Non male per essere un serpeverde

di Ciajka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo uno ***
Capitolo 2: *** capitolo due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***
Capitolo 4: *** capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** capitolo sei ***
Capitolo 7: *** capitolo sette ***
Capitolo 8: *** capitolo otto ***
Capitolo 9: *** capitolo nove ***
Capitolo 10: *** capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** capitolo undici ***
Capitolo 12: *** capitolo dodici ***



Capitolo 1
*** capitolo uno ***


                                                                   Dal diario di John Watson

Oggi è stato un giorno bizzarro.
Decisamente bizzarro.
Chi avrebbe mai immaginato che avrei infranto più regole durante questa giornata che in tutti i cinque anni passati qui ad Hogwarts?
Tutto è cominciato questa mattina, durante la lezione di trasfigurazione.

 

Ero più in ritardo del solito e quindi decisi di sedermi in ultima fila, prima che la professoressa arrivasse e iniziasse la lezione. L’unico posto libero era a fianco di uno studente della casa di Serpeverde. Siccome noi di Grifondoro non guardiamo di buon occhio quella gentaglia, stavo optando se scegliere un’altra sistemazione, quando entrò l’insegnante. Essendo l’unico ad essere ancora in piedi in tutta l’aula, mi lanciò un’ occhiataccia e mi “invitò gentilmente” ad accomodarmi da qualche parte al più presto possibile.
Non ebbi altra scelta.
Mentre mi sedevo,  il Serpeverde alzò i suoi occhi color ghiaccio dal libro di testo e mi squadrò da cima a fondo.
Non potei fare a meno di sentirmi estremamente a disagio sotto quello sguardo indagatore. Ma durò solo un attimo perché  spostò immediatamente 
i suoi occhi gelidi sul suo tomo, dimenticandosi completamente, o almeno così sembrava, della mia presenza.

“Dio mio” pensai “ Inquietante! Me lo vedrei a fianco di Tu Sai Chi per la conquista del mondo!”
Ben presto, però, lasciai questi pensieri per concentrarmi sulla lezione e non lo badai più per il resto dell’ora.

Stavo sistemando il materiale all’interno della borsa, senza particolare fretta, quando l’inquietante individuo mi chiese con voce profonda e distaccata, senza distogliere lo sguardo dal suo libro: "Ti piacerebbe fare un incantesimo di resurrezione?"
La mia bocca rispose, senza prima consultare il mio cervello: "Cavolo, dovrebbe essere fantast…"
ma subito aggiunsi, modificando il mio immediato entusiasmo: "Cioè.. Dovrebbe essere interessante, ma perché mi chiedi questo?"
"Vorrei provare l’incantesimo di resurrezione e mi servirebbe un aiutante"
Non potei fare a meno di avere un tono seccato :"E perché mai io? Non puoi scegliere uno della tua Casa?"
"Perché il resto della mia Casa è composto da idioti buoni a nulla che non sanno neanche distinguere un troll di montagna da un muretto di pietra"
Soffocai una risata: anche io ero dello stesso parere e detto da un Serpeverde creava una situazione piuttosto surreale.
"Non ridere, è da disperarsi. Alcuni hanno buone potenzialità, ma passano il tempo a sparlare, oziare e a fare scherzi agli altri studenti. Il resto è intelligente come il fondo incrostato di un calderone."
"Approvo pienamente!" ridacchiai.
"Ma non capisco ancora perché lo chiedi a me." aggiunsi poco dopo, più seriamente.
Lui alzò gli occhi al cielo, visibilmente seccato.
"Mi serve un aiutante, e siccome mi sembri affidabile, te l’ho chiesto. Non sei per niente obbligato: hai tutto il diritto di rifiutare."
Rimasi a guardarlo interdetto per qualche secondo: mi stava forse prendendo in giro?
"Non ci conosciamo neanche."
"Ah, giusto. Io mi chiamo Sherlock. Sherlock Holmes. "
"Io invece sono John Watson"
" Si, si. Lo so." disse con tono annoiato.
"Come fai a saper… Ah, vero.. Avrai letto il mio nome sulla copertina del mio libro di trasfigurazione.. Ok, anche se adesso so come ti chiami, chi mi dice che posso fidarmi di te?"
"Come ti ho detto prima, hai tutto il diritto di rifiutare. Se vuoi ci vediamo alle tre e mezza al pozzo del cortile interno. Ci penserai durante l’ora di erbologia, poi mi riferirai."
"Aspetta, aspetta, aspetta… Come sai che ho erbologia adesso? "
"Hai un paio di guanti da giardinaggio che sporgono dalla tasca anteriore della tua borsa e so che la prossima lezione di erbologia per le quinte di Grifondono e Corvonero inizia tra dieci minuti."
Il ragazzo mi guardò con aria divertita vedendo la mia espressione straniata.
"Se ti sbalordisci per così poco.." ridacchiò.
"Mi raccomando la puntualità." aggiunse, allontanandosi e lasciandomi solo.

Per tutte le due ore di erbologia non feci altro che pensare a quella strana conversazione.
Più si avvicinavano le tre e mezza, più mi convincevo che volesse prendersi gioco di me.
L‘incantesimo di resurrezione?
Non gli avevo neanche chiesto chi o cosa doveva resuscitare. E se per caso quello che voleva uccidere per poi rianimare ero io? Ecco perché serviva un aiutante.. Non poteva mica ammazzarsi da solo per poi fare l’incantesimo!
Dovevo rifiutare, anzi, probabilmente dovevo dirlo a qualche insegnante, in modo che prendessero qualche provvedimento.
Però….Non mi sembrava una cattiva persona, dopotutto.

Durante l’ora di storia della magia cercai, senza ovviamente farmi scoprire, l’incantesimo di resurrezione sul libro di incantesimi.
Aveva un procedimento piuttosto complicato, anche perché necessitava di una pozione aggiuntiva, con ingredienti difficili da reperire, in territorio scolastico.
“Ma cosa si è messo in testa quel ragazzo?” pensai disperato “ La cosa migliore da fare è non presentarsi all’appuntamento”


"Vedo che sei stato puntuale" mi disse quando mi trovò ad aspettarlo al pozzo del cortile.
Non ho idea del perché ero li.
So soltanto che bruciavo di curiosità: se quello che aveva detto era vero, dove avrebbe preso gli ingredienti? Come avrebbe preparato la pozione? E soprattutto, chi era la “vittima sacrificale”?
"Mi sembri teso" osservò con tono piatto.
Gli esposi i miei dubbi, aggiungendo che era una cosa da pazzi e che mi ero presentato li solo per dirgli che non avrei partecipato a quella idiozia.
"Gli ingredienti so dove trovarli" rispose " basta solo prenderli. Prepareremo la soluzione nell’aula di pozioni, ovviamente. Sono un Serpeverde e posso entrare come e quando voglio. Inoltre oggi non ci sono lezioni pomeridiane, siccome è sabato. Il morto non sarai tu, non ti preoccupare, ma un gufo che andremo a prelevare alla gufaia subito dopo aver finito la pozione."
"Prepareremo? Andremo?"
"Certo. Non c’è bisogno di ripetere quello che ho appena detto."
"Ma…" iniziai
"La tua presenza è fondamentale: per preparare la pozione in tempo bisogna dividersi i compiti, cosa impossibile da fare da soli."
"Perché dividere il procedimento?"
" Per avere meno possibilità di essere scoperti."
"Ma non avevi detto che essendo un Serpeverde..  "
"Si, vero. Infatti sono sicuro di non correre rischi di sospensione se mi trovasse il professore di pozioni, siccome è della mia Casa. Ma preferirei che non accadesse." l’ultima frase la pronunciò con un’ inquietante nota macabra.
"Non è detto che ti aiuti."
"Mi sembravi entusiasta."
Effettivamente l’idea di fare un incantesimo così difficile mi elettrizzava.
"Aiutami solo con la pozione, poi per il resto mi arrangio." aggiunse dopo un po’.


Inutile dire che accettai.
Non so come abbia fatto a convincermi, so solo che mi ritrovai a seguire il suo passo sicuro tra i labirintici corridoi  dei sotterranei, finché arrivammo di fronte ad un portone chiuso da un imponente lucchetto.
"Alohomora" mormorò il Serpeverde.
Il lucchetto scattò senza problemi, consentendo a noi di varcare la soglia.
"Dove siamo?" chiesi sottovoce
"Nello sgabuzzino dove sono posti gli ingredienti per la pozione"
Con passo spedito si avvicinò agli scaffali osservando le targhe delle varie sostanze, contenute in ampolle di diversa grandezza e forma.
"Ma hai avuto il permesso per entrare qui?"
"Dobbiamo cercare la pelle di girilacco, ma penso che sia qui.. Eccola infatti. Cercami per favore le ali di folletto di palude, dovrebbero essere su quello scaffale la in fondo"
"Mi hai completamente ignorato."
"No, è solo che mi sembra inutile rispondere ad una domanda simile. Nessuno si accorgerà degli ingredienti mancanti"
"Se ci beccano ci toglieranno come minimo 50 punti a testa!"
"Non succederà. Le ali di folletto. Per. Favore."
Mi avviai sbuffando allo scaffale “Insopportabile. Come un vero Serpeverde.”

L’aula di pozioni era deserta, fredda e inospitale.
"Tu prepari il sale purpureo, facendo portare ad ebollizione il sangue di unicorno con gli occhi di mosca tagliati finemente. Io invece preparerò la soluzione di ali di folletto e pelle di girilacco. Quando sarò riuscito ad amalgamarla per bene, probabilmente sarai già riuscito a creare il sale da unire ad essa."
Mi misi al lavoro e dopo poco meno di un’ora la soluzione e il sale erano pronti.
"Bene. Ora aggiungiamo… piano…" sussurrò impugnando la beuta contenente il sale e versandone il contenuto dentro un’ampolla con all’interno il resto della pozione. Poi tappò il contenitore e agitò il tutto. Il colore incominciò a virare: da verde marcio divenne un bel rosso cremisi, con riflessi dorati.
" Perfetto! " esclamò "Abbiamo fatto un ottimo lavoro! Adesso andiamo alla gufiera!"
"Avevi detto che il mio compito sarebbe finito qui!"
"Beh, per catturare il gufo e formulare l’incantesimo ci vorrebbero due persone.. " mi guardò intensamente " Ma se vuoi lasciarmi da solo mi arrangerò "
Inutile dire che mi sembrava disumano abbandonarlo al suo destino. In più ero curioso di vedere se l’esperimento sarebbe riuscito: aver lavorato così attentamente per un’ora intera per nulla?
No, sarei andato fino in fondo.
"Andiamo alla gufiera." dissi, facendo sorridere il mio compagno.
"Bene, John! Andiamo!"
Si avviò verso l’uscita dell’aula, mentre io sistemavo il banco di lavoro con un elementare incantesimo di pulitura.

Il tempo minacciava pioggia mentre noi entravamo nella gufiera. Il vento faceva scricchiolare il tetto in modo preoccupante, creando un’atmosfera da brividi, ma Sherlock sembrava non curarsene minimamente.
"Dobbiamo stordire un gufo." constatò "Quello li è perfetto"
Mi indicò un vecchio gufo grasso che si stava riposando su una trave a qualche metro più in alto dalle nostre teste.
Sfoderai la mia bacchetta e gridai "Stupeficium!" al mio obbiettivo, il quale, colpito in pieno petto dalla fattura, cadde ai nostri piedi privo di sensi.
"Ottima mira!" si complimentò Sherlock.
Lo ringraziai, ma sottolineai che era ancora vivo.
" Per questo c’è il veleno."
Mi mostrò una minuscola ampolla di vetro con all’interno un denso liquido nero.
"L’ho preso in prestito dall’insegnante di pozioni." disse, anticipando la mia domanda.
"Non ne dubito …." mormorai
"Una sola goccia è fatale" continuò, versandone una all’interno del becco spalancato dell’uccello.
Immediatamente il piumaggio divenne opaco e corpo si irrigidì: era decisamente morto.
In questo momento non so come descrivere l’immenso senso di colpa che mi venne in quel istante: avevo appena aiutato una persona, che neanche conoscevo, ad uccidere un essere vivente. E se la pozione non avesse funzionato?  Non me lo sarei perdonato. E non avrei perdonato neppure Sherlock.
"Aiutami a versare la pozione nel becco del gufo, John.. Io intanto recito l‘incantesimo."
Obbedii, cercando di non farmi prendere dall’ansia.
Se in quel momento qualcuno fosse entrato nella gufiera, avrebbe visto un tizio pallido e teso che versava con un contagocce del liquido rossastro nel becco di un gufo stecchito, mentre un altro tizio recitava più volte la parola “resorgo” con voce calma e profonda. Il tutto incorniciato da un centinaio di pennuti agitati e impauriti e dai sinistri scricchiolii delle travi di legno provocati dal vento.
Cercavo di non pensarci e mi concentrai sul mio compito: non dovevo sprecare neanche una goccia, altrimenti la pozione non avrebbe fatto effetto.
Ad un tratto la zampa dell’uccello si mosse impercettibilmente, facendo nascere in me una speranza. Guardai Sherlock, ma il suo sguardo rimase impassibile.
I minuti passavano e il movimento delle zampe divenne sempre più evidente, finché non aprì gli occhi e spalancò le ali, pronto a volare via.
Mi rigirai verso Sherlock, che intanto aveva smesso la sua cantilena, e mi guardò a sua volta fisso negli occhi.
Restammo immobili per qualche secondo, poi iniziammo a ridere come dei perfetti idioti.
"Esperimento riuscito, John!"
"Fantastico! E’ stato letteralmente fantastico!"
"Non male per un Grifondoro!"
"I Grifondoro sono i migliori! Cosa ti aspettavi?" dissi in modo scherzoso
"Mi aspettavo di vederti correre via con la coda fra le gambe!" rispose con lo stesso tono
"Certo! Io invece mi aspettavo che mi avresti assassinato a sangue freddo come uno spietato mangiamorte! "
"Stai attento che potrei anche pensarci!" ridacchiò facendomi l’occhiolino.
Continuammo a punzecchiarci scherzosamente per non so quanto tempo, finché ebbi la curiosità di osservare fuori dalla finestra: era incominciato un vero e proprio diluvio.
"Con un tempo del genere è pericoloso correre fuori. E’ meglio aspettare che si calmi." puntualizzò Sherlock.
Acconsentii, ma non ci volle molto tempo per farci cambiare idea: ben presto l’acqua incominciò a filtrare attraverso il tetto, rischiando di bagnarci. Decidemmo quindi di correre fuori, sperando di arrivare al castello sani e salvi.

Corremmo come disgraziati fino al portone d’entrata.
Inutile dire che eravamo tutti e due zuppi dalla testa ai piedi, con un fiatone mostruoso e molto, molto divertiti.
Ci congedammo dopo aver riempito il salone d’ingresso di risate irrefrenabili: lui si diresse verso i sotterranei, mentre io verso le scale superiori che portavano al ritratto della Signora Grassa.

A cena non lo trovai. La tavolata dei Serpeverde aveva un unico posto vuoto: il suo.

Ora sono qui, sotto le mie coperte, che descrivo questa mia pazza giornata.
Come ho scritto all’inizio, non ho mai violato così tante regole in un sol giorno.
Riassumendo:
- rubare gli ingredienti dal ripostiglio delle pozioni - 50 punti
-utilizzo dell’aula di pozioni senza permesso: -20 punti
-preparare una pozione pericolosa senza il permesso dell’insegnante: -30 punti
-uccidere un gufo addetto alla posta : - 50 punti
-fare esperimenti con il suddetto gufo senza autorizzazione: -50 punti
Totale: - 200 punti

Grandioso.
Però non sarei sincero con me stesso se dicessi che non mi sono divertito.
E anche quel Sherlock è…uhm… particolare. Insopportabile per certi versi, ma tutto sommato non è male, per essere un Serpeverde.

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Capitolo 2
*** capitolo due ***



Posso confermare che la mia vita è completamente cambiata dopo la conoscenza di Sherlock Holmes. Le nostre strade si sono  incrociate appena ieri e, incredibilmente, oggi sono stato coinvolto nell’avventura più pericolosa della mia vita.
Fin ora, almeno.

Essendo domenica, mi sono svegliato piuttosto tardi e, dopo aver fatto una buona colazione, andai in biblioteca con alcuni miei amici di Grifondoro per studiare storia della magia.
Più volte la mia mente volava sui fatti del giorno precedente, ma cercai di ignorare i miei pensieri, buttandomi a capofitto sui libri scolastici.
Stavo leggendo i fatti delle streghe del Cornovaglia durante l’anno 1630, quando una mano si posò sulla mia spalla, facendomi sussultare.
Il resto della mia compagnia alzò lo sguardo dai libri e sgranò gli occhi.
“Posso parlarti un momento?”
Riconobbi subito quella voce: era Sherlock.
Tentennando, mi alzai e lo seguii, mentre i miei amici incominciavano a bisbigliare tra di loro, sicuramente chiedendosi chi era quel tipo e perché cercava proprio me. Non bisogna dimenticarsi poi che è dell’odiata casa dei Serpeverde!
“Ho un caso interessante tra le mani e vorrei che tu mi aiutassi a mettere luce su esso.”
“Cosa?”
“Vorrei che tu diventassi il mio assistente.”
“Aspetta, aspetta.. Un caso interessante? Cosa intendi con caso interessante?”
“Intendo quel che ho detto.” il suo tono era visibilmente seccato.
“Potresti darmi delle informazioni più dettagliate?” sospirai, alzando gli occhi al cielo.
“Certamente. Tutto è successo ieri sera, prima di cena.

Mi stavo avviando verso la Sala Grande, quando sentii delle voci provenire dall’ufficio della vicepreside; la porta era socchiusa, quindi mi accostai con nonchalance  al muro, in modo da poter ascoltare e, contemporaneamente, sbirciare la situazione all’interno.
Nella stanza c’era un ragazzo, che mi dava le spalle, e la vicepreside, scura in volto.
Constatai in pochi secondi che il ragazzo era il prefetto di Corvonero, Lestrade, sesto anno.
Parlava in modo postato, anche se si sentiva, nel suo tono di voce, una profonda agitazione.
“Bisogna aumentare la sicurezza del castello, non si può ignorare quello che è successo.”
“E’ stato solo un incidente, Lestrade. Non bisogna allarmare la scuola intera per un fatto che potrebbe non accadere più.”
“Non accadere più!” Il ragazzo si era vistosamente innervosito. “Quello studente è quasi morto!”
“Non è in pericolo di vita.”
“In questo momento Trevor è in stato incosciente in infermeria, con una ferita che non accenna a guarire da due giorni!”
“Lestrade, ti consiglio di calmarti. Madama Chips troverà il modo di guarirlo. E’ una persona estremamente competente.”
“Se quella cosa dovesse attaccare di nuovo un altro studente..” iniziò il prefetto.
“Non accadrà. Il guardiacaccia è già stato informato.”
Lestrade si zittì per un istante, poi ribatté :”Bisognerebbe informare tutti. E’ già passato troppo tempo. Se non fosse stato per me, in questo momento avremmo uno studente in meno.”
Mi allontanai dalla mia postazione: tanto la conversazione non sarebbe durata ancora per molto e avevo già sentito tutto quello che mi interessava. La mia prossima meta sarebbe stata l’infermeria.

Appena aprii la porta, Madama Chips mi accolse con un enorme sorriso.
“Salve, caro! Di cosa hai bisogno? Hai qualcosa di rotto?”
“Oh, non sono venuto per me, ma per il mio amico Trevor..” risposi con una vocina titubante.
“Povero ragazzo! Proprio una brutta faccenda!”
“Esatto! Se non fosse stato per Lestrade..”
“Probabilmente non ce l’avrebbe fatta..” sospirò lei lugubremente.
“Sono completamente d’accordo. In un orario del genere è stata una vera fortuna che il prefetto si trovasse li.” buttai, sperando che la donna mi raccontasse l’accaduto in modo più dettagliato.
“Oh, questo è certo! Era sera, ormai! A ridosso della foresta proibita, per giunta! Non ho idea del perché fosse li, povero Trevor.. Lestrade mi ha raccontato che una grossa ombra nera sbucò all’improvviso e attaccò il ragazzo. Lui corse fino a raggiungerli e grazie a qualche fattura è riuscito a far scappare quel orribile essere.”
“Ma intanto quella cosa è riuscita a ferire Trevor..” sospirai, fingendo un’ immensa tristezza.
“Si.. Uno spaventoso morso alla coscia destra e vari graffi sparsi su tutto il corpo… Ora è a letto, sotto incantesimi guaritivi.. Stanno incominciando ad aver effetto, per fortuna!”
“Posso salutarlo?” chiesi timidamente.
“Certamente! Anche se è ancora incosciente, povero caro..”
Mi portò al suo letto, dove era disteso un ragazzino del secondo o del terzo anno, completamente addormentato. La gamba destra era interamente ricoperta da bende incantate, per cicatrizzare magicamente la ferita sottostante.
“Siccome devo andare a cena...” iniziò lei.
“Oh,non si preoccupi! Starò qui solo per pochi minuti!”
“Va bene,caro. Normalmente non lascio gli studenti soli durante le visite, ma con te farò un’eccezione. Sembri un ragazzo affidabile.”
Non potei fare a meno di sorridere.

Così rimasi solo con Trevor.
Osservai per prima le ferite superficiali, ormai quasi del tutto guarite. Erano sparse nel busto e nel braccio destro, segno che il ragazzo aveva cercato di difendersi, forse dopo il morso, e la creatura aveva cominciato a graffiarlo.
Passai poi in esame la ferita principale sulla coscia.
Scoprii le bende e osservai.
Al centro del morso si vedeva ancora la carne viva: aveva avuto un accenno di infezione, ma grazie alle garze incantate si stava avviando alla guarigione. Osservai i margini del morso e trovai estremamente interessante il fatto che la pelle era come sciolta, creando una schiuma verdastra, come se fosse stata a contatto con una sostanza chimica corrosiva.  Rimisi a posto le bende e me ne andai dritto in biblioteca.
 Ci rimasi per tutta la notte, cercando di scoprire quale creatura magica potesse provocare ferite del genere.”


“Sbalorditivo!”  pronunciai, dopo il racconto di Sherlock.
Lui fece una faccia sorpresa, forse perché non si aspettava un’esclamazione simile.
“Ecco perché ieri sera non eri a cena!” aggiunsi.
“Si, mi ero completamente dimenticato di mangiare. Allora, vuoi svolgere le indagini insieme a me?”
“Certamente!” Ormai la faccenda mi aveva incuriosito. “Per caso hai scoperto di cosa si tratta?” domandai, alludendo all’assalitore.
“Ho delle congetture, ma non sono del tutto sicuro. Ora andiamo verso la foresta proibita, il fatto dovrebbe essersi svolto da quelle parti.”

Durante il percorso Sherlock mi raccontò che la nostra creatura doveva per forza essere alta un metro e dieci centimetri, piuttosto robusta, ma non troppo, con artigli e denti affilati, gli ultimi capaci di liberare una sostanza tale da sciogliere la materia organica.
Non avevo idea cosa potesse combaciare con questa descrizione.
Sherlock pensava che fosse una forma spettrificata di un qualche animale, siccome solo gli spettri erano in grado di sciogliere i tessuti in quel modo.
Gli diedi ragione, anche se non riuscivo a spiegarmi perché quel non-morto fosse apparso in territorio scolastico.

Quando giungemmo nel luogo dove probabilmente si era svolta la faccenda, il viso di Sherlock si contrasse in una smorfia.
“Accidenti, John! L’acquazzone di ieri ha eliminato tutte le impronte sul terreno! Dovevo immaginarlo… L’unica cosa da fare è cercare a ridosso della foresta. È molto fitta, quindi le tracce non dovrebbero essere state modificate troppo dall‘acqua.”
Cercammo per ore qualche indizio che ci riportasse alla tragedia, ma inutilmente.
“Ci rinuncio, Sherlock. Ormai l’ora di pranzo è saltata e sto morendo di fame! Inoltre ho lasciato tutti i libri in biblioteca!”
“Ok, John, vai pure. Io rimango qui ancora un po’. “
“Stai attento, se c’è veramente un essere del genere in circolazione..”
“Non ti preoccupare” disse interrompendomi. “Sono totalmente certo che comparirà solo dopo il tramonto del sole. Se trovo qualcosa di interessante ti informerò.”

Erano le cinque del pomeriggio e mi trovavo nel salotto di Grifondoro, con il libro di storia della magia tra le mani, quando la Signora Grassa mi chiamò.
“Un ragazzo di Serpeverde vuole parlarti.”
“Oddio, Sherlock!” pensai “Forse ha trovato qualcosa!”
Lo raggiunsi dall’altra parte del ritratto.
“Stasera alle dieci e mezza sotto le scale principali.” mi mormorò all’orecchio, facendomi rabbrividire.
“Sii puntuale.” aggiunse, scostandosi da me.
“Aspetta un att…” provai a dire, ma ormai se n’era già andato.

Alle dieci e mezza ero nel posto prefissato e non passò molto tempo che arrivò anche il Serpeverde.
“A quest’ora ci dovevamo incontrare!” lo assalii subito, mantenendo però un tono di voce simile ad un sussurro. Dev’essere stato un contrasto molto divertente perché Sherlock si mise subito a sghignazzare.
“Non ridere! Ho dovuto nascondermi più volte dietro le armature dei corridoi per non farmi scoprire dagli insegnanti di sorveglianza! Stavo per mollare tutto e tornare indietro!”
“Vedo però che sei qui.” sussurrò compiaciuto.
Rimasi in silenzio, sentendomi rodere il fegato. Se non fosse stato così tardi, e quindi non dovevo assolutamente fare rumore, gli avrei certamente sferrato un pugno sulla sua faccia soddisfatta.
“Su, andiamo!” disse sottovoce, prendendomi per un braccio.
Ci avviammo verso il luogo di questa mattina, facendo attenzione a non farci scoprire.
Quando fummo arrivati nei pressi della foresta proibita, gli chiesi: “Cosa hai intenzione di fare, Sherlock? Scovare il mostro e ucciderlo?” l’ultima frase la pronunciai con un’evidente nota di sarcasmo.
“Esattamente.” rispose egli, asciutto.
“Co-cosa?! Sei pazzo?! Non ti rendi conto che potrebbe essere pericoloso?”
“Se stiamo concentrati possiamo farcela.”
“Concentrati! Tu vuoi ucciderci!”
“Uff.. Senti, era ovvio che..”
Non finì la frase: un’ombra oscura si scagliò contro di lui e lo gettò a terra.
Era un’enorme ratto nero, con piccoli occhi color rosso sangue, denti appuntiti e grandi zampe nodose. Fili verdastri di bava colavano dalle sue fauci spalancate e finirono nel mantello di Sherlock, il quale si dimenava per liberarsi dall’assalitore.
Non aspettai un secondo di più e lanciai uno schiantesimo, colpendo in piena faccia il gigantesco ratto.
Ci fu un bagliore rossastro, un grido disumano e un tonfo. Quando riguardai, mi si presentò uno spettacolo disgustoso.
A causa della mia vicinanza con l’obbiettivo, la fattura era stata mortale: parte del naso e l’intera mandibola erano stati scaraventati a qualche metro più avanti, lasciando al loro posto un disastroso foro dal quale fuoriusciva un liquido verde scuro.
Sherlock si rimise in piedi e gridò:” Ottimo lavoro, John, ma non basta spaccargli il muso per ucciderlo!”
Infatti l’essere si rimise subito in piedi, emettendo sinistri rumori gutturali, che mi fecero rabbrividire.
Si scagliò nuovamente verso il Serpeverde, ma questi, sfoderando la bacchetta, pronunciò: “Ardemonio!
L’incantesimo bloccò la creatura, che cadde a terra rovinosamente, emettendo suoni raccapriccianti.
“Non è abbastanza potente, cazzo!” imprecò il Serpeverde.
“Ma se pronunciamo insieme l’incantesimo, lo sarà sicuramente!” proposi io, con slancio.
I nostri sguardi si incrociarono per qualche istante, poi lui acconsentì con un cenno di capo.
La bestia, ormai di nuovo in piedi, stava per attaccarci, ma noi l’anticipammo urlando con tutto il fiato che avevamo gola: “Ardemonio!
Il corpo sgraziato del ratto fu circondato da un alone verdastro, la sua carne cominciò a sciogliersi, creando un fumo dall’odore ripugnante, mentre si contorceva dal dolore.
Ben presto del corpo non rimase più nulla: solo una melma simile a vomito indicava il luogo dove si trovava la creatura, ormai completamente morta.
Restammo immobili  per un’eternità, o almeno così mi sembrava, a guardare quella cosa disgustosa.
“Non ce l’avrei fatta senza di te.” mi disse, rompendo il profondo silenzio che si era creato.
Lo guardai: aveva schizzi di bava e di sangue del mostro ovunque, i capelli e il viso erano impastati con il fango del terreno e il mantello era squarciato in più punti.
“Sei assolutamente patetico!” esclamai, incominciando a ridere “Guardati!”
“Hai ragione!” disse, osservandosi e iniziando a ridere di cuore pure lui “Ma anche tu non sei messo molto meglio!”
Aveva ragione, anche se il mostro non mi aveva toccato fisicamente, gli schizzi del suo sangue avevano investito anche me.
“Sarà dura lavare tutto senza che nessuno faccia domande!”
Non riuscivo quasi a respirare da quanto stavo ridendo!
“Basta dire che hai combattuto contro un grosso ratto zombi!”
“Nessuno crederebbe mai ad una storia tanto assurda!”

Assurdo: questa si che è la parola giusta.

Ci siamo salutati come se fossimo usciti a fare una passeggiata amichevole, in un modo così leggero e spensierato che per poco non ci siamo fatti scoprire dal guardiano.
Come definire questa giornata? Assurda. Impossibile. Incredibile.
Da quanto è che conosco Sherlock? Da ieri?  Bene, e guarda in che avventura sono capitato!
Se voglio rimanere amico di Sherlock, anche se non so ancora se considerarlo completamente mio amico, mi sa che dovrò rinchiudere la mia tranquilla vita da studente  in un cassetto.
E buttare via la chiave.

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Capitolo 3
*** capitolo tre ***


È passato un mese dall’ultima volta che ho scritto una pagina di diario, e ho intenzione di spiegare il motivo di questa mia incuria.
La causa principale è ovviamente Sherlock.
Da quando l’ho conosciuto non ho avuto più tempo per studiare durante il pomeriggio, quindi mi ritrovavo a farlo di sera. Così l’unico momento libero della giornata che utilizzavo per sfogarmi, scrivendo pagine e pagine di questo diario, è stato crudelmente soppiantato dai libri scolastici.
Per fortuna ora siamo nel periodo natalizio,la pressione scolastica si è affievolita e posso così ricominciare a narrare le mie avventure qui ad Hogwarts.
In questo ultimo mese, fortunatamente, non è successo nulla di estremamente pericoloso (come uccidere ratti zombi nel cuore della notte) ma non posso certo dire che sono rimasto ad oziare dalla mattina alla sera.
Ho avuto la possibilità di conoscere meglio il mio nuovo, singolare amico, scoprendo molte cose interessanti su di lui.

Punto primo: non ha amici.
Il giorno dopo dell’uccisione del mostro, Sherlock ed io stavamo conversando amichevolmente nel corridoio quando passò vicino a noi il prefetto Lestrade, il quale, accorgendosi della nostra presenza, fece una faccia sbalordita.
“Salve, Lestrade.” disse Sherlock, sorridendo cordialmente.
“Salve Holmes… Vedo che sei in compagnia di un altro essere umano!”
“È il mio amico John Watson.” spiegò pacatamente lui,dimostrando di non essersi per nulla offeso dalla tagliente affermazione del prefetto di Corvonero.
“Beh, veramente…” mi intromisi titubante. Non mi ritenevo ancora completamente suo amico: ci conoscevamo da troppo poco tempo ancora!
“Amico!” esclamò sbalordito il prefetto, ignorandomi “Sono stupito Holmes! Un amico!”
Sherlcok ridacchiò, poi aggiunse, serio: “Ah, non hai più motivo di importunare la vicepreside.”
Il volto di Lestrade sbiancò: “Cosa intendi dire?”
“Che non devi più preoccuparti ad incrementare le difese del castello.”
“Come diavolo…” tuonò “Cosa hai combinato, Holmes? Ti sei per caso messo in testa di…”
“Io ho solo detto che non ti devi più preoccupare, poi, del perché e del come, non saprei.”
Lestrade si zittì, indeciso su cosa dire.
“Bene, devo andare a lezione. Ti auguro una buona giornata!” salutò Sherlock, girando i tacchi e lasciandolo solo.
Il prefetto grugnì seccato, ma posso giurare che, sotto sotto, le parole del Serpeverde lo avevano rassicurato.

Punto secondo: non ha amici, ma ha molti “clienti” che gli propongono casi da svolgere.
Non passarono molti giorni che mi resi conto che un sacco di studenti si rivolgevano a lui per chiedergli chissà che cosa. Inizialmente lui mi teneva nascosto di cosa trattassero, ma ben presto coinvolse anche me nell’ "attività", come diceva lui, affermando che un parere in più faceva solo che bene.
Così venni a sapere che questi “clienti” si affidavano alle sue doti investigative/deduttive e alla sua spiccata intelligenza -qualità che ben presto iniziai ad ammirare anch’io- per svelare piccoli misteri, per esempio dove si era cacciato il rospo o il topo o la civetta di qualche sbadato ragazzo, oppure dove si trovavano certi nascondigli segreti che mutavano spesso la loro locazione.
Spesso risolveva questi casi immediatamente, subito dopo il racconto dello studente, lasciando di stucco me e il diretto interessato.
Ovviamente tutto questo non lo faceva a gratis, anche se lui mi ripeteva spesso: ”Non è un’ attività svolta per lucro, ma per stimolare le mie cellule grigie. Se non le tengo allenate, le mie capacità innate potrebbero impigrirsi.”
E intanto si intascava qualche galeone e, in certi casi, anche qualche dolcetto, come cioccorane e zuccotti di zucca.

Punto terzo: ha un metodo di studio disomogeneo, ovvero studia solo le materie che gli interessano.
Una mattina, durante l’ora di erbologia, osservai che Sherlock non prestava neanche la più minima attenzione alla spiegazione dell’insegnante. Vidi, nei giorni avvenire, che la cosa si ripeteva costantemente, così un giorno gli chiesi il motivo della sua distrazione a quella materia, mentre in altre partecipava con molto interesse, soprattutto ad incantesimi, pozioni e difesa contro le arti oscure.
“Semplicissimo. Perché non me ne importa un fico secco.”
“Ma Sherlock!”  esclamai “Non puoi pensare in questo modo! È una materia scolastica obbligatoria, devi studiarla!”
“Perché riempirmi la mente di cose inutili? Devi sapere che il cervello è fatto in modo da contenere solo un limitato numero di informazioni e, quando si supera questo numero, vengono cancellate le nozioni immagazzinate precedentemente, per far posto a quelle nuove. Quindi, per evitare che mi dimentichi delle informazioni veramente utili, evito di riempire la mia mente di cose non indispensabili.”
“È un discorso molto logico, ma non è possibile fare una cosa simile!”
Sherlock mi guardò a mo’ di sfida, e io risposi sbuffando.
“E allora quali sono le materie che non studi perché le consideri inutili?” domandai.
“Oh,beh. Erbologia, almeno finché non affronterà argomenti interessanti, storia della magia e astronomia. Poi tutte le materie facoltative. Inutili. Ti riempiono la mente di spazzatura.”
Deglutii a fatica. Io le trovavo molto culturali, invece.
“Anche storia della magia? Perché mai?”
“È inutile sapere come si è evoluta l’arte della magia, basta sapere e usare quella contemporanea.”
“Ma conoscendo la sua evoluzione si può capire quello che succederà in futuro, evitando che l’umanità rifaccia antichi sbagli, migliorandosi!”
“Mah, non sono dello stesso parere. L’uomo può studiare tutto quello che vuole sul passato, ma continuerà ad inciampare sugli stessi errori.”
“Sei estremamente pessimista.. E astronomia?  E’ una materia interessante.”
“Ma inutile. Non mi serve a niente sapere che la costellazione tal dei tali favorisce la crescita della pianta X o lo sviluppo delle zanne dei licantropi.”
“Effettivamente…” mormorai “Ma come farai con i voti?”
Sherlock sorrise divertito: “Mai sentito parlare di bigliettini?”
Mi sentii leggermente offeso. Io non ho mai utilizzato metodi del genere durante i compiti scolastici: la consideravo una questione d’orgoglio personale.
“Non è leale.”
“Come la vita,d’altronde.” affermò lui, ammiccando.

Punto quarto: non ha alcun interesse per il Quidditch e per qualunque altro tipo di sport.
Due settimane fa si teneva la prima partita del campionato scolastico di Quidditch. Le squadre che si sarebbero scontrate in campo erano il Grifondoro e il Serpeverde.
Ovviamente ero eccitatissimo per l’evento, come la maggior parte degli studenti delle due Case, e volevo assolutamente vedere la vittoria stracciante del Grifondoro su quei bastardi di Serpeverde.
Vidi Sherlcok in un angolo del cortile che scarabocchiava tranquillamente qualcosa nel suo taccuino, e lo raggiunsi.
“Hey, Sherlock! Pronto per la disfatta?”
“Di cosa stai parlando?” mi chiese con tono piatto, senza smettere di scrivere.
“Della partita! Dobbiamo mettere da parte la nostra amicizia e far uscire dai nostri animi il conflitto innato delle nostre Case!”
“Molto poetico…” il suo tono era senza emozione “Comunque non m’interessa nulla della partita. Il Serpeverde, per me, può anche perdere.”
Rimasi sbalordito e, dopo qualche secondo, dissi con un tono di voce più alto del normale:”Come? Non puoi dirmi questo! Il Quidditch è uno sport fantastico! È emozionante, brutale, tattico!”
“Esagerato.” affermò secco lui “Lo trovo noioso. Che emozione c’è nel vedere delle persone in groppa a delle scope che cercano di far passare delle palle in tre cerchi per tutto il tempo? Inoltre non c’è un tempo fisso, quindi l’agonia può durare da dieci minuti a dieci ore. Che perdita di tempo!”
“Le regole sono leggermente più complicate di come le hai descritte tu.” affermai offeso “ E poi, se la tua Casa vincesse la partita di oggi, riceverete punti extra che vi aiuteranno ad ottenere la Coppa delle Case a fine anno.”
“Mah.” sbuffò lui “Non m’interessa nulla della Coppa delle Case o dei punti. Non mi è di nessuna utilità.”
Aprii e chiusi la bocca per un paio di volte, poi decisi di lasciar perdere: questo era un caso disperato.
“Quindi immagino che non ci sarai sugli spalti a tifare le squadre, questo pomeriggio.”
“Non credo proprio.”
Mi guardò intensamente dritto negli occhi, alzando finalmente lo sguardo dal suo taccuino.
“Anche se devo dire che questo pomeriggio non ho nulla da fare.”
Non potei fare a meno di trattenere un gran sorriso e vidi le sue gote colorarsi di un leggero rossore.
“Ma non sperarci troppo!” aggiunse immediatamente.
Inutile dire che il Grifondoro stracciò il Serpeverde per 220 punti a 50.
E che Sherlock era presente.

Punto quinto: ha un fratello.
Un pomeriggio mi stavo avviando verso l’aula di incantesimi, quando un ragazzo di Corvonero mi si avvicinò. A prima vista mi sembrava del sesto o del settimo anno, aveva una faccia tutto sommato amichevole, anche se un po’ inquietante.
“Ciao, John.” mi salutò cordialmente.
“Ci conosciamo?”
“Tu non conosci me, ma io conosco te, John Watson. Posso parlarti un momento? Devo discutere di una cosa molto importante.”
Ero allettato di rifiutare, ma alla fine acconsentii: era solo una normalissima conversazione, no? Inoltre volevo sapere qualcosa di più su questo strano individuo.
“Ho visto che sei amico di Sherlock.” Il suo sorriso sembrava quasi nascondere un’estrema incredulità.
“Si, è mio amico..”
“Devi sapere che non ha mai avuto amici, fin dall’infanzia. E normalmente rifiuta chiunque cerchi di prendere confidenza con lui..”
“Perché mi dici questo?” lo interrompetti io.
L’individuo ridacchiò tra sé e sé “Mi sembra strano che abbia trovato un amico. Cosa ha visto in te di così speciale?” Il suo sguardo mi analizzò curioso, imbarazzandomi.
“Ti propongo una cosa.” continuò “Che ne dici di informarmi su quello che fa durante il giorno? Sai, mi preoccupo così tanto di lui! Ma lui non vuole che mi avvicini e che lo aiuti!”
“Nemmeno per sogno!” affermai io con decisione “Neppure per tutti i galeoni di questo mondo!”
“Dovevo immaginarlo.” sorrise lui.
“Chi sei? E perché mi chiedi questo?” domandai, senza nascondere un tono seccato.
“Sono Mycroft Holmes e, come ho detto prima, sono molto preoccupato per mio fratello.”
“Sei… il fratello di Sherlock?!?” la mia voce risultò imbarazzatamene strozzata.
“Certo! Fa stare in pensiero sia me che tutto il resto della famiglia, in verità. È sempre stato un ragazzo particolare, da prendere con le pinze.. Inoltre il fatto che sia stato assegnato alla Casa di Serpeverde è stata una notizia abbastanza dura per la mamma.”
Dicendo questo la sua voce si era addolcita “Sai,” aggiunse sottovoce “la nostra famiglia è composta da maghi di Corvonero da generazioni.”
“Ah…” pronunciai io
“Se cambi idea basta che mi cerchi.” sorrise.
“Non credo che cambierò idea” dissi, dopo un po’.
Mycroft rise di gusto. “Va bene, John. Ora devo andare! Salutami Sherlock, mi raccomando!”
Bene. Mi ero reso conto che Sherlock non era da considerare una persona comune, ma adesso realizzai che forse tutta la sua famiglia era.. Uhm…piuttosto… particolare.

Punto sesto: i suoi esperimenti e deduzioni molto spesso gli procurano dei nemici.
La sera seguente Sherlock non era presente a cena.
“Probabilmente è nell’aula di pozioni a fare qualche esperimento e ha perso la cognizione del tempo.” pensai.
Molto spesso usa quell’aula (con o senza il permesso degli insegnanti) per preparare pozioni strampalate, certe volte ideate da lui stesso. La sua curiosità in questo campo è immensa e la sua bravura straordinaria. Si possono contare sulle dita di una mano le volte che i suoi esperimenti non sono finiti come lui sperava.
Sta di fato che, mentre tornavo dalla cena, una ragazza di Serpeverde mi si bloccò di fronte e, con voce glaciale, mi intimidò: “Ehy, tu! Stai lontano da Sherlock Holmes se non vuoi fare una brutta fine!”
“Cosa?” chiesi straniato.
La ragazza sospirò “Certo che, per essere uno che lo frequenta spesso, sei una volpe…”
“Scusami tanto!” dissi seccato “Perché mai dovrei stare lontano da lui?”
La ragazza si passò una mano tra i suoi capelli neri e ricci “Ovviamente perché essere amico dello strambo può portare a grossi guai.”
“Strambo?Che nome affettuoso che usate per uno della vostra Casa!”
Lei mi guardò di sottecchi “Beh, che ti aspettavi? Mica dobbiamo trattarlo con amore solo perché è un Serpeverde .”
“Ma si può sapere che ti ha fatto?” dissi, con la rabbia che mi esplodeva nel petto.
“Stai calmo, Grifondoro! Non sono qui per duellare, ma per darti un consiglio! Ho visto che stranamente frequenti spesso quel tipo e..”
“Siamo amici.” dissi con tono di sfida.
“Amici… “ Le sue soppracciglia si alzarono incredule. Chissà come mai questa scena non mi era del tutto nuova?
“Beh, qualunque cosa siete” continuò lei “è meglio che non lo frequenti più. Può essere pericoloso. Ha tanti nemici, soprattutto nella nostra Casa, a causa dei suoi esperimenti, che spesso ci fanno perdere punti preziosi, e a causa delle sue stupide deduzioni, che portono solo zizzania fra noi.” Mi guardò fredda “Se ora diventa amico di un Grifondoro la cosa prenderà una bruttissima piega. E non posso certo garantire la tua incolumità.”
“Non m’importa nulla della mia incolumità! Decido io chi è mio amico e chi non lo è. So difendermi benissimo da solo e posso difendere anche Sherlock, se voglio!”
La Serpeverde fece una faccia di dissenso. “Fa come vuoi. Io ti ho avvertito, poi non lamentarti se ti farai la bua.”
Detto questo la mora se ne andò, diretta verso i sotterranei.

Punto settimo: sembra non aver nessun interesse per il gentil sesso.
Potrebbe essere un punto abbastanza stupido, concordo, però non me la sentivo di ometterlo.
Proprio questo pomeriggio, dopo che Sherlcok ebbe finito la sua strabiliante dimostrazione di logica ad un problema posto da un ragazzino del secondo anno, passammo nel cortile principale dove, in un angolo, c’era un bel gruppetto di ragazze di Tassorosso.
“Però!” esclamai, guardando con malizia Sherlock e indicando le ragazze con un cenno di testa. “Non male, eh?”
“Chi?” chiese lui, neutro.
“Quella biondina la in fondo… E’ stupenda. Si chiama Sarah, ci ho parlato qualche volta quando avevamo lezione condivisa con Tassorosso.”
“Fantastico.” disse con tono piatto “ Conversazione brillante?”
“Beh, le solite cose.. Come ti chiami, cosa ti piace, come stai, cosa fai nel tempo libero.. È simpatica e, soprattutto, molto carina!”
“Certo, indubbiamente.” il suo tono di voce non faceva emergere nessuna emozione.
Mi indignai leggermente, speravo di trovare un po’ di complicità maschile, invece mi sembrava di parlare ad un cactus.
“Ci sarà pure una ragazza che ti piace!” esclamai.
Sherlock spostò il suo sguardo dall’infinito a me, e mi lanciò un’occhiata intensa.
“Le ragazze non mi interessano.”
Rimasi immobile per dieci secondi, poi aprii la bocca per dire: “Non ci credo. Forse non hai ancora trovato quella giusta.”
“Ripeto che non mi interessano e non mi interesseranno mai.”
Non seppi cos’altro aggiungere: aveva un’espressione così scura in viso che mi fece ammutolire.
Sembrava arrabbiato, ma non riuscivo a capire cosa avevo detto di male.
“L’amore non fa per me.” aggiunse lui “Annebbia le menti e non è per nulla conveniente. Allontana il modo di pensare razionale.”
“Non sai quello che dici. Scommetto un pacchetto intero di caramelle tutti i gusti +1 che prima della fine dell’anno scolastico ti innamorerai di una ragazza come un pesce lesso!” scherzai, per alleggerire la tensione che si era creata.
Lui colse la mia intenzione e si rilassò un poco.
“Tanto vale che mi dai il pacchetto ora.” disse sorridendo.

Beh, penso che i punti possono terminare qua.
Fuori sta cominciando a nevicare: il cielo, rischiarato dalla precipitazione ghiacciata, evidenzia la superficie del lago nero e i contorni della foresta proibita.
Tra pochi giorni ci sarà la gita a Hogsmeade: non vedo l’ora di andarci!
Non c’è nulla di meglio di una bella burrobirra bollente bevuta con gli amici, mentre la neve, fuori dalla locanda, volteggia leggiadra.

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Capitolo 4
*** capitolo quattro ***


La giornata si preannunciava tranquilla.
 In programma c’era la tanto aspettata gita ad Hogsmeade e avevo intenzione di trascorrerla in modo rilassato, senza preoccupazioni o strani eventi.
Quanto mi sbagliavo!

Aveva nevicato molto. La campagna intorno alla cittadina era completamente bianca e immacolata: aspettava solamente di essere calpestata; mentre ai margini delle strade c’erano enormi cumuli di neve che, in certi casi, rendevano arduo l’ingresso in alcune abitazioni.
Hogsmeade era in fibrillazione: gli studenti dei primi anni si rincorrevano tra le vie, lanciandosi palle di neve; gli altri conversavano nei pub oppure visitavano gli innumerevoli negozi, spendendo allegramente tutti i loro averi in dolcetti e souvenir magici.
Io e i miei amici di Grifondoro Pulsifer, Stevie e Harvey*, eravamo seduti ad un tavolo del pub I Tre Manici di Scopa, ognuno con una bella burrobirra bollente tra le mani, come è di tradizione ormai da anni. Stavamo ridendo di alcuni aneddoti passati, quando, improvvisamente, la conversazione prese una piega imbarazzante.
“Hey John! È da un bel pezzo che non te la spassi con noi!” mi disse uno dei miei amici.
“Hai ragione Pulsifer!” gli fece eco Stevie,”Passa tutto il tempo con quel Serpeverde!”
“Si vede che la sua compagnia è migliore della nostra!” affermò con malizia Harvey.
“Ma cosa dite ragazzi!” dissi io,arrossendo. Effettivamente era vero che gli ultimi tempi li avevo trascorsi principalmente con Sherlock e non con loro.
“Capisco se si fosse trattata di una ragazza..” continuò Harvey con un ghigno “oppure il suo fascino ti ha conquistato lo stesso?”
Avvampai. “NO! No, no, no! “ esclamai, rischiando di strozzarmi con la mia stessa saliva “Forse vi ho un po’ trascurati, è vero, ma questo non vuol dire che..”
“Ah!  Guarda un po’ chi arriva!” mi interruppe Stevie. “Il tuo ragazzo di Serpeverde  ti sta cercando!”
Mi girai verso l’ingresso del pub e vidi Sherlock varcare la porta. Mi nascosi più velocemente possibile il viso tra le mani, pregando che lui non si accorgesse della mia presenza.
Purtroppo Sherlock si accorse di me.
E, cosa assai peggiore, i miei amici si accorsero che lui si era accorto di me.
“Hey, Serpeverde!” gridò Harvey al mio amico “ Oggi il tuo fidanzatino te lo rubiamo noi!”
All’udire questo Sherlock sgranò gli occhi e mi guardò con aria interrogativa, mentre i miei compagni iniziarono a ridere sguaiatamente.
“Non ascoltarli!” gli dissi io con il viso in fiamme “Sono solo degli idioti!”
Sherlock non aprì bocca, spostò solamente il suo sguardo da me a i miei amici.
“Dovresti trovare il coraggio di ammetterlo, John!” rise Harvey.
“Smettetela! Lo scherzo è bello finché dura poco! “ intimai io.
Improvvisamente la porta del pub si spalancò rumorosamente, facendo entrare una ventata di aria gelata in tutto l‘ambiente. Una ragazza fece capolino nel locale e, chiaramente allarmata, gridò ai presenti: “Qualcuno mi aiuti! Il mio gatto è entrato nella Stamberga Strillante e non so come fare per recuperarlo!”
La maggior parte dei presenti commentò sarcasticamente l’accaduto, sottolineando che era solo un animale e prima o poi sarebbe riapparso. Alcuni fecero finta di nulla e continuarono a mangiare e a bere come se nulla fosse accaduto.  
La ragazza stava per scoppiare in lacrime.
La voce di Sherlock vibrò chiara e profonda:“Ti aiuterò io a ritrovare il tuo gatto.”
La ragazza abbozzò un sorriso, mentre i miei amici guardavano a bocca aperta  il Serpeverde.
Sherlock si girò verso di me e disse “Forse mi servirà l’aiuto di qualcuno. Cosa ne pensi, John?”
“Certo!” esclamai, senza pensarci due volte, alzandomi dalla sedia.
“Veniamo anche noi!” fecero coro Pulsifer, Stevie e Harvey.
Sherlock li guardò divertito. “Va bene, così abbiamo più probabilità di trovare l‘animale.”
“Vi ringrazio profondamente!” la ragazza sembrava sinceramente sollevata. “Finalmente qualcuno che ha deciso di aiutarmi!”

Dopo pochi minuti eravamo di fronte al portone malmesso della Stamberga Strillante.
“Io ho troppa paura per entrare.” sussurrò la ragazza “Vi aspetterò qui.”
“Va bene!” rassicurò  Stevie “Ci penseremo noi! Siamo dei Grifondoro coraggiosi,noi!” poi aggiunse, spostando lo sguardo verso Sherlock “O, almeno, quasi tutti..”
Sherlock fece finta di nulla ed entrò per primo nell’edificio.

Il pavimento scricchiolava sinistramente sotto i nostri passi, sembrava quasi che dovesse cedere da un momento all’altro.
“Speriamo di trovare in fretta quello schifoso gatto.” sbiascicò Harvery “Proprio qui doveva scappare?”
“E poi non è proibito portarsi dietro gli animali domestici in gita scolastica?” aggiunse Pulsifer.
“Esatto. L’ha nascosto nel suo zaino e, quando l’ha liberato, era così terrorizzato che è scappato fino a qui.” rispose Sherlock.
“Sembri veramente sicuro di quello che dici!” osservò duramente Harvey.
“C’erano dei peli di gatto nel suo zaino: è stato abbastanza semplice dedurre come si sono svolti i fatti.”
Harvey gli lanciò un’occhiata truce.
“Eccolo li!” gridò Stevie, indicando un angolo del corridoio. Sopra ad un armadio ormai decadente stava proprio l’animale, raggomitolato e impaurito.
“Vieni qui micio!” sussurrò amabilmente Stevie, avanzando lentamente verso il punto indicato.
Il pavimento scricchiolò paurosamente sotto i suoi piedi e, proprio quando era vicinissimo all’armadio, cedette, facendo precipitare il ragazzo al piano inferiore.
Il tonfo fu fortissimo e ognuno di noi si avvicinò al foro creatosi, gridando il suo nome.
“Porca puttana, Stevie!” urlò Harvey ,allarmato “Sei ancora vivo?”
“Si..” tossì lo sfortunato “ma penso di essermi rotto qualcosa..”
 “Adesso ti tireremo fuori di li, non ti preoccupare!” gridai io.
“Come facciamo? Mica possiamo andarlo a prendere saltando nel buco!” gridò Harvey, in panico.
“Intanto guardiamo quanto è profondo.” disse Sherlock, tranquillamente. “Lumos!
L’incantesimo illuminò il piano inferiore. Non era molto profondo, infatti pochi metri sotto di noi si poteva chiaramente osservare Stevie che stava cercando di spostare le travi di legno che gli erano cadute addosso.
“Mi sono rotto una gamba!” urlò il ragazzo, alzando lo sguardo verso la luce.
“Non ci voleva!” disse Pulsifer.
“Dobbiamo tirarlo su di li!” gridò Harvey a noi.
“Stai calmo! Qualcuno ha una corda o qualcosa  da poterlo tirare su?” chiesi io.
“Ehy, ragazzi…” mormorò Stevie.
“No, nessuna corda. Non esiste mica un incantesimo per evocare una corda, per caso?” domandò Pulsifer.
“Ragazzi? Sento dei rumori…”
“Mi sembra di si.. Ma non sono sicuro. Sherlock, tu lo sai?” chiesi io.
“Mi ascoltate?”
“Non me lo ricordo. Potremmo usare un Vingardium Leviosa tutti insieme. Facendo attenzione a non sbatterlo troppo.”
“Cazzo, mi ascoltate? Sta venendo qualcuno qui!”
“Si, potrebbe andare.” approvò Pulsifer.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!
Ci ammutolimmo e abbassammo lo sguardo: di Stevie non c’era più nessuna traccia.
Il suo grido, però, continuava a rimbombare, creando un atmosfera spettrale.
“Qualcuno lo sta trascinando via!” gridai, allarmato.
“Dobbiamo raggiungerlo! Caliamoci nel buco!” propose Pulsifer.
“Mio Dio! Mio Dio! Mio Dio! L’ammazzerà!” urlò Harvey, completamente fuori di testa.
Sherlock ci ignorò e si calò nel foro, atterrando in piedi. “Se volete salvarlo, è meglio che vi muoviate!”
Restammo interdetti per qualche istante, poi seguimmo il suo consiglio.

“Da che parte dobbiamo andare?” chiese Pulsifer.
“Ma è ovvio! Osservate il terreno! È stato trascinato da questa parte!” rispose seccato Sherlock.
Ci trovavamo in una specie di lungo corridoio polveroso e privo di luci. Le pareti erano ricoperte da vistose ragnatele e profonde crepe. Ai nostri piedi c’erano i segni inconfondibili del passaggio del nostro amico: qualcosa lo stava trascinando a peso lungo tutto il percorso.
Seguimmo le tracce correndo, finché arrivammo in una  stanza completamente piena di ragnatele. Non ragnatele normali,però. Le ragnatele comuni si distruggono con facilità, basta una sola manata per liberarsene. Quelle ragnatele, invece, sembravano formate da lunghissimi fili di nylon ed erano straordinariamente resistenti. L’unico modo per avanzare era usare l’incantesimo Diffindo.
“Non vedo un accidenti!” si lamentò Harvey “Ma cosa cazzo ci fanno tutte queste ragnatele qui?”
“Siamo in un nido di Acrumantule.” sottolineò Sherlock.
“Cosa?” domandammo contemporaneamente Pulsifer, Harvey e io.
Sherlock alzò gli occhi al soffitto e sbuffò.“Non avete fatto attenzione alle lezioni di Cura delle Creature Magiche? Le Acrumantule sono degli enormi ragni, molto pericolosi. Il loro veleno può paralizzare un uomo adulto per sempre se non curato in tempo!”
“Ah.” mormorammo sincronizzatamente noi tre.
“Questo mi solleva molto il morale..” aggiunsi sarcastico.
“Almeno adesso sappiamo chi ha rapito Stevie.” continuò Sherlock “Probabilmente un’ Amarantula l’ha scambiato per il suo pranzo e l’ha sicuramente appeso qui, da qualche parte.”
“Appeso?” squittì Harvey, sbiancando.
“Si. Non mangiano mai le prede vive. Prima le avvolgono con la loro ragnatela, poi aspettano che si decompongano. Quindi, se non è morto di soffocamento, cosa che ritengo poco probabile, dovrebbe essere ancora vivo. Basta solo cercarlo.”
“La fai semplice tu!” gridò Harvey “Siamo circondati da ragnatele! Qual è quella giusta? Potremmo metterci tutta la giornata!”
“Se non hai capacità deduttive, si. Prova a pensare. Sei un ragno e devi appendere la tua preda. Dove la metteresti?”
“Non ne ho la più pall-” incominciò Harvey.
“Sh!” lo zittì il Serpeverde “Lasciami pensare!”
Sherlock avanzò di qualche passo, poi si girò verso di noi e esclamò:” Ma certo! Ci sono delle prede già morte che devono essere mangiate con priorità! Mentre Stevie è ancora vivo, quindi il suo corpo deve essere stato appeso nel mezzo della sala!” Dicendo questo il Serpeverde si mise a correre verso il centro della stanza, lanciando l’incantesimo di taglio per avanzare. Noi lo seguimmo, senza dire una sola parola.
Dopo pochi metri lui si fermò di fronte ad un enorme ammasso di ragnatele, che ricordava vagamente una crisalide: solo che al suo interno non si trovava una farfalla, ma quasi sicuramente il nostro amico.
Diffindo!” pronunciò Sherlock colpendo l’ammasso e facendolo precipitare a terra. Quando toccò il pavimento, potemmo udire un gridolino provenire dal suo interno. Cercammo di liberare il nostro amico tutti insieme, sia utilizzando l’incantesimo, sia strappando i fili con le mani, finché ci apparve il volto di Stevie, pallido dal terrore, ma ancora vivo.
“Sia ringraziato il cielo!” esclamò Pulsifer, risollevato.
“C’è poco da ringraziare, qui. Ora dobbiamo cercare di metterci in salvo. Non credo che l’Acrumantula sarà tanto contenta, quando scoprirà che le abbiamo liberato lo spuntino.” disse Sherlock al mio amico.
Aveva appena finito la sua frase che udimmo un urlo raggelante alle nostre spalle: l’Acrumantula si era accorta della nostra presenza e stava avanzando verso di noi.
Stupeficium!” urlò Harvey, colpendo l’aracnide.
Lo schiantesimo sembrò non fare molto effetto, contribuì solo ad infuriare maggiormente il mostro.
“Non è l’incantesimo adatto!” gridò Sherlock “Bisogno usare Arania Exumai, se vuoi che succeda qualcosa!”
Sherlock ci fece avanti, pronunciando l’incantesimo che aveva precedentemente accennato. Un lampo azzurro colpì la creatura, facendola rovinare a terra, dolorante.
“Una via di fuga!” gridai io indicando la parete che avevamo di fronte: tra le ragnatele si poteva scorgere una porta che dava su un corridoio.
“Magnifico!” disse Sherlock “Raggiungiamola!”
Intanto Pulsifer aveva liberato completamente Stevie dai fili della ragnatela e, montandoselo in groppa, lo stava trasportando verso l’uscita.
Mentre Harvey e io stavamo correndo verso la salvezza, Sherlock continuava a lanciare incantesimi all’enorme ragno, ormai sfinito. Si sentì ben presto un tonfo: il ragno era caduto, ormai privo di vita.
Varcammo la porta e ci trovammo nel corridoio, sinistramente oscuro, che sembrava essere scavato nella terra.
“E’ meglio sigillare la porta.” ordinò Sherlock, che intanto ci aveva raggiunti “Così l’Acrumantula non potrà  seguirci.”
“Non l’hai uccisa?” domandai, ricordando il tonfo di poco fa.
“Non ne sono sicuro. Sembrava più svenuta che morta. Per precauzione fa quello che ti ho detto.”
“Ma così rimarremmo bloccati qui!” disse Harvey “Non è meglio ritornare indietro e uscire da dove siamo entrati?”
“Non mi sembra una buona idea.” rispose Sherlock “Mentre stavo per raggiungervi ho sentito dei rumori provenire dal corridoio che abbiamo percorso prima. È possibile che le sorelle e i fratelli dell’Acrumantula,sentendo i suoi lamenti, stiano venendo qui.”
“E’ orribile!” gridai
“Siamo sicuri che non ne incontriamo altri in questo corridoio?” chiese Pulsifer, pallido quasi quanto il fardello che aveva sulle spalle.
“Non noto tante ragnatele. Sembrerebbe essere una zona della casa che non frequentino molto. Anche se lo trovo molto strano anch’io..”
Mentre diceva questo mi sbrigai a sigillare la porta con un incantesimo.
“Bene. Ora percorriamo il percorso e vediamo dove ci porta. Speriamo verso l’aria aperta.”

Camminammo per un quarto d’ora buono, avanzando non troppo velocemente, per cercare di mantenere il passo di Pulsifer, che trasportava sulle sue spalle Stevie. Quest’ ultimo si era un po’ ripreso, un leggero rossore aveva colorato le sue gote, ma era ancora visibilmente sotto shock. Non aveva detto una sola parola da quando l’avevamo liberato.

Arrivammo dopo un po’ in un grande salone, con le pareti costruite interamente in pietra, senza finestre o aperture verso l‘esterno. A qualche metro dai bordi della stanza si stagliavano delle colonne, anch’esse in pietra, creando così un corridoio aperto che circondava il centro della stanza. Nella parete opposta alla nostra c’era una lunga scalinata e, sopra di essa, c’era un portone, il quale sembrava l’unica via di fuga.
Avanzai di un passo. CRAK. Il mio piede aveva fatto scricchiolare qualcosa sul pavimento. Abbassai lo sguardo.
“Ossa!” gridai.
Anche i miei compagni sussultarono sorpresi.
Osservando meglio l’ambiente, vidi che c’erano vari mucchietti di ossa sparsi qua e la, tra le colonne e nei gradini delle scale. Mi si gelò il sangue.
“Un paio di ossa non fanno male a nessuno.” rise Harvey, visibilmente scosso. Voleva fare il coraggioso, ma il tremolio della sua voce lo tradiva.
Continuammo ad avanzare, questa volta facendo attenzione a non pestare quei macabri cumuli, finché arrivammo al centro del salone.
Improvvisamente tutte le ossa presenti cominciarono a vibrare, come se impossessate da qualche spirito.
“Puttana! Cosa sta succedendo?” imprecò Harvey, spaventato.
“Mi sa che non sono semplici ossa.” disse Sherlock, con una nota di preoccupazione e terrore, che sentivo per la prima volta da quando ci eravamo conosciuti “Sono scheletri incantati, che si sono accorti della nostra presenza e ci vogliono attaccare!”
Le ossa si erano sollevate da terra fluttuando e si stavano ricombinando, formando scheletri dalle sembianze umane. Le cavità oculari risplendevano di una luce rossastra, molto inquietante.
Per attaccarci, gli scheletri si staccarono le loro costole e incominciarono a lanciarcele addosso a mo’ di boomerang.
Cercammo di evitare i loro attacchi con  l’incantesimo di protezione, ma ci rendemmo presto conto che non potevamo andare avanti in questo modo. L’unico modo per sconfiggerli era attaccare.
“Pulsifer, tu proteggi Stevie con Protego, mentre noi tre affrontiamo gli scheletri!” gridai.
“Che incantesimo bisogna usare con questi cosi?” chiese Harvey.
Rictusempra!” gridò il Serpeverde, verso il più vicino scheletro, il quale si scompose cadendo a terra in mille pezzi.
“Bene. Ho capito.” disse Harvey, con tono seccato.
Cominciammo a lanciare incantesimi verso quegli ammassi di ossa, ma sembravano non finire mai.
Osservai che quando li colpivamo e cadevano a terra, dopo qualche minuto le ossa ricominciavano a unirsi e riformavano lo scheletro, di nuovo pronto per attaccare. Così raggiunsi la conclusione che bisognava colpirli due volte per ucciderli dal tutto. Una quando erano in forma scheletrica e una quando erano un cumulo di ossa.
Questo però era molto complicato da fare. Bisognava essere molto veloci a lanciare gli incantesimi ed essere estremamente vigili in modo da non essere colpiti da costole vaganti.
Improvvisamente Sherlock  mi si lanciò addosso. Mentre stavo cadendo a terra sentii qualcosa sfiorarmi il capo e colpire violentemente la colonna che si trovava di fronte a me. Se mi avesse colpito, probabilmente mi avrebbe ucciso.
Sherlock si trovava sopra di me, i suoi occhi gelidi e impenetrabili sembravano ora essersi sciolti, visibilmente preoccupati per la mia sorte.
“Stai bene, John?” il suo tono era veramente angosciato.
Mi sentii avvampare bruscamente. Non so il motivo preciso della mia soggezione. Forse era il fatto che era così vicino al mio volto, forse per il fatto che riuscivo a vedere la mia immagine imbarazzata riflessa nei suoi occhi, forse perché ero al centro totale della sua attenzione, normalmente incentrata sul suo Io.
“John, rispondi! Ti prego!”
Ritornai fulmineamente alla realtà.
“Si.. Sto bene.” mormorai, cercando di alzarmi.
Sherlock si rilassò un poco, ma mi rimproverò comunque: “Devi fare più attenzione! Non ti permetto di farti ammazzare!”

Ricominciammo a lanciare incantesimi.
Tutt’intorno a noi c’era il ghiacciante rumore di ossa che si rompevano e degli incantesimi pronunciati dalle nostre voci, ormai esauste.
Dopo un tempo che sembrava interminabile, gli scheletri divennero una decina, poi si dimezzarono, finché li polverizzammo tutti.
Per fortuna non erano riusciti a ferire nessuno: probabilmente non erano dotati di una mira perfetta, siccome le loro cavità oculari non erano dotate di occhi per vedere.
Ci avviammo senza tante cerimonie verso il portone sopra le scale e uscimmo dalla sala maledetta.
Stevie era ancora pallidissimo:dovevamo immediatamente uscire da li!
Percorremmo un lungo corridoio finché arrivammo in un piccolo sgabuzzino impolverato.
“C’è una finestra!” gridò Harvey “Usciamo da li!”
Dal vetro osservammo che eravamo al piano terra, quindi anche se saltavamo da quell'altezza non c’era rischio di ferirci.
Spaccai il vetro con una fattura.
Uscì per primo Pulsifer, con Stevie in groppa, poi Harvey, io e infine Sherlock.
Finalmente eravamo fuori dalla Stamberga Strillante!

“Il gatto!” si ricordò Pulsifer.
“Sai dove te lo inficco quel gatto?” disse aspramente Harvey. “Che vada a farsi fottere!”
Raggiungemmo il cancello d’entrata ma non c’era traccia della ragazza.
“Forse è andata a chiedere aiuto.”
“O forse se ne è andata appena noi siamo entrati.”
Ci girammo increduli verso Sherlock.
“Cosa stai dicendo?” chiese Pulsifer.
“Osservate le impronte. Queste sono le nostre, quelle che abbiamo fatto all’andata. Queste invece sono le sue, che ritornano indietro da sole. Noterete che non sono fresche, anzi sono di qualche ora fa. Confrontatele con quelle che abbiamo appena creato.”
“Forse è andata a chiedere aiuto.”
“Dubito. Se fosse così sarebbe ritornata. Cinque studenti scomparsi non sono come un gatto.”
Rimanemmo in silenzio, riflettendo su quello che aveva detto.
“Vuoi dire che voleva che entrassimo e non uscissimo più?”
“Così sembra.” rispose secco Sherlock “Ma ora andiamo, Stevie sembra in pessime condizioni. Dobbiamo portarlo in infermeria.”

L’infermeria di Hogsmeade non sembrava molto preparata a casi del genere, quindi fummo costretti a tornare ad Hogwarts.
Madama Chips scoprì che il povero Stevie era stato morso dal ragno e rischiava di rimanere paralizzato per il resto dei suoi giorni. Per fortuna  aveva con sé un flacone contenente l’antidoto e ci rassicurò che sarebbe tornato normale entro pochi giorni.
“Siete stati fortunati. Se rimaneva per ancora un’ora senza l’antiparalisi, sono sicura che il cuore del vostro amico non ce l’avrebbe fatta.”

Avevamo appena finito di cenare. Pulsifer e Harvey non avevano toccato quasi nulla ed erano tornati nella Sala di Grifondoro quasi subito.
Mi stavo avviando anch’io per raggiungerli, quando vidi Sherlock che stava scendendo le scale verso i sotterranei. Mi resi conto solo allora che per tutto il giorno era stato abbastanza schivo nei miei confronti. A parte quell’episodio nella sala degli scheletri, ovviamente.
“Sherlock!” lo chiamai.
Lui si girò verso di me, ma non sembrava molto sorpreso di vedermi li.
“Tutto bene?” chiesi, dopo un momento di pausa. Dalla mia fretta di attirare la sua attenzione, non mi ero preparato un discorso.
“Alla grande.” rispose cupo.
Rimanemmo in silenzio, immobili come degli idioti.
“Beh, immagino che non  è stata una giornata rilassante..” incominciai con tono ironico “Non è da tutti i giorni perdersi nella Stamberga Strillante e rischiare la propria vita per uscirne vivi.”
“Hai ragione.”
La conversazione si era ancora arenata. Accidenti!
Tanto valeva chiederlo direttamente.
“Senti Sherlock, ho notato che oggi eri un po’ strano. Normalmente un’avventura del genere ti avrebbe mandato in fibrillazione, mentre oggi sei sempre rimasto abbastanza distaccato.”
Dalla faccia che fece sembrò che avessi colpito in pieno.
“Non ti preoccupare. Non è nulla.”
“Sono tuo amico, Sherlock! Puoi dirmelo!”
Rimase in silenzio per qualche istante, poi disse: “Sai.. Io mi considero sposato con la mia attività, l’investigare, il mettere luce su casi dove gli altri vedono solo oscurità... “
“Cosa?” esclamai, non capendo il nesso di questo discorso. “Che centra?”
“Non so tu cosa ci hai visto.. Cosa hai pensato che noi.. Ecco..” continuò incominciando a girarsi le mani con fare nervoso. Non sembrava neppure lui!  “Quello che hai raccontato ai tuoi amici..”
“Aspetta, aspetta, aspetta.. Non è per caso che stai ancora pensando a quello che hanno detto questa mattina ai Tre Manici di Scopa?”
“Certo!” disse con tono ovvio.
Mi portai una mano alla fronte, disperato. “Non è possibile!” mormorai tra me e me.
“Era solo uno scherzo! Per prendermi in giro! Non era vero niente!” Non potevo crederci che Sherlock sia rimasto così colpito da quella situazione! Io me ne ero completamente dimenticato!
“Se hanno detto quella cosa è perché anche tu ha-” cominciò
No! Ti ripeto che era un modo per prendermi in giro! Non ho mica detto a loro che sei il mio ragazzo o cose simili!”
Sherlock mi guardò con il suo tipico sguardo privo di emozioni, che utilizza spesso quando sta esaminando o riflettendo su cose importanti.
“Bene.” aggiunse poco dopo. “Allora.. È così.”
“Si, Sherlock. Non preoccuparti.”
Di nuovo il silenzio era piombato su di noi come un pesante masso.
Questa volta fu Sherlock a parlare per primo: “Passerai le vacanze di Natale qui ad Hogwarts?”
Rimasi sorpreso da quella domanda.
“No, pensavo di andare a casa.”
“Logico.” disse quasi solo a se stesso.
“Tu invece?”
“Rimango qui.”
“Non dev’essere divertente.”
“Sempre meglio che a casa con quel lardoso di mio fratello.”
Volevo contraddirlo dicendo che suo fratello non mi era sembrato proprio così grasso, ma evitai, aggiungendo solo:” Se vuoi ci mandiamo qualche gufo.”
I suoi occhi si illuminarono per un infinitesimo di secondo, per poi ritornare di ghiaccio.
“Se per te non è un disturbo.”
“Non dire scemenze!” risi io.

La mia valigia è quasi pronta. Domani partirò per tornare a casa, dai miei genitori. Questa volta si che mi aspetteranno delle vacanze tranquille. Senza pericoli. Senza emozioni forti. Senza mostri.
Senza Sherlock.

Sento già la noia assillarmi.

* Questi personaggi non fanno parte nè del mondo di Sherlock Holmes nè di quello di Harry Potter, ma sono stati inventati di sana pianta da me. Ci tenevo a sottolinearlo.

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Capitolo 5
*** capitolo cinque ***


Dunque anche le vacanze natalizie sono giunte al termine.
Il ritorno ad Hogwarts è stato un colpo tremendo: mi ero abituato così bene a svegliarmi tardi alla mattina e a non fare nulla per il resto della giornata!
Certo, a parte svolgere una montagna di compiti per casa..
Perché gli insegnanti non si ficcano in testa una volta per tutte che noi studenti abbiamo il diritto di riposare?
Inoltre ho dovuto sopportare gli sbalzi d’umore di mia sorella Harriet. Negli ultimi tempi esplode per un nonnulla e incomincia a urlare istericamente verso chiunque, accusandolo di “crimini” che questi non ha mai pensato in vita sua di fare.  Tipo: “Joooooohn! Hai rubato le mie scarpe col taccooo! Ridammeleeee!” (Cristo, si può sapere che me ne faccio io di quella roba?? )Oppure “Sei entrato in camera mia senza permesso! Hai sbirciato le mie cose vero?!” (Ma,sinceramente, a chi importa di entrare in camera sua e di interessarsi delle sue stramaledette cianfrusaglie?) E via discorrendo.
Oppure alterna questi momenti di pura violenza verso gli altri a momenti di completa apatia, rinchiudendosi in camera sua a fare non so cosa.
Mia madre dice che soffre le pene d’amore.
Qualunque sia il motivo, non vedo l’ora che tutto si sistemi: è diventata veramente, veramente insopportabile!
Ne ho parlato anche con Sherlock (effettivamente ci siamo scambiati una quantità considerevole di lettere in quelle tre settimane) e mi ha detto che probabilmente c’è qualcos’altro sotto.
Pensandoci bene, forse ritornare a scuola non è proprio un fatto così negativo.. In più adesso posso finalmente parlare con il mio amico Sherlock di persona.

Tanto per confermare la teoria che i professori non hanno neanche la più minima pietà per i propri studenti, gli insegnanti hanno cominciato ad interrogare e a fissare verifiche fin dal primo giorno.
Sono perfino riuscito a convincere Sherlock a passare un pomeriggio di studio in biblioteca! È stata un’impresa non da poco, ma alla fine ha acconsentito. Mi ha addirittura assicurato che non avrebbe utilizzato nessun bigliettino per il compito.
Mah. Sono piuttosto scettico. Le brutte abitudini sono difficili da soppiantare.

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Oggi Sherlock mi ha fatto veramente incazzare.
Lui e la sua stupida convinzione che il mondo giri solo attorno a lui!
Ma andiamo con calma.. anche se al solo pensiero mi verrebbe da staccare a morsi questa penna!

Stavo tranquillamente  percorrendo il corridoio esterno che dava al cortile principale, quando vidi il Serpeverde seduto sul muretto, con le spalle appoggiate ad una colonna, che leggeva con curiosità un libretto.
Appena mi avvicinai, lui mi disse, senza alzare lo sguardo dall’oggetto: “Interessante, John. Veramente interessante. Addirittura un intero capitolo su di me!”
“Di cosa stai parlando?” chiesi, senza capire. Poi osservai meglio il volumetto che aveva tra le mani e sbiancai, per poi diventare paonazzo nel giro di qualche nanosecondo.
“Mi hai analizzato come se..” incominciò lui, abbozzando un sorriso sghembo.
“È il mio diario!!” gridai furibondo.
Mi lanciai verso di lui, cercando di riprendermi il mio prezioso quaderno, ma il Serpeverde fu più veloce e alzò le braccia, portandolo lontano dalla mia portata.
“Come hai fatto ad averlo?” gli chiesi adirato.
“È stato un caso. Ho semplicemente pronunciato accio diario di John ed è arrivato qui.”
“Un caso? Ti sembra che sia stato un caso?” mi sentivo proprio preso in giro.
“Volevo il tuo diario scolastico, John. Non mi ero segnato la data della prossima verifica di incantesimi.” si rigirò il quaderno tra le mani, sempre schivando i miei tentativi di riprenderlo. “E invece mi sono ritrovato questo.”
“Bene, ma ora ridammelo!”
“Devo ancora finire di leggere..”
“Ma neanche per sogno! Non ti ho dato il permesso!”
“Se l’hai scritto, vuol dire che vuoi che qualcuno lo legga. “ affermò seriamente Sherlock.
“Che stupidaggini stai dicendo? È un diario! Scrivo per me!”
“Non si scrive mica per se stessi.”
“Ti sembra niente? È uno sfogo! Adesso ridammelo!”
Finalmente riuscii riprenderlo, strappandolo violentemente dalla sua stretta.
“Mi hai proprio deluso.” gli dissi seccamente.
“Umf..” sbuffò lui, alzando gli occhi al cielo.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
“Sei insopportabile!” gli saltai addosso “Non hai il minimo senso dei confini e della privacy! Credi che tutto ti appartenga? Basta! Non ti voglio più rivedere signor Holmes!”
Detto questo girai i tacchi e lo abbandonai li, da solo con la sua colpa.
Sapevo che i suoi occhi di ghiaccio mi stavano seguendo, ma resistetti alla tentazione di girarmi e incrociare il suo sguardo.
Come si permetteva di leggere i miei fatti personali?
Strinsi al petto il diario. Il mio preziosissimo diario.

Durante il resto della giornata cercai di sbollire la mia rabbia cercando di fare i compiti di erbologia: dovevo scrivere per la settimana seguente un breve saggio sugli arbusti che favoriscono la crescita dei foruncoli facciali. Mi recai in biblioteca in cerca di libri per documentarmi meglio, siccome il mio libro scolastico non affronta l’argomento in modo approfondito.
Stavo osservando i vari scaffali quando vidi una faccia conosciuta. La ragazza che a Hogsmeade ci aveva trascinato alla Stamberga Strillante con la scusa del gatto scomparso era proprio li, a qualche passo da me.
Mi ritornò in mente quella terrificante avventura come in un flashback: il nido di Acrumantula, gli scheletri incantati, Sherlock che mi salva da una costola vagante (cercai di scacciare subito via questa immagine), Stevie in infermeria. Per fortuna quest’ultimo si è ripreso dopo qualche settimana e ora è in perfetta forma. E quella ragazza ci ha abbandonato alla Stamberga senza motivo apparente!
“Hey tu!” le gridai.
Lei si girò verso di me, aggrottando la fronte come per dire “E tu chi saresti?”
“Ci conosciamo?” chiese educatamente la ragazza.
“Non credere di darmela a bere! Per quale motivo te ne sei andata?”
La ragazza fece un’espressione confusa.
“N-non capisco…”
“Ad Hogsmeade! Ci hai fatto entrare nella Stamberga con la scusa del tuo stupido gatto! Volevi ucciderci!”
“Co-cosa? Non è possibile!” disse sinceramente sbalordita “Ti stai confondendo con qualcun’altra.”
“Oh no! Mi ricordo bene la tua faccia!”
“Ma è impossibile!” esclamò alzando il tono di voce “Non ci sono neanche andata a Hogsmeade!”
Rimasi interdetto per qualche secondo, poi aggiunsi: “Come non ci sei andata?”
“Avevo l’influenza! Come potevo essere in gita? Se proprio non mi credi chiedi a Madama Chips! O alla vicepreside! O a qualunque altro della mia Casa, non so!”
Detto questo la ragazza se ne andò con passo deciso, lasciandomi più confuso che mai.
Quindi la persona che ha tentato di metterci nei guai non era lei? Chi è, dunque? E come ha fatto ad assumere la sua identità? Ci vorrebbe Sherlock.. NO! Nemmeno per sogno! Quello li neanche lo voglio rivedere.
Abbandonai l’idea di svolgere il saggio di erbologia e cominciai a consultare libri su incantesimi e pozioni. Dovevo scoprire come una persona può modificare il suo aspetto in modo da assomigliare ad un’altra in modo perfetto.
A mano a mano che i minuti e le ore passavano, pile e pile di volumi si creavano intorno a me, formando una specie di fortezza che mi bloccava la visuale sul resto della stanza.
Finalmente trovai quello che faceva a caso mio.
La Pozione Pollisucco.
Era difficile e molto lunga da preparare, ma basta anche solo un capello per trasformarti completamente nella persona di cui lo si ha sottratto. Quindi è stata un’azione premeditata da tempo. Come faceva però questa persona ad essere certa che Sherlock accettasse la sua proposta? Beh, probabilmente puntava sul fatto che nessuno l’avesse ascoltata, oppure che la Stamberga Strillante è un posto che affascina molti studenti.. E Sherlock è elettrizzato dai posti misteriosi.
E questo qualcuno voleva ucciderlo? O forse era solo un modo per spaventarlo? Forse il pavimento della Stamberga era stato volontariamente malmesso, in modo che cedesse facilmente.. O forse no?
Cavolo, tutte queste domande non portano a niente! Con Sherlock sarebbe tutto molto più semplice..
Mi misi le mani tra i capelli, disperato.

Mi stavo avviando verso la Sala dei Grifondoro, sempre rimuginando tra me e me, quando quattro ragazzi mi vennero incontro, con aria beffarda.
Erano tutti e quattro molto alti e grossi, ma non grassi, anzi, sembravano piuttosto allenati fisicamente. I loro occhi malvagi puntavano dritti verso di me.
Deglutii, ignorando i loro intensi sguardi e procedendo senza fermarmi. Quando cercai di superarli, uno di loro si bloccò davanti a me, intralciando il mio passo.
“Vieni con noi.” disse, sorridendo malignamente
Intanto gli altri suoi compagni mi avevano accerchiato, impedendo ogni via di fuga.
“Perché?” chiesi, senza far trapelare nessuna ansia o paura.
“Tra poco ti sarà tutto chiaro.” rispose enigmatico il ragazzo alla mia destra.
Non vidi altra scelta. Li seguii.
“Dove mi portate?”
Nessuno aprì bocca, però il loro sorrisetto stronzo non accennava a scomparire.
Ebbi l’improvvisa tentazione di colpirne uno sul muso, anche solo per cancellare quel maledetto ghigno.
Mi trattenni. Anche se ne colpivo uno, ne rimanevano altri tre pronti a contrattaccare.
Mi portarono nei sotterranei. Percorremmo numerosi corridoi stretti e bui, dove l’umidità si poteva palpare a piene mani.
Osservai meglio quei quattro gargoyle e notai che ognuno di loro indossava lo stesso lungo mantello nero, senza però indicazione della Casa di provenienza. Mi sembrava piuttosto strano.
Ci fermammo davanti ad un muro di pietra completamente spoglio.
Uno di loro si avvicinò alla parete e pronunciò delle parole di cui non afferrai il senso.
Improvvisamente i massi che componevano il muro cominciarono a muoversi, facendo spazio ad un portone, anch’esso di pietra. Lo varcammo ed entrammo in una stanza spoglia e fredda, priva di finestre o di sbocchi d’aria. Assomigliava molto ad una cella di prigione.
C’erano altri tre individui che ci aspettavano in piedi e in silenzio, con le braccia incrociate.
Uno era piuttosto robusto, decisamente poco atletico, e il viso paffuto era coronato da una rossiccia capigliatura disordinata. Quello al centro aveva dei folti capelli biondi ed era piuttosto basso, rispetto agli altri due che si trovavano a suo fianco. L’ultimo era una specie di scheletro umano, decisamente sottopeso, con dei capelli ispidi e castani.
“Benvenuto, John Watson!” esclamò il ragazzo che stava al centro del trio.
“Che ci faccio qui?” chiesi, senza nascondere una certa rabbia.
“Oh, non c’è bisogno di scaldarsi!” il ragazzo sorrise “Accomodati pure.”
La scorta mi portò verso la parete alla mia sinistra e mi sbatterono violentemente contro di essa.
“Calma ragazzi!” intimò sempre il biondo. “Non volete mica rovinarlo di già?”
“Cosa volete fare?!” gridai a gran voce.
“Niente di che.. Diciamo che questo è solo un avvertimento.”
Il biondo, che molto probabilmente era il capo della compagnia, fece un cenno al ragazzo paffuto alla sua destra, il quale si avvicinò a me sfoderando la bacchetta.
Incarceramus!” pronunciò questi e delle corde incantate apparvero dalla bacchetta ed andarono ad imprigionare i miei polsi.
Il ragazzo che aveva appena pronunciato l’incantesimo si avvicinò a me, prendendo i lati della corda che si erano staccati dalla bacchetta e fissandoli ad un anello di metallo che si trovava in una rientranza del muro.
“Quando ti attaccherò tu fingerai di provare dolore..” mormorò pianissimo il ragazzo.
“Cos-” iniziai.
“Sh.. Se parli ci scopriranno. Fa quello che dico.” detto questo si alzò e ritornò a fianco del biondino.
“Volevi sapere che ci fai qui?” iniziò il capo banda, sorridendo. “Bene, ho sentito che qualcuno non è affatto contento della tua condotta.”
“La mia condotta?”
“Stai ficcando il naso in affari che non ti riguardano” continuò, ignorandomi.
“Sentite, io..”
“Assieme a Sherlock Holmes ci stai dando molto, molto fastidio.”
Divenne tutto più chiaro. Sherlock Holmes! Sempre lui! Ero qui a causa sua!
“Ma abbiamo capito che non sei tu il vero pericolo.. Quindi se ci prometti che non frequenterai mai più Holmes, non ti torceremo neanche un capello.”
In quel momento l’avrei ammazzato, quel Sherlock Holmes, altro che frequentarlo ancora!
Poi un pensiero mi balenò in mente come un fulmine a ciel sereno: cosa faranno a LUI?
Sentii il cuore salirmi in gola. Non sembravano intenzionati a provare sentimenti molto amichevoli nei suoi confronti.. Non potevo abbandonarlo.
“No..” mormorai.
“Cosa? Non ho sentito.” disse serio il biondo.
“NO!” tuonai.
“Ti faremo cambiare idea.” disse lui, facendo un cenno al ragazzo di prima.
Questo prese la bacchetta e pronunciò l’incantesimo Cruciatus.
La punta della bacchetta si illuminò e io chiusi gli occhi, aspettando che la luce mi colpisse.
Ma non successe niente.
“Metti più potenza! Non vedi che non soffre?”
“Si, capo. CRUCIO!”
Cosa fare? Dovevo veramente fingere di provare dolore?
Tanto valeva provarci. Il biondo sembrava non essere a conoscenza del piano dell’altro ragazzo.
Finsi di dimenarmi e digrignai i denti.
“Aumenta la potenza.”
CRUCIO!”
Mi dimenai con maggiore intensità, provando anche a sbiascicare qualche parola sofferta, per rendere la mia farsa più credibile.
“Basta così.” ordinò il capo “Hai cambiato idea?”
“No.” risposi, dopo un attimo di pausa, come per far credere che dovessi prendere fiato per parlare.
“Testardo.” sputò “Beh, vorrà dire che verrai distrutto assieme a Sherlock Holmes. Liberatelo.”
Uno dei suoi scagnozzi mi liberò i polsi dalla corda.
“Tu” ordinò riferendosi al rosso “ accompagnalo fuori e fagli un incantesimo di memoria parziale, in modo che non si ricordi come arrivare qui.”
“Subito.”
Mi tirò su da un fianco in malo modo, poi mi spinse con forza verso l’uscita.
“Cerca di barcollare.” mi mormorò all’orecchio “Sei appena stato colpito da un incantesimo cruciatus.”
Finsi di cadere sulle mie gambe, questi mi trattenne e mi trascinò quasi a peso fuori dalla stanza.
Facemmo una serie di corridoi, poi, quando fui sicuro che nessuno ci stava seguendo, incominciai a camminare in modo normale.
“Perché mi hai aiutato?” chiesi al ragazzo.
Lo osservai meglio: aveva dei capelli rossicci, disordinati, il viso rotondo era punteggiato da una miriade di piccolissime lentiggini e gli occhi erano di una calda tonalità castana.
Al sentire la mia domanda sorrise in modo criptico.
“Mi deludi, John.”
“Non ti ho mai visto.” sottolineai.
“Sei sicuro?” mi guardò dritto negli occhi.
Rimasi interdetto per qualche secondo, poi capii.
“Non può essere..”
“Non riconoscere un tuo amico, potrei offendermi,sai?”
“Sherlock! Come cavolo..”
“Pozione Pollisucco.”
“Come hai fatto? Mi puoi spiegare cosa cavolo sta succedendo?”
“Non qui, potrebbero sentirci. Andiamo al bagno del secondo piano, li non saremo disturbati.”

La luce flebile che proveniva dalle lampadine del bagno illuminava in modo sinistro i lavandini, i quali formavano lunghe e fluide ombre che si stagliavano sulle mattonelle biancastre.
I bagni possono essere dei posti veramente inquietanti, quando vogliono.
L’effetto della Pozione Pollisucco si stava esaurendo a mano a mano che i minuti passavano: il viso rotondo si stava allungando e inspigolendo, le lentiggini stavano scomparendo e i capelli si stavano imbrunendo sempre più. Ben presto mi ritrovai di fronte il solito Sherlock, con il suo solito aspetto.
“Puoi darmi delle spiegazioni?”chiesi, leggermente seccato.
Il Serpeverde aprì un rubinetto e si sciacquò il viso, poi, senza asciugarlo, disse: “È una storia lunga.”
“Avrò la pazienza di ascoltarti.”
Mi guardò intensamente, poi iniziò: “D’accordo. È incominciato tutto questa mattina, dopo che tu te ne eri andato via offeso. Avevo deciso di lasciarti in pace per un po’ di tempo, tanto prima o poi saresti ritornato comunque.”
Lo guardai assottigliando gli occhi fino a farli diventare due sottilissime fessure. Maledetto. Come fa ad essere così certo di quel che dice?
“Quindi mi sono limitato a seguirti da lontano e ho notato un gruppetto di studenti che ti osservavano in modo strano. Mi sono avvicinato a loro senza farmi notare e ho colto nei loro discorsi qualcosa del tipo rapire Watson, fargli cambiare idea, toglierlo dai piedi. Ovviamente mi sono allarmato. Non potevo però seguirli da lontano, dovevo avvicinarmi di più, senza farmi scoprire. Quando si sono divisi, pedinai uno di loro e lo stordii con una fattura. Adesso che ci penso è ancora rinchiuso nel magazzino delle scope.. Vabbè, ci penserò dopo.. “
Spalancai gli occhi stupefatto.
Lui continuò, senza badare alla mia espressione: “Siccome ho sempre pronta della Pozione Pollisucco, gli ho strappato un capello e, appena ho trovato il momento ideale, mi sono trasformato in lui. Avevo un’ora di tempo per sapere il loro piano e cercare di fermarlo. Ho avuto molta fortuna. Mi hanno informato senza difficoltà che avevano intenzione di parlarti, di portarti nei sotterranei e spaventarti un po’. Per non essere riconosciuti hanno usato anche loro della Pozione Pollisucco prima di incontrarti e scortarti in quel posto. Pure io ho dovuto berne un’altra. Per fortuna, altrimenti l’effetto della precedente pozione sarebbe finito e sarei finito sicuramente in guai seri. Per questo motivo non hanno avuto scrupoli nel coprirsi il viso o camuffarsi la voce. Anche se tu li avessi denunciati al preside, la punizione sarebbe caduta su studenti innocenti. Anzi, molto probabilmente saresti andato di mezzo pure tu. Mi sono poi proposto di punirti io stesso, se fosse stato necessario, ed hanno accettato di buon grado.”
“Come mai non ho sentito niente quando hai lanciato l’incantesimo cruciatus?”
Sherlock sorrise compiaciuto, poi tirò fuori la bacchetta, dicendo: “Ho usato questa.”
Non capii.
“Osserva meglio, John. È finta. L’ho comprata al negozio di scherzi magici. Qualunque incantesimo tu pronunci, essa si illumina come se fosse vera, ma non fa nessun effetto.”
“Ma all’inizio, quando hai usato l’altro incantesimo..”
“Ho usato la mia.”
“Ovviamente.” mormorai.
“Ma adesso possiamo dire tutto!” esclamai “Hai visto i loro visi reali!”
“Si.. Ma non servirà a molto.” il Serpeverde sembrava leggermente turbato.
“Cosa vuoi dire?”
“Sono solo la punta dell’ice-berg. Non sono stati loro ad ideare tutto. L’ordine è partito da un’altra persona.”
“Chi?”
“Non lo so.. Non hanno mai nominato il suo nome. Però, da quel che ho capito, usa una sigla in codice. M lo chiamano. Ha un sacco di sottoposti, studenti che fanno parte della scuola che eseguono tutto quello che lui ordina. Non c’è distinzione di Casa. Sono loro a fare il lavoro sporco, rischiando perfino di essere sospesi o peggio, mentre lui, il nostro M, rimane immacolato.”
“Terribile.” pronunciai io, cupo.
“Geniale!” esclamò lui, entusiasta.
Lo guardai di sottecchi, sperando che si rimangiasse quella parola.
“John, è geniale, letteralmente geniale!”
“Va bene, Shelrock.. Ma perché si è interessato a noi? Cosa abbiamo mai fatto?”
“Secondo me è per il fatto del ratto fantasma.”
“Il ratto fantasma? Stai parlando del mostro che abbiamo affrontato mesi fa?”
“Si, penso proprio che è stato M a portarlo in territorio scolastico. Però non mi spiego il motivo! Probabilmente abbiamo rovinato i suoi piani, uccidendolo. Poi ha aspettato un momento propizio per farci fuori, e qui entra in gioco la gita ad Hogsmeade. Ha ingaggiato qualcuno per farci entrare nella Stamberga Strillante, probabilmente aveva architettato tutto, perfino il pavimento cedevole, le acrumantule e gli scheletri. Ma non aveva tenuto conto che si sarebbero aggregati anche i tuoi amici. Un paio di bacchette in più hanno fatto la differenza. Se per caso non riuscivamo ad uscirne vivi, poteva sembrare tutto un incidente: sarebbe passata la notizia della scomparsa di alcuni studenti curiosi che si sono avventurati incautamente in posti troppo pericolosi per loro. Purtroppo per lui, questo non è successo. Quindi ha optato per questa mossa intimidatoria, in modo da toglierti dai piedi e incentrarsi solamente su di me.”
Rimasi a bocca aperta: non mi ero mai accorto che nella nostra scuola ci potesse essere un individuo simile.
“Devo ringraziarti, John.”
“Cos.. Perché?”
“Il tuo diario. Mi ha aiutato a collegare tutti i punti.”
Rimase in silenzio per qualche secondo, poi aggiunse, titubante: “Non sarai ancora arrabbiato con me, spero..”
Ci pensai su. “Alla fine mi hai salvato da un incantesimo cruciatus. Siamo pari.”
Sorrisi e lo guardai dritto nei suoi occhi color ghiaccio, i quali erano già fissi sui miei.
“Più o meno.” ridacchiai nervoso.
“Più o meno.” sorrise.
Si era formato un imbarazzante silenzio tra di noi.
“Scusa.”
Cosa? Sherlock si stava scusando? Le mie orecchie mi stavano facendo un brutto tiro o cosa?
“Per il diario.” sottolineò egli.
“Ah. Beh.. Si. Va bene.”
Di nuovo la conversazione sembrava arenarsi.
“Vuoi che ti dica le mie impressioni?” chiese Sherlock con tono sforzatamente neutrale.
“No.”
“D’accordo.” aggiunse ruotando il busto e avviandosi verso l’uscita del bagno.
“Fin dove sei arrivato a leggere?” mi sfuggì , proprio quando il Serpeverde stava aprendo la porta.
“Mi mancavano poche righe prima di finire il capitolo dove mi hai descritto con minuziosa attenzione. Interessante il fatto che hai riassunto tutto sotto dei punti, come se fosse una descrizione analitica di un esperimento. Hai perfino conosciuto mio fratello Mycroft? Non me lo avevi detto.”
Sbiascicai qualche confusa parola.
“Ma non mi interessa. Non voglio avere nulla a che fare con lui. Comunque è un peccato che non abbia terminato la lettura.”
Sperai vivamente che non avesse letto l’ultimo punto.
“Anche se concordo con te il fatto che il settimo paragrafo sia un’idiozia.”
Come non detto. L’aveva letto.
Sospirai: “Mi è sembrato di averti detto che non volevo sentire le tue impressioni.”
“Hai ragione.” disse incrinando leggermente i lati della bocca in un sorriso “Non dirò altro.”

Probabilmente se non fosse accaduto il fatto del mio “sequestro” e della scoperta di questo fantomatico M che è a capo di chissà quale organizzazione, avrei continuato certamente a fare l’offeso con Sherlock. Mi sembrava pentito, è vero, però mi brucia ancora il fatto che abbia letto i miei pensieri, le mie sensazioni, i miei punti di vista.
Anche se, a dire il vero, non mi spiego il motivo di questo mio fastidio.
Alla fine, che cosa ho scritto di così imbarazzante da dover tenere così gelosamente nascosto?
Nulla..
Comunque, d’ora in poi, provvederò ad incantare questo diario, in modo che si apra solo con una parola d’ordine detta con la mia voce.

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Capitolo 6
*** capitolo sei ***


Sono passate più o meno due settimane dall’ “avvertimento” di M, ma non è successo nulla di rilevante. 
Mi ero immaginato una moltitudine di terrificanti avvenimenti, come tizi armati di cattive intenzioni che cercano di ammazzarci nel cuore della notte o cose simili.. E invece niente. Tutto scorre regolarmente come se nulla fosse accaduto.
“È ovvio.” mi puntualizzò Sherlock quando gli espressi questi miei pensieri “Sarebbe una mossa troppo banale. Vorrà aspettare il momento giusto, in modo che tutto sembri un incidente, come minimo. Non stiamo mica parlando di uno studente qualsiasi, ma di un genio! Non può permettersi passi falsi.”
Così la nostra vita scolastica procedette normalmente, anche se, effettivamente, la parola “normale” è in contrapposizione con il nome “Sherlock”.
Come si possono considerare “normali” i suoi esperimenti strampalati nel laboratorio di pozioni, oppure il modo in cui risolve i casi proposti dagli studenti in difficoltà?
 
Proprio quest’oggi ci è stato proposto un caso veramente eccezionale. Comunemente, quando gli vengono proposti dei misteri, li risolve immediatamente, spesso subito dopo la spiegazione del cliente. Altre volte fa delle piccole ricerche e, dopo al massimo un’ora, tutto è concluso. 
Ma questa volta è stato completamente diverso dal solito.
 
Tutto è iniziato questo pomeriggio, dopo pranzo.
Sherlock e io eravamo nella Sala Grande, intenti ad una partita a scacchi magici. 
Devo dire che sto veramente migliorando a questo gioco: riesco perfino a vincere tre o quattro partite su otto, con Sherlock. Le prime volte mi stracciava platealmente, nel giro di qualche minuto, mentre ora riesco perfino a tenergli testa. Per così dire, almeno.
“Complimenti, John. Facciamo progressi.” disse, quasi soprappensiero. “Cavallo in B4”
“Con un maestro come te imparo in fretta. Torre in E3”
La bianca pedina si spostò, riducendo in frantumi un pedone.
“Scacco.” sorrisi compiaciuto.
“Uhm..” mormorò il mio amico, alzando le sopracciglia.
“Scusatemi, tu sei per caso Sherlock Holmes?” ci interrompette una minuta ragazza di Corvonero. 
Sussultai: non mi ero per nulla accorto della sua presenza, ero troppo concentrato dalla partita.
“Si, sono io.” rispose il mio amico, svogliatamente “Se non è una cosa di fondamentale importanza, sei tenuta a lasciarci in pace.”
“Sherlock!” lo sgridai, poi aggiunsi alla ragazza, rassicurandola: “Non voleva dire quello che ha appena detto. Cosa possiamo fare per te?”
Era una ragazza piuttosto carina, aveva dei lunghi capelli biondi che le arrivavano fino a metà schiena e due grandi occhi castani. Sembrava visibilmente imbarazzata e probabilmente si era anche un po’ offesa per la maleducata risposta del Serpeverde.
“Una mia amica mi ha parlato di te, Sherlock Holmes.”
Il mio amico fece un cenno sbrigativo con la testa, per incitarla ad andare al dunque.
“Tempo fa hai risolto un suo caso, mi sembrava che fosse..”
“Va bene, va bene. Il punto è?” la bloccò il Serpeverde, annoiato.
La ragazza sospirò: ”Volevo chiedere il tuo..anzi, il vostro, aiuto.” 
“Certo.” risposi io, guardandola con un espressione cordiale, in modo da metterla a suo agio “Ti aiuteremo sicuramente” spostai lo sguardo verso Sherlock, il quale mi lanciò un’occhiata truce.
“Continua.” la spronò il mio acido amico.
“Bene.. Mi chiamo Samantha Klark e sono del sesto anno. Negli ultimi tempi il mio ragazzo Mark si comporta in modo strano..”
Sherlock roteò gli occhi.
“Davvero! In generale è sempre lo stesso, però.. Recentemente è più inquieto. E poi riceve strani messaggi..”
“Strani messaggi?” chiesi io.
“Sì. Qualche giorno fa, durante l’ora di artimanzia, il mio ragazzo aveva trovato sotto il banco un foglietto destinato a lui. Gli diedi un’occhiata e vidi che erano riportate diverse cifre, senza un’apparente logica. Io ironizzai dicendo che probabilmente qualcuno voleva fargli uno scherzo. Anche se mi diede ragione, la sua espressione mi allarmò: la sua carnagione si era sbiancata così all’improvviso! Ho trovato strano anche il modo con cui si  mise a guardarsi attorno, come se volesse controllare se qualcuno lo osservava..  Poi infilò velocemente il biglietto nella sua borsa a tracolla, giustificando il fatto che voleva dargli un’occhiata più tardi, per tentare di capirci qualcosa. Qualche giorno dopo, nel salotto della nostra Casa di Corvonero, Mark aveva lasciato alcuni suoi libri scolastici sulla scrivania e io potei vedere chiaramente che c’era un altro foglio simile al biglietto trovato nell’aula di artimanzia. Gli chiesi spiegazioni, ma lui si arrabbiò moltissimo con me, ammonendomi di non toccare mai più la sua roba.”
Sherlock si raddrizzò sulla sedia. Probabilmente il racconto aveva incominciato ad interessargli.
“Ieri sera, per sbaglio, ho rovesciato la sua tracolla e i libri al suo interno sono caduti sul pavimento. Mentre li stavo raccogliendo, uno dei volumi si spalancò e fece scivolare un foglietto. Lo raccolsi e vidi che anch’esso aveva una sequenza di cifre sospette.” 
Mentre diceva queste parole, la ragazza incominciò a rovistare nella sua borsa, finche trovò un post-it e ce lo diede. 
“Ho ricopiato quello che c'era scritto.”
Sherlock prese il pezzo di carta gialla e lo osservò attentamente.
“Ah, anche questa mattina ho trovato un altro biglietto, sempre indirizzato a lui, nel suo banco.”
“Hai preso nota anche di quello?”
“Certo. Era molto breve, quindi sono riuscita a ricopiarlo in tempo, prima che Mark arrivasse in aula.”
Sherlock prese anche il secondo post-it, che la ragazza aveva appena scovato dalle profondità della sua borsa rossa, e disse: “Ti avevo sottovalutata. Sei stata molto sveglia.”
Samantha si illuminò, orgogliosa.
“Interessante! Questo è un caso estremamente particolare.” mormorò il mio amico quasi a se stesso.
“Allora lo risolverete?”
“Certamente, parola mia!” rispose il Serpeverde, visibilmente entusiasta.
“Allora, quando saprete qualcosa, mi verrete a cercare?”
“Sicuro. Ti informeremo il più presto possibile. Per il compenso ci penseremo a caso chiuso.”
La ragazza ci ringrazio nuovamente, poi se ne andò.
“Hai qualche idea?” chiesi al mio amico.
“Uhm.. Prova a dare un’occhiata.”
 
Ora riporto quello che era scritto sui due pezzi di carta:
Primo post-it: 
27-630,  10-27,  15-503,  2-702
Secondo post-it:
2-75  ,26-89,  15-503,  2-702,  43-796,  2-672
 
“Non ne capisco il senso.. Sembrano numeri scritti a caso..”
“È un codice, John.” sottolineò Sherlock.
“Si.. Ma come facciamo a comprendere quello che è scritto?”
“Come sempre ti fermi solo alla superficie delle cose. Osserva meglio i numeri. Ci sono trattini e virgole che li separano, quindi..” mi fece un gesto con la mano in modo da spronarmi a continuare il discorso.
“Quindi.. Vediamo..” osservai nuovamente le serie numeriche. Non riuscivo ad afferrare quello che Sherlock aveva intuito. Spostai lo sguardo verso la scacchiera, senza un particolare motivo, e finalmente mi illuminai: “Aspetta! Forse ho capito! Sono delle coordinate! Come quelle che usiamo per spostare le pedine! Quindi ogni gruppo di due numeri corrisponde ad una parola!”
“Complimenti!” sorrise il mio amico.
“Però.. Come facciamo a risalire alle parole che celano?”
“Beh, tenendo conto che ogni coordinata è una parola, dove possiamo trovare tante parole riunite in uno stesso luogo, od oggetto?” mi chiese con tono da maestrino.
“In un libro.” risposi automaticamente. “Però esistono migliaia di libri! Siamo di nuovo al punto di partenza!”
“Non è vero, John. Prima di tutto sappiamo a cosa si riferiscono i numeri, quindi non puoi dire che siamo allo stesso punto di prima. Poi osserva meglio le coordinate. Facciamo che il primo numero è quello della riga, mentre il secondo è quello della pagina, cosa che mi sembra più logica da attribuire. Il numero massimo di pagina è 796, quindi il libro che cerchiamo ha almeno 796 pagine. Sarai del mio parere che non si tratta di un libro molto leggero. Inoltre dev’essere un libro che appartenga sia alla persona che ha scritto il messaggio sia a quello che l’ha ricevuto. Probabilmente si tratta di un libro scolastico. Ti ricordi che la ragazza ha detto che ha trovato il biglietto tra i testi di scuola? Probabilmente il nostro Mark ha utilizzato uno di quelli per tradurre il messaggio. Frequenta le stesse lezioni della sua fidanzata, di conseguenza ha la sua stessa età. Quindi o è un libro del sesto anno, oppure uno che viene utilizzato per più anni. Quale testo viene utilizzato per tutto il periodo scolastico ed è piuttosto voluminoso?  La cerchia si restringe a due tomi: quello di Incantesimi e quello di Cura delle Creature Magiche. Ora basta prendere quei due libri e verificare la mia teoria.”
Tutto questo discorso l’aveva detto tutto ad un fiato, velocissimamente, incrociando le punte delle dita in modo pensoso.
“Straordinario!” fu il commento che mi uscì di getto appena ebbe finito.
Lui mi guardò con gratitudine: “Non c’è nulla di straordinario.”
“No, veramente. Fantastico! Non ci sarei mai arrivato!”
Sherlock sorrise fieramente, poi mi disse, accomodandosi allo schienale della sedia: “Ma è ancora presto per esultare. Bisogna verificare se i libri sono quelli giusti.”
Mise le gambe sopra il tavolino che era di fronte a sé con fare svogliato.
“Va bene.. Mi stai chiedendo per caso di andarli a prendere?” domandai.
“Qualcuno deve pur farlo.” rispose neutrale.
“Uff.” sbuffai. “Ho capito. Vado e torno.”
 
Ritornai dopo qualche minuto in Sala Grande, con i due libroni sotto braccio e il fiato corto. Avevo fatto tutte le scale di corsa, sia all’andata che al ritorno. In più quei volumi pesavano una tonnellata!
Li sistemai con un tonfo sopra il tavolino, schivando di poco le gambe incrociate di Sherlock, il quale non aveva mosso un muscolo da quando me n‘ero andato. 
“Che grazia..” mi riprese Sherlock “Ma non importa, basta che i libri siano qui. Ora tu prendi quello di Cura delle Creature Magiche, io quello di Incantesimi e vediamo che parole troviamo.”
Feci quello che il mio amico aveva ordinato. 
Andai a pagina 630, riga 27. [è possibile trovare una] torre di sassi che funge da tana per i troll di montagna…
Segnai la parola torre su un foglio bianco.
Pagina 27, riga 10. [Ogni ]osservazione delle creature magiche può risultare pericolosa, senza le adeguate precauzioni…
Osservazione.
Pagina 503, riga 15.
Mezza oncia di cumino può servire per attirare i folletti della palude..
Mezza.
Pagina 702, seconda riga.
[il cuore della] notte racchiude molti segreti e molte creature pericolose..
Notte.
“Sherlock.” lo chiamai.
“Stesse, soltanto, controllano, resto. Tu? Hai trovato qualcosa di meglio?”
“Torre, osservazione, mezza, notte.”
Gli occhi di Sherlock si illuminarono come ghiaccio irraggiato dalla luce solare. Stesso colore e stessi riflessi luminosi.
“Quindi si sono dati appuntamento alla torre di astronomia a mezza notte, si direbbe..”
“Vediamo cosa ci dice il secondo post-it!” disse con foga, strappandomi il volume dalle mani e cercando le parole per conto suo.
“Bagno, proibito, mezza, notte, alga, branchie.” mormorò, quando ebbe finito.
“Bagno proibito? Che vuol dire?”
Sherlock chiuse gli occhi e con fare meditativo e si unì i polpastrelli. Improvvisamente spalancò le palpebre e esclamò la soluzione: “Il bagno dei prefetti! È proibito, nessuno può entrarci senza permesso! Quindi le parole alga e branchia si riferiscono alla parola d’ordine!”
“Algabranchia.”
“Esatto, John, esatto! Siamo a cavallo!”
“Non sappiamo però il giorno che si sono trovati o il giorno che si incontreranno..” mormorai, dubbioso.
“Il primo foglietto l’ha trovato ieri tra i libri di scuola, quindi probabilmente l’appuntamento si è svolto ieri notte. Questo foglietto invece l’ha copiato questa mattina, quindi si riferirà a  questa notte!”
“Effettivamente..” ammisi, guardando l’espressione esultante del Serpeverde.
“Ti rendi conto, John? Potrebbe essere il modo con cui M entra in contatto con i suoi collaboratori e li informa dei suoi piani!”
Capii in quel momento il perché del suo entusiasmo, tutto era così chiaro! Sherlock pensava che dietro a tutto questo ci fosse M
E mi ritrovai immediatamente a dargli ragione:“Per questo motivo Mark si è arrabbiato così tanto quando Samantha ha visto il messaggio! Non voleva essere scoperto!”
“Esatto! Abbiamo tra le mani M! Questa notte potremo vedere la sua faccia!”
“Ma M potrebbe essere Mark! Hanno perfino la stessa iniziale!” 
“No.” rispose secco il mio amico “Non credo affatto che M sia Mark. Un capo non riceve bigliettini dai collaboratori con scritto il luogo dell’appuntamento. Piuttosto è il contrario.”
“Giusto..” dissi pensosamente “Quindi.. A mezza notte al bagno dei prefetti?”
“Facciamo mezz’ora prima. Dobbiamo sorprenderli.”
“Bene.”
Non ero molto contento di dover scorrazzare nel castello nel cuore della notte, col rischio di essere scoperti e puniti.. Ma era l’unico modo che avevamo per fermare M. O qualunque cosa che egli stesse organizzando.
Questa domanda mi uscì spontanea: “E ora che facciamo?”
“Andiamo alla torre di astronomia, forse riusciamo a dedurre qualcosa di più su di loro e sulle loro intenzioni!”
“Benissimo.” dissi, alzandomi dalla sedia.
“Aspetta un attimo.” 
Sherlock si girò verso la scacchiera.
“Regina in H3.”
La pedina frantumò il mio cavallo, imprigionando il Re in una morsa fatale.
“Scacco matto.”
 
L’aula di astronomia era la più luminosa di tutta la scuola. L’enorme vetrata che ricopriva il soffitto faceva entrare i timidi raggi di sole direttamente nella stanza, rischiarando così tutto l’ambiente. Di notte dev’essere uno spettacolo veramente suggestivo. 
Osservare gli astri e le costellazioni che fanno parte della volta celeste! Che cosa meravigliosa! In confronto all’infinità dell’universo, il singolo risulta essere una nullità, ogni problema che ci sembra enorme non è più degno di essere definito tale. Siamo tutti dei minuscoli granelli di sabbia che appartengono ad un deserto interminabile. 
Peccato che abbia scelto di abbandonare astronomia come materia facoltativa per l'anno prossimo. 
La voce profonda di Sherlock mi fece ritornare al presente: “Ieri notte non c’era lezione. Mark e lo sconosciuto non hanno avuto problemi ad introdursi qui.”
Il mio amico incominciò ad osservare accuratamente il pavimento, i banchi e le pareti dell’aula, accucciandosi addirittura a terra. Era così concentrato che non si accorse della buffa smorfia che stava involontariamente facendo. Era uno spettacolo veramente comico: faticai a rimanere serio e a non scoppiare a ridere.
Quando ebbe finito il suo giro di ricognizione gli domandai, con voce un po’ rotta per la risata trattenuta: “Scoperto qualcosa?”
“Certo. Anche se vedo che trovi divertenti i miei metodi.” aggiunse leggermente offeso.
“Non te la prendere.. Dai, cosa hai dedotto?” 
Ero certo che non avesse scoperto un granché. Ma mi dovetti ricredere presto.
“Prima di tutto hanno parlato in questo punto esatto.” iniziò, indicando l’angolo vicino alla porta d’entrata “Probabilmente per un bel pezzo. Poi si sono mossi, hanno raggiunto questo banco qui. Con molta probabilità si sono messi a litigare o comunque hanno avuto un’accesa discussione. Poi se ne sono andati, tutti e due insieme.”
“uhm..” mormorai “Come fai ad esserne sicuro?”
Il Serpeverde non aspettava altro: “Guarda la polvere per terra. Per fortuna che quest’aula non è stata pulita di recente. In tutti gli angoli della stanza ci sono dei batuffoli di polvere e di capelli che coprono buona parte del pavimento. Tutti gli angoli a parte questo. Se ti abbassi puoi vedere anche le impronte delle scarpe che hanno smosso la polvere. Non possono essere stati fatti durante una lezione: uno studente non andrebbe mai a nascondersi in un angolo della classe, tanto più se deve osservare le costellazioni.”
Lo guardai incredulo: non potevo credere che avesse dedotto tutto questo solamente guardando la sporcizia che si trovava per terra!
“Poi” continuò “nella foga della discussione sono passati tra questi banchi. Non vedi come sono spostati rispetto agli altri? Finché uno dei due, probabilmente il nostro M, ha sbattuto violentemente l’altro contro questo banco qui.”
“Hanno fatto una zuffa?”
“Non lo escludo. Però non ci sono tracce di sangue, quindi deduco che è stato più un avvertimento.”
“Quindi..” iniziai, umettando le labbra secche “Per convincere la sua rete di collaboratori, M userebbe la violenza e le minacce?”
Sherlock parve pensoso. “Sarebbe una mossa poco intelligente da parte sua.. Non puoi usare unicamente questi metodi per creare una setta di aiutanti. C’è il rischio che ti si rivoltino contro. No. Probabilmente ha avuto qualche difficoltà con Mark in particolare. Forse si è rifiutato di fare un servizio e lui gli ha ricordato chi comanda. Forse centra il fatto di come vuole farci fuori.”
Deglutii rumorosamente.
“Sicuramente tra non molto scopriremo qualcosa di più. Ti consiglio di tornare alla tua Casa e riposarti. Ti voglio reattivo e sveglio per l’appuntamento di questa notte.”
 
Andai veramente alla mia Casa di Grifondoro. 
Mi stavo avviando verso le scale che portavano al dormitorio dei ragazzi quando sentì Molly che mi chiamava, con voce rotta. 
“John! Aspetta!”
Molly è più giovane di me di un anno, certe volte ci scambiamo qualche parola ma non posso certamente considerarla una mia amica. È più una conoscente. Rimasi quindi molto sorpreso della sua chiamata.
“Che cosa è successo?”
“Ecco… Ho visto che passi molto tempo con.. Beh.. Quel tuo amico di Serpeverde..” si passò una mano sui capelli castani, con fare imbarazzato “Per caso.. È impegnato con qualc’una?”
Quindi Molly Hooper mi stava chiedendo se Sherlock avesse una ragazza?
“No, che io sappia.” risposi.
“Ah bene!” esclamò, ma divenne subito rossa e aggiunse: “Cioè.. Non che io sia felice che lui.. Ehm..”
Io le sorrisi. Poveretta. Non ci voleva una mente superiore per capire che quella timida ragazza si era innamorata del mio amico.
“Ecco..” disse lei, prendendo un po’ di coraggio  “Vorresti dargli questa lettera per conto mio?”  
Mi mostrò una letterina rosa, chiusa da un bollo di cera rosso.
“Se non ti crea disturbo..” aggiunse a fin di voce.
“Ah… si. Cioè no, non mi crea disturbo.” la presi e la infilai nella tasca del mantello. 
Molly fece un enorme sorriso, poi abbassò gli occhi e disse: “Bene. Io vado, allora. Puoi dargliela anche domani se avete lezione insieme..”
“Si.. Gliela darò durante l’ora di trasfigurazione.”
“Perfetto. Ok. Allora ciao!”
“Ciao..”
Molly sfrecciò via con passo veloce, quasi correndo. 
 
Quindi Sherlock aveva un’ammiratrice. 
Certo, Molly era una ragazza molto timida, ma sicuramente aveva un buon cuore. E non era nemmeno tanto brutta. 
Un buon cuore. Quello che servirebbe proprio a Sherlock.
Una ragazza come lei farebbe proprio a caso suo. Forse lo aiuterebbe a diventare più.. umano.
Ma allora perché perché e sottolineo ancora perché quest’idea non mi rende affatto felice? Perché sento una stretta tra lo stomaco e il cuore al solo pensiero che Sherlock si trovi una ragazza? 
Non me lo spiego. E, sinceramente, non voglio nemmeno saperlo.
 
Tra poco vado a riposarmi. Scriverò dopo, quando ritornerò dalla mia avventura, quello che accadrà questa notte al bagno dei prefetti. Spero solo di uscirne vivo!  
 
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Oddio! ODDIO! Non avrei mai immaginato che… ok.  Meglio procedere con calma il mio racconto.. 
 
Mi trovai con Sherlock davanti al bagno dei prefetti alle 23 e 20.
“Siamo in anticipo rispetto al programma.” mi sussurrò venendomi incontro.
“Meglio così, abbiamo più tempo per appostarci e studiare un piano.”
“E bravo il mio John!” sorrise. Arrossii un poco a quella sua battuta.
Poi Sherlock divenne immediatamente serio e si avvicinò all’entrata del bagno.
“Algabranchia.” pronunciò egli, con voce roca.
La porta si aprì silenziosamente. 
Entrammo in un’anticamera, non molto illuminata, poi passammo al bagno vero e proprio. C’era un’enorme vasca, con una miriade di rubinetti contenenti diversi tipi di shampoo, bagnoschiuma o altro. L’acqua calda gorgogliava pacatamente. Dev’essere una cosa meravigliosa rilassarsi li dentro..
“Bene. Direi che la mossa più intelligente da fare è appostarci dietro quel armadio, poi aspettiamo che arrivino Mark e M. Ascoltiamo quello che si diranno, poi constateremo al momento se intervenire o lasciarli andare senza che si accorgano di noi.” 
“Perfetto.”
Ci accostammo così dietro quel enorme armadio, che conteneva un’ampia varietà di soffici asciugamani e accappatoi. 
L’attesa sembrava interminabile. Riuscivo a sentire il fiato caldo di Sherlock, che si trovava al mio fianco, che si faceva sempre più agitato a mano a mano che i minuti passavano. 
Finalmente la porta del bagno si aprì ed entrò un ragazzo leggermente robusto, e si fermò ad aspettare.
“È Mark.” sussurrò Sherlock. 
“Come fai a saperlo?” mormorai più leggermente possibile.
Mi lanciò un occhiata accusatrice, come per dirmi  è  ovvio che io so come è fatto Mark, cosa me lo chiedi a fare? Piuttosto perché tu non lo sai?
In quel momento si aprì nuovamente la porta ed entrò un altro ragazzo, più basso del primo, e vestito di tutto punto.
Si avvicinò con passo deciso a Mark, fino a trovarsi a faccia a faccia con lui.
Lo sconosciuto prese il colletto del ragazzo e, con una leggera spinta, lo sbatté contro la parete di piastrelle del bagno.
Non riuscivo a scorgere i loro sguardi, a causa della luce soffusa, ma non faticai ad immaginarli iniettati di odio.
“Adesso lo ammazza.” sussurrai a Sherlock “Se la situazione degenera io intervengo.”
Il volto dell’aggressore si avvicinò ancora di più a quello dell’altro ragazzo poi, contro ogni logica, Mark lo baciò. sulle labbra.
Rimasi pietrificato. Non riuscivo a muovere nemmeno le palpebre dalla sorpresa.
“Non vedevo l’ora di rivederti..” sentii mormorare lo sconosciuto che, a quel punto, pensai fosse l’amante di Mark e non il nostro geniale M.
“Non dirlo a me, Ian!” rispose con slancio egli, riprendendo a baciarlo appassionatamente.
Riuscii a spostare il mio sguardo verso Sherlock, il quale aveva gli occhi spalancati e gli angoli della bocca all’ingiù, segno di estrema delusione: le sue deduzioni si erano rivelate totalmente errate.
“Usciamo.” mi ordinò duramente.
Sgattaiolammo velocemente da dietro l’armadio all’anticamera, poi, più veloci della luce, uscimmo dal bagno. Per fortuna i due amanti non si erano accorti di nulla: sia grazie al fatto che la porta era ben oliata e quindi non faceva il benché minimo rumore, sia grazie al fatto che erano completamente intenti a fare dell’altro.
Sherlock si schioccò una mano in faccia borbottando: “Che stupido, che stupido, che stupido!”
“Ci poteva immaginarsi che… quei due… insomma…” la mia voce mi morì in gola. 
“Invece era ovvio! Erano messaggi per appuntamenti romantici, non biglietti da parte di M! erano troppo visibili e rintracciabili! È ovvio che M usa un altro metodo! Che stupido che sono!”
Detto questo si avviò a grandi passi verso le scale che portano ai piani inferiori.
“Aspetta!” gli gridai, infischiandomene dell’ora tarda ed incominciando ad inseguirlo.
“Quello era il prefetto di Tassorosso.” continuò il mio amico, seccato “quindi per lui non è un problema fissare i luoghi degli appuntamenti. Per questo sapeva la parola d’ordine del bagno! È un prefetto, cazzo!”
Sherlock era visibilmente adirato. Molto adirato.
“Probabilmente si conoscono da molto tempo. Il modo con cui utilizzano il libro di Cura delle Creature Magiche per scrivere i loro messaggi  è molto ingegnoso, però è un’idea che verrebbe in mente soprattutto a dei ragazzini dei primi anni, prima, cioè, che apprendano le conoscenze magiche approfondite. Perché utilizzare un metodo del genere quando puoi incantare i messaggi? No, era il loro modo di comunicare fin da quando erano ragazzini. Ma a poco a poco la loro amicizia si è trasformata in qualcos’altro, in qualcosa di più.” 
Sherlock spostò i suoi occhi verso i miei, come per analizzare la mia reazione. I nostri sguardi rimasero incollati per un lunghissimo istante, un istante dove nessuno dei due riusciva a trovare le parole per continuare il discorso. Sentii le mie guance accaldarsi, così distolsi lo sguardo, mettendo fine a quel contatto invisibile. 
 “Dunque..” continuò Sherlock, leggermente titubante, ma riprendendo ben presto il suo tono normale “Si sono ritrovati ad essere amanti. Ma si sono dichiarati non molto tempo fa, altrimenti non si spiega il cambiamento d’umore di Mark con la fidanzata.”
“Già, Samantha.” mormorai, poi aggiunsi, con tono più alto:  “È la sua fidanzata!”
“Domani avrà una bella notizia..” commentò sarcastico il Serpeverde.
“Non hai capito il punto! È fidanzato con una ragazza!”
Sherlock arrestò il suo andamento e mi osservò interrogativo.
“Anzi, meglio dire..” continuai “si sta facendo con un ragazzo!”
“Si, ho visto.” rispose secco il mio amico, probabilmente  non afferrando il nesso.
Come non faceva a cogliere il punto?
“Sono due maschi!” esclamai in modo quasi isterico.
“Non pensavo ti facesse così fastidio.” poi aggiunse, dopo qualche secondo “Devi vedere il fatto dal punto di vista analitico. Abbiamo fallito: questa è la cosa principale, non loro due che si stanno.. Uhm.. Baciando nel bagno dei prefetti.”
Rimasi interdetto per un bel po’, poi dissi: “Hai ragione. È solo che.. Mi sembra strano .. Sai..”
“Quello che interessa a me è che abbiamo fatto un buco nell’acqua e che non abbiamo scoperto nulla sul conto di M.”
Il mio amico non aggiunse nient’altro, finché arrivammo davanti al ritratto della Signora Grassa, dove mi concesse un frettoloso saluto.
 
Che caso che ci è capitato tra le mani! Chi avrebbe mai pensato che quei due erano amanti? La scorsa notte, quindi, non avevano avuto una piccola rissa.. Oddio! 
 
Mancano poche ore alla sveglia.. È meglio che finisca di scrivere in fretta, in modo da riposarmi almeno un po’.. 
E dimenticare questo caso imbarazzante.

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Capitolo 7
*** capitolo sette ***


Una corsa contro il tempo. 
Non troverei frasi migliori per riassumere questa mia giornata. 
Ma andiamo con ordine, ora scriverò quello che è accaduto, per filo e per segno.
 
Mancava poco più di mezz’ora all’inizio delle lezioni. 
Avevo appena fatto capolino nel salotto della mia Casa di Grifondoro, quando i miei amici Stevie, Pulsifer e Harvey mi vennero incontro con un gran sorriso stampato in faccia.
Erano secoli che non passavamo un po’ di tempo assieme, come ai vecchi tempi: ci limitavamo solo a scambiarci qualche battuta alla mattina, alla sera e durante i pasti. La causa di questa mia incuria nei loro confronti è abbastanza ovvia: Sherlock. Tutta colpa sua e delle sue strampalate avventure!
Avevo proposto, ancora qualche giorno dopo il fatto della Stamberga Strillante, di aggregarci tutti insieme in un unico gruppo.. Però ci sono state delle riluttanze, sia da parte del Serpeverde, che trova i miei amici noiosi e stupidi, sia da parte loro, che lo trovano inquietante, asociale e saputello.
Quindi ho dovuto fare la mia scelta.
“Hey, John!” esclamò Stevie raggiungendomi “Vuoi un dolcetto?”
“Un dolcetto?” chiesi, alzando le sopracciglia e osservando l’enorme paniere colmo di zuccotti di zucca che teneva tra le mani. Ma non si trattavano di zuccotti di zucca normali. Oh,no! Avevano tutti quanti una  terrificante glassatura rosa, e, come se non bastasse, erano ricoperti da cuoricini di zucchero blu. L’effetto generale era agghiacciante. Sembravano finti, di plastica.
“Da dove spuntano fuori?” Volevo aggiungere anche un sono commestibili? ma mi trattenni.
“La mia fidanzata mi ha fatto una sorpresa!” sorrise ingenuamente Pulsifer.
“Ne ha sfornati una quantità industriale!” scherzò Harvey. “Quindi serviti pure!”
“E-hm. In verità non ho molta fame.. Come mai questo regalo?” cercai di cambiare discorso. Non avevo nessuna intenzione di avvelenare il mio stomaco con quella porcheria.
“Dai, John! Non dirmi che non te ne sei ricordato!” disse Stevie, dandomi una pacca sulla spalla.
“Di cosa?”
“È San Valentino!” esclamarono tutti e tre contemporaneamente.
“Ah.” emisi, senza espressione “E da quando vi interessa una festività simile?”
“Da quando la ragazza di Pulsifer ci regala una montagna di dolci!” ridacchiò Harvey.
“E da quando le ragazze pretendono un regalo a loro volta.” sospirò Pulsifer, marcando bene la parola pretendono. “Ma almeno dopo ci si diverte insieme!” aggiunse con più animo, facendomi l’occhiolino.
“Come minimo!” risi io “Cosa avete pensato per le vostre ragazze?”
“Uhm, io ho optato per un braccialetto.” rispose Pulsifer.
“Ah, io invece farò sbocciare delle rose rosse appena lei entrerà in classe!” rispose Stevie, visibilmente orgoglioso della sua trovata.
“Io nulla. Mi manca l’ingrediente principale: una ragazza.” disse con un ghigno Harvey “Ma potrei provarci con la nuova prof di Difesa Contro le Arti Oscure! L’ho incrociata nel corridoio appena ieri!”
“Oh! Finalmente hanno trovato una supplente!” dissi io. Il vecchio insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure aveva avuto alcuni seri problemi di salute appena dopo le vacanze natalizie e quindi è stato costretto a lasciare la cattedra. Da allora, le lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure erano state sospese.
“Esatto! E che bomba, ragazzi!”
“Come si chiama?” chiesi, curioso.
“Professoressa Adler. Il nome mi pare sia Irene.” meditò Harvey. “Comunque è una figa pazzesca! Si aggira come una pantera! E ha degli occhi magnetici che sembrano scavarti dall’interno..”
Ci fu un coro di fischi di approvazione da parte mia e da il restante della compagnia. 
“Dovrò stare attento, durante la prossima lezione!” sghignazzai.
“Tu invece, con chi passerai il San Valentino?” mi domandò Stevie, con malizia.
“Oh..” mormorai imbarazzato “Con nessuno in particolare..”
“A parte il tuo Serpeverde, ovviamente.” canzonò Harvey.
“Ancora con questa storia!” esclamai, avvampando.
Il trio si mise a ridere, vedendo il mio viso mutare di colore così all’improvviso.
“Dai, non te la prendere!” si giustificò Pulsifer “Una piccola vendetta per il fatto che ci hai tralasciati in questo ultimo periodo!”
Abbassai gli occhi, leggermente in colpa.
Pulsifer mi mise una mano sulla spalla, dicendomi:”Non ce la siamo presa. Abbiamo capito che stai meglio con lui che con noi.”
Sentii una stretta allo stomaco. Cosa stavano alludendo? 
Alzai gli occhi e osservai le loro facce sinceramente compassionevoli.
“Non stiamo mica insieme!” affermai.
“Nessuno ha detto questo..” disse Harvey, corrucciando la fronte. 
“Ah.. Beh… va bene.” sbiascicai imbarazzato: forse mi stavo dando troppe paranoie? “Beh, tra poco inizia la lezione di trasfigurazione.. È meglio che vada.”
Sgattaiolai via, dandomi mentalmente dello stupido.
 
Sherlock era già seduto al suo solito posto, tutto il materiale era disposto ordinatamente sopra il banco, pronto per essere utilizzato.
Mi sedetti di fianco a lui, precipitando letteralmente sulla sedia. Non vedevo l’ora che finisse quella giornata.
Misi distrattamente una mano nella tasca destra del mantello e sentii della carta sfrusciare al contatto con le mie dita.. Cosa poteva essere? Ma certo! La lettera di Molly! Me ne ero completamente dimenticato!
La tirai fuori, dicendo a Sherlock: “Questa è per te.”
Il Serpeverde alzò immediatamente i suoi occhi dai libri, per posarsi prima sulla lettera, per poi spostarsi su di me, analizzando la mia espressione, ed infine ritornare sulla busta rosa.
Sentii delle risatine soffocate provenire da alcune ragazze sedute sui posti appena dietro ai nostri.
Realizzai in quel momento che era il giorno di San Valentino e io stavo consegnando ad un ragazzo una lettera rinchiusa in una busta rosa.
“Non è da parte mia!!!” gridai immediatamente, imbarazzato. Che figura di merda! Desiderai in quel momento che il terreno si aprisse sotto di me e mi inghiottisse..
“Uhm. L’avevo capito.” sottolineò Sherlock, prendendo la lettera e ponendola distrattamente sopra il banco “Era parecchio improbabile che fosse da parte tua.”
Grugnii a quelle parole, sentendo le mie guance prendere fuoco. Sono o non sono un perfetto imbecille?
L’insegnate, intanto, era appena entrata e aveva cominciato la sua lezione. Sherlock incominciò a scarabocchiare in modo annoiato alcuni appunti. Aveva abbandonato la lettera ancora sigillata sopra il banco, come se non avesse nessuna importanza.
“Non la apri?”mi sfuggì.
“Uhm?”
“La letter- Ok. Lascia perdere.” mi rimangiai le parole. In effetti era una cosa personale: la mia curiosità non era per nulla giustificata.
“So già quello che c’è scritto.” disse sicuro “E so anche chi l’ha scritta.”
“Davvero? Non ci credo mica!”
“Ho osservato che ti eri dimenticato di averla messa in tasca. Probabilmente una ragazza ieri ti ha incaricato di consegnarmela. Una ragazza della tua Casa, immagino, non della nostra età, altrimenti sarebbe qui. In più solo una persona userebbe quel tipo di busta da lettera. Molly Hooper.”
“Impressionante.. Ma.. La conosci?”
“Si, è la coordinatrice del gruppo di pozioni. È una persona in gamba quando si mette al lavoro. Per il resto è insignificante. “
Rimasi in silenzio per un paio di minuti poi aprii bocca: “Non pensavo fosse la coordinatrice del gruppo di pozioni. Credevo fosse un Serpeverde che svolgeva questo ruolo.. “
“Da qui capisci che è veramente brava.”
“Sapevo che aveva talento per quella materia.. Aspetta, ma tu fai parte del gruppo di pozioni?”
Il mio amico fece un sorriso sghembo: “Ne facevo parte. Poi un giorno decisi di fare un esperimento e feci saltare in aria mezza vetreria. Da allora sono stato bandito.”
“Chissà perché questa cosa non mi sorprende..” sbuffai.
Poi la mia bocca parlò, soprapensiero:“E… come vi siete conosciuti?” 
Il mio amico alzò gli occhi al soffitto: a lui gli interrogatori non gli sono mai piaciuti.
“Chi se lo ricorda! So solo che era l‘unica persona che cercava di rivolgermi la parola.”
“Ah.” 
Passarono alcuni minuti, poi domandai, senza tenere a freno la mia curiosità: “E come fai a sapere quello che c’è scritto?”
Sherlock girò gli occhi verso di me con fare annoiato:  “È San Valentino. Ci sarà scritto sicuramente qualcosa di sdolcinato, forse una proposta di uscire assieme. Cosa che io declinerò, ovviamente. Le ragazze non mi interessano. E, in più, lei è così noiosa!”
“Poveretta! Non puoi trattarla in questo modo!” 
Le parole del mio amico erano state veramente sgarbate, però mi sentii stranamente più leggero.
“Non voglio illuderla. Anche se..” iniziò.
“Anche se?”
“Potrebbe essermi utile per preparare una certa pozione che avevo pensato di fare..”
“Non vorrai sfruttarla in questo modo?”
“Perché no? Lei sarà più che felice di aiutarmi.”
Aprii la bocca per ribattere, ma in quel momento la professoressa ci sgridò: “Hey, voi due la in fondo! Avete finito di fare questa cagnara? Alla prossima parola perderete 10 punti a testa!”
Sherlock sorrise, mentre io cercavo di sprofondare, ovviamente con scarso successo, la mia testa nel libro di testo, sperando di risultare invisibile al resto del mondo.
 
“Come immaginavo.” sibilò Sherlock appena aprì la busta “Mi chiede di trovarci questo pomeriggio al cortile interno, per dirmi qualcosa di importante.”
Era appena finita la lezione e stavamo percorrendo il lungo corridoio che porta all’entrata principale del castello. Tra non molto sarebbe iniziata l’ora di Erbologia per me, mentre per lui era in programma un’ora di Cura delle Creature Magiche.
“Hai intenzione di andarci?” chiesi, gelido.
“Si.”
“Sempre per la storia della pozione?”
“Certo, per che altro, sennò?”
“Guarda che si aspetterà qualcosa da te..”
“Mah.” sbiascicò scettico.
“Non puoi trattarla come se non avesse sentimenti!” lo sgridai, quel suo comportamento era veramente insopportabile.
“Sopravivrà.”
Sbuffai sdegnato. “Sei una macchina.”
Sherlock sorrise e non aggiunse altro.
 
Era finalmente giunta l’ora di pranzo, le lezioni erano concluse e mi aspettava un pomeriggio di libertà.
"Intanto Sherlock si troverà con Molly, la convincerà a fare quella stramaledetta pozione e… e poi? Mah! Non riesco proprio a capire perché continuo a pensarci! Sono fatti suoi alla fin fine!" mi ritrovai a pensare.
Mi avviai con fare deciso verso la mia Casa, quando vidi proprio Sherlock venirmi incontro.
“Ti ha mandato a quel paese?” gli  rinfacciai.
“Non si è proprio presentata.” rispose egli fermamente.
Lo guardai straniato. “Cosa?”
“Hai capito bene. Non c’era.”
“Mi sembra strano.. Sembrava così.. Determinata..” mormorai incredulo.
“Al posto suo c’era questo.” continuò il Serpeverde, mostrandomi un cioccolatino avvolto da una luccicante carta rossa.
“Tutto qui? Forse qualcuno se l’è dimenticato.”
“Lo penserei anch’io se non fosse il terzo che trovo quest’oggi.”
“Il terzo?” 
“Si. Il primo questa mattina. Appena mi sono svegliato ho trovato un cioccolatino simile sopra il mio comodino. Il secondo in classe, sopra il mio banco. E infine questo.”
“Cosa vogliono dire?” chiesi, leggermente preoccupato.  
“Sono un messaggio di sicuro.. Forse centrano con la scomparsa di Molly.” rispose il mio amico, tirando fuori dalla tasca del suo mantello altri due cioccolatini.
“Aspetta..” iniziai, osservando meglio quei dolcetti “Non sono mica quelle praline che hanno al loro interno un biglietto con scritto una frase d’amore?”
Sherlock li guardò da vicino: “Non ne ho idea.. Non ho mai mangiato dolci di questo genere..Però.. Se così fosse..” Incominciò a scartarne uno, separando la carta dal cioccolatino vero e proprio. Un minuscolo bigliettino apparve, ma era completamente bianco.
“Non c‘è scritto nulla!” grugnì con rabbia il mio amico.
“Ovvio. Devi mangiarlo per fare in modo che si scriva una frase. Sono cioccolatini incantati, tipici di San Valentino. Compare una frase differente in base alla persona che mangia la pralina.” ridacchiai. Può essere la persona più geniale di questo mondo in fatto di deduzioni, logica, pozioni e incantesimi, ma per le semplici cose di tutti i giorni è proprio una frana.
Sherlock mi guardò intensamente, poi mise velocemente il cioccolatino in bocca.
Incominciò ad apparire una frase, all’inizio sbiadita, poi sempre più nitida, finché divenne completamente leggibile quando Sherlock deglutì dal tutto il suo boccone.
Sul biglietto c’era scritta questa breve frase:
Ti piacerebbe giocare con me? M.
 
Rimanemmo immobili, senza muovere un muscolo. 
Fu Sherlock il primo a parlare: “M. Dietro questo c’è M!”
Poi, di getto, scartò i restanti due cioccolatini e li ingurgitò, uno dopo l’altro, in modo famelico. 
“Mioddio, Sherlock! Non ti strozzare!” lo rimproverai.
Intanto si erano formate altre due frasi.
La prima era:
Che onore! Il grande Sherlock Holmes vuole giocare con me! Ah, Molly ti saluta! M.
 
Quindi Molly era stata rapida da M! Per questo non si era presentata all’appuntamento! 
La seconda frase era molto più ambigua:
 
San Valentino: il giorno perfetto per far sbocciare i fiori dell’amore!
Stai attento a non farti pungere, però! X M.

 
Cosa voleva dire? 
Intanto Sherlock mi disse, ancora con la bocca impastata dalla cioccolata masticata in modo così vorace,: “È un enigma! Dobbiamo risolverlo, così troveremo Molly. E M.”
Gli occhi di Sherlock luccicavano. 
“Si..” mormorai “Ma cosa… Insomma! I fiori dell’amore? Cosa significano?”
“Ci vuole attirare in un posto in particolare. È come..una caccia al tesoro.”
Osservai la sua espressione eccitata e mi spaventai un poco. Una qualunque altra persona normale avrebbe trovato terrificante tutto questo, mentre lui era entusiasta, realmente entusiasta. Gli fremevano le mani alla sola idea di incontrare M. e di trovarsi a faccia a faccia con il suo, fin ora invisibile, nemico.
“Guarda qui. Sbocciare, fiori e spine. Tutto rimanda ad un solo posto! La serra!” 
Detto questo il Serpeverde iniziò a correre, diretto verso il giardino esterno del castello.
“Spero che la tua deduzione sia corretta!” gli gridai, dietro di lui.
 
Quando entrammo nella serra un’umidità micidiale ci avvolse. Attorno a noi c’erano un sacco di specie differenti di arbusti, molti dei quali velenosi o che liberavano un tanfo disgustoso appena li smuovevi.
“Dobbiamo trovare dei fiori!” gridò Sherlock, correndo attraverso quei stretti passaggi che separavano un tipo di pianta dall’altra.
Lo seguii senza aprire bocca, finché arrivammo davanti ad una vasta aiuola, tutta ricoperta da rose rosse incantate. Un solo graffio con le loro spine provoca la morte istantanea, ma la loro bellezza era impareggiabile. Proprio al centro dell’aiuola si poteva osservare una rosa che superava le altre in altezza, e, proprio sopra alla sua corolla, fluttuava il cioccolatino. 
“Eccolo!” esclamai.
Sherlock non perse tempo e disse, sfoderando la bacchetta: “Accio cioccolatino!
Il dolce sfrecciò verso la sua direzione e lui lo afferrò con presa sicura. Si mise a scartarlo e lo ingoiò senza fiatare. 
Comparve anche questa volta un altro messaggio da parte di M, questa volta più lungo rispetto ai precedenti:
 
Il primo punto è stato facile! Non ti preoccupare, era soltanto l’antipasto.
Ora arriva il primo piatto: ma stai attento a non farti male! Alcuni ingredienti possono essere esplosivi!
Molly non vede l’ora di vederti! XX M.

 
“Vuole veramente giocare con te, Sherlock.” dissi “Dovresti lasciare perdere e chiamare qualche insegnante.”
Il mio amico si girò verso di me, con gli occhi sgranati: “Stai parlando sul serio? Chiamare gli insegnanti? Abbiamo M tra le mani e tu vuoi chiamare gli insegnanti?”
Mi sentii leggermente offeso: “Si sta prendendo gioco di te! Non lo capisci?”
“Questa è una battaglia tra me e lui. Cosa pensi che faccia M se lo dico ai professori? Se fossi in lui ammazzerei  Molly. Cosa credi che gli serva un ostaggio? ”
“Sherlock!!” lo sgridai, ma non riuscii a trovare altre parole da aggiungere: quello che aveva detto era semplicemente malvagio. Mi ricordai poi che era un freddo Serpeverde. Cosa ci si poteva aspettare di più da uno di loro?
“John, per favore. Non fare il moralista adesso. Non è il momento adatto.”
“Non ho detto nulla.” 
“Certe volte i tuoi pensieri sono veramente rumorosi.”
Ci scambiammo un’intensa occhiata, quasi in cagnesco. Nessuno dei due aveva intenzione di cedere davanti gli occhi dell’altro, io più di lui, sicuramente. Ma quello sguardo era troppo profondo: era un vortice che poteva risucchiarti e spedirti in un’altra dimensione.
“Va bene, Sherlock.” dissi, senza interrompere quel contatto visivo “Ma non fare pazzie.”
“Chi le ha mai fatte?” sorrise.
 
“Le parole ingredienti ed esplosivi, mi inducono a pensare che la nostra prossima meta sarà l’aula di pozioni.” cominciò Sherlock, mentre uscivamo dalla serra. 
“Pure io avevo avuto la stessa idea.”
“Oh, bene! Visto che pure tu hai cominciato a ragionare?”
 Nel suo tono non c’era nessuna sfumatura di presa in giro. Gli lanciai un’occhiata torva, ma lui non aprii bocca. Certe volte capisco il perché non abbia mai avuto amici, prima di me.
 
Non fu molto difficile trovare il cioccolatino seguente. Era nascosto dentro un calderone di riserva, all’interno all’armadio degli ingredienti esplosivi. Ovviamente la presenza del calderone in quel luogo non era prevista, quindi lo rimisi al suo posto, dopo che Sherlock ebbe raccolto il cioccolatino e lo ebbe ficcato in bocca.
Mi mostrò la frase che si era creata:
Ed ecco il secondo piatto!
Ma vacci piano, mio caro Sherlock, bisogna stare leggeri se si vuole arrivare in alto!
Non vorrai rischiare un’indigestione!
Molly sta letteralmente morendo dalla voglia di vederti! XXX M.

 
“Cosa vorrà dire?” chiesi, leggendo quel foglietto.
Sherlock incominciò a riflettere intensamente, congiungendo le punta delle dita e chiudendo gli occhi. “Arrivare in alto.. Arrivare in alto.. Ma certo!” esclamò con foga poi “La torre dell’orologio! È la zona più alta del castello! Andiamo John!”
Sherlock riprese a correre, senza lasciarmi nessuna possibilità di replicare o di commentare. 
 
Quando entrammo nell’ultima sala della torre, quella dove contiene tutti i meccanismi necessari per far funzionare al meglio l’immenso orologio, avevamo tutti e due un fiatone mostruoso. Un’altra rampa di scale e probabilmente mi sarei accasciato a terra esanime. Gli enormi pistoni che muovevano le lancette dell’orologio creavano un profondo e regolare tonfo che sovrastava i nostri respiri forzati.
Quando finalmente riuscimmo a riprendere fiato, incominciammo a cercare in giro per la stanza, mormorando continuamente l’incantesimo di richiamo. Ma nessun cioccolatino ci venne incontro.
“Come è possibile?” chiese adirato il mio amico.
“Abbiamo sbagliato posto?” domandai flebilmente io.
“Non è possibile! Come ho fatto a sbagliarmi? Arrivare in alto! Più in alto di così!” Sherlock mi indicò l’enorme finestra che dava all’esterno. Si poteva vedere tutto il cortile del castello e buona parte del giardino e della foresta proibita. Il mio occhio poteva scorgere perfino il campo da Quidditch, e il Lago Nero.
“Il Quidditch.” mormorai, indeciso.
“John, non è certamente il momento adatto per pensare allo sport, adesso!”
“No, Sherlock! Questa volta sei tu a non aver capito! Il campo da Quidditch! Quando sei in groppa ad una scopa puoi volare ancora più in alto di dove siamo ora!”
Sherlock spalancò gli occhi: “Adesso ho capito! Non vorrai rischiare un’indigestione c’era scritto! Ma ovvio! È sconsigliato mangiare troppo prima di volare con la scopa!”
Poi si avvicinò a me e mi afferrò le spalle con fare energico: “John, sei un genio! Un genio! Come farei senza di te?” 
“Co-cosa?” squittii sbalordito.
Sherlock lasciò la presa dicendomi: “Cavolo, John, ti ho sottovalutato! Veramente!”
Non sapevo cosa rispondere: non ero abituato a tale entusiasmo da parte sua.  L’unica cosa che fui capace di dire fu un flebile “Non c’è di che.” mentre il mio amico scendeva i gradini delle scale a due a due.
 
Non trovammo molta difficoltà ad introdurci all’interno del campo da Quidditch. Anche se l’entrata era chiusa a chiave, l’incantesimo Alohomora rese l’impresa facile come bere un bicchier d’acqua.
Proprio al centro del campo di gioco trovammo il nostro cioccolatino, il quale fu immediatamente scartato e mangiato da Sherlock. 
Comparve questa frase:
Siamo così giunti al dolce! La portata più preziosa del nostro gioco! Da esso dipende la buona riuscita della cena!
Un ottimo dessert può perfino essere ricordato dai posteri!
Molly si sta veramente spazientendo. Tra non molto penserà di andarsene! XXXX M.

 
“Potrebbe riferirsi alla cucina, con tutte queste allusioni culinarie..” dissi, con tono piatto.
“No, ha solo deciso di continuare con lo stesso tono di tutti gli altri messaggi.” puntualizzò il mio amico.
“Già.. Allora teoricamente dovrebbe essere l’ultimo. Dopo il dolce non c’è nient’altro.”
“Così sembrerebbe..” 
“A parte il caffè, certo, ma allora così  andiamo avanti all’infinito.” mormorai, senza farmi sentire da Sherlock.
“La parola preziosa e ricordato dai posteri  sono certamente le più significative.. Ma a cosa si riferiscono?!” Il mio amico cominciò a girare intorno a sé, incrociando le braccia con fare meditativo. 
Poi si bloccò, sbattendo il suo pugno sul palmo della mano: “Ma certo! La cosa più preziosa per la carriera di uno studente è vincere dei premi scolastici! Per essere poi ricordato dalle generazioni successive attraverso coppe,  medaglie e fotografie! Che si possono facilmente vedere nella Stanza dei Trofei!”
“Effettivamente potresti avere ragione! Non troverei altre associazioni soddisfacenti!” esclamai.
“Sbrighiamoci allora! Tra poco il sole tramonterà e non vorrei che sia troppo tardi!” disse il mio amico, avviandosi verso l’uscita del campo da Quidditch.
 
La Stanza dei Trofei si trova al terzo piano del castello e non viene mai chiusa a chiave. Quando entrammo un silenzio sovraumano ci assalì, amplificato dal fatto di essere circondati da bacheche colme di cianfrusaglie commemorative e poster incantati che mostravano antiche partite di Quidditch vinte da studenti che non facevano più parte della scuola ormai da anni. L’atmosfera in generale mi metteva a disagio, forse anche perché sapevo che quello era un luogo dove venivano ritratti e ricordati soltanto le personalità più dotate, più brillanti e più intelligenti di Hogwarts, mentre io faticavo solamente per avere una media più o meno decente. Non mi sentivo affatto all’altezza di quel luogo.
Sherlock invece sembrava non curarsene affatto. Si muoveva con spavalderia tra le bacheche, senza degnare di uno sguardo quegli studenti meritevoli. E come biasimarlo, l’unica cosa che probabilmente aveva in mente in quel momento era il suo nemico M
“Sherlock Holmes!” vibrò una voce nel silenzio, di ignota provenienza “E il suo amico John Watson! Vi stavo aspettando!”
Il mio amico ed io ci arrestammo immediatamente, incominciando a guardarci intorno per capire da dove proveniva quel suono.
“Vieni fuori!” gridò Sherlock alla stanza.
Una figura spuntò da dietro un’armatura: “Quanta fretta! Potrei pensare che questo gioco non ti stia divertendo!”
Il ragazzo che ci trovammo davanti era leggermente più basso di Sherlock, i due grandi occhi scuri sembravano molto divertiti, in un modo così fanciullesco da sembrare quasi completamente pazzi, mentre gli angoli della bocca erano allargati in un sorriso sprezzante.
M.” mormorai.
“Moriarty.” spiegò lui, con tono saccente. “Si tratta dell’iniziale del mio cognome. Ma chiamatemi pure Jim.”
Sherlock lo squadrò da cima a fondo: “Moriarty.”
Il moro sbuffò: “Va bene. Probabilmente vi starete chiedendo del perché di questo gioco..”
“Sarebbe stato maleducato da parte tua non mostrarci la tua identità.” finì il mio amico.
Gli occhi di Jim luccicarono di ammirazione. “Si, molto maleducato. E svantaggioso nei vostri confronti. Finalmente sono riuscito a trovare una persona capace di tenermi testa! Sarebbe stato troppo semplice eliminarti, Sherlock Holmes, senza che tu sappia chi io sia. Quindi ho pensato che sarebbe stato più divertente mostrarmi ai tuoi occhi. Soprattutto dopo che hai fatto tutta quella fatica per rintracciarmi!”
Il mio amico rimase in silenzio, senza staccargli gli occhi di dosso.
“Sono veramente felice di averti finalmente conosciuto di persona, Sherlock Holmes. Ma sono anche molto arrabbiato con te.” continuò Moriarty, sempre con quel tono canzonatorio che mi faceva venire i nervi.  “Uccidere la mia bestiolina tanto carina! Dopo tutti gli sforzi che avevo fatto per darle vita! È stato veramente, veramente crudele da parte tua.”
“Stai parlando del ratto zombi?” chiesi 
“Oh, povero Johnny, ti sto escludendo dalla conversazione!” sbiascicò mieloso, per poi gridare:“Si, proprio lui!”
L’eco della sua voce rimbombò per la sala, finché si spense , facendo ripiombare la stanza nel silenzio più completo, finché Sherlock parlò: “Stava per ammazzare uno studente.”
Jim si mise a ridere: “Come se a te importava qualcosa!”
Il mio amico rimase impassibile.
“Quello che interessava a te era avere un caso tra le mani.” continuò seriamente Moriarty “Avrei fatto pure io la tua scelta. Ma il fato ha voluto che uccidessi la mia adorata creatura. E questo non lo sopporto.”
“A cosa ti serviva un mostro del genere?” domandai a quel pazzo.
“Non sono l’unico a svolgere degli esperimenti per conto mio, in questa scuola. Soprattutto se i risultati ti rendono potente e possono farti controllare metà Hogwarts.” 
“Non è possibile.” mormorai sarcastico.
“Non mi credi, Johnny? Chi pensi che consultano gli studenti in difficoltà? Chiunque ha un problema di vendetta o che riguarda l’infrangere regole, chiama me. Inizialmente mi sporcavo le mani io stesso, poi sono riuscito a formare una cerchia di collaboratori che fanno tutto per conto mio. Vengono ricompensati pienamente, cosa credete! E non hanno neanche paura di essere scoperti, giacché molti insegnanti sono dalla mia parte!”
“Anche gli insegnanti?” chiesi, quasi gridando.
“Cosa credi, Johnny, che sia un’organizzazione campata per aria? No,no, no ,no, no!” Moriarty fece una faccia somigliante ad un cucciolo bastonato.
“E gli animali zombificati ti aiutano nel tenere sotto controllo la gerarchia.” parlò Sherlock.
“Ovviamente. Loro ascoltano solo i miei ordini, e sono veramente difficili da battere.” ammiccò Jim.
“Quanti altri ne hai creati?” gridò il mio amico.
“Maaaaaaah!” il moro roteò gli occhi “Chissà!”
Sherlock sfoderò la bacchetta e la puntò contro Jim, il quale si mise a sghignazzare: “Cosa pensi di fare? Colpirmi? Che cosa pessima!”
“Dov’è Molly?” domandò a bruciapelo Sherlock.
“Oh, la ragazza! È stato veramente facile convincerla di seguirmi!” disse Moriarty imitando una voce infantile.
“Dov’è?” ripeté Sherlock.
“Da qualche parte..” rispose Moriarty con lo stesso tono di prima.
Sfoderai pure io la mia bacchetta, pronto a colpirlo, se fosse stato necessario.
“Pure Johnny vuole attaccarmi! Sono in svantaggio!” disse con fare beffardo, alzando tutte e due le mani sopra la sua testa. 
“Di un’altra parola e sei un mago morto.” sputai.
Moriarty divenne immediatamente serio e mi disse: “Colpiscimi.”
Nessuno può prendersi gioco di me in quel modo. Così feci la prima cosa che mi passò per la mente, cioè lanciargli uno schiantesimo centrando in pieno il suo petto.
Stupeficium!
Il bagliore dell’incantesimo attraversò la figura di Moriarty, lasciandolo completamente incolume. 
“Cosa? Come è possibile?” esclamai, non credendo ai miei occhi.
Jim, nel frattempo aveva cominciato a ridere come un folle.
“Non è realmente qui.” spiegò Sherlock “Ha creato una copia immateriale di sè stesso!”
“No, non è una copia, mio caro Sherlock. In questo momento sono nella mia bella Casa di Serpeverde, senza che nessuno sospetti di nulla. La tua stessa Casa, Sherlock! Che coincidenza, vero?” lo beffeggiò Moriarty “ Sai, avevo previsto che il tuo amico avrebbe cercato di colpirmi. Ma non mi sono mica presentato a te, Sherlock, per combattere. Non adesso, almeno. Volevo solo conoscerti di persona! Ed è stata un’esperienza meravigliosa!”
“Vai a farti fottere!” gli urlai.
“Johnny! Ma chi ti ha insegnato le buone maniere? Bene, ora vi lascio, così faccio felice il tuo amabile amico, Sherlock. Ciaoooo!”
“Aspetta, dov’è Molly?” gridò Sherlock, mentre la figura di Jim si dissolveva. L’unica cosa che fummo capaci di udire fu un “Cercate!” ormai lontano.
 
Alla fine riuscimmo a trovare la povera Molly. Era rinchiusa all’interno di una stretta armatura, priva di sensi. L’aria all’interno di quella prigione di ferro era quasi terminata: mancava veramente poco alla tragedia.
La portammo immediatamente all’infermeria, dove venne stesa su un morbido letto. 
Madama Chips ci assicurò che tutto sarebbe andato bene, non era successo nulla di grave, era solo svenuta e nient’altro.
 
Così ora sappiamo il vero volto di M, cioè Moriarty. Era vero quello che ci ha raccontato nella Stanza dei Trofei? Ha veramente sotto il suo controllo metà Hogwarts? Utilizza veramente degli animali zombificati per ampliare il suo potere? 
Se  è così, cosa potremmo mai fare io e Sherlock contro di lui? 
 
Tutto questo mi riempie il cuore d’angoscia. 

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Capitolo 8
*** capitolo otto ***


Sherlock e io siamo immischiati in una situazione veramente complicata. Sappiamo dell’esistenza di Moriarty, sappiamo chi è, all’incirca sappiamo anche quali sono i suoi obbiettivi, ma non abbiamo la possibilità di fermarlo.
Non abbiamo nessuna prova tangibile che lo incolpi di essere il capo di un’organizzazione che aiuta gli studenti a vendicarsi e a compiere atti criminali.
Dall’ultima volta che ho scritto come si è manifestato ai nostri occhi, continuiamo a scorgerlo nei corridoi, nelle aule, nella Sala Comune, durante i pranzi e le cene, e noi non possiamo fare assolutamente nulla.
Anzi, come per accentuare questa nostra situazione di impotenza, Moriarty ci saluta ogni volta in modo espansivo, enfatizzando ogni singolo gesto, mentre noi ricambiamo lanciandogli gelide occhiate colme d’odio. Ma nulla di più.
Un giorno Sherlock provò a pedinarlo.
All’inizio sembrava non essersene accorto, infatti Sherlock mi raccontò che era riuscito a seguirlo fino a pochi passi dalla foresta proibita. Poi cambiò improvvisamente itinerario, avviandosi prima verso la casa del guardiacaccia, poi verso la serra, per poi ritornare al castello, facendo un giro assurdamente lungo e arzigogolato. Ad un certo punto Moriarty, mentre stava percorrendo il corridoio che portava alla Casa di Serpeverde, domandò con nonchalance, senza voltarsi, : “Allora,Sherlock, piaciuta la passeggiata?”
Così il mio amico fu costretto ad uscire allo scoperto e ad abbandonare il suo intento.
In poche parola la situazione è stagnante.
E questo non fa altro che incrementare il malumore di Sherlock.
“Prima o poi si fregherà.”gli dissi, cercando di consolarlo, almeno un po’.
“È furbo! Maledettamente furbo! Sapeva che anche se si fosse mostrato a noi, non avrebbe corso nessun pericolo!”
Ci stavamo avviando verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure. Finalmente le lezioni di questa materia erano ricominciate, dopo un periodo di stallo lungo ben due mesi.
“Chissà come sarà la nostra nuova insegnante..” cercai di cambiare discorso.
Sherlock grugnì: “Spero che sia competente. Già è scandaloso il fatto che ci hanno messo così tanto a trovare una supplente!”
Sherlock spalancò in malo modo la porta dell’aula e si avviò con passo sicuro verso gli ultimi banchi. Io lo seguii senza aggiungere altro, per non amplificare il suo nervosismo.
L’aula era veramente tetra: le finestre erano coperte da lunghe e pesanti tende nere, che facevano filtrare soltanto la luce necessaria per distinguere i contorni degli oggetti. La luce vera e propria proveniva da un paio di lampadari incantati e da qualche candela fluttuante. In più l’aria era terribilmente pesante, probabilmente per il fatto che la stanza è rimasta chiusa da molto tempo.
In quel momento entrò una donna. Il trucco pesante risaltava perfettamente le iridi chiarissime e le labbra sottili, quest’ultime arricciate in un mezzo sorriso. I suoi capelli castano scuro erano raccolti ordinatamente in una crocchia e indossava un vestito così attillato che il suo scopo era evidenziare le sue forme, più che coprirle.
La quasi totalità dei ragazzi maschi nella stanza spalancò la bocca, stregati.
“Sono la vostra nuova insegnate di Difesa Contro le Arti Oscure.” iniziò la donna, con voce suadente. Schioccò le dita e un gesso scrisse sulla lavagna il suo nome: “Professoressa Irene Adler.”
“Vedo che è da un bel po’ che non fate lezione.” continuò, sfogliando il registro “Siccome non ho idea della vostra preparazione, ora faremo un bel test.”
A quelle parole i ragazzi, che avevano la bocca ancora spalancata da prima, la serrarono con uno schiocco.  Ben presto si levò un mormorio di disapprovazione.
“Non vi preoccupate, il voto non farà media. È solo per sapere il vostro livello.” ci rassicurò, consegnando ad ognuno un foglio con una trentina di domande. “Avete un’ora di tempo. Buon lavoro!”
Abbassai lo sguardo sul compito. La maggior parte delle domande verteva su argomenti a me familiari, il restante non sapevo neppure a cosa si riferissero.
Spostai lo sguardo verso Sherlock, il quale, a capo chino, aveva già iniziato a rispondere, sicuro di sé. 
Sospirai, impugnai la penna e incominciai a scrivere.
 
“Certo che poteva evitarselo.” mugugnai, appena fummo fuori dall’aula.
“Mmm?” 
“Il compito, Sherlock! Nessuno se l’aspettava!” gridai.
“Tanto non fa media.” osservò il mio amico “E poi non era difficile.”
Sbuffai. Anche se non farà media, comunque non è una bella esperienza ritrovarsi a fare una verifica a sorpresa, con domande che chiedevano argomenti di mesi e mesi fa, che non ricordavo neanche più, o che non avevo mai sentito nominare. Non volevo apparire un’idiota fin da subito agli occhi di un nuovo insegnante.
Ma a Sherlock non gli interessano questi discorsi. Non gli importa un accidente cosa pensassero di lui, insegnanti e studenti compresi. In più Difesa Contro le Arti Oscure è una delle sue  materie preferite, quindi probabilmente aveva risposto correttamente a quasi tutti i quesiti.
Sbuffai nuovamente e non aggiunsi nient’altro.
 
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È passata una settimana dall’ultima volta che ho scritto una pagina di diario. Negli ultimi tempi non succede più nulla. Forse mi sono troppo abituato alle scorse avventure passate con Sherlock, che ora la normalità mi appare estremamente noiosa.
Non abbiamo neanche più lo scopo di scoprire l’identità di M… uff… 
In più i casi richiesti dagli studenti non sono nulla di particolare. 
Però devo dire che qualcosa di strano c’è. La professoressa Adler. Non so, forse sono io che devo trovare un qualcosa di misterioso in tutto… ma c’è qualcosa in lei che mi inquieta un po’. 
 
Questa mattina un ragazzino del secondo anno ci ha agguantati in corridoio, chiedendoci disperatamente di aiutarlo a trovare la parola d’ordine di un determinato passaggio segreto.
“Vi prego!! Quel passaggio mi serve! Vi darò quattro cioccorane e un pacchetto intero di tutti gusti +1!”
Sherlock alzò gli occhi al cielo: “Avanti spara. Che tipo di passaggio si tratta?”
Il ragazzino si illuminò: “Quello del ritratto della strega in fiamme! Collega il terzo piano con i sotterranei. Ogni volta mi fa lo stesso indovinello, ma io non riesco a risolverlo!”
“Dimmi questo indovinello.” sospirò il mio amico.
“Allora, fa esattamente così: Ci ha guidati e ci ha protetti, forte di animo e di cuore, ma di color rosso mattone.”
Sherlock parve riflettere un attimo, poi aggiunse: “Ti dirò la risposta tra un’ora esatta. Secondo piano,  vicino allo scalone principale.” 
Detto questo il mio amico lo lasciò, senza lasciargli tempo per replicare o ringraziare.
“Hai qualche idea?” gli chiesi, appena lo ebbi raggiunto.
“Sì, non è affatto difficile.”
“Perché tra un’ora?”
“Devo avere la conferma.”
Lo guardai storto: la cosa non mi tornava.
Sherlcok, vedendo la mia espressione, sbuffò annoiato: “ È ovvio che si parla di un ex preside di Hogwarts, quasi sicuramente morto. Solo un preside potrebbe proteggere o guidare la scuola.”  poi aggiunse, appena vide la mia bocca aprirsi per commentare “Sì, John, sono  perfettamente sicuro che si riferisce ad un preside della nostra scuola di magia. Quasi la totalità dei ritratti si rifanno a fatti o persone che hanno contribuito alla storia di Hogwarts. Il motivo è piuttosto semplice: sono stati dipinti qui e non hanno conoscenza del mondo esterno. E non credo proprio che questo sia un’eccezione.”
Feci per esclamare involontariamente qualcosa del tipo Straordinario! Non ci avrei mai pensato! quando Sherlock mi bloccò, dicendo: “Non c’è bisogno che ti stupisca tanto. Veramente. Non è niente di straordinario.”
Ci rimasi un po’ male, normalmente accoglieva con  piacere i miei commenti, anche se, effettivamente, sono da considerare piuttosto stupidi.
“Non penso che i tuoi commenti siano stupidi, John. È solo che per casi così elementari mi sembrano inutili.”
Sussultai. “Come diavolo… Mi leggi nel pensiero ora?” 
Sherlock si mise a ridere: “No, no! È la tua faccia che ti tradisce!”
Scoppiai inevitabilmente a ridere anch’io. 
Era da tanto che non ridevamo così. Negli ultimi tempi eravamo caduti nella più completa serietà e agitazione, come se fossimo in attesa di un campanello d’allarme che ci avvertisse di un qualsiasi pericolo. 
Tutta colpa di una sola persona: Jim Moriarty.
 
Durante l’ora di Difesa Contro le Arti Oscure, Sherlock mise il libro di Storia della Magia sulle ginocchia, perfettamente nascosto agli occhi dell’insegnante. Così si mise a cercare quale preside potesse avere i requisiti adatti per l’indovinello del quadro. 
“Una cosa da dieci minuti al massimo.” mi aveva detto.
“Se avesti studiato Storia della Magia, avresti già dato la risposta..” mi lasciai sfuggire.
“Oh, oh!” canticchiò di rimando “Allora tu sai chi cerchiamo!”
Arrossii. “E-hm.. In verità…Ok, hai vinto. Conoscere i vari presidi di Hogwarts era un argomento che ho studiato in prima o in seconda.. E ora non mi ricordo nulla.”
Sherlock sghignazzò: “Hai visto che studiare Storia della Magia è inutile? Le nozioni che si imparano con così tanta fatica si dimenticano in così poco tempo!” 
“Girai la testa dall’altro lato, in modo fintamente offeso: “Se ti aspetti che ti dia ragione, stai fresco.”
Il mio amico continuò a prendermi giocosamente in giro, mentre girava le pagine del libro: “D’accordo, John.”
In quel momento entrò l’insegnante, suadente come sempre. 
Tutti gli alunni si alzarono rumorosamente in piedi in gesto di saluto. L’unico che non si degnò neanche ad alzare la testa era ovviamente Sherlock.
“Ho i test della settimana scorsa.” sorrise la professoressa “Non sono andati così male. Pensavo peggio, veramente. Ho capito che dovete ancora fare le Manticore, ma nulla di grave. Sarà il prossimo argomento che tratteremo.” 
La maggior parte degli studenti fece un sospiro di sollievo: il test era andato bene. Un pensiero in meno!
“Tutti sono andati bene… a parte uno. Uno studente in particolare è stato.. Uhm.. Disastroso.” 
La professoressa Adler alzò lo sguardo dai fogli che aveva in mano e guardò l’aula come per scovare il “colpevole”.
La classe si gelò di colpo: questa era una bruttissima notizia. "Chi può mai essere? E se lo studente così disastroso fossi io?"
L’unico che era rimasto calmo era il mio amico, ancora intento a sfogliare il libro di Storia della Magia.
“Vediamo… Chi di voi è Sherlock Holmes?” chiese la donna con tono piatto.
Il Serpeverde si irrigidì: “Cosa?”
“Ah, sei tu.” sorrise la Adler “Non ti preoccupare, l’esito non farà media. Però… dì la verità, non te l’aspettavi? È per questo che hai fatto tutti questi errori?”
Sherlock, per la prima volta davanti ai miei occhi, esitava. Afferrò la penna di fianco a lui e cominciò a sbatterla sul banco con piccoli movimenti nervosi.
 “Non me l’aspettavo.” rispose, dopo un’attesa che mi sembrava infinita.
“La prossima volta andrà sicuramente meglio. La settimana prossima ci sarà compito e questa volta il voto farà media. ” poi aggiunse, rivolta al mio amico “Cerca di impegnarti di più, non voglio più dare voti così negativi.”
 
Appena la lezione terminò, Sherlock uscì dall’aula quasi correndo, con i pugni stretti e lo sguardo furente. Posso confermare che questa era la prima volta che prendeva un voto così basso in Difesa Contro le Arti Oscure.
“Dai, Sherlock!” gridai, raggiungendolo “Non te la prendere! Mica fa media!”
“IO DISASTROSO? Come si permette!” sfuriò egli “Come fa a dire che sono stato il peggiore di tutti!”
“Sherlock… “ cercai di fermarlo “Ragiona. Insomma, può capitare a tutti. Non è mica la fine del mondo.”
Il mio amico aspirò intensamente, cercando di calmarsi. “Devo concentrarmi. Si.”
“Hai trovato il preside?” domandai, sperando che cambiare l’argomento sbollisse la sua rabbia.
“Si. Dexter Fortebraccio. Era robusto, molto forte, si batteva per i diritti degli studenti. Ma aveva la particolarità di avere una carnagione tendente al rossiccio.” disse Sherlock svogliatamente.
“Allora adesso dobbiamo andare al secondo piano per..”
“Vado io.” mi interompette. “Non c’è bisogno che mi accompagni.”
Si avviò così verso le scale, lasciandomi solo.
Non ero arrabbiato con lui, no. Lo capivo. Aveva bisogno di solitudine per riprendersi da quella personale sconfitta. 
 
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C’è qualcosa in quella Adler che mi rende nervoso. Qualche tempo fa avevo scritto che probabilmente era tutta una mia fantasia, ma ora la cosa  non mi sembra più tanto astratta.
Da quando ha consegnato quei primi test senza voto, ha fatto un’altra verifica scritta e due prove orali. In generale la classe non se l’è cavata male, alcuni hanno preso sotto la verifica, altri le interrogazioni, come in tutte le classi del mondo.  Ma solo una persona ha avuto dei voti bassissimi in entrambe le prove: Sherlock. 
E non posso dire che non studia! Oh no! Si prepara in maniera eccellente! E ne sa molto più di me, inoltre! 
Però nella verifica scritta ha preso un Desolante (infatti c’erano più segni rossi che altro) e nelle prove orali, chissà per quale insulsa maniera, si ritrova sempre a sbagliare gli incantesimi da lanciare! Perfino lui non ci crede! E se per caso la professoressa gli fa una domanda sul programma e lui incomincia a rispondere in modo esauriente, lei lo interrompe, facendogli fare collegamenti assurdi, in modo da confonderlo e mettergli un voto basso. 
Il massimo che è riuscito a prendere è stato uno Scadente nell’ultima interrogazione.
Inoltre negli ultimi tempi, durante le esercitazioni pratiche, la Adler si aggira sempre vicino a Sherlock, cercando di correggere ogni sua piccola svista, facendolo innervosire sempre più. 
 
Quest’oggi, poi, è successo un fatto che mi ha lasciato veramente senza parole. 
Durante un’esercitazione dell’incantesimo di disillusione, la professoressa ha detto al mio amico con tono languido: “Così non va mica tanto bene, Sherlock Holmes. Secondo me avresti bisogno di alcune lezioni private, in modo da colmare le tue lacune.”
Sherlock spalancò gli occhi, incredulo. Lui andare a ripetizioni? 
“Sai, mi viene male pensare che un mio studente abbia così tante difficoltà con la mia materia. Soprattutto se questo studente è così brillante e intelligente al di fuori della mia aula.” 
E qui io incominciai a sentire il sangue scorrermi in testa: mai lodare Sherlock Holmes! Lo so per esperienza che appena viene adulato questi comincia ad atteggiarsi come una primadonna! Poi detto da LEI! Veramente, sentivo il fumo uscirmi dalle orecchie.
“Quindi ho pensato di farti delle lezioni aggiuntive in orario extrascolastico.” continuò lei “Ogni venerdì sera, alle nove e mezza, nel mio ufficio.”
“Oggi è venerdì.” fu l’unica cosa che il Serpeverde riuscì a dire.
La donna arricciò le labbra in un sorriso: “Esatto.”
 
“Così sta sera avrai la lezione con la Adler.” sentenziai, lugubremente, a Sherlock.
Ci trovavamo in biblioteca, siccome dovevamo svolgere una ricerca per il compito di trasfigurazione.
“È così.” rispose con tono piatto.
“La odio.”mi sfuggì.
Sherlock alzò gli occhi dal volume: “Chi?”
“Lei! È odiosa! Hai visto come si comporta?!”
Sherlock riabbassò gli occhi sul libro I segreti della materializzazione. “Perché ti arrabbi tanto? Con te non si comporta mica male.”
“Ma si comporta male con te!”
Ci ritrovammo a guardarci intensamente, senza aggiungere una parola. 
Fu Sherlock a rompere il silenzio. “Perché ti preoccupi così tanto per me?” 
Questa frase non l’aveva detta con il suo solito tono annoiato. No. Aveva una sfumatura di vera incomprensione. Come se non riuscisse realmente a capire perché fossi così in pensiero per lui.
“Perché sono tuo amico,Sherlock!” risposi di getto. 
Poi aggiunsi, meno sicuro di prima: “E non mi piace quando gli altri ti trattano così.”
Potevo sentire l’aria intorno a me addensarsi in una strana tensione. 
“Grazie.” fu l’inaspettato commento di Sherlock.
 
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Sherlock si ostina a non raccontarmi cosa fa durante le ore di recupero di Difesa Contro le Arti Oscure.
Sulle prime pensavo fosse per vergogna. Infatti inizialmente il solo fatto di andare a lezioni supplementari lo faceva andare su di giri.
Ma ormai è passato un mese da quando ogni venerdì ha lezioni con la Adler e ancora non vuole parlarmene. Appena cerco di domandargli come è andata, lui evita il mio sguardo e cambia discorso. 
Sherlock che cambia discorso?? Cos’è, uno di quei romanzi di fantascienza babbani?
Inoltre durante le lezioni la Adler è sempre appiccicata al mio amico. Ha incominciato anche a sfiorargli il braccio appena fa un errore, oppure, durante le esercitazioni pratiche, gli sussurra cosa deve fare nell’orecchio.
E lui non fa nulla per ribellarsi da questa situazione. La accetta semplicemente.
Basta, non resisto più! Devo scoprire cosa c’è sotto!
Questa sera spierò dal buco della serratura durante le loro lezioni. Non mi importa un accidente se verrò scoperto e punito!  
….. Beh.. Forse un po’ si…..
 
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Brutta schifosa! Oh, non so cosa le farei!
Ma andiamo con calma. Avevo scritto che avrei spiato le loro lezioni dal buco della serratura? Ebbene, è proprio così che ho fatto.
Ho aspettato le nove e quaranta per appostarmi davanti alla porta dell’ufficio della Adler. Siccome la lezione era iniziata da circa dieci minuti, ho pensato che nessuno dei due mi avrebbe scoperto. Inoltre nessun altro si sarebbe accorto della mia presenza, perché era molto improbabile che qualcuno passasse per caso in quell’ala del castello. 
Quindi mi sono appostato alla porta e ho cercato di dare un’occhiata all’interno. 
Purtroppo non riuscivo a cogliere i loro discorsi, sia perché si trovavano piuttosto lontano dalla porta e sia perché probabilmente parlavano con un tono di voce piuttosto basso.
Ma quello che ho scorto con i miei occhi mi è bastato. 
Quella donna era continuamente avvinghiata a Sherlock, con un sorriso malizioso stampato in faccia. Il mio amico era impassibile alle sue avance, ma non sembrava neanche tanto disgustato.  Come se fosse vuoto, privo di anima.  
Una cosa impossibile! Non si sarebbe mai comportato in questa maniera! Normalmente avrebbe reagito in qualche modo! Invece… E se per caso loro due…. No! NO!
Non sopportai oltre quella vista e me ne andai.
 
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Sherlock è ancora reticente nel dire cosa fa durante le ore extrascolastiche di Difesa Contro le Arti Oscure. 
E io mi sento rodere dentro come se fossi un tronco di legno infestato da una famiglia di tarme affamate.
 
Mentre mi spostavo dall’aula di Trasfigurazione a quella di Divinazione incontrai proprio la professoressa Adler camminare nel verso opposto al mio. Non resistetti.
“Professoressa.”
“Uh, ciao. Qualche problema?” aggiunse appena vide la mia espressione seria.
“Devo parlarle.”
 Non so come trovai questa immensa faccia tosta, veramente, non ne ho idea. Ancora adesso mi domando se non ero sotto incantesimo…
“Certo, Watson. Cosa devi dirmi? Non hai capito l’ultimo argomento?”
“No. Volevo parlare di Sherlock Holmes.”
La Adler fece un sorrisetto al sentire quel nome. “Si?”
“Ho visto come lo guarda, come si atteggia. I voti estremamente negativi sono solo una scusa. Come le lezioni supplementari.”
L’insegnante si mise a ridacchiare, poi disse a bruciapelo: “Siamo per caso gelosi?”
La mia sicurezza vacillò per qualche istante. “Co-cos.. Che? Geloso?”
“Ho visto che sei sempre attaccato a lui. Qualcuno potrebbe pensare che non siete solo semplici amici.” 
Fu come una roccia di mille chili che si ritrovò a precipitare sopra la mia testa.  
“Noi… No!” gridai, quasi esageratamente.
La professoressa continuò a sghignazzare tra sé: “Watson, stai solo esagerando.”
A queste parole ritornai in me: “Non sto affatto esagerando. Un’insegnate non flirta con un proprio studente per tutto il tempo!”
Il sorriso della donna si spense. “Seriamente. Non so se ti sei reso conto della tua posizione. Non credere che queste parole mi hanno messo paura e che da adesso in poi cambierò il mio atteggiamento verso di lui. Non ci metto tanto ad abbassare anche i tuoi di voti, Watson.” 
Cercai di sostenere il suo sguardo, che era tutt’altro che amichevole.
“Facciamo finta che questa conversazione non sia mai avvenuta.” aggiunse lei “E tutto andrà bene.”
Detto questo la donna mi superò, mentre io rimasi immobile per qualche altro secondo prima di decidere di avanzare per la mia strada.
 
Quando dopo incontrai Sherlock, decisi di raccontargli la mia avventura con la Adler, sperando una qualche reazione da parte sua, in modo da farlo reagire al comportamento disgustoso dell’insegnante nei suoi confronti.
Invece l’unico commento che mi disse fu un semplice: “È meglio che stai fuori da questa faccenda.”
Rimasi così interdetto che non riuscii ad aggiungere neanche una singola parola. 
 
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Parlare di Difesa Contro le Arti Oscure o della professoressa Adler è diventato ormai tabù.
Appena si nominava una delle due parole, Sherlock si incupiva e rimaneva tra le sue per tutto il resto del giorno.
Finchè un giorno mi disse, mentre stavamo andando a lezione di erbologia: “Oggi ci sarà l’ultima lezione extra di Difesa Contro le Arti Oscure.”
Stavo quasi per inciampare sui miei propri passi al sentire quelle  parole uscire dalla sua bocca in modo così naturale.
“Davvero?” chiesi, senza nascondere il mio stupore.
“Molto probabilmente sì.”
Cosa voleva dire con molto probabilmente sì?  Ma non glielo chiesi, era già abbastanza che avesse accennato all’argomento tabù. Non avrei voluto peggiorare la situazione.
 
Ma la mia curiosità mi sta distruggendo. Questa sera spierò nuovamente l’ufficio della Adler. E, grazie a delle orecchie oblunghe che ho comprato di recente al negozietto di contrabbando della scuola, riuscirò ad ascoltare anche la loro conversazione.
 
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Sono ancora incredulo di quello che è successo. Ora racconterò i fatti come si sono svolti. 
 
Mi sono appostato nello stesso posto e alla stessa ora della volta scorsa, questa volta però attaccando l’orecchio incantato alla parte sottostante della porta. In questo modo i suoni provenienti dalla stanza si sono amplificati e grazie all’altra estremità dell’orecchio oblungo sono riuscito a captare ogni singola battuta dei due personaggi all‘interno dell‘ufficio.
 
Erano seduti uno di fronte all’altro, ognuno in una soffice poltrona color nero pece. 
La Adler indossava una semplice vestaglia blu elettrico, che lasciava scoperte le gambe da metà coscia in giù.
“Cosa pensi di ripassare oggi, caro Sherlock?” sorrise lei, accavallando le gambe.
“Non penso di avere molta voglia di ripassare oggi.” mormorò Sherlock, deglutendo piano.
La professoressa non fece a meno di arricciare le sue labbra nel suo tipico modo malizioso, poi uni le mani e si sporse in avanti, avvicinandosi a lui sempre di più: “Allora, cosa pensi di fare?”
Mi spaventai a sentire il mio respiro così affannato. Avevo voglia di scappare via, ma allo stesso tempo non avevo intenzione di muovere un singolo muscolo.
“Non saprei.” rispose Sherlock, sofferente.
“Fa piuttosto caldo, non è vero?” continuò lei, aprendosi un poco la vestaglia, mostrando con finta noncuranza l’inizio del seno.
“Abbastanza. Mi è venuta piuttosto sete. Per caso ha..”
“Certo.” Lo interruppe lei, alzandosi e avviandosi verso una credenza “Cosa preferisci? Ho dell’acquaviola o del whisky.”
“Non c’è dell’acqua?” 
La donna si mise a ridere di gusto: “No” poi aggiunse, lanciandogli un’occhiata mielosa “Non sei più un bambino.”
Sherlock fece un respiro profondo poi disse: “Allora dell’acquaviola, grazie.”
La Adler sorrise compiaciuta e versò il liquido viola in due bicchieri che adagiò sopra il tavolino che stava tra le due poltrone.
“Ah.” esclamò improvvisamente Sherlock girando la testa di lato. “E quello cosa sarebbe?” indico una scatolina rossa con i bordi dorati sopra una scrivania “È dalla prima lezione che avevo pensato di chiederlo.”
La donna rispose con un sussurro: “Si tratta di un carillon magico.“ poi si alzò per andarlo a prendere “Se qualcuno ascolta la sua musica si viene colpiti da una forte sonnolenza.”
In quel frangente Sherlock fece qualcosa che non capii immediatamente. Appena l’insegnante si girò verso l’oggetto da lui indicato, si sporse fino a sfiorare il proprio bicchiere e lasciando cadere qualche goccia di non so quale pozione. Mi resi conto dopo che, per tutto il tempo, aveva tenuto nascosto nella sua manica una boccettina contenente un liquido incolore.
Appena la Adler si era rigirata, il mio amico aveva già scambiato i bicchieri e stava sorseggiando l’acquaviola incontaminata.
Mi chiesi se per caso aveva intenzione di avvelenarla. Per questo aveva detto che si sarebbe trattata dell’ultima lezione.
Mi sentii gelare le ossa. Se era così stavo per assistere ad un assassinio in diretta. 
Non mi mossi e continuai ad osservare la scena.
La donna si sedette nuovamente nella poltrona, prendendo in mano il bicchiere e bevendone più della metà in un sol fiato.
Sherlock si lasciò sfuggire un impercettibile sorriso, che subito mascherò con un colpo di tosse e una domanda: “Quello che volevo chiederle di fare oggi è spiegarmi per chi lavora.”
Gli occhi chiarissimi della donna si spalancarono per la sorpresa. 
“Che domande, per il preside. Sono un’insegnante.”
Sherlock si adagiò più comodamente alla poltrona e si unì i polpastrelli in modo saccente:“Sai quello che intendo.”
La Adler parve riflettere, poi disse, in modo piuttosto calmo: “Hai messo del Veritaserum nella mia acquaviola.”
Sherlock sorrise, imitato poco dopo dalla stessa Adler. 
“Sei più furbo di quel che immaginavo, Sherlock Holmes. Sai, pensavo di averti completamente tra le mie mani, ma mi sbagliavo.”
“Per chi lavora?” domandò lui.
“Per Moriarty.”
Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Lui? Come è possibile? Era solo uno studente!
“Come ha fatto a ingaggiarti?” continuò l’interrogatorio.
“I suoi genitori erano dei mangiamorte. Come me d’altronde. Ma un giorno decisi di fuggire, di lasciare quell’organizzazione senza scrupoli. I suoi genitori mi aiutarono a nascondermi, a farmi cambiare identità. Quando poi il Signore Oscuro è morto definitivamente, ho ricominciato la mia vita da capo.” 
Si fermò per qualche secondo poi continuò: “Ma la mia identità di mangiamorte doveva rimanere segreta. Deve rimanere segreta. Ho ucciso, Sherlock, ho ucciso tanto.” lo guardò seriamente negli occhi “Se il Ministero scoprisse i crimini che ho fatto durante quel periodo, oh, beh! Il mio destino sarebbe quello di marcire ad Azkaban senza più la volontà di pensiero. E non voglio finire così.” 
Fece un’altra pausa, dove aspirò tutta l’aria che poteva contenere nei suoi polmoni, poi riprese: “Quindi immaginati quando mi hanno consegnato una lettera indirizzata da Jim Moriarty, dove c’era scritto che se non avessi fatto quello che lui ordinava, qualcuno, casualmente, sarebbe venuto a conoscienza di particolari interessanti della mia vita. Sono stata obbligata, in poche parole.”
Sherlock sospirò, poi chiese ancora: “Cosa ti ha chiesto di fare?”
La donna sorrise, poi rispose: “Sedurti, Sherlock.” 
Il mio amico rimase impassibile, “Perché?”
“È semplice. Jim aveva un piano. Voleva che tu ti innamorasti di me. In questo modo io ti avrei dato appuntamento a mezzanotte all’Albero Piacchiatore e, invece di trovare me, avresti trovato lui.”
Si levò un fitto silenzio, dove i due personaggi rimasero a studiarsi, completamente immobili.
“Quando sarebbe stata la data dell’appuntamento?” chiese dopo un po’ il mio amico.
“Domani notte.” sospirò lei. 
“Ci andrò.”
La Adler lo guardò con un’espressione straniata: “Cosa? Sei pazzo?”
“No. Jim si aspetta che mi presenti totalmente sprovveduto. Ho scoperto il suo piano e sono in vantaggio.”
La donna sorrise malinconicamente.
“Così non sei obbligata a dirgli che hai fallito la tua missione. E non finirai in prigione.”
Mi sentii la bocca impiastrata e secca allo stesso tempo. Non sapevo cosa pensare. Probabilmente anche la Adler si trovava nella mia stessa condizione, perché non riusciva a proferire nessuna parola.
“Non lo faccio per sentimentalismi.” sottolineò Sherlock alzandosi dal divano “L’unica ragione è che non voglio dargliela vinta.” 
Sherlock si avviò verso la porta, la stessa porta dove io ero nascosto. Mi venne un attacco di  panico: non sarei mai stato abbastanza veloce a prendere le orecchie incantate e ad andarmene senza essere scoperto!
 Fui salvato da un commento della Adler. 
“Non fare idiozie, Sherlock. Ti devo tanto, è vero. Ho il terrore di essere imprigionata ad Azkaban. Ma non per questo dovresti farti uccidere. Ci sono persone che ti vogliono realmente bene qui.”
A queste parole Sherlock si arrestò, consentendomi di prendere gli oggetti magici e di scappare velocemente, senza che nessuno si accorgesse della mia presenza.
Mi dispiace molto non sapere quello che Sherlock ha risposto al commento dell’insegnate. 

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Capitolo 9
*** capitolo nove ***


Questa mattina mi sono svegliato con un immenso dubbio in mente: cosa fare?
 Oh, no, non è il “cosa fare” di quando sei a letto e non vuoi alzarti.. Ma è il “cosa fare” con Sherlock. 
Ieri sera aveva detto alla Adler che si sarebbe presentato all’appuntamento/trappola di Moriarty. E sembrava molto determinato. 
Ovviamente io non voglio che ci vada. Ma cosa posso fare? Dirgli apertamente di stare calmo e abbandonare questa pazzia che si è messo in testa? Così vorrebbe dire ammettere di averlo spiato.. Ma allora? Lasciarlo andare senza fare nulla? Negativo. O aspettare che mi chieda di partecipare a quell’avventura? Conoscendolo, non vorrà neanche parlarmene.. 
Dio, mi sbatterei la testa contro il muro! 
Non sono riuscito ad affrontare l’argomento nemmeno durante il pomeriggio.. E manca sempre meno all’ora fatale.
 
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Ok, c’era da aspettarsela questa reazione… Ma va bene, adesso spiegherò cosa è accaduto.
 
Era quasi ora di cena, mi stavo avviando con passo mogio verso la Sala Grande quando vidi Sherlock scavalcare a gran passi i gradini della scalinata principale, diretto ai piani superiori.
 Lo chiamai, chiedendogli il perché di questa sua fretta.
“John, è meglio che non ti intrometti.” fu la sua lapidaria risposta.
Io, ovviamente, mi innervosii non da poco. Anzi, a dire il vero, esplosi: “Non mi dovrei intromettere? Oh, grazie tante, Sherlock Holmes! Non mi consideri forse al tuo livello per caso?”
Lui arrestò la sua corsa e, senza girarsi per guardarmi in faccia, mi disse, con voce leggermente instabile: “No, non pensarlo neanche.”
“E allora cos’è che mi fa escludere da… da quello che stai facendo?”
Sherlock non aprì bocca immediatamente, ma parve pensarci su. “Lo so che mi hai spiato ieri sera.”
Mi irrigidii: non pensavo mi avesse scoperto!  “Come…?”
“Certo, John. Sapevo che qualcuno ci stava osservando. Un’orecchia oblunga non è uno strumento invisibile. Inoltre oggi non mi hai fatto nessuna domanda su come si è svolta la lezione. Cosa piuttosto strana da parte tua. Soprattutto se precedentemente ti avevo informato che sarebbe stata l’ultima. Quindi ho solamente  fatto due più due.”
Abbassai gli occhi con vergogna, mormorando:“Si, non vale la pena affermare il contrario.”
Poi aggiunsi, con più calore: “Non ti permetto di andare da Moriarty questa notte!”
Sherlock espirò di getto: “Lo sai che ci andrò.”
“Almeno non da solo!”
Il mio amico mi osservò, i suoi occhi azzurro ghiaccio sorrisero nel profondo dell’anima, probabilmente compiaciuti dalla mia determinazione. Ma mi disse: “No, tu non ti muoverai da qui.”
“E come fai a essere così sicuro che ubbidirò?” gli dissi, con un sorrisetto sghembo.
Sherlock accennò ad un sorriso, ma si spense quasi subito. “No.” 
Questa semplice parola la disse con voce tremolante, come se fosse stato obbligato.
Allora gli urlai, intenzionato a fargli cambiare idea: “Perché no? Vuoi andare da solo e farti ammazzare per caso?”
“John.” iniziò, con voce un po’ rotta, per poi aggiungere con modo più sicuro: “Non obbligarmi a lanciarti un incantesimo di pietrificazione.”
Rimasi spiazzato: “Non lo farai…”
“Lo sai che ne sarei capace.”
Rimanemmo a studiarci per qualche secondo, poi lui aggiunse con un sussurro: “Per piacere.”
Deglutii piano e l’unica cosa che riuscii a fare è stata guardarlo andare via.
 
Ovviamente non lo lascerò andare da solo. Non mi vuole con se? Non mi importa niente. Ci sarò anch’io li, mi apposterò nelle vicinanze e interverrò quando sarà il momento giusto. 
L’appuntamento sarà a mezzanotte, quindi io mi nasconderò tra gli alberi attorno al Platano Picchiatore mezz’ora prima di quell’orario. 
Spero di ritornare tutto intero. 
E non da solo.
 
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Sto scrivendo dall’infermeria.  
Non so se essere sconvolto, distrutto, confuso o cosa. Forse sono tutte e tre le cose messe insieme… 
Vorrei che quello che è successo sta notte non fosse mai accaduto.
 
Attraversai i corridoi del castello senza fare il minimo rumore. 
È stato facile eludere gli insegnanti di sorveglianza: ormai mi sono abituato a queste “uscite notturne”. Speravo intensamente di non incontrare improvvisamente Sherlock. Non sarebbe stata una bella esperienza ritrovarsi paralizzato proprio grazie all’amico che volevo proteggere.. Ma per fortuna di lui neanche l’ombra. 
Appena sono arrivato ai pressi del platano, mi accorsi che non c’era anima viva. 
Tirai un sospiro di sollievo. Chissà cosa sarebbe accaduto se avessi trovato davanti a me Moriarty in persona..
Mi nascosi tra alcuni folti arbusti, rendendomi così invisibile. 
Mancava poco più di mezz’ora all’appuntamento. 
Non mi restava che aspettare.
 
Stavo congelando, il vento aveva cominciato a sibilare sinistramente e le foglie smosse continuavano a colpirmi la faccia, dandomi un immenso fastidio e prurito. Le avrei staccate a morsi. Ma questo voleva dire rovinare il mio nascondiglio. Così mi morsi le labbra e sopportai.
 
Mancavano dieci minuti a mezzanotte e vidi una figura avanzare verso il Platano Picchiatore. Mi accorsi subito dopo che era accompagnata da un’altra persona. Quindi non si trattava di Sherlock, ma di Moriarty. 
Infatti, appena riuscii a distinguere i loro contorni, individuai immediatamente Jim. L’altro ragazzo in sua compagnia, invece, non l’avevo mai visto. Inoltre il suo viso era mezzo coperto dal cappuccio del mantello, cosa che non facilitava la sua identificazione.
Moriarty si appostò vicino al Platano, il quale oscillava i suoi rami in modo tranquillo, come se fosse addormentato. La sua posizione non era visibile per chi fosse arrivato dal castello, mentre lui sarebbe stato in grado di scorgerlo con molto anticipo. 
Il collaboratore di Jim, invece, si era nascosto anch’egli tra la boscaglia, ma per fortuna si trovava piuttosto lontano dalla mia postazione. 
Per precauzione sfilai la mia bacchetta e aspettai insieme a loro il mio amico.
 
Intravidi finalmente una persona in lontananza, che proveniva da Hogwarts. Mi irrigidii e strinsi con più foga la mia bacchetta. 
Sherlock sapeva che era una trappola, ma ha voluto venire lo stesso.  Certe volte si comporta veramente da stupido.
Appena fu vicino all’albero, Moriarty scivolò fuori, apparendo improvvisamente davanti ai suoi occhi. 
“Ciao, Sherlock.”
Il mio amico non si fece impressionare e rispose semplicemente “Ciao, Jim.”
Moriarty si mise a sghignazzare: “Sapevo che saresti venuto!”
Sherlock gli puntò contro la sua bacchetta, pronto a combattere. 
“Uh,uh! Si mette male per me!” disse beffardo Jim, alzando contemporaneamente la sua bacchetta contro di lui.
“Sai, Sherlock” cominciò Jim “lo sapevo che non avresti ceduto alle avance di Irene, ma che comunque ti saresti presentato lo stesso. Sei prevedibile.”
Il mio amico fece una smorfia di dissenso. 
Moriarty continuò: “Ti chiederai: perché questo simpatico ragazzo è così sicuro di quel che dice? La professoressa Adler riuscirebbe a far innamorare chiunque. Ha dei metodi.. molto efficaci.” sorrise “Ma tu sei incolume. E lo so il motivo. Ne ho avuto la conferma.” 
A questo punto Sherlock sgranò gli occhi, senza però abbassare la sua bacchetta, sempre rivolta al petto del nemico.
“Oh si, mio caro. Sai com’è!” disse alzando le spalle “Ti sono piaciuti i cioccolatini di San Valentino?”
Sherlock socchiuse gli occhi: “Di cosa stai parlando?”
Jim rispose, con voce suadente: “Sai, mi è sembrato strano non vederti mutare di una virgola anche se ne hai mangiati un bel po’.”
Il mio amico rimase in silenzio per qualche secondo, per poi mormorare: “No..”
“Oh, si, Sherlock. Ormai era troppo tardi per dire a Irene di cambiare tattica. In più ho pensato che mi sarei divertito di più vedendo come si sarebbe evoluta la cosa.”
Mi sembrava che stessero parlando in un linguaggio criptato: non comprendevo affatto cosa centrassero i cioccolatini con la Adler.  Eppure Sherlock sembrava aver capito a cosa Jim stava alludendo. 
“A proposito “ continuò Moriarty con un sorriso“Che fine ha fatto il tuo animaletto domestico?”
Il mio amico parve offeso: “Non è qui.”
Jim alzò gli occhi al cielo e disse con una vocina stridula “Che brutto affezionarsi troppo ai propri cuccioli! Si arriva al punto tale che li si vuole proteggere a tutti i costi!”
Expelliarmus!” gridò Sherlock con rabbia, colpendo la bacchetta nemica che volò a vari metri di distanza.
“Vedo che ho fatto centro.” lo beffeggiò Moriarty. “Hai risposto alla mia provocazione.”
Sherlock non disse nulla, ma puntò la bacchetta alla gola di Jim.
In quel momento il ragazzo nascosto tra la boscaglia uscì allo scoperto, lanciando immediatamente uno schiantesimo diretto alla testa del mio amico. Sherlock, purtroppo, si accorse troppo tardi della comparsa del ragazzo che si trovava alle sue spalle.
Se non fosse stato per il mio incantesimo che colpì la traiettoria della fattura nemica, deviandola, Sherlock sarebbe probabilmente caduto privo di sensi. 
La scena che mi si presentava davanti ai miei occhi mi risultava stranamente comica. 
Moriarty, che inizialmente aveva cominciato a ridere appena ha visto il suo collaboratore intervenire, mi stava guardando con la bocca spalancata, con curiosità.
L’altro ragazzo aveva la fronte aggrottata e mi studiava con odio puro negli occhi. 
Sherlock, il quale immediatamente mi aveva lanciato un’occhiata sbalordita, ora aveva gli angoli della bocca inarcati in un sorriso compiaciuto.
“Bene bene!” si complimentò Moriarty “Questa si che è una sorpresa!” 
“Prova anche solo a torcergli un capello..” gli sibilai.
“Oh, che paura!” gridò lui, portandosi le mani alla bocca, con finta agitazione. “Hey! Inoltre siete così sleali! Due contro uno!”
Sherlock allora disse: “Prendi la tua bacchetta e sfidiamoci in un duello alla pari.”
“Perché?” gli domandai.
“Perché Sherlock Holmes è un bravo ragazzo. Leale. Giusto. Un eroe da romanzo.” rispose Moriarty.
Sherlock lo incenerì con lo sguardo “Non pensarlo neanche. Il motivo è che voglio batterti senza partire avvantaggiato. Così quando vincerò sarà una vittoria a tutti gli effetti.”
Jim allora raccolse la sua bacchetta, ridacchiando per tutto il tempo. Poi si sistemò il mantello, roteò la bacchetta e la puntò contro di noi. “Allora, io e Sebastian contro voi due. Sarà uno scontro interessante. Vi devo ricordare le regole del duello tra maghi? Allora..”
“Puoi saltarle, tutti noi le sappiamo.” lo bloccò il mio amico.
“Bene. Tanto lo sai che le infrangerò! Incendio!” 
Dalla bacchetta di Moriarty apparvero delle fiamme che si diressero verso i nostro piedi, costringendoci ad indietreggiare. 
“Brutto schifoso.. “ sputai.
“Era ovvio che avrebbe giocato sporco.” mi disse Sherlock.
Intanto il ragazzo, che da quel che avevo capito si chiamava Sebastian, aveva lanciato verso di me un altro potente schiantesimo,che io evitai per un soffio.
“Allora perché gli hai permesso di riprendersi la sua bacchetta?!” gridai a Sherlock.
Stupeficium!” l’incantesimo fu intercettato da un’altra fattura proveniente da Moriarty. Poi si rivolse a me: “Mi sembra di aver già detto il motivo.”
“Allora sei proprio un idiota! Protego!” l’incantesimo nemico si dissolvette al contatto con lo scudo magico che mi ero appena creato.
Sherlock sorrise impercettibilmente, mentre lanciava un incantesimo di disarmo, che fu neutralizzato facilmente da Sebastian. 
“Se continuiamo a lanciare incantesimi a caso qui non risolveremo nulla! Stupeficium!” incominciai “Tu concentrati su Moriarty, io invece sull’altro.”
“Perfetto. Flipendo!” Dalla punta della bacchetta di Sherlock si creò un vortice d’aria che colpì Jim in pieno petto. Quest’ultimo sembrò quasi che stesse perdendo l’equilibrio, ma si riprese immediatamente e rispose lanciando un incantesimo Cruciatus.
Sherlock lo deviò con protego
“Cosa? Ma non è illegale lanciare quel tipo di incantesimi?!” urlai a Morairty.
Questi si mise a ridere “Illegali? Voglio vincere e lo farò con ogni mezzo disponibile! Hai paura Watson?”
Intanto Sebastian mi aveva lanciato un altro incantesimo che io parai senza difficoltà. 
“Va bene, qui si gioca veramente sporco. Ma non mi tirerò sicuramente indietro.”risposi, più a me stesso che a altri.
Intanto io mi ero focalizzato contro Sebastian, che aveva incominciato pure lui a usare incantesimi proibiti. Ben presto mi resi conto che ci stavamo avvicinando sempre di più al Platano Picchiatore, il quale aveva iniziato ad agitarsi, probabilmente infastidito dalla luce dei nostri incantesimi.
Sherlock e Moriarty, invece, stavano combattendo quasi immobili, lanciando e parando gli attacchi dell’altro con estrema eleganza. Sembrava quasi che si studiassero. 
Ma non feci più attenzione a loro due: quel Sebastian continuava a lanciare fatture una di seguito all’altra, come una mitragliatrice impazzita. Ben presto mi ritrovai in difficoltà. Non riuscivo ad attaccare, mi limitavo solamente a difendermi. 
Poi mi venne un colpo di genio. 
Il Platano Picchiatore era sempre più nervoso, agitava i suoi rami con foga, pronto a colpire chiunque gli venisse a tiro. Cercai di spostarmi verso di esso, facendomi inseguire da Sebastian. 
Non fu una cosa molto semplice. Siccome continuava a lanciarmi incantesimi, era complicato muoversi verso una meta prestabilita. Ma alla fine riuscii ad avvicinarmi abbastanza. Mi buttai a terra schivando un suo incantesimo. Quest’ultimo colpì in pieno il tronco del Platano Picchiatore che, senza pensarci un secondo, mandò uno dei suoi rami contro il mago. 
Sebastian rimase sconvolto alla vista di quell’enorme braccio di legno che si stava avvicinando sempre di più con velocità crescente. Quindi smise di lanciarmi fatture e incominciò a correre per schivare l’attacco dell’albero. 
Ma ormai era troppo tardi. 
Lo colpì dritto dritto sullo stomaco, facendogli perdere i sensi immediatamente. 
Purtroppo non avevo tenuto conto che c’ero anch’io sulla sua traiettoria. 
Siccome ero a terra cercai di strisciare più lontano possibile, ma comunque l’immenso ramo riuscì a colpire la mia gamba. 
Sentii la carne bruciare.
 Uno dei rametti più piccoli si era incastrato nella mia coscia.
 Continuai a strisciare in modo da uscire dallo spettro d’azione del Platano, sforzandomi con tutto me stesso di non svenire dal dolore. 
Appena fui salvo guardai la ferita. Dio mio… Il ramo aveva procurato un taglio lungo almeno dieci centimetri sulla mia coscia destra. Era ancora incastrato, e non avevo nessuna intenzione di spostarlo da li. Toglierlo voleva dire solo fare peggio, avrei come minimo distrutto i miei tessuti muscolari. Inoltre non ne avrei avuto la forza: avevo il fiatone e tremavo dal dolore. Intanto il sangue aveva bagnato il tessuto dei miei pantaloni, rendendoli appiccicaticci e umidi al contatto con la mia pelle.
Guardai Sebastian, che si trovava svenuto a terra, circondato da una pozza di sangue. Era vivo? Non ne avevo idea.. 
Spostai poi lo sguardo verso gli altri due combattenti. 
Non si stavano più studiando, ora la lotta si era fatta più brutale. 
Vidi che Moriarty non si risparmiava a lanciare incantesimi sempre più pericolosi. 
Sussultai quando lo vidi pronunciare un Avada Kedavra.
 L’incantesimo senza perdono stava per raggiungere Sherlock quando questi pronunciò un Protego Horribilis, proprio qualche secondo prima di essere colpito.
Ci fu un'esplosione e una nube di polvere e terra si levò, comprendo interamente la visuale. 
Sentii delle urla provenire dai due studenti, poi un tonfo, seguito subito dopo da un altro.
Quando la nube fu diramata, riuscii a scorgere i due corpi che si trovavano entrambi a terra. Erano parecchio distanti l’uno dall’altro, probabilmente l’esplosione li aveva scaraventati a distanze opposte. 
Nessuno dei due si muoveva. 
Erano immobili, come statue. 
Sembravano morti.
Morti.
Sherlock. 
No. Non ci credevo. Non lui. Perché lui? 
Non riuscivo a respirare, il bruciore della ferita era scomparso: c’era un altro dolore, ancora più grande, che mi stava squarciando il petto. Strinsi i fili d’erba che si trovavano sotto la mia mano, li rigirai tra le dita fino a strapparli. 
No.
Chiusi gli occhi, cercando di liberare la mia mente. "E' un incubo, solo un maledetto incubo. Ora mi risveglierò, non ci sarà più un Moriarty, non ci sarà nessun combattimento, Sherlock.. Sherlock sarà ancora vivo, mi aspetterà alla Sala Grande. Con il suo modo così irritante accetterà un caso proposto da qualche idiota.. Dio, no.. Perché non mi sveglio? 
Perché quel brutto figlio di pu…"
“John…”
Aprii gli occhi. Ero ancora disteso per terra, tra l’umida erba, con il sangue che mi usciva dalla coscia, con il vento gelido che mi scompigliava i capelli. Eppure avevo sentito qualcuno che mi chiamava..
“John…” Sherlock allungò una mano verso il terreno e con quella si diede forza per alzare il busto. 
“Sherlock..” pronunciai, anche se non sentii nessun suono uscire dalla mia bocca.
Si alzò da terra. Poi mi vide. Traballando, mi raggiunse, poi si accovacciò di fianco a me.
“John! John! Stai bene?!” mi domando, allarmato. Mi venne in mente l’avventura della Stamberga Strillante. Anche allora si era preoccupato per la mia salute. Ma adesso, più che preoccupato, sembrava letteralmente fuori di sé.
“Stai sanguinando, John! Cazzo rispondi! John!”
“Non ti preoccupare..” mormorai “ È solo un graffio..”
Mi prese il viso tra le mani, poi mi guardò dritto negli occhi. “Non è solo un graffio. Hai un ramo impiantato nella coscia, stai sanguinando, sei gelato..”
Non riuscii a cogliere il seguito, ero troppo distratto dalla sua voce. Distratto da quegli occhi. Distratto dalle sue mani calde che mi scaldavano le guance. 
Era vivo. Questo mi bastava. 
“Scusami..” pronunciò infine lui.
“Di cosa?” sorrisi.
“Potevo farti evitare.. questa cosa. Non dovevi venire.” 
Non mi staccava gli occhi di dosso. Ma non ero infastidito, no. Anzi, volevo che questo contatto non finisse mai.
“E lasciarti morire da solo? Sebastian ti avrebbe fatto secco prima.” 
Mi veniva stranamente da ridere. Ridere a crepapelle. Eppure non c’era nulla di divertente in tutto questo.
Sherlock rimase in silenzio per qualche secondo poi disse: “Sapevo che saresti venuto.”
“Ti avevo avvertito che non ti avrei lasciato solo.” gli dissi.
Sherlock sorrise a quella risposta. “Grazie.”
Poi non so cosa è accaduto. Cioè, sì, lo so, ma a mente fredda ora non riesco a collegare i fatti in modo appropriato. 
Non avevamo troncato in nessun modo il contatto visivo e, per qualche strana ragione, mi ritrovai sempre di più vicino al suo viso. Non ho idea se ero io a muovermi o lui. O forse tutti e due. Era come se ci fosse una qualche calamita che ci attirasse l’uno con l’altro. Ben presto le nostre labbra si ritrovarono a sfiorarsi, per poi adagiarsi tremanti l’una sull’altra.
Sentii una stretta allo stomaco e i miei battiti cardiaci accelerarono notevolmente. 
Il sangue pompava impazzito nella mia testa, rendendo tutto sfuocato. In quel momento di panico mi ritrovai a spingere con più forza contro le labbra di Sherlock, socchiudendole. 
Le labbra di Sherlock. Le labbra di Sherlock. Del mio amico Sherlock. Oh,cazzo. 
Riemersi da quella situazione, staccando brutalmente le mie labbra dalle sue e esclamando: “Non sono gay!”
Mi guardò come se mi fossi trasformato improvvisamente in un porcospino gigante. Staccò immediatamente le sue mani dalle mie guance, come se fosse stato punto da dei pungiglioni, anzi, continuando con la metafora di prima, da degli aculei. 
Io mi allontanai bruscamente da lui, dal suo viso, dai suoi occhi, da tutto, sbilanciandomi e cadendo all‘indietro con il torace. Questo movimento improvviso non fece altro che contrarre la ferita, che incominciò a bruciare impazzita. “Merda!” gridai. 
Incredibile come prima mi ero dimenticato di avere un ramo impiantato nella coscia.. 
“Dobbiamo andare in infermeria.” constatò Sherlock, che si era ripreso dalla mia uscita di prima. 
“Non riuscirò mai ad arrivare in infermeria.” dissi, mordendomi le labbra dal dolore.
Le labbra che precedentemente lui aveva baciato. Scacciai immediatamente questo pensiero.
“Ti porto io.” disse, con tono deciso.
“Co-cosa? E come, di grazia?” ero spaventato, non posso nasconderlo. 
Mi afferrò le braccia e, spingendomi verso l‘alto, mi mise in piedi. Il dolore era insopportabile, ma riuscii a reggermi sulle gambe. Mi afferrò poi sulla vita e mi disse “Appoggiati a me, mantieni la gamba ferita rigida e usa l’altra per saltare.” 
Obbedii. Mi avvinghiai a lui, cercando di non pensare a nulla. Ne al dolore, ne a quanto eravamo vicini. Maledettamente vicini. Non dovevo pensare alla sua mano sul mio fianco, no. Non dovevo pensare al suo viso che si trovava solo a qualche paia di centimetri dal mio. Non dovevo pensare alle sue labbra.. 
Non sono gay, ne sono sicuro. 
Allora perché…
“Non pensare, John.” mi ammonì Sherlock “Concentrati col passo, dobbiamo coordinarci.”
Feci come disse lui, spensi la mia mente mi concentrai.
 
Appena salimmo le scale del piano terra, ci trovammo a faccia a faccia con l’insegnante di trasfigurazione, che era di sorveglianza. 
“Cosa è successo?!” esclamò, appena ci vide “Watson, Holmes? Cosa..”
“La prego professoressa.” Incomincio Sherlock  “È ferito. Devo portarlo in infermeria.Vicino al Platano Picchiatore troverà altri due studenti, uno dei quali sarà sicuramente morto. Le consiglio di sbrigarsi, non vorrei che anche l’altro ci lasci.” 
L’insegnante fece una faccia stravolta, poi aprì la bocca come per dire qualcosa, probabilmente qualcosa di non molto carino, ma poi cambiò idea e la richiuse. Ci superò semplicemente e si diresse correndo verso l’esterno del castello.
 
Madama Chips rimase scioccata quando ci vide varcare la porta dell’infermeria. 
Tenendo conto che, a causa dell’orario tardo, inizialmente aveva creduto che fossimo dei ladri, ci puntò immediatamente contro la sua bacchetta ordinando di non muoverci, poi, appena si rese conto che si era sbagliata, si scusò e mi fece distendere in un letto. 
Senza fare domande cominciò a medicare la ferita. 
Sherlock rimase sempre li, immobile, per tutto il tempo. 
 
La professoressa di trasfigurazione entrò poco dopo con affianco a se i due corpi che fluttuavano. 
Non capii in che condizione erano messi. So solo che li portarono in un’altra stanza dell’infermeria. 
L’insegnante ci raggiunse subito dopo e ci disse: “Non so cosa è accaduto questa notte. So solo che una tragedia ha colpito la nostra scuola. Sarebbe da sciocchi tartassarvi di domande adesso, soprattutto vedendo la condizione di Watson. Ma non possiamo fare finta che non sia accaduto nulla.”
Sherlock abbassò gli occhi verso il pavimento.
La donna continuò: “Domani ci spiegherete meglio cosa è successo.” 
Si avviò dunque verso l’uscita dell’infermeria “Ah, le lezioni per voi due sono sospese.” ci disse, chiudendo la porta.
 
Sherlock rimase a farmi compagnia anche dopo che Madama Chips ebbe finito di curarmi. 
Avevo la coscia avvolta da garze incantate che, a contatto con la pelle, facevano un leggero pizzicore.
Non aprimmo bocca. Non avevamo nulla da dire. O forse avevamo troppo da dire.
Dopo non so quanto tempo Sherlock si decise: “Immagino che vuoi immortalare quest’avventura sul tuo diario.”
Io lo guardai. “Beh.. Si, certo, ma non..”
Lui mi zittì, alzando la bacchetta in aria e mormorando “Accio diario di John.”
Passarono pochi secondi, poi la vetrata dell’infermeria si frantumò a causa di un oggetto che volava a velocità inaudita.
Il mio diario.
Sherlock lo raccolse e me lo diede. 
“Ora ti lascio, immagino che vuoi rimanere solo.” sussurrò, avviandosi verso l’uscita della stanza “Reparo.”
I cocci di vetro tintinnarono, per poi ricomporsi di nuovo nella loro forma originaria.
 
E ora sono qui, in infermeria,  stravolto, confuso, distrutto. 
Forse Moriarty e Sebastian sono morti. Sono morti a causa nostra. 
È immensamente probabile che verremo espulsi da Hogwarts. 
Finiremo in prigione? Oddio…
 
Quanto vorrei che non fosse accaduto nulla.. 

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Capitolo 10
*** capitolo dieci ***


Non ho dormito per niente durante la notte. Perfino adesso, se penso anche solo di striscio all‘avventura di ieri, la vista mi si appanna e una tenaglia mi si stringe a livello dello stomaco.
Uno studente è morto. O forse sono due.. Tutto a causa nostra. Ed ora siamo sospesi da scuola, forse finiremo in prigione.. Cosa dirà la mamma? E Harriet? Dio, no..
 
Stavo scrivendo queste righe quando la porta dell’infermeria si spalancò, lasciando entrare nella stanza Sherlock.
Mi venne un tuffo al cuore. 
Ricordo ancora nei minimi dettagli il bacio che ci siamo scambiati la scorsa notte. E di come mi sono sentito idiota quando ho allontanato le mie labbra dalle sue in quel modo così.. goffo e stupido.
Ma non sono gay! Insomma, no. Io.. Avevo preso una cotta per Sarah, la ragazza di Tassorosso, qualche mese fa.. Ma allora perché non ho più pensato a lei? È entrata nel più completo oblio senza che io me ne accorgessi.. 
Colpa di Sherlock.
.. O mia? Che mi sia… innamorato… di lui? No! Impossibile! È stata una caduta, un momento di debolezza, Dio solo sa il motivo..
Osservai che Sherlock trasportava un vassoio e, a grandi passi, mi raggiunse, per poi posarlo delicatamente nel comodino di fianco a me.
“Ciao.” mi salutò.
“Ciao.”
Ci osservammo in silenzio, nessuno di noi due sapeva come, o SE, cominciare la conversazione.
Spostai lo sguardo verso il vassoio.
Dopo un momento di sbalordita riflessione riuscii a mormorare: “Cappuccino.. E brioches?” 
“Pensavo avessi fame.”
Ero stupefatto, non mi avrei mai aspettato da lui questo. “Si, ma.. Non dovevi, insomma..”
“Ritenevo piuttosto improbabile che ti saresti presentato alla Sala Grande per fare colazione, visto le tue condizioni, quindi ho pensato di portartela io.”
Spalancai la bocca. Era per caso uno scherzo? Lui che si trasforma tutto ad un tratto in una persona altruista? Sono per caso finito in un universo alternativo senza rendermene conto?
“Molto…” volevo scegliere con cura l’aggettivo da usare, ma fallii miseramente “..carino, da parte tua.”
Sherlock accennò ad un mezzo sorriso, probabilmente neppure lui si spiegava il perché di quel suo gesto.
Mentre facevo colazione, lui non mi staccò gli occhi di dosso nemmeno per un istante. Mi sentivo leggermente in imbarazzo, ma non feci nulla per farglielo notare.
“Come stai?” mi chiese, appena ebbi finito l’ultimo boccone.
“Benone.” risposi lugubremente “Le bende fanno il loro lavoro.”
“Mi dispiace.”
“Non è stata colpa tua.”
“Diciamo che ho fatto la mia parte.”
Ripiombammo di nuovo in un silenzio carico di tensione.
Lo ruppi immediatamente, domandandogli se aveva avuto notizie di Moriarty o di Sebastian.
“Moriarty è morto, l’incantesimo inspiegabilmente gli si è rimbalzato contro ed è stato fatale per lui.”
Sospirai, ricordando la scena. La paura che il morto fosse qualcun altro..
“Sebastian se la sta cavando. Il colpo è stato piuttosto forte, ha perso molto sangue, ma si rimetterà presto.”
“Bene.” Almeno non avevo un altro morto sulla coscienza..
“Questa sera arriverà il Ministero della Magia a farci qualche domanda.”
“Cosa?!” domandai. Aveva detto questa notizia come se fosse la cosa più naturale e ovvia di questo mondo. Beh, effettivamente c’era d’aspettarselo, la scuola non può certo far scorrere la cosa in sordina.. Ma la sua calma era comunque fuori luogo.
“Non ti preoccupare, Jim si è praticamente ucciso da solo. E poi noi ci siamo solo difesi,quelli che hanno lanciato incantesimi proibiti sono solo Jim e Sebastian.”
“Abbiamo comunque infranto delle regole!” Lo interrompetti  “Non dovevamo essere li a priori! Cavolo! Finiremo ad Azkaban!”
“Esagerato.” sospirò il mio amico “Quando si renderanno conto di chi era Jim Moriarty cambieranno idea.”
“Non sono del tutto sicuro..” pronunciai sommessamente. 
L’ansia aveva incominciato nuovamente a stringermi lo stomaco.
 
Sherlock rimase a farmi compagnia per tutta l’ora successiva.
Sarebbe rimasto oltre, se non fosse stata per Madama Chips, che gli ha ordinato di lasciarmi solo, in modo da farmi riposare e massimizzare la guarigione delle ferite.
Non feci obbiezioni, anche se in cuor mio non volevo che mi abbandonasse.
 
Ben presto scivolai in un sonno senza sogni. Il restare sveglio tutta la notte mi aveva distrutto, questa dormita ci voleva proprio.
Quando aprii gli occhi mi sentivo già più fresco e riposato di prima, perfino la ferita alla coscia non la sentivo più pulsare. Per un istante mi illusi che non c’era più nulla di cui preoccuparsi..
Appena girai lo sguardo verso il comodino sussultai: di fianco a me c’era seduta l’ultima persona al mondo che pensavo di trovare.
Irene Adler.
Si, proprio lei. Sedeva tranquilla, le gambe accavallate con la sua solita classe, e lo sguardo penetrante che mi scrutava l’anima.
“Cosa ci fa qui?!” le gridai, meravigliato.
“Non è molto gentile da parte tua salutare in questo modo gli ospiti..” iniziò lei “Ma passiamo oltre. Sono venuta a controllare come stai, Watson. Dormivi come un angioletto poco fa.”
Avvampai per la vergogna: effettivamente, per quanto non me l’aspettavo, la mia uscita è stata molto scortese.
“Mi scusi..” mormorai.
“Non fa niente.” mi tranquillizzò, stendendosi più comodamente sulla sedia.  “Vedo che stai molto meglio. L’hai scampata per un soffio però.”
Trovavo quella situazione molto surreale: Irene Adler, l’insegnante che fino a pochi giorni fa mi ignorava, anzi, aveva cercato di intimorirmi, adesso si preoccupava per me? Oddio.. Di sicuro è una delle giornate più strane che mi sono capitate nella vita, tenendo conto che gli ultimi mesi non sono stati propriamente.. comuni.
Avrei riso se non fosse stato tutto così maledettamente drammatico.
“Sto piuttosto bene adesso..ma .. Perché è qui?”
L’insegnate sorrise tristemente. 
“Quello che hai passato è anche un po’ colpa mia, Watson. Meriti delle scuse.”
Oddio. Questa poi. Tutti che si scusano con me. Non è che Madama Chips mi ha somministrato qualche allucinogeno?
“Non è necessario..”
“E invece si. Sapevo a cosa stavate andando incontro e  non ho fatto nulla. So che hai ascoltato la nostra ultima conversazione, tra me e Sherlock, l’altra sera..” 
Oh, fantastico. Come spia non valgo proprio un accidenti.
“..Quindi sapevo che ti saresti presentato anche tu alla trappola di Jim. Sapevo, sapevo, che stavo mandando due studenti al macello.. Ma non vi ho fermati.”
“Moriarty ti ricattava..” le dissi, quasi per scusarla.
“Si.. E avevo timore  che mi denunciasse. La paura di Azkaban era sopra a qualunque altra cosa.” poi aggiunse, sottovoce “è sopra a qualunque cosa.”
“Almeno Moriarty non sapeva che Sherlock era al corrente del suo piano..” le dissi, ricordando la conversazione svolta nell’ufficio della Adler.
La professoressa sospirò: “Non è del tutto esatto..”
A quelle parole mi sentii attraversare da una scarica e le urlai: “Come?! Non gli avrai spifferato tutto?! Avevi promesso a Sherlock ch..”
“Ho detto che non è del tutto vero.” cercò di tranquillizzarmi “Io non ho aperto bocca.. Lui aveva dedotto ogni cosa prima di me.”
“Oh, questa è bella!” sputai con rabbia “Non ci credo!”
“Ti racconterò per filo e per segno quello che mi disse prima di andare al suo ultimo incontro con Sherlock.”
“Come faccio a sapere che dici la verità?”
“Non c’è più nessun Jim Moriarty che mi minaccia.”
 
Anche se Irene Adler non mi ispirava nessuna fiducia, le acconsentii di iniziare il suo racconto.
 
Era venuto a trovarmi quella sera, subito dopo cena.
“Miss Adler.” iniziò lui seriamente, appena varcò la porta “Volevo congratularmi con lei dell’ottimo lavoro svolto.”
Rimasi colpita da quelle parole, normalmente non apprezzava mai l’operato della “sua gente”. 
Mi misi così all’erta.
“Questa notte è il momento cruciale.” continuò lui, sempre serissimo “Finalmente eliminerò Sherlock Holmes dalla faccia della Terra.”
“Ne sono al corrente.” lo assecondai.
“Come lo è anche Sherlock Holmes, per altro.” sbuffò, alzando gli occhi al soffitto.
Mi irrigidii. Quindi lui aveva scoperto che avevo detto tutto a Sherlock? Cercai di rimanere calma e fingere di non sapere nulla.
“Come?” gli domandai.
“Oh,si..” pronunciò Jim svogliatamente “Sei stata veramente gentile ad informarlo..”
Non c’era più motivo di fingere: mi aveva scoperta, non so come, ma mi aveva scoperta!
“Mi ha fatto bere del Veritaserum.”
“Ah, si, lo so.” detto questo incominciò a camminare a zonzo per la mia camera, con aria annoiata.
“È stato furbo.” pronunciò, dopo qualche minuto. “Ma non è stata una sorpresa per me. Me lo aspettavo.” 
Poi si rigirò verso di me e disse, scandendo bene ogni parola: “ È così prevedibile!”
Continuai a fissarlo, aspettando una qualunque sua mossa.
“Non ti preoccupare, Irene.” mi disse poi “Non credo che il Ministero verrà informato. Alla fine hai fatto tutto quello che ti ho ordinato, anche se lo sapevo che era del tutto inutile.” sospirò, per poi ridacchiare “È stato divertente però! Molto divertente!”
“Divertente?”
“Oh,si! Vedere Sherlock del tutto impassibile, quasi ammaestrato, succube del tuo potere, solo per scoprire qualcosa di più sui miei piani!”
“Ma… se sapevi che era tutto inutile, perché mi hai chiamata? Solo per un tuo personalissimo divertimento?!”proferii, quasi offesa.
“No, noooo.” mormorò dolcemente lui, girando la testa a destra e a sinistra. “Ero sicuro che il piano funzionasse quando ti ho chiamata.. Ma successivamente ho fatto una scoperta al dir poco strabiliante, proprio appena sei arrivata ad Hogwarts, che ha cambiato completamente le regole del gioco.. Ormai eri qui, mi sembrava brutto doverti rimandare via..” mi guardò seducentemente.
“Sai che adoro giocare con le persone..” continuò Jim, rigirando tra le mani il mio carillon preso dalla credenza  “Le persone sono così.. Prevedibili, ma anche divertenti! Avevo pensato di fare un gioco con Sherlock il giorno di San Valentino. Volevo confonderlo, metterlo alle strette, fargli perdere il suo raziocinio.. Almeno per un po’. Avevo preparato tutto con molta precisione, sai?” mi guardò con i suoi occhi penetranti, posando l’oggetto nuovamente sopra alla credenza. “Avevo preparato le tappe, i  cioccolatini, i messaggi, ho perfino preso in ostaggio la ragazza.. Oh, certo Sherlock credeva che avevo programmato tutto solo per la ragazza, una caccia al tesoro per raggiungere la principessa smarrita.. O Anche solo per  vedere se riusciva a tenermi testa. No, troppo semplice. Inutile. Il mio vero scopo era confondere quella mente fin troppo attiva. Sai cosa ho messo dentro a quei cioccolatini?”
“Non avrai messo dell’Amortentia, spero!”
Jim si mise a ridere “Hai capito a che tipo di confusione mi riferivo, brava! Ma no, non ho messo dell’Amortentia, troppo potente, l’effetto dura troppo a lungo.. Io volevo confonderlo solo per qualche ora, in modo che capisse che pure lui è un essere umano, e che prova sentimenti e debolezze come tale!
 Ho preparato una semplicissima pozione infatuante, niente di che.. A mano a mano che i cioccolatini venivano mangiati, la pozione al loro interno iniziava a fare effetto, facendolo “innamorare” della prima persona che vedeva. Che si trattava ovviamente sempre di Watson.
 Sapevo, inoltre, che non avrebbe mangiato immediatamente i primi tre cioccolatini, siccome doveva prima “capire” le regole del gioco.. Quindi,teoricamente, con tre cioccolatini avrebbe assimilato una quantità tale di pozione sufficiente a non farlo più ragionare in modo ottimale.. 
Eppure non è successo nulla. Io ero li che osservavo la scena e non ho visto nessun cambiamento! Nemmeno dopo aver mangiato i rimanenti cioccolatini!
Questo vorrebbe dire solo tre cose: o che ho sbagliato a preparare la pozione, cosa impossibile, o che Sherlock non è umano e non ha nessun sentimento, cosa che escludo, oppure che è già innamorato di John Watson!”
Io rimasi leggermente scossa: “innamorato, lui? Non si direbbe! So che Watson è cotto, anche se probabilmente non se ne rende conto.. Ma Sherlock! L’ho osservato durante le lezioni e non faceva trapelare nessuna emozione!”
“Le nasconde” disse a mezza voce Jim “Le rinchiude in una parte della sua mente e si dimentica di averle. Ma ci sono.”
Poi si girò verso di me: “Per questo mi sono reso conto che tu non potevi fare nulla con lui. Ma comunque rimango in vantaggio io! Lui non sa che io so che lui sa!”
Rimase in silenzio per qualche istante, poi scoppiò in una fragorosa risata: “Hai sentito che giro di parole? Divertente!”
Ma subito si bloccò, vedendo la mia espressione che non era mutata di una virgola: “Dovresti prendere la vita con più divertimento, Irene..”
“Prendere tutto con leggerezza può essere fatale.”
“Ma anche prendere tutto con eccessiva serietà.”
Fece per uscire dalla stanza quando io lo bloccai: “Aspetta, Jim. Come hai intenzione di eliminare Sherlock Holmes?”
Lui parve rifletterci su, poi si girò verso di me con un’espressione indecisa stampata in volto. “Porterò con me Sebastian, si nasconderà tra la boscaglia così colpirà di sorpresa il genietto innamorato, mentre sarà intento a  parlare con me. Poi lo legheremo e lo obbligheremo a lasciare questo mondo.”
“Lo ammazzerete?” 
“No, lo spingeremo a suicidarsi. Così la scuola non farà eccessivo baccano. Oh, ma io sono clemente! Gli farò scegliere  il metodo che preferisce! Potrebbe impiccarsi, lanciarsi un incantesimo in testa, oppure.. Beh, il migliore secondo me è cadere a peso morto dal ponte ed essere inghiottiti dalle cupe acque del Lago Nero.. Ovviamente lo obbligherò a scrivere una lettera d’addio, tanto per non dare sospetti.”
“Con l’incantesimo Imperius, immagino.”
Jim sbuffò “Non è detto, forse collaborerà con la sua spontanea volontà. È una persona molto teatrale.”
Si diresse verso la porta e prima di uscire la sua ultima battuta fu: “Come me, d’altronde.”
 
Rimasi molto colpito dal suo racconto.
Forse aveva detto realmente la verità.
Mi venne in mente che Moriarty aveva accennato qualcosa riguardo ai cioccolatini di San Valentino, ieri notte.. Ora tutto era più chiaro.
Il cuore mi si strinse in una morsa: questo voleva dire che Sherlock Holmes, il mio migliore amico, provava qualcosa per me? Qualcosa di più di una semplice amicizia?
Certo, c’eravamo baciati, ma alla fine questo non voleva dire nulla.. Insomma, forse Sherlock non voleva…
Cioè.. È successo tutto così in fretta che neppure io so se ero del tutto consapevole di quello che stavo facendo, quindi forse neppure lui era totalmente in sé..
E poi capita a tutti di baciare per sbaglio il proprio migliore amico, no?
….. Beh, forse “per sbaglio” non è la definizione più corretta del mondo.. E.. uhm.. Effettivamente la cosa suona un po’ strana  lo stesso. Oh accidenti!!! 
È tutto così complicato! 
Irene, nel frattempo, si era zittita e mi squadrava con un’espressione indecifrabile.
Ritornai alla realtà.
L’unica cosa che riuscii a dire fu: “Perché mi hai detto tutto questo? Non è solo per.. Bontà, o chessò, pietà.. Vero?”
Qualcosa nel suo sguardo mi diceva che c’era qualcos’altro sotto.
“Ora che ti ho raccontato tutto quello che so..” iniziò “Vorrei che mi facessi.. Un piccolo favore.”
“Quale?” 
Cosa avrei mai potuto fare io per lei?
“Sta sera arriverà il Ministero a interrogarvi.” abbassò il tono di voce e incontrò il mio sguardo “Per favore non dire che ero immischiata in questa faccenda. Ti ho raccontato tutto, sono stata sincera. Per favore. Non fare il mio nome. Ci sono altre persone che puoi nominare, studenti, insegnanti.. Ma non me, ti prego. Non voglio finire ad Azkaban.”
Vederla in quello stato penoso era un vero supplizio: quella donna così forte, sicura di sé, che ora si riduceva  a chiedere pietà ad uno studente..
I suoi crimini passati devono essere veramente terribili per ridursi così.
“Chi ti dice che Sherlock o Sebastian non apriranno bocca al posto mio?”
Lei fece una pausa prima di rispondere: “Sherlock non mi tradirebbe mai. Ne sono sicura. Sebastian…  è un ragazzo particolare. Non si è mai interessato nello sapere chi stava con Jim e chi no. Lui eseguiva gli ordini e basta. Non farà il mio nome. L’unico sei tu, John.”
Non sapevo che fare. Ho odiato quella donna, per come si è comportata con il mio amico, per i suoi modi, per il suo carattere.. Ma ora sembrava un animale ferito prossimo alla morte. 
Un’aquila che prima volava spavalda nel cielo e che giocava con i sentimenti dei piccoli roditori che catturava, ora, rinchiusa in una gabbia, si ritrova a chiedere aiuto proprio al topo che prima aveva tanto disprezzato..
Volevo fargliela pagare.. Ma no, non ce l’avrei mai fatta. Si era pentita seriamente. Tutto quello che ha fatto è stato soltanto per colpa di un’altra persona: Jim Moriarty.
“John, lo so che... non ti sono mai stata simpaticissima, ma..” aveva iniziato, vedendo la mia indecisione, ma io la fermai: “Va bene. Non dirò nulla.”
Il suo viso si illuminò in un raggiante sorriso, il più vero che abbia mai visto da parte sua.
“Grazie! Grazie infinite! Ti prometto che non mi farò più né vedere né sentire! Appena l’anno scolastico terminerà, me ne andrò.”
Non sapevo se essere felice oppure no.
Alla fine è stata una brava insegnante , escludendo tutto il resto.
 
Verso le quattro del pomeriggio Madama Chips mi tolse le bende incantate, dicendomi che ormai ero guarito dal tutto. E aveva ragione. Non era rimasta nemmeno la cicatrice del taglio inferitomi dal Platano Picchiatore. Ora ero in grado di camminare finalmente con le mie gambe.
Mi diressi immediatamente verso il salotto della mia Casa, in modo da riporre il diario nel solito cassetto.
All’ingresso trovai i miei amici di Grifondoro che mi salutarono immediatamente, chiedendomi come stavo.  Mi hanno detto che erano venuti a farmi visita qualche ora prima, ma se ne erano andati, vedendo che ero completamente addormentato.. 
Mi domandarono anche cosa era veramente successo.  Delle voci di corridoio dicevano che noi quattro volevamo duellare a causa di una lite scoppiata durante il giorno e che, inevitabilmente, ci è scappato il morto. Altri dicevano che abbiamo lottato contro entità soprannaturali ma che la scuola voleva mettere tutto a tacere.
Ma io non entrai nel dettaglio, preferii rimanere nel generico. La storia era troppo lunga e complicata da spiegare e io non avevo la forza necessaria per raccontarla.
 
Tra poco arriverà il Ministero della Magia. Solo per noi.
 
Alle sei e un quarto la vicepreside annunciò l’arrivo del Ministero e ci invitò, Sherlock, Sebastian e io, nell’ufficio del preside.
Mi sentivo le gambe tremare.
Sherlock e Sebastian, invece, erano perfettamente calmi.
Notai che l’ex spalla di Moriarty aveva ancora la testa fasciata e il suo braccio destro era rinchiuso in un rigido gesso.
Probabilmente le sue ferite erano state molto più gravi delle mie. E non c’era da stupirsi: il tronco, lui, l’aveva beccato in pieno, non di striscio come è successo a me. È stato veramente fortunato a sopravvivere.
Sentivo il cuore martellarmi in gola e le mani sudare in maniera incontrollabile.
“Andrà tutto bene.” mi rassicurò Sherlock.
“Non ne sono molto sicuro..” esitai.
Sherlock prese la mia mano e la strinse forte.
“Moriarty era reale.” sussurrò “Non saremmo qui, se non fosse stato per lui. Adesso avrà quel che si merita. Non importa se non fa più parte di questo mondo.”
Non so come mai ma mi sentii rincuorato da quelle parole.
Strinsi a mia volta la sua mano con la mia.
 
L’ufficio del preside era stato incantato in modo tale da assomigliare ad un aula di tribunale.
Il preside era seduto a fianco del Ministro della Magia e, assieme ad altri maghi che non avevo mai visto prima e che presumibilmente facevano sempre parte del Ministero, rappresentavano i giudici del processo.
Mentre noi tre eravamo gli imputati.
Ognuno di noi dovette parlare di fronte a quella giunta, rispondendo in modo chiaro alle loro domande.
Non voglio riportare tutto il processo: l’ho vissuto con così tanta ansia da volermelo dimenticare al più presto possibile.
Certo, le cose erano leggermente a nostro favore, sia io che Sherlock abbiamo denunciato le azioni di Moriarty, mentre Sebastian, che inizialmente aveva provato a difenderlo, negando tutto, ben presto si ritrovò in difficoltà, non riuscendo a spiegare o collegare alcuni fatti con logicità.
La sua colpa è diventata più evidente quando il preside ritirò le nostre bacchette (compresa anche quella di Jim Moriarty) per analizzare quali incantesimi avevamo usato.
Mentre io e Sherlock avevamo lanciato per la maggior parte incantesimi difensivi o, al massimo, qualche schiantesimo, Sebastian e Jim avevano utilizzato varie volte incantesimi proibiti, in particolare Moriarty con l’incantesimo-di-non-ritorno. Ben  presto la dinamica fu ricostruita: io, che per difendermi, mi sono avvicinato al Platano Picchiatore, facendolo “arrabbiare”, in modo da colpire Sebastian con uno dei suoi rami; mentre dall’altra parte Moriarty che ha lanciato un Avada Kedavra su Sherlock, ma che quest’ultimo è riuscito a proteggersi grazie ad un Protego Horribilis all’ultimo secondo.
Sebastian si trovava in guai seri.
Ma anche noi non eravamo messi bene.
A prima vista la giunta non sembrava molto propensa a credere che Jim Moriarty era un pazzo, un mago malvagio che, per i suoi interessi, rendeva la vita difficile ad alcuni studenti, aiutandone invece altri a vendicarsi o fare azioni illegali.. Inoltre nessuno sapeva se aveva altri piani in mente! 
In poche parole, sia Sebastian che noi due avevamo la certezza di essere espulsi da Hogwarts.
Forse Sebastian aveva molta più probabilità di noi di essere rinchiuso nella prigione dei giovani maghi.. Forse.
 
Non so quando concluderanno il verdetto.
Sono le 20:17, è sceso il buio da qualche minuto ormai e non hanno ancora terminato.
Intanto, mentre aspetto, ho scritto su un foglio di carta quello che è successo, ora descriverò quello che sta succedendo, in modo da distrarmi un po’… Dopo lo ricopierò nel mio diario.
Sherlock è seduto di fronte a me, con i polpastrelli congiunti e gli occhi chiusi. Sembra stia pensando intensamente, ma non ho idea a cosa di preciso. Non sembra molto propenso ad iniziare una conversazione..
Sebastian sta girando intorno alla stanza con fare nervoso da ormai mezz’ora.. La sua passata tranquillità si vede che lo ha abbandonato.
Quanto a me, beh..
Hey, aspetta. 
Ho sentito un rumore strano, proveniente dall’esterno.. Sembrava.. Una specie di ruggito o ululato, non saprei..
Adesso sento anche delle grida di studenti! Provengono dai corridoi!
Oddio!
 
Cosa sta succedendo?

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Capitolo 11
*** capitolo undici ***


Panico.
Questa è stata la prima parola che mi è balzata in mente quando mi sono riversato nei corridoi di Hogwarts.
Gli studenti, soprattutto quelli più giovani, erano come impazziti: si urtavano a vicenda, gridando, in modo scappare verso i piani più alti, per mettersi in salvo. Gli insegnanti, seguiti da alcuni studenti più maturi, cercavano invece di andare contro corrente, armati di bacchetta.
Spiai da una finestra quello che stava accadendo all’esterno.
I miei occhi videro una dozzina di animali imbizzarriti spingere con forza i portoni d’entrata, con l’indubbia intenzione di penetrare nel castello. 
Quegli esseri emettevano dei versi raccapriccianti, che mi facevano accapponare la pelle.
“Cosa diavolo…” mi lasciai sfuggire a quella visione.
“Moriarty ci saluta dall’oltretomba.” fu il commento di Sherlock, che si trovava appena a qualche centimetro dal mio orecchio.
“Non dire cazzate!” sussultai “Cosa centra adesso Moriarty! Stiamo per essere attaccati da questi… cosi… e tu pensi che sia colpa di quel pazzo?”
“Non sono cosi, John. Sono zombi. Animali zombificati, per essere precisi, come quello che avevamo sconfitto ancora qualche mese fa. Non ti ricordi che Moriarty aveva detto che stava facendo degli esperimenti, o qualcosa di simile, con loro?”
“Si, ok Sherlock! OK! Ma ormai lui è morto, e questi.. zombi non sono sicuramente sotto il suo controllo!” gli risposi con tono.
“Esattamente.”
Detto questo cominciò a correre, diretto verso l’entrata della scuola.
“Aspetta!” gli urlai dietro “Come esattamente? Cosa intendi dire?!”
“Come fai a non capirlo! Moriarty faceva degli esperimenti con gli animali della Foresta Proibita, li svuotava della loro anima, rendendoli così suoi schiavi.. Oppure prendeva i cadaveri e, grazie alla magia oscura, li faceva risorgere.. Beh, in sostanza adesso loro non hanno nessun padrone che li manovra, si sono ritrovati improvvisamente da soli, e hanno avuto la bella idea di attaccare Hogwarts!” mi rispose mitragliando ogni parola. 
“Cos.. Perché Hogwarts?” domandai, quando ebbi assimilato quello che aveva detto.
“Perché anche gli zombi mangiano!” gridò “ E qui è pieno zeppo del loro cibo preferito!”
“Ho paura a chiederti qual è..” mormorai, mentre scendevamo a gran velocità le scale.
“Sangue umano.” rispose Sebastian, che, fino a quel momento, non mi ero neanche accorto che ci stava seguendo.
“L’avrei scommesso..” sospirai.
“Jim dava loro da mangiare il sangue dei suoi seguaci.” incominciò a spiegare Sebastian “Ogni mese dovevamo donare parte del nostro sangue. In questo modo avevamo la sua protezione.”
Io lo guardai a bocca spalancata: “Stai scherzando vero?”
“Mai stato così serio.” rispose cupamente, lanciandomi un’occhiataccia.
“Sai come sconfiggerli?” gli chiese Sherlock.
“No.” ci squadrò “Gli unici che sono riusciti ad ucciderne uno siete stati voi.”
“Oh meraviglioso!” commentai sarcastico. 
“Quindi l’incantesimo da usare è Ardemonio. Qualunque altro è inutile.” Sherlock tirò fuori la bacchetta “Prepariamoci allo scontro, non penso che il portone d’entrata durerà a lungo.”
Ci mancava ancora un piano da scendere, ma riuscimmo a distinguere con precisione il rumore del portone che precipitava a terra con un tonfo.
Gli zombi erano entrati.
 
“John, raggiungi gli altri e informali dell’incantesimo che bisogna usare!” mi disse Sherlock, subito dopo.
“Gli altri?” 
“Si, gli altri studenti che sono andati a nascondersi! E gli insegnanti che vogliono difendere i piani superiori! Bisogna informarli che l’unico incantesimo efficace è Ardemonio!”
“Ma.. Non voglio che tu vada incontro a quei mostri da solo!” gli urlai.
“Non sono solo, John! Sono con… “guardò l’altro ragazzo socchiudendo gli occhi.
“Sebastian.” completò la frese questo.
“Esatto, con lui.
“Ha il braccio ingessato! Come può aiutarti con gli incantesimi?!” cercai di convincerlo “Mi spiace, ma vengo con te!”
“In verità sono ambidestro.” disse con calma Sebastian.
“Hai sentito, John? Mi aiuterà lui con gli zombi, tu intanto va a informare gli altri!” continuò Sherlock, scaldandosi un poco.
“Eh, no! Mi sentirei un codardo! E..”
“John, per favore.” 
Rimasi pietrificato. Sherlock mi stava guardando con una pietà infinita, le sue labbra tremavano leggermente e, con una lentezza molto fuori luogo per quel momento, mi prese il polso.
“Per favore” ripeté scandendo bene ogni parola “Vai ad informare gli altri.”
Un ululato spaventoso ruppe il contatto visivo che si era inevitabilmente instaurato tra noi due.
“O-ok..” sussurrai sconfitto “Ma appena posso ritornerò ad aiutarvi.”
“Bene.” mi disse mollando la presa.
“Non farti ammazzare, Sherlock.” 
“Neppur..”
“ABBIAMO FINITO?!” ci interruppe impaziente Sebastian “Ci sono degli zombi che vogliono farci il culo e voi vi perdete con queste moine da fidanzatini!? Cazzo, muovetevi!”
Spalancai la bocca per replicare, ma lasciai subito perdere. Sia Sebastian che Sherlock avevano cominciato a correre verso l’entrata e mi lasciarono presto solo.
“Informare gli altri.. tzk!” sbiascicai, mentre mi dirigevo ai piani superiori.
 
Appena fui arrivato al terzo piano vidi molti studenti e qualche insegnante che osservavano l’esterno dalle finestre. 
Li raggiunsi e gridai loro: “Dovete usare Ardemoniooooo!” 
Molti mi guardarono malissimo, i rimanenti, invece, avevano un espressione terrorizzata in volto. 
“Cioè..” iniziai, in modo più civile“se quegli zombi vi raggiungeranno dovete usare l’incantesimo Ardemonio. È l’unico che funziona.”
“Va bene, se arrivano sapremo come attaccarli.” mi ringraziò l’insegnante di astronomia.
 
Continuai a correre, alla ricerca di qualcuno da informare, finché vidi una porta stranamente socchiusa. 
Appena entrai mi ritrovai una serie di bacchette che puntavano minacciose contro di me. 
Alzai le braccia in segno di resa, gridando “Non sono un nemico!”
Al mio urlo, le bacchette si abbassarono lentamente.
“Cosa vuoi?” mi chiese uno studente, nascosto dietro un banco.
“Volevo informarvi che l’unico incantesimo da usare è Ardemonio!” dissi, alzando gli occhi al soffitto: ormai mi ero stancato di dire continuamente questa frase.
“Oh, bene..” mormorò qualcuno “però speriamo che non entrano qui lo stesso.”
 
 Continuai la mia ricerca, entrando in ogni aula, in modo da non saltare nessuno.
Arrivai fino alla Sala dei Trofei, cercai di entrare, ma la porta era bloccata.
 “Strano.” pensai “normalmente non viene mai chiusa a chiave.”
La aprii con un Alohomora e avanzai. 
Era tutto silenzioso, sembrava non esserci anima viva.. Finché sentii uno sfruscio dietro ad un armatura.
Presi tutto il mio coraggio e mi avvicinai, con la bacchetta stretta tra le mie dita.
Ma l’abbassai subito, vedendo che dietro all’armatura c’era solo uno studente rannicchiato, in preda al panico.
“Su, dai.” cercai di tranquillizzarlo “Non sono qui per farti del male. Volevo solo… Hey! Ma tu sei il prefetto di Corvonero!”
Davanti a me avevo proprio Greg Lestrade, che cercava di farsi piccolo piccolo.
“ssssssh!” sibilò lui “Qualcuno potrebbe sentirci!”
“Ma! Cosa ci fai qui!? Dovresti essere in prima fila a combattere quegli zombi!” gli urlai, ignorando quello che aveva detto.
“Non è compito mio..” mormorò.
“Ma cos- Non ti facevo così fifone! Ma se sei stato tu a salvare quel ragazzo dal ratto zombi ancora mesi fa!” lo rimproverai.
Lestrade alzò gli occhi al cielo “Quella era tutta un’altra storia.. Mi trovavo li, il ragazzo era in pericolo e ho cercato di salvarlo. Adesso… ci stanno attaccando in massa! E non sono sicuro che se ne trovo un altro davanti sarò ancora così fortunato da rimanere vivo!”
Sbuffai. 
“Senti..”mi venne un colpo di genio “.. se proprio non vuoi combatterli.. Beh, potresti fare quello che sto facendo io.”
“Cioè?” mi chiese.
“Andare in giro e dire che incantesimo usare.” lo guardai speranzoso “Almeno non farai brutta figura.. Rinchiudersi in una stanza sperando che tutto passi.. Io mi vergognerei.”
Lestrade chiuse gli occhi, probabilmente per riflettere meglio cosa scegliere di fare.
“E poi, se per caso qualche zombi entrasse qui, hai poche possibilità di ammazzarlo da solo.”
“Oh..” mormorò lui “Va bene… insomma devo solo andare in giro a dire che bisogna usare..”
“Ardemonio.”
“Ardemonio.” ripeté Greg “e basta?”
“Si, esatto.”
“Va bene. Lo farò.” sospirò “Vieni con me?”
“No… Penso che andrò ad aiutare gli altri a fermare quei cosi.”
 
Lasciai così il prefetto, e mi fiondai verso l’entrata. 
Dovevo ritrovare Sherlock. 
Sperai con tutta l’anima che non gli fosse accaduto nulla. 
 
Più mi avvicinavo all’entrata più le urla e i versi aumentavano proporzionalmente. La prima difesa stava facendo un ottimo lavoro. O almeno così speravo…
Mancavano solo una dozzina di scalini per raggiungere il piano terra quando un tasso mi si scaraventò contro da chissà dove.
Si era ancorato al mio mantello e mi mostrò i suoi denti affilati, pronti a mordere.
Io lo colpii con uno schiantesimo, in modo da staccarmelo di dosso. L’essere finì a terra, ma si lanciò nuovamente verso di me, pronto ad affondare i suoi denti nella mia carne. 
Lanciai tempestivamente l’incantesimo Ardemonio, proprio quando si trovava a pochi centimetri dalla mia gamba.
Un alone verdastro circondò il tasso, che si mise ad urlare in modo osceno.
 Ma l’incantesimo non era abbastanza potente! L’animale si contorceva con visibile dolore, ma non si scioglieva come il ratto che avevamo affrontato quella volta!
Stavo per mollare tutto, quando sentii una voce familiare gridare “Ardemonio!” per aiutarmi.
Il tasso zombificato iniziò così a liquefarsi, tramutandosi a poco a poco in una pozza maleodorante.
“Hai già finito di fare il giro della scuola?” mi domandò sarcastico Sherlock, asciugandosi un rivolo di sudore che gli colava dalla fronte.
“Ho rifilato il compito a Lestrade.” gli risposi sinceramente “Voglio aiutarti sul serio, non nascondendomi dal pericolo.”
Sherlock sbuffò qualcosa come risposta, anche se non afferrai le sue parole.
“Hey Sherlock!” sentii gridare Sebastian, che si trovava a qualche metro più avanti, “Dove cavolo ti sei cacciato?! Ne stanno arrivando altri!”
Con lui c’era anche l’insegnante di incantesimi, che ansimava dalla fatica.
Devono aver lottato come disgraziati mentre io me ne andavo in giro per i corridoi della scuola..
“Non ci voleva!” urlò Sherlock “Ma quanti ne ha fatti!?”
“Ha avuto a sua disposizione cinque anni..” cominciò Sebastian “Non sono certamente pochi..”
Non aveva ancora finito di parlare che una coppia di cervi sbucò dal corridoio laterale e iniziò a galoppare furiosamente verso di noi.
“Porca…” iniziò Sebastian, preso alla sprovvista. 
L’insegnante lanciò l’incantesimo, colpendo uno dei due enormi cervi, il quale sembrò non curarsi affatto della fattura.
“Cosa?! Perché non funziona?” gridai, in falsetto.
Sebastian non aspettò un secondo di più e aiutò il professore, attaccando il suo cervo, mentre Sherlock si concentrò sull’altro. 
Colpito da due incantesimi, il primo cervo si arrestò, grugnante, il secondo cervo, invece, continuò a galoppare verso di noi, come se l’incantesimo non ci fosse neanche.
“Ardemonio!” urlai, al cervo che si stava avvicinando sempre di più.
Come il primo cervo, ora anche il secondo si era arrestato. Ma nessuno dei due aveva intenzione di morire tanto facilmente.
Ci serviva almeno una terza persona! E non potevamo certamente resistere all’infinito!
“Ardemonio!” sentii una voce femminile lanciare l’incantesimo che colpì il cervo di Sebastian e del professore.
Molly Hooper era proprio di fianco a noi, stringeva con tutte e due le mani la propria bacchetta,  con il viso concentrato in una smorfia. 
Lentamente il cervo cominciò a sciogliersi, liberando nell’aria un tanfo disgustoso.
Purtroppo, infastidito da quella puzza,  misi un piede indietro e, non so come, inciampai. Il mio incantesimo si arrestò e il nostro cervo fu di nuovo libero di agire.
“Oh no!!!” gridai, rimettendomi immediatamente in piedi.
Il cervo, su tutte le furie, fece un verso spaventoso prima di iniziare a caricare.
“Scappate!!” ci gridò Sebastian, dalla sua postazione. 
Sherlock e io seguimmo il suo consiglio senza proferir parola. Cominciammo a correre a perdifiato, salendo lo scalone principale senza voltarci indietro.
L’essere imbizzarrito ci inseguì per tutto il corridoio del primo piano. Ormai il mio fiato non ce la faceva più, e incominciai a rallentare.
“John!! Non fermarti adesso!!” mi ordinò Sherlock.
“Non ce la faccio..” 
Mi prese così per mano e mi trascinò dentro un’aula, che si trovava alla nostra destra.
Appena fummo dentro sigillò con un incantesimo la porta, proprio un secondo prima che i corni dell’animale si impiantarono nel legno massiccio.
Osservammo la porta davanti a noi, che si dimenava all’impazzata. 
“Non pensavo di morire così..” osservai “Ucciso da un cervo.. Mi prenderanno in giro fino allo sfinimento quando andrò in paradiso.”
Sherlock abbozzò un sorriso “Almeno non hai passato una vita monotona.”
“Si, ma avrei preferito morire nel mio letto lo stesso.”
“Circondato dai nipoti, immagino.” sogghignò  “Noioso!”
“Già, maledettamente noioso!” sorrisi, anche non riuscivo a capire cosa c’era di tanto divertente in questo “Almeno potevo farmi ammazzare da qualche mago malvagio, oppure da un drago! Un drago mi sarebbe andato benissimo! Non da un fottutissimo cervo già morto!”
“Oh certo!” cominciò a ridacchiare Sherlock “La prossima volta dì a Moriarty di creare un drago zombi invece di questi animaletti di bosco!”
“Penso proprio di si!” risi “La prossima volta che lo vedo, lo sgriderò per bene!”
La porta cominciava a cedere, sarebbe durata solo per qualche secondo, al massimo un minuto intero.
“Prepariamoci.” disse Sherlock puntando davanti a sé la bacchetta “Non mi farò sconfiggere senza aver lottato fino all’ultimo.”
Lo imitai e, respirando profondamente, aspettai che la porta cedesse.
 
“Ardemonio!” urlammo contemporaneamente Sherlock e io, quando il cervo riuscì a scaraventare la porta a terra.
L’animale zombificato incominciò a lamentarsi, dimenando gli zoccoli per il dolore. 
Ma non era sufficiente.
Appena uno di noi due mollerà la presa, l’essere sarà di nuovo in grado di attaccarci, e allora per noi sarà la fine.
Strinsi i denti e vidi tutta la mia vita passarmi davanti agli occhi.
Devo dire che la mia esistenza non è stata particolarmente interessante.. Almeno fino a quando non ho incontrato Sherlock Holmes. 
Lui mi ha cambiato la vita. E io gli sono molto grato. 
Forse sarebbe stato carino dirgli quanto è stato importante per me, prima di morire..
Ma non l’ho fatto, anche perché, tecnicamente, non siamo affatto morti.
Un’altra bacchetta, proveniente dal corridoio,ci stava aiutando. Non riuscivamo a vedere il suo possessore, però sentivamo la potenza dell’incantesimo crescere.
Finalmente lo zombi cominciò a sciogliersi, chiusi gli occhi e aspettai che tutto finisse.
Dovevo ancora riaprirli che sentii Sherlock parlare: “Di tutte le persone che potevano aiutarci, proprio tu?!”
Aprii gli occhi di scatto.
“Oh, Sherlock, non farti tanti problemi. Saresti morto, se non fosse stato per me.”
“Avrei preferito morire, Mycroft!” sbiascicò il mio amico.
“Smettila Sherlock!” lo ammonì suo fratello “Questa avversità è così puerile! Perfino quando ti salvo la vita devi essere così acido?”
“Basta così, ragazzi!” li interruppi “Grazie dell’aiuto Mycroft.” aggiunsi al nostro salvatore.
Sherlock sbuffò contrariato: “Io non ti ringrazierò mai.”
“Sherlock!!” lo sgridai.
“Non fa niente..” sospirò il più grande degli Holmes “Tanto ci sono abituato..”
“Siete impossibili…” mormorai, per poi dire ad alta voce: “Sentite, adesso che facciamo, rimaniamo qua a guardarci o andiamo ad ammazzare qualche altro zombi?”
“Forse è meglio che tu rimani qui al sicuro.” mi disse Sherlock, tentennando un poco.
“Cosa? Eh, no!” gli puntai contro un dito “Già prima, con la scusa di andare in giro ad informare la scuola, non mi hai reso partecipe all’azione! Adesso non mi dirai che devo nascondermi di nuovo come un codardo!”
“Senti, John..” cominciò lui, mentre Mycroft ci guardava con occhi curiosi “..è pericoloso. Potresti farti male..”
“Oh no no no! Sei tu che hai la tendenza di farti male quando non ci sono io!” ribattei “Mi spiace ma vengo con te, in qualunque caso!”
“Gnnn..“ grugnì il mio amico “Cristo, è proprio un Grifondoro..”
“Ti ho sentito!” lo ammonii “Serpeverde dei miei stivali!”
“Il coraggio prima di tutto!” apostrofò quel testardo di Sherlock, di rimando.
“Interessante.” ci interruppe Mycroft “Questa è la prima volta che qualcuno tiene testa a mio fratello.. Ed è anche la prima volta che Sherlock si preoccupa per questo qualcuno!” gli lanciò un’occhiata maliziosa “A cosa diamo questo colpo di scena?”
“Fatti gli affari tuoi Mycroft!” lo sgridò Sherlock.
“La mamma sarebbe veramente conten..” iniziò il ragazzo di Corvonero.
“Adesso andiamo giù e ammazziamo tutti quei dannati zombi del cavolo!” infuriò Sherlock “Così la smettete tutti di aprire quella dannatissima bocca inutilmente!”
Detto questo avanzò a grandi passi verso il corridoio, diretto nuovamente verso l’entrata della scuola.
Mycroft ed io ci scambiammo un’occhiata divertita, per poi seguirlo in silenzio.
 
Quando raggiungemmo l’entrata. la trovammo piena zeppa di corpi animaleschi ammassati alla rinfusa. Perfino il preside e i maghi del Ministero erano presenti.
“Li abbiamo ammazzati tutti!” ci urlò Sebastian, che nel frattempo ci aveva raggiunto.
“Finalmente!” gridai soddisfatto “Sembravano non finire mai!”
“Qualunque cosa fossero, erano sotto l’influsso di qualche stregoneria.” si intromise un mago piuttosto anziano “In vita mia non ho mai visto qualcosa di simile!”
“Chiunque è responsabile di questa cosa verrà punito!” informò il preside, piuttosto adirato  “E che non creda di passarla liscia! Ha messo in pericolo ogni singolo studente ed insegnante di questa scuola!”
“Sarà difficile punirlo, professore.” disse piuttosto tranquillamente Sherlock.
“E perché mai?” tuonò l’anziano signore.
“Perché è morto.” rispose Sherlock con lo stesso tono di prima “Sarà d’accordo con me che è piuttosto difficile punire un morto.”
“Morto?” il preside aveva abbandonato la sua precedente sicurezza “E tu come lo sai?”
“Si tratta di Jim Moriarty. Io e il mio amico John Watson stavamo indagando su di lui da parecchio tempo, finchè la notte scorsa non è successo l’incidente.”
“Facile incolpare un morto, signorino.” aggiunse l’anziano mago del Ministero.
“Eppure è così!” dissi con vigore “Jim Moriraty aveva creato questa armata di animali zombificati in modo da amplificare il suo potere! Così poteva controllare mezza scuola per i suoi loschi fini!”
“Se veramente controllava mezza scuola…” disse pensoso il preside “ questo vuol dire che molti studenti sapevano della sua esistenza.”
“Esatto! Provate a chiedere in giro!” proposi “Adesso che non c’è più nessun pericolo, i suoi collaboratori non dovrebbero avere problemi ad ammettere la sua esistenza!”
“Lo farò.” ci disse il professore “Ma pregate vivamente per voi che non sia una bugia.”
 
Dopo l’accaduto molti studenti ammisero di conoscere Jim Moriarty e la sua armata di animali non-morti.
Il preside e i vari componenti del Ministero rimasero piuttosto interdetti da questa scoperta. 
Si resero presto conto, invece, che io e Sherlock non eravamo affatto coinvolti, anzi, tutto quello che abbiamo fatto era per mettere in luce i piani di quello studente malvagio. 
“Io e i membri del Ministero” ci disse il preside, dopo aver scambiato una lunga chiacchierata con quei vecchi maghi “in vista del vostro ottimo lavoro di difesa per le mura del Castello e della vostra iniziativa di indagine, riteniamo di non considerarvi colpevoli per la morte dello studente Jim Moriarty. Quindi la sospensione è stata ritirata.”
Mi sentivo rinascere: avrei voluto correre e gridare di gioia!
“Però” aggiunse il professore, facendomi ripiombare di nuovo a terra “Bisogna tenere conto che gli studenti Sherlock Holmes e John Watson hanno infranto le seguenti regole basilari, tra cui: uscire dai dormitori durante il coprifuoco, duellare senza permesso, rovinare il giardino e il nostro secolare Platano Picchiatore e non comunicare agli insegnanti e al sottoscritto informazioni importanti, se non vitali, per il giusto proseguimento della vita scolastica.” il preside prese un bel respiro, poi terminò “Per questo gli studenti Sherlock Holmes e John Watson, delle rispettive Case di Serpeverde e Grifondoro, dovranno perdere 350 Punti Casa a testa.” 
 
“Ci è andata bene!” sorrise Sherlock appena riuscimmo a svignarcela.
“Oh, certo..” deglutii piano “Adesso i nostri compagni di Casa ci vorranno linciare..”
“Un piccolo effetto collaterale.”
“Minuscolo..” sospirai.
 
Effettivamente, appena entrai nel salotto di Grifondoro, fui accolto da fischi e da occhiate malevole. Ma l’atmosfera cambiò molto presto. 
“Ok, per un momento ti abbiamo odiato, John” mi disse Harvey “E quando dico odiato, intendiamo proprio odiato. Ma alla fine siamo felici che tu sia di nuovo con noi!”
“Ma si! Tanto la Coppa delle Case non è la cosa più importante!” sorrise Pulsifer.
“Grazie!” sorrisi di rimando.
“E poi abbiamo già vinto la Coppa l’anno scorso! Anche se perdiamo un anno non c’è nulla di male!” continuò Pulsifer.
“Hey, secondo i miei calcoli la coppa dovrebbe vincerla Tassorosso..” meditò Stevie “Cavolo! È da decenni che non vince!”
“Allora se lo meritano!” non riuscimmo a trattenere le risate.
 
Manca poco meno di un mese per la fine della scuola, ma le lezioni sono state temporaneamente sospese. Infatti alcune aule sono inagibili per colpa di quei zombi. 
Comunque non  dovrebbero passare molti giorni prima che le lezioni ricomincino normalmente.
Inoltre quest’anno dovrò svolgere l’esame per i G.U.F.O., quindi devo mettermi sotto a studiare. 
Strano che non ci abbia mai pensato.. Probabilmente avevo altro per la testa.

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Capitolo 12
*** capitolo dodici ***


Non ci sono voluti molti giorni prima che le lezioni riprendessero normalmente. In questo lasso di tempo mi sono reso conto che sono messo piuttosto male, dal punto di vista dello studio. Ho cercato così di concentrarmi sui libri, straniandomi da tutte le più possibili tentazioni e distrazioni. Avrò ben dieci prove da superare alla fine del mese!
E per fortuna, adesso che Jim Moriarty è definitivamente scomparso,  anche i casi tanto amati da Sherlock sono diminuiti drasticamente. E se da una parte è un bene, dall’altra è un male, per il mio amico. Infatti, nel giro di pochi giorni è diventato sempre più scontroso e irrequieto.
“Non è possibile che non accada nulla!” è la sua nuova cantilena.
E io non faccio altro che sospirare, perché non posso di certo aiutarlo, no? O almeno.. Non nel senso che lui intende. Mica posso organizzare io dei casi particolari solo per farlo contento!
E poi.. In questi giorni stare vicino a Sherlock mi fa sentire strano, ogni volta che lo vedo mi si stringe lo stomaco e comincio ad innervosirmi. E mi viene in mente solo un immagine nella mia testa: il bacio che ci siamo scambiati nel giardino della scuola.
Da allora non abbiamo più menzionato a questo fatto, ognuno di noi due fa finta che non sia accaduto nulla. 
Poi non so se Sherlock effettivamente pensi a questo, insomma.. Forse lo ha resettato dalla sua memoria e io sono l’unico idiota che da peso a quel bacio.. Perché mi sembra che l’unico che ha questi tipi di problemi sono io. Vorrei scappare quando lo vedo! E se da una parte vorrei guardarlo, osservarlo, ammirarlo, dall’altra non vorrei mai incrociare il suo sguardo.
Ma non è paura, quella la conosco piuttosto bene, è qualcos’altro.. 
 
“John, qualcosa non va?”
Era ovvio che prima o poi Sherlock avrebbe dedotto qualcosa.
“N-no.” tentennai, sistemando il materiale di incantesimi nel banco. Si trattava della quintultima lezione di questa materia, l’agenda mi ricordava malignamente che i G.U.F.O. si avvicinavano sempre di più.. 
“Sicuro? Negli ultimi tempi sembri.. Diverso.” 
Ero sicuro che aveva già capito tutto, ma probabilmente, pensai, si era reso conto che essere diretti provoca solo danni. Comunque cercai di fare l’evasivo: “Non è nulla, ci sono gli esami tra poco. Sono preoccupato perchè non ho studiato tantissimo in questi ultimi tempi..” 
“Certo.” affermò il mio amico, pensieroso.
La lezione era intanto iniziata. L’insegnate stava ricapitolando tutti i diversi incantesimi da ricordare per il test che dovremo affrontare e ogni studente prendeva appunti diligentemente, cosa che mai prima era accaduta.
Tutti gli studenti prendevano appunti, a parte uno, ovviamente. Nemmeno faccio il nome.
“John..” lo sentii sussurrare “Senti.. Quella cosa che.. Abbiamo fatto.. Quella notte.. Dopo che Moriarty è morto..”
Stava alludendo a quello? Al bacio? Veramente? Oddio, perché le sue parole, immaginai ascoltate da un esterno, mi sembravano così.. così sporche? Uno potrebbe pensare a qualcos’altro.. Mi maledii, ovviamente, per quei pensieri.
“Beh, ecco” continuò il mio amico a stenti “Per me..”
“Non era nulla.” risposi in fretta e furia, in completo panico. Mi maledii ancora. Si, perché non era effettivamente nulla, però non potevo ammettere che ci fosse qualcosa. E poi eravamo in classe! Non volevo che qualcuno ci sentisse!
“Oh.” fu il commento di Sherlock, che chiuse immediatamente la bocca.
Mi sentii in colpa come mai prima. Rinchiusi la mia faccia, bollente, tra le mani.
“Senti Sherlock..” iniziai, anche se non sapevo cosa dire di preciso “Forse in quel momento io..noi..”
“Va bene.” mi bloccò, un po’duramente “Non c’è bisogno di spiegare.”
“No, veram-”
“Va bene così.”
“Signor Holmes e signor Watson, avete scambiato la mia lezione per la ricreazione?” la pungente voce dell’insegnante ci fece ritornare coi piedi per terra.
“Ci scusi..” mormorai.
“Scuse, scuse, è facile scusarsi dopo..” brontolò il mago“Sembra che non vi interessi passare gli esami.”
Rimasi in silenzio, per non provocare ulteriormente l’insegnante già abbastanza adirato per conto suo.
Perfino Sherlock preferì rimanere muto, cosa che mi sbalordì un poco. Pensavo, con terrore, che avrebbe potuto tranquillamente ribattere in modo svogliato o petulante.. 
La lezione ricominciò e ben presto mi ritrovai a sperare che finisse al più presto, tanto era lenta e noiosa.
Inoltre per tutto il resto dell’ora non riuscii nemmeno a spostare gli occhi nella direzione di Sherlock.
 
All’uscita dell’aula Sherlock sfrecciò via, senza degnarmi di uno sguardo. Non sono sicuro ma penso di averlo offeso.. Si, perché sono un maledetto idiota! 
 
Forse la cosa si sistemerà nel giro di qualche giorno. Lo spero proprio. È stato tutto un malinteso, no? Sono io che ho dato per scontato che lui si riferisse ad una cosa.. E forse lui ne pensava un’altra.. 
Oddio, mi sto inventando così tante scuse!  Sono patetico!
 
Ah, ne “La Gazzetta del Profeta” di questa mattina ho letto la notizia dell’attacco di Hogwarts. Strano che hanno aspettato così tanto tempo a pubblicarla.. Pensavo che ormai non lo facessero più. 
Ma leggendo ho capito il motivo: hanno aspettato a far volare la notizia dopo che gli agenti del Ministero hanno finalmente concluso di indagare dietro il nome di Jim Moriarty. 
Stando all’articolo, “lo studente di Serpeverde era di famiglia altolocata e purosangue. Certe voci dicono che i genitori facevano parte della truppa di Mangiamorte del Signore Oscuro e che rimasero uccisi durante una di quelle spaventose missioni omicide. Dopo quell’accaduto il figlio ereditò il possedimento del padre ma, finché non divenne maggiorenne, visse sotto la tutela dello zio materno.” L’articolo continuava dicendo che probabilmente fu colpa di questo zio, praticante attivo di Magia Nera, che fece nascere nel ragazzo la curiosità per queste Arti Oscure “Inoltre Jim Moriarty possedeva una reattiva e spiccata intelligenza che, mischiata al divertimento e alla bramosia per il potere, hanno reso l’animo del ragazzo malvagio.” 
Le modalità dell‘attacco erano un po‘ evasive e poco chiare ma si marcava per bene che “ non si sono riscontrate vittime, solo qualche ferito non grave grazie all’intervento degli insegnanti e da alcuni studenti coraggiosi.”
L’articolo concludeva dicendo che “tutti gli studenti che hanno aiutato Jim Moriarty nei suoi oscuri scopi, durante questo e i precedenti anni scolastici, hanno subito pesanti sanzioni, in particolare Sebastian Moran, che è stato sospeso da Hogwarts e trasferito al Carcere dei Giovani Maghi, per scontare una pena di 5 anni.”
 
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È passata una settimana e io e Sherlock non abbiamo scambiato più di quattro parole in croce.
Sto male, per questo.  Ora tutti e due ci evitiamo a più non posso, io per codardia, lui.. non saprei. 
I miei amici di Grifondoro e perfino Molly continuano a chiedermi cosa è successo, se per caso abbiamo litigato o cosa. 
E io non so mai cosa rispondere perché non so neppure io cosa è realmente successo. Abbiamo litigato? Ma nessuno dei due ha alzato la voce o ha offeso realmente l’altro. Ma se non abbiamo litigato, allora che abbiamo fatto?
Sta di fatto che mi manca Sherlock. Mi manca il suo carattere lunatico, le sue deduzioni inappropriate, la sua voce piena, i suoi occhi privi di pudore ma così belli. Mi manca la sua risata. 
Mi manca.
Ma per la prima volta in vita mia mi manca la forza per sistemare le cose. Si, perché desiderare una semplice amicizia, come quella che è sempre stata, ormai è impossibile. Qualcosa si è incrinato tra noi, ed è una crepa che è impossibile da riparare. 
 
Con la notizia dell’attacco di Hogwarts, ora mia madre mi scrive ogni giorno una lettera per chiedermi se va tutto bene e se sono ancora vivo. Esiste cosa più snervante?!
 
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Ormai manca una settimana ai G.U.F.O e non riesco più neanche a vedere i libri di scuola. Mi fanno venire la nausea. Tra pozioni, storia della magia, incantesimi, trasfigurazione, erbologia e compagnia bella, adesso non riesco più a fare un pensiero decente senza tirare in ballo qualche nozione imparata in modo confusionaria dai libri scolastici. Sto impazzendo!
In più Sherlock continua ad ignorarmi categoricamente! E questo non mi fa certamente sentire meglio! Mi sento peggio di uno straccio strappato e buttato dentro un cestino sporco..
 
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Oggi la monotonia della mia tipica giornata da studente ansioso è stata ribaltata, in un modo che non avrei mai pensato prima. 
Allora, tutto è iniziato qualche minuto prima che finisse l’ultima lezione di erbologia.
La professoressa stava concludendo il suo ripasso quando un rumore di vetri e vasi rotti, proveniente dalla serra vicina, non la bloccò. Lei corse ad affacciarsi ad una finestrella che dava sulla serra dove era avvenuto tutto quel trambusto e impallidì vistosamente. 
Con voce incrinata ci disse che potevamo andare, che la lezione era finita, ma io, spinto dalla curiosità e dalla voglia di aiutare, le chiesi cosa è successo e se potevo dare una mano.
“Oh, Watson.. Molto gentile da parte tua.” sospirò la professoressa “Un aiuto mi ci vorrebbe proprio! Vedi, nella serra vicina sono entrate un gruppo abbastanza numeroso di salamandre giganti che stanno distruggendo tutte le piante!” 
Sbirciai dalla finestrella e vidi quelle grosse lucertolone viscide mordicchiare alcuni poveri arbusti.
“Probabilmente qualcosa ha rotto il vetro della serra e ha fatto entrare quelle creature. Alla fin fine non sono tanto pericolose, però se si avvicinano alle mandragore potrebbe accadere il finimondo!”
“Non si preoccupi, le fermerò io.” la rassicurai
“Bene, così io intanto vado in cerca del varco e lo chiudo.”
Stavo per entrare nella serra quando una terza voce, che io conoscevo molto bene, disse: “Vengo anch’io.”
Mi girai incredulo, pensavo che Sherlock Holmes se ne fosse andato immediatamente quando l’insegnante aveva proclamato la fine della lezione. Ma mi sbagliavo. 
“Perfetto.” sorrise la professoressa “In due farete anche più in fretta.”
 
“E-hm” mi schiarii la voce, appena fummo soli. Non sapevo cosa dire, tanto per rompere il ghiaccio. Qualcosa tipo Ah, non mi sarei mai aspettato che mi avresti dato una mano! ma era una bugia bella e buona, perché era molto da Sherlock intervenire quando succedeva qualcosa. Probabilmente il fatto che c’ero anch’io non faceva molta differenza. Oppure Così ancora insieme,eh? No, no, potrebbe interpretarlo male. O Ecco, in questa scuola non ci si può mai stare tranquilli. Sembra una di quelle frasi fatte delle persone di una certa età.. Oppure ..
“Pietrificus totalus!” lo sentii gridare contro una salamandra. Quest’ultima divenne pietra all’istante, senza il tempo di emettere neanche un verso.
“Oh.” fu il mio stupidissimo commento.
“Beh, che fai li impalato?” mi domandò piuttosto scontrosamente, mentre puntava un’altra di quelle tozze creature “Non fermerai di certo le salamandre standotene li immobile a fare nulla.”
“Oh.” ripetei, poi aggiunsi un “Scusa” un po’ mangiucchiato, per poi maledirmi per averlo fatto, perché non c’era affatto motivo di scusarsi! Ma mi ripresi, più o meno subito, incominciando a lanciare l’incantesimo di pietrificazione.
“Appena le abbiamo trasformate tutte in sassi, le trasporteremo fuori dalla serra e le libereremo.” mi spiegò “Tanto per mettere in chiaro il piano.”
“Certo, certo, l’avevo capito.” mentii. 
“Anche se hai avuto un inizio piuttosto indecente, non hai perso mano a lanciare incantesimi.” mi disse, tra un pietrificus totalus e l’altro “Tenendo conto che non ti sei più allenato dopo l’attacco dei non-morti.” 
Ero indeciso se prenderlo come un complimento o meno e,mentre ci pensavo su, Sherlock aggiunse: “Passi troppo tempo sui libri.”
Alzai gli occhi al cielo “Eccome se passo il tempo sui libri! Abbiamo degli esami tra qualche giorno, se non ti ricordi!”
Sherlock sbuffò vistosamente “Noiosi.”
“Cos-?” lanciai un incantesimo che mancò completamente il suo bersaglio: al posto suo tramutò in pietra un povero rampicante “Senti, devi studiare! I G.U.F.O. sono importanti, non bisogna prenderli sotto gamba!”
“Non li sto prendendo sotto gamba. Poi, devi tenere conto che non sono così complicati, la commissione esterna sembra piuttosto permissiva, e non sono difficili come i M.A.G.O.”
“Se lo dici tu!” mi arresi. 
“Certo.”
“Oh, immagino.”
“Decisamente.”
“Non avrei mai detto nulla in contrar-”
La nostra lotta per l’ultima parola fu interrotta da un terrificante trambusto che proveniva nella stanzetta vetrata vicina. Ci scambiammo un’occhiata, poi corremmo fino a dove proveniva quel rumore. Sembrava che qualcuno avesse rovesciato una dozzina di vasi di terracotta contemporaneamente. Inoltre, più ci avvicinavamo, più sentivamo in sottofondo uno strano ronzio. 
Sherlock mi superò con uno slancio ed entrò con un balzo nella stanzetta, con un espressione determinata stampata in viso. Ma improvvisamente quell’espressione mutò di colpo in qualcosa più spaventata. Infatti il Serpeverde uscii velocemente da li, mi prese per un braccio e mi trascinò in un angolino appartato, con l’idea di nasconderci.
“Cosa?” mi sembrava impossibile vedere uno Sherlock impaurito “Cosa c’è li dentro?”
Appena finii la frase il mio desiderio venne esaudito.
Un’enorme vespa fece capolino nella serra, e quando dico enorme, intendo proprio enorme. Era più o meno alta come me! Ed ecco spiegato quello strano ronzio: erano le ali dell’insetto, che in azione, producevano quel fastidioso suono.
“Quella non è una salamandra!” mi ritrovai a frignare.
“Non me l’aspettavo..” sentii sussurrare Sherlock “Per colpirla dovrei usare l’incantesimo Incendio, ma bisogna avere una buona mira. Se manchiamo il bersaglio rischiamo di incendiare tutto.”
“Faccio io.” lo rassicurai “Ho un ottima mira.” una delle poche qualità per cui vado fiero, aggiunsi mentalmente.
“Lo so, basta che non ti distrai.”
“Basta che non ci sia nessuno che mi distragga dicendo cose assurde.” 
Ci scambiammo un occhiataccia, che poi si tramutò in un mezzo sorriso divertito.
Mi lanciai verso la vespa, che nel frattempo stava girando senza una precisa meta, e lanciai l’incantesimo Incendio. 
Delle fiamme azzurre colpirono l’enorme insetto proprio sull’addome, il quale incominciò a friggere dal calore, mentre l’essere aveva incominciato a urlare per lo spavento e per il dolore. 
Improvvisamente il pungiglione che si trovava in fondo all’addome partì di getto verso la mia direzione. 
Mi abbassai proprio all’ultimo secondo: lo sentii sfiorarmi la punta dei capelli e incastrarsi nel muretto che si trovava alle mie spalle. 
Sospirai di sollievo, ma fu solo un secondo, perché la vespa incendiata si era diretta verso un’aiola e le fiamme avevano incominciato a propagarsi. 
“Aguamenti!” urlò Sherlock alle piante, spegnendo il fuoco. “Bisogna uccidere la vespa, John! Non lasciarla mezza viva! Così incendierà tutto!”
Lanciai una fattura diretta verso la testa dell’essere, trapassandola interamente.
La vespa cadde con un tonfo, immobile. Il getto d’acqua che proveniva dalla bacchetta di Sherlock la inondò, in modo da far morire tutte le fiamme.
“Forse era meglio se la colpivo direttamente con una fattura.” dissi, pensieroso.
“Si, ma se la mancavi l’avresti fatta arrabbiare. Non penso che ritrovarsi quel pungiglione nello stomaco sia molto piacevole.”
Volevo ribattere, ma l’entrata dell’insegnante mi bloccò.
“Che cosa è successo? Ho sentito dei rum- Oh!” quando vide il corpo di quell’insetto spalancò gli occhi “E quella da dove sbuca?”
“Probabilmente è stata questa vespa a fare il buco nella serra. Dia un’occhiata a quel magazzino.” spiegò Sherlock, indicando la stanzetta dove aveva trovato l’essere.
Quando entrammo a dare un’occhiata vedemmo infatti che la parete a vetrata era completamente in frantumi. .
“Ecco qui il buco.” mormorò l’insegnante. “Reparo!” Nel giro di qualche secondo il vetro era di nuovo splendente, come se non fosse successo nulla. 
“Avete corso un bel pericolo! Quella era una vespa vampiro cresciuta a dismisura! Se vi pungeva.. Oh, non voglio neanche pensarci!” ci disse l’insegnante.
“Il peggio è passato.” la tranquillizzai.
“Tutta colpa dei rifiuti di pozioni! L’ho sempre detto che dovrebbero eliminarli, invece di accumularli in quelle cisterne! Così gli insetti vanno a curiosare e diventano delle spaventose mutazioni!” continuò la maga, innervosita come non avevo mai visto prima.
“Quindi sono stati gli scarichi delle pozioni a modificare le sue dimensioni..” riflettè Sherlock “Ma è grandioso!” 
“Grandioso un corno, Sherlock.” lo rimproverai “Ci ha quasi ammazzato.”
“Comunque, ragazzi, come siete messi con le salamandre?” ci chiese la professoressa, ripresa dal momento di nervosismo.
Lanciammo un occhiata in giro “Io non ne vedo più neanche una.” dissi.
“Bene.” sorrise la maga “Casomai controllerò io, voi avete già fatto un ottimo lavoro. Potete pure andare.”
 
Trasportammo le salamandre che avevamo pietrificato all’esterno e le ammassammo in un punto del giardino.
“Nel giro di mezz’ora o poco più ritorneranno normali.” spiegò Sherlock.
“Si, lo so come funziona un incantesimo di pietrificazione, Sherlock.” ribattei.
“Era solo per ricordartelo, John.” sorrise divertito il Serpeverde.
Involontariamente sorrisi di rimando.
“Comunque ho capito cosa farò in futuro.” mi disse Sherlock con uno strano tono di voce, misto tra l’esaltato e l’impressionato.
“Si?” chiesi, non sapendo se avere paura o no della sua risposta.
“L’allevatore di api giganti!” gridò, al settimo cielo “Magnifico, magnifico, magnifico!”
“Cosa?” lo guardai come se fosse diventato improvvisamente pazzo. “Così dopo la scuola tu vorresti allevare.. cosa?”
“Ma no, John!” mi rimproverò sorridendo “Non finito la scuola, ma quando non sarò più in grado di professare il mio ruolo di consulente mago!” 
“Consulente mago?” e pensai: ok, Sherlock sembra veramente impazzito. Non è che l’insetto lo ha punto da qualche parte? “Cosa sarebbe?”
“L’ho appena inventato!” disse raggiante il mio amico “Quando un mago o una strega non sa come comportarsi in una determinata situazione, chessò, non sa che incantesimo usare per uccidere qualche strana creatura che ha attaccato la sua dimora, o ci sono dei strani fatti che si ripetono inspiegabilmente, o, semplicemente ci sono dei misteri, allora chiama me per risolverli!”
Lo guardai a bocca aperta, poi iniziai a ridere: “Oddio, Sherlock! Questo si che è il lavoro fatto a tua misura!”
“Lo so. Mica l’ho inventato per niente!” disse orgoglioso il mio amico.
“E dopo.. questo.. Hai intenzione di allevare api giganti!” mi asciugai le lacrime, che erano spuntate da quanto avevo riso.
“Certo! Preparerò delle pozioni in grado di aumentare la loro massa e di rendere il loro miele speciale! Pensa miele fosforescente al buio! Oppure miele con proprietà curative e anti-invecchianti! O miele che aumenta le difese immunitarie dell’organismo! Stupendo!”
Ripresi a ridere di gusto, sentendo quell’elenco di cose impossibili, ma che dette da Sherlock probabilmente sarebbero diventate realtà.
“Eppure quando hai visto quella vespa vampiro non mi sembravi così entusiasta!” 
“Beh, John..” la sua esaltazione si affievolì un poco “Non me l’aspettavo!”
“Una vespa che ti prende di sorpresa! Questa poi!” mi facevano male perfino i polmoni da quanto me la stavo spassando “Dovevi vedere la tua faccia!”
“Beh, non che la tua fosse tanto meglio! Quando l’hai vista pure tu, hai incominciato a frignare come un bambinello!” cominciò a ridacchiare Sherlock.
“Oh sì! È vero!” ammisi “Cos’è che avevo detto?”
“Quella non è una salamandra!” imitò la mia voce, anche se non ci riuscì molto a causa delle risa.
“Oddo sì! Che cosa idiota!”
“Verissimo!”
Non mi sembrò vero risentire di nuovo la risata di Sherlock! In quel momento sembravano passati secoli dall’ultima volta che avevamo riso così di gusto.
In quel momento mi inondò anche un senso di tristezza: e se fosse stato l’ultimo? Dopo ci ritroveremo forse a guardarci con imbarazzo e non ci parleremo più? Finito questo scroscio di risate saremo in grado di affrontare un nuovo argomento? 
Mi venne un groppo in gola. 
Lo osservai, mentre cercava di trattenere le ultime risate, e lo trovai così.. bello. Non ci avevo mai pensato prima, non consciamente almeno.
E così, spinto da chissà quale misterioso impulso, feci la cosa più stupida della mia vita.
Mi avvicinai a Sherlock, gli presi il colletto della camicia con le due mani e lo spinsi verso di me, finché le nostre labbra non si toccarono.
Me ne stavo altamente fregando di tutto: non mi importava nulla di quello che avrebbe pensato la gente, perfino di quello che poteva pensare Sherlock. Vaffanculo al mondo! Io amavo questo ragazzo e nessuno mi avrebbe fermato!
Ma durò solo qualche istante, poi mi ritirai, imbarazzato. Davanti a me c’era Sherlock con un’espressione veramente stupita. 
Mi ritrovai a pensare: Non è che sono stato troppo…audace? Oddio, mi odierà per il resto della vita!
Così iniziai: “Uh.. Scus-” ma non feci ora a terminare quella parola che lui si attaccò nuovamente alle mie labbra, con mia immensa e piacevolissima sorpresa.
Fu un bacio molto differente rispetto a quello precedente. Questo è stato molto più.. Vediamo, come descriverlo? Passionale e umido. Si, decisamente.
 Il primo è stato poco più un contatto di labbra, questo.. Oh, beh, alla fine non riuscivo più a capire quali erano le mie e quali erano le sue, di labbra.. 
In poche parole è stato stupendo.
Quando ci staccammo avevamo il fiatone. Non so per quanto tempo siamo rimasti li, ma sinceramene non me ne importava un accidente.
Non mi ero nemmeno accorto che nel frattempo Shelock mi aveva circondato il busto con le sue braccia, mentre io gli stavo accarezzando quei capelli così vaporosi. Era come se il mio cervello e il mio corpo non fossero più collegati, e mi sentivo immensamente felice, di una felicità che non credevo neanche che esistesse.
Scoppiammo a ridere, per poi baciarci nuovamente, per poi staccarci e ricominciare a ridere.
“Sapevo che ti ci voleva tempo.” mi sussurrò Sherlock all’orecchio.
“Ci ho messo troppo?” chiesi, titubante.
“Decisamente.” 
Sorrisi, avvicinandomi alle sue labbra, ma lui si scansò proprio quando mancava un millimetro per il contatto.
“Eh, no.” mi sorrise malizioso.
“Dai!” cercai di avvicinarmi ancora, ma lui continuava a sfuggirmi.
“No,è una piccola vendetta.” continuò con lo stesso tono malizioso.
“Per cosa?”
“Per averci messo troppo tempo!” socchiuse gli occhi “Adesso devi soffrire!”
Scoppiai a ridere: “Sherlock! Che importanza ha!”
“Lo ha per me.” e detto questo mi diede un bacio sulla guancia, prima di staccarsi definitivamente: “Niente baci fino a domani.”
Feci finta di fare l’offeso: “Sei malignamente malvagio!”
“Sono o non sono un odioso Serpeverde?”
Sorrisi dolcemente a quelle parole.
Il mio odioso Serpeverde.
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Sono arrivati finalmente gli esami. Ci aspetta una lunghissima settimana: alla mattina i test teorici e al pomeriggio le prove pratiche delle rispettive materie della mattinata.
Non avrò tempo per scrivere questo diario, anche perché penso che passerò interamente il mio tempo con Sherlock, sia durante il ripasso, sia durante le pause. Quanto mi è mancata la sua  compagnia! Poi ripassare con lui è ancora più utile, perché si ricorda qualunque cosa (non so come ha trovato il tempo per studiare, ma è preparatissimo) e quindi riesce a rispondermi con chiarezza ogni domanda o dubbio che mi viene in mente.  
In più le pause tra un ripasso e l’altro sono diventate molto.. Uhm.. Che dire.. Diciamo che mi fa cadere in un dolce oblio, dove esistiamo solo ed esclusivamente io e lui. 
Niente e nessuno può intaccare questa fortezza, tantomeno la scuola.
 
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Gli esami sono finiti!!
Oddio non ci credo! Ho dovuto svolgere ben dieci test da un’ora ciascuno, per le materie di Difesa Contro le Arti Oscure, Pozioni, Storia della Magia, Erbologia, Incantesimi, Trasfigurazione, Astronomia, Cura delle Creature Magiche, Babbanologia e Divinazione.
Più le rispettive prove pratiche! Mi sono quasi ammazzato durante quella di Cura delle Creature Magiche! Dovevo passare la giornata con un Granchio di Fuoco, dargli da mangiare, pulirlo e tutto. Peccato che il mio aveva un caratteraccio e ogni volta che non lo guardavo mi dava un morso! A furia di morsi stavo per perdere la mano!
E durante la prova di pozioni ad un certo punto il miscuglio aveva cominciato a virare improvvisamente di colore e a fare strane bolle! Che spavento! Per fortuna sono riuscito a sistemare tutto in tempo!
 
In generale non mi sembra che siano andate male, certo le prove di Babbanologia, Divinazione e Astronomia non sono state brillantissime.. Ho fatto un po’ di confusione.. Però in generale penso di essermela cavata.
Aspetto solo il verdetto, che sarà reso pubblico domani mattina.
 
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Mi sono svegliato con un’ansia tutta particolare: che voto ho preso ai G.U.F.O.? 
Incredibile che quasi quasi ero più agitato questa mattina a vedere i risultati che durante le prove!
Prima di affrontare il tabellone con i voti, strinsi con foga la mano di Sherlock, che si trovava immancabilmente di fianco a me. Lui, a differenza di quasi tutti gli studenti del quinto anno, era perfettamente calmo e a suo agio. Ma la cosa non mi meravigliò più di molto.
Cercai il mio nome.. E sussultai felice: Watson John: Oltre ad Ogni Previsione. 
Non ero riuscito a passare le prove di Babbanologia e Divinazione come avevo previsto, mentre ero passato per un soffio ad Astronomia. Ma alla fine quelle materie erano le meno interessanti del corso e che probabilmente l’anno prossimo le avrei comunque abbandonate. Quindi la mia felicità era alle stelle!
Cercai ora il nome di Sherlock… E fischiai ammirato: Holmes Sherlock: Eccezionale.
Non era stato bocciato a nessuna prova, nemmeno ad Astronomia, che odiava così tanto. 
“Davvero facevi il corso di Artimanzia? Non lo sapevo.” osservai.
“Uh, si. Abbastanza interessante se non sai come passare il tempo.”
Lo guardai stupito. “D’accordo. Se lo dici tu.” Io non avevo scelto Artimanzia perché mi sembrava troppo difficile: tutti quei numeri e lettere antiche mischiate insieme.. Già faccio confusione con la lingua inglese!
“Comunque abbandonerò un po’ di corsi. Astronomia prima fra tutte.” mi disse, deciso.
“Davvero, Sherlock?” chiesi “Sei veramente sicuro? Non sei andato male.”
“È inutile.” commentò “Poi abbandonerò anche Divinazione, Trasfigurazione e Storia della Magia. Terrò solo Pozioni, Difesa Contro le Arti Oscure, Cura delle Creature Magiche, sai se devo diventare apicoltore devo sapere tutti i segreti del mestiere, Erbologia, Incantesimi e Artimanzia. Quest’ultima solo per mio divertimento personale. Può considerarsi un rimedio per la noia. Certo, preferirei ammazzarla in altri modi..” e qui mi lanciò un’occhiata maliziosa, che non ero sicuro di come interpretarla, cioè se preferiva passare il tempo con me o con i suoi casi.. “Ma, tuttavia, sempre meglio di niente.”
“Beh, è già un bel corso pieno anche con questi ristrutturamenti.” commentai. 
Inarcò le labbra in un sorriso: “E poi devo trovare il tempo per le avventure che affronteremo insieme!”
Gli lanciai un’occhiata ironica: “Le avventure che affronteremo insieme? Moriarty è morto e non credo che ci siano ancora tanti misteri da scoprire.”
“C’è sempre qualche mistero da scoprire. Basta solo saper osservare.”
E detto questo mi diede un buffetto sulla guancia.
Gli sorrisi, pensando a quanto era cambiato, in meglio, rispetto a quando l’avevo conosciuto.
 
La cerimonia di chiusura è stata strepitosa!  Il soffitto incantato della Sala Grande imitava perfettamente il cielo stellato e i fuochi d’artificio magici, che hanno lanciato quando hanno proclamato la Casa vincitrice, mi hanno proprio sbalordito! Erano coloratissimi e molto particolari! Certo, avrei preferito maggiormente vedere, nel finale, un bel grifone rosso e giallo, invece di quel tasso giallo e nero.. Ma non mi lamento! Quest’anno ho capito che ci sono cose più importanti di una Coppa delle Case. Per esempio quel ragazzo seduto al tavolo dei Serpeverde che, durante la cerimonia, non mi staccò mai quei suoi bellissimi occhi color ghiaccio di dosso e che, con le labbra incrinate in un mezzo sorriso, mi ha regalato i più bei momenti della mia vita. 
 
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Il treno è appena partito.
Nel giro di un’ora saremo in stazione e ci dirigeremo di nuovo verso le nostre dimore, per unirci di nuovo con le nostre famiglie.
Anche quest’anno è terminato. Ma non è stato un anno banale, come i precedenti, questo è stato l’anno più bello della mia vita: è stato pieno di avventure, misteri, brividi e risate. Ho conosciuto Sherlock e la mia vita è cambiata. 
E non lo dico con rimpianto, no, ma con gioia! Ringrazio il cielo quella volta che ho accettato di partecipare alla preparazione di quella strampalata pozione di risurrezione! 
A quell’epoca non avrei mai pensato che saremmo diventati amici e che mi sarei anche innamorato di lui. 
Ma questa non sarà certamente la fine del nostro viaggio…
 
“Cosa stai scrivendo?” chiese Sherlock, sbirciando il diario che John  aveva in grembo.
“Oh.nulla d’interessante.” sorrise il ragazzo “Non so come concludere la pagina.”
“Dovresti pubblicare quel diario, verrebbe fuori un bel racconto.” sghignazzò Sherlock.
“Ridi, ridi!” lo punzecchiò John “Lo so che scrivo come una gallina!”
“Non è vero.” Sherlock diventò subito serio “Puoi sempre migliorare però.”
John inarcò un sopracciglio “Si?”
“Per esempio descrivendomi di più, soffermandoti maggiormente su come lavora la mia mente e qual’è il mio metodo, oppure..” cominciò il moro.
John alzò gli occhi al cielo, per poi dire: “Oh, stai zitto!” 
“Non potrai mai obbligarmi a stare zitto, lo sai!” cominciò a ridere, mentre il biondo aveva cominciato a picchiarlo scherzosamente.
La lotta si tramutò infine in un dolce abbraccio, dove i due giovani maghi rimasero avvinghiati  per qualche istante, prima di scambiarsi un tenero bacio.
“E neanche lo vorrei.” sussurrò infine John, tra le braccia dell’altro.
 
Il treno si allontanava sempre di più da Hogwarts, sbuffando nuvolette bianche che si confondevano con le nuvole del cielo.
L’unica parola che avrebbe concluso quella pagina di diario era la parola 
                                                            FINE
 
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*Apre una bottiglia di spumante*  Yu-huu! Eccoci arrivati alla fine! *Innalza il bicchiere e ignora altamente il triste vuoto davanti a sé* 
Finalmente la mia prima fic è finita! C’è voluto così tanto tempo! 
Un po’ mi dispiace.. Mi ha accompagnato per quasi tutto l’anno scolastico (e oltre).. Però ora sono libera! Libera di scriverne un’altra! (Eh, si, non vi libererete di me tanto presto! Muhahaha!) 
 
(Si, sto già buttando giù la prossima long fic, sempre basata su Sherlock della BBC, questa volta al naturale, senza crossover o AU. Ma, questa volta la scrivo tutta prima, così non avrò problemi a pubblicarla come questa.. Non dovrete più aspettare una data indefinita per leggere i capitoli seguenti!
E contemporaneamente ne sto scrivendo un‘altra, che inizialmente doveva essere una one-shot e invece il caso ha voluto che diventasse una log fic.. Probabilmente pubblicherò prima questa che l‘altra.. Anche questa è un bel crossover! Tra Sherlock e Doctor Who! )
 
Ah, ho aspettato a far sentire la mia voce perché…. Boh, mi sembrava di rovinare tutto mettendo i miei commenti. Ma adesso che ho finito posso permettermi di distruggere tutta l’atmosfera (?) che ho creato.
Si, ovviamente lo so che nessuno starà leggendo queste righe, ma vi perderete delle chicche fantastiche (che a nessuno importa, ma I regret nothing) riguardo questa fic! 
 
-Prima di tutto: nel capitolo 1 ho parlato di “pozione per la resurrezione”, bene non esiste nel libro. Me la sono inventata di sana pianta. E voglio mettere in chiaro che quando l’ho ideata non ho affatto pensato che è impossibile far ritornare in vita i morti nel mondo di HP.. (Avevo iniziato un po’ così, non ero neanche sicura di pubblicarla).. Quindi.. facciamo finta che la pozione fa effetto solo 10 minuti dopo la morte e che deve essere preparata immediatamente ç probabilità di riuscirci 2% dei casi.
 
-Nel capitolo 3 ho fatto un elenco come ne “Uno studio in Rosso” di Conan Doyle. (per chi non l’avesse capito).
 
-Nel capitolo 4 ho fatto comparire in scena i tre dell’Ave Maria:, Stevie, Pulsifer e Harvey. I nomi non hanno delle finalità specifiche (in particolare Stevie è un minuscolo rimando a Steven Moffat (ma veramente minuscolo, perché in realtà non credo abbia quel carattere.. E probabilmente se lo viene a sapere mi ammazza.. Quindi io non ho detto nulla, ok?), Pulsifer è il nome che avevo dato al mio pokemon pidgey (do i nomi a caso quando gioco ai pokemon), appena catturato all’epoca, in pokemon Soul Silver e Harvey me lo ha suggerito Saske.Italian-Wolf)
 
-Sempre nel capitolo 4 ho fatto comparire gli scheletri maledetti.. Bene li ho copiati dal gioco di Harry Potter e Il Prigioniero di Azkaban per PC. (anche il fatto che per ucciderli bisogna colpirli due volte)
 
-Nel capitolo 6, per i messaggi criptati tra i due studenti, ho preso spunto da “la Valle della Paura” sempre di Conan Doyle
 
- Sempre nel capitolo 6 troviamo un Mark e uno Ian.. Non penso che qualcuno li abbia collegati a Mark Gatiss e al suo compagno Ian Hallard. Se invece qualcuno lo ha fatto, beh, ha tutta la mia stima.
 
-Nel capitolo 7 la successione di piccoli casi è un omaggio all’ultimo episodio della prima serie di Sherlock (BBC) “Il Grande Gioco”.
 
-Sempre nel capitolo 7, i cioccolatini con all’interno la pozione d’amore sono un’idea di EziaAuditrice.
 
-Nel capitolo 9, per la scena del bacio, mi sono rifatta a “L’avventura dei tre Garrideb”, sempre di Conan Doyle, dove c’è uno Sherlock Holmes estremamente preoccupato per il suo amico Watson, ferito da un colpo di pistola alla coscia ( “Valeva una ferita-molte ferite- scoprire quale miniera di lealtà e di affetto si nascondeva dietro quella sua maschera gelida.. “ eccetera eccetera.. penso che tutti conoscono a memoria questo passo.)
 
-Nel capitolo 11 ho fatto Lestrade piuttosto OOC.. Ne sono consapevole. È che, in qualche maniera, volevo un rimando a “Not my division” (me lo ha chiesto GiuliaSke e non potevo rifiutare!)
 
-In questo ultimo capitolo ho voluto omaggiare la visione di Sherlock come allevatore di api! 
 
-Ah, inoltre, in questo ultimo capitolo, mi sono accorta di aver fatto un piccolo, grande errore... I risultati non vengono esposti in cartelloni a fine anno, ma vengono mandati via gufo durante l'estate! Inoltre non c'è una media di tutte le materie... Scusatemi! SCUSATEMI! Non ho cambiato il testo perchè non saprei come modificarlo.. Ma ringrazio enormemente Maya98 per avermelo fatto notare! 
 
- Basta i rimandi ai capitoli sono finiti (tanto nessuno li ha letti).
 
 Volevo solo aggiungere che ci ho messo tanto a farli mettere insieme quei due perché… perché mi piace mandarla per le lunghe! È una gioia! Veramente! 
Ah, avrete notato il mio imbarazzo a descrivere le scene dei baci.. (per fortuna erano solo baci!) Già.. Volevo affossarmi quando le ho scritte! È la prima volta che descrivo qualcosa di simile! Certo, non erano nulla di così eccessivo (forse sono andata anche troppo soft) però capitemi. Con l’esperienza mi rifarò. (oddio, mi vengono i brividi al pensiero)
 
Oh, bene, sono arrivata veramente alla fine. Non mi resta che ringraziare tutte le 17 anime d’oro che hanno aggiunto la storia ai preferiti, le 46 anime che l’hanno aggiunta tra le seguite e le 6 anime che l’hanno aggiunta tra le ricordate.
 
Un particolare ringraziamento a tutti quelli che hanno commentato, tra cui Gipsiusy,  Maya98 e  bbbgster, che hanno recensito praticamente sempre (vi adoro!), poi JimmyHouse, Ciulla, Phantasia Imaginatio, Quinn Fabray, Anonyma, Douglas, dodo e Silv_, che,anche se ad un certo punto non ho più avuto loro notizie, hanno lasciato delle bellissime recensioni! 
 
In più un ringraziamento speciale a Saske-Italian-Wolf, che mi ha spronato a scriverla e pubblicarla, a GiuliaSke che mi ha alzato la mia autostima con le sue lunghissime e divertentissime chiacchierate, EziaAuditrice per i suoi fantastici commenti  e DevilSanaChan per le sue correzioni grammaticali. (Sono tutte persone provenienti dalla deviantart)
 
(Si, ho una deviantart. E anche un profilo Tumblr. Chiunque voglia aggiungermi è libero di farlo! *approfitta dello spazio per farsi pubblicità* )
 
Bene, ora ringrazio anche voi, che (forse) avete letto tutto fino a questo punto!  
Se volete dirmi come avete trovato questa storia potete farlo! Non abbiate paura! Anche se ha fatto schifo! Così almeno capisco i punti su cui migliorare! 
E mi auguro veramente tanto che mi seguirete nelle prossime fic che scriverò, le quali spero siano migliori di questa!
 
GRAZIE! A  PRESTO!

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