Love me or leave me.

di Satellite_29
(/viewuser.php?uid=156763)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La rossa e il piromane. ***
Capitolo 2: *** La ragazza in rosa, e due smeraldi taglienti. ***
Capitolo 3: *** Il mare blu e le rose. ***
Capitolo 4: *** "Per tutta la vita mi apparterrai" ***
Capitolo 5: *** Un caffè macchiato e una band senza nome. ***
Capitolo 6: *** A stasera, stupido babbuino! ***
Capitolo 7: *** I miei obblighi morali. ***
Capitolo 8: *** Click. ***
Capitolo 9: *** Le colpe di un principe. ***
Capitolo 10: *** Merenda e idee da Sophie ***
Capitolo 11: *** Scuse in pizzeria. ***
Capitolo 12: *** Odio profondo e ira funesta. ***
Capitolo 13: *** Gli errori più grandi della mia vita ***
Capitolo 14: *** Sotto la neve che scende lieve. ***
Capitolo 15: *** Ti amerò per sempre, te lo giuro. ***
Capitolo 16: *** La freddezza di Marcus e Sarah. ***
Capitolo 17: *** La regina del mio cuore. ***
Capitolo 18: *** Io sono proprio quì. ***



Capitolo 1
*** La rossa e il piromane. ***


Immaginate una città piena di gente.
Gente che cammina, che corre, che aspetta su una panchina.
Gente che alza gli occhi al cielo, che fissa la strada, che guarda la via davanti a sé.
Gente che aspetta il tram, che chiama un taxi, che suona impazientemente il clacson.
Molti parlano a telefono, qualcuno legge un giornale, uno si ferma davanti a una vetrina, dei ragazzi vanno veloci sui loro rollerblade, alcune ragazze notano un tipo carino e gli sorridono.
Però se osservate attentamente il tavolino di un bar, troverete quattro ragazze, che parlano animatamente.
Avvicinatevi un po’ di più e sentirete una storia, un po’ lunga forse, ma piena di sentimenti.
Amicizia, felicità, momenti di rabbia e di piccole gelosie, ma tanto amore.

-Ragazze smettetela! Smettetela di ricordarle … voi sapete chi.
Questa è Sophie Kennet, una delle ragazze più dolci e sensibili che si possono trovare. Mentre diceva queste parole, con una mano teneva la tazza di cioccolata calda e con l’altra gesticolava per dare enfasi al discorso. Sophie si era portata una giacca pesante che aveva appoggiato dietro lo schienale della sedia, e si era messa una sciarpa rosa che, a vederla, sembrava molto calda. Portava una camicia bianca e dei pantaloni neri, che purtroppo si erano sporcati con la cioccolata che la ragazza si era versata distrattamente.
-Non può andare avanti così. Di questo passo smetterà di andare dietro ai ragazzi e da grande rimarrà zitella! Non possiamo permetterglielo.
Ecco, la ragazza che ha parlato ora è Olivia Tyler, detta Holly. In quel momento aveva una cascata di riccioli rossi mossi dal vento che le coprivano quasi completamente la faccia. Nonostante il freddo, indossava soltanto un maglioncino verde pistacchio e dei jeans chiari con delle scarpe da tennis.
-Ma almeno vi ricordate che la persona interessata è qui affianco a voi?
Lei è Jaz Coox. In realtà Jazmine. Indossava una felpa rossa enorme, a mo’ di vestito, con sotto dei leggins neri e degli stivali bassi di camoscio. I suoi capelli erano perfettamente raccolti in una treccia alla francese ed erano di un nero corvino che si abbinava alla sua carnagione un po’ più scura delle altre.
-Grazie per averglielo ricordato Jaz.
E l’ultima nell’ appello sono io. Nicole Daffodil. Una ragazza normale con i capelli castani, un vestitino azzurro che avevo messo per un’ occasione particolare, ma senza sapere che in realtà non sarebbe successo niente.

Ma adesso voi starete pensando - Ma questa tizia da dove esce? E perché sembra essere una depressa della vita?
Beh, per spiegarvelo, dobbiamo tornare indietro di un anno. Tutto è iniziato durante un’ora nell’aula delle punizioni della Keyzer High School, dove io e le mie amiche ci siamo incontrate per la prima volta..

Capitolo 1

-Oggi l’aula è molto frequentata eh? Ben vi sta! Durante le lezioni si sta attenti e concentrati e se siete qui, vuol dire che non l’avete fatto.
Non ditemi che Jenkins vuole farci la predica anche questa volta. E’ colpa sua se siamo qui: crede che i miei appunti siano dei messaggi criptati da mandare alle mie compagne. Non è colpa mia se scrivo in modo abbreviato! Pensai, in quel giorno di settembre del mio terzo anno alle scuole superiori.
-E ora, scrivete per cento volte su un foglio ‘Non darò più fastidio durante le lezioni’. Consegnatemi il foglio quando avrete finito, potrete uscire solo quando mi sarò accertato che abbiate scritto correttamente la frase e che l’abbiate scritta davvero per cento volte. Chi parla passa a duecento.
E io dovrei fare questo solo per colpa della mia scrittura? Ma andasse a quel paese!
Così,iniziai a scrivere più in fretta che potevo. Dopo circa 30 frasi, il professore si alzò dalla cattedra e uscì fuori per fumare una sigaretta.
Mi guardai intorno per vedere chi era intrappolato in quell’aula insieme a me. Notai una ragazza con i capelli rossi che mi fissava. Aveva gli occhi grigio-verdi e un po’ di lentiggini qua e là, ma sembrava una ragazza tranquilla, a posto.
Si girò per controllare che il professore se ne fosse andato, si alzò e si avvicinò al mio posto.
-Allora, che hai fatto per meritarti un’ora di punizione? Hai risposto male a qualcuno? Tirato le palline di carta? Forse hai fatto uno scherzo al prof. Si, mi sembri una ragazza capace di mettere una rana del laboratorio nel cassetto o una lucertola nel registro. Ma forse hai fatto di peggio, tipo..
-Tipo scrivere degli appunti con una calligrafia poco leggibile? Non sapevo fosse così grave.
-Sul serio ti hanno fatto venire qui per questo?
A parlare era stato un ragazzo, un anno più grande di me: Dmitri Kilijan.Lo conoscevo di vista: piaceva alla mia compagna di informatica. Lui aveva i capelli biondo platino, e un piercing sotto il labbro. Portava una maglietta nera aderente e dei jeans strappati.
Aveva gli occhi marroni, color cioccolato, che mi osservavano stupiti.
-Si. Secondo Jenkins, stavo scrivendo un messaggio in codice alla mia compagna di banco.
Risposi alla domanda alzando gli occhi al cielo per l’esasperazione
-Non pensavo che il vecchiaccio fosse diventato così bastardo.
Disse Dmitri giocando con un accendino. - Di solito, per farlo arrabbiare, ci voleva come minimo un topo e un esperimento andato a male, oppure qualche piccolo incendio nel laboratorio..
-Molto casualmente immagino. La ragazza rossa rise mentre diceva quelle parole e tolse l’accendino al ragazzo.
Lui rispose con fare drammatico. -Mi ritieni capace di fare ciò Holly? Io che sono un ragazzo tanto per bene, che tutti i genitori vorrebbero come figlio, che ..
-Che è meglio evitare come la peste! E sei anche maleducato, presentati!
Gli diede uno spintone e mi porse la mano
-Piacere, Holly Tyler. La ragazza più esperta di scherzi che puoi trovare in tutta la città. E lui è il mio amico Dmitri Kilijan, il più famoso appiccatore di incendi. Non ti preoccupare, non siamo gente cattiva, è che ci descrivono così!
E anche in quel momento rise, insieme a Dmitri.

Un ragazzo si affacciò alla porta e urlò: -Il vecchio sta tornando!
Holly e Dmitri tornarono ai loro banchi. Holly si girò, strappò un biglietto e me lo mandò.
Lo presi e lo lessi. Scrivi in fretta quelle frasi, ti offriamo un gelato dopo la tortura ;) 

Osservai il foglio dove avrei scritto le altre settanta frasi. Mi girai verso i due ma loro avevano già ricominciato a scrivere, e lo feci anch’io. Jenkins iniziò a girare per i banchi, con aria di superiorità, e poi si sedette sulla cattedra, leggendo il giornale che si era portato da casa e che, probabilmente, aveva letto più volte di quanto voleva far notare. Cercai di scrivere più velocemente possibile, ma la mano iniziava a lamentarsi. Guardai l’orologio. Erano le quattro. Spostai di nuovo l’attenzione sul foglio, mancavano poche frasi ormai.


Non darò più fastidio durante le lezioni
Non darò più fastidio durante le lezioni
Non darò più fastidio durante le lezioni


Cambierò scrittura durante l’ora di scienze. Cambierò scrittura durante l'ora di scienze.

Finii di scrivere, consegnai il foglio al professore e uscii dalla classe. Fuori c’erano già Holly e Dmitri che mi aspettavano.
-Ce ne hai messo di tempo per scrivere quelle tre frasette.
Holly era appoggiata con la schiena al muro del corridoio, dal collo le pendeva una collana con un lucchetto d’argento che non avevo notato prima. Indossava una canotta blu elettrico, un jeans grigio e delle ballerine bianche con un fiocco che non avevo notato prima. Portava una borsa a tracolla tutta disegnata a mano. Era davvero molto bella: era verde chiaro con disegni di draghi e castelli stilizzati, un po’ di stelle sparse per tutto il tessuto e una scritta, che non riuscivo a leggere.
-Diciamo che dopo la cinquantesima, la mia mano stava implorando pietà. Non sono abituata a scrivere molto.
-Allora ci facciamo un giro?
Dmitri aveva lo sguardo perso nel vuoto,ma quando si accorse che io e la rossa lo stavamo fissando, prese lo zaino e uscì dall’edificio.
Prese l’iPod, si mise soltanto una cuffia e tutti e tre iniziammo a camminare verso una meta a me ignota. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La ragazza in rosa, e due smeraldi taglienti. ***


 Capitolo 2
Arrivammo in un bar, il ‘Raymond Cafè’, prendemmo tre coppette di gelato e ci sedemmo ad un tavolino nel locale. Devo ammettere che quel posto è molto bello anche adesso. L’interno è molto elegante, con dei divani color panna e tavolini in legno scuro. In fondo, c’era una porta di legno chiaro intagliato che portava ad un piccolo giardino. L’erba è molto curata, una parte era coperta da un gazebo di legno, in caso di pioggia. Noi ci eravamo seduti dentro, dove le parti verde chiaro erano decorate con quadri di paesaggi e foto in bianco e nero dei vecchi proprietari. Mentre ammiravo il mio gelato crema e caffè, guarnito con biscottino e pezzi di cioccolato, Holly mi chiese di raccontarle un po’ di me.
Nicole Daffodil, sedici anni, ho dei capelli castani con un ciuffo un po' più biondo, mi piacciono i libri fantasy, la musica pop e quella rock, ogni tanto disegno qualcosa. Mi piace cantare, non mi piace la matematica, non so giocare molto bene a pallavolo. Mi piace molto mettere lo smalto alle unghie, vorrei andare a un concerto dei Nickelback o dei Coldplay, mi piacerebbe viaggiare sempre, preferisco la cioccolata fondente a quella al latte. Ah, da quel giorno in poi avrei odiato Jenkins.
Mentre le parlavo, la rossa mi guardava attenta e giocherellava con il suo lucchetto. Dmitri a tratti seguiva il discorso, e in certi momenti si perdeva nei propri pensieri. Ad un certo punto corrugò la fronte e mi chiese:
-Quindi ti piace cantare, eh?
Io annuii e lui sorrise. –Che ne dici se domani ti facessi fare un provino nella mia band? Facciamo la musica come piace a te e ci serve una cantante per un duetto, ci stai?
Io arrossii. Pensai: Ma come, senza nemmeno sentire se canto bene oppure no?
-Dai Nicole, facci sentire come canti.
Dicevo io che era fin troppo facile. –Che canzone vi posso cantare?
-Il duetto è su una base tranquilla, romantica.. Conosci Adèle? Ecco, la tua parte dovrebbe essere più o meno simile alle sue canzoni.
Dissi imbarazzata: -Io conosco solo una canzone di quella cantante.
-E allora faccela sentire!- Holly sembrava impaziente di sentirmi cantare. Iniziai a canticchiare la prima strofa, inventandomi qualche parola sperando che Dmitri non se ne accorgesse. Cantai il ritornello con più decisione, perché lì mi ricordavo tutte le parole e feci il falsetto, la parte più importante di tutta la canzone. Stavo iniziando a cantare la seconda strofa ma il biondo mi bloccò e mi fece un applauso, ma io non capivo se era in modo sarcastico oppure no.
-Sei stata grande! Da dove ti è uscita quella voce? Sinceramente, non pensavo potessi cantare tanto bene.
A Dmitri brilavano gli occhi mentre mi diceva quelle parole. Non ci credevo nemmeno io!
-Ragazza, devi assolutamente cantare con la band di Dmitri! Sei troppo brava!
-Grazie ragazzi ma non lo so..
-Non si accettano no come risposta. Dai è soltanto una canzone, non ti leverà nemmeno molto tempo per lo studio.
Sospirai e.. accettai.
-Brava ragazza così si fa!- Disse Holly mentre masticava un boccone del suo gelato alla menta.
-Ma che ore sono? Io dovrei andare in biblioteca per una ricerca.. Cavolo sono le sei! Grazie per il gelato ragazzi, ma devo proprio scappare, ci vediamo domani!
-Ok domani all’ora di pranzo vieni al nostro tavolo, così ti organizziamo l’audizione. Ciao Nicole!
Mentre mi giravo per uscire dal locale, notai che Dmitri aveva preso il telefono e stava chiamando qualcuno. Non credevo gli importasse così tanto del duetto. Ripensando ancora a quello strano incontro,iniziai a correre verso la biblioteca.
Dovevo fare una ricerca di Storia insieme ad una mia compagna di corso, Sophie Kennet. Era una ragazza con i capelli biondi che le arrivavano fino alle spalle, con gli occhi blu, terribilmente pasticciona. Indossava sempre qualcosa di rosa, era il suo colore preferito, non usciva mai senza almeno un bracciale o una sciarpa rosa. Quel giorno, indossava una maglietta larga a righe bianche e rosa a tre quarti con lo scollo alla marinara,con dei bermuda di jeans e delle converse bianche. Aveva i capelli raccolti in un’ordinata coda di cavallo e portava degli orecchini di oro rosa.
Quando arrivai davanti alla biblioteca e mi vide sorrise,salutandomi con la mano e mi fece segno di entrare. Entrammo, e dopo aver chiesto ad un addetto dove potevamo trovare i libri che ci interessavano, salimmo al secondo piano. La biblioteca era, e continua ad essere, uno dei miei posti preferiti. Lì c’erano grandi tavoli di legno scuro dove poter consultare i libri, e gli scaffali erano altissimi. Appoggiammo le nostre cose su uno dei grandi tavoli e ci avventurammo tra tutti quei libri, cercando quello di cui avevamo bisogno, tentando invano di fare il tutto molto silenziosamente.
Mentre cercavamo, raccontai alla mia amica tutto quello che era accaduto e lei mi chiedeva ogni minimo particolare. Anche lei mi diede una bellissima notizia: la sua cagnolina aveva partorito dei cuccioli ed era molto elettrizzata, così contenta che senza accorgersene, andò a sbattere contro uno dei pilastri della sala.
-Ahi! Certo che potevi anche avvisarmi! - Disse Sophie seria. Io la guardai, lei era caduta a terra e mi guardava dal basso con una parte della fronte rossa per la botta. Dopo cinque secondi di silenzio, scoppiammo a ridere a più non posso, con gli occhi di lei che lacrimavano un po’ per il dolore e un po’ per le risate ed io che ridevo a crepapelle senza volermi fermare. Però a rompere le nostre risate venne una signora bassa e grassottella che ci fulminò con lo sguardo. Aiutai Sophie ad alzarsi e continuammo la nostra ricerca. Nonostante ci sforzassimo di cerare un libro utile, non trovavamo nulla. Alzando un po’ di più lo sguardo, notai il libro che faceva per noi.
-Ehi Soph, guarda lì!
-Sii è quello giusto! Dai prendiamolo!
-E come facciamo grande sapientona?- dissi, facendole osservare che non c’era nessuna scala e nemmeno uno sgabello per prendere quel libro maledettamente troppo in alto
-Beh, chiamiamo la signora di prima e facciamoci portare una sedia..
-Si, dopo quella colossale figura di cacchio che abbiamo fatto ..
- Allora ti sollevo e tu prendi il libro!
E dopo questa, si meritò una bella occhiataccia. Sophie, un grissino di ragazza, cercava di prendere me, che di certo pesavo di più.
-Ehi perché mi guardi strano? – disse lei un po’ spaventata.
-Al massimo facciamo che io sollevo te e tu prendi il libro, non credo che le tue ossa graciline riescano a prendere me! – le dissi, facendole notare la differenza tra il suo fisico e il mio.
-Sarò anche uno stecchetto, ma i muscoli ce li ho. Ti fidi di me? – la guardai attentamente, ma i muscoli non si erano fatti ancora vedere. –E va bene, basta che non mi fai cadere!- le dissi, e mi rassegnai all’idea della probabile caduta.
Così Soph si accovacciò, mi cinse le ginocchia con un abbraccio, e mi sollevò. Ero in un equilibrio precario, e sperai che non succedesse nulla di male. Vidi il libro, cavolo era davvero in alto! Nonostante Soph mi avesse sollevato abbastanza in alto, lo sfioravo a malapena. Lo stavo per prendere. Pensai, dai ci sono quasi! , ma non riuscii nemmeno a finire il pensiero che una voce parlò.
-Ragazze vi serve una mano?
Io sussultai, e Soph barcollò un momento. Mise un piede dietro l’altro, ma io mi agitai nella sua presa e lei inciampò in avanti. Il tutto accadde molto velocemente, Soph lasciò la presa e cadde mentre io mi aggrappai alla mensola dello scaffale. Grave errore.  Lo scaffale iniziò ad abbassarsi per il mio peso e ebbi paura per Sophie che stava per essere schiacciata. Per fortuna il ragazzo che ci aveva distratte non era uno stupido e si appoggiò allo scaffale con tutto il peso e lo fece tornare dritto. Rimasi attaccata lì alla mensola, e sembravo una scimmia. Il ragazzo mi guardava con aria interrogativa, e Soph mi guardava da terra con gli occhi sgranati.
Guardai il libro davanti a me, il libro grazie a cui avevo rischiato di uccidere la mia amica e sono riuscita a fare una figura di merda con un completo sconosciuto. Però, che sconosciuto! Afferrai il libro e balzai a terra. Il ragazzo si staccò dallo scaffale, ma non smise di fissarmi. Cavoli se era bello! Aveva i capelli rossicci che gli coprivano disordinatamente la fronte, i suoi occhi verdi che splendevano più degli smeraldi, e quando si rese conto che ci stavamo fissando da circa dieci minuti senza spiccicare parola, mi parve di vedergli un sorriso sulle labbra. Io volsi lo sguardo verso lo scaffale, sembrava che non si fosse mai mosso. Guardai a terra e vidi Sophie che spostava lo sguardo dal libro, a me, al ragazzo, e poi ritornava sul libro.
-Non ditemi che stavate per ficcarvi nei guai per colpa di quel libro di storia. Ce n’era uno identico nella sala affianco – disse, passandosi una mano tra i capelli,con l'aria di un perfetto snob del cavolo. Prima ci distrai dalla 'missione' per recuperare il libro, poi decidi di salvarci il culo, poi mi fissi come se non tu non avessi mai visto una ragazza in vita tua, e dopo ci liquidi così? Ma vai a quel paese, sul serio! Lo fissai sconcertata, afferrai Sophie per il braccio e tornammo al nostro tavolo, il più  lontano possibile da quell’imbecille. Fino a quel momento, non avevo mai desiderato così tanto uscire da una biblioteca. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il mare blu e le rose. ***


-Ma almeno sai chi è quel ragazzo?
-Sinceramente, non lo so e non lo voglio sapere! – Insomma, poteva essere più delicato nel dire che avevamo fatto tanta fatica per nulla.
-Visto che non vuoi saperlo, te lo dico lo stesso: lui è Alexander Magnus Ranwell, ovvero, uno degli eredi al trono d’Inghilterra.
-Qui non siamo in Inghilterra, per me può essere chi vuole! In ogni caso, doveva evitare di fare lo snob.
-Ma non ha fatto lo snob!
-E tu come lo chiami quell’atteggiamento che aveva mentre parlava? – dissi io, che mi stavo arrabbiando sul serio. – E poi non lo voglio più sentire nominare quel damerino da strapazzo! Basta, fine della discussione.
Ci sedemmo su una panchina, aspettando i nostri rispettivi autobus. Quello che doveva prendere Sophie fu il primo ad arrivare e io rimasi lì seduta, ne approfittai per ripensare a cosa era accaduto durante quella giornata. Mentre ero immersa nei miei pensieri, qualcuno mi toccò la spalla.
Mi girai e vidi Max. Finalmente una persona normale! Lui era Maximillian Leroy, il mio migliore amico. Durante il primo anno al liceo, eravamo capitati nello stesso corso di matematica, lui mi faceva ripetizioni visto che non capivo nulla. Da quel momento in poi, diventammo quasi inseparabili.
-Max! Mi hai fatto prendere un colpo, non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere!
-Anche io sono felice di vederti – disse ridendo – Lo sai che mi diverte troppo farti scherzi del genere, non riuscirai mai a farmi smettere!
Io risi di cuore. Max era capace di farti ridere anche nei momenti peggiori, per questo era così speciale per me. E poi, qualche mese prima si era trasferito nel mio palazzo, quindi stare insieme quasi ventiquattro ore su ventiquattro era d’obbligo.
-Ehi Max, come mai sei qui a quest’ora? – Erano quasi le otto di sera, e nei giorni settimanali il nostro coprifuoco era alle otto e mezza, giusto in tempo per la cena.
-Sono andato da Jem a studiare e la fermata più vicina era questa. – Per la cronaca, Jem è un mio vecchio amico d’infanzia, con cui ho perso contatti da un bel po’ di tempo.
-Capisco.. Che hai fatto oggi?- dissi, non sapendo di cosa parlare.
-A scuola mi ha interrogato quella di matematica, e ho preso nove. Il pomeriggio sono andato a giocare a football e ho rischiato di rompermi una spalla per colpa di un placcaggio. Poi sono andato direttamente da Jem. Insomma, le solite cose..
-Se tu chiami ‘solite cose’ il prendere nove in matematica e rischiare di rompersi una spalla.
-Tu non sai quanto può essere pericoloso il football! Dai non ti preoccupare, sul serio. E tu che hai fatto?
- Niente, per colpa di un professore mezzo pazzo e un po’ cecato ero finita in punizione. Ho incontrato Holly Tyler e Dmitri Kilijan, la rossa sembra una pazza che passa tutti i pomeriggi in aula punizioni e il secondo, un piromane russo biondo platinato che ha una schiera di fan, ha una band e mi ha proposto di cantare insieme a loro. Mi dispiaceva rifiutare, perciò ho accettato. Poi sono andata di corsa alla biblioteca dove Soph è andata dritta contro un pilastro e dopo ho fatto la figura della scimmia per colpa di un principino che se la tira.
Ah, e ora che ci penso, il tizio viene anche nel mio corso di Epica e Letteratura. L’avevo notato una volta, ma poi non ci ho più pensato. Insomma, la solita routine ..
Max mi guardò e scoppiò a ridere, io insieme a lui. Lo osservai attentamente mentre rideva. Aveva i capelli neri tutti in disordine, gli occhi azzurro mare che evidenziavano con la loro espressività la gioia di quel momento, le fossette sulle guancie che mi facevano venir voglia di tirargliele.
Max era davvero un bel ragazzo, ma io lo consideravo come un amico fidato, un fratello. Arrivò l’autobus, salimmo e ci sedemmo. Il tragitto era abbastanza lungo, ed avemmo tutto il tempo di commentare quello che mi era successo oggi. Mi disse che conosceva bene Dmitri:
un tempo erano si frequentavano, ma quando Max si rese conto che gli amici del biondo non erano proprio degli stinchi di santo, decise di separarsi da quel gruppo. Mi confessò che una volta Dmitri rischiò di andare in carcere per colpa di un incendio che era stato appiccato da uno dei suoi amici, ma mi rassicurò dicendo che ora il russo era cambiato. Gli chiesi di Holly, ma mi disse solo che l’anno prima era stata la fidanzata del biondo, e che gli sembrava una tipa apposto.
Dopo che l’autobus si bloccò alla loro fermata, scendemmo e camminammo verso casa, che non era molto lontana da lì. Da quando eravamo scesi era calato il silenzio, e Max mi fece una domanda.
-Conosci Jazmin Coox?. – Io gli feci segno di no con la testa. –Non l’ho mai sentita nominare. Perché me lo chiedi?- chiesi, incuriosita.
-No, è che.. mi ha chiesto di uscire con lei sabato. Io penso sia carina, simpatica, intelligente, gentile ..- disse il tutto con un evidente rossore sulle guance e gli occhi che gli brillavano. Cacchio, Max è cotto a puntino!
Quando iniziò a elogiare le sue brillanti qualità lo fermai. – Ehi ragazzo, che questa tizia ti piace, si è capito. Non mi serve che la descriva nei minimi particolari. Se me la fai conoscere magari ti do un parere.
-Sul serio?
-Certo, e magari ti aiuto anche! – dissi entusiasta. Il mio amico aveva fatto colpo, cavolo se ero felice! –Grazie Fanny, poi domani te la faccio vedere quando entriamo a scuola.
-Speriamo per te che la descrizione che hai fatto sia vera! Ci vediamo domani per prendere l’autobus insieme. A domani!
-A domani Nick!
A porposito, mi sono scordata di dire che mi chiamano Nick quando si scocciano a dire il mio nome per intero.
Salii a casa, cenai, vidi un po’ di tv, e poi andai a letto. Ma quella notte, i miei sogni non mi volevano far dormire serenamente: feci un sogno stranissimo.

Ero in una grande sala da ballo, piena di gente elegante. C’erano donne con abiti lunghi e scollati, piene di gioielli che decoravano i loro corpi. Una addirittura, mi sembrò che avesse un tatuaggio d’oro.
Gli uomini indossavano tutti lo smoking, e avevano ognuno un fiore diverso nel taschino della giacca. Mi guardai un attimo: anche io indossavo un vestito super elegante, rosso fuoco senza bretelle e uno spacco alla gonna che faceva intravedere la mia gamba.
E indossavo dei tacchi, anch’essi rossi. Al collo avevo una collana di diamanti e i polsi erano pieni di bracciali d’oro bianco. Nella sala si sentiva una melodia incantevole, che invitava alle danze. Ma io non avevo un accompagnatore.
Feci un giro e da una vetrata intravidi una terrazza piena di cespugli di rose. Così uscii per ammirare quella bellezza. Alzai lo sguardo verso l’alto: il cielo era pieno di stelle. Quando ritornai con lo sguardo alla terrazza, vidi un uomo con uno smoking bianco che mi dava le spalle.
Lo riconobbi solo quando si voltò. Era Alexander. Lui mi sorrise e con la mano fece segno di avvicinarmi. Mentre mi avvicinai lo osservai in tutta la sua bellezza. I capelli castani ramati gli cadevano sugli occhi e veniva voglia di passarci le mani dentro, gli occhi verdissimi gli brillavano, il suo volto sembrava fatto per essere ritratto dal migliore dei pittori. Quando fummo abbastanza vicini, mi sfiorò un braccio con la mano, che poggiò sulla mia guancia. Io arrossii come un peperone.
Il suo sguardo era fisso su di me, mentre io cercavo di guardare altrove per non sciogliermi dalla felicità.
Perché lo facevo? Conoscevo quel ragazzo da nemmeno 6 ore, nelle quali non avevo un bel parere su di lui, e già lo sognavo la notte! Mentre io ero persa nei pensieri sull’assurdità di quella situazione, Alexander mi avvicinò ancora di più a se e..


-SVEGLIAAAAAA! SVEGLIAAAAAA! DAI SORELLONA ALZATI CHE SENNO’ FAI TARDI!!
E mia sorella mi svegliò facendomi un bel gavettone. Non riuscirete mai ad immaginare quanto possa essere stata traumatica quella sveglia.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** "Per tutta la vita mi apparterrai" ***


- Non è normale che una bambina di sette anni ti venga a svegliare in modo così brutale! E ad inizio ottobre per giunta! – Espressi tutto il mio disappunto sulla violenta sveglia di mia sorella a Max, che aveva preso l’autobus con me.
Il mio amico, saputo l’accaduto, si era messo a ridere per quasi tutto il viaggio. E probabilmente non capiva la gravità di quel sogno che avevo fatto. Continuava a dire - Perché ti preoccupi così tanto? E’ solo un sogno!
Mentre entravamo a scuola qualcuno urtò il mio zaino, ma ero in ritardo e non ci feci caso. Ci avviammo insieme verso i nostri armadietti, che per pura fortuna, erano uno affianco all’altro.
Max mi stava parlando di come voleva passare il sabato con Jazmin, anzi Jaz ,come la chiamava lui.
- Secondo te dove dovremmo andare? La porto al cinema? In un pub? O ci prendiamo una pizza al taglio e facciamo una lunga passeggiata? Nick, ascoltami!
- Scusa Max, ma non trovo la ricerca di storia. Dopo tutta la fatica che ho fatto .. L’ho lasciata a casa, sulla scrivania! Sono fregata!
- Hai davvero lasciato la ricerca a casa? Ma come si fa, dico io! Come si fa?!
- Ah non me lo chiedere. Devo assolutamente trovare Soph e dirle di firmare la ricerca anche a nome mio .. Vediamo se risponde al telefono .. – Suonò la campanella. Max mi fece ciao con la mano, segno che doveva andare, io intanto feci il numero di Sophie. Il telefono era spento.

Ora sono proprio nei guai.
-Ehi scimmietta, cercavi questo?

Il mio cervello si bloccò. Era stato lui a prendermi la ricerca! E io che pensavo di essere stata così sbadata da lasciarla a casa. Mi girai e fulminai Alexander con gli occhi.
- Ora spiegami perché diamine vuoi la mia ricerca di storia. Su muoviti, che non ho tempo da perdere con te.
Quel giorno portava una camicia bianca e dei jeans a vita bassa, una sciarpa blu sottile al collo, e aveva ancora quello sguardo impertinente dell’altra volta.
Mi venne in mente il sogno della notte scorsa, cercando di rimandarlo negli angoli più remoti del mio cervello.
- Chi ti dice che io voglia questa ricerca? Diciamo che è il mezzo per un fine più alto.
Volevo prenderlo a schiaffi,davvero. Un fine più alto? Ma fammi il piacere! – E sarebbe? – chiesi io con la voce scocciata, ma con la curiosità che mi rodeva dentro.
-Voglio capire perché ieri ti sei arrabbiata tanto, ho solo fatto un’affermazione e te ne sei scappata furiosa insieme alla tua amica. – Lo volevo uccidere. Poteva benissimo farsi un esame di coscienza e capirlo da solo. Forse il ragazzo è un po’ ritardato – Certe cose danno fastidio per come vengono dette. E poi, se proprio eri curioso, bastava chiederlo con calma e gentilezza. Ti avrei risposto comunque.
- Non credo - disse lui – E tu come puoi saperlo? – chiesi io. –Non posso, ma so come si sente una persona offesa.  -  Addirittura? Sai come si sentono le persone offese? Ma bravo, bravo! E ora vuoi l’applauso?
-Ok, volevi sapere perché ero arrabbiata. Ora lo sai, stop. Fine della discussione. Dammi la ricerca e ci vediamo alla quarta ora alla lezione di Epica. – Alexander mi porse la ricerca e io quasi gliela strappai di mano. Sembrava veramente dispiaciuto. Sembrava. Presi le mie cose dall’armadietto e mi avviai verso l’aula di Storia. –Stasera esci con me, voglio scusarmi per qualsiasi atteggiamento che può averti dato fastidio. – disse lui. Lo fissai. Non capivo perché lo facesse. Ed ero troppo curiosa di saperlo. – Poi vediamo.
Passai l’ora di Storia a far finta di seguire la lezione. Con la testa ero da tutt’altra parte: cercavo di capire cosa volesse il principino da me. E poi stavo ancora pensando a quel sogno .. e stavo ancora maledicendo mia sorella per averlo interrotto. Soph accanto a me aveva notato il mio sguardo nel vuoto, tipico di chi sta evidentemente pensando ad altro. Mi scrisse un bigliettino. Per fortuna eravamo tra gli ultimi banchi e la professoressa non badava molto a noi. Alla fine dell’ora, il bigliettino era più o meno così:

S: Cosa stai pensando? 
N: Niente, il sogno di ieri notte
S. Cioè?
N: In poche parole, ero in una sala dal ballo e uscendo sulla terrazza che stava, incontro Alexander. Lui si avvicina e mentre stiamo per baciarci, mia sorella mi sveglia facendomi un gavettone  -.-“

S: Che sfiga xD
N: Infatti -.- e poi prima di venire qui mi ha rubato la ricerca di storia per sapere perché ieri me ne sono quasi scappata

S: Sul serio? o_O OMG! E tu che hai detto?
N: E che gli dovevo dire? Ho detto che è stato il tono in cui ha parlato che non mi è piaciuto e lui poi mi ha chiesto di uscire con lui stasera. E ora voglio cercare di capire perché si sforza di fare il carino e gentile con me u_u 
S: Magari vuole scusarsi seriamente per quello che ha fatto .. Anzi, che non ha fatto! u_u
N: Ceeeeerto come no! Secondo te dovrei vederlo?
S: E lo chiedi pure? Ovvio! Anche perché se non lo fai, ti spezzo le gambine ^^
N: E va bene hai vinto
D:


Suonò la campanella, presi la mia borsa e sgattaiolai fuori dalla classe.
Prima di andare nell’aula di Epica, tornai al mio armadietto, per prendere il libro di Shakespeare che dovevamo leggere e trovai un post-it attaccato sopra che diceva
Alle 4 al bar di ieri, ti facciamo fare il provino :D Holly
Le sorprese vogliono finire? No, quello era solo l’inizio!

Arrivai nell’aula e mi sedetti al mio solito ultimo banco, riconoscibile per tutti i disegnini fatti sopra.
Arrivò la Humber, la professoressa di Letteratura e Epica. Con il suo solito buon umore, iniziò a leggere un capitolo di Shakespeare.
In quei giorni stavamo leggendo "Sogno di una notte di Mezza Estate", e la professoressa leggeva“L'amore non guarda con gli occhi ma con la mente e perciò l'alato Cupido viene dipinto bendato.”  quando una pallina di carta atterrò sul mio libro. Lo aprii e vi trovai una frase di un sonetto.. forse proprio di Shakespeare che diceva:

Fai pure del tuo peggio per sottrarti a me, ma per tutta la vita mi apparterrai.

Mi guardai intorno, ma erano tutti attenti alla lezione, quindi non capii chi era il misterioso mittente. Pensai che l’avesse scritto Alexander, magari per convincermi ad uscire con lui.
Lo guardai, stava al secondo banco della fila accanto alla mia, anche lui stava seguendo la lettura. I suoi occhi verdi brillavano, e i suoi capelli avevano preso un colore ramato grazie alla luce del sole.
Con la testa china sul libro, dei ciuffi gli ricadevano sugli occhi, che lui ogni volta gettava indietro con la mano. Aveva davvero un’aria di eleganza, signorilità, compostezza, che solo un nobile penso possa avere.
Mentre ero immersa nella mia contemplazione, descrivendo ogni minimo dettaglio del suo aspetto nella mia testa, lui si girò dalla mia parte. Io arrossii violentemente e abbassai lo sguardo sul libro, ma vidi i suoi occhi brillare ancora di più e le sue labbra curvarsi in un sorriso mozzafiato. E arrossii ancora di più! Decisi di non guardarlo fino alla fine della lezione, perché sennò non avrei ascoltato la lezione. Ma ogni tentativo era vano. 
Cavoli, è stupendo! Quei suoi occhi, quel suo sorriso ..  Non potevo fare a meno di guardarlo, era più forte di me! Per fortuna né lui, né nessun’altra persona si accorse di come lo osservavo anzi, di come lo studiavo.
Dalla mia posizione potevo vedere ogni sua espressione, ogni sua smorfia.
Quando finì la lezione, me ne scappai all’armadietto dove incontrai Max, che naturalmente si accorse della mia agitazione.
- Nick perché sei rossa come un peperone? – Disse ridendo. Avevo un colorito davvero notevole. – Dire che ho fatto una figura di cavolo è un eufemismo! – Lui rimase perplesso e mi fissò, poi volse lo sguardo a qualcuno che si avvicinava alle mie spalle e mi girai. E chi poteva mai essere se non Alexander? Quando mi vide fece un occhiolino e senza fermarsi andò spedito verso la mensa insieme ai suoi amici che lo accerchiavano come in un branco.
Io mi misi una mano sulla fronte, in segno di esasperazione, e mi tirai dietro Max, che non aveva ancora capito il perché di tutta quella scenetta.

Ci sedemmo ad un tavolo di legno nel giardino affianco alla mensa. Un giardino di quelli che sembrano delle lande desolate per come sono curati male. Ma a noi piaceva stare seduti lì, da soli, a parlare di quello che ci succedeva durante le lezioni. Gli raccontai quello che era successo mentre lui non c’era e naturalmente si mise a ridere. Non si poteva fare un discorso senza che lui ridesse almeno per cinque secondi! Per lui, ogni cosa era divertente.
O forse, era lui che cercava di rendere tutto divertente, per non lasciarsi abbandonare dalla tristezza. Infatti, Max dice sempre che ogni momento triste è un momento sprecato della nostra esistenza. Pensiero profondo, che condivido abbastanza. Naturalmente, so che senza i momenti più brutti non ci sarebbero quelli belli. Ecco, quando sto con Max non passo mai un minuto che non sia pieno di allegria e di voglia di vivere.
Perché lui è così: ha tanta voglia di vivere. E fa bene.
Parlammo ancora un po’ e poi Max andò da Jaz per mettersi d’accordo per sabato. Lo salutai, e andai da Holly, che il giorno prima mi aveva detto di andare al suo tavolo per parlare.
La trovai seduta ad un tavolo pieno di ragazzi, alcuni anche molto carini, però tutti con tatuaggi e piercing, e delle facce che non promettevano nulla di buono. Quando si accorse di me, si alzò e mi abbracciò forte.
Mi disse che c’era un cambio di programma: al posto di incontrarci il pomeriggio al bar, saremmo andati nell’ auditorium della scuola e avrei fatto il provino lì, davanti a tutta la band. Mi chiese se volevo rimanere al loro tavolo,
ma dissi che volevo sbrigare un servizio, e in effetti era vero. Avrei dovuto affrontare Alexander faccia a faccia e chiedergli se fosse stato lui a scrivere il misterioso bigliettino.  
Ma prima avrei dovuto fare una cosa ancora più importante.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Un caffè macchiato e una band senza nome. ***


Tornai al mio armadietto, lo aprii e presi il mio blocco da disegno.
Per chi non lo sa, il mio blocco da disegno è praticamente tutta la mia vita, ci sono tutti i miei disegni, a partire da quelli della prima media, quando ho iniziato a disegnare sul serio.
Lì ci sono i ritratti dei miei amici, paesaggi di posti che ho visto o che vorrei vedere, appunti vari, personaggi di film, telefilm e libri che adoro. Non disegnavo da troppo tempo, e avevo bisogno di lasciare il ricordo di quello che avevo trascorso in una giornata e mezzo sui fogli del mio blocco. Per disegnare, andai nell’Aula Studio della scuola, dove a quell’ora c’erano solo i secchioni che iniziavano a studiare le lezioni per il giorno dopo.
Nessuno mi avrebbe dato fastidio, e chi ci avrebbe provato, avrebbe fatto una brutta fine .
Iniziai disegnando Holly e Dmitri al Raymond Cafè, ognuno tenendo il mano il rispettivo gelato. Poi provai a disegnare me e Sophie mentre cercavamo di prendere il libro (si, quando ho fatto la figura della scimmia),
ma al posto di quello che avevo immaginato, uscì una sagoma informe, così decisi di disegnare Alexander. Prima di iniziare, guardai la sala, per essere sicura che il soggetto del mio disegno non fosse lì.
Sicura della sua assenza, disegnai i suoi occhi e li colorai, tentando invano di riprodurne la stessa lucentezza e la stessa espressione di superiorità. Dopo circa un quarto d’ora, ero quasi riuscita nel mio intento quando
qualcuno mi fece toc-toc sulla spalla e io, per la sorpresa, azzardai un gridolino e involontariamente cancellai con dei forti segni di matita il disegno che avevo fatto.
- Scusa non volevo spaventarti, mi dispiace per il disegno - disse una ragazza dalla carnagione color caffè macchiato, i capelli neri che le ricadevano lunghi sulle spalle, e l’aria dispiaciuta. – Era davvero bello.
- Beh, potevi evitare di venire di soppiatto, ma non ti preoccupare per il disegno. Non era venuto un granché .. – risposi, cercando di nascondere l’evidente fatica con cui avevo disegnato Alexander.
- Tu sei Nicole? L’amica di Max? – chiese, titubante. –Sì – risposi – e tu saresti.. ?
- Jazmine, Jazmine Coox. Piacere di conoscerti. – disse lei. I suoi occhi color cioccolato parevano volermi studiare con attenzione. Così, le chiesi subito il perché della sua visita. Mi disse che Max le aveva parlato di me, e lei voleva qualche consiglio sul mio amico.
Le dissi tutto il possibile su Max, descrivendo il suo carattere nei minimi particolari, esaltando la parte migliore di lui. Parlammo a lungo, e mi fece capire che Max le piaceva sul serio e voleva provarci. Però, si vergognava ad uscire da sola con lui.
- Perché sabato non facciamo un’uscita a quattro? – chiese lei. – Mi piacerebbe, ma non abbiamo il quarto elemento con cui uscire. – Dissi io, che non avevo intenzione di fare la candelina per tutta la serata. – E forse devo anche andare ad una festa, non ce la farei comunque. – Bugia, ma necessaria allo scopo. O al “fine più alto” pensai, imitando mentalmente Alexander.
- Capisco .. Ma sei sicura che gli piaccio? – chiese, ansiosa di ricevere una risposta positiva.
- Senti, in tutti questi anni che conosco Max, non l’ho mai sentito parlare tanto bene di una ragazza come sta facendo con te. Ti giuro, mi sta riempiendo la testa con tutti i suoi discorsi, quando mi ha parlato di te la prima volta, sembrava che stesse parlando dell’ Ottava Meraviglia del mondo! – Vero. Mi ricordo ancora della dettagliata descrizione che aveva fatto il giorno prima, e mentre parlava, aveva quello scintillio negli occhi che ha solo quando è davvero entusiasta di qualcosa. Jazmine arrossii, e mi chiese il numero di cellulare, per tenerci in contatto e aggiornarmi  sulla situazione. Dopo esserci scambiate i numeri, tornammo a fare quello che stavamo facendo prima di incontrarci. Anzi, io mi avviai verso l’auditorium per il provino con la band di Dmitri.

Ero immersa nei miei pensieri, immaginandomi gli altri componenti della band, che cosa avrei dovuto fare, se mi avessero accettato o meno per il duetto. Non che mi importasse tanto del risultato, ma ero curiosa di conoscere gli altri.
Entrai nell’auditorium. Era deserto. Forse Holly non ha ancora finito di mangiare, oppure Dmitri sta appiccando un fuocherello in mensa. Appoggiai la borsa su una delle poltrone rosse in prima fila e poi salii sul palco.
Alcuni strumenti dell’orchestra erano stati lasciati incustoditi. C’erano due violini, un’arpa, un flauto e delle chitarre. Al centro c’era un microfono acceso.
Andai dietro le quinte a vedere tutti gli attrezzi di scena, quando qualcuno spalancò le porte della sala. Da dietro il sipario vidi Dmitri entrare, seguito a ruota da Holly e tre ragazzi che non conoscevo.
Holly mi vide quasi subito e mi raggiunse. – Ecco dov’eri finita! Pensavamo stessi ancora mangiando e invece eccoti qui. – disse. – Ragazzi, lei è Nicole Daffodil, e dovete assolutamente sentire come canta. Andrà benissimo per il duetto! – finì di dire, entusiasta.
-Se è brava o no, fallo decidere a noi, Tyler – disse un ragazzo alto, con i capelli castani e gli occhi grigi. Holly non sembrò essere contenta della risposta annoiata, o forse, le scocciava che l’avesse chiamata per cognome.
Un ragazzo con i capelli neri e un ciuffo verde piastrato salì sul palco con la chitarra e iniziò a strimpellare qualche nota. Poco dopo lo seguirono Dmitri, il ragazzo bruno e un ragazzo con dei capelli ricci biondo cenere.
Ognuno prese il proprio strumento, e il ragazzo bruno mi si avvicinò e disse – Ti facciamo vedere quello che sappiamo fare, levati un po’ da qui. – Mi scansai, saltai giù dal palco e mi appoggiai alla poltrona dove prima avevo lasciato la borsa.
Holly mi si avvicinò e disse a bassa voce – Non ti preoccupare, Remy non ce l’ha con te, fa sempre lo scorbutico all’inizio, ma dopo diventa un simpaticone. E penso anche che tu gli vada a genio. – finì, sorridendo.
Io guardai prima lei, poi Remy. Davvero un ragazzo si può chiamare Remy? Non ho mai sentito un nome così strano! – Ma è francese? – chiesi, per capire da dove veniva quel nome. – La madre. Lui si chiama Remy Blanck, ed è il cantante della band. – rispose lei.
I ragazzi iniziarono a suonare una canzone dei Linkin Park.
Erano davvero bravi. Dmitri suonava il basso, il tizio con il ciuffo verde la chitarra e l’altro biondo stava alla batteria. Remy cantava, e ogni tanto soffermava il suo sguardo su di me.
Ok, non era “ogni tanto” era più un “ogni volta che poteva” . Finito il pezzo, Holly applaudì e iniziò ad urlare più dei tifosi allo stadio. Intanto, mi accorsi che il cellulare stava vibrando. Presi il telefono per controllare chi fosse. Era un messaggio.

Da: Sconosciuto. Scimmietta ricordati che devi uscire con me stasera ;)

Alexander Magnus Ranwell, sappi che ti odio, e odio ancor di più quel deficiente che ti ha dato il mio numero di telefono! 
Senza accorgermene, Remy scese dal palco e mi sfilò il telefono dalle mani, spegnendolo. – Ehi come ti permetti! Ridammelo! – dissi, cercando di prendere il cellulare. – Hai detto che vuoi fare un provino? Allora fallo. Quando avremo finito, ti ridarò il telefono – e con aria di sfida disse – Facci sentire che sai fare.
- E va bene. Che cosa devo cantare?
- Ricanta la canzone che abbiamo fatto ora. – disse lui. Gli altri annuirono. Mentre salivo sul palco, Holly disse qualcosa a Remy, ma non ascoltai con attenzione. Sembrava qualcosa del tipo “Non fare l’acido”.
Così, cantai quella canzone, ma non ero concentrata su quello che cantavo, infatti sbagliai qualche nota. Nonostante tutto, a fine brano applaudirono tutti quanti, compreso Remy che come promesso mi ridiede il cellulare.
- La prossima volta potrei anche tenermelo, è davvero un bel telefono. – disse sorridendo – Provaci e finisci male! – risposi in tono arrabbiato, ma dopo cinque secondi scoppiai a ridere e lui insieme a me.
Infine, si avvicinarono anche gli altri due membri della band che non conoscevo e si presentarono.
- Piacere, Francis Drake – disse quello con il ciuffo verde. – E io sono Ian Samuels – disse il biondo con un tono allegro. Dopo le dovute presentazioni, parlammo per un’ oretta di argomenti vari. Scoprii che Francis e Dmitri si conoscevano da bambini, perché i genitori erano amici e avevano conosciuto gli altri a scuola. Ian disse che quando li aveva conosciuti,aveva rischiato di tornare a casa con lo zaino ridotto in cenere. E ti pareva. Allora è proprio una fissa!
Remy ammise di aver incontrato Dmitri per la prima volta solo per picchiarlo. – Mi piaceva Holly. Che ci potevo fare? – disse, cercando di scusarsi. Holly arrossii. Continuammo a ridere e a scherzare, ma ad un certo punto mi venne un dubbio.
- Ma se siete una band, come vi chiamate?
I ragazzi si ammutolirono e iniziarono a guardarsi scioccati. Anche Holly, sentendo la domanda, spalancò gli occhi.
- A dire la verità .. Non ci abbiamo mai pensato – disse Francis, e gli altri si mostrarono concordi. Seguì un silenzio imbarazzante, che terminò soltanto con lo squillare del mio cellulare.
Risposi alla chiamata.
- Pronto?
- Nick sono Soph! Allora per oggi?
- Oggi cosa?
- Con Alex!
- E da quando lo chiami così? Aspetta .. Allora gliel’hai dato tu il numero a quel deficiente!
- Colpa mia, lo ammetto. Però ora vieni alla fermata davanti scuola, o non ti aiuterò!
- Aiutarmi per cosa? Soph!
Aveva già chiuso il telefono. Presi la borsa, salutai velocemente il gruppo e uscii dall’ auditorium più velocemente che potei.  

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** A stasera, stupido babbuino! ***


Arrivai alla fermata con il cuore in gola per il fiatone, Soph era appoggiata alla panchina e a stento tratteneva una risata. La guardai male e poi dissi:
- Che ti salta in testa? Ti rendi conto a chi hai dato il mio numero di telefono?
- Ovvio. Ad un povero ragazzo che vuole scusarsi per una cosa che non ha nemmeno fatto. E poi, dovresti solo ringraziarmi. - E’ la convinzione che frega la gente! 
- Scusa, ringraziarti per che cosa? – chiesi io - Dai! Si capisce tale e quale che ti piace. – rispose lei, come se fosse una cosa ovvia. Io cercai di incenerirla con lo sguardo ma, ripensando al sogno della notte precedente, mi feci rossa come un peperone e dissi solo – Non è come sembra.
Ci fissammo per qualche secondo, e poi iniziò a dire: - Allora, ti spiego come sono andate le cose. Mentre tu stavi nell’aula Studio come al solito, ero andata a lasciare i libri nell’armadietto, quando il rosso mi è apparso davanti sorridendo e mi ha chiesto di aiutarlo. All’inizio mi ha chiesto dov’eri, ma sapendo che a quell’ora non vuoi mai essere disturbata, gli ho detto che non lo sapevo.
Se ne stava per andare, quando si è rigirato e mi ha confessato che voleva uscire con te stasera. Gli ho detto che ti avrei chiamata io, ma lui mi ha chiesto il numero. Gli ho detto “No, Nicole mi ammazza” e lui ha chiesto perché. Io ho detto che se te l’avesse chiesto, gliel’avresti dato. Lui ha risposto con un “Non ne sarei tanto sicuro” e ammettilo, ha ragione. Così mi sono arresa e gliel’ho dato, a patto che se dopo la serata tu non saresti stata d’accordo, lui l’avrebbe cancellato.
- Uhm .. E va bene. Mica ti ha detto a che ora ci dobbiamo vedere? O dove?
- Veramente no..
- E come faccio a saperlo?
- Credo che il tuo numero gli sia servito proprio a questo. Ti ha mandato un messaggio per farti sapere il suo numero. Tu non sai né quando né dove vi dovete incontrare, perciò gli devi inviare un messaggio.
La guardai sconcertata. Ero rimasta scioccata da quella teoria. - Quel babbuino si aspetta pure che io gli risponda al messaggio? No signore, se lo può anche scordare! Tanto non mi cambierà di certo la vita se oggi lo vedo oppure no - dissi contrariata.
Così Sophie prese il suo libro di Storia, e con tutta la calma del mondo, come se stesse facendo una cosa normale, me lo diede in testa. Da notare la “delicatezza” di quel gesto, e le circa 400 pagine del libro.
– Ahi! Come ti viene in mente?
- Sai benissimo che se oggi non uscirai con lui, te ne pentirai. Tu ora vieni a casa con me e ti prepari per questa maledetta serata. E muoviti a rispondere a quel messaggio! – disse lei, mentre mi tirava per il braccio facendomi salire sull’autobus che era appena arrivato. – Fai piano! Mi fai male! E va bene non mi lamenterò più!

Per tutto il tragitto continuammo a parlare di Alexander. Anzi, di Alex, come lo chiamava Sophie. Io avrei preferito chiamarlo “stupido babbuino”. Poi, le dissi dell’audizione e le parlai della band senza nome di Dmitri.
Quando le dissi che nella band faceva parte anche Francis, rimase a bocca aperta. Mi confessò che gli andava dietro da quasi un anno, ma che non aveva mai avuto l’occasione di conoscerlo. Dopo un bel po’ di tempo, arrivammo finalmente a casa mia, e vicino alle cassette per la posta trovammo Max che cercava le sue chiavi di casa.
- Ciao ragazze! – disse lui, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi. – Come mai già a casa a quest’ora? Niente compiti?
- Potremmo chiederti lo stesso, ma visto che siamo beneducate, ci limiteremo solo a rispondere alla tua domanda. – dissi io, con tono finto serio - Si dia il caso che la qui presente Nicole si deve preparare per una serata e che io mi senta in dovere di aiutarla a scegliere un bel vestito da mettere – continuò Sophie, rimanendo al gioco.
- Convincerla a non mettersi una felpa larga e dei jeans sarà un’ardua impresa! – continuò Max scherzando. - Perché non vieni ad aiutarci? – chiesi io – Così Sophie dovrà faticare di meno. Accetta l’invito, da bravo gentiluomo quale sei! - e scoppiammo a ridere tutti e tre.
Max accettò ben volentieri, così andammo tutti e tre a casa mia.
Ma prima di pensare all’appuntamento, ci preparammo la merenda. Io mi feci un panino con la nutella, Sophie prese una bustina di marshmallows e Max un pacchetto di patatine. Arrivati in camera mia, ci sdraiammo tutti e tre sul tappeto della mia camera e ognuno iniziò a pensare a varie risposte per il babbuino. Max era dell’idea di chiedere semplicemente indicazioni per l’appuntamento. Sophie, aveva intenzione di farmi messaggiare con Alex per più tempo del dovuto, cercando di strappargli un altro appuntamento.
– NON SE NE PARLA NEMMENO! - Dissi io, mentre Soph cercava di rubarmi il telefono per scrivergli. Io optai per la soluzione di Max, così mandai un semplicissimo messaggio ad Alexander, ma con una mia piccola aggiunta

Da:Me
Dove e quando ci dobbiamo vedere babbuino? :)


In mia difesa, dico che è stato lui il primo ad avere questa “passione” per le scimmie.
Quando lessi il testo ai miei amici, Sophie imprecò contro di me, dicendo che l’avrei scoraggiato, Max invece era d’accordo con me. Intanto Sophie aprì il mio armadio e iniziò a cacciar vestiti da ogni parte.
Max si alzò e andò a vedere che panni aveva cacciato Soph. Stavo per imitarlo quando il telefono vibrò.

Da: Sconosciuto (Il babbuino).
Ti va di andare al parco di Green Avenue? Verso le 6 e mezza :).
Ps: carino il soprannome ;)

Da: Me.
Va bene :) 
Ps: se proprio ti piace, da ora in poi ti chiamerò così :P

Da: Babbuino. Sinceramente, preferirei di no ;)

Da: Me. Peccato, ti sta a pennello! u_u


Lasciai il telefono sul tappeto e andai a separare Max e Sophie che stavano litigando per una maglietta che volevano farmi indossare.
Soph voleva farmi mettere una maglietta rosa (ovviamente) mentre Max voleva farmi mettere una maglietta rossa. Naturalmente, non volevo fare la figura del confetto o dell’aiutante di Babbo Natale quindi iniziai a tenere d’occhio le scelte dei due. Non si mettevano mai d’accordo, e quando lo erano, non lo ero io.
Sophie ad un certo punto decise di farmi mettere un vestitino viola con delle bretelle intrecciate di caucciù e che mi arrivava a metà coscia. Max era d’accordo e insisteva insieme a Soph almeno di provarlo.
Io mi opposi categoricamente, ma i due mi rinchiusero in bagno e fui costretta ad indossarlo. Ok, era ancora più corto del previsto.
Max bussò e al mio - Avanti – entrò insieme a Soph e rimasero a bocca aperta.

- Se pensate che io uscirò così, vi sbagliate di grosso! – dissi io, cercando di essere più seria possibile, ma i loro sguardi da pesci lessi mi facevano troppo ridere, e Max se ne accorse. 
- Ok se riesci a non ridere vedendo le nostre facce, ti lasceremo indossare quello che vuoi. Mi concentrai, e cercai in ogni modo di evitare i loro sguardi, ma Soph si mise dietro di me e
iniziò a farmi il solletico sui fianchi (piccolo difetto: io soffro tantissimo il solletico, soprattutto su pancia e fianchi!) e Max iniziò a fare altre facce buffe.
All’inizio sembrai impassibile, poi iniziai a fare delle smorfie per il solletico, e poi prima di scoppiare in una fragorosa risata mi arresi.
-Ok! Mi arrendo! Però basta col solletico! – dissi ridendo a Soph che subito si staccò da dietro.
– Brava ragazza, così si ragiona – disse lei tutta soddisfatta. – Però non puoi certo uscire con le converse, e dovremmo dare anche una sistemata a quei capelli ..
- Eh no! Le converse le lasci ai miei piedi e i capelli li porto come dico io! – Non potevano decidere tutto loro. Così Max mi diede un po’ di tregua e mi concesse di farmi rimanere con le converse a patto che mi ordinassi i capelli. Così, sotto gli occhi attenti dei miei amici, mi pettinai i capelli e tentai di fare una treccia laterale, senza riuscirci.
– Non sei capace di farti una treccia? – disse Soph esausta.
– Se lo vuoi sapere, non mi sono mai fatta una treccia in vita mia, se sei capace fammela tu - risposi contrariata.
- Beh almeno ci hai provato, quindi ti lasceremo mettere le converse – sentenziò Max, cercando di smorzare la tensione del momento.
Mentre ero seduta per farmi fare la treccia chiesi – Ma perché ci tenete tanto che io mi vesta bene per Alexander? -. Soph mi guardò nello specchio e disse
– Perché non vogliamo farti sembrare una buzzurra! Sei nostra amica, non possiamo permettertelo.
- Così stai insinuando che io mi vesta male .. – dissi con la voce da finta offesa
- Tu non ti vesti male, è solo che quando non ci tieni ad uscire non dai il meglio di te stessa nel scegliere cosa indossare .. e non negarlo perché ti conosco bene! – disse Max in tono convincente.
- Ok lo ammetto non ci tengo particolarmente ad uscire con quel babbuino, ma non capisco perché non sarebbero bastati una maglietta e un jeans! Insomma non è nessuno per .. – Soph mi fulminò nello specchio ricordandomi che Alexander era un principe e quindi sì, aveva tutto il diritto di essere considerato qualcuno di importante.
– Ok e anche se fosse? Che lui è un principe non mi costringe moralmente a mettermi la gonna. – dissi alla fine.
Così Soph mi spiegò il motivo per cui ci teneva tanto. - Lo sai meglio di me che non è solo per rispetto che ti devi vestire bene. Ammettilo, TI PIACE. Almeno un po’ , forse neanche tanto, ma quel ragazzo ti interessa. E lui è interessato a te. Siamo tuoi amici, ci teniamo che tu sia bella stasera. Sfrutta l’occasione, perché dovresti rinunciare? Se davvero non ti va a genio, sopportalo stasera, e poi finirà tutto. Ma almeno dagli un’opportunità.
La guardai nello specchio, lei mi guardava con i suoi dolci occhioni blu e aspettava una mia risposta.
-Lui .. Non posso. Ho .. degli obblighi morali che mi impediscono di pensare a chicchessia.

Ma avevo esitato così tanto nel pronunciare quelle parole che non ero riuscita a convincere nemmeno me stessa.

Soph mi guardò con aria interrogativa, e Max, che conosceva il motivo della mia riluttanza ad uscire con il babbuino, mi guardava serio con i suoi occhi azzurri.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Soph disse entusiasta – Ho finito! Vedi che bella treccia che ti ho fatto, non sono stata brava? – Mi guardai allo specchio e, cavolo, aveva fatto davvero un ottimo lavoro.
I miei capelli,di solito sempre in disordine, erano raccolti in una bellissima treccia che mi scendeva sul petto. Strabuzzai gli occhi per la sorpresa e poi guardai Soph che sorrideva.
Mi alzai dalla sedia e l’abbracciai. Lei sottovoce mi disse – Non so quali siano i tuoi stupidi obblighi morali, ma so che a quel babbuino gli farai girare la testa a 360 gradi.
Ci staccammo dall’abbraccio e controllai l’ora, erano le 6 in punto.
Presi una borsa bianca, ci misi dentro il necessario.
Feci un grande respiro e poi dissi – E' ora di andare da quello stupido babbuino.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** I miei obblighi morali. ***


Vi immaginate due ragazze, vestite carine, con i capelli tutti sistemati, che tutte agitate tengono d’occhio i ragazzi dell’autobus dove viaggiano? Ecco, quello era il mio caso.
Si perché io, con un vestito viola troppo corto per i miei gusti, e Sophie, con una minigonna e una camicetta troppo scollata, eravamo l’oggetto degli sguardi di alcuni ragazzi della Luxim High School, cioè dei ragazzi con la peggior fama di tutta la città.
Parecchi anni fa, quella scuola era un rinomato istituto con dei corsi specializzati, ma col passare degli anni, le iscrizioni delle ragazze diminuirono sempre di più e diventò una scuola per soli ragazzi. Con la perdita delle iscrizioni femminili, diminuirono i corsi, i migliori professori chiesero dei trasferimenti e visto che non c’erano molti addetti alla sicurezza, i ragazzi iniziarono a fare quello che volevano e diventarono maleducati e grezzi. E dire che sono solo maleducati e grezzi è un complimento.
Nell’autobus c’era un gruppo consistente di ragazzi di quella scuola che ci “sbavavano” dietro. Alcuni avevano già iniziato a fare apprezzamenti, e con questo termine voglio far capire che non si limitavano a dire – Quant’è bella quella ragazza – in modo civile come si suppone farebbe un ragazzo normale, o almeno un po’ beneducato!
Uno dei ragazzi, per pura sfortuna il peggiore, iniziò ad attaccare bottone e noi cercavamo di non dargli corda.
Per fortuna l’autobus arrivò alla nostra fermata e riuscimmo a scendere dal mezzo senza problemi.

- Quando vedrò Alexander gliela farò pagare per aver scelto un posto così lontano da casa mia!
- Ora mi spieghi come avrebbe fatto quel poveretto a ..
- Babbuino, prego. Lui è uno stupido babbuino. – la corressi io
- Vabbè.. Come avrebbe potuto immaginare dove fosse casa tua e che nell’autobus ci sarebbero stati quelli della Luxim? – chiese con aria di sfida.
- Beh … - mi accorsi che il babbuino non poteva avere il dono della preveggenza e che le mie accuse erano del tutto infondate - … avrebbe dovuto immaginarlo! Lo sanno tutti che quelli lì a quest’ora escono da scuola e che si incontrano da tutte le parti! – Ma in effetti, a chi mai sarebbe importato l’orario di uscita dei ragazzi della Luxim? Non di certo ad un principe snob che pretende che io esca con lui.
Erano le 6 e venti e ovviamente, del babbuino non si vedeva nemmeno l’ombra. Così io e Sophie ci sedemmo su una panchina davanti all’entrata del parco. Non so come uscì l’argomento ma iniziammo a parlare della band dove suonava il ragazzo che piaceva a Sophie, cioè Francis.
Mi fece tantissime domande su di lui, e espresse tutto il suo disappunto sul ciuffo verde.  – Era meglio quello rosso che aveva quando l’ho visto la prima volta! Ha fatto proprio una cavolata a tingerselo. – In effetti, devo ammettere che quel verde non andava a genio nemmeno a me, ma non ero la parrucchiera di Francis e non potevo scegliere io per lui.
- Certo che come band è proprio strana! Insomma, c’è Dimitri, un russo fissato con gli accendini, Francis, che non si decide di che colore tingersi il ciuffo, c’è Ian, ok forse è quello più normale, e poi c’è Remy che secondo me si sente il boss solo perché fa il cantante. E poi mentre cantava mi guardava sempre e si stava incavolando quando ho letto un messaggio al telefono .. Ma Remy che razza di nome è?!
- E’ francese! Mi sembra molto elegante e signorile per un ragazzo. – disse Sophie, che riusciva ad apprezzare quello strano nome - Probabilmente, devi solo abituarti a sentirlo .. Aspetta, ti guardava per tutto il tempo?
- Beh .. si! Perché sei tanto sopresa?
- Non mi hai detto che gli piaceva Holly? E che per lei aveva litigato con Dmitri?
- Si ma è successo tanto tempo fa. Cosa c’è che ti preoccupa? – le chiesi impaziente
- Stavo pensando, se Holly non le interessa più.. Forse tu gli piaci. Si può essere .. Ehi perché mi guardi così? – per puntualizzare, stavo cercando di ucciderla con gli occhi, purtroppo i miei sforzi erano vani.
– Da quando trovi che i ragazzi mi vengano dietro? Prima Alexander, poi Remy … Non posso piacergli!
- Perché no? – chiese lei contraria
- Perché .. non sono una ragazza del tipo che piace ai ragazzi! Hai presente quelle belle che si possono permettere di prendere e mollare i ragazzi come vogliono, quelle che più sono irraggiungibili, più ragazzi le sbavano dietro? Ecco, io non sono una di loro.
E non ho nemmeno un carattere così particolare da essere notato. Sono una ragazza normale, niente di più.
Soph, che per mia sfortuna aveva ancora il libro di Storia con sé, me lo rilanciò in testa (ci tengo a ricordare le 400  pagine e la “delicatezza” del suo gesto)
- Ahia! Ma allora stai fissata con la Storia tu! – le dissi, massaggiandomi la mia povera testolina che aveva già subito quel trattamento speciale. Stavolta era Sophie a cercare di uccidermi con lo sguardo (e con il libro)
- Forse non te ne rendi conto, ma tu sei una di quelle ragazze che piacciono. Si, quelle di cui parli tu piacciono ai polli! I ragazzi più intelligenti cercano le ragazze simpatiche, dolci, intelligenti proprio come te! E davvero, non ti immagini quanti sono i ragazzi della scuola a cui piaci. Alcuni li conosci pure, ma ti ostini sempre a non ammettere che ti vengano dietro. Ora, quello che io mi chiedo è: perché? Perché tra te e un ragazzo non vuoi niente più dell’amicizia? E poi, quali sono i tuoi “obblighi morali” di cui parlavi prima?
Quando Sophie smise di parlare rimasi a bocca aperta per lo shock. Sul serio, io non mi ero mai accorta di piacere ai ragazzi. O forse, non volevo accorgermene? Decisamente, la risposta era la seconda, perché il trauma era ancora troppo indelebile dentro di me. Guardai la mia amica e senza accorgermene i miei occhi si riempirono di lacrime. Soph iniziò a scusarsi e a dire che non poteva immaginare la mia reazione. Ma ormai la mia mente era tornata indietro a due anni fa, esattamente quando iniziai il mio primo anno alla Keyzer.

Era bellissimo, i capelli biondi sempre ribelli che gli coprivano il capo quasi come un’aureola. I suoi occhi, azzurri al sole, ma grigi appena si faceva un po’ più buio, sembravano di ghiaccio, ma lui non era freddo come volevano far sembrare i suoi occhi. Lui era sempre allegro e sorridente, anche quando stava male. Era pieno di vita. ERA.

Lui era Logan Hunter, il mio primo e unico ragazzo. Era più grande di me di due anni e, giustamente, si era preso il patentino e il padre gli aveva regalato un motorino. Il suo errore fu quello di percorrere una stradina di campagna di notte e di non riuscire a scansare un camion che passava. Rimase in coma per due mesi e poi i genitori, disperati, chiesero ai medici di staccare la spina. Quando andai al suo funerale e parlai con i suoi genitori, scoprii che lui non gli aveva mai raccontato di me dopo un anno che eravamo fidanzati e che quella stradina l’aveva percorsa dopo avermi tradito con una sua amica che viveva in quella campagna. Angosciata per la perdita e allo stesso tempo per il suo tradimento, decisi che non mi sarei più fidata di alcun ragazzo. Nessuno al di fuori di Max, che mi aveva avvisato più volte degli “affari” di Logan e che era stato vicino a me per tutto il tempo. Stavo per immergermi definitivamente nei miei ricordi quando Soph mi diede una scrollata e mi porse un fazzoletto. Cercò di calmarmi e quando mi tranquillizzai mi raccontò di sé per non ricordarmi più Logan. Mi parlò soprattutto di Lazy, la sua cagnolina che aveva partorito il giorno prima, e di quanto fossero carini i suoi cuccioli. Me ne stava ancora parlando quando mi vibrò il cellulare.

Da: Babbuino. Dove stai?
Da:Me. Dove stai tu! Ti sto aspettando da 20 minuti!

Alzai un attimo lo sguardo dal telefono e il cuore sembrò volermi uscire dal petto. Alexander si guardava a destra e a sinistra, e aveva un’aria piuttosto preoccupata. Come al solito, con un gesto del capo mandò indietro i capelli ramati e lì iniziai a dubitare della mia capacità di formulare un pensiero sensato. Ero troppo occupata a osservare i suoi capelli ricci e il suo fisico scolpito che si intravedeva dalla camicia. Poi Sophie iniziò a muovere una mano davanti ai miei occhi, mi girai infastidita, e lei fece una perfetta imitazione della faccia che avevo esattamente 5 secondi prima. - Che espressione da pesce lesso! Sul serio ho fatto così? – dissi ridendo
- E per poco non ti usciva la bava alla bocca! – esclamò, ridendo anche lei.
Il babbuino, alias Alexander, alias Alex per Sophie, si accorse di noi due e ci salutò con un gesto della mano. Io e Soph ci alzammo dalla panchina e attraversammo la strada. Raggiunto Alexander, lo salutammo e ci presentammo visto che ufficialmente, nessuno conosceva il nome di nessuno. Accompagnammo Sophie a casa (abitava a due isolati dal parco) e andammo a prenderci due coni gelato al chioschetto del parco. Mentre mangiavamo, passeggiammo per tutto il parco e ci fermammo ad un ponticello che univa le due rive di un laghetto, giusto in tempo per vedere il tramonto. Era uno spettacolo bellissimo il sole che affondava nel lago irradiando il parco con i suoi raggi più vividi. E soprattutto illuminava Alexander, facendo brillare ancora di più i riflessi dei suoi capelli e rendendo ancora più verdi i suoi occhi. Nonostante fino a poco tempo fa l’aria fosse bella calda, in quel momento arrivò una brezza fredda che mi fece tremare le spalle. Meno male che Sophie aveva detto che sarei morta di caldo stasera! Mentre mi stringevo le braccia per impedirmi di tremare, Alexander si girò verso di me e sorrise. – Non pensavi ci fosse bisogno di coprirsi, eh? Tieni. – e così cacciò un maglioncino azzurro di morbido cotone e mi aiutò a infilarlo. Dopo averlo indossato, mi sentivo già meglio, ma notai che era addirittura più lungo del mio vestitino! – Diciamo che non è proprio la mia taglia, ma è proprio quello che ci vuole per non morire di freddo. A proposito, tu come fai a stare solo con quella camicia? – gli chiesi, per paura che il maglioncino servisse a lui.
- Non ti preoccupare sono abituato ad un po’ di freddo. Dove vivevo da piccolo non faceva quasi mai caldo.
- Dove vivevi? – gli chiesi incuriosita. – Fino a qualche anno fa vivevo ad Edimburgo, poi mi sono trasferito qui per esigenze familiari.
- Ah capisco. Dev’essere stato difficile trasferirti qui, lasciando tutti i tuoi amici ..
- In realtà, sapevo già del trasloco. Era necessario, quindi non ci sono rimasto molto male.- mi disse sorridendo. Ma notai una nota aspra nella sua voce, come se non avesse voglia di parlarne. Rispettai la sua scelta, e mi ricordai il bigliettino dell’ora di Letteratura. Appoggiai la borsa sulla pietra del ponte dove mi ero appoggiata fino ad un attimo prima e cercai il bigliettino. Naturalmente, non lo trovai.
- Cosa stai cercando? – mi chiese Alexander un po’ preoccupato.
- No niente, cercavo un bigliettino .. No!
Mentre cercavo il fogliettino, per sbaglio uscì fuori il cellulare e cadde nelle acque del lago.
- Cavolo no! Di tutte le cose inutili che ho in questa borsa giusto telefono doveva cadermi?
- Aspetta che lo riprendiamo, così forse puoi recuperare la scheda.
- Si e come facciamo genio? – detto fatto, il babbuino salì sul bordo del ponte e si tuffò nel lago.
- Alex! – urlai invano il suo nome mentre lui cercava il mio telefono sul fondo. Ma era buio e sicuramente non ce l’avrebbe fatta, e mi sarei sentita in colpa di avergli fatto prendere un bel raffreddore!
Scesi in fretta dal ponte e mi avvicinai alla sponda del lago.

- Alex! Alex dove sei? – Erano passati diversi minuti e non era ancora risalito. E se si è impigliato a qualcosa sul fondo? E se ha finito l’aria? E se .. Grazie al cielo, Alexander riemerse dalle acque e sventolò trionfante il mio cellulare.
Nuotò fino alla riva e mi diede il telefono. Lo guardai fisso negli occhi, il loro verde era ben visibile anche al buio, poi gli diedi uno schiaffo. Lui mi guardò allibito, ma prima che potesse fiatare, mi tolsi il maglioncino e glielo feci indossare.
- Non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere! Mi hai fatto preoccupare, ad un certo punto ho pensato che non riemergessi più, che tu fossi ..
Non riuscii più a guardarlo, mi ero bloccata al solo pensiero della parola MORTO, mi allontanai di qualche passo e gli voltai le spalle. Alexander si avvicinò a me e mi abbracciò. Il suo maglioncino era diventato umido, tuttavia quello fu l’abbraccio più caldo che avessi mai provato. Rimanemmo così per diversi minuti, poi mi girai e mi appoggiai al suo petto. – Perché ti comporti come uno stupido babbuino?
- Credimi se ti dico che non lo so neanche io. – Mi guardò e mi sorrise dolcemente. Poi ci staccammo da quell’abbraccio e lui si appoggiò al tronco di un albero lì vicino. Io rimisi il cellulare nella borsa e trovai il bigliettino.
- Senti .. ti volevo parlare di questo.. – aprii il biglietto tutto accartocciato e glielo misi in mano. Lui lo lesse, poi rise.

- Perché ridi babbuino? Non le hai scritte tu quelle cose? – dissi un po’ scontrosa.
- Si le ho scritte io, ma non pensavo che ti saresti conservata il fogliettino – disse, sempre ridendo.
- Me lo sono conservato per ridartelo. Insomma che cosa vuoi da me? – chiesi infine spazientita.
- Lo vuoi proprio sapere? – si alzò dal tronco e si avvicinò a me.
Eravamo a pochi centimetri di distanza.
- Beh, ho solo scritto la verità. Non importa se mi eviterai, se farai la difficile, se mi tratterai male. Mi penserai sempre.
Rimasi impietrita a quella sua affermazione. Avrei voluto rispondergli per le rime, avrei voluto tirargli un altro schiaffo.
Non ne ebbi la forza.
Citai solo una frase di Shakespeare, che di sicuro ricordava.

- Chi sei tu  che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?

Lui sorrise e mi alzò il mento, in modo che l’unica cosa che potessi vedere fosse il verde profondo dei suoi occhi.
- Rinuncia al tuo potere di attrarmi, ed io rinuncerò alla mia volontà di seguirti.

E dopo quella risposta, mi baciò.
La mia mente sembrò svuotarsi e il mio corpo sembrava esser diventato così leggero da poter volare via in un attimo.
Non mi sembrò vero di trovarmi tra le sue braccia e di sentirmi al sicuro. Tuttavia, la parte di me che era ostinata a rispettare quella vecchia promessa fatta a me stessa, la stessa che considerava Alexander uno stupido babbuino,
un deficiente, un principino viziato, riemerse dal più profondo della mente.

Così mi staccai e spaventata scappai via. 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Click. ***


Mi sono lasciata andare troppo. Ho pensato “Che sarà mai? Ha detto che vuole scusarsi!” e invece mi  tiene puntata chissà da quanto! Di certo, per scrivere un bigliettino del genere e barciarmi senza quasi conoscermi, dev’essere un pervertito o qualcosa di simile.
Mi ha ingannato!
E io come una stupida mi sono fatta abbindolare. Ho lasciato che i suoi occhi mi ipnotizzassero in modo che io non potessi protestare.
Che ingenua che sono!
Come ho fatto a non pensarci prima?!


Con questi pensieri andai a letto, e sempre con gli stessi arrivai a scuola. Purtroppo Max quel giorno entrò alla seconda ora e non mi potei sfogare con nessuno per quello che era accaduto la sera precedente.
Fino all’inizio della quinta ora quando incontrai Sophie nel corridoio. Lei mi salutò velocemente con un gesto della mano perché doveva andare da Jenkins, che odia chi arriva in ritardo, ma la bloccai tirandole il braccio.
-  Tu ora ti fermi qui e mi ascolti.
- Nick vorrei sul serio, ma lo sai com’è quel vecchio!
- Non mi importa niente di quel mongoloide tu ora rimani qui! – Il mio tono di voce aumentava sempre di più, e Sophie iniziò a spaventarsi.
– Nick che ti succede? Calmati! – Ma io feci finta di non sentirla e diedi un pugno ad uno degli armadietti per sfogarmi.
– Fermati! Quello è il mio armadietto! – urlò Holly, correndo verso di noi – Perfetto ci mancava solo questa! – Holly si avvicinò all’armadietto per controllare se ci fossero danni, per fortuna niente graffi.
– Che ti salta in mente? Ce l’hai con me?
- Holly hai proprio frainteso, è lunga da spiegare …
- Nicole meno male che ti ho trovato! – arrivò Jazmine con il fiatone – Ti ho cercato dappertutto!
- E lei chi è? – esclamarono Sophie e Holly all’unisono. Dopo essersene accorte, si guardarono i cagnesco.
- Ragazze, vi prego! Una alla volta! – la mia testa stava per scoppiare e in più Jenkins era uscito dall’aula di scienze.
- Tutte in bagno, arriva il vecchio! – disse Holly, così facemmo una corsa e ci ficcammo nel bagno delle ragazze.
Peccato che Jenkins era vecchio, ma non era ancora diventato sordo o cieco.
Aprì di scatto la porta del bagno e infuriato ci urlò – VOI QUATTRO NELL’ AULA PUNIZIONI, SUBITO! – senza nemmeno provare a ribellarci, camminammo rassegnate verso quella stramaledetta aula.
– Salterete quest’ora e anche la mensa se necessario. Non ve ne andrete fino a quando non mi avrete scritto un tema di 3000 parole sul vostro comportamento di oggi. E non ammetto discussioni!

Arrivate nell’aula, ci sedemmo più lontane possibile l’una dall’altra. Io iniziai subito a scrivere su un foglio per andarmene subito, Jazmine e Sophie ci pensarono un po’, ma dopo pochi minuti iniziarono a scrivere anche loro.
Holly sembrava tranquillissima, con i piedi appoggiati sul banco mentre si dondolava sulla sedia. Dopo un quarto d’ora pieno di silenzio, Holly si stufò e iniziò a parlare.
Non capii se aveva intenzione di parlare da sola, tanto per sfogarsi, o se sapeva bene a chi rivolgeva le sue parole.
- Perché siamo riunite qui oggi? Per colpa di due persone: la prima è quel bastardo di Jenkins che non smette mai di rompere le palle, la seconda è Nicole che per un motivo almeno a me sconosciuto se l’è presa con il mio armadietto. Noi tre non abbiamo fatto niente giusto? Quindi io direi che ..
- Diresti cosa? Che ce ne possiamo andare? Jenkins è stato molto chiaro su questo, e lui mi da già tanto filo da torcere, non voglio avere altri problemi! – disse Sophie, che in effetti veniva sempre presa di mira dal vecchio professore.
- Ma noi non abbiamo colpe! Non pensavo che rimanere due minuti in corridoio fosse un reato così grave! Io me ne vado, non ho voglia di sprecare tempo per un tema di 3000 pagine. – continuò Holly, non poco arrabbiata.
- A quanto pare è più grave di quel che pensi, e neanche io voglio altri problemi quindi finiamo subito il tema e andiamo! – Jazmine dicendo così,  sembrava dover sbrigare qualche servizio importante ma preferii non parlare fino a quando non ebbi finito il tema.

Naturalmente, non avevo fatto altro che scrivere “Ho avuto un comportamento indisciplinato” oppure “Non potete capire quanto mi dispiace” tanto per far sentire Jenkins soddisfatto.
Presi la borsa e feci per andarmene quando qualcuno lanciò un diario che mi colpì dritto sulla schiena. – Ahi! Chi diamine è stato?
Holly sorrise soddisfatta e alzò la mano.
Le rilanciai il diario e lo prese al volo.
– Fino a quando non mi dirai perché hai cercato di rompere il mio armadietto non muoverai un passo al di fuori di quella porta. 
La guardai con aria di sfida – Vuoi scommettere? – Così, feci per muovermi, ma questa volta oltre al diario mi arrivò un astuccio sul polpaccio.
Mi girai per rilanciarli, ma mi arrivò un libro in faccia.
Per la velocità del lancio e per lo stupore, persi l’equilibrio e caddi con il fondoschiena per terra. – E va bene mi arrendo! Dammi il tempo di spiegare!
- Ora si che ragioni! Dai spara.
- Non avevo la minima intenzione di romperti l’armadietto. Diciamo che ieri è accaduta una cosa .. spiacevole. La volevo raccontare a Sophie ma non voleva ascoltarmi e per sfogarmi ho dato un pugno all’armadietto, ma non sapevo che era il tuo! Ora me ne posso andare?
- Oddio che è successo ieri? – chiese Jazmine visibilmente preoccupata – Niente di grave spero!
- Veramente ..
- E’ per colpa di Alex vero? – chiese Sophie, preoccupata anche lei per me.
- Se non chiedo troppo, ci fai la cortesia di spiegarci tutta la faccenda, così anche noi due possiamo capire? – chiese gentilmente Jazmine, a nome suo e di Holly evidentemente concorde, visto che annuiva con la testa.
- Ok ora vi dico tutta la storia dall’inizio.
Così parlai a cuore aperto con Holly, Sophie e Jazmine. Dopo aver raccontato la vicenda e dopo aver espresso ognuna le proprie opinioni. Holly si scusò con me per quello che aveva detto prima e le dissi di non preoccuparsi.

Aspettai che finissero tutte e tre di scrivere (alla fine anche Holly si era arresa!) andammo in mensa, dove stavano ancora moltissimi ragazzi a pranzare. Ci sedemmo tutte insieme ad un tavolo.
– Jaz scusa se me ne ricordo solo ora, ma perché prima mi cercavi?
- Niente di veramente importante. Visto che oggi è venerdì e domani devo uscire con Max sono un po’ agitata e volevo qualche consiglio su cosa parlare, come vestirmi, come comportarmi ..
- Fidati se ti dico che per Max saresti stupenda anche con il pigiama! – dissi ridendo
- Comunque quel babbuino non può scamparsela così! Gliela devi far pagare! Lui non sa tutto quello che hai passato e non può giocare così con le persone! – disse Holly convinta (per la cronaca, nell’aula punizioni le ho parlato anche di Logan)
- Holly ha ragione, ti devi vendicare! – disse Sophie inaspettatamente
- A dirla e facile, ma cosa possiamo fare?
- Uhm .. Bella domanda.. Cosa fare?
- Ragazze vi vorrei far notare che il babbuino è appena entrato quindi se vogliamo fare qualcosa, dobbiamo fare alla svelta! – disse Holly sottovoce.
- Anch’io mi voglio vendicare ma come? – chiesi alle altre con l’aria molto interrogativa
 -Mica vuoi il creme caramel? – Mi domandò Holly
- Mi è passata la fame, tieni. – Mi aspettavo che prendesse il cucchiaino e che iniziasse a mangiare, invece prese il dolce in mano e lo lanciò addosso al babbuino

SPLAT!
- Ma che..? 
Alex sorpreso si girò verso di noi e trovo Holly in piedi con un piede appoggiato sorridente che diceva – Qualche problema principe? - intanto Jazmine gli faceva la foto col cellulare, Sophie gli faceva le linguacce e io ridevo a crepapelle cercando di coprirmi con una mano .
All’iniziò Alex squadrò Holly e la guardò non poco incazzato, poi sembrò accigliarsi ancora di più vedendo Jaz trionfante con il cellulare.
Quando il suo sguardo si posò su di me, cambiò completamente espressione: non era più arrabbiato, mi guardava con aria di sfida e sussurrò qualcosa sottovoce e io mi bloccai.

Per mia sfortuna sapevo leggere molto bene il labiale.

Aveva detto: - Non ti lascerò andare via.

Mentre cercavo di capire che cosa avesse in mente il babbuino, un ragazzo con una canottiera e un dragone tatuato su tutto il braccio urlò
– LANCIO DEL CIBO!
Dai tavoli si levò un urlo quasi disumano e tutti iniziarono a tirarsi a vicenda spaghetti, sugo, polpette di carne, minestre,insalate e creme caramel. Per evitare di farci colpire ci nascondemmo tutte e quattro sotto al tavolo
- Ok io ho attuato la vendetta, voi cosa proponete per la fuga? – chiese Holly un po’ ridendo e un po’ preoccupandosi.
- Allora svuotate i vassoi e al mio tre correte più che potete verso l’uscita coprendovi con quelli e con gli zaini. – Disse Jazmine convinta.
Sophie annuì subito, io quasi non avevo sentito quello che avevano detto, troppo agitata per la minaccia di Alexander. Sophie mi diede una scrollata e tornai alla realtà.
- Pronte? Uno, due, TRE! – Scansandoci dagli altri ragazzi, facemmo una corsa assurda, parando i pomodori dell’insalata e qualche spaghetto che volava vicino a noi.
Dopo 5 minuti di gomitate e parate, uscimmo dalla mensa e chiudemmo la porta dietro di noi. Andammo in bagno per vedere se qualcuno era riuscito a colpirci.
Holly aveva la borsa piena di sugo e spaghetti, io mi ero sporcata una gamba del jeans, Jaz aveva una parte della schiena macchiata dalla minestra di verdure. Solo Sophie era riuscita a non sporcarsi e soddisfatta
– Abbiamo fatto un buon lavoro!
- Se per buon lavoro intendi scatenare una rissa col cibo .. abbiamo fatto un lavoro eccellente! - dissi io
- Direi che è meglio andarcene da scuola prima che qualcuno si chieda come è iniziata la battaglia .. – disse Sophie
- Non l’abbiamo scatenata noi! E’ stato quel tizio tatuato! – affermò Holly, ma Jaz riabbatté dicendo – Di certo se tu non avessi lanciato il budino al babbuino il tatuato non avrebbe mai iniziato.
- Vabbè che ne dite se andiamo tutte a casa mia a fare merenda? – propose Sophie
- Per me va bene, però devo prendere dei libri dall’armadietto, vi raggiungo tra qualche minuto all’entrata ok?
- Va bene, ma muoviti che ho fame! – urlò Holly mentre io mi ero già inoltrata nel corridoio.

Ad un certo punto mentre camminavo vicino al magazzino dei bidelli rischiai di inciampare nei lacci delle scarpe, così me le riallacciai.
Ma ancora prima di muovere un passo qualcuno mi tirò per un braccio e coprendomi la bocca quasi mi lanciò nel magazzino buio e io sbattei forte la testa.
 – Ahia! Ma che cavolo … - lo stanzino era buio e non vedevo niente di quello che c’era davanti a me.

Click.

Si accese la luce.

Anche il mio cervello fece click quando vidi chi c’era davanti a me.  

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Le colpe di un principe. ***


- Lo sai che ti potrebbero denunciare per sequestro di persona?
- Non credo che parlarti faccia a faccia per qualche minuto sia un reato, scimmietta. – disse Alexander alias Babbuino alias “Ora più che mai se non mi lasci andare ti strozzo” con il suo solito sorrisetto convinto.
- Com’è che adesso è rinata la tua passione per le scimmie babbuino?
- Non è colpa mia se la prima volta che ci siamo incontrati eri letteralmente appesa ad uno scaffale – disse avvicinandosi.
Io cercai di indietreggiare, ma mi ricordai che il babbuino mi aveva scagliato contro il muro, che ero sbattuta di testa, e che naturalmente il muro dove ero andata a sbattere era dietro di me.
Alexander mi si avvicinò ancora di più e poggiò le sue braccia sul muro, impedendomi la fuga che stavo meditando.
- Che cosa vuoi da me? – cercai di formulare la domanda il più normalmente possibile, ma oltre ad essere agitata per la sua vicinanza, ero agitata per colpa della mia stupida claustrofobia.
Ebbene sì, sono claustrofobica, punto debole non indifferente.
- Chi ha detto che voglio qualcosa da te? Io voglio te. – In un’altra occasione forse avrei ritenuto meno preoccupanti quelle parole.
Magari se a dirle fosse stato il mio ragazzo o comunque qualcuno che mi piaceva.
Non di certo uno stupido babbuino in un magazzino della scuola.
- Alexander, lasciami andare – dissi io con fermezza, evitando di guardarlo negli occhi.
Gli stessi occhi che mi avevano tanto ammaliato la sera prima. Che in verità, mi ammaliavano sempre.
- Tu non vuoi andartene sul seri, e lo sai bene. – disse lui con altrettanta serietà.
- Te lo dico per l’ultima volta Alexander, LASCIAMI ANDARE – stavo per scoppiare a piangere per l’ansia e per la paura della claustrofobia e quel babbeo non lo capiva e si ostinava a tenermi chiusa lì dentro a confondermi le idee
- Lo farò solo se mi guardi negli occhi e mi dici che non provi niente per me – mi bloccò le spalle con forza facendomi quasi male.
Fu troppo.
Per il nervosismo, l’ansia, la paura si fecero gli occhi lucidi e cercai di liberarmi dalle sue braccia ma più ci provavo, più lui mi faceva male.
Abbassai la testa e una lacrima rigò il mio volto ma lui non se ne accorse perché continuava a serrare le mie spalle con le sue mani. Forse fu la claustrofobia, la disperazione per non riuscirmi a liberare, o forse fu qualcos’altro,  ma gli diedi una testata e lui per la sorpresa barcollò indietro e io aprii la porta. Ma prima di andarmene via mi fermai sulla soglia della porta. Alexander mi guardò con gli occhi sgranati tenendosi la testa e io gli dissi – Impara una cosa principe: con la violenza non si ottiene nulla! – Non mi importò se ormai il mio volto era rosso per la rabbia e pieno di lacrime, gli diedi il tempo per imprimersi bene la faccia che avevo in quel momento, così forse la volta seguente ci avrebbe pensato due volte a fare una cosa del genere.
Ci furono due minuti di silenzio, e poi io corsi via da lì.

Te la sei proprio cercata Alexander. Se prima avevi ancora qualche microscopica possibilità, ora non c’è più niente.
Ti stai facendo odiare, sul serio!
Piangendo andai all’armadietto, presi le mie cose e andai all’entrata dove mi aspettavano le mie amiche.
Quando arrivai Holly sgranò gli occhi, Soph portò le mani alla bocca per coprire la bocca aperta per la sorpresa e Jazmine spaventata indicò il mio braccio e notai due lividi viola, ben visibili per colpa della canottiera che avevo messo quel giorno.
Quando osservai meglio i due lividi, mi venne da piangere ancora di più perché quelle due macchie sul mio braccio poco abbronzato mi avrebbero ricordato per un po’ di tempo quello che era successo in quel magazzino.
Così, a iniziare da Jaz, mi abbracciarono tutte quante e rimanemmo ferme e silenziose per qualche minuto. Nonostante l’assenza di parole, grazie a quell’ abbraccio si capiva cosa provavano le mie amiche e fui grata per l’affetto che mi avevano dimostrato.
La cosa che mi sorprese di più fu che nonostante non ci conoscessimo ancora molto bene e che poche ore prima avessimo litigato poche ore prima, ci legammo l’una all’altra come solo le migliori amiche fanno.
E in quell’abbraccio capii che era nata una nuova e grande amicizia.

Contemporaneamente ...

Come ho potuto? Come ho potuto farle del male?
Forse dopotutto i miei genitori avevano ragione.
Forse è vero che sono soltanto un bimbo viziato che non si accontenta mai di quello che ha e che vuole avere tutto e subito.
Deve essere per forza così. Sono uscito di senno.
Probabilmente sto impazzendo.
Ma come ho fatto?
-Signorino la riaccompagno a casa?
-Si, Patrick.
Spesso mi chiedo Se non fossi un principe avrei lo stesso carattere di adesso?
Non credo lo saprò mai. E’ per questo motivo che Marcus e Sarah mi hanno mandato qui da solo quattro anni fa. Che strano. Li disprezzo così tanto che non li chiamo più mamma e papà.
Dicevano che un vero principe non si comporta come me e non fa certi capricci. Io non ho mai fatto i capricci, solo quando ero più piccolo. Non sono mai stato un ragazzino viziato, come avrei potuto visto che in famiglia nessuno mi considerava più?
Da quando è nato mio fratello Jonathan, più piccolo di me di tre anni, i miei genitori e tutti i miei parenti hanno smesso di tenermi in considerazione. Persino mia nonna, che mi riteneva il suo prediletto, tutto d’un tratto smise di volermi bene.
O per lo meno di dimostrarlo, poiché già dalla più tenera età dovevano educarmi ad essere un principe ereditario, il futuro re. Così mentre io sgobbavo già all'età di cinque anni, mio fratello prendeva tutte le coccole e le carezze che avrei voluto ricevere io.
Io non sono stato mai viziato.
Però non mi è mai piaciuto non essere ricompensato per quello che facevo. Nemmeno un Bravo, continua così oppure Ci stai mettendo davvero tanto impegno, bravo! Nessun complimento e nessun incoraggiamento, solo ordini e punizioni. 
Mi ricordo ancora di quando a 10 anni dopo un saggio che aveva organizzato il mio maestro di pianoforte (a quanto pare tra i nobili va di moda saper suonare almeno uno strumento e i miei genitori mi costrinsero a suonare il pianoforte per sette anni) chiesi a Sarah se
le fosse piaciuto il preludio che avevo dedicato a lei. Mia madre disse che non ero stato un granché, ma la verità è che lei quasi si addormentò per la noia.
Invece quando chiedevo a mio padre di giocare con me, lui diceva di essere troppo occupato.
Però subito dopo arrivava mio fratello a chiederglielo e lui subito si alzava e lo portava a giocare in giardino.
-Signorino siamo arrivati.
-Grazie Patrick, ci vediamo a cena.
- Certamente signorino.
Nonostante la gran litigata che feci quattro anni fa, non mi è andata per niente male.
Ora vivo in una bellissima villa in periferia e posso contare sul mio automobilista Patrick, il mio maggiordomo Laurence e su Ginger la cuoca.
Ogni mese mi mandano dei soldi per pagarmi da mangiare e avanzano anche un po’ di soldi per comprare quello che voglio.
A quanto pare il loro “Impara a cavartela da solo” si dovrebbe tradurre “Impara a stare senza i tuoi genitori ma con una casa che costa l’occhio della testa, tanti soldi e anche i maggiordomi” .
- Signorino le vorrei dire che il signorino Henry è arrivato qui un quarto d’ora fa e che sta aspettando nella sua stanza.
- Va bene Laurence. Però almeno tu non chiamarmi signorino, chiamami Alex.
- Certamente signorino Alex.
Con lui è come parlare ad un muro quando gli dico di non chiamarmi “signorino”. Chissà cosa vuole Herny questa volta.
Entro nella camera e, naturalmente, Henry sta sdraiato sul letto, come se quella fosse camera sua.
- Hei Alex! Cos’è quella faccia? – mi chiede allegro il mio amico
- Niente, le solite cose .. Che c’è stavolta?
- Come non ti ricordi? Oggi abbiamo gli allenamenti di scherma e se non ti ricordi questa casa è così ben attrezzata che hai anche una palestra per gli allenamenti.
- A si .. E perché non stai già lì?
- Perché è da due giorni che ti vedo chiuso in te stesso – afferma il mio amico mettendosi a sedere sul letto – Che c’hai? Da quando ti conosco non sei mai stato così triste se non per i tuoi genitori, ma qualcosa mi dice che ora c’è dell’altro. Parlamene.
- Non c’è niente da dire, sul serio – naturalmente Henry non può capire quello che provo ora. Tristezza, dolore, rimpianto, odio per me stesso. Non può capire perché. Non può capire cosa provo per lei.
- Alex, di cos’hai paura? Si capisce che mi nascondi qualcosa, tanto vale dirmela no?
- No Herny, non credo tu possa capire tutto quello che sento ora. – dico io serio. Lui allora si alza in piedi e mi da una pacca sulla spalla – Forse non potrò capirlo, ma credo che sfogarti con me ti farà sentire meglio. Su andiamo ad allenarci, così mi racconterai tutto quanto. – dice sorridendo.
Così sorrido anche io e ci avviamo verso la palestra.

- Oggi proviamo fioretto o sciabola? – chiede Henry dallo spogliatoio
- Lo sai benissimo che dobbiamo lavorare con la sciabola, visto che con il fioretto siamo i migliori
- Non mi piace lottare con la sciabola!
- Forse perché ogni volta ti batto sempre? – dico io con aria di sfida
- Spiritoso! Non è per quello e comunque .. – dice uscendo dallo spogliatoio e prendendo una sciabola - .. Dimmi perché eri triste prima! – dice, puntandomi la sciabola al petto
- Beh .. ti ricordi di quella ragazza di cui ti parlavo ogni tanto?
- Diciamo pure che me ne parlavi ogni volta che la vedevi. Embè?
- Diciamo che .. ho avuto modo di conoscerla due giorni fa. – dico io, agguantando la mia sciabola e iniziando a combattere contro Henry
- E non sei felice? – chiede lui
- Lo ero. L’ho incontrata in biblioteca mentre cercava di prendere un libro troppo in alto. Stava sull’ultimo ripiano e si era fatta alzare da una sua amica per prenderlo, sono arrivato per cercare un libro che mi interessava e l’ho trovata lì.
  La sua amica è inciampata e lei si è aggrappata allo scaffale. La dovevi vedere! Io l’ho aiutata a scendere e poi secondo lei le ho risposto male. – dico, cercando di colpire il mio avversario al petto
- Ma dai! Avevi un’occasione e te la sei lasciata sfumare così? Ahahah! Che pollo che sei! – dice lui, colpendomi
- Le avevo solo detto che avrebbe trovato lo stesso libro su uno scaffale molto più in basso! Ha detto che non le è piaciuto il tono che ho usato. Però la mattina dopo durante la lezione ho visto che mi guardava e sono più che sicuro che gli piaccio almeno un po’ !
- E non è una bella notizia? – dice lui, colpendomi ancora al petto.
- Lo sarebbe stata, se ieri sera non avessi rovinato tutto. Le era caduto il telefono nel lago e mi sono buttato a riprenderlo. Dopo averlo recuperato, ho nuotato fino alla riva  e lei era lì preoccupata ad aspettarmi.
- Preoccupata per te o per il telefono? – chiede lui ridendo
- Per tutti e due – e lo colpisco in pieno petto, facendo un punto – poi non so come mi è venuto in testa e .. l’ho baciata!
- E non sei contento? Cavolo come è stato il bacio? – chiede lui fermandosi per ascoltare più attentamente
- Mi sono sentito letteralmente al settimo cielo. E pensa che all’inizio a ricambiato. Però ad un certo punto si è staccata ed è scappata via.
- Oh, mi dispiace. Ma non è stata colpa tua. In fondo lei ha ricambiato, hai ancora qualche chance!
- Avevo, fino a qualche ora fa.
- Che è successo?
- Una sua amica mi ha tirato un budino in testa e volevo capire il perché. Così dopo l’ho fermata e le ho chiesto se le piacevo.
- Io non ci trovo niente di male a chiedere no? Fino a quando lo chiedi con gentilezza e con garbo ..
- E’ proprio questo il punto! In quel momento ero così furioso che le ho fatto male e lei è scappata piangendo. E dove l’avevo stretta per bloccarla mi sa che usciranno i lividi – dico io.
Mi siedo per terra e mi metto le mani nei capelli - Prima di andarsene mi ha guardato con certi occhi .. In quel momento mi ha odiato sul serio.. Ma io volevo solo avere la certezza delle mie teorie!
- Hei Alex non ti preoccupare, prima o poi si risolverà tutto vedrai. Se le piaci, prima o poi ti perdonerà – dice lui accovacciandosi vicino a me.
- Non lo so se riuscirà a perdonarmi. E probabilmente farebbe la miglior cosa a non farlo. – dico io con rassegnazione.
- Non ti azzardare nemmeno a pensare così! Anzi sai che potresti fare?
- Che cosa? – chiedo io speranzoso
- Il comitato studentesco sta organizzando una festa per Halloween per la settimana prossima, magari lì risolverai tutto facendoti perdonare. Però durante l’attesa cerca di non farla arrabbiare ulteriormente sennò te la puoi proprio scordare!
- Ma è lei che mi provoca!
- E tu non accogliere le sue provocazioni! Dai fatti una bella doccia che ti porto a mangiare in pizzeria così chiacchieriamo un po’ !
- E va bene ci vediamo dopo.
Speriamo che il piano di Henry funzioni.
Quella ragazza mi sta dando filo da torcere.
Ma probabilmente è perché non ha ancora capito cosa provo per lei.
E in un certo senso, non lo so neanche io. 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Merenda e idee da Sophie ***


- Ecco la cioccolata calda per Jazmine, il panino di Holly e se aspetti un attimo ti porto anche i tuoi marshmallows – disse allegra Sophie.
- Grazie Soph! Sei davvero una perfetta padrona di casa – si congratulò Jazmine, assaggiando la cioccolata.
- Oh non c’è di che! Ecco i marshmallows per Nick. – disse la bionda porgendomi una ciotola piena di quelle caramelle super dolci che mi piacciono tanto.
Ci eravamo sistemate nello studio della casa di Sophie, dove c’era il computer, così potevamo scegliere la musica da mettere come sottofondo per la nostra merenda.
Così, mentre mi ingozzavo con i marshmallows,spiegai per filo e per segno che cosa era successo nel magazzino. Alla fine del racconto tutte quante esclamarono – MA CHE STRONZO!
- Ma allora è davvero un babbuino! – esclamò Sophie
- Avevi ancora qualche dubbio? - chiese Holly con un tono pieno di ovvietà
- La speranza è l’ultima a morire – disse Sophie – magari in quel momento era arrabbiato per il budino e senza volerlo si è sfogato con te..
- Un conto è sfogarsi, un conto è farle dei lividi! – disse Jazmine arrabbiata
- Lo so ma .. Secondo me ad Alexander piace sul serio Nicole. Sennò non le avrebbe mandato il bigliettino durante l’ora di Letteratura, non le avrebbe preso il telefono in fondo al lago, e non avrebbe detto quella cosa in mensa. – disse Sophie, cercando in un certo senso di comprendere quel babbuino.
- Ma in ogni caso non avrebbe dovuto farle del male! – disse Jazmine
- Infatti. Ha fatto proprio una cavolata! – confermò Holly
- Ok ragazze calmatevi! Non mi interessa se piaccio o non piaccio a quel babbuino, non lo voglio più vedere. Quindi non discutete per me – dissi, cercando di farle smettere di parlare della faccenda.
Ci furono due minuti di silenzio, poi iniziarono a parlare delle loro teorie. – Vabbè intanto io vado al computer. Posso Sophie?
- Certo fai con comodo! Allora stavo dicendo .. – cavoli, si preoccupavano davvero per me.
Intanto, andai su Facebook per distrarmi dai loro discorsi e trovai un invito ad un evento. – Ehi ragazze venite un attimo a vedere qui

FRA UNA SETTIMANA
GRANDE FESTA DI HALLOWEEN

Noi del Comitato Studentesco abbiamo voluto organizzare una bellissima festa per tutto il liceo esattamente il 31 Ottobre.
La festa si farà nella Sala Ricevimenti Bel Vedere, a due kilometri dalla città.

Ovviamente, dovrete venire travestiti ;)
Si organizzeranno giochi, balli e se qualche band vuole suonare, ben venga!
Confermare qui la propria partecipazione  

- Che bello, non vedo l’ora di andarci! Da cosa mi potrei travestire? – Disse Sophie entusiasta. Le sono sempre piaciute le feste, in particolare quelle a tema.
- Però il problema è: da cosa travestirsi? – dissi io
- Che ne dite se ci vestiamo tutte simili, o tipo con gli stessi costumi ma di colori diversi? Come un vero gruppo! – propose entusiasta Holly
- E’ una bella idea! Però dobbiamo essere d’accordo su cosa mettere, e non sarà facile! – disse Jazmine ridendo.
Immaginai Sophie e Holly che litigavano per decidere cosa mettere, naturalmente Sophie avrebbe optato per il rosa, Holly di certo non avrebbe gradito.
- Aspettate ma che ore sono? – chiesi a nessuno in particolare.
- Sono le 5 perché?
- Oh cavolo devo prepararmi! – disse Jazmine – Devo uscire con Max e non ho la più pallida idea di cosa mettermi!
- Secondo me ti dovresti mettere qualcosa di rosa! – disse subito Sophie.
- Non starla a sentire, per Max basta che vai all’appuntamento e starà già al settimo cielo vedrai – le dissi, incoraggiandola.
- Grazie Nick. Allora ci vediamo lunedì a scuola, ciao ragazze!
- Ciao Jaz! – urlammo dallo studio

Dopo che Jazmine se ne andò, io e le altre iniziammo a vedere su internet qualche idea per la festa di Halloween.
C’erano alcuni vestiti da vampiro che erano molto carini, però l’idea di travestirsi da vampiro era molto scontata quindi la mettemmo da parte.
- Se vogliamo vestirci tutte e quattro a tema, l’ideale sarebbe vestirsi da streghe, ognuna con un vestito di un colore diverso, però anche quest’ida è scontata - disse Sophie scoraggiata
- Uffa non c’è niente di particolare qui su internet, e non ci viene in mente niente. I travestimenti sono tutti uguali – disse Holly, scoraggiata più di Sophie
- Un momento, mi è venuta un’idea! – quasi urlai dalla gioia.
- Allora? – chiesero le mie due amiche all’unisono.
- Datemi un foglio di carta e pensate a quattro colori. Poi trovate il numero di una brava sarta: ci vorrà un vestito fatto su misura per ognuna di noi! – dissi entusiasta.
- Vado a prendere i colori in camera! – disse Sophie
- Io intanto cerco qualche sarta in città su internet – disse Holly mettendosi davanti al computer. Io intanto avevo trovato un foglio sotto ai libri che stavano sulla scrivania e iniziai a disegnare.
- Allora se mettiamo questo quì, qualche ricamo lì .. No aspetta questo è meglio toglierlo! – ero in piena attività per il mio disegno, quando Sophie ritornò nello studio con una scatola di colori, avevo già disegnato quattro manichini su un foglio. Avevo iniziato disegnando proprio lei, con un vestito stretto da una fascia sotto il seno e con una sola manica a tre quarti, degli stivali che finivano un po’ più sotto del ginocchio, un braccialetto con un campanellino e delle orecchie da gatto. Presi i colori e Sophie mi chiese – Ma cosa dovrebbe rappresentare?
- Dovresti essere un gatto nero. Se vuoi oltre alle orecchie dietro al vestito ti attacchi una coda. Naturalmente il vestito sarà nero.
- Nero? - Sophie mi guardò speranzosa di sentire anche il suo colore preferito
- E se proprio ci tieni lo facciamo anche rosa. Però almeno un po’ di nero ci deve stare sennò non si capisce!
- Non ti preoccupare! Ho già in mente tutto
- Ehi ragazze qui non ho trovato niente, ma forse mia madre conosce qualche brava sarta.- disse Holly -  Uh bello! Lo voglio anche io così figo!
- Con la calma, tu di che colore vuoi il vestito? – le chiesi tranquillamente, come se disegnare i vestiti sotto richiesta fosse una cosa da tutti i giorni
- Lo vorrei .. Blu! Anzi, viola! Ok forse è meglio celeste .. dai fai un po’ tu! –disse Holly alla fine
- Ok ok. Per te va bene se al posto del gatto nero fai il pirata? – chiesi a Holly
- Sii! Che bello! Magari pure con la spada o un uncino! – disse entusiasta lei.
- Non vorrei rovinare l’atmosfera di creatività, mai noi che facciamo stasera? Non ho voglia di stare a casa, è sabato! – disse preoccupata Sophie
- Non saprei .. Per me va bene qualsiasi cosa
- Che ne dite se chiamo i ragazzi e andiamo tutti insieme a farci una pizza?
- Chi sarebbero i ragazzi? – chiedemmo io e Sophie all’unisono
- Quelli della band. Dmitri, Remy, Ian e Francis!
- Certo! – rispose subito Sophie, che appena aveva sentito il nome di Francis era scattata come una molla.
- Ok ok, ma a che ora? – chiesi io
- Non lo so, ora li chiamo così ci mettiamo d’accordo! –disse Holly prendendo il cellulare dalla tasca. Compose il numero e attivò il vivavoce.
- Pronto?
- Dmitri sono Holly! Stai col gruppo?
- Si perché?
- Io, Nick e una sua amica vi volevamo chiedere se stasera usciamo tutti quanti insieme. Per voi va bene? – chiese Holly
- Aspetta un attimo. Ragazzi voi che ne pensate? – chiese Dmitri ai compagni
- Per noi va bene, ma non credo che riusciremo a raggiungerle prima delle 9 – disse qualcuno
- Mi è venuta un’idea! Che ne dite se andiamo alla pizzeria nuova qui vicino? Dicono che fanno una pizza buonissima .. –aggiunse qualcun altro
- Propongono una pizza, che ne pensate? – riferì Dmitri
- Per me va bene, per voi? – io e Soph annuimmo con la testa e dopo aver chiuso la telefonata, io e Holly tornammo a casa a prepararci visto che ci dovevamo ancora cambiare i panni sporchi per la rissa col cibo.

Dopo aver fatto una doccia decisi di mettermi un jeans e una camicia con le maniche a tre quarti.
Naturalmente questa volta mi portai anche una giacca, e optai per una giacca di pelle marrone. Stavo per mettermi le scarpe quando mi arrivò un messaggio

Da  Max: Stai a casa?
Da Me: Si perché?
Da Max: posso venire un attimo?
Da Me: Ok scendi :)

Chissà che vuole Max. Intanto finii di mettere le converse e preparai la borsa. Poi Max bussò alla porta e lo feci entrare in casa.
- Ehi Max perché mi vuoi parlare? – gli chiesi incuriosita.
- Il punto è che sono troppo agitato per stasera! Te l’ho detto Jazmine mi piace un casino e ho paura di fare brutte figure con lei. – disse esasperato. – Prima abbiamo un po’ messaggiato e ha detto che è stata insieme a te fino a poche ore fa. Mica ti ha detto qualcosa su di me?
- In realtà, non ha avuto il tempo di parlarne! – dissi ridendo
- Perché ridi?
- Beh, prima ci siamo fatte beccare in ritardo insieme a sophie e Holly da Jenkins e siamo state per un’ora e mezza nell’aula punizioni. Poi abbiamo scatenato la rissa col cibo in mensa e poi siamo andate da Sophie a fare merenda e stavamo vedendo cosa mettere alla festa di Halloween.
- Una giornata piena eh? – disse lui sorridendo
- Già! Pensa che è tutta colpa del babbuino se siamo diventate amiche!
- Perché? – chiese lui, preoccupato ma incuriosito allo stesso tempo.
- Perché in aula punizioni ho spiegato alle ragazze che è successo ieri sera, poi ti dico i dettagli. Visto che il babbuino mi ha fatto incavolare, le ragazze hanno detto che mi dovevo vendicare e Holly a mensa gli ha lanciato il budino in testa. Così il babbeo per vendicarsi a sua volta mi ha chiuso in uno sgabuzzino per “parlare” e mi ha fatto questo – indicai il livido sul polso, che avevo coperto con un bracciale di cuoio – e un altro livido sulla spalla.
- Ma tu non soffri di claustrofobia?
- Infatti, e per la paura gli ho dato una testata e sono andata dalle altre piangendo. Così per consolarmi siamo andate da Sophie.
- Capisco. Sono contento che abbiate fatto amicizia – disse sorridendo – però forse io e Sophie non avremmo dovuto insistere ieri.
- Non è colpa vostra, non potevate sapere cosa sarebbe successo. Ma cambiamo argomento! Dimmi, stasera dove porterai la tua bella?
- Avevo pensato di portarla in una pizzeria nuova che hanno aperto..
- Sul serio? Anche noi andiamo ad una pizzeria nuova! Probabilmente è la stessa – dissi io felice
- Aspetta un momento. Voi chi? – chiese lui sospettoso
- Io, Holly, Sophie e quelli della band.
- Vuoi dire Dmitri, Ian, Francis e Remy?
- Si, perché c’hai quella faccia sospettosa? – chiesi, diventando sospettosa anch’io
- Fossi in te, starei molto attenta a Remy. – disse lui con la faccia cupa.
- Perché?
- Quando lo frequentavo io non era uno molto a posto. Ma se Dmitri e gli altri sono migliorati, forse è cambiato pure lui.
- A me sembra un ragazzo normale. Forse sarà solo un’impressione – dissi io convinta
- Lo spero. – disse Max – Se vuoi ti accompagno davanti alla pizzeria
- E’ ancora presto – dissi guardando l’orologio – piuttosto, mi puoi accompagnare sotto casa di Holly? Ci eravamo messe d’accordo per andare insieme in pizzeria.
- Va bene, dove abita di preciso?
- Hai presente la fine di questa strada? Lei abita lì.
- Ma questa strada è lunghissima!
- E tu hai il motorino. Secondo te perché ti ho chiesto di accompagnarmi?
- Sfruttatrice! – disse, e ridendo e scherzando Max mi accompagnò sotto casa della mia amica. 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Scuse in pizzeria. ***


- Ma insomma quanto ci mettono? E meno male che era vicino al covo! – disse Holly esausta.
In effetti era passata mezz’ora dall’ora dell’appuntamento e io, Holly e Sophie aspettavamo quelli della band che non si erano fatti ancora vivi.
- Il covo? – chiesi incuriosita
- Sì, è dove ci incontriamo io e i ragazzi. In pratica è il vecchio box di Dmitri.
- Capisco. Ehi guarda chi si vede! I due piccioncini! – dissi allegramente a Jazmine e Max che erano arrivati davanti alla pizzeria.
- Anche voi qui? – chiese Jazmine sorpresa.
- A quanto pare qui fanno davvero bene la pizza e volevamo venire a vedere se è vero quello che si dice. – disse Sophie.
- Spero che le voci siano vere allora! – disse Max ridendo –Noi entriamo, ci vediamo dentro!
- A dopo! – li salutammo e continuammo ad aspettare i ritardatari.
- Basta ora chiamo Dmitri! – disse Holly scocciata
- Non credo che ce ne sarà il bisogno – disse Sophie girandosi – Eccoli che arrivano!
- Scusate il ritardo ragazze ma non c’eravamo accorti di che ore fossero – disse Dmitri cercando di scusarsi.
- Vabbè ora andiamo a mangiare che ho troppa fame! – dissi io.
Così entrammo tutti e sette nella pizzeria che era già strapiena.

- Siete fortunati, c’è ancora un tavolo libero in quella saletta a destra. – mentre stavo entrando nella saletta mi arrivò un messaggio da Jaz. Lessi.
O cavolo.
Entrai nella sala. Il nostro tavolo era al centro della sala. A destra c’erano Jaz e Max. Non osai nemmeno girarmi a sinistra perché sapevo già chi avrei trovato.

Stupido babbuino.

Purtroppo la sala era abbastanza piccola e non potevo commentare senza farmi sentire. Prima di sedermi salutai la coppietta felice.
Grave errore: gli altri avevano già preso posto e mi avevano lasciato il posto più vicino ad Alexander.
Dopo aver ordinato le pizze, andai con Sophie in bagno per parlare tranquillamente.
- E’ un segno del destino questo! – disse lei, con la voce smielata da romanticona.
- No, questa è sfiga! – dissi io con un tono per niente romantico.
- Ma dai! Ma che ti importa?
- Mi da fastidio la sua sola presenza!
- Ma se nemmeno ti guarda – poi ci rifletté su e disse – Ok non è vero però fino a quando non ti chiede scusa non lo devi nemmeno considerare!
- La fai facile tu. Non hai un babbuino viziato che ti perseguita fino all’esaurimento!
- Dai ora calmati .. E comunque la mia teoria era giusta.
- Quale delle tante? – dissi io ridendo
- Quella di Remy che ti viene dietro .. Si si, anche lui mi sembra cotto .
- Non è che ti stai un po’ fissando?
- Per niente, anzi, quasi quasi glielo chiedo a Holly, così mi da la conferma.
- Meglio evitare! Vabbè ritorniamo dentro.
- Aspetta! Mi è venuta un’idea! – disse Sophie con gli occhi che le brillavano dalla gioia. In quel momento, sperai che la sua idea fosse brillante come gli occhi.
- Spara!
- Tu ora devi far ingelosire Alex stando con Remy! – disse lei entusiasta.
- Cosa? Stai scherzando vero? 
- Assolutamente no. Remy è bello e simpatico, sta seduto affianco a te, e Alex vi vede benissimo da dove sta seduto.
Così capiremo se gli interessi sul serio o di da il tormento solo perché si diverte!
Ci pensai un momento. Il ragionamento di Sophie non faceva una piega. Perché il babbuino si sarebbe dovuto preoccupare se stavo con un altro ragazzo?
Così quella romantica Sophie avrebbe finalmente capito che la mia situazione non era quella solita dei film, dove i protagonisti si prendono e si lasciano ogni due secondi e alla fine dichiarano il loro amore.
No, Alexander non provava niente per me, perché avrebbe dovuto impicciarsi di cosa facevo?
- E va bene, tanto lo so che non accadrà niente – dissi io con aria di sfida.
- Quanto ci scommettiamo? – chiese lei.
- Chi perde la scommessa domani paga una colazione completa all’altra. – dissi io, sicura di vincere.
- Ci sto! – così ci stringemmo la mano, come segno di aver iniziato la scommessa, e ritornammo al tavolo.

- Perché ci avete messo tanto? – chiese Holly.
- C’era un po’ di fila e solo un bagno, scusate per l’attesa – disse Sophie sorridendo.
- Sai, i ragazzi mi stavano parlando di una loro idea..
- Sarebbe? – chiesi, incuriosita.
- Pensavamo di suonare alla festa di Halloween – disse Ian sorridente – però aspettavamo te per decidere.
- E’ una bella idea! Perché mi aspettavate?
- Avevamo una mezza idea di portare anche il vostro duetto, però lo possiamo fare solo se impari la canzone in una settimana. – disse Dmitri.
- Dovresti venire tutti i giorni a provare. Credi di farcela? – mi chiese Remy, serio.
- Non lo so.. Però posso provarci ..  – risposi un po’ titubante e poi con più sicurezza dissi – Si dai, credo di farcela!
- Perfetto! – disse Francis
Intanto arrivarono le pizze e il tavolo si era diviso in due gruppi: da una parte c’eravamo io, Remy e Ian che ridevamo e scherzavamo, dall’altra Sophie, Francis, Holly e Dmitri.
Dopo aver mangiato la pizza rimanemmo seduti al tavolo perché io e Sophie avevamo visto una bella torta al cioccolato e volevamo ordinarne una fetta. Mentre aspettavo che passasse una cameriera (cioè ogni morte di papa) avevo parlato molto con Remy e da certe occhiate che mi lanciava Alex avevo capito che c’era qualcosa che non quadrava. Precisamente nei minuti in cui ceravo la cameriera mi arrivò un messaggio da Alex che mi diceva di uscire. Incuriosita dalla richiesta uscii dal locale, con la scusa che dovevo fare una chiamata  e che non prendeva. Per fortuna prima di uscire riuscii a ordinare la torta al cioccolato.

Fuori dalla pizzeria, mi appoggiai al lampione e mandai un messaggio a Soph dicendole di farmi uno squillo quando sarebbe arrivata la fetta di torta.
Alzai lo sguardo e vidi il babbuino uscire dalla pizzeria che si passava una mano tra i capelli con la sua solita aria da snob.
- Perché mi hai fatto uscire? – gli chiesi irritata.
- Dobbiamo parlare. – disse lui serio, guardandomi negli occhi.
In quel momento il suo sguardo era così penetrante che per un attimo ebbi paura che capisse tutto quello che mi passava per la mente.
- Io non ho niente da dirti! – dissi furente, mantenendo lo sguardo fisso su di lui
- Tu forse no, ma io si. – disse Alexander, molto più calmo di me. Così calmo che pensai si fosse preparato il discorso a casa.
- Allora sentiamo! Non ho tempo da perdere con te. – Mi girai. Non ce la facevo a sostenere il suo sguardo. Tutto di lui mi faceva andare in bestia. Il suo modo di fare, il suo modo di essere.
Nonostante tutto, il cuore voleva uscirmi dal petto e non potevo spiegarmi il perché.
- So che sei arrabbiata con me per oggi pomeriggio. Non puoi capire quanto mi dispiace e quanto ci sto male.
- Ci avresti dovuto pensare due volte prima di farmi dei lividi sul braccio. – dissi io nervosamente.
- Sono usciti i lividi? Allora avevo ragione. Fammi vedere. – Mi prese il braccio e mi fece girare. Vide che il mio bracciale di cuoio copriva una buona parte dell’avambraccio e intuendo la sua vera funzione me lo tolse e vide due segni violetti che coloravano la mia pelle chiara. Alexander cercò di accarezzarmi il braccio ma subito mi tirai indietro.
- Hai detto che volevi parlare, ora non diventarmi muto. – dissi sempre più nervosa
- Vado dritto al punto: non so cos’hai in testa ma il tuo atteggiamento non mi piace.
- Quale atteggiamento?
- Con il tuo amichetto. Remy, se non erro. – disse lui. Notai una nota acida nel pronunciare “Remy” . Di sicuro non per colpa della stranezza del suo nome.
- Che c’è di male a frequentare un ragazzo? Non sei nessuno per dirmi chi devo frequentare. – dissi sprezzante.
- Io non voglio obbligare nessuno, ma si vede che non ti interessa sul serio.
- Io voglio solo passare un sabato sera in pace. E ora torno al tavolo a mangiarmi una bella fetta di torta al cioccolato. – feci per andarmene ma sentii che Alexander dietro di me si stava muovendo, ma non per corrermi dietro.

- Ti scongiuro, aspetta.
Mi girai.
Alexander era in ginocchio con le mani strette a pugno serrate sui fianchi e il capo chino.
Non riuscii a vedere la sua espressione ma dalla voce tremula capii che stava per piangere.
O forse era solo nervoso.
- Che fai? Alzati! – gli dissi per paura che qualcuno ci vedesse insieme in quella situazione.
- A scuola sono stato uno stupido e ho agito impulsivamente. Non volevo farti del male, te lo posso giurare. Solo che ..
- Che cosa? – chiesi io nervosa e impaziente
- Volevo sapere cosa provi per me. Volevo sapere se sono le stesse sensazioni, le stesse emozioni, gli stessi sentimenti.
Se anche tu senti il cuore salire in gola e non riesci a pensare ad altro .. – Intanto si alzò e si avvicinò. Questa volta non mi allontanai, perché era il momento di conoscere la verità.
- Volevo sapere se tu ..

- Ho interrotto qualcosa?

Alexander alzò lo sguardo da me alla porta e si incupì. Mi voltai, ma dalla voce avevo già capito chi fosse.
- Non ti preoccupare Remy, stavo salutando un mio amico. – dissi cercando di mascherare l’imbarazzo.
- Mi ha mandato Sophie. Ti aveva fatto uno squillo ma non hai risposto ..
- Dev’essere scarico, non l’ho proprio sentito. – mi girai verso Alexander e notai che stava guardando Remy in cagnesco e che la cosa era ricambiata.
-  Allora ci vediamo a scuola Alex – dissi, cercando di apparire più normale possibile
- Va bene Nick, a presto – sorridendo mi salutò con la mano e io tornai al tavolo.

Per me quella sera non successe nient’altro di importante al contrario delle mie amiche.
Sophie aveva parlato molto con Francis ed era riuscita anche a farsi dare da lui il numero di cellulare. Jaz invece si era fidanzata ufficialmente con Max e dovetti sorbire da entrambi dei racconti enormi sulla serata.
Naturalmente la domenica pagai la colazione a Sophie e approfittammo per uscire anche con Holly e Jaz.
Il resto della settimana passo molto velocemente tra lezioni, prove con la band, qualche ora in giro per farci fare i costumi di Halloween dalla sarta, qualche occhiata e qualche sorriso di Alex durante l’ora di Letteratura, merende organizzate all’ultimo momento e purtroppo anche qualche ora in Aula Punizioni con il Vecchiaccio.
E così arrivò la festa di Halloween.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Odio profondo e ira funesta. ***


Erano le sette di pomeriggio, io e le mie tre amiche ci eravamo organizzate come al solito per fare merenda a casa mia (si, ormai passare tutto il pomeriggio insieme era una regola) . L’unica differenza di quella serata era che era il 31 Ottobre e due ore dopo saremmo andate alla Festa di Halloween.
Da quando avevamo letto l’invito su Facebook, si era sparsa la voce e per tutta la settimana non si era parlato d’altro tra i ragazzi del nostro liceo. Molti avevano dubbi su cosa travestirsi, altri pensavano a chi avrebbe partecipato.
In quella settimana io non ebbi il tempo di pensare a nulla: avevo trascorso molto tempo al covo della band, ogni tanto accompagnata da Holly o Sophie. E avevo trascorso molto tempo con Remy. Se prima pensando a quel nome mi veniva in mente la sua stranezza, dopo quella settimana mi venivano in mente le sue battute, le risate, i discorsi per messaggi e alcune telefonate dopo cena.
E il duetto.
In quel momento ero agitatissima per quella maledetta canzone. Per fortuna, non ci misi molto a impararla, però fu abbastanza impegnativo calarsi nella parte e essere più espressiva possibile. La base era molto dolce durante la prima strofa e poi “esplodeva” dal primo ritornello e cantare insieme a Remy mi faceva uno strano effetto.
In quel momento avevo appena finito di bere la cioccolata che avevano preparato Sophie e Jaz, una delle cioccolate più buone che io abbia bevuto in vita mia, e Sophie ci stava raccontando le sue impressioni sulla serata.
Eravamo già vestite per la festa e stavamo aspettando che mia madre tornasse a casa per accompagnarci, quando Holly cambiò argomento.
- Beh ho notato che durante le prove tra Nick e Remy c’era un certo feeling .. O sbaglio Nick?
- Già è vero! E tutti quei messaggi e le telefonate .. – continuò Sophie
- Addirittura si telefonavano? – chiese Jaz che per stare con Max si era persa qualche pezzo di storia. Le due amiche annuirono e dissero – Allora che ci dici? – con aria di sfida.
Le mie guancie diventarono praticamente bordeaux per l’imbarazzo – Ma no, cosa dite? Siamo buoni amici..
- Certo come no! – dissero in coro le tre ridendo
- E va bene ammetto che c’è abbastanza interesse però niente di cui preoccuparsi – dissi, cercando di sminuire il nostro rapporto. In effetti in poco tempo Remy divenne poco a poco sempre più interessante e ammetto che mi piaciucchiava un po’.
- E Alex non ti piace più? – chiese Sophie. Mi bloccai e ripensai al sabato precedente.

- Ti supplico, aspetta – aveva detto inginocchiandosi - Volevo sapere cosa provi per me. Volevo sapere se sono le stesse sensazioni, le stesse emozioni, gli stessi sentimenti. Se anche tu senti il cuore salire in gola e non riesci a pensare ad altro. Volevo sapere se tu ..
Purtroppo non ero riuscita a dimenticarlo, e provavo tutte quelle sensazioni che aveva elencato lui. Anche io ..

- Ehi che ti succede? – Jaz mi portò alla realtà appena in tempo per sentire mia madre che suonava al citofono per farci scendere. Quella sera l’avrei visto, e sicuramente avremmo ripreso il discorso del sabato precedente.
La paura mi assalì. La paura di non dire le cose giuste e di fare scelte sbagliate. Durante il tragitto in macchina pensai a cosa poter dire osservando le stelle dal finestrino. Al solo pensiero di Alex, il mio cuore iniziava a battere più velocemente. Avevo una voglia matta di vederlo, nonostante non volessi darlo a vedere. Anche se lui per me era il solito babbuino, era diventato di più. Quei balzi del cuore e le farfalle nello stomaco, la voglia di sprofondare incrociando il suo sguardo, al posto di diminuire aumentarono. Però allo stesso tempo mi piaceva anche Remy, e i lividi sul mio braccio mi ricordavano ancora il dolore che mi aveva causato.
Mentre ero ancora immersa nei miei pensieri, arrivammo alla Sala Ricevimenti Bel Vedere. Prima di entrare, mi fermai un attimo per allacciarmi la scarpa.
Avevo delle francesine nere, molto comode devo dire, però si slacciavano ogni due minuti.
– Ehi Nick, tutto apposto? – mi chiese Holly che si era fermata accanto a me.
– Si non ti preoccupare. – le dissi sorridendo.
- Quando Sophie ti ha fatto quella domanda, sembravi esserti persa nei tuoi pensieri ..
- Beh, in effetti è così!  -  le dissi ridendo – Ma è tutto apposto non ti preoccupare - e dopo essermi rialzata ci incamminammo verso l’entrata della Sala.
Quando entrammo, rimanemmo tutte e quattro a bocca aperta. La sala era a dir poco enorme, eppure era stracolma di gente.
Era piena di decorazioni in pieno stile Halloween, di luci colorate,  musica da discoteca, una piccola parte sedeva ai divanetti rossi posizionati ad arte intorno alla pista, alcuni si appoggiavano al piano bar con l’aria di chi ha già bevuto molti drink. La maggioranza però si scatenava sulla pista da ballo. Lasciammo i giubbotti e le borse e, bisogna ammetterlo, noi eravamo bellissime nei nostri travestimenti.
Alla fine alle ragazze è piaciuta la mia idea e per fortuna abbiamo trovato una brava sarta. Così Sophie era vestita da gatto, con un vestitino rosa e nero e Holly era travestita da pirata nel suo vestito nero e celeste. Jazmine aveva un abito rosso e nero simile al loro e si era vestita da diavoletta. Io, non sapendo da cosa vestirmi, optai per la strega con un vestito verde e nero con delle aggiunte arancioni.
Non so come mi venne in mente di indossare anche delle ali da pipistrello oltre al solito cappello. Ma in fondo era Halloween, nessuno ci avrebbe dato molto peso. Io e le mie amiche andammo subito a ballare in pista, dove incontrammo alcuni amici, tra i quali Dmitri, Francis e Ian. Tra la folla cercavo di trovare Remy e allo stesso tempo di evitare Alex.
Decisi di bere qualcosa e allontanarmi un po’ da tutta quella gente. Dietro al buffet notai una porta di vetro scorrevole, e dietro a quella si trovava un terrazzino con delle statue e una panchina di pietra. Ricordava molto vagamente quello del sogno di qualche giorno prima, però non c’erano le rose ed il suo aspetto era molto più “grezzo”. Mi voltai un attimo e scrutai di nuovo la folla.
Avevo bisogno di riflettere e quel terrazzino sembrava l’ideale per pensare in silenzio, alla luce della luna e della stelle. Così decisi di andare.

Ero sì eccitata per la festa, ma ero troppo agitata per Alexander e Remy, e anche il duetto mi preoccupava abbastanza. Mi sedetti sulla panchina e appoggiandomi al bordo in pietra, guardai la luna e le stelle.
Quella sera la luna per me era come una calamita: era una bellissima falce bianca e splendente accerchiata da centinaia e centinaia di quelle piccole lucine che erano le stelle.
Forse quella vista mi avrebbe aiutato a capire cosa fare.

- Ehi.

Mi girai di scatto. Forse un po’ troppo di scatto, visto che il mio collo protestò per la velocità del movimento, ma non gli diedi conto.
- Che ci fai tu qui? – chiesi alla figura poco visibile, seminascosta vicino ad una statua. La figura uscì dal suo nascondiglio e si mostrò alla luce della luna.
E nuovamente il cuore sembrò uscirmi dal petto.
- Io volevo solo respirare un po’ d’aria. Non credi anche tu che ci sia troppa gente lì dentro?  - disse, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi. Io biascicai un “si”, troppo occupata a calmarmi.
Era l’unica persona che era riuscita a farmi provare sentimenti contrastanti tutti in una volta sola. Alex. Era bellissimo come sempre, nel suo abito stile “Fantasma dell’Opera”.
La maschera bianca tipica del travestimento gli copriva un terzo del volto e i suoi occhi erano di un verde splendente. Aveva provato inutilmente a tenersi indietro i capelli, ma c’erano sempre quei ciuffi che gli coprivano la fronte.
Si avvicinò al bordo in pietra, mettendosi le mani in tasca. Alzò la testa e disse – E’ proprio un bella serata, è un peccato che faccia un po’ freddo. – Io non risposi per paura di farmi sfuggire qualcosa di azzardato.
- Come mai sei così silenziosa stasera? –chiese lui, rivolgendomi di nuovo il suo sguardo. Io mi voltai e dissi la prima cosa che mi venne in mente.
- Conservo la voce per dopo. – Alex corrugò la fronte dicendo – Non sapevo che avresti cantato.
Io alzai le spalle, e rimasi a fissare il cielo per non fissare i suoi occhi, i suoi capelli, il suo viso.
- Non vuoi dirmi proprio niente eh?
Con aria indifferente mi girai a guardare le ali che avevo dietro la schiena senza rispondere.
- Allora ti dirò qualcosa io. So di aver sbagliato, ma se io ti chiedo scusa e ti dico che mi dispiace tu potresti anche venirmi incontro e perdonarmi. Non riesco a capire che cosa pensi.
Non capisco se ti piaccio o se ormai mi odi completamente. Però voglio solo dirti una cosa: se ti metti con Remy farai uno degli errori più grandi della tua vita.
Appena sentì il nome di Remy mi girai a guardarlo sconvolta.
Come fa a sapere che mi piace? E perché si ostina a dirmi di non stare con lui?
Perché continua a intromettersi in cose che non gli riguardano?
Perché continua solo ad aumentare la mia agitazione e a confondermi?

- Si può sapere come ti permetti a parlarmi così? Te ne sei uscito dal nulla e mi hai seguito per un giorno, dicendo che volevi uscire con me e sei stato accontentato. Anzi, per giunta mi hai anche baciato ed è stato pure tanto che non ti abbia dato una cinquina in faccia per questo! Però, non contento, mi hai minacciato in mensa dicendo “Non ti lascerò andare via” e poco dopo mi hai rinchiuso in uno sgabuzzino e mi hai fatto due lividi al braccio.
Come se non bastasse te ne vieni con le tue stupide scuse e i tuoi finti rimorsi e cerchi di abbindolarmi un’altra volta con i tuoi occhi dolci! Ah ma questa volta non ci casco! Nossignore, non ci cado più nella tua stupida trappola da snob-principe-babbuino viziato e prepotente che non sei altro! – Intanto mi ero alzata, gesticolando e indicandolo con l’indice ad ogni “tu” o “tuo”, e dopo tutto il discorso mi sarei buttata subito nella sala da ballo se solo non avessi avuto bisogno di respirare a fondo dopo quella fontana di parole che mi era uscita dalla bocca.
Alex all’inizio sembrava sbigottito dalla violenza con cui avevo iniziato a parlare, ma finita la ramanzina aveva fatto uno di quei suoi stupidi mezzi sorrisi e con aria di sfida mi aveva chiesto – Sul serio pensi che io sia soltanto un viziato e un prepotente? – Io annuii con decisione, ma vedendolo ridere mi innervosii ancora di più.
- Che cavolo ridi? Sei proprio un deficiente!
- Ora mi dai anche del deficiente? Forse è vero. Però devi ammettere che questo deficiente ti interessa molto se lo odi così tanto. – disse con tono di superiorità e iniziò ad avvicinarsi a me.
- Il fatto che ti odio non significa che mi interessi. – dissi arretrando
- Significa che per lo meno mi tieni in considerazione, ed è già qualcosa – sentenziò sorridendo e con lo stesso tono superiore di prima
- Io non ti tengo per niente in considerazione. –dissi, sperando di essere più convincente possibile, appiccicandomi completamente al bordo in pietra del terrazzino.
- Invece si – Alex non aveva dato molto peso al mio tentativo di allontanarmi e, al contrario, si avvicinò ancora di più
- Il pensiero di stare con te non sfiora nemmeno l’anticamera del mio cervello – lo guardai intensamente, cercando di prevedere una sua risposta alla mia frecciatina. Mentre io tentavo di capire la sua mente contorta, lui mi si era avvicinato così tanto che per evitare il contatto diretto con il suo volto fui costretta ad indietreggiare con la schiena, sporgendomi dal bordo di pietra.
- Se è per questo, l’idea di stare con te è l’unica che ha occupato il mio cervello per più di una settimana. – mi aveva bloccato una possibile via di fuga poggiando le mani sul bordo del terrazzino e mi fissava con i suoi profondi occhi verdi. Di certo sarebbe stato meno inquietante guardarlo senza quell’inutile maschera di creta bianca.
Ok, non fu così tanto inutile quella maschera.
- Togliti quella maschera. – dissi seria
- Perché? – chiese lui
- Toglitela e basta – dissi ancora più seria.
Da quella maschera dipendeva la mia salvezza.
Alex mi guardò perplesso, poi alzò le spalle e si tolse la maschera con la mano e me la consegnò. Con la testa china la guardai con l’aria di chi sta osservando attentamente qualcosa.
Poi sussurrai quasi con tono solenne – Non sei nessuno per decidere della mia vita – e gli tirai la maschera in pieno volto.
Alexander si scansò per non farsi colpire ma la maschera gli graffiò una guancia. Intanto io ero riuscita ad allontanarmi abbastanza da sentirmi al sicuro.

Alexander si toccò il graffio e si girò verso di me. I suoi occhi lampeggiavano nel vero senso della parola.

Oh merda.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Gli errori più grandi della mia vita ***


Quello sguardo mi faceva sentire tutto fuorché al sicuro, nonostante il lancio della maschera mi aveva concesso di ristabilire una certa distanza tra me e Alex. Mi era sembrata una buona idea, visto che era fin troppo vicino.
E poi cosa pretendeva? Ero nel panico più totale!
E il suo sbalzo d’umore non migliorava di certo la situazione: in pochi minuti era passato dal parlarmi in tono serio al provocarmi, e dopo nemmeno due secondi addirittura voleva fulminarmi. Come se mi piacesse tirargli delle maschere addosso, se l’ho fatto ci sarà pure un motivo! Non era colpa mia se più io mi allontanavo e più lui si avvicinava.
E poi era odioso il fatto che ogni volta volesse bloccarmi la strada; anche se sul terrazzino respiravo benissimo, mi faceva lo stesso effetto del magazzino, quando per poco non morivo per la claustrofobia. Alex mi guardava sconcertato, ma io probabilmente lo fissavo più sconcertata di lui, e cercai di farmi forza per non tremare dalla paura.
Forse si era scusato per i lividi dei giorni precedenti, ma era ancora capace di procurarmene degli altri.
Però se l’avesse fatto mi avrebbe persa per sempre, non gli avrei mai più concesso occasioni. Forse non gli conveniva così tanto farmi del male se gli interessavo almeno un po’ come voleva far credere.
Tentavo di darmi delle spiegazioni e quasi non mi accorsi che Alexander mi aveva praticamente raggiunto a grandi falcate.
Indietreggiai – Non ti avvicinare! – urlai nervosa. Fece finta di non sentire e continuando a camminare si tolse il mantello del suo travestimento.
Perché tutta quella scena? Tutto a un tratto voleva improvvisarsi modello?
Non feci in tempo a chiederlo che era di nuovo ad un dito dal mio volto. Io ero rimasta paralizzata dal terrore.
E adesso?

- Io non sarò nessuno per decidere della tua vita, ma tu non sei nessuno per trattarmi così. – Il  verde dei suoi occhi ribolliva di rabbia e io pensai di stare per morire.
Il mio cuore batteva all’impazzata, come se stessi correndo in una maratona. Batteva forte per la paura, il terrore,l’odio che avevo provato verso Alex.
Ma allo stesso tempo batteva per la sua vicinanza, per la sua bellezza, per la remota possibilità che avevo di piacergli sul serio.
Ripensandoci bene, i sintomi per una bella cotta c’erano tutti: batticuore, farfalle nello stomaco, aria sognante e mente spensierata al solo sentire il suo nome. Peccato che probabilmente anche io avevo perso la mia unica, piccola opportunità. E in un attimo di pazzia feci quello che in quel momento mi ordinò il cuore.
E tremando forte per paura di una sua reazione strana, dissi sottovoce  – Io invece credo proprio di si – mi strinsi a lui e lo baciai.
Alex si irrigidì sorpreso, ma dopo pochi secondi si lasciò andare al mio bacio e mi strinse forte a sé. In quel momento pensai di poter usare le ali che avevo attaccate alla schiena.
Credevo di poter volare dalla gioia, come la prima volta.
Solo che questa volta non scappai per colpa di uno stupido giuramento. In fondo non potevo rimanere zitella fino alla morte!
E il mio cuore diceva che Alexander era quello giusto, non l’avrei lasciato scappare via così come avevo fatto io. Me lo sarei tenuto stretto, perché da quel giorno in biblioteca non avevo fatto altro che pensarlo notte e giorno, senza tregua. E non potevo ignorare per sempre le emozioni che provavo per lui.
Così anch’io dopo un attimo di incertezza iniziale mi lasciai andare stretta tra le sue braccia. Affondai le dita nei suoi capelli soffici, mentre lui mi stringeva forte.
Forse anche lui non voleva che quel momento finisse. Ma prima o poi il fiato sarebbe mancato a tutti e due, e infatti arrivò il momento in cui fummo costretti a staccarci.
Quando io aprii gli occhi pensai di potermi sciogliere per il suo sguardo raggiante. Era bellissimo, con i suoi capelli rossicci che gli cadevano sugli occhi, la linea del volto che aveva quel non so che di aristocratico.
Ogni minima cosa di lui in quel momento mi sembrava perfetta.
Lui mi sembrava perfetto.
Mi rivolse il suo bellissimo sorriso e poi confessò – Quasi non ci speravo più in un tuo bacio.
-Hai aspettato un po’, ma non credi che ne sia valsa la pena? – gli dissi e sorrisi. In quel momento dovevo avere proprio un bel sorriso, perché il suo si allargò ancora di più.
Mi appoggiai al suo petto, stringendo la sua camicia e ispirando l’odore del suo profumo. Se il sole avesse avuto un odore, avrebbe saputo del profumo di Alexander.
Lui intanto mi teneva la vita con il braccio destro e con la sinistra giocava con una ciocca dei miei capelli. Mi sentivo in pace con me stessa e col mondo, non avrei voluto andare da nessuna parte.
Alzai lo sguardo su di lui, che continuava a tenere la ciocca tra le sue dita lunghe e affusolate.
Si girò e disse - Sei radiosa. Come se emanassi una luce tutta tua, come le stelle di stasera. Non trovi anche tu che siano bellissime? – io annuii e alzammo tutti e due lo sguardo verso il cielo.
Poi lui mi strinse di nuovo e affondò la testa nell’incavo tra il collo e la spalla – Mi sembra impossibile di essere qui con te adesso, abbracciati così.
- Eppure sono qui, e non credo che me ne andrò facilmente stavolta – gli dissi, accarezzandogli i capelli.
Lui rise e poi iniziò a darmi piccoli baci sul collo, quasi impercettibili, riuscendo a provocarmi dei brividi lungo tutta la schiena.
Poi dal collo passò alla guancia e stava per sfiorare le mie labbra quando la suoneria del mio cellulare, Burn dei Deep Purple, ruppe il silenzio.
Ci staccammo subito dal nostro abbraccio e risposi alla telefonata

- Pronto?
- Nick dove sei? Ti stiamo cercando dappertutto! – Sophie era super agitata e non ne capivo il motivo
- Soph calmati è tutto apposto. Perché mi cercate? – chiesi preoccupata.
- E me lo chiedi? Stasera tu devi cantare un duetto se non sbaglio, i ragazzi ti stanno aspettando! – Sophie stava quasi urlando.
- Me ne ero completamente dimenticata! Vengo subito, dove state?
- Stiamo all’entrata della sala da ballo, muoviti che tra un po’ devi cantare!
Chiusi la telefonata. Guardai dispiaciuta Alex – Scusami ma ora devo andare a cantare.
- Canterai con Remy? – improvvisamente il suo sguardo era diventato di ghiaccio e tutta la loro gioia era sparita.
- Si perché?
- Non voglio che canti con lui. – disse serio.
- Ma dai è solo una canzone! E poi gliel’ho promesso che avrei cantato, e l’ho promesso anche alle mie amiche.
Alex ci pensò un po’ su, e alla fine scrollando le spalle biascicò arrabbiato un “d’accordo”.
Io sorrisi: se non fingeva, allora ci teneva davvero a me. Così gli schioccai un grosso bacio sulla guancia dove la maschera l’aveva tagliato e poi mi avviai verso le mie amiche.

- Come mai quell’aria raggiante? – chiese Holly sogghignando – Successo qualcosa di particolare con qualcuno di nostra conoscenza? – chiese, dandomi una gomitata nelle costole
- Non vi preoccupate vi spiegherò tutto a tempo debito. – dissi ridendo – Ma ora passiamo alle cose serie, dove sono i ragazzi?
- Sono dietro alle quinte del palco che hanno allestito poco fa. Tu non ti sei accorta proprio di niente vero? – disse Sophie sconcertata per il mio stupore a sentire del palco.
Io scossi la testa e Holly rispose – Allora ti sarai data molto da fare durante la nostra assenza! Su andiamo, i ragazzi sono già pronti.
Così le mie amiche mi accompagnarono per dei corridoi che non avevo mai visto prima e di cui ignoravo completamente l’esistenza. Arrivammo esattamente dietro il palco di cui mi avevano parlato Holly e Sophie.
Salutai i ragazzi, che intanto si erano cambiati e si erano vestiti tutti coordinati con dei completi neri stile hard-rock e delle maschere decorate con dei rovi. C’era anche Remy che mi guardava intensamente.
- Dove sei stata tutto questo tempo? – chiese curioso.
- Ho incontrato dei vecchi amici che mi hanno tenuta impegnata per tutto il tempo – Non potevo mica dirgli che ero stata con Alexander, come minimo sarebbe andato a litigare con lui!
- Tu mi nascondi qualcosa – disse guardandomi di sottecchi – Però ora dobbiamo andare, sei pronta? -  annuii con forza. Mi prese per mano e salimmo sul palco insieme agli altri.
Da dietro riuscii a sentire Holly e Sophie che urlarono – In bocca al lupo – e io sottovoce dissi – Crepi.

Il più grande dei rappresentanti d’istituto era salito sul palco per presentarci. Era vestito con giacca e cravatta e devo dire che era proprio un gran figo!
Strinse la mano ad ognuno di noi e poi iniziò a parlare, ma io ero troppo agitata per sentirlo. Guardai tra la folla per vedere se c’era qualcuno che conoscevo.
Stavano tutti i ragazzi e le ragazze che frequentavano i miei stessi corsi a scuola, e vicino al bar avevo notato Max e Jaz che si tenevano per mano. Quant’erano dolci insieme, sembravano fatti l’uno per l’altra!
Mi salutarono con un gesto della mano e io gli feci un mezzo sorriso. Non poco più lontano vidi anche Alex che guardava Remy in cagnesco.
Intanto il nostro rappresentante aveva finito con i convenevoli e ci aveva presentato più che decorosamente. Alla fine i ragazzi avevano scelto il nome della band: Gun Bullets, cioè Colpi di Pistola.
Remy si era allontanato da me sorridendo e ognuno aveva preso le proprie postazioni. Dmitri fu il primo a suonare con il suo basso blu e poco dopo lo seguì a ruota Francis con la chitarra.
Remy aveva iniziato a cantare e dopo poco sarebbe toccato a me. Guardai Max e Jaz che continuavano ancora a sorridermi e presi coraggio.
Così iniziai a cantare anche io.
La mia voce suonava dolce e melodiosa su quelle note romantiche e mi sentivo come se non fossi più in mezzo a tanta gente, come se stessi cantando tranquillamente in camera mia o sotto la doccia.
Piano piano il volume della canzone aumentò e iniziò il ritornello e guardai Remy fisso negli occhi.

But only with you I can show myself. Only with you I can feel me at home.
Ma solo con te riesco a mostrare me stesso. Solo con te riesco a sentirmi a casa
I know that it’s hard and difficult to forgive and I can’t do It more.
Lo so che è dura e difficile perdonare e non posso farlo più.
Maybe you love me but at the same you destroy me and so ..
Forse mi ami ma allo stesso tempo mi distruggi e quindi ..
Love me or leave me.
Amami o lasciami.


Quando terminammo la canzone ci assalì un boato di applausi e di urla. Io sorrisi, ma la cosa più importante era che Alexander mi sorrideva. Avevo una voglia matta di tornare da lui e rimanere stretta tra le sue braccia.
Così appena fummo di nuovo dietro le quinte, dopo essere stata stritolata dagli abbracci di Holly e Sophie, feci di corsa i corridoi del Bel Vedere per raggiungerlo, ma qualcuno mi bloccò per un braccio.
- Che cos.. – mi voltai. Remy mi stringeva forte il polso.
- Ti avevo detto che dovevamo parlare, perché non mi hai aspettato? – chiese Remy serio. I suoi occhi erano freddi e la sua stretta era salda sul mio polso.
Certo che i ragazzi quando vogliono parlare con le ragazze c’hanno una fissa di bloccarle!
- Scusa me n’ero completamente dimenticata – dissi sinceramente dispiaciuta – Allora che mi volevi dire? – Ero preoccupata.
E se ha capito che mi piace Alexander?
Sarebbero stati cavoli.
- Voglio sapere cosa mi nascondi. – gli occhi grigi sembravano voler scavare dentro la mia anima. Ma non potevo dirgli quello che era successo prima, avrei rovinato il nostro rapporto.
Non ci conoscevamo abbastanza bene e non potevo sapere come l’avrebbe presa, visto che le mie amiche insinuavano che io gli piacessi.
- Non ti sto nascondendo proprio niente. Perché dovrei? – dissi, finta offesa.
- Non lo so. Magari potrebbe essere qualcosa che mi può far arrabbiare molto.
Non si sarebbe arrabbiato.
Sarebbe andato su tutte le furie, che è ben diverso.
Non sapevo ancora cosa provavo per lui. Mi piaceva, ma non di certo come mi piaceva Alex.
Avete presente Bella di Twilight che non riusciva a scegliere tra Edward e Jacob? La situazione era più o meno quella.
Solo che alla fine di tutto Bella e Jacob rimangono amici, invece io non sarei stata in grado di sapere se sarebbe successa la stessa cosa.
Quindi decisi di continuare col copione “Ma cosa dici, ti stai inventando tutto!”
- Te lo ripeto, io non ti devo dire nulla. Quindi se mi lasci il polso mi faresti un grande piacere. – dissi, fissando la sua mano che stringeva ancora il mio polso.
- E va bene – disse con un tono che sembrava di scuse. Diminuì la presa, ma al posto di togliere completamente la mano, iniziò a giocherellare con le dita della mia mano.
Mi diede un bacio sulla fronte e poi disse sommessamente – Tu non hai nemmeno la più pallida idea di quanto tu sia importante per me. Per favore, non deludermi – io arrossii.
Non pensavo che Remy fosse il tipo da certe sdolcinatezze.
Così mi venne la stupida idea di dire una frase di troppo.
- Beh se non lo so, dimostramelo.

Non l’avessi mai detto!

Remy, incoraggiato dalle mie parole, mi prese il mento e lo alzò. Potei specchiarmi nei suoi occhi limpidi e ammirare il suo sorriso.
Poi mi baciò.
All’inizio rimasi bloccata. Non sapevo che fare: fermare Remy e andare da Alex, oppure continuare e magari tenere Alex all’oscuro di tutto?
O dirglielo?
Non riuscii a darmi una risposta perché con la coda dell’occhio vidi un mantello svolazzare via.
Aveva visto tutto. Mi staccai violentemente da Remy e corsi a perdifiato per il corridoio senza badargli.
Alla fine non c’era più nessuno. 
Per il resto della serata cercai Alexander ed evitai Remy. Di lui non c’era più traccia.
E forse non ce ne sarebbe stata per un bel po’.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Sotto la neve che scende lieve. ***


Non si era fatto né vedere, né sentire. Per due settimane.
Cercavo sue notizie da chiunque. Riuscii a contattare il suo amico Henry, quello che stava con lui in pizzeria.
Mi disse che era dovuto tornare con urgenza in Inghilterra dai suoi genitori . Non sapeva dirmi cosa pensasse di me in quel momento.
Mi ero fatta beccare mentre Remy ci provava con me, quando Alex aveva espressamente fatto capire che non sarebbe mai dovuta accadere una cosa del genere. E in più, era diventato irraggiungibile!
Supplicai Henry di informarsi, ma lui non riuscì a sapere altro. Intanto Remy cercava di contattarmi, ma non volevo più saperne di lui. Alex era diventato l’unica cosa importante della mia vita, e ritrovarlo era la mia priorità.
Le ragazze cercavano di confortarmi, ma più parlavamo di lui, più mi demoralizzavo.

Dopo più 20 giorni dalla festa, Alexander tornò a scuola con una grande notizia: sua nonna, la regina, era morta, e c’erano in corso molte trattative per decidere chi avrebbe preso il potere prima che Alex avesse compiuto i 18 anni. Alcuni dicevano che si sarebbe fatta un’eccezione e Alex, con l’aiuto dei genitori e di alcuni tutori, sarebbe salito al trono prima di aver raggiunto la maggiore età.
Altri dicevano che sarebbe salito al trono il padre, per lasciare il posto al figlio due anni dopo. Voci più maligne dicevano che con questa scusa il padre, al posto di abdicare a favore di Alexander, avrebbe abdicato a favore del fratello minore Jonathan. Quando lo vidi di nuovo, avrei voluto morire. Non era più il ragazzo felice che mi aveva stretto forte a sé durante la festa di Halloween, era diventato un ragazzo di pietra.
Persino quando Henry lo salutò, non gli rivolse il minimo cenno di saluto. Si limitava a rispondere alle domande che gli facevano. Non era più il ragazzo solare, ma nemmeno lo snob o il babbuino.
In quel momento era solo il principe, e quando passava ci mancava poco che tutti gli facessero un inchino.
Volevo parlargli. Volevo fargli capire che per Remy non provavo più niente.
Ma quel nuovo Alex mi spaventava, e ogni volta che progettavo di andare a parlare mi giravo e tornavo sui miei passi.
Passarono molti giorni prima di aver l’occasione di parlagli.
Fino a quando non arrivò il 19 di Dicembre.

Andai in auditorium, perché avevo scordato il mio diario dopo una conferenza. Quando entrai lo vidi, bello come sempre, mentre suonava il gran coda nero in mezzo al palco.
Mi bloccai. Era così concentrato, non volevo disturbarlo. Cercai di fare meno rumore possibile, ma la porta mi sfuggì di mano e sbatté.
Alex si stoppò
- Chi è là?
Mi buttai dietro le poltrone dell’ultima fila, sperando di non essere stata vista.
- C’è nessuno? – urlò, poi a voce normale disse – ora mi immagino anche le porte che sbattono. Bah!
Riprese a suonare. Era una canzone tristissima, se non ricordo male di Chopin. Quasi mi venne da piangere, mi trattenni sapendo che così Alex si sarebbe accorto di me. Continuò per 5 minuti buoni, poi prese una stonatura.
- Maledizione! – si sentì un’accozzaglia di note suonate insieme. Alzai un po’ la testa per vedere, e vidi Alex appoggiato con i gomiti sui tasti del pianoforte che piangeva.
Mi si strinse il cuore a guardarlo così. Poverino, doveva essere sottopressione per la faccenda del trono. Ma io dovevo prendere il diario, e dovevo parlargli. Presi coraggio e mi alzai. Per poi ributtarmi subito a terra.
Come potevo essere così stupida, distruggendo un momento di intimità di Alex? Chissà se viene sorvegliato giorno e notte, ora che è ufficialmente erede. In quel caso, sarebbe stato plausibile lo sfogo sul pianoforte.
No, non potevo disturbarlo in quel momento delicato. Decisi di andarmene, ma la porta dell’auditorium quel giorno non mi voleva proprio aiutare e quando la aprii fece un cigolio raccapricciante.
Alex si asciugò in fretta le lacrime e, quasi per magia, sembrava che non avesse mai pianto. Quando mi vide non si mostrò né sorpreso, né preoccupato.
I suoi occhi erano fermi e severi.
- Che cosa ci fai qui?
- Volevo prendere il diario, ma se ti disturbo non c’è problema passo più tardi.
- L’ho trovato io su una delle poltrone, aspetta che te lo prendo. – Alexander si alzò e prese dalla sua borsa a tracolla il mio diario. Poi saltò giù dal palco e ci incontrammo a mezza strada.
Mi consegnò il diario, feci per prenderlo, ma quando le nostre dita si sfiorarono, lasciammo tutti e due la presa dal diario, face dolo cadere a terra.
Feci per riprenderlo, ma Alexander aveva avuto la mia stessa idea, e così chinandomi sbattemmo la testa. Alex rimase in piedi, io caddi a terra come una pera cotta.
- Ahi! C’hai proprio una testa dura! – sbottai io, massaggiandomi la testa
- Mai quanto la tua. – disse lui, controllando se gli era uscito qualche bernoccolo sulla fronte.
Ci guardammo negli occhi, e potei intravedere un pizzico della vivacità che tanto adoravo. Gli sorrisi, sperando che lui facesse lo stesso, ma ottenni l’effetto opposto.
Così presi il diario e mi rialzai. L’aria era pesante e la tensione era alta.
Prima di andarmene gli mandai all’indietro dei ciuffi che gli cadevano sugli occhi e dissi – Ti prego non piangere, sei molto più bello quando sorridi.
Alex un po’ scocciato mi fece uno dei suoi mezzi sorrisi, e poi io me ne andai.
Ma sono sicura che quando non fui più capace di vederlo, allargò il suo sorriso.

Camminavo.
Camminavo ininterrottamente da due ore.
Senza meta.
Avevo bisogno di respirare un aria diversa da quella di casa mia.
Ero da sola. Sophie mi aveva chiesto se avevo bisogno della sua compagnia o di quella delle altre, ma le dissi che avevo bisogno di stare un po’ con me stessa.
Le ragazze avevano fatto già tanto per me, non volevo scomodarle oltre.
Giravo per la città con le cuffie dell’iPod nelle orecchie, senza fermarmi mai. Avevo già camminato a lungo, ma non avevo ancora di intenzione di tornare a casa.
Il cielo era bianco. Pochi giorni dopo, se non il giorno seguente avrebbe sicuramente nevicato. Mi fermo davanti ad una casa enorme, in stile barocco, completamente ristrutturata.
Ma queste case di solito non stanno nella periferia? Oh cavolo .. Ero arrivata in una zona della città che praticamente non conoscevo, ci ero passata poche volte in macchina.
Però mi ricordavo che c’era una fermata poco più avanti. Così ammirai per qualche minuto quella bellissima casa e continuai per la mia strada.
Mi cadde una cuffia dall’orecchio appena in tempo per sentire un “Ehi”. Mi girai.

Alex.

- Per caso mi stai seguendo? – dissi nervosa.
- Veramente quel palazzo è casa mia, e sono sceso a fare la spesa. – disse, indicando il palazzo che stavo ammirando fino a pochi secondi prima.
- Non sapevo che i principi andassero a fare la spesa.
- Se i maggiordomi sono impegnati nelle altre faccende, perché dovrei complicargli il lavoro?
Alzai le spalle, feci per rificcarmi la cuffia, quando qualcosa mi toccò la mano. Non era una goccia di pioggia però.
- Penso che dovremmo parlare. – dissi seria.
- Stavo per dirti la stessa cosa. – disse Alex con tono altrettanto serio.
- Prego sua altezza, a lei la prima parola.
- Non fare così.
- Così come?
- Così .. la distante.
- Mi stai dicendo che mi devo avvicinare?
- Ti sto dicendo di non rendere le cose più complicate di quello che sono. E poi sono io quello che ha il diritto di stare arrabbiato. – aveva ragione
- Hai ragione – un’altra cosa mi sfiorò la guancia. Era neve. Era la prima neve di quell’anno. E io proprio non ce la facevo a tenermi tutta l’angoscia dentro, tutto il rimpianto per aver baciato Remy, per non essere riuscita a raggiungere in tempo Alexander. E poi non potevo più tenere nascosta un’altra cosa.
- Tu avrai anche il diritto di stare arrabbiato, ma non potrai impedirmi di dirti che TI AMO!
Lo amavo. Quasi lo urlai. Ormai era chiaro. E avrebbe dovuto accettarlo. E io avrei dovuto accettare le conseguenze della sua reazione.
- Ridillo.
- Ti amo. – e oltre a bagnarsi per la neve che cadeva, il mio viso iniziò a bagnarsi per le lacrime.
Abbassai la testa. Non sapevo se alla fine mi avrebbe perdonata oppure no, ma in ogni caso non avrei potuto più nasconderlo. Volevo gridarlo al mondo.
Alexander mi si avvicinò e mi prese il viso tra le mani calde. Mi asciugò le lacrime e mise dietro l’orecchio una ciocca di capelli. Poi mi alzò la testa, in modo che i miei occhi potessero riflettersi nei suoi.
- Ti prego non piangere: sei molto più bella quando sorridi. – mi disse. Poi mi sussurrò dolcemente all’orecchio – Ti amo anch’io – e mi baciò.
Sotto la neve che scendeva lieve. Quello fu uno dei baci più intensi che ricevetti.
Dopo tanto tempo finalmente ero riuscita a dire quelle due magiche parole. Ed ero anche ricambiata! In quel momento ero la persona più felice della Terra.

Quando ci staccammo, scoppiai a piangere, questa volta per la gioia. Alexander disse ridendo – Cavoli io ti dico di sorridere e tu mi scoppi a piangere? Allora ti devo dire “piangi” per farti ridere?
- Io voglio ridere, ma mi sono commossa e ora non riesco a smettere! – confessai
- Su fontanella mia, smetti di piangere. Ti devo fare le facce buffe come con i bambini piccoli?
- Preferirei di no! – risi, ma le lacrime continuavano ad uscire inesorabilmente.
- Dai! Se non la smetti di piangere, tra un po’ piangerò pure io!
- Per carità! Di fontana ne basta una sola! 
- Ok ok! – rise. La sua risata cristallina mi fece rilassare, e dopo qualche minuto smisi di piangere.
- Ma sul serio sei sceso perché dovevi fare la spesa? – gli chiesi curiosa.
- Veramente ti ho visto dalla finestra, e sono sceso subito. A proposito, come mai da queste parti?
- Avevo voglia di camminare, ma mi sono accorta di essermi allontanata un po’ troppo.
- Se vuoi ti accompagno a casa con la limousine.
- Diciamo che un passaggio non mi dispiacerebbe – confessai ridendo.
- Allora aspettami qui così chiamo Patrick che ti porta a casa.
Annuii. Alex entrò in casa e dopo 5 minuti al massimo lo vidi ritornare fuori con un maggiordomo, un uomo alto e magro sulla quarantina, che doveva essere Patrick.
- Accompagneremo la signorina a casa, va bene Patrick?
- Mi permetto di dissentire signorino, ma lei dovrà restare a casa a studiare i libri sulla politica che le ha regalato suo padre. E tra pochi minuti arriverà l’insegnante di diritto.
- Patrick per favore!
- Mi dispiace, ma suo padre mi ha ordinato di farla studiare tutto il necessario.
- Sarà per un’altra volta. Peccato però, ci tenevo ad accompagnarti a casa.
- Sopravvivrò – dissi ridendo – a domani, mio bel principe!
- A domani, mia dolce principessa!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Ti amerò per sempre, te lo giuro. ***


Il giorno dopo si dichiarò ufficialmente. Un po’ troppo ufficialmente visto che mi chiese di essere la sua ragazza davanti a tutta la scuola.
Io ero rossa per l’imbarazzo, mentre lui era tranquillissimo. Si era inginocchiato e come alle proposte di matrimonio, aveva tirato da non so dove una scatolina dove dentro c’era una fedina d’argento.
Quando la misi al dito volevo piangere per l’emozione, ma mi trattenni perché c’erano alcuni ragazzi che facevano il video. Così lo feci rialzare e gli dissi di sì.
Quel giorno c’erano anche le mie amiche a fare il tifo per noi e soprattutto Sophie dava segni di approvazione.
In un certo senso, se non le fosse venuta in mente l’idea di metterci l’una sull’altra quel giorno in biblioteca, io non avrei mai conosciuto Alex. E per questo non l’ho ancora ringraziata abbastanza.
Alla fine il padre di Alex aveva deciso di far salire Alex al trono quando dopo aver compiuto i 17 anni. Il primo di Luglio sarebbe tornato a Londra per festeggiare il suo compleanno, il 4 Luglio,
e a fine settembre sarebbe stato incoronato re. Non ci potevo pensare: io ero la fidanzata del futuro re d’Inghilterra.
E il mio dubbio era sempre lo stesso: fino a quando avrebbe resistito la nostra relazione?

Il 30 Giugno ci vedemmo per salutarci visto che lui sarebbe partito per una settimana circa. Avevamo deciso di passare la giornata al mare perché faceva troppo caldo.
Patrick ci accompagnò con la limousine per un tragitto di circa tre quarti d’ora. Arrivammo in una baietta non troppo affollata, dove stendemmo i teli e sistemammo tutte le borse che ci eravamo portati.
La giornata trascorse molto velocemente tra bagni, sole e qualche fetta d’anguria. Verso le quattro Alexander mi diede una scatola verde con un nastro arancione.
- E questa che cos’è? – dissi, sciogliendo il fiocco della scatola
- Apri e vedrai – disse lui sorridendo. Tolsi il coperchio della scatola e trovai un libro rosso con un cuore rosa in rilievo.
Lo aprii e scoprii che non era un libro, ma un album con tutte le nostre foto dentro. Le foto dei momenti più belli, quelle scattate col cellulare da Sophie durante i sabati sera trascorsi tutti insieme, dei collage di noi due da piccoli.. 

Aspetta. un collage con le mie foto da piccola?

- Dove le hai trovate queste? – quasi urlai per la sorpresa.
- Lo sai che tua madre mi adora. Le è bastato dire che volevo farti un regalo, e quasi mi voleva dare tutte le tue foto. – rispose ridendo.
Sfogliando le pagine vidi una foto di noi due seduti sotto la neve con due scatole in mano, la sua era verde, la mia celeste. E subito dopo c’era una foto dove io buttavo le braccia al collo di Alex.
- Uh vedi questa quanto è carina! E’ di Natale o sbaglio?
- Non sbagli. – sorrise. Tornai con la memoria a quel ventiquattro sera, quando ci incontrammo prima di partecipare ai rispettivi cenoni.

Io indossavo un cappello rosso e un cappotto bianco, lui un cappotto grigio scuro. Eravamo al parco del nostro primo appuntamento, però ci eravamo assicurati di scartare i regali a debita distanza dal ponte sul laghetto.
Eravamo su una panchina verde scuro, e io cacciai la busta col regalo dalla borsa. Ci scambiammo le buste e cacciammo le scatole, quelle della foto.
Io fui la prima ad aprire il regalo: nella scatola c’era un piccolo peluche a forma di orsacchiotto che tra le zampe reggeva un cuoricino con scritto “ti amo”, un vestitino rosso che avevo visto due giorni prima
quando ero uscita con lui e un’iPod nano rosso con un’incisione dietro che diceva “Alla mia principessa” e vicino c’era un bigliettino con scritto “Esprimere a parole il mio amore per te significherebbe limitarlo, spero che la musica riesca a farti capire quanto ti amo”. Mi chiesi come faceva a sapere che desideravo tanto avere in iPod, ma era ovvio che doveva aver parlato con mia madre.
- Sono bellissimi, sono bellissimi tutti e tre! Grazie Alex! – dissi, e gli buttai le braccia al collo. Erano davvero stupendi! Ma non sapevo se i miei regali sarebbero piaciuti ad Alex, visto che non avevo avuto l’occasione di parlare con i suoi genitori. Avevo chiesto ad Henry e mi aveva risposto che qualsiasi cosa gli avessi regalato gli sarebbe piaciuta. Così avevo pensato di regalargli un cappello, perché non ce ne aveva nemmeno uno, e una sciarpa, perché stava benissimo con le sciarpe. Però non sapevo se gli sarebbe piaciuto il colore: glieli avevo preso verdi, come i suoi occhi. E come “contorno” gli avevo regalato anch‘io un peluche con scritto “ti amo”, però era un cagnolino che mordeva un cuoricino. Quando aprì la scatola vide subito il cagnolino e gli si illuminarono gli occhi. – E’ stupendo! Ed è dolcissimo!
- Vedi che c’è anche l’altra parte del regalo!
- Aspetta .. Bellissima! Questa sciarpa è la più bella tra tutte quelle che ho!
- Sono contenta che ti piaccia! Pensavo che con tutte le sciarpe che hai non ti piacesse. – dissi sollevata.
- Non mi stancherei mai di indossare sciarpe! E poi questa è particolarmente calda e morbida! Ed è bello anche il colore!
- Però non è finita quì, ci sta anche quello. – dissi, indicando il cappello.
- Un cappello? Ma i cappelli mi stanno male!
- Questo è un cappello speciale, l’ho scelto apposta per fartelo stare bene in testa! – dissi ridendo. Gli misi la sciarpa al collo e gli feci indossare il cappello. Stava benissimo!
- Scommetto che mi sta male!
- Non è vero! Ti faccio una foto, così vedi tu stesso. -  presi il cellulare e gli scattai una foto.
Quando vide la foto la squadrò per bene e poi disse soddisfatto – Sai che hai proprio ragione? Questo è un cappello magico!


- Questa chi c’è l’ha fatta? Henry o Max?
- Se non sbaglio ce la fece Max alla festa di Capodanno.
- Si, quello è il vestito che mi hai regalato a Natale! Come mi stava bene!
- Concordo in pieno, eri bellissima quella sera. Come sempre del resto! – arrossii e voltai le pagine fino a quando non trovai le foto di San Valentino.
Aveva organizzato una serata romanticissima al ristorante, e aveva pagato un fotografo per farci un servizio fotografico!

Era venuto a prendermi sotto casa con la limousine, vestito con camicia, giacca e pantaloni neri e cravatta rossa. Io indossavo un vestitino rosa confetto senza spalline, stretto sotto il seno con una fascia bianca e largo sotto.
Mi portò in un ristorante di lusso, all’ultimo piano di un grattacielo. La cena aveva sempre qualcosa in tema, ma la cosa che mi piacque di più sicuramente fu il dolce: una torta al cioccolato guarnita con fragole e panna con scritto Buon San Valentino. E visto che ad Alex venne in mente l’idea di imboccarsi a vicenda fu divertentissimo mangiare quella torta (che ovviamente era una delle cose più deliziose che avessi mai mangiato).
Poi ci scambiammo i regali. Lui mi regalò un bracciale di Tiffany con tre pendaglietti: un cuore, una chiave e un lucchetto. Io gli regalai un ritratto disegnato da me.
Lo so che non c’è molta equità con i prezzi, ma era stato lui stesso ad insistere sul ritratto. Dietro al disegno gli scrissi una dedica, con la migliore calligrafia che potessi usare, con scritto “All’unico ragazzo che è sempre al centro dei miei pensieri”. quando la lesse, gli scese una lacrima me la commozione. Dopo la cena, mi portò sul terrazzo del grattacielo.
Passammo un fine serata romanticissimo in mezzo a tante rose rosse e palloncini a forma di cuore ad ammirare le stelle.


- Questa è la prima foto che abbiamo con Bach! – esclamò Alex
- E’ vero,che faccino dolce che aveva!
Erano le 7 di mattina del 16 di Aprile, il giorno del mio compleanno, quando sentì suonare alla porta

- Chi cavolo è che bussa a quest’ora? – borbottavo assonnata tra me e me.
Aprii la porta e mi trovai Alex davanti, con una scatola bucherellata con un fiocco enorme sopra. – Buon compleanno amore mio! – mi disse felice, dandomi un bacio sulle labbra.
- Grazie per il pensiero, ma non dovevi venire a quest’ora .. – dissi strofinandomi gli occhi con la manica della mia vestaglia da notte.
- Stavi dormendo? Scusami ma non potevo portare il regalo a scuola!
- Perché non potevi portare il regalo ..
BAU!
Sobbalzai per la sorpresa.
- Perché quella cosa abbaia? – dissi un po’ spaventata.
- Mi hai rovinato la sorpresa! – disse arrabbiato Alex rivolto alla scatola. Lo feci accomodare sul divano e aprii la scatola.
Appena alzai il coperchio una pallottolina bianca e beige saltò fuori e mi lecco tutta la mano.
- Alex, non dovevi! lo sai cosa ne penano i miei genitori sugli animali in casa!
- Non ti preoccupare, con loro ho già parlato. Per fortuna avevo degli argomenti molto convincenti – diise ridendo.
- E’ un beagle? Oddio quanto è carino! – dissi prolungando di molto il suono della i. Poi con la voce stupida che tutti assumono quando vedono un cucciolo iniziai a parlare col cagnolino. – Ma ciao bello! Ma lo sai che sei stupendo? Quanto sei carino e coccoloso! – intanto il piccolino mi guardava con i suoi occhi vivaci e ogni tanto per giocare mi mordicchiava il dito mentre lo accarezzavo.
- Come si chiama? – chiesi ad Alex.
- Beh il cane è tuo, dovresti deciderlo tu il nome.
- Ma io con i nomi sono una frana! Non lo so .. Charlie?
Il cagnolino mi guardò confuso e poi abbaiò. – Ok non penso che gli piaccia.
- Che ne dici di Bach?
- Bach? Ma che razza di nome è? – intanto il cucciolo si era girato verso Alex e zampettava verso di lui.
- E’ il cognome di un compositore del Settecento. Non mi veniva nient’altro in mente!
- Dai Bach è assurdo come nome! – ma appena il cucciolo mi sentì  pronunciare Bach ritornò da me e ricominciò a leccarmi le dita.
– Gli piace! Beh se piace a lui, lo chiameremo Bach. – dissi, arresa all'idea.
Quel pomeriggio mia madre mi concesse di portare i miei amici a casa per festeggiare il compleanno e tutti vollero farsi una foto con Bach, compresi io e Alex.


- Che cucciolotto che era! In due mesi devi vedere com’è cresciuto. – dissi guardando la foto con Bach.
Passammo due ore immersi nella visione delle varie foto, fino alle 7 e venti quando Alex si alzò e mi disse di andare con lui.
Facemmo una breve passeggiata e poi mi portò su una scalinata che conduceva ad un piccolo promontorio da dove di vedeva benissimo il sole che tramontava.
- Guarda che spettacolo. Non è bellissimo? – disse Alexander. Io annui e mi abbracciai a lui.
- Ho trascorso proprio una bella giornata. – dissi.
- Anche io. Sarebbe bello poterne trascorrere più giornate come questa.
Rimanemmo per un po’ abbracciati in silenzio. Da lì si sentiva benissimo l’odore del mare e il rumore che faceva ondeggiando vicino alla riva.
Alexander fu il primo a rompere il silenzio con una proposta.
- E se questa settimana venissi a Londra con me? Così ti faccio conoscere la mia famiglia.
- Mi piacerebbe ma non so se i miei genitori mi mandano a Londra da sola.
- Se si preoccupano possono venire anche loro. O se non possono venire di persona, magari fai venire le tue amiche. Secondo me sarebbero d’accordo.
- Non lo so. E se ai tuoi genitori non piaccio?
- Gli piacerai vedrai – mi disse con un sorriso confortante.
- Sai, spesso mi chiedo cosa succederà.
- In che senso?
- Dopo la tua incoronazione. Tu dovrai rimanere sicuramente a Londra, mentre io dovrò continuare qui il liceo.
Non ci vedremo per due anni, e anche se io ti raggiungessi a Londra tu saresti un re. E io spesso mi chiedo, mi amerai ancora?
Ci guardammo fisso negli occhi e Alexander disse – Nick, io ti amerò per sempre. Non ci sarà niente e nessuno che ci potrà separare. Te lo giuro. – detto questo, ci baciammo.
Quel bacio fu pieno di passione, sentimenti, paura per il futuro.

Quando ci staccammo, mi rimase il fiato soltanto per dire una cosa.
– Ti amo, Alex.

E a lui era rimasto il fiato  soltanto per dire
- Ti amo anch’io, Nick.



** Vorrei dedicare questo capitolo a Lastbreath, che mi segue sempre e che mi ha dato l'idea per questo capitolo. Grazie Sere perchè ci sei sempre **

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** La freddezza di Marcus e Sarah. ***


I miei genitori mi permisero di andare a Londra, ma soltanto a condizione che con me venissero anche le mie migliori amiche.
In effetti Alex non avrebbe potuto trascorrere molto tempo con me per colpa delle varie faccende burocratiche e non potevo rimanere da sola.
Arrivati a casa di Alexander, un palazzo grande quattro volte quello che aveva in città, sperai di non incontrare subito i genitori di Alex. Avevo paura che non mi accettassero.
Alex dovette raggiungere il padre e lo zio a Buckingham Palace. Io e le mie amiche ne approfittammo per andare un po’ in giro, tra monumenti e negozi.
Soprattutto negozi, visto che dopo 3 giorni ci sarebbe stato il Gran Galà per il compleanno di Alexander. Le ragazze scelsero quasi subito i vestiti, io preferii vederli con più calma nei giorni seguenti.
Dopo un’estenuante giornata, tornammo a casa verso le 5 e mezza, giusto in tempo per farci una doccia e scendere per la cena.

- Tu che ti metti? – mi urlò Sophie dal bagno.
- Non lo so! Credi che se scendo in jeans e maglietta mi ammazzano? – chiesi, speranzosa in un “Non ti preoccupare, potresti scendere anche in pigiama!”  
- Come minimo ti sgozzano, poi chiamano un macellaio e ti fanno fare a pezzetti. Poi mettono tutto nel frullatore e poi ti bruciano nel forno! – disse Holly, entrando in camera. Indossava una camicetta celeste a maniche corte e una gonna con le frange.
- Molto confortante devo dire! Dov’è Jazmine quando serve? – dissi, riemergendo dalla valigia dove c’erano tutti i miei panni.
- Si sta finendo di vestire. Se non sbaglio scende con un vestitino giallo.
- Scommetto che le sta d’incanto! Comunque, fammi vedere un po’ qui: te lo scelgo io il vestito .. – disse Sophie uscendo dal bagno.
- Per carità! – urlammo io e Holly, mettendoci davanti alla valigia.
- Ok, ok. Ma poi non venite a chiedere il mio aiuto!
Dopo esserci assicurate che Sophie fosse tornata in camera, iniziammo a svuotare la valigia, per vedere meglio le varie opzioni.
- Questa? – chiese Holly.
- No .. Forse questa?
- Ma neanche se mi paghi! Dai, questo vestitino!
- Ma no! E’ troppo sbarazzino, vorrei qualcosa di più formale.
- Che ne dici di questa gonna?
- Aspetta, dovrei prendere .. Ecco la canottiera! Si, penso che possa andare.
Indossai gli abiti e poi mi guardai allo specchio. Avevo preso una gonna verde a ruota stretta in vita e avevo messo una canottiera ricamata bianca.
Mi legai i capelli con un nastro, facendo una coda di cavallo. Misi le ballerine bianche e poi chiesi a Holly – Come sto?
- Sei un amore con quella gonna! – esordì Jazmine, appena entrata in camera mia.
- Concordo – disse Holly sorridendo, e poi aggiunse – Se non gli piaci così, provvederò io stessa a dargli un pugno in faccia!
- Spero non ce ne sia bisogno! – dissi ridendo.
- Ragazze andiamo? Dai che si sta facendo tardi! – disse Sophie, che era entrata di nuovo in camera indossando un magnifico tubino rosa confetto.
- Ok, fai un bel respiro – disse Holly. D’istinto, feci davvero un grande respiro. – e andiamo.

Dire che mi sentivo in soggezione è poco. Eravamo davanti alla sala da pranzo, e durante il tragitto dalle nostre camere fino a lì, almeno 6 maggiordomi ci avevano chiesto se avevamo bisogno d qualcosa.
Guardando dentro la sala, ce n’erano almeno altri e 10.
Poiché non c’era ancora nessuno, avevamo preferito aspettare fuori. Dopo Pochi minuti arrivò Alex con un ragazzo un po’ più basso di lui, con i capelli corti biondi, ma ricci come i suoi.
Aveva gli occhi verde acqua e la stessa forma del viso di Alex.
- Ragazze, vi presento mio fratello, Jonathan.
- Piacere. – disse lui sorridendo.
- Loro sono Jazmine, Sophie, Holly e Nicole.
- Ciao. – dicemmo noi un po’ imbarazzate. Io soprattutto.
Jonathan ci fissò per un po’, poi indicandomi chiese tranquillo – Tu sei la fidanzata di Alex?
- S-si. – risposi, un po’ titubante.
- Lo sai che a mamma non piacerà vero? – disse schietto Jonathan al fratello.
- Non deve piacere a lei – disse tranquillo Alex, avvicinandosi a me – deve piacere a me – e mi strinse le mani.
- Io ti ho solo avvertito – Jonathan alzò le spalle e si diresse verso la sala da pranzo.
- Andiamo? – mi chiese Alex sorridendo.
- Ma i tuoi genitori non sono ancora arrivati.
- Sono andati a prendere gli zii e il nonno, saranno qui a momenti.
- Allora andiamo – dissi. Le ragazze entrarono, ma prima di entrare fermai Alex per un braccio.
- Tutto ok?
- E’ vero quello che dice tuo fratello? Che non piacerò ai tuoi? – chiesi, con una punta di inquietudine nella voce.
- Non è sicuro .. Diciamo che conoscendoli ci sono alte probabilità. Sai com’è, si credono chissà chi solo perché sono dei reali. Ma quando capiranno che sei una persona bellissima, sia nell’aspetto esteriore che in quello interiore, se avranno avuto dei dubbi si ravvedranno. Ti fidi di me? – disse, guardandomi fisso negli occhi, in modo da potermi specchiare nei suoi.
Io annuii e Alex mi diede un leggero bacio sulle labbra, poi entrammo nella sala.
Le mie amiche e il fratello di Alexander si erano già seduti, lasciando ad Alex il posto a capo tavola e a me il posto alla sua destra.
Dopo qualche minuto un maggiordomo che poteva avere massimo 30 anni ci avvisò che i parenti di Alex sarebbero arrivati. Mi domandavo come fossero. Si era capito che non sarebbero stati molto gentili con me, ma ero proprio curiosa di vedere com’erano di aspetto fisico. Volevo sapere se il colore dei capelli di Alex era lo stesso di quelli del padre, se gli occhi erano come quelli della madre. Ero agitatissima per quell’incontro.
Alexander evidentemente lo notò, perche mi accarezzò la mano. Io gliela strinsi e lui mi sorrise.
- Tutti in piedi, per chinarsi al cospetto di Marcus James Ranwell, Re d’Inghilterra. – annunciò il maggiordomo
Ci alzammo tutti e sei per fare un piccolo inchino al padre di Alex. Quando rialzai la testa lo vidi. Era la versione adulta di Alexander. Avevano gli stessi occhi, gli stessi capelli, la stessa linea del viso, lo stesso portamento. Però aveva il volto più austero, lo sguardo severo. Indossava un gessato nero, con una camicia bianca e una cravatta blu. A seguirlo, entrò nella sala anche la madre. Una donna bellissima, con i capelli lunghi e biondi tirati all’ indietro con una treccia alla francese, gli occhi verde acqua gelidi. Indossava un tailleur indaco con le spalline imbottite, che le rendevano un po’ rettangolari.
Poi apparvero lo zio e la zia, probabilmente fratelli del padre perché avevano tutti e tre i capelli rossi. Il nonno invece assomigliava di più alla madre. Si sedettero tutti a tavola e finalmente iniziammo a mangiare. Dopo un rigoroso silenzio che durò fino al dolce, quando Jonathan ruppe il silenzio.
- Che avete fatto stamattina? – chiese, rivolto al padre.
- Ho presentato Alex ai ministri e abbiamo discusso per la modalità di successione.
- In che senso? – chiese Jonathan incuriosito.
- Nel senso che non mi vogliono far salire al trono perché non sanno come mi potrei comportare da re. Mi sembra normale, visto che si vogliono tutti parare il ..
- Alexander Magnus! Abbiamo degli ospiti. A proposito, chi sono queste fanciulle? – chiese la madre, cambiando il tono di voce in un millesimo di secondo dall’arrabbiato nero allo stile “dolce più del miele”.
- Sono delle mie compagne di scuola. – disse tranquillo Alex, come se un attimo prima non stesse quasi per urlare. Ci presentò in ordine, per come ci eravamo sedute al tavolo.
- Jazmine Coox, Sophie Kennet, Holly Tyler e Nicole Daffodil.
- E come mai sono  quì?
- Volevo che partecipassero al Gran Galà.
- Molto gentile da parte tua caro. – notai una punta acida in quel “caro”. Eppure era sua madre, mi sembrò alquanto strano.
In effetti Alexander non mi aveva parlato molto dei suoi genitori, poteva anche odiarli senza che io lo sapessi. Stava per ritornare quel silenzio imbarazzante, ma il nonno di Alexander propose di spostarci nel salotto.

Gli adulti iniziarono a parlare, seduti ai divanetti di una sala con le pareti rosse e con il pavimento completamente coperto da tappeti persiani molto pregiati.
Alex mi fece accomodare su una poltroncina vicino a suo nonno, che da come parlava e come si comportava, non sembrava così burbero come avevo immaginato.
Invece la madre e il padre di Alex erano freddi come sospettavo. Solo con Jonathan sembravano più umani.
- Lo sapete che il nostro Alex ha fatto colpo su una ragazza? – disse ridendo Jonathan, dando una pacca sulla spalla ad Alex.
Quello lo guardò male e poi il padre chiese – Ti sei fidanzato? - e la madre e la zia iniziarono a fare altre domande a raffica del tipo “E’ bella? E’ Intelligente? E’ nobile? Non’è di Londra? E’ alta, bruna, rossa? ” e Alexander le bloccò soltanto alla domanda dello zio – La conosciamo?
Alexander annuì e mi rivolse un sorriso prendendomi la mano – Nicole è la mia fidanzata.
- Allora si spiegano già molte cose! – disse il nonno ridendo – Mi sembrava troppo strano che avessi portato queste ragazze solo per il ballo.
- Raccontateci un po’ .. Da quant’è che state insieme voi due? – chiese la zia.
- Circa sette mesi – risposi io, leggermente imbarazzata.
- E tu per sette mesi ci hai nascosto tutto questo? – chiese la madre irritata.
- Vi avrei informato, se voi non mi aveste cacciato di casa quattro anni fa, senza mai farvi sentire. – disse quelle parole riempiendole d’odio e disprezzo.
- L’abbiamo fatto soltanto per il tuo bene, per farti crescere con dei valori! Volevamo farteli conoscere noi stessi, ma tu continuavi con le tue stupide idee! – la voce del padre quasi tuonò nel salotto.
- Valori? Quali valori volevate farmi conoscere? L’egoismo? L’indifferenza? La stoltezza e l’ottusità? Potrete essere nobili quanto volete, ma i valori che contano non li ho imparati di certo con il vostro esempio!
- Alexander! – urlò la madre. Il nonno per acquietare gli animi disse con voce pacata – Forse dovremmo smetterla e andare a dormire. Andiamo Alex.
- No! Ora non starò più zitto, perché questa è la verità! Voi non mi avete insegnato niente, sapete perché? Perché per voi era come se io non esistessi! Avevate sempre di meglio da fare, e io cercavo di attirare l’attenzione. Sono stato contento di aver vissuto quattro anni senza di voi, e avrei preferito continuare!

Il padre di Alexander si alzò dal divano e diede uno schiaffo a suo figlio.
Alexander non commentò, rimase fermo sul posto. Ma io non ce la facevo proprio a vedere Alexander in questo stato, così mi alzai e quasi urlai.
- Forse non sarò nessuno per dirvi come educare vostro figlio. Forse avrete avuto delle ragioni più o meno valide, ma nessun padre e nessuna madre che si rispettino possono trattare così il loro figlio. Già l’avete cacciato di casa per quattro anni, ingiustamente. Non vi è bastato? Non credete che anche lui avrà avuto i suoi buoni motivi? Non pensate che anche lui abbia bisogno di un po’ d’affetto ogni tanto?
Tutti suoi familiari mi guardavano sbigottiti, tranne il nonno di Alex che annuiva, d’accordo con me.
- Forse non lo ritenete degno di voi. Ma io penso che sia tutto il contrario: siete voi che non siete degni di Alexander. Io l’ho conosciuto bene, e posso dirvi che è un bravissimo ragazzo, dolce, gentile, amichevole, studioso, sportivo. Io mi fido di lui e penso che sarà un ottimo re. Non so quali siano i requisiti per diventarlo, ma penso che lui ce li abbia tutti. Quindi, perché non dovrebbe essere degno di un vostro sorriso, di un vostro abbraccio, di un vostro incoraggiamento? Mi dispiace dirlo, ma non penso che delle persone come voi possano essere definite dei “buoni genitori”.

Rimasero tutti con gli occhi sgranati e la bocca aperta. Non sapendo più cosa dire o cosa fare, feci la cosa che in un certo senso mi veniva meglio.

- Con permesso, torno in camera mia.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** La regina del mio cuore. ***


Dopo un po’ che rimasi stesa sul letto della mia camera mi raggiunsero Sophie, Holly e Jazmine. Mi diedero tutte quante ragione, dicendo che avevo fatto bene a dire quello che pensavo ai genitori di Alex, non importava chi fossero. Dopo mezz’ora che stavamo stese sul mio letto a parlare della cena, Alex entrò in camera.

- Posso? – chiese gentilmente.
- Si non ti preoccupare ora ce en andiamo. – disse Jaz, capendo che voleva stare solo. Velocemente, scendono tutte dal letto e escono dalla mia camera. Alex si siede sul letto e mi guarda serio.
- Li ho fatti arrabbiare così tanto? – gli chiedo preoccupata. Non volevo che l’effetto della mia sfuriata fosse quello di peggiorare la situazione tra loro. Di certo, se Alex me l’avesse detto prima, ci avrei pensato due volte d andare a Londra. La situazione già era seria, con le mie cavolate avrei potuto peggiorare la situazione.
- Non li ho mai visti così arrabbiati. Ma non ci dobbiamo preoccupare di loro. – disse, avvicinandosi sempre di più a me.
- E allora perché c’hai quella faccia da cane bastonato? – gli chiedo accarezzandogli la guancia.
- Non farci caso. – dice lui sorridendo e stendendosi affianco a me.
- Stavo pensando .. E se io non salissi al trono? In fondo nessuno dei ministri ha fiducia in me, mi considerano ancora un poppante. E forse le voci che giravano su mio fratello sono vere.
- Non dirlo nemmeno per scherzo. Tu sarai un ottimo re, non importa quello che pensano i ministri. Devi solo dimostrargli di cosa sei capace.
- Ma io non mi sento pronto! Ho vissuto normalmente per quattro anni, e ora mi devo preparare a diventare re, ti rendi conto? – disse, girandosi a pancia in su e guardando il soffitto. Io mi misi a cavalcioni sopra di lui, e gli dissi – Ok, io non sono nessuno per dirti cosa devi o non devi fare, ma qualunque cosa tu farai, sarà quella giusta. Se tu non te la senti non ti posso obbligare. Ma probabilmente tu lo sai meglio di me che sarai un grande re, e chi ne avrà dubitato alla fine si dovrà ricredere.
Alex mi fissò dritto negli occhi e poi disse sorridendomi – Vieni qui piccola. – lui alzò il busto appoggiandosi su un gomito, io avvicinai il mio volto al suo e poi lo baciai dolcemente. Rimanemmo insieme per tutta la sera, e ci addormentammo abbracciati “ a cucchiaio”, come nei film.

Il giorno dopo mentre uscivo dal corridoio dove stava la mia stanza e mi dirigevo in cucina incontrai il nonno di Alexander.
- Buongiorno! – disse allegramente
- ‘Giorno. – lo salutai un po’ imbarazzata. In quella casa il nonno era l’unica persona normale.
- Lo sai che ieri sera hai combinato un bel pasticcio? – mi disse, diventando un po’ più serio.
- Immagino. Ma quelle cose andavano dette prima o poi.
- Non potrei essere più d’accordo. Ci voleva qualcuno che facesse ragionare quei ghiaccioli di genitori! Scendi con me a fare colazione?
- Veramente volevo preparare la colazione da portare in camera di Alex. Sta ancora dormendo e gli voglio fare una sorpresa.
- Capisco – disse sorridendo – Mio nipote mi ha parlato molto di te.
- Sul serio? – chiesi, diventando rossa come un peperone.
- Certamente. Io sono stato il primo a sapere di voi due. Devo dire che mi ricordate i vecchi tempi di quando ero giovanotto ed ero lo spasimante della nonna di Alex. Ah, quelli si che erano bei tempi. – disse, guardando in basso con lo sguardo triste. Doveva amare ancora molto sua moglie. Intanto eravamo scesi per le scale ed eravamo entrati in cucina. Il nonno di Alex si era seduto su una sedia mentre io esploravo la cucina in cerca di qualcosa di buono da mangiare.
- Sai cucinare? – mi chiese il nonno.
- Non è la mia passione, ma me la cavo abbastanza bene. – gli risposi, girandomi verso di lui.
- Allora potresti fargli un muffin al cioccolato con i pistacchi. E’ uno dei suoi dolci preferiti e non è molto difficile da preparare.
- Solo se mi aiuta lei: non vorrei avvelenare Alex sbagliando la cottura o le dosi. – dissi ridendo. Il nonno rise e si alzò per prendere il ricettario sopra ad una mensola. Mentre cercavo gli ingredienti gli feci un po’di domande sul passato di Alex.
- Come mai i suoi genitori si comportano così con lui?
Lui alzò le spalle – In realtà, non me lo so spiegare neanche io. E’ da quando è nato Jonathan che si comportano così. Prima era il cocco di tutti, persino di sua nonna, la regina. Poi sono aumentate le aspettative su di lui e, ad ogni minimo errore, i genitori lo disprezzavano sempre di più. Il mio nipotino ce la metteva tutta a soddisfare i genitori, ha fatto il possibile. Pensa che la madre l’ha costretto ad imparare a suonare il pianoforte, e quando ha imparato non l’ha considerato nemmeno! Mi ricordo ancora la faccia dispiaciuta di quel povero ragazzo al suo ultimo saggio: aveva dedicato un preludio alla madre e lei si è addormentata! E quando il piccolo le ha chiesto un parere l’ha liquidato con un “avresti potuto fare di meglio”. A quel punto …
- Cosa? Cosa successe a quel punto? – gli chiesi preoccupata e ansiosa di sapere tutta la vicenda.
- A quel punto lui non c’ha visto più. Iniziò a marinare le lezioni, frequentò i peggiori ragazzi del suo istituto e iniziò a fare tutto quello che facevano loro. Spesso scappava di casa tornando dopo settimane, e tutto questo accadeva sotto la luce dei flash dei giornali scandalistici. Tutti i giornalisti avevano da scrivere qualcosa di cattivo su di lui. Ai genitori la cosa non piacque affatto: non volevano che la loro immagine fosse rovinata. Così lo spedirono nella tua città, con la scusa che doveva imparare a cavarsela da solo e doveva imparare i valori della vita.
- Ma Alex non è un cattivo ragazzo, anzi! E’ il più buono che io abbia mai conosciuto. – dissi, mentre avevo finito di preparare la pasta del muffin e lo stavo infornando.
- Lo so, io l’ho sempre saputo. Io ero l’unico confidente di Alex. Infatti quando scappava di casa veniva da me, supplicandomi di non dire nulla ai suoi genitori. Anche quando i genitori l’hanno cacciato di casa, non rispondeva alle lettere dei genitori, ma mi mandava una lettera al mese. E’ tramite quelle che ho saputo di te, e so che Alex ha scelto la ragazza giusta. – disse sorridendo.
- La penserà ancora così quando il suo nipotino rischierà un’intossicazione alimentare per colpa del mio muffin?
Lui scoppiò a ridere e poi disse – Stai tranquilla, quello sarà il muffin più buono che mio nipote mangerà in vita sua.
- Speriamo. – dissi, rincuorata dalle parole del nonno. Lui mi sorrise e poi disse – E’ ora che io vada, così ti lascio lavorare in pace.
- Non mi da fastidio, se vuole può farmi compagnia ancora un altro po’. – gli dissi, guardando i suoi azzurri e limpidi.
- Vado a vedere se il pargolo è ancora tra le braccia di Morfeo. – disse ammiccando. Poi mi salutò con la mano e uscì dalla cucina. Intanto il muffin si era cotto abbastanza, così lo tolsi dal forno e cercai un vassoio su cui portarlo. Dopo averlo trovato, versai un po’ di succo alla frutta in un bicchiere e portai tutto in camera mia, dove il pargolo stava ancora dormendo.

Appoggiai il vassoio sulla scrivania davanti al letto e alzai un po’ le tapparelle. Quando la luce colpì i suoi occhi, Alex mugolò e si girò dall’altra parte. Io risi e mi sedetti affianco a lui.
- Ehi Bell’Addormentato, è ora di alzasi. – dissi, scuotendogli il braccio. Lui per tutta risposta nascose la testa sotto il cuscino.
- Vuoi sfidarmi eh? Poi non ti lamentare! – e così, gli alzai la camicia e iniziai a fargli il solletico. Se avesse potuto, scommetto che sarebbe saltato in orizzontale. Velocemente, buttò il cuscino all’aria e cerco di bloccare le mie mani.
- Smettila, sono sveglio! Sono sveglio! – urlò lui ridendo come un matto. Quando smise di dimenarsi, gli diedi un bacio leggero sulle labbra e gli portai la colazione. Lui si buttò all’indietro i capelli rossi e mi sorrise. Ogni volta che faceva quel movimento mi sembrava di potermi sciogliere seduta stante. Appena si rese conto di com’era fatto il muffin sgranò gli occhi.
- Da quando sai fare i muffin pistacchio o cioccolato? – mi chiese sbigottito.
- Da quando tuo nonno mi ha svelato la ricetta.  – gli dissi sorridendo. Alex diede un morso al muffin e poi un altro, e un altro ancora, e in pochi minuti si divorò il muffin.
- Vedo che ti è piaciuto. – dissi ridendo. Lui mi guardò fisso negli occhi e mi attirò a se.
- E’ stato il più buono che io abbia mai mangiato. – disse, e poi mi baciò. Mi strinse i fianchi e ci sdraiammo sul letto. Le sue labbra avevano l’odore del cioccolato mangiato poco prima. Affondai le dita nei suoi capelli soffici, mentre lui mi accarezzava la schiena provocandomi dei piccoli brividi. Ci staccammo e lo studiai attentamente, come se quella fosse stata una delle ultime volte in cui ci saremmo visti. Beh, in fondo era così. Osservai la linea dura della sua mascella, le labbra rosee, il naso dritto, ma soprattutto osservai i suoi occhi. Quegli occhi che mi avevano fatto innamorare di lui. Alex mi guardava intensamente, volendo continuare quello che avevamo smesso di fare da pochi secondi. Iniziò a baciarmi sul collo, io lo strinsi forte a me ispirando il suo profumo. Poi dal collo passò alla guancia e prima di baciarmi sussurrò dolcemente – Ti amo.
Ogni volta che lo diceva era come sentirlo per la prima volta. Il mio cuore faceva i salti di gioia e io mi sentivo più leggera. In quel momento pensai

Quante volte ancora potrà dirmi questa frase, prima che diventi re?
Dopo quel momento, mi amerà ancora?
Oppure ci scorderemo a vicenda?
Se dovesse accadere, vorrei lasciargli un bel ricordo di me, vorrei fargli capire che lo amo davvero.

- Alex?
- Si?
- Voglio fare l’amore con te.

Lui mi guardò sbigottito. – Sul serio? – disse, io annuii. Lui mi fissò un po’ e poi mi disse sorridendo – Anch’io lo voglio, ma non credo che questo sia il posto più adatto, visto che per casa girano i miei parenti.
Io arrossii per la vergogna. Come mi era venuta in mente un’idea del genere? In quel momento non ci avevo proprio pensato, poiché il mio unico pensiero era stare con Alex il più possibile. E io volevo davvero fare l’amore con lui. Alex probabilmente capì il mio imbarazzo per avergli detto quella cosa in un luogo inappropriato, così mi prese il volto con una mano e mi disse malizioso – Non ti preoccupare, troverò il posto più romantico che possa esistere e lì potrai farmi tutto quello che vorrai.
Per tutta risposta mi staccai da lui e gli tirai una cuscinata in faccia. Lui rise e iniziammo a prenderci a cuscinate, fino a quando non facemmo cadere il succo di frutta sulle lenzuola e ci alzammo di scatto dal letto.
Scoppiammo a ridere e Alex si andò a preparare per uscire con me.
- Oggi voglio dedicarti tutto il tempo possibile!
- E la riunione con i Ministri? – gli chiesi.
- I Ministri? Oh, al diavolo i Ministri! Tu sei molto più interessante. – disse sorridendo.

Dopo essermi fatta una doccia veloce, indossai un vestitino monospalla con dei sandali argentati, una collana lunga a forma di farfalla e poi uscii dalla camera.
Cinque secondi dopo Alex uscì dalla sua, indossando una maglietta celeste e dei bermuda bianchi.
- Ma com’è bella stamattina, signorina! – disse sorridendo e facendo un piccolo inchino. Io mi avvicinai a lui e dissi – Sì, mi sono fatta bella per il mio Principe.
Mi porse il braccio e uscimmo di casa. Quando arrivammo in una delle strade più famose, un giornalista notò Alex e subito ci raggiunse insieme a cameraman e fotografi di altri giornali.
Alex cercò di evitarli, ma quelli quasi ci sommersero e fummo costretti a fermarci.
- Signorino, è emozionato per l’incoronazione di Ottobre? – chiese un giornalista.
- E’ ancora troppo presto per parlarne.
- Dopo quattro anni fuori città, è ancora il “bad boy” che conoscevamo? – disse uno, scattando una foto con la sua macchina fotografica decisamente enorme.
- In realtà non lo sono mai stato.
- E chi è questa bella ragazza, un’amica?
A quella domanda Alex lo squadrò, mi strinse la vita col braccio e disse orgoglioso – Amica? Ti piacerebbe. Questa è la mia ragazza.
A quel punto tutti i fotografi iniziarono ad abbagliarmi con i loro flash e poi chiesero ad Alex – Ma il Re e la Regina sono d’accordo?
- Per ora l’unica Regina che conosco è la ragazza che ha conquistato il mio cuore. – disse, e poi mi baciò davanti a tutte le telecamere.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Io sono proprio quì. ***


- La Regina del suo cuore. Tutte palle colossali! – dico io singhiozzando. Avevo appena finito di piangere, ma le lacrime risalgono subito e bagnano le mie guance.
- Nick non piangere proprio ora, ti abbiamo fatto smettere due secondi fa! –  dice Holly stringendomi.
- Se le serve a sfogarsi, è meglio che pianga. – dice rassegnata Jaz, accarezzandomi la spalla.
Non è giusto che le mie amiche siano così amareggiate per colpa mia. Quasi mi pento di averle fatte venire qui.
E’ tutta colpa sua.

Ma chi sta leggendo qui si chiederà – Che mi sono perso?
Caro lettore, non preoccuparti, non ti sei perso niente. Ma per farti capire meglio, ti spiegherò cos’è successo.

Dopo aver annunciato pubblicamente il suo amore per me, i genitori di Alexander e quasi tutti i suoi parenti si sono coalizzati contro noi due.
Durante una discussione in privato Sarah, la madre, mi aveva detto – Farò in modo che mio figlio ti dimentichi.
Beh, alla fine ci è riuscita.
Il giorno del suo compleanno eravamo bellissimi noi due. Io con un vestito rosso fuoco, lui con un completo bianco. Esattamente come quel sogno di un anno fa.
Peccato che mancava la stessa atmosfera calda e romantica anzi, ogni volta che qualcuno ci vedeva sussurrava qualcosa a bassa voce.
Ma a noi non importava, l’importante era stare insieme.
Fino a quando suo padre non gli annunciò l’ultimatum.
Ammise in pubblico di preferire il fratello a lui, e che se avesse continuato a comportarsi sconsideratamente l’avrebbe diseredato. Nel “comportarsi sconsideratamente” era inclusa anche la nostra relazione.
In caso contrario, avrebbe accettato di buon grado la sua incoronazione e si sarebbe riappacificato con lui.
Da quel giorno lui non è stato più lo stesso.
Quando siamo tornati in città dopo l’estate lui era sempre pensieroso e non mi parlava quasi mai. Si allenava sempre a scherma con Henry, oppure studiava. Non si era iscritto a scuola, avrei dovuto immaginare il perché.

Ma ad un certo punto la mia pazienza ha superato il limite e sono andata a casa sua a chiedere spiegazioni. Entrai nell’atrio della sua casa e lo aspettai giù.
Alexander scese in jeans e maglietta con i capelli un po’ umidi.
Aveva l’aria di dover andare molto di fretta.
- Nick che c’è? – mi chiese leggermente irritato.
- No, che c’hai tu! E’ da quasi due mesi che non parliamo. Né un messaggio, né una telefonata. Non vieni nemmeno a scuola. Si può sapere che ti succede? – gli chiedo io arrabbiata.
Lui mi fissa, gelido. Si scosta i capelli con uno scatto e poi mi dice – Vuoi sapere che succede? Succede che devo scegliere tra te e i miei genitori. Te e il Regno Unito. Permettimi di essere almeno un po’ sottopressione.
- Posso capire che scegliere non è facile, ma potevi anche dirmelo! Io ti appoggerei in tutte le tue scelte lo sai ..
- Non è vero Nick. Non dire che non mi odieresti se preferissi lasciarti per colpa dei miei genitori.
Io sospirai. Aveva perfettamente ragione. I risultati si vedono ora. I suoi genitori volevano vincere questa guerra con un ultimatum? Bene, io feci lo stesso.
- Quand’è che dovresti partire, tra una settimana? – gli chiesi io. Lui annuii.
- Allora ci vediamo all’entrata della stazione esattamente tra una settimana. Così mi comunicherai la tua decisione.
Lui mi rispose con un – Ok – amareggiato e io me ne tornai a casa. Per tutta la settimana non feci altro che sperare che scegliesse me. Peccato che le mie speranze erano vane.

Oggi sono arrivata un po’ in ritardo all’appuntamento con Alexander, ma sono arrivata giusto in tempo per vederlo salire sul treno che l’avrebbe portato all’aeroporto per Londra.
Ero davanti a lui, un po’ distante. Lui mi ha sorriso, dispiaciuto, mi ha salutato con un cenno della mano ed è entrato nella stazione.
A quel gesto ho sgranato gli occhi e sono entrata nella stazione per chiedere spiegazioni. L’ho visto salutare i suoi servitori, che l’avevano accompagnato, prendere la valigia e salire su quel maledetto treno.
Così, scoppiando a piangere, ho chiamato le mie amiche e ci siamo viste al bar.

Bach mi sveglia leccandomi la mano. Mi metto a sedere e mi rendo conto che ieri sera mi sono addormentata sul divano mentre mangiavo patatine, pop corn, biscotti, marshmallows, cioccolatini e merendine varie.
Probabilmente non è vero che mangiare il cioccolato ti fa sentire meglio, ti fa sentire solo in colpa per averne mangiato troppo.
Sono passate due settimane da quando Alexander mi ha lasciata e sto ancora malissimo. Beh, chi non starebbe male dopo esser stati lasciati dalla persona che ami?
Solo una persona che non ha amato veramente.
Io , da stupida, avevo deciso di mettermi in gioco dopo quella batosta che avevo ricevuto con Logan, e ho sprecato tutto questo tempo con un ..  babbuino. Si, alla fine lui è soltanto uno stupido babbuino.
Se davvero mi ama come ha detto, non avrebbe dovuto lasciarmi. Per lo meno, non così.
Gli concedo un po’ di indecisione, in fondo sono stati i genitori a chiederglielo, però dopo 17 anni in cui loro ti hanno disprezzato perché dovrebbero iniziare ad amarti così, da un momento all’altro?
Non che non sia possibile, ma avendoli conosciuti, non credo che loro siano quel tipo di persone.
Basta, non voglio più pensarci. Accendiamo un po’ di tv, magari trovo qualche bel film. Ok, Titanic non è decisamente il film migliore da vedere in questo momento, cambiamo canale.
No, ti prego, no.

- E ora trasmettiamo in diretta l’incoronazione del Principe Alexander Magnus Ranwell, dal palazzo di Buckingham Palace di Londra. – dice entusiasta la giornalista completamente rifatta.
Cavoli, oggi è il 29! Mi ero ripromessa di non accendere la tv il 29 proprio per evitare visioni di questo genere. Devo essere così depressa da essermi dimenticata che giorno fosse.
Vabbè, ormai il danno è fatto. Voglio proprio vedere come sarà questa incoronazione. Il Re e la Regine sono seduti su due troni, mentre Alexander fa la sua entrata trionfale. E’ vestito proprio come un re.
Si inginocchia davanti ai suoi genitori e il padre si alza, per pronunciare il discorso di successione. Non lo sento nemmeno, sono troppo impegnata a guardare il bel viso di Alexander, accuratamente ripreso in primo piano. Ogni tanto le telecamere riprendono i sudditi presenti alla cerimonia, e in qualche scena riesco a vedere il nonno di Alexander e Jonathan, suo fratello, che sbuffava irritato.
Improvvisamente riprendono di nuovo Marcus e Alexander e Marcus dice con tono solenne – Alexander Magnus Ranwell, accetti di governare questo regno fino alla fine dei tuoi giorni?
Alexander, che per tutta la durata del discorso aveva la testa china e gli occhi bassi, ora alza lo sguardo verso il padre e gli sorride. Marcus sorride anche lui, mentre il silenzio regna nella sala.
Inaspettatamente Alexander si alza e dice un semplice – No.
Un suono pulito e chiaro, un monosillabo insperato.
Io sobbalzo sul divano, facendo spaventare Bach.
Si sente bisbigliare ovunque, ma grazie ai microfoni dei giornalisti si sente Marcus dire – Che cos’hai detto? Probabilmente volevi dire sì.
- Ho detto no. Non si discute. – così Alexander si allontana dal padre, che lo incenerisce con i suoi occhi assieme a Sarah, prende la corona, poggiata su un piedistallo vicino, e si ferma davanti a Jonathan.
- Voi avete sempre preferito lui a me. Spero che sia in grado di regnare meglio di voi.
Jonathan lo guarda, spiazzato da quel gesto. Fa un piccolo inchino e si fa poggiare la testa sui capelli biondi.
Ancora più inaspettatamente, Jonathan abbraccia il fratello di scatto e dice commosso – Non ti deluderò, te lo prometto.
Alexander si stacca e sorridendo gli dice – Lo so.
Poi si avvicina verso la telecamera e inizia a parlare.
- Nick, lo so che hai visto l’incoronazione. Per tua scelta o per sbaglio, non so dirlo. Però sappi che tornerò al più presto da te e ti spiegherò ogni cosa. Anche se non sarai in città e ti nasconderai, ti troverò. E ti amerò per tutta la vita.

Oddio.
Inizio a urlare a squarciagola e prendo in braccio Bach facendolo volare in aria. Mi scendono due lacrime di gioia, quando suonano alla porta.
Lascio Bach a terra, che si accascia per terra traumatizzato dai salti che gli ho fatto fare e apro la porta.
- TU! Che ci fai quì? – quasi urlo scandalizzata.
- L’avevo detto che sarei tornato al più presto, dolcezza. – mi dice Alexander abbracciandomi e dandomi un bacio appassionato. Io mi stacco e lo guardo sbalordita.
- Ma tu eri in tv fino a due secondi fa! – gli dico, e lo porto davanti alla tv, facendogli vedere il prosieguo dell’incoronazione.
- Nick, oggi è 30, e quella che hai visto era una replica. – dice ridendo, e indicando il +24 scritto accanto al logo del canale.
- Non ci credo ..  Non ci sto credendo che tu sei qui con me .. – dico, guardandolo negli occhi. Lui mi sorride – Credici, perché io sono proprio qui.

14 anni dopo

- Io, Alexander Magnus Ranwell, prendo te, Nicole Daffodil, come mia sposa e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.

- Io, Nicole Daffodil, prendo te, Alexander Magnus Ranwell, come mio sposo e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.

Sto sognando? A discapito del mio braccio provato dai pizzichi di tre ore, so perfettamente che questa è la realtà. E ora sono qui, al mio matrimonio, con l’uomo che amo, davanti a tutte le persone a me care.
I miei genitori, tutti i miei parenti. Le mie amiche Holly, Sophie e Jazmine ci sono ancora. Non mi hanno lasciato un attimo, e sono cresciute insieme a me.
Jazmine si è sposata da un anno con Max. Sophie, che ai tempi della scuola era cotta di quel batterista amico di Holly, Francis, si è sposata con Bruce, un ragazzo che ha conosciuto all’università, e ha un bellissimo bambino di nome Josh. Holly .. Holly ha una relazione molto strana con Dmitri. Si prendono, si lasciano, ma alla fine ritornano sempre insieme. Un po’ di tempo fa ho sentito Remy, mi ha detto che è tornato in Francia dopo il liceo e che si è sposato già da sei anni con una modella e ha due figlie. Sono felice per lui. Sono felice per tutti. Ma soprattutto, sono felice per me. Per noi.

- Vi dichiaro marito e moglie. Puoi baciare la sposa.
- Ti amo - mi sussurra Alexander
- Anch’io. Ora e per sempre.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=869197