00Heaven

di Blackie_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Infinite Dreams ***
Capitolo 2: *** Mirrors' Well ***
Capitolo 3: *** Never Born ***
Capitolo 4: *** JunJun ***



Capitolo 1
*** Infinite Dreams ***


Disclaimer: I TokioHotel, in particolare Bill Kaulitz, non mi appartengono.
I fatti descritti in questo racconto non corrispondono minimamente alla realtà.
Questa è una FanFiction scritta non a scopo di lucro ma per un semplice piacere di scrittura, ne è vietata la copia parziale o totale previa permesso dell'autrice stessa.

Note: Eccomi qui, prima FF che posto qui su EFP... Mi è stata ispirata dalla passione che nutro fin da bambina per gli angeli e un po' per il sovrannaturale in generale^^ Sono già abbastanza avanti con i capitoli , quindi dovrei riuscire ad aggiornare regolarmente (salvo casi eccezionali di cui avviserò per tempo)
Gradirei moltissimo qualche recensione, se vi piace la storia, ma anche qualunque tipo di critica costruttiva è bene accetta...
A voi il primo capitolo.
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00Heaven

 

Capitolo I: Infinite Dreams

 

Era una normalissima giornata, per quanto potesse valere una giornata, c'era il sole, come se un giorno ci fosse mai stato qualcosa di diverso, mi sentivo molto, molto più apatico del solito, non che mi fossi mai sentito molto meglio. Ero stanco e non avevo la minima intenzione di alzarmi dal mio giaciglio.
-Bill, forza svegliati!!-
L'urlo di Tom mi svegliò dal mio stato di trance
-Arrivo!- Mugugnai poco convinto, mentre mi alzavo a sedere a fatica, sistemandomi una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio. Mi sciacquai il viso con l'acqua fresca e cristallina, poi lo sguardo mi cadde sul paesaggio bianco e monocromatico fori dalla finestra.
Sospirai pesantemente, mi attendeva un'altra giornata infernale intrappolato nel paradiso.
Ho sempre saputo di essere diverso dagli altri, tanto per cominciare, dal mio aspetto:
Occhi scuri e capelli ancora di più, più neri della notte, una di quelle scure e senza luna, che qui non arrivavano mai.
E poi ero sempre stato innaturalmente pallido, e magrissimo, a discapito del senso di benessere e prosperità che dovremmo rappresentare. Ma quale benessere? Non ci ho mai trovato nulla di bello qui, e pensare che la gente, laggiù, farebbe di tutto per guadagnarsi un posto accanto a noi.
Stupidi, infinitamente stupidi e ignoranti, se avessero passato duemila dannatissimi anni qua sopra, probabilmente cambierebbero idea.
Un' altra cosa che mi differenzia dai miei simili è l'odio verso la mia stessa entità, per natura, noi non dovremmo odiare, o amare, o qualunque altra cosa che ci renda umani ed imperfetti.
A me però piaceva tutto questo, mi piaceva sentirmi dire che ero diverso e difettoso, mi faceva sentire più importante, un passo in avanti rispetto a tutti, o forse uno indietro…ma che importava?
Nonostante ci fossero delle eccezioni, come il mio migliore amico Tom, ognuno degli esseri che mi stavano accanto mi guardavano in modo strano, per loro ero quello "venuto male" da tenere alla larga nemmeno fossi affetto da chissà quale pestilenza contagiosa (e anche se fosse, non si sarebbero mai potuti ammalare)
Ma ho imparato a convivere con questo,meglio essere deriso e umiliato che perdere la mia essenza, l'unica cosa che mi faccia dare un senso a questa esistenza che sono costretto a passare.
Tutto pur di non essere come loro, tutto pur di non dover trascorrere un'eternità monotona, tutto pur di non essere un angelo.
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- Lara, svegliati! È mattina!-
Mi tirai le coperte fin sopra alle orecchie per non sentire mia madre sbraitare. Possibile che dovessi davvero andare a scuola? Quel giorno mi sentivo tremendamente pigra e non avevo la minima voglia di scambiare il mio morbido e caldo lettuccio con un vecchio banco arrugginito(come facesse ad avere la ruggine poi, visto che era un banco di legno)
-Alzati!!- Urlò di nuovo.
Mugugnai forte in segno di dissenso
-Sto male!- Finsi, quel giorno avevo pure la verifica di algebra, inutile dire che non ci avevo capito un fico secco e di sicuro un tre non avrebbe migliorato il mio stato d'animo
-Tanto sai che non attacca!- Disse mia madre aggiungendoci anche una risatina, troppo sveglia quella donna.
A malincuore mi costrinsi ad alzarmi e a vestirmi, arrivando poi in cucina con un espressione da zombie sonnambulo
-Caffè!- Ordinai, senza provare ad essere gentile, ma tanto ormai mia madre si era abituata al mio pessimo carattere di prima mattina.
Ad una cosa, però, non aveva ancora fatto l'abitudine, ancora una volta aveva apparecchiato per tre.
-Mamma, ti sei sbagliata, siamo solo io e te qui- Dissi, molto lentamente, cercando di non urtare la sua sfera emotiva, pur sapendo che sarebbe stato impossibile.
Guardò verso la sedia vuota e poi si batté una mano sulla fronte
-Già, è solo che è mattina, ero soprappensiero e… mi sono dimenticata che papà è…-
"Morto. Avanti, dillo, è passato quasi un anno ormai, l'abbiamo superata ricordi?"
Mio padre era morto in un incidente stradale, mentre tornava da un viaggio di lavoro, semplicemente, un ubriacone gli era andato addosso e lo ha spinto fori strada. Deceduto sul colpo, clamorosamente, invece, l'altro tizio è ancora vivo e vegeto, strano il destino no?
Comunque me ne ero fatta una ragione, con il tempo, anche le ferite più profonde si rimarginano...Per quanto resti comunque una brutta cicatrice, pronta a riaprirsi quando meno te lo aspetti, e quella di mia madre non era ancora del tutto guarita.
La salutai con un veloce bacio sulla guancia e uscii di casa, camminando a passo spedito verso la fermata dell'autobus

 

Chissà oggi, dove mi porterà?
Attraversando mille mari
Forse, via, in una nuova città
O di nuovo da te, magari

Ora che tu, davanti a me appari
Lasciami guidare sola, il mio destino
Navigherei per più di mille mari
Pur di averti, un ultima volta, vicino



"Questa è bella, devo scrivermela da qualche parte!"
Ogni tanto mi venivano in mente alcune rime, per lo più tristi e malinconiche, ma comunque con uno sprizzo di speranza, forse perché, nonostante tutto, ero ancora troppo ottimista per abbandonarmi alla deriva.
Tirai fuori dallo zaino il mio personale diario nero, nel quale annotavo tutte le rime, o qualche frase speciale, che ogni tanto mi saltavano in mente. Io ho sempre avuto bisogno di scrivere, racconti, poesie, frasi filosofiche inventate sul momento…Ogni cosa uscisse dalla mia testa doveva venir tramutata in parole che scrivevo su milioni di fogli bianchi, sui muri grigi della città e a volte sulla mia stessa pelle.
Risultato: io vivevo per scrivere e scrivevo per vivere, avevo bisogno di scrivere come di respirare e d'inchiostro come del sangue stesso che mi scorreva nelle vene.
Entrai nella corriera gialla con l'Ipod a palla nelle orecchie.
Musica: un'altra cosa senza la quale, probabilmente, non sarei qui in questo momento, ad ogni istante della mia vita legavo una canzone e quel giorno "Infinite Dreams" Degli Iron Maiden mi faceva riflettere e rabbrividire.

 

There's got to be jus more to it than this
Or tell me why did we exist?
I'd like to think that when I'll die
I'll get a chance another time
And return, and live again
Reincarnated, play the game
Again and again and again and again*



Ascoltando e riascoltando le canzoni che sapevo ormai a memoria, ma che ancora avevano tanti dettagli da scoprire, arrivai in un batter d'occhio alla mia scuola.
"Perfetto" pensai rassegnata"Un'altra giornata tra queste quattro mura grigio topo" poi, sospirando, varcai il cancello.

 

* Traduzione:
Deve pur esserci qualcosa in più di questo
Oppure ditemi, perché siamo esistiti?
Mi piace pensare che quando morirò
Otterrò ancora una volta una possibilità
E ritornare, e vivere ancora
Reincarnato, giocare la partita
Ancora e ancora e ancora e ancora



 



 

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Capitolo 2
*** Mirrors' Well ***


Chiedo scusa se ho postato in ritardo^^
Un ringraziamento speciale a DarkSun per i suoi complimenti nella recensione :)
Ecco qui il secondo capitolo^^:
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Volai fino a raggiungere Tom, il quale mi salutò con un cenno della mano
-Finalmente! Ogni giorno è una lotta per svegliarti- Disse scuotendo la testa con tono di rimprovero.
Teoricamente noi non dormivamo, semplicemente ci sdraiavamo e cadevamo in quella che gli umani definirebbero una sorta di coma, ci serviva per recuperare le energie e sviluppare i nostri poteri.
Gli risposi con un semplice brontolio accompagnato da una smorfia, lui rise di gusto mostrando una fila di denti bianchissimi.
Tom era il prototipo perfetto dell'angelo: capelli lunghi e biondi, grandi occhi nocciola e un viso dai lineamenti dolci, leggermente abbronzato e con la giusta muscolatura corporea, le sue ali erano grandi e molto soffice al tatto, anche le mie lo erano, ma a quanto pareva, non riscuotevano lo stesso successo.
-Già così scorbutici di prima mattina?- Mi chiese inarcando il sopracciglio, evitai di rispondergli
-Abbiamo qualche incarico?- Gli domandai, lui scosse la testa:
-Al momento siamo liberi…che ti va di fare raggio di sole?- Disse in tono ironico, sospirai frustrato
-Avresti potuto anche evitare di svegliarmi…comunque penso che andrò a farmi un giro da solo- Calcai la voce sulle ultime due parole, lasciando il mio amico con un'espressione di delusione sul volto.
Non mi faceva certo piacere trattarlo male, ma tanto fra qualche istante avrebbe lasciato perdere, così era fatto lui, così erano fatti tutti, tutti tranne me.
Il vero motivo per cuoi volevo essere lasciato da solo, era però un altro, volevo andare alla "Sorgente degli Specchi" cioè il posto da cui ci era permesso guardare gli esseri umani sulla terra.
Mi piaceva andarci, vedere com'era una vita vera, com'era andare avanti senza sapere che cosa avrebbe riservato il domani; anche solo qualche domanda tra le più banali: "pioverà?" oppure: "Che cosa mangerò stasera?"…Era una cavolata forse, ma mi sarebbe piaciuto potermelo chiedere, poter guardare il cielo dal basso e interrogarmi sul significato delle stelle…ma, dentro di me, c'era anche un'altra ragione per cui mi recavo spesso lì: dovevo vedere Lei.
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Le lancette scorrevano inesorabili sull'orologio, segnando gli ultimi minuti disponibili agli studenti per completare quei difficili calcoli matematici. Alcune persone avevano già posato la penna soddisfatti del proprio compito, ma io non ero tra questi.
Era più forte di me, proprio non riuscivo a capacitarmi che tutti quei numeri e lettere in quell'equazione potessero portare ad un unico risultato.
La matematica non faceva per me, era una scienza esatta senza possibilità di eccezioni; non ne capivo davvero l'utilità, perché non avrei potuto dire: 2+2=5 ?? Quelle parole suonavano meglio fra di loro che "quattro" due "T" accanto ad una "R"…Davvero un obbrobrio linguistico.
La campana segnò la fine dell'ora ed il mio foglio era quasi completamente bianco, eccetto per qualche pesante correzione a biro e alcuni calcoli inventati sul momento che probabilmente non avrebbero portato a nulla di buono. Diamine, aveva scelto il liceo classico anche per le poche ore di matematica, ma sembrava che volessero a tutti i costi farle pesare quelle due ore settimanali riempiendola di esercizi, verifiche e conseguenti brutti voti.
Si passò una mano sul viso, se il buon giorno si vedeva dal mattino, allora quella giornata era condannata a peggiorare ancora.
-Allora? Come è andata?- Mi chiese Gloria, la mia compagna di banco, nonché migliore amica.
-Uno schifo!- Mugugnai in risposta
Gloria si arrotolò un ricciolo rosso fra le dita
-Via, non preoccuparti, finora sei riuscita comunque ad ottenere la sufficienza…-
Non la lasciai parlare
-Mia madre mi ammazzerà!- Dissi in tono drammatico sbattendo la testa sul banco e lasciandomi andare ad un sonoro sbuffo liberatore.
-Consolati, ora abbiamo filosofia- Mi disse cercando di tirarmi su il morale
Mi rasserenai un poco, in effetti amavo la materia e poi il prof era molto simpatico di quella vecchia racchia di professoressa di matematica.
Il prof Bottazzi fece il suo ingresso, a vederlo probabilmente non ispirava molto, basso con in testa una zazzera scompigliata di capelli grigi e un paio di occhiali tondi sul naso, però, a detta di tutti i suoi studenti, era davvero un grande e inoltre, sembrava avere una sorta di predilezione per me, cosa che poteva tornare molto utile nella "Giungla" scolastica.
L'insegnate aprì la sua borsa e ne tirò fuori un libro scuro
- Siori e siore- Disse con il suo tono affabile facendo subito sorridere i ragazzi -Oggi cominceremo a leggere il "Simposio" di Platone…Mi aspetto che ognuno di voi se ne procuri una copia, perché affronteremo l'argomento molte altre volte-
Un sorriso a trentadue denti mi illuminò il viso, un altro motivo per cui lo adoravo era il fatto che sembrava leggermi nel pensiero, io adoravo il simposio. Certo, non era una lettura facile, facile…Però a me piaceva moltissimo l'argomento: parlava di "Eros" l'amore, di tutte le sue numerose sfaccettature e di come fosse una forza al contempo angelica e demoniaca.
Forse mi ero sbagliata, la giornata stava lentamente prendendo una piega migliore.
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La guardai sorridere e non riuscii a non pensare a quanto bastasse poco agli esseri umani per migliorare una giornata, a come l'imprevedibilità degli eventi potesse donargli un sorriso anche attraverso le cose semplici.
Ogni volta che andavo alla Sorgente degli Specchi, finivo sempre per guardare lei. Non lo facevo apposta, per vedere il mondo bisognava concentrarsi su un determinato luogo o persona…e per quanto mi sforzassi, il mio pensiero correva sempre a lei, a Lara.
Non avevo ancora capito il perché, era una ragazza piuttosto timida, piccolina e magra che sembrava fragile come il cristallo, un ciuffo di capelli corvini le copriva uno dei suoi due occhi scuri e poi amava vestirsi di nero…Aveva la strana capacità di attrarmi e incuriosirmi (cosa difficile) soprattutto quando scriveva su quel suo quadernino nero, avrei tanto voluto sapere che cosa ci scrivesse sopra, ma non mi era permesso avvicinarmi al loro mondo. Comunque, aguzzando meglio la vista, ero riuscito a scorgere un titolo, un anno prima, poco tempo dopo la morte del padre, il testo si chiamava "L'angelo della Morte" bastava quello per farmi capire un po' di che cosa parlasse quella poesia.
Inoltre ero stato io stesso quell' "Angelo della Morte" perché proprio io avevo avuto l'incarico di portare via suo padre dal mondo dei vivi.
Quando una persona moriva, alcuni angeli dovevano andare a prendere la sua anima e condurlo in paradiso, i demoni invece li trascinavano all'inferno, ma il risultato finale era sempre lo stesso, l'anima, dopo un giro di purificazione (o di punizione a seconda dei casi) veniva rispedita sulla terra pronta a cominciare un'altra vita. Dato che nessun angelo voleva prendersi l'ingrato compito, si estraeva a sorte a chi toccasse, e dato che la gente che moriva sulla terra era parecchia ogni giorno, questa mansione mi era già capitata parecchie volte.
Mi era davvero dispiaciuto dover portar via l'anima di quell'uomo, era davvero una brava persona, un lavoratore onesto che amava molto la sua famiglia. Quando era qua su mi aveva chiesto più volte di poter vedere come stavano sua moglie e sua figlia, io avevo sempre acconsentito fu così che vidi per la prima volta Lara.
Anche adesso che la sua anima era tornata di nuovo sulla terra per un nuovo ciclo di vita, io continuavo ugualmente a venire qui ad ammirarla da lontano.
In qualche modo mi sentivo indissolubilmente legato a lei e quest'idea mi faceva sorridere, l'idea di poter davvero essere qualcosa di diverso.
Era soltanto una magra ed illusoria speranza, ma era la mia ultima possibilità di appiglio.
 

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Capitolo 3
*** Never Born ***


La solita giornata di scuola finì e io mi trovavo ancora alla solita fermata con le solite cuffie nelle orecchie.
Canticchiavo a bassa voce con gli occhi chiusi, cercando di estraniarmi completamente dal mondo che mi circondava. All'improvviso mi sentii urtare da qualcosa e maledissi il mio fisico esile per avermi lasciata cadere in terra con così tanta facilità. Aprii gli occhi cercando di capire che cosa mi avesse colpito e notai un ragazzo che mi guardava tendendomi una mano con espressione mortificata. Lo sconosciuto borbottò qualcosa che non riuscii a comprendere a causa dell'alto volume della musica nelle mie orecchie, strinsi comunque la sua mano e mi rialzai togliendomi le cuffie
-Scusa davvero…- Mi disse io scrollai le spalle
-Non importa…piuttosto, dove cavolo stavi andando così di fretta?- Gli chiesi
-Cercavo di prendere l'autobus…ma sono arrivato tardi, è già partito…- Mi rispose indicando il mezzo allontanarsi fumando dal tubo di scarico, non so che cosa mi trattenne dal tirare un bestemmione storico.
-Ma come posso essere così imbranata?!?-Esclamai in un grosso sospiro passandomi una mano sul viso, possibile che non me ne andasse mai dritta una!?!
-Lo stavi aspettando anche tu?- Mi chiese lui apparentemente confuso, io annuii affranta e lo vidi mordersi le labbra per cercare di non scoppiare a ridere, fu comunque un apprezzabile segno di educazione.
-Ehm…comunque io sono Kristian- Disse tendendomi la mano
-Lara, piacere- Gliela strinsi e poi lo guardai, era abbastanza alto, aveva i capelli castani e due grandi occhi verdi, ero sicura di averlo già visto da qualche parte a scuola, ma non gli avevo mai fatto molto caso.
-Piacere mio- Rispose educatamente -Senti…visto che abbiamo una mezzora buona prima che passi un altro autobus in questo buco di paese…ti andrebbe di andarci a prendere un gelato?-
Lo guardai indecisa, di solito non prestavo molta confidenza alla gente conosciuta da poco, un rapporto, di qualunque genere, per me era una cosa da acquisire col tempo, era anche per questo che io non avevo molti amici. Comunque quel ragazzo mi sembrava un tipo a posto e quindi non ci vidi nulla di male a concedergli un uscita
-Va bene!- Risposi in un sorriso cordiale avviandomi insieme a lui verso la gelateria di fronte alla scuola
-Offro io!- Disse estraendo il portafoglio facendo attenzione a non macchiarsi con il suo cono al pistacchio
-No, non devi…- Tentai di replicare ma lui mi zittì con lo sguardo
-Dovrò pure scusarmi in qualche modo per averti buttata per terra no?-
Alzai gli occhi, ma gli sorrisi comunque.
Chiacchierando, o meglio, lui parlava e io mi limitavo a brevi frasi o cenni con il capo, il tempo passò velocemente e il secondo autobus arrivò permettendoci, questa volta, di salire.
Era piuttosto pieno e quindi dovemmo stringerci fra di noi, sfiorare il corpo di Kristian mi mise involontariamente in imbarazzo, probabilmente lui se ne accorsa perché scoppiò a ridere e mi strinse ancora di più a sé
-Non ti mangio mica!- Disse ridendo, mentre io non riuscivo quasi a proferire parola, mi domandavo perché si stesse interessando a me…si stesse interessando troppo a me.
Non ero certo un'ingenua, si capiva che il suo modo di comportarsi era più di semplice gentilezza, mi morsi il labbro inferiore pensando che, in fondo, non era certo brutto ricevere delle attenzioni di tanto in tanto.
-Io scendo qui- Dissi una volta arrivata alla mia fermata, lui mi salutò sorridente ed io scesi dall'autobus, mi sentivo incredibilmente agitata, come se avessi fatto tutta la strada di corsa, presi fiato e mi tranquillizzai prima di entrare in casa.
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Non mi piaceva…Quel Kristian non mi piaceva per niente. Non che fosse un criminale o cosa, dato che avevo già dato un'occhiata alla sua mente, eppure c'era qualcosa che non andava in lui, come un lato oscuro, sapientemente nascosto dietro una maschera da bravo ragazzo. In ogni caso, non potevo fare nulla da lì e quindi era inutile pensarci più di tanto.
Pensieri, pensieri…Pensavo troppo, e a pensare troppo si finisce irrimediabilmente per impazzire, e ormai avevo ottime ragioni per credere di non essere più tanto lucido.
-Bill! Bill Eccoti finalmente!-
Sussultai sentendomi chiamare da Tom e le acque che stavo fissando si intorpidirono fino a far svanire completamente l'immagine che stavo guardando.
-Cosa c'è?- Gli domandai voltandomi verso di lui
-Devo andare a prendere un anima- Mi disse con voce piatta
-Ok…va- Gli risposi io, non capendo perché mi avesse detto una cosa piuttosto ordinaria,
Tom mi stava guardando in modo strano e non riuscivo a capire che cosa avesse
-Non voglio- Disse piano, scandendo ogni parola con estrema lentezza, lo guardai strabuzzando gli occhi
-Nessuno di noi lo vorrebbe, ma prima o poi ci tocca, quindi fatti coraggio e vai- Gli dissi categorico.
L'angelo si abbassò e mi sussurrò nell'orecchio, talmente piano così che nessun altro avrebbe mai potuto sentirlo:
-è un Non Nato- Mormorò con uno strano tono di voce
I Non Nati erano, come indica il termine stesso, quelle anime che non avevano ancora tratto il primo respiro e che quindi non avevano mai potuto vivere, alcune di esse finivano completamente annullate, visto che non era più possibile inserirle nel circolo della natura, mentre altre, scelte personalmente dalle cariche più alte, avevano l'"onore" di venir rese angeli o demoni, dipendeva dai casi. Tom era uno di questi, poco più di vent'anni prima, quella ragazzina di diciotto anni che avrebbe dovuto essere sua madre, lo rifiutò perché non voleva permettere a nulla di offuscare la sua brillante prospettiva di vita e così decise di abortire, abbandonando ciò che era ancora non era, lasciandolo solo davanti al suo destino.
-Non preoccuparti- Gli dissi sorridendo -Ci vado io-
Tom mi abbracciò -Grazie! Grazie! Non so perché però…davvero, io non me la sentivo-
Lo guardai comprensivo, spesso gli angeli Non Nati erano i più inclini a provare ancora quegli istinti umani con i quali erano stati creati in origine, e anche per questo molti di loro non potevano ambire ad alte cariche ed erano spesso considerati un gradino più in basso degli altri angeli.
-Non c'è di che- Risposi, poi mi avviai a svolgere il mio compito.
La mia destinazione era in Cina, per la precisione in una clinica nella città di Xi'an. La donna si trovava ancora distesa sul letto sotto l'effetto dell'anestesia, guardando nella sua mente ho appurato che il motivo di quella decisione era stato il rigido controllo delle nascite e le ingenti tasse da pagare nel caso i figli nati fossero più di uno, la donna era sola e già madre di un altro bambino, non poteva assolutamente permettersi di crescere un altro figlio.
Accanto al letto, chiuso in una busta di plastica, vi era il feto, lungo meno di un centimetro, ma vi erano già ben visibili i grandi occhi e un accenno di arti.
Con un sospiro cominciai a guardarmi attorno, i Non Nati erano difficili da individuare, dato che quell'anima non era ancora niente vi era solo la sua essenza più profonda che ora vagava senza meta in quella stanza.
Chiusi gli occhi e mi concentrai al massimo, poi la sentii, come un vento gelido che ti invade fin nel profondo e in lontananza un gemito e poi un lamento strozzato
-Seguimi, non voglio farti del male- Sussurrai, quando riaprii gli occhi, era davanti a me.
L'anima era bianca e inconsistente, sulla viso spiccavano due grandi abissi vuoti e neri, la testa, senza volto né capelli, era sostenuta da un corpicino infinitamente sproporzionato e non vi erano dita ne sulle mani né sui piedi.
Mi accovacciai fino ad arrivare alla sua altezza poi allungai la mano verso di essa
-Vieni con me- Dissi piano, ma lei si ritrasse bruscamente, come spaventata
-Non aver paura- Continuai dolcemente, l'anima emise un singhiozzo e si allontanò ancora di più, allora io mi avvicinai di nuovo fino a sfiorare il vapore bianco di cui era formata, reprimendo a stento un brivido di gelo. La mia tecnica però, sembrò funzionare perché l'anima si calmò e strinse il mio dito indice nella sua mano minuscola. Le sorrisi incoraggiante e la portai via, ora bisognava soltanto aspettare il responso di Nike.

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Capitolo 4
*** JunJun ***


 
Capitolo IV: JunJun

Entrai nel grande palazzo fatto d'avorio bianchissimo, l'anima ancora aggrappata al mio dito, sembrava non avere intenzione di lasciarlo per nulla al mondo, quel gesto mi fece stranamente sorridere, non volevo lasciare che l'annullassero, riuscivo a sentire in lei molte potenzialità.
Bussai al portone dell'ufficio di Nike, lei era la Serafina più potente della zona, a lei spettavano i compiti e le decisioni più importanti, tra cui che cosa fare dei Non Nati che le si presentavano.
Ad aprirmi non fu lei però, bensì un angelo dai capelli biondo platino e gli occhi azzurri, dalle due paia di ali sulla schiena dedussi che si trattava di un Cherubino.
-Io sono Andreas, primo segretario ufficiale della Somma Serafina Nike- Si presentò, senza nascondere un grande orgoglio personale -Chi sei tu e che cosa vai cercando?- Mi domandò, io lo guardai storto ma mi ricomposi in fretta, sapevo come potessero essere suscettibili i potenti.
-Il mio nome è Bill e sono qui perché devo parlare urgentemente con Nike- Rispose, Andreas lo guardò dall'alto in basso e poi mi chiese:
-Hai un appuntamento?-
Scossi la testa
-Allora non posso lasciarti passare, ultimamente la Somma è molto impegnata e riceve solo sotto appuntamento- Il biondo fece per richiudere la porta, io alzai gli occhi e sollevai il braccio mostrando l'anima che fino a quel momento era rimasta nascosta dietro di me, e con mia grande sorpresa notai che le erano spuntate le dita sugli arti e sul viso era comparso un nasino e una piccola boccuccia sdentata che sorrideva sorniona al Cherubino, il quale restò un attimo interdetto, ma riacquistò in fretta la sua aria di superiorità
-Vedrò di fare un'eccezione per questa volta- Disse -Intanto puoi accomodarti, la Somma ti raggiungerà a breve-
L'ufficio era immenso, una grande Finestra occupava gran parte della parete, davanti ad essa c'era una scrivania di cristallo, mentre appoggiati ai muri vi erano scaffali pieni di libri, di qualunque genere e in ogni lingua del mondo. Accarezzai ammirato le copertine in pelle dei vari volumi, finché un urlo agghiacciante mi fece sussultare tanto da farmi rovesciare erroneamente alcuni tomi. Mi voltai di scatto, ma l'unica cosa che vidi fu l'anima che rideva rotolandosi sul pavimento, fra le labbra erano ora comparsi dei denti bianchissimi e regolari.
Sbuffai contrariato -Mi hai fatto prendere un bello spavento!- Dissi Sollevandola e appoggiandola su di una sedia -Tu non muoverti di qui ed evita di fare altri scherzetti, intesi?- Lei sbatté le palpebre che erano ora comparse a coprire i suoi occhi neri -Mi hai capito?- Le chiesi di nuovo, lei annuì. Era una cosa sorprendente, di norma le anime acquisivano il loro aspetto definitivo solo quando e se venivano trasformate in angeli, decisi di non farci caso e tornai a sistemare i libri caduti, sperando di riuscirci prima che entrasse Nike. Fra i tanti e pesanti volumi ce n'era uno più piccolo e sottile, cercai di leggerne il titolo ma non vi era alcuna scritta sulla copertina di pelle scura. Mentre ancora mi interrogavo sulla provenienza di quel libro sentii la porta aprirsi, istintivamente nascosi il libro nei pantaloni, incurante delle conseguenze a cui mi avrebbe potuto portare quel gesto. Feci appena in tempo perché un istante dopo Nike fece il suo ingresso nella stanza.
La sua figura emanava leggerezza e grazia da tutti i pori, nonostante le sei ali candide occupassero tutta la sua schiena, il corpo era avvolto in una veste azzurrina, leggermente sgambata e con una fascia corta che lasciava scoperto il ventre piatto, la pelle brillava di luce lunare e i capelli erano dorati e lucenti come il sole, acconciati sopra la testa lasciando liberi solo un paio di boccoli che le incorniciavano il viso, le labbra a bocciolo erano serrate in segno di austerità e gli occhi violacei saettavano ripetutamente da me all'anima. Mi schiarii la voce e comincia a parlare cercando di evitare quello sguardo inquisitore.
-Il mio nome è Bill- Mi presentai -E sono qui per chiedere che questo Non Nato sia abilitato a diventare un angelo-
La Serafina fissò intensamente l'anima, la quale abbassò lo sguardo e si attaccò di nuovo al mio dito, quasi volesse cercare protezione.
-Perché hai già iniziato il processo di trasformazione senza aver ottenuto il mio consenso?- Mi domandò indicando il Non Nato, al quale ora era spuntata una zazzera di capelli corvini sulla testa, io restai sorpreso da quell'accusa
-Le assicuro che non ho fatto niente, tutto questo è successo da solo, e comunque, io non ho la minima idea di come trasformare un'anima in angelo, mia Signora- Mi difesi, Nike si avvicinò e io aspettai un qualunque segno da parte di lei, ma inaspettatamente sorrise e accarezzò la testa dell'anima -Allora questa piccolina è davvero speciale- sussurrò dolcemente, l'anima rise ritrovando il buonumore, Nike le donò un ultimo, radioso sorriso e poi tornò a rivolgersi a me
-Penso che comunque tu centri qualcosa in tutto questo…probabilmente l'hai condizionata in qualche modo, non intenzionalmente intendo- Io la guardai senza capire
-Guardala, cerca di imitarti, guarda i suoi capelli!- Esclamò
-è cinese, penso sia normale che le siano spuntati dei capelli scuri- Obiettai, ma lei scosse la testa -Ho visto altri angeli di fisionomia asiatica, ma questo è solo il secondo che io abbia mai visto, in tutti i miei tremila anni, ad avere i capelli di questa tonalità di nero…Se non fossi stata presente il giorno del tuo arrivo, quasi dubiterei che tu fossi un angelo puro-
Mi ci volle un attimo per comprendere il reale significato delle sue parole
-L'ha definita come un angelo…questo vuol dire che la trasformera!- Esclamai non riuscendo a trattenermi, Nike sorrise:
-Certamente, ne dubitavi?-
Sorrisi raggiante
-Grazie…Anche a nome suo- Dissi indicando l'anima
-A proposito di nomi…- Disse la Serafina -Ti andrebbe di dargliene uno tu?-
Sgranai gli occhi
-Io?!- Chiesi stupefatto, Nike annuì, allora io cominciai a pensarci su. Volevo darle un nome cinese, visto il suo aspetto -JunJun*- Dissi alla fine -Ti piace?- Domandai rivolta all'anima, la quale cominciò a ripeterlo all'infinito -JunJun, JunJun, JunJun…-
-Direi di sì- Commentò Nike -Ora ti prego di scusarmi, ma devo finire delle commissioni urgenti- La salutai con un inchino e poi me ne andai, lasciando la piccola JunJun in buone mani.

Capitolo IV: JunJun

Entrai nel grande palazzo fatto d'avorio bianchissimo, l'anima ancora aggrappata al mio dito, sembrava non avere intenzione di lasciarlo per nulla al mondo, quel gesto mi fece stranamente sorridere, non volevo lasciare che l'annullassero, riuscivo a sentire in lei molte potenzialità.
Bussai al portone dell'ufficio di Nike, lei era la Serafina più potente della zona, a lei spettavano i compiti e le decisioni più importanti, tra cui che cosa fare dei Non Nati che le si presentavano.
Ad aprirmi non fu lei però, bensì un angelo dai capelli biondo platino e gli occhi azzurri, dalle due paia di ali sulla schiena dedussi che si trattava di un Cherubino.
-Io sono Andreas, primo segretario ufficiale della Somma Serafina Nike- Si presentò, senza nascondere un grande orgoglio personale -Chi sei tu e che cosa vai cercando?- Mi domandò, io lo guardai storto ma mi ricomposi in fretta, sapevo come potessero essere suscettibili i potenti.
-Il mio nome è Bill e sono qui perché devo parlare urgentemente con Nike- Rispose, Andreas lo guardò dall'alto in basso e poi mi chiese:
-Hai un appuntamento?-
Scossi la testa
-Allora non posso lasciarti passare, ultimamente la Somma è molto impegnata e riceve solo sotto appuntamento- Il biondo fece per richiudere la porta, io alzai gli occhi e sollevai il braccio mostrando l'anima che fino a quel momento era rimasta nascosta dietro di me, e con mia grande sorpresa notai che le erano spuntate le dita sugli arti e sul viso era comparso un nasino e una piccola boccuccia sdentata che sorrideva sorniona al Cherubino, il quale restò un attimo interdetto, ma riacquistò in fretta la sua aria di superiorità
-Vedrò di fare un'eccezione per questa volta- Disse -Intanto puoi accomodarti, la Somma ti raggiungerà a breve-
L'ufficio era immenso, una grande Finestra occupava gran parte della parete, davanti ad essa c'era una scrivania di cristallo, mentre appoggiati ai muri vi erano scaffali pieni di libri, di qualunque genere e in ogni lingua del mondo. Accarezzai ammirato le copertine in pelle dei vari volumi, finché un urlo agghiacciante mi fece sussultare tanto da farmi rovesciare erroneamente alcuni tomi. Mi voltai di scatto, ma l'unica cosa che vidi fu l'anima che rideva rotolandosi sul pavimento, fra le labbra erano ora comparsi dei denti bianchissimi e regolari.
Sbuffai contrariato -Mi hai fatto prendere un bello spavento!- Dissi Sollevandola e appoggiandola su di una sedia -Tu non muoverti di qui ed evita di fare altri scherzetti, intesi?- Lei sbatté le palpebre che erano ora comparse a coprire i suoi occhi neri -Mi hai capito?- Le chiesi di nuovo, lei annuì. Era una cosa sorprendente, di norma le anime acquisivano il loro aspetto definitivo solo quando e se venivano trasformate in angeli, decisi di non farci caso e tornai a sistemare i libri caduti, sperando di riuscirci prima che entrasse Nike. Fra i tanti e pesanti volumi ce n'era uno più piccolo e sottile, cercai di leggerne il titolo ma non vi era alcuna scritta sulla copertina di pelle scura. Mentre ancora mi interrogavo sulla provenienza di quel libro sentii la porta aprirsi, istintivamente nascosi il libro nei pantaloni, incurante delle conseguenze a cui mi avrebbe potuto portare quel gesto. Feci appena in tempo perché un istante dopo Nike fece il suo ingresso nella stanza.
La sua figura emanava leggerezza e grazia da tutti i pori, nonostante le sei ali candide occupassero tutta la sua schiena, il corpo era avvolto in una veste azzurrina, leggermente sgambata e con una fascia corta che lasciava scoperto il ventre piatto, la pelle brillava di luce lunare e i capelli erano dorati e lucenti come il sole, acconciati sopra la testa lasciando liberi solo un paio di boccoli che le incorniciavano il viso, le labbra a bocciolo erano serrate in segno di austerità e gli occhi violacei saettavano ripetutamente da me all'anima. Mi schiarii la voce e comincia a parlare cercando di evitare quello sguardo inquisitore.
-Il mio nome è Bill- Mi presentai -E sono qui per chiedere che questo Non Nato sia abilitato a diventare un angelo-
La Serafina fissò intensamente l'anima, la quale abbassò lo sguardo e si attaccò di nuovo al mio dito, quasi volesse cercare protezione.
-Perché hai già iniziato il processo di trasformazione senza aver ottenuto il mio consenso?- Mi domandò indicando il Non Nato, al quale ora era spuntata una zazzera di capelli corvini sulla testa, io restai sorpreso da quell'accusa
-Le assicuro che non ho fatto niente, tutto questo è successo da solo, e comunque, io non ho la minima idea di come trasformare un'anima in angelo, mia Signora- Mi difesi, Nike si avvicinò e io aspettai un qualunque segno da parte di lei, ma inaspettatamente sorrise e accarezzò la testa dell'anima -Allora questa piccolina è davvero speciale- sussurrò dolcemente, l'anima rise ritrovando il buonumore, Nike le donò un ultimo, radioso sorriso e poi tornò a rivolgersi a me
-Penso che comunque tu centri qualcosa in tutto questo…probabilmente l'hai condizionata in qualche modo, non intenzionalmente intendo- Io la guardai senza capire
-Guardala, cerca di imitarti, guarda i suoi capelli!- Esclamò
-è cinese, penso sia normale che le siano spuntati dei capelli scuri- Obiettai, ma lei scosse la testa -Ho visto altri angeli di fisionomia asiatica, ma questo è solo il secondo che io abbia mai visto, in tutti i miei tremila anni, ad avere i capelli di questa tonalità di nero…Se non fossi stata presente il giorno del tuo arrivo, quasi dubiterei che tu fossi un angelo puro-
Mi ci volle un attimo per comprendere il reale significato delle sue parole
-L'ha definita come un angelo…questo vuol dire che la trasformera!- Esclamai non riuscendo a trattenermi, Nike sorrise:
-Certamente, ne dubitavi?-
Sorrisi raggiante
-Grazie…Anche a nome suo- Dissi indicando l'anima
-A proposito di nomi…- Disse la Serafina -Ti andrebbe di dargliene uno tu?-
Sgranai gli occhi
-Io?!- Chiesi stupefatto, Nike annuì, allora io cominciai a pensarci su. Volevo darle un nome cinese, visto il suo aspetto -JunJun- Dissi alla fine -Ti piace?- Domandai rivolta all'anima, la quale cominciò a ripeterlo all'infinito -JunJun, JunJun, JunJun…-
-Direi di sì- Commentò Nike -Ora ti prego di scusarmi, ma devo finire delle commissioni urgenti- La salutai con un inchino e poi me ne andai, lasciando la piccola JunJun in buone mani.

 

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