DMA - Downson Mind Academy

di Eohl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prendo un treno nella metropolitana e faccio nuove amicizie. ***
Capitolo 2: *** Scopro dove siamo diretti e faccio un incubo. ***
Capitolo 3: *** Un arrivo ''movimentato'' ***
Capitolo 4: *** La Selezione ***



Capitolo 1
*** Prendo un treno nella metropolitana e faccio nuove amicizie. ***


 


 

Attenzione: Premetto fin da subito che per questa storia ho preso (parecchio) spunto dalla saga di Harry Potter (visto che l'adorooo!) ma con una sfumatura autobiografica, perciò spero di non ricevere accuse di plagio. Un ringraziamento speciale a Tayra e lalayth che mi hanno (con il fucile puntato alla schiena) convinto a postarla :)

Buona lettura!


 


 

Capitolo 1 – Prendo un treno nella metropolitana e faccio nuove amicizie.


 


 


 

Quella mattina la solita Londra grigiastra e costantemente minacciata dalle piogge e dai venti, risplendeva con il suo cielo sereno e le nuvole bianche. In alto, il sole splendeva caloroso. La città, quel giorno, era in costante movimento. Sicuramente più degli altri giorni. Per le strade le macchine, gli autobus e i motorini erano schiacciati l'uno contro gli altri, come sardine in una scatola. Era il primo giorno di lavoro per molti inglesi e il primo di scuola per moltissimi studenti. Il che voleva dire soltanto che non solo la parte superiore della città era intasata, ma anche quella inferiore. Londra era letteralmente governata dal caos quel giorno, così come gli altri anni, e nessuno pareva far caso a quella bella giornata, a causa del gran trambusto proveniente dalle strade. Oxford Street, in particolare, era la strada maggiormente trafficata. C'erano più di quattro chilometri di macchine, autobus, taxi e motorini, tutti in fila. I negozi erano stati appena aperti e la gente rimasta a piedi andava in due diverse direzioni: verso la fermata dell'autobus più vicina oppure si ammassava sulle scale che scendevano alla Underground, la metropolitana londinese. Nell'aria si respirava un caotico ritardo. Ed ecco così che, all'ottavo rintocco dell'imponente Big Ben, l'orologio più grande di tutta Londra, la città si era svegliata.

Tra la gente, una ragazza correva affannosamente. Aveva il respiro ansante e i capelli neri, di solito lunghi fino alle spalle, ora in balia del vento per la corsa. I suoi occhi castani riuscivano a scorgere in lontananza la fermata dell'autobus e, con lei, il mezzo stesso. Aveva da poco superato Hamleys, il famoso negozio di giocattoli, a circa trenta metri di distanza, quando quel maledetto rosso scattò, lasciando così libertà all'autobus di scappare via. Purtroppo, la fatica per quella corsa

angosciante, la rabbia verso il semaforo e l'ansia del suo ormai certo ritardo al primo giorno di scuola, la costrinse ad appoggiarsi al primo palo della luce che incontrò, per riprendere fiato. Esausta, la giovane quattordicenne di nome Elise, si passò una mano sulla fronte madida di sudore, imprecando tra sé e sé e chiedendosi come avrebbe fatto a raggiungere la scuola. Quella mattina non aveva corso per molto tempo: era uscita di casa mezz'ora prima delle otto, causa ritardo, e da lì aveva corso verso la fermata più vicina, la quale si trovava a Oxford Street. Non si era fatta più di quattro chilometri di corsa libera. Magari! No, aveva corso, facendosi strada tra la massa di personeche intasava le strade, in modo da raggiungere la fermata il più presto possibile, ma a quanto pare ciò non era servito a molto. D'altronde doveva aspettarselo. Se solo quella maledetta sveglia avesse suonato..!

Comunque, quella mattina, i veri responsabili del suo ritardo e della sua fatica erano la borsa gigante che si era portata dietro, lo zaino sulle spalle e il marsupio stretto in vita. Infatti, la scuola che avrebbe dovuto frequentare da quel giorno di inizio settembre, era un college. Un'accademia, in realtà. Qualche mese prima aveva ricevuto una lettera scritta a mano con una calligrafia elegante e molto chiara, nella quale veniva accettata in quella prestigiosa scuola.

'Downson Mind Academy.

Mittente: Preside Eoin Lush


 


 

Cara Signorina,

Siamo lieti di informarla che lei è stata ammessa alla Downson Mind Academy, dove potrà apprendere le materie da noi insegnate e praticarle con la maggiore abilità.

Il mezzo di trasporto che la condurrà nella nostra rinomata scuola potrà facilmente trovarlo a Oxford Circus, Londra. Qui accluso troverà il distintivo della nostra scuola, che tutti gli studenti dovranno allegare al proprio bagaglio per evitarne la dispersione durante il viaggio d'andata.

Speriamo di riceverla presto nella nostra scuola.

La Downson Mind Academy sarà lieta di avere un talento come il suo tra di noi.

Distinti saluti.


 

Preside Eoin Lush.'

Il mittente era il preside della suddetta scuola, una certa Downson Mind Academy. All'inizio Elise non ci aveva creduto, dato che non aveva mai mandato la richiesta per essere ammessa, se non alla scuola pubblica. Aveva, perciò, deciso di parlarne con i suoi genitori. Il padre, un uomo poco più alto di lei, con un ciuffo di capelli neri che copriva la sua imminente calvizie, dal naso leggermente adunco e dalle sopracciglia folte, le aveva detto che aveva già sentito parlare di quella scuola e ci pensò su, corrucciando la fronte come faceva di solito, quando pensava. La madre, dai capelli corti tinti di un castano-rossiccio, le labbra sottili e il naso leggermente aquilino, la guardava con dolcezza, da dietro i suoi occhiali dalla montatura blu, e le aveva detto che era una scuola molto prestigiosa e importante e che rifiutare sarebbe stato davvero un peccato. Così, in un modo o nell'altro, si era ritrovata con una valigia ricolma di vestiti, quattro paia di scarpe, biancheria e calzini di ogni tipo. Mentre lo zaino era ricolmo di tutti gli effetti personali dai quali non poteva separarsi, tra cui il suo piccolo PC portatile, il portafoglio, l'album di fotografie, la macchina fotografica, il cellulare e il suo fedele MP4, e altre cose tutte sparpagliate. E, infine, nel marsupio, portava la merenda per quel giorno. Purtroppo non aveva altro posto dove metterla!

Sulla sua lettera le era stato detto che il mezzo di trasporto che l'avrebbe portata direttamente alla scuola si trovava ad Oxford Circus. Quindi Elise si era sbrigata a raggiungere l'autobus più vicino all'incrocio, che purtroppo aveva perso. E ora un altro problema, ben più importante del cibo, sorgeva: come avrebbe fatto a raggiungere l'accademia?

Aveva appeno finito di porsi la domanda quando un razzo le passò davanti, facendole perdere l'equilibrio. Era un ragazzo abbastanza alto, con uno zaino blu in spalla e una valigia nera gigantesca a seguito. Questo era il massimo che riuscì a distinguere di quel pazzo che correva come un forsennato. Elise, a terra, dolorante e schiacciata dal peso delle sue stesse borse, ci mise qualche secondo prima di riconnettere il cervello alla bocca.

-Ehi! Razza di idiota! Guarda dove vai!- gridò, agitando il pugno verso il punto dove era sparito il ragazzo. Poi cercò di rialzarsi ma, purtroppo, il pesò delle valige la appiattì al suolo. Si sfilò il borsone a tracolla di dosso e lo posò accanto a sé, riuscendo a sedersi e appoggiando la schiena al palo dove si era fermata poco prima.

''Accidenti a quel siluro umano!'' iprecò tra sè e sè.

Beh, in fondo, era l'ora di punta. Non poteva aspettarsi di essere l'unica in ritardo.

''Però c'è modo e modo! Cavolo! Non si è neanche fermato ad aiutarmi! Che razza di..''

-Serve aiuto?- disse una voce accanto a lei. Alzò lo sguardo e notò una ragazza alta poco più di lei, dai capelli castani, con la frangia rivolta da una parte, un po' come la sua, solo che questa aveva dei colpi di sole biondi. Aveva un viso molto simpatico: gli occhi, castani come i suoi, la scrutavano con preoccupazione, aveva il naso piccolo e le labbra fine e minute che si aprivano in un sorriso premuroso. Aveva in spalla uno zaino bianco e una valigia rossa a seguito. Indossava dei semplici jeans scuri, delle All Star nere e un giaccone nero, con delle sottili strisce bianche ai lati. La ragazza le tese la mano e, dopo pochi secondi di stallo, Elise la accettò e si rialzò in piedi.

-Grazie.- ringraziò, spolverandosi i pantaloni. Quando rialzò lo sguardo notò che la ragazza non stava più fissando lei, ma il suo borsone e, in particolare, la spilla con lo stemma della scuola che Elise vi aveva appuntato sopra. L'aveva ricevuta per posta, insieme alle informazioni su come raggiungere l'accademia, nient'altro.

Era uno stemma piuttosto bizzarro in effetti: al centro c'erano 3 lettere allineate, una D, una M e una A, le iniziali dell'accademia. Intorno alle lettere c'erano delle decorazioni: in alto a sinistra delle lingue di fuoco, in basso a sinistra dei rami e delle foglie, in alto a destra delle gocce e delle bolle d'acqua e in basso a destra il simbolo di un uragano. Insieme riempivano l'intera spilla, grande più o meno come un mandarino. Le immagini intorno alle lettere erano davvero molto realistiche. Poi la ragazza tornò a fissarla, con uno sguardo interrogativo.

-Per caso..anche tu vai alla Downson Mind Academy?- chiese.

-Sì.- disse Elise e poi si voltò verso la fine di Oxford Street, dove aveva perso l'autobus qualche minuto prima. -Ma ho perso l'autobus per arrivarci.- ammise, tornando a guardarla.

-L'autobus?- chiese l'altra, confusa. -Non si prende certo l'autobus per arrivarci.- aggiunse.

-Ah no? Strano, la lettera che ho ricevuto diceva che per raggiungere la scuola avrei trovato il mezzo a Oxford Circus, mi pare..- disse Elise, cercando di ricordare tutte le informazioni.

-Sì.- convenne la ragazza. -Alla stazione della metro di Oxford Circus. Non ci si arriva certo con gli autobus fin laggiù.- aggiunse. Ma Elise si era fermata a 'stazione della metro'.

-Come la metro? Devo prendere la metropolitana per arrivarci?- Elise, cominciava ad agitarsi. In tutta la sua vita aveva preso una sola volta la metro e non aveva la minima voglia di ripetere l'esperienza. La sensazione di ritrovarsi tre metri sotto terra le faceva venire i brividi.

La ragazza di fronte a lei quasi non l'ascoltava più. Fissava il suo orologio grigio, con la fronte corrucciata. Poi sospirò.

-Accidenti! Sono in ritardissimo! Devo correre verso la stazione!- Tutta agitata, si sistemò lo zaino sulle spalle, tirò la maniglia della valigia e, dopo aver mosso neanche due passi, si voltò verso Elise.

-Andiamo! Siamo in ritardo!- La prese per mano e la spinse a seguirla, poi la lasciò e cominciò a correre tra le gente. -Sbrigati o perderemo la metro!- urlò, in lontananza. Elise si fermò un attimo e poi corse come una furia, seguendo quella ragazza. Dopo alcuni minuti di corsa, facendosi strada tra le gente, Elise arrivò a Oxford Circus. Riprese fiato, appoggiandosi con le mani sulle ginocchia. In quell'incrocio spaventoso di macchine e mezzi pubblici, cercò quella ragazza, voltando la testa da una parte all'altra. Ma dove era finita? Poi, in lontananza, la vide con la gigantesca valigia rossa che le faceva cenno di seguirla, proprio davanti all'entrata dell'Underground. Elise attraversò l'incrocio, rischiando anche di essere messa sotto da un taxi. Appena raggiunta l'entrata della metro, scesero le scale e si ritrovarono immerse in un mare di persone. C'era chi correva per salire prima di tutti sulla metropolitana appena arrivata e occupare i posti a sedere e chi si precipitava per raggiungere le porte che si chiudevano all'ultimo minuto, cercando di infilarcisi. E poi c'erano quelli appena arrivati che, come lei, si perdevano nello shock di quel caos assordante. Si voltò verso il punto dove c'era la ragazza di prima, la quale stava di qualche passo avanti a lei e le faceva cenno con la testa di seguirla. Una volta raggiunta, si incamminarono insieme, cercando il binario giusto.

-Scusa, quale dobbiamo prendere?- chiese Elise, continuando a guardarsi intorno.

-A quanto ho saputo un binario con le iniziali della scuola. Spero sia di un colore diverso dagli altri.- disse. In effetti tutti i binari della metro erano bianchi e blu, con le porte rosse e il simbolo della metro su uno dei vagoni: un cerchio rosso tagliato da una striscia blu, con sopra la scritta Underground. Perciò era facile confondersi. Ma non era possibile che ci fosse un binario di un colore diverso dalle altre. Poi Elise si accorse che non si era nemmeno presentata.

-Ehi, senti..- la chiamò e questa si girò verso di lei. -Mi sono dimenticata..- disse e sorridendo tese la mano verso di lei. -Il mio nome è Elise, Elise Scarletsparrow. Piacere di conoscerti.- la ragazza sorrise a sua volta e strinse la sua mano.

-Piacere. Io sono Eve Blossom!- Elise, in quel momento, non seppe perché ma sentì che Eve sarebbe stata la sua prima grande migliore amica. Quelle che aveva avuto in passato non erano che amicizie superficiali, di quelle che non ne senti la necessità nemmeno nei momenti peggiori. Non aveva mai avuto vere amiche e non sapeva come accorgersi di averne trovate, perciò niente le diceva che Eve sarebbe stata diversa dalle altre. Eppure, dentro di sé, Elise percepiva una sensazione inspiegabile che le diceva che si sbagliava. Non aveva certezze, ma se lo sentiva. Era un legame diverso da tutti gli altri, qualcosa di profondo e di unico. L'Amicizia..

-Dai! Sbrigati!- la voce di Eve la riscosse dai suoi pensieri. Era andata avanti di una decina di passi. -Forza! Credo di averlo trovato!- aggiunse, tutta entusiasta. Elise la raggiunse e, dopo aver svoltato uno degli archi che reggevano il tetto della stazione, Eve indicò un punto indistinto dritto davanti a loro, dietro la massa di persone che affollavano la metropolitana. Dopo averlo messo a fuoco, anche Elise vide un binario diverso dagli altri. Era nero, con una striscia rossa ai lati e, proprio al centro del treno, c'erano le iniziali DMA, Downson Mind Academy. Una volta raggiunto, dopo aver oltrepassato le sardine, Elise e Eve si ritrovarono davanti al binario. Per raggiungerlo avevano oltrepassato una nube di fumo bianco che le aveva fatte tossire per un bel po'.

-La prossima volta...- disse Eve, a fatica e tossendo. -..tratteniamo il respiro!...Che schifo!- aggiunse, facendo una smorfia di disgusto. Elise concordò: quel fumo aveva un odore schifoso, simile a una discarica! Dette un occhiata al binario davanti a lei. A differenza di tutti gli altri, a parte per il colore e le scritte, quel binario non aveva nessuna fretta, anzi, era fermo sul posto. Non c'era neanche il cartello elettronico che segnava se ce n'era in arrivo un altro. Sembrava quasi un treno, di quelli da una sola corsa che non hanno un successivo. Come..come l'Orient Express! A destra, all'inizio del binario, si disperdeva un sacco di fumo bianco, che lo copriva agli occhi della gente. Quello stesso fumo che le aveva quasi soffocate. Qualcuno avrebbe dovuto aggiustarlo, altrimenti chi non si sarebbe lamentato per un treno della metro, il cui fumo avrebbe senz'altro ucciso i passeggeri? Chiunque lo avesse visto...Un attimo! Possibile che lo avessero visto solo loro due? No, non era possibile. Però era parecchio strano...Forse era un binario diverso dagli altri, di quelli che vanno su prenotazione. Uno di quelli importanti..

''Ma da quando mai i binari delle metro fumano?'' si chiese Elise tra sé e sé, ancora un po' confusa.

-Elise, vieni!- la chiamò Eve, che intanto si era caricata sul binario la sua valigia rossa. Grazie al cielo le metro non avevano gli scalini! Anche Elise caricò il suo borsone, che poco prima aveva posato a terra esausta. E poi...rimase a bocca aperta. Non aveva mai visto molte metro ma era sicurissima che nessuna fosse così.

All'interno era strutturato come un treno a tutti gli effetti. Non c'erano i soliti posti a sedere da un lato e dall'altro con il solito corridoio in mezzo, no, il corridoio era solamente sulla sinistra e a destra c'erano le cabine, rivestite tutte in legno. I posti a sedere erano sei per ogni cabina, tre da un lato e tre dall'altro, rivestiti di un tessuto rosso molto morbido e c'era un enorme finestrino, che per ora dava solo sul muro della galleria. Ma l'unica cosa che sembrò accomunare quel binario a tutti gli altri era che non c'era un solo posto libero, tutti le cabine erano occupate. E i passeggeri erano tutti ragazzi e ragazze della sua età. C'era chi parlava allegramente con i compagni di vagone, chi leggeva, chi mangiava, chi dormiva... Elise non poté fare a meno di sorridere, osservando gli altri. Si sentiva così bene lì, insieme a tanti altri ragazzi della sua età. In un certo senso si sentiva a casa.

-Elise! Ho trovato un vagone libero! Sbrigati prima che ce lo prendano!- la chiamò Eve, a circa dieci-dodici cabine di distanza. Elise trascinò il suo borsone fino alla cabina scelta da Eve, la quale si era già sistemata la sua nel portabagagli sopra i sedili e si era accomodata vicino al finestrino, rovistando nel suo zaino alla ricerca di qualcosa. Anche Elise sistemò il borsone sopra il sedile e si sedette vicino al finestrino, proprio di fronte a Eve. Appena quest'ultima si slacciò il giaccone, Elise notò un campanellino un po' scolorito legato al suo collo a mo' di collana. Ora, libero di muoversi, il campanellino suonò allegramente mentre lei posava il suo giaccone sul sedile accanto e poi, sopra, il suo zaino bianco. Da questo, Eve aveva tirato fuori un panino alla cioccolata. Dopo averla osservata anche Elise cominciò a sentire i morsi della fame e le scappò un mugolio contrariato dallo stomaco e tirò fuori dal suo marsupio una merendina al cioccolato. Nell'aprirla Eve non poté non notare che, legato al polso di Elise, c'era un campanellino simile al suo, solo più piccolo e con meno ghirigori.

-Piacciono anche a te?- chiese, indicandolo. Elise seguì con gli occhi la sua mano e poi annuì.

-Sì, soprattutto il loro suono.- detto ciò, a Eve le si illuminarono gli occhi.

-Dicono che infonda armonia e felicità a chi lo porta.- disse Eve, rigirandosi il suo campanellino fra le mani. Elise sorrise ancora, cominciando a rigirarsi tra le mani anche il suo.

E così, in men che non si dica, si ritrovarono a parlare a raffica di ogni tipo di cose: dal cibo alla scuola, dai ragazzi agli animali domestici, dai film ai libri. Scoprirono inoltre di avere un altro interesse in comune: il disegno. Adoravano disegnare entrambe, specialmente i fumetti giapponesi. Parlarono dei loro Manga e Anime preferiti e tanto erano prese dalla loro conversazione che neanche si accorsero che il binario era già partito e che, così, era iniziata la loro avventura.


 

Eve stava ancora mostrando il suo album di disegni a Elise, quando qualcuno bussò alla loro cabina. Era un ragazzo, un po' più alto di Eve, magro ma non esageratamente. Aveva i capelli neri, con un ciuffo sulla nuca che non ne voleva sapere di stare insieme agli altri. Gli occhi erano castani e aveva il naso un po' storto. Indossava un giaccone completamente blu, tranne che per delle strisce a zig-zag, una rossa e una bianca per braccio. E dei jeans grigio chiaro. Aprì la porta, infilando la testa nella cabina.

-Scusate, posso?- chiese. -Le altre cabine sono tutte occupate.- disse e, senza neanche pensarci, Eve lo invitò a entrare.

-Certo, vieni.- disse, riponendo il suo album nello zaino. Il ragazzo sorrise, prese la sua valigia nera e la fece entrare nella cabina. Nel metterla sopra uno dei sedili, accanto a quella di Eve, si dovette voltare. E lì Elise scoprì che il ragazzo portava uno zaino blu. Che sembrava lo stesso di quel tipo che...!!!

-TU!!- urlò, indicandolo. Lui si voltò e la guardò confuso. Era lui, non c'era ombra di dubbio! I capelli, la valigia nera e persino lo zaino! Era quel teppista veloce come un razzo che l'aveva fatta cadere a terra!

-Sei quello che mi ha fatta cadere senza nemmeno fermarsi!- aggiunse, dopo essersi alzata anche lei e avergli puntato un dito contro. Lui la guardò ancora con la stessa espressione di prima.

-Veramente non ricordo.- disse, serio. Elise ribollì ancora di più di rabbia.

-Pensa quanto sei stato attento! E se fossi stata in mezzo alla strada?! Sarei potuta finire sotto una macchina, razza di idiota!!- dopo quell'insulto, anche il ragazzo cominciò a imporporarsi di rabbia.

-Beh, tu potevi stare attenta!- rispose a tono, incrociando le braccia.

-Io?! IO?! Sei TU quello che è venuto addosso a ME!- esclamò lei.

-Non l'ho mica fatto apposta! Ero in ritardo!!- aggiunse lui, serrando la mascella.

-E per cosa?! Dopo mezz'ora che eri andato via il binario era ancora qui!-

-Infatti ho sbagliato fermata e sono dovuto tornare indietro! Quando sono arrivato il treno stava già per partire!-

-Pensa allora quanto puoi essere idiota, oltre che maleducato!-

Eve osservava la scena, seguendo con la testa chi parlava, facendo destra, sinistra, destra, sinistra...

-Beh, scusa, mi dispiace, va bene?!- si scusò lui, alzando la voce.

-'Ti dispiace'? Non basta! Ma ti hanno insegnato l'educazione?! Se fossi stata in situazioni critiche la tua sarebbe stata omissione di soccorso, lo sai?-

-Ma non lo eri! Quindi piantala di fare tutta questa scena!-

-Io non sto facendo nessuna scena! La colpa è solo tua!-

-Sei tu che hai iniziato!! E smettila di urlare come un'isterica!-

-Se tu non avessi fatto il cretino, non starei urlando!-

-Neanche io se è per questo!! Ti ho chiesto scusa, va bene?!-

-Bene!-

-Bene!-

-BENE!-

-BENE!-

E si lasciarono cadere sui sedili, guardando ovunque tranne che dalla loro parte.

Eve era rimasta zitta tutto il tempo, osservando la scena divertita. Rise sotto i baffi, mentre osservava le loro espressioni contrariate e corrucciate. Loro, d'altronde, non ci fecero molto caso, occupati com'erano a non rivolgersi neanche lo sguardo, pensando ad ogni tipo di insulto possibile da rivolgersi nel caso uno di loro avesse cominciato a borbottare. Ma niente. Il silenzio assoluto regnò in quella cabina per quel che parvero ore, ma che in realtà erano solo pochi minuti. Poi Eve spezzò il silenzio.

-Okay, direi che è il momento di fare le presentazioni. Ciao! Io sono Eve, Eve Blossom.- disse Eve, con un sorriso, tendendo la mano al ragazzo che, anche se ancora arrabbiato, la strinse e sorrise.

-Piacere. Io sono Ruben Viridian.- si presentò. Poi lanciò uno sguardo a Elise, che neanche lo guardava, e si rimise nella stessa posizione di poco fa. Toccava ancora a Eve spezzare il silenzio.

-Allooora...- disse Eve, rivolgendosi a tutti e due. Poi prese dal suo zaino, che ora aveva tra le braccia, un foglio di carta spiegazzato. -..Qualcuno ha delle informazioni più fornite di queste a riguardo all'accademia?- chiese, sventolando il foglio di carta in attesa che uno dei due lo prendesse. La mano di Elise fu più veloce e prese il foglio per prima.

La lettera era tale e quale a quella che aveva ricevuto Elise. L'unica differenza era il destinatario, e cioè Eve. Elise la rilesse, soffermandosi poi su un'unica frase.

'...dove potrà apprendere le materie da noi insegnate e praticarle con la maggiore abilità.'

Su questa parte c'era niente di strano, ma l'ultima frase fu quella che colpì Elise, come l'aveva colpita la prima volta che l'aveva letta.

'La Downson Mind Academy sarà lieta di avere un talento come il suo tra di noi.'

Talento. Quando aveva letto quella parola per la prima volta nella sua lettera si era sentita lusingata, ma adesso un pensiero le si formulò in testa.

Talento? Quando andava alla scuola pubblica nessuno le aveva detto di avere del talento. Un po' perchè lei non sapeva granchè e un po' perche quei professori erano dei veri incompetenti. Ma come faceva quella, a quanto si diceva, prestigiosa scuola riconoscere in lei del talento?

Ruben prese il foglio dalle mani di Elise quasi senza che lei se ne accorgesse e lo lesse attentamente.

-Non vi sembra strano?- chiese, catturando l'attenzione di entrambe.

-Cosa?- chiese Eve. Ruben indicò una frase in particolare e la mostrò a Eve.

-Qui, guarda. Dice: ''..dove potrete apprendere le materie da noi insegnate e praticarle con la maggiore abilità.''-

-E cosa c'è di strano?- chiese Elise.

-..Beh, hanno parlato di pratica e abilità..Come se dovessimo fare qualcosa di particolare, qualcosa di diverso dalle altre scuole..- spiegò lui.

-Io non ci trovo nulla di strano. In molte lettere di accettazione mandano frasi del genere. Forse è una scuola di specializzazione.- propose Elise.

-..Specializzazione per cosa?- chiese lui, con un tono un po troppo da sapientino per i gusti di Elise.

-Non ne ho idea. Io non so neanche cosa studieremo là.- disse lei.

-Neanche io so che tipo di scuola sia la DMA, né cosa ci insegneranno.- disse Eve.

-Idem.- aggiunse Ruben. Seguirono alcuni istanti di silenzio, ricchi di domande silenziose.

-Quindi, riassumendo, siamo su un binario sottoterra, diretto chissà dove, verso una scuola dove dovremmo stare tutto l'anno che nessuno conosce. Non sappiamo cosa faremo o studieremo e tutto quello che sappiamo è scritto su un foglio di carta che non ci dice niente di soddisfacente.- disse Elise.

-E al mio telefono è morta la batteria!- aggiunse Eve. Elise e Ruben la guardarono confusi.

-E questo che c'entra?- chiesero all'unisono.

-Un'ora fa aveva sette tacche di batteria! Si è rotto adesso!- disse, indicando il suo cellulare. Ruben si mise una mano nella tasca destra dei pantaloni e ne uscì il suo.

-Se vuoi ti presto il mio.- si offrì lui. Eve non parve farci troppo caso e scosse la testa.

-Grazie, non ti preoccupare.- disse lei. Ruben scrollò le spalle e ripose il telefonino nella tasca.


 


 


 


 


 

P.s. Fatemi sapere che ne pensate e se merita di essere continuata o no. Grazie :) 

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Capitolo 2
*** Scopro dove siamo diretti e faccio un incubo. ***


 

 

Capitolo 2. - Scopro dove siamo diretti e faccio un incubo.


 


 


 

Erano ormai ore che viaggiavano ma nessuno negli altri scompartimenti si domandava dove fossero diretti. Tutti tranne uno, dove in una cabina due ragazze e un ragazzo si chiedevano incessantemente dove si trovassero e dove sarebbe dovuta essere quella scuola verso la quale li stava portando quel binario della metro. Ma purtroppo, essendo sotto terra, nessuno di loro ne aveva la più pallida idea.

-Dove saremo adesso, più o meno?- chiese Elise.

-Chi lo sa. Sono..- disse Ruben, guardando il suo orologio. -..quasi tre ore che stiamo viaggiando.-

-Avete notato che non ci siamo fermati neanche una volta da quando siamo partiti?- chiese Eve.

-..Forse è un binario diretto per l'accademia, che non fa soste.- propose Ruben, cominciando anch'egli a provare un po' di soggezione. I dubbi lo assalivano e il pensiero di non riuscire a trovare una risposta soddisfacente lo inquietava, e non poco.

-Lo penso anch'io.- convenne Elise, anche se non troppo convinta. Seguì un momento di silenzio.

-Io vado a chiedere agli altri se qualcuno sa dove ci troviamo.- disse Ruben, alzandosi e uscendo dalla cabina. Il silenzio regnava ancora sovrano. Elise avrebbe voluto dire qualcosa per spezzarlo, ma non ci riuscì. Sperò soltanto che Ruben trovasse qualche spiegazione in fretta.

Spostò lo sguardo davanti a sé, osservando Eve, che guardava fisso oltre il finestrino. Elise stava ancora ripensando al loro incontro e poi a quello con Ruben. Una volta giunti a quella scuola avrebbero passato ancora del tempo insieme? O sarebbero finiti in classi diverse? L'idea la spaventava un po'. Non aveva mai avuto dei veri amici, almeno non quelli che si contano su una mano, e non avrebbe voluto separarsi da loro, sebbene ancora non li conoscesse a fondo. Non sapeva come mai, ma ebbe di nuovo quella sensazione di qualche ora prima. Si tranquillizzò con questo pensiero. Sentì, nel profondo di se stessa, di essersi trovata una grande amica e...Beh, per Ruben aveva ancora qualche dubbio. Si erano parlati poco prima, anche se avevano litigato, ma non si erano ancora scusati. E Elise non ne aveva la minima intenzione! Era stato lui a venirle addosso e a farla cadere a terra senza premurarsi di sapere come stava, e lei non intendeva scusarsi e non l'avrebbe fatto! O era lui il primo a farlo o...Beh, in effetti lui le aveva già chiesto scusa...

Ma non erano delle scuse sentite! Suonavano false, come se lui le dovesse fare un piacere per farla stare zitta. Ma Elise Scarletsparrow non se ne sta zitta!

Mai!

Purtroppo mai...

Forse avrebbe dovuto mettere da parte il suo orgoglio. Non le andava di fare la parte di quella che se la prende per tutto, quella che nessuno vuole intorno perché troppo suscettibile...

Avrebbe chiesto scusa e fatto pace, non appena avessero saputo qualcosa.

All'improvviso la porta si aprì, riportando Elise alla realtà. Lei e Eve voltarono la testa verso la fonte del rumore, convinte che fosse Ruben, quando in realtà era un altro ragazzo. Un tipo alto, con un caschetto biondo cenere e gli occhiali. Aveva gli occhi castani, un fisico asciutto e un bel viso nascosto dai capelli e gli occhiali. Indossava una felpa verde e dei jeans scuri. Al polso portava un orologio simile a quello di Eve, solo che il colore era nero e non grigio.

-Scusate, avete visto un gatto?- chiese sorridendo. -E' tutto nero. Una ragazza lo sta cercando.-

-Veramente no.- rispose Eve. Poi guardò Elise che ricambiò lo sguardo, interrogativa.

-Non abbiamo visto nessun gatto.- disse Elise. -Perchè? Si possono portare degli animali?-

Lui alzò una mano, grattandosi il capo.

-Non credo, però una sua compagna di cabina ha detto di averlo visto uscire dalla sua valigia. Dice di averlo perso in questo corridoio.- spiegò lui, guardandosi in giro.

-Se lo vediamo vi avvertiremo.- disse Eve, sorridendogli.

-Ok, grazie.- fece per andarsene, ma poi ricomparve. -Ah, provate a catturarlo se ci riuscite. Pare lo stiano cercando da un bel po'.- concluse e poi sparì dietro la porta.

Poco dopo ritornò Ruben e si sedette al suo posto.

-Allora?- chiese Eve.

-Sono andato a chiedere agli altri ragazzi e mi hanno detto che ne sanno più o meno quanto noi. Quelli di due cabine dopo di noi dicono che sanno solamente che questo è un espresso per la scuola e che questa non si trova a Londra. Più avanti un ragazzo mi ha detto che dovremmo essere vicino a Cambridge, a giudicare da quanto tempo stiamo viaggiando.-

-Quanto siamo lontani da Londra?- chiese Elise.

-Credo 100 km. Siamo a nord-est di Londra.- precisò Ruben.

-E quando, o meglio dove, ci fermeremo?- chiese Eve.

-Non lo so.- concluse Ruben, abbassando lo sguardo. Seguì ancora quel silenzio agghiacciante e poi Elise si alzò, avviandosi verso la porta.

-Dove vai?- chiesero in contemporanea gli altri due.

-Dal conducente, a chiedergli dove ci porta. Non so voi, o gli altri, ma io non so dove siamo diretti e vorrei almeno sapere questo.- rispose lei, aprendo la porta e uscendo. Dopo pochi secondi anche Eve e Ruben la seguirono fuori dalla cabina.

-Veniamo con te.- disse Eve.

Percorsero tutto il treno, che a proposito era veramente lungo, fino a che raggiunsero l'ultima cabina, quella del conducente. Elise bussò alla porta di vetro e l'uomo alla guida del treno l'aprì. Era un uomo sulla sessantina, alto e non troppo grasso, con degli occhiali grandi e un naso a patata. Aveva i capelli castani, con un principio di calvizie e un sorriso rassicurante, sotto quei baffoni. Indossava una divisa beige scuro, abbinata ai pantaloni neri. Sul taschino della giacca aveva le iniziali della Downson Mind Academy.

-Mi scusi.- cominciò Elise, osservando l'uomo. -Potrebbe dirmi dov'è che stiamo andando?-

L'uomo la guardò confuso e un po' sorpreso, poi allargo il suo sorriso e cominciò a ridere. Eve e Ruben lo fissavano in silenzio.

-Credo che sappiamo tutti che stiamo andando alla Downson Mind Academy. Per caso avete sbagliato treno, ragazzi?- chiese, ridacchiando.

-No, no. Abbiamo preso il treno giusto. Sappiamo che dobbiamo dirigerci là.- rispose per tutti Ruben.

-E allora?- chiese il conducente, guardando dritto davanti a sé.

-Il fatto è che..- si intromise Eve. -..vorremmo sapere dove si trova l'accademia. Le lettere che ci hanno spedito non dicono niente a riguardo. Abbiamo chiesto anche agli altri ma ne sanno quanto noi.- spiegò.

-Mmm...Evidentemente quel burlone del preside fa ancora le sue sorprese.- disse più a se stesso che a loro, ridacchiando.

-Sorprese?- chiese Eve.

-Il preside?- chiese Ruben.

-Sì, il preside della Downson Mind Academy, ovviamente.- confermò l'uomo.

-Lei lo conosce?- chiese ancora Ruben.

-Certo che sì! Ho frequentato anch'io quella scuola! Ah, che bei ricordi!- sospirò lui.

-Davvero? E com'è?- chiese Eve sorpassando Ruben, interessata.

-L'accademia? Un posto fantastico! Oserei dire...magico! Ho passato i migliori anni della mia vita laggiù! Cosa darei per tornarci!- disse l'uomo, sorridendo. -Vi do un consiglio.- disse, spostando lo sguardo verso di loro. -Godetevi appieno il tempo che passerete lì. E non lo dico tanto per dire! Potreste pentirvi di non esservi goduti ogni momento passato tra quelle mura, e anche fuori. Non è una scuola come tutte le altre. Beh, in fondo questo lo scoprirete presto!- sospirò, sorridendo beatamente.

Ma perché erano così fissati sull'effetto sorpresa? Cosa nascondeva quella scuola di così 'fantastico' da dover lasciare tutti col fiato sospeso? O forse era una scuola che poteva contare solamente sull'effetto sorpresa per fare una buona impressione agli studenti (dopotutto non c'era neanche una foto della scuola su internet!), oppure il preside era uno di quelle persone che si comportavano come dei bambini. Intanto, il conducente stava per richiudere la porta della sua cabina di guida, quando Elise lo fermò.

-Mi scusi, un'ultima cosa.- disse.

-Ma certo, dimmi cara!- disse l'uomo, con un sorriso stampato in faccia.

-Dove si trova l'accademia?- chiese. Eve poco prima aveva fatto la stessa domanda ma il conducente, perso nei ricordi, aveva sviato il discorso.

-Nel cuore del Cairngorms National Park, in Scozia.- disse, sorridendo a trentadue denti e lasciando con la bocca aperta i tre ragazzi.


 

Quando rientrarono in cabina si sedettero agli stessi posti di prima. Nessuno sapeva cosa dire. Erano tutti e tre completamente esterrefatti. Eve pensava che l'accademia si trovasse dalle parti di Lincoln o di Norwich, non certo così lontano come in Scozia. Ruben immaginava che essa si trovasse a Sheffield o, al massimo, a Leeds, ma non in Scozia. Elise, invece, non poteva neanche immaginare che l'accademia si trovasse oltre Leicester, figurarsi nel Cairngorms National Park, in Scozia! Nessuno dei tre sapeva cosa dire, né cosa fare. Il solo pensiero di andare così lontano, in una scuola che nessuno a parte coloro che erano sul treno conosceva, li faceva sentire...

Così emozionati! Nel profondo di loro stessi sentivano di voler vivere quell'avventura. E con essa tutti i misteri, le sorprese e, sì, anche le difficoltà che li attendevano.


 

Le ore successive le trascorsero cercando di conoscersi meglio, evitando così di pensare alla lontananza della scuola o agli interrogativi su cosa avessero trovato lì. Ma, in fondo, a tutti loro piaceva viaggiare e, con la loro compagnia, era anche meglio. Certo se ci fosse stato il paesaggio dietro il finestrino sarebbe stato meglio ma...non si poteva avere tutto, no?

-..Perciò hai due cani, un gatto e un criceto?- chiese Ruben.

-Sì. Tu, invece?- chiese a sua volta Eve.

-No, io non ho animali. Avevo un gatto. Si chiamava Splinter.- spiegò Ruben.

-E' morto?- chiese Eve, in un sussurro.

-Sì, purtroppo. Era vecchio.- disse Ruben, chinando il capo. Ma lo rialzò quasi subito.

-Allora..La vostra materia preferita?- aggiunse lui.

-La mia è Storia dell'Arte!- esclamò Eve. -La tua?- chiese lei, a lui.

-Veramente ne ho due preferite.- disse Ruben.

-Quali?- chiese Eve.

-So già cosa mi risponderai se te lo dico.- disse lui, accennando a un sorriso sarcastico.

-E dai! Dimmelo!- lo imbeccò lei.

-Matematica e Scienze.- disse. E come aveva presupposto...

-Secchione!- esclamò Eve, ridendo.

-E infatti.- aggiunse lui, sorridendo.

-No, dai, scherzo!- disse lei, ridacchiando. -Comunque Scienze piace anche a me.- aggiunse.

E si misero a ridere insieme, con Eve che gli tirava una guancia e lui che la guardava fingendosi arrabbiato. Elise li osservava in silenzio, appoggiando il viso sul palmo della mano. Poi, senza neanche accorgersene sentì le palpebre pesanti e la voce dei suoi due amici affievolirsi mentre scivolava in un sonno leggero, in quella stessa posizione. Tutto divenne buio, le luci della cabina scomparvero e Elise si ritrovò, da un minuto all'altro, in un sogno.


 

Apro gli occhi. Mi bruciano. Li strofino con le mani, finchè il dolore non passa. E' tutto nero intorno a me, non vedo niente che non sia nero. Cammino dritto e mi lascio trasportare inconsapevolmente dal silenzio e dal vuoto. Ho paura. Dove sono Eve e Ruben? Dove sono io? Sto sognando?

Inaspettatamente vedo delle nuvole davanti a me. Sono..ricordi?

Riempiono il mio intero campo visivo. Vedo me stessa in uno di essi, in una culla, sto dormendo beatamente. Ho 3 anni.

Mi vedo con i miei genitori, che giochiamo insieme. Ho 8 anni.

Mi vedo alla scuola media, mentre gioco a carte con una mia amica... Ho 12 anni.

E i ricordi continuano, mostrando mano a mano i bei momenti della mia vita, finchè non vedo ancora me stessa, mentre esco di casa quella stessa mattina per raggiungere in fretta Oxford Street.

All'improvviso tutto si dilegua. Chiudo gli occhi, poiché una luce abbaiante mi travolge. Quando li riapro, vedo uno specchio, a un metro di distanza da me. In quello specchio, come in tanti altri, vedo il mio riflesso. Gli stessi capelli, lo stesso naso, gli stessi occhi...Solo una cosa non è come al solito: la mia bocca. Quella del riflesso sorride, ma io non sto sorridendo. Il riflesso mi fa l'occhiolino, ma io non l'ho fatto. Quello è davvero il mio riflesso? Perchè non copia le mie azioni?

Si gira su se stesso ed io, contro la mia volontà, lo copio. Quando ritorno a guardarlo lo vedo di nuovo sorridere. Alza lentamente una mano, e la mia lo copia ancora.

Perchè sono io a copiarlo contro la mia volontà, quando il riflesso nello specchio non sono io? Forse...Forse sono io il riflesso?

Come se avesse ascoltato i miei pensieri, l'altra me chiude gli occhi, allargando il suo sorriso. Poi riapre gli occhi e il mio sangue gela nelle vene.

I suoi occhi...sono...

La paura è tanta che non riesco a collegare il cervello alla bocca. Sto sudando freddo.

I...I suoi...

E cado giù, in uno baratro senza fondo. I miei occhi si tingono completamente di nero, come prima. E l'ultima cosa che sento è un urlo agghiacciante, che mi rimbomba nella testa.

E poi mi sveglio..


 

-..lise!..ELISE!-

-AH!- urlò Elise, in preda al panico e al terrore. Sulla tempia la vena pulsava freneticamente e la fronte era madida di sudore. Gli occhi, le cui pupille ormai ridotte a un puntino, erano spalancati come la bocca e guardavano un punto indistinto davanti a sé. Qualcuno la scuoté, cercando di rianimarla, ma il solo effetto ottenuto fu quello di farla agitare di più. Eve e Ruben cercarono di calmarla: la chiamarono, le dissero che andava tutto bene, che loro erano qui, che era stato tutto un brutto sogno.. Ma lei non voleva crederci.

Un brutto sogno? No.mTutto quello che aveva visto non poteva essere solo un brutto sogno. Forse la prima parte sì...ma quegli occhi...

Elise si appoggiò al sedile cercando, per quanto fu possibile, di dimenticare almeno per il momento quell'incubo. Perchè? Perchè aveva visto una cosa del genere?! Si mise una mano sul cuore. Batteva freneticamente e faceva male. Sembrava quasi che il cuore volesse fuggire dal suo petto, attraverso la cassa toracica. Strinse la sua maglietta con tutta la forza che aveva in corpo. Tentò, invano, di calmarsi e, in un momento di grande debolezza, svenne.


 

-...Non credo.-

-Perché ha reagito così? Che le è preso?-

Delle voci soffuse si fecero strada, fino a raggiungere le orecchie di Elise, svegliandola. Tuttavia non aprì gli occhi, ancora affaticata com'era.

-Non lo so..Cosa avrà sognato secondo te?- chiese una voce femminile, quella di Eve.

-..Non so, ma qualsiasi cosa sia dev'essere stato qualcosa di terribile.- rispose una voce maschile, quella di Ruben.

Cosa aveva detto? Sognato? Sì, il sogno..O meglio l'incubo. Stava ricordando tutto. Il buio, le nuvole, i ricordi..

No! Basta! Non doveva ricordare altro, sapeva che altrimenti sarebbe senz'altro svenuta di nuovo. Preferì rilassarsi e ascoltare ancora per un po' la conversazione dei suoi amici.

-..Pensi che dovremmo chiederglielo?- chiese Eve, con un tono di voce molto preoccupato.

-No. Era terrorizzata. Potrebbe svenire di nuovo.- rispose Ruben, altrettanto inquieto. Seguì un minuto di silenzio e poi Ruben ricominciò a parlare.

-E' svenuta da più di due ore ormai.- disse lui. ''Due ore?!''

-..Già, forse dovremmo..Guarda! Si sta svegliando!- esclamò Eve. E infatti Elise aveva lentamente riaperto gli occhi. Dopo due ore, era proprio tempo di svegliarsi.

-Non alzare la voce. Si è appena svegliata.- sussurrò Ruben. Elise avrebbe voluto dir loro che era già sveglia da un paio di minuti..ma poi? Loro le avrebbero chiesto del sogno e lei non avrebbe voluto rispondere, né parlarne in alcun modo. Era meglio così. Non doveva ricordare quell'incubo terribile, nè le sensazioni che le aveva provocato. In fondo era solo un sogno, giusto?

-Ehi, come ti senti?- disse Ruben, sedendosi accanto a lei.

-Vuoi che ti portiamo qualcosa?- aggiunse Eve, inginocchiandosi a terra davanti a lei, per guardarla meglio in viso. Lei spostò lo sguardo dall'uno all'altra, non potendo fare a meno di ridere mentalmente. Che dolci che erano! Ma il suo voltò restò impassibile.

-No, grazie.- disse lei, in sussurro. Loro si avvicinarono di più al suo viso, fino a trovarsi entrambi, con lo stesso sguardo preoccupato, a due centimetri di distanza dai suoi occhi.

-Sicura?- domandarono all'unisono e, a quel punto, Elise non poté fare altro che scoppiare dal ridere e, con lei, la seguirono anche Eve e Ruben finchè il trio non rimase con le braccia a tenersi la pancia e le lacrime agli occhi. Non si sa per quanto risero, fatto sta che quando smisero erano così stanchi che parlavano a fatica.

-..Ora...Ora cosa...cosa faccia..mo..?- chiese Eve, tra una risata e l'altra.

-Non...Non lo so...- rispose Ruben, anche lui tra una risata e l'altra. Si calmarono e ripresero fiato.

-Che ne dite di dare un'occhiata alle altre cabine?- propose Elise. Ruben e Eve la guardarono e annuirono convinti, sorridendole.

Si alzarono dai loro posti e si diressero nel corridoio del treno. Questo, essendo in corsa, per quando potesse essere sicuro, sobbalzava un po', cosa che li fece ogni tanto sbattere o inciampare tra di loro. Si diressero dalla parte opposta a quella del conducente, sbirciando qua e là nelle cabine. Le due dopo la loro avevano le tendine abbassate e non osarono bussare, timorosi di svegliare qualcuno. Nella cabina successiva c'erano tre ragazzi: il primo era un ragazzo dai capelli corti e biondi che dormiva appoggiato al vetro, al sedile di destra vicino al finestrino. Il secondo era un tipo grosso, che sembrava il più grande di età tra di loro, aveva una cresta di capelli neri e un'aria massiccia e dei numerosi piercing sulla faccia. Guardava fuori dal finestrino in silenzio, fissando un punto indistinto dietro il vetro. Il terzo era un ragazzo minuto, dai capelli neri cortissimi e dalle mani grandi, indossava una tuta nera e oro e leggeva qualcosa su un foglietto.

Elise e i suoi amici proseguirono verso altre cabine.

Quella successiva era stracolma di persone che parlavano animatamente, tanto che Eve, Ruben e Elise non riuscirono a capire come facessero gli altri ragazzi a dormire tranquilli. Forse le cabine erano insonorizzate o, perlomeno, con delle pareti abbastanza spesse da non far oltrepassare il minimo suono. In effetti, seppur si vedesse il frastuono, non lo si sentiva da fuori la cabina. Quest'ultima era occupata da sei ragazzi, i quali fumavano quasi tutti. Nessuno sembrava accorgersi della loro presenza, anche perché forse non li avevano sentiti, essendo fuori dalla cabina. Elise non voleva entrare. Aveva sempre detestato il fumo e non aveva la minima voglia di provare a farselo piacere. Le si rivoltava lo stomaco al solo pensiero.

Comunque, quei sei ragazzi erano molto diversi fisicamente tra di loro, ma in carattere (e in sigarette) sembravano tutti uguali. Tutti tranne uno. Un tipo alto, molto più degli altri, dai capelli biondo cenere, a caschetto, con degli occhiali neri e una felpa verde.

Il ragazzo che aveva bussato prima alla loro cabina, in cerca di quel gatto! Era lui.

-Ragazze, andiamo avanti.- propose Ruben.

-Perchè?- chiese Elise.

-Vuoi forse entrare lì dentro?- chiese Ruben, alzando un sopracciglio. Per carità! Di entrare in quella nuvoletta di fumo non se ne parlava neanche!

Si diressero verso l'altra cabina, quando Elise si fermò e si voltò indietro.

-Ehi, Eve. Vieni.- la chiamò Elise. Eve, intanto, era rimasta davanti alla cabina dei sei ragazzi, guardando fisso davanti a sé. Elise e Ruben si guardarono alzando gli occhi al cielo.

-Eve!- la chiamarono insieme, a voce più alta. Lei sobbalzò.

-C-Che c'è?!- esclamò lei, guardandoli con gli occhi spalancati.

-Bentornata tra noi comuni mortali.- disse Ruben, ironico.

-Scusate...Mi ero incantata un attimo.- si scusò lei, arrossendo un po'.

-L'abbiamo notato.- disse Elise, sorridendo sotto i baffi.

-Perchè sorridi?- chiese Eve.

-Niente.-

-Come 'niente'?- chiese lei, leggermente irritata.

-Niente.- disse lei, ridacchiando. Camminarono ancora un po' lungo il corridoio.

-Che vuol dire quel 'niente'?- In risposta Elise scoppiò a ridere, tra Eve che la riempiva di domande e Ruben sempre più confuso.

Proseguirono lungo il corridoio, fino a raggiungere le ultime cabine. Non si erano ancora fermati a chiacchierare con nessuno. Avevano preferito dare un'occhiata in giro. Molte cabine, come avevano già notato, erano o chiuse o stracolme di gente. C'è n'era persino una con sopra il finestrino un foglio di carta con su scritto: Non disturbare!

Eve, Elise e Ruben si guardarono tra di loro, non accennando minimamente a cosa ci potesse essere in quella cabina e andarono avanti, ritrovandosi in fondo al treno, dove c'era una porta. La aprirono e si ritrovarono in un vagone unico, senza cabine o corridoi. Era un vagone ristorante, illuminato nel buio dalla luce gialla delle lampade sul soffitto, con una dozzina di tavoli ai lati del treno. Più lo guardavano, più Elise, Eve e Ruben non poterono fare a meno di pensare a quanto assomigliasse a un vero e proprio treno. Era spettacolare! Allora l'accademia non badava a spese!

In quel vagone ristorante non c'erano tanti passeggeri. Nella fila di sinistra, al secondo tavolo dalla porta c'era una ragazza paffutella, forse della loro stessa età, con accanto un zaino nero con un rosa rossa stampata sopra. Aveva dei capelli mossi e rossi e un piercing nero a forma di cerchio sul labbro inferiore e indossava una maglietta degli Evanescence nera, a maniche corte e un pantalone da tuta nero. Al collo portava una croce argentata con un diamante al centro. Stava leggendo un libro molto grosso, sfogliando ogni tanto una pagina, in tutta tranquillità.

Due tavoli più indietro c'erano un ragazzo e una ragazza che, sebbene fossero allo stesso tavolo insieme, non si rivolgevano la parola. La ragazza era molto magra, con i capelli corti e biondi. Era molto più truccata della ragazza dai capelli rossi e indossava una giacca di pelle e dei pantaloni bianchi. Teneva tra le dita della mano destra una sigaretta, mentre con l'altra giocava con un tappo di una bottiglietta. Il ragazzo, invece, era il suo completo opposto. Era alto, con dei capelli non troppo lunghi, neri come la pece. Indossava un dolce vita a collo alto nero che evidenziava il suo fisico scolpito e asciutto, una cintura bianca e delle scarpe nere. All'indice della mano destra portava un anello di Vivienne Westwood e aveva delle ciocche nere che gli coprivano gli occhi. La sua pelle era bianca e liscia, la linea della mascella era ben fatta e le labbra erano sottili. Sembrava assomigliare in tutto e per tutto a una statua. Nessuno, finora, sembrava aver notato la loro presenza.

Un'altra conversazione, ben più animata di quella tra quei due, colpì la loro attenzione. Erano due ragazze, che ridevano e scherzavano animatamente. Una aveva dei capelli lunghi e biondi e due profondi occhi azzurri, dal colore molto chiaro e cristallino, tanto che in un primo momento Elise pensò che fossero grigi, e giocava con un bracciale fatto con le linguette delle lattine. L'altra era bruna con gli occhi castani, con un cerchietto tra i capelli e parlava di cose incomprensibili e, insieme, ridevano.

-Vi va di sedervi?- chiese Eve.

-Sì, andiamo.- disse Ruben e, insieme a Eve, si sederono al tavolo di destra più vicino.

-Vieni, Elise.- la chiamò Eve, facendole un cenno con la mano.

-Io..torno un attimo in cabina.- disse Elise, all'improvviso.

-Perché?- le chiesero all'unisono.

-Vado un attimo..torno subito.- disse, prima che loro si offrissero di seguirla. Non c'era nulla di strano, solo che voleva raggiungere il suo zainetto nella cabina. Non le andava di lasciarlo lì senza protezione, in fondo dentro c'era il suo mp4 e il suo PC. E le cabine non avevano né chiavi, né serrature. Percorse a passo veloce tutto il treno, fino a che non raggiunse la cabina. Chiuse la porta e tirò fuori dallo zaino il suo PC, sedendosi al suo sedile. Aveva voglia di farsi un giro su internet con i suoi amici, nel vagone ristorante. Schiacciò ripetutamente il tasto On ma stranamente non si accese. Forse aveva la batteria scarica. Cercò nel suo zaino, infilando la mano ovunque. Tra i libri, tra le tasche..Tuttavia, non riuscì a trovare il caricabatterie. Forse era nella valigia. Tirò giù il borsone e si fece spazio con il braccio tra i suoi vestiti. Dopo un quarto d'ora di vani tentativi..niente. Non c'era.

''Oh, no!'' allarmata, le venne in mente l'unica possibilità plausibile. ''Devo averlo dimenticato a casa! Dannazione!'' imprecò mentalmente tra sé e sé, tirando un calcio al borsone. Poi lo sollevò, lo richiuse e lo rimise a posto, nel portabagagli. Si lasciò cadere sul sedile, guardando per qualche minuto fuori dal finestrino. Aldilà del vetro, solo il muro sotterraneo della metropolitana, che correva alla velocità del treno, come se il treno fosse fermo e si muovesse il muro. Era un effetto ottico che aveva già visto molte volte, come quando andava in vacanza in macchina con i suoi genitori e sembrava che le nuvole, gli alberi, i cespugli e i pali dell'elettricità si muovessero da soli, come se il paesaggio corresse all'inverso rispetto alla loro macchina. Quest'ultima era la vecchia Audi del padre, che aveva vissuto un sacco di avventure: una volta erano andati al lago, a pescare, e si erano ritrovati le esche sui sedili e sul volante e per toglierle ci avevano impiegato un'intera giornata. Poi c'era stata quella volta quando la macchina era sprofondata in una pozzanghera piena di fango, e poi ancora c'era stata l'avventura delle pecore, che li avevano costretti a restare in mezzo al gregge per ben tre ore, durante le quali il padre stava rischiando un esaurimento nervoso. Quanti ricordi!

Una fitta di nostalgia colpì in pieno petto Elise, che in un attimo tirò fuori dalla tasca il telefonino. Voleva sentire i suoi genitori, farsi una chiacchierata con loro, Magari avrebbe chiamato la mamma, perché il padre doveva essere ancora in ufficio. Che ore erano?

Provò ad accenderlo, ma non ci riuscì.

''Neanche il cellulare?'' si chiese tra sé e sé. Ma che stava succedendo? Erano morte tutte le batterie degli apparecchi elettronici? Prima il telefono di Eve, poi il suo computer...

Possibile che non funzionasse niente su quel treno? In effetti era strano. Non aveva visto nessuno che ascoltasse la musica o usasse il cellulare. Forse non se n'erano accorti. Ma come mai non funzionavano? Era vero, erano sotto terra, ma nelle metropolitane al massino non c'è campo, non si rompono certo tutte la batterie!

Voltandosi a guardare il suo zaino le sorse un dubbio: il suo mp4 era carico al 100%, dato che era stato in carica fino a quella mattina e non l'aveva mai acceso. Se anche quello non avesse funzionato era la prova che c'era qualcosa di strano.

Smise di pensare e in uno scatto aprì la zip dello zaino e cercò freneticamente l'mp4, facendolo cadere, nella fretta, un paio di volte e imprecando mentalmente mentre cercava di riprenderlo. Quanto finalmente lo ebbe tra le mani provò ad accenderlo, ma anche questo non ne volle sapere. Elise spalancò gli occhi, basita. Che fosse una specie di conto circuito? Oppure si era rotto quando era caduto pochi secondi prima? No, non era possibile, aveva visto cose ben peggiori.

Almeno il telefono di Ruben funzionava, no?

Il telefono di Ruben!

Quando Eve aveva trovato il suo rotto lui glielo aveva prestato ma non aveva controllato se era acceso. Forse il suo funzionava.

Prese a correre verso l'uscita della cabina, aprendo la porta velocemente e uscendo nel corridoio come un fulmine, quando, per uno sfortunato errore, finì con lo sbattere contro qualcuno.


 


 


 

Note dell'Autrice:

Un ringraziamento speciale a fria per la sua recensione! Mi ha reso molto felice! :)

Commentate e fatemi sapere che ne pensate!^^ 

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Capitolo 3
*** Un arrivo ''movimentato'' ***


   


 

Capitolo 3. Un arrivo ''movimentato''.


 


 


 


 

Quando Elise rialzò lo sguardo, massaggiandosi la testa per la botta appena presa, notò che anche qualcun altro era caduto insieme a lei, un ragazzo. Era un tipo un po' più alto di lei, con dei capelli rossicci e spettinati che gli ricadevano ribelli lungo il collo. Non erano particolarmente lunghi. Gli occhi, parzialmente coperti da alcune ciocche leggermente più lunghe, erano verde smeraldo, più scuri vicino alla pupilla e più chiari per tutto il resto dell'iride. Come degli specchi, riflettevano la luce che penetrava parzialmente dai vetri. Indossava una giacca verde e bianca, dei pantaloni neri e una camicia grigia, il cui colletto scoperto lasciava intravedere una catenina d'oro, in contrasto con gli abiti e l'aspetto in sè. Elise ci mise qualche secondo per rialzarsi e borbottare delle scuse. Si offrì anche di aiutarlo, offrendogli la mano, che lui cacciò via con uno schiaffo e uno sguardo omicida che avrebbe trafitto anche il cuore di una pietra. E' vero, non era stata attenta e gli era finita sopra come un ciclone, facendolo cadere, ma si era scusata. Perché si era comportato così? Un ragazzo dall'aspetto così bello... Elise non era una prevenuta, ma non si morde la mano che ti aiuta a rialzarti, giusto?

Persa com'era nei suoi pensieri, Elise neanche si accorse che lui era già in fondo al corridoio. Oltrepassò la porta di un altro vagone e sparì oltre la soglia quando la porta si richiuse, senza degnare Elise di un solo sguardo. Ma chi era quel tipo?

A quella domanda Elise si rispose con una veloce scrollata di spalle, ricordandosi che doveva raggiungere i suoi amici nel vagone ristorante. Prese a correre dalla parte opposta e appena giunse alla porta del vagone ristorante qualcuno spalancò la porta proprio mente lei stava per entrare, rischiando di darle una brutta botta sul naso. Erano Ruben e Eve.

-Eccoti, finalmente!- disse Eve, superando Ruben.

-Scusate. Stavo cercando nel mio zaino il mio telefono e il mio MP4, ma stranamente non funzionano, eppure ero certa che fossero carichi.- spiegò Elise.

-E' la stessa cosa che è successo a me.- disse Ruben. Ora era certo, c'era qualcosa di strano in quel treno.

-Non vi sembra strano? Tutti i nostri apparecchi elettronici si sono rotti da quando siamo saliti su questo treno.- notò Eve.

-Forse è una coincidenza. Penso che gli altri..- spiegò Ruben, ma fu interrotto.

-Io non ricordo di aver visto nessuno che avesse un mp3 o un telefono tra le mani, che funzionasse almeno.- lo interruppe Elise.

-Forse c'è una specie di..corto circuito che disabilita tutti i mezzi elettronici.- propose Eve.

-Chissà...- sospirarono.


 

Ritornarono nella loro cabina poco dopo e chiacchierarono ancora tra di loro, per passare quel tempo che pareva infinit. Erano le 16:30 in punto quando una campanella suonò attraverso gli altoparlanti, per tutto il treno, interrompendo i discorsi di tutti i passeggeri, facendo calare il treno in un silenzio profondo. Subito dopo si sentirono dei colpi di tosse provenire dall'altoparlante. Una voce maschile, resa gracchiante dalle casse degli altoparlanti, cominciò a parlare.

-A tutti i passeggeri, si avvisa che entro un'ora arriveremo a destinazione. Siete pregati di indossare le divise scolastiche che la nostra Katrine vi sta portando a bordo del suo carrello. Mi raccomando, indossatele correttamente e cercate di non fare troppo chiasso per cortesia. Gazie per l'ascolto.- disse la voce del conducente.

Ruben fu il primo ad alzarsi e aprì la porta della cabina, dando una sbirciatina fuori. Alla sua sinistra, la signora delle divise, di nome Katrine, stava consegnando delle buste ai ragazzi di quella cabine, segnando i loro nomi su una tabella.

Ruben rientrò e si sedette, aspettando che arrivasse il loro turno. Erano tutti parecchio basiti, non si aspettavano ci volesse una divisa. Beh, d'altronde era una scuola inglese molto rinomata, a quanto si diceva. In fondo non c'era poi molto da stupirsi se si usavano le divise. Questi, almeno, erano i pensieri di Ruben, perché ala mente di Eve e Elise era totalmente rivolta verso un altro tipo di pensieri.

-Non voglio mettere una divisa! E soprattutto non i calzettoni!- si lamentò Eve, incrociando le braccia e arricciando le labbra.

-Sì, di solito sono tutte orribili!- aggiunse Elise, copiando la sua posizione.

Poco dopo si sentì un bussare insistente al vetro della loro cabina. Era Katrine, la signora delle divise. Era una donna anche lei sulla sessantina, grassottella, con dei capelli grigi corti e riccioluti, incorniciati da un cappellino verde. Il naso era piccolo e all'insù e aveva degli occhietti marroni e vispi, dietro i suoi occhiali fini e rettangolari, simili a quelli di una professoressa. Indossava un lungo vestito verde acqua marina, con un fiocchetto sul petto e una collana di smeraldi finti a cingerle il collo.

-Potete dirmi i vostri nomi, per favore?- chiese la signora, tirando fuori dal carrello un taccuino con su scritti dei nomi.

-Sì, ehm..Ruben Viridian.- disse Ruben, ancora un po' scettico, dato che ne lui, nè Elise, nè Eve avevano fatto richiesta per le divise, perciò non avevano nemmeno fornito le loro misure.

Dopo che Ruben ebbe detto il suo nome, la signora si aggiustò gli occhiali, sfogliò le pagine della lista di nomi sul suo taccuino finchè non borbottò un ''Eccoti qui!'', prese la penna, segnò una x e aprì il suo carrello, estraendo una divisa maschile, e gliela porse, avvolta dal telo di plastica protettivo. Lui la prese, un po' confuso su cosa fare.

La signora posò lo sguardo su Eve, attendendo che lei le rivelasse il suo nome.

-Eve Blossom.- balbettò Eve, osservando la lista della signora, la quale stava scorrendo i nomi con l'indice, cercando quello di Eve. Quando lo ebbe trovato, rivistò tra le divise ripiegate e ne estrasse quella di Eve. Quando le porse la divisa Eve la prese tra le braccia e la fissò con aria scettica. Era un po' più pesante di quanto si aspettasse.

-E tu sei..?- chiese Katrine, guardando Elise e aggiustandosi gli occhiali sul naso.

-Oh, ehm, sì...Elise, Elise Scarletsparrow.- disse Elise, allungando la mano e prendendosi la sua divisa. Katrine poi se ne andò subito dopo, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandoli soli, in un silenzio tombale. Si guardarono tra di loro e poi abbassarono il capo, in contemporanea, fissando attoniti le loro divise. Il primo ad aprire il telo di plastica fu Ruben, che lo lasciò cadere a terra e, con esso, anche delle scarpe nere. Osservò la divisa. Non era particolarmente sorpreso. Erano un pantalone nero, una camicia nera, una cravatta nera, una sciarpa bianca, un maglioncino senza maniche bianco, una cintura nera con una borchia bianca, con su incise le lettere ''DMA'', e un mantello nero, abbastanza pesante, lungo fin sotto il ginocchio, con uno spacco alla vita, il che lo rendeva più lungo dietro, chiuso da dei grossi bottoni neri, delle maniche lunghe e un grande cappuccio. Dopo di lui, anche Elise diede un'occhiata alla sua divisa, trovandovi all'interno gli stessi capi, ma ovviamente femminili. Le uniche differenze erano una gonna lunga fino alle cosce, stretta in vita e più vaporosa alla fine e delle lunghe calze nere. Anche Eve osservò la sua, trovando gli stessi abiti e la prima frase che riuscì a formulare fu:

-Una gonna? Una gonna?! Ma nemmeno tra un trilione di anni indosserò questa...questa cosa!- esclamò Eve, con voce disgustata, guardandola come se fosse un verme viscido. Elise non era così impressionata da quella divisa, anche perchè ne aveva decisamente viste di peggiori come, per esempio, quelle della scuola di sua cugina Andrea, dove era andata durante le vacanze natalizia in compagnia dei suoi genitori, a Dublino. Rabbrividì al solo pensiero di quella gonna da suora di clausura e dei calzettoni della nonna.

-Beh, immagino dovremmo cambiarci.- commentò Ruben, ma non fece neanche in tempo a finire la frase che Eve lo stava già sbattendo fuori dalla cabina e lui che provava, inutilmente, a porre resistenza, cercando di aggrapparsi a qualcosa.

-Ecco, bravo! Vai fuori!- disse lei, spingendolo per la schiena.

-P-Perchè?!- chiese lui, aggrappandosi alle due estremità della porta e facendo perno con i piedi.

-Hai forse intenzione di cambiarti con noi?!- chiese lei, retoricamente, aumentando la forza della spinta. Seguì un momento di silenzio imbarazzante.

-..Beeeeh..- rispose lui con un po' troppa enfasi, sorridendo a trentadue denti con fare scherzoso, ma Eve non lo prese come uno scherzo.

-Brutto maniaco! Sparisci!- E, con un'ultima grande spinta lo cacciò fuori, facendolo quasi andare a sbattere contro il vetro del finestrino di fronte. Eve ignorò le sue imprecazioni e richiuse la porta. Quando si voltò, Elise stava già richiudendo gli ultimi bottoni della camicia.

-Mmm..Odora di pulito!- esclamò con buonumore, appena ebbe finito di allacciarsi anche i polsini. Eve la fissava a bocca aperta.

-Hai intenzione di metterti quella cosa?- chiese Eve, indicando la gonna sul sedile di Elise. Questa la guardò e annuì con indifferenza, sfilandosi le scarpe.

-Beh, io non intendo indossarla!- si imbronciò lei, mettendosi a braccia conserte.

-Ok.- disse Elise, cominciando a slacciarsi la cintura dei pantaloni. -Allora te ne torni a casa?-

-Come?- chiese Eve, inarcando un sopracciglio. Elise si fermò e posò lo sguardo su di lei, seria.

-Se non intendi indossare la divisa non ti ammetteranno. E se non ti ammetteranno vorrà dire che te ne tornerai indietro.- spiegò. Eve le stava per rispondere a tono, quando lei la interruppe.

-E' un vero peccato..Ma in fondo hai ragione. Chi è che può costringerti a indossare una gonna? Nessuno, credo. E poi, che vuoi che sia? Ci saranno solamente...altre 700 ragazze, o forse anche di più, vestite alle stesso modo.- spiegò ancora. -Per non parlare del fatto che ti perderesti un anno di scuola, in mezzo a tante ragazze...e a tantissimi ragazzi.- Elise si tolse i calzini e borbottò a bassa voce, ma abbastanza da farsi sentire da Eve. -Mi chiedo se ci sarà anche quel ragazzo di quella cabina.- sussurrò, divertita, e poi si mise a fischiettare un motivetto inventato. Quando rialzò lo sguardo, Eve di era già infilata la camicia.


 

Appena Elise uscì dalla cabina trovò Ruben con gli occhi chiusi e a braccia conserte che ticchettava nervosamente con le dita sul suo braccio. Appena sentì il rumore della porta che si apriva, aprì gli occhi e osservò Elise che si aggiustava la cravatta.

-Allora..Come sto?- chiese lei, girando su se stessa.

-Bene.- disse lui, guardandola. Anche Ruben aveva indossato la divisa e per un attimo Elise si chiese se se la fosse messa nel corridoio del treno, davanti a chiunque fosse uscito dalla propria cabina. Soppresse una risatina e lo osservò a sua volta. La divisa gli stava piuttosto bene.

-Anche tu.- disse lei. Lui sorrise e poi volse lo sguardo verso la porta chiusa della loro cabina.

-Dov'è Eve?- chiese.

-Io non esco!- esclamò la diretta interessata dall'altra parte. Elise e Ruben, che si guardarono confusi e poi alzarono gli occhi al cielo.

-Eve, prima o poi dovrai uscire.- disse Elise, bussando alla porta.

-Quindi tanto vale che esci subito.- aggiunse Ruben, con voce annoiata.

-NO! Irremovibilmente e categoricamente NO!- urlò. Elise e Ruben si guardarono e annuirono tra di loro, come se si fossero letti nel pensiero. Misero le mani sulla maniglia della porta e cominciarono a tirare con tutta la forza che avevano. La porta della cabina, essendo scorrevole e non avendo una serratura, si chiudeva solo per mezzo della maniglia. Bastava tirare e si sarebbe aperta, ma purtroppo Eve aveva una forza incredibile.

Tirarono con tutte le forze e quando riuscirono finalmente ad aprire uno spicchio di porta, Ruben ci mise una mano dentro, facendo forza per aprirla del tutto. C'erano quasi riusciti!

-Serve aiuto?- chiese una voce maschile, distraendoli quanto bastava perchè allentassero la presa, e Eve ne approfittà, schiacciando con la porta la mano di Ruben, che lanciò un urlo spaventoso, contorcendosi a terra per il dolore. Elise fece una smorfia addolorata.

-Ruben? Sei ancora vivo?- chiese Elise, con una nota di umorismo, che non servì poi a molto.

-Sta bene?- chiese il ragazzo ad Elise, imitando la sua smorfia. Elise si voltò a guardarlo. Era quel ragazzo, quello del gatto nero. Elise tornò a guardare Ruben, che si teneva una mano tra i ginocchi, cercando inutilmente di diminuire il dolore. Gliel'avrebbe fatta pagare cara a Eve, appena fosse uscita!

''Un momento! E se..'' pensò Elise, fissando con un sorriso che andava da orecchio a orecchio il biondo.

-Oh, tranquillo. Sta bene.- assicurò lei. Ruben la fissò con sguardo omicida.

-Come STA BENE?!- urlò, ringhiando per il dolore. Elise non ci badò, presa com'era dall'idea geniale che le aveva oltrepassato la testa come un fulmine a ciel sereno.

-Posso chiederti un favore?- chiese lei al biondo.

-Certo.- assentì lui.

-Perfetto! Ah, scusa, non mi sono ancora presentata.- Disse lei, tendendogli la mano. -Elise Scarletsparrow.- si presentò lei. Lui la strinse, sorridendo.

-Blake, Blake Beatifbeat.-


 

C'era un motivo se Eve odiava le gonne, specialmente quelle troppo corte. Certo, non le aveva mai messe ma le gonne erano tutte uguali. Quando una ragazza si mette una gonna c'è sempre un ragazzo pronto ad alzargliela. E poi le gonne non le stavano neanche bene. Non voleva farsi vedere da nessuno conciata in quel modo! Non le importava niente se c'erano anche altre 700 ragazze con quella stessa gonna, le non si sarebbe mai fatta vedere con quella cosa! Neanche per tutto l'oro del mondo! Era troppo umiliante!

Eve se ne stava appoggiata alla porta, presa da quei pensieri, facendo di tutto per non guardarsi le gambe. Eve non aveva un fisico da modella. Sapeva che le ragazze dell'accademia non erano tutte delle Miss Mondo, ma non si sarebbe comunque fatta vedere in giro così, mai! E poi non c'era scritto da nessuna parte nella lettera della scuola che avrebbe dovuto indossare per forza la divisa. Certo, la maggior parte delle scuole in Inghilterra avevano la divisa, ma non pensava certo così! Chi cavolo era quello stilista, se così poteva chiamarsi, che le aveva create?!

Eve cercò di pensare ad altro. In effetti Elise e Ruben, da quando lei aveva schiacciato la mano nella porta a quest'ultimo, non avevano più provato ad entrare. Se n'erano forse andati?

Non fece in tempo a pensare ad altro che la porta ricominciò ad essere tirata. Eve ricominciò aspingere con tutte le sue forze. Non voleva che si mettessero a ridere di lei o che la guardassero con sarcasmo. Poi, all'improvviso, la porta si spalancò, facendola cadere a terra. Quando rialzò lo sguardo stava già per imprecare contro Ruben , visto che probabilmente era stato lui a tirare così forte la porta, quando si ritrovò davanti due grandi occhi nocciola che, da dietro gli occhiali, la guardavano con preoccupazione.

-Va tutto bene?- chiese il ragazzo, tra un misto di dolcezza e apprensione. Eve spostò per un secondo lo sguardo sulle sue labbra fine, che si distesero in un sorriso e, quando rialzò lo sguardo, vide che quegli occhi e quella bocca erano incorniciati da un caschetto scompigliato di capelli biondo cenere. Era quel ragazzo. Per poco Eve non restò a bocca aperta. Poi si rese conto che era seduta a terra e che lui le stava porgendo una mano, per aiutarla ad alzarsi. Lei l'accetto, trovandola piacevolmente liscia e forte. Un brivido la percorse lungo la schiena e, quando fu in piedi, lasciò andare la sua mano, imbarazzata. Fuori dalla porta, intanto, Elise e Ruben osservavano la scena. La prima divertita, il secondo confuso.

-Io sono Blake Beatifbeat. Piacere di conoscerti.- disse lui, regalandole un sorriso contagioso.

-Eve Blossom. Piacere!- disse lei, sorridendogli.

Elise allargò il suo sorriso. Ruben, sempre più confuso, si chiedeva come avesse fatto quel ragazzo a fare aprire la porta a quel ciclone da solo. Per quanto riguardava Eve, lei era ancora totalmente assorta quando si ricordò di indossare quella cosa e perciò, arrosendo fino ai capelli, fece per rientrare nella cabina, quando una mano prese la sua, impedendole di chiudersi dentro un'altra volta.

-Stiamo quasi per arrivare e immagino che i tuoi amici vogliano sistemarsi.- commentò Blake, lasciandole la mano e avviandosi verso la sua cabina. Poi si fermò, voltandosi verso Eve.

-Non preoccuparti. Stai benissimo.- aggiunse, sorridendo e facendosi strada verso la sua cabina, lungo il corridoio. Eve, il cui colore era passato dal rosa al porpora, stava ancora fissando un punto indefinito dove era sparito Blake, immersa in chissà quali pensieri, tanto che neanche si accorse che Elise e Ruben si erano già accomodati nella loro cabina. Rientrò anche lei, sedendosi sul sedile più vicino alla porta.

-Ruben..- cominciò lei, abbassando lo sguardo. Lui assunse un aria stizzita. Elise aprì il suo zaino, in cerca di qualcosa. -Mi dispiace per la tua mano.- aggiunse Eve.

-Figurati, non è niente.- disse lui, fingendosi indifferente. Eve osservò la sua mano, rossa e visibilmente dolorante. Aveva davvero chiuso la porta con un po' troppa forza. Gli chiese ancora scusa e lui sbuffò.

-Non ti preoccupare, in fondo sto bene!- disse lui, guardando Elise in tralice. Lei, occupata a esplorare nel suo zaino, neanche si accorse che Ruben aveva parlato.

-Ho detto...visto che sto BENE!- si lamentò lui, alzando un po' la voce. Quando Elise se ne accorse, alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente.

-Uffa! Ti ho già detto che era per una buona ragione! Non tirarla tanto per le lunghe!- replicò lei.

-Ma certo, in fondo che vuoi che sia? Mi stavo solo contorcendo atrocemente a terra dal dolore!- si lamentò ancora lui, ticchettando nervosamente sul bracciolo del sedile con la mano buona.

-Beh, come hai potuto vedere ha aperto la porta, quindi smettila di lamentarti.- concluse lei, inflessibile. Ruben, dal canto suo, avrebbe voluto brontolare ancora per un po' ma capii che non ci sarebbe stato niente da fare, almeno non con Elise. Eve non aveva ascoltato con attenzione tutta la loro conversazione, poiché stava tirando giù la sua valigia rossa, nella quale aveva riposto i suoi vestiti. Elise e Ruben la guardarono e poi, scambiandosi un'occhiata, presero anch'essi le loro valigie.


 

Dopo mezz'ora circa, la voce squillante del conducente riapparve dagli altoparlanti, sempre preceduta da quella fastidiosissima campanella.

-Informiamo i passeggeri che siamo quasi giunti a destinazione. Siete pregati di indossare le cinture di sicurezza.- All'ultima frase la maggior parte dei passeggeri sussultò. -Si ballerà un po'.- aggiunse poco dopo, allarmando la metà del treno.

-Che vuol dire 'si ballerà un po' ?- chiese Eve, sgranando gli occhi come due piattini. Ma ne Elise nè Ruben poterono risponderle perchè una specie di onda scosse il treno, oltrepassandolo da parte a parte. Per qualche secondo i loro corpi si sollevarono dai sedili, fluttuando, per poi esservi schiacciati sopra. Il rombo di un tuono oltrepassò le loro orecchie, costringendoli a tapparle con tutta la loro forza. Il treno sembrava aver preso velocità e li stava schiacciando ai sedili.

-Le cinture! Mettiamoci le cinture!!- urlò Ruben, in preda al panico. Eve e Elise cercarono di metterle trovando, però, molta difficoltà. Eve non riuscì a far scattare il meccanismo della sua e cominciò a impallidire e ad agitarsi. Per fortuna Ruben corse in suo aiuto e lei riuscì a mettersi la cintura. Poi il corpo di Elise venne ancor più schiacciato al sedile, affondando in esso, mentre Eve e Ruben si ritrovarono come sospesi verso Elise, tenuti lontano da lei solo grazie alle cinture. Fu come se il treno corresse all'insù, verso l'alto, e non dritto come al solito. Elise, Ruben e Eve sgranarono ancora di più gli occhi e spalancarono la bocca, ma poco prima che potessero urlare dal panico il treno cambiò ancora posizione, ritornando dritto. Per un attimo tutti e tre sospirarono, ma non fecero in tempo a sollevarsi del tutto, che il treno ricominciò a ballare, anzi ad ondeggiare. E, poco dopo aver percorso a una velocità impressionante quella che sembrava essere una salita verso l'alto, il treno ritornò a viaggiare tranquillo, correndo come aveva fatto tutta la mattina. Nessuno a bordo sapeva cosa doveva pensare. Eve, Elise e Ruben si resero conto di aver tenuto gli occhi serrati tutto il tempo. La prima ad aprirli fu Elise, pronta a richiuderli se il treno avesse ricominciato a ballare. Ma appena li aprì fu investita da una luce accecante. Si stropicciò gli occhi, cercando di abbandonare quel leggero stato di cecità. Appena la sua vista annebbiata cominciò a mettere a fuoco la cabina, notò che Eve e Ruben avevano ancora gli occhi chiusi e che tremavano di paura. Poi il suo sguardo si posò alla sua destra, sul finestrino. Lo trovò stranamente...illuminato? Ma non erano sottoterra?

Elise ignorò il fastidio della luce ai suoi occhi e si avvicinò al finestrino, poggiandovi una mano sopra e guardando oltre. Vide il sole, caldo e accecante per essere settembre, così raro lì, nel Regno Unito. E delle grandi colline verdi, alte come montagne, e alberi dappertutto. In gran parte erano conifere, tutte quante a formare una foresta. Alcune erano ai piedi delle colline, altre popolavano le zone pianeggianti. Era tutto così verde lì, così pieno di vita.

Adesso il binario non era più un semplice binario della metropolitana, ma era diventato un treno, uno di quelli che viaggiavano solo in superficie. Alzò una mano, coprendosi con la sua ombra dai raggi del sole, che le avevano fatto lacrimare gli occhi, e guardò in alto, verso il cielo azzurro. Una bellissima sensazione di serenità le entrò dentro, facendole nascere un sorriso gioioso.

Poco dopo anche Eve e Ruben socchiusero gli occhi, lamentandosi della troppa luce. E appena si resero conto che quella luce splendeva fuori dal treno, ignorarono anche loro il fastidio agli occhi e guardarono fuori, osservando ogni minimo particolare, come se lo vedessero per la prima volta.

-Siamo arrivati, eh?- disse dopo un po' Ruben, sorridendo.

-Sì. Siamo arrivati.- confermò Elise, copiando il suo sorriso.






Angolo di Eohl:

 

Innanzitutto...chiedo scusa per il ritardo nel postare questo nuovo capitolo! Questo capitolo un po' più corto rispetto agli altri, perchè inizialmente doveva essere più lungo ma, dopo averlo revisionato, ho ritenuto più adatto lasciarlo così.^^ Spero sia piaciuto! Ringrazio CandyStar e fria per le recensioni! :)

Un ringraziamento speciale anche a SunMoon e CandyStar per aver messo la mia storia tra le ricordate e a romanticona2011 per averla messa tra le preferite! Grazie! Grazie! Mi avete resa molto felice! <3

Spero che questa mia storia attiri anche altri lettori, anche perchè è la prima e la sto scrivendo con molto entusiasmo! I commenti (positivi o negativi) sono sempre ben accetti, perchè ho molto da imparare!^^

Spero di non fare troppo ritardo con il prossimo capitolo!

Alla prossima!


 


 Eohl



 

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Capitolo 4
*** La Selezione ***


Buona lettura :)

 


 


 

Capitolo 4.


 


 

Ormai erano arrivati a destinazione. Cairngorms National Park. Un posto che neanche pensavano di poter vedere, eppure erano tutti lì. I passeggeri erano ancora sul treno, il quale stava per raggiungere la stazione. Mancavano solo altri 10 minuti. Dopo l'ultimo avviso del conducente, i ragazzi e le ragazze a bordo avevano radunato tutte le loro valigie, le borse, gli zaini e tutti gli altri bagagli in corridoio, vicino ai loro piedi. Avevano indossato tutti il mantello nero, con i cappucci abbassati, e le sciarpe bianche. Si erano radunati tutti in corridoio, in attesa di uscire. Elise, fuori anche lei dalla sua cabina insieme a Eve e Ruben, diede un'occhiata intorno a sé, guardando tutti i passeggeri che non aveva visto prima. Alla sua destra, c'era un gruppetto di ragazze che rideva e scherzava, mentre alla sua sinistra un paio di ragazzi che si lamentava per una cosa in particolare, ma Elise non riuscì a capire cosa. Una miriade di pensieri e domande si fecero strada nella sua testa.

Erano quasi arrivati. Presto sarebbero scesi dal treno e avrebbero vissuto quell'avventura che era la Downson Mind Academy. Avrebbero trovato tantissime amicizie e forse anche delle antipatie, ma l'importante era che avrebbero passato dei fantastici anni insieme, lei e i suoi amici. Ma c'erano ancora tantissime domande che le passavano per la testa. Per esempio, come ci sarebbero arrivati alla scuola? Dopotutto non credeva esistessero delle scuole all'interno di un Parco Nazionale.

A un tratto il fischio del treno spezzò i suoi pensieri, riportandola alla realtà.

-Siamo arrivati! Vi ringraziamo per aver viaggiato con noi. Buon soggiorno a tutti! Alla prossima!- annunciò il conducente con voce gioiosa.

Il treno si fermò e tutti i passeggeri si precipitarono fuori, trascinandosi dietro le valigie, le borse e gli zaini, ignorando i vari piedi calpestati e le cartacce che si perdevano lungo il corridoio. Quando la folla sparì del tutto, il treno divenne un fantasma. Le cabine aperte, le cartacce, le lattine, le bottigliette...Tutto dimenticato.

Anche Elise, Eve e Ruben si diressero all'uscita, quella più vicina alla cabina di guida del conducente.

-Arrivederci signore.- disse per primo Ruben, non appena lo raggiunsero, e scese dal treno, portandosi dietro la sua valigia.

-E' stato un piacere viaggiare sul suo treno.- aggiunse Eve, facendosi aiutare da Ruben con la sua valigia, e poi scendendo anche lei.

-E' stato un piacere per me, ragazzi.- disse, allargando il suo sorriso da sotto quei baffoni. -Ah, è così bello vedere i ragazzi salire sul mio binario. Ma è un po' triste vederli andare via.- aggiunse, rivolgendosi più a se stesso che a loro.

-Allora, la rivedremo al ritorno?- chiese Ruben, sistemandosi lo zaino in spalla.

-Oh, ma certamente! Sono il solo in grado di guidare questo treno! Vi ho portati tutti qui e sarò solo io a riportarvi indietro!- rispose lui, con un sorriso raggiante. Elise, Eve e Ruben, furono contagiati da quel sorriso. -Oh, a proposito! Ricordate, per raggiungere la scuola dovete percorrere quel grande viale alberato, sempre dritti. Non cambiate strada o rischierete di perdervi. E' già successo..un paio di volte..- Quest'ultima frase non sembrò rassicurare il trio, che cominciò a lanciarsi occhiate timorose.

-Ma non preoccupatevi. Dopo il sentiero troverete un passaggio che vi condurrà dritti all'accademia. Arriverete in un batter d'occhio!- assicurò lui. -Beh, ora vi conviene andare! Sbrigatevi o resterete indietro!- disse l'uomo, indicando la folla di ex-passeggeri che stava già procedendo a passo spedito lungo il sentiero alberato.

-Sì, grazie signor..?- chiese Ruben.

-Cairon. Cairon Indigo.- si presentò lui. -Ma potete chiamarmi Signor Conducente.- aggiunse lui, facendo l'occhiolino a tutti e tre.

-Allora, arrivederci Signor Conducente!- salutarono loro, appena Elise scese dal treno con il suo borsone.

-Arrivederci ragazzi!- salutò anche lui, facendo scattare la chiusura delle porte.

Ecco, era iniziata l'avventura.


 

Elise, Eve e Ruben si voltarono inspirando l'aria fresca della foresta. Davanti e loro c'era uno stabile grigio, una specie di biglietteria del treno. E poco più a destra dello stabile, c'era il viale alberato. Era una strada molto ampia, completamente ricoperta di ciottoli e foglie secche rosse, gialle e verdi. Gli alberi erano giganteschi, alti quasi come dei palazzi di 4 o 5 piani. Non avevano mai visto degli alberi così. Probabilmente erano dei platani. Il trio si diresse verso il viale alberato di corsa, appena notò che gran parte dei passeggeri era già sparita, per quanto era lontana ormai. Cominciarono a correre con più forza che poterono, per raggiungere almeno gli ultimi della fila, ignorando i sassi o i legnetti che disarcionavano le valigie che si trascinavano dietro. Ormai lontani dalla biglietteria ed essendo gli ultimi, si ritrovarono lungo il viale alberato completamente soli, non appena videro gli ultimi due della fila scomparire dietro la colline. E purtroppo, si resero conto di essersi persi.

-No, non ci siamo persi.- contestò Ruben, mentre Eve gli rispondeva a tono.

-Invece ti dico di sì! Ci siamo persi tutti gli altri!- esclamò lei.

-Appunto! Ci siamo persi gli altri, ma noi no, non ci siamo persi. Se ci fossimo persi, ci sentiremmo persi! Ma non lo siamo! Se lo fossimo credo che lo saprei, no?- ripeté lui, incrociando le braccia dopo il suo discorso senza capo nè coda.

-Ma non ha alcun senso!- replicò Eve, confusa. E mentre loro due si rimbeccavano, Elise si trovava a pochi metri di distanza da loro, osservando tutto quello che c'era intorno a sé. Le foglie, i grandi platani, il sentiero. Lei sapeva, anzi sentiva, che non si erano persi, anche perchè la strada che avrebbero dovuto percorrere era sempre dritta, senza mai deviazioni, come aveva detto il conducente. Si voltò verso i suoi amici e camminò nella loro direzione. Li interruppe con uno schiocco di dita, per attirare la loro attenzione.

-Dobbiamo andare sempre dritti.- disse lei, semplicemente. Loro presero le loro valigie, rimaste abbandonate a terra durante la loro discussione.

-Sì, ma appena il sentiero finirà? Come ci arriveremo a scuola? A piedi?!- chiese lui, scettico. Elise e Eve alzarono gli occhi al cielo, in contemporanea. -Se pensi che..- continuò lui, prima di essere interrotto da Eve, che allargò le braccia.

-Mio dio, Ruben, ma non puoi rompere le scatole in questo modo! Il conducente ha detto che appena avremo superato il sentiero avremmo trovato un passaggio che ci avrebbe portati dritti fino a scuola!- disse lei. -Perciò non rompere le..- aggiunse lei, prima di essere interrotta dalla mano di Elise, che le tappò la bocca. Si lamentò boccheggiando e, quando finalmente Elise la liberò, si imbronciò con tutti e due. Lo stesso fece Ruben, che si voltò dall'altra parte. Elise sospirò.

-Ragazzi, coraggio, prima superiamo questo viale meglio è.- disse lei ma, notando che nessuno dei due si muoveva, provò a giocarsi le carte in un altro modo. -Ma se volete perdervi il passaggio fino a scuola, facendovela così a piedi fino a chissà dove, siete liberissimi di farlo. Ci vediamo all'accademia.- disse lei, riprendendo a camminare con un sorriso stampato in faccia. E, in men che non si dica, se li ritrovò, seppur ancora imbronciati l'uno con l'altra, al suo fianco. Elise rise contagiando gli altri due che ripresero, così, a correre.

Dopo aver superato la collina e percorso tutto il sentiero dei platani, che scoprirono essere pieno di avvallamenti, si ritrovarono davanti ad un'altra collina, ricoperta di fiori bianchi, che la rendeva una sorta di giardino ricoperto da un tappeto di neve candida. In cima, videro una costruzione. Da quanto potevano vedere ai piedi della collina, c'era un piccolo stabile con delle cabine rosse leggermente sollevate da terra da delle funi di ferro.

-E' una funivia?- chiese Elise, confusa.

-E' questo il nostro mezzo di trasporto?- chiese Ruben, più a se stesso che agli altri.

-A quanto pare.- concluse Elise. Poi tutti e tre notarono, mentre risalivano quella collina, che c'era ancora una persona accanto allo stabile. Una volta giunti in cima, affaticati per la salita, si appoggiarono ai loro ginocchi. Quando tornaronoo a respirare normalmente, notarono che quella persona li stava guardando. Era una ragazza. Una molto carina in effetti. Era molto magra e non particolarmente alta. Aveva dei lunghi capelli castano chiaro, dei grandi occhi nocciola, delle labbra rosse, un sorriso perfetto circondato da un apparecchio argentato, che non la imbruttiva, anzi, le dava un'aria più dolce. Si portava dietro una gigantesca valigia viola e indossava la divisa, la stessa della loro scuola. La ragazza sorrise a tutti loro.

-Ciao!- disse, accennando con la mano a un saluto. Eve, in quel momento, poté giurare di aver sentito Ruben sospirare, essendogli vicina. Ma nessuno, a parte lei, sembrò accorgersene, nemmeno Elise.

-Ciao. Scusa, siamo rimasti indietro. Puoi dirci come..?- chiese Elise, indicando la funivia.

-Come prendere la funivia? Purtroppo ci tocca aspettare la prossima cabina.- disse lei, indicando le cabine rimaste a terra.

-Quelle là sono rotte. Dobbiamo aspettare la prossima.- aggiunse e poi tornò a guardarli tutti. -Siete solo in tre?- chiese lei. Elise annuì per tutti.

-Che fortuna! Allora possiamo prenderla tutti insieme. I posti sono a quattro.- disse la ragazza. -Oh, a proposito..Freya Toweringlance.- si presentò lei, tendendo la mano verso Elise, che la strinse.

-Elise Scarletsparrow.- si presentò lei. Freya si mise davanti a Eve.

-Eve Blossom.- si presentò Eve, stringendole la mano. Ma neanche due secondi dopo che l'ebbe toccato la mano, ecco che Freya era già davanti a Ruben.

-Freya Toweringlance.- disse lei, sorridendogli e prendendogli la mano tra le sue. Ruben, in quel momento, spalancò gli occhi e, per la prima volta boccheggiò il suo nome.

-R-Ruben V-Viridian.- si presentò lui. Eve, in quel momento, sentì qualcosa salirle su per la gola. Sembravano essere rimasti ghiacciati, l'uno di fronte all'altra. Tocco sempre a Eve schiarirsi la voce per farli tornare tra loro. Si staccarono subito e, poco dopo, Freya si incamminò davanti a loro.

In lontanaza, tra gli alberi, un puntino rosso si stava avvicinando. La cabina della funivia era in arrivo. Appena si fermò, tutti e quattro vi salirono a bordo, posizionando le borse e le valigie ai loro piedi. Purtroppo Elise e Eve dovettero stringersi tra di loro, per poter fare spazio all'enorme valigia viola di Freya. Quest'ultima si era comodamente seduta accanto a Ruben, che guardava fuori dalla cabina, osservando il paesaggio. Si stavano alzando sempre di più, arrivando a sovrastare gli stessi platani, e vennero portati al centro della foresta, nel cuore del Cairngorms National Park.


 

Passarono venti minuti circa, durante i quali la cabina della funivia era rimasta sollevata sopra la foresta. Poi aveva cominciato a scendere, avvicinandosi agli alberi. Quando, finalmente, la cabina toccò terra, i quattro passeggeri recuperarono le loro valigie e scesero. Si ritrovarono tutti insieme nel centro della foresta, o forse addirittura dall'altra parte. Grandi alberi troneggiavano su di loro e un tappeto di foglie decorava il terreno. L'aria fresca dell'autunno fece volare alcune foglie colorate verso di loro. Alcune finirono nei loro cappucci, altre si attaccarono semplicemente ai capelli.

Freya si stava ancora testando i suoi, alla ricerca di pezzi di foglie secche rimasti intrappolati, quando la folata di vento cessò e le foglie tornarono a posarsi a terra. Poco dopo tutti insieme camminarono dritti, verso un sentiero più grande di quello dei platani, e quando vi arrivarono sentirono delle voci ridere e altre chiacchierare. Si girarono alla loro sinistra e percorsero il viale di corsa, tirandosi dietro le valigie e una volta raggiunta la fine del viale, videro davanti a loro una lunga discesa che portava direttamente all'accademia. Poco più lontano da essa c'era un lago lungo e ampio, che rispecchiava le nuvole bianche e il cielo azzurro, creando un effetto meraviglioso in armonia con tutto ciò che lo circondava. L'accademia era un edificio gigantesco, così grande che non bastava chiamarlo 'edificio'. Era una specie di castello, costruito su quattro colline e circondato dai grandi alberi della foresta. Su ogni collina c'era una torre gigantesca, unita l'una all'altra da delle mura. Nella facciata orizzontale, proprio quella di fronte a loro si ergeva un campanile altissimo, molto di più delle altre torri, dove al centro un maestoso orologio in stile vittoriano segnava le ore.. Dietro le quattro colline emergeva un vastissimo prato e, poco più in là, un fiume separava le quattro torri da un'altra parte del castello, la quale era collegata ad esse da un ponte di legno, coperto da un tetto ad arco. Quella parte separata dal castello comprendeva cinque totti minori rispetto alle altre, tranne una che, alta com'era, stonava con tutto il resto. Non c'era traccia di alcun tipo di cortile all'interno del castello. L'esterno, invece, era pieno di alunni: alcuni correvano, altri studiavano su quelli che sembravano tavoli da pic-nic e altri ancora..giocavano con il fuoco?

Elise poté giurarlo, aveva visto alcuni ragazzi che giocavano con una fiamma. Anche se era molto lontana, ne era sicura. Ma non poté accertarsene perché Eve, Ruben e Freya si erano già incamminati, sorpassandola. Diede un altra occhiata in direzione di quella fiamma ma non la vide più, e decise di proseguire, raggiungendo gli altri. In fondo era molto stanca. Poteva essere stato qualche stupido giochetto con il fuoco, ma non se lo chiese oltre e corse verso l'accademia, quella che per quell'anno appena incominciato sarebbe stata la sua casa.


 

Appena si ritrovarono ai piedi della scuola, davanti al gigantesco portone di legno, grande quanto un palazzo a due piani, si fecero coraggio ed entrarono. All'interno era..spettacolare!

Tutto era completamente costruito in pietra, eccezion fatta per le scale che erano in legno massiccio, cosa che donava alla scuola un aspetto medievale. C'erano dei candelabri sospesi in aria, con due dozzine di candele spente, e neanche la minima traccia di luci elettriche. C'erano scale dappertutto che conducevano ai piani superiori, formando delle scale a chiocciola quadrangolari, se viste dal basso. Elise le contò: erano più o meno una decina e su ogni scala vedeva ragazzi e ragazze che correvano o si fermavano a chiacchierare. Le porte che conducevano alle altre ale del castello erano interamente in legno massiccio scuro, con dei pomelli d'oro, e si trovavano ai lati delle scale. C'erano quadri dappertutto, molti dei quali raffiguravano gli elementi della natura: fuoco, aria, terra e acqua. Naturalmente c'erano anche tantissimi ritratti, ma ciò che non mancava mai in ogni parete, o almeno quelle dell'entrata, erano gli arazzi. Rossi, verdi, blu e gialli, che adornavano le pareti. Per terra, invece, c'erano dei tappeti persiani.

Elise, Ruben e Eve erano così meravigliati che neanche si accorsero che Freya, avendo riconosciuto le sue amiche nell'ingresso, se n'era andata, lasciandoli soli. All'improvviso le campane del campanile, il quale era proprio a circa dodici piani sopra di loro, cominciarono a suonare, facendo rimbombare nella scuola 3 potenti rintocchi, ciascuno di tonalità diversa dall'altro. Come se quel suono fosse stato un trillo d'allarme, improvvisamente tutti gli studenti scesero dalle scale avvicinandosi alla porta di sinistra e introducendosi nella sala successiva. Anche Eve, Elise e Ruben si diressero verso quella porta, portandosi dietro le valigie e le borse. Percossero tutto il corridoio, il quale aveva da un lato dei giganteschi finestroni, che lasciavano inondare il corridoio della luce del primo pomeriggio. Istintivamente Ruben portò gli occhi sull'orologio, il quale segnava le 17:58. Dall'altra parte la parete era ricoperta di quadri antichi e vecchi arazzi. Più avanti, proprio in fondo al corridoio, c'era una porta molto più grande di quella precedente, quasi alla pari con quella dell'entrata. Aveva al centro due grandi maniglie argentate, lunghe e intrecciate, sinuose e dalla forma di due serpenti, i cui occhi erano due piccole pietre rosse. Ma ciò che principalmente colpì Eve, Elise e Ruben erano le molteplici valigie, zaini, borse e borsoni che si trovavano lì accanto al porta.

-Lasciatele lì.- disse una voce maschile. Il trio si voltò, notando un uomo alto, sulla cinquantina, dal viso imbronciato e dagli occhi spenti. Aveva dei corti capelli neri e delle sopracciglia folte e, sul grosso naso adunco, un paio di occhiali dalla montatura nera e piuttosto malandata. Indossava un maglione lungo a maniche nere, che lo rendeva ancora più grasso, e dei pantaloni neri, sporchi all'altezza delle scarpe. Vicino a lui sostava un carrello e, appoggiato al muro, uno scopettone. Costui, che doveva essere il bidello, appena uscito da una piccola porta di legno malmessa, aveva detto loro di posare i loro bagagli appena fuori della grande porta. Loro, dopo averli posati vicino a quella che avevano riconosciuto come la valigia di Freya, entrarono nella grande sala.

Davanti a loro videro quattro lunghi tavoli di legno, lunghi forse come trenta o quaranta tavoli di dimensione normale, coperti da quattro lunghe tovaglie nere con i bordi di colore diverso per ogni tavolo: quella del secondo tavolo alla loro sinistra aveva i bordi rossi, quella del primo tavolo a sinistra li aveva verdi, quella del primo tavolo alla loro destra li aveva celesti e quella del secondo tavolo a destra li aveva blu. Alle pareti di destra e sinistra c'erano i soliti arazzi, mentre diversi candelabri pendevano dal soffitto. Sulla parete di sinistra, ad illuminare la sala, c'erano delle grandi vetrate di vetro, adornate da ghirigori fantasiosi. Queste erano alte quasi fino al soffitto e davano sul fiume e sui grandi prati verdi e, in lontananza, si poteva scorgere l'altra parte del castello, collegata dal grande ponte. In fondo ad essa, dalla parte opposta di dove si trovavano Ruben, Eve ed Elise, c'era un altro tavolo, più corto degli altri, messo in orizzontale, al quale sedevano gli unici adulti in tutta la sala. Dovevano essere senz'altro i professori, alcuni dei quali confabulavano tra di loro mentre altri fissavano gli studenti.

C'erano ragazzi di ogni età, ognuno che chiacchierava e scherzava, altri scrivevano o leggevano, ma la maggior parte era seduta. Infatti essendo quasi ora di cena, tutti i tavoli erano finemente apparecchiati con bicchieri, piatti e posate d'argento. Il cibo, però, non era ancora stato servito, poiché mancavano ancora due ore al banchetto.

Elise notò una cosa strana, e cioè che la maggior parte degli studenti avevano le cravatte e le sciarpe colorate, e non bianche come le loro. Ma Elise non poté farsi altri interrogativi, neanche quando vide di nuovo una fiamma guizzare per aria, perché Ruben e Eve la tirarono verso uno dei tavoli, il primo a destra, nella parte più vicina alla porta.

Per i successivi 15-20 minuti, tutti e tre si ritrovarono istintivamente a darsi un'occhiata intorno. Ma ognuno per motivi diversi. Ruben, per esempio, osservava tutte le ragazze ai tavoli, con lo scopo di trovare Freya. Eve, invece, guardava ogni ragazzo nella sala, nel tentativo di trovare Blake. Elise, a differenza dei suoi due amici, si limitava a gettare un'occhiata alla sala e, con essa, tutti gli studenti ma, in particolar modo, agli insegnanti. Erano undici in tutto.

Partendo da sinistra, dalla parte del tavolo più vicino alle vetrate, c'era un uomo abbastanza alto e magro, sulla cinquantina forse, anche se sembrava più giovane. Aveva dei profondi occhi azzurri, circondati da delle occhiaie scure, una leggera barba e dei corti capelli neri, punteggiati da pochi capelli bianchi. La sua espressione perennemente imbronciata era concentrata davanti a sé, su un piccolo foglio di carta bianca. Indossava una giacca blu cobalto e dei semplici pantaloni neri. Sotto la giacca non indossava niente, per modo di dire. Era coperto completamente, dalla cintura dei pantaloni fin sotto la mascella, da delle bende bianche, che non lasciavano intravedere neanche un solo centimetro di pelle. Ad adornare il tutto, un papillon nero legato al collo, mentre tra le braccia conserte, c'era un bastone da passeggio di legno nero, il cui poggiamano era una zampa di falco argentata che stringeva tra gli artigli una sfera trasparente.

Accanto a lui, c'era un altro insegnante, più basso e un po' più in carne, sulla settantina forse, anche se il suo sorriso smagliante gliene ne toglieva più del previsto. Aveva dei capelli brizzolati e il suo viso era ovale, segnato da alcune rughe, ma al cui centro spuntavano due occhi verde foglia. Indossava una camicia bianca, aperta ai primi 3 bottoni, e dei pantaloni neri. Le mani erano incrociate sotto il mento e facevano da appoggio. Sul dito medio della mano sinistra c'era un grosso anello d'argento, che si attorcigliava intorno al dito, formando un gufo dagli occhi neri.

L'uomo stava animatamente chiacchierando con un suo collega, un uomo che non avrà avuto più di venticinque anni. Il viso, dai tratti tipicamente giapponesi, esprimeva una dolce risatina, illuminata dai suoi denti perfettamente dritti e bianchi. I capelli neri erano lunghi fino alle spalle, con una ciocca viola appena dietro l'orecchio sinistro. Indossava un gilè nero di pelle, proprio come i pantaloni a vita bassa, sotto il quale lasciava intravedere la sua pelle abbronzata e il suo fisico scolpito. In contrasto con tutto il resto, c'erano gli occhi azzurro cielo, dal taglio a mandorla, leggermente nascosti dalla frangia. Al polso portava un cinturino di pelle, anch'esso nero, con sopra un braccialetto argentato, formato da due delfini che si intrecciavano tra di loro.

Accanto a lui c'era una donna, di non più di 20-25 anni, almeno per quanto ne dimostrava. Era bassa e molto magra, non particolarmente formosa, dai capelli biondo cenere molto corti, con una frangia che le copriva quasi interamente un occhio. Indossava un semplice vestito anni venti, senza maniche e lungo fin sopra i ginocchi, e interamente nero, il che le rendeva la pelle ancora più chiara di quanto già non fosse, cosa che le donava un'aria delicata. Portava degli orecchini, a forma sferica e grandi quasi come due palle di Natale. Le labbra piccole e a cuoricino e i grandi occhi ampiamente truccati, rendevano il suo viso simile a quello di una bambina curiosa, solo con un'espressione totalmente indifferente. Al collo portava un girocollo di velluto nero, al cui centro era legato un ciondolo dalla forma di un ragno d'argento, dalle lunghe zampe.

L'insegnante successivo era un uomo davvero molto affascinante, sulla quarantina circa, dalla pelle molto abbronzata, alto, muscoloso e...pelato. Non aveva neanche un capello sulla testa ma, insieme alla sua espressione perennemente imbronciata, alle sopracciglia inarcate e allo sguardo duro e glaciale, assomigliava ad un boss mafioso americano degli anni trenta. Gli occhi erano castano scuro e avevano un taglio sottile ma spesso, il che lo rendeva molto simile a un egiziano. Indossava una giacca e dei pantaloni neri e una camicia bianca, aperta ai primi quattro bottoni, così da lasciare intravedere il collo abbronzato e una minima parte del suo fisico asciutto, ma in particolar modo una lunga collana, il cui pendente, anch'esso in argento, aveva la forma di un ghepardo in corsa. L'uomo, senza distorcere mai la sua espressione visibilmente irascibile, stava discutendo con un altro insegnante alla sua sinistra, stringendo il calice di vetro che aveva in mano ogni qual volta interveniva qualcun altro nella conversazione, cosa che accadeva spesso.

L'uomo di fianco al pelato, seduto al centro preciso della tavola, era anche lui sulla settantina, dai corti capelli brizzolati tirati all'indietro. Era elegante e, anche sotto le rughe dell'età, si dimostrava giovane ma con un atteggiamento da signore. La sua altezza era quasi uguale a quella del pelato, solo che era meno muscoloso e non molto magro. Aveva dei profondi occhi blu cangianti al verde, misteriosi e austeri ma dall'aria vincente. Indossava una giacca nera da smoking e sotto una camicia bianca, con il colletto aperto, e portava una cravatta piuttosto originale: quattro strisce colorate di rosso, blu, celeste e verde una accanto all'altra, con dei ghirigori sopra. Guardava il pelato con un sorrisino sulle labbra sottili. Appena sotto la mandibola aveva una cicatrice lunga quasi quanto un dito, forse provocata da un taglio. Teneva le mani elegantemente poggiate sulla tavola, incrociate e ornate da quattro anelli, due sul medio e sull'anulare della mano destra e altri due nella stessa posizione sulla mano sinistra. Erano de semplici anelli argentati, con dei ghirigori intorno e delle pietre incastonate al centro. La prima sembrava un rubino, la seconda uno zaffiro, la terza uno smeraldo e la quarta un diamante. L'uomo, che Elise riconobbe come il preside, sedeva su una sedia molto più grande e maestosa delle altre. Una risatina isterica le fece distogliere lo sguardo e, prima di tornare a guardare il tavolo dei professori, diede un'occhiata agli altri studenti. Nessuno sembrava averci fatto caso.

La risata apparteneva a un uomo accanto al preside, sulla destra. Un uomo a dir poco..bizzarro. Elise non riuscì a distinguere nemmeno i la sua età o i particolari del viso, poiché questo era completamente coperto da della cipria bianca. Le labbra erano smisuratamente lunghe, con i bordi a ricciolo, ma non erano reali, perchè il rossetto passato su di esse formava una linea così lunga e discontinua che assomigliava più a una grande cicatrice insanguinata, che ad una bocca umana. Gli occhi erano truccati non solo sulle palpebre ma anche intorno alla linea dell'occhio. Il sinistro era dipinto a formare un trattino, o un meno, mentre il destro formava una 'x', entrambe nere. Tutto questo trucco esagerato era sbavato in alcuni punti, così da conferirgli un'aria spettrare da film horror. Indossava una giacca di pelle, lunga quasi fino a terra, e una maglietta nera con stampato sopra un asso di picche nero dai bordi bianchi. I capelli erano bianchi, tinti e tirati all'indietro con il gel, ma con qualche ciuffo volante che tornava davanti al viso, dandogli un'aria ancor più..pazza e animalesca. L'uomo, o meglio il clown, stava ancora ridacchiando in faccia al pelato, quando il preside si mise a borbottare qualcosa che fece azzittire e imbronciare ancora di più il pelato e ridacchiare ancora il clown.

Elise si soffermò un minuto in più a fissare quello strano soggetto e i suoi movimenti. Indossava dei guanti bianchi malridotti e sgualciti, che prima ad Elise erano sfuggiti. Stava rigirandosi tra le mani un calice vuoto di vetro, come un bambino che non aveva mai visto niente del genere. Ma la sua espressione riusciva a battere i suoi gesti delicati. Dura, fredda e insensibile. Uno sguardo nascosto ma abbastanza profondo da battere quello dell'uomo con il bastone da passeggio.

Elise rabbrividì istintivamente e distolse lo sguardo, posandolo sull'uomo accanto. Era davvero molto bello. Era molto alto, con dei capelli corti e di un biondo molto simile all'oro, aveva una leggerissima barbetta e dei baffetti biondi appena accennati e un corpo stupendo, infatti sotto il camice bianco che indossava, portava una maglietta nera che risaltava il suo fisico scolpito. Ma ciò che maggiormente colpì Elise fu lo sguardo. Intelligente, serio e profondo. Ma non profondo tanto per dire. Sembrava che dietro quelle pozze azzurre si nascondesse il segreto dell'universo o roba simile. O forse nascondevano soltanto un passato difficile, molto difficile, di quelli che ti segnano l'esistenza. Di quelli che ti portano non ad affrontare la vita, ma a sbranarla. Sembravano scrutarti dentro, fino al più profondo dell'anima. Da quegli occhi si poteva capire tutto e niente. Istintivamente Elise si ritrovò a pensare: ''Ma che cavolo ci fa un dio greco qui?''

Scrollò la testa per scacciare via quel pensiero, imbarazzata.

Accanto a lui, c'era una donna dall'aspetto a dir poco meraviglioso, con dei capelli neri lunghi fino alle spalle, mossi e con la frangia tirata indietro da un fermacapelli d'argento, con su sopra inciso una rondine in volo. Gli occhi erano truccati in modo molto preciso e semplice e le iridi erano di colore viola. Un colore sfavillante e troppo reale per appartenere a delle banalissime lenti colorate. Le labbra perfette erano rosse come un bocciolo di rosa e indossava un vestito blu elettrico, stretto in vita e scollato sulle spalle, con dei pantaloni neri e delle scarpe col tacco dello stesso colore.

Accanto a lei, all'ultimo posto della parte destra del tavolo, c'era un uomo sulla quarantina circa, dai capelli castani e scompigliati. Aveva dei baffi castani e un sorriso gentile e spiritoso. Indossava una giacca marrone, una camicia blu scuro e dei semplici pantaloni abbinati alla giacca. Era l'unico insegnante che sembrava un'insegnante. L'unica cosa che stonava era un anello che portava all'indice della mano sinistra, con sopra inciso un cavallo in corsa, ovviamente in argento.

Elise era ancora intenta ad osservare quell'uomo quando, a ridestarla dai suoi pensieri, ci pensò la campanella che stava suonando il preside, per attirare l'attenzione di tutti gli studenti, i quali tornarono in fretta al loro posto e stettero in silenzio, in attesa. Il preside si alzò in piedi, sorridendo, e iniziò a parlare, dando il benvenuto a tutti.

-Bentornati a tutti coloro che sono stati qui gli anni precedenti e benvenuti per tutti i nuovi arrivati che sono giunti da poco. Io sono il Preside Eoin Lush, della Downson Mind Academy. Per i nuovi arrivati, è bene che sappiate che questa non è una scuola come quelle che avete frequentato. Questa è un'accademia di poteri sovrannaturali ed io, che ne sono il preside, ho il piacere nonché il dovere di informarvi che questa è una scuola molto privilegiata e mi aspetto il massimo da tutti voi. Qui imparerete come gestire i poteri che da sempre sono nascosti dentro di voi, per poi sapere come meglio utilizzarli in futuro ma, soprattutto, per imparare a controllarli.- Un mormorio si elevò da tutti i novizi del primo anno, che venne puntalmente fermato dal preside.

-Silenzio. So che può sembrare strano o forse impossibile da credere, ma fidatevi se vi dico che nessuno, ripeto, nessuno di voi è stato ammesso qui senza una ragione. C'è un potere particolare in ognuno di voi e probabilmente anche molto talento. So che molti di voi mi renderanno orgoglioso, in particolar modo, se oltre a saper usare i vostri poteri, sarete in grado di controllarli. Fate attenzione. Questo è di vitale importanza. Ricordate: si può essere forti quanto si vuole o si crede, ma il potere non è nulla in confronto al controllo di voi stessi. La più grande forma di potere è il controllo. Vedete, la mente è una cosa molto delicata. Può vacillare, può spezzarsi, ma può anche diventare incredibilmente geniale, grazie alla volontà e all'allenamento. E' l'arma più potente che avete. E', per così dire, la base del vostro essere.- Seguì un momento di silenzio, durante il quale ogni dubbio che si era creato nella mente dei nuovi arrivati si dissolse come neve al sole.

-Attenzione, questa è una cosa della massima importanza.- proseguì il preside, ottenendo l'intera attenzione di tutti.

-E' severamente vietato a tutti infrangere le regole poste sui vostri poteri, che apprenderete durante le lezioni, naturalmente dai vostri professori.- disse il Preside Lush indicando l'uomo con il bastone da passeggio.

-Vi presento il professor Jack Blade, insegnante di Scienze Soprannaturali.-

Il signor Blade si limitò ad accennare con il capo, senza scomodarsi di cambiare posizione né espressione.

-Il professor Apple Quest, insegnante di Lingue Straniere.-

Il signor Apple, invece, fece un gran sorriso e salutò con la mano tutti quanti.

-Il professor Shiny Henge, insegnante ed esperto di Conoscenza delle Creature Soprannaturali.- disse il preside, indicando la rock star giapponese, che lanciò un paio di occhiolini per la sala.

-La professoressa Rajah Moons, insegnante ed esperta di Metamorfosi.- disse, indicando la biondina anni venti, che accennò con il capo, rimanendo indifferente.

-Il professor Imran Thaw, insegnante di Attacco e Difesa, nonché vicepreside dell'accademia.- e accennò al pelato, che in risposta alzò il suo sguardo freddo e intimidatorio verso l'intera sala, per poi rivolgerlo alla biondina anni venti, sussurrandole qualcosa.

-Il professor Hollow, insegnante di Conoscenza, Sviluppo e Controllo dei Poteri.- e indicò il clown, il quale in risposta si leccò le labbra, evidenziando ancor di più il suo terribile aspetto.

Elise distolse lo sguardo, per paura che quello del clown incontrasse il suo. Aveva una brutta sensazione riguardo a quell'uomo. Ma non sapeva perchè.

-Il professor Andrej Might, medico e insegnante di Medicina.- Al suo nome, il professor Might levò lo sguardo verso la sala, sfoderando un sorriso che lasciò parecchie ragazze senza fiato.

-La professoressa Daisy Brandly, insegnante di Letteratura.-

La donna dagli occhi viola sorrise dolcemente, rivolta a tutti i presenti.

-E infine, il nostro professore di Storia Soprannaturale, Henry White.- disse indicando l'ultimo uomo della parte destra del tavolo, che sorrise sotto i baffi prima di fare un cenno di saluto a tutti.

-Adesso, per i nuovi arrivati, è giunto il momento della Selezione degli studenti.-

E detto ciò, dalla porta principale, entrò il bidello, che spingeva un carrello portasacchi nero, con sopra un oggetto coperto da un telo marrone polveroso. Tutti gli studenti, o almeno quelli nuovi, lo guardavano stupiti e curiosi, chiedendosi cosa nascondesse.

Una vola giunto davanti al tavolo dei professori, il bidello lo posizionò con grande fatica a terra, in bella vista. Poi slegò dei laccetti ai lati dell'oggetto e ne tolse il telo, scoprendone un magnifico e antico specchio in legno di massello, sostenuto da due colonne finemente decorate a motivi floreali, che gli permettevano di ruotare su se stesso. Sulla parte più alta della cornice si ergevano due serpenti in bronzo che si attorcigliavano tra di loro e guardavano fisso verso la sala.

Il bidello lo sistemò per bene, in modo che non potesse cadere o spostarsi, e poi se ne andò, oltrepassando la sala e sparendo oltre la porta principale.

Il preside attirò di nuovo l'attenzione di tutti.

-Lo Specchio vi suddividerà in uno dei quattro Casati dell'accademia: Il Casato del Fuoco.- e indicò il tavolo dai bordi rossi. -Il Casato della Terra.- disse, indicando il tavolo dai bordi verdi. -Il Casato dell'Aria.- e indicò il tavolo dai bordi celesti, dove momentaneamente si trovavano Elise, Eve e Ruben. -E il Casato dell'Acqua.- disse, infine, indicando l'ultimo tavolo, quello con i bordi blu.

-Lo Specchio vi smisterà in uno di questi e, una volta finita la cena, verrete portati nei vostri Dormitori da uno dei professori. I vostri bagagli si trovano già nelle vostre camere. Bene, e ora diamo inizio alla Selezione!- annunciò, sorridendo a trentadue denti e accomodandosi al suo posto.

Tutti gli studenti guardarono lo Specchio, notando con grande stupore che il vetro cominciò a diventare bianco e a trasformarsi in acqua. La superficie si increspò, disperdendosi in onde bianche, ma senza far cadere nemmeno una goccia. Sembrava come se qualcuno avesse lanciato un sassolino nel latte. All'improvviso la professoressa Brandly si alzò in piedi e srotolò una lunga pergamena bianca, lasciando che i sigilli cadessero sul tavolo, accanto ai bicchieri.

La prima ragazza che fu nominata sull'elenco era una certa Rosie Aradel, una ragazza bassina con due lunghe trecce nere ai lati del viso che, titubante, raggiunse lo Specchio e, seguendo le istruzioni dei professore, vi mise una mano dentro, attraversando lo specchio come fosse davvero nient'altro che Acqua. La ragazza percepì un leggero pizzicorio sul braccio e quando si ritrovò a estrarre la sua mano dalla superficie di vetro liquido, notò uno strano tatuaggio sul palmo della sua mano destra. Era nero e aveva la forma di una fogliolina stilizzata. Rosie rimase scioccata da quello strano avvenimento, ma non appena il preside le indicò il tavolo dove era stata smistata, il tavolo dai bordi verdi del Casato della Terra, sentì un'insana gioia pervaderle dentro.

Seguì un notevole numero di ragazzi e ragazze che copiarono le stesse mosse di Rosie, ritrovandosi alcuni al Casato della Terra, altri a quello dell'Acqua, altri ancora a quello dell'Aria e infine alcuni al Casato del Fuoco. E gli studenti degli altri anni accoglievando ognuno di loro con un grande applauso e delle esclamazioni festose.

Fu, poi, il turno di Blake Beatifbeat, il ragazzo biondo del treno, che si diresse verso lo Specchio in assoluta tranquillità. Non riuscì a trattenere una risatina quando perpepì quel pizzicorio sul braccio e sembrò molto soddisfatto quando un piccolo uragano nero stilizzato venne marchiato sul suo palmo destro. Raggiunse il tavolo del Casato dell'Aria, quello dai bordi celesti, battendo i vari cinque che gli furono offerti e sfoggiando un sorriso vittorioso.

Dopo di lui venne chiamato anche un ragazzo dai capelli neri e con dei profondi occhi azzurri, che Elise potè giurare di aver già visto. Avanzava quasi con noia verso il tavolo dei professori e quando pose la mano destra, alla quale portava un anello argentato che avvolgeva tutto il suo indice, dentro lo Specchio, questo la spinse via quasi subito, smistandolo immediatamente nel Casato del Fuoco.

All'improvviso Elise si ricordò dove aveva già visto quel ragazzo e quell'anello: il treno. Era il ragazzo vestito di nero che, nel vagone ristorante, siedeva di fronte a quella ragazza dai capelli biondi.

Poco prima di dirigersi al tavolo con i bordi rossi, il ragazzo rimase un paio di secondi a guardarsi il palmo della mano destra, prima di infilarsela in tasca e prendere posto al suo tavolo.

Dopo di lui venne chiamato anche quel ragazzo dai capelli rossicci e gli occhi verdi, con il quale Elise si era scontrata in treno, che venne assegnato al Casato dell'Acqua. MaElise non riuscì a udire il suo nome.


 

-Eve Blossom.- Eve si alzò un po' titubante e quando arrivò davanti allo Specchio deglutì a vuoto e tese una mano in avanti, attendendo per un tempo che pareva infinito. Dopo il leggero solletico Eve ritirò la mano, scoprendo tatuato sul suo palmo destro un uragano stilizzato. Andò verso il tavolo del Casato dell'Aria con un dolce sorriso che cercò di tenere per sè.

-Ruben Viridian.- chiamò la professoressa Brandly e Ruben si alzò, avviandosi verso lo Specchio e tendendovi la mano, nervoso. Anche lui sentì quel leggero solletico e poco dopo, quando ritirò il braccio, notò che la figura stilizzata di una foglia era impressa sul suo palmo. Si guardò intorno per un po', finchè non vide i ragazzi del tavolo del Casato della Terra fargli segno di avvicinarsi, mentre alcuni di loro applaudivano. Ruben sospirò, con un leggero velo di tristezza nello sguardo. Guardò il tavolo del Casato dell'Acqua con un po' di rammarico e poi si diresse al suo, con un finto sorriso dipinto sulle labbra.

Dopo Ruben, un'altra studentessa venne chiamata. Una ragazza bassina, dai grandi occhi nocciola e i capelli castani, che ricadevano lisci lungo tutta la schiena. Tese la mano, ritirandola subito dopo con sopra incisa una fiamma stilizzata. Sembrava molto felice del risultato, la ragazza, che si diresse al tavolo dai bordi rossi con passo affrettato, rischiando quasi di cadere.

Altri ragazzi vennero chiamati, alcuni dei quali già visti sul treno, ma Elise non ci fece poi molto caso, chiedendosi a quale di quei tre Casati sarebbe stata smisata...


 

-..parrow...Elise Scarletsparrow.-

Era la terza volta che la professoressa Brandly la chiamava e quando finalmente la sentì, Elise scattò in piedi e, sotto gli occhi dell'intera sala, si diresse al tavolo dei professori, in silenzio. Una volta davanti allo Specchio diede un'occhiata a tutti gli insegnanti, notando con un po' di sollievo, che nessuno la stava guardando. O almeno era così per loro. Tuttavia Elise non aveva alcuna voglia di voltarsi e controllare. Scacciò mentalmente via tutte le paure inutili che si sentiva addosso e tese la mano allo Specchio, che la accolse fino all'avambraccio.

Era come toccare il fango o la cera liquida, solo che era vetro. Piuttosto strano, in effetti.

Chiuse gli occhi, godendosi il piacevole tepore che la inondava. A un tratto Elise strinse gli occhi e serrò il pugno della mano sinistra.

Un bruciore improvviso alla mano destra le fece sbarrare gli occhi. Al bruciore si sostituì immediatamente un dolore tremendo, così forte che sembrò volerle strappare le vene del braccio. Ma nonostante il dolore, Elise rimase immobile, come pietrificata. E quando cercò di allontanarsi lentamente dallo Specchio, questo si increspò, tirandola ancor più dentro di esso. Poi le onde del vetro si appiattirono, tornando allo stato originale. Il braccio di Elise venne finalmente liberato, come se nulla fosse successo.

Dopo il repentino cambiamento dello Specchio tutta la sala era rimasta completamente indifferente. Tutti gli studenti e gli insegnanti erano totalmente impegnati in chiacchiere vivaci e discorsi illuminanti.

Tranne il professor Hollow, che guardava non visto la scena con una nota di entusiasmo e sadico divertimento, e il vicepreside Thaw, che seguiva i movimenti di Elise con sguardo critico. Ansimante per lo spavento, Elise si guardò la mano, sentendosi la fronte madida di sudore. Sul palmo si stava formando una linea quasi invisibile, alla quale se ne aggiunse un'altra e poi un'altra ancora, formando una strana goccia, molto simile a un occhio. Al centro della figura c'era una goccia stilizzata con un ricciolo, intorno alla quale delle linee curve seguivano il suo movimento, divenendo parallele tra loro mano a mano che raggiungevano il polso. Era una composizione strana, che a Elise fece venire un brivido inconsueto.

Ma non ebbe modo di osservarla ancora, dato che questa sfumò all'improvviso, lasciando vivida solo la goccia stilizzata con il ricciolo, uguale a tutte le altre.

Dopo alcuni istanti di silenzio, Elise alzò lo sguardo verso il preside, notando che sia lui, che il vicepreside Thaw, che il professor Hollow, la stavano fissando. E poi, seppur ancora un po' impietrita, Elise raggiunse il tavolo dai bordi blu, dopo che il preside le fece cenno verso di esso con un sorriso.

La selezione durò ancora per un po', finchè l'ultimo studente non raggiunse il suo Casato e il preside fece un ultimo annuncio.

-Ed ora, la cena!-

E dodici camerieri entrarono nella Grande Sala, spingendo dei carrelli bianchi, con su sopra le più raffinate prelibatezze. C'erano arrosti, bistecche, porchette, salcicce, granchi, sushi, cozze, ostriche, mozzarelle e pomidori, pizze, hamburger, hotdog e 10 diversi tipi di patatine fritte. Per non parlare dei dolci. Uno dei carrelli ne aveva così tanti che sembravano dovessero cascare da un momento all'altro. C'erano persino delle composizioni floreali fatte con la frutta! E poi ancora formaggi, salumi, bruschette. C'era persino il cibo indiano e anche quello cinese. Bastò soltanto guardare quelle squisitezze, che già Elise sentì la confusione che l'aveva perseguitata da quando si era seduta scivolarle via di dosso, per fare spazio all'acquolina in bocca!

-Non mi resta che dire..Bon appétit!- disse il preside, che già si stava gustando con gli occhi un piatto di spaghetti al pomodoro. In un battibaleno tutta la sala si riempì di chiacchiere, risate e puro divertimento. Persino i professori cominciarono a chiacchierare animatamente tra di loro, tranne ovviamente alcuni.

Appena Elise vide un piatto stracolmo di cosce di pollo con contorno di patate al forno ben bruciacchiate e insaporite, non ci pensò poi molto prima di approfittarne, mossa dalla fame di quella mattina. Tutto quello che era successo poco prima sembrava essersi dissolto nell'aria. Mentre si prendeva una bella portata di patate la forno, Elise dette uno sguardo al tavolo dei professori, notando che lo Specchio era stato appena portato via dal bidello. Si voltò ancora, guardando la ragazza di fronte a lei. Una ragazza non troppo alta, bruna, dagli occhi castani e un sorriso simpatico. Aveva un'aria familiare..

-Me ne puoi passare un po'?- chiese, indicando il piatto delle patate. Elise annuì, lo prese e glielo porse. La ragazza se ne prese una buona parte, guadagnandosi un'occhiata scocciata dal ragazzo vicino a lei che, appena lei posò il piatto, lo prese stizzito portandosi nel suo il resto delle patate e posando il piatto il più lontano possibile da lei.

-Che carino..- sibilò lei, ma il ragazzo la ignorò, tornando a parlare con un suo amico.

-Sai, certa gente è proprio maleducata!- disse lei. -Io sono Ivy Blackbug. Piacere di conoscerti!- e le tese la mano.

-Elise Scarletsparrow.- disse Elise, stringendogliela.

-Hai viaggiato sul treno? Non ti ho vista.- chiese Ivy con circospetto. Elise, a differenza sua, si ricordò dove aveva visto quella ragazza. Il treno! Nel vagone ristorante!

-Io sì. Mi ricordo di te. Eri nel vagone ristorante con una ragazza bionda, dagli occhi azzurri.-

-Parli di Ameerah!- esclamò Ivy, dopo averci pensato un po' su. -Sì, era con me. Ma è finita nel Casato della Terra e non ci siamo più viste.- aggiunse lei, un po' malinconica.

-Sai qualcosa su questa scuola?- chiese Elise sottovoce. Ivy la guardò stralunata.

-Non hai sentito prima il discorso del preside?-

-Sì, ma volevo saperne di più. E' un'accademia di Poteri Sovrannaturali, no?- chiese Elise, che ancora non riusciva a crederci. Quando il preside l'aveva annunciato era rimasta senza parole, pensando che si trattava certamente di uno scherzo o roba del genere, ma era rimasta spiazzata alla vista dello Specchio e, non riuscendo a trovare una spiegazione logica, aveva deciso di restarsene zitta, cercando di credere alle parole del preside. Ma ancora faticava a pensarci.

-Sì.- rispose Ivy.

-E studieremo delle materie diverse da quelle delle scuole normali, giusto?-

-Sì.-

-E perchè abbiamo bisogno di questa accademia? Cioè, chi siamo noi?- chiese Elise, accennando a tutti gli studenti. Ivy finalmente capì quella domanda.

-Mi sono fatta la stessa domanda prima della cena. Ho chiesto a quel ragazzo.- rispose Ivy indicando un ragazzo a pochi posti lontano da loro, alto, dai capelli castani quasi biondi, gli occhi castani e un aspetto molto più grande della sua età. Era davvero molto bello.

-Non è carino?- chiese Ivy, con tono sognante.

-E che ti ha detto?-

-Cosa?..Ah! Ecco..Veramente non ricordo..- Non era difficile immaginare che Ivy era stata più attenta alla bocca che si muoveva del ragazzo, piuttosto che alle parole che vi fuoriuscivano.

-Quant'è bello!- esclamò Ivy, accennando al ragazzo di prima. Elise decise di lasciar perdere l'argomento e si concentrò sul cibo. In fondo avrebbero spiegato tutto i professori. O il preside. Elise non stette a rimuginarci più di tanto, dato che i morsi della fame si erano fatti sentire di più davanti a quell'appetitosa coscia di pollo speziata.

-Pancia mia fatti capanna!-


 

-..Vuoi smetterla di ingozzarti in quel modo?- chiese Ameerah, spazientita, ticchettando sul tavolo.

Il ragazzo di fronte a lei la guardò, con la bocca ricolma di dolce al cioccolato.

-Ho fame!- si giustificò lui, dopo aver inghiottito la torta. Da quando Ameerah era stata assegnata al Casato della Terra si era dovuta separare da Ivy, la sua migliore amica. E qual'era il risultato? Stare seduta davanti a un ragazzo che si ingozza come un maiale!

Ameerah fece una smorfia di disgusto quando Ruben, il ragazzo seduto di fronte a lei, addentò la crème brulée, che però gli cascò sul tavolo.

-Non hai un minimo di grazia!- disse lei, facendolo irritare.

-Ha parlato quella che si è ingoiata un'intera teglia di patate!- disse lui, corrucciando lo sguardo. Ameerah lo imitò, incrociando le braccia. Ma entrambi non fiatarono. Poi sospirarono in contemporanea, ripensando ai loro amici, dai quali si erano dovuti separare.

-Anche a te mancano i tuoi amici?- chiese Ameerah, vedendolo persino più abbattuto di lei.

-Sì.- confermò lui, voltando la testa verso gli altri tavoli. -..Una in particolare.- aggiunse.


 

-..Sei sicura di non volerne, Eve?- chiesero le due ragazze vicino a lei.

-No, grazie.- disse lei, in tono malinconico. Le ragazze scrollarono le spalle tra di loro. Le aveva appena conosciute e le erano simpatiche, però le mancavano tanto Elise e Ruben. Era stato un vero peccato che fossero finiti in Casati diversi. Però aveva saputo da quelle due ragazze, di nome Orlaith e Kate, che forse c'era possibilità di finire nella stessa classe. Eve lo sperò con tutto il cuore, dato che, anche se si erano conosciuti da poco con Elise e Ruben, già sentiva di esservi legata. Chissà cosa stavano facendo...

-Sicura? Sono muffin al cioccolato.- disse Kate, indicando quello già addentato che stringeva in mano. Kate era una ragazza di media statura, magrissima, dai capelli lunghi e neri e gli occhi sempre vacui, come se fossero costantemente annoiati. Orlaith annuì, con un gran sorriso. Quest'ultima era la ragazza del vagone ristorante. Quella dai capelli rossi, lo stile gothic e la maglietta degli Evanescence, solo che ora indossava la divisa. Aveva un aspetto più dolce e rassicurante di Kate, ma erano simpatiche entrambe. Eve voltò la testa, verso il tavolo di Elise, trovandola a ridere scherzosamente con una ragazza. Voltò di nuovo la testa, un po' abbattuta, e guardò il piatto dei muffin al cioccolato.

-Magari uno!-


 

-Perchè hai lasciato perdere?- chiese il vicepreside Thaw. Il preside Lush lo guardò, misterioso.

-Perchè non è ancora il momento.- rispose semplicemente il preside, versandosi un altro po' di vino. Il signor Thaw accennò a un finto sorriso.

-Hai sempre la risposta pronta, vero?- chiese il signor Thaw, più a se stesso che al preside.

-E' curioso che tu ancora non conosca bene il nostro amato preside, Imran.- disse il signor Hollow, intromettendosi nella conversazione con la sua voce enigmatica e dalle emozioni invisibili, mentre si rigirava il calice vuoto tra le mani.

-Thaw, per te.- sibilò il vicepreside, fulminandolo con lo sguardo.

-Come vuoi, non ti scaldare troppo.- rispose il signor Hollow, sorridendo, compiaciuto di averlo, come sempre, fatto arrabbiare.


 


 


 


 

Oh, ce l'ho fatta! Sono stanchissima...Questo capitolo mi è costato sangue, sudore e lacrime, visto che l'ho revisionato 3 volte...Spero che abbia dato i suoi frutti...

Sicuramente non riuscirò ad aggiornare prima di Natale, per cui.... Buon Natale a tutti! E Buon Capodanno!^^

Aspetto si sapere cosa ne pensate di questo chappy^^


 

Ringrazio chi legge, chi recensisce e mi da le sue opinioni^^, chi ha messo la mia storia tra le preferite, tra le seguite e tra le ricordate^^ grazie :)


 

A presto!


 


 

Eohl



 

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