Presentation

di Sherlock Holmes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ferisce più la penna della spada... ***
Capitolo 2: *** A.C.D. ***



Capitolo 1
*** Ferisce più la penna della spada... ***


Respirai profondamente, fissando il portone del 221B di Baker Street.
Mi aspettava un compito fin troppo difficile…
Ingannare Sherlock Holmes.
Come faccio?
Come diavolo faccio?!
Mi tolsi il cappello e mi passai le mani fra i miei biondi e corti capelli.
Rimisi il copricapo.
Arricciai il naso; allungai il collo, riallacciandomi il fazzoletto; mi rassettai la casacca, e… bussai.
All’interno, risuonarono dei passi cadenzati.
Con un lieve cigolio, la porta mi fu aperta.
Il viso di Mrs. Hudson si illuminò.
- Dottor Watson!-
- Salve, signora… C’è Holmes?-
L’anziana donna annuì, sorridente.
Mi fece accomodare.
Nei tre mesi di mia assenza, non era cambiato nulla…
- Dottore, lei è come la manna dal cielo! Quell’uomo…- iniziò, indicando la porta che svettava sopra le scale - …non esce dalla sua camera da almeno tre giorni…-
- Se non ricordo male, Holmes ha avuto periodi peggiori… Rammento che una volta non ha messo il naso fuori dal suo studio per due settimane intere…-
Mrs. Hudson mi si accostò e mise una delle sue mani ossute sul mio braccio.
- Lei deve dirgli qualcosa, sa? Da quando se ne è andato a Cavendish Place con la signorina Morstan, dottore, lui è diventato ancora più irritabile… Si rifiuta di mangiare, molte volte…-
Le sorrisi:- Ha solo bisogno di un altro incarico, tutto qui. Non appena avrà un nuovo caso tra le mani, Holmes ridiverrà energico e pieno di sé, glielo garantisco.-
La signora storse le narici:- Non ne sono poi così sicura, dottor Watson…
 
Salii i diciassette gradini che mi separavano dalla camera di Holmes, con un nodo in gola…
Non sarebbe stato affatto facile mentirgli…
Bussai.
Una, due, tre volte.
Udii un tonfo ed un rumore metallico.
- Maledizione!- imprecò la voce di Sherlock Holmes.
Aggrottai le sopracciglia e mi decisi ad abbassare la maniglia
Entrai nella stanza poco illuminata, trovando il mio amico chino a terra. Stava raccogliendo la sua lente d’ingrandimento.
- Oh, salve Watson. Mi sto chiedendo che cosa la porta qui, nel suo vecchio appartamento…-
Pronunciò quelle parole con un’insolita punta d’asprezza.
Poi, si sedette in poltrona, spingendo verso di me, con un calcio, una sedia in stile impero.
La afferrai per lo schienale e la posizionai proprio di fronte a lui, accomodandomi.
Holmes agguantò dal tavolo accanto a sé un libretto dalla copertina scura, il cui titolo, nella penombra, mi era invisibile. Lo aprì alla prima pagina.
Ai piedi del mio amico stava accucciato Gladstone, il cucciolo di bulldog che non avevo potuto portare con me a Cavendish Place per esigenze di spazio.
Il cane inclinò la testa, osservandomi con i suoi due occhi scuri. Anche il suo sguardo sembrava colpevolizzante…
Mi schiarii la voce.
Ero giunto a Baker Street con uno scopo preciso: trascinare Sherlock Holmes con l’inganno alla cena di presentazione del mio primo romanzo…
Uno studio in rosso.
Un annunciato caso editoriale.
Dato che il libro era tutto incentrato sulla figura del mio socio, il mio editore mi aveva obbligato a convocarlo alla piccola festa al Royal
Ma non potevo rivelare a Sherlock Holmes di aver scritto su di lui
Si sarebbe certamente alterato. D’altronde, egli amava così tanto l’anonimato…
Deglutii, per smorzare il nervosismo.
- Mrs. Hudson si è preoccupata di dirmi che lei non esce da questo buco da non meno di tre giorni…- gli dissi, sommessamente.
Il sorriso che mi rivolse fu indecifrabile:- Ho avuto da fare, Watson…
Calò un silenzio imbarazzante.
- Mi chiedevo se stasera è libero… Vede, Holmes, ho una cena con… alcuni amici e… beh, ho pensato d’invitarla…-
Scosse la testa.
- Sono occupato… Sa, devo leggere questo libro… Per la quarta volta.- chiuse il libricino, voltando verso di me la copertina. – Magari lo conosce…- continuò, allungandomelo.
Quando lo tese, la luce della lampada a petrolio lo illuminò. Le lettere argentee sulla copertina bordeaux rilucerono, mostrandosi.
Un brivido freddo mi percorse la schiena…
Mi sentii sprofondare.
- Titolo curioso, non trova? Uno studio in rosso…- disse con enfasi, lanciandomi il romanzo.
Sbattei le palpebre.
- … Ancora più singolare è stato trovare, sul dorso, il suo nome…-
J.H.Watson
- Non ci vuole un investigatore per comprendere che è stato lei a scrivere quel libro! Quando l’ho visto, in vetrina, da Harrod’s, ho capito immediatamente che lei, Watson, aveva reso pubbliche le storie delle nostre avventure… Altrimenti, mi avrebbe rivelato il coronamento dei suoi sogni da scrittore! Così, ne ho acquistato una copia. L’ho letto, e i miei dubbi si sono confermati. L’ho riletto, e i miei timori hanno iniziato ad affacciarsi. L’ho letto per una terza volta, le mie paure sono diventate realtà.-
Parlava a voce alta, ma senza urlare.
Sospirò debolmente.
- Si rende conto di ciò che ha fatto?- mi chiese con un tono triste.
L’inflessione della sua voce mi spiazzò.
Non era arrabbiato e neanche sconvolto.
Era abbattuto.
Aprii la bocca, ma non emisi neanche un suono.
- Come può rendersene conto?- mormorò, alzandosi – Lei non deve far i conti tutti i giorni con la malavita! Lei non deve proteggere dai criminali le… persone…-
Si interruppe.
Era a disagio.
Si allacciò la veste da camera, prima di concludere la frase: - …le persone importanti della sua vita.-
Con uno scatto, mi afferrò per le spalle, fissandomi negli occhi.
- Ha descritto il mio aspetto fisico, ha enumerato le mie conoscenze… Ha persino descritto i miei metodi d’indagine!-
Oraera furioso.
Fissai i miei piedi.
Che stupido ero stato!
“Un idiota, un emerito idiota! Ecco cosa sono…”
Holmes prese la sua pipa d’argilla e la caricò con il tabacco forte. Tolse poi la copertura di vetro dal lume a petrolio e l’accese.
Si chinò, per guardarmi negli occhi.
Il suo tono di voce divenne basso, quasi cupo: - Lei ha messo nelle mani dei miei peggiori nemici l’unica e la più pericolosa arma che questi possono usare contro di me: la mia identità. –
Cercai di reagire, ma non ci riuscii.
- Finché rimanevo nell’ombra, Watson, potevo agire indisturbato. Era questo il mio punto di forza! I criminali non mi conoscevano! Se questo suo romanzo verrà diffuso, sarà la mia rovina! Già subisco ogni giorno attentati alla mia persona… Ora avrò direttamente i criminali alla mia porta! E inizieranno ad arrivare anche alla sua, Watson…-
Quelle parole mi riscossero:- Come?
- In “Uno studio in rosso” descrive il nostro come un rapporto d’amicizia!- esclamò.
Mi sentii ferito:- Beh, io considero tale il nostro legame, Holmes…
Sherlock Holmes sgranò gli occhi.
- Amicizia…- ripetè.
Poi, sorrise.
- Oh, Watson, ha frainteso… Io volevo solo dire che lei ha scritto nero su bianco che io tengo a lei, e che quindi, adesso, a rivelazione fatta, lei è in pericolo quasi quanto me. E’ anche per questo che io volevo restare per sempre nell’anonimato…-
I suoi occhi, solitamente glaciali, brillarono per un istante.
Annuii.
- Capisco solo ora, Holmes… E me ne dispiaccio. Enormemente.-
Si sedette nuovamente in poltrona.
- Quante copie vi sono in circolazione?- mi domandò poi, dopo un breve silenzio.
- Finora se ne sono stampate solo una cinquantina. La vera e propria prima edizione di duecentocinquanta copie sarà pubblicata dopo la presentazione di stasera.-
Il suo sguardo si perse nel vuoto.
- Pensavo… Che potrei rimediare…- dissi mestamente.
Holmes sorrise. – Ha già un piano?-

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Capitolo 2
*** A.C.D. ***


Lasciai il pastrano al cameriere.
Il Royal era pieno di uditori, quella sera.
Quando il mio editore mi vide entrare da solo, si allarmò.
A passo svelto, mi raggiunse prima che io potessi arrivare al tavolo.
- Dottor Watson, mi pareva di essere stato chiaro…- mi disse Gilbert Smith, il direttore della casa editrice.- Dov’è Mr. Holmes?
Ridacchiai.
- Devo dire che sono stato molto bravo a caratterizzare il mio personaggio!- esclamai.
L’omone mi tirò per una manica.
- Che cosa vuole insinuare?- chiese in un sussurro.
Continuai a sghignazzare. – Davvero lei ci è cascato?
Mi fissò stralunato.
- Sherlock Holmes non esiste! E’ una figura immaginaria, Mr. Smith!-
Non pensavo di essere un tale attore!
- Cosa?-
- Ha compreso alla perfezione. Perdipiù, non sono stato molto sincero con lei…-
- L’ho già notato…- disse, furibondo.
- C’è un’altra piccola cosa che deve sapere…-
- Sentiamo.- disse, fosco.
- Io non ho scritto “Uno studio in rosso”…-
Oh, che menzogna…Mi pianse il cuore dirlo. Avevo passato così tante ore chino sui miei taccuini per poter elaborare un intero romanzo…
L’editore divenne paonazzo.
- E allora chi ne è l’autore?- chiese tetro.
- L’autore ha preso il mio nominativo per uno dei personaggi e mi ha chiesto di utilizzarlo anche come suo pseudonimo: J.H.Watson suona bene, mi ha detto, e così...-
Gilbert Smith iniziò a camminare per i corridoi del Royal, avanti e indietro.
- Io ho promesso a quelle persone di far conoscer loro l’autore e il protagonista di “Uno studio in rosso”!-
- Beh, evidentemente posso risolvere solo il suo primo problema…-
Come se avesse aspettato l’imboccata, fece il suo ingresso un uomo piuttosto robusto, con un paio di folti baffi ed una bombetta nera sulla nuca, cappello che consegnò al guardarobiere.
- Mr. Smith, le presento il dottor Arthur Conan Doyle, un mio compagno di college con la passione per la scrittura… Nonché scrittore del prossimo caso editoriale londinese dell’anno!-
I due si strinsero la mano.
- Quindi è lei l’autore del romanzo di Sherlock Holmes…- gli chiese conferma l’editore.
Arthur mi gettò un’occhiata e gli feci un cenno col capo.
- Sì, sono io. E’ un piacere essere qui stasera…-
- Allora io vi lascio alla vostra cena… E alla presentazione del romanzo al pubblico!-
Smith indicò il posto a Doyle, esattamente in centro sala. Venne poi ad appostarsi di fronte a me:- Ringrazi che portando qui il vero autore ha riparato al suo scherzo infantile…
- Sì, ringrazierò. Buona serata!- dissi, prendendo il mio cappotto dal cameriere.
Con un ultimo sguardo d’astio, l’editore si avviò al tavolo.
Io, invece, uscii dal ristorante.
Un gelido vento s’abbattè sul mio viso, al che mi strinsi il pastrano al petto, sollevandone il colletto.
Non feci nemmeno due passi: sbattei, infatti, contro un uomo.
- Oh, mi scusi…- balbettai.
L’uomo mi tirò giù il colletto.
- Holmes!- esclamai.
Lui annuì, sorridente.
- Vogliamo star qui al freddo ancora per molto?- disse.
Scossi la nuca.
 
Rientrai nel locale con Holmes.
Posati gli indumenti ingombranti, l’investigatore mi prese sotto il gomito, conducendomi nella sala della presentazione di “Uno studio in rosso”.
Ci sedemmo nel tavolo alle spalle di quello centrale, dove svettavano Arthur Conan Doyle e Gilbert Smith.
- Allora, Mr.Doyle…- cominciò un giornalista al tavolo accanto al nostro.
- Dottor Doyle, prego.- lo corresse l’editore.
- Oh, mi perdoni. Dottor Doyle, come le è venuto in mente di creare un personaggio come Sherlock Holmes?-
- Beh, vedete…- iniziò, affabile – Volevo creare un uomo dedito alla giustizia, saggio, acuto e sagace. Così è nato il detective Sherlock Holmes!-
Holmes, accanto a me, sospirò:- Sono un consulente investigativo, non un detective…
- E Watson?- chiese lo stesso articolista.
- E’ ispirato ad un mio compagno di studi… Anch’egli dottore.-
Ammirai Doyle ed il suo modo di sostenere le domande su un libro che non aveva scritto…
- Mi scusi, Dottor Conan Doyle.- chiamò una signora seduta ad una tavolata di fronte alla finestra.
- Dica.- la incitò.
- Perché si è firmato con il nome del suo personaggio, cioè Watson? Personalmente, credo che il suo nome sarebbe più d’effetto… Arthur Conan Doyle è un epiteto importante…-
Gilbert Smith rise:- In effetti, ha ragione. Che ne dice? Le prossime copie avranno il suo vero nome in copertina!
Doyle soppesò la proposta.
- Accetto il consiglio della signora. Le prossime avventure di Sherlock Holmes saranno firmate “Arthur Conan Doyle”!-
 
- A lui la gloria, a noi la sicurezza…- mormorai, giunti a Baker Street.
- Watson, ha avuto una grande idea, devo riconoscerglielo. Insomma, designare qualcun altro come reale autore di“Uno studio in rosso”…E acquistare con le sue magre finanze tutte le quarantanove copie rimaste della pre-edizione…-
- Io ho commesso lo sbaglio, io dovevo rimediare.- dissi semplicemente.
Abbassai poi lo sguardo, mesto.
Sentii il calore di una mano sulla spalla:- Mi dispiace che non possa prendersi i suoi giusti meriti, Watson…-
- Non importa.- dissi, sorridendo - Diventeremo, così, due personaggi prettamente letterari.-
- Esatto. Due leggende, Watson! E tutto grazie a lei.-
Si sdraiò a terra.
- Ho capito perché ha nominato proprio il dottor Doyle come autore dei suoi scritti, Watson…- mi rivelò.
- Davvero?-
Annuì.
- Aveva i polsini consumati e la suola della sua scarpa destra era da rifare. Il dottor Doyle è in ristrettezze economiche.-
- E’ così, in effetti. Ha bisogno urgente di denaro.-
Sorrise.
- E’stato molto gentile da parte sua, Watson…-
- Arthur è una brava persona. E sa comporre romanzi molto bene. Gli serviva solo un personaggio credibile per i suoi scritti ed un editore disposto a pubblicare.- dissi – Sa, penso che darò ad Arthur gli appunti delle nostre passate avventure…-
- Faccia come crede!- sbottò – Tanto, ormai, sono divenuto una figura di fantasia!-
 
“Uno studio in rosso”, un annunciato caso editoriale, fu, invece, ignorato dalla critica. Qualche mese dopo, però, uscì “Il segno dei quattro”tratto dai miei appunti 1887-1888.
Ebbe un enorme successo.
- Lo stile di scrittura è ben diverso da “Uno studio in rosso”! Spero che i lettori non se ne accorgano!- esclamai, posandolo a terra.
Holmes ridacchiò:- Le rode un po’, vero?
- Come? Cosa? No!- proruppi.
- Oh, sì, invece. Ciò che ha scritto di suo pugno è stato un fiasco, Watson… Quello che ha elaborato Doyle, invece…-
- Oh, la smetta!-
Ridacchiò, compiaciuto, immergendosi nuovamente nella lettura del Police Gazette.
 
Note aggiuntive dell’autrice:
Questa fanfiction è nata da un piccolo quesito: Perché “Uno studio in rosso”ha una parte scritta in terza persona mentre tutte le altre avventure di Sherlock Holmes sono in prima persona [tra cui il 90% scritto dal punto di vista di Watson]?
Grazie mille per averla letta.
Spero che vi sia piaciuta!
 
Sherlock Holmes

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