Jewel box of sadness.

di whitevelyn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incipit. ***
Capitolo 2: *** Finchè non ti avrò baciata, Davi. ***
Capitolo 3: *** Così dimmi, quando mi senti cadere. ***
Capitolo 4: *** Scatti. ***
Capitolo 5: *** Semafori rossi. ***
Capitolo 6: *** Solo un secondo. ***
Capitolo 7: *** Io ti dirò che mi dispiace. ***
Capitolo 8: *** Noi due non cadiamo come le foglie. ***
Capitolo 9: *** Pesci rossi suicida. ***
Capitolo 10: *** A far l'amore a Montparnasse. ***
Capitolo 11: *** Con gli occhi chiusi le torni in mente. ***
Capitolo 12: *** Tu dormi ancora. ***



Capitolo 1
*** Incipit. ***


ANGOLINO DELL'AUTRICE
Le vicende di tre vite che s'intersecano, di tre vite che si amano, tre vite che si odiano.
Tre sensibilità effimere, artistiche, assenti, ma sempre estreme.
Raccontate attraverso una narrazione atipica ed un po' astratta, un'atmosfera onirica ed un tempo psichico, spirituale e bergsoniano, volto a raccontare i minuti di un cuore, piuttosto che quelli segnati dalle lancette di un orologio. Tante scheggie di una storia vasta e dilatata come il mondo. Tre prospettive chiuse in una soltanto.
Demon, Jess e Davi, osservati dall'alto di un occhio magico e distante, divino ed onniscente. Demon, Jess e Davi che invece a volte s'impongono e ci fan sentire le rispettive voci, i rispettivi pensieri, le rispettive impressioni. Una raccolta sperimentale, diversa da tutto quello in cui fino ad ora mi sono cimentata. Un capriccio, una vanità ed anche un bisogno.
Ancora due note prima di quello che potrete considerare un incipit:
i personaggi di Demon e Davi sono vagamente ispirati a quelli descritti in "Luminal" da Isabella Santacroce;
ogni capitolo sarà preceduto da un'immagine che vuole suggerire la sua ambientazione e dall'indicazione per una colonna sonora, che vi consiglierei di utilizzare come accompagnamento durante la vostra lettura.
Buon divertimento.
Enjoy your sadness.




Angeles-Elliott Smith


Davi?
Dove sei?
C'è qualcosa che ancora ricordi di me in questa città?
Penso sempre a quando eravamo più piccoli e più intelligenti e meno complicati.
A quando Demon non c'era e non ti aveva cambiata. E non ti aveva portata via da tutti i nostri luoghi.
Ma tu sei sempre un angelo, qui dentro, qui nella scatola dei ricordi.
Eh Davi? Tu lo sai che sei stata un angelo. Sai sempre tutto e ti tieni tutto per te, tranne qualche volta. Te lo ricordi, Davi?
Come la volta che mi hai detto di non toccare le ali alle farfalle, perchè sopra c'è una polverina e se quella se ne va, le farfalle poi crepano.
Anche tu sei una farfalla, Davi. Anche tu hai la polverina, Davi. E da quando lo so, da quando mi hai raccontato quella cosa sulle ali delle farfalle, io prego sempre che non debba crepare anche tu. E che quella stronza di Demon, non si dimentichi di te, che non ti abbandoni nel cesso di un autogrill.
Davi, tu non parli mai. Davi, la tua voce la conosco solo io.
Davi, ormai chissà se ti rivedrò.
Davi, ormai che da quella notte non ci siamo più stati, passo tutto il mio tempo a trovare tutto quello che hai perso.
I tuoi capelli impigliati alle chiavi della mia chitarra, e tra gli intrecci dei miei maglioni. Le conchiglie bianche di quel pomeriggio in Grecia. Il tuo rossetto preferito, che hai cercato per una settimana intera e lo sai dov'era finito? no, tu non lo sai Davi.
Davi?
Dove sei?
E come fai, come fai, a vivere?
Sei partita senza il tuo rossetto.

Jess, Davi ti assomiglia.
Mi ha raccontato di quando a sette anni avete deciso di mescolarvi il sangue.
Ma tu lo sai, com'è che racconta le cose lei. Te le dice e basta, così, incendiando il silenzio. E poi, non ti dice più un cazzo per due ore.
Jess, io l'amore non so che cos'è, nè se esiste. Però Davi a te ti ama.
Te lo ha mai detto? Forse no, perchè lei, sono più le cose che non dice.
Però Davi ti ama, perchè quando dice qualcosa, da quando siamo in viaggio, centri sempre tu.
L'altro ieri a colazione ha detto che hai un tatuaggio sulla nuca, che è fatto a forma di serratura, perchè lì, tu hai la porta dei sogni, e così ho capito cos'è quella chiave che ha marchiata lei nello stesso posto. E ho capito che tutta quella immensa parte della sua vita io non gliela potrò mai strappare via.
E io ti odio Jess, per essere venuto prima di me. Per esserci stato quando lei non sapeva dove fossi, dove esistessi.
Ti odio Jess, perchè lei è calda solo perchè tu l'hai bruciata.
Ti odio Jess, perchè le hai rovinato la vita.
Ti odio invano mentre lei è tua per sempre.

Demon è buona con me. Mi prende sempre la mano prima di andarsene da un'altra parte.
Non lascia mai che io mi perda tra la gente o in mezzo ai grattacieli.
C'è qualcosa che le si è rotto dentro e lei non ha mai funzionato bene, lei non fa tic tac. Fa sempre solo tic, o sempre solo tac.
E' come se l'avessero urtata e le fosse precipitato il cuore dal petto verso l'intestino, e come un vaso in ceramica Ming si fosse schiantato e sfracellato in migliaia di scheggie.
Anche senza cuore, con me è buona lo stesso.
E poi è bella quando si guarda allo specchio.
Però Jess, nemmeno lei, e nessuno, è più bello di te.
Se fossi qui insieme a noi oggi vedresti le luci di Las Vegas, perchè Demon è come le gazze ladre, ipnotizzata dalle luci.
Lei non se ne accorge, ma va sempre dalla parte delle luci. Avrei voglia di dirglielo ma poi sarebbe brutto non farle sapere il perchè, ed il perchè io non glielo vorrò dire mai, perchè è un fatto proprio tanto triste. Non voglio che Demon sia triste.
Se fossi qui con noi oggi, Jess, lo direi a te.
Lo sai Jess? Lo sai perchè Demon va sempre dalla parte delle luci?
Perchè Demon è nera, tutta tutta nera dentro, e se non va dalla parte delle luci, lei non si vede più, lei svanisce.
Tu Jess eri lilla mistero. E mi manchi, ma non ti puoi avvicinare.
Demon ha una calibro 8 mm nella sua pochette, ti sparerebbe senza guardare.

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Capitolo 2
*** Finchè non ti avrò baciata, Davi. ***




Let go-Frou frou


Chi l'ha detto che in California non ci sono persone tristi?
Davi è triste, le onde non finiscono mai.
Demon è andata a comprare il latte, l'ha lasciata lì sulla sabbia in mezzo ai gabbiani.
Quando tornerà, Demon lo sa, Davi non si sarà spostata di un centimetro, sa anche che i suoi pensieri invece avranno viaggiato attraverso i tramonti, fino a riuscire a scorgere gli occhi di Jess. Demon getta il cartone del latte dentro al cestino di plastica ed è come carta vetrata sulla pelle, quella sensazione di Davi e Jess, che riescono a guardarsi lo stesso, scavando l'orizzonte. Quella sensazione che è un assioma e che son due sguardi chiusi l'uno dentro l'altro, come due segmenti dello stesso telescopio.
Insopportabile prurito addosso. Insopportabile impressione di avere un cuore, mentre fa crack.

Jess?
Ho la testa piena di luce.
Correvi quel giorno sulla riva con i jeans arrotolati alle caviglie, ma non era la California, quella.
Essere felici come lo siamo stati noi, Jess. Costringe a lasciare certe frasi a metà.
Avevi vent'anni quel giorno e candido come nessuno che io ricordi, ma forse perchè non ricordo nessuno oltre te, in mezzo ad un sorriso mi hai detto perchè non ci sposiamo.
Avevo ancora i capelli che sgocciolavano sul pavimento della chiesa, quando sono diventata tua moglie, a Lindos, dopo aver cercato conchiglie bianche e senza macchie sul fondo del mare.
Che cosa pensi Jess?
Demon pensa che stanotte dormiremo in camper con un gruppo folk di cui non ricordo il nome.
Io penso che voglio un pesce rosso per chiamarlo Kurt Cobain.
Ma essere felici come lo siamo stati noi, Jess, è pericoloso. Poi hai bisogno di pensare a qualcosa per il resto della vita.
Poi il resto della vita lo fai passare.
Linda, la proprietaria di un bad and breakfast in cui abbiamo alloggiato per un paio di notti la settimana scorsa, mi ha detto che ogni volta che sorrido le faccio venire voglia di piangere.
Mi ha detto che le ricordo sua figlia che non sa che fine ha fatto, che un giorno se ne è andata dalla Louisiana ed aveva solo diciassette anni.
Allora poi lei è venuta in California, perchè è qui, in California, che le persone vengono quando hanno perso qualcosa.
Demon ad esempio ha perso un treno, non gli ho ancora chiesto diretto per dove e chi avrebbe dovuto incontrare. Riesco ad immaginare soltanto me ad aspettarla fuori dalle porte automatiche del treno. Con i capelli bagnati come quel giorno che sono diventata tua moglie, ma per via della pioggia.
Chissà dove si trova adesso la figlia di Linda. Un giorno magari mi capiterà di incontrarla ad uno di quei festival in cui tutti si ubriacano, e si portano anche i cani, e c'è tutto fango intorno, e non saprò che sarà lei. Così non potrò mai dirle di non tornare a casa, perchè la troverebbe vuota.
Non tornerò mai a Ginevra, Jess.
Demon è tornata e mi ha comprato anche un pacchetto di orsetti gommosi, quelli che hanno il sapore del sapone da bucato, me lo allunga tra le mani sperando che io la baci, ma come sempre io non ci penso neppure.

"C'era un tizio al drugstore dietro l'angolo, con un occhio di vetro.
Mi ha chiesto a quanti anni credo che morirò. Gli ho detto che non accadrà, finchè non ti avrò baciata, Davi."

"Allora vivrai per sempre, Demon."

Lei sorride, e non è una cosa umana, ma sovrannaturale.
"Lo so, Davi."

Essere felici come lo siamo stati noi, Davi. Poi non è che si può andare avanti.
La vita lo fa ed io resto indietro, Davi.
Resto indietro a pensarti. Resto indietro dove tu sei un angelo dentro una piccola chiesa a Lindos e mi dici Jess.
Mi dici Jess abbiamo preso troppo sole. E io penso che non centra, ma che tu, sei la sposa più strana del mondo, e la più dolce.
Io resto indietro Davi, sempre più indietro, mentre Ginevra si allontana nella nebbia, come un treno la portasse via, ma sul treno invece ci sono io, che non penso a dove vado.

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Capitolo 3
*** Così dimmi, quando mi senti cadere. ***




Twenty years-Placebo


Così dimmi, quando mi senti cadere.

Hai mai pensato al suono che fa una piuma quando si posa.
Hai mai pensato al suono che fa una piuma quando si schianta.
Hai mai pensato al suono che fa una piuma quando il suo volo si spezza e non c'è sangue ma solo silenzio che cola, mentre s'infrange, sulla superficie della luna.
Jess?


Prima di lasciare Ginevra, sono passato un'ultima volta sotto la finestra di camera tua, Davi. Con la luce spenta.
E ti ricordi quando facevi dieci capriole di fila sul fondo della piscina di quell'albergo ad Acapulco? Quando sei riemersa ti faceva male dentro alle narici, perchè ti ci era entrata dell'acqua.
E' così che mi ha fatto male il naso, passare sotto la tua finestra con la luce spenta.
Non sapere dove sei, nè come farmi bastare qualsiasi altra emozione che non sia quella del nostro amore implacabile, bloccato nella maglia di un tempo che non c'è, perchè dal libro è stato strappato via. Pagine tra le mani di Demon.
Ti penso addormentata sui sedili posteriori dei tassì. Sempre bianca cosparsa di zucchero a velo, dolce Davi.


Davi ha una nuova fissa, Jess.
Non so in base a quale criterio scelga le persone a cui rivolgere parola, ma tutto quel che fa in questi ultimi giorni, è dire ai passanti che soffro di una malattia incurabile.
Nelle file dei supermercati poi ci fan passare avanti, spiaccicandoci addosso sguardi compassionevoli ed impietositi.
Ma ci sono certi invece che poi le chiedono che cos'ho.

"Lei non può morire."
Ed è così seria quando lo dice, che mi vengono i brividi. Lo fa sembrare vero e terribile.
Un male cane.
Perchè so esattamente perchè non morirò, è che lei, non mi bacierà, ed io resterò ad aspettare.


Così dimmi, quando mi senti cadere, Jess.
Non sapere dove sei, nè come farmi bastare qualsiasi altra emozione che non sia quella del nostro amore implacabile.
Demon ha le pagine.

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Capitolo 4
*** Scatti. ***




Road to gold-Darren and Steven Loveday



Amarsi a scatti per sempre, hai detto una volta a Parigi, sotto l'arco di Trionfo.
Avevi ginocchia di vetro quel giorno, Davi.
Ma io non sapevo cosa intendevi, credevo piccole discontinuità, minutissime scheggie di tempo suddiviso in mute pause, ma tu no.
Tu, con la tua Nikon D3000 sempre appesa al collo come un ciondolo abbastanza pesante da poterti trascinare giù, sul fondo della Senna, intendevi lampi di luce.
Scatti fotografici e tutti i nostri sorrisi immortalati su una pellicola lucida, insieme alla luna.

Amarsi a scatti per sempre, lo capisco solo adesso quello che mi volevi dire, con tutte queste fotografie che mi hai lasciato da sfogliare.
Adesso che capisco perchè, te la portavi sempre a spasso quella tua Nikon D3000. Adesso che vorrei ringraziarti per tutto quanto.
Per avermi guardato così spesso, così tante volte, così intensamente e profondamente, e sempre lievemente, anche quando non me ne sono accorto.
E vorrei dirti, Davi-amore, io non sono così bello, come nelle tue foto.

E vorrei chiederti,
"quale,
quale hai tenuto per te?
quale di tutti gli scatti di me, di te, di noi, di tutto il mondo che abbiamo visto, vissuto e girato, ti sei tenuta nel tuo portagioie?"

E poi,
e poi vorrei dirti anche,
Davi-amore vorrei dirti anche,
"ma adesso tutte quelle gioie che ci hai messo dentro, non sono diventate tristi?".

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Capitolo 5
*** Semafori rossi. ***




Hallelujah-Jeff Buckley


Quando avevo sette anni.
La prima volta che ho desiderato di morire è stato quando avevo sette anni.
Nell'auto di mio padre guardavo i semafori rossi liquefarsi come macchie di sangue contro i finestrini rigati dalle gocce di pioggia, o forse erano le lacrime represse nei miei occhi.
Forse erano le lacrime represse nei miei occhi a farmi vedere tutto così bagnato. E sgretolato.
Il mondo che un pezzo per volta si sgretolava in un bagno di sangue.
Un bagno di sangue, Jess.
Tu eri all'ospedale.
Ed io avevo sette anni la prima volta che ho desiderato di morire.
Nell'auto di mio padre guardavo i semafori rossi intralciare il traffico, le file delle auto ferme, io ferma. E immaginavo fermo il tuo cuore.
Immaginavo di chiedere a mio padre se era vero che poi saresti volato in cielo.
E intanto tu eri all'ospedale.
Te lo ricordi cosa mi hai detto quando hai aperto gli occhi?

"Mescoliamoci il sangue, Davi, quando esco di qui."
Tua madre ti ha guardato senza capire, ma per lei eravamo solo due bambini di sette anni.
Guardavamo troppi film, disse e ti abbracciò piano e commossa.

La tua vita scorre nella mia, Jess.
A volte il destino ha paura che io ti dimentichi.
Come quando entro in una caffetteria e c'è pronto un juke box che suona l'hallelujah di Buckley, e allora ripenso al funerale di mio nonno.
A te che non sei venuto perchè a scuola avevi l'interrogazione di storia, quella che ti serviva per recuperare il tuo stupido debito e cercavo di non avercela a morte con te per questo, perchè cazzo Jess, come potevi avere il debito in storia, e lasciarmi lì sola, in mezzo a tutta quella gente vestita di nero? E invece poi sono tornata a casa e tu eri lì, sugli scalini.
La camicia dell'uniforme spiegazzata, la tua faccia da mal di testa, e la chitarra classica fregata a tuo padre sulle coscie.

"Vaffanculo jess."
Ma tu hai continuato a cantare.
E il destino non lo sa che non lo corre questo pericolo.
Io non ti posso dimenticare.
E la tua vita scorre nella mia, Jess.

Ma i semafori rossi fermano il cuore, anche se non ho più sette anni e tu non sei volato in cielo.

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Capitolo 6
*** Solo un secondo. ***




The man who sold the world-Nirvana



"Davi, rivoglio i miei occhiali."
Jess non ci vede poi molto senza, e la luce del sole che si replica nello specchio d'acqua che li circonda, non è certo d'aiuto.
"Hai baciato Wendy."
Sì pensa Jess, lo aveva proprio fatto.
Undici anni e l'emozione del primo bacio. Bè, a stampo, ma sempre il primo bacio.
Con Wendy Sullivan, riccioli d'oro.
"Gli occhiali, Davi."
Se avesse continuato a tenere la fronte aggrottata a quel modo, gli si sarebbe spaccata in due.
"Solo se mi dici come è stato."
Si volta a guardarla ed ha un braccio poggiato sulla fronte e gli zigomi segnati da un paio di striscie di crema solare, altrimenti, bianca com'è si spella.
Davi cigno bianco.
"E' stato rapido. E al gusto di cacao.
Ora mi ridai gli occhiali? ho l'emicrania."
Lei si alza in piedi intontita dal calore e gli getta distrattamente gli occhiali sullo stomaco.
Giugno è alle porte e lei indossa i suoi soliti pantaloncini dell'estate. A righe bianche e azzurre.
Di spalle si stiracchia e Jess ascolta quelle sottili ossicina scrocchiare una ad una.
Lei si sfila la canottiera della salute e la lascia cadere sulle assi lignee del ponte, con i piedi poi libera i talloni dalle espadrillas colorate.
Lei si spoglia innocente ed asessuata. Infondo ha solo undici anni.
E poi loro sono come fratelli, hanno anche gocce dello stesso sangue in circolo.
Però Jess non può fare a meno di chiedersi se quando compiranno ad esempio quindic'anni, sarà ancora così.
Dura solo un secondo il tempo di pensare che le cose cambieranno, che Davi diventerà isterica come tutte le ragazze col ciclo.
E che sarà troppo bella per poter continuare a guardarla mentre si spoglia.
Dura solo un secondo, perchè lei è Davi e lui è Jess. E non cambieranno.
Intrappoleranno gli anni come sabbia nelle clessidre del Pictionary.
Dura solo un secondo il tempo che lei si tuffi e gli schizzi arrivino fino alle lenti dei suoi occhiali.
Dura solo un secondo il tempo di imprecare.
Solo un secondo il tempo di vedere i suoi capelli fradici e più scuri risbucare da sotto il pelo dell'acqua e trovargli negli occhi uno sguardo riflessivo e confuso.
Solo un secondo il tempo di sentirla parlare.
Solo un secondo il tempo di sentirsi con gli arti bloccati ed il cuore in gola.

"Prometti che la prossima volta che bacerai qualcuno, sarò io per sempre."

Solo un secondo.
Ci mettono solo un secondo le cose a cambiare. Anche ad undici anni.
Ma con Davi e con Jess, in un secondo tornano a posto.

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Capitolo 7
*** Io ti dirò che mi dispiace. ***




Unintended-Muse



Guardo Davi stanca di camminare dondolarsi su un'altalena come le ho detto che può fare.
Con lo sguardo rivolto verso chissà quale luogo della sua mente, sono l'unica in questo istante che la può toccare, eppure è ancora immenso il baratro che ci divide, perchè di sè, Davi, racconta sempre meno. Davi. Adolescente autistica bella come il sole, senza vita come la luna.

Chissà com'era, la tua vita.
Chissà com'era, Jess.
E com'era tornare a casa da scuola con la cartella pesante sulle spalle e le canzoni hardrock che cercava di farti piacere nel walkman con le pile sempre al limite.
Com'era guardarlo ogni giorno mentre non t'accorgevi che cresceva, che la sua voce cambiava e s'arrochiva, che si radeva il viso allo specchio, che nascondeva sotto al letto tutte quelle stupide riviste di Playboy, mentre per te era sempre e solo Jess.
Com'era, ti prego raccontamelo un po', Davi.

E come è stato poi quel giorno che ti sei accorta.
Delle vene sulle sue mani.
Dell'odore sul suo collo.
Del sesso grondante dalle punte dei suoi capelli sudati dopo un concerto.
Come è stato quando non è stato più solo Jess.
Come è stato guardarlo mentre ti alzavi sulle punte dei piedi, ma lui restava comunque sempre troppo alto, e ti ha abbracciata ma non come faceva di solito.
E allora tu hai pensato che fosse strano sapere tutto di lui, sapere ogni cosa, ogni virgola, ma non com'è quando gli sta per venire voglia di baciarti.
Come è stato, ti prego raccontamelo un po'. Davi.

Perchè io non l'ho più potuto sapere, da quando Alo ha scelto mia sorella e a quattordici anni sono scappati insieme, mentre io cominciavo la mia adolescenza in collegio e non ho più saputo niente di loro, dell'amore, della pietà.
Solo della sete di vendetta che mi spinge a vivere come una raminga, per ritrovarli e farli saltare in aria.
E mi dirai "che cosa centro io in tutto questo." Me lo dirai Davi?
Ed io, Davi, io ti dirò che mi dispiace.

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Capitolo 8
*** Noi due non cadiamo come le foglie. ***




Consequence-The notwist



Poi cala la sera, Jess.
Nel silenzio di un traffico quasi assordante che non mi tocca, perchè ne faccio parte, ma non è stata mia la scelta di essere qui. A Venice beach.
L'ultima volta che ti ho visto, Jess, tu non sapevi che lo sarebbe stata.
Mi capita di pensarci ogni giorno, ma immaginare il tuo viso, quando chissà quando, chissà quanti istanti dopo la mia partenza, l'hai saputo, mi devasta.
Sento le formiche camminarmi addosso, le sento in ogni singola parte del mio corpo. Sai come quando mi addormentavo con un braccio sotto la tua testa, ed al risveglio me lo sentivo tutto intorpidito, così tanto da non riuscire a muovere le dita. Così, devastata, in ogni singola parte di me.
Non ti posso pensare senza perdere il controllo di tutto quanto, dei miei gesti, dei miei sensi, della coscienza d'esistere ancora in qualche modo.
Tu come mi ricordi?
Pensi mai di potercela fare ad amare qualcuno di nuovo?
Dicono che siamo effimeri. Dicono che tanto tutte le nostre vite sono inesorabilmente segnate fin dal principio, come le foglie, destinate a cadere. Dicono che tanto tutto finisce, nonostante sembrasse appena cominciato, perchè in effetti è così. Al massimo si vive cent'anni, ed invece quanti anni ha il mondo?
Ed invece quanti anni abbiamo noi, Jess?
Ne abbiamo sei come il nostro primo giorno di scuola e Maya Pilgrim ti è stata assegnata come compagna di banco, e nonostante non sia tua la colpa, ti vorrei lanciare in testa il mandarino che mia madre mi ha messo in cartella per lo spuntino di metà mattinata.
Ne abbiamo undici come quel pomeriggio al compleanno di tuo cugino più grande e mentre tutti giocano al gioco della bottiglia, noi due un po' schifati, ce ne andiamo tra l'erba a parlare di tutti i nostri ambiziosissimi progetti, su come sarà straordinaria ed avventurosa la nostra vita, da grandi. Senza mai nemmeno nominare una città come Venice beach, che nemmeno sappiamo esista. Senza mai nemmeno intuire per un istante come andranno le cose, invece.
Che invece ne abbiamo ventiquattro e non so quanti mesi sono che non ho notizie di te.

E vorrei averne sedici in particolare oggi.
Come la notte di San Lorenzo in cui siamo stati sul tetto di quel condominio in ristrutturazione a Ginevra, e tu mi hai detto,
"Davi lo sai che c'è una canzone che ascolto una volta al giorno tutti i giorni da quando in terza media l'ho sentita alla radio, e la musica che aveva- na-na-na-na-na -mi ha fatto pensare a te e allora io, non ho più potuto farne a meno? Lo sai cosa penso? Che tutti ce l'hanno una canzone così, da ascoltare una volta al giorno tutti i giorni, perchè ti fa pensare all'unica cosa della tua vita, qualunque sia, che sai non si rovinerà, nonostante tutti i massacri, che forse, purtroppo, chi lo sa, dovrà subire. Sei tu, quella cosa.
Sei tu l'unica cosa della mia vita."
E poi non mi hai detto qual'era quella canzone, nè se hai continuato ad ascoltarla una volta al giorno tutti i giorni.
Sapevo che quelli sarebbero dovuti rimanere per sempre fatti tuoi.
Sapevo di non aver bisogno d'invadere ogni anfratto della tua anima, per essere l'unica cosa della tua vita.

Ed invece ne abbiamo ventiquattro.

Ma non siamo effimeri, Jess. Noi due non cadiamo come le foglie.

Il segno rimarrà. Il sangue non si seccherà. Il tempo, la distanza, la morte, non ci rovinerà.

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Capitolo 9
*** Pesci rossi suicida. ***




Imagine-John Lennon



Sei davanti a me Jess, come fossi dentro un quadro della vecchiaia di Monet. Un caleidoscopio di colori che scivolano in acqua salata lungo le mie guance.
Ti vedo mentre ti sdoppi, mentre ti moltiplichi, dentro le mie lacrime.
E nei tuoi occhi non so cosa ci sia, ma la mia vita ci s'infila inghiottita verso un viaggio a ritroso. Un vertiginoso rewind.
E mi sento di nuovo la mia pelle addosso, mi sento di nuovo a posto, dentro Davi, che ero ormai solo un nome senza il suono della tua voce che lo chiamava.
Un nome che non sapevo più cosa volesse dire.

"Voglio comprare un pesce rosso."
Davi lo sa già cosa le risponderà Jess, glielo dice tutte le volte, ma non fa differenza. Davi è ostinata. E le piacciono i pesci rossi, le sono sempre piaciuti, come l'odore di spicchi di mandarino tra le dita. Jess le aggiusta la spallina del vestito che le è scivolata sul braccio, mentre intenta a sviluppare i negativi delle ultime foto che ha scattato, come suo solito non s'accorge che sono soli in una camera buia, a malapena illuminata di rosso.
"Tanto li fai morire tutti."
Davi afferra un paio di minuscole pinzette, quelle che ormai Jess sa perfettamente, le servono per trascinare le foto in quel liquido magico che fa comparire le sagome dei soggetti immortalati. Come sempre lei lo fa con cura, facendo attenzione ad afferrarle lungo i margini bianchi, senza che il metallo sfiori la superfice filmica della pellicola.
Concentrata oltre ogni limite sopportabile, perchè Jess non può impedirsi di pensare, che lei, così assorta, sia semplicemente la ragazza più sexy con cui si sia mai trovato solo dentro una stanza buia.
"Non sono io che li faccio morire, sono loro che si suicidano." Jess ride, come Davi pensa rida solo lui. A come dovrebbe essersi assuefatta a quel suono vellutato nella sua gola, ma che invece la colpisce sempre poco sopra l'osso sacro, inarcandole le reni. Soprattutto quando lui ride così vicino al suo padiglione auricolare.
"Allora penso che il prossimo dovresti chiamarlo Kurt."
Davi si china verso la vaschetta in cui galleggiano le sue fotografie per scrutare da vicino la comparsa delle forme e dei colori e intanto sorride, pensando che Jess abbia bevuto troppo gin a stomaco vuoto, ma che infondo abbia anche ragione.
"Vieni qui, abbassati anche tu. Voglio farti vedere una cosa, prima che si siano sviluppate del tutto."
Una di quelle cose che a Davi capita di tanto in tanto di notare, o di pensare, e che non sa mai se condividerle con qualcuno, perchè non sa se qualcuno poi possa riuscire ad intuire a cosa lei stia alludendo. Ma con Jess sa di poterci provare, perchè con Jess ha seppellito anche la scatola dei segreti nel giardino della signora Brown, quando avevano nove anni.
Così Jess si piega in avanti assecondandola. Ha i capelli alzati sulla fronte, l'herpes sul labbro inferiore quasi completamente scomparso, e la maglietta bianca con le maniche corte che usa d'estate per dormire. In quella bassa luce rossa ha l'aria di una rock-star disfatta dalle fatiche musicali del palcoscenico.
Davi vorrebbe fotografarlo, ma non è il momento, ed in più non riesce più a muoversi. Perchè nei suoi occhi non sa cosa ci sia, ma qualcosa che quando li fissa troppo a lungo e troppo vicino, la fa piangere. Qualcosa come la paura di non potersi più parlare un giorno. Qualcosa come la paura di non potertsi più guardare un giorno.
Qualcosa come la paura di riuscire ad immaginare come sarebbe.
"Davi.. cosa c'è? Cosa mi volevi far vedere?"
Allora Davi si ridesta e si morde un labbro in un sorriso un po' turbato, con lo sguardo di chi si sente la febbre.
"Niente, una cosa stupida. E' solo che dai negativi mi sembra che si veda meglio cosa c'è di sbagliato. ..sai nei rapporti tra le persone. Mi sembra che si veda meglio che cosa li manda in malora. ..è una cosa stupida lo so, ma una volta mi hai chiesto come mai porto i negativi delle nostre foto nello studio del fotografo, invece che venire qui a scuola.
E' che non ho voglia di vedere i nostri negativi."
Jess pensa che ci sia da rimanerci secchi, quando certe volte Davi parla pensando di dire cose stupide.
Davi che va a scuola struccata e con i jeans bucati sulle ginocchia, ma che è più bella lo stesso di tutte quelle cheerleader bionde ed abbronzate - Davi che sei la mia bambina-cristallo e non ti ho mai baciata perchè ho paura di vedermi riflesso in tutte le tue sfaccettature limpide e non potermi più concepire senza di te, di non avere più alcuna possibilità di sopravvivenza senza di te, di morire se un giorno crescerai e te ne andrai, se un giorno sarà davvero come se non avessimo più diciassette anni.
"Dì qualcosa, Jess.."
Dì qualcosa Jess perchè nei tuoi occhi non so cosa ci sia quando fa così silenzio in un posto e tu non parli più, e sei così vicino e come il sole mi bruci la faccia ma non mi son data la crema protettiva, e allora mi spellerò, lo sai Jess, che mi spellerò, è da quando son bambina che mi spello, lo sai. Io mi spellerò, mi cadranno i vestiti di dosso, se vieni più vicino.
Se con le dita mi tocchi più vicino.
Se nei tuoi occhi mi specchio più vicino, col vestito arrotolato troppo in alto sulle coscie, e le bretelline che non sono più sulle mie spalle e la mia vita che s'infila nei tuoi occhi, ed io mi sto spellando, non lo senti Jess? Non lo senti che non ho più la mia pelle addosso?
Non la senti la mia vita che ti entra dentro agli occhi, che ti dilata la pupilla e scompare nel buio di un futuro ignoto?

E che mi fa paura in un vertiginoso forward.

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Capitolo 10
*** A far l'amore a Montparnasse. ***




Was it a dream-30 seconds to mars


Questa, Davi, è una di quelle notti in cui ho bevuto abbastanza per riuscire a trovare quelle parole che di solito restano dietro. Nascoste dietro i miei limiti.
Una di quelle notti in cui se solo avessi un indirizzo ti scriverei lettere fino a che le dita non mi cadono dalle mani. Probabilmente farei anche molti errori grammaticali.
Probabilmente stai guardando la luna.
Probabilmente, anzi sicuramente, chi possiede il privilegio di guardarti adesso, sta pensando che sei solo una ragazza autistica che prigioniera del suo bianco mutismo, prova ad immaginarsi come sarebbe l'amore nei panni di qualcuno che è nato normale, che stai solo tentando di trovare un tuo riflesso su quella superficie scabra ma candida lassù.
E invece no, perchè io lo so, solo io lo so, che tu non hai bisogno d'immaginare, tu non hai bisogno di tentare.
Davi, tu, Davi. Stai solo tenendo fuori la vita, che è un corso d'acqua avvelenata, un corso d'acqua salata più del pianto, sul quale se t'imbarcassi, scivoleresti via barchetta di carta alla deriva, troppo lontano dalle sponde dei ricordi che hai. Che ho. Che abbiamo.
E vorrei chiederti adesso se ci stai riuscendo, a non fare entrare l'aria, a rimanere aggrappata a Ginevra, il violino, le quattro del pomeriggio davanti al bar della biblioteca, e me.
Vorrei chiederti se ce la stai facendo con quelle dita troppo sottili a non mollare, a non farti strappare via la memoria.

Ricordi ancora tutto?
Ricordi di essere nata nella casa di fianco alla mia?
Ricordi l'altalena nel mio giardino?
Ricordi i semi dentro il bicchiere della spremuta?
Ricordi la pioggia col sole quel pomeriggio lungo gli argini del Rodano? Il bastoncino appuntito che abbiamo usato per ferirci i palmi delle mani?
Ricordi i mercatini dell'usato, i miei soldatini e i tuoi braccialetti fatti col fimo?
Ricordi quando mi si tappavano le orecchie sull'aeroplano?
Ricordi ogni cosa? Di quello che è accaduto quando poi siamo cresciuti.
Di me che a sedici anni pensavo solo a scopare dopo i concerti, di me che a diciassette anni fumavo troppe canne.
Di me e di te che siamo sopravvissuti all'adolescenza, galleggiando nell'oceano dei tuoi pianti, dei miei errori, delle nostre notti in bianco in cima ai tetti dei condomini disabitati di Ginevra. Di me e di te che un giorno abbiamo risolto tutti i dilemmi con un bacio, che ha sciolto i dubbi, gli alibì, le resistenze. Rompendo ogni confine.
Ricordi ogni cosa?
Ricordi che in Grecia ci siamo anche sposati?
E che poi tu, non è che sei qualcosa che io posso classificare come semplicemente importante, non è che sei la mia dirimpettaia, la mia migliore amica, la mia ragazza, o mia moglie.
Tu sei la vita che Demon mi ha strappato, il corridoio del tuo alloggio nella zona est del campus senza riuscire mai a raggiungere la porta della tua stanza perchè nei miei incubi dopo il 206 i numeri ricominciano daccapo, e la luna in cui trovo il mio riflesso.
E tutto ciò per cui non riesco a progredire, a staccarmi dall'idea di avere ancora ventiquattro anni e di essere barricato a fare l'amore dentro quella stanza d'albergo a Montparnasse.
Sei tutto, tutto ciò che di solito non so dire, tutto ciò che resto incantato per ore a suonare, strascicando il plettro sulle corde, le monete sperperate dai passanti dentro il mio cappello consunto sugli asfalti, lo scintillio distante di ogni nuova città in cui sbarco, sperando che tu sia lì, con la memoria intatta.
Sperando di cogliere nel tuo sguardo sempre lo stesso bagliore di quando s'interseca col mio, quell'impercettibile connessione in cui si riassume tutto il significato delle nostre vite, quello che sapresti spiegare solo tu, perchè eri tu quella che prendeva sempre dieci in tedesco.
Sei tu quello scintillio all'orizzonte. Eh, Davi?

Ricordi ancora tutto?
O Demon ti ha portata via anche da lì, quel luogo della mente in cui tutto dovrebbe restare immutato ed immoto ed in cui nessuno dovrebbe riuscire ad entrare. Eh, Davi?
Sono Jess. Ti ricordi?


O è stato tutto un sogno?

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Capitolo 11
*** Con gli occhi chiusi le torni in mente. ***




Sky and sand-Paul Kalkbrenner



Anche se non ti conosco Jess, so che solo tu riusciresti a convincerla ad aprire gli occhi e dirmi qualcosa.
Davi sembra morta qui stesa sulla moquette sbiadita di un motel qualunque dimenticato da dio, anche quello della California.
Continua ad indossare le cuffie, anche se il mangianastri ha già smesso da un po' di funzionare, forse le scoccia muoversi, o forse è morta per davvero.
Scommetto che tu capivi sempre tutto, senza bisogno che ti parlasse, o che tentasse di spiegarti le sue stranezze, le sue irregolarità.

Ma come facevi tu a non sentirti solo con lei?
Non ho mai conosciuto nessuno come lei, con gli occhi coperti da quel velo di brina e ghiaccio che non si scioglie neppure in giugno, e che non consente intromissioni.

ma tu lo sai se lei ci vede qualcosa da lì dietro?
o se tutto ciò su cui il suo sguardo riesce a posarsi sono i riflessi delle vostre vite a Ginevra, rimasti impigliati nelle gocce di quegli inverni rigidi ma immagino felici.
certe volte piange e allora spero che le lacrime che l'abbandonano siano in realtà quelle gocce e che il suo sguardo possa farsi limpido ed accessibile, come il cielo dopo la pioggia.
ma poi la guardo ed è già nuovamente impassibile, maschera di puro cristallo liscissimo, che non puoi infrangere, ma su cui puoi soltanto scivolare.
Davi non si può aprire, lei è una chiave, non una serratura.
non esiste in lei un luogo in cui poter entrare, nonostante lei sia lì dentro prigioniera che non vede e non sente attraverso le sbarre,
bianca ed illeggibile creatura.
non ti abitui mai al colore dei suoi occhi, che ogni giorno ti sembra diverso, eppure nelle foto resta il medesimo.
forse quello che mi fa, è lo stesso effetto che mi causavano i passanti nei sottopassaggi della Grande Mela, l'impressione che ogni mattina fossero gli stessi, ma perennemente estranei, senza che ci si scambiasse mai una parola o un'occhiata d'intesa come per dire "hei ti ho riconosciuto", no sempre soli e sconosciuti, ognuno nella propria gabbia.
effimera ma perpetua, Davi è come il tempo al presente, quando ci pensi sai che l'attimo successivo non è altro che la sua trasformazione, la sua transizione verso il futuro, eppure quando smetti di pensarci, è già di nuovo presente, già di nuovo pronto a dissolversi.
Davi sta lì, sta sempre lì, sul filo del rasoio, a metà tra ciò che esiste come manifestazione, e ciò che esiste come pensiero ed immaginazione, mistero e conoscenza.
sai che c'è, ma non te la sai spiegare.
esangue nella luce del mattino che filtra dalle tende, mi fa pensare alla luna all'ora dell'alba, bianca ma sfumata, si lascia mangiare dal cielo,
come un ricordo dalla realtà.

come un ricordo che la notte ti torna in mente.
con gli occhi chiusi ti torna in mente.


Con gli occhi chiusi le torni in mente.

ANGOLINO DELL'AUTRICE
Non ho coscienza di ciò che ho scritto, probabilmente un ammasso di scemenze senza nè capo nè coda, ma non ho tempo per revisionare o per ragionare. non ne ho più.
scusatemi amiche.

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Capitolo 12
*** Tu dormi ancora. ***




Northern lights-Cider sky



Quelle che vedi nell'acqua, Davi, sono solo i riflessi delle cose che conosci.


Tu dormi ancora amore, io ti guardo.
Ti ho guardato così tanto stanotte, ti ho guardato così tanto durante tutta la mia vita.
E tu lo sai come sono, a volte penso cose orribili perchè se un motivo non c'è la mia mente se lo inventa.
Tu lo sai come sono, che ho troppo spazio, proprio qui, nella mente, occupato dal panico della fine, della morte, dell'oscurità, del blackout dietro la coda dell'occhio, quell'interruzione che penso sempre arriverà da un momento all'altro cogliendo tutti di sorpresa senza che ci sia più nemmeno il tempo di dirti ancora, ancora una volta, che ti amo.
Quante volte l'ho pensato, forse questa è l'ultima volta che ti guardo.
Quante volte ti ho svegliato anche a notte fonda perchè volevo dirtelo, io ti amo,
e volevo tu mi ascoltassi, e mi sentivo come se mi fosse rimasta incastrata la cena nella gola, ma non era la cena invece,
era la fretta di farcela prima che la fine giungesse, che il tempo mi fottesse. ci fottesse tutti quanti.
era come sempre questa mia stupida isteria, questa stupida disfunzione che ho da quando respiro e alla quale tu non hai mai sembrato fare caso.
non ho mai capito di te, amore, se il tuo è garbo, o se invece è che non conosci nient'altro oltre me, se sono solo la tua normalità.

Tu dormi ancora Jess, io ti guardo
questa non è una di quelle tante volte in cui mi chiedo se è l'ultima.
Tu dormi ancora
ho una sola risposta, so che è l'ultima.
Il dolore sarebbe più forte di così solo se ti svegliassi per dirtelo.
Il dolore sarebbe più forte di così solo se dovessi sopportare anche il tuo,
sul tuo viso, nel tuo cuore.
Fuori da questa stanza, il mondo mi aspetta per farmi a pezzi. Demon mi aspetta per non farmi più tornare.
Aldilà di queste mura, aldilà del tuo odore, aldilà dei tuoi occhi chiusi, della ruga sopra il tuo naso, quella che ti si forma quando aggrotti le sopracciglia anche mentre dormi,
aldilà di tutto questo, aldilà di un futuro spezzato,

non c'è più la mia vita.
non ci sono più le cose che conosco.

quelle che vedo nell'acqua, Jess, non sono più le cose che conosco.
ho la cena nella gola. ho l'acqua nella gola.
annego. il tempo stringe.
annego. il tempo finisce.
ti amo, ma tu dormi ancora.

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