Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** Capitolo 1: Questioni di buon vicinato *** Capitolo 2: *** Capitolo 2: Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1: Questioni di buon vicinato ***
Capitolo
1: Questioni di buon vicinato
Pianeta Terra, Zona Est
Un pomeriggio del 3° mese dell’anno 73°, nel suo ufficio, la cui
austerità rifletteva la mancanza della consuetamente superbaostentazione dell’appartenenza alla razza
dominante, quella aliena, da parte dell’occupante, A. Charlu,
fondatore e direttore dell’istituto didattico superiore, andava valutando la
domanda del giovane grigio-argento (questo, l’appellativo colloquiale per
indicare gli alieni, per via del colore dei capelli comune all’intera razza),
rigido sull’attenti come richiesto a uno studioso che si presentasse a
un’autorità didattica di tale levatura.
ErwanFlamen-Gaëla, un ventenne, venuto nell’istituto dalla Zona Ovest
della Terra, aveva chiesto il permesso di potersi trasferire in un’ala del
dormitorio diversa dall’attuale. Il direttore Charlu
alzò gli occhi argentei dalla lettera di Erwan,
l’ultima in ordine cronologico nel fascicolo dello studioso, fascicolo ora
spalancato al centro della scrivania, per il resto sgombra.
«Vedo che lei chiede di essere assegnato a un altro dormitorio –
quando l’anno accademico è già piuttosto avanti, direi – per “motivi
personali”. Le spiace specificare meglio?»
«È una faccenda privata, signore» rispose Erwan.
«Mi consenta di ricordarle che, come direttore, tendo a essere
coinvolto dai problemi personali, a volte anche privati, dei giovani studiosi.
Allora, vuole darmi ulteriori lumi?»
«Credo che lei possa capire, signore, che essere uno dell’Ovest nella
zona Est costituisca spesso una posizione difficile» disse con tono sicuro il
giovane. «E nel dormitorio che occupo attualmente continuo ad avere
problemicon degli…»
Idùn, stava
per concludere, ma per qualche strana ragione a lui stesso ignota si
interruppe. Gli Idùnerano gli umani, ossia quei riprovevoli
indigeni, originari abitanti della Terra. Un tempo il pianeta gli apparteneva
ed essi erano pienamente riusciti nell’intento d’essere i signori indiscussi
della Terra, nettamente superiori ad ogni altra razza presente. Tutto ciò,
tuttavia, risaliva ad un passato talmente remoto che gli stessi discendenti
degli umani sopravvissuti all’avvento degli alieni ne avevano quasi dimenticato
il ricordo. Con quella che era nota come “Grande Rinascita”, gli alieni
Bretan-X-2235, dotati di tecnologie infinitamente più avanzate di quelle
rudimentali terrestri nonché di una bellicosità terribilmente feroce ,avevano espugnato il pianeta, compiuto
un’immane strage di umani e ridotto i restanti nella schiavitù più impietosa. Al tempo in cui questa storia è
ambientata, gli umani erano ormai totalmente asserviti ai Bretan,
e venivano continuamente esposti alle loro angherie. Idùn, in liguaBretan, è un’ingiuria particolarmente dispregiativa e
significa ”sottosviluppata bestia terrestre”
Erwan, in nulla diverso dagli altri membri
della razza dominante, non nutriva alcun rispetto per gli umani.
Così aggiunse: «Ritengo soltanto sia opportuno alloggiare altrove,
prima che accada qualcosa di veramente spiacevole.»
Il direttore Charlu, da sempre accademico
liberale, non riteneva che quella fosse l’occasione migliore per puntualizzare
la crudeltà dei più agguerriti tradizionalisti grigi-argento compiute
soprattutto nella zona Ovest. Nei tempi più recenti l’Est aveva adottato una
politica, anche se ancora poco diffusa e generalizzata, di tolleranza nei
confronti dei coinquilini terrestri e a spiccare per ampiezza di vedute in tal
senso erano perlopiù soggetti che ricoprivano cariche di prim’ordine in campo
accademico e culturale, in testa Charlu stesso, che
arrivava persino ad ammettere dei giovani e meritevoli umani all’Istituto.
Dopo tutto,rifletté l’anziano alieno, quel giovane era il prodotto di
una società e di una casta fortemente schiaviste. Lo sapeva rampollo di una
delle famiglie più in vista nel panorama politico e militare dei Bretan. Suo padre era il senatore radicale ed ex-generale
dell’ Ordine Militare BretanTrestanFlamen-Gaëla, ed era grazie a lui e alla sua influenza se
le leggi più ferree in materia di sfruttamento di umanierano state approvate dal Gran Consiglio.
Eppure, ErwanFlamen-Gaëla
era introverso per natura, introspettivo per indole, piuttosto diverso da uno
di quei sanguigni prototipi di alieni che amavano andare a caccia di Idùn, pratica molto diffusa e particolarmente
apprezzata dai giovani.
Il direttore abbozzò qualcosa che somigliava ad un sorriso, mentre
estraeva dal cassetto una busta stretta cu cui era fissato un tesserino
metallico. «La sua domanda è stata accettata. E avrà una stanza privata. I suoi
genitori sono stati espliciti sin dall’inizio: sono disposto a pagare la retta
extra, in quanto ritengono che un compagno di camera la distrarrebbe dalla sua
encomiabile attività di ricerca e studio. Quindi, eccole la sua nuova chiave,
con il mio biglietto d’accesso.»
Fissò attentamente Erwan. «E adesso, lasci
che le dica una cosa. E’ ammirevole come lei si sia dimostrato uno studioso dal
rendimento veramente elevato e costante. Stavo appunto guardando i suoi voti.
Fin dal suo arrivo, si è piazzato ed è rimasto nel dieci per cento dei migliori
in assoluto. Ma corre il rischio di concentrarsi sullo studio a detrimento di
altre cose importanti, quali il coltivare amicizie.»Gli rivolse un altro mezzo
sorriso. «E, signor Flamen-Gaëla, per il futuro
ricordi che cambiare vicinato non sempre è una soluzione ai problemi.»
Significativamente, Alar Charlu sbirciò
verso la porta. «Può andare.»
Capitolo 2 *** Capitolo 2: Un aiuto inaspettato ***
CAPITOLO
2: UN AIUTO INASPETTATO
Erwan si avviò a grandi passi al suo nuovo
alloggio, enormemente sollevato che il direttore avesse permesso il trasloco.
Ne aveva fin sopra i capelli di quegli esseri repellenti, dalla carnagione e
dal colore di occhi e capelli più scuri di quella aliena, che ciondolavano nei
corridoi e seguivano le lezioni come se ne avessero diritto. Per lui era
un’indecenza doverci avere a che fare.
La prima vacanza trascorsa a casa gli aveva concesso qualche tempo
durante il quale riflettere sulle esperienze di quei primi due anni da
studioso, ed egli s’era deciso a conseguire due obiettivi. Primo: nelle
successive vacanze sarebbe rimasto all’Istituto, andando a casa solo per il NaÏgKera, la principale
festività aliena con cui si celebra l’anniversario della Grande Rinascita,
guadagnandosi in minor tempo l’attestato. Quando aveva comunicato ai genitori
tale intendimento, suo padre aveva lanciato uno dei suoi migliori ruggiti
militari. E la madre, come prevedibile, era scoppiata in lacrime d’orgoglio.
Secondo obiettivo: s’era ripromesso di non tralasciare occasione per
esibire la sua provenienza in caso di polemica con dei Bretan
simpatizzanti per gli umani.
Non che Erwan avesse avuto vita facile nei
rapporti con altri studiosi dell’Ovest. Durante tutto il primo anno era rimasto
disgustato dalla volgarità grossolana prevalente nei suoi compatrioti. Né
prendeva parte alle rinomate cacce agli Idùn,intraprese dai suoi simili con tanto
piacere quanta impetuosa violenza, e sempre disapprovate e proibite, ma invano,
dal direttore. Erwan non avrebbe mai dimenticato la
volta in cui aveva assistito all’inseguimento di due
studiosi umani con tanto di fucili ad energia diretta, la cui irradiazione era
in grado di ustionare la vittima in modo estremamente preciso e, talvolta,
micidiale. Lui s’era limitato ad una scrollata di spalle e ad un’occhiata di
biasimo per una tale baraonda, ma nulla più. Spesso era testimone dei supplizi
che alcuni Bretan, giacché audaci sostenitori di una
presunta uguaglianza tra alieni e umani, dovevano subire, venendo importunati e
mostrati a dito come traditori o folli.
Quella sera Erwan raggiunse la sala di
studio e ricerca, ricolma di tavoli, poltrone e computer, portandosi parecchi T-doc, supporti di memorizzazione, per trasmettere gli
appunti delle lezioni dai computer lì presenti a quello, altamente superiore, della sua camera. Dopo aver lasciato i
supporti su uno dei tavoli, si andò a prendere una tazza di tè. Al suo ritorno
i T-doc erano spariti. Li cercò in giro per la sala
senza arrabbiarsi, perché intuiva che il discutibile senso dell’umorismo di
qualcuno non aveva trovato di meglio per estrinsecarsi. Dopo mezz’ora di
inutili indagini, era visibilmente infuriato ed era sull’orlo di esplodere
esasperato, quando un giovane compagno di corso, un grigio-argento occidentale
come lui, proruppe in una risata di scherno.
«Ha! Hai perso i supporti! Ed ora cosa racconti a paparino?», non
lasciò neppure la sua poltrona, ululando da avvinazzato a tutti i presenti.
«Sarà anche l’erede di mezzo Ovest, ma non gli piace mischiarsi con
noi».
Erwan lo fissò con sommo disprezzo. «Chissà
perché.» Si piantò deciso davanti al compagno e incrociò le braccia al petto;
non intendeva scatenare una rissa, se poteva evitarlo, poco dopo aver lasciato
l’ufficio del direttore.
Un altro alieno, un tipo robusto dai capelli grigi irti sulla testa,
seduto accanto al primo ed evidentemente suo complice, puntò su Erwan una sguardo maligno e sollevò la mano che,
chiaramente, stringeva i T-doc. Gli altri studiosi in
sala seguivano la scena con sollecitudine, immobili nelle loro postazioni.
Prima che il giovane potesse fare alcunché, quello alticcio fece per
versare il boccale ricolmo di Krian, un liquido
potabile a tasso fortemente alcolico, sui T-doc.
Inaspettatamente qualcuno li afferrò, strappandoli dalla stretta del secondo
alieno, girò attorno alle due poltrone e ai loro occupanti colti alla
sprovvista e restituì i supporti metallici al legittimo proprietario. Era una
ragazza, un’aliena che risultò stranamente familiare ad Erwan.Era alta, ma magra e molto pallida, e i suoi
occhi luminosi non si spostavano dalle figure dei due alieni gabbati.
Erwan le lanciò un’occhiata sorpresa e, suo
malgrado, incuriosita. Le labbra si incresparono appena in un sorriso ed il
cipiglio s’attenuò , «Grazie». Lei chinò un poco il capo e stava per ricambiare
il sorriso quando il tipo dai capelli spinosi balzò in piedi.
«Bella mossa, sudicia terrestre.», apostrofò la ragazza e poi aggiunse
a mo’ di spiegazione con tono falsamente confidenziale verso Erwan «Perché, vedi senatorino,
l’unica alleata che ti sei fatto è proprio una mezza Idùn. Curiosa la vita, eh?» rise
come una iena della sua espressione irrigidita. Detto ciò si riaccomodò sulla
poltrona, gongolando.
Stringendo ancora i T-doc recuperati dalla
sconosciuta aliena, Erwan scrutò la giovane e, da
sotto le sopracciglia corrugate, i suoi occhi d’un grigio slavato brillavano
accesi, febbrili, superbi e penetranti. Lei stava diritta davanti a lui e,
nonostante l’esame cui era sottoposta, un’assorta dignità permeava tutta la sua
persona, si rispecchiava nitidamente, malinconicamente nei tratti delicati del
volto, che era di una mitezza quasi infantile.
Dopo qualche istante, Erwan si volse e con
passo risoluto lasciò la sala.