppure i suoi occhi sono lo specchio fedele del dolore del mondo.

- Parlami di lei.-chiese.

- Oh, no ragazzino, neanche a parlarne. Ho freddo, ho fame e ho voglia di una donna. Cena con me alla locanda che c’è più avanti e poi ne potremo discutere.

Giglio sorrise e Gaheris gli sorrise di rimando, si erano capiti al volo, sciolse le membra e si tirò in piedi, salendo sul proprio cavallo e ritornando sulla strada.

Più tardi, scaldati da un fuoco ruggente, dal cibo e dal vino, Gaheris allungò i piedi sotto il tavolo e fissò i tratti delicati del ragazzino. Giglio fissava le fiamme nel camino con lo stesso sguardo perduto che ben conosceva, era andata esattamente come Gaheris aveva previsto: invece di aiutarlo aveva solo inasprito la sua disperazione. Quegli occhi erano più tormentati e confusi che mai.

Cominciò a raccontare.

- La divina Soveh è nata nella prima Era, come ben sai e quindi è in giro dai tempi della Creazione. Non ho idea di come potesse essere nella sua… giovinezza, ma mi hanno sempre parlato della sua prima reincarnazione, Nihm, come di una donna molto dolce.

- Te ne ha parlato Bel Azar?

- E Khar Su. Si. Sono stati loro. La ricordavano con grande tenerezza.-ammise bevendo dell’altro vino, nascondendo il proprio dolore in essa.

- Ma tu sei stato lei. Come… la vedevi?

- Bhe… quando pensavo a lei pensavo ad una lama di luce.-mormorò debolmente.- Soveh è nata per combattere, per difendere i deboli… rappresenta la Legge, fra le altre cose…

- Ma anche la Speranza.

- Senti Giglio, i Quattro Re… i veri Quattro Re nella loro manifestazione originaria non hanno molto di umano. Ho sempre avuto il sospetto che fossero le loro reincarnazioni… cioè noi… ho sempre creduto che fossero loro a dare ai Re sentimenti umani. Ma questa è solo… la mia percezione delle cose. Magari Iristarte, Nihm, Alia e tutti gli altri hanno opinioni diverse.

Giglio parve riflettere a lungo su quello che Gaheris aveva appena detto, fissò il fuoco per diversi minuti, senza parlare e il suo compagno gli concesse tutto il tempo che voleva.

- E la donna che mi ha partorito?

- Sita. Io l’adoro, sai? Lei è… la persona più dolce che abbia mai conosciuto. Ha una capacità di simpatia, di empatia straordinarie, ti guarda con quei suoi occhi e tu ti senti in pace come non lo sei mai stato… Daresti la vita per lei, perché ne avverti tutta la purezza, la delicatezza. Però…

- Però cosa?

- Questa è stata essenzialmente un’Era di pace. Ma quando Sita ha dovuto combattere ha dimostrato di possedere una forza d’animo eccezionale. In questo è come Soveh: una lama di luce.

- Ho sentito dire che la chiamano Stella Guerriera.

- L’ho sentito anch’io. Ed in effetti lei è una luce splendente… la luce splendente che ci conduce in battaglia.

- Le vuoi davvero bene. La tua voce vibra d’affetto.

- Ecco… si, immagino di si. Il fatto è che è come se tutti voi siate un po’ miei figli. Sita… ed anche tu, in un certo qual senso.

Giglio sorrise debolmente: Non dovrebbe essere male essere tuo figlio. Ma avremmo litigato in continuazione.

- Perché?

- Perché ho più successo di te con le donne.

- Non è vero. E poi tu sei uno sbarbatello, alle donne piacciono gli uomini maturi con molta esperienza… ed io sono in giro dalla seconda Era!

- Tu non sei maturo. Tu sei un fossile. E poi mi è stato insegnato l’amore dai demoni… potrei insegnarti un paio di cosette.

- Non darti arie, moccioso. Io sono il più grande amatore di tutti i tempi!

Risero insieme e rimasero a bearsi del calore del caminetto.

- Lei non sospetta neanche della mia esistenza, vero?

- No.

- Non credo che le piacerebbe sapere… di me. Di quello che sono.

A Gaheris si strinse il cuore per la pena.

- Lei capirebbe. Leggerebbe nei tuoi occhi, leggerebbe i segreti del tuo cuore e… ti abbraccerebbe. Si, lei farebbe proprio così. Lei è… molto materna. E tu sei suo figlio e lei ti ha pianto per morto. Riaverti sarebbe una gioia.

- Dovrò ucciderla un giorno. Con che coraggio potrei presentarmi a lei?

- Con che coraggio le starai lontano per tutto il tempo che deve ancora passare? Comunque, è una tua scelta. La tua vita, come intendi condurla, è una tua scelta. Qualunque cosa tu decida di fare, sceglilo con la tua testa e con cognizione di causa.

- E se avessi già scelto?

- Significa che avrai meno dubbi di noi sfortunati mortali.

- Tu non sei uno sfortunato mortale.

- Se fossi fortunato stasera non andrei in bianco.-scosse il capo, affranto- E l’unica donna qua dentro è quella cicciona della moglie dell’oste.

Giglio rise alla sua mestizia.

Poi si alzò in piedi.

- Grazie di tutto, Gaheris.

- È stato bello conoscerti. Spero di vederti presto.

- È una cosa pericolosa da dire al Principe Oscuro.-fece notare dolcemente.

- Tu non sei soltanto il Principe Oscuro.

Giglio gli fece un cenno di saluto, poi uscì dalla locanda. Gaheris fissò a lungo il punto in cui lui era sparito, perso nei propri pensieri.

Ti ho incontrato disperato e ti sto lasciando andare ancora più disperato. Che nome darai adesso a te stesso?

Giglio… l’essere che ricomprendeva in sé la luce e le tenebre. Scosse il capo, sospirando. Avrebbe voluto vedere quegli occhi illuminati dal sorriso. Invece se ne andava ancora più tormentato… e se avesse combinato qualche sciocchezza? Se avesse… litigato con l’Imperatrice Nera? Se Lei lo avesse ucciso?

- Come farò a guardare di nuovo Sita negli occhi?

Il Principe Veggente aveva avuto ragione nel dire che tutti loro combattevano ogni giorno, ignorando i propri sentimenti. Anche se era quello che desiderava non poteva fare nulla per Giglio. Salvo che essere gentile con lui, qualora si fossero rivisti. Anche se non era abbastanza. Anche se desiderava vendicare ogni suo dolore. Anche se desiderava portarlo da sua madre e lasciare che lei asciugasse le sue lacrime.

- Mi dispiace.-ammise Gaheris in un sussurro amaro.

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