When you were born to win.

di Mad dy ness Zalk909192
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** First Field ***
Capitolo 3: *** Second Field ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Personalmente, non so cosa ne verrà fuori. Oltre a queste ho scritto altre 26 pagine, ma si può dire che anche quella che sto pubblicando ora sia una bozza.

Vorrei qualche parere, più che altro.

Mah, vedremo! :D

 

 

 

Mancava poco al torneo d'autunno ma di fronte a un fatto così drammatico, nemmeno Hiruma aveva vagamente ventilato la possibilità di non interrompere gli allenamenti.

Tutta la squadra dei Deimon Devil Bats era in una microscopica sala d'attesa, circondata da un silenzio pesante e teso.

Sena, seduto su una sedia di freddo metallo con la testa fra le mani, piangeva silenziosamente e Mamori, al suo fianco, scoccava sguardi spaventati a tutti i presenti.

Nessuno osava dire qualcosa, erano lì in veste di supporto eppure erano come pietrificati, impotenti davanti alla disperazione del loro runningback.

Di ritorno dagli allenamenti era entrato in casa trovando sua madre stesa sul pavimento, inerte.

I medici gli avevano detto che aveva assunto troppi antidepressivi e che probabilmente ci aveva bevuto anche sopra; difficilmente sarebbe sopravvissuta.

Ora era ricoverata d'urgenza nella stanza accanto alla saletta e tutti aspettavano una qualche risposta, qualsiasi tipo di risposta, purché l'agonia dell'attesa finisse.

Sena si lasciò scappare un singhiozzo e tutti si immobilizzarono completamente, senza sapere come reagire.

Kurita era sull'orlo delle lacrime, Monta stringeva forte i braccioli della sedia e solo Hiruma tra tutti manteneva un'espressione neutra, in piedi accanto alla porta come se stesse studiando la situazione, ruminando gomme americane con un mitra sottobraccio. Mamori non si capacitava della presenza di un mitra in un ospedale e non voleva, forse, nemmeno sapere perché glielo permettessero.

Quando la porta si aprì e Sena levò lo sguardo sul medico che ne stava uscendo, Hiruma si avvicinò con fare minaccioso, come se potesse servire a cambiare le cose.

-E' lei Sena Kobayakawa?-

-E' lui.- Hiruma indicò il ragazzo, ancora seduto, che fissava il camice bianco, non osando guardarlo negli occhi.

-Oh, capisco. Kobayakawa, mi dispiace molto. Non ce l'ha fatta.-

Gli occhi di Sena, che forse aveva osato sperare in una risposta diversa, si riempirono di nuove lacrime e prima che chiunque potesse fare o dire qualcosa, sussurrò qualche parola di scusa e scappò letteralmente via da lì. Nessuno lo provò a seguire.

Furono Hiruma e la sua agendina ad occuparsi della parte burocratica in pochi minuti. Erano tutti sotto schok, investiti di emozioni che rapidamente sfociarono in pianti e imprecazioni.

Era solo l'inizio.

 

 

 

Ogni cosa accadde troppo rapidamente;

Dopo la fuga, i tentativi inutili di contattare suo padre, la preparazione della veglia e del funerale cattolico come da testamento, le condoglianze di sconosciuti, gli assistenti sociali.

Poi l'arrivo di suo padre che non vedeva da anni, dal giorno in cui si era presentato in tribunale per il divorzio, e lo scoprire che sarebbe andato a vivere con lui a Pechino, dalla nuova famiglia dell'uomo.

Sena ascoltava le parole di suo padre senza capirne appieno il senso.

Pechino. Nuova città, nuovi problemi, sarebbe tornato lo schiavo del momento, nessuno avrebbe potuto aiutarlo.

Qualcosa però, scattò dentro di lui, mentre l'uomo cianciava di quanto fosse migliore la scuola dell'ambasciata rispetto a quella scuola di pezzenti che è l'Istituto Superiore Privato Deimon.

Pezzenti? Con che diritto ne parlava in quei termini? Cosa ne poteva sapere?

Soprattutto niente più football, uno sport troppo violento e da barbari. Sicuramente avrebbe trovato qualcosa di più adatto a lui.

Niente football. Non avrebbe più giocato, non avrebbe più potuto arrivare al Christmas Bowl, non avrebbe più potuto battere Shin. Non avrebbe mai più rivisto i suoi compagni, i suoi amici.

Davvero doveva vivere lontano da loro con uno come suo padre, che aveva abbandonato sua madre per una puttana d'alto rango di Pechino?

All'inizio dell'anno non avrebbe protestato, ora sì.

Ora aveva qualcuno da perdere.

Sena urlò, sputò addosso a suo padre tutta la sua rabbia e il suo dissenso e suo padre lo insultò, gli disse di non fare il bambino, che l'ambasciata era un posto meraviglioso, disse che qualsiasi cosa avrebbe fatto non sarebbe servita a nulla e che vivo o morto sarebbe partito con lui di lì a pochi giorni.

Sena scoppiò in lacrime, che in quei giorni sembravano non avere mai fine, tirò un pugno in pieno viso a suo padre e corse via, lontano da lui e da quella casa.

 

 

 

I Deimon Devil Bat erano in riunione speciale alla sede del club e ascoltavano scioccati le parole di Hiruma, che, davanti al suo portatile, spiegava di come si sarebbero trovati senza manager, ed implicitamente senza runningback, durante il torneo.

-...le cose stanno così, sacchi di merda. Suo padre è impiegato all'ambasciata giapponese di Pechino ed è l'unico parente e tutore legale del tappo. Non possiamo fare nulla, vedete di rassegnarvi, è out.-

-Ma Hiruma-san! Davvero non...-

Una mitragliata irosa fece gridare tutti di fastidio e spavento, Hiruma non disse una parola, meditabondo.

Kurita piagnucolò molto poco sommessamente e Monta pensò che nonostante tutto non potevano arrendersi a quel modo.

-Impegno MAX! Ci deve essere un qualche modo per impedire che parta! Ne, Mamori-chan?!-

Mamori, tetra, mise fine alla discussione:

-No, ha ragione Hiruma-kun. Fine del discorso.-

-Ma...-

-Niente ma, scimmia del cazzo, Kobayakawa è tagliato fuori, non esiste più e non lo ripeterò un'altra vol...-

La porta si aprì di scatto e Sena entrò, sconvolto e distrutto dalla fatica per aver corso quasi tutta la notte per sfogare la rabbia, il dolore e quell'orribile sensazione di impotenza che lo attanagliava.

-Sena! Sena, cosa succede?!- Mamori si era avvicinata e aiutata da Kurita lo sorreggeva preoccupata.

-A Pechino io... non ci vado. Non mi importa di nulla, io...-

Delirava, era stanco, lì si sentiva al sicuro e poi finalmente non aveva più freddo…

-Stai calmo, ragiona! Vieni, ti accompa...-

La ragazza fu interrotta bruscamente, il frastuono continuo era assordante.

-YA-HA! Perfetto tappo di merda, è esattamente quello che volevo sentire!-

Tutti guardarono Hiruma che a mitra spianato sparava sul soffitto, visibilmente rinvigorito.

Con un salto fu addosso a Sena, lo guardò negli occhi e gli fece una domanda. Più che fare una domanda sembrava cercare un... un'autorizzazione?

-Qualsiasi cosa per rimanere?-

-Si, qualsiasi.-

Hiruma sparò di nuovo sul soffitto ghignando come un folle vero e proprio e sentenziò:

-Perfetto. Voi occupatevi di questa mezza sega, io ho qualche commissione da sbrigare, ora. Kekeke...-

...e non c'era più.

Kurita non poté fare a meno di sorridere mite. Con Hiruma in quello stato tutto era possibile, le cose sarebbero andate per il meglio. Avvertì un brivido, il suo sorriso vacillò. Forse.

 

 

 

Quattro ore dopo, Mamori vegliava Sena, addormentato su una panca degli spogliatoi.

Era domenica, avevano la scuola a disposizione per gli allenamenti, il club di calcio era stato convinto a non presentarsi sotto gentile richiesta del loro capitano, e l'appena citato non era ancora tornato. Sospirò. Chissà cosa aveva in mente.

 

 

 

-Vede, dottore, so alcune cosette, lei ormai lo sa, che potrebbero metterla in difficoltà, professionalmente parlando... Credo che non ci sia bisogno di approfondire l'argomento, dalla sua espressione.-

-D'accordo, Yoichi, cosa vuoi che faccia?-

Il dottor Harao, conosceva fin troppo bene quel ragazzo. Era pericoloso e nei limiti dell'impossibile era meglio accontentarlo.

-Deve firmare questo foglio. Attesta che Yoruichi Fujisawa è una persona affidabile ed idonea a ricevere l'affidamento di un minore.-

Attimi di silenzio. Poi Harao prese in mano la situazione.

-Lo farò ma solo perché sotto ricatto, perché ti conosco abbastanza da capire che stai macchinando qualcosa di cui, in realtà, tua madre non sa nulla e perché so che mi posso fidare, non sei un'imbecille. Fai attenzione che non lo venga a sapere.-

Hiruma si fece improvvisamente serio, trasformando repentinamente l'ostentata baldanza iniziale in serietà.

-Ne sono consapevole, Harao-san, non c'è nulla di cui preoccuparsi. Vivo ancora solo come un cane, dovrebbe saperlo.-

-Sarà, vorrà dire che mi fiderò per l'ennesima volta.-

Strappò il foglio dalle mani dell’uomo ed uscì dall’ambulatorio in tutta fretta.

"Fatta questa, mi manca soltanto l'autorizzazione paterna."

Controllò qualche file sul suo computer mentre il taxi lo portava alla casa di Sena.

Ghignò.

Sarebbe stato fin troppo facile.

 

 

-Kobayakawa-san, buongiorno.-

L'uomo sollevò lo sguardo dal suo giornale per fissarlo con astio.

-Chi sei tu? E cosa ci fai nel mio cortile? Sparisci, moccioso.-

-Oh, che peccato. Credo, allora, che racconterò all'ambasciatore delle particolari ripetizioni di lingua che impartisce alla sua innocente figlia minorenne...-

Sbiancò.

-Cos-cos'hai detto?-

-Kekeke... Ora che ho catalizzato la sua attenzione va meglio. Vede, lei ha intenzione di deportare suo figlio, dato che la sua ex moglie ha deciso di tirare le cuoia... è così?-

Si irrigidì.

-Sì, è così. E così sarà.-

-Le consiglio di tenere a mente quello che le ho detto poco fa, non sia mai che cambi idea all'ultimo secondo a causa di una sua scortesia...- Stava morendo dal ridere dentro di sé, già sapeva quello che gli avrebbe detto e già sapeva come avrebbe risposto;

-Non hai prove.-

-Ci hai provato, vecchio. So date, ore, minute e secondi. Duri in media un quarto d'ora e hai un uccello di 15 centimetri, se la memoria non m'inganna.-

Occhi sgranati come piattini da the e mascella che tocca terra erano i tratti distintivi di chi era ricattato da Hiruma per la prima volta, il padre di Sena non fece eccezione.

-...per tenerti la bocca chiusa?-

Hiruma ghignò sadicamente.

-Rinunci alla tutela legale di suo figlio.-

 

 

 

A scuola Eyeshield21 si era svegliato da un sonno senza sogni e lì per lì si sentì bene, poi ricordò sua madre, la discussione con suo padre. Non ebbe il tempo di pensare ad altro però, che Hiruma fece la sua entrata trionfale sbattendo la porta, armato di lanciafiamme fumante.

Si precipitò negli spogliatoi trovando Sena seduto ed esplose sadicamente:

-Ya-ha! Tappo, vai a casa e raccatta la tua roba, oggi traslochi!-

Sena si rabbuiò. Tutto si aspettava tranne che vedere il suo capitano così contento di liberarsi di lui. Alla faccia dell'asso del Deimon.

-Si, lo so.- Sbottò in risposta.

-Che cazzo hai capito?-

-Vado a fare le valige e parto con mio padre. Probabilmente entro sta sera.-

Il ghigno che si allargò sul volto di Hiruma gli fece venire brividi di puro terrore in modo del tutto istintivo.

-Vedo che non hai capito un bel cazzo di niente. Ti trasferisci appena finiti gli allenamenti. Da me.-

-DOVE, SCUSA?- Mamori era entrata in quel momento nella stanza e gli asciugamani che aveva in mano rovinarono per terra, sfuggiti alla sua presa.

-Che diamine hai combinato, Hiruma? Cos'hai intenzione di fare?-

-Niente, manager di merda, niente di male... per ora. Dovresti essere contenta, potrai continuare a proteggere il tuo adorato bambino.-

Mentre i due si stuzzicavano, Sena stava realizzando.

Trascurando il dettaglio di dover convivere con il Diavolo, era vero? Poteva restare?

-Cosa... come... cos'hai fatto?-

I due interruppero il dialogo pungente.

-Sentiamo!- rincarò Mamori, stizzita.

Hiruma ghignò di nuovo, trattenendo a stento le risate, pensò che vedere quelle due facce, una incazzata e una sconvolta lo ripagava di quelle ore passate per studi notarili e uffici vari a ricattare la gente.

-Semplice. Una firma del prefetto, qualche firma di tuo padre, qualche firma di qualche psicologo e qualche centinaia di firme false di mia madre. Ora, legalmente, sei figlio suo. La commissione è d'accordo con noi nel dire che la tua fragile mente non sarebbe pronta ad un distacco così repentino da Tokyo e che la cosa migliore è indubbiamente che tu venga affidato alla tua cara e lontanissima cugina. Ah, tuo padre non ha obiettato, ha rinunciato alla tua tutela senza quasi batter ciglio. Un uomo molto ragionevole.-

Ricatto. Ricatto bello e buono, altro che uomo ragionevole.

Brandendo un mocio, Mamori esplose in tutta la sua indignazione.

-Hirumaaaa! Non è possibile! Quello che hai fatto è illegale, è sbagliato! Non si possono decidere queste cose surclassando completamente il nostro sistema giudiziario! E' da malati, scommetto che tua madre non lo sa nemmeno! Come farai a spiegare la presenza di Sena in casa ora?!-

Uno sguardo omicida la mise a tacere all'istante: -Mia madre non sa nemmeno se sono vivo o morto. Vivo da solo in una casa abbastanza grande per due, dovresti solo essere contenta che io abbia avuto le palle di fare una cosa del genere. O preferivi liberarti del nano di merda una volta per tutte?-

Mamori si gelò sul posto, incerta su cosa fare o dire. Hiruma aveva ragione. D'altro canto la legge era qualcosa che non doveva essere infranta, soprattutto non in modo così evidente e spudorato! Odiava Hiruma, odiava i suoi ricatti con tutta se stessa! Se solo non fosse stato così arrogante e menefreghista sarebbe anche potuto essere...

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalle parole di Sena, veloci e concise ma significative per chiudere la faccenda.

-Hiruma-kun, grazie davvero.-

Incredule e felice, il ragazzo era in procinto di mettersi a piangere di gioia. Chi sene fregava se doveva convivere con Hiruma, a chi importava vivere col male o con un demone quando quello stesso akuma gli aveva dato la possibilità di restare?

 

 

 

Era stato uno strazio svuotare la camera, riempire qualche scatolone sotto gli occhi irati e accusatori di suo padre e uscire di casa in fretta e furia. Sperò di non aver dimenticato nulla e mentalmente ringraziò sé stesso di essere sempre stato un minimalista con pochi interessi, cosa che gli consentì di sbrigare quell'incombenza velocemente.

Si era portato via i vestiti, i libri di scuola, tutto quello che gli poteva servire in a malapena una valigia e due scatoloni leggeri.

Poi uscì e chiudendosi la porta alle spalle vi ci si appoggiò per un attimo.

Decise che non si sarebbe voltato a guardare la casa mentre se ne andava, decise che non avrebbe pianto pensando a sua madre.

Raggiunse Hiruma che lo aspettava appena fuori dal cancello, gli prese una scatola dalle mani e in silenzio si avviarono verso la sua nuova casa.

Faceva ancora molto caldo, eppure dentro di lui tutto era freddo, distante, come se ogni cosa fosse ricoperta da una spessa coltre di neve. Era orribile. Era vero. Si era promesso di non piangere e non l'avrebbe fatto.

-Hi-Hiruma-san... Tu dove abiti?-

Combatteva contro le lacrime ad ogni passo e fu grato ad Hiruma quando gli rispose senza voltarsi: -Dove abiterai anche tu, nano del cazzo, ma non ti aspettare nulla di speciale.-

Sena si distrasse pensando alternativamente o a un bunker sotterraneo o a un superattico in pieno centro.

Si ritrovò invece a comminare lungo il fiume e in pochi minuti arrivarono a un condominio dalle poche pretese, un po' vecchio e dalle pareti scrostate, di un grigio cupo.

Quando entrarono fecero qualche rampa di scale e Sena, incuriosito e dimentico delle lacrime, entrò finalmente nell'appartamento fatidico.

Hiruma ghignò, quasi soddisfatto di quel che vedeva:

-Tappo di merda, benvenuto nella mia umile dimora!-

Inutile dire che l'appartamento in stile occidentale in cui si trovavano era completamente stato messo a soqquadro.

Ciotole di ramen istantaneo, pile di riviste sul football, dvd e cassette di partite varie, proiettili, armi e scartoffie di vario genere e spessore la facevano da padroni, occupando la quasi totalità delle superfici piane dell'ingresso e presumibilmente della casa.

-Questa stanza è il soggiorno, essenzialmente ci si mangia cibi precotti, sempre che tu non mi voglia fare da cameriera, kekeke... In fondo a sinistra c'è la tua camera, qui sulla destra lo studio e di fronte a te il bagno.-

Lo studio, visibile già da lì causa la mancanza della porta, era più un cinema casalingo con un gigantesco televisore appeso alla parete, un mastodontico divano in velluto verde e un tavolo ingombro di un ammasso improponibile di aggeggi elettronici, coltelli e armi da fuoco.

Metteva i brividi, come quasi tutto quello che riguardava direttamente Hiruma, e inconsciamente, Sena decise che a quel tavolo non si sarebbe mai seduto in vita sua.

-Per quanto riguarda le altre due porte presenti- e le indicò distrattamente togliendosi cravatta e giacca della divisa -non sei autorizzato nemmeno ad aprirle per sbaglio, chibi merdoso. Ora vado a guardare qualche partita, metti in ordine la tua roba, al casino ci penso egregiamente da solo.-

E si buttò sul divano con tanto di scarpe, occupandone la maggior parte.

-Oh, ok, allora io... vado in camera...ehm...grazie.-

-Mhpf.-

Sena non ci aspettava certo un comitato di benvenuto e forse essere lasciato solo gli avrebbe fatto bene.

Quando si chiuse la porta alle spalle, trovandosi in una stanza spoglia, con un letto matrimoniale, una minuscola scrivania e un armadio a ridosso della parete, scoppiò in lacrime. Sua madre era morta, aveva abbandonato ed era stato abbandonato da suo padre e niente sarebbe mai più stato come prima.

Era colpa sua se sua madre era morta. Lui sapeva che aveva problemi, che prendeva psicofarmaci sempre più frequentemente e di nascosto. Sapeva ed era rimasto in America, lasciandola in balia di sé stessa. Si accasciò a terra, distrutto.

Perché era rimasto? Perché era stato così egoista da strappare il biglietto aereo? Il football era stato in grado di rovinargli la vita fino a quel punto? L'ossessione di vincere ed essere forte gli aveva fatto dimenticare cosa voleva dire avere una famiglia?

Perché l'aveva fatto?

Poi capì. L'aveva fatto per sé stesso e per la sua squadra. Squadra che ormai era l'unica famiglia che gli rimaneva.

Pianse, pianse per molto tempo, quello che gli serviva per sfogarsi e per maledirsi.

Maledì Hiruma, che ora l'aveva accolto in casa propria, per averlo fatto cambiare, trascinandolo nel football, maledì tutti i suoi compagni per poi rendersi conto che tutto quello che si stava dicendo non aveva senso.

Non aveva senso perché in realtà nessuno l'aveva costretto, era solo lui che aveva preso le sue decisioni, era lui che si ritrovava in quel casino e che doveva venirne fuori.

Maledire il football americano? Mai, mai più.

Gli aveva fatto conoscere amici e compagni, un nuovo tipo di famiglia.

In realtà, era grato ad Hiruma per avergli fatto conoscere tutto quello che aveva in quel momento.

Si disse che doveva smettere di piangere come un moccioso e decidere di vivere, che nascondersi ed incolparsi non serviva a nulla.

Aveva lasciato morire sua madre perché voleva vincere. E avrebbe vinto, non avrebbe vanificato tutti gli sforzi e i sacrifici fatti fino a quel giorno.

In fondo, non era colpa sua se Aoi era stata così debole da avere bisogno di psicofarmaci per vivere.

Si asciugò le lacrime e notò un biglietto sulla scrivania;

 

Se non vuoi essere sommerso dalle munizioni di scorta usa soltanto le ante centrali.

Preparati ad un inferno, nano. Da oggi non avrai più un attimo libero per pensare a una vita tua, gli allenamenti ti uccideranno.

YA-HA!

P.S. La lavatrice è in bagno, se cerchi del cibo controlla il freezer.

Benvenuto.

 

Sorrise tra le lacrime. Era fin troppo da uno come lui.

 

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Capitolo 2
*** First Field ***


Quell' appartamento era semplicemente perfetto.
Poco distante dalla scuola, costruito all'inizio della pista ciclabile a ridosso del fiume ed era posizionato strategicamente rispetto al 24ore della zona.
Si sentiva libero, lì. Certo, tra gli allenamenti a scuola e a casa, erano più le volte in cui si ritrovava appisolato da qualche parte piuttosto che essere effettivamente libero ma andava bene così. Più era stanco meno pensava, meno pensava più si concentrava sui suoi obiettivi e più si allenava, spesso rischiando di oltrepassare i suoi limiti fisici.
Hiruma, d'altro canto, aveva accolto questa novità del suo carattere con un ghigno malvagio e un calcio d'approvazione. Aveva capito che bastava dire la parola "vittoria" per ingraziarselo, quindi anche la vita in compagnia del diavolo non era così male, quando si hanno gli stessi obiettivi.
Solo... quando non parlavano di football c'era silenzio, non sapeva cosa dire.
Oltre a quello, Hiruma cadeva nel silenzio più totale e per Sena era come minimo tedioso non avere niente da dire a tavola o in qualunque altro momento di, appunto, silenzio forzato.
Yoichi Hiruma era un enigma e Sena aveva quasi paura di svelarlo, vivendo in quella casa.
 
 
 
Da parte sua, Hiruma era perplesso e infastidito dalla semplice presenza del famoso asso del Deimon nella sua tana.
Aveva dovuto relegare le armi in una stanza sola, dormiva in uno sgabuzzino, aveva sempre vestiti puliti e dei pasti caldi, ora aveva egli orari, ora la sua totale libertà ed anarchia domestica era andata a puttane.
Non era abituato a vivere con qualcuno, lo metteva a disagio.
Era fondamentalmente un timido.
Forse nessuno lo avrebbe detto, eppure, senza un mitra carico, la sua agenda o un piano in mente non era abituato a fare nulla, quando era disorientato spesso non riusciva nemmeno a parlare o finiva a parlare a sproposito, sprando insulti su chiunque si trovasse di fronte.
La sua ostentata esuberanza, alla fine, non era che una maschera faticosa da tenere addosso, così preferiva cadere nel mutismo, almeno in casa sua.
Sul suo scomodo futon di quarta categoria sbuffò, irato con sé stesso.
Quando aveva organizzato il trasferimento di Sena si era lasciato sfuggire quel particolare.
Si grattò il naso.
Kobayakawa Sena era irritante, da quanto era veloce. Non sarebbe mai inciampato rompendosi un ginocchio o una caviglia?
Sembrava che ogni cosa facesse fosse alla velocità della luce e che non avrebbe mai sbagliato nulla in tal senso.
Avrebbe mai fallito?
Si girò su un fianco con un esclamazione colorita quando si ritrovò una costola quasi a contatto con il pavimento.
Si poneva gli stessi interrogativi che si poneva a proposito dei calci di Musashi.
Avrebbero mai fallito?
Forse quei calci e quelle corse no, lui di sicuro aveva perso su tutta la linea, con Musashi.
Con lui Yoichi Hiruma aveva perso e Yoichi Hiruma non perdeva mai, a costo di morire.
No, non ci aveva rinunciato, aveva solo perso il primo tempo, nel secondo avrebbe ribaltato il risultato come al solito.
Se mai ci sarebbe stato, un secondo tempo.
 
 
 
Qualche ora dopo, Hiruma sentì rumori di stoviglie provenienti dalla cucina accanto e capì che il tappo si era svegliato e messo all'opera con la colazione.
Era rimasto piacevolmente stupito scoprendo che al mattino avevano le stesse abitudini; tazza di caffè nero, latte e biscotti.
Si alzò dal suo futon merdoso e si vestì con la tuta da allenamento, buttata in un angolo dello sgabuzzino.
Si concesse una smorfia prima di uscire e spalancò la porta platealmente, entrando in cucina-soggiorno e facendo trasalire impercettibilmente il coinquilino che rimase comunque in silenzio.
Soddisfatto, arrancò verso il tavolo sedendocisi con i piedi sopra.
Il galateo non faceva per lui e Sena aveva capito in fretta che parlare, al mattino, gli avrebbe solamente provocato una ferita d'arma da fuoco in piena fronte.
Il ragazzo si avvicinò con le tazze fumanti al tavolo e si sedette, guardandolo storto. Sena odiava quel silenzio forzato, al mattino.
Odiava non poter dire nemmeno un "Buongiorno" innocente, odiava dover restare zitto e silenzioso aspettando che fosse l'altro a parlare per primo.
Sospirò mettendo su un po' di broncio, cosa che fece divertire Hiruma, adorava infastidire la gente con ogni mezzo possibile.
Prese la tazza senza dire una parola e sorseggiò il suo caffè attendendo il risveglio totale delle sinapsi.
 
 
Silenzio.
In casa sua non c'era mai stato quel silenzio.
La maggior parte delle volte, in realtà, si svegliava perennemente in ritardo e tutto quello che riusciva a trangugiare era un sorso di caffè e un biscotto uscendo di casa, mentre sua madre gli gridava le solite raccomandazioni del caso.
Lì, invece, la sveglia generale era verso le 5 e mezzo per colazione abbondante, allenamento, doccia e corsa verso la scuola. Aveva imparato e fatto propri quei tempi in fretta e ormai non riusciva nemmeno più a dormire oltre quell'orario.
Si distrasse bevendo il caffè seduto al tavolo, pensando al test di matematica che aveva quella mattina e per il quale non aveva minimamente studiato. Pazienza, avrebbe recuperato un altro giorno.
-Tappo di merda! Dormito male?-
Sena trasalì, risvegliandosi. Miracolosamente, il demone si era degnato di parlare.
-No, ho dormito bene. Tu Hiruma-san?-
-Divinamente, gambero. -
Mangiarono la loro colazione e mentre Sena, di nuovo nel silenzio, e non ne poteva veramente più, metteva a lavare i piatti, l'altro guardò distrattamente l'orologio, per poi dire assente qualche parola.
-Vestiti, nano, siamo in ritardo con la tabella d'allenamento.-
Erano le sei, sarebbero dovuti uscire in quel momento, in teoria. Sena si diresse velocemente in camera e prese la prima tuta che gli capitò sotto mano, constatando quando fosse sdrucita. Aveva bisogno di vestiti nuovi, anche se non aveva idea di come procurarsi dei soldi. Inoltre, tutti quegli allenamenti che stava facendo gli portavano via tempo, forse anche troppo, e se non riusciva a studiare, figuriamoci se sarebbe riuscito a trovare tempo per un lavoro part time. Non poteva certo continuare a pesare sulle spalle del suo senpai, anche se non sapeva come facesse a sopravvivere senza lavorare, non gli andava di vivere da mantenuto in quel modo.
Uscirono dal condominio e iniziarono fin da subito a correre a velocità sostenuta.
Sena pensava, ancora, a un qualsiasi lavoro da poter fare.
Poteva fare il commesso da qualche parte, magari nel supermarket poco distante facendo il turno di notte, la scuola tollerava certi tipi di lavoretti part-time e data la sua situazione non avrebbero creato problemi, forse.
D'altro canto, Hiruma stava letteralmente arrancando dietro a Sena, che, immerso nei fatti suoi, aveva aumentato esponenzialmente la sua velocità di crocera. Maledetto lui e il suo orgoglio che gli impediva di dire al compagno di rallentare.
Così ci rinunciò, distaccandosi e perdendosi anche lui nei suoi pensieri.
Gli venne in mente la notte passata pressoché insonne e digrignò i denti, pensando a Musashi per l'ennesima volta.
L'avrebbe fatto tornare volente o nolente in squadra e poi avrebbe pensato al piccolo particolare della sua non omosessualità. Prima o poi, ormai era diventata una questione di principio pura, se lo sarebbe portato a letto, come minimo.
Suo padre era troppo importante, lui era solo un amico e qualunque cosa Hiruma avrebbe fatto o detto, sapeva che quando avevano parlato quell'unica volta della cosa, nulla sarebbe riuscito a fermarlo. Neanche le sue parole c'erano riuscite, dette nella più totale disperazione, che gli avevano fatto perdere completamente una qualsivoglia dignità. Già, nemmeno dire di amarlo aveva sortito un qualche effetto, nemmeno una dichiarazione da parte dell'akuma Yoichi Hiruma era servita a qualcosa.
Si era ufficialmente rovinato la giornata. Spremersi le meningi per qualcosa che non era una strategia da attuare sul campo o per racimolare soldi a poker era una seccatura.
Si strinse nella felpa cercando di smettere di pensare.
Improvvisamente si sentì stanco ed ebbe voglia di un letto vero su cui stravaccarsi e dormire.
Si fermò quando i primi raggi del sole filtrarono oltre la coltre di nubi che occupava la linea dell'orizzonte e rimase qualche istante immobile, ad osservare quell'alba riottosa a far capolino.
Immagine di speranza, di un sole che anche se con un cielo nuvoloso sorgeva sempre allo stesso modo ogni giorno? Chi ci credeva più. E chi sperava di ingannare? Se stesso? Doveva mettere una lapide su tutta la faccenda ed accettare la realtà, dimenticarsi della cosa accettando, per una volta, di non avere possibilità di vittoria.
I sentimenti umani non erano una partita di Black Jack, non erano una strategia di football, in gualche modo prevedibili. Erano imprevedibili in modo totalizzante, un'infinità di variabili impossibile da codificare. Avere fiducia dell'essere umano era l'illusione peggiore che un uomo potesse elaborare, una stupidaggine che poteva andare bene solo per gli ingenui e lui non lo era più da tempo.
-Hiruma-san, è successo qualcosa?-
Hiruma trasalì, aveva dimenticato di non essere solo.
Guardò Sena che, sudato fradicio nonostante il freddo, l'aveva raggiunto dove era e ora lo guardava con aria preoccupata.
-No, niente che ti possa interessare. Chi ti ha detto di fermarti, nano merdoso? Ricomincia l'allenamento.-
-S-si, se c'è qualcosa di cui vuoi parlare, però...-
-Se avessi portato il mitra a quest'ora saresti già morto. Corri, nano maledetto, non ho un cazzo di niente da dire e se ce l'avessi, di certo non lo direi a te.-
Ripresero a correre.
Sena rimase al fianco del suo senpai per poterlo osservare di sottecchi.
Cosa stava succedendo ad Hiruma? Certo non era mai stato un mostro di simpatia, in particolare al mattino, ma così acido mai. Soprattutto, non l'aveva mai visto così tetro e stanco. Aveva occhiaie da paura sotto quel trucco nero.
Doveva insistere?
Avrebbe insistito a tempo debito, finito l'allenamento. Disturbare ancora quel momento sacro di Hiruma l'avrebbe portato a morte certa.

 
 
Tornarono a casa, fecero una doccia e si misero la divisa con tutta calma, come da routine.
Quando si chiusero la porta alle spalle Sena ebbe un'illuminazione sul cosa dire per smorzare quell'aria tesa che li circondava, anche se poco aveva a che fare con l'idea originale di insistere.
-Hiruma-san, io stavo pensando... E' più di una settimana che vivo qui e non posso fare il mantenuto in questo modo... Credi che il preside mi lascerebbe fare un lavoro part-time senza avere problemi da parte della scuola?-
Hiruma lo guardò come caduto dalle nuvole. 
-Nano di merda, io non ti ho mantenuto. Tuo padre mi manda la sua quota di "alimenti" ogni mese e a "mia madre" arriva tutti i mesi l'assegno di mantenimento, non ho mai avuto un reddito legale così alto in vita mia. Quando ti servono soldi dillo, non hai che da chiedere, di fatto è roba tua.-
-Ah. Ma gli assegni statali, di solito, sono bassissimi! E mi sembra strano che mio padre invii soldi in questo modo...-
-Piccolo, ignobile gambero di merda, gli esseri umani sono pieni di punti deboli... Tuo padre come tutti gli altri. Lo fa per cortesia nei miei confronti, mettiamola così...-
Sena sospirò. Hiruma sarebbe stato in grado di ricattare chiunque, era fenomenale, era un demone folle.
-Meglio così, estorcigli quanto più possibile e poi spingilo al suicidio, se ci riesci.-
Sena aveva una sguardo assente, odiava suo padre dal divorzio ma l'aveva realizzato solamente dopo quella discussione avvenuta giorni prima.
L'altro sgranò impercettibilmente gli occhi, stupito da una risposta del genere. Pensava le stesse cose dei suoi genitori, stare con lui aveva evidentemente fatto male al tappo.
Ghignò internamente. Voleva semplicemente dire che sarebbe cresciuto più in fretta e che l'anno successivo, i Deimon Devil Bats avrebbero avuto un nuovo capitano degno di nota.
Gli diede un calcio gioioso e saltellando e ghignando uscì dal condominio, sotto lo sguardo incredulo del sedicenne alle sue spalle. Come mai era tornato all'improvviso così di buon umore?
Bah, vallo a capire. Meglio così!
Lo raggiunse e parlarono di football e di Christmas Bowl fino al cancello della scuola, dove li aspettavano alcuni membri della squadra e dove Hiruma sparì, computer alla mano, per defilarsi alla sede del club prima dell'inizio delle lezioni. Quando voleva, Hiruma era una persona veramente piacevole.
 
 
 
 Chiuso nel nuovo antro del club, Hiruma iniziò a pensare che perdere, ogni tanto, era qualcosa di utile alla vita e all'animo umano. Soprattutto insegnava qualcosa, ovvero a non fidarsi nemmeno di quelli che sembrano tuoi amici o alleati.
Insegnava a non fare mai gli stessi errori due volte. Aprirsi agli altri non era più annoverata come una delle possibilità, non avrebbe mai più ripetuti gli stessi errori.
 
 
 
-Sena! Com'è stato? Tutto bene? Ti ha maltrattato? E' successo qualcosa?-
Mamori, tenera Mamori, perennemente preoccupata per lui.
-Ahah, Mamorinee, come al solito, io sto bene...-
-Ne dubito! Non deve essere facile vivere con quel mostro! Per me sarebbe insopportabile, arrogante e supponente com'è!- E gonfiò le guance.
Mamori non riusciva davvero a capacitarsi del fatto che il suo Sena vivesse in quella casa e aveva sempre paura che gli potesse succedere qualcosa! Inoltre, Hiruma non le permetteva di metterci piede e lei non sopportava il non poter vedere in che condizioni vivesse Sena o il non poterlo nemmeno accompagnare a casa, tantomeno l'andarlo a prendere il mattino!
Era triste al pensiero in realtà, era sempre stato così e ora si sentiva un po' spaesata... Beh, il pranzo glielo preparava comunque! Anche se ultimamente aveva il sospetto che mangiasse altre cose oltre alle sue o addirittura in sostituzione...
-Senaaa! Impegno MAX! Pronto per il test di matematica? Ho sentito che i fratelli eh-eh stanno meditando di non presentarsi in classe dato che non sanno niente MAX!-
Mamori fu distratta dall'arrivo di Monta.
-Come sarebbe a dire che non si vogliono nemmeno presentare? E come sarebbe che non sanno niente?-
-Mamori-nee, con tutti gli allenamenti... chiudi un occhio...-
-No che non chiudo un occhio! Faccio parte del comitato disciplinare, io!- Partì in quarta senza aggiungere altro. Guai in vista...
-Ahah... Monta, Jumonji-kun ti ucciderà, lo sai?-
Terrorizzato, Monta rispose un -Ah s-sì?- titubante per poi salutarlo di nuovo per rifugiarsi in classe, lontano dai tre fratelli e al sicuro insieme al suo noioso professore di letteratura giapponese.
Solo, Sena se ne andò svogliatamente nella sua classe, ignorando deliberatamente i fratelli e Mamori che battibeccavano nel sottoscala, dove i tre si erano nascosti quando avevano sentito l'urlo di disappunto della ragazza.
Entrò e si sedette guardando fuori dalla finestra. Era indeciso se consegnare in bianco e risparmiare tempo o per lo meno provarci.
Decise di provarci al suono della campanella. Meglio un voto scarso che uno zero totale.
 
 
 
-Che? Io questo annuncio... NO! Fallo... presidente dei miei stivali... Ah è così all... zzzzzzzzzzzz- Gli studenti fissarono inebetiti gli altoparlanti. Cosa succedeva al club delle comunicazioni?
Poi una voce maschile, appena tremante, formulò una frase che diede da pensare a tutti gli studenti:
-Hi-Hiruma Yo-Yoichi è pregato di recarsi in presidenza.-
Qualche insegnante compatì il preside e il club di football si limitò a chiedersi il perché di un richiamo ufficiale. Non era Hiruma stesso a torturare il preside con le sue assurde richieste, di solito?
Hiruma Yoichi, intanto, si alzò in piedi dal suo banco e al richiamo del professore che gli ordinava, gentilmente, sia chiaro, di restare in classe finché non avesse finito il compito, rispose che poteva già consegnare e che lui poteva mettere un 95, gli mancava una risposta.
Attonito il poveraccio non fece più una piega ed Hiruma uscì indisturbato dall'aula. Che voleva quel rammollito, ora?
 

 
-Hiruma-san, ecco, vedi...- qualche goccia di sudore gli imperlava la fronte, si fece coraggio; -Tua madre, come ben sai, non è reperibile e dato che, insomma, la custodia di Kobayakawa è intestata a lei e che tu sei anche il presidente del club di cui fa parte, insomma, diciamo che...-
-Tagli corto, signor preside, cos'ha che non va Sena Kobayakawa? Problemi nei documenti? Possiamo risolverli...- Hiruma si fece minaccioso, agendina alla mano. Non sarebbe stato certo quell’omuncolo a privarlo del suo cavallo da battaglia più forte.
-V-vedi, il fatto è che...-
 
 
 
In classe, il cellulare di Sena vibrò come impazzito e il proprietario fu bel felice di trovare uno svago dai numeri, di cui, per altro, non capiva nulla. Il testo diceva più o meno così:
NANO DI MERDA! Esci immediatamente da dove ti sei nascosto, fetido pezzo d'imbecille. Sede del club ORA.
Sena, nel bel mezzo del suo compito di matematica, rabbrividì e ci mancò poco a un attacco di panico.
Che aveva fatto?
Si alzò in piedi consegnando il compito, di cui aveva già rinunciato a capire qualcosa da mezz'ora e accusando un calo di pressione fuggì dalla classe, correndo come un lampo verso i loro spogliatoi.
Che aveva fatto? Che dannazione aveva fatto per far imbestialire Hiruma?!
Spalancò la porta per trovarsi davanti un Hiruma Yoichi come non l'aveva mai visto.
Se fino ad allora lo chiamavano akuma, non riusciva a immaginare come lo avrebbero chiamato in quel momento.
-Parliamoci chiaro.- Il ragazzo camminava intorno al tavolo rabbioso. -Io non voglio in squadra uno che si fa escludere dalle partite per i suoi voti scadenti.-
Sena rimase a bocca aperta. Non andava così male! ...forse.
-In una settimana di scuola sei riuscito a far precipitare la tua media già precaria! Io non do consigli, prendilo come ordine: Svegliati, Sena.-
Era la prima volta che lo chiamava per nome e sperava che non l'avrebbe fatto mai più se voleva dire sentirlo pronunciare come se fosse un insulto.
Era vero. Quei giorni erano stati da incubo e la sua voglia di studiare era evaporata ma non credeva che avrebbe avuto delle ripercussioni sul torneo!
-Ma, Hiruma-san, io non sapevo che...-
-Ma un cazzo! E come sarebbe a dire che non sapevi?! Non so tu, io al Christmas Bowl ci devo arrivare! E non ho nessuna intenzione di perdere al primo turno del torneo autunnale per la mancanza dell'asso della squadra! Non mi ritroverò senza runningback per colpa tua!-
Hiruma si era pericolosamente avvicinato, senza armi e senza ghigni sadici. Faceva più paura del solito e ne fece ancora di più quando lo prese per il collo con occhi iniettati di sangue e lo spinse contro il muro di forza.
-...iruma... non riesco...-
-A cosa servi se resti escluso dal torneo per i tuoi voti di merda? A cosa sono serviti tutti quei chilometri della Death March se poi ti lasci infinocchiare da dei professori boriosi? Per cosa ho buttato via il mio tempo? Per cosa la squadra intera ci sta rimettendo? Noi non abbiamo riserve alla tua altezza, bastardo!-
Sena, un po' cianotico, sentì quelle parole e rimase in silenzio, senza sapere cosa rispondere.
Aveva ragione.
-PARLA, CAZZO! Fammi capire per chi mi sto giocando la possibilità di rivedere Musashi in campo?- si rese conto troppo tardi di quello che aveva detto. Allora era così che stava messo? La sete di vittoria era diventata sete di rivederlo?
Sena era troppo spaventato dal volto del quarterback per capire le sue parole. Quella mano stringeva con una forza che non pensava appartenesse al suo capitano.
-Hiruma, non... respiro...-
Hiruma si riscosse dalla sua rabbia e lo lasciò andare di botto. Che stava facendo?
Si sedette sulla panca dietro di lui prendendosi la testa tra le mani. Non aveva mai perso il controllo a quel modo. Doveva dare un taglio a tutta la sua fissazione per Musashi, e in fretta, se non voleva fare qualche cazzata colossale.
-Ho parlato col preside e lunedì tu giocherai. Ma alla prossima insufficienza sono io che ti sbatto fuori dalla squadra. Vattene ora.-
Tenendosi il collo dolorante, Sena si alzò in piedi osservando il suo capitano. Grazie a Dio poteva giocare, fu il suo primo pensiero. Il secondo fu che non sarebbe stato facile mantenere alti i suoi voti.
-Hiruma-san, io...-
-Vattene, tappo di merda. Devo pensare. Tu dopodomani giocherai, questo è quello che conta.-
-Io volevo solo dire...-
-Quante volte devo ripeterti di toglierti dalla mia vista? Devo di nuovo appenderti al muro per farti stare zitto?!-
Sena saltò di paura quando gli occhi sottili di Hiruma si fissarono sui suoi. Era pericoloso in quel momento.
Uscì senza dire una parola. Avrebbe giocato, ma per quanto? Si sentiva un cretino. E in assoluto, non aveva idea di come affrontare Hiruma una volta finita quella giornata di scuola.
Durante gli allenamenti non si guardarono nemmeno in faccia, la squadra non sapeva nulla, eppure avevano capito perfettamente che qualcosa non andava. Sena era rigido come un a lastra di marmo e Hiruma era espressivo quanto un pezzo di ghiaccio.
Mamori, che non era certo una stupida, si rese conto che tra il fantomatico Eyeshield21 e il loro capitano ci doveva essere qualche discorso in sospeso... Allora strinse forte la cartelletta che aveva al petto e si avvicinò ad Hiruma circospetta.
-Hiruma-kun, è successo qualcosa tra te ed Eyeshield-kun?-
La bolla di gomma da masticare esplose con un flebile pop ed un'espressione falsamente interrogativa. Sapeva di non star contenendo il suo...disappunto.
-Uh? Chi? Quel cerebroleso? No, perché?-
-Ah, no, insomma... Era un'impressione. Ma sei sicuro?-
-Si ti ho detto che non ha nessun problema col cerebroleso qui presente.-
-No, perché, sai, in squadra è meglio non avere incomprensioni, tra due giorni avete una partita importante e...-
-Sì, manager del cazzo, ora vedi di tornare a fare il tuo lavoro. Oggi avete tutti il brutto vizio di parlare quando non sono dell'umore. Sparisci, secchiona di merda.- E lanciò una palla alla scimmia che, presa alla sprovvista, riuscì a prendere la palla con una mossa da contorsionista esperto.
Mamori, un po' sconvolta per il tono del capitano, se ne andò sdegnosa al suo posto mettendo il broncio. Era veramente una persona orribile.
Bene o male e dopo aver sfacchinato per ore, la squadra si ritirò in spogliatoio per cambiarsi.
Hiruma fu il primo ad entrare e il primo ad uscire dalla stanza, limitandosi a togliersi le protezioni, mettersi malamente la divisa e dire sbrigativamente a Kurita, ancora sul campo con gli altri, di dire a Sena che lo avrebbe aspettato in casa quando avesse finito. Doveva sbrigare alcune faccende. 
Sena era semplicemente desolato. Entrò nello spogliatoio, si tolse il casco e rimase per un attimo con la testa fra le mani seduto su una panca.
Monta lo vide e gli si avvicinò subdolamente al fianco.
-Sena! Che ti prende oggi? Sei un pezzo di gesso!-
Sena sollevò gli occhi per guardare il compagno.
-Monta... sai perché hanno chiamato Hiruma in presidenza oggi?-
-Eh? No, non ne ho idea! Non ci ha detto nulla! Perché questa domanda?.
-Sono al di sotto della media consentita per giocare nel torneo.-
-Eh?! Stupore MAX! Ma non facevi tanto schifo! Che è successo?-
Un attimo di silenzio. Erano ormai soli nello spogliatoio.
-Sai, da quel giorno... diciamo che erano più le volte che consegnavo in bianco di quelle che prendevo la sufficienza.-
Monta strabuzzò gli occhi e fece un salto urlando:
-Mukkya!! Come diavolo facciamo lunedì?!-
-Sta zitto, non urlare!-
La scimmia si guardò intorno come se stesse cospirando segretamente e ripeté la domanda con più calma.
-Hiruma è riuscito ad aggiustare le cose, solo che... avresti dovuto vederlo. Era davvero un demone, quando gli ho parlato questa mattina. Ho paura a tornare a casa, hehehe…- Si grattò la testa, dissimulando il terrore che aveva in realtà.
Monta, per contro, sembrò non capirlo e guardò per aria pensoso. -Bhe, se giochi non è certo un problema! Dalla prossima settimana ti metti sotto con lo studio e recuperi in un batter d'occhio, che problema c'è? IMPEGNO MAX!- E si mise a ridacchiare. -Dai, cosa vuoi che ti dica? Ti dirà quello che ti ho detto io, magari alla Hiruma ma non ti può che dire altro! Mukkya! Dai, muoviamoci! se è solo questo il tuo problema, prima metti a posto la faccenda prima te la sbrogli!-
La faceva facile, lui.
Sena sospirò e si vestì con calma.
Non era certo rilassato quando fece scattare la serratura dell'ingresso, irrompendo nell'insolito silenzio che c'era in casa. Di solito, il televisore era perennemente sintonizzato su un canale americano di football.

 -Non fiatare e vieni qui, devo parlarti. Forse non ti mordo nemmeno.-
La voce di Hiruma, seduto al tavolo della cucina mentre guardava dei fogli, gli fece fare l'ennesimo salto della giornata.
Titubante, si avvicinò al tavolo e si sedette a un cenno del padrone di casa, ancora un po' incerto.
-Questo te lo devo. Mi scuso per la reazione di questa mattina.-
Fece una pausa. Realizzando quello che aveva detto e lasciando il tempo a Sena, che sotto schok era dire poco, di riprendersi dalla sorpresa. Non si aspettava delle scuse, da Hiruma.
-Dimentico che informare gli iscritti è mio dovere, dato che sono il presidente. Ho dato per scontato che qualsiasi idiota sapesse una cazzata del genere.-
Sena deglutì, piccato. 
-A parte questo, se decidi di continuare a  fregartene in questo modo, mi procuro un altro runningback e ti spedisco a Pechino.-
Ci fu un silenzio assordante, di quelli in cui si riuscirebbe a sentire anche il rumore dei passi di una formica o il battito d'ali
di una rodine.
Sena non sapeva che dire, Hiruma aveva ragione ma... non poteva fargli questo!
-Hiruma-san, io...-
-Tu cosa, cretino?-
Gli occhi del biondo lo stavano uccidendo. Aspettava che dicesse qualcosa ma Sena aveva paura di sbagliare parole. 
-Io non volevo creare tutto questo casino. Non lo sapevo e...-
-E cosa? Informati nano di merda, non può esistere per sempre la tua Mamorinee-chan che ti tira fuori dai tuoi problemi, così non ci potrò essere sempre io a salvare il culo della mia squadra. Te l'ho detto anche questa mattina. Svegliati. Devi cavartela. Ficcati in quel cervello da mentecatto che ti ritrovi che sei solo, ora più che mai. Anche per ovvi motivi.-
Sena fissò il tavolo. Faceva male. Hiruma infierì.
-Tua madre è morta e hai rifiutato tuo padre per allenarti. Ora chi hai? Noi? Forse. Ma non siamo una famiglia, abbiamo la nostra a cui pensare. E io che come hai visto sono a lato pratico senza... non ho l'aspirazione di diventare padre di un moccioso a diciassette anni. Fai un favore al mondo e cresci.-
Faceva sempre più male, non riusciva più a trattenere le lacrime.
Hiruma era impassibile, davanti a lui, mentre lo vedeva piangere. Gli aveva fatto del male gratuitamente e non ne andava fiero ma era necessario. Se a lui non avessero fatto un discorso del genere a suo tempo quel giorno non sarebbe stato lì. In più, Sena Kobayakawa se la meritava, quella violenza verbale, di questo era certo.
Si alzò, guardandolo dall'alto in basso.
-Sei patetico.-
Sena, il volto nascosto fra le mani, interruppe il suo pianto con un singhiozzo. Cosa stava facendo?
-Cosa vuoi, tappo di merda?-
Già, cosa voleva?
Sollevò lo sguardo, ancora smarrito. -Cosa vuoi, Kobayakawa?-
Ripeté il compagno.
Si alzò in piedi con lo sguardo basso. Voleva soltanto restare? Non più. Hiruma aveva ragione. Doveva cavarsela da solo perché era solo. Non aveva una "famiglia", aveva dei compagni di squadra, su cui fare affidamento in partita. Amici? Non ne aveva mai avuti di amici veri, forse Rikku, forse Mamori ma ormai non contavano più nulla. Cosa voleva ora?
Osò guardare negli occhi Hiruma, in cui lesse attesa. Aspettava qualcosa, una risposta. Quella mattina furioso, poco prima quasi indifferente e ora aspettava solo una risposta alla sua stessa domanda.
Lui cosa voleva davvero?
-Voglio vincere.-
Lo disse lievemente, a malapena sussurrato. Fu sufficiente ad Hiruma per tirare un sospiro di sollievo e mostrare un ghigno dei suoi.
-Dimmi cosa vuoi, nano di merda, dimmi cosa vuole un bastardo senza famiglia più di ogni altra cosa?-
-Voglio vincere, fottuto akuma!-
Sta volta era stato un urlo. Non sapeva nemmeno perché aveva aggiunto quelle parole, ma l'aveva fatto e... ed era liberatorio.
-Sei uno stronzo. Sei un narcisista, mi hai costretto a giocare a football con la forza, mi hai obbligato ad essere forte per la tua fame di vittoria e sei così dannatamente subdolo che sei riuscito a farmi diventare esattamente come te! Ho abbandonato mia madre agli psicofarmaci restando in America! Io lo sapevo in che stato era! - Hiruma questo non lo sapeva, ne restò stupito e forse un po’ turbato, lì per lì; -E' colpa tua e del football se ora mi ritrovo così. Però l'ho fatto.- disse, perdendo tutta la sua sicurezza nelle ultime battute.
Hiruma si avvicinò pericolosamente al suo viso, gli storse la testa prendendolo per i capelli e lo costrinse a fissarlo.
-E perché l'hai fatto, nano di merda?!- gli abbaiò contro.
-Per vincere.-
Il ghigno si allargò: -Questa è la risposta giusta, tappo del cazzo.- sussurrò di risposta.
Fu un lampo. Hiruma si abbassò su di lui e lo baciò, mordendogli le labbra, facendogli male, ma Sena non ebbe nemmeno il tempo di realizzare quello che era successo che l'altro si  era già allontanato, lasciandolo inebetito sul posto, per poi uscire di casa.
Cosa aveva fatto?
Cosa diamine aveva fatto?!

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Capitolo 3
*** Second Field ***


Si può dire che Youichi Hiruma fosse stato particolarmente precoce.
Il suo primo rapporto con una donna risaliva ai tempi in cui frequentava la base americana, avvenuto con una tizia completamente fatta e ubriaca fradicia. Non lo aveva esaltato, in definitiva, così aveva iniziato a cercare qualcosa di meglio;
Finché uno della base totalmente ubriaco, dopo l'ennesima sconfitta a poker, non aveva scommesso che non sarebbe mai riuscito a portarsi a letto John, uno dei giocatori di football.
La posta in gioco era alta e con un ghigno aveva accettato la scommessa.
Era bastato vederlo in divisa per convincersi che non era stato una così cattiva idea accettare ed era bastato fare un po' il lascivo per vincere.
Gli era piaciuto molto di più di quel che avesse mai pensato, quella sveltina nel bagno degli spogliatoi.
Per qualche anno aveva frequentato molti uomini perché lo divertiva far capitolare quarantenni ammogliati e con figli tra le sue spire di lolita maschile e, il più delle volte, attiva.
Finché non aveva guardato meglio Musashi, decidendo di mettere la testa a posto, sessualmente parlando, e mettendo del tutto fine alla sua carriera di… puttanella gay, come mentalmente si autodefiniva.
Dopo la pietosa dichiarazione che per di più non era servita a niente, aveva iniziato a pensare che non ne valesse la pena, che era meglio scopare del fare l'amore, cosa che per altro non aveva mai fatto in vita sua. Aveva rifiutato a priori relazioni con coetanei, che avrebbero potuto invaghirsi di lui e portargli noie non indifferenti, per preferire uomini adulti e maturi, in cerca di avventure fini a sé stesse. Quando trovava un pesce grosso e grasso non faceva che scattare qualche foto giusta per garantirsi un vitalizio mensile dignitoso per qualche tempo.
Ora, fuggito letteralmente da casa propria, solo sulla panchina di un parco pubblico, pensava.
Che gli era preso?
Non agiva mai senza pensare, quella volta si era ritrovato nel mezzo di un’azione totalmente irrazionale e immotivata. Che bisogno c'era di fare quello che aveva fatto al tappo merdoso?
A momenti lo mangiava nella foga.
Non riusciva a capacitarsi dell'accaduto e lì rimase, qualche minuto, quasi in totale assenza di pensieri logici.
Si alzò di colpo. C'era qualcosa di molto peggio.
Dopo due giorni avrebbero avuto la partita più importante della loro vita, contro gli Amino Cyborg, e lui non si stava allenando per pensare a una cosa così irrilevante come un bacetto del cazzo?
‘fanculo. Ora sarebbe tornato a casa e avrebbe fatto sgobbare il nano. ‘affanculo tutto, dovevano vincere.
 
 
 
 
Conferma definitiva: Hiruma Yoichi era gay.
Che un suo compagno di squadra lo fosse non lo sconvolgeva, in fondo lo era anche lui. Almeno ne era quasi certo. La cosa assurda era che lo fosse Hiruma Yoichi. Che lo fosse e l'avesse...baciato. Lui, poi. Perché, soprattutto?
Quando Hiruma l'aveva lasciato da solo in casa era rimasto sconvolto nel mezzo della cucina con, supponeva, un’espressione che esprimeva di tutto meno che tranquillità e sanità mentale, per poi riscuotersi e farsi una lunga doccia. Che era preso al suo capitano?
Scrollò la testa lasciando schizzare in giro le gocce d'acqua rimaste sui capelli. Beh, e adesso? Voleva dire, avrebbe passato da qual momento in avanti tutto il suo tempo diviso tra studio e allenamento, ma questo cosa avrebbe comportato? Oddio, non poteva nemmeno immaginare…  Ma poi, perché lui? Che Hiruma fosse interessato a...
No, non poteva essere, certo, si sarebbe spiegato il perché l'avesse voluto trattenere ad ogni costo lì a Tokyo ma la nuova teoria faceva a pugni con la sua concezione di Hiruma. L'aveva trattenuto perché era Eyehield21, giusto?
"Si, sicuramente è così." Decise che non era troppo rilevante. Insomma, non ne sapeva il motivo ma Hiruma avrà avuto le sue ragioni. Faceva mai qualcosa senza uno… scopo preciso?  
Si toccò le labbra, leggermente gonfie dopo quel… morso particolarmente violento.
No. Un attimo. Qualcosa non andava per niente. 
Era stato il suo primo bacio, realizzò di colpo. Il suo primo bacio, rubato dal proprio capitano di un club scolastico sportivo e in un momento che aveva tutto fuori che della situazione romantica. Sì, insomma, erano pur sempre cose che facevano la differenza.
Si accigliò, constatando il quanto la cosa non gli andasse minimamente a genio.
Anzi, quasi era arrabbiato.
Come si era permesso di… di violarlo a quel modo? Dio, Hiruma era il peggior essere umano del giappone, anzi no, del mondo intero!
No, doveva stare calmo, niente panico, niente piagnistei. Ce la poteva fare, non era il periodo dell’anno adatto per litigare col proprio capitano, per quanto... Per quanto potesse avere grossi difetti.
Si guardò allo specchio, per la prima volta da tempo. Odiava guardarsi troppo perché assomigliava tremendamente a suo padre.
Quasi non si riconobbe. Durante quell’estate in cui si era allenato come un cane alla Death March e dopo tutto il tempo passato da solo a correre ogni momento disponibile, aveva finalmente messo su qualche muscolo, era cresciuto di un paio di centimetri e i suoi occhi... non sapeva nemmeno lui cosa avessero ma erano un po' diversi.
Scosse la testa. Si, doveva mettere da parte tutto. Da lì a due giorni avrebbero avuto la loro prima partita di torneo e non aveva dimenticato quello che aveva urlato in faccia ad Hiruma. Voleva... vincere.
E avrebbe vinto, per il bene suo e della squadra.
Gli assi sono tali perché non vengono mai sconfitti.
Vacillò nelle sue convinzioni e abbassò lo sguardo sul lavandino. Lui un asso? Da quando? 
Si mosse di scatto verso la camera da letto, si mise addosso una tuta e si preparò ad uscire. Avrebbe lasciato un biglietto per Hiruma sul tavolo e si sarebbe ammazzato di allenamenti finché non lo avrebbe visto tornare.
Fu in quel momento che Hiruma aprì la porta pronunciando irato e dagli occhi iniettati di sangue alcune parole:
-Allenamento, ora. Tutto il resto è rimandato al dopo partita, nano di merda! Muoviti!-
Sena, in realtà, si stava allacciando una scarpa lì in cucina e guardò Hiruma un po' storto, anche se arrossendo impercettibilmente.
Uscirono di casa in pochi minuti e raggiunsero la scuola e la squadra letteralmente di corsa. Correre con Eyeshield21 aveva fruttato a Hiruma un ulteriore abbassamento dei suoi tempi, anche se solo se per brevi tratti. Non poteva che essere un'ottima cosa. Erano le tre del pomeriggio. Tornarono solo dopo delle ore, verso le dieci, dopo essersi fermati a mangiare, in religioso silenzio, in un bar che a richiesta cucinava cibi iperproteici.
Quando tornarono non erano che troppo stanchi per fare qualunque cosa che non fosse dormire e senza fare parola del fatto avvenuto, se ne andarono nelle loro stanze. Hiruma dopo un tentativo, preferì dormire sul divano. Avrebbe dovuto comprarsi quantomeno un futon decente, o decidersi a trovare un appartamento o, cosa che non avrebbe mai fatto, cercare un deposito per spostare tutte le sue armi e riappropriarsi della seconda camera da letto, attualmente utilizzata ad arsenale. Ma quell’ipotesi non poteva essere contemplata seriamente. Il suo Uzi, il suo ingram… ‘sti cazzi. Si sarebbe arrangiato in qualche modo.
 
 
Domenica. Il sole non era ancora sorto e non era nemmeno l’orario della sveglia generale per i soliti allenamenti, peccato che Sena fosse sveglio comunque. Gli sarebbe piaciuto avere un vizio qualsiasi con cui scaricare la tensione. Il fumo no, il fumo avrebbe fatto male a lui e alle sue corse, ma anche qualcosa come le gomme americane di Hiruma sarebbero andate bene. Si mise a guardare il cielo ancora stellato, sperando che sortisse un effetto simile.
Più tempo passava più il… gesto di Hiruma gli bruciava. Rasentava la paranoia. Si, ok, gli era piaciuto. Però non era giusto! Non Hiruma e non a quel modo! Soprattutto non lui!
Gli bruciavano le guance e sapeva di essere diventato rosso pomodoro maturo.
Scosse la testa e respirò a pieni polmoni l’aria del mattino, calmandosi un minimo.
In realtà non pensava, non riusciva ad organizzare le idee e le uniche parole che riusciva a formulare sotto forma di pensiero pressappoco coerente erano “Cosa…?” e “Perché?!”. il resto erano farneticazioni che non riusciva nemmeno ad esplicitare in modo chiaro.
Si perse a fissare il tetto di una casa in lontananza senza vederlo davvero. Oltre a tutto, la partita dell’indomani gli metteva ansia, un’ansia folle.
Era riuscito a essere ammesso per puro caso, per pura fortuna… e soprattutto grazie allo stronzo che gli aveva rubato il suo primo bacio. Sua madre era morta, lui e suo padre si odiavano a vicenda, erano settimane che non vedeva nessuno al di fuori dell’orario scolastico o al di fuori degli allenamenti, non parlava con Mamori da una vita, almeno così gli sembrava, se non come Eyeshield21 e la maschera di Eyeshield21 gli stava sembrando sempre più superflua ed inutile.
Cosa importava? Non avrebbe cambiato club nemmeno sotto tortura e se Mamori avesse piantato grane le avrebbe sputato addosso che non era più il bambino che credeva che fosse. Forse. Almeno credeva. In fondo in fondo aveva ancora qualche dubbio. Tipo la storia dell’asso. Non era un asso. Era una persona normale che sì, sapeva correre un po’ più velocemente della media, ma nulla di più. E quel nome che si portava ricamato addosso, Eyeshield21, gli dava quell’aria da macchina da football che faceva solo presagire le grandi cosa che non era in grado di compiere. Non ancora, almeno. Dubitava, però, che sarebbe mai riuscito a fare qualcosa di diverso da quel che stava facendo in quel periodo. Devil Bat Ghost? Era solo un modo diverso e più elaborato, a parole, per scartare un avversario.
Ora basta. Doveva fare qualcosa o sarebbe impazzito.
Scese dal davanzale dove era seduto e si avviò verso il bagno. Passò accanto allo studio e intravide Hiruma, raggomitolato sul divano e fatto su in una coperta. Pensò che se era riuscito a dormire, quella notte, sebbene sul divano, non dovesse aver dato molto peso alla cosa che invece stava assillando lui.
Entrò in bagno, si lavò e si vestì con movimenti meccanici.
Sarebbe stata una giornata lunga.
 
 
“Non muoverti, rimani dove sei e lui non si accorgerà che non stai dormendo.”
Questo era stato il pensiero di Hiruma, sotto un plaid arraffato da una montagna di riviste miste a munizioni posizionata nel suo sgabuzzino da notte.
Solitamente non fuggiva dai problemi, quella volta aveva deciso di farlo per quieto vivere. Anche se non sapeva se fosse meglio lasciare tutto in sospeso fino a fine partita o se era meglio mettere le cose in chiaro fin da subito, almeno da non avere casini durante la partita.
Poi, mettere in chiaro cosa? Conoscendosi, sapeva che l’aveva fatto per una questione di affinità momentanea, vedere Sena finalmente incazzato per qualcosa l’aveva esaltato. D’altro canto, lui non aveva interessi per il tappo, lui era fissato esclusivamente con quel vecchio di merda che non se lo cagava di pezza e che, anzi, molto probabilmente lo schifava da quella giornata fatidica.
…certo che era un vero masochista a tirar fuori, di primo mattino, l’unico pensiero che era in grado di ferirlo anche a distanza di più di un anno.
Quanti problemi che si stava facendo. Quell’approccio fisico era stato causato da un attimo di defaillance e nient‘altro.
Figuriamoci se gli poteva interessare il tappo. Nemmeno in un’altra vita, nemmeno fosse l‘ultimo essere respirante sulla faccia della terra. 
Anche se doveva ammettere che aveva un bel culo.
No. Aspetta, aspetta, aspetta… cosa aveva appena pensato? Che aveva un bel culo? E da quando si era messo a guardargli il culo?
Forse da quando ti corre davanti per tutti quegli allenamenti che una volta erano individuali…
Gli suggerì una voce melliflua. E forse forse la voce melliflua aveva ragione. 
Decise di non pensarci più. E che ‘affanculo l’idea iniziale, appena gli sarebbe venuta voglia di alzarsi da quel divano mefitico avrebbe stabilito qualche altra regola per il  suo ospite. Sempre se lo sarebbe stato ancora. Poteva sempre andarsene, come aveva fatto Musashi.
 
 
-Ma anch’io sono.. Bhe, insomma, gay.-
Mezz’ora dopo, Hiruma si era alzato rivelandosi già vestito dal divano, aveva raggiunto con cipiglio minaccioso il marmocchio, intento a non far rumore davanti alla sua tazza di caffè, e aveva sbraitato qualcosa, di come lui fosse “un frocio della peggior specie” e che se a lui non stava bene la cosa, era libero di andarsene.
Sena aveva ascoltato con calma, stranamente con calma, per poi dire quelle semplice parole che spiazzarono completamente Yoichi Hiruma come poche altre nella sua vita.
-Co… cosa vorresti dire con gay?-
Sena sbuffò, ancora calmo.
-Se devo dirlo con un termine tuo, per farmi capire meglio dalle tue orecchie da elfo, sono frocio anch’io.-
Hiruma si buttò su una sedia della cucina col volto stralunato. Che stava succedendo?
-Eh. Ah. E allora…?-
Sena sbottò, finalmente, vedendo e sentendo l’indecisione nei modi e nella voce del biondo.
-E allora mi fa solo arrabbiare il fatto che tu ti sia permesso di.. Di fare quello che hai fatto. Senza un motivo, poi.-
“Il motivo sei stato tu che tiri fuori i coglioni per la prima volta in vita tua.” “E la cosa mi ha…eccitato.”
Non lo disse, né il suo pensiero né il pensiero proveniente da quella vocetta fastidiosa ed untuosa che da un poco gli stava suggerendo probabili verità.
Si limitò: -Mhpf.-
Sena si alzò di scatto, sbattendo le mani sul tavolo con forza. -E’ tutto quello che sai dire?! Tu ti prendi il mio primo bacio e..-
Si bloccò. L’aveva detto. Non voleva dirlo. L’aveva detto?
Hiruma finalmente capì dove stava il problema e rise come un pazzo, riprendendo tutta la sua baldanza d’un colpo solo.
L’altro si limitò ad arrossire “Perché l’ho detto?!” e a spostare lo sguardo, interessato a una macchia sulla parete accanto a lui.
-Vorresti dire che… kekeke… Ecco il vero problema, allora. Il tappo mai stato baciato… Oh, andiamo. E’ stato solo un bacetto innocente, che vuoi che sia…-
Sena si mosse, voltandogli le spalle.
-Che hai da ridere? Tutto questo conferma solo la mia teoria. Sei solo un pezzo di…-
Hiruma si era alzato, aveva scavalcato il tavolo e ora si trovava davanti a lui.
Che gli prendeva? Era serio, tutt’a un tratto. Che gli stava succedendo? 
Sena si ritrovò di nuovo a provare a tenergli testa, senza sapere né il perché né il come.
-Ti sembra un comportamento di una persona matura mettersi a ridere perché… perché un tuo compagno di squadra ti confessa che non aveva mai ricevuto… Oh, insomma. Come se quei morsi possano essere considerati baci!-
Hiruma ghignò, ma ancora con gli occhi seri.
-Oh, allora il piccolo Sena vuole una dimostrazione della mia umanità tramite…  un bacio?-
-NO!-
-Oh si, che la vuoi. Credi che io non sia in grado di battere le tue aspettative da scolaretta alla prima cotta?-
-Io non sono una scolaretta!- “E certo NON alla prima cotta!”
-E allora cos’aveva che non andava il bacio di prima?-
-Io… io non volevo una cosa del genere!- Sbottò, distogliendo lo sguardo e fissando il terreno. 
Hiruma si fece più vicino.
-Cosa volevi? Sentimento? Ne sono capace, cosa credi?- Era… risentito. Era un uomo, dopotutto, oltre che demone, e la gente sembrava non capirlo.
Per i gusti di Sena, Hiruma era pericolosamente vicino, decisamente fin troppo. E il suo discorso, mentre le guardava negli occhi, gli trasmetteva una sensazione di malessere e… solitudine.
-Mi rispondi, nano?-
-Io… non lo so.-
Hiruma sembrava solo piatto, era un mostro che non aveva pietà per gli altri, era il peggior schiavista che si potesse immaginare, voleva solo vincere, i mezzi non gli importavano, era crudele… eppure, dava tutto sé stesso. Non sapeva cosa fosse Hiruma perché non riusciva a capirlo. Non sapeva mai cosa pensare quando provava a focalizzarlo. E anche durante quella convivenza, era solo riuscito a capire che forse era più riflessivo di quel si potesse pensare.
Tenne lo sguardo basso, incapace di reagire, torcendosi le mani. Odiava quel genere di situazioni. Le odiava davvero.
-Bene. Allora sono tutti cazzi tuoi.-
 
 
 
Hiruma, d’altro canto, non riusciva a capire sé stesso da sempre. Aveva bisogno costante di attenzioni, avrebbe voluto essere in grado di dire apertamente ciò che sentiva e pensava, ma aveva sempre avuto una maledetta paura di essere inculato a sangue da chiunque avrebbe potuto conoscerlo. Probabilmente era colpa della sua situazione famigliare. Il suo atteggiamento era solo una conseguenza di questo, eppure era diventato parte integrante di lui, l’atteggiamento era diventato il vero Hiruma e il vero Hiruma non sapeva più come fare per farsi capire, senza quel modo di fare che aveva costruito ad arte. Dopo Musashi, poi, si era accentuato come di sua spontanea volontà e lui aveva lasciato, in qualche modo, che prendesse il controllo. Era maledettamente comodo, oltre che divertente.
Quindi, non avrebbe mai capito perché si fosse piegato nuovamente verso il compagno e gli avesse preso il viso tra le mani, sollevandogli il mento, guardandolo fisso negli occhi e, con un ghigno che di spietato aveva nulla, ma che di sardonico aveva tutto, l’aveva baciato di nuovo, lentamente e più a lungo, sinceramente divertito dal rossore che aveva imporporato le guance di Sena.
In quel momento, dopo aver ricevuto in pieno viso una scatola di biscotti in ferro, e sdraiato sul suo futon di quarta categoria, tratteneva a stento le risate, dimentico delle motivazioni che l’avevano spinto a farlo, e ripensando al momento in cui Sena, viola, gli aveva dato una spinta, aveva urlato come una bambinetta e ad occhi chiusi aveva preso il primo oggetto disponibile e gliel’aveva tirato addosso correndo nella sua stanza.
Era stata la scena più comica della sua intera esistenza.

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