Schiava del mio principe

di bells swan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


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Non potevo certo lamentarmi della mia vita.
Ero povera sì, ma ero felice.
Si sa, però, che le cose belle sono destinate a finire. Adesso tocca a me.
 
“Padre” mormoro, osservando attentamente quella pergamena proveniente dal castello del nostro Re.
“Dimmi, figlia” sospira mio padre, bevendo il latte caldo ottenuto dalle nostre capre.
“Abbiamo appena ricevuto questa lettera dal Re” spiego, sedendomi vicino a lui.
Prende subito in mano la missiva, aprendola senza attendere oltre.
Lo fisso, attendendo il momento in cui spiegherà ciò che vuole il Re da un’umile famiglia come la nostra.
“Renée!” grida mio padre, piegando la pergamena e alzandosi.
Mia madre compare in cucina, sporca in viso di farina. “Dimmi, caro.”
“Isabella, aiuta tua madre. Il Principe Edward e il suo seguito stanno per giungere qui. Sbrigatevi.”
 
Non posso non domandarmi per quale motivo il Principe debba venire a casa mia. Siamo poveri, lui è di famiglia reale invece.
Io e mia madre abbiamo indossato i nostri vestiti migliori, per quanto possiamo permetterci vestiti con rifiniture costose.
“Isabella, vieni, su” mi incita mia madre quando sentiamo le trombe suonare fuori casa mia, segno che il Principe è giunto dinanzi noi.
La missiva non è arrivata solo a noi ma a tutte le famiglie del villaggio. Quando esco fuori da casa mia, noto solo in quel momento tutto il fermento che agita il cortile.
Vediamo dapprima gli uomini del Principe, due uomini alla fine sono tra quelli più imponenti. Soprattutto uno, che sembra troppo pesante per stare sopra di un cavallo anche lui di razza.
Nessuno osa parlare, solo Billy, il ‘capo villaggio’.
“Per noi è un onore ricevere una vostra visita, Vostra Altezza.”
Ci inchiniamo tutti quando il Principe fa il suo ingresso dopo gli uomini del suo seguito.
Lo osservo. Il Principe è un bell’uomo. Quanti anni ha? Ventisette? Ventotto?
Edward Anthony Masen Cullen è un guerriero e ha il fisico di un guerriero, lo sguardo fiero e possente di un futuro Re.
Un uomo, forse un Consigliere della Corte visto l’età avanzata, si avvicina col cavallo al Principe, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
Il Principe abbassa la testa per permettere all’uomo di parlare senza sporsi troppo dal suo cavallo. Alla fine, Edward alza la testa, lanciando un’occhiata alla folla riunita e passando in rassegna tutti quanti.
Senza sapere il perché, si sofferma su di me. Non tanto, solo tre secondi, ma bastano per fare un cenno al suo Consigliere nella mia direzione. Nessuna parola, il Principe se ne va, così come i suoi cavalieri.
Il Consigliere dichiara che è tutto finito, possiamo ritornare dentro le nostre case.
“Tranne voi.”
Tranne noi.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


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“Per ordine del principe Edward, la ragazza viene con noi.”
Le parole del Consigliere mi lasciano basita per vari secondi. Fisso mio padre, il quale è confuso quanto me. Mia madre è senza parole.
“Perché il nostro Principe ha bisogno di un’umile ragazza qual è Isabella?” osa chiedere mio padre.
Il Consigliere non lo punisce. “Il Principe Edward è appena tornato da una lunga battaglia. È nostro dovere provvedere ai suoi bisogni… tutti i suoi bisogni.”
Non ho ben capito ciò che intende dire ma forse è una cosa abbastanza grave: mia madre impallidisce, mio padre stringe i pugni.
“E… non c’è qualche altra fanciulla disposta a…”
Il Consigliere interrompe mio padre. “La scelta è ricaduta su vostra figlia” spiega soltanto.
Fisso mia madre ma lei tiene il capo abbassato. Riporto lo sguardo sul Consigliere e vedo che mi sta fissando con interesse.
“Quanti anni hai?” chiede, gentile.
“Quasi diciotto” rispondo in un sussurro, la testa china in segno di rispetto.
Non solo è un adulto, è anche il Consigliere del Re.
“Ah, sei ancora una bambina” mormora ancora, sorridendo.
“Questo non sarà un problema?” chiede immediatamente mio padre. Sembra sperarlo.
“Può darsi. Ma sta al Principe decidere, io eseguo solo gli ordini” risponde semplicemente. “Vi lascio tre giorni. Verrò a prenderti io” si rivolge direttamente a me alla fine.
“Sì, mio Signore.”
“La ragazza sa stare al suo posto. Meglio così.”
 
Non appena il Consigliere va via, mi rivolgo subito a mia madre. “Madre, ma…”
“Perché proprio mia figlia?” Charlie sembra molto arrabbiato.
“Cosa possiamo fare?” chiede disperata mia madre.
Il mio sguardo saltella tra mio padre e mia madre.
“Niente! Non possiamo fare niente, Renée. È l’ordine di un Principe quello a cui vogliamo disobbedire” continua mio padre.
Sospiro, alzandomi e uscendo fuori dalla cucina. Non otterrò risposta stando lì, meglio che mi dia da fare coi lavori domestici. C’è tanto da fare…
 
La giornata è passata molto lentamente. La cena altrettanto.
Papà sembra perso fra i suoi pensieri e mia madre sembra addolorata.
È chiaro che questa richiesta del nostro Principe non porterà nulla di buono nella mia vita, ma cosa si aspetta esattamente da me?
Sono convinta che i miei genitori lo sappiano ma non vogliano dirmelo. E io sono solo una ragazzina, devo stare al mio posto.
Il Consigliere verrà a prendermi tra due giorni.
Non appena mio padre va a letto, come al solito rimaniamo io e mia madre in cucina, a finire di pulire.
“Madre ma cosa potrei mai fare per il nostro Principe?” domando io, osservandola curiosa.
Mia madre si blocca, la vedo deglutire. “Nulla di cui preoccuparsi, cara. Andiamo a letto, finiremo domani.”
È ovvio che mia madre mi stia nascondendo qualcosa di importante e chiedere a mio padre sarebbe fuori luogo.
Non mi resta che aspettare, anche se la curiosità mi sta divorando
 

Due giorni dopo

 
Non appena mi metto a letto, sotto le coperte, sento un bussare esitante alla porta.
“Avanti.”
È mia madre, molto pallida in volto. A dire il vero, è da quando è venuto il Consigliere che è sempre pallida.
“Isabella, devo parlarti” dice, sedendosi sul letto.
“Di cosa?”
“Domani verrà il Consigliere a prenderti, ricordi vero?”
E come potrei mai dimenticare? Annuisco solamente.
“Ecco, vedi…” Mia madre sembra in imbarazzo. “Il Principe è un uomo che viaggia spesso e… lavora tanto per procurare al suo Popolo il cibo necessario per sopravvivere e alle volta non ha tempo per se stesso. Così il Consigliere ha pensato che tu potessi essergli d’aiuto per certe… cose . Capisci cosa intendo dire?” Sembra sperare che io annuisca.
Ma non ho capito niente. “No madre.”
Sospira. “Credevo di avere più tempo per questo discorso ma… i voleri del nostro Principe hanno bruciato i tempi. Tesoro, starai a Palazzo, precisamente nelle Camere del Principe Edward” dice seria.
Sussulto.
Prima che possa dire altro, mia madre continua. “Verrà da te la notte e tu non dovrai rifiutargli nulla, tesoro mio. Non credo verrà anche di giorno ma, in qualunque momento dovesse venire, tu dovrai essere paziente e aspettare che tutto finisca. La prima volta… dovrai solo sopportare in silenzio. Non piangere, non urlare, non pregare affinché si sposti. Sopporta e basta, figlia mia, e vedrai che tornerai a casa prima di quanto tu possa credere.”
“Ma madre…” Le lacrime scendono lentamente sul mio volto. Sono solo una bambina in confronto a lui…
“Lo so bambina mia. Lo so.” Con dolcezza, mamma mi asciuga il volto. 
“Non so neanche cosa fare…” sussurro, il volto basso.
“Te l’ho detto.” Mamma mi alza delicatamente il volto. “Non dovrai fare niente se non essere consenziente. Aspetta solo che finisca. E credimi, finirà presto.”
Non credevo lo stesso discorso che hanno avuto le mie amiche con le loro mamme sarebbe capitato a me in questo modo.
Mamma se ne va dopo avermi tenuto compagnia fino a quando non mi sono addormentata.
Il giorno dopo, inutile dire che la sicurezza che mi ha caratterizzato fino a qualche giorno fa adesso è scomparsa.
Scendo dalla mia camera con una borsa, contenente tutti i miei averi.
Il Consigliere è già sotto che mi aspetta.
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


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“Tu devi essere Isabella, vero?” La donna che ho davanti ha un volto gentile, è robusta e bellissima. 
“Sì” mormoro piano.
Mi sorride. “Io sono Esme.” Ha il viso sporco di farina, ma è la prima che si rivolge a me con tanta dolcezza da quando sono giunta a Palazzo.
“Come mai sei qui? Non sapevo avessimo bisogno di domestici nuovi” mormora, lanciando un’occhiata a Mike, l’uomo sulla cinquantina che mi ha accompagnato nelle cucine del Palazzo.
È un uomo che non parla, a meno che nessuno parli con lui. Ma soprattutto, prende seriamente il suo lavoro. È il nuovo giocattolo del Principe > > risponde solamente.
Lancio unìocchiata a Esme, per vedere la sua reazione.
“Oh…” sussurra, fissandomi dispiaciuta. 
Sospiro, cercando di frenare le lacrime alla prospettiva di ciò che mi aspetta per quella stessa sera.
Ma inaspettatamente mi sorride. “Avrai fame, immagino” dice, accarezzandomi una guancia. “Ti preparo qualcosa? A proposito,” dice improvvisamente, rivolgendosi a Mike che sta pulendo un candelabro. “per qualunque cosa, corrispondo io per lei, va bene? > > 
Lui annuisce solamente, non curandosi di noi.
Esme alza gli occhi al Cielo ma sorride. “È un tenerone, in realtà. Devi solo saperlo prendere” e mi fa l’occhiolino.
Mi scappa un sorriso tremulo.
“Vieni bambina. Ti preparo una tisana che darà un po’ di colore a quel tuo grazioso viso.” Sussurra l’ultima frase, prendendomi per le spalle e invitandomi a sedere.
 
 
Esme è stata con me per gran parte del tempo, alleggerendo di poco la mia ansia.
Ma adesso che mi sto preparando per accogliere il Principe, l’agitazione è aumentata più del lecito.
“Vuoi calmarti?” esclama improvvisamente una ragazza, facendomi agitare ancora di più.
“S-scusami” balbetto, cercando di calmarmi.
Stanno cercando di infilarmi una semplice vestaia di seta pregiata – anche se sono un giocattolino, sono pur sempre il giocattolino del Principe – dopo aver lavato il mio corpo e averlo profumato con oli naturali.
Non ho ancora visto il Principe; la prima volta che lo vedrò sarà in contemporanea a quando perderò la mia virtù.  
“Angela, modera il tono.”

Sussulto quando sento la voce di Esme. Che ci fa qui?
“Scusami Esme, ma è così agitata che sta facendo agitare pure me per niente!” sbotta la ragazza.
Io sono pietrificata, manca poco.
“Ma non lo vedi che è terrorizzata?” domanda Esme, affiancandomi e prendendo il posto di Angela.
Silenzio, poi la voce di Angela che parla piano: “Va bene, va bene. Dammi, ci penso io.” 
Esme le lascia riprendere il suo posto, e stavolta riesce con un po’ di pazienza a infilarmi la camicia da notte.
Sono bloccata nel vero senso della parola, non credevo certamente che la mia prima volta sarebbe avvenuta in un contesto simile!
Esme prende a pettinarmi i capelli quando sentiamo qualcuno bussare alla porta delle mie stanze, comunicanti fra l' altro con quelle del Principe.
È Mike. “Potete portarla nelle stanza Reali” e se ne va così come è venuto.
Lancio un’occhiata spaventata a Esme ma lei non può fare niente.
Mi accarezza il viso. “Andrà tutto bene, piccola” ma dall’espressione del suo viso sa perfettamente anche lei che non è vero.
Voltandomi, scopro Angela fissarmi dispiaciuta, insieme all’altra cameriera.
Ad accompagnarmi nelle stanze del Principe è Esme, che mi dice di mettermi seduta sul letto.
Non appena se ne va, mi infilo sotto le coperte, rimanendo comunque seduta.
Mi sembrano che passino secoli prima che la porta si apra e compaia il Principe. Quando accade, il respiro mi si blocca definitivamente. 
Lui sembra non vedermi, chiude la porta e si siede ai piedi dell’enorme letto a baldacchino.
Si toglie i vestiti che indossa ignorandomi, restando solamente con i calzoni bianchi.
È la prima volta che vedo un uomo quasi nudo.
“Cosa ti hanno detto?” chiede improvvisamente, facendomi sobbalzare. Mi da le spalle, attendendo una mia risposta.
Devo rispondergli sinceramente? 
Si volta verso di me, guardandomi negli occhi.
È la prima volta che lo vedo da vicino, e posso notare quanto sia bello.
Non so l’età precisa, ma so per certo che è molto più grande di me. Almeno, dai muscoli che ha in corpo non può avere meno di trent’anni.
“Mi... mi hanno detto che vi... devo servire.” La mia voce è un sussurro ma per fortuna capisce subito ciò che dico e intendo e non devo più ripetere.
“Mi devi servire...” ripete, come assaporando ogni parola, lo sguardo perso nel vuoto. Mi lancia una veloce occhiata. “Puoi ritornare nelle tue stanze, ho altro da fare” mormora senza degnarmi più di uno sguardo.
Mi ci vuole un poco per assorbire il reale significato di ogni sua singola parola, ma quando capisco che al momento non pretende niente da me non me lo faccio ripetere due volte e sguscio via dal letto, ritornando nelle mie stanze, comunicanti è vero, ma mi sento più al sicuro.
E solo dopo mi rendo conto di non essermi neanche inchinata ma che comunque a lui non è importato niente.



 

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


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È passata una settimana dal mio arrivo al Palazzo e non ho più visto il Principe. Se da un lato la cosa mi tranquillizza, dall’altro mi viene naturale chiedermi perché mai mi ha voluto se non mi ha ancora presa.
“Bambina, c’è qualcosa che ti preoccupa?”
La domanda di Esme mi fa trasalire. “No, Esme, no. Va tutto bene” rispondo.
“Invece di ciarlatanare perché non mi venite a dare una mano?” domanda Mike, portando con sé delle borse strapiene di oggetti.
Rido insieme a Esme. Aveva ragione: bisognava conquistarselo, Mike, benché raramente ti mostrava affetto o gratitudine. Rispetto sì, ed era già qualcosa!
Prendo due borse, notando quanto sono pensanti. “Ma cosa ci sarà dentro? Mike, tu lo sai?”
“Sono libri. Per il Principe ovviamente” risponde.
Siamo tutti diretti nelle stanze del Principe.
“Dobbiamo riporli in libreria?” chiedo.
“No, il Principe ha dato ordine di farglieli trovare già impostati nella sua camera da letto, ha già fatto portare una piccola libreria dove metterli” spiega ancora Mike.
“Se volete posso farlo io” mormoro, offrendomi volontaria. A differenza degli altri che lavorano per il Palazzo, io sono stata condotta qui per un motivo solo. Qualche volta aiuto Esme e Mike, come in questo momento, ma cose di poco conto.
“Sono tanti libri, sul serio non ti dispiace?” chiede Esme, scrutandomi.
“No, per nulla. È un piacere aiutarvi, e poi voi siete troppo occupati, io invece non ho nulla da fare.”
Mike sistema le borse sul letto a baldacchino del Principe, mentre io e Esme lo imitiamo. “Grazie Isabella, ci hai risparmiato un’oretta di lavoro in più.”
Mike mi sta ringraziando?, mi chiedo esterrefatta ma compiaciuta. “Di nulla. Adesso andate, ci penso io qui. Oh, una cosa. Devo riporli seguendo qualche ordine di tempo?”. A questo non avevo pensato, io non so nulla di libri!
“No, non ti preoccupare. Ordinali come più ti piace, a questo il Principe non bada, stai tranquilla” mormora Esme, accarezzandomi il viso prima di uscire dalla stanza.
Rimaniamo solo io e Mike, che si guarda attorno. Apre bocca ma la richiude, uscendo subito dopo fuori anche lui, chiudendo la porta.
Sorrido intenerita da quell’uomo così dedito al lavoro e poco ai propri interessi. Le borse sono in tutto sette, tutte contengono libri di pregiata fattura, alcuni risalgono addirittura a più di cinquanta anni fa.
Non avrei mai pensato che il Principe si interessasse così tanto alla lettura di libri di ogni genere ed epoca. Non ho idea di quando finirò di riporli, anche perché la curiosità di aprire quei libri è alta, ma non ha importanza. Almeno avrò qualcosa da fare.
Inizio aprendo la prima sacca. Esco cinque libri, seguiti da altri cinque libri e inizio a controllarli.
Sono libri che mai, in vita mia, avrei pensato di poter toccare con le mie mani. E più vado avanti nei riporre i libri, più mi convinco che alcuni non sono neanche vecchi: c’è una dedica per il Principe e questo mi fa pensare che sia il primo scritto in assoluto.
“Cosa stai facendo?”
Sobbalzo, facendo cadere accidentalmente un libro. Ma prima che possa rimproverarmi per il mio essere stata così maldestra, il Principe stesso si inginocchia per prenderlo in mano, stupendomi. “Allora?” continua. Non sembra arrabbiato, solo incuriosito.
“Ecco... Mike aveva delle sacche di libri e io e Esme lo abbiamo aiutato però poi ho pensato che loro avevano da fare e io mi annoiavo tanto così ho proposto loro di mettere io stessa a posto i libri!” Spiego velocemente, senza neanche prendere fiato.
“Capisco” mormora, sedendosi su una sedia e iniziando a togliersi gli stivali. Sembra stanco, e sudato a giudicare da come sono conciati gli abiti. “E ne hai ancora per molto?” domanda, completamente disinteressato.
Lancio un’occhiata al letto. “Solo due sacche ancora” rispondo.
Si massaggia i muscoli del collo chiudendo gli occhi, poi mi lancia un’occhiata. “Sai preparare un bagno?” chiede.
Sono presa alla sprovvista dalla domanda. Certo che so preparare un bagno, ma l’ho sempre fatto per gente umile come me, mai per un Principe! “Io non so...”
“Non è difficile. Mi serve solo dell’acqua calda, una saponetta e un telo per potermi asciugare. Credi di essere in grado di procurarmi queste tre cose?” chiede, beffandosi di me.
“Ehm... sì, certo” rispondo. “Vado subito a... a chiamare Esme” rispondo, prima di scappare a gambe levate. Raggiungo le cucine in pochi minuti. “Esme, il Principe vuole che io gli prepari il bagno” le comunico immediatamente.
Mi guarda stupita. “E io cosa dovrei fare?”
“Non ho mai preparato un bagno per un Reale, prima d’ora. Cosa devo fare? Lui mi ha detto che vuole solo un telo e dell’acqua calda con una saponetta…”
Esme mi interrompe. “Isabella, ascoltami. Se il principe ti ha chiesto questo, tu non devi procurarti null’altro che queste cose. Non cercare di compiacerlo, nessuno ci riesce. Fa’ solo ciò che lui ti ordine, va bene?”
Annuisco freneticamente.
“Bene. Adesso chiederò a qualcuno di portare la vasca e il telo, tu va’ a vedere se ha bisogno di qualcosa” mi ordina Esme.
Annuisco ancora una volta, pronta per voltarle le spalle e ritornare nelle stanze del Principe. Mi allontano dalle cucine, raggiungendo con più calma le stanza del Principe. Prima di entrare, però, vengo colta da un improvviso pensiero: non devo lavarlo io, vero? E se volesse qualcosa di più? La mano trema quando afferro la maniglia. Non posso tirarmi indietro, non quando ad ordinarmi cosa fare è un principe. Apro la porta, mentre emetto un gemito di spavento alla vista della schiena martoriata da segni rossi del Principe.
Sbuffa, voltandosi verso di me. “Non sai che bisogna sempre bussare prima di entrare nelle stanze di un qualunque Reale?” domanda scocciato, rimettendosi la camiciola.
“V-vi do-domando s-scusa” balbetto, ancora bloccata sul posto. Chi mai avrà potuto ferirlo in quel modo?
“E allora? Questo bagno?” chiede.
Cerco di riprendermi, evitando di mostrare il mio turbamento. “Esme ha chiesto a qualcuno di salire la vasca, così da riempirla con dell’acqua calda. Credo arriverà a momenti, io nel frattempo vi preparerò i sali da bagno e…”
“Niente sali. La saponetta va benissimo” ribatte prontamente, accarezzandosi il collo chiudendo gli occhi, una ruga a solcargli la fronte. Sembra molto stanco.
Mi fa un po’ pena, ammetto. Non credo che qualcuno gli abbia mai fatto volutamente del male. Probabilmente quei segni dovuti chiaramente a delle frustate sono stati causati da un combattimento per allenarlo a diventare un Re forte e coraggioso per il suo popolo. Il futuro Re deve allenarsi, e non penso che gli allenamenti vengano sottovalutati. Forse, vengono presi in considerazione sin troppo.
Qualcuno bussa alla porta e subito dopo due uomini entrano portando una vasca piuttosto grande. Dal loro viso non traspare nessuna malizia sulla mia presenza in stanza e sul Principe quasi nudo.
Mai come in questo momento mi sono sentita tanto in imbarazzo. Loro non sanno che non abbiamo fatto nulla.
Un altro uomo porta una brocca, insieme ad un altro ancora, per riempire la vasca d’acqua calda. Se ne vanno in silenzio così come sono entrati, facendo un semplice inchino.
Il Principe esce un attimo, lasciandomi sola nella sua camera da letto.
La saponetta e il telo sono su una sedia, segno che i due uomini non si sono limitati a portare solo la vasca e l’acqua calda.
Il Principe entra nello stesso momento in cui mi rialzo, dopo aver controllato la temperatura dell’acqua.
“L’acqua mi sembra della temperatura giusta, Vostra Altezza” comunico rispettosa.
Si toglie la camiciola, rimanendo a petto nudo. Ha qualche cicatrice di poco conto, piccolissime, su petto e sul ventre. Ciononostante, la sua bellezza non sminuisce ai miei occhi.
Il Principe è bellissimo, di una bellezza rude. Non è il solito principe che pensa all’aspetto, l’ho visto poche volte ma sempre con vestiti logorati dal duro lavoro. È l’unico principe che io abbia mai incontrato in vita mia, ma so perfettamente i racconti sugli altri Reali, sempre dediti all’apparenza.
“Spogliati.”
Sussulto, mentre i miei pensieri vengono interrotti dalla voce di Edward. Ha avuto una settimana di tempo, perché ha fatto nascere in me la speranza che magari non desideri niente se invece vuole qualcosa? Lo guardo sbalordita, pregandolo con lo sguardo. Ma abbasso gli occhi quando vedo che non mi considera e che invece si sta togliendo il resto degli abiti.
Ho creduto che fosse diverso, ma forse non è così. Mi sono illusa troppo facilmente, dovevo aspettarmelo. Ma come potevo aspettarmi che da un momento all’altro sarebbe venuto a pretendere qualcosa da me, senza morire per l’ansia? Non indosso niente se non un semplice e umile abito, senza alcuna restrizione. Le mie mani tremano ma mi impongo di sbrigarmi, per non farlo incollerire.
‘Dovrai solo sopportare in silenzio. Non piangere, non urlare, non pregare affinché si sposti. Sopporta e basta, figlia mia, e vedrai che tornerai a casa prima di quanto tu possa credere.’ Le parole di mia madre mi tornano n mente, facendomi solo sperare che lei abbia ragione.
“Vieni dentro” mormora Edward, facendomi ridestare per l’ennesima volta dai miei pensieri.
“Ma…” obbietto, solo perché indosso ancora la camiciola femminile di noi umili serve.
“Non fa niente, puoi entrare con questa” concede, allungando una mano.
Mi soffermo su di essa, felice, in parte, di poter tenere almeno qualcosa con cui coprirmi. Passerà presto, passerà prima o poi. Tutti i momenti brutti sono destinati alla fine.
Sono pronta a posizionarmi davanti a lui ma inaspettatamente mi prende per mano, una stretta decisa ma allo stesso tempo… dolce. Al contatto, la sua mano è calda.
Non appena la mia schiena entra a contatto con il suo petto, sento le sue labbra sul mio collo. Cerco di agevolarlo inclinandolo, ma viene fuori un gesto del tutto imbarazzante. Mi impongo per l’ennesima volta non di tremare, cercando di vedere il lato buono della situazione. Ma non ci riesco.
La sua mano si posa su una mia gamba, risalendo sull’interno coscia. Senza neanche pensarci, chiudo le gambe, serrandole.
“Apri le gambe” sussurra sul mio orecchio, prima di risucchiare il lobo con le labbra.
Con titubanza, le apro, pregando affinché si sbrighi. Il cuore batte a mille, gli occhi sono sbarrati e cercano di nascondere le lacrime.
L’altra mano si posa sul mio petto, all’altezza del battito accelerato del mio cuore. “Rilassati. Non voglio farti male, voglio solo che tu ti rilassi” sussurra ancora, stupendomi. “Ti ho costretta a fare qualcosa durante questa settimana?” continua.
No, è vero. Scuoto la testa, ancora agitata.
“Rilassati, quindi.” Un suo dito si posa sul mio centro. Inizia a muoversi, con lentezza.
Sento un brivido serpeggiare lungo la mia schiena che mi porta a chiudere per un solo istante gli occhi.
Edward prende il mio mento con due dita, invitandomi a voltare il mio viso verso il suo. Immediatamente, sento la sua bocca sulla mia. In contemporanea a questo, il suo dito si muove più velocemente facendomi gemere bruscamente. Posa la sua fronte alla mia, fissandomi negli occhi.
Lo guardo anche io, supplicandolo però di fermarsi. È una sensazione del tutto nuova, questa, e non so neanche se sia normale, giusta o sbagliata.
“Ti piace?” domanda, fissandomi negli occhi.
Sono sicura di essere rossa, in volto. Mai avrei immaginato una cosa del genere; credevo che il tutto avvenisse sotto le lenzuola, al buio, non in pieno giorno in una vasca da bagno. E mai avrei immaginato di provare una tale sensazione di benessere.
“Ti piace?” ripete.
Annuisco, il respiro corto. Sento nuovamente le sue labbra sulle mie. Una sensazione di languore nel mio basso ventre mi coglie di sorpresa, mi porta ad aumentare i movimenti della sua mano, a velocizzarli. Lo sento sorridere sulla mia bocca quando una mia mano si poggia sulla sua fra le mie gambe per fare una maggiore pressione. Sono costretta a scostarmi quando il piacere aumenta, facendomi ansimare vergognosamente.
“È normale, questa reazione. Non vergognartene” sussurra dolcemente, lasciandomi un bacio sulla guancia.
È strano, ma è come se questo bacio fosse stato più intimo di quello sulle labbra. Tutto finisce così com’è iniziato. Brividi di piacere mi percuotono ancora, la stanchezza si è impossessata di me, ma mi sento appagata. Sospiro, riprendendo fiato. Lo sento ridere piano.
“Dai, va’ nelle tue stanze che io finisco di lavarmi” sussurra, lasciandomi un lieve bacio sui capelli.
Rimango sorpresa da quell’ordine: tutto qui? E il dolore? Il sopportare in silenzio? Ho fatto tutto tranne che sopportare! Tuttavia obbedisco, ritornando nelle mie stanze senza neanche inchinarmi, troppo imbarazzata. È la seconda volta, in una settimana, che il Principe mi sorprende. Positivamente.
 
 

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


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Non mi è ancora chiaro il motivo per cui il Principe mi ha voluto al Palazzo Reale: se mi ha chiamato per soddisfare le sue voglie, perché non mi ha più toccato? Non credo di non piacergli, altrimenti avrebbe preteso la presenza di un’altra ragazza.
Ogni sera, da quindici giorni dal mio arrivo al Palazzo, le cameriere mi preparano per poter passare la notte insieme a lui, e ogni sera lo vedo, mi ignora, mi ordina di ritornare in camera mia, completamente disinteressato. E io obbedisco senza farmelo ripetere una volta.
Un’altra cosa che non capisco è perché il Principe abbia bisogno di una serva per poter essere soddisfatto quando potrebbe avere contesse, duchesse, anche semplici cortigiane, le quali sicuramente più brave ed esperte di me. È un uomo bellissimo, dall’aspetto virile, un volto splendido e una corporatura muscolosa. Molte donne farebbero pazzie pur di stare almeno per un’ora tra le sue braccia, donne splendide, senza sensi di colpa nell’essersi date prima del matrimonio.
Eppure, ci sono io, adesso, negli appartamenti di Edward.
E come ogni sera, lo osservo entrare mentre mi ignora, dandomi le spalle quando si siede su una sedia per togliersi gli stivali.
Non mi ha mai fatto nulla, e ho paura che non ritornerò a casa sin quando non andremo sino in fondo. Perché l’altra volta non è stato niente: so che proverò dolore, che mi farà male, mia madre l’ha detto e lei non mi ha mai mentito. So anche che alcune donne hanno già fatto delle esperienze con certi uomini pur essendo ancora illibate, forse è questo il mio caso.
E se davvero non ritornerò più a casa? Se prima devo obbligatoriamente fare ciò per cui mi hanno condotta qui? E se lo faccio ma non ritorno comunque a casa? E se invece, facendolo, il Principe notasse quanto può avere di più? Potrei ritornare a casa, forse.
È tutto un dubbio, ogni possibilità è da prendere in considerazione.
Lo osservo, mentre uno strano pensiero si fa strada in me.
Sta sfogliando uno dei suoi libri, posati sulla scrivania sotto suo ordine. Credo siano quelli che ha in programma di leggere.
Non so perchè, ma un po’ mi intristisce. Ho sempre creduto che la vita di un principe fosse meravigliosa, senza problemi economici, senza il bisogno di rinunciare a qualcosa pur di arrivare alla fine del mese senza morire di fame... Invece Edward sembra tutt’altro che felice: ha sempre quell’aria così austera, seria e impassibile. Ricordo ancora la sua schiena martoriata da segni rossi, alcuni più lunghi e spessi degli altri.
Senza neanche pensarci, mi alzo, mentre posso sentire nel silenzio della stanza il fruscio della mia vestaia da notte contro le lenzuola candide del letto. Se mi ha sentito, non lo da a vedere. Ha la schiena contro la sedia, e per me è facile sedermi su di lui e togliergli il libro.
Non mi respinge, non mi urla contro, non mi punisce per essermi presa tutta questa libertà: mi guarda quasi come se volesse sapere qual è la mia prossima mossa.
E qual è? Il pensiero di darmi a lui, sperando di ritornare a casa al più presto si era fatto strada in me velocemente, e altrettanto frettolosamente mi aveva abbandonato. Adesso è ancora lì, più vivo che mai.
Gli sbottono io la camiciola, mentre posso vedere che le mani mi tremano visibilmente. E quando scosto i lembi della camiciola, scoprendo il suo petto liscio, per nulla deturpato da segni rossi, alzo lo sguardo su di lui, come a chiedergli il permesso.
Non mormora nulla, il suo sguardo è rimasto quello di tre secondi fa.
Sperando che vada tutto bene, avvicino il mio volto al suo, sfiorandogli le labbra con le mie. Una volta, due volte, tre. Alla quarta, Edward cattura la mia bocca in un bacio del tutto diverso da quello che gli ho dato io, ma uguale a quello che mi ha dato dentro la vasca, mentre uno strano calore mi avvolge quando sento le sue mani intrufolarsi dentro la mia vestaia, a toccare i miei glutei. Gemo sulle sue labbra per la sorpresa quando con uno scatto si alza in piedi, me tra le sue braccia, per condurmi sul letto a baldacchino.
Mi toglie l’indumento, facendomi rimanere nuda sotto il suo sguardo.
È la prima volta in assoluto che rimango nuda davanti un uomo, è la prima volta che un uomo mi fissa come Edward mi sta fissando adesso. “Posso spegnere la luce?” Non ho idea se sarò punita per questa mia sfrontatezza, ma la richiesta è uscita dalle mie labbra prima che potessi rendermene conto.
“No” mormora, mettendosi in ginocchio e togliendosi la camicia già aperta. Sembra avere tanta fretta e io mi sto maledicendo per la mia decisione.
Ma chi diamine me l’ha fatto fare, di prendere l’iniziativa? La paura che possa essere di tutto fuorché delicato mi fa alzare lo sguardo, mentre lo fisso impaurita.
Lui guarda il mio corpo, ignora il mio viso. La sua bocca si posa sul mio ventre, risalendo sempre più su in baci languidi.
Tremo ancora, ma non mi da fastidio e al momento sto bene.
Giunge al mio petto, mentre risucchia fra le labbra un capezzolo, l’altra sua mano che si posa fra le mie gambe.
Ricordo ancora cosa è successo l’altra volta. Le apro, curiosa di vedere se proverò lo stesso piacere provato dentro la vasca.
Prende subito ad accarezzarmi, la sua bocca che lascia il mio seno e sale su. Aumenta i movimenti della mano quando la sua bocca si posa sull’incavo del mio collo, succhiando forte.
Getto la testa all’indietro, incapace di evitare di emettere un ansito, il mio bacino che va incontro alla mano di Edward. Respiro rumorosamente e affannosamente, mentre chiudo gli occhi.
E più la sua mano si muove su di me, più sento quel formicolio allo stomaco che si ingrandisce, facendomi fremere.
“Sei bagnata” constata con voce bassa e roca.
Se possibile, arrossisco ancora di più.
La sua mano si ferma, passando sulla coscia imitata dall’altra, premendo e allargando le gambe. Slaccia i suoi calzoni, abbassandoli. Si avvicina, indirizzando il suo membro tra le mie gambe, sulla mia apertura. E quando spinge, chiudo immediatamente le gambe impedendogli di entrare, mentre sento un bruciore tra di esse.
“Apri le gambe”, mi invita, spingendosi di più in me.
Seppur a fatica, lo accontento, premendo però i palmi delle mie mani sul suo ampio torace. Spinge piano, ma mi fa comunque male. Faccio forza sui pugni serrati, ma è un principe ed io la sua serva: perché dovrebbe darmi ascolto?
E con una spinta più forte delle altre, fa sgorgare fuori dagli occhi le lacrime che non mi ero accorta di trattenere, mentre un piccolo urlo di dolore esce dalla mia bocca.
“Ssh! È tutto finito. Ho finito, stai tranquilla” sussurra subito sbrigativo, passando una mano sulle labbra per evitare di farmi emettere alcun suono. “Sono già dentro, non ti farò più male” continua, cercando di calmarmi.
Ma come faccio a calmarmi quando le mie carni stanno urlando di dolore? È come se avessi una lancia affilata dentro di me, bollente, che causa non solo dolore ma anche bruciore. L’unica cosa che voglio è spingerlo via, e buttarmi dell’acqua ghiacciata tra le gambe per poter rinfrescare le membra che vanno a fuoco.
Le mie labbra tremano mentre chiudo gli occhi, cercando di pensare a tutto fuorché al dolore. Mi concentro su altro, ad esempio su quanto lo stia odiando in questo preciso istante! Do a lui la colpa, benché non mi abbia costretto. Se sono qui, è solo per colpa sua! E, per evitare di gridargli in faccia tutto il mio rancore verso di lui, serro le labbra.
Inizia a muoversi, dapprima lentamente, mentre è come se ormai fossimo un tutt’uno. È una sensazione orribile, vorrei solo scoppiare a piangere ma la mamma mi ha detto di non farlo perché tanto finirà presto. Io mi fido di lei.
Ma davvero, sento solo dolore e bruciore, niente di più.
Lo sento sospirare, mentre mi accarezza nuovamente tra le gambe con una mano.
Sospiro di sollievo, cercando di calmare i battiti del mio cuore. Se anche il dolore non è scomparso, cerco di concentrarmi su questa sua mano che mi accarezza sempre più velocemente. Mi concentro solo su questo: la sua mano si muove con forza e velocità su di me, mentre quasi non sento neanche le sue spinte che aumentano di intensità, se non fosse per i movimenti del suo corpo.
E benché non abbia provato lo stesso piacere che mi ha regalato nella vasca, il peggio è comunque passato.
Emette un gemito più forte degli altri emessi sin’ora, la sua mano che si ferma insieme al corpo.
Non ho la più pallida idea del motivo, ma si è fermato e questo mi basta per pregare qualcuno Lassù che sia davvero tutto terminato.
Rimane altri tre secondi, nel quale avverto il suo respiro affannato e lui che si allontana con lentezza da me.
Quasi vorrei che ritornasse indietro. Non fa male, ma è un qualcosa di insopportabile: oltre al bruciore e al dolore per la perdita della mia illibatezza, sento anche come se ci fosse un vuoto tra le mie gambe.
È questo che proverò ogni volta che avrà bisogno di me?, mi chiedo sconfortata.
Sapevo che mi sarei fatta male... ma non così tanto. E ragionando più lucidamente, non posso neanche avercela con Edward dato che: uno, non mi ha costretto a fare niente, mi sono concessa io a lui – anche se l’ho fatto per paura di rimanere al castello per sempre –; e due, provare dolore è normale, lui anzi mi ha preso con delicatezza.
Ma in quel momento, quando era dentro di me e sentivo un desiderio opprimente di cacciarlo via, non ho potuto fare a meno di odiarlo.
Adesso è steso vicino a me, gli occhi puntati sul soffitto, le braccia incrociate sotto la testa, l’espressione indecifrabile. Ha indossato i calzoni bianchi, mentre è ancora a petto nudo.
È sera, vorrà dormire, quindi mormoro esitante: “Devo tornare nelle mie stanze?” La voce è un sussurro timoroso, sperando che mi dica che sì, devo ritornare nelle mie stanze. Se dovesse dirmi di no, significa che ha ancora bisogno dei miei servigi e, al momento, l’unica cosa che voglio è rinfrescarmi.
Come ricordandosi solo in quel momento di me, si volta, osservandomi a lungo. “No, puoi rimanere” mormora, mentre sento subito un peso di fronte alla consapevolezza di ciò che dovrò ancora sopportare. Ma lui non ha ancora finito. Si mette a sedere con un movimento fluido, continuando: “Tanto dovevo andare via” Indossa la camiciola e, senza neanche abbottonarsela, esce dai suoi appartamenti a piedi scalzi.
Rimango un attimo interdetta, con la paura che da un momento all’altro possa far ritorno e pretendere il mio corpo, ma ciò non accade. E benché la paura non si affievolisca, è notte, sono sfinita, e mi addormento nel letto di un principe senza neanche rendermene conto.
 
 

Spazio autrice

Spero che il chappy e la reazione di Edward non vi abbia deluse! :S
Ho notato con piacere che la storia, e Edward in particolare, vi sta sorprendendo tutte, perchè molte vi aspettavate che lui facesse sua Bella immediatamente come in altre storie. Pur non criticando chi scrive storie basate sui soliti clichè (io stessa sto pensando a una storia con un clichè più o meno famoso), cerco sempre di distinguermi da tutte le altre storie (e se vi fate un giro sulla mia pagina autrice ve ne renderete conto leggendo le trame delle mie storie!) aggiungendo qualcosa di mio. In questo caso, Edward è del tutto nuovo sul settore :) Spero comunque che questo "colpo di scena" non vi abbia deluso (in particolare che Edward fa sua Bella, prima o poi l'avrebbe fatto!): la storia non sarà lunghissima, come le altre due completate anche questa durerà pochi capitoli e non potevo farli ravvicinare verso gli ultimi capitoli, non se volete il lieto fine. E voi lo volete, vero? ;) No, perchè io sì, SEMPRE! :D
Spieghiamo un pò di cose: Bella decide di perdere la verginità con un uomo che non ama ma che comunque può costringerla da un momento ad un altro. E per di più, sa che è stata portata là solo per poterlo soddisfare sessualmente: se non ci riesce, non sa quando nè se tornerà a casa. Preferisce essere lei, quindi, a concedersi a lui. Al suo posto, probabilmente avrei fatto lo stesso.
Edward non ha abusato di Bella: tutto il dolore che lei sente è normale, la prima volta è quasi un supplizio. Non dico per tutte, ma per molte sì. In più, Bella non si concede a lui per amore, lo fa quasi perchè per lei è un dovere.
Edward entra piano in lei, cerca di rilassarla, la accarezza, ma raggiungere l'orgasmo la primissa volta, per me, è impossibile. Magari può essere raggiunto, ma comunque ci sono casi e casi :)
Se avete inteso la scena di sesso come una violenza, fatemelo sapere per favore che vedrò di sistemarlo. NON voglio che pensiate che Edward abbia violentato Bella.
Perchè non si è tirato indietro? Questo non ve lo dico, lo scoprirete insieme a Bella :)
Detto questo, buon inizio settimana :3
Vane.
 

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


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Sono i primi raggi di sole che picchiano sul mio viso a svegliarmi.
Apro gli occhi, allungandomi sul letto morbido per risvegliare i muscoli intorpiditi dal sonno, ma mi blocco imprecando a denti stretti quando sento tra le gambe pulsare forte.
Il ricordo della notte scorsa riaffiora nella mia mente come un getto d’acqua ghiacciata.
Adesso, l’unica cosa che mi da la forza di non piangere alla prospettiva di dover riprovare tutto il dolore di ieri sera è sapere che entro breve ritornerò a casa mia. Perché il Principe si stancherà di me prima o poi, no?
Il posto vicino al mio è sgualcito, e ancora caldo al tatto, segno che Edward ha dormito in quel letto e si è alzato da poco.
Mi vien da pensare che è stato molto dolce da parte sua non avermi svegliato, stanotte, per... per quello. Ancora più dolce è stato il fatto che abbia permesse a me, una serva, di dormigli vicino quando avrebbe potuto svegliarmi e mandarmi via. Un principe e una serva che dormono nello stesso letto di lui? Mai sentito.
Mi siedo sul letto, indecisa su cosa fare. Be’, come prima cosa, meglio lavarsi, sento le gambe appiccicose senza neanche sapere perché.
Passo una buona oretta a lavarmi con l’acqua che trovo nella stanza del Principe. Che qualche serva mi abbia visto dormire negli appartamenti di Edward? Sicuramente, altrimenti non si spiega la presenza dell’acqua calda. Arrossisco, pensando che a quest’ora tutta la servitù saprà ciò che è successo ieri notte tra quelle quattro mura. Benché tutti conoscono il motivo della mia presenza qui, è diverso adesso che è successo realmente. Realizzo che comunque non potrò stare tutto il tempo racchiusa nelle mie stanze, meglio affrontare tutti oggi.
Quando scendo nelle cucine, Mike e Esme stanno parlando. Anzi, bisticciano, come al loro solito.
“Buongiorno” mormoro, annunciandomi.
“Oh, buongiorno a te” risponde disinteressato Mike.
E nonostante tutto lo adoro.
“Come hai dormito, bambina?” domanda Esme, lanciandomi una strana occhiata.
“Bene...” rispondo, quasi come in una domanda.
“Mike, non devi andare a riordinare la libreria del castello?” domanda Esme, lanciandogli un’occhiata.
“È un lavoro che posso fare anche tra qualche minuto...” Mike la guarda, poi guarda me e sbuffa. “A ben pensarci, posso farlo adesso” borbotta, uscendo dalla cucina.
“Vieni, siediti” mormora Esme, prendendomi per mano e facendomi sedere. Mi accarezza una guancia. “Come ti senti?” chiede.
Sospiro. “Ehm... non lo so. Io... io sto bene, davvero. Però mi sento... strana” ammetto sorridendole imbarazzata. Esme mi ha fatto pensare alla dolcezza di Edward, perché per quanto il dolore mi abbia irrigidito ricordo perfettamente le sue carezze. Però è anche vero che mi sento strana, è come se adesso che non sono più una semplice ragazza, bensì una vera donna, tutto il mio corpo stesse reagendo di conseguenza.
Mi sorride anche lei. “Stai tranquilla, è normale. L’importante è che Edward sia stato paziente, gentile, dolce...”
Annuisco, rassicurandola. “Sì lui... è stato molto dolce” dico arrossendo. “Ma come hai fatto a sapere...?”
“Stamattina sono entrata nelle camere del Principe, portandogli l’acqua per lavarsi come ogni mattina. L’ho trovato seduto che stava leggendo e ti ho vista addormentata sul letto. Quando mi ha visto ha fatto solo un cenno per l’acqua, e prima di andarmene mi ha detto di portarne anche a te. Scommetto che le lenzuola sono sporche di sangue” conclude il suo discorso.
“Sangue?” chiedo confusa.
Sembra imbarazzata dalla mia domanda. “Tua madre non... non hai parlato con tua madre?” domanda.
“Sì, ma eravamo troppo... sconvolte per fare un discorso decente. Non quando perdere la verginità per me sarebbe stato un ordine a cui obbedire” sussurro infine.
“Beh, vedi tesoro, una donna perde sangue la prima volta, è normale. Non tanto, stai tranquilla. In realtà, potresti anche non averne perso, varia da donna a donna. Un po’ come... come il dolore. Hai sentito male?”
Pur imbarazzata, le rispondo sinceramente. “Tanto.”
“Il dolore è provocato dalla rottura dell’imene, ma causa un leggero fastidio, non tanto dolore. Il dolore che hai provato tu, sarà dipeso sicuramente dall’ansia, dalla paura, dall’essere costretta...”
“No, non sono stata costretta” mormoro interrompendola. Non so perché, ma sento il bisogno di proteggere Edward. In fondo, le sto dicendo la verità. “Lui... non mi ha chiesto niente, sono stata io a... a fare... la prima mossa” le spiego.
Esme rimane un attimo senza parole.
“Ho pensato che se mi fossi data a lui, si sarebbe stancato presto di me e magari, tra poche settimane, avrei fatto ritorno a casa mia” mi giustifico.
Esme annuisce, pur ancora interdetta. “Io spero tanto che tu abbia ragione, figlia mia. Lo spero per te. Ma dimmi, qualcuno ti ha fatto prendere qualcosa?” domanda, scrutandomi in volto.
Aggrotto le sopracciglia. “Cosa avrei dovuto prendere?” chiedo, confusa.
“Oh no...” mormora sconcertata. “Avevo raccomandato ad Angela di darti quelle cose!” esclama.
“Che cosa, Esme?” Continuo a non capire.
Esme va alla porta, guardandosi intorno. Vedendo che siamo da sole, ritorna davanti a me. “Quando un uomo raggiunge il piacere, emette un liquido, il suo seme. Ed è questo seme che può renderti gravida.” Cerca di spiegare il tutto misurando le parole, facendomi capire a fondo.
Rimango pietrificata. “Esme, io...”
“Avevo detto ad Angela di darti delle spugne imbevute d’aceto che avrebbero impedito di ingravidarti, ma a quanto pare quella piccola sciagurata lo ha dimenticato!” continua.
“Esme, che faccio?” chiedo disperata. Non ho la più pallida idea di ciò che può accadermi se dovessi aspettare un figlio dal Principe; potrei essere punita, o addirittura impiccata. Mi sento morire al solo vedermi con una corda alla gola. È come se già sentissi il fiato incrinarsi, mentre cerco disperatamente di respirare.
“Calmati, Isabella. Non è detto che tu sia già incinta, e se siamo fortunate non è detto che il Principe sia venuto dentro di te. È venuto dentro il tuo corpo?”
“Non lo so!” esclamo, gli occhi che brillano di lacrime represse.
“Come non lo sai?” domanda esterrefatta Esme.
“Non lo so, sentivo troppo male per concentrarmi su altro” piagnucolo.
Si passa una mano sulla fronte, asciugando il sudore invisibile. “Raccontami ciò che ha fatto dopo essere entrato in te.”
E per quanto mi senta in imbarazzo, non posso non dirglielo. “Lui... ha iniziato a muoversi, prima piano, poi sempre più veloce... Poi ha tremato e alla fine si è fermato.”
“E poi?”
“Poi è uscito” rispondo semplicemente.
Scuote la testa. “Mi chiedo perché il Principe sia stato così incosciente da venire dentro di te” mormora quasi più a se stessa che a me.
“Oh mio Dio...” mormoro sconvolta.
“Isabella, non è detto che tu sia incinta, ti ripeto. Adesso non pensiamoci, semmai dovessi esserlo...” Scuote la testa, riprendendo a parlare. “Vedrò di parlare con una donna e farti prendere qualcosa per evitare di portare a termine la gravidanza”
“Non finiremo nei guai?” domando con un fil di voce, mentre pian piano mi rilasso.
“Dovremo stare molto attente, ma a saperlo saremo solo noi due. E la donna che ci preparerà la pozione, nessuno più” sentenzia.
Annuisco, riprendendo a respirare.
Durante la giornata, passo gran parte del mio tempo insieme a Esme e Mike, il quale, pur comportandosi burberamente come suo solito, cerca di rilassarmi. Anche se non lo vuole mostrare a nessuno, anche lui ha un cuore e gli dispiace che io abbia perso la verginità senza il mio consenso, così cerca di farmi ridere con certe frasi da lui pronunciate.
Non è sposato, non ha figli, e credo che il suo unico amore sia il suo lavoro. Credo, però, che abbia un debole per Esme... questo non posso saperlo con certezza, ma l’idea mi ha sfiorato più volte la mente. Sarebbero una bella coppia, comunque.
In questo Palazzo, lui e Esme sono coloro a cui mi sono affezionata maggiormente.
La sera giunge presto, e con essa anche un po’ d'ansia. Sono già stata di Edward, lo sarò anche stanotte.
E come ogni sera, siedo sul grande letto del Principe dopo che le cameriere, Angela esclusa, mi hanno preparato per la notte. Solo che stavolta servirà a qualcosa.
Qualcuno bussa piano. Non può essere Edward: perché dovrebbe bussare per entrare nelle sue stanze?
Esme entra poco dopo facendomi rilassare, mentre vedo che ha qualcosa in mano.
“Bambina, sai come mettere queste spugne?” chiede dolcemente.
“Ehm... no.” Non ne ho la più pallida idea.
“Dovresti metterle all'interno... per proteggerti.”
Capisco subito cosa intende dire quando pronuncia ‘interno’. “Non lo so fare, Esme.” Potrei sbagliare, farmi male inutilmente...
“Posso pensarci io, se vuoi. Devi solo aprire le gambe e rilassarti.”
Arrossisco. Anche se Esme è una donna... nemmeno a mia madre ho mai permesso di vedermi nuda dall’età di dieci anni!
La porta si apre prima che potessi pronunciare una sola parola, mentre entra un Edward abbastanza confuso. Il suo sguardo si posa sulle mani di Esme, e di conseguenza sulle spugne bagnate, e io vorrei solo morire.
Santo cielo, perché proprio a me?
“Che sono, quelle?” chiede, in direzione delle spugne.
Esme accenna un lieve inchino. “Mio Signore... io... queste sono spugne.”
“Sì, questo lo vedo.” Edward annuisce scettico, incrociando le braccia al petto.
Quello stesso petto che io ho potuto vedere con i miei occhi.
“Ecco... avevo dato ordine ad Angela di dare queste spugne a Isabella per poter affrontare le notti in vostra compagnia senza timore di restare... gravida.” Esme è imbarazzata, ma mai quanto me.
Edward ha il volto imperturbabile, come sempre. “Puoi andare, Esme, ci penso io” mormora semplicemente, aprendo la porta per Esme.
Ci pensa lui? Oh Dio, la voglia di morire aumenta!
Esme mi lancia un’occhiata, ma fa un lieve inchino e esce dalla stanza. Edward chiude la porta.
“Come mai Angela non ti ha dato prima queste spugne?” domanda, dirigendosi verso il letto e sedendosi vicino a me, prendendo in mano una spugna già bagnata.
“Non lo so...” sussurro ansiosa.
“Le vuoi mettere?” chiede, inarcando un sopracciglio e alzandone una.
Fisso quella spugna come se fosse un mostro che incute timore. Guardo Edward, indecisa se rivelargli la verità o meno. Esme mi ha chiesto se fosse uscito prima di venire... suppongo che questo sia un altro metodo per evitare di farmi aspettare un suo bambino, oltre a quello delle spugne. E sicuramente, meno faticoso che farmi entrare una spugna in corpo.
Annuisce. “Non le vuoi mettere” mormora, riposando la spugna e togliendo il resto dal letto. “Vieni qua” mormora, riportando lo sguardo sul mio volto.
Titubante, mi avvicino a lui, sedendomi sopra come ieri. Sento le sue labbra sul collo, le sue mani sulle mie gambe.
I suoi baci raddoppiano, la stretta anche, e inizio a sentire qualcosa tra le sue gambe.
Senza allontanarsi, mi ritrovo con lui sopra di me, a mia volta distesa sul letto. Mi spoglia come ieri notte, ritornando a baciarmi come prima. Inizia a strusciarsi su di me, facendomi emettere un ansimo.
Poso una mano sul suo petto, come a chiedergli di smetterla di provocarmi quelle sensazioni.
Ma lui aumenta i movimenti, mentre sento lo stesso piacere dell’altra volta pervadermi dentro. Le sue labbra si posano sulle mie, stordendomi per un secondo.
Mi sento strana, diversa, come una Bella nuova. Allargo maggiormente la gambe, mi piace, al momento non mi fa male e lo assecondo.
La mia mano è ancora sul suo petto ma non sembra dargli fastidio.
Mi scosto quando ho bisogno, più che di prendere aria, di respirare affannosamente; e più cerco di trattenermi peggio sto.
“Ricordi quando ti ho detto di non trattenerti?” chiede, leccandomi il lobo dell’orecchio. “Non farlo nemmeno adesso.”
Pur vergognandomene, lo ascolto, sentendomi decisamente meglio nel lasciarmi andare. E quando quella bolla scoppia, mi sento stordita e stanca, ma sto bene.
“Senti quanto sei bagnata?” domanda, passando una mano sul mio ventre, sempre più giù, raggiungendo la mia intimità. Il dito si ferma, continuando ad accarezzarmi. “E sei anche pronta” continua, posando la bocca su un capezzolo, prendendo a torturarlo.
“Edward” ansimo senza rendermene conto, la mia mano sui suoi capelli.
“Che c’è?” chiede, senza darmi l’idea che sia arrabbiato per averlo chiamato col suo nome.
“Le spugne...”
Con uno scatto, si scosta prendendone una. Si riavvicina a me fissandomi.
“Posso...” Mi blocco, indicando la spugna nella sua mano. “Posso metterla io?” chiedo.
“La sai mettere?”
Non rispondo, prendendo in mano la spugna. Apro leggermente le gambe, ponendo davanti ad esse la spugna per impedire agli occhi di Edward di posarsi sulla mia femminilità esposta. Con molta attenzione, cerco di mettere all’interno la spugna, ma mi faccio solo male. Ci provo e ci riprovo, ma il risultato è sempre quello.
La mano di Edward scosta la mia, prendendo il suo posto. Mentre con l’indice preme per far entrare la spugna, col pollice mi accarezza, facendomi concentrare solo suoi nuovi brividi di piacere. Dopo un po’, riesce a far entrare tutta la spugna, ritornando su di me.
Stavolta, lo sento entrare ma non provo dolore, non lo stesso di ieri notte, almeno. Fa ancora male, ma riesco a sopportarlo. E quando inizia a muoversi, sento un piacere del tutto nuovo, che cresce pian piano. È più potente, più rilassante, più sentito.
Sento Edward sino in fondo, e non mi da fastidio. È tutto più bello.
Non raggiungo lo stesso piacere raggiunto poco fa, ma sapere che comunque non mi ha fatto male già per me è abbastanza.
Come l’altra volta, lo sento fermarsi, mentre entrambi respiriamo con affanno.
Ricade sul letto, poggiando la testa sul cuscino vicino al mio.
Non ho idea se se ne andrà come ieri, o rimarrà, perché dopo neanche cinque minuti mi addormento, sfinita dalle troppe emozioni della giornata.
 
 

Spazio autrice

 
Io non so se il termine "imene" già esistesse in tempi antichi (la storia la ambientate VOI in quale epoca volete, decidete voi :) ), se non esisteva concedetemi questa piccola licenza.
Leggo vari romanzi storici Harmony e in uno di questi per evitare di mettere incinta qualcuno si usavano queste spugne imbevute d'aceto. Ecco perchè lo usata anche io, questa cosa. E se non è vera, date la colpa alla scrittrice dal quale ho preso questa idea.
Ho qualche idea sul proseguimento della storia, e semmai Bella dovesse rimanere incinta (cosa che io so se accadrà o meno), rassicuratevi: non berrà mai una pozione del genere. Al momento, è felice di aver trovato una soluzione, ma MAI nelle mie storie la protagonista femminile abortirà di sua spontanea volontà.
Spero che il capitolo vi piaccia!:)
Un bacio, Vane.

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


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Anche questa volta, a svegliarmi sono i raggi del sole di primo mattino.
Sento, sotto di me, qualcosa di duro e caldo, che certamente non può essere il materasso morbido che mi ha accolto nelle ultime notti.
È il corpo del Principe, che stavolta è rimasto nel suo letto. 
Praticamente, ho dormito sopra un principe!, mi rendo conto esterrefatta. Mi scosto, pronta a scusarmi. 
Edward è sveglio, ha una mano allungata sul mio cuscino e un’altra sotto la testa. Gli occhi sono puntati sul soffitto e sembra pensieroso.
“Scusatemi, non... non me ne sono accorta.” Spero davvero possa accettare le mie scuse, perché altrimenti Dio solo sa come potrebbe punirmi.
“Non fa niente.” Il suo tono di voce sembra annoiato.
Mi guardo intorno non sapendo che altro fare, sollevata e sorpresa contemporaneamente dalla sua risposta. Mi sento anche in imbarazzo. Mi volto verso di lui, sempre nella stessa posizione di prima.
Inaspettatamente, il suo sguardo incrocia il mio. 
Non reagisco, presa alla sprovvista.
Il suo sguardo si posa sul mio corpo, mentre lo imito.
Emetto un gemito strozzato quando vedo che indosso la camiciola di Edward, la camiciola di un principe. “Non...” Non ho idea di cosa dire, riesco solo a pensare a quando, durante la notte, mi sono svegliata per indossare la mia camiciola, confondendola invece con quella di Edward.
Con uno scatto improvviso, mi porta sotto di lui, una sua mano ad alzare la camiciola su per la coscia. Lentamente.
“Non sono arrabbiato” sussurra, sfiorandomi la guancia con il naso, in una leggera carezza. “Però sono curioso di sapere com’è finita su di te” riprende, scivolando sul collo.
“Stanotte sentivo freddo così mi volevo coprire con la mia camicia da notte. Non pensavo fosse la vostra” spiego, sincera.
“Mmh-mmh…” 
Un brivido scuote il mio corpo, mentre Edward scopre con sensuale lentezza il mio ventre.
“Hai un buon odore” sussurra al mio orecchio, lasciando un delicato bacio alla gola.
Inclino la testa, permettendogli maggior accesso. Mi ha detto di lasciarmi andare, e per quanto mi risulta difficile pensando al dolore che proverò, ci provo.
Le mie gambe si aprono di propria volontà, Edward che si sistema meglio tra di esse.
“Quanti anni hai?” domanda, fermando la sua mano e scrutandomi.
Sono presa alla sprovvista, ma rispondo. “Diciassette.”
Aggrotta leggermente le sopracciglia. “Sei ancora una bambina” mormora, più a se stesso che a me. Anche il Consigliere ha pronunciato questa stessa frase.
Lo guardo, senza sapere ciò che dirà o farà. Non mi sono accorta di avere la mani sulle sue braccia, mentre si puntella sui gomiti per non pesarmi.
Riporta l’attenzione sul mio viso. “Perché non hai rifiutato? Sei troppo giovane, Aro avrebbe dovuto ritirare l’ordine” sussurra, sinceramente confuso.
“Credevo che se avessi parlato sarei stata punita” rispondo, sincera.
Fa un mezzo sorriso. “Probabilmente hai ragione. Ma Aro avrebbe dovuto parlarne con me” sentenzia alla fine, di nuovo quella ruga a increspargli la fronte.
Lo guardo, incuriosita dalle sue parole. A lui che importa?, mi domando.
Mi guarda, ridendo piano quando vede la mia espressione. “Sei bella” mormora semplicemente, affondando nuovamente il suo volto nell’incavo del mio collo, per lasciarmi un altro delicato bacio.
Le sue parole sono state così spontanee, insieme alla sua risata, che non riesco ad impedirmi di sorridere.
“Ma adesso devo andare” continua, scostandosi e sedendosi sul letto. Fissa il mio busto. “E quella mi serve” aggiunge, indicando la camiciola.
Arrossisco quando vedo che non si volta per permettermi di spogliarmi. Fortunatamente, sembra capire e, sbuffando, volta la testa.
Mi tolgo la camicia velocemente indossando alla bell’e meglio la mia e ridando quella del Principe a Edward.
“Grazie” mormora divertito, prendendola in mano. Si alza dal letto, incurante della sua nudità che mi fa avvampare, costringendomi a distogliere lo sguardo.
Lo sento ridere piano prima che il materasso si muovi. 
Mi volto, scoprendolo già vestito e intento a inginocchiarsi davanti a me. 
“Stasera puoi benissimo stare nelle tue stanze, se ti va. Devo fare una cosa” comunica, affondando in seguito la mano nei miei capelli e lasciandomi un veloce quanto passionale bacio sulle labbra.
Fa tutto così velocemente che mi ci vuole qualche secondo per comprendere appieno il significato delle sue parole, anche dopo che lui mi ha lasciato nei suoi appartamenti.
Sospirando piano, mi distendo, il letto morbido e accogliente, le lenzuola tutte sgualcite a causa di stanotte.
Non ho la minima idea di come prendere il comportamento di Edward: se dietro ad ogni sua parola, gesto e sguardo c’è qualcosa, io proprio non lo so.
Mi confonde, mi disorienta, e non posso nemmeno chiedergli spiegazioni.
Non so quando potrò ritornare a casa, ma anche se tutto sommato non posso lamentarmi della mia attuale condizione, la voglia di rivedere i miei genitori è grande.
“Ciao, bambina.”
Alzo lo sguardo, scoprendo una sorridente Esme che tiene in mano una bacinella d’acqua.
Le sorrido, arrossendo un po’: sono nel letto del Principe, appena uscito, con indosso solo una camicia a mala pena abbottonata e l’espressione assonnata; il letto è disfatto. È chiaro come abbia passato la notte.
“Buongiorno a te, Esme” ricambio il saluto, sorridendole.
Il suo sorriso aumenta. “Come ti senti?”                              
Prendo un bel respiro, sospirando soddisfatta. “Sto bene, Esme. Grazie.”
“Mi fa piacere vedere che il Principe ti rispetta. Perché è questo che mi dai a vedere” continua, esternando i suoi pensieri.
“Non posso negare che anche io mi sento più tranquilla e meno ansiosa conoscendo, adesso, più a fondo il Principe. Sì, insomma, non pensa solo a se stesso…” Sussurro l’ultima frase abbassando lo sguardo imbarazzata, cercando di farle capire a cosa mi riferisco.
Esme ride, capendo perfettamente. “Isabella, ne sono felice. Devi esserti sentita molto male alla prospettiva di darti prima del matrimonio a un uomo che avrebbe potuto far di te qualunque cosa, essendo lui un principe” mormora fissandomi attentamente, sedendosi vicino a me dopo aver preparato l’acqua.
Scrollo le spalle. “Non è stato facile; mi sentivo come se stessi sacrificando la mia vita per… la vita stessa.” È un concetto strano da capire, ma allo stesso tempo così chiaro: se mi fossi rifiutata di adempiere al mio dovere, avrebbero potuto pure punirmi condannandomi a morte.
“Ti sentivi? Adesso non più?” domanda Esme, sorridendomi dolcemente ma anche divertita.
“Be’, lui… te l’ho detto: non pensa solo a se stesso.” Credo che il colore della pelle del mio viso sfiori il rosso sangue ma per me non è semplice parlare o fare allusioni al desiderio carnale quando per tutta una vita ho ignorato anche la parola stessa.
Esme ride, accarezzandomi il volto. “Va bene, bambina. Su, vai a lavarti; mi troverai nelle cucine.”
Prima che possa andare via, non appena si alza dal letto la fermo, chiamandola. “Esme.” Pronuncio il suo nome ansiosa, mentre si volta verso di me, sorpresa. “Oggi il Principe mi ha detto che potrò dormire nei miei appartamenti, che per stanotte non avrà bisogno di me. Tu credi che si sia stancato e che presto ritornerò a casa?” chiedo, speranzosa.
Soppesa la risposta, facendo una smorfia. “La verità?” Annuisco. “Io credo che sia soltanto impegnato, stasera. Non so cosa spinga un principe a comportarsi con tanti riguardi nei tuoi confronti, ma se fossi stata solo una ragazza da una notte e via per lui, non penso si preoccuperebbe di soddisfarti come mi hai fatto capire che fa.”
La sua risposta mi lascia ancora più confusa. Penso e ripenso ad ogni sua parola anche quando, dopo aver sorriso, mi lascia sola nelle stanze del Principe Edward.
E anche mentre mi lavo, le sue parole sembrano riecheggiarmi intorno, mescolandosi poco alla volta, sino a lasciarmi ancora più confusa di prima.
Ha dato voce ai miei pensieri: sono solo una serva, cosa lo spinge a comportarsi con così tante premure verso di me? Non può essere semplice comportamento, altrimenti tratterebbe anche tutti gli altri servi come tratta me. Magari perché ero vergine e non voleva farmi male… ma, anche in questo caso, non vale più; non dopo la prima volta, almeno.
Non scavo più a fondo perché più a fondo vado, più le probabilità diventano impossibili.
Quando esco dagli appartamenti di Edward, lavata e con addosso un semplice vestito, mi dirigo immediatamente verso le cucine.
“Ah, signorina Swan.”
Mi volto sorpresa, scorgendo Mike uscire da una stanza con cinque libri in mano.
“Mike, che fai?” domando, prendendo in mano due libri.
Ha lo strano vizio di chiamare tutti per cognome, portando un rispetto esagerato anche a me che potrei essere sua figlia. Solo con Esme si permette di essere più spontaneo, ma questo è dato dal fatto che la conosce da tanto tempo.
“Il Principe mi ha ordinato di portare dei libri in biblioteca e prenderne altri, da sistemare nella sua privata” spiega, camminandomi vicino.
Ci dirigiamo verso le stanze di Edward. “Vuoi che ti aiuti?”
“Mi faresti un enorme favore: devo ancora prenderne altri e sostituirli” risponde, annuendo alla mia domanda.
Quando entriamo nelle camere di Edward, il letto è ancora disfatto, cosa che mi fa imbarazzare oltre il possibile. Apprezzo il silenzio di Mike, alla cosa.
“D’accordo: questi posali qui, mentre io prendo quelli che bisogna cambiare con gli altri” comunica, andando verso la piccola libreria.
Ne prende tre che tiene in mano lui, e suppongo che quelli da riportare dopo siano di più e più pesanti.
Ritorniamo in biblioteca, e aiuto Mike a prendere in mano dei libri molti più pesanti.
“Cosa ci dovrà mai fare con questi libri, non lo so” borbotta, quando gli cadono i libri che tiene in mano.
“Magari leggerli?” chiedo divertita.
“Spiritosa, signorina Swan, davvero molto spiritosa” sibila. È adorabile quando si offende, e ancora di più quando, pur lamentandosi, accontenta Esme in ogni cosa.
Sto ancora sorridendo quando sentiamo la porta della libreria aprirsi, il Principe entrare subito dopo. 
Ci fissa confusi, mentre il suo sguardo si posa sui libri.
“Vostra Altezza” mormora Mike, inchinandosi. 
Lo imito, presa alla sprovvista dal suo arrivo.
“Che fate qui?” chiede, sedendosi sul divano.
Il mio sguardo è puntato su Mike, troppo imbarazzata anche solo per rispondere e guardare Edward negli occhi. 
In questa stanza, sappiamo benissimo tutti e tre cosa è successo – e succede – la notte negli appartamenti di Edward.
“Stavo riordinando i libri delle vostre biblioteche come mi avevate ordinato, e la signorina Swan si è offerta di aiutarmi.”
Lo sguardo di Edward si sposta immediatamente su di me, facendomi trasalire.
“Va bene, Mike. Puoi anche andare, continuerai quando avrai più tempo, non importa.” Edward si alza dal divano per dirigersi verso la scrivania, prendendo in mano vari registri.
Anche mio padre li ha, servono a tenere il conto delle spese della nostra casa; in questo caso, del castello.
“Come desiderate, mio Signore” sussurra ubbidiente Mike, inchinandosi. Mi lancia uno sguardo, andandosene via. Mike è preoccupato per me, e questo me lo fa amare ancora di più. Non dovrebbe esserlo, e invece, seppur tenta di nasconderlo, lo è.
Non appena rimaniamo soli, Edward non emette il minimo suono. Non mi chiama, non mi guarda: è seduto, e controlla i documenti con molta attenzione.
Deglutisco, indecisa se disturbarlo o meno, ma devo farlo. “Mio Signore…” mormoro titubante.
Alza il viso verso di me, aspettando che continui la frase.
“Posso andare?” domando, la voce incerta. 
Mi guarda, come se pensasse ai pro e ai contro di una sua possibile affermazione negativa o positiva. “Puoi andare” mormora infine, riportando lo sguardo sui documenti.
Non attendo altro: esco più in fretta che posso.
 
Lo stomaco ha iniziato a darmi fastidio già dal primo pomeriggio. Adesso, non resisto quasi più. 
Facendo un po’ di conti mentali, entro breve dovrebbe iniziare il mio periodo e questo mi rende più tranquilla: niente bambino. È quello per cui ho pregato.
Sfoglio un’altra pagina, cercando di riprendere a leggere il libro che tengo in mano, mentre sono distesa sul mio letto. È tardi, ma non ho sonno. E più cerco di concentrarmi sul testo, più pensieri mi stravolgono la mente, distraendomi.
Sussulto spaventata quando sento un rumore provenire dalle stanze del Principe. 
Incuriosita, e anche preoccupata, indosso la vestaglia e esco dalle mie camere per entrare in quelle di Edward. 
La grande stanza è illuminata solo da una candela, posta sulla scrivania del Principe, mentre lo vedo seduto che si massaggia i muscoli del collo.
“Mio Signore” mormoro, sorpresa nel sentirlo gemere di dolore. È un suono talmente diverso da quelli che si ritrova a fare con me, quando mi fa sua… 
Si volta, sbuffando quando mi vede. “Non lo sai che non si entra mai nelle stanze Reali senza invito?” chiede, brusco.
“State bene?” domando, ignorando la domanda. So di rischiare, ma non ho scelta. 
Mi avvicino, in mano la candela che ho preso dalla mia stanza per illuminare il cammino, ponendomi di fronte a lui.
Rammento immediatamente quando, con la speranza di ritornare quanto prima a casa, ho sedotto il Principe ponendomi col mio corpo di fronte al suo.
Ha la camicia sbottonata, fuori dai calzoni, ed è posizionata in modo tale da scoprirgli le spalle.
Quando mi muovo verso la sua schiena, ansimo notando i graffi insanguinanti che la luce della candela illumina.
“Che cosa…?”
“Isabella.” Edward si sposta sulla sedia, guardandomi. Mi ammonisce con il tono di voce utilizzato. “Ci sono cose che non ti è dato di sapere. Io posso anche sorvolare sulla cosa, ma non chiedere mai, per nessun motivo, spiegazioni su questioni che non ti riguardano. Credimi se ti dico che la morte non è l’unico modo per far tacere una persona.”
Rabbrividisco a queste parole dette con tanta serietà. 
“Ma…”
Cerco di obbiettare, ma mi interrompe nuovamente. “Lo stai facendo nuovamente” mi riprende, divertito.
Lo osservo, facendo in seguito un passo indietro per ristabilire i ruoli.
L’azione di Edward è repentina: allunga una mano, afferrandomi per il polso e mettendomi a sedere su di lui. 
“Già che sei sveglia, però, puoi renderti utile” sussurra, sfiorando la pelle del mio petto con le labbra, in una carezza quasi impercettibile.
Quando alza il volto, abbasso il mio, posando le mie labbra piano sulle sue. La lingua di Edward cerca subito la mia, il Principe che con un movimento fluido mi porta sul letto. Slaccia la vestaglia, ponendo termine al bacio per denudarmi completamente. Riprende a baciarmi subito dopo, ritornando disteso su di me.
Con delicatezza, tolgo la camicia che indossa, evitando movimenti bruschi con le mani per non fargli male. “Dovreste curarvi” sussurro, sfiorandole con esagerata attenzione.
“Dopo” risponde immediatamente, abbassando il viso e catturando con le labbra un capezzolo.
Affondo le dita nei suoi capelli, desiderando di più. Le labbra sono morbide, la lingua calda e bagnata, e le mani di lui stanno accarezzando: una l’altro seno, l’altra tra le mie gambe.
Le apro, consentendogli facile accesso.
Porta la sua erezione sulla mia intimità, strofinandosi contro.
Gemo, chiudendo gli occhi e assaporando il momento. Sento le sue labbra che lasciano un leggero bacio sulle mie, che mordicchiano con i denti il mio labbro inferiore e, in seguito, anche quello superiore. Continua ad accarezzarmi, provando ad entrare in me.
Mi irrigidisco, ma certamente è piacevole.
E, a differenza delle altre volte, riesco a sentire anche un vero piacere. 
Non attende oltre: vedendo che non mi irrigidisco, inizia a muoversi con una certa possessività, facendomi ansimare a causa dei colpi e, allo stesso tempo, per il piacere che mi procurano questi.
Le sue mani sono posate sul mio cuscino, ai lati della testa, e si tiene con queste per non pesarmi, mentre le mie gambe circondano la sua vita; il mio bacino che risponde ai suoi colpi.
Anche lui inizia ad ansimare, facendomi perdere la testa. È terribilmente belle sentirlo ansimare grazie a me, mi da una certa soddisfazione e con sorpresa me ne rendo conto.
Oltre a questo, con un ultimo colpo riesce a farmi reclinare la testa all’indietro, mentre sento il piacere scorrermi nelle vene. Anche questa è la prima volta che raggiungo ciò con lui in me.
Ma sussulto quando mi rendo conto di una cosa: le spugne. “Mio Signore, le spugne!” esclamo, ansimando forte.
Non risponde, continua a spingere sempre più forte. Ricordando le parole di Esme inizio ad avere paura di poter rimanere incinta, poso le mie mani sul suo petto, tentando di allontanarlo prima che sia troppo tardi.
Ma non c’è bisogno: è Edward ad allontanarsi, irrigidendo i suoi muscoli e chiudendo gli occhi, mentre sento un liquido caldo sul mio ventre.
Sussulto, spaventata, non sapendo da cosa è dipeso.
Edward non sembra preoccupato. Forse non se n’è accorto.
“Mio Signore...” mormoro ansiosa.
Non emette una sola parola. Si limita a prendere la sua camicia e ad asciugare il mio ventre con quella, gettandola poi sul pavimento. Si corica immediatamente sul letto, distrutto per  la stanchezza.
E, come in queste ultime due sere – tre, includendo questa –, mi addormento immediatamente.
 
 

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


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Contrariamente a tutte le altre mattine, non mi sveglio grazie ai pallidi raggi del sole che filtrano dalle finestre della camera del Principe, bensì è il rumore della leggera pioggia che batte contro i vetri, un suono oserei dire quasi rilassante, che mi sveglia.
Rimango con gli occhi chiusi, assaporando questo momento di pace: deve essere molto presto perché non sento le cameriere indaffarate fuori gli appartamenti di Edward, e la pioggia rende tutto ancora più piacevole.
Sono sotto le coperte, al caldo, il corpo rilassato, e non potrei stare più bene di così.
Muovo un po’ le gambe intorpidite, gemendo piano quando mi rendo conto che sono un po’ doloranti. Sicuramente, ciò è dovuto a ieri notte.
Il Principe è con me, ne percepisco la presenza, il calore del corpo; come se non bastasse, ha un braccio posato sopra il mio ventre.
Mi volto, scoprendo il volto rilassato di Edward, il suo corpo a pancia in giù e la schiena scoperta.
Mi domando se senta freddo.
A causa del buio nella stanza, non riesco a scorgere i graffi, le cicatrici più o meno vecchie, che deturpano la schiena di Edward.
Non riesco a pensare alla causa dalla quale possano essere dipese: è un Principe, cosa mai può essergli successo?
Si muove, per voltarsi e mettersi supino, la schiena adesso a contatto con il letto. Dorme ancora profondamente.
A malincuore, scosto le coperte, indossando la mia vestaglia e uscendo molto lentamente, per evitare di far rumore e interrompere il suo sonno. Non mi va di entrare nella mia camera, così decido di scendere giù. Esme non ci sarà, ma non importa. So cucinare da sola, dopotutto.
Come immaginavo, in cucina non c’è nessuno, nemmeno Esme. Ma non importa, desidero bere solo un po’ di latte caldo. Mi basta.
Mentre tengo la tazza di latte appena preparato, mi siedo e inizio a pensare ai comportamenti del Principe. Per l’ennesima volta. Ma, anche se penso e ripenso cercando una soluzione, non ne trovo. È inutile.
Non sapendo più che fare, lavo la tazza preparandomi a salire sopra, sperando che il Principe dorma ancora.
Incredibile quanto giovane possa sembrare mentre dorme.
Adesso, la luce del giorno illumina di poco la stanza, permettendomi di osservare meglio ciò che mi circonda.
Edward si trova nuovamente a pancia in giù, facendomi notare quanto il Principe si muova durante il sonno.
E la luce, che filtra dalle finestre, illumina la sua schiena.
Il sangue che ieri sera sgorgava dalle ferite si è asciutto sulla pelle, facendomi pensare che Edward non si è più alzato dopo aver giaciuto con me.
È un incosciente.
Sospirando piano, scendo nuovamente in cucina, riscaldando dell’acqua e prendendo in mano una pezza.
Con molta lentezza, per evitare che l’acqua bagni il pavimento e scotti me, risalgo le scale, entrando nelle camere del Principe e posando la bacinella per terra, vicino al letto.
Mi inginocchio e, facendo molta attenzione, bagno la pezza per poi picchiettarla piano sulla schiena, lavando via il sangue raggrumato.
Ma riesco solo ad avvicinarla alla sua schiena, prima che il Principe con uno scatto catturi il mio polso allontanandolo da sé e fissandomi torvo.
Il mio cuore aumenta i suoi battiti immediatamente, mentre mi limito a fissarlo con espressione dispiaciuta. Magari, anche se vuole che ansimi per le sue carezze, non vuole nient’altro.
Ma pian piano, la stretta della sua mano attorno al mio polso rallenta, fino a scomparire del tutto.
“Isabella…” Con un gemito soffocato, allontana la sua mano, strofinandosi con essa gli occhi. L’altra, gli permette di appoggiarsi al letto.
Capisco, grazie al suo comportamento, che Edward era convinto non fossi io. Magari, stava sognando e io ho interrotto il sogno talmente bruscamente da farlo reagire in quel modo. O forse, è un’altra la verità.
Qualunque sia, è una cosa che non saprò mai.
“Non… Non toccarmi mai mentre dormo. Mai.” Mi guarda, come a volermi convincere anche con lo sguardo del suo volto della cosa.
Annuisco freneticamente, mentre il cuore riesce a calmarsi dallo spavento ricevuto.
Distoglie lo sguardo, sospirando e poggiando la testa sul cuscino. Ha di nuovo gli occhi chiusi e il respiro è regolare.
Con titubanza, avvicino nuovamente la mia mano alla sua schiena, tamponando le cicatrici e togliendo delicatamente il sangue raggrumatosi sulle ferite.
È stato molto incosciente, il Principe, a non curarsi già ieri notte le sue ferite. E se si fossero infettate?
Edward non si muove e non dice nulla per farmi smettere.
Continuo, sin quando non vedo la sua schiena ricoperta solo da quelle cicatrici rossastre.
Non credo che siano causate da un suo nemico: è il Principe, ha molti uomini che morirebbero per proteggere la sua vita. Allo stesso tempo, non riesco a pensare al motivo per cui la sua schiena sia così tanto martoriata.
Non ho idea dell’ora, ma presumo sia appena passata l’alba. Sento già gli abitanti del castello dare inizio ai loro lavori giornalieri.
Vedendo che Edward si è chiaramente addormentato, mi alzo per poter portare la bacinella d’acqua nelle cucine del castello.
“Buongiorno, Esme.” Non appena entro, vedo chiaramente Esme seduta al tavolo, mentre fa colazione. Solitamente, lei fa colazione prima di tutti gli altri lavoratori.
“Oh, Isabella. Buongiorno a te. Già sveglia a quest’ora?” domanda, offrendomi del pane che rifiuto.
“Non riuscivo a dormire” spiego.
“Qualcosa non va?” domanda, scrutandomi attentamente.
“No, Esme, va tutto bene.”
“Come mai quella bacinella d’acqua?” continua, indicando la bacinella ormai svuotata del suo contenuto.
“Ecco… Esme, il Principe ha delle cicatrici sulla schiena. E ieri sera è arrivato nelle sue stanze con la schiena sanguinante, segno che ne ha di nuove. Non capisco, però, da cosa possano essere causate” sussurro.
Mi fissa sorpresa. “Il Principe si allena. Non lo sapevi?”  
“Si allena talmente tanto da martoriarsi la schiena?” chiedo, incredula.
“È lui stesso a volerlo, Isabella. La spiegazione è perché, essendo il Principe e dovendo combattere contro tutto e tutti per il suo popolo, deve sapere come affrontare un certo tipo di dolore. Non sempre, ma qualche volta si fa frustare”
“Si fa frustare?” esclamo, inorridita. Avevo pensato a questa possibilità, ma sentirselo dire mi fa tutt’altro effetto. Senza potermelo impedire, nella mia mente riesco a vedere chiaramente la frusta che scatta e, con un sonoro rumore, tocca la schiena del Principe, facendolo gridare di dolore. E io mi sento male solo al pensiero. Talmente male, che ho bisogno di sedermi.
“Ti senti bene?” chiede, apprensiva.
Scuoto la testa, ancora incapace di pensare. “S-sì… credo di sì… Ma non ha senso!”
Esme si stringe nelle spalle. “Non sta a noi giudicare le decisioni del Principe, bambina. Su, ora mangia.”
Non riesco a sentire più nemmeno una parola, in seguito. Le azioni che compio durante la colazione, sono del tutto autonome.
 
Sto ancora pensando alle parole di Esme, durante il pomeriggio. Certe cose, è difficile metterle da parte.
Ho solo bisogno di tornare nelle mie camere, così da stendermi un poco. Pensieri e poche ore di sonno non fanno bene alla mia mente, né al mio corpo.
“Tu sei Isabella, vero?”
Mi volto sussultando, scorgendo la figura di un uomo che mi fa salire, mio malgrado, un brivido d’orrore lungo la schiena.
Capisco che l’apparenza possa ingannare, ma a vista d’occhio, quell’uomo non mi piace. Ovviamente, posso pure ricredermi.
“Sì… Voi chi siete?” domando, facendo un passo indietro e cercando di mettere quanta più distanza fra noi.
“Sono Dimitri, lo stalliere. Non sono un nobile, puoi anche essere informale davanti a me” mormora, fissandomi.
Quel suo sguardo mi mette soggezione. Annuisco, deglutendo. “Va bene. Ora devo andare.”
“Certo. Ci vediamo, Isa.” Saluta e si volta, un sorriso impertinente sul volto.
Quando rimango sola, mi rendo a malapena conto del battito forsennato del mio cuore. Eppure, non ha senso: non posso giudicare una persona solo perché mi è spuntata alle spalle, sarebbe da immaturi!
È il sonno, e il pensiero di un Edward sofferente di sua spontanea volontà, a farmi perdere la ragione.
D’altronde, Dimitri non ha fatto nulla di sbagliato, se non presentarsi educatamente.
Sospiro, cercando di non pensare ad altro che al mio letto che mi spetta. Faccio un passo avanti, e poi un altro, e un altro ancora, per entrare alla fine nelle mie stanze.
Non mi spoglio, mi infilo sotto le coperte con i vestiti addosso.
 
“Isabella, devi svegliarti immediatamente!”
Sussulto quando sento la voce ansiosa di Esme interrompere il mio sonno pomeridiano.
“Esme, cosa c’è?” Riesco a chiedere solo questo prima che la donna mi tiri fuori dal letto iniziando a spogliarmi.
“Avresti dovuto dirmi che saresti andata a letto. È tardissimo, non hai tempo neanche per cenare! Il Principe sta arrivando, non puoi farti trovare impreparata” spiega.
Mi sveglio immediatamente, ignorando la confusione in testa dovuta al brusco risveglio. “Ma, Esme, non può essere così tardi.”
“Sì, invece. Hai dormito tutto il pomeriggio. Spero tu non stia morendo di fame!”
Non attende risposta; inizia a farsi aiutare da una cameriera per prepararmi alla nottata che verrà.
Fortunatamente, Edward ritarda come suo solito.
Durante questi minuti, crampi allo stomaco mi irrigidiscono, ma cerco di ignorarli e di non far intuire nulla a Esme.
Non cambierebbe nulla, dopotutto.
Riesco a sedermi sul letto del Principe mentre Esme porta con sé delle spugne.
“Tesoro, qua ci sono le spugne intrise d’aceto. Le metto qui, d’accordo?” domanda.
Annuisco. “Va bene, grazie Esme.”
Non appena rimango sola, mi appoggio con la schiena sul letto, sospirando piano. Nonostante abbia dormito per tutto il pomeriggio, ho ancora sonno.
Non mi rendo conto di essermi appisolata di nuovo sin quando non sento una mano calda e delicata sfiorarmi il ventre, e due labbra morbide risalire lungo il collo, giungendo al mio mento.
Sussulto per l’ennesima volta durante il giorno, senza sapere che dire per giustificare il fatto che il Principe mi abbia trovato addormentata quando invece dovrei soddisfare le sue voglie.
“Tutto bene?” chiede, aggrottando le sopracciglia.
Mi rilasso quando vedo che non è arrabbiato. Anzi, l’ho fatto spaventare io con la mia reazione. Annuisco, sospirando ancora.
Edward non perde tempo: le sue labbra premono sulle mie, il suo corpo adesso sopra il mio.
I crampi allo stomaco, però, non sono terminati, e mi è molto difficile ignorarli. Soprattutto quando le mani di lui premono sul mio ventre.
Non riesco a resistere, e gemo di dolore quando Edward, senza immaginarlo, preme più forte del solito su di esso facendomi male.
“Isabella, che c’è?” domanda, scostandosi. Mi fissa negli occhi, spazientito.
“Niente, davvero! Non è nulla.” Provo a giustificarmi, mentre sento gli occhi pungermi per le lacrime represse.
Non ho idea di ciò che potrebbe fare: il comportamento di Edward è insolito, riesce sempre a sorprendermi; se penso possa fare una cosa ne fa un’altra. Per di più, il mal di pancia non mi lascia quasi respirare.
“Non è nulla se ti tocco e tu sei rigida come neanche la prima volta.”
È arrabbiato, riesco a vederlo nei suoi occhi. E la cosa non mi piace: non mi ha mai guardato con rabbia se non ora, ed è una brutta sensazione, questa.
Scuoto la testa, cercando di spiegargli la situazione senza fargli intendere che sia una scusa. Non lo è affatto. Una lacrima sgorga da un occhio, facendomi rimpiangere di essere così sensibile.
“Ti ho fatto male?” continua, capendo male.
“No, è solo che… non mi sento tanto bene… e mi fa male la pancia…” Riesco, in un modo o nell’altro, a esprimere il mio stato d’animo. Mi sento tanto una bambina, ma adesso ho solo voglia di dormire nel letto di mia mamma, lei che mi canta una ninna nanna mentre una borsa d’acqua calda è sul mio ventre.
“Ti fa male…” Si interrompe, incredulo.
Non lo guardo negli occhi, anche volendo non ci riuscirei.
“Ma perché non me lo hai detto prima? Credevi ti avrei costretto mentre stai male?” domanda.
Mi asciugo gli occhi, tentando di rispondere alla sua domanda senza offenderlo. Ma la risposta lo offenderebbe sicuramente. Sì.
Lo sento sospirare e poggiarsi con la schiena sul letto, mentre io mi sento morire. L’ho fatto arrabbiare.
“Mi dispiace” singhiozzo, senza nemmeno rendermene conto.
Non dice una parola: si limita a sospirare mentre mi invita con una mano ad appoggiarmi contro di lui.
La mia testa si posa sul suo petto, il battito rassicurante del suo cuore che preme contro il mio orecchio, e la stretta gentile e allo stesso tempo possessiva del suo braccio che calma il mio, di battito.
Contrariamente a tutte le altre sere, impiego molto di più ad addormentarmi, e tuttavia la cosa non mi pesa affatto.
 
 

Spazio autrice

 
Non ho la minima idea di come sia venuto questo capitolo, spero solo che vi sia piaciuto e non abbia deluso le vostre aspettative.
Non durando 30 capitoli, la storia deve iniziare ad entrare nel vivo, quindi i due protagonisti devono iniziare – badate bene, iniziare! –, a provare qualcosa. Diciamo che ci sto lavorando.
Bella è una bambina rispetto a Edward, quindi è logico che si senta un po’ protetta da lui. È la sua schiava, e tuttavia vede che Edward l’ha sempre rispettata, pur essendo lui la causa della sua presenza a Palazzo.
Per Edward, la cosa è più difficile: dovrei scrivervi un capitolo dedicato a lui e, se siete d’accordo, potrebbe anche essere il prossimo.
I crampi di Bella sono comuni crampi allo stomaco, di quelli che affliggono noi donne. Per di più, noi possiamo ringraziare i medicinali, io mi chiedo come facessero a resistere le donne di altri tempi senza di questi O.o Non credo ci fossero medicinali… o sì?
Sì, Edward si fa frustare. Vi avevo detto che la cosa vi avrebbe sorpreso. Non deve esserci per forza una tragedia dietro ogni particolare, in una storia. O almeno, questa è la mio opinione.
Ripeto: spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto, se così non fosse cercherò di riscattare il mio “onore” nel prossimo!
Un bacio, Vane.

 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


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Con uno scatto, alzo il volto e catturo con una forte presa della mia mano il polso di colui che prova a sfiorarmi.
Con orrore, mi rendo conto che non è nessuno di pericoloso, bensì Isabella. “Isabella...” mormoro, incredulo. Bisogna chiarire subito una cosa. “Non... non toccarmi mai mentre dormo. Mai.”
Il volto di Isabella è una maschera d’orrore, spaventata dal mio gesto improvviso.
I miei occhi si posano sulla pezza che tiene in mano, intuendo quello che in realtà voleva fare prima che io catturassi il suo polso. Sospirando piano, ancora assonnato, poso la testa sul cuscino, rilassandomi.
La immagino titubare, ma dopo un secondo sento la pezza bagnata posarsi dolcemente sulla mia schiena.
È un sollievo, perché non avendoli curati i graffi bruciano un poco.
Sono in uno stato di dormiveglia, ma quando mi rendo conto che ha finito, la sento alzarsi e andarsene.
Mi sveglio del tutto, vestendomi e preparandomi ad affrontare un’altra giornata.
 
La risata di una delle tante prostitute che affollano il locale in cui io e James ci troviamo al momento mi fa emettere l’ennesimo sbuffo.
“Su, Edward, non fare quella faccia.” James, già metà ubriaco, afferra con una mano il polso di una prostituta, facendola sedere sulle sue gambe e mordendole il collo scherzosamente. “Approfittane, non essere timido, sii più estroverso.”
“Basti e avanzi tu, amico mio” rispondo ridendo e bevendo un sorso di vino.
“Quanto sei noioso... Ma guarda quante belle donzelle ci sono qua dentro, hai l’imbarazzo della scelta!” esclama ancora, guardando allontanarsi con espressione rapita la prostituta che era seduta sulle sue gambe, mentre ride maliziosa nella sua direzione.
Appoggio i gomiti sul tavolo, fissandolo. “Perché dovrei giacere con una puttana qualunque quando invece in camera mia ho una donna che appartiene totalmente a me?” domando, retorico, sorridendo divertito.
Scuote la testa, ridendo sguaiatamente. “Quella donna ti è entrata dentro.”
“Forse è meglio dire che sono entrato io dentro di lei” lo correggo.
“Oh? Una battuta?” chiede, divertito e incredulo.
“Ma che brutto figlio di puttana” lo insulto ridendo e bevendo un altro sorso di vino.
James ride, sospirando alla fine. “Comunque, amico mio, cos’hai intenzione di fare con quella donna? Dovrai rimandarla a casa, un giorno.”
La mia espressione si fa pensierosa, senza sapere cosa devo rispondergli. Scuoto le spalle. “Al momento, il problema non si pone, James. È mia, continuerà ad esserlo per un altro po’.”
“Ha una famiglia, Edward. E a lei mancherà di certo.”
“E perché non la va a trovare? Non le ho mai detto che deve stare per sempre dentro al Castello.”
Scuote la testa, rivolgendomi uno sguardo serio. “Sai una cosa? Non capisco come mai preferisci stare con Isabella piuttosto che con una sgualdrina che può soddisfarti come lei mai.”
“Vedi James, c’è un enorme piacere nello stare con una donna che è stata solo tua” chiarisco.
“Oh mio Dio” borbotta, bevendo della birra.
Sospiro, decidendo di andare via. “Senti amico, se hai finito con le tue conquiste vorrei ritornare al Castello.”
“Dalla tua bella Isabella?” chiede, sorridendomi.
Sbuffo, evitando di rispondergli.
“Non ti innamorare di lei.”
Alzo lo sguardo, stupito. Come?
“Edward, tu sei un principe. Sai che non potrà mai funzionare, sei promesso a un’altra.”
“So che non mi devo innamorare di lei, James” rispondo guardandolo sorpreso. “Hai bevuto un po’ troppo stasera. Andiamo a casa, è meglio.”
Fa una smorfia quando si alza, poggiandosi con le mani al tavolo dove eravamo seduti. “Sì, forse è meglio” mormora toccandosi la fronte.
È proprio ubriaco.
 
Non appena entro in camera mia, noto che la stanza è illuminata dalle candele ma che Isabella si è addormentata nel mio letto.
Mi prendo tutto il tempo per spogliarmi, osservandola. Dorme ancora profondamente, è quasi un peccato svegliarla. Quasi. Mi distendo sul letto, sfiorandole con le mani lo stomaco e con le labbra il collo, su fino al mento. La sento sussultare, facendomi scostare sorpreso. “Tutto bene?” chiedo, aggrottando le sopracciglia.
Isabella annuisce ma non mi convince del tutto. Ha una strana espressione sul volto, una ruga solca la sua fronte e sembra molto preoccupata.
Per un attimo mi vien da pensare che stia male ma mi ricredo: me l’avrebbe detto se così fosse.
Rassicurato, la bacio, sfiorandole ancora il ventre, cercando di rilassarla. Mi posiziono sopra di lei, tra le sue gambe, la mia erezione che preme sulla sua intimità, e approfondisco il bacio.
Ma la sento gemere di dolore e irrigidirsi mentre di nuovo mi scosto spazientito dal suo comportamento. “Isabella, che c’è?”
“Niente, davvero! Non è nulla”. Tenta di giustificarsi, ma vedo chiaramente che sta mentendo e la cosa non mi piace.
“Non è nulla se ti tocco e tu sei rigida come neanche la prima volta” ribatto, già parecchio spazientito. Aggrotto le sopracciglia quando vedo una lacrima sgorgare da un occhio. “Ti ho fatto male?” Mi sembra un po’ difficile perché ancora non ho fatto nulla, ma non mi viene in mente nient’altro che può farla piangere.
“No, è solo che… non mi sento tanto bene… e mi fa male la pancia…”. Singhiozza, abbassando lo sguardo.
Rimango per un attimo spiazzato, incredulo di fronte alle sue parole. “Ti fa male…” Scuoto la testa, ancora incapace di pensare che stesse male e nonostante tutto non mi abbia detto nulla. “Ma perché non me lo hai detto prima? Credevi ti avrei costretto mentre stai male?”
Il suo silenzio è più eloquente di qualsiasi altra parola.
Sbuffo, allontanandomi da lei e stendendomi sul letto, passandomi una mano fra i capelli.
“Mi dispiace.”
Sospiro ancora, decidendo di non rimproverarla per non avermi detto nulla, e la attiro sul mio petto.
Essendo nudo, riesco a sentire le lacrime bagnarmi la pelle, nonostante Isabella non singhiozzi più.
Il suo respiro si calma, facendomi capire che si è addormentata.
La mia mano continua ad accarezzarle i capelli, stupendomi di quanto siano morbidi e lunghi.
Quando Aro mi aveva proposto un metodo per farmi rilassare dopo gli allenamenti per forgiare il mio corpo alle numerose battaglie da affrontare, non avevo idea si trattasse di una specie di sgualdrina personale.
“Scendiamo al villaggio, Mio Signore, e scegliete una donna.”
All’inizio ero molto tentato di rifiutare, ma poi ho accettato. Non mi piace andare nelle locande del Paese, contrariamente a James. Già è tanto se lo accompagno sotto sua richiesta, giacere con donne senza pudore non è nei miei programmi serali. Ma una donna solo per me, solo mia, era una cosa davvero allettante.
Scegliere Isabella è stato istintivo. Sembra passato un secolo da quel giorno, e Isabella diventa sempre più bella. Riesce a soddisfarmi come poche volte in vita mia, con la sua ingenuità e voglia di imparare.
Noto il suo imbarazzo e, allo stesso tempo, il suo desiderio.
Abbasso lo sguardo, osservando il suo volto tranquillo e la sua mano timidamente appoggiata sul mio petto.
Il mio indice si posa piano, per non svegliarla, sul suo labbro inferiore, tastandone la morbidezza. Si sposta sul naso, giungendo alla guancia rosea. Anche questa è morbidissima, e guardando attentamente il suo volto mi rendo conto che sì, era una bambina, ma adesso è una donna grazie a me. E sapere che sono stato io il suo primo uomo mi rende talmente orgoglioso da stupirmi da solo.
 
Sento un corpo caldo muoversi contro il mio, facendomi svegliare.
Isabella si sta muovendo piano, sicuramente ancora mezza addormentata, per svegliare i muscoli intorpiditi dal sonno.
Muovo le gambe, imitandola, mentre noto che si trova ancora sopra il mio petto.
“Come ti senti?” le chiedo, riprendendo ad accarezzarle i capelli. Non mi ero mai reso conto di quanto fossero morbidi prima di ieri sera.
“Non tanto bene…” sussurra, grattandosi con una mano l’occhio.
“Stai ancora male?”
“Un po’.”
“Ma perché non ti fai visitare da un dottore?” le chiedo, aggrottando le sopracciglia. Perché sta ancora male?
Tossisce, grattandosi la testa. “Mio Signore, non ce n’è bisogno, davvero.”
“Stai male. Certo che ce n’è bisogno” ribatto, incredulo.
Alza il volto, poggiandosi su un gomito e fissandomi imbarazzata. “Sì ma non nel mio caso…”
“Il tuo caso?” chiedo, ancora più confuso di prima. E, alla confusione, si aggiunge anche lo scetticismo.
Fa una smorfia, spostando per un secondo lo sguardo. “Mio Signore… io…” Non riesce a spiegare bene il concetto, rossa in volto.
“Isabella” mormoro con tono d’ammonimento.
“Le mie cose, Signore!” esclama improvvisamente, quasi arrabbiata.
Silenzio.
Ah.
“E… E quindi niente medico?” chiedo, improvvisamente imbarazzato quanto lei. Forse un po’ di meno, non essendo il diretto interessato.
Scuote la testa. “Non c’è bisogno.”
Rimango a fissarla, annuendo alle sue parole.
Per un attimo, mi fissa anche lei, aspettandosi che dica qualcosa. Un qualcosa che non sente. Imbarazzata, decide di spostarsi ma la fermo, affondando le mani nei suoi capelli e attirando il suo volto al mio.
La bacio piano, e tuttavia con ardore.
Spiazzata all’inizio, Isabella ricambia, salendo con titubanza sopra di me.
Le mie mani si posano sulle sue cosce, allargandole, e poi risalgono sulle sue natiche, indirizzandola sopra la mia erezione già sveglia. Una si sposta tra le sue gambe, stuzzicandola con la punta delle dita. La preparo, godendo dei suoi gemiti soffocati sulle mie labbra. Indirizzo la mia erezione contro di lei, sfiorandola con essa.
Isabella sembra goderne maggiormente, imbarazzandosi più di prima. “Le spugne…?” chiede, spostandosi.
Con un brusco movimento, apro il cassetto del mobile vicino al letto a baldacchino, estraendone un piccolo oggetto di plastica, ovale.
“Che cos’è?”
La voce confusa di Isabella mi distrae.
Lo fissa, curiosa, attendendo una mia risposta. I suoi capelli formano una cortina scura intorno al suo viso arrossato, gli occhi languidi, le labbra rosse, tumefatte dai miei baci.
Mai mi è parsa tanto bella come in questo momento.
“Le spugne ti infastidiscono, vero?” domando, scostandole una ciocca di capelli caduta di lato.
Mi fissa, annuendo. Non c’è malizia nel suo sguardo, ma lei è sopra di me, e io non riesco a pensare a null’altro che a quel particolare.
“Un mio amico mi ha dato questo; ha la stessa funzione delle spugne, solo è più facile da mettere.”
Riporta l’attenzione sull’oggetto che ho in mano, continuando a fissarlo. “E come…?”
La interrompo, passando all’azione. “Così.”
La sposto un poco, per mettermi seduto, lei sulle mie gambe. Con le mani, porto l’oggetto di plastica tra le mie gambe, circondando il mio membro e proteggendolo con questo.
Isabella non ha perso una mossa con gli occhi.
L’attiro nuovamente a me, riprendendo a baciarla, preparandola una seconda volta. Indirizzo la mia erezione contro la sua femminilità, entrando piano.
Isabella è rigida, ma certamente non quanto ieri.
Riesco ad entrare in lei, già bagnata per le mie carezze, e porto le mie mani suoi fianchi per aiutarla nei movimenti. Mi distendo sul letto, mentre Isabella inizia a muoversi seguendo il suo desiderio.
A me la cosa non dispiace affatto.
Si muove più velocemente, gli occhi chiusi, i suoi capelli che mi nascondono il suo volto parzialmente.
Le prendo il viso fra le mani, invitandola a stendersi del tutto sopra di me e baciandola appassionatamente.
I suoi movimenti, in risposta al bacio, aumentano.
Spingo il mio bacino contro il suo, entrando ad ogni movimento sempre di più.
La sento irrigidirsi quando arriva, rallentando le spinte e tuttavia prolungandole, mentre posa la sua fronte contro la mia.
Le mie mani si posano saldamente sulle sue natiche, invertendo la posizione, muovendomi con vigore dentro di lei.
Raggiungo il piacere dopo poche spinte, affondando il viso fra i suoi seni, leccando un suo capezzolo e torturando con le dita l’altro. Rimango per un attimo in quella stessa posizione, riprendendo il respiro. Mi scosto con un sospiro di stanchezza mista ad appagamento, facendo appoggiare Isabella nuovamente sul mio petto. Le accarezzo i capelli, la stanza avvolta nel silenzio. Un silenzio calmo.
Sta piovendo. Non me n’ero accorto, prima.
“Mi piace la pioggia.”
Abbasso lo sguardo, scoprendo lo sguardo di Isabella che fissa la pioggia che cade fuori dalla finestra. “Sì?”
“Sì.”
Riprendo ad accarezzarle con pigrizia i capelli, mentre io fisso il soffitto tranquillamente e Isabella la pioggia.
 
 

Spazio autrice


Avete visto che stavolta non vi ho fatto attendere molto? Fatemi un applauso u.u
No, tornando seri (oddio, ogni volta che dico, penso, scrivo questa frase scoppio a ridere senza sapere perché xD), l’applauso ve lo faccio io a voi con un inchino. 25 recensioni per un capitolo che… che bo, non meritava così tanto?
Sì, se la storia va avanti è grazie al vostro supporto e all’amore che dimostrate a questa Bella bimba e a questo Edward misterioso. Senza di voi, non sarei mai giunta a questo capitolo. Quindi l’applauso va a voi, con i miei ringraziamenti più sinceri.
Mi dispiace non poter fare di meglio che ringraziarvi con un semplice “Grazie” e un capitolo (pov Edward come promesso! :D), ma è tutto ciò che posso fare tramite computer.
Il capitolo l’ho scritto come volevo io, come l’avevo sempre immaginato, ma qualcosa stona. Non chiedetemi cosa perché non saprei dirvelo. Mi dispiace, spero a voi piacerà lo stesso e che non vi abbia deluso (magari pensando di poter avere di più da un pov Edward).
Nel prossimo la storia ritornerà dal punto di vista di Bella, e credo anche di avere una trama ben impostata. Non so ancora quanti capitoli ci saranno, ma è chiaro che saranno entro i 15, oppure entro i 20. Questo non ve lo posso dire con certezza.
Davvero ragazze: spero che il capitolo non vi abbia deluse, e GRAZIE, grazie di vero cuore per il vostro costante appoggio <3
Un bacio, Vane.
p.s.: come potete vedere, ho creato una foto per la storia. Mi piace ideare le copertine, e qua non poteva mancare. Mi piace, sono molto soddisfatta. Purtroppo ho poca fantasia, quindi accontentatevi xD

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


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Una sgradevole quanto fastidiosa sensazione di bagnato fra le gambe mi costringe ad aprire gli occhi, svegliandomi.
Edward dorme vicino a me, l’espressione serena, mentre mi scosto per vedere di cosa si tratta.
Con gioia e sollievo, noto che la sgradevole sensazione di bagnato altro non è che il ciclo mensile, giunto regolare almeno per questo mese.
I dolori che ho provato in questi ultimi giorni me lo confermavano, ma sapere adesso con sicurezza di non essere incinta è ben diverso dal presupporlo.
Mi alzo, facendo attenzione a non svegliare Edward, ed esco dalla camera per entrare nella mia. Prendo tutto l’occorrente, così da cambiarmi e stare più tranquilla.
Non sapevo per quanto tempo sarei rimasta a palazzo, così ho provveduto a portarmi tutto il necessario alle miei esigenze personali quando sono partita.
Scendo giù, la luce solare che filtra dalle tende scostate, per andare nelle cucine.
“Isabella, buongiorno” mormora Esme, vedendomi.
Ricambio il saluto, sorridendole. È strano, ma oggi mi sento bene. È una sensazione familiare, sentirsi felice senza motivo, solo per una lieta notizia – in questo caso l’avere il ciclo. Poi, non vorrei ammetterlo, ma anche l’essere a Palazzo e tuttavia non soffrire mi allieta.
Sì certo, la lontananza dalla mia famiglia è una sofferenza più che valida per volere andare via da qui, però se penso che potevo ritrovarmi tra le mani di un principe desideroso solo di soddisfare i suoi desideri carnali, senza nemmeno pensare a me e ai miei sentimenti… Rabbrividisco di terrore.
“Bambina, ti senti bene? Sei particolarmente strana, oggi… Notizie nuove?” Esme capisce con uno sguardo che provo qualcosa di nuovo, e nel mio caso un qualcosa che mi fa felice.
“Esme, ho il ciclo” sussurro, onde evitare che qualcuno possa sentirmi. Sono pur sempre discorsi intimi e privati, e se ne parlo con Esme è perché in questo periodo si è comportata come una seconda mamma.
L’espressione incuriosita di Esme si trasforma, diventando sollevata. “Oh Madonnina mia, ti ringrazio” sussurra di rimando, alzando gli occhi al cielo dopo aver fatto velocemente il segno della croce.
“Per che cosa stai ringraziando Nostra Signora?” Mike entra nelle cucine, interrompendo quel momento.
“Niente che ti riguardi, impiccione!” esclama irritata Esme, facendo sbuffare offeso Mike e facendo ridere me.
 
Deve essere mezzogiorno, a giudicare dall’altezza del sole, e io non ho ancora visto il Principe. Ma va bene; capisco che, essendo tale, sia molto impegnato quindi non mi faccio nessuna meraviglia. Mi stupisco, invece, del fatto che io lo stia cercando. O meglio, anche solo pensando.
Dovrei odiarlo perché è solo per colpa sua se sono lontana dalla mia famiglia; è solo per colpa sua se sono rovinata, non potrò ambire a un matrimonio nel limite della parola ‘buono’ perché non più pura; è solo per colpa sua se mi ritroverò sola, segnata dalla pubblica umiliazione di essere stato ‘il giocattolo del Principe’.
Perché tutti, nobili e popolani, sanno cosa faccio, perché sono lì.
Eppure non lo odio, mi domando invece dove sia, cosa faccia, con chi è. Non mi illudo: so perfettamente di non essere l’unica.
Edward vede sicuramente altre donne − più belle, più ricche e più esperte – ed è qui che mi domando ‘perché?’. Perché avere bisogno di me, se già frequenta altre donne?
Non sono gelosa, non mi è permesso. Sono solo confusa.
Mi domando cosa ne pensi la sua promessa sposa. Non la conosco, ma per ogni Principe in età da matrimonio c’è una Principessa con cui si unirà secondo le leggi del nostro Regno.
E io? Dove finirò? Senza una dote, senza la mia purezza, come unico segno di riconoscimento: ‘Isabella Marie Swan, il giocattolo personale del Principe’.
Cammino senza fermarmi, pensieri tutt’altro che felice che affollano la mente.
Non sono mai stata nelle stalle Reali. È questo che mi ritrovo a pensare quando le mie gambe, del tutto involontariamente, mi hanno condotto qui.
I cavalli dentro la stalla sono tutti splendidi, difficile scegliere quello più bello. Ma ce n’è uno in particolare che cattura la mia attenzione, quello nel fondo della stalla, tutto solo nel suo box.
Mi avvicino lentamente, senza sapere cosa potrebbe succedermi se sfioro il cavallo.
Il cavallo non fa nulla, è calmo e sereno e questo mi convince ad avvicinarmi. Prendo un po’ di fieno, cercando di rilassarmi e comportandomi come se fosse un comune cavallo con cui giocavo quando mi trovavo al villaggio.
E il cavallo mi asseconda. Si avvicina, sfiorando la mia mano con il suo muso.
Sorrido, capendo di aver conquistato almeno un po’ della sua fiducia. Con l’altra mano, accarezzo il manto lucido, assaporandone la morbidezza.
“Vedo che sei riuscita a conquistare anche lui.”
Sussulto, facendo nitrire il cavallo, mentre mi volto e scorgo la figura interessata di Edward.
“È vostro?” domando immediatamente, allontanandomi.
“Sì. Ma a quanto pare mi ha tradito” risponde, avvicinandosi al cavallo.
Non mi sembra arrabbiato, né infastidito. Sembra tranquillo.
Sella da solo il cavallo, contrariamente agli altri principi che chiedono allo stalliere di farlo. Edward è decisamente un principe strano.
Sale in groppa al cavallo agilmente, pronto ad andare via. “Vieni con me?”
Lo fisso, incapace di capire se parli seriamente o meno. “Come?”
“Non esci dal palazzo da quando sei arrivata. Non ti va di prendere un po’ d’aria fuori da queste mura?” chiede, sinceramente stupito.
Rimango un attimo interdetta, ma la risposta è sì: voglio prendere un po’ d’aria e se c’è lui a tenermi compagnia, ancora meglio! “D’accordo…” sussurro, senza sapere come salire.
Devo prendere un nuovo cavallo?
Edward allunga una mano. Senza pensarci, la prendo, tenendola stretta. Senza la minima esitazione, Edward mi prende fra le braccia, facendomi salire sul suo cavallo e tenendomi stretta; le mie gambe su di un lato dell’animale e la mia schiena contro il petto del Principe. Le sue mani, incrociate alle redini del cavallo, sono posate sulle mie gambe, quasi sulla sommità della mia intimità.
Può sembrare strano perché sono stata del principe, il suo corpo – nudo – si è unito al mio, eppure questo gesto mi sembra ancora più intimo, più imbarazzante. O forse, la parola corretta è ‘romantico’.
“Mio Signore, ma…” Vorrei domandargli perché vuole portarmi fuori quando sicuramente ha qualcos’altro di importante da fare, ma lui mi interrompe.
“Isabella, non credi che chiamarmi ‘mio Signore’ sia un tantino ridicolo dopo quello che succede fra noi?” chiede. Percepisco dal tono della sua voce quanto sia divertito nel pormi la domanda.
Certo che lo penso ma non posso prendermi la libertà di chiamarlo Edward senza prima ottenere il suo consenso. “Credo… credo di sì” affermo, temporeggiando.
“Credo di sì” replica con un sospiro. Non dice altro, si limita ad incoraggiare il cavallo a partire.
È decisamente strano stare fra le braccia del Principe, eppure è anche meravigliosamente bello.
Non c’è nessuno fuori, e tiro un sospiro di sollievo: sono già abbastanza conosciuta, lì intorno, e noto come mi guardano. Non c’è nessun bisogno di ingigantire la cosa. Mentalmente, lo ringrazio.
Posso porgli una domanda senza temere di venir rimproverata? O punita, addirittura? Penso al comportamento di Edward, cerco di analizzarlo, e l’unica risposta alla mia domanda è sì. Corro il rischio. “Dove stiamo andando?” Faccio la domanda, ma il mio è solo un sussurro timoroso.
Edward non si scompone, né esita. “Non lo so. A fare un giro, poi ti riaccompagno al castello perché devo andare dal Re” spiega con tranquillità.
Annuisco, pensando che è carino da parte sua accompagnarmi fuori, ne avevo bisogno. Mi è tanto mancata l’aria autunnale, il sole dietro le nuvole, la brezza fresca, tutto ciò che mi circonda, anche.
“Cosa fai durante il giorno?” chiede improvvisamente, incuriosito.
Mi volto sorpresa verso di lui. “Niente. Sto con Esme e Mike.”
“E basta?” continua.
“Sì… Poi vengo preparata.” Mi mordo la lingua non appena pronuncio quella frase.
“Preparata per cosa?” domanda, confuso.
 Ecco. “Per… per voi” rispondo, arrossendo.
Sbuffa. “Ancora con questo ‘voi’?” chiede annoiato.
“Devo… darvi del ‘tu’?” rispondo, esterrefatta.
“Sai com’è, facciamo sesso; darmi del ‘tu’ non sarebbe così imbarazzante” spiega divertito.
Ho un’espressione sul volto sconvolta, mentre fisso davanti a me incapace di credere abbia parlato in questo modo con tanta disinvoltura. Ma rispondo: “Okay”.
“Okay. Quindi: vieni preparata per me la sera. La mattina stai con Esme e Mike… e poi basta?” riprende.
“Basta” ammetto, sospirando. Mi irrigidisco quando mi rendo conto di essere, già da tempo, appoggiata con la schiena al petto di Edward. Ma lui non ha mai parlato, quindi penso gli vada bene. Perciò rimango. E poi, mi piace pure stare così.
“E non ti annoi?”
“Be’, sì. Ma che altro potrei fare? Qualche volta leggo un libro… uno dei tuoi.” È strano parlare con lui in maniera così informale, ma l’ha detto lui quindi… E sussurro l’ultima frase, pensando che non se la prenderà a male. Non dopo tutto quello che faccio.
“Sai leggere?” domanda, sorpreso.
Avrei voluto trattenermi, ma non ci riesco. Scoppio a ridere, veramente divertita. “Sì.”
“Ah, be’, meglio così allora. Ma poi non fai nient’altro, giusto?”
“Giusto.”
“Perché non vai a trovare la tua famiglia?” chiede inaspettatamente.
A quella domanda, mi volto immediatamente verso di lui. “Come?”
“Immagino ti mancherà” risponde, fissandomi sorpreso. Ha dei bellissimi occhi verdi, che sembrano pietre preziose, illuminati dalla luce del giorno. Non ho idea di come debbano essere rischiarati dalla luce del sole, ma mi immagino siano ancora più indescrivibili.
“Posso andare a trovare i miei genitori?” chiedo, incapace di credere di essere tanto fortunata.
“Certo che sì. Perché dovrei vietartelo?” domanda, aggrottando le sopracciglia, confuso.
“Non me lo avevi mai detto” rispondo, sincera.
Inarca le sopracciglia. “Tu non me lo avevi mai chiesto” ribatte.
Apro la bocca per rispondere ma la richiudo, abbassando lo sguardo e tornando a fissare davanti a me, la mia schiena nuovamente appoggiata al suo petto. “Sì, be’, non credevo di poterlo ottenere.”
“Isabella, sii sincera: che ti aspettavi a palazzo?” chiede. E il suo tono di voce è serio.
‘Sii sincera.’
“Credevo di dover rimanere in camera, di dover solo parlare con la servitù, di non dover fare nient’altro che servirvi…”
Mi interrompe: “E ti aspettavi che avrei abusato di te nonostante fossi il primo” conclude per me.
Non ho bisogno di rispondergli, il mio silenzio è già un assenso. Mi rendo conto che niente poteva essere più lontano dalla verità, ma come potevo sapere che sarei stata… al sicuro, lì a Palazzo?
“Vuoi che ti accompagni a casa dei tuoi?” domanda, stupendomi per l’ennesima volta.
Dovrei esserci abituata, e invece no. Però sì: voglio andare a casa dei miei.
Edward non esita, si limita a cambiare strada, prendendo verso il villaggio. Gli darò le indicazioni giusto per giungere a casa mia al momento giusto.
“Isabella, non posso accompagnarti fino a casa tua. È un problema?” chiede.
“No, posso andarci benissimo da sola” rispondo, tranquilla. So la strada.
“Facciamo così: io ti lascio qui, poi verrò a farti prendere da Aro, lui sa già la strada giusta, va bene?” domanda, scendendo e aiutandomi a fare lo stesso. Le sue mani, troppo grandi, si posano sui miei fianchi, troppo piccoli.
Aro è il Consigliere di Edward, colui che è venuto con lui al centro del villaggio e poi, in seguito, a casa mia.
Edward si limita ad accompagnarmi all’entrata, onde evitare stupidi voci. Un principe che accompagna una serva è un concetto davvero insolito.
“Sì, va bene. Grazie” rispondo.
Annuisce, salendo sul cavallo con agilità. “A dopo.” Se ne va prima che possa dirgli altro, galoppando.
Rimango per un attimo a fissarlo, poi mi volto. Sono felicissima di poter vedere la mia famiglia e non vedo l’ora di raccontagli della mia vita a Palazzo.
 
“Davvero il Principe si è comportato così?” domanda esterrefatta mia madre.
Siamo davanti a due tazze di latte caldo, conversando amabilmente. Dopo abbracci, baci e lacrime, le ho raccontato tutto: i miei timori, i miei pensieri, le mie ansie, e un sentimento del tutto nuovo, la gioia.
Perché, dispetto a tutto quello che è successo, mi piace stare lì, con Esme e Mike. E sì, anche Edward.
Perché odiarlo quando non mi ha fatto nulla di male? Se penso che Edward avrebbe potuto essere un principe egoista, che pensa solo a se stesso… rabbrividisco.
“È strano, lo so. Però è così, madre” confermo.
“Meglio così, amore mio, meglio così! Non puoi nemmeno immaginare la mia angoscia durante il giorno, a immaginare un principe malvagio abusare del tuo corpo… E la notte, in camera, nel silenzio e nel buio più assoluto, dove tutto sembra moltiplicarsi dentro me” confessa mia madre, chiudendo gli occhi e posando lievemente una mano sul cuore.
“Madre, io sono contenta di stare lì” rivelo, preferendo essere sincera.
Apre subito gli occhi. “Come?” domanda in un sussurro.
“Edward non è solo buono con me. Pensa anche a me… di notte.” Cerco di farle capire il concetto senza essere abbastanza esplicita, e tuttavia arrossendo.
“Di notte pensa a te?” Non ha capito.
“Sì… in quel senso!” sono al limite: se non capisce, cambio discorso.
Ma lei capisce, e sgrana gli occhi. “Pensa anche al tuo piacere?” domanda, esterrefatta.
Arrossisco ancora di più, abbassando lo sguardo. “Sì” mi limito a dire.
Mia madre è davvero sconvolta. “Parli seriamente? Sei sincera?”
“Madre, sono sincera. Pensa a me, Edward, pensa seriamente a me.” Se non fossi tanto imbarazzata riderei della sua espressione.
Scuote la testa, ancora incredula. “Be’… Meglio così, allora!” esclama infine, sorridendo.
Ricambio il sorriso, che si allarga quando sento le braccia di mia madre avvolgermi ancora una volta.
“Adesso andiamo da papà, gli verrà un colpo!” esclama, facendomi alzare.
Papà è alle stalle, e non sa ancora che sono qui. Ho preferito prima confidarmi con mia madre, ma adesso non vedo l’ora di rivedere anche lui.
 
 

Spazio autrice

 
Se vi chiedete perché non mi sono soffermata sull’incontro genitori/figlia è perché non mi interessa più di tanto, non quando la mia storia è incentrata solo ed esclusivamente sulla coppia Bella/Edward.
Non sull’epoca, non su ciò che può esistere già in quella determinata epoca, né di come si dovrebbe parlare.
Solo Edward e Bella, solo Bella e Edward. Nient’altro. Ah sì, che sono Principe e serva. Poi basta : )
Ripeto alcune cose che ho cancellato dopo aver corretto i capitoli scorsi: l’epoca la decidete voi, solo voi. Potete ambientarla nell’ottocento, nel settecento, nel duecento. Non importa. Ma se per caso ci sono cose che inserisco nel testo che non corrispondono alla vostra epoca, prendetela come una mia licenza poetica, come il preservativo e la plastica. Ho dimenticato nello scorso capitolo a specificarlo, ma lo ricordo qui ;)
Un bacio, Vane.
p.s.: non so nulla di cavalli; tutto ciò che ho scritto deriva dalla mia immaginazione. Ignorate anche questo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


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Salgo sulla carrozza dopo aver salutato per l’ennesima volta i miei genitori. Non sono triste, sono abbastanza sicura che li rivedrò. Edward me lo ha fatto capire.
Un sorriso spunta sul mio viso quando penso a lui. So che dovrei odiarlo, logicamente, ma non ci riesco. Alzo il viso verso il Consigliere, Aro, che si è appena seduto vicino a me.
È molto silenzioso, ma ha in volto un’espressione abbastanza tranquilla. “Sei pronta?” domanda, rivolgendomi un caldo sorriso che mi stupisce. Positivamente.
Ricambio il sorriso, presa alla sprovvista, annuendo imbarazzata. Mentre Aro sprona il cavallo a partire, saluto ancora i miei genitori.
Quando sono abbastanza lontani da non riuscire a scorgerne i tratti, mi volto guardando fisso davanti a me, la schiena poggiata contro il sedile della carrozza.
Il viaggio dura poco, in silenzio, eppure non mi dispiace. Arrivati al castello Reale, Aro scende per prima, aiutando me subito dopo.
“Dimitri.”
Mi volto di scatto verso Aro, chiedendomi perché mai abbia pronunciato quel nome. Quando noto che il suo sguardo è posato su qualcosa alle mie spalle, seguo la direzione.
Dimitri sta avanzando verso di noi, un’espressione indecifrabile sul suo viso.
Un improvviso brivido serpeggia sulla mia schiena, improvviso quanto ingiustificato. Senza nemmeno accorgermene, mi avvicino a Aro. Lui non mi allontana, e di questo lo ringrazio. Anche se non si è accorto di nulla.
“Buon pomeriggio” mormora Dimitri, inchinandosi al Consigliere.
È tardi, molto tardi. Il sole sta quasi per tramontare, eppure io fino a qualche minuto prima ero a casa dai miei.
‘Verrò a farti prendere da Aro.’ Edward avrebbe potuto mandare Aro a casa mia già molto tempo fa, eppure l’ha fatto quasi verso sera, sapendo che durante il pomeriggio non avrei fatto nulla e che non vedevo i miei da molto tempo. Mi chiedo se l’abbia fatto per questo motivo, o semplicemente perché si era dimenticato di me e ha mandato Aro quando se n’è ricordato.
“Dimitri, qualche problema?” domanda serio Aro, squadrandolo attentamente.
“No, Signore. Stavo solo rifocillando il cavallo del Principe Edward. Un messaggero ha detto che sta per tornare a palazzo con l’altro cavallo in suo possesso e volevo fargli una sorpresa gradita” spiega.
“Immagino sarà molto stanco. I preparativi per la sua festa di compleanno gli stanno rubando tempo prezioso” continua Aro.
Senza che potessi impedirmelo, mi volto verso di lui. “Festa di compleanno?”
Aro mi rivolge un’occhiata severa. “Non è compito tuo porre certe domande, donna. Sta’ al tuo posto.” La sua voce è talmente fredda, i suoi occhi talmente gelidi, che stento a riconoscerlo.
Perché è cambiato così tanto? È passato un solo minuto da quando mi ha aiutato a scendere dalla carrozza sorridendomi gentile.
Annuisco, trattenendo a stento l’impulso di correre indietro, a casa mia. Nella mia vera casa. Il castello Reale non è il mio posto, che scema a pensare di poter viverci felicemente.
Si rivolge a Dimitri, ignorandomi. E io mi allontano di qualche passo da lui. “Prepara l’occorrente per un bagno caldo per il nostro Principe. Ne avrà bisogno” ordina.
Dimitri fa un inchino, andandosene via subito dopo.
Deglutisco quando rimaniamo soli. Sobbalzo quando sento la mano morbida di Aro posarsi sul mio mento, alzando il mio volto verso il suo.
“Mi dispiace, Isabella. Ma se qualcuno vede che ti tratto in modo diverso le voci correranno in fretta per il castello, e il Principe potrebbe passare un brutto guaio con il Re. Lo capisci, vero?” chiede, guardandomi preoccupato.
Adesso, tutto acquisisce un senso. Il comportamento ambiguo di Aro nei miei confronti altro non è che protezione verso il suo Principe. C’è solo una cosa che non mi è chiara. “Perché il Re dovrebbe punirlo?” chiedo, confusa.
Aro sorride, fissandomi come fossi una bambina. E lo sono, dopotutto. “Pensaci, Isabella: come ti tratta Edward? Come tutti gli altri servi? È freddo, scostante? Ti tratta come se fossi un oggetto? O si comporta in un modo del tutto diverso?”
Non ho bisogno di rispondergli, lui sa già la risposta. Eppure lo faccio. “Mi tratta in modo… diverso” ammetto, sussurrando.
“Ecco. L’idea di portare una serva nel letto del Principe è stata mia ma il Re mi ha dato la sua benedizione. Se il Re sospettasse anche solo minimamente che tu provi qualcosa per Edward, o peggio: il contrario, solo un miracolo potrebbe salvarti, Isabella” sentenzia, facendomi sussultare. “Il Re porta grande rispetto per Edward, è suo figlio e gli vuole molto bene. Anche se non lo dimostra, gli vuole molto bene. Ma ama allo stesso modo il suo regno, le regole della società che devono essere rispettate… e un Principe non può permettersi di innamorarsi di una serva.”
È un discorso logico, e tuttavia difficile da sentire.
“Ma Edward non prova nulla per me, dovete credermi!” esclamo, gli occhi già lucidi di pianto represso.
“Lo so.” Mormora con enfasi le due parole, cercando di convincermi che è vero: lo sa. Continua. “Ma anche solo il minimo sospetto potrebbe costarti caro, Isabella. Cerca di capirlo… Vedi che Edward non si fa mai vedere in giro da te? Che nelle rare volte in cui lo fa, è presente solo Mike, di cui sa che di lui si può fidare? Che oggi ti ha fatto uscire ma non ti ha potuto accompagnare al villaggio? È per evitare stupide insinuazioni. In questo modo, Isabella, lui ti protegge la vita.” Termina il suo discorso guardandomi intensamente.
Vedo solo appannato, la figura di Aro sfocata a causa delle lacrime che hanno vinto contro il mio volere. Scendono copiose sul mio viso, senza sapere nemmeno perché. È perché adesso so che se solo qualcuno vedrà me e il Principe in atteggiamenti ambigui rischio la vita? O perché la rischia Edward?
Adesso mi spiego perché nelle stalle non c’era nessuno, perché l’ho visto solo due volte da quando sono arrivata al castello, perché mi ha portato fuori e tuttavia non ha percorso con me la breve distanza che c’era fra noi e la casa dei miei genitori.
È tutto così confuso, così impossibile da credere… Ma Aro è maledettamente serio e senza volerlo mi ha dato risposte a delle domande che avevo evitato di pormi, credendole inutili.
E Dimitri… lui, più fra tutti, potrebbe creare problemi? La brutta sensazione che mi fa provare quando è vicino a me non vuole scomparire, anche se cerco con tutte le mie forze di farmelo piacere.
Sento il rumore che producono gli zoccoli dei cavalli e in seguito una frase.
“Che succede?”
Chiudo gli occhi quando sento la voce sconvolta di Edward alle mie spalle, mentre un singhiozzo dispettoso fuoriesce dalle mie labbra, mettendo inizio ad un pianto dirotto. Copro il mio volto con le mani, sentendo immediatamente quelle di Edward sui miei fianchi. Affondo il mio volto contro il suo petto, continuando a piangere, noncurante di bagnargli la divisa.
Edward non mi allontana, fa tutto il contrario. “Aro, che le è preso?” Non attende risposta. “Dobbiamo spostarci da qui” sentenzia piano, trascinandomi nelle stalle con lui.
Si siede su uno sgabello, facendomi sedere sulle sue gambe. Non sono ancora pronta per guardarlo in viso, così affondo il volto nell’incavo del suo collo. Non posso evitare di pensare al suo buon odore: così forte, così mascolino, così suo.
“Mi spieghi cosa ti è preso?”
Sento la sua voce sussurrare dolcemente e incuriosito la frase al mio orecchio, posando le labbra sul lobo senza tuttavia fare nulla di malizioso.
Apro gli occhi, scostandomi a malincuore da lui e guardandomi attorno. Aro non c’è, siamo solo noi due. “N-niente” singhiozzo, piano. Sto per calmarmi.
“Qualcosa mi dice che non è vero che è ‘niente’” ribatte, divertito. “Avanti, su. Cosa ti ha detto quel bugiardo di Aro?” continua, leggero.
Dirglielo o non dirglielo? Dirglielo. “Aro mi ha detto che… che se in giro si spargono delle voci su come vengo trattata, potrei rischiare anche la vita…” Aro non è stato così specifico, ma il senso era ovviamente quello.
Il volto dall’espressione serena di Edward cambia, irrigidendo la mascella. “Aro si sbaglia.”
“No, invece.” Mi permetto di ribattere alle sue parole, convinta che non mi rimprovererà. Mi sorprende ancora una volta.
“Il fatto che ti permetta certe cose non significa che tu abbia il permesso di rispondermi così, Isabella” sentenzia, serio.
Abbasso lo sguardo, un forte calore che si sprigiona all’interno del mio corpo, la brutta sensazione provocata dal tono di voce che Edward ha usato con me. Non mi piace quando mi tratta così, mi fa stare peggio. Il labbro trema, senza che io possa fare niente per calmarmi.
“Su, Isabella, scherzavo” sussurra, attirandomi nuovamente a sé.
Scoppio nuovamente a piangere, incapace di credere a tutto ciò. Mai, in vita mia, avrei pensato di potermi ritrovare a essere consolata da un Principe. E mai avrei voluto che Edward mi vedesse in questo stato pietoso. Ma sapere che per uno stupido dubbio io possa rischiare la vita non è una cosa tanto leggera da affrontare con un’alzata di spalle.
“Ho paura.” Do voce ai miei pensieri, per la prima volta di mia spontanea volontà.
Ho la schiena appoggiata contro il petto di Edward, la sua guancia contro la mia fronte, e le mani intrecciate sul mio ventre per evitare di farmi cadere.
“Ci sono io, Isabella. Ti basta saperlo?” domanda, gentile. Le sue morbide labbra premono sulla mia fronte, leggermente.
Mi basta? Mi basta davvero? Chiudo gli occhi, assaporando il momento. E annuisco.
Mi basta. Mi fido. È tutto ciò che conta.
 
Aro è venuto per avvertirci che era ora di andar via dalle stalle per l’arrivo dei lavoratori nei campi, che avrebbero dovuto entrare lì dentro.
Edward è andato via per primo, in programma quel bagno caldo di cui aveva bisogno; io sono stata un po’ con Aro.
Aro è diverso da Mike, eppure ho imparato che forse mi vuole bene come lui. Io non lo so, però mi piace. Ha sessant’anni e ha due figlie: una di trent’anni e un’altra che ha la mia stessa età. Mi è tanto simpatico, come Mike e Esme.
Un’altra persona da aggiungere alla breve lista dei miei affetti.
Non posso fare a meno di chiedermi se anche Edward è presente, ma non devo pensare molto alla risposta: è un sì netto.
 
Edward sta per arrivare.
A differenza delle altre sere, le cameriere non sono venute. Non serve, ho il ciclo. E Edward sta per arrivare, senza nemmeno saperlo.
Non credo si arrabbierà, non è colpa mia…
Eccolo: entra sospirando stanco, chiudendo il battente e sedendosi velocemente sulla poltrona, togliendosi gli stivali.
È bello, anche quando si toglie gli indumenti senza la minima traccia di malizia a increspare i suoi bei lineamenti.
Devo dirglielo adesso, subito, oppure aspetto che si faccia avanti? Non mi da il tempo di rispondermi che si siede sul letto, togliendosi nel frattempo la camicia bianca.
“Edward” mormoro il suo nome, ansiosa.
“Che c’è?” chiede confuso, fissandomi a petto nudo.
“Noi non… Stasera non possiamo… farlo…” Faccio fatica ad esprimere un concetto così intimo, ma devo.
Edward mi interrompe. “Non ti va?” chiede, ancora più confuso di prima.
“Sono indisposta” annuncio, arrossendo d’imbarazzo.
Sembra essere preso alla sprovvista, annuendo anche lui un po’ imbarazzato. “D’accordo…” sussurra, togliendosi il resto dei vestiti.
“Devo tornare nelle mie stanze?” domando, fissandolo incuriosita.
Stavolta, sono io ad essere presa alla sprovvista quando, con uno strattone, mi ritrovo sotto di lui, la testa posata sui morbidi cuscini.
Passa lievemente le sue labbra sul mio collo, mentre lo sento respirare a fondo. “Che tu abbia le tue cose non significa che non possiamo divertirci” annuncia, roco.
Affondo la mano fra i suoi capelli, assaporandone la consistente morbida. “E come?” chiedo. Sento già quel formicolio al basso ventre ora non più sconosciuto.
“Adesso vedrai” sussurra ancora, prima di baciarmi voracemente.
Ricambio subito il bacio, decidendo di lasciarmi andare, di mettere da parte imbarazzo e pudore e di rispondere alle sue carezze come meglio vuole il mio corpo.
Tra i due, quello che dovrebbe sentirsi in imbarazzo è Edward per tutte le cose che mi fa, e invece non lo è. Quindi perché dovrei esserlo io? E poi, Edward apprezza quando mi lascio andare, anche solo per quell’attimo finale che mi lascia stanca ma appagata.
Stavolta, voglio provare a lasciarmi andare durante tutto l’amplesso.
Deve lasciare la mia biancheria intima, ma ciò non sembra irritarlo. Abbassa la mia camiciola, facendola scivolare fin sotto il mio seno. La sua bocca segue il suo stesso percorso, leggera come il contatto con una piuma, posandosi infine con decisione sul mio capezzolo destro.
Inizia a succhiare forte, insinuandosi con estrema decisione fra le mie gambe, muovendosi piano.
Sento il suo membro duro contro la mia femminilità e la cosa mi piace, più del dovuto, aggiungerei. Perché sono io a provocargli una sensazione del genere, io a farlo reagire in quel modo. E la cosa mi da grande soddisfazione, mi fa sentire bella, desiderata.
La mia mano è ancora fra i suoi capelli. Chiudo gli occhi, cercando di lasciarmi andare completamente; la luce delle candele che illumina la stanza non mi aiuta ma cerco di concentrarmi solo sulle carezze di Edward.
Pian piano, ci riesco.
Edward è nudo, una piacevolissima visione. Se fossi capace di gustare appieno la fortuna che mi capita, però.
Edward risale sul mio corpo, i movimenti del suo bacino contro il mio più veloci, la sua bocca improvvisamente sulla mia.
È ancora più bello, molto più bello. Non c’è dolore, solo piacere. Un piacere squisito, che fa inaridire la mia bocca.
“Edward…” trovo la forza di sussurrare, quando la sua bocca inizia a baciare appassionatamente la pelle del mio collo.
Edward si scosta, fissandomi. “Ti piace?” chiede.
Per un attimo, un solo, minuscolo attimo, i nostri sguardi si sono incrociati quando ha pronunciato quella domanda. E in quel brevissimo attimo, sono riuscita a scorgere lui che si muove sopra di me, la sua fronte imperlata di sudore, la sua espressione di puro piacere misto al dolore nel trattenersi.
Vedo tutto ciò, e tutto questo mi fa arrossire. Di colpo, abbasso lo sguardo, decidendo di non essere abbastanza rilassata dal fissarlo negli occhi ma di esserlo solo nel fargli sentire i miei ansimi. Per quello, non posso fare nulla.
Ma Edward non è d’accordo. “Guardami, Isabella” sussurra, ravvivandomi i capelli dal volto. La sua frase è sinonimo di preghiera, per me. Sembra pregarmi, sì. E io non posso non accontentarlo. Lo faccio, lo guardo. Ed è come se mi sentissi a casa.
“Dimmi che ti piace” sibila, muovendosi ancora di più.
Sento caldo, molto caldo. E non posso impedirmi di ricambiare con il mio bacino i movimenti del suo. Apro di più le gambe.
Edward chiude per un secondi gli occhi, gemendo più forte. Gli piace.
“Sì” pronuncio in un ansito, rispondendo così alla sua domanda.
Con un movimento repentino, Edward inverte le posizioni.
È sotto di me, nudo, completamente alla mia mercé. E io non so resistergli. Incapace di pensare lucidamente, poso le mie labbra contro la sua bocca, baciandolo. Edward non esita nel ricambiare il bacio, muovendosi sotto di me.
Lo assecondo, così mi viene più facile assecondare i miei voleri. Sono la prima a raggiungere quella sensazione che mi fa emettere un gemito più forte degli altri, che fa rabbrividire il mio corpo, che mi lascia spossata e stanca, ma appagata.
Edward ha sul volto un’espressione che mi fa un po’ preoccupare: è piacere mista a dolore.
“Edward…” sussurro, cercando di capire cosa abbia.
“Spostati, Isabella” ribatte subito, spostandomi lui da solo.
Ricordo ancora quando l’altra volta dal suo membro è uscito un liquido bianco. La stessa cosa avviene adesso. Forse è questo a cui si riferiva Esme quando mi ha chiesto se il Principe fosse venuto dentro di me.
Edward respira affannosamente e tuttavia non sembra irritato o altro, solo stanco. E come l’altra volta, prende la sua camicia e si pulisce. “Non ti ho sconvolto, vero?” domanda, inarcando un sopracciglio.
Scuoto la testa, sincera. Mi ha solo incuriosito.
La mia espressione deve mostrargli ben bene i miei sentimenti a riguardo perché sembra imbarazzato. “Tu sai cos’è, no?” chiede, quasi sperando gli risponda sì.
Opto per la sincerità. “Ehm… no.”
“Ah” mormora semplicemente.
Mi rendo conto solo in quel momento di essere seduta sul letto e di avere il seno esposto ai suoi occhi così decido di sistemarmi la camiciola.
“Tua madre non te l’ha spiegato?” chiede improvvisamente, curioso.
Sorrido imbarazzata. “Non ne abbiamo avuto il tempo, sai…”
Annuisce ancora. “Vuoi che… che te lo spieghi io?” chiede. È imbarazzato, forse più di me.
Per evitare di metterlo ancora più in imbarazzo, scuoto la testa. “Non c’è bisogno, veramente.”
“No, dai, te lo spiego” decide. Si mette seduto, passandosi una mano fra i capelli, schiarendosi la gola. “Dunque… Quando due persone stanno insieme in quel senso, raggiungono l’orgasmo. È quella sensazione di appagamento che ti invade e ti rilassa; l’hai provata, no?”
Okay, adesso inizio ad essere imbarazzata pure io. Annuisco.
“Sì, ecco. Gli uomini la raggiungono in maniera diversa, dalle donne. Voi quando siete eccitate vi bagnate, quando lo siamo noi il nostro membro diventa duro.”
Credo che il colore del mio viso sia rosso porpora.
“E quando raggiungiamo l’orgasmo, emettiamo quel liquido che hai visto poco fa. E questo è in grado di ingravidarti. Capisci?”
Annuisco. Esiste un rosso ancora più rosso del color porpora?
“Vuoi dormire?” chiede. Mi sembra di sentire nel tono di voce quella nota speranzosa che ho sentito poco fa.
“Sì” rispondo immediatamente.
“Bene, dormiamo” mormora di rimando, alzandosi per spegnere le luci e coricandosi subito dopo.
Lo imito, coprendomi con il lenzuolo fin sotto il mento.
La stanza è al buio più totale, nel silenzio più assoluto.
Eppure, sono tranquilla.
 
 

Spazio autrice

 
Ed eccomi qui con questo nuovissimi capitolo sfornato oggi pomeriggio : ) O meglio, l’ho iniziato oggi pomeriggio e terminato adesso ^-^”
Spero vi piaccia come a me è piaciuto scriverlo.
Bene ragazze, possiamo dire che da adesso in poi ogni parola, ogni sorriso, ogni sguardo e ogni gesto di Edward e Bella, ha un valore. Non posso continuare a farli essere ‘conoscenti’ per tutta la durata della storia -.-“ Devono pur iniziare a provare qualcosa, no?
Adesso, un po’ di avvisi:
1)il mio account facebook NON è più disponibile, così come la pagina. Potete trovarmi solo su Twitter, magari se mi dite chi siete mi faresti pure un favore ;) http://twitter.com/#!/Miss_StewGreene
2)per chi seguiva “Il mio inizio sei tu”; sappiate che l’ho cancellata MA verrà ripubblicata in seguito. Al momento, voglio occuparmi in esclusiva di questa storia perché se tutto va bene avrete il primo capitolo di “Un fidanzato in prestito”, il seguito, a dicembre ^-^
3)non ho tempo di rileggere il capitolo, perdonate OGNI possibile errore grammaticale ç_ç
4)per favore, non pensate che la reazione di Bella sia esagerata ^-^" Vi ricordo che a quei tempi si era ancora bambine alla sua età, Bella in questa storia è piccola nel vero senso della parola, e Aro le ha fatto capire, sincero, che semmai qualcosa dovesse arrivare nelle orecchie del Re, qualcosa che lui non approverebbe, la sua vita è in pericolo. Voi come avreste reagito?
Un bacio, Vane.
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Lo so, è strano vedere una nota prima del capitolo visto che scrivo sempre alla fine ma qui è necessario.
Dunque, la storia è giunta al suo termine. Questo, secondo i miei calcoli, dovrebbe essere il penultimo capitolo, oppure il terzultimo. Quindi ancora uno – o due – capitolo e la storia terminerà. Non sto a dirvi nulla a questo proposito perché lascerò i miei sentimenti liberi quando pubblicherò il prossimo capitolo e metterò fine alla storia.
Comunque sia, dal capitolo precedente a questo, c’è un salto temporale di 5 giorni, sia chiaro, e il capitolo narra una giornata sola. Lo specifico nel caso vi poteste confondere : ) Il ciclo di Bella, anche se son passati 5 giorni, è terminato (c’è a chi dura 3 giorni, chi 4, chi 5, chi 6).
Niente note alla fine, vi auguro semplicemente buona lettura, sperando che il capitolo vi sia piaciuto come quelli scorsi.

p.s.: purtroppo questo capitolo è molto lungo e gli occhi mi stanno bruciando a forza di stare al pc; perdonatemi se non rispondo alle recensioni, sapete che lo faccio sempre e che - le rare volte che salto - è per motivi improrogabili.... Un bacio!



 
 

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Edward farà ventisette anni tra sette giorni esatti.
Dal mio arrivo al palazzo reale, sono passati precisamente ventidue giorni e devo dire che non mi dispiace affatto.
Durante questi ultimi cinque giorni, ho fatto visita ai miei genitori spesso, rendendo mio padre e mia madre molto felici. Io non sono da meno.
Edward non è cambiato: è passionale, sebbene con il mio flusso mestruale – che fortunatamente è terminato – si sia dovuto contenere molto, ma mi rispetta. E poco sembra importargli il mio essere una semplice serva.
“Isabella, tutto bene?”
Mi risveglio dai miei pensieri, fissando confusa Esme. “Certo. Perché me lo domandi?” chiedo.
“Perché stai sorridendo. Pensavi a qualcosa in particolare?” chiede, un pizzico di malizia nel suo sguardo e nel tono della sua voce.
Arrossisco ancora di più, abbassando lo sguardo e sorridendo imbarazzata. “Nulla di interessante. Pensavo alla mia famiglia” spiego, mentendole.
“D’accordo.”
Il tono della voce di Esme mi fa capire che non ha creduto alla mia bugia ma lei non insiste e gliene sono grata.
 
Dal giorno in cui Edward mi ha permesso di vedere i miei genitori, dentro me ho il forte desiderio di ripagarlo per la felicità che mi ha causato. Posso rivedere quando voglio i miei genitori e sto con lui, cosa che non mi dispiace: sono doppiamente felice.
Ma, essendo una semplice serva, non posso ricambiarlo offrendogli un viaggio, o un gioiello, o qualcos’altro. Non posso nemmeno comprargli uno di quei libri classici che ama, non potendomelo permettere.
C’è una cosa, ben diversa da queste, che sfiora la mia mente da un bel po’. Un metodo di ringraziamento originale che spero possa renderlo felice quanto lo sono io.
Vorrei soddisfarlo. Intimamente. Solo che tutto ciò che so me lo ha insegnato lui… Quindi, l’unica cosa a cui sono riuscita a giungere è far visita a una di quelle donne che lavorano nelle varie locande del paese. Farmi spiegare varie cose, anche solo il minimo indispensabile.
Oggi Edward non c’è, è uscito insieme al Re per questioni di Stato. È la giornata ideale, perché Aro è con lui e nessuno si occupa di me, contrariamente agli altri giorni.
Edward ha fatto in modo che Jacob, un ragazzino che lavora alle scuderie, mi accompagnasse ogni qual volta desideravo andare a far visita ai miei genitori al villaggio.
È l’unico con il quale le Guardie Reali mi permettono di uscire, altrimenti posso dire addio ai miei piani.
Decisa più che mai ad andare alla locanda, poso con uno scatto il libro che stavo leggendo e porto con me uno scialle. Cammino velocemente, senza tuttavia correre per non destare sospetti. Quando arrivo nelle stalle, sospiro trovandovi già Jacob dentro.
“Ciao, Jacob.”
Jacob, preso alla sprovvista, si volta verso di me, illuminando il suo volto con uno splendido sorriso quando mi riconosce. “Ciao, Bella!” esclama, avvicinandosi entusiasta a me.
Nessuno mi ha mai chiamato con questo soprannome, è il primo ad utilizzarlo. Mi piace, è come se fossimo più intimi. Sorrido anche io. “Jacob, devo chiederti un favore.”
“Vuoi che ti accompagni dai tuoi genitori?” Jacob non si è mai irritato per il nuovo compito di Edward, tutt’altro. Ne sembra entusiasta, realmente felice.
Mi avvicino a lui, il sorriso scomparso sul mio volto. “No. Non da loro. Devi accompagnarmi in una delle locande di Madame Victoria.” Vedo il suo sorriso, sempre presente sul bel volto di ragazzo, scomparire lentamente quando il reale significato delle mie parole penetra nella sua mente. “Ma…”
“Ascoltami, Jacob. Nessuno dovrà mai venire a saperlo, nemmeno il Principe. Rimarremo poco, e poi andremo anche dai miei genitori, per non destare sospetto. Non farò nulla di male, te lo prometto, devo andarci perché… perché sì, non posso dirti altro, mi dispiace.”
Jacob è ancora più confuso ma non posso rivelargli il reale motivo della mia richiesta.
Tuttavia, annuisce. “Non lo dirò a nessuno… Ma per favore, Bella, andiamocene presto. Ho paura che se il Principe lo viene a scoprire mi faccia frustare” mormora, ansioso.
“Te lo prometto, Jacob” giuro, mettendomi una mano sul cuore.
Sospira, annuendo ancora. “Andiamo.”
 
“È questa la locanda meno famosa di Madame Victoria?” chiedo, scrutando attentamente il posto. Madame ha tante locande, per questo è una tra le donne del villaggio meglio conosciute. Non posso andare in una locanda qualunque, devo scegliere quella che da meno nell’occhio. Non posso rischiare.
“Sì. Entra Bella, ti vengo a prendere tra un quarto d’ora esatto, non di più!” esclama perentorio.
“Per me va bene, Jacob. Quindici minuti bastano e avanzano.” O almeno spero.
È il primo pomeriggio, e non c’è nessun uomo. Anche per questo motivo sono venuta adesso. Quando entro, è tutto buio, non vedo niente. “C’è nessuno?” esclamo, alzando la voce.
“Chi siete voi?” domanda una voce femminile, adulta.
Il locale si illumina, facendomi notare vari tavolini sparsi tutt’intorno. Niente di eclatante.
“Voi siete Madame Victoria?” domando. Voglio prima averne la conferma.
“Madame Victoria non è qui, ragazzina. Cosa vuoi da lei?” chiede perentoria. Sembra infastidita.
Mi avvicino. “Volevo solo porgerle delle domande, nulla contro di lei, o voi, o i suoi tanti locali. Solo a scopo personale” chiarisco, pensando sia questo il problema.
Difatti, noto la ruga tra le sopracciglia scomparire dalla fronte della donna, pur tuttavia mantenendo sempre un’espressione ansiosa. “Posso fidarmi?” chiede, titubante.
“Certamente. Non voglio creare problemi, davvero. Voglio fare delle domande, anche a voi potrei farle.”
“Domande su cosa?” chiede, sinceramente confusa.
Arrossisco, titubando io stavolta. “Domande… sull’atto fisico…” mormoro con fatica.
Il volto della ragazza si illumina in un sorriso molto dolce. “Quanti anni hai?” chiede.
“Diciassette.”
“Vuoi imparare a soddisfare tuo marito?” continua.
“No… cioè sì, devo soddisfare un uomo ma non è mio marito” chiarisco ancora.
Sospira, il sorriso scomparso. “Siediti.” Fa un cenno a uno dei tanti tavolini nel locale, sedendosi di fronte a me. Non c’è nessun’altro a parte noi due.
“Io ho ventidue anni. Alla tua età, non sapevo nemmeno cosa fosse l’orgasmo. Tu lo sai?”
Annuisco, arrossendo quando le parole di Edward, pronunciate cinque giorni fa, si fanno strada in me.
La ragazza bionda continua. “C’era un ragazzo… Si chiamava Garrett. Lui mi promise di sposarmi, se in cambio gli avessi dimostrato tutto il mio amore. Mi sono concessa a lui all’età di quindi anni. Sai cosa ha fatto dopo? Se n’è andato, lasciandomi da sola con un bambino appena nato. Suo figlio.”
“Oh mio Dio” sussurro, incapace di credere alla crudeltà di questo ragazzo. Di questofarabutto. “Lui lo sa?”
“Certo che lo sa, anche se mi ha accusato di mentirgli. Ma non importa.” Scuote la testa, scrollando le spalle. “Io non ti conosco, né tu conosci me. Se ti sto raccontando tutto questo è per farti capire che un uomo non sempre dice la verità. Se tu vuoi sapere come soddisfare il tuo ragazzo, per me va bene, ma non aspettarti che lui ti sposi.”
Scorgo dolore nei suoi occhi, un dolore che fa male persino a me. Le porgo la mia mano. “Sono Isabella.”
Aggrotta le sopracciglia. “Perché me lo chiedi?” mormora, confusa.
“Perché così mi conoscerai e io conoscerò te” spiego, divertita.
Sorride anche lei, prendendo la mia mano e stringendola. “Io mi chiamo Tanya. Allora, cosa vuoi sapere?”
 
Esattamente quindici minuti dopo, esco dalla locanda un tantino sconvolta. Le parole di Tanya, insieme al suo sguardo divertito per la mia espressione, rimbombano nella mia testa.
‘Prendigli il pene tra le mani e imita la penetrazione. Gli piacerà.”
Cioè, dovrei toccarlo? Con le mani dovrei toccare quel coso?
‘Leccala con la lingua. Prendila tra le labbra. Lo farà impazzire. Piacerà anche a te.’
Su questo dubito seriamente. Dio mio, il solo pensare alla mia testa fra le sue gambe a… a fare quella cosa mi fa venire la nausea!
“Bella!”
Sussulto quando sento qualcuno chiamare il mio nome. Mi rilasso quando capisco che è Jacob e salgo in carrozza.
“Tutto bene?” chiede, preoccupato.
“S-sì.” Sto ancora pensando.
 
Farlo o non farlo? Me lo domando da tutto il pomeriggio.
Dopo essere stati dai miei, io e Jacob siamo ritornati al palazzo prima che faccia buio ma di Edward nemmeno l’ombra. Jacob è rimasto nelle stalle, io sto per raggiungere le cucine. O meglio, vorrei, perché qualcuno mi chiama.
Sussulto quando vedo che quel qualcuno è Dimitri. Soprattutto, mi rendo conto che siamo soli.
“Ciao Isa, come stai?” chiede, sorridendomi e avvicinandosi a me.
Tento di ricambiare il sorriso senza dargli una brutta impressione. “Bene. E tu?” Perché se Jacob mi chiama Bella non mi disturba ma se Dimitri mi chiama Isa vorrei ricordargli il mio nome completo?
“Adesso meglio.” Sorride ancora di più, avvicinandosi e costringendomi ad arretrare. Sembra non notarlo. “Senti… che ne dici se d’ora in poi ti accompagno io da mamma e papà? Eh, che dici? Jacob è soltanto uno stupido ragazzino, io saprò proteggerti meglio” continua, annuendo alle sue stesse parole.
Mi indispettisco, abbandonando i buoni propositi. “Se Edward mi ha messo accanto Jacob ci sarà un motivo, no? Edward sa perfettamente che ha solo quattordici anni, ma l’ha fatto ugualmente. Quindi mi va bene” sentenzio.
Ride, accarezzandosi i capelli. “Oh, Isa, Isa… Adesso chiami il nostro Principe per nome? Devo ricordarti che fra di voi due non potrà mai esserci nulla? Servi solo a scaldargli il letto, ti getterà via come se fossi una vecchia camicia” sibila, serio.
Evito di rispondergli, benché vorrei solo schiaffeggiarlo, e mi giro, pronta ad andare via. Ma una mano mi costringe a voltarmi di nuovo, fronteggiandomi di Dimitri.
“Dimitri, non dovresti stare alle stalle?”
Volto la testa, ringraziando mentalmente Mike.
Dimitri abbassa la mano e io affianco immediatamente Mike. Dimitri non lo degna di una risposta. “Rammenta le mie parole, Isa. Ti renderai conto che non mi sto sbagliando. Ti getterà via non appena compirà gli anni, vedrai!” esclama.
“Che cosa?”
Mike, io e Dimitri ci voltiamo, trattenendo il fiato nell’osservare la figura sconvolta di Edward fissarlo vicino ad Aro.
“Mio Signore…”
“Cosa accadrà il giorno del mio compleanno?” continua Edward, con tono di voce che non ammette repliche.
Pentito, Dimitri scuote la testa. “Mio Signore, io non so cosa accadrà il giorno del vostro compleanno. So solo che il Re ha mandato a chiamare mia cugina Jane per servirvi” spiega, pentendosene subito dopo.
Guardo sconvolta Edward, per capire se lo sapeva o meno. È chiaro che Jane deve servirlo in un modo in particolare… e io? Che ne sarà di me?
Edward, però, sembra essere ancora più sconvolto di me. “Ti conviene scomparire. Adesso” intima a Dimitri, non ammettendo repliche.
Nemmeno s’inchina: Dimitri scappa letteralmente via.
“Che voleva dire quel figlio di puttana?” domanda immediatamente ad Aro, ignorando la presenza di una donna.
“Mio Signore, calmatevi…” Aro tenta di calmarlo ma invano.
“Che significa che manderanno a chiamare sua cugina? E Isabella che fa, la rimando a casa dopo essermela scopata per quasi un mese?”
È chiaro che non ragiona più e tuttavia non posso impedirmi di arrossire di fronte alle sue parole. O di non gioire notando che mi vuole ancora con sè, che mi vuole senza nessun’altra donna intorno.
Edward non aspetta risposta, si rivolge a Mike. “Accompagnala nelle sue stanze” ordina, prima di andarsene via. Aro lo segue immediatamente.
Io e Mike rimaniamo immobili senza capire. “Ti senti bene?” chiede infine, preoccupato, sorprendendomi della sua informalità.
“Sì. Grazie Mike.” Mi vien da sorridere quando vedo un po’ di rossore tingergli le guance.
“Dovere, signorina Swan. Andiamo.” È ritornato il buon vecchio Mike di sempre.
 
Non vado in camera; preferisco la biblioteca. Non appena entro dentro questa, mi scontro con un corpo forte e caldo. Tremendamente caldo. E anche tremendamente familiare.
“Edward!”
Non mormoro altro, Edward non me ne da in tempo. Mi conduce dentro la biblioteca, chiudendo la porta a chiave e premendo il suo corpo contro al mio, la mia schiena a sua volta contro il muro.
Non ho paura, è da un po’ che con Edward mi sento al sicuro. Non ho mai avuto paura; timore sì. Adesso, tutto ciò che sento è solo una forte eccitazione.
Respira affannosamente, come me, la sua fronte contro la mia.
I miei occhi sono catturati dalla sensuale visione delle sue labbra socchiuse, che ricordo perfettamente morbide e delicate. Anche nei momenti più passionali.
Come richiamate dai miei pensieri, le sue labbra si posano sulle mie nel più dolce dei baci. Ricambio immediatamente il bacio, posando le mie braccia intorno al suo collo. Mi stringe a sè con forza, invitandomi con i gesti a circondargli i fianchi con le mie gambe. È una posizione scomoda a forza dei miei abiti ma sembra non importargli poi molto.
Il bacio si intensifica, facendomi desiderare sempre di più.
Edward mi fa scendere, senza smettere di baciarmi. “Non ci arrivo in camera da letto” sussurra al mio orecchio, mordicchiandolo leggermente dopo avermi voltato, la mia schiena contro il suo petto.
Assaporo il momento, chiudendo gli occhi e riaprendoli in seguito, sospirando quando posso percepire il gonfiore tra le sue gambe premere sul mio fondoschiena. “Ma qui potrebbe entrare qualcuno...” sussurro, inclinando di lato la testa per dar maggior accesso alla sua bocca sul mio collo, le sue mani che toccano lascivamente il mio seno.
“No, non entrerà nessuno” continua, iniziando a slacciarmi l’abito da dietro.
Giusto: ha chiuso la porta.
“E se dovessero provare a entrare?” chiedo timorosa, quando mi fa voltare per mettersi davanti a lui, togliendomi definitivamente l’abito. Rimango solo con una leggera camiciola.
Mi sorride teneramente, facendomi aumentare i battiti del cuore. “Se proveranno ad entrare troveranno la porta chiusa. Sei al sicuro, Isabella.” La sua voce è melodiosa, capace di farmi socchiudere gli occhi al suo tono roco.
Sono al sicuro, e lo so. Me l’ha dimostrato tante di quelle volte che dubitarne sarebbe ingiusto da parte mia. E voglio dimostrargli che mi fido di lui, completamente, in modo assoluto.
Ricambio il sorriso, accarezzandogli la base del collo.
Edward mi riprende in braccio, baciandomi, e avviandosi verso la poltrona. Si siede, me sopra di lui, iniziando ad aprire la sua camicia.
“Lo possiamo fare qui? Non l’abbiamo mai fatto fuori dai tuoi appartamenti” sussurro, fissando le sue lunghe dita sbottonare la camicia; le stesse dita che mi hanno fatto più e più volte fremere in questi giorni.
“C’è sempre una prima volta per tutto” risponde prontamente Edward, divertito.
Sorrido apertamente, dandogli ragione.  Mentre si spoglia, lo bacio, strusciandomi su di lui e facendoci gemere entrambi.
La poca luce del giorno penetra dentro la grande biblioteca ma non mi vergogno. È strano ma è così. Edward mi fa sentire bene, mi fa sentire bella, desiderata. Una vera donna. Mi fa sentire speciale.  So che il nostro rapporto è destinato a terminare, ma al momento voglio godere di ogni aspetto positivo della faccenda. E voglio fare in modo che qualunque cosa accadrà, Edward si ricordi di me.
“Aspetta” sussurro, un’idea nella mia mente. Ricordo alla perfezione i consigli di Tanya e, anche se all’inizio mi sembravano assurdi, adesso desidero soddisfarlo più che mai. Se Tanya, una ragazza molto più esperta di me, afferma che l’uomo impazzisce se gli faccio una determinata cosa, ebbene, la farò.
Edward mi fissa confuso ma si ferma subito.
Un altro principe non l’avrebbe mai fatto…
Scendo dalle sue gambe, inginocchiandomi davanti a lui, le mie ginocchia sul pregiato tappeto della biblioteca.
Edward è riuscito a denudarsi; con fatica ma c’è riuscito.
“Isabella, che vuoi…?”
Lo interrompo prima che possa dire altro. Vedo che è davvero confuso, e non mi spiego il perché. Insomma, è un uomo! Saprà bene ciò che voglio fargli…
Come mi ha spiegato Tanya, accarezzo la sua erezione, alternando le strette, cercando di essere decisa e delicata allo stesso tempo. Potrei fargli molto male e questa è l’ultima cosa che voglio. Anzi, non lo voglio affatto.
Immediatamente, lo sento emettere un breve ansimo, gli occhi che gli si chiudono per un secondo. Ritorna a fissarmi, il respiro leggermente più veloce, l’espressione affamata. Continuo ad accarezzarlo, aumentando sempre di più il ritmo. Non vado troppo veloce, ma nemmeno lentamente. Il respiro di Edward si fa sempre più corto.
E quando vedo che non ce la fa più, abbasso lo sguardo sulla mia mano e sul suo membro uniti. Prenderlo o meno, in bocca? Tanya ha detto che quando accarezzi intimamente l’uomo, per lui è come impazzire ma mi ha detto anche che il piacere aumenta ancor di più se lo prendi tra le labbra. E per ripagare Edward, sono disposta a farlo, anche se preferirei farne a meno.
Sussulta quando trovo il coraggio per farlo, quando finalmente poggio le mie labbra sulla sua erezione. Posa una sua mano tra i miei capelli, stringendo senza tuttavia impormi nulla.
Inizio a succhiare piano, sorprendendomi. Non è male, è tutto il contrario di ciò che mi ha raccontato Tanya. Forse, a Tanya disgusta l’atto perché costretta a farlo… io ho voluto. O magari per altro, non so. Forse, sono io quella strana; forse a tutte le donne non piace tranne che a me. A me piace; c’è grande soddisfazione quando sento Edward in preda al piacere grazie a me durante le nostre notti. Adesso che faccio io qualcosa per lui – e non il contrario come sempre – la soddisfazione è certamente più alta.
E poi, Edward è così caldo, morbido e duro nello stesso tempo, ha un così buon odore che non può certamente ripugnarmi. Non provo piacere, questo sì, ma solo una gran soddisfazione, una soddisfazione che aumenta sempre più di grado ad ogni gemito più forte di Edward.
“Ma chi ti ha insegnato una cosa del genere?” domanda esterrefatto, senza tuttavia abbandonare la presa.
Non posso parlare; emetto solo un breve gemito che lo fa tremare ancora di più – per fargli capire che non appena mi lascerà stare risponderò. Ovviamente, non posso raccontargli di Tanya. Gli dirò che è stato un semplice atto dettato dal desiderio di soddisfarlo. Non posso essere sincera, ma voglio avvicinarmici.
Con uno scatto improvviso, mi tira su, mentre mi siedo a cavalcioni su di lui. Indirizza la sua erezione verso il mio centro, entrando in me senza attendere oltre. Fa male, tanto male. Ma non me ne pento.
Edward inizia a muoversi, perso, mentre anche io inizio a sentire quel languore familiare. Adesso anche come si chiama. Non è dolce, non è delicato, non si muove lentamente. È affamato, vorace, spinge forte e rudemente in me, ma invece che morire dal dolore sto impazzendo dal desiderio. Forse non sono tanto normale…
Dimentico persino di rispondergli, la mia priorità al momento è un’altra. È farlo tremare per la voglia che ha di me, esattamente come tremo io per l’intensità con cui lo desidero. Inizio a muoversi, seguendo i miei desideri, sapendo però che a lui piacerà di più.
Stringe la presa sulle mie gambe, aumentando ancor di più il ritmo. La sua testa si abbassa su un mio seno, catturando fra la labbra un capezzolo. Stringo la mia mano intorno ai suoi capelli, temendo quasi di fargli male. Continua a succhiare, senza fermarsi, facendomi gettare la testa indietro.
È incredibile fare una cosa del genere in pieno giorno, con le cameriere che circolano indisturbate per il palazzo. È incredibile che sia proprio io a farlo. Ma lo faccio. E sicuramente non me ne dispiaccio.
Emetto un gemito più strozzato degli altri quando raggiungo ciò che ora so chiamarsi orgasmo, seguita da Edward. Anche lui emette un ansito, allentando di poco la presa e respirando affannosamente.  Posa la fronte contro il mio petto, mentre entrambi cerchiamo di calmare i nostri respiri. Qualche secondo dopo nella mia completa immobilità, poggia la sua schiena contro la poltrona. Esce da me, facendo attenzione a non sporcare niente mettendo la sua camicia sotto di me e coprendoci me con la mia camiciola. Mi alza solo il tempo necessario per indossare i calzoni.
Mi attira immediatamente a sé non appena si siede, lasciandomi delicati baci lungo il collo, sulla guancia, sugli occhi. Su tutto il viso. Mi culla fra le sue braccia, mentre chiudo gli occhi e mi stringo a lui.
Il nostro tempo insieme finirà non appena sarà il suo compleanno, quindi non vedo motivo per non approfittarne il più possibile. Mancano solo sette giorni, dopotutto.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***



 
 

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“Isabella?”
Controvoglia, apro gli occhi. Rimango un attimo spaesata quando vedo che la luce giornaliera ha lasciato il posto alla luce del tramonto.
Alzo il volto, scorgendo Edward col viso chino su di me. Sono poggiata contro il suo petto. “Ma che…?”
“Ti sei addormentata” sussurra, scostandomi dolcemente una ciocca di capelli dal volto.
Mi gratto gli occhi, tremando leggermente. Indosso solo la camiciola.
“Senti freddo?” continua, sfiorando con i polpastrelli la pelle d’oca del braccio.
“Un po’” rispondo piano, posando la guancia contro il suo petto e chiudendo gli occhi senza rendermene conto. Sono ancora mezza addormentata.
La bassa risata di Edward giunge lieve e ovattata al mio orecchio, facendomi rabbrividire di piacere. “Che ne dici se ci vestiamo e andiamo in camera?” propone.
Ancora controvoglia, annuisco, spostandomi da lui e raccattando gli abiti.
Indossa in maniera disordinata la camicia sporca del suo seme, cercando di nascondere la macchia piegando l’orlo senza macchiarsi.
“Non devi andare a cenare?” chiedo, confusa.
Sembra preso alla sprovvista. Sospira. “Sì, non posso non cenare con il Re e la Regina.”
E io non devo cenare con i Reali. Perfettamente sincronizzati.
“C’è nessuno fuori?” chiedo, improvvisamente imbarazzata.
“Non credo. Ma se vuoi esco prima io.”
Annuisco alle sue parole.
“Bene. A dopo.”
 
È notte fonda, ormai.
Sono sotto le coperte, Edward che mi tiene fra le sue braccia. Non vorrei essere in nessun altro posto, nemmeno a casa mia, con i miei genitori. Sto bene dove sto. Il che è strano… È anche strano che non abbiamo fatto nemmeno l’amore e che io mi trovi al palazzo solo per questo motivo. Siamo semplicemente coricati sul morbido letto del Principe.
Mi stringo ancora di più al suo petto, affondando il volto nell’incavo del suo collo e aspirandone il forte profumo mascolino. È così buono… e lui è così bello, così dolce… così perfetto, che mi sembra solo un sogno. Un bellissimo sogno.
Un improvviso, sgradevole pensiero si fa strada in me: Dimitri non avrebbe dovuto parlarmi in quel modo, essendo io proprietà del Principe. Edward l’ha punito?
“Edward?” lo chiamo, la mia voce un sussurro.
“Mmh-mmh?” Mi accarezza i capelli.
“Come sta Dimitri?” chiedo, titubante.
La mano che accarezza i miei capelli si ferma. “Perché ti interessa?” È confuso, lo percepisco dal tono della voce. “Credevo che ti avesse importunato.”
Mi sposto, poggiandomi sui gomiti e fissandolo dall’alto verso il basso. “E chi te l’ha detto?” domando, preoccupata. Sì, è vero che mi ha importunata, ma non voglio avere la sofferenza di qualcuno – che sia Dimitri o un altro – sulla coscienza.
“Mike” risponde. “Non preoccuparti, comunque. L’ho mandato a servire un mio amico; aveva bisogno di un nuovo stalliere ed è meglio così.”
Annuisco, pensierosa.
Edward mi porta sotto di sé, fissandomi serio. “Non credevo ti stesse tanto a cuore Dimitri.” Edward è sopra di me, tra le mie gambe. Incrocia le nostre mani, portandole sopra la mia testa. Riesco a sentire la sua eccitazione chiaramente, il che mi fa chiudere per un breve istante gli occhi.
“E infatti non mi importa…” riesco a sussurrare.
Lo stomaco si contrae per il piacere quando inizia a muoversi contro di me, lentamente. Allenta la presa e io abbasso le braccia, Edward che tiene ancora le sue mani vicino la mia testa.
“Edward?” Lo chiamo a fatica, deglutendo.
Lui non è da meno. I tratti del suo viso iniziano a contrarsi per il piacere trattenuto e posso sentire la sua erezione farsi sempre più grande.
“Dimitri diceva la verità? Potrò tornare a casa il giorno del tuo compleanno?” chiedo. Ho bisogno di sapere la verità.
“Tu vuoi ritornarci, Isabella?” chiede con voce roca.
Il mio bacino inizia a muoversi in sincrono col suo, le mie gambe che si aprono maggiormente. Ansimo rumorosamente, chiudendo gli occhi e gettando la testa all’indietro. “Edward… più veloce!” lo supplico.
Mi accontenta subito, impennando il suo bacino contro il mio con una spinta decisamente più forte, velocizzando di conseguenza il ritmo. “Vuoi ritornare a casa, Isabella?” continua, la voce intrisa di piacere.
No che non voglio tornare a casa, ma come faccio a dirglielo?
“Isa…”
Lo interrompo prima che possa rendermi conto di ciò che affermo. “No, non voglio!” esclamo, preda del piacere più assoluto.
La bocca di Edward è improvvisamente sulla mia, la sua lingua che vi si intrufola dentro. Le mie mani si posano sulla sua schiena, accarezzandone ogni singola cicatrice. Si allontana improvvisamente da me, lasciandomi confusa. Contrariamente a ciò che immaginavo, non si alza da letto; si abbassa con la testa fra le mie gambe.
“Edward, aspetta!” esclamo spaventata, ma Edward mi ignora.
Sento per la prima volta la lingua calda e bagnata di Edward sulla mia femminilità – anche’essa bagnata – e urlo per il piacere improvviso che questo contatto mi provoca. Edward accelera i movimenti della lingua, toccandomi anche con le dita. Stringo i suoi capelli, avvicinando più che posso il suo volto alla mia intimità. Raggiungo l’orgasmo con un gemito più roco degli altri, il cuore che batte all’impazzata, il respiro corto e lo sguardo stupito e languido, anche, fisso sul soffitto.
Non perde tempo: alza la mia camicia da notte e si abbassa i calzoni, unendosi a me con una spinta decisa, facendomi perdere la ragione. Inizia a muoversi con decisione, facendomi ansimare ancora di più. Posa le sue labbra sul mio seno, succhiando forte un capezzolo, toccando con la mano libera l’altro. I movimenti si fanno più veloci, le spinte acquisiscono maggior forza e sento Edward mugolare sempre di più, cosa che mi fa eccitare oltre il possibile.
Con un’ultima spinta, getto la testa all’indietro, stringendo forte le lenzuola, Edward che mi segue poggiando la testa fra i miei seni piccoli.
Rimaniamo fermi in quella posizione per quello che mi sembra tanto un secolo. Alla fine, Edward si scosta da me. “Quindi è deciso?” domanda improvvisamente, rompendo il silenzio.
Volto la testa verso di lui, disteso accanto al mio corpo, fissandolo interrogativa. “Cosa è deciso?”
“Rimani qui?”
Esito nel dargli una risposta. Certo che vorrei rimanere qui, non vorrei allontanarmi da lui per nessun’altro motivo al mondo, ma non posso. Non quando fra sette giorni – ormai sei – arriverà una nuova ragazza per pendere il mio posto. Scuoto la testa. “Edward…”
“Cosa?” sbotta, mettendosi sopra di me. Ma non c’è malizia nei suoi gesti, non adesso. “Hai detto che vuoi rimanere qui. Perché dovresti andartene?”
“Io voglio rimanere qui, ma come faccio? Il Re mi manderà via, arriverà al mio posto un’altra ragazza e io che dovrei fare?” domando, non riuscendo a capire dove voglia arrivare.
“Jane? Quella ragazza neanche si avvicinerà al palazzo, e tu dovrai rimanere qui” sentenzia, deciso.
Scuoto la testa, abbassando lo sguardo: per la prima volta non gli credo. Jane o qualcun’altra che differenza fa? Nessuna.
Mi accarezza la guancia. “Isabella, come faccio a mandarti via? Mi sei entrata nel sangue…”
Apro immediatamente gli occhi, fissandolo sconvolta. “Cosa?” Il cuore sembra aver smesso di battere, mentre scruto il volto di Edward in cerca della verità.
“Non mi credi?” chiede, continuando ad accarezzarmi. “Ti amo, Isabella.”
Boccheggio come in cerca d’aria, non sapendo cosa credere. Non avrei mai potuto immaginare che qualcuno, il Principe, si potesse innamorare di me. Non ho nemmeno una vaga idea di cosa sia l’amore! Ma se non è amore quando penso a lui e mi batte il cuore, se non è amore quando lo immagino con un’altra donna e mi sento morire, se non è amore quando lo vedo e lo stomaco si contrae per il solo piacere di sentire i suoi occhi posarsi su di me o sentire la sua voce… Allora non ho davvero idea di cosa sia ciò che sento per lui.
Edward inarca le sopracciglia, divertito. “Non avrei mai immaginato di lasciarti senza parole…”
Emetto un sorriso tremulo. “Ah no? Un principe mi dice che è innamorato di me e io non dovrei rimanerne sconvolta?” chiedo, gli occhi che mi si riempiono di lacrime.
Edward aggrotta le sopracciglia, adesso, sfiorando una lacrime dispettosa che è scesa sulla mia guancia.
Deglutisco, il divertimento scomparso.
“Cosa c’è?” domanda, confuso.
“Sei un principe, Edward. E io sono una serva” sussurro, la voce rotta per il pianto trattenuto. Non voglio piangere davanti a lui.
Scuote la testa. “Questo non c’entra nulla.”
“Non c’entra nulla?” chiedo, incredula.
Edward si alza, indossando una vestaia. Mentre si dirige nel suo scrittoio, mi copro con il lenzuolo, sedendomi. Esce da un cassetto una pergamena, aprendola sotto ai miei occhi e sedendosi sul letto, vicino a me. Me la porge, osservandomi.
“Che cos’è?” chiedo, prendendola in mano e iniziando a far scorrere gli occhi sulla pergamena. Ansimo quando mi rendo conto di che cosa si tratta. “Mi hai intestato una proprietà?” sussurro, incredula.
“In questo modo, non sarai più una semplice serva. Da oggi, sei ‘Miss Isabella’” annuncia.
Non riesco a crederci. “Oh mio Dio” sussurro, grattandomi la fronte con una mano. “Io… Io non so cosa dire.”
“Non devi dire nulla” mormora Edward, togliendomi dalle mani la pergamena. “Devi solo dirmi se mi ami o meno. In quel caso, potresti tornare a casa anche domani.” È serio, maledettamente serio.
Scuoto la testa, sorridendo emozionata. “Sì!” esclamo.
Stavolta, tocca a Edward rimanere senza parole. “Sì?” chiede, anche lui emozionato.
“Io non so cosa sia l’amore… ma se non è quello che provo per te, allora sono senza speranze!” esclamo, divertita.
Con una mano, mi attira a sé, stringendomi forte. “Allora lo scopriremo insieme. Ti va bene come programma per il resto della vita?” sussurra, affondando il volto nell’incavo del mio collo.
Lo stringo forte anche io, le mie braccia intorno al suo collo. “Mi va più che bene.”
 
 

Spazio autrice

 
Sono dell’opinione che esista il colpo di fulmine; ci credo. Bella e Edward hanno avuto meno di un mese di tempo per innamorarsi, eppure lo sono. Se voi credete o meno al colpo di fulmine io non lo so, sta di fatto che io ci credo :)
Edward intesta a Bella una proprietà, così da renderla se non proprio una dama con un titolo, una ragazza rispettabile. “Miss Isabella.” In questo modo, lui e Bella possono sposarsi. L’idea mi è stata data leggendo una storiella leggera e tuttavia affascinante, di quelle che cerco di scrivere e di leggere, stanca ormai dei soliti cliché con Edward bastardo e puttaniere. Questa: As You Wish, di Cassie9 , la quale si è mostrata entusiasta di prestarmi l’idea. Ringraziatela, perché se non fosse stato per lei, avrei impiegato chissà quanto tempo a trovare una soluzione : ) Soooooooooooooooo, thanks dude!! ^-^
Poi, che altro?  
Non ci sarà un seguito; la storia è iniziata in un modo ed è finita in questo. Niente matrimonio, niente bimbi, niente di niente se non una dichiarazione. Potrei farne dei missing moment ma, non avendo ispirazione, preferisco evitare. Sono dell’opinione che quando non senti di scrivere una determinata cosa è meglio non scriverla per non rovinare la storia.
Ringrazio ogni singolo lettore che ha commentato, capitolo dopo capitolo, (scusandosi pure per qualche recensione mancata addirittura!!) questa cosa che oso chiamare storia. Non mi sarei mai aspettata che vi potesse piacere e sorprendere, gongolavo come una matta ad ogni vostra parola, in special modo quando mi scrivevate ‘Non me l’aspettavo’. Oh sì, la gongolavo al limite del possibile!!
Ma ringrazio anche i lettori silenziosi, sempre se ce ne sono (magari le uniche persone che hanno letto la storia sono quelle che hanno recensito, chi può saperlo? ._.), e chi ha aggiunto la storia alle ricordate, alle preferite e alle seguite.
Grazie di cuore, ragazzi. Davvero.
Spero che questo ultimo capitolo vi sia piaciuto, altrimenti… sputatemi pure attraverso il pc. Sappiate, però, che io ci ho messo il cuore in questo capitolo perché ‘ultimo’.
E se vi interessa, qui trovate il link ad una mia nuovissima storia, Proibito. http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=869409

Un bacio, Vane.
 
 
 

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