Nella mia fine è il mio principio

di Lella Duke
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ancora lei ***
Capitolo 2: *** Menzogne ***
Capitolo 3: *** Finalmente insieme ***
Capitolo 4: *** L'addio ***



Capitolo 1
*** Ancora lei ***


Nella mia fine è il mio principio

Nella mia fine è il mio principio

 

 

Capitolo primo: Ancora lei

 

Un solitario raggio di sole era riuscito ad aggirare un fitto groviglio di rami e si era posato dolcemente sui suoi capelli color del miele illuminandoli e rendendoli ancora più rilucenti di quanto non fossero già. Camminavano stretti l'uno di fianco all’altra; lui si mosse per cercare la sua mano e poterla afferrare, ma soltanto quando abbassò lo sguardo si rese conto che quel gesto era già stato compiuto. Tutto ciò che vide era un unico intreccio di dita saldate le une alle altre e più tentava, meno riusciva a distinguere le sue da quelle della giovane donna che un passo dopo l’altro stava percorrendo quel viottolo di campagna insieme a lui.

Non una parola tra di loro, non un sorriso, non una lacrima; c’erano soltanto una sottesa gioia ed un’insperata consapevolezza di essere di nuovo insieme e tanto bastava ad entrambi. Ma come era potuto accadere? Era un sogno forse? No… non era un sogno… era realtà.

 

Due ore prima

 

Era una tranquilla mattina di sabato; l’estate era arrivata prepotentemente palesando la sua presenza con un clima torrido ed afoso. Bo e Luke Duke erano giunti di buon’ora nell’officina dell’amico Cooter per poter mettere a punto il Generale Lee in vista dell’abituale corsa su strada del giorno a venire. Era infatti un’usanza vecchia come la Georgia stessa indire gare automobilistiche ogni domenica mattina tra la fine della messa e l’inizio del pranzo. Generalmente non c’erano coppe o premi in palio, i giovani abitanti di Hazzard correvano soltanto per divertimento e per potersi vantare di fronte a chiunque di possedere l’auto più veloce dell’intera Contea. Inutile sottolineare come il Generale Lee si forgiasse ormai da anni di tale ambizioso titolo; dal momento stesso in cui aveva mosso i suoi primi pistoni, aveva iniziato a mietere un successo dopo l’altro divenendo croce e delizia di tutti i suoi rivali i quali, nel rispetto che si deve ad una vettura tanto bella e pressoché perfetta, guardavano a lei come ad una chimera da poter acciuffare in un futuro forse non troppo lontano. I cugini Duke amavano quel bolide arancione alla stregua di un famigliare e ne avevano una cura al limite del maniacale; era prassi quindi che ogni sabato mattina i due trascorressero ore ed ore aggiustando, coccolando e vezzeggiando quella macchina che si erano costruiti da soli e che tante soddisfazioni aveva loro regalato. Tuttavia il giorno seguente sarebbe stato il quattro luglio, un giorno di festa per tutti gli americani e per un’occasione del genere, a fine gara, il vincitore avrebbe ritirato un trofeo messo in palio da Boss Hogg in persona. Negli ultimi quattro anni il Generale Lee aveva trionfato sbaragliando la concorrenza ed anche stavolta i giovani Duke erano più che mai intenzionati a riportarsi a casa il premio finale.

Il buon Jesse non gradiva molto sapere che i suoi ragazzi corressero come folli a bordo della propria vettura, ma si sentiva talmente fiero di loro ogni volta che vincevano e gli piaceva così tanto la possibilità di vantarsi di fronte a Boss Hogg per il traguardo raggiunto, che un po’ di crepacuore in più non gli dispiaceva affatto. Trascorreva abitualmente i suoi sabato mattina insieme ai nipoti per supervisionare il loro lavoro; il Generale non tornava alla fattoria se prima Jesse non concedeva il suo benestare. Anche Daisy amava passare quelle particolari giornate in compagnia dei cugini, ma per lei i motivi erano ben altri. L’officina di Cooter si trovava al centro della piazza principale di Hazzard e da quella posizione si poteva vedere tutto ciò che accadeva nei dintorni. Era inoltre un luogo di passaggio molto frequentato dai pedoni e capitava praticamente sempre di incontrare qualcuno che si conosceva e poter ricavare qualche buon pettegolezzo.

Cooter, non avendo altre vetture che necessitassero delle sue amorevoli cure, stava aiutando i suoi amici alle prese con il Generale Lee, ma fu costretto a desistere quando una macchina si arrestò di fronte all’entrata della sua officina.

“In cosa posso aiutarla?” Esordì il meccanico accompagnando come suo solito le parole ad un sorriso gioviale e dirigendosi verso il nuovo arrivato.

“Ho paura che il motore abbia qualche problema considerando il rumore che emette!” Fu la risposta.

Un uomo dal piacevole aspetto e sulla trentina si era manifestato di fronte a Cooter. Aveva dei folti capelli corvini e due occhi che richiamavano il colore dell’ebano; non era eccessivamente muscoloso, tuttavia poteva vantare un fisico asciutto e longilineo. Ciò che più attirò l’attenzione del meccanico e della famiglia Duke al completo, fu senza dubbio il suo abbigliamento: giacca e cravatta e neanche una goccia di sudore sulla sua fronte malgrado la temperatura tanto elevata.

“Non dica altro! Diamo subito un’occhiata ed in men che non si dica risolverò il suo problema!” Proseguì dunque Cooter sollevando il cofano della macchina.

“Le sono molto grato! Per fortuna mia moglie mi ha costretto a passare per questa Contea. Se avessi proseguito dritto per la mia strada non avrei trovato città per almeno una cinquantina di miglia!” Disse l’uomo rilassando il volto per il sollievo.

“Posso chiedervi dove siete diretti?” Continuò ancora Cooter tentando di instaurare una conversazione con il forestiero.

“Ci stiamo recando ad Atlanta per assistere alla parata militare del quattro luglio. La risposta provenne dalla giovane donna che fino a qualche secondo prima sedeva ancora nella macchina e che ne era uscita subito dopo aver terminato quella frase.

Luke, il quale stava armeggiando sotto il Generale Lee, riemerse d’improvviso e si drizzò in piedi; lasciò cadere la chiave inglese che aveva tra le mani senza neanche rendersene conto ed iniziò a fissare quella figura femminile spuntata fuori dal nulla. Indossava un vestitino di cotone azzurro chiaro e a quanto poté giudicare doveva essere un po’ troppo grande perché le spalline le cadevano morbidamente sulle braccia e lei era costretta a tirarle su di continuo. Aveva dei capelli biondi che le occultavano la schiena per tutta la sua lunghezza, ma che le lasciavano il volto libero in quanto erano stati assicurati in un fermaglio alla base del collo.

Bo notò lo strano sguardo del cugino e l’espressione stupita ed incredula del suo volto; tentò di scuoterlo per un paio di volte richiamando la sua attenzione, ma Luke rimase con gli occhi fissi su quella donna ignorandolo completamente.

“Ecco il problema! Questo tubicino si è talmente consumato che ormai è da buttare! Esclamò ad un tratto Cooter.

“Può sistemarlo?” Chiese quindi il padrone della vettura.

“Certo! Al momento sono sprovvisto di questo pezzo, ma il negozio qui dietro l’angolo avrà senz’altro ciò che fa per noi!” Rispose Cooter.

“Vorrei accompagnarla se non le dispiace! Torno subito tesoro!” Disse poi l’uomo rivolgendosi alla moglie.

“Mi segua faccio strada! Concluse infine il meccanico allontanandosi dalla sua officina.

La giovane donna si appoggiò braccia conserte allo sportello della macchina; i suoi occhi scrutavano avidamente la piazza e tutti i passanti che le capitavano a tiro. Luke mosse dei passi incerti fuoriuscendo dall’oscurità dell’officina e si fermò ad un paio di metri dalla ragazza. Lei non aveva notato la sua presenza e quando si rese conto che qualcuno le si stava avvicinando, voltò il capo ed incrociò i suoi occhi con quelli di Luke.

Immediatamente le scivolarono le braccia lungo i fianchi ed il suo corpo fu scosso da un fremito di stupore; i suoi occhi divennero lucidi e nonostante avesse la bocca quasi completamente spalancata non emise una sola parola. Luke rimase tacitamente ad osservarla per diversi minuti, come a voler immagazzinare nella propria memoria ogni più piccolo particolare dell’aspetto di quella donna. Sollevò poi lentamente un braccio tendendolo verso di lei; la donna ripeté il suo stesso gesto e le loro mani si incontrarono di lì a poco aggrappandosi l’una all’altra.

“Rose…” Bisbigliò con un filo di fiato Luke.

 

 

Continua…

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Menzogne ***


Capitolo secondo: Menzogne

 

Quanto tempo era passato dacché i loro occhi si erano incontrati? Da quanto le loro mani si stringevano? Si trattava di secondi? O forse di minuti? Luke non sapeva rispondere a nessuna di quelle domande. Aveva perso completamente ogni capacità cognitiva; tutto ciò che contava per lui in quel momento, era sapere che la sua Rose gli era di fronte.

Stava scrutando attentamente quell’amato volto che per tanto tempo aveva potuto rivedere soltanto nei suoi sogni; l’espressione che vi era disegnata era la somma di un insieme turbolento di emozioni: stupore, gioia, commozione. Se avesse dato ascolto al suo primo istinto, l’avrebbe presa tra le braccia e l’avrebbe stretta forte a sé, le avrebbe accarezzato i capelli come usava fare in passato premendosi il suo volto sul petto e le avrebbe sussurrato parole rassicuranti. Quando scorse il nascere di timide lacrime nei suoi cerulei occhi, provò una stretta al cuore; la terra sembrò tremare sotto i suoi piedi… non aveva mai sopportato l’idea di vederla piangere. Fu allora, dopo quello che gli era sembrato un lasso di tempo indefinibile che trovò dentro di sé la forza di parlare rivolgendole l’unica domanda che gli era balenata per la testa dal momento stesso in cui aveva udito la sua voce: “com’è possibile che tu sia qui?”

“Io… io ho visto la base saltare in aria…” Fu la risposta di Rose.

E io ho visto esplodere l’ospedale militare…”

Non ci fu tempo di dire altro però: i due giovani udirono la voce di Cooter in rapido avvicinamento ed istintivamente lasciarono ognuno la mano dell’altra. Dall’angolo della strada comparvero spalla a spalla il meccanico ed il giovane uomo che lo aveva seguito il quale, una volta giunto di fronte all’entrata dell’officina, si mosse velocemente in direzione della moglie.

“Tesoro mi dispiace, ma quel pezzo di ricambio che ci occorre sarà disponibile soltanto oggi nel tardo pomeriggio. Saremo costretti a passare la notte in questa città, ma sta tranquilla ci rimetteremo in viaggio domattina di buon’ora e giungeremo ad Atlanta per tempo.” Esordì quindi posando una tenera carezza sulle gote di Rose.

La ragazza lo osservò smarrita per qualche istante; ebbe bisogno di ripetersi mentalmente ciò che il marito le aveva appena detto prima di afferrarne il senso. Non ebbe però modo di rispondere perché Cooter riprese la parola: “proprio di fronte a voi c’è l’unica pensione di Hazzard, non è un granché, ma penso che per una sola notte ci si possa accontentare!”

“Andrà benissimo, è proprio quello che fa per noi! Sarà meglio avviarci ora... ci rivediamo più tardi!” Concluse infine l’uomo salutando con un cenno della mano ed estraendo dalla propria vettura una valigia. Quindi si incamminò mano nella mano con la moglie verso la sua breve destinazione.

Rose si lasciò trascinare via quasi di peso; sembrava si stesse muovendo meccanicamente e di certo non aveva ascoltato una sola parola del breve scambio di battute che avevano avuto il meccanico e suo marito. Ebbe il tempo di voltarsi ancora una volta per guardare di nuovo Luke, dopodichè attraversò la piazza e scomparve all’interno di un vecchio edificio.

Bo si avvicinò esitante a suo cugino; aveva assistito ad una scena della quale non aveva afferrato il senso e voleva chiedere spiegazioni. Aveva visto Luke stringere la mano di quella ragazza e li aveva uditi scambiarsi qualche parola, ma la distanza non gli aveva permesso di capire cosa si fossero detti. Gli poggiò una mano sulla spalla e fu costretto a chiamarlo per nome un paio di volte prima di ottenere la sua attenzione. Luke sembrava come ipnotizzato, il suo sguardo fisso ed assente era un chiaro segnale che quella ragazza doveva averlo turbato.

“Hey Luke! Ma si può sapere che cosa ti prende?” Domandò quindi Bo.

“Niente… va tutto bene…” Rispose il giovane quasi come se si stesse risvegliando da uno stato di incoscenza.

“A vederti non si direbbe proprio! Vuoi dirmi chi era quella ragazza?”

Luke osservò il cugino per poi distogliere di nuovo lo sguardo e smarrirlo in un punto non ben definito del cielo: “due mesi fa più o meno ti ho parlato di Rose… ti ricordi?”

“Il giorno dell’incidente… e come potrei dimenticarmelo? Ma continuo a non capire! Cosa c’entra Rose?”

“La ragazza che è appena andata via… quella era Rose!

Bo assimilò quella rivelazione in silenzio; si voltò ad osservare l’entrata della pensione nella quale Rose era appena scomparsa dalle loro viste e poi guardò di nuovo Luke: “ma io credevo che… mi avevi detto che Rose era rimasta uccisa durante la guerra…”

“Lo credevo anche io, ma a quanto pare mi sono sbagliato. Non solo scoppia di salute, ma si è anche rifatta una vita…”

C’era stupore nella voce di Luke, ma in egual misura c’era anche un astio mal celato; com’era vero che non avrebbe mai più dimenticato la sensazione che aveva provato sfiorando di nuovo la pelle di Rose, era altrettanto vero che gli sarebbe rimasto impresso a vita l’odio istantaneo che gli era cresciuto dal niente al solo vedere quell’uomo alzare una carezza sulle gote della sua amata.

“Resterà qui fino a domani, perché non vai a parlarle?” Chiese quindi Bo credendo di interpretare i pensieri del cugino.

E cosa dovrei dirle? A cosa servirebbe incontrarla ancora? No, credo che sia meglio lasciare le cose così come stanno…”

Luke si voltò dunque e rientrò nell’officina recuperando la sua posizione sdraiato in terra sotto il Generale Lee. Bo lo seguì con lo sguardo e rimase ad osservarlo tacitamente; aveva percepito nitidamente il dolore e lo sconforto nella voce del cugino, avrebbe voluto consigliarlo ed avrebbe voluto sapere qual’era la cosa giusta da fare. Invece rimase in silenzio e, dopo qualche istante, lo raggiunse e continuò a prendersi cura del Generale proprio come stava facendo poco prima che arrivassero quei due forestieri.

Il cofano del bolide arancione si abbassò definitivamente nelle prime ore del pomeriggio. Jesse e Daisy si erano incamminati riprendendo la strada della fattoria già da qualche minuto e Bo e Luke seguirono di lì a poco il loro esempio. Dopo essersi accomiatati da Cooter, permisero al motore del Generale di emettere il suo abituale e famigliare rombo e guadagnarono la via di casa.

 

“Adam ti dispiace se scendo in strada a fare due passi? Da qui si vedono tanti negozi e mi piacerebbe fare un po' di compere!” La voce di Rose riempì il silenzio di quella piccola stanza d’albergo e raggiunse le orecchie del marito il quale sdraiato comodamente sul letto, al solo udirla le prestò immediatamente l’attenzione dovuta.

Perché dovrebbe dispiacermi? Vai pure, ma fai attenzione a non perderti, in fondo non la conosciamo affatto questa cittadina!”

Rose, affacciata in finestra, aveva visto Luke lasciare l’officina di Cooter soltanto da pochi minuti. Odiava mentire a suo marito, ma tutto si sarebbe aspettata dalla vita fuorché  ritrovarsi faccia a faccia con il fantasma di un passato che si era sforzata per tanti anni di dimenticare.

“Sta tranquillo, non mi allontanerò molto!” Disse infine Rose dirigendosi verso la porta della stanza ed afferrando la maniglia.

“A più tardi!” Concluse Adam rivolgendo alla moglie un sorriso stanco ed affondando la faccia nel cuscino.

Rose scese correndo la rampa di scale che le avrebbe riconsegnato la luce del giorno ed a perdifiato raggiunse l’officina di Cooter.

Il meccanico era seduto ad un vecchio e malridotto tavolo intento a sbrigare un po’ di corrispondenza, quando si accorse della presenza della ragazza. Il fiato grosso non le permise di parlare coerentemente per diversi secondi, ma quando finalmente i suoi battiti si regolarizzarono, si avvicinò a Cooter e gli afferrò entrambe le mani congiungendole con le proprie e formulando una vera e propria preghiera: “per favore… è molto importante… ho bisogno di vedere Luke, ho bisogno di sapere dove si trova… la prego signore mi aiuti, mi accompagni da lui!”

Cooter osservò la ragazza  con un misto di stupore e tenerezza; i suoi occhi lo stavano supplicando così come il tono della sua voce. Nella sua mente si erano già annidiate diverse domande, ma l’urgenza di quegli occhi lo fece desistere dal formularle; si alzò quindi dalla sua scrivania ed offrì il suo braccio alla ragazza. Rose sorrise quando si accorse che il suo desiderio sarebbe stato esaudito e lasciò che il meccanico la facesse accomodare nel suo carro attrezzi.

“Posso contare sulla sua discrezione con mio marito?” Chiese poi Rose improvvisamente.

Cooter si lasciò sfuggire un benevolo sorriso e poco prima di accendere il motore del suo ingombrante veicolo giallo rispose: “ci vorranno dieci minuti per arrivare alla fattoria dei Duke, considerando che sono le tre del pomeriggio ed io ho detto a suo marito che il pezzo di ricambio che vi occorre per la macchina sarà pronto per le cinque, se ci sbrighiamo saremo di ritorno senza che nessuno si accorga di niente!”

Rose sospirò per il sollievo; il suo senso di colpa nei confronti dell’uomo che dormiva da solo in una stanza della pensione cresceva ogni minuto di più, ma la voglia di rivedere Luke e di parlargli era ancora più grande. Aveva vissuto gli ultimi cinque anni della sua vita convinta di aver perso il suo grande amore ed ora che lo aveva ritrovato, quanto era vero che esisteva il paradiso, non se lo sarebbe fatto scappare di nuovo.

 

 

Continua…

 

 

 

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Capitolo 3
*** Finalmente insieme ***


Capitolo terzo: Finalmente insieme

Capitolo terzo: Finalmente insieme

 

Bo giunse sgommando di fronte alla fattoria e parcheggiò il Generale Lee, come era solito fare, affianco alla jeep di Daisy. Per tutto il tragitto il giovane aveva tentato di parlare con Luke, ma per tutta risposta aveva ricevuto in cambio solo un silenzio impenetrabile. Quando Luke si chiudeva a riccio in quel modo non c’era niente da fare; era sempre stato il più introverso e taciturno tra i due e gli anni passati in Vietnam avevano accentuato queste sue caratteristiche. Nonostante Bo fosse l’unica persona con la quale Luke sporadicamente si confidasse, se il giovane decideva di non parlare non c’era verso di fargli cambiare idea.

Spento il motore del Generale Lee i due cugini Duke scesero dalla macchina e si diressero l’uno verso il granaio e l’altro verso la stalla. Erano stati fuori tutta la mattinata e non si erano potuti dedicare ai lavori della fattoria, pertanto prima di sera avrebbero dovuto portare a termine le quotidiane mansioni; nel frattempo Daisy era intenta a stendere il bucato, mentre Jesse stava scaricando dal suo pick-up bianco le sementi che aveva acquistato in città e le stava sistemando con cura. Furono tutti e quattro sorpresi quando pochi minuti più tardi videro in lontananza il carro attrezzi di Cooter avvicinarsi a gran velocità. Bo si mosse verso Daisy la quale, con la cesta della biancheria tra le mani, stava anch'ella guardando in direzione dell’amico meccanico; ben presto furono affiancati anche da Jesse e da Luke. Con sommo stupore di tutti, Cooter non fu l’unica persona a scendere dal veicolo: Rose saltò giù dal carro attrezzi e con pochi passi si ritrovò rapidamente di fronte a Luke.

“Penso che tu mi debba delle spiegazioni tesoro!” La ragazza esordì con tono piuttosto alterato, aveva le mani poggiate sui fianchi ed il suo volto tradiva completamente il suo nervosismo.

“Né più né meno quelle che dovrai darmi tu… tesoro!” Luke le si era parato davanti incrociando le braccia ed assumendo immediatamente lo stesso atteggiamento fiero ed ironico della sua interlocutrice.

“Ho vissuto gli ultimi cinque anni della mia vita piangendo per te ogni dannatissimo giorno, poi di punto in bianco mi fermo in questa cittadina dimenticata da Dio e ti rivedo sbucare dal cofano di una macchina, mi dici cosa dovrei pensare?”

“Neanche io mi sono divertito molto negli ultimi anni, ero convinto di averti persa in quell’esplosione ed invece ti rivedo qui e per giunta felicemente accompagnata!”

“TI CREDEVO MORTO LUKE! Non puoi farmene una colpa se mi sono rifatta una vita!”

“E chi ti sta dicendo niente? Se tu sei felice di portarti appresso quel manichino che sembra uscito da un armadio pieno di naftalina, io sono felice quanto te!”

“NON TI PERMETTERE MAI PIU’ DI PARLARE DI ADAM IN QUELLA MANIERA!” Rose visibilmente alterata si avvicinò ancora di più a Luke e con un gesto rapido del braccio tentò di schiaffeggiarlo; Luke però le afferrò il polso stringendolo saldamente con la propria mano. I loro corpi si erano attaccati l’uno all’altra; Rose riusciva a sentire il respiro di Luke sul proprio volto, l’odore del suo dopobarba le aveva invaso le narici ed i suoi occhi erano irrimediabilmente persi nei due zaffiri che aveva di fronte, la cui intensità non era stata intaccata dal trascorrere degli anni. Luke allentò la presa con la quale aveva bloccato il colpo che la ragazza aveva tentato di infliggergli. I suoi capelli erano cresciuti notevolmente dall’ultima volta che l’aveva vista; sapevano di buono, sapevano di pulito. La sua bocca leggermente dischiusa sembrava stesse reclamando una promessa spezzata improvvisamente cinque anni prima.

Non potendo più resistere all’urgenza di quello sguardo, Luke afferrò con il braccio libero la schiena di Rose all’altezza della vita e si chinò su di lei chiudendo gli occhi ed assaporando finalmente quelle labbra frementi che attendevano soltanto di essere catturate. Mille emozioni accompagnarono quel gesto… mille pensieri affollarono istantaneamente le menti dei due giovani, ma una sola certezza si fece largo prepotentemente nei rispettivi cuori: c’era ancora amore nell’aria, era innegabile.

“Mmh… Luke ragazzo mio, detesto interromperti in un momento come questo, ma prima che mi venga un infarto… mi vorresti spiegare cosa sta succedendo qui? SBAGLIO O QUELLA RAGAZZA E’ SPOSATA?” Il vecchio Jesse era un conservatore incallito ed aveva cresciuto i suoi nipoti a pane e Bibbia; sotto quel cappello rosso che aveva sempre in testa c’erano elencati chiaramente uno ad uno, tutti e dieci i comandamenti. La sua reazione all’incontro dei due giovani quindi non si fece aspettare più di tanto. Luke e Rose, a malincuore, si staccarono l’uno dall’altra ed osservarono l’ignaro pubblico di quattro persone che li stava fissando a bocca aperta.

“Zio Jesse, Bo, Daisy, Cooter… vi presento Rose…” Disse quindi Luke avvicinandosi di qualche passo al gruppetto.

Nei successivi minuti i due giovani tentarono al meglio di riassumere in breve la loro storia: da come si erano conosciuti a come si erano persi di vista. Si erano seduti entrambi sui gradini che davano accesso al portico della fattoria ed avevano mantenuto costantemente le mani saldate le une alle altre.

“Perché non ci hai mai raccontato niente di Rose?” Chiese Daisy al termine del racconto.

“Ormai mi ero rassegnato ad averla persa per sempre… era una storia passata, non c’era motivo di ritirarla fuori.” Fu la risposta sincera di Luke.

“Neanche io ho mai parlato di te con nessuno, neppure mio marito sa niente di te.” Intervenne quindi Rose.

“A proposito di tuo marito, che cosa gli hai raccontato per essere libera di venire fin qui?” Domandò poi Bo ricordandosi improvvisamente dell’uomo giunto ad Hazzard insieme alla ragazza.

“Era molto stanco e si è messo a dormire, gli ho detto semplicemente che uscivo a far due passi.”

“Tesoro, forse faresti meglio a tornare indietro prima che si insospettisca troppo e che inizi a cercarti!” Disse ancora Daisy regalando a Rose uno sguardo carico di comprensione.

“Tra poco, ma non ancora… ho bisogno di rimanere ancora un po’ insieme a Luke… hai voglia di fare due passi?” Chiese infine Rose rivolta al giovane.

“Certo… andiamo!” Fu la semplice risposta di Luke.

 

Non avevano una meta precisa, né si stavano preoccupando di dove sarebbero arrivati; fosse dipeso da loro avrebbero potuto camminare per ore e non avrebbero sentito la benché minima stanchezza. Avevano disceso la collinetta adiacente la fattoria e stavano percorrendo un fitto sentiero alberato che li avrebbe condotti ad un piccolo ruscello. Luke scrutava il volto di Rose come a volerne coglierne ogni singola espressione, ogni minimo mutamento; tra l’incredulità crescente e la gioia immensa che gonfiavano il suo cuore oltre ogni misura, vi era anche tanta voglia di sapere: sapere cosa ne era stato della sua vita dopo la loro separazione, cosa aveva fatto lei subito dopo l’esplosione che li aveva allontanati l’uno dall’altra; voleva sapere di Adam, se Rose lo amava, ma soprattutto su lui amava lei, voleva sapere se insieme erano felici. Ed invece non disse niente, continuò a camminare, a guardarla ed a sorriderle ogni volta che incrociava i suoi occhi.

Giunti davanti al ruscello furono costretti a fermarsi; si voltarono quindi ritrovandosi di nuovo l’uno di fronte all’altra. Rose allora in un impeto di passione afferrò anche l’altra mano di Luke e lo tirò con forza a sé. I loro corpi iniziarono a muoversi e a vibrare contemporaneamente al solo sentire tanta vicinanza. Luke cinse il volto di Rose con entrambe le mani ed abbassò il capo andando ad afferrare le sue labbra con le proprie. A quel contatto Rose dischiuse la bocca domandando tacitamente il permesso per rendere quel bacio più profondo e la risposta di Luke arrivò immediata. Le sue mani lasciarono il volto di Rose e si spostarono sulle sue spalle prima, sui suoi fianchi poi e si fermarono infine sulla sua schiena.

“Non possiamo farlo Rose, tu ormai sei una donna sposata!” Disse Luke interrompendo il bacio e costringendo la giovane a guardarlo.

“Lo so, ma ho bisogno di te… ho bisogno di sentire ancora una volta la tua pelle sulla mia…”

“E’ sbagliato…” Sussurrò ancora Luke iniziando però a rivolgere tutte le sue attenzioni al collo di Rose.

“Sarà pure sbagliato, ma il tuo corpo non la pensa così…” Concluse infine la giovane lasciandosi scivolare in terra e portandosi dietro il suo amante.

I loro corpi si muovevano seguendo lo stesso ritmo; Luke sapeva come usare le sue mani e ciò che più gli stava a cuore era soddisfare il desiderio della ragazza che giaceva sotto di lui e che si dimenava come un animale in trappola ad ogni suo tocco.

Fu un’unione appassionata e fortemente voluta da entrambi… fu piacere allo stato puro… fu amore…

 

 

Continua…

 

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Capitolo 4
*** L'addio ***


Capitolo quarto: L’addio

Capitolo quarto: L’addio

 

Distesi con la schiena poggiata sulla nuda terra. Corpi madidi di sudore avvinghiati l’uno all’altra come a voler trattenere il più a lungo possibile sensazioni credute perse e ritrovate nell’arco di pochi istanti. Respiri affannosi e cuori che battevano all’impazzata. Questo era ciò che rimaneva di una passione consumata in fretta e senza pensare alle conseguenze di un simile gesto. Rose giaceva immobile con la testa delicatamente poggiata sul petto di Luke; con un braccio circondava la vita del ragazzo mentre la sua mano era ancora impigliata tra le dita del suo amante. Luke aveva avvolto Rose nel suo caldo abbraccio ed in quella posizione si era ritrovato la sua bionda e morbida chioma a solleticargli le narici.

“Non ho mai dimenticato il profumo dei tuo capelli.” Disse improvvisamente quando avvertì finalmente il suo respiro divenire regolare.

“E io non ho mai dimenticato il sapore delle tue labbra. Disse Rose aprendo gli occhi per un istante.

Luke aumentò la morsa del suo abbraccio e sollevando leggermente la testa posò un bacio sulla fronte della ragazza.

“Lukas io… Io non lascerò mio marito.” Riprese Rose dopo un breve silenzio.

“Lo so.”

“Domani mattina me ne andrò e probabilmente non tornerò mai più.”

“So anche questo.”

“Non sarebbe dovuta andare così, se non ci fossimo mai separati adesso staremo insieme. Aggiunse ancora Rose lasciando trapelare tutto il proprio rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere ed invece non era stato e sollevando la testa guardò Luke negli occhi.

“Evidentemente non era scritto nel nostro destino. Rispose tristemente Luke accarezzando con il dorso della sua mano le gote della giovane.

“Sai una cosa? Quando stamattina ci si è guastata la macchina e ci siamo resi conti che Hazzard era la contea più vicina a noi, ho insistito io per venire fin qui a cercare un meccanico. La mia intenzione era quella di trovare la tua famiglia e porgere loro le mie condoglianze… non è buffo? Se anche non ti avessi rivisto dal tuo amico Cooter, ti avrei comunque incontrato a casa tua.”

“Già è davvero esilarante!... A quanto pare il fato si è divertito parecchio con noi!” Fu la risposta sarcastica del ragazzo.

Rose si lasciò di nuovo cadere sul petto di Luke; respirò ancora profondamente l’odore della sua pelle con il desiderio di riempirsi i polmoni anche per i giorni a venire ed assaporò quella sensazione di pace e di amore che solo lui era stato in grado di farle provare, con la speranza di colmarsi il cuore per gli anni che ancora aveva di fronte.

Un fugace sguardo all’orologio e Luke si rese conto che purtroppo il tempo a loro disposizione stava per finire; a malincuore quindi richiamò l’attenzione di Rose con una carezza sulla schiena un po’ più vigorosa delle altre e la invitò ad alzarsi. Rivestirsi ad andarsene via era l’ultima cosa che la giovane avrebbe voluto fare, ma sapeva bene che suo marito la stava aspettando, tanto più che non sospettava assolutamente nulla e se non l’avesse vista rientrare nella pensione a breve, si sarebbe di certo preoccupato; non potendo fare altrimenti dunque, si staccò dal corpo di Luke e si alzò in piedi.

I due si incamminarono di nuovo lungo il sentiero che li avrebbe ricondotti alla fattoria; la tristezza che riempiva i loro occhi era palese, il dolore che albergava nei rispettivi cuori era tangibile. Sapevano entrambi che soltanto pochi minuti ancora li separavano da quello che sarebbe stato un addio definitivo. Nessuna delle domande che Luke avrebbe voluto rivolgere a Rose era stata formulata, ma a quel punto non aveva più importanza; c’era ancora soltanto qualcosa di non detto tra di loro ed era arrivato il momento di tirarlo finalmente fuori: “ti amo Rose… ti ho sempre amata tanto!” Disse Luke abbassando lo sguardo e stringendo di più la mano della giovane.

“Ti amo Lukas!” Fu la risposta che Rose pronunciò regalando un triste sorriso al ragazzo.

 

La notte era ormai scesa e l’oscurità aveva avvolto la fattoria dei Duke con la sua coltre nera; la luna luminosa e alta nel cielo sembrava farsi beffe di Luke apparendo così bella e grande. Se Rose fosse stata accanto a lui in una serata del genere, l’atmosfera e la cornice sarebbero state assolutamente perfette, ma godere di tanta grazia offerta da madre natura completamente solo, faceva perdere fascino persino alla luna.

Luke era sdraiato sul fieno all’interno granaio; le braccia incrociate dietro la testa a fargli da cuscino. Erano ore ormai che ripercorreva mentalmente tutta la giornata appena trascorsa; rivedeva continuamente l’amato volto di Rose e riusciva ancora a sentire il calore del suo corpo contro il proprio. Quando erano arrivati di fronte alla fattoria, avevano trovato Cooter già seduto al posto di guida del suo carro attrezzi. Era seguito un rapido saluto a Jesse, Daisy e Bo ed infine Rose si era voltata un’ultima volta verso Luke. Il giovane le aveva preso il viso tra le mani e le aveva posato un bacio sulle labbra; Rose aveva risposto a quel bacio lasciando che prevedibili lacrime solcassero le sue gote. Solo il tempo per un ultimo abbraccio e poi, così come era arrivata, se ne andò via per sempre.

“Pensi di passare la notte qui dentro?” La voce di Bo si fece largo sommessa dal retro del granaio.

“Tra poco rientrerò in casa, non ti preoccupare!” Rispose Luke mantenendo gli occhi serrati.

“Ti dispiace se rimango a farti compagnia?”

Se proprio non hai niente di meglio da fare…!”

“Ti va di parlare un po’?” Aggiunse ancora Bo sedendosi accanto al cugino.

“Non c’è niente da dire Bo… se n’è andata… e questo è quanto. Sospirò Luke sollevandosi lentamente e voltando il viso in direzione del giovane.

“Non c’è bisogno che ti chieda cosa avete fatto oggi pomeriggio, vero?” Proseguì Bo iniziando a tormentarsi distrattamente le dita delle mani.

Luke rimase qualche istante in silenzio tentando di trovare le parole giuste che gli sarebbero occorse per formulare la sua risposta: “Non avrei dovuto permettere che accadesse…” Disse poi.

Bo non ebbe bisogno di ulteriori conferme a quello che era stato da subito il suo primo ed unico sospetto; allungò un braccio e circondò affettuosamente le spalle del cugino tentando di trasmettergli così tutta la sua comprensione ed il suo appoggio incondizionato.

Sei pentito?” Chiese dunque.

“C’è rimpianto, c’è rimorso, ma pentimento no!

“Già! Forse alla fine di tutto, questa era l’unica conclusione possibile…”

“Che vuoi dire?” Chiese Luke profondamente incuriosito dalla frase di Bo

“Beh!... Voglio dire che peggio di così non potresti stare e considerando che ti sei inflitto il colpo di grazia da solo, d’ora in poi non potrai far altro che sentirti meglio… un po’ alla volta è chiaro. Ci sono dei momenti della vita che, se non tocchi il fondo, non puoi iniziare a risalire e forse questa è la volta buona che riesci realmente a toglierti Rose dalla testa. In fin dei conti oggi hai scoperto che, al contrario di ciò che credevi, è sopravvissuta e si è rifatta una vita… nonostante tutto lei è andata avanti… ora tocca a te!”

Per la prima volta da quando avevano iniziato quella breve conversazione, Luke si lasciò sfuggire un debole sorriso: “ma da quando sei diventato così saggio?” chiese poi ampliando la portata del suo sorriso.

“Ho avuto un buon maestro!” Disse Bo rispondendo apertamente a quel sorriso e strizzando gli occhi con fare benevolo. “Sai che ti dico? Sarà meglio andarcene a dormire o domani avrai tanto di quel sonno da non riuscire a guidare e per la prima volta in quattro anni il Generale Lee non si aggiudicherà il trofeo del quattro luglio!” Continuò poi alzandosi in piedi e trascinandosi dietro il cugino di peso.

“Grazie!” Sussurrò Luke iniziando il breve tragitto verso l’entrata della fattoria.

“Di niente!” Rispose Bo camminandogli di fianco.

Poco prima di richiudere la porta alle sue spalle, Luke si soffermò qualche altro istante ad osservare la luna così come aveva fatto tante volte in passato con Rose al suo fianco. Di sicuro le parole di Bo lo avevano rincuorato e nel profondo dentro di sé sapeva che il cugino aveva ragione. Tuttavia non era così ottimista come Bo e sapeva per certo che di notti tristi come quella ce ne sarebbero state tante altre. Si era chiesto spesso se un cuore già infranto potesse rompersi di nuovo… la risposta era si… adesso lo sapeva…

 

 

I fell out of her eyes                                                            Sono caduto dai suoi occhi

I fell out of her heart                                                          Sono caduto dal suo cuore

I fell down on my face                                                        Sono caduto giù di faccia

I tripped and I missed my star                                            Sono inciampato e ho perso la mia stella

I fell and fell alone…                                                         Sono caduto e sono caduto da solo…

 

 

 

Fine

 

 

Il brano che ho inserito alla fine di questo capitolo l’ho estrapolato da “The moon’s a harsh mistress” cantata da Tom Wopat (Luke). La canzone in questione è quanto di meglio possa chiedere un cuore sensibile: un testo incredibilmente dolce valorizzato dall’armonia di un pianoforte e da un delirio di violini che entrano in scena con la seconda strofa. Assunti lapidari che toccano l’anima per la loro semplicità.

Vi sembro un po’ di parte nel descrivere questa canzone? Scusate, ma è più forte di me! Semplicemente l’adoro!

Allora che ne pensate della mia storia? Vi è piaciuto il seguito di “Rose”? Spero di ricevere molte opinioni al riguardo mi raccomando!

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