Anno Domini 1848

di cecchino_2028
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vittoria ***
Capitolo 2: *** Vigevano ***
Capitolo 3: *** Vittima ***



Capitolo 1
*** Vittoria ***


Il mio nome è Vittoria, sono figlia di due contadini di un piccolo paese nei dintorni di Varese, per circa tre anni ho lavorato come serva nelle cucine di Palazzo Savoia, dove ho conosciuto uomini e donne dal grande nome, come Francesco Giuseppe, Carlo Alberto o Sofia di Wittelsbach. Nessuno di loro ricorda il mio volto, sono solo un umile serva, ma sono anche un abile lottatrice, è per questo motivo che a vent’anni sono scappata di casa. Nel mio paese la povertà era dilagante, così ho deciso di andarmene da Palazzo Savoia per tornare a vivere con i miei genitori, ora ho vent’anni e vogliono darmi in sposa ad un uomo che non amo, ma con il quale i miei genitori hanno un debito, lui ha detto che se avesse visto i miei bei occhi tutte le mattine accanto a lui non sarebbe successo nulla. Non lo amo, lui non ama me, però ho accettato per amore dei miei genitori e ora me ne pento, ora che sto per arrivare all’altare, ora che lui è di fronte a me e mio padre mi tiene al braccio, ora che sto per diventare sua moglie. Mio padre poggia la mia mano sulla sua e lui sorride, è un sorriso lascivo, carico di disprezzo e malizia, di voglia di prendermi anche lì, di fronte alla folla perché per lui quello che conta è questo, avere chi lo osserva e lo invidia. Lo guardo negli occhi, facendo trasparire l’odio che provo nei suoi confronti, sa che questo matrimonio non lo voglio, così ha deciso di portarmi in dote il suo pubblico, per far vedere la sua magnificenza ai miei occhi, per deridermi, per farmi soffrire già dall’inizio. Inizia la funzione ma i miei pensieri sono rivolti altrove, verso una radura nel bosco adiacente al paese in cui amavo passare le giornate. Un urlo mi ridesta dai miei pensieri, mi volto e vedo il mio promesso sposo accasciarsi a terra, in un lago di sangue, non ho parole, non riesco ad articolare nessun suono, sento gli sguardi di tutti rivolti verso di noi.
“Razza di bestia!” urla un uomo dal fondo della navata. Mi alzo, ho riconosciuto la sua voce, ha il volto coperto dal cappuccio di un lungo mantello che tocca terra.
“Cosa volete?” rispondo in un sussurro, che però fa eco nella chiesa, poiché il silenzio è tombale.
“Voi madama!” dice avvicinandosi ed inginocchiandosi sulle scale.
“Ma non sono né ricca né di buona famiglia!” rispondo impaurita.
“C’è qualcuno che vi desidera!” dice l’uomo prendendomi per le gambe e issandomi sulla sua spalla, urlo forte e mi dimeno, ma lui mi tiene stretta, usciti dalla chiesa inizia a correre fin quando non arriviamo nel bosco, mi adagia ai piedi di un albero e dopo essersi guardato intorno cala il cappuccio e vedo quel volto così famigliare, alto e dinoccolato, capelli biondi alcuni bianchi, occhi nocciola profondi e un odore inconfondibile, che sa di buono.
“Maestro!” dico facendo un profondo inchino.
“Vittoria sai che odio questo tipo di cose quindi ora alzati e parliamo!” dice, seguo alla lettera i suoi comandi, pendo letteralmente dalle sue labbra.
“Non potevo sposarlo!” rispondo.
“E i tuoi genitori?” chiede.
“Lui è morto non può più fargli del male!” dico.
“Ma i suoi fratelli?” domanda.
“Si è allontanato da tutti, non discutiamone più!” rispondo tutto d’un fiato.
“Già!” dice e mi lancia una borsa, la apro e trovo le cose che gli avevo dato,  un paio di braghe e una maglia di tela, una giacca e un paio di stivali di pelle, mi spoglio e me li infilo, non mi vergogno del mio Maestro, è stato lui a iniziarmi verso l’arte del sicario, prendo le armi e le ripongo nei luoghi giusti. Il mio armamentario è formato da due pugnali, entrambi nelle braghe, coperti dalla giacca, una spada con il fodero nello stivale, una daga e un gladio nell’altro stivale, un sais e un cerchio rotante in due piccole tasche nascoste sotto la giacca. Sono armata di ogni sorta di arma bianca, chiunque intralci il mio camino non ne esce vivo. Ecco cosa sono realmente, un sicario. Ho conosciuto il Maestro quando ero a Palazzo Savoia, lui faceva parte dell’esercito privato del re, ha iniziato ad addestrarmi così, per scherzo. Una sera ero in giardino a passeggiare e lui non mi aveva notata, poi aveva avvertito la mia presenza e aveva sfoderato la spada con la quale mi aveva attaccata, io mi ero abbassata per evitare la spada e lui aveva iniziato a colpirmi, avevo schivato tutti i colpi, poi con il chiarore della luna mi aveva conosciuta e mi aveva iniziato ad addestrare. Non so nulla del suo passato, non ne ha mai parlato, ma non mi interessa perché ognuno ha i suoi segreti. Camminiamo su un piccolo sentiero nel bosco per tutta la notte, quando inizia ad albeggiare arriviamo in un piccolo paese, entriamo in una locanda e ci sediamo ad un tavolo e prendiamo due birre, poco dopo si accostano a noi due ragazze e si siedono al nostro tavolo, il Maestro non dice nulla e fa solo un cenno con la testa, usciamo dalla locanda e ci nascondiamo in un vicolo.
“Vittoria, loro sono Maria Antonietta e Caterina!” dice il Maestro. Faccio un profondo inchino alle due ragazze, le guardo, Maria Antonietta è bassa, ha gli occhi marroni e i capelli castani, mentre invece Caterina è poco più bassa di me, è bionda e i suoi occhi sono nocciola.
“Dove dobbiamo andare?” chiede Maria Antonietta.
“A Vigevano, tra due giorni si incontreranno il feldmaresciallo Radetzky e il generale sardo Salasco!” risponde il Maestro.
“E qual è il nostro compito?” domanda Caterina.
“Scoprire cosa sta per accadere, tutti i popoli si stanno ribellando ai loro padroni, abbiamo l’incarico di informare il nostro mandante il prima possibile!” dice il Maestro.
“Bene, quindi ora dobbiamo andare a Vigevano?” chiedo.
“Sì, partiremo domani e saremo lì in un giorno! Comprate ciò che vi serve per i vostri mestieri in questo paese, prendete solo cose leggere, che vi facilitino il cammino!” dice lui. Annuiamo e usciamo dal vicolo insieme, il Maestro se ne va per la sua strada e noi passeggiamo per una via.
“Qual è la tua specialità?” mi chiede ad un certo punto Caterina.
“La lotta, so usare ogni tipo di arma e conosco ogni mossa! E voi?” domando.
“Sono un alchimista!” risponde Maria Antonietta.
“Tiratrice, so uccidere da distanze inimmaginabili!” dice Caterina. Sono sicuramente le migliori nel loro campo, altrimenti il Maestro non le avrebbe scelte.
“Siete anche voi allieve del Maestro?” domando.
“No, il mio Maestro è morto un anno fa!” dice Caterina.
“Il mio è scappato non appena ho compiuto diciotto anni!” risponde Maria Antonietta. Entriamo in una piccola bottega di armi, vengo subito attratta da una grande spada a due mani, il manico è intarsiato in oro e la lama è in ferro e argento ed è molto affilata. Vorrei prenderla ma i miei denari non bastano, la mia povertà mi perseguiterà sempre, la frustrazione si impossessa di me, così esco e inizio a correre, mi ritrovo in un piccolo spiazzo erboso non lontano dagli inizi di un bosco, estraggo la spada ed inizio a fare degli affondi ad un immaginario nemico di fronte a me, poi salto a destra e a sinistra sempre menando fendenti con la spada, come se fossi stata attaccata da un esercito. Un fruscio attira la mia attenzione, è appena percettibile, ma ho sviluppato molto i sensi dell’udito e della vista, infilo di nuovo la spada nello stivale e metto le mani sui pugnali, intanto continuo a far finta di nulla, poi estraggo i pugnali e li lancio contro la persona alle mie spalle, con l’unica soluzione di infilarli nell’albero, poiché il ragazzo di fronte a me si è scostato. Mena un fendente con il braccio destro, in cui tiene la spada, estraggo anche io la mia spada e inizio a rispondere ai suoi fendenti, l’uomo ha almeno un complice perché un altro fruscio richiama la mia attenzione, ma i pugnali sono troppo lontani, così con la mano libera estraggo il sais e lo lancio contro un altro albero, piantandolo nel petto dell’uomo che si accascia ai piedi dell’albero.
“Assassina!” grida l’uomo che sta combattendo contro di me.
“Chi sei?” urlo in risposta.
“Quello che si sta per riprendere la vita che hai stroncato!” dice ed estrae un pugnale e lo lancia contro di me, ma lo schivo e meno un altro fendente con la spada, un altro pugnale e mi abbasso, torno a fronteggiarlo con la spada e dopo un altro paio di fendenti lancio la sua spada lontano, con un paio di mosse di lotta lo getto a terra e gli punto la spada alla gola.
“Chi sei?” chiedo di nuovo.
“Nessuno!” risponde.
“Dimmi chi sei!” domando.
“Puoi anche uccidermi ma non parlerò!” dice, gli strappo la casacca con la lama della spada.
“Chi sei?” domando di nuovo. “Non voglio farti del male, perché mi hai affrontata?”
“Ho bisogno di soldi!” dice.
“Un mercenario dunque!” rispondo.
“Esattamente!” conclude continuando a fronteggiarmi con gli occhi.
“E perché proprio me se laggiù c’è un villaggio?” domando.
“Perché una donzella sola faceva più gola!” risponde.
“Peccato che la donzella ti abbia battuto!” dico.
“Già ma ti ho lasciato vincere, sei così bella!”dice.
“Ti dovrei uccidere, mi hai vista in volto!” concludo sorridendo.
“Non farlo, magari posso aiutarti!” dice.
“E come?” domando.
“Qualsiasi tipo di servigio!” dice.
“Quanto sei abile a rubare in una bottega?” chiedo.
“Cosa devo rubare?” domanda diretto.
“Una spada, con intarsi d’oro sul manico e la lama di argento e ferro!” dico.
“E dov’è?” chiede.
“Giù, in paese, in una bottega!” rispondo.
“Andiamo!” dice. Lo aiuto ad alzarsi, vado a recuperare i pugnali e il sais.
“Mi spiace di aver ucciso il tuo amico!” dico.
“Lo avrei fatto io!” risponde.
“Ah ecco!” rispondo mentre pulisco il sais. Scendiamo al villaggio, mi siedo non lontano dalla bottega mentre il ragazzo entra, aspetto un po’, poi lo vedo correre con la spada in mano, gli corro dietro fino allo spiazzo dove ci siamo affrontati, si sdraia a terra e io dietro a lui, iniziamo a ridere, lui mi passa la spada.
“Grazie!” dico.
“Mi hai risparmiato la vita!” risponde.
“Già!” concludo pensierosa.
“Sono Giovanni, come il re senza terra!” dice.
“Non posso dirti il mio nome!” dico.
“Hai ragione!” risponde.
“Però hai rischiato per me quindi io sono Vittoria!” concludo alzandomi e sfilo la daga e la infilo nell’altro stivale mentre la nuova spada la metto al posto della daga. Sorrido a Giovanni che si alza, ci avviamo verso il villaggio, è quasi il tramonto così mi fermo davanti alla locanda dove ho appuntamento con il Maestro, Maria Antonietta e Caterina.
“Addio!” dico abbracciandolo.
“Addio!” risponde lui stringendomi nell’abbraccio. Sorrido mentre si allontana, è un bel ragazzo, alto, occhi marroni, capelli scuri e un fisico mozzafiato, simbolo di duri allenamenti e di Madre Natura. Entro nella locanda e vedo Maria Antonietta e Caterina sedute ad un tavolo,le raggiungo e mi siedo, poco dopo arriva anche il Maestro, consumiamo un pasto frugale in silenzio, dopo cena il Maestro mi porge la chiave di una stanza.
“Tu, Maria Antonietta e Caterina starete nella stessa camera, domani all’alba ci vedremo da basso e partiremo per Vigevano!” conclude il Maestro salendo le scale. Lo seguiamo ed entriamo nella nostra stanza, ci sono tre piccoli letti fatti di paglia, si nota che la locanda è gestita da persone povere, mi spoglio delle mie armi e mi getto sul letto, tento di dormire, sapendo che mi aspetta una dura giornata di cammino, però il sonno stenta ad arrivare, mentre le altre due ragazze si addormentano io fisso il soffitto scrostato, pensando alla giornata appena finita, non mi rendo conto che lentamente scivolo tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 2
*** Vigevano ***


 
Mi sveglio mentre il sole si sta alzando piano sull’orizzonte, mi alzo dal letto e mi do una sciacquata con la brocca lì accanto, poi mi infilo maglia, braghe, giacca, stivali e tutto l’armamentario ed esco, scendo da basso ma il Maestro non c’è, quindi esco e mi siedo a terra fuori dalla locanda, il leggero vento mattutino mi rinfresca il viso, è agosto e il caldo è impellente, guardo verso l’orizzonte e vedo una sagoma venire verso la locanda.
“Non è di buon gusto sedersi in terra madama!” dice una donna, la locandiera avvicinandosi.
“Mi scusi ha ragione, tanto stavo per entrare!” dico.
“Volete qualcosa?” chiede.
“No grazie!” rispondo.
“Prendete un po’ di questo latte appena munto, questi biscotti, prego signorina!” dice la locandiera, ha un viso dolce, che da la sensazione di casa, di famiglia, poco dopo arrivano il Maestro, Maria Antonietta e Caterina. Anche la colazione viene consumata in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri, stiamo per affrontare un lungo viaggio fino a Vigevano.
“Andiamo!” dice il Maestro dopo aver pagato le camere.
“Va bene!” rispondo.
“Passiamo per il bosco?” chiede Caterina.
“Sì, meno diamo nell’occhio meglio è!” risponde il Maestro. Ci incamminiamo nel bosco, arriviamo nella radura dove ho conosciuto Giovanni, c’è ancora il corpo del ragazzo appoggiato all’albero.
“Qualcuno è passato di qui!” dice Maria Antonietta indicando il ragazzo.
“Colpa mia!” rispondo.
“Hai ucciso quel ragazzo?” chiede Caterina.
“Ha tentato di derubarmi!” rispondo.
“Vittoria frenati per favore!” dice il Maestro.
“Perdonatemi!” dico, rivolta a tutti.
“La prossima volta evita!” risponde il Maestro. Quest’ultimo accelera il passo, lasciando me, Caterina e Maria Antonietta alle sue spalle, mi volto verso il sole, è alto nel cielo, è mezzogiorno di già? Da quanto stiamo camminando?
“Ragazze, stiamo per arrivare in un villaggio, quindi mantenete un basso profilo ed evitate di uccidere!” dice il Maestro. Annuiamo, anche se siamo alle sue spalle, il villaggio è piccolo, incontriamo tre persone che però continuano per la loro strada senza degnarci di uno sguardo, ci fermiamo in un’osteria per pranzare, qui si avvicina al Maestro un uomo ed escono, finisco di mangiare ed esco anche io, involontariamente sento uno stralcio della loro conversazione.
“Dovrai ucciderlo il più velocemente possibile!” dice l’uomo.
“Non avrà tempo neanche di accorgersene, per questo ho scelto le migliori sicari sulla piazza!” risponde il Maestro.
“Ricorda che se qualcosa va male, la testa verrà tagliata a te!” conclude l’uomo.
“Non preoccuparti, ucciderò il feldmaresciallo alla velocità della luce!” risponde il Maestro. Mi allontano, non voglio ascoltare altro, il Maestro si vende a chiunque, questo lo so, ma ci ha ingannate, non aveva parlato di omicidio, si portava dietro tre sicari, ma anche abili spie, quindi perché sospettare l’omicidio, non è di per sé il tradimento che mi fa male, ma la persona da uccidere, il feldmaresciallo Radetzky. Non so se lui si ricorda ancora di me, ma gli ho salvato la vita, stava per essere ucciso a Palazzo Savoia per via di una congiura ma io l’avevo avvertito e se ne era andato prima che la congiura fosse messa in atto. Probabilmente neanche si ricordava di me, ero una semplice serva, che l’aveva salvato certo, ma pur sempre una popolana. Torno all’osteria, dove il Maestro è tornato, riprendiamo il cammino, mi avvicino al Maestro.
“Cosa dobbiamo fare non appena arriviamo a Vigevano?” chiedo.
“Attendere l’arrivo del feldmaresciallo e del generale sardo!” risponde lui.
“E poi?” domando.
“Poi attendiamo che accada qualcosa!” risponde.
“Bene, qualche omicidio?” domando.
“No, non preoccuparti!” dice.
“Non è la morte che mi preoccupa!” rispondo. Torno indietro da Caterina e Maria Antonietta, le guardo, sono concentrate sui movimenti intorno a noi, al tramonto arriviamo a Vigevano, salto la cena e trovo un piccolo spiazzo abbandonato poco sotto il paese e inizio ad allenarmi, sulla velocità, sulla concentrazione, poi mi siedo a terra e cerco l’armonia con la natura e con i sensi. Mi alzo e torno a menare fendenti a vuoto, poi afferro la spada che Giovanni ha rubato per me e inizio ad allenare i miei polsi per menare fendenti con quella, è più pesante della mia ma la afferro con due mani ed è facile, certo i movimenti sono più cauti poiché non ho mai usato una simile arma, però il mio corpo è appagato. Torno nella locanda e trovo Caterina ad aspettarmi ad un tavolo mi fa cenno di sedermi, poco dopo arriva anche Maria Antonietta.
“Il Maestro ci ha parlato di ciò che dobbiamo fare!” dice Caterina.
“Domani pomeriggio saranno qui il feldmaresciallo Radetzky e il generale sardo Salasco, dovremmo tallonarli tutto il tempo!” dice Maria Antonietta.
“Cos’altro vi ha detto?” chiedo.
“Nulla!” rispondono loro all’unisono.
“Ha promesso al suo mandante di uccidere il feldmaresciallo Radetzky!” dico.
“Cosa?” chiede Caterina.
“Già, non ce lo ha detto ma sceglierà una di noi per farlo!” rispondo.
“Dividiamoci!” dice Maria Antonietta.
“Cioè?” chiede Caterina dando voce anche ai miei pensieri.
“Una segue il feldmaresciallo Radetzky, una il generale Salasco e un’altra il Maestro!” risponde Maria Antonietta.
“Ha ragione!” dico soddisfatta dall’idea di Maria Antonietta.
“Vorrà dire che Maria Antonietta seguirà il generale, tu il feldmaresciallo e io il Maestro!” dice Caterina.
“Sono d’accordo!” rispondo.
“Anche io!” dice Maria Antonietta. Mi alzo dal tavolo e vado in camera, come ieri sera mi spoglio, mi getto sul letto, ma stavolta mi addormento subito, spossata dalla camminata.


So che è solo il secondo capitolo, ma cosa ne pensate?

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Capitolo 3
*** Vittima ***


L'ora del giudizio è arrivata, la mia giornata è passata veloce dietro gli impegni del feldmaresciallo Radetzky l'ho seguito da stamattina fino ad ora, niente di speciale ma ora, ora sì che si aprono le danze, lo sto attendendo, anche se lui non lo sa, sta per incontrare il generale Salasco. Eccolo che mi passa di fronte, sono passati quattro anni dall'ultima volta che l'ho visto, ma ha ancora il solito sguardo fiero e sicuro, sale sul cavallo e io corro dietro di loro, sempre senza farmi notare, arriva al cospetto del generale Salasco, il trattato inizia. Passano un paio di ore fin quando non vedo il mio Maestro  avvicinarmisi insieme a Maria Antonietta.
"Cosa facciamo?" chiede Maria Antonietta sotto voce.
"Non lo so, vediamo cosa fa lui!" dico.
"Interverremo?" domanda.
"Non gli permetterò di uccidere il feldmaresciallo!" rispondo.
"Bene!" conclude. Ci voltiamo in attesa che qualcosa, qualsiasi cosa accada, poi il Maestro estrae dal mantello una spada, sfonda con un calcio la porta di fronte a noi ed entra, brandendo la spada di fronte a sè.
"Morirete, fosse l'ultima cosa che faccio!" urla. La scena è agghiacciante, non ho mai visto il mio Maestro così, sento un brivido percorrermi la schiena quando capisco che nè il feldmaresciallo Radetzky, nè il generale Salasco hanno una guardia di scorta, dovremo intervenire Maria Antonietta ed io, ci guardiamo un solo pensiero lega le nostre menti, proteggere i due uomini dalla furia assassina di un sicario venduto a chiunque, perchè ormai è questo, non è più il mio Maestro, è solo un sicario che non ha scrupoli, non ha senso del rispetto e non ha più neanche una dignità. Estraggo la spada che Giovanni ha rubato per me, il primo sangue che verserà questa spada sarà dell'uomo che mi ha portato qui, ad essere ciò che sono, il mio Maestro.
"Tenente Ferdinando Patti, soldato della guardia personale del Re di Sardegna! Quale onore!" dice il generale sardo.
"Ex soldato della guardia del Re! Ora vostro assassino!" dice risoluto il Maestro. Sia il generale che il feldmaresciallo scoppiano in una fragorosa risata.
"Non accadrà nulla di simile!" dice il feldmaresciallo.
"Ragazze, copritemi le spalle!" conclude il Maestro rivolgendesi a Maria Antonietta e me, fino ad ora spettatrici mute di quella scena.
"Non credo!" dico puntando la mia spada contro il Maestro e dando le spalle al feldmaresciallo.
"Cosa stai facendo? Ti ribelli al tuo Maestro?" chiede lui.
"Sì, perchè tu non hai scrupoli!" dico.
"Ho ucciso il tuo promesso sposo perchè me lo hai chiesto, chi è senza scrupoli?" domanda.
"Tu, che ti vendi al miglior offerente, tu che in questi anni non hai fatto altro che militare da una parte all'altra!" dico menando un primo fendente che lui schiva senza difficoltà.
"Una nuova spada!" dice, menando un nuovo fendente.
"Sì, ma non ti deve interessare!" rispondo colpendolo, continuiamo così tra battute e colpi di spada, mentre il generale, il feldmaresciallo, Maria Antonietta e Caterina ci guardano stupiti.
"Stai attenta a come ti rivolgi signorina!" dice, colpendomi sul braccio.
"Smettila di dirmi cosa devo fare!" rispondo, colpendolo con veemenza e forza alla spalla, la lama lacera il mantello e la maglia sottostante. Si allunga verso di me e lancia un pugnale che io schivo all'ultimo momento abbassandomi, sfrutto la posizione e meno un fendente alle caviglie, barcolla ma non cade, mena un fendente che mi colpisce ad una coscia, rispondo colpendolo al viso, un lungo rivolo di sangue gli riga il volto, dall'occhio all'angolo delle labbra. "Ho sempre creduto che fossi la persona migliore a questo mondo, mi sono fidata di te, ma non sei altro che un mostro!" dico.
"Ma tu hai seguito le mie orme!" risponde.
"Sì ma io non mi venderò al migliore offerente!" dico.
"Lo farai, credimi, lo farai!" conclude. Le sue parole aumentano la mia rabbia, inizio a menare fendenti sempre più velocemente, l'ho messo con le spalle al muro, lancio i pugnali che gli bloccano la casacca sul muro, è di fronte a me, posso fare qualsiasi cosa.
"Ti ho amato in tutti questi anni, nonostante le donne che hai avuto, nonostante tu mi abbia sempre trattata come una sconosciuta! Ti amavo, credevo che prima o poi avresti aperto gli occhi e mi avresti notata, invece gli occhi li ho aperti io e ho capito cosa sei veramente!" dico.
"E cosa sono?" domanda avvicinando le sue labbra alle mie, è una situazione pericolosa, sento il suo alito sulle mie labbra.
"Un verme!" urlo con tutta la rabbia che ho, lui mi bacia, per un attimo apro le labbra e rispondo al bacio, le nostre lingue si scontrano, in una danza antica come il mondo, ma poi capisco che lo sta facendo per distrarmi, così infilo la spada nel suo costato, probabilmente gli sto forando il cuore o i polmoni, ma non mi interessa, mi sciolgo dall'abbraccio e lo guardo, questa è la fine giusta per lui, appeso al muro, ucciso dalla sua allieva.
"Ti amavo anche io!" dice rantolando prima che i suoi occhi diventino vitrei e dalla sua bocca esca sangue, sfilo la spada e i pugnali, pulisco la spada sulla sua casacca e la ripongo nello stivale e mi volto, incontro lo sguardo comprensivo di Caterina e Maria Antonietta, poi lo sguardo spaventato del generale Salasco, infine quello del feldmaresciallo Radetzky che prima è perplesso riconoscente.
"Feldmaresciallo Radetzky è un onore rivederla!" dico inchinandomi.
"E' la seconda volta che mi salvate la vita, non v'è dubbio che voi siate la ragazza più audace che conosca!" dice sorridendo, me ne vado da lì, i pensieri mi stanno facendo scoppiare il cervello, corro fino a che le mie gambe non cedono, cado a terra, mi guardo intorno e vedo che sono nello spiazzo dove mi ero già allenata, cerco di riprendere fiato e poi inizio a piangere lacrime amare, ho ucciso il mio Maestro. Ho ucciso colui che mi ha riportato a vedere la luce del giorno. Ho ucciso un uomo venduto. Ho ucciso l'uomo che amavo. Sono stata per anni una sua vittima, ma ora sono il suo carnefice.
"Vittoria!" dice una voce dietro di me, mi volto per scacciare chiunque sia, ma non appena lo vedo rimango spiazzata, è Giovanni.
"Giovanni!" rispondo.
"Cos'hai?" chiede abbracciandomi.
"Nulla!" rispondo affondando la testa nell'incavo del suo collo.
"Non ti preoccupare ora ci sono io con te!" dice, lo guardo, spiazzata da quelle parole. Poi lo bacio, all'inizio è restio, ma alla fine si lascia andare alla dolcezza di quell'attimo, la sua lingua e la mia iniziano a danzare complici, poi scende sul mio collo lasciando una calda scia di baci, ci spogliamo lentamente, ho voglia di lui, del suo corpo addosso al mio, di sentire il suo calore e in questo momento mi prende e mi fa sua, lì, in quello spiazzo, con la luna, unica silente spettatrice di questo amore, unico, vero, emozionante, la follia di un attimo forse, ma una follia da ripetere tutta la vita, le nostre urla spezzano il silenzio notturno, neanche mezz'ora fa ho ucciso il mio Maestro, ora sto con un uomo che mi ama, un uomo con cui passare il resto della vita.
 
 
Ho abbreviato la storia perchè noto che non è molto seguita, neanche una recensione.
Fa niente, meglio finirla così, senza entrare nei dettagli. Baci.

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