Even among the mist of war, will you cook for me?

di Gwen Chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vaniglia ***
Capitolo 2: *** Acqua ***
Capitolo 3: *** Biscotti ***
Capitolo 4: *** Torta al cioccolato ***
Capitolo 5: *** Profumo ***
Capitolo 6: *** Tè ***



Capitolo 1
*** Vaniglia ***


Raccolta: 1/6
Dedica :a MartinaBea (una scrittrice di efp, nonchè "sfortunata" ragazza a cui ho fatto conoscere hetalia. E che mi ha dato i prompt, senza sapere a che cosa servissero) e a Nemeryal ( alle cui raccolte mi sono ispirata e che ringrazio per le recensioni che mi lascia sempre)
Prompt: vaniglia

1940

Quando tornava a casa Ludwig portava con sè l'odore del campo di addestramento. E Feliciano, che nella foga di corrergli incontro puntualmente inciampava nel tappeto dell'ingresso, veniva investito da una zaffata di sudore, di sangue e fango e polvere da sparo. Al punto da dover alzarsi sulle punte dei piedi per arrivare a cingere il collo del tedesco con le braccia esili, poggiando il naso sul sottile lembo di pelle che spuntava dal colletto alto della divisa verde scuro, là dove persisteva l'odore che Italia aveva imparato a conoscere nelle tante notti in cui- non invitato, sia chiaro- si era infilato nel letto di Germania.
Questo durante la settimana.
Ma la domenica era diverso. La domenica non si pensava alla guerra, a ciò che i loro superiori stavano progettando. Feliciano se ne stava in salotto, accoccolato sotto le coperte, per sfuggire al freddo autunnale di Berlino, e Ludwig in cucina si dedicava alla sua passione: cucinare dolci. Dal forno uscivano linzer torte e apfel strudel, la sacher e la foresta nera.
La sera, con la pancia piena di pasta e di dolce, Italia si sedeva tra le gambe dell'altro, poggiando la testa sul suo petto, gli prendeva le mani dal sapore di vaniglia e se le portava davanti alle labbra.
" Vee, Lud" soffiava " continuerai a cucinare per me? Anche con la guerra?"
"Certo, Italia, certo."

Note: oddio, questa ff non ha molto senso. Come sempre la sottoscritta fa i conti senza l'oste e si ritrova a cercare di coinciliare la sua decisione di scrivere una raccolta GerIta (non scrivevo su questo pairing da due anni) sui cinque anni della WW2 usando prompt che parlano di cucina. Ma ce la farò. Si spera XD PS Avevo fatto male i conti, quindi le parole da 5 sono passate a 6.

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Capitolo 2
*** Acqua ***


Raccolta: 2/6
Prompt: acqua

1941

Puoi utilizzare l'acqua in mille modi diversi. Puoi innaffiarci i fiori in primavera; puoi farci il bagno negli afosi giorni d'estate; puoi usarla per cucinare; per lavare le ferite, per scacciare la sete, quando ti prende la gola e pizzica come se avessi inghiottito i granelli di sabbia che ti volteggiano intorno.
A Feliciano piaceva l'acqua.
Ne amava il ticchettio sulle finestre quando pioveva o il gorgoglio di una pentola che bolliva.
O sentire lo sciabordio della borraccia di Ludwig, quando la scuoteva per verificare quanta ne fosse rimasta, prima di passargliela, raccomandandogli di bere lentamente.
Feliciano aveva imparato ad aspettare. A non scolarsi in un fiato l'intero contenuto della bottiglia nonostante la sete lo opprimesse.
Ormai non si lamentava quasi più, mentre allungava il passo nel tentativo di tenere il ritmo di Germania, sempre più veloce di lui. E, mentre il piede affondava nella sabbia e le ginocchia colpivano la duna bollente, si domandò come facesse l'altro a non sprofondare in quel mare dorato.
O a non accorgersi della sua fatica.
Italia aveva imparato a non frignare. Aveva stretto i denti.
Ma ora basta. E aveva stabilito che o Germania si sarebbe voltato ad ascoltarlo o lui non si sarebbe mosso di un altro passo.
"Germania, ti prego!" piagnucolò, mentre lo tirava per la divisa.
"Italia, ho detto di no!"
"Solo per questa volta..."
"Preferisci morire di sete che rinunciare al tuo piatto di pasta ?"
Era una domanda retorica. Un'intonazione tanto calcata non lasciava adito a dubbi. Ludwig non si aspettava di certo che l'italiano rispondesse. Era solo una stupidissima domanda retorica.
"Sì"
Un giorno avrebbe insegnato a Feliciano quanto fosse opportuno il rimanere zitto in certe circostanze; ma non fece in tempo a ribattere, che il suo alleato, con una velocità sorprendente, aveva già preparato pentola, fornelletto e spaghetti, sacrificando la loro preziosa acqua. Mescolava e sorrideva.
Era folle.
Era suicida.
Eppure nel masticare gli spaghetti bianchi che Italia gli aveva messo nel piatto, sentendone la consistenza sfaldarsi sotto i denti, per un attimo Germania non potè che concordare con l'italiano.

Note: delle parole a mia disposizione questa volta ho pensato bene di usare "acqua", che non sarebbe proprio di cucina, ma si adatta anche a quel contesto. Dopotutto era quella che più si addiceva all'episodio della campagna d'Africa, che costituisce il sostrato del capitolo. E il fatto che riecheggi uno dei primi episodi della serie è una semplice citazione. Se non avessi avuto idee, non avrei scritto le 16 righe precedenti.
Aggiorno in fretta solo perché so che più passa il tempo più mi passa l'ispirazione e la voglia di scrivere.

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Capitolo 3
*** Biscotti ***


Raccolta 3/6
Prompt: biscotti

1942

La potresti scambiare per zucchero questa enorme distesa di neve.
Zucchero punteggiato di marmellata di fragole e ciliegie. Rosso e bianco, prima separati, quindi sempre più amalgamati sul fuoco basso, con i vapori dolciastri e appiccicosi che salgono dalla pentola, dove la frutta si sfalda pian piano.
C'era una cucina illuminata dal sole, con le finestre spalancate sul giardino. E in mezzo al prato un tavolo un po' traballante; su di esso tante ciotole. C'erano due grandi pentole sui fornelli, e una pianta di ciliegie vermiglie e mature, e sotto una scala.
Si cominciava la mattina. Prima si raccoglieva la frutta.
Ludwig era più alto di lui e riusciva sempre ad arrivare ai rami più elevati. Oppure lo prendeva sulle spalle o ancora gli teneva ferma la scala.
"Luud, qui traballa tutto! "
Una ciliegia alla volta, il primo recipiente si colmava. E un altro. E un altro ancora.
"Italia, non mangiarle tutte!"
Finchè non arrivava il momento di snocciolare, seduti al tavolo, con i grembiuli a proteggere i vestiti.
Feliciano aveva dita agili e svelte. Una buona, una marcia, la polpa da una parte, i noccioli dall'altra.
Una buona, una bacata, una in bocca.
Germania era più goffo.
"Vee, si fa così Lud!"
Una di qui, una di là.
Con la marmellata il tedesco avrebbe cucinato i biscotti; quelli che piacevano tanto a Feliciano, con la base di pasta frolla e il centro di confettura.
Li mangerebbe volentieri, i biscotti, adesso.
Italia socchiuse gli occhi per schermarli dal vento.
Ora Germania gli faceva paura. Già, era la parola corretta. Stava via per settimane, e aveva un'ombra perenne sul volto corrucciato. Qualcosa di inspiegabile riluceva nelle sue iridi cerulee.
Dov'era, Ludwig, adesso?
Le dita violacee si serrarono sulla sostanza candida, portandola alle labbra livide.
Ma lo zucchero era neve.
Sangue la marmellata.
E l'illusione si frantumò.

Note: terzo episodio, anno 1942 e campagna di Russia. Non poteva essere altrimenti. Solo che, per vivacizzare un po', ho pensato bene di descrivere una situazione totalmente opposta. Ribaltate l'illusione e avrete il quadro reale della situazione. Oddio, spero di essermi spiegata.
E se come me avete un freddo cane, allora siete nello spirito giusto.

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Capitolo 4
*** Torta al cioccolato ***


Raccolta: 4/6
Prompt: torta al cioccolato

1943


È stato Germania a insegnargli a tenere un fucile, a puntarlo dritto davanti a sé, a prendere la mira e, soprattutto, a non chiudere gli occhi nel momento della deflagrazione.
A fargli comprendere che davanti al nemico la pietà era un lusso che non ci si poteva permettere. Mors tua, vita mea
Italia aveva sempre provato un senso di sottile repulsione nei confronti delle armi, eppure le mani callose di Ludwig che guidavano le sue sul liscio calcio di legno, e l'avvertire la pressione esercitata dal mento dell'alleato sulla propria spalla gli infondevano sicurezza.
Anzi ne era quasi affascinato. Intimorito.
Neppure condivideva la freddezza del tedesco. Lui, nato in una terra di sole, tanto ingenuo e semplice da aver da tempo abolito la parola odio dal proprio vocabolario interiore.
E ancora, nonostante tutto, era fermamente convinto - e in un certo qual senso continuava a esserlo - che Germania non fosse cattivo. O, per meglio specificare, che l'uomo da lui conosciuto sotto il nome di Ludwig, non la nazione, ma la persona, non fosse malvagia in sé.
Chi spendeva le domeniche a infornare torte al cioccolato - solo tre anni prima, allora perché gli apparivano tanto lontani? - non poteva essere cattivo, no ?
Ludwig, però, non era solo un giovane ventenne, che Feliciano aveva tante volte fatto sobbalzare, cingendolo da dietro e intrecciando le dita con le sue sporche di cioccolato, leccandolo via direttamente dalla sua pelle - quanto arrossiva, Ludwig!-; lui era la Germania. Era il terzo Reich
Aveva i colori del tramonto, della luna e della notte.
La Germania che pareva inarrestabile; che si leccava le ferite inferte da Ivan Braginski; che si rialzava, in una corsa folle cui era impossibile porre freno.
La Germania, fredda e calcolatrice, che si preoccupava solo di trovare la via più rapida ed efficiente per ammazzare.
Feliciano non riconosceva più questa Germania. Ne aveva paura. Chissà come avrebbe reagito se gli avesse chiesto di preparare un'altra torta?
Si portò istintivamente il dorso della mano a proteggere la guancia, prima di sentire il doloroso schiocco dello schiaffo.
"Germania...." pigolò. Non Lud, nemmeno Ludwig, solo Germania.
Un bella, fragrante, torta al cioccolato.
"Italia! Avevamo un patto! Te ne sei dimenticato? Guardami Italia!"
Magari con lo zucchero a velo sopra.
"Ar-mi-sti-zio" scandì la nazione, urlando per la collera. "allora, esigo delle spiegazioni, Italia!"
Feliciano si portò due dita all'orecchio. Le grida di Ludwig lo facevano impazzire. Mugugnò qualcosa. Pensieri contrastanti gli frullavano nella mente.
L'uomo con cui stipulai il patto non sei tu!
Torta.... serviva la farina.
Non ti riconosco.
E le uova.
La guerra è persa, come fai a non capirlo?
Poi lo zucchero.
Mio fratello, io, noi - che importanza ha- non avevamo altra possibilità di salvezza.
Si metteva il cioccolato a bagno maria.
Eri mio amico, lo sarai sempre. Ma il mio popolo è più importante.
Mors tua, vita mea
Si aggiungeva il burro.
Feliciano si lasciò strattonare; permise che gli stringesse il fragile polso, che gli sbraitasse addosso. A un certo punto fu certo di avere le labbra umide di sangue.
Ma continuò a tacere.
La mente rannicchiata su un unico pensiero.

Note: devo dire che all'inizio mi sono trovata non poco in difficoltà. Questo è il capitolo di cesura, quello in cui far entrare in scena la Dark!Germany e come facevo a usare come prompt " torta al cioccolato"? Eppure in un qualche modo ci sono riuscita. O almeno spero che apprezzerete lo sforzo. Del resto la raccolta è diventata l'inno all'antitesi. Sper anche di non aver ooc zzato troppo i personaggi.
Ragazzi, per quei pochi che leggono, recensiscono o mettono tra le seguite, vi voglio bene! Metterò i ringraziamenti nell'ultimo capitolo.

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Capitolo 5
*** Profumo ***


Raccolta: 5/6
Prompt: profumo

1944

Capelli biondi tirati all'indietro sulla nuca, appena visibili sotto il berretto.
Guanti neri, stivali lucidi, croce di ferro al collo.
Occhi glauchi e freddi
Pelle chiara.
Un armadio di muscoli.
Una perfetta macchina omicida.
L'uomo che corrispondeva alla sopracitata descrizione spalancò la porta d'ngresso, percorse l'atrio con ampie e pesanti falcate e si lasciò sedere pesantemente su una seggiola.
Li odiava tutti.
Che crepassero. Che andassero a quel paese.
I suoi superiori imbecilli che impiegavano giorni a dargli ordini e per di più contrastanti.
I suoi sottoposti, soldati addestrarti del Reich, che si facevano fregare da un manipolo di partigiani.
Italia, tutte e due le parti, che non appena la situazione si era fatta un pochino critica, si era fatto prendere dal panico, gettandosi fra le braccia di Alfred F.Jones e Arthur Kirkland.
Afferrò con i denti la punta di uno dei guanti di pelle che indossava e tirò. Li portava sempre per non venire a contatto con quella feccia.
E mica erano tutti ingenui e sprovveduti come Feliciano, gli italiani. Finchè si trattava di combattere in campo aperto erano delle nullità, ma se li si affrontava sul loro territorio, nei boschi e tra le montagne, le circostanze giravano a loro vantaggio.
Germania lo aveva imparato a sue spese.
Fece stridere i denti per la rabbia.
E Italia a fare di tutta l'erba un fascio, a piangere sui morti perché erano italiani.
Non gliel'aveva insegnato che la guerra è un ammasso di compromessi? Che anche lui era stato costretto ad uccidere dei tedeschi, sangue del suo sangue, e mica aveva fatto tutte quelle scenate.
Del resto lui obbediva solo agli ordini. Era lui a doversi sporcare le mani, mentre i gerarchi del partito se ne stavano nei loro comodi uffici.
Se almeno la gente si fosse decisa a morire con un po' meno di strepito. Senza tutti quei pianti, e gemiti, e suppliche e tremiti. E chi rimaneva in vita gli urlava contro.
Li detestava Ludwig; voleva andarsene da quel Paese. Che lo lasciassero pure agli Alleati, poco importava. Voleva tornare a casa.
Era stanco di ammazzare civili. Di combattere in una guerriglia impari; di sentire lo sguardo accusatore di Feliciano alle sue spalle.
Si passò una mano fra i capelli. Solo allora si accorse del piatto di patate fredde e scotte suo tavolo. Italia non si sprecava certo per chi gli uccideva i compatrioti. Ludwig lo chiamò a gran voce, ma non ebbe risposta. Ecco che sapeva sparire quando voleva, l'infame.
Dopo un assaggio veloce, stabilì che erano immangiabili.
Si alzò e si diresse nella cucina dell'ex-alleato. Un tempo era stata pulita e luminosa e impregnata dal profumo di manicaretti e leccornie- Feliciano avrà avuto tanti difetti, ma sapeva cucinare alla grande- ma ora si era ridotta a una stanza buia e polverosa, lo specchio di una promessa mai mantenuta.
Gettò le patate nella spazzatura.

Note: penultimo capitolo, tutto DarkGermany centric. Era da tempo che l'idea mi frullava per la testa, quindi scriverlo è stato qualcosa di rapido.
Non so, muovere questo lato del personaggio mi piace; è una sorta di scavo nelle passioni umane.

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Capitolo 6
*** Tè ***


Raccolta: 6/6
Prompt: tè

1945

Gli occhi perennemente socchiusi, erano spalancati, con tutti i loro riflessi d'ambra.
Le labbra rosee che per tante notti erano state sue, tremarono prima di schiudersi, lasciando passare parole dolorose da pronunciare, eppure necessare.
" Vattene. Hai perso. L'Italia è libera, vattene. Ti prego."
Feliciano fissò dritto negli occhi Ludwig mentre parlava, con tutto il peso dell'essere nazione che gli gravava sulle spalle. Oh, l'aveva avuto il suo battesimo di sangue, Italia.
E Germania era ben conscio che se fosse stato un semplice umano nulla lo avrebbe salvato dall'essere fucilato o impiccato seduta stante.
Ma ora doveva tornare a casa. In fretta. Per impedire che tutto fosse distrutto; doveva tornare. Per salvare, se qualcosa di salvabile era rimasto.
Quella patria che gli era pure parsa stretta. E quel suo popolo che aveva voluto perfetto, al punto da escluderne chiunque non fosse ariano. O quella famiglia, a tratti ritenuta persino fastidiosa. Quel fratello che tante notti l'aveva aspettato, se tardava nel rincasare, con una bottiglia di birra rovesciata e i piedi sul tavolo.
Ecco, coloro per cui avrebbe dovuto combattere e che erano stati sostituiti da termini vuoti come Onore, Razza, Vendetta, in quel momento gli tornarono alla memoria. Per loro doveva tornare.
Era la Germania. La Germania intera, non uno specchio del partito. Doveva sbrigarsi. Salvare gli altri. Salvare se stesso.
Trovò la sua abitazione di Berlino miracolosamente in piedi, ma con tutte le tracce dell'abbandono, piena di polvere, fredda e opprimente.
C'era stato un tempo un cui la casa gli era persino parsa rumorosa; e non gli sarebbero dispiaciuti affatto solitudine e silenzio, ma era stato tanti anni prima.
C'era stato Italia a riempirgli le orecchie di chiacchiere.
Austria a suonare il piano da mane a sera.
Prussia a ciondolare e a rimproverarlo per il troppo lavoro.
E infine c'era stato un Ludwig ancora innocente, da tempo dimenticato.
Tutti, tutti se ne erano andati.
Si accorse che le mani gli tremavano. Si impose di rimanere calmo, era di vitale importanza. Qualcosa, doveva bere qualcosa. Non avrebbe disdegnato una birra, ma doveva rimanere lucido.
Un tè, sì era perfetto. Era così dannatamente nemico, così inglese. Adatto alla situazione.
Ludwig frugò nella dispensa semi-vuota. Ne trovò una bustina, forse scaduta, ma non per ciò meno adatta. Il liquido che gli bagnò le labbra era amaro, muffito, marcio, come la sua anima. Gli si addiceva.
In lontananza brillò il riflesso rossastro di una bomba o di un incendio; strinse la tazza.
Era il crepuscolo degli idoli.
L'ultimo atto.

Note: ultimo capitolo. Ancora Germany centric, questa volta con una Dark!Germany sulla via della redenzione. Ho cercato di rendere una sorta di flusso di coscienza come una serie di pensieri che si susseguono in una situazione di pericolo. Sono felice di aver concluso il progetto, ma ho la solita tristezza di quando si chiude una serie, per quanto breve.

Ringraziamenti
Ringrazio Nemeryal, Chaska, Syunikiss90 e nena92 per le loro fantastiche recensioni.
Grazie anche a meridian princess e MartinaBea per aver messo tra le preferite.
Infine grazie a Blacket, Lollyware99, Marelke Tiaycla e medea gorgon per raver inserito la storia nelle seguite.

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