Annie

di MeiyoMakoto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** il patronus ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** cuore di crine di thestral ***
Capitolo 4: *** ora capisco ***
Capitolo 5: *** bacchetta di sambuco, non cavi un ragno dal buco ***
Capitolo 6: *** la triste storia di jared lovegood ***
Capitolo 7: *** fine ***



Capitolo 1
*** il patronus ***


‘Guardami, Ariana.’

Nessuna reazione.

‘Sei sicuro che funzionerà?’

‘Lasciami solo con lei, Albus.’

‘Solo?’

‘Sì. E vedi che Aberforth non venga a disturbarci.’

Albus esitò, combattuto tra l’istinto di non dare mai troppa fiducia a nessuno e il profondo sentimento che lo legava all’amico; alla fine prevalse quest’ultimo, e il ragazzo si allontanò a malincuore, chiudendo la porta alle sue spalle.

‘Annie.’

La giovane strega si voltò con un sorriso di gioia. Vedendo però che non era stato Aberforth a chiamarla col nomignolo che usava soltanto lui da quando la madre era morta, gli occhi le si riempirono di lacrime.

‘Abe?’, mormorò con lo sguardo fisso in un punto alle spalle dell’altro, quasi sperasse che l’amato fratello si nascondesse dietro il mago sconosciuto.

Gellert scosse la testa lentamente.

‘No, Annie. Lionel.’, aggiunse battendosi una mano sul petto per indicare che quello era il suo nome (Sapeva che se le avesse detto come si chiamava veramente, Aberforth prima o poi avrebbe scoperto che l’aveva vista, e allora sì che sarebbero stati dolori…)

‘Lion.’, mormorò Ariana trasognata: il nome le piaceva, così come il sorriso conciliante del nuovo arrivato.

‘Lion!’, esclamò infine soddisfatta.

Gellert annuì, sempre sorridendo.

Benedetta ragazza, si fida di chiunque le dica una parola gentile, pensò sollevato, Non come i suoi fratelli… Questo renderà tutto più facile.

‘Allora, Annie. Ti piacerebbe vedere una magia?’

Alla parola magia la strega trasalì e si dimenò sulla sedia, terrorizzata.

‘Scusa. Scusa…’, cercò di calmarla Gellert, maledicendosi per la propria stupidità: avrebbe dovuto intuirlo, che suo fratello l’aveva educata al più completo orrore dei propri poteri, per il suo stesso bene.

Ariana infatti era corsa verso il muro, come se cercasse protezione dalla stanza che le era così familiare, e aveva tutta l’aria di essere in procinto di urlare come un’ossessa.

‘Ti piacciono le capre, Annie?’, disse Gellert tutto d’un fiato prima che potesse realizzare il suo proposito, colpito da un’improvvisa illuminazione.

La ragazza si rilassò all’istante: capre significava Abe, ed Abe significava affetto, quindi Lion non poteva avere che buone intenzioni.

Gellert si rilassò e si guardò intorno: la stanza era piena di bizzarri schizzi azzurrini che, se uno si dava la pena di osservarli, mostravano chiaramente delle capre.

Il Patronus di Aberforth!, pensò subito.

Forse dopotutto alla piccola non erano stati nascosti tutti gli incantesimi.

‘Expecto Patronum!’

La ragazza arrossì di gioia e si preparò allo spettacolo.

Subito una splendida volpe azzurrina si librò in alto. Ariana batté le mani, estasiata. Gellert sorrise e mormorò qualcosa alla volpe, che si avvicinò alla ragazza e le disse, con la stessa voce flautata di “Lion”:

‘Ciao, Annie!’

‘Ciao! Ciao!’, rispose lei entusiasta, agitando la mano.

La volpe fece un cenno e sparì, lasciandola incredula e felice.

‘Ti piacerebbe farlo anche tu?’, chiese Gellert cautamente.

Non ci fu nessuna risposta, e per un attimo il ragazzo credette che non avesse capito.

Poi la testa bionda annuì energicamente. Gellert le aprì dolcemente la mano e vi posò sopra la propria bacchetta. La ragazza la ritrasse come se si fosse scottata.

‘No!’- esclamò- ‘Abe dice di no!’

‘Lion dice di sì.’ -ribattè l’altro- ‘E anche Abe lo fa, no?’

‘Abe può. Io no.’

‘Te lo ha detto Abe?’

‘No.’

‘Alby, allora?’

‘No…’

‘E allora come lo sai che non si può?’

‘Lo so e basta.’

Non era un rimprovero, ma una spiegazione.

‘Capisco. E non ci hai mai provato?’

‘No.’

‘Forse se ci provi ci riesci.’

‘Però potrei fare qualcosa di brutto, invece.’

Gellert ci pensò su.

‘D’accordo.’, disse infine.

Ariana sorrise, nuovamente rassicurata.

‘Che facciamo adesso?’

‘Non lo so. Tu che vuoi fare?’

‘Raccontami una storia.’

‘D’accordo. Che storia vuoi?’

Ghiozza, la capra Zozza.

‘Sicura che vuoi proprio quella?’

‘Sì, è quella che piace ad Abe.’

‘E se te ne raccontassi una che piace a me?’

‘A me piacerà?’

‘Credo di sì.’

‘E allora racconta, dai.’

‘C’era una volta una bellissima ragazza che si chiamava Annie….’

‘Come me?’

‘Come te. Allora, questa ragazza un giorno andò nel bosco.’

‘Il bosco di Ghiozza?’

‘Sì. E lì incontrò un animale grande e grosso.’

‘Oh! E che animale era?’

‘Un leone.’

La ragazza rise di gusto.

‘Quindi era buono?’

‘Sì, era buono, e diventarono amici. Un giorno il leone disse ad Annie: “Ti faccio conoscere una mia amica.” E così le presentò la sua amica volpe. Annie fu subito contenta di conoscerla, ed insieme vagarono nel bosco finché non incontrarono Ghiozza la capra Zozza e insieme si rotolarono e si rotolarono giù per le dolci colline finché non furono tutti lerci e felici come non mai.’

‘E anche Abe ed Alby si rotolarono con loro?’

‘Certamente.’

‘Mi piace questa storia.’

 

 

‘Un Expecto Patronum?! Ma sei impazzito?!’

‘Fidati, Albus: tua sorella è dotata. Le serve solo un po’ di aiuto per canalizzare la sua magia.’

‘Sì, beh, se mi esplode casa saprò chi ringraziare!’

‘E se invece non esplode? Se stessi esagerando? Dopotutto me l’hai dipinta come una specie di psicopatica, mentre invece è solo ingenua e spaventata.’

‘Ma di che stai parlando? Quando le parli non risponde, come se non ci fossi!’

‘Forse non risponde a te: hai mai provato a chiamarla Annie, come fa Aberforth?’

Il giovane arrossì, mortificato dalla facilità con cui l’amico aveva scoperto il trucco che lui si scervellava da anni per trovare.

Gellert se ne accorse e gli sorrise dolcemente.

‘E poi non vale la pena di tentare?’ -continuò- ‘Pensa a come sarebbe bello poter andare da tuo fratello e dirgli: “Guarda, io e il mio amico che tanto ti dispiaceva siamo riusciti a guarire Ariana!” Allora sì che tornereste uniti come una volta!’

Gli occhi di Albus brillarono a questa prospettiva.

‘Grazie mille, Gellert. So che avresti bisogno di ogni secondo del tuo tempo per lavorare al nostro grande Progetto, eppure capisci quanto sia importante per me e ne sacrifichi un po’.’

‘A che servono gli amici, se no? E poi al nostro Progetto ci lavorerai tu, in mia assenza.’

‘Lo farò, non dubitare. Per te e per il Bene Superiore.’

 

 

 

Nota dell’autrice: ‘Ghiozza la capra Zozza, come saprà chi ha letto le Fiabe di Beda il Bardo, è veramente la storia preferita di Aberforth Silente, mentre suo fratello, prevedibilmente, preferiva la Storia dei Tre Fratelli.

 

  

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


‘Albus, io…’

Aberforth si bloccò alla vista di Gellert seduto comodamente sul divano; ormai avrebbe dovuto esserci abituato, eppure…

‘Tu cosa? Stavi per dire che esci?’, chiese Albus.

‘Sì… Cioè no. Volevo…’

‘Oh, piantala. Lo so che avevi intenzione di andare a fare la spesa, hai addosso il mantello e in mano il paniere.’

‘Hmm.’, fece l’altro laconico, sempre tenendo d’occhio l’ospite poco gradito.

‘Di che cosa hai paura, Aberforth?’, commentò questi per tutta risposta.

‘Lo sai benissimo, verme: io voi due a casa da soli non vi ci lascio.’

‘Parli come se fossi tu il maggiore, e non io.’

‘Ah, già, dimenticavo: il pluripremiato e brillante Albus Silente, avendoci… Cioè avendomi fatto la grazia di tornare a dividere con n… con me la grama vita dell’orfano, non ammette che si metta in discussione la sua autorità… Non è così?’

‘Precisamente. Ed esigo che tu tratti i miei ospiti con lo stesso rispetto che io riserverei ai tuoi, se ne avessi.’

‘Meglio soli che male accompagnati… Comunque, tu lo rispetti abbastanza per due. Anzi, oserei dire che ti manda in brodo di giuggiole.’

Gli occhi di Albus mandavano lampi, e il pugno era serrato nella tasca che conteneva la bacchetta.

‘Non dovevi andare a fare la spesa?’, ringhiò.

Fortunatamente suo fratello, consapevole dell’effetto che il duello magico che sarebbe probabilmente seguito avrebbe fatto al piccolo segreto nascosto in cantina, decise che era più prudente dargliela vinta, per questa volta.

‘Stai attento, Al.’, borbottò uscendo.

‘E ora?’, chiese Gellert.

‘Non dovevi andare da Ariana, ora?’

L’altro sospirò.

‘Veramente avevo in mente di andare al vecchio cimitero: c’è qualcosa che voglio mostrarti…’

Per quanto solleticato dall’idea del segreto millenario che avrebbe potuto nascondersi in un cimitero, Albus fu deluso nel constatare che il suo amico aveva cose più importanti della sua amata sorella a cui pensare; per la prima volta il ragazzo si sorprese a chiedersi se forse non sarebbe stato piacevole dedicarsi anima e corpo a qualcosa di diverso dalla Causa.

A Gellert, che lo conosceva come le sue tasche, tutto questo non sfuggì, ma la prospettiva di passare tutto il pomeriggio chiuso in una stanza quando invece avrebbe potuto indagare sulla tomba di Ignotus Peverell era veramente penosa.

‘Forse è troppo presto per andare di nuovo da lei…’, iniziò a dire, ma Albus lo interruppe bruscamente.

‘Sì, come no. Senti, tu vai al cimitero; io ci tornerò un’altra volta.’

‘Come mai?’

‘Resto io con mia sorella.’

Gellert non sapeva se sentirsi sollevato o mortificato.

‘Sul serio, vai.’, aggiunse l’amico con un sorriso debole.

‘Sei sicuro?’

‘Certo. Io qui starò benone.’

‘Va bene, allora… Ci vediamo dopo, eh.’

‘A dopo.’

‘Al?’

‘Sì?’

‘Lei ti vuole un mondo di bene, sai? Dopo Aberforth, sei la persona a cui tiene di più al mondo; forse questa è la tua occasione per conoscerla un po’ meglio.’

Ancora una volta Gellert Grindelwald aveva trovato le parole giuste per consolarlo… O per manipolarlo, avrebbe precisato Aberforth.

 

 

‘Allora, Annie.’

La ragazza si voltò.

‘Alby?’

‘Sì… Alby.’

Subito si ritrovò avvinghiato in un abbraccio così caloroso che avrebbe intenerito anche un cuore di pietra; cercò di rispondere come meglio poteva, ma era poco abituato a certe cose, e gli uscì solo qualche rigida pacca.

‘Ho fatto qualcosa?’, chiese sua sorella mortificata.

‘No, no! Assolutamente!’

‘E allora perché non mi abbracci?’

‘Non lo faccio apposta.’

‘Che vuol dire?’

Il pluripremiato e brillante Albus Silente per la prima volta in molto tempo non trovava le parole.

‘Non te lo so spiegare, Annie.’

‘Però non è che non mi vuoi bene, vero?’

‘Certo che no! Ti voglio tanto bene, lo sai.’

Lei sembrò soddisfatta.

‘Anch’io.’, dichiarò.

Stettero un po’ a sorridersi in silenzio.

‘Che ci fai qui, Albus?’

Lui si voltò giusto in tempo per vedere un lampo d’odio accendersi negli occhi di suo fratello.

‘Abe!’, gorgogliò Ariana al colmo della felicità.

‘Ciao, tesoro. Allora, Al, che ci fai qui?’

‘Sono venuto a trovare Annie, no?’

Annie. Nel sentire qualcun altro pronunciare quel nome Aberforth si irrigidì come se gli avessero dato uno schiaffo.

‘Vattene.’

‘Che cosa? Perché?’

‘Ho detto vattene.’

‘È anche mia sorella, Abe.’

‘Albus, giuro sulla tomba della mamma che se non te ne vai subito faccio un macello.’

‘Ma di che stai…?!’

Expelliarmus!’

La potenza dell’incantesimo lanciò Albus dritto contro il muro, facendo cadere anche un po’ di intonaco.

‘Abe?’, mormorò Annie sconvolta, con le lacrime agli occhi.

‘Smettila! Non ho la bacchetta!’, mugolò Al.

Petrificus totalus!’

La fattura mancò il bersaglio, che si era scansato appena in tempo.

‘Sei pazzo!’

Petrificus totalus!’

Era implacabile, ma suo fratello era abbastanza svelto da schivare i suoi incantesimi deliranti, schivati mezzo alla cieca.

A un certo punto una leggera pressione al braccio destro lo indusse ad abbassare la bacchetta.

‘No, Abe.’, supplicò sua sorella, pallidissima.

‘Annie! Perdonami, tesoro! Non lo faccio più…’

‘Abe… Ho paura… Aiutami…’

‘Di che hai paura, piccola?’

‘Sento che sta uscendo, Abe: esce quando ho paura.’

‘No! Resisti, tesoro, c’è Abe qui; non devi avere paura…’

Era troppo tardi: la ragazza era accasciata al suolo, circondata da forme allucinanti.

Era una scena tremenda: Abe aveva preso sua sorella fra le braccia e la cullava, quasi sperasse di poter bloccare il flusso di magia grezza dondole tutto il suo affetto, ma in fondo sapeva che era inutile: troppe volte aveva assistito alle crisi della giovane strega.

Albus, da parte sua, stava a guardare, terrorizzato. Ogni tanto borbottava: ‘Che posso fare, Abe? Che devo fare?’, ma il fratello non lo ascoltava.

All’improvviso, però, il maggiore si riscosse, e l’ombra di un sorriso gli illuminò il volto per un attimo.

‘Annie, vado a cercare Lion!’- urlò ingenuamente in mezzo a quel delirio- ‘Adesso arriva Lion, non avere paura!’

‘Ma dove vai?’, fece Aberforth.

‘A cercare Gellert.’

‘Gellert?!’

‘Lui può aiutarci, Abe.’

‘Cosa diavolo te lo fa pensare?!’

‘Lo so io. Fidati!’

‘Albus, torna qui!’

Era troppo tardi: in un battito di ciglia il ragazzo si ritrovò al vecchio cimitero.

 

Gellert lo accolse con un sorriso radioso.

‘Al, non puoi capire…’

‘Mia sorella sta male.’

Il sorriso gli si gelò in faccia.

‘È colpa mia?’

‘No, è una lunga storia. Devi venire ad aiutarci.’

‘Ma che posso fare io?’

‘Qualcosa puoi fare, sei l’unica persona.’

‘E perché?’

‘Ha fatto un Patronus, Gell. Avevi ragione.’

‘Senza bacchetta?!’

‘Sì… In realtà era tutto confuso… Penso magia grezza. Però in mezzo a tutto ho visto una colomba azzurra; è stato un attimo, ma ne sono assolutamente certo.’

‘Al…’

‘Ti prego.’

‘E va bene; vedrò che posso fare.’

Gellert non fu mai certo di come avesse preso in mano la situazione in mezzo a quell’inferno, terrorizzato com’era. Fatto sta che un paio d’ore dopo Ariana era al sicuro, affidata alle amorevoli cure di Bathilda, zia di Gellert e amica intima di famiglia. La buona signora aveva suggerito che i ragazzi andassero a fare una bella passeggiata per calmarsi un po’, prima di vedere come stava la paziente.

Albus era ora più che mai affezionato suo amico, e lo avrebbe seguito anche in capo al mondo se Aberforth non gli avesse intimato di fare un discorsetto a quattr’occhi.

I due camminarono per un po’ in silenzio, finché non raggiunsero un boschetto abbastanza lontano da Godric’s Hollow perché Abe si decidesse a sputare il rospo.

‘Perché sei andato a trovarla?’, chiese con un filo di voce.

‘Perché è mia sorella e le voglio bene, come te.’

‘No. Tu non le puoi voler bene come gliene voglio io. Non ci sei mai stato, per tutti questi anni, quando io e mamma sudavamo sette camicie per tirare avanti con lei.’

‘Sì, ora me ne rendo conto. Però sono tornato, no?’

Sulle prime suo fratello non rispose, poi mormorò:

‘Vattene, Al: te lo chiedo per favore.’

‘Andarmene? E voi due?’

‘Noi due staremo da soli. Ci vogliamo bene, non sarebbe un peso per me occuparmi di lei.’

‘Lei vuole bene anche a me, lo sai?’

L’altro si bloccò, e quando si voltò mostrò al fratello il faccione rigato dalle lacrime.

‘Non puoi portarmela via.’ -disse con voce strozzata- ‘Non lei. Tu hai i tuoi premi, hai Gellert… Ma se ti prendi anche lei, a me che resta?’

Albus non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando, era un lato fragile del suo carattere che Abe non aveva mai mostrato a nessuno.

‘Non ti capisco.’

‘Lo so. E dire che tutti ti considerano tanto perspicace… Ma non importa: volevo solo spiegarti che se ti ho attaccato è perché stai minacciando la cosa che ho più cara al mondo.’

‘Io non la sto minacciando, io voglio guarirla: ascolta, Gell ha trovato un modo per…’

‘Le hai portato Gellert?!’

Il tono sconsolato era scomparso, e Aberforth trasudava collera.

‘Sì…’ -rispose suo fratello conciliante, con la mano ben salda intorno alla bacchetta nel caso in cui ci fosse stata un’altra rissa- ‘Ha fatto un Patronus, Abe! Te ne rendi conto? Gellert ha trovato il modo di farle fare un Patronus!’

‘Stammi bene a sentire, Al: se porti quel verme un’altra volta là…’

‘Ma si può sapere che hai contro di lui?’

‘Dice cose strane… Quando mi guarda in faccia è come se stesse mi stesse analizzando… Ti parla come se ti stesse rivelando i più grandi segreti che l’uomo abbia mai conosciuto, quando invece è solo un mucchio di congetture sui Babbani.’

‘Tu non capisci.’

‘Non sarò lo studente più brillante che Hogwarts abbia mai avuto, ma le cose le capisco, e bene anche. Lascialo perdere, dà retta.’

Albus semplicemente non riusciva a concepire che qualcuno potesse considerare il suo amico meno meraviglioso di quanto non pensasse lui.

Si irrigidì.

‘Ha salvato nostra sorella.’

‘No. Bathilda l’ha salvata, lui l’ha solo trascinata fuori casa.’

‘Per l’ultima volta, Abe, non ho intenzione di ascoltarti.’

E sparì con un rombo. Suo fratello sospirò e fece lo stesso.

‘Tutto bene, ragazzi?’, domandò Bathilda con un sorriso stanco.

‘Sì, grazie, Batty. E Ariana?’

‘E come vuoi che stia, tesoro? Comunque si riprenderà. Adesso c’è Gellert con lei, quel caro ragazzo mi ha concesso un attimo di respiro. Anzi, vogliate scusarmi, ma è meglio che vada a riposarmi: è stata una lunga notte.’

I ragazzi annuirono educatamente e la guardarono allontanarsi.

‘Bada.’, sibilò Albus.

‘Solo perché non voglio che Annie peggiori. Ricordati le mie parole, Al: un giorno aprirai gli occhi.’ 

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Capitolo 3
*** cuore di crine di thestral ***


‘Una bacchetta?! Tu sei matto!’

‘È l’unica, Al: deve imparare a canalizzare la sua magia una volta per tutte, altrimenti sarà sempre così.’

Albus non rispose, decidendo che era meglio concentrarsi su quella dannata tomba: perfino lui si rendeva conto che non avrebbe potuto funzionare.

Ariana stava cominciando a rimettersi in forze, ma era un mese, ormai, che era inchiodata al letto. Aberforth non si staccava dal suo capezzale, faticava a mangiare e bere dalla preoccupazione, perché non l’aveva mai vista così a pezzi. Non aveva la febbre, non era ferita e il flusso di magia grezza si era bloccato rapidamente; ma dormiva raramente, e durante la veglia stringeva la manona di suo fratello con quanta forza le permettessero le sue condizioni, e sembrava non riuscire a parlare, se non con balbettii sconnessi.

‘Povera cara,’ -commentava Batty- ‘Deve essere successo qualcosa che l’ha sconvolta: mi ricorda la vostra povera mamma quando capitò l’incidente… Lei si riprese dopo qualche ora, però.’

Albus faceva la sua parte standole il più lontano possibile, temendo la reazione di Aberforth se si fosse avvicinato, e impedendo a Gellert di farle visita.

Il giovane mago infatti, una volta passata la paura, aveva insistito per aiutare sua zia nelle cure, nonostante le proteste dei fratelli, un po’ per curiosità quasi scientifica, e un po’ perché la sorte di quella creatura innocente, diversa da tutti quelli che aveva conosciuto sino ad allora, gli stava veramente a cuore.

L’unica cosa che riusciva a tenerlo lontano da lei erano le ricerche sui Doni della Morte; lui e Albus passavano ore e ore a indagare, studiare e confrontarsi e stavano facendo rapidi progressi.

‘È ora che vada.’ -sospirò Al a un certo punto- ‘Devo fare la spesa, o Abe ed io moriremo di fame.’

Si incamminarono verso casa, godendosi l’aria fredda di Dicembre.

‘Com’è mandare avanti la casa senza tuo fratello a darti una mano?’, domandò Gellert.

‘Un inferno. Quando avremo la Bacchetta costringerò qualche riccone a darmi il suo elfo domestico, così non dovrò più occuparmi di questa roba.’

‘Mi sembra una buona idea. Che fai per Natale?’

Albus si illuminò.

‘Voglio andare nella foresta e tagliare un pino enorme, almeno quindici spanne, e sistemarlo nel salone di casa nostra. Poi io ed Abe decoreremo tutta la stanza, albero compreso ovviamente, e sistemeremo i pacchetti: sarà tutto come ai vecchi tempi, e allora forse Ariana si riprenderà, sentendosi a casa.’

Gellert sorrise calorosamente.

‘Di tutte le belle idee che hai avuto, questa è senza dubbio la migliore.’, dichiarò.

Non gli chiese se poteva dare una mano, sapeva che era una cosa di famiglia, ma cominciò a pensare anche lui al regalo che avrebbe potuto fare a quella bella famigliola.

Il Natale andò esattamente come Albus aveva sperato: Aberforth acconsentì a staccarsi per un pomeriggio dalla sorellina e si dedicò anima e corpo a mettere insieme le decorazioni più belle che il vecchio salotto avesse mai visto. Suo fratello non fu da meno, e quando Ariana entrò quella sera, sostenuta dal braccio forte di Bathilda, si trovò davanti i visi sorridenti dei due fratelli che facevano a gara per mostrarle i pacchetti, le decorazioni, l’albero…

‘Che bravi!’, mormorò lei ammirata.

Ad Abe sfuggì una lacrima: erano le prime parole che avesse pronunciato in un mese.

I tre fratelli si sedettero per terra e si misero a scartare i regali. Erano quasi tutti per Ariana, ovviamente: Abe le aveva intagliato una capretta (‘Ghiozza!’, fu il commento entusiasta), Al le aveva preso un libro di fiabe con magnifiche illustrazioni e Bathilda le aveva un bell’anellino con un turchese. La piccola non avrebbe mai saputo che il gioiello era appartenuto a sua madre.

Anche l’instancabile infermiera ebbe il suo premio: una foto con una cornice intagliata della famiglia Silente di altri tempi, dove tre bambini sorridevano felici al fotografo da sotto le gonne della mamma.

Da parte sua, lei aveva incredibilmente trovato il tempo di ricamare un copricuscino con la scritta L’unione fa la forza.

‘Che bei regali ha avuto la nostra Annie!’, chiocciò Aberforth come si fa coi bimbi piccoli.

‘Altri!’, ribattè sua sorella allegramente.

‘Eh no, cara, non te ne possiamo dare altri!’, rise lui.

‘No, Abe, ha ragione: guarda.’

C’erano altri tre pacchettini che aspettavano pazientemente sotto l’abete. Uno intestato ad Annie da Lion, un altro alla cara zia Batty e l’ultimo semplicemente ad Al.

‘Gellert!’, commentò Bathilda affettuosamente, aprendo il suo.

C’era dentro un bello scialle di seta colorata. Annie trovò un dipinto di un bel leoncino che correva da una parte all’altra, eccitato. I due maggiori si guardarono e decisero tacitamente che non si trattava di niente di pericoloso.

Se però Aberforth avesse visto cosa aveva ricevuto suo fratello, la sua giornata sarebbe stata irrimediabilmente rovinata: una bacchetta piccola, di un legno chiaro.

Sette pollici, legno di betulla, cuore di crine di Thestral. Sai cosa farne, diceva il biglietto.

  

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Capitolo 4
*** ora capisco ***


 

‘Al! Al!’

‘Non ora, Gell, mi dispiace, devo fare il bucato.’

‘Lascia perdere il bucato, ci pensa Abe! Ce l’abbiamo fatta, Al!’

Era veramente eccitato, le guance rosse per lo sforzo di correre dall’amico il più velocemente possibile -per l’entusiasmo si era scordato perfino di potersi Smaterializzare-.

Albus guardò speranzoso in direzione della finestra, dove si era affacciato Aberforth, messo sull’attenti dal vociare di sotto: chissà se non sarebbe riuscito a rifilargli il bucato e uscire “cinque minuti” col suo amico…

‘Scordatelo, Al!’, ruggì suo fratello dal piano superiore.

‘E dai, è importante… Non potresti farmi un piacere, solo per questa volta?’

‘E perché dovrei?’

‘Perché sono tuo fratello…’

‘E perché io non me ne andrò di qui senza Albus!’, intervenne Gellert, che evidentemente aveva troppa fretta per aspettare che le cose seguissero il giusto corso, cioè che Abe si intenerisse dopo una decina di minuti o giù di lì.

Stavolta però cascava male: Aberforth aveva appena dovuto lavare tutti i piatti sporchi del cenone di Capodanno, e sì che lui odiava fare da lavandaia. Se solo non avesse avuto paura di farsi vedere dai vicini, avrebbe potuto sistemare tutto con un colpo di bacchetta…

‘Non se ne parla!’, dichiarò.

‘Non ti mettere a fare il broncio proprio oggi, Aberforth!’, continuò Gellert poco saggiamente.

‘Senti un po’, Grindelwald, o te ne vai entro due millesimi di secondo -senza Al, si capisce- o ti caccio io, con le buone o con le cattive.’

‘Ma vai al diavolo!’, borbottò l’altro, esasperato.

Veloce come un lampo, agguantò il polso di Albus e insieme sparirono prima che il povero ragazzo potesse protestare.

‘Ma che ti salta in mente?!’ -sbottò questi quando furono riapparsi al boschetto vicino Godric’s Hollow- ‘È pericoloso Smaterializzarsi così!’

‘Per un mago esperto come te? Non credo proprio: guarda, ti sei fatto solo un graffietto!’

‘Io non direi!’, si lamentò Al, mostrandogli una ferita sanguinante sul braccio, che in effetti sembrava abbastanza profonda.

‘Niente che non si possa sistemare con un po’ di Pozione Corroborante… Per tua fortuna vengo da Diagon Alley e ne ho giusto una boccetta in tasca.’

‘Ma tu guarda che coincidenza, eh?’, fece l’altro sarcastico.

Ad ogni modo, ho una notizia magnifica!’

‘Riguarda la Bacchetta?’

‘Proprio lei: indovina un po’? Ho scoperto dove si trova!’

‘Davvero?’

‘Davvero sì! Ma che è quell’aria mogia?’

‘Niente… È solo che dopo tutti questi anni che la cerchiamo, non posso credere che tu l’abbia veramente trovata…’

‘Neanch’io, sembra un sogno!’

‘… da solo.’

‘Oh.’

‘Già.’

Silenzio.

‘Non importa, vai avanti.’, sospirò infine Al, che non sopportava l’idea di litigare con Gellert.

Lui non aspettava altro.

‘Beh, ho fatto qualche ricerca da Olivander, quel fabbricante che piace tanto a voi di Hogwarts, quando sono andato a comprare la bacchetta per tua sorella…’

‘A proposito, dopo ti devo fare un discorsetto su quella bacchetta.’

‘Sì, sì, ne hai tutte le ragioni… Dicevo, ho fatto qualche ricerca da Olivander, e indovina un po’? Ha detto che l’ultima volta che ne aveva sentito parlare era stato da un certo studente di Durmstrang, qualcosa tipo Jerod… Forse Jared… Comunque di cognome faceva Lovegood.’

‘Calmati un attimo, Gell: hai detto Durmstrang?’

‘Già: che coincidenza, no?’

‘Sì, esilarante, ma tu a Durmstrang non puoi più entrare da quando ti hanno sbattuto fuori.’

‘Oh, per quello non c’è problema: prendo un po’ di Polisucco, mi presento come insegnante, e il gioco è fatto, no?’

‘E che materia insegneresti, di grazia?’

‘Qualsiasi materia mi andrebbe bene: ho tutti i GUFO, e questo direi che sia più che sufficiente per qualificarmi come professore. Però…’

‘C’è un però?’

‘Temo di sì: mi sono informato, e pare che l’unico posto disponibile sia la cattedra di Arti Oscure.’

Albus non rispose per un po’, poi mormorò:

‘Non andarci, Gell.’

‘Perché no?’

‘Le Arti Oscure… Ti fanno un brutto effetto; voglio dire, sono affascinanti e tutto, ma tu… Tu le ami.’

‘Beh, ci sarai tu a proteggermi dalle tentazioni, no?’

‘Non credo proprio.’

‘Che cosa?’

Gellert era genuinamente deluso, cosa che suo malgrado fece piacere all’amico.

‘Devo occuparmi di Aberforth e Ariana: non posso abbandonarli di nuovo.’

‘E invece a me, puoi abbandonarmi, eh?’

‘Non fare così, lo sai che non posso fare altrimenti.’

‘Senza di te non posso andare, Al.’

‘Perché?’

Lo sapeva benissimo, aveva solo voglia di sentirselo dire.

‘Perché è il nostro Progetto, non il mio.’

‘E non potresti aspettare un po’ di tempo prima di partire, fino a che la salute di Annie abbia fatto progressi? Poi andremmo insieme!’

‘No.’

Era il tono duro di chi ha preso una decisione difficile e all’improvviso vede sconvolti tutti i suoi progetti.

‘Cerca di capire, Al’ -continuò più dolcemente- ‘Non posso rischiare di perdere di vista la Bacchetta…’

‘Capisco.’, rispose l’altro sinceramente: aveva lavorato troppo a quella ricerca per non percepire anche lui l’importanza di agire subito.

‘Quindi che facciamo?’, domandò Gellert.

Un altro di quei tremendi silenzi.

‘Ti scriverò tutte le settimane, promesso, così saprai come sta mia sorella.’, disse infine Al con la voce strozzata e un sorriso spento.

Anche Gellert sorrise amaramente.

‘Ti scriverò anch’io, a costo di sfinire i nostri gufi!’

‘Se non lo fai giuro che vado a Durmstrang e ti strangolo con le mie mani.’

‘Non ce ne sarà bisogno, tranquillo, ma vieni appena puoi, mi raccomando!’

‘Certo.’

Tutti e due sapevano che sarebbe passato molto tempo prima di rivedersi.

 

‘Ah, finalmente ti sei degnato di tornare! Ti avverto, io e Ariana abbiamo già cenato, se vuoi mangiare penso proprio che dovrai utilizzare quelle belle manine curate per farti un panino.’

‘Non ora, Abe.’

Aberforth si raddolcì all’istante.

‘Che è successo, Al? Quel cane ti ha fatto del male?’

Albus non rispose subito.

‘Ti capisco, sai.’ -mormorò infine, lentamente- ‘Ora capisco quello che tentavi di dirmi il giorno che Ariana… Quella volta al boschetto, sai.’

‘In che senso?’

‘Quando mi hai detto che se ti avessero portato via Annie non ti sarebbe rimasto più niente…’ - Prese un respiro profondo prima di aggiungere- ‘Gellert se ne va.’

Aberforth riuscì a trattenere un grido di trionfo.

‘Mi dispiace.’, mormorò al fratello.

Non ci fu risposta, ma le spalle di Albus cominciarono a tremare.

‘Stai piangendo, Al?’

L’altro si irrigidì.

‘No.’ -rispose- ‘Non c’è nessuna ragione per piangere… Siamo così vicini al risultato…’

Ma quella notte suo fratello lo sentì rigirarsi nel letto per ore, senza riuscire a prendere sonno.

‘Oh, Gellert! Sono così fiera di te: finalmente puoi tornare a Durmstrang… Sarai così felice!’

‘Moltissimo, zia.’

Non c’era colore nella sua voce.

‘Mi mancherete tutti, però.’

‘E tu mancherai a noi. Specialmente ad Albus.’

‘A proposito, dov’è?’

‘Sarà… Toh, parli del diavolo e spuntano le corna! Ciao, Al.’

‘Ciao, Batty, come va?’

‘Non malaccio, grazie.’

Silenzio.

‘Forse è meglio se vi lascio fare i vostri saluti con comodo.’

‘Sì, grazie, zia. Allora, Al?’

‘Allora che?’

‘Non lo so.’

Stavano cominciando ad esserci un po’ troppi silenzi.

‘Fatti onore, a Durmstrang.’, disse Albus dopo un po’.

‘E tu prenditi cura della tua famiglia, mi raccomando.’

‘Certo. È il tuo treno, quello?’

‘Sì, forse è meglio che vada… Senti, Al…’

‘Sì?’

‘Sei davvero grande. Chi l’avrebbe mai detto che in un villaggio sperduto dell’Inghilterra avrei trovato qualcuno come te?’

Era ora o mai più.

‘Gell…’

‘Sì?’

‘Sei il migliore amico che abbia mai avuto.’

‘Sì, anche tu.’

Il treno fischiò perentoriamente, e i ragazzi si staccarono senza ulteriori saluti.

Avrei potuto dirgli qualsiasi cosa, pensò Albus guardando il suo amico che si allontanava, e ho scelto quella più scontata.

Avrebbe potuto dirmi qualsiasi cosa, pensò Gellert allontanandosi, e nessuna mi avrebbe fatto più piacere.

 

  

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Capitolo 5
*** bacchetta di sambuco, non cavi un ragno dal buco ***


 

Caro Gell,

Come va? Qui tutto bene. Ti farà piacere sapere che Annie sta molto meglio, anche se chiede sempre di Lion.

Abe è al settimo cielo, ovviamente, e a dirla tutta credo che il suo buonumore abbia anche a che fare con la tua partenza. A tua zia, invece, manchi da morire, e solo oggi mi ha chiesto almeno quattro volte di scriverti che ti vuole bene… Eccola accontentata!

Anche al villaggio si sono accorti della tua scomparsa: quando passo per la strada mi fanno tutti tanto d’occhi, come a dire: ‘E il tuo amico che fine ha fatto?’

Forse però mi guardavano male anche prima, però non me ne accorgevo: c’eri tu a distrarmi! Non stento a crederlo, comunque: i Babbani sono sempre stati diffidenti con la mia famiglia. Non che la cosa mi dispiaccia, ovviamente.

Non indovinerai mai chi ho incontrato oggi al mercato: uno di quei bastardi che hanno rovinato Ariana. È diventato capofamiglia, il verme, e che capofamiglia: quando mi ha visto passare ha preso suo figlio per mano e gli ha fatto: ‘Attento, Jamie, quello è uno dei Silente; sono strani, stagli lontano.’

Lui stare lontano da noi! Davvero non so se ridere o piangere.

E tu? Che effetto ti ha fatto rivedere la tua amata scuola? Io non so che darei per tornare a Hogwarts.

Con affetto,

Al

 

 

Caro Al,

Tre urrà per tua sorella! La prossima volta sii un po’ più dettagliato nella descrizione della sua salute: è pronta per la bacchetta?

Qui è una favola, gli insegnanti sono anche più gentili di come me li ricordassi, gli studenti pendono dalle mie labbra.

Ho individuato questo Jared Lovegood; abbiamo fatto subito amicizia, perché lui parla poco tedesco, essendosi trasferito da poco nella terra di sua madre dall’Inghilterra, ed essendomi io presentato come Cormac Gilligan, scozzese, ci facciamo lunghe chiacchierate nella sua lingua natale, che gli fa sempre piacere risentire.

Fa parte della Casa della Felce, che qui rappresenta l’onestà -un po’ come da voi il Serpeverde rappresenta l’ambizione, il Corvonero l’intelligenza eccetera- e francamente mi sembra troppo innocente per possedere lui la Bacchetta… Dopotutto ha solo dodici anni! Che sia un suo conoscente la persona che cerco?

Beh, ora ti devo lasciare, devo preparare la lezione di domani (Checché tu ne pensi della mia materia, a me sembra affascinante).

Scrivimi una bella lettera lunga, voglio sapere tutto quello che ti passa per la testa!

Tuo,

Gellert

P.S.: Non ti stupire che non abbia fatto commenti sui Babbani del villaggio: la verità è che quello che mi racconti non mi stupisce, non mi aspetto né più né meno da quella gente.

 

 

Caro Gell,

Mi hai scritto che volevi sapere tutto quello che mi passava per la testa; ebbene, la prima cosa che mi viene in mente è che Godric’s Hollow è diventato un posto noiosissimo da quando te ne sei andato: adesso c’è solo Ariana a dare un po’ di colore alle mie giornate.

È migliorata davvero tanto, sai? Con Aberforth così allegro non poteva essere altrimenti -per questo devo tenere nascosta la tua bacchetta fino al momento opportuno, se mio fratello la vede…-.

Ora esce tranquillamente, anche se io ed Abe stiamo attenti a non portarla mai in posti dove ci sia troppa gente. Le piacciono soprattutto il boschetto di betulle, quello dove mi hai portato quando mi hai detto che andavi via, e il parco comunale.

Proprio in quel parco ha fatto amicizia con due piccole Babbane, tali Alice Cromwell e Josie Lowett, due tesori sempre impazienti di sentire le sue favole. Mi immagino la tua faccia mentre leggi la parola Babbane, ma io non riesco a credere che queste due siano cattive come gli altri.

Se qualcuno le farà del male, comunque, giuro che lo ucciderò con le mie mani! Ecco, adesso sto cominciando a parlare come mio fratello…

Devo andare, Aberforth ha bisogno di una mano per riparare il tetto di tua zia.

Con tanto affetto,

Albus.

 

Caro Al,

Sono via da neanche un mese e già cominci a farmi il Babbanofilo! Non ti offendere, eh, stavo solo scherzando.

Qui di bene in meglio, ho scoperto che l’insegnamento mi piace da matti e Durmstrang è un sogno, proprio come me la ricordavo.

Sono un po’ preoccupato, però: non riesco a cavare un ragno dal buco con Jared, anche se non è affatto diffidente con me, anzi; pensa che, senza che gli avessi chiesto niente, si è messo a raccontarmi tutta la storia della sua vita!

Non è che ci sia molto da dire, veramente, è un ragazzo come ce ne sono a bizzeffe. Però sapere qualcosa in più su di lui non può che essere utile, anche se comincio a credere che forse Olivander mi abbia messo sulla cattiva strada, forse di proposito, forse no…

Ti allego una copia del programma per la mia prossima lezione ai primini, fammi sapere che ne pensi.

Tuo,

Gellert

 

Caro Gell,

In realtà non credo che quello che mi hai mandato sia adatto a ragazzi di undici anni, forse faresti meglio ad andarci piano.

Sei sicuro che vada tutto bene? Voglio dire, nelle tue lettere non parli di altro che di Jared Lovegood e Arti Oscure; stai cominciando a preoccuparmi.

No, non va bene.

Caro Gell,

Quello che mi hai mandato non mi convince, non è adatto a studenti così piccoli.

Hai intenzione di tornare a casa per qualche tempo? Lo so che non è consueto per gli insegnanti di Durmstrang prendersi licenze, ma mi manchi (cancellato) mi piacerebbe sapere come proseguono le ricerche. A proposito, ti consiglio di andarci piano con Lovegood: potrebbe sentirsi in trappola e non dirti più niente.

Qui niente di nuovo, tranne Ariana, tanto per cambiare.

Però sono contento, perché ora non dobbiamo più nasconderla, dato che sembra essersi rimessa completamente dall’incidente di Aberforth e fa passi da gigante verso la salute completa.

È intelligentissima, davvero; non mi ero accorto che riuscisse a capire un mondo che le è sempre stato nascosto con questa velocità ed energia, io ed Abe siamo stupefatti. Mi piacerebbe tanto farti vedere come cammina, come parla, come ride! Sembra un’altra persona, saresti sorpreso anche tu.

Però dopotutto non è così diversa dalla nostra piccola Annie di una volta, anche se sta crescendo così in fretta.

Allego una lettera della nostra ragazza:

Ciao Lion, come va?

Spero bene. Non capisco perché te ne sei andato, però. Vorrei tanto farti conoscere due bimbe molto simpatiche, Alice e Josie; anche a loro piace la storia di Ghiozza, ridono come matte quando gliela racconto. Abe è molto contento ultimamente, e anch’io sono contenta per questo. Sai che mi sa che lui e Al hanno fatto pace?

Insomma, ci sono molte ragioni per essere felici, e se torni tu ce ne sarà una in più.

Un bacione dalla tua

Annie.

 

 

Caro Al,

Sono teso come una corda di violino! Con Jared non c’è verso di scoprire qualcosa di interessante, e temo proprio che non sia lui la pista giusta.

Sarebbe terribile perdere di nuovo di vista la Bacchetta, dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per trovarla!

Non ne posso più delle sue chiacchiere sulla sua famiglia, i suoi amici, la sua Casa… Ogni volta che apre bocca mi verrebbe da gridargli: ‘Perché non mi dici quello che mi interessa?!’

Ho preparato un po’ di Veritaserum, vediamo se funziona almeno quello… Penso che glielo somministrerò il prossimo weekend, durante una gita d’istruzione.

Per fortuna che ci sono le lezioni a distrarmi un po’ da quest’agitazione, o credo che ne morirei! A proposito, devo proprio andare, non ho ancora finito di progettare il dibattito sui pro e i contro della Maledizione Imperius.

Tuo preoccupassimo,

Gellert Grindelwald

 

P.S.: Ringrazia tua sorella della bellissima lettera.

 

Albus,

Ho fatto qualcosa di orribile. Non posso parlarne in lettera, è troppo pericoloso… Te lo dirò appena arrivato a casa. Sì, sto tornando, finalmente!

Cosa penserai di me fra pochi giorni, quando sarò arrivato e ti avrò confidato tutto? Cosa ne penserebbe quell’anima innocente di tua sorella, che mi vuole così bene?

Tuo fratello aveva ragione, sono una persona orrenda! E anche tu avevi ragione, a raccomandarmi di non immergermi troppo nelle Arti Oscure! Perché non ho aspettato ad andarmene, perché non ho aspettato che ci fossi tu al mio fianco a proteggermi da tutto?

Ma ormai è andata, non posso fare altro che tornare a casa e cercare di dimenticare Jared e tutto quello che è successo… So che nessuno sospetta di me, mi credono tutti una brava persona. Forse è proprio questa la parte peggiore… Oh, Al, quel povero ragazzo!

Ci vediamo tra pochissimo,

Gell.

Ma che mi è saltato in mente? Non posso mandargli questa!

 

Caro Al,

Ho deciso che dopotutto una licenza me la posso anche prendere. A fra pochissimo!

Gellert 

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Capitolo 6
*** la triste storia di jared lovegood ***


 

‘Guardala.’

Albus la guardò.

Una bacchetta tutta tagliuzzi, grossa, chiara. Sembrava meno pesante di quanto si potesse supporre dalle sue dimensioni.

Ma certo, pensò, È di sambuco, un legno leggero. E poi è cava, non ha un cuore…

“Non ha un cuore”… Gli sembrava quasi di stare parlando di una persona. Una persona spietata.

Si sentì blasfemo e ricacciò subito indietro il pensiero.

‘È bella.’, osservò.

Gellert si irrigidì.

‘No che non lo è.’ - ribattè, irritato dalla banalità del commento- ‘È scialba, vecchia, piena di graffi… Ma con questa possiamo fare quello che vogliamo del mondo.’

Albus sorrise.

‘Sì, è vero; rifaremo tutto, dallo Statuto di Segretezza a…’

‘Al.’

Era molto raro che Gellert non mostrasse entusiasmo per questi discorsi; che li interrompesse, poi, era un fatto più unico che raro.

‘Va tutto bene, Gell?’

‘Non proprio. Vedi… Credo di aver fatto uno sbaglio.’

‘Uno sbaglio? Tu?’

‘Non mi risponde. La bacchetta non mi risponde.’

‘In che senso?’

‘Io… Non la sento tanto diversa dalla mia vecchia bacchetta… Certo, è fatta bene, ma mi aspettavo… Non lo so neanch’io che mi aspettavo…’

‘Ma che sbaglio hai fatto?’

Gellert non rispose subito.

‘La notte in cui l’ho rubato non ho ucciso Gregorovich.’

L’aveva detto tutto di un fiato, come se si vergognasse.

Magie grandi e venerabili compirà il Possessore della Bacchetta…’, mormorò Al citando uno dei tanti libri di testo che i due avevano consultato.

… Ma Lei si mostrerà in tutta la sua gloria solo e unicamente se Costui L’avrà conquistata con sangue, pianto e stridore di denti.’, completò tristemente l’altro.

‘Ma è solo una metafora, vuol dire che bisogna guadagnarsela, no?’

‘Magari! È la pura verità, invece: l’aspirante Possessore deve uccidere il precedente, o quantomeno Disarmarlo.’

‘E invece tu…’

‘Gliel’ho rubata come un cane, invece di affrontarlo come avrei dovuto.’

Albus restò in silenzio.

‘Lo so che avrei potuto benissimo sfidarlo da uomo a uomo.’ -mormorò Gellert posandogli una mano sulla spalla- ‘Ma erano successe troppe cose, quella notte… Non ce l’avrei fatta.’

‘E a far che, per l’amor di Dio?!’, sbottò Al: tutta la fatica degli anni passati a sgobbare sui libri era improvvisamente venuta a galla.

‘A sacrificare un’altra persona innocente per ottenere quello che voglio.’

‘Ma come siamo romantici!’, fece l’altro sarcastico.

Gellert gli gettò una strana occhiata.

‘Hai ragione, Al.’ -disse- ‘Sono stato uno stupido: nessun sacrificio è troppo grande per il Bene Superiore.’

‘Beh, in fondo si trattava solo di Disarmarlo, no?’

‘Forse sì, ma d’ora in poi non voglio più correre rischi: Uno sbaglio è tale solo se commesso due volte… Non mi ricordo chi l’ha detto, ma era un grand’uomo.’

 

‘Davvero, zia, non so come sia potuto succedere…’

‘Fa nulla, caro, davvero.’, disse lei.

Ma perché diavolo hai cambiato bacchetta? Che aveva quella vecchia che non andava?, disse il suo sguardo.

Gellert si affacciò alla finestra per valutare per l’ennesima volta la gravità del danno: qualche isolato più in là, il piccolo cottage di Batty sembrava intatto, ad eccezione del fatto che tutti i vetri del piano superiore erano rotti; ma se uno avesse potuto guardare la casa dall’alto avrebbe visto un foro bello grosso nel tetto che tutti gli uccelli del vicinato sembravano trovare il posto più indicato per fare i propri bisogni.

‘Lo ripareremo domani.’ -aveva sospirato Bathilda dopo avergli fatto una bella lavata di capo- ‘Adesso prendi la tua roba e andiamo a chiedere ai Silente se sarebbero così gentili da ospitarci per una notte visto che il mio brillante nipote ha fatto un pasticcio con la bacchetta, come i bambini.’

Gellert aveva provato a protestare - Come avrebbe potuto guardare in faccia Albus dopo un’umiliazione del genere?!-, ma una volta tanto sua zia era troppo arrabbiata per dargli retta.

Così eccoli lì, nel salotto a prendere un tè come se niente fosse, mentre Aberforth se la rideva alla grande sotto i baffi.

‘Forse è meglio andare a dormire.’, fece Gellert asciutto, guardando torvo il suo ospite.

Questi annuì con ostentata serietà.

‘Stanotte tu dormirai nel mio letto, accanto ad Al.’ -spiegò con fare autoritario- ‘Per me ho sistemato un materasso nella stanza di Annie. Batty, ti ho sistemato la camera degli ospiti. Vieni, ti accompagno.’

Appena furono rimasti soli, Al sorrise.

‘Hai cercato di evocare il tuo Patronus, vero?’, chiese allegramente.

L’amico fece tanto d’occhi.

‘Come lo sai?’

L’altro scrollò le spalle con noncuranza.

‘L’ho letto in un libro, quando tu non c’eri.’ -spiegò- ‘Diceva che il Possessore della Bacchetta non può evocare il suo Patronus, perché… Beh… Hai visto gli effetti collaterali.’

Gellert sbatté il pugno sul tavolo, frustrato.

‘Ma bene, ci mancava solo questa… E come mai non potrei?’

‘Ci sono un paio di teorie: una è che per possedere una bacchetta universalmente nota come Stecca della Morte devi aver fatto cose tanto terribili che ogni tuo ricordo felice si confonde con quelli dei tuoi atti più cruenti… L’altra -che ovviamente è un po’ più attendibile- è che la Bacchetta è cava, e senza un cuore non si può evocare un Patronus.’

‘Oh. Non sembri molto arrabbiato, comunque.’

‘Non lo sono, infatti.’

E come avrebbe potuto? Dopo tanto tempo che non si vedevano, finalmente aveva l’occasione di passare ore e ore nella stessa stanza con l’amico.

Quando si furono coricati, però, il ragazzo restò deluso.

‘Allora, non hai niente di raccontarmi da Durmstrang?’, bisbigliò.

‘Tipo?’

‘Per esempio come ti è sembrato insegnare…’

‘Oh, è bellissimo: tutte quelle belle teste da formare! Persino i più piccoli avevano delle idee veramente strepitose…’

‘E questo Jared? Anche lui è un cervello in fuga?’

Silenzio.

‘Sei sveglio, Gell?’

‘Sì, ma adesso ho sonno, voglio dormire. ‘Notte.’

‘Prima dimmi che ne pensi di Jared: sono curioso, nelle tue lettere ne parlavi così tanto…’

‘Jared era un ragazzo meraviglioso e una mente abbastanza promettente. Buonanotte.’

‘No! Io… Devo… Non posso… Andarmene… Devo andarmene. E Jared? Lasciarlo…? Gregorovich; devo vedere Gregorovich. La Stecca… Oddio, la Morte! È la Stecca della Morte! Che devo fare? Che devo fare? CHE DEVO FARE?’

‘Gell! Per l’amor di Dio, Gell, svegliati!’

‘Huh? Ho gridato?’

‘Hai gridato sì! Stai bene? Hai bisogno di niente, un bicchier d’acqua, magari?’

‘Sì, grazie.’

‘Ecco, tieni. Ti succede spesso di urlare così nel sonno?’

‘Avvolte. Gli altri mi hanno sentito?’

‘No, non ti preoccupare: tua zia dorme al piano di sopra, i miei fratelli a quello di sotto.’

‘Meglio così. Adesso torna a dormire, mi dispiace di averti fatto preoccupare.’

‘Stai scherzando, Gell?! Ora basta, devi dirmi che cos’è successo a Durmstrang!’

‘Non mi puoi chiedere una cosa simile.’

‘Sono e sarò sempre il tuo migliore amico, qualsiasi cosa tu abbia fatto. Avanti, parla: non può essere così terribile.’

Silenzio.

‘Non posso, Al. Mi dispiace.’

‘Ma perché no?’

‘Perché tu ti fidi di me, ed è questa la cosa che conta, la cosa più preziosa che ho. Ti prego, non costringermi a rovinare tutto!’

Di nuovo silenzio.

‘Che hai fatto a Jared? Non sono mica stupido, non fare quella faccia da pesce lesso; per quanto tempo ancora pensavi di poter evitare di parlarne? Quanto pensavi che ci avrei messo a capire che c’era qualcosa sotto?’

‘Abbastanza per permettermi di riordinare le idee. Che è questo rumore?’

‘Il gufo con la Gazzetta del Profeta. Ormai sarà mattina, anche se non sembra: siamo a Ottobre, sembra notte anche se sono le sei.’

‘Vai ad aprirgli, starà morendo di freddo.’

Al sospirò.

‘Non hai intenzione di dirmi nulla, vero?’

‘Mai. Mi porterò questo segreto nella tomba, dovessi campare cent’anni.’

‘Non mi sono mai piaciuti i tipi melodrammatici… Preparati per la colazione e scendi, probabilmente scenderanno tutti fra un po’. Io vi raggiungo tra un attimo. ’

Erano passati già venti minuti e Albus ancora non era arrivato a colazione.

Lo stomaco di Aberforth brontolava vistosamente, in perfetta sintonia col suo possessore.

‘Vado a chiamarlo.’, decise infine Gellert.

‘Fai presto, Lion.’ -sorrise Ariana distraendosi per un secondo dai biscotti davanti a lei- ‘Ho una sorpresa per te.’

‘Sarò velocissimo, cara.’

Trovò l’amico seduto sul letto, con i pantaloni infilati solo fino alle ginocchia. Guardava sbalordito la copia della Gazzetta del Profeta che aveva in grembo.

‘Al, vieni a colazione…’

‘Lo hai torturato.’

Gellert impallidì.

‘Come lo sai?’

‘È sul Profeta di oggi.’

Gellert afferrò il giornale e prese a leggere avidamente:

Tutti i Medimaghi lo confermano: è stata una Maledizione Cruciatus a causare lo stato confusionale in cui Jared Lovegood, dodici anni, è stato trovato poche settimane fa nei sotterranei della prestigiosa Scuola di Magia di Durmstrang.

“Non sappiamo come sia potuto succedere,”-afferma il suo rinomato Preside- “Siamo sempre stati così attenti al benessere dei nostri studenti…”

Sull’identità dell’autore di questo orrendo crimine non vi sono dubbi: Cormac Gilligan, che all’epoca dei fatti era docente di Arti Oscure presso la scuola, è misteriosamente sparito la notte dell’ “incidente”. Inoltre il ragazzo, rimasto profondamente traumatizzato, nei pochi attimi di lucidità afferma di essere stato condotto dal suddetto professore nei sotterranei e che questi gli abbia rivolto qualche domanda prima di passare alle maniere forti per estorcergli le informazioni che voleva.

Lo stimato dottor Virgil Calypsus, ad ogni modo, è abbastanza scettico riguardo alla testimonianza del piccolo:

‘È ancora molto confuso,’ -spiega- ‘E i brandelli di logica che siamo riusciti ad afferrare io e gli instancabili infermieri (Jared è attualmente internato alla sezione Traumi da Maledizione del San Mungo, ndr) sono poco attendibili: continua a fare riferimento a cose scollegate tra loro, una nota favola e il fabbricante di bacchette di cui era cliente. È evidente che il ragazzo ha bisogno di aiuto, potrebbe volerci ancora molto tempo perché recuperi il lume della ragione. Tuttavia la dubbia identità di questo Gilligan -sono stato informato che vi è effettivamente una persona con questo nome iscritta all’anagrafe, ma che il suo aspetto non corrisponde a quello del nostro uomo- fa supporre che sia davvero lui l’autore di questa infamia.’

È proprio a causa dell’ambiguità di questo personaggio che la scuola ha tentato di mettere a tacere la faccenda.

‘Siamo sempre stati molto selettivi nella scelta degli insegnanti,’ -spiega il professor Cagliostro Fatovich, docente di Pozioni- ‘e mi sembra assurdo che un solo errore possa screditare così enormemente il nostro prestigioso istituto.’

Ad ogni modo, la verità è venuta a galla grazie a signori Lovegood, i genitori della vittima, che come noi cercano risposte: chi è veramente Cormac Gilligan? Perché ha commesso un’azione così abominevole?

‘Ti giuro che ho fatto di tutto per evitarlo.’

Silenzio.

‘È solo che… Vedi, il ragazzo non ne sapeva niente, non rispondeva alle mie domande. Io non ci dormivo da giorni, per quella dannata bacchetta, e mi sembrava l’unica soluzione… E ha funzionato, Al: dopo un po’, sforzandosi di ricordare, mi ha detto di aver visto una bacchetta simile a quella che gli avevo descritto nello studio di Gregorovich… Il resto lo sai. Come avrei potuto fare altrimenti?’

Silenzio.

‘Rispondi, Al, ti prego.’

Silenzio.

‘L’ho fatto per il nostro Progetto, Al, per il Bene Superiore…’

‘Io me ne vado.’

‘Che cosa?’

‘Vado a prendere una boccata d’aria; e non provare a cercarmi, non posso vederti in questo momento.’

 

 

Wow, ho citato il Vangelo… C’è sempre una prima volta J Quanto al professor Cagliostro Fatovich… Qualcuno sa se è illegale sfruttare il cognome del proprio preside, magari cambiando il nome di battesimo? :D

Meiyo

 

  

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Capitolo 7
*** fine ***


 

‘Aspetta!’

Niente da fare: Al si era già precipitato giù per le scale, e sarebbe anche andato oltre se suo fratello non gli avesse sbarrato la strada.

‘Sbrigati a fare colazione e poi vieni in salotto, Annie ha una sorpresa per tutti noi.’

‘Non ora, Abe, ti prego…’

L’altro neanche si accorse del tono devastato e si limitò a prenderlo per la collottola e trascinarlo in salotto, come una maestra che porta un alunno discolo in castigo.

‘Lasciami, Abe.’, protestò Albus.

‘Se vuoi saltare la colazione sei liberissimo di farlo, ma in salotto ci vieni, che tu voglia o no.’

Lui cercò di divincolarsi, ma arrivò in salotto con il colletto sgualcito e la volontà piegata.

‘E Lion?’, chiese sua sorella timidamente.

‘Chiamalo tu, se ci tieni.’

Aberforth e Bathilda si voltarono di scatto, completamente presi alla sprovvista dalla maleducazione del maggiore; ma proprio in quel momento Gellert si stava trascinando giù per gli ultimi scalini, e la lavata di capo fu tacitamente rimandata a dopo l’esibizione di Ariana.

Albus e Gellert furono sistemati sul divano, e gli altri due si sedettero sulle poltrone; Annie era in piedi, al centro della stanza.

Per un po’ non accadde nulla, tanto che Batty cominciò a borbottare qualcosa a proposito del tremendo mal di schiena che la tormentava ogni volta che restava seduta troppo a lungo, e persino Abe si vide costretto a sollecitarla con uno sbrigativo: ‘Avanti, tesoro!’

Allora la ragazza lentamente tirò fuori dalla tasca qualcosa che somigliava molto a… Ma no… Possibile?

Il pugno si strinse intorno alla bacchetta di betulla così forte che le nocche divennero bianche e la giovane strega schiuse le labbra come se volesse parlare, ma non ne ebbe l’occasione, perché Aberforth si gettò su sua sorella e le strappò di mano la bacchetta.

‘Sei stato tu, vero?’, gridò, puntandola alla gola di Gellert come se avesse voluto usarla per sgozzarlo.

‘Ha fatto di peggio, credimi.’, mormorò Albus, cogliendo l’occasione per alzarsi e andare a fare quella passeggiata di cui aveva tanto bisogno.

‘Eh, no, signorino!’

Aberforth gli si parò davanti con impeto e gli puntò la bacchetta, la sua, stavolta, al cuore.

‘Ehi, non facciamo scherzi!’, si intromise Gellert, insinuandosi tra i due.

‘Mia sorella non è uno scherzo, Grindelwald, e sarà meglio che tu te ne accorga.’

‘Abe, non penso affatto che Annie…’

‘Tappati quella boccaccia bugiarda e ascoltami bene: se le succede qualcosa io ti…’

‘Non gli fare del male, Abe!’

La vocina candida di Ariana per una volta ebbe come unico effetto di farlo infuriare ancora di più: ecco, la sua piccola aveva imparato la magia, e adesso difendeva pure quel cane! Era decisamente ora di fare qualcosa.

‘Vattene, Ariana, sono cose da grandi.’

‘Non me l’ha dato lui il bastoncino, davvero! L’ho trovato in un cassetto…’

‘E come ci era finita, in quel cassetto?’

‘Ce l’avevo messa io per nasconderla…’

‘Sì, come no, fratellino. Adesso vattene, Ariana, per favore. E voi due, seguitemi in giardino.’

Uscirono tutti e tre in fila indiana, come in una processione funebre.

‘E adesso che vuoi fare?’, fece Gellert.

‘Un duello da uomo a uomo, Grindelwald: dieci passi, chi Disarma prima l’altro vince. Dove credi di andare, Al? Ci serve un testimone.’

‘Non ho tempo per queste bambinate, Abe.’

‘E invece resti qui.’

Albus conosceva troppo bene quel tono per illudersi che suo fratello l’avrebbe lasciato andare; decise che se la sarebbe squagliata più tardi, nella foga del momento.

‘E va bene… Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove… Scannatevi.’

Expelli Arm…

Ex…

‘NO!!!’

Una colomba azzurrina volteggiò sopra le loro teste mentre un visino costernato appariva alla finestra.

A quella vista Aberforth non resistette più: dimenticandosi completamente della bacchetta e del duello si gettò sull’avversario.

Expelli Armus!!’, gridò questi per tutta risposta.

‘Ah no, mio caro, il tempo degli Expelli Armus l’abbiamo passato da un bel po’! Da quando hai indottrinato mio fratello con tutte le tue carognate, da quando ti sei azzardato ad avvicinarti ad Annie, da quando hai trasformato la mia casa in un campo di battaglia, da quando hai messo una bacchetta in mano a mia sorella…’

‘Da quando hai torturato un ragazzino…’, mormorò Albus con le lacrime agli occhi, cercando di separarli.

‘Che vuoi fare, pazzo?’, gridò Gellert cercando di divincolarsi.

Un attimo di silenzio, poi tre incantesimi diversi risuonarono contemporaneamente, tre voci rotte dalla paura.

E poi di nuovo rissa, poi un grido.

‘Fermatevi! Fermatevi, per l’amor di Dio!’ -strillò Bathilda con quanto fiato aveva in gola- ‘Chiamate un dottore!’

I tre ragazzi si bloccarono, ansimando, alla vista di Ariana distesa sull’erba; ci si sarebbe potuti illudere che fosse addormentata, se non fosse stato per la pozza di sangue che circondava la testolina bionda.

 

Necrologio:

Ariana Silente, sorella del rinomato Albus Silente, si è spenta ieri, martedì 19 Ottobre 1887, all’età di 19 anni.

La giovane, che da tempo soffriva di un disturbo di natura psicologica, era disabituata agli incantesimi.

Le è stato quindi fatale il disorientamento provocato da un duello magico fra i due fratelli maggiori e Gellert Grindelwald, cosiddetto amico di famiglia, svoltosi nel cortile di casa Silente; lo scontro è stato causa di un capogiro e la ragazza, perso l’equilibrio, è caduta dalla finestra alla quale era affacciata.

I medici Babbani hanno diagnosticato nell’autopsia la frattura della spina dorsale e la conseguente morte per dissanguamento.

I funerali si terranno lunedì 25 Ottobre.

Cogliamo l’occasione per ricordare ai lettori che questo macabro incidente è stato causato dal mancato rispetto dello Statuto di Segretezza (

È vietato ai membri della Comunità Magica di effettuare duelli in luoghi accessibili a quella Babbana quali parchi, giardini o cortili di qualsiasi genere… Statuto di Segretezza, Art. 19 comma 56 bis) e per porgere le nostre più sentite condoglianze alla famiglia Silente.

 

 

Al,

Mi dispiace, davvero, di non essere venuto al funerale; il fatto è che se tuo fratello mi avesse visto lì mi avrebbe strozzato con le sue mani.

Però ci ho pensato tanto, sai, Al? Non riuscivo a trovare una risposta, un perché alla morte di una ragazza così dolce e innocente.

Poi ho capito.

Lo so che può sembrare strano da sentirsi dire, ma forse… Forse era destino; voglio dire, forse c’è qualcuno o qualcosa, lassù, che ha deciso che era tempo per la piccola Annie di lasciarci.

Perché vedi, Al, tua sorella era l’unica cosa a distrarci dalla nostra eterna ricerca del Bene Superiore.

È un caso che la sua scomparsa sia avvenuta proprio quando avevamo in mano la Bacchetta? Io non credo; e penso anche che, in memoria sua e del suo sacrificio, dovremmo mettere da parte il dolore e concentrare tutte le nostre energie sul nostro Progetto, ora che siamo così vicini.

Ti prego, rispondi presto al Fermo Posta di Sutton, Hertfordshire.

Tuo,

Lion

 

 

 

 

 

 

Esci dalla mia vita.

Albus Silente

 

 

 

 

 

 

 

Epilogo

 

È strano risentire la sensazione del sole in faccia dopo due anni.

Due anni… Sembra che ne siano passati almeno venti! Mi sembra impossibile averne solo quattordici, quando invece mi sento molto più vecchio.

Anche i miei genitori sono invecchiati, a forza di dedicarmi tutte le loro energie: che ne è stato del sorriso radioso di Andromaca Wilbur? Quella bocca non vede altro che smorfie di dolore da troppo tempo.

E Xanto Lovegood, non dimostra forse ogni secondo dei suoi trentanove anni, forse anche di più?

So che ancora non riescono a credere che dopo due anni in quella prigione io sia rinsavito; a dire il vero ero rinsavito molto prima, ma nessun medico o infermiere voleva accettare per vera la mia versione dei fatti.

Io però so cosa ho visto, so cosa ho sentito: Gilligan mi ha chiesto espressamente della Stecca della Morte, e mi ha torturato per avere delle risposte; ho sentito sulla mia pelle quanto tenesse a quelle informazioni. Come si fa a non capire l’importanza della Bacchetta dopo tutto quello che ho passato per causa sua?

Sono sicuro che l’ha trovata, che non è solo una leggenda; e troverò qualcuno che mi crederà, dovessi metterci cent’anni! Mi sposerò, avrò dei figli, e ai miei figli insegnerò che è vero, che è tutto vero, e loro mi ascolteranno e lo diranno ad altri, fino a che tutto il mondo non saprà che è la pura verità: tutto questo tempo passato in manicomio non sarà stato vano! Il dolore della Maledizione che ancora infesta i miei sogni, non sarà stato inutile!

 

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