Love... Eventually

di MooNRiSinG
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto Capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo Capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo Capitolo ***
Capitolo 9: *** Nono Capitolo ***
Capitolo 10: *** Decimo Capitolo ***
Capitolo 11: *** Undicesimo Capitolo ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo Capitolo ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo Capitolo ***
Capitolo 14: *** Quattordicesimo Capitolo ***
Capitolo 15: *** Quindicesimo Capitolo ***
Capitolo 16: *** Sedicesimo Capitolo ***
Capitolo 17: *** Diciassettesimo Capitolo ***
Capitolo 18: *** Diciottesimo Capitolo ***
Capitolo 19: *** Diciannovesimo Capitolo ***
Capitolo 20: *** Ventesimo Capitolo ***
Capitolo 21: *** Ventunesimo Capitolo ***
Capitolo 22: *** Ventiduesimo Capitolo ***
Capitolo 23: *** Ventitreesimo Capitolo ***
Capitolo 24: *** Ventiquattresimo Capitolo ***
Capitolo 25: *** Venticinquesimo Capitolo ***
Capitolo 26: *** Ventiseiesimo Capitolo ***
Capitolo 27: *** Ventisettesimo Capitolo ***
Capitolo 28: *** Ventottesimo Capitolo ***
Capitolo 29: *** Ventinovesimo Capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo ***


Kurt osservò Blaine da sopra il bordo del suo bicchiere, sbuffando: “Seriamente, Blaine… c’era davvero bisogno di flirtare così spudoratamente con la cassiera solo per avere due miseri caffè?!”
L’altro lo fissò interdetto, con la bocca socchiusa e gli occhi leggermente sgranati, nella sua classica espressione stupita che faceva immancabilmente nascere in Kurt una voglia irrefrenabile di prenderlo a schiaffi. “Davvero, Kurt, non capisco di cosa tu stia parlando… stavo solo cercando di essere gentile!”
“Gentile…”, sillabò muto Kurt, le pupille ormai ridotte a due fessure verticali che lo facevano somigliare in maniera inquietante a una vipera del Gabon. Afferrò il bicchiere dell’amico e glielo sventolò davanti alla faccia, facendo piovere un po’ ovunque quella cosa ipercalorica e stucchevole che Blaine si ostinava a chiamare caffè. Sulla superficie di cartone la cassiera aveva scarabocchiato il suo numero di telefono e la scritta “Chiamami!” seguita da un cuoricino (un cuoricino, buon Dio!!). Kurt inarcò le sopracciglia perfettamente curate, in attesa.
Blaine aprì la bocca, come per dire qualcosa, poi ci ripensò e inclinò leggermente la testa di lato, abbassando lo sguardo in una posa di finto imbarazzo (oh sì, finto, perché Kurt avrebbe potuto giurare che l’amico era perfettamente consapevole dell’effetto che potevano avere sui comuni mortali il suo sorriso e i suoi occhi fuori dal comune).
Kurt sospirò rassegnato, appellandosi a santa Gaga, mentre l’altro tornava a parlare come un fiume in piena della copertina dell’ultimo numero di Vogue. Si perse nei suoi pensieri, riflettendo su come i pochi mesi trascorsi insieme alla Dalton avessero contribuito a cambiare il loro rapporto.
Vedere Blaine immerso nel suo ambiente aveva permesso a Kurt di scoprire i suoi limiti: quando si trovava all’interno dei confini della Dalton Accademy, Blaine indossava senza nemmeno rendersene conto una maschera e diventava una specie di automa tutto compostezza e autocontrollo.
E poi era ottuso. Non ai livelli di Finn, ovviamente (nemmeno lo scalatore più intraprendente avrebbe potuto raggiungere i vertiginosi picchi di stupidità toccati a volte dal suo fratellastro), ma aveva comunque una discreta capacità di perdersi dei dettagli che sarebbero stati lampanti perfino per una bambina di cinque anni.
Tutto questo aveva fatto sì che Kurt facesse scendere Blaine dal piedistallo su cui l’aveva posto fin dall’inizio della loro amicizia, permettendogli di vederlo come un normale essere umano. Nonostante questo i suoi sentimenti non avevano accennato a diminuire, anzi! Questo processo di conoscenza reciproca aveva trasformato la sua cotta adorante in qualcosa di più profondo, un sentimento che francamente lo spaventava e gli lasciava non pochi dubbi sulla propria sanità mentale e sul proprio buon gusto.
“Ehi, mi stai ascoltando?” Blaine gli sventolò la mano davanti agli occhi.
“Mh? Scusami, ero sovrappensiero.”
Blaine aggrottò le sopracciglia, preoccupato, allungando una mano per stringergli affettuosamente il braccio. “Kurt, c’è qualcosa che non va? Lo sai che con me puoi parlare di tutto.”
Per l’appunto. Ottuso in maniera allarmante. Kurt sospirò, invocando tutti i santi e gli stilisti che conosceva affinché gli dessero la forza di non cedere alla tentazione di scoperchiare il cranio di Blaine alla ricerca di nuove, affascinanti forme di vita.
“Davvero, tutto ok, ero solo sovrappensiero. Nessun dramma in atto.” Blaine sorrise luminoso, mandando allegramente in vacanza una buona percentuale dei neuroni di Kurt.
Mentre uscivano dal locale per avviarsi alle rispettive macchine, Blaine riprese il discorso da dove l’aveva interrotto. “Prima ti stavo dicendo che voglio proporre un numero al consiglio e che mi piacerebbe che tu mi aiutassi con le prove. La canzone non è esattamente nello stile dei Warblers, quindi se voglio convincerli dovrò essere assolutamente perfetto.”
Kurt sospirò, insofferente: “Blaine, posso essere assolutamente onesto con te?” Quando l’altro annuì incoraggiante, continuò in tono annoiato: “Sono fermamente convinto che se ti mettessi a cantare l’elenco del telefono, Wes e David si alzerebbero nel bel mezzo della seduta proclamando che hai appena dato vita ad una nuova forma d’arte ermetica. Non capisco quindi da dove derivi questa tua ansia da prestazione.”
Blaine gli poggiò la testa sulla spalla e gli lanciò il suo collaudatissimo sguardo supplicante e Kurt poté quasi sentire il rumore di un missile immaginario che affondava la sua portaerei in A4. “E va bene!”, si arrese. Blaine gli gettò entusiasta le braccia al collo, stringendolo in un rapido abbraccio.
“Ottimo, ci vediamo domani alle tre da te!” Kurt scosse la testa, meditabondo: “No, domani non posso, ho promesso a Mercedes che… ehi, un attimo, perché dovremmo provare proprio da me?!”
“Non è ovvio?” chiese Blaine con innocenza, avvicinando il suo viso a quello di Kurt. “Sono molto curioso di vedere la tua stanza… ci vediamo domani!” Detto questo si voltò ridendo, dirigendosi verso la macchina e indirizzando a Kurt un gesto di saluto con la mano.
Kurt rimase fermo al suo posto, ringhiando una serie di improperi del tutto inusuali per lui.
Era ragionevolmente sicuro che un giorno o l’altro avrebbe finito per strangolare Blaine Anderson. Ed era altrettanto sicuro che qualsiasi giuria sana di mente gli avrebbe concesso tutte le attenuanti del caso.

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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***


Kurt cominciava a sentirsi decisamente nervoso. Da quando era entrato nella sua stanza, ossia da dieci minuti buoni, Blaine non aveva fatto altro che girare lentamente su se stesso, guardandosi intorno.
Proprio mentre Kurt stava valutando se attribuire il comportamento dell’altro ad una strana forma di labirintite o ad una mania ossessivo-compulsiva che lo spingeva a contare le piastrelle ogni volta che entrava nella camera di qualcuno, Blaine si riscosse dal suo torpore e annuì con un grande sorriso: “Mi piace, sembra molto… te!!”.
“Beh, direi che è abbastanza ovvio, visto che io e il mio catalogo dell’IKEA abbiamo creato questo piccolo angolo di paradiso a mia immagine e somiglianza.”
“Non l’avrei mai detto!” rise Blaine, inarcando il sopracciglio e lasciandosi comodamente cadere su un soffice  puff foderato di piume rosa.
Kurt sollevò il mento, come sfidandolo a muovere una qualsiasi critica. Fiutando il pericolo incombente (per compensare la sua mancanza di intuito la natura aveva avuto il buongusto di offrirgli almeno un briciolo di istinto di sopravvivenza), Blaine si affrettò a rassicurare l’amico: “Seriamente, è davvero adorabile”.
Una vocina nella mente di Kurt si mise a sproloquiare sulla proprietà transitiva, insinuando che se la stanza era adorabile e lui era come la stanza, allora lui era adorabile, ma il ragazzo le intimò di tacere con un latrato.
Prese il cd con la base che Blaine gli stava porgendo e senza dire altro lo infilò nello stereo. Quando la musica iniziò a inondare la stanza, aggrottò le sopracciglia, incerto: era sicuro di conoscere la melodia, ma per una qualche strana ragione non riusciva a identificarla. Poi la voce dolce di Blaine si diffuse nella stanza e tutto passò decisamente in secondo piano.

“Oh yeah, I'll tell you something
I think you'll understand
When I'll say that something
I wanna hold your hand
I wanna hold your hand
I wanna hold your hand”

Kurt trattenne il fiato. Non molti mesi prima, quando aveva rischiato di perdere suo padre, ricordava di aver cantato quella stessa canzone  di fronte ai suoi compagni del Glee Club. Blaine non poteva saperlo, ma per uno strano scherzo del destino aveva scelto perfino lo stesso arrangiamento, che trasformava la movimentata canzone dei Beatles in una ballata lenta e struggente.

“Oh please, say to me
You'll let me be your man
And please, say to me
You'll let me hold your hand
I'll let me hold your hand
I wanna hold your hand”

La sua memoria sensoriale lo riportò indietro a quel periodo e gli fece rivivere in un attimo il terrore e l’ansia che aveva provato in quei giorni. Prima che potesse anche solo pensare di fare qualcosa per trattenerle, le lacrime cominciarono a scorrere sul suo viso.
Blaine si interruppe immediatamente, interdetto, e si alzò di scatto, avvicinandosi a lui. “Kurt… Kurt, che succede?!”
Kurt scosse la testa, vergognandosi un po’ della sua reazione: “Non è niente, è tutto a posto.”
“Kurt, sei così sconvolto da non preoccuparti del fatto che stai lacrimando sul tuo foulard di Hermès!” Di fronte a questa prova inconfutabile, il ragazzo non poté far altro che confessare con un sospiro.
“Qualche tempo fa, poco prima che io e te ci incontrassimo, mio padre è stato ricoverato in ospedale ed è stato sospeso per alcuni giorni fra la vita e la morte. Questa canzone, per una serie di motivi troppo lunghi da spiegare, è strettamente legata a quel periodo.”
“Oh…” Blaine si guardò le scarpe, contrito, come se avesse appena investito inavvertitamente una famiglia di anatroccoli. “Mi… mi dispiace Kurt, io non potevo saperlo. Ascolta, volevo aspettare e farti una sorpresa, ma penso che sia il momento giusto per darteli.”
Allungò un paio di biglietti sotto il naso di Kurt, che non poté fare a meno di scrutarli con interesse. Quando lesse il titolo dello spettacolo la sua mascella toccò praticamente il suolo. “Stai scherzando vero?! Tu vorresti che io mi rinchiudessi per due ore in una sala per vedere un musical su… su Harry Potter??”
“Un musical parodia, prego. Andiamo, Kurt, ho letto su internet le critiche di quelli che ci sono andati e sono rimasti tutti completamente entusiasti!” Kurt lo guardò come se avesse improvvisamente affermato che il color kaki sarebbe stato il nuovo trend della stagione.
“Blaine, non ti offendere, ma se volessi vedere qualcuno dibattersi in un incubo di flanella e tessuti sintetici, mi basterebbe restare a casa e fissare Finn e papà mentre cercano di capire come si fa a usare la funzione grill del microonde.”
“Non fare il difficile, a me va di andarci solo con te!” Kurt si bloccò a metà di una nuova protesta, la bocca socchiusa in un’espressione di sorpresa: “Come hai detto, scusa?”
Prima di rispondere Blaine si prese il tempo necessario per accomodarsi di nuovo sul puff, incrociando le gambe, poi precisò: “Ho detto che se non accetti di venire, allora preferisco non andarci affatto.” Kurt sentì le sue guance arroventarsi e rifletté sul problema (chiamiamolo pure ricatto emotivo), mordicchiandosi il labbro inferiore: non era mai riuscito a capire cosa la gente ci trovasse in Harry Potter, ma, se lo spettacolo avesse fatto così tanto schifo, avrebbe potuto approfittare del tempo trascorso nella sala in penombra per studiare Blaine di nascosto, in un inquietante incrocio fra un guardone e una groupie adorante.
“Sai una cosa? Credo proprio che si possa fare.” annuì allora, con espressione meditabonda. Blaine sfoderò un sorriso a trentadue denti e cominciò a roteare le braccia entusiasta, facendo preoccupare Kurt per l’incolumità dei suoi soprammobili e per la sua salute mentale.
“E aspetta di vedermi con la mia divisa da Grifondoro!”
“La tua… cosa?” chiese Kurt, mentre un tic nervoso si impossessava a titolo precauzionale del suo occhio destro.
“Ho detto aspetta di vedermi con la mia divisa! Non posso assistere ad un musical su Harry Potter vestito come un babbano, farebbe a pugni con la mia coscienza.”
Kurt si trattenne dal dire che quel ridicolo costume avrebbe comunque fatto a pugni con il suo buon gusto e si limitò a scuotere lentamente la testa, scoraggiato. Cominciava a credere che l’aver accettato quell’invito si sarebbe rivelato un grosso, grossissimo errore…

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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo ***


Non appena Kurt si tolse il cappotto, Blaine lo fissò leggermente inorridito, scuotendo la testa: “Non ci posso credere… anzi, non ci voglio credere!! Verde e grigio? Mi stai prendendo in giro?!”
Kurt lo fissò, interdetto, chiedendosi se l’amico avesse perso definitivamente quel barlume di lucidità che gli rimaneva. Osservò il maglione che indossava, aggrottando le sopracciglia, ma non ci vide nulla che potesse giustificare una simile reazione. Alzò quindi gli occhi sull’altro, chiedendogli tacitamente spiegazioni.
Blaine sospirò e afferrò la propria cravatta (un orrore sintetico che Kurt non aveva avuto nemmeno la forza di commentare): “Che colori sono questi?”
“Rosso e… uhm… oro?” azzardò Kurt, temendo che Blaine avrebbe usato quell’aggeggio infernale per appenderlo al soffitto se solo avesse osato dare la risposta sbagliata.
“Esatto! Rosso e oro, capito? ROSSO E ORO!” Kurt lo fissò con uno sguardo di totale incomprensione. Blaine sospirò e riprese: “Rosso e oro sono i colori della casa di Grifondoro, la casa di Harry, la casa dei coraggiosi e dei puri di cuore.”
“E questo ha a che vedere con il mio maglione perché..?” Blaine si lasciò sfuggire dalle labbra un gemito di frustrazione: “Verde e argento sono i colori della casa di Serpeverde, a cui appartengono tutti i maghi malvagi della storia!”
Kurt scosse il capo: “Continuo a non cogliere la portata del tuo dramma interiore.” Blaine si accasciò sulla sua poltroncina, borbottando qualcosa con occhio allucinato. A Kurt parve di riconoscere le parole padre, ripudiare e Serpeverde.
Kurt gli elargì una piccola pacca consolatoria sulla spalla e decise di non indagare oltre, anche perché le luci in sala si erano spente, annunciando l’inizio dello spettacolo. Non appena il buio nascose l’abominevole accostamento cromatico, Blaine parve leggermente rinfrancato e smise di oscillare sul posto in maniera isterica. Per non disturbare gli altri spettatori, si sporse verso l’amico e gli bisbigliò all’orecchio: “Vedrai, ti piacerà da morire.”
Quando il respiro caldo di Blaine gli accarezzò dolcemente il collo e l’orecchio, una scarica elettrica percorse il corpo di Kurt. Avrebbe potuto restare così per sempre, ma Blaine si tirò subito indietro per seguire l’assolo di un ragazzo seduto su un dannato baule (seriamente… perché mai una persona avrebbe dovuto usare un baule? Nessuno aveva pensato di informarlo dell’esistenza dei trolley?!)
A malincuore, però, dovette ammettere che le musiche non era così male e si ritrovò senza nemmeno rendersene conto a tamburellare con le dita, seguendo il ritmo, mentre nuovi personaggi facevano la loro comparsa in scena.

HERMIONE:
I may be frumpy, but I'm super smart
check out my grades, they're "A's" for a start
what I lack in looks well I make up in heart,
and well guys, yeah, that's totally awesome
this year I plan to study a lot...
RON:
that would be cool if you were actually hot
HARRY:
hey Ron, come on, we're the only friends that she's got!

Kurt non riuscì a trattenere una risata, ma si affrettò a mascherarla con un colpo di tosse. Tuttavia avrebbe potuto giurare di aver visto le labbra di Blaine incurvarsi in un piccolo sorriso. Quando il professor Piton fece il suo ingresso, non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere in maniera irrefrenabile, sventolando mentalmente bandiera bianca e rassegnandosi a godersi lo spettacolo. Quando il sipario si chiuse alla fine del primo atto, Blaine si voltò verso di lui con un ghigno soddisfatto stampato sul volto.
“Blaine, se continui a sorridere così la tua faccia finirà per spaccarsi a metà.”
L’altro non disse nulla, ma continuò a sorridere imperterrito, alzando il sopracciglio.
“Okay, okay, lo ammetto! Mi sta piacendo un sacco, è divertente e le musiche sono molto orecchiabili. Sei contento?”
“Assolutamente sì”, gongolò l’altro, posando la mano sulla sua e stringendogliela velocemente. A quel contatto inaspettato Kurt trattenne il respiro, ma la mano di Blaine lasciò la sua quasi subito (e forse era un bene. La morte per ipossia non rientrava esattamente nella sua lista delle  cose da fare prima dei trenta).
Nel corso del secondo atto a Kurt parve più volte di scorgere Blaine che lo fissava, ma era troppo preso da quello che avveniva in scena per dare peso alla cosa (tanto più che, conoscendo l’amico, si stava ancora arrovellando sulla questione del maglione).
Quando anche il secondo atto fu concluso e le luci si riaccesero, Kurt guardò Blaine sconfitto: “Ok, avevi ragione, l’ho ADORATO!” Blaine rise di gusto, chinando il capo.
“Per celebrare la tua vittoria ti offro un caffè. Non sia mai che tu pensi che sono una persona poco sportiva!”
Mentre si avviavano verso la macchina, Kurt sentì Blaine canticchiare a memoria una delle canzoni dello spettacolo. Un tremendo sospetto cominciò a farsi strada nella sua testa: “Tu l’avevi già visto!!”
Blaine si voltò verso di lui, con un sorriso che grondava innocenza e dolcezza: “Mai affermato il contrario, mi pare…” Kurt rimase a bocca aperta, un dito puntato contro di lui.
“Ma… ma… io sono venuto perché non volevo sentirmi in colpa per averti fatto perdere una cosa che non avevi mai visto! E tu mi hai detto che senza di me non saresti andato!”
“Certo! Visto che lo scopo era raggirarti subdolamente per farti diventare dipendente da Harry Potter, se tu non fossi venuto la serata non avrebbe avuto molto senso!”
Kurt rimase lì, a bocca spalancata, in un’espressione di totale incredulità, cominciando a ricredersi un po’ (ma giusto un po’) sulle facoltà mentali di Blaine.
Quando la macchina si fermò nel parcheggio di Starbucks, Blaine si volse di nuovo verso Kurt: “Però seriamente… un Grifondoro non può farsi vedere in giro con un Serpeverde. Va contro ogni logica.”
Kurt inarcò il sopracciglio con aria interrogativa: “Preferisti chiudere qui la serata e conservare intatto il tuo onore?”
Blaine rise, scuotendo il capo: “Neanche per sogno, c’è una soluzione più semplice!” Con un rapido gesto si sfilò il maglione e lo porse a Kurt, che lo fissò imbambolato, in preda a fantasie su cui era decisamente meglio non indagare.
“Su, mettitelo,” lo incoraggiò Blaine con un sorriso. Kurt si sfilò il maglione in silenzio e indossò quello dell’altro. Il profumo di Blaine lo avvolse subito, facendolo sentire contemporaneamente a suo agio e terribilmente accaldato.
 “Però devi ammetterlo,” lo punzecchiò Kurt mentre erano in coda, “sarei stato un Serpeverde perfetto.”
Blaine lo fissò meditabondo, poi scosse il capo: “Non direi, no.”
Kurt alzò il sopracciglio, invitandolo a spiegarsi. “Io ti ho sempre immaginato come il perfetto Grifondoro,” proseguì l’altro. “Sei gentile, giusto, hai un gran cuore e francamente sei la persona più coraggiosa che conosca.”
Arrossirono entrambi in maniera allarmante e su di loro calò un silenzio imbarazzato, che non venne spezzato finché non arrivarono alla cassa e Kurt ordinò i loro caffè.
 Si trovarono un tavolino e spesero il resto della serata commentando lo spettacolo e chiacchierando del più e del meno, poi Blaine riaccompagnò a casa Kurt. Quest’ultimo stava già per chiudersi la portiera alle spalle, quando una domanda si fece strada con insistenza nella sua testa.
“Perché desideri così tanto che io mi appassioni ad Harry Potter?”
Blaine guardò di fronte a sé con sguardo concentrato e Kurt immaginò il cricetino nel suo cervello mentre faceva girare furiosamente la ruota.
“Non è semplicemente per Harry Potter…” cominciò l’altro, che poi si interruppe scuotendo la testa, leggermente frustrato, non sapendo bene come proseguire. Evidentemente il criceto non aveva gradito l’allenamento aerobico e aveva deciso di dare forfait.
Blaine si sporse sul suo sedile e accarezzò la guancia di Kurt con il dorso della mano per un brevissimo, interminabile secondo. “Ci vediamo domani,” aggiunse poi con tono innaturalmente serio, chiudendo la portiera ed allontanandosi in retromarcia lungo il vialetto.
Kurt rimase lì come un ebete per un paio di minuti, poi si affrettò a rientrare in casa e a salire in camera sua. Fu solo quando si tolse il cappotto che si rese conto di avere ancora indosso il maglione di Blaine, mentre il suo era rimasto abbandonato sul sedile posteriore dell’auto dell’amico.
Liquidò il problema con una scrollata di spalle e si preparò per la notte. Era già sotto le coperte quando un istinto irrefrenabile lo spinse ad alzarsi e a prendere il maglione dalla sedia. Si infilò sotto le coperte stringendolo fra le mani e in un attimo fu avvolto da quell’odore fantastico e familiare che non era né profumo né acqua di colonia, ma solo e semplicemente Blaine.
Quando si addormentò si stava ancora dando mentalmente dell’idiota per quel gesto infantile.
Se avesse saputo che dall’altra parte della città qualcuno stava facendo esattamente la stessa cosa con il suo maglione, probabilmente sarebbe stato molto più indulgente con se stesso…

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Capitolo 4
*** Quarto Capitolo ***


“Kurt, sei sicuro che sia una buona idea andarsene a zonzo per la città da solo?”
Kurt aggrottò la fronte, infilando nel carrello un sacchetto di popcorn. “Blaine, Carole è stata impegnata con il lavoro tutta la settimana, quindi il mio frigo sembra una cripta dimenticata dal tempo e a meno che tu non voglia masticare dischetti struccanti per tutta la durata del film stasera…”
Blaine sbuffò, interrompendolo: “Sono un adulto, credo di essere in grado di resistere a due ore di film senza ingurgitare nulla!”
Kurt decise di graziarlo e di non ricordargli della volta in cui aveva avuto un calo di zuccheri mentre ancora stavano trasmettendo i trailer. Si limitò invece - con molto tatto - a ricordare all’altro l’ora dell’appuntamento e a chiudere la conversazione.
Una volta pagati gli acquisti, si avviò verso la macchina con le cuffie nelle orecchie, canticchiando il ritornello di “Hey, Soul Sister”.  
Fosse stato un altro giorno, probabilmente Kurt si sarebbe accorto del pericolo. Fosse stato un altro giorno, non se  ne sarebbe andato in giro così spensierato con la musica a tutto volume nelle orecchie. Fosse stato un altro giorno, probabilmente si sarebbe guardato intorno con occhio cauto prima di avventurarsi all’esterno. Purtroppo quel giorno Kurt era felice e si avviò verso la macchina senza preoccuparsi di eventuali pericoli che avrebbero potuto attraversare il suo cammino. Pericoli che regolarmente si manifestarono nella sgradevole forma di Azimio.
Un attimo prima Kurt stava cercando le chiavi nella sua borsa e l’attimo dopo il lato destro della sua faccia stava socializzando intimamente con la rete metallica che circondava il parcheggio. Il ragazzo si lasciò sfuggire un gemito strozzato, maledicendosi internamente per non aver prestato maggior attenzione.
Azimio lo afferrò per il colletto della giacca e lo sbatté a terra. Kurt sentì il cemento graffiargli ogni centimetro di pelle esposta (e avrebbe sinceramente preferito che fossero di più, perché non è che la Dalton fosse proprio prodiga in fatto di divise), poi un urlo fendette l’aria e lui si ritrovò improvvisamente libero di alzarsi.
Una signora dall’aria gentile stava china su di lui e lo scrutava con aria preoccupata: “Tutto bene, piccolo?”
Kurt pensò per un momento di spiegarle dove ficcarsi esattamente quel piccolo, ma poi decise che sarebbe stato un segno di ingratitudine nei confronti della sconosciuta, che l’aveva appena salvato da un pestaggio selvaggio. Si limitò quindi a rassicurarla con un ampio sorriso, che col senno di poi si rivelò decisamente una pessima idea.
Kurt rifiutò gentilmente l’invito della donna a restare seduto ancora un po’ e si infilò in macchina. La prima cosa che fece fu scrutare le condizioni della sua faccia nello specchietto retrovisore e quello che vide gli strappò una smorfia di disappunto. Il lato destro del suo viso stava assumendo un affascinante colore violaceo che non si sposava proprio benissimo con lo sporco e il sangue che gli ricoprivano le guance.
Ingranò la retromarcia e uscì con un sospiro dal parcheggio del supermercato.
Quando aprì la porta di casa, Finn gli corse incontro sventolando il libretto del microonde: “Kurt, davvero, io questa cosa del grill proprio…”
Si interruppe con un sibilo alla vista della faccia di Kurt: “Amico, non so se l’hai notato ma la tua faccia è uno schifo.”
Kurt gli lanciò uno sguardo che avrebbe incenerito in un istante la grande sequoia di Yellowstone e ringhiò: “Ma grazie, Finn!! Se non fosse stato per il tuo acuto commento non me ne sarei mai reso conto… del resto non è come se avessi un riccio piantato nella guancia ogni volta che apro bocca!”
Finn decise saggiamente di ignorare il leggero tono di sarcasmo nella voce di Kurt e si fece serio: “Chi è stato?”
Kurt si baloccò per un attimo con l’idea di mentirgli, inventando un incidente immaginario (visto il quoziente intellettivo di Finn, probabilmente gli avrebbe creduto anche se gli avesse detto di essere stato disarcionato mentre tentava di domare un pony selvaggio), poi sospirò e decise che una menzogna non avrebbe decisamente giovato al rapporto fraterno che si stava sviluppando fra di loro.
“E’ stato Azimio. Ero uscito a fare compere e suppongo di non essere stato abbastanza attento.”
La mascella di Finn si contrasse e i suoi occhi si scurirono di rabbia: “Giuro che lo ammazzo! Adesso lo vado a cercare e…”
“Tu non vai proprio da nessuna parte, Finn,” sospirò Kurt, scuotendo il capo con rassegnazione. “Sapevo cosa rischiavo andandomene in giro e non sto dicendo che sia giusto, ma di certo non voglio che tu venga espulso per una sciocchezza del genere!”
“Sciocchezza?! Ma se la tua faccia sembra una grattugia per il formaggio!” esclamò Finn, poggiando delicatamente le dita sotto il mento dell’altro ed alzandogli il volto per poter meglio valutare l’entità effettiva dei danni.
Kurt gli lanciò l’ennesima occhiataccia e gli fece notare con disappunto: “Grazie, Finn, è sempre un piacere quando qualcuno ti fa notare che sei un orrore.”
Il suo fratellastro imprecò sottovoce, sentendosi impotente e frustrato (non che sapesse con esattezza cosa significasse il termine frustrato): “Lascia almeno che ti dia una mano a disinfettare quei graffi... non sarò un genio, ma con le ammaccature ho una certa esperienza.”
Kurt gli sorrise con gratitudine e lo seguì docilmente nel bagno. Adesso l’unico problema sarebbe stato cercare di nascondere a Blaine l’intera faccenda…

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Capitolo 5
*** Quinto Capitolo ***


Kurt e Finn fissavano entrambi lo specchio con aria critica.
Kurt sospirò speranzoso: “Dici che se ne accorgerà?”
Finn scosse la testa, troncando sul nascere le speranze del fratellastro: “Posso essere sincero? A meno che non sia totalmente stupido o completamente cieco, se ne renderà conto ancora prima che tu abbia avuto il tempo di dire ciao.”
Kurt si morse il labbro, un po’ shockato dal fatto che Finn avesse detto una cosa vagamente sensata per la prima volta nella sua vita: “E se indossassi un travestimento? Abbiamo in programma una maratona Harry Potter… forse dovrei mettere la barba di Silente con la scusa di creare la giusta atmosfera…”
Finn scosse di nuovo il capo, esasperato: “Questa non voglio nemmeno sapere come ti sia venuta!! E poi, diciamocelo, questo ragazzo è… uhm… diciamo che vorresti che fosse più… di un amico?”
Kurt aggrottò le sopracciglia, ma annuì, curioso di sapere dove Finn volesse andare a parare.
Il ragazzo soddisfò subito la sua curiosità: “E secondo te ci sarebbe anche solo un barlume di possibilità che ti trovi papabile se ti presentassi di fronte a lui conciato come un novantenne?!”
Kurt arrossì e borbottò imbarazzato: “Era solo una proposta, che diamine! Tu hai qualcosa di meglio da suggerire?”
Finn fissò per un secondo il vuoto, poi esalò con aria ispirata: “E se nascondessimo tutte le lampadine e gli raccontassimo di averle usate per una partita di baseball?”
A Kurt cascarono parti anatomiche che avrebbe decisamente voluto mantenere ben adese al suo corpicino: “E questa invece sarebbe una buona idea? Pensi che mi troverebbe affascinante dopo aver scoperto che nel tempo libero mi diverto a prendere a mazzate le lampadine di camera mia?!”
L’altro alzò semplicemente le mani in segno di resa: “E se ci mettessimo semplicemente una benda sopra e gli raccontassimo che ti sei fatto male in un’altra maniera? Potremmo fargli credere che hai fatto da cavia a Puck mentre si allenava per un numero di lancio di coltelli… o che hai cercato di abbronzarti infilando la testa nel microonde!”
Kurt inorridì: “Aspetta, è per questo che stai disperatamente cercando da giorni la funzione grill?! Ma ti ha dato di volta… lasciamo perdere, ho problemi più gravi al momento.”
Finn si spostò di fronte a Kurt e cominciò ad applicargli con delicatezza sulla faccia un enorme cerotto. Aprì un paio di volte la bocca come per dire qualcosa, poi finalmente si decise a porre la domanda che gli passava per la testa: “Kurt, forse io non sono un esperto di relazioni… anzi, visto che pensavo di aver messo incinta la mia ragazza senza aver fatto sesso, decisamente la mia preparazione presenta qualche lacuna… ma mi chiedevo… tu ci tieni veramente a questo tipo, vero?”
Kurt annuì lentamente, incerto: “Sì, certo. Blaine è… sì.” concluse semplicemente, senza saper bene quali parole usare per descrivere quella strana sensazione di calore che gli scaldava il petto tutte le volte che Blaine gli sorrideva.
Finn parve capire comunque e proseguì: “Come ho detto, non sono un esperto di relazioni, ma se c’è una cosa che ho imparato dopo tutto quel casino con Santana e Rachel, è che quando ami qualcuno vale sempre la pena di rischiare e di dire la verità, perché a lungo andare le cose tornano sempre a galla e tu rischi di ritrovarti con… con niente.”
Incapace di trovare parole migliori per spiegarsi, si limitò a fissarsi le mani, con un sospiro impotente.
Kurt gli sfiorò una spalla e gli sorrise, genuinamente colpito: “Grazie, Finn. E’ un ottimo consiglio, davvero. Ma la situazione fra me e Blaine è… complicata. Ha appena smesso di trattarmi come se fossi un bambino di cinque anni bisognoso di cure costanti e ho paura che se gli raccontassi quello che è successo oggi lui ricomincerebbe a trattarmi così… come se fossi una specie di battaglia umanitaria che deve combattere ad ogni costo.”
Finn annuì con fare comprensivo e fece per ribattere, ma venne interrotto dal suono del campanello.
Kurt esalò un respiro tremolante: “Si va in scena!”


Come previsto, non appena si accorse dell’enorme cerotto sulla faccia di Kurt, Blaine aggrottò preoccupato le sopracciglia e aprì la bocca per chiedere spiegazioni.
Kurt liquidò le sue domande con un gesto e cercò di minimizzare: “Tranquillo, un semplice incidente domestico.”
“Un piccolo incidente che ti ha massacrato mezza faccia?” borbottò Blaine, ma si lasciò guidare da Kurt in camera sua, al piano di sopra.
Kurt si preoccupò di inserire il disco di “Harry Potter e la Pietra Filosofale” nel lettore dvd e quando tornò a voltarsi verso Blaine la mascella gli cadde quasi in terra. L’altro ragazzo si era tolto le scarpe e si era tranquillamente sdraiato sul suo letto, le braccia comodamente incrociate dietro la testa. Sembrava un invito vivente a compiere certe azioni avventate e lussuriose di cui sapeva si sarebbe pentito.
Kurt pensò per un attimo di millantare un’infestazione fantasma di acari per convincerlo ad alzarsi da lì, ma decise che non sarebbe stato credibile. Ostentando una calma che era ben lontano dal provare, spense le luci, cliccò sul tasto play del telecomando e si sedette sulla sponda opposta rispetto a Blaine, nel tentativo di conservare almeno un minimo di compostezza e di lucidità mentale.
I suoi buoni propositi andarono a farsi benedire esattamente un minuto e trentasette secondi dopo, quando sentì un braccio cingergli il collo e trascinarlo all’indietro. Senza nemmeno sapere come fosse successo, si ritrovò sdraiato accanto a Blaine, con un braccio del ragazzo che gli cingeva saldamente le spalle.
“Kurt, ti vuoi rilassare? Pensavo che ormai avessimo passato quella fase!” sbuffò Blaine esasperato, roteando gli occhi.
“Non capisco assolutamente di cosa tu stia parlando!” balbettò Kurt, arrossendo così tanto che l’altro pensò che gli sarebbe venuto un colpo o qualcosa del genere. “Sono tranquillissimo, non vedo perché non dovrei essere perfettamente a mio agio!”
Blaine rise, scuotendo il capo, e i due si concentrarono sul film, dividendo in silenzio la ciotola di pop corn che Kurt aveva provveduto a preparare (non credeva che suo padre fosse pronto ad elaborare il concetto di un ragazzo svenuto nel suo letto, fosse anche per un motivo valido quale un calo di zuccheri).
Quando Blaine ebbe spazzato via anche l’ultima briciola, Kurt si liberò della ciotola, appoggiandola sul pavimento. Tornò quindi a concentrarsi sulle avventure del maghetto, che a quanto pare era in procinto di affrontare la prova dello smistamento.
E fu proprio in quel momento, in un punto non meglio precisato prima dell’assegnazione di Harry alla casa di Grifondoro, che il cuore di Kurt perse un battito (e che la sua mente perse decisamente il filo), perché Blaine aveva fatto scivolare la mano nella sua e l’aveva stretta, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Kurt si voltò verso di lui con gli occhi sgranati, consapevole dell’espressione da idiota totale stampata sulla sua faccia, ma assolutamente incapace di fare nulla al riguardo.
Lo sguardo di Blaine non lasciò lo schermo neppure per un secondo, ma Kurt avrebbe potuto giurare di aver visto una vaga traccia di rossore sulle sue guance.
Il film imperversò per almeno un’altra ora e mezza, ma Kurt non avrebbe saputo riassumere la trama nemmeno con un fucile puntato alla tempia: il semplice contatto con la mano di Blaine aveva mandato completamente in tilt quei pochi neuroni sani che ancora gli rimanevano e l’unica cosa a cui era riuscito a pensare in tutto quel tempo era quanto sembrasse giusta la sensazione che gli trasmettevano quelle dita intrecciate alle sue.
Se non fosse stato così meraviglioso sarebbe decisamente potuto risultare inquietante.
Quando anche l’ultimo titolo di coda fu scomparso dallo schermo, Blaine di voltò finalmente verso di lui, incrociando il suo sguardo confuso. La domanda che uscì dalle sue labbra, tuttavia, non era esattamente quella che Kurt si sarebbe aspettato: “Adesso vuoi dirmi cosa è successo alla tua faccia?”
Kurt sorrise, a disagio, incerto su cosa rispondere: “Te l’ho detto, niente di che. Finn è stato un po’ maldestro e…”
Blaine non gli diede nemmeno il tempo di proseguire e strappò via il cerotto con un gesto fluido: “Continua pure, perché la trovo una storia molto interessante… Finn è stato un po’ maldestro e per sbaglio ti ha schiacciato la faccia contro una rete metallica? Perché vedendo questo livido si direbbe che sia esattamente quello che ti è successo!”
Kurt lo fissò, non sapendo bene come giustificarsi: “Blaine, ascoltami, so cosa stai pensando, ma posso spiegarti tutto…”
“No, Kurt!” lo interruppe l’altro, “Avresti potuto spiegarmi tutto due ore fa quando sono entrato da quella porta, invece hai preferito mentirmi e trattarmi come se fossi un perfetto imbecille!”
Il ragazzo scosse freneticamente la testa, cercando di fermarlo: “Non capisci, non volevo che ricominciassi a preoccuparti per me e a trattarmi come se fossi soltanto una specie di missione di salvataggio.”
Blaine si lasciò sfuggire una risata amara: “E’ questo che pensi di essere per me? Una specie di dovere?! Credevo che in questi mesi avessimo superato gli stereotipi iniziali e che tu avessi imparato a conoscermi… fino a dieci minuti fa sarei stato pronto a giurare che nessuno riusciva a capirmi come fai tu, ma evidentemente ho preso un grosso abbaglio! Probabilmente se avessi la decenza di smettere di pensare a te stesso per più di cinque secondi ti saresti accorto che io… ah, al diavolo!”
Blaine lasciò la stanza con un’imprecazione e meno di un minuto dopo Kurt lo sentì sbattere violentemente la porta d’ingresso.
Si lasciò scivolare a sedere sul letto, sconvolto: com’erano riusciti a passare in meno di un minuto da una situazione potenzialmente romantica a questo delirio?
La testa di Finn fece capolino dalla porta: “Tutto bene?”
Kurt scosse il capo, fissando il pavimento: “Non direi, no. Hai sentito tutto?”
Finn assentì brevemente: “Era impossibile non farlo. Quel Blaine sarà anche un nanerottolo, ma ha dei polmoni micidiali!”
Kurt si lasciò scappare una breve risata, poi tornò serio: “Mi sa tanto che ho combinato un gran casino.”
Il fratellastro si sedette vicino a lui e gli passò un braccio intorno alle spalle, sorridendo: “Lo sistemeremo. L’unica cosa che ho capito dal vostro litigio… è che quel ragazzo è completamente pazzo di te.”
Kurt scosse la testa, con un sorriso scettico: “Finn, mi dispiace contraddirti, ma credo proprio che tu abbia appena preso uno dei più grossi abbagli della tua vita.”
Per tutta risposta Finn sorrise e inarcò leggermente un sopracciglio: “Vedremo, Kurt… vedremo.”

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Capitolo 6
*** Sesto Capitolo ***


Kurt grugnì il suo disappunto alla sveglia che trillava in maniera molesta sul suo comodino. Aprì gli occhi sul desolante panorama della sua stanza alla Dalton, preparandosi con un gemito ad affrontare l’impossibile settimana che gli si presentava davanti.
Strisciò fuori dal letto come uno zombie e si trascinò fino al bagno per la sua routine di bellezza mattutina. Mentre provvedeva all’applicazione delle circa settecento creme che utilizzava ogni santo giorno, si costrinse a ripensare al litigio che aveva avuto sabato sera con Blaine e sospirò: non si erano sentiti per tutto il week-end e non era esattamente a suo agio all’idea di incontrarlo nei corridoi della scuola.
Da quando si conoscevano fra di loro non c’era mai stato il minimo screzio e non erano mai rimasti senza sentirsi per più di poche ore. Ripensandoci adesso, il modo in cui erano scivolati alla perfezione l’uno nella vita dell’altro aveva qualcosa di…
“… magico.” sospirò Kurt, allacciandosi la cravatta rossa e blu in maniera impeccabile.
Afferrò la sua cartella e scivolò fuori dalla porta come un ninja, scrutando con cautela dietro ogni angolo per evitare incontri ravvicinati del terzo (e peggiore) tipo. Adottando ogni sorta di precauzione riuscì ad arrivare alla fine delle lezioni senza imbattersi in Blaine, ma Kurt sapeva che la cosa era probabilmente da imputare al fatto che l’altro stava cercando di evitarlo con altrettanta tenacia.
Kurt sapeva bene che in casi come quello c’era solo una cosa che poteva tirarlo su di morale: ascoltare fino alla nausea la colonna sonora di “Wicked”. Appena entrato in camera si gettò sulla sua collezione di cd come un cane da tartufi, per riemergerne poco dopo con un grugnito contrariato: ricordava di aver ascoltato l’album in macchina venerdì mentre stava tornando a casa e di esserselo dimenticato nello stereo.
Si baloccò per un attimo con l’idea di scegliere un’altra colonna sonora per la sua smisurata depressione, ma decise quasi subito di scartare l’ipotesi: in mancanza di Blaine e di una dose massiccia di gelato, l’unica cosa in grado di salvarlo dal baratro dell’autocommiserazione era “Defyin’Gravity”, nessun dubbio al riguardo.
Rendendosi conto di non avere altre opzioni valide, afferrò le chiavi e si diresse canticchiando verso la sua auto, parcheggiata poco lontana dal dormitorio. Aprì la portiera dal lato del passeggero e si infilò con il busto all’interno del veicolo, frugando alla ricerca della custodia fantasma.
La mancanza d’aria lo colpì all’improvviso, cogliendolo del tutto impreparato. Qualcuno lo stava trascinando fuori dall’auto tirandolo per la cravatta e la cosa si stava rivelando decisamente problematica per il suo apparato respiratorio.
Kurt tentò per un attimo di opporre resistenza, aggrappandosi tenacemente al sedile, ma si accorse praticamente subito che avrebbe finito per farsi strangolare senza nemmeno avere la possibilità di guardare in faccia il suo aggressore.
Si vide costretto a mollare la presa e in men che non si dica si ritrovò steso a pancia in giù sulla ghiaia. Quando la sua guancia già segnata andò a sbattere contro il terreno, dalle labbra gli sfuggì un sibilo di dolore.
Sollevò leggermente la testa per guardarsi intorno e capì subito di essere finito in un grosso guaio, perché davanti a lui, accompagnato da Azimio e da altri due energumeni della squadra di football, c’era l’ultima persona che avrebbe mai voluto incrociare di nuovo sul suo cammino.
“Karofsky.” Scandì il suo nome con una calma che era ben lontano dal provare, cercando disperatamente un modo per guadagnare tempo e per attirare l’attenzione dei suoi compagni all’interno del dormitorio.
Si lasciò sfuggire la prima domanda che gli passò per la mente: “Come diavolo avete fatto a trovarmi?”
Azimio sbuffò, annoiato: “Ti sei già dimenticato del nostro incontro dell’altro giorno? Te ne andavi in giro tutto spavaldo con la tua bella divisa nuova…”
Kurt si maledisse per la propria imprudenza: “E così siete riusciti a risalire alla Dalton…”
Azimio annuì, quasi fiero di sé: “E’ bastato chiedere in giro per scoprire a quale scuola corrispondeva.”
Kurt si lasciò scappare una risata: “Bene, perché se mi avessi detto di aver capito come funziona Google avrei davvero cominciato a credere di essere finito in un universo parallelo!”
Il calcio allo stomaco lo spedì di nuovo carponi sulla ghiaia, mandando allegramente in frantumi la speranza che i quattro fossero lì per prendere un the e farsi fare le trecce.
Kurt fece l’unica cosa ragionevole che gli restava da fare, cioè urlare con quanto fiato aveva in corpo. Fu zittito quasi subito da un calcio che lo raggiunse in pieno petto.
Il respiro gli si mozzò in gola e non potè fare altro che appallottolarsi per attutire il più possibile i colpi, che adesso stavano piovendo da tutti i lati.
I minuti si protrassero per quelle che sembravano ore e Karofsky e gli altri continuavano a non dire una parola, limitandosi a tirare calci con precisione quasi chirurgica.
Proprio quando Kurt cominciava davvero a pensare che nessuno sarebbe arrivato in suo aiuto, due voci familiari si levarono nell’aria notturna.
“Ehi! Toglietegli le mani di dosso!” Wes e David stavano correndo verso di loro, seguiti da almeno altri quattro studenti della Dalton.
I bulli della McKinley ritennero più saggio dileguarsi senza dare battaglia e pochi secondi dopo Kurt sentì qualcuno chinarsi su di lui.
“Kurt? Kurt, stai bene? Riesci a sentirmi?!” Wes era chino su di lui e lo scrutava con uno sguardo di intensa preoccupazione sul volto serio.
Kurt si sforzò di aprire gli occhi ed annuì impercettibilmente. Wes tirò un sospiro di sollievo e si voltò verso David: “Vai a chiamare Blaine e portalo qui, immediatamente!”.
David annuì e si voltò verso l’edificio, ma venne richiamato dall’esclamazione secca di Kurt.
“No!”
I due ragazzi si voltarono perplessi verso il loro compagno. Kurt afferrò la manica della giacca di Wes e lo fissò intensamente negli occhi, cercando di trasmettergli l’urgenza delle sue parole: “Giuralo, Wes! Blaine non deve vedermi così. Voglio la tua parola che non cercherai in nessun modo di avvisarlo!”
David scosse il capo: “Kurt, sei chiaramente sconvolto, non sei in grado…”
Kurt lo ignorò e continuò a fissare  Wes, che dopo un attimo di indecisione lasciò andare un sospiro: “Va bene, Kurt, hai la mia parola. Ti porterò nella mia stanza e farò in modo che nessuno ti disturbi.”
Con un sospiro di sollievo, Kurt si accasciò praticamente privo di sensi fra le braccia del compagno più anziano.
David imprecò e si scagliò contro Wes: “Ti rendi conto di quello che hai fatto?! Il ragazzino è chiaramente sotto shock e non è in grado di prendere decisioni sensate. Quando Blaine scoprirà quello che successo andrà letteralmente fuori di testa e ci sbatterà come due tappeti!”
Wes annuì: “Ne sono perfettamente cosciente. Ti invito però a riflettere per un secondo: se tu fossi nelle condizioni di Kurt, non vorresti la possibilità di scegliere chi avere accanto? Non so cosa sia successo fra lui e Blaine, ma non sarò di certo io a imporgli una presenza che, allo stato attuale delle cose, sarebbe solo una fonte di ulteriore angoscia.”
David sospirò e annuì, sconfitto, poi si fece avanti per aiutare l’amico: “Forza , leviamoci di qui prima che Blaine ci scopra e ci faccia davvero la pelle!”

 

Blaine Anderson era famoso alla Dalton Accademy per essere una delle persone più tranquille e posate che esistessero.
Quello che gli studenti e gli insegnanti ignoravano (e che Wes e David erano riusciti soltanto a intuire) era che quando si concedeva di mandare al diavolo il suo rigido autocontrollo, Blaine Anderson diventava una persona decisamente difficile da gestire.
I suoi compagni rimasero basiti quando lo videro attraversare come un ciclone la sala comune del dormitorio per lanciarsi a passo di carica verso la stanza di Wes.
Quando sentirono avvicinarsi alla loro porta un rumore che ricordava vagamente quello di una mandria di bufali impazziti, Wes e David sospirarono ed uscirono in corridoio, preparandosi psicologicamente ad affrontare l’imminente scontro.
Blaine non sembrò minimamente turbato dal fatto che i due lo attendessero in piedi di fronte alla porta e li afferrò entrambi per la cravatta, costringendoli ad abbassarsi: “Dove diavolo è Kurt?!”
David, seppur restio a rispondere, si rese conto che non era il caso di mettere alla prova la pazienza del compagno: “E’ nella nostra stanza.”
Blaine si disinteressò prontamente ad entrambi e cercò di scansarli per aprire la porta. Quando si rese conto che i due non sembravano intenzionati a muoversi li fissò con aria interrogativa, aggrottando le sopracciglia: “Vi dispiacerebbe togliervi di mezzo?”
Wes si ritrovò a sospirare per la ventesima volta nel giro di cinque minuti e scosse il capo in segno di diniego: “Mi dispiace, Blaine, ma non possiamo lasciarti entrare.”
“Non potete lasciarmi entrare.” ripeté l’altro in tono piatto, come se fosse incapace di assimilare il concetto.
“Esatto.” confermò David, quasi sollevato nel vedere la calma con cui l’amico stava prendendo la loro interferenza.
Peccato che la calma di Blaine fosse tutta apparenza e che meno di un secondo più tardi il ragazzo li stesse di nuovo tirando per la cravatta, ringhiandogli praticamente contro: “Esigo. Delle. Spiegazioni. Subito!”
David cercò di tergiversare, spremendosi le meningi alla ricerca di una scusa che potesse sembrare anche solo vagamente plausibile, ma venne preceduto da Wes: “Kurt non vuole vederti.”
“E tanti saluti alla scusa plausibile!” pensò David, battendosi la mano sulla fronte.
Blaine indietreggiò leggermente, confuso: “Ma… ma è impossibile. Kurt non mi taglierebbe mai fuori in questo modo, non esiste! Sono il suo migliore amico…”
“Invece è stato molto chiaro al riguardo,” rincarò Wes, “ci ha fatto promettere di non avvisarti in nessun modo e di non farti passare.”
David decise di intervenire per addolcire un po’ la pillola: “Cerca di capire, era sconvolto, non sapeva nemmeno quello che stava dicendo. Vedrai che non appena si sarà ripreso…”
Blaine lasciò andare le cravatte dei due ragazzi ed indietreggiò di un paio di passi, con un’espressione ferita negli occhi: “Capisco… io… scusatemi.”
Si allontanò lungo il corridoio senza aggiungere altro, con la testa bassa e le mani affondate nelle tasche.
David lo seguì con lo sguardo finché non ebbe svoltato l’angolo, poi si voltò verso Wes come una furia: “Ma sei impazzito?! Tanto valeva tirargli direttamente una martellata sui denti!”
Wes scrollò le spalle, esasperato: “Posso essere sincero? Non ne posso più di quei due! Ormai è chiaro a tutti che non possono fare a meno l’uno dell’altro e nonostante questo continuano a comportarsi come due imbecilli… guardarli mentre flirtano spudoratamente ogni volta che cantano una canzone ci sta esaurendo, sono un vero e proprio attentato alla nostra sanità mentale!”
David lo guardò con un sorriso appena accennato: “E tu stai cercando di farmi credere che non farai niente per immischiarti e cambiare le cose?”
Wes si sistemò il nodo della cravatta, mentre un sorriso si faceva strada sulle sue labbra: “Non essere sciocco, chissà cosa potrebbero combinare quei due se li lasciassimo a loro stessi! No, qui c’è decisamente bisogno del nostro intervento… e ho già in mente esattamente quello che faremo.”
David si chinò leggermente verso Wes, in ascolto.
 

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Capitolo 7
*** Settimo Capitolo ***


Il raduno degli ex-studenti era uno degli avvenimenti annuali che facevano parte delle tradizioni della Dalton. Quell’anno si festeggiava anche il due centenario della fondazione della scuola e il consiglio aveva deciso di fare le cose in grande, prenotando per l’occasione un intero albergo a Columbus ed invitando all’evento tutti gli allievi che si erano in qualche modo distinti una volta usciti dall’accademia.
I Warblers erano stati scelti per cantare nel corso dell’evento e i ragazzi erano eccitatissimi all’idea di passare due giorni nella capitale. A nulla erano valsi i tentativi degli insegnanti di ricordare loro che non si trattava di un viaggio di piacere: quando erano saliti sul pullman riuscivano a malapena a trattenersi dal saltellare qua e là.
Desiderando un po’ tranquillità (e non perché non riuscisse ad affrontare Kurt dopo quello che era successo, proprio no: era una persona perfettamente matura e consapevole, grazie), Blaine si era accomodato nelle prime file, sicuro che quegli scalmanati dei suoi compagni non si sarebbero mai sognati di spingersi così vicini alla zona professori.
Nonostante i suoi ripetuti tentativi di contenersi, non riusciva ad impedirsi di voltarsi ogni tanto (ok, ogni dieci secondi) per spiare con molta discrezione (ok, se ne sarebbe accorto anche un cieco) quello che stava facendo Kurt (cioè ignorarlo completamente e cantare stupide canzoncine).
Furioso con se stesso, cercò di sistemarsi il più comodamente possibile sul sedile e chiuse gli occhi, pregando tutti gli angeli del Paradiso di farlo sprofondare in catalessi fino all’arrivo, troncando così sul nascere ogni suo tentativo di rendersi ulteriormente ridicolo. Una voce si levò improvvisamente vicina al suo orecchio, facendolo sussultare.
“Se continui così ti farai venire il torcicollo e non risolverai comunque nulla.”
Blaine spalancò gli occhi di colpo solo per ritrovarsi con Wes e David che lo fissavano da pochi centimetri di distanza.
Si appiattì contro il vetro in preda a quello che poteva ragionevolmente considerare il suo primo infarto e li apostrofò con durezza: “Non ricordo nessuna scena struggente in cui vi riaccoglievo magnanimamente fra le mie braccia, quindi vi pregherei cortesemente di girarmi alla larga ancora per un po’.”
Wes e David si scambiarono un ghigno e gli saltarono addosso, cercando di scompigliare quella specie di casco integrale che aveva al posto dei capelli.
Dopo un paio di minuti di lotta silenziosa, Wes si accasciò ridendo sulle ginocchia di Blaine, le gambe abbandonate addosso a David, che aveva occupato il sedile accanto.
Blaine alzò gli occhi al cielo, chiedendosi cosa aveva fatto di male per meritarsi due squilibrati simili per amici.
David, ancora ridacchiando, gli chiese: “Dai tuoi sguardi cupi e pieni di autocommiserazione mi sembra di capire che non hai ancora fatto pace con la nostra principessina.”
 “No, David, me ne sto qui da solo a spiarlo perché le cose fra di noi vanno splendidamente e ci piace giocare allo stalker e alla rockstar… e nel caso avessi qualche dubbio, io interpreto lo stalker!”
“Cattivo Blaine!” gli urlò Wes, tirandogli con forza l’orecchio e facendogli venire le lacrime agli occhi, “Il tuo sarcasmo non è produttivo!”
“E invece strapparmi un orecchio lo sarebbe?!” sbraitò Blaine, sempre più tentato di ucciderli a mani nude nel modo più truculento possibile.
“No, ma lo sarebbe ascoltarci.” intervenne David, “Abbiamo un piano per riappacificarti con la tua piccola Joey Potter…”
“La mia… oh no, decisamente e assolutamente no! L’ultima volta che abbiamo seguito uno dei vostri piani è stato quando volevamo rubare un po’ di gelato dalla mensa… e abbiamo finito per dare fuoco all’intera caffetteria!”
Wes esibì nella sua migliore espressione innocente, liquidando l’accaduto con una scrollata di spalle: “Danni collaterali assolutamente imprevedibili. Comunque non è proprio come se tu avessi voce in capitolo... e sono ragionevolmente sicuro che non finiremo col dare fuoco a Kurt.”
David annuì, alzandosi: “E poi fidati, amico… non se ne può più delle occhiatine disperate che vi lanciate quando pensate che l’altro non vi stia guardando… sembrate usciti da una puntata di Dawson’s Creek!”
Blaine scrollò il capo, esasperato: “Per l’ennesima volta, io non… aspetta, quindi anche Kurt mi lancia delle occhiate quando io non lo guardo?” aggiunse, con una nota di speranza nella voce.

Wes si ficcò due dita in gola, simulando un conato e si alzò di slancio: “Non mi disturbo nemmeno a dirti quanto sei patetico da uno a dieci in questo momento! Vedi solo di essere pronto a cogliere l’occasione quando si presenterà e ti prego, ti supplico, ti scongiuro, non rovinare tutto un’altra volta!”


Kurt trascinò le sue valigie fino all’ascensore, stringendo fra le mani la chiave della sua stanza. Mentre aspettava che le porte si aprissero, venne raggiunto da David.
“Kurt, tu sei nella 415, vero?” Kurt annuì, perplesso, mostrandogli il cartellino con il numero della camera.
“Cambio di stanza!” berciò allegramente l’altro, strappandogli di mano il portachiavi e lanciandogli al volo il suo.
Kurt rimase lì a bocca aperta, finché il rumore delle porte dell’ascensore che si aprivano lo riportò alla realtà. Controllò il numero della sua nuova stanza senza nemmeno interrogarsi sulle motivazioni di David: erano passati alcuni mesi dal suo trasferimento alla Dalton e si era ormai completamente abituato alle stranezze dei suoi compagni.
Arrivato davanti alla sua porta, si stupì un po’ di trovarla già aperta. Scivolò dentro senza preoccuparsi di bussare e non potè in tutta onestà dirsi stupito quando sentì la voce di Blaine provenire dal bagno.
“David, potresti avere almeno la decenza di aspettare la mattina della partenza prima di rubare le saponette dal… oh.” Blaine si fermò, stupito, notando la presenza di Kurt al centro della stanza.
“Non sei David.” si sentì in dovere di puntualizzare dopo alcuni secondi di silenzio imbarazzato.
“Sai, rimango sempre incantato quando fai sfoggio del tuo acuto spirito di osservazione…” commentò Kurt, cercando di mascherare con il sarcasmo il suo imbarazzo.
Blaine non rispose e rimase per un attimo a fissarsi i piedi, non sapendo bene come comportarsi, poi riprese in silenzio a sistemare le sue cose.
Kurt si morse il labbro, pentito della sua reazione. Era evidente che Blaine si sentiva a disagio ed il suo atteggiamento non era sicuramente d’aiuto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per trovare le parole giuste e riuscire a dire a Blaine quanto gli dispiaceva per quello che era successo, ma ogni volta che apriva bocca si trovava a richiuderla, timoroso di una reazione negativa dell’altro.
Finirono di disfare le valigie in un silenzio imbarazzato e si prepararono per la notte. Kurt si rannicchiò subito sotto le coperte, mentre Blaine preferì farsi una rapida doccia per togliersi dai capelli i chili di gel che aveva applicato quella mattina, timoroso che si animassero nella notte e finissero per soffocarlo nel sonno.
Mentre aspettava che l’acqua lavasse via gli ultimi residui di shampoo, pensò a come gestire la situazione con Kurt: avrebbe voluto parlargli, spiegargli quanto lo avesse ferito quando l’aveva tagliato fuori come se fosse una persona qualsiasi, ma francamente non era così sicuro che all’altro interessasse quello che aveva da dire.
Chiuse l’acqua con un sospiro, indossò l’enorme t-shirt e i pantaloni della tuta che usava per pigiama e si addentrò con circospezione in camera da letto.
Tutte le luci erano già spente e lui si sentì quasi sollevato… almeno fino a quando il suo alluce non entrò pesantemente in collisione con il comodino accanto al suo letto.
Soffocando una serie di improperi che avrebbero fatto arrossire un portuale, Blaine si infilò sotto le coperte, sentendo la stanchezza della giornata piombargli addosso.
Kurt cominciava ormai a credere che Blaine si fosse addormentato, quando sentì un bisbiglio incerto provenire dall’altro lato della stanza: “Buonanotte, Kurt”.
Spalancò gli occhi nel buio: perché quel ragazzo doveva sempre essere così dannatamente perfetto? Si lasciò sfuggire un singhiozzo, mentre si raggomitolava ancora più strettamente sotto le coperte.
Ci furono alcuni secondi di silenzio, poi le molle del letto cigolarono e Kurt sentì Blaine scivolare al suo fianco e stringerlo a sé.
“Bl-Blaine?!” balbettò Kurt, incapace di formulare un pensiero che fosse anche solo vagamente coerente.
“Shh…” lo zittì l’altro, abbracciandolo ancora più strettamente, “Va tutto bene, sono qui.”
Kurt non potè fare a meno di arrossire pesantemente e di raggiungere una temperatura interna praticamente al limite dell’autocombustione, mentre pensava: “Lo sento che sei qui… eccome se lo sento!”
Un momento dopo però gli tornò in mente quando Blaine, all’inizio della loro amicizia, gli aveva fatto promettere di chiamarlo a qualsiasi ora del giorno e della notte se avesse avuto bisogno di lui e si ritrovò suo malgrado a singhiozzare: "Mi dispiace..."
Blaine non disse nulla, si limitò a stringerlo e dopo poco cominciò a canticchiare a bassa voce, cercando di tranquillizzarlo.
Kurt non potè trattenersi dal commentare con tono divertito, ma pieno di affetto: “Seriamente, Blaine… “Teenage Dream”? Di nuovo?! La tua ossessione per questa canzone sta raggiungendo delle vette preoccupanti.”
Blaine scoppiò a ridere, sistemando comodamente la testa nell’incavo della sua spalla: “Non esagerare, non sono ossessionato!”
Kurt roteò gli occhi nel buio: “Ti ho sentito cantarla la prima volta che ci siamo incontrati e da allora non è passato un singolo giorno senza che mi concedessi almeno un bis.”
Lo sentì sorridere contro il suo collo, mentre pensava ad una risposta: “Diciamo allora che prima non ero ossessionato.”
“Ah.” Kurt avrebbe sinceramente voluto trovare qualcosa di vagamente intelligente da aggiungere, ma tutti i suoi neuroni sembravano troppo impegnati a girare in tondo come schegge impazzite pigolando “Blaine-Blaine-Blaine”.
Ci furono alcuni minuti di silenzio e i due ragazzi cominciarono a scivolare in quello stato di dormiveglia che precede il sonno vero e proprio.
Kurt si sistemò più comodamente nella stretta dell’altro, mormorando: “Blaine?”
“Mh?”
“Mi sei mancato.”
Lo sentì sorridere nel buio.
 “Anche tu.”

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Capitolo 8
*** Ottavo Capitolo ***


Blaine si svegliò con la strana sensazione di essere osservato. Socchiuse gli occhi e si trovò davanti la faccia di Kurt, che lo fissava con la bocca socchiusa e un’espressione di intensa concentrazione sul volto, quasi si trovasse di fronte ad un fenomeno naturale particolarmente curioso.
“Buongiorno…” borbottò, sperando che l’altro si riscuotesse dal suo momento di catalessi.
Kurt inclinò la testa, apparentemente affascinato: “Come diavolo fanno a gonfiarsi così tanto nel giro di poche ore?”
Blaine aggrottò la fronte e rimase perplesso per qualche istante… poi capì che si stava riferendo ai suoi capelli e nascose di scatto la testa sotto il cuscino con un lamento.
“Sappi che al momento ti reputo la persona più perfida dell’universo, perfino peggio di Voldemort, Sauron e Shonda Rhimes messi insieme!”
Kurt scoppiò in una risata fragorosa: “Shonda Rhimes?!”
“Lexie e Jackson ci hanno dato dentro come conigli nell’ultimo episodio e ora tutte le volte che guardo Grey’s Anatomy mi viene voglia di strapparmi gli occhi! Oh, Izzie, perché te ne sei andata? Senza di te le cose non sono più state le stesse!!”
Kurt gli affibbiò un paio di pacchette consolatorie sulla spalla: “Su, su, sii uomo e affronta questo trauma a testa alta. E sempre a proposito di testa… vuoi deciderti a uscire da lì sotto?!”
Blaine rispose con un brontolio inarticolato che Kurt pensò di poter verosimilmente tradurre con un “Ma anche no!”
Sospirando, insinuò anche lui la testa sotto il cuscino, nel tentativo di raggiungere l’altro nel baratro di insicurezza in cui era precipitato.
Blaine gli lanciò uno sguardo omicida: “Vattene, lasciami sprofondare nell’autocommiserazione in santa pace!”.
Kurt sorrise con dolcezza, afferrando fra le dita uno dei riccioli ribelli che incorniciavano il volto del ragazzo: “In realtà mi piacciono molto.”
Blaine sbuffò, roteando gli occhi, e si voltò dall’altra parte, lasciandolo a socializzare con la sua nuca. Kurt non si arrese e cominciò a passare le dita in quella massa ribelle, districando con pazienza e cautela i nodi che si erano formati nel corso della notte.
L’altro continuò a fingere di fare il sostenuto, ma inconsciamente inclinò leggermente la testa in avanti, offrendo il collo alle sue carezze. Kurt non si fece pregare e fece scivolare la mano sulla pelle calda di Blaine, strappandogli un mormorio di apprezzamento. Senza rendersene conto, si sporse in avanti, sfiorando con il naso la base della sua nuca e inalando il suo odore.
Blaine sentì il respiro strozzarglisi in gola e si morse leggermente il labbro inferiore, consapevole che si stavano avvicinando ad un punto di non ritorno, oltre il quale sarebbe stato finalmente impossibile per entrambi continuare a nascondere quello che realmente desideravano.
Le labbra di Kurt erano talmente vicine alla pelle di Blaine che gli sarebbe bastato un sospiro per baciarla e il bisogno di annullare quei pochi millimetri di distanza fra di loro lo stava letteralmente uccidendo.
D’improvviso sembrò rendersi conto di quello che stava facendo e si allontanò di scatto, arrossendo furiosamente, totalmente preda di imbarazzo e insicurezza. Saltò giù dal letto e praticamente volò verso la porta del bagno, lasciando Blaine frastornato e frustrato.
“Accidenti a te, Kurt…” mormorò il ragazzo, passandosi il palmo della mano sulla nuca e rabbrividendo al pensiero di quanto ci fossero andati vicini stavolta, di quanto poco ci fosse mancato perché riuscissero finalmente a scavalcare quella specie di muro invisibile che sembrava tenerli lontani.
Pazienza, penò Blaine, ci sarebbero state altre occasioni: ora che aveva toccato con mano le prime vistose crepe nella barriera che li separava non aveva nessuna intenzione di arrendersi.

Non resistette alla tentazione di provocarlo un po’ e con un enorme sorriso sulle labbra annunciò ad alta voce: “Se era un tentativo per convincermi che ti piacciono i miei capelli, sappi che ci vuole ben altro!”
 

Wes corrugò la fronte, fissando il gruppo di ragazzini che se ne stava stretto dietro le quinte, bisbigliando intimidito. Desideroso di capire il motivo del loro atteggiamento, si avvicinò al palco e si ritrovò a scuotere esasperato il capo alla vista che gli si presentò davanti.
Blaine si era lanciato in una cover entusiasta di “She Loves You” e adesso stava zompettando qua e là come un invasato, agitando le braccia e mettendo in seria difficoltà gli altri membri, che non riuscivano a stare dietro ai suoi “passi di danza”.
David si avvicinò, un ghigno divertito stampato sul volto: “Direi che il nostro solista si sente decisamente meglio stamani!”
Uno dei ragazzi più giovani si staccò dal gruppo e si avvicinò timidamente ai due consiglieri, che non si accorsero della sua presenza fino a quando questi non si schiarì la gola con discrezione: “Ehm… scusatemi…”
Wes e David indossarono la loro migliore espressione formale e lo incitarono a parlare con un cenno.
Il loro piccolo compagno abbassò la voce, quasi timoroso di farsi sentire: “Penso… penso che Anderson abbia qualcosa di strano stamani… non vorrei… non mi sembra il tipo, ma… non è che ha assunto qualche droga o che so io?”
David scoppiò in una risata fragorosa: “No, piccolo, so che può sembrare terrificante, ma Blaine è così al naturale; sono gli effetti collaterali di aver messo a posto le cose con la sua piccola Joey.”
L’altro lo fissò perplesso: “Siamo sicuri che non dovremmo fare almeno un controllo? Per scrupolo…”
Wes gli posò le mani sulle spalle e gli spiegò in tono ragionevole: “Tesoro, anche se volessimo non riusciremmo comunque a fargli il test del capello: gli strumenti scientifici non sarebbero in grado di superare la muraglia di cemento armato che lui si ostina testardamente a chiamare gel.”
Con questa esauriente spiegazione girò sui tacchi e se ne andò, ma poco dopo David lo sentì sbraitare: “Blaine… BLAINE! Fatti una camomilla… stai spaventando le matricole, razza di imbecille!”
Ridendo, David si accostò ai suoi due amici, ansioso ed eccitato all’idea di andare in scena.

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Capitolo 9
*** Nono Capitolo ***


Lo spettacolo era stato un vero e proprio successo e i Warblers si stavano adoperando per trasformare i corridoi dell’albergo nella sede della festa più scatenata che Columbus avesse mai avuto la sventura di ospitare.
Blaine si fece largo sgomitando fino al posto in cui aveva avvistato per l’ultima volta Wes e David.
“Ehi!” li apostrofò, “sapete mica dov’è Kurt?”
I due scossero il capo in segno di diniego: “No, l’ultima volta che l’abbiamo visto è stato dietro le quinte.”
Blaine sospirò e si voltò, ansioso di riprendere la sua ricerca, ma, dopo aver fatto a malapena due passi, si sentì afferrare per un braccio.
“Dove credi di andare, Casanova?” rise David, inarcando le sopracciglia. “Devi ancora raccontarci cos’è successo la scorsa notte.”
“Magari sorvolando sui particolari più scabrosi, che vorrei davvero, davvero evitare di sentire.” ci tenne subito a precisare Wes.
Blaine si batté la mano sulla fronte: “Avete ragione, non vi ho ancora ringraziato per il vostro aiuto! Devo ammetterlo, all’inizio pensavo che il vostro piano fosse ridicolo, ma ha funzionato alla grande.”
David abbassò la voce in tono cospiratore: “E dimmi… avete preso le opportune precauzioni, vero? Mi spaventa un po’ pensare a cosa potrebbe saltar fuori fondendo i vostri DNA.”
Blaine si tirò indietro di scatto, arrossendo fino alla radice dei capelli: “DAVID!! Ma ti sembrano cose da dire?!”
Wes giunse prontamente in suo soccorso: “Ha ragione, cosa ti salta in mente?”
 “Grazie, Wes.”
L’altro proseguì, imperterrito: “Blaine è un ragazzo responsabile, è ovvio che ha preso tutte le precauzioni del caso.”
Blaine si accasciò contro il muro, cercando di ignorare le avvisaglie di una sontuosa emicrania: “Chiariamolo una volta per tutte: gli uomini non possono avere bambini! E comunque io e Kurt non abbiamo fatto sesso. Anzi… non abbiamo proprio fatto niente di niente!”
La mascella di David si sfracellò al suolo: “Niente di niente?!”
“Esatto.” confermò Blaine.
“Mi spieghi cos’hai allora da sorridere tanto, razza di idiota?!” strillò Wes, attirando l’attenzione di una buona parte dei presenti.
“Beh, ci siamo riconciliati… e in effetti c’è stato un momento, stamani…” Esitò, incerto se raccontare o meno del breve incontro ravvicinato fra lui e Kurt, poi decise che aveva assolutamente bisogno di un consigliò e riportò il più fedelmente possibile l’accaduto ai suoi amici, cercando di non farsi distrarre dai pensieri indecenti che avevano affollato la sua testa nel corso di tutta la giornata.
“Wow!” commentò David alla fine, “Voi due siete talmente pieni di energia sessuale repressa che potreste incendiare tutto lo Stato…”
Blaine prese lo slancio per sbattere con forza la testa contro il muro.
 “Non mi pare proprio il caso di infierire laddove Madre Natura è stata così avara!” commentò Wes, afferrandolo per una spalla. “Tu vuoi solo che il giovane Hummel si lasci un po’ andare, vero?”
Blaine annuì, praticamente sull’orlo delle lacrime. Wes e David si chinarono verso di lui con fare cospiratorio.

“Credo che sia giunta l’ora di passare al  piano B…”

 

Quando Kurt aprì la porta si trovò davanti Wes e David che sorridevano a trentadue denti.
“Brutto, bruttissimo segno!” pensò fra sé e sé, cercando di restare impassibile e di non fare movimenti bruschi per non imbizzarrirli.
Decise di sondare il terreno con estrema cautela: “Posso fare qualcosa per voi?”
I loro sorrisi si allargarono ancora di più e  Wes gli porse un bicchiere pieno di un liquido rosato: “Piccola Joey… che ci fai tutta sola soletta in camera tua? Dovresti uscire qua fuori e divertirti insieme a noi…”
Kurt capì come doveva essersi sentita Biancaneve quando la strega le aveva offerto la mela avvelenata.
David si intromise nella conversazione con tono mellifluo: “Sì, il nostro piccolo Blaine ti stava cercando… a te piace il nostro piccolo Blaine, vero? Non lo lasceresti mai solo soletto in compagnia di una ventina di diciassettenni sovraeccitati, vero?”
Kurt scosse il capo, incerto, cercando di prendere tempo: “Mi dispiace, ragazzi, ma non mi sento proprio in vena di...”
Wes stroncò le sue proteste sul nascere con un gesto brusco della mano: “Solo per qualche minuto… cosa ti costa uscire qualche minuto e bere qualcosa con noi? Farebbe bene al tuo spirito di squadra… non sei tu che ti lamenti sempre di non sentirti completamente parte del gruppo?”
Kurt tentennò, accettando il bicchiere che l’altro gli stava porgendo: “Sicuri che non ci sia dell’alcool qua dentro?”
David sfoderò il suo migliore sorriso innocente: “Sai bene che sarebbe contro le regole…”
Kurt scrollò le spalle, buttando giù tutto d’un fiato lo strano cocktail.

“… ma quando mai noi seguiamo le regole?”

 

Blaine raggiunse Wes e David, facendosi largo fra i ragazzi che ballavano scatenati nel corridoio: “Siete riusciti a trovare Kurt?”
David sorrise, inarcando un sopracciglio: “Oh, eccome se lo abbiamo trovato…”
Blaine inspirò profondamente: “Ok, questo è il momento in cui la cosa smette di essere divertente e io comincio a preoccuparmi sul serio. Cosa avete fatto di Kurt?”
Wes gli elargì una vigorosa pacca sulla spalla: “Rilassati, amico, è ancora tutto intero! Gli abbiamo solo fatto bere qualcosa che lo rendesse più… allegro.”
Blaine sbiancò in volto: “Non gli avrete mica dato qualcosa di alcolico..?”
David tentò di rispondere elusivamente: “Ehm… forse…”
Blaine lo afferrò per il bavero della giacca: “Razza di idiota, Kurt è completamente astemio! Mi ha raccontato che se beve anche solo una goccia si trasforma in una specie di relitto che si trascina in giro aspettando l’occasione per vomitare sulle scarpe della gente!”
“A me sembra che stia benissimo!” commentò Wes, indicandogli qualcosa.
Blaine girò la testa nella direzione suggeritagli da Wes e spalancò gli occhi come due fanali.
“Oh no…” mormorò subito dopo scuotendo il capo, “Oh no, qui si mette male, anzi, malissimo!”
I ragazzi avevano trascinato in corridoio una cassettiera e Kurt se ne stava lì sopra, praticamente abbarbicato come un polipo a due matricole.
Blaine partì a passo di carica nella sua direzione, ma venne placcato da David: “Amico, rilassati, sta solo ballando un po’!”
Blaine quasi si strozzò nel tentativo di rispondere: “Rilassarmi?! Hai ragione, perché non dovrei rilassarmi mentre Kurt si struscia come un invasato addosso non a uno, ma a ben due uomini?!?!”
Wes tentò di minimizzare: “Non esageriamo, non si sta proprio… ecco, strusciando.”
Blaine inspirò, tremando: “Wes… se ci fossero meno vestiti quello sarebbe sicuramente un sandwich gay e fidati, queste cose le so perché si da il caso che io sia gay!”
Cominciò a farsi strada verso il cubo improvvisato, stendendo a gomitate chiunque cercasse di rallentarlo. Una delle sue matricole stava aspettando il momento propizio per avventarsi sulle labbra di Kurt.
Blaine lo trascinò giù dalla cassettiera, ringhiandogli contro: “Azzardati anche solo a pensarlo e ti strappo la faccia a morsi come Hannibal Lecter… ci siamo capiti?!”
Il ragazzino annuì freneticamente, sbarrando gli occhi: “Signorsì!”
Blaine lo spinse via senza tante cerimonie e afferrò il polso di Kurt, attirando finalmente la sua attenzione.
“Guarda chi c’è!” cinguettò entusiasta il ragazzo, saltando a terra e buttandogli le braccia al collo.
Blaine lo afferrò per la camicia e cominciò a trascinarlo verso la loro stanza senza dire una parola, mentre lui continuava a sproloquiare allegramente: “Uh, molto maschio… mi piace quando fai l’uomo virile!”
Blaine si lanciò dentro la stanza, sbattendosi con violenza la porta alle spalle: “Accidenti a te, ti rendi conto di quello che stavi per fare, razza di cretino?!”
Kurt gli si spalmò praticamente addosso, ignorando il suo tono duro: “Ti hanno mai detto che sei molto più sexy quando sei arrabbiato..?”
Blaine se lo scrollò di dosso, mettendo una ragionevole distanza di sicurezza fra di loro, e tentò di farlo ragionare: “Ascoltami, Kurt: sei totalmente ubriaco, non dire o fare cose di cui potresti pentirti!”
“Non ci si può pentire dell’amore…” mormorò l’altro con voce suadente, avanzando verso di lui come un gatto che ha avvistato un topo con un’enorme scritta “Mangiami” stampata sulla schiena.
Blaine tentò di indietreggiare ulteriormente, ma le sue ginocchia incontrarono il bordo del letto. Kurt ne approfittò e ce lo spinse sopra, per poi piazzarsi comodamente a cavalcioni su di lui. Senza perdere nemmeno un secondo, si chinò a mordicchiare il collo di Blaine, strappandogli un gemito.
“Kurt… Kurt, smettila immediatamente! Quello che stai facendo è assolutamente inappropria… oddio, e questo dove l’hai imparato?!” domandò, perdendo decisamente il filo per un secondo.
“Brittany…” sussurrò soddisfatto lui, “E’ molto dotata in questo campo, sai?”
Blaine lo fissò confuso: “Brittany la cheerleader?! No… Kurt ti ho detto di smetterla, non costringermi ad usare le maniere forti!”.
Kurt lo ignorò e continuò a sfregare le labbra contro la pelle calda della sua mandibola: “Perché no? Mi piacciono le maniere forti…”
A quel punto il cervello di Blaine diede completamente forfait, lasciando carta bianca a ben altri organi del suo corpo.
Dopo pochi secondi, però, Kurt smise improvvisamente di muoversi, abbandonandosi completamente contro di lui.
“Ehm… Kurt?” provò a richiamarlo Blaine. Il corpo sopra di lui non diede nessun segno di vita, fatta eccezione per un leggero russare. Imprecò mentalmente in tutte le lingue del mondo e fece scivolare il bell’addormentato sul letto.
Kurt si accoccolò istintivamente contro di lui, stringendo fra le mani la stoffa della sua camicia e sistemando la testa sulla sua spalla.
Blaine osservò per un attimo il viso dell’altro, si sporse leggermente verso di lui per posargli un bacio sulla fronte e si lasciò ricadere sul letto, completamente stremato dalla giostra ormonale ed emotiva su cui aveva trascorso gli ultimi due giorni.
Mentre scivolava nel sonno sentì Kurt stringerglisi addosso e sorrise dolcemente: “Potrei anche finire per farci l’abitudine…”

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Capitolo 10
*** Decimo Capitolo ***


“Cioè, fammi capire bene… avete dormito per due notti nello stesso letto e non avete concluso un bel niente?!” Mercedes scosse il capo in segno di disapprovazione, affondando il cucchiaio nella vaschetta di gelato al cioccolato.
“Valutiamo un attimo la situazione…” intervenne Rachel, “A volte noi dive siamo così piene di carisma dirompente che rischiamo di intimidire le persone che cercano di relazionarsi con noi.”
Mercedes la fissò con una smorfia: “E’ questo che ti racconti ogni sera prima di addormentarti? Contenta tu…”
L’altra fece per ribattere in modo pungente, ma Kurt roteò gli occhi, infastidito: “Ragazze, non litigate: siamo qui per risolvere il mio problema!”
“Hai ragione, scusa.” annuì Rachel, tornando a focalizzare la sua attenzione su di lui: “Ora, lungi da me creare delle false speranze, ma… onestamente mi sembra che a questo Blaine tu piaccia davvero un sacco.”
Mercedes annuì con convinzione: “Odio dover dare ragione a Rachel, ma voi due siete chiaramente cotti l’uno dell’altro. Francamente non capisco quale sia il vostro problema!”
Kurt sospirò: “Il problema… il problema è che sono io e che siamo noi e mi conoscete e magari non gli piaccio ed è solo gentile e non avrò mai il coraggio di fare la prima mossa e… oh mio Dio morirò da solo!!”
Si accasciò frignando sul letto di Rachel, completamente risucchiato da una spirale di autocommiserazione.
Mercedes lo fissò per un secondo, seriamente tentata di soffocarlo con un cuscino per porre fine alle sue sofferenze. Riuscì a trattenersi soltanto pensando che l’arancione delle divise dei carcerati sarebbe stato decisamente uno schifo con la sua carnagione.
Assunse quindi un tono accomodante e cominciò a parlargli come se fosse un bambino delle elementari particolarmente duro di comprendonio: “Perché, tanto per cominciare, non gli chiedi di uscire? Non intendo per uno dei vostri soliti caffè… sto parlando di un vero appuntamento.”
Kurt si sollevò a sedere e strinse al petto la bambola a tiratura limitata di Barbra Streisand che Rachel teneva sul comodino: “Mercedes, forse non ci siamo capiti… a me sale l’ansia solo al pensiero di scegliere cosa mettermi per uscire con lui, se dovessi anche chiederglielo non sopravvivrei al colpo!”
Rachel si portò l’indice alle labbra, pensierosa: “E se non si trattasse di un vero e proprio appuntamento?”
Mercedes alzò gli occhi al cielo, esasperata: “Se non si trattasse di un vero appuntamento saremmo punto e a capo perché si ritroverebbero di nuovo a parlare di Vogue davanti ad un caffè!”
Rachel scosse la testa: “Aspetta di sentire la mia idea, prima di bocciarla. Kurt, sabato è il tuo compleanno, vero?”
Kurt annuì, aggrottando la fronte.
Rachel proseguì, ispirata: “Potremmo andarcene tutti insieme a cena da Breadsticks. Sarebbe una semplice uscita fra amici, ma tu avresti comunque la possibilità di metterti in tiro e di passare del tempo con Blaine senza subire pressioni.”
Kurt la fissò a bocca aperta: “Rachel Berry… sei uno stramaledettissimo genio!”
Mercedes saltò in piedi, rischiando di rovesciare sul letto le vaschette di gelato in cui stavano annegando i loro dispiaceri: “Muovetevi, signorine: abbiamo un compleanno da organizzare!”



Kurt riuscì a battere tutti i record, preparandosi per uscire in esattamente quattro ore e ventisette minuti. Quando finalmente ebbe finito, rimase in silenzio davanti allo specchio per circa cinque minuti.
“K-Kurt?” lo chiamarono esitanti Mercedes e Rachel, temendo che tutta quella tensione gli avesse definitivamente fuso il cervello.
Kurt si voltò verso di loro, inorridito: “Oh mio Dio, a cosa stavo pensando quando ho scelto questo abbinamento di colori? Devo assolutamente cambiarmi!”
Le ragazze scattarono in avanti e lo placcarono prima che riuscisse a raggiungere il suo ragguardevole guardaroba.
“Kurt, stai benissimo!” lo rassicurò Rachel, tentando contemporaneamente di schivare le gomitate che l’altro stava cercando di rifilarle.
“E poi è irrilevante quello che indossi.” rincarò Mercedes, “E’ un diciassettenne, quello che gli interessa non sono i tuoi vestiti, ma come convincerti a toglierteli!”
A quelle parole, Kurt smise improvvisamente di divincolarsi: “La tensione sessuale mi sta già praticamente uccidendo, se si presentasse l’occasione di fare davvero sesso mi verrebbe un aneurisma!”
Rachel e Mercedes ridacchiarono divertite e cominciarono a trascinarlo verso la porta: “Forza, siamo in un ritardo abominevole!”
Quando arrivarono da Breadsticks, Blaine era già lì e stava parlando di football assieme a Finn e Puck. Non appena vide Kurt gli corse praticamente incontro e lo strinse in un abbraccio che spedì allegramente in vacanza ai Caraibi tutti i neuroni del festeggiato.
Rachel e Mercedes si scambiarono uno sguardo malizioso ed un sorriso d’intesa: erano sempre più convinte che Kurt non avesse assolutamente nulla di cui preoccuparsi.
Il gruppo cercò di sistemarsi al tavolino, generando non poca confusione. Finn fece per accomodarsi accanto a Kurt, ma Rachel gli assestò una potente gomitata sulle costole, costringendolo a rivedere le sue intenzioni.
Blaine, che non aveva potuto fare a meno di notare la scena, rivolse un sorriso pieno di gratitudine a Rachel e si accomodò al suo posto. Senza nemmeno rendersene conto, lui e Kurt avvicinarono le sedie in modo che le loro gambe e i loro gomiti si toccassero, inconsciamente alla ricerca di un contatto costante con l’altro.
Kurt si voltò verso Blaine, sorridendo, ed indicò i suoi capelli, stranamente liberi dalla costrizione del gel: “Hai deciso di lasciarli in libera uscita?”
Blaine arrossì leggermente e si mise a contemplare il soffitto, borbottando: “Mi era sembrato di capire che ti piacessero…”
Kurt arrossì a sua volta e fissò ostinatamente lo sguardo sul piatto che aveva davanti: “Avevi capito bene.”
I due restarono così ancora per un attimo, entrambi con un enorme sorriso idiota stampato sul volto.
Il resto della cena trascorse piacevolmente fra chiacchiere e battute. Mentre aspettavano il dessert, Blaine si scusò e lasciò il tavolo, sfiorando brevemente la spalla di Kurt con le dita mentre si allontanava.
Rachel si portò una mano al petto: “Oh mio Dio, siete così carini che mi fa male il cuore a guardarvi!”
Santana si sporse verso di lei, speranzosa: “Non è che stai avendo un infarto, vero?”
Puck le zittì con un gesto della mano e si chinò verso Kurt con fare cospiratorio: “Amico, fattelo dire da uno che se ne intende: quando una donna si scioglie i capelli vuol dire che ce n’é.”
Lauren assestò uno scappellotto al suo ragazzo, mandandolo a finire lungo disteso sul tavolino: “Modera i termini se non vuoi che torni a legarmi i capelli per i prossimi cinquant’anni!”
Un accordo risuonò improvvisamente nel locale e tutti si voltarono verso la pedana che fungeva da palco in occasione dei rari concerti dal vivo ospitati dal locale.
Blaine era in piedi davanti al microfono, con un sorriso tranquillo stampato sul volto nonostante avesse gli occhi di tutti i presenti puntati addosso.
Kurt aggrottò le sopracciglia, confuso: “Ma cosa..?”
Rachel spalancò gli occhi, in un immediato barlume di comprensione: “OhmiodiononcipossocrederestaperfarloperdavveroèlacosapiùromanticacheabbiamaiVISTO!”
Finn la guardò con un’espressione vuota: evidentemente lo sforzo di tradurre quello sproloquio andava decisamente aldilà delle sue capacità mentali.
Blaine cercò lo sguardo di Kurt, incatenandolo al suo, e cominciò a suonare.

“I don't want this moment to ever end,
Where everything's nothing without you.
I'd wait here forever just to, to see you smile,
'Cause it's true, I am nothing without you.”

Mercedes si portò di scatto la mano alla bocca, capendo cosa aveva voluto dire Rachel pochi secondi prima: “Kurt..?”
“Mh..?” rispose lui, senza distogliere nemmeno per un momento gli occhi da Blaine.
“Forse sarà una mia impressione…” si intromise Sam.

“Through it all, I've made my mistakes.
I stumble and fall, but I mean these words.”

“La sta cantando per te!” mormorò incredulo Finn.

“I want you to know,
With everything I won't let this go.
These words are my heart and soul.
I'll hold on to this moment, you know,
As I bleed my heart out to show,
And I won't let go.”

“Questa è la cosa più dannatamente romantica che abbia mai visto.” sospirò Rachel.
Punto sul vivo, Finn si voltò per ribattere, ma Lauren lo zittì con un’occhiataccia: “Taci, Hudson.”

“Thoughts read, unspoken, forever in vow,
And pieces of memories fall to the ground.
I know what I didn't have, so I won't let this go,
'Cause it's true, I am nothing without you.
 
All the streets, where I walked alone,
With nowhere to go, have come to an end.
 
I want you to know,
With everything I won't let this go.
These words are my heart and soul.
I'll hold on to this moment, you know,
As I bleed my heart out to show,
And I won't let go.”

Santana lanciò uno sguardo lussurioso al palcoscenico improvvisato: “Siamo sicuri che non ci sia nemmeno una possibilità di convincerlo a fare un giro sulla mia giostra?”
Quinn scosse la testa, affascinata: “Se non fossi più che sicura che è gay, Kurt, dovresti passare sul mio cadavere per averlo.”
Kurt continuava a tacere, completamente incapace di dare vita ad un pensiero coerente.

“I want you to know,
With everything I won't let this go.
These words are my heart and soul.
I'll hold on to this moment, you know,
As I bleed my heart out to show,
And I won't let go.”

La canzone si concluse e tutti i clienti del locale applaudirono con entusiasmo. I membri delle New Directions si stavano praticamente scorticando le mani e Puck espresse il suo particolare apprezzamento con dei fischi che avrebbero fatto diventare verde d’invidia anche un pastore sardo.
Blaine si fece strada verso il tavolo fra gli sguardi incuriositi dei presenti (e fra quelli ammirati della maggior parte delle ragazze) e si sedette al suo posto come se niente fosse, osservando Kurt con la coda dell’occhio.
“Di’ qualcosa!” sibilò Rachel a Kurt, assestandogli un deciso pizzicotto da sotto la tovaglia.
Il ragazzo si voltò e incrociò lo sguardo di Blaine, che gli rivolse un sorriso nervoso.
“Tu…” cominciò Kurt, “tu…”
I ragazzi si sporsero tutti in avanti, curiosi.
“Tu sei un completo idiota!” concluse Kurt, diventando di un rosso indescrivibile e accasciandosi sul tavolo.
Il sorriso di Blaine si allargò e tutti quanti scoppiarono in una sonora risata, applaudendo e fischiando.



Quando uscirono dal locale si era fatto decisamente tardi.
Mercedes e Rachel si lanciarono l’ennesimo sguardo di intesa e si rivolsero a Blaine con il più innocente dei sorrisi.
“Blaine, non è che potresti accompagnare tu Kurt a casa? Sai, si è fatto decisamente tardi e noi dobbiamo andare nella direzione opposta.”
Blaine avrebbe quasi voluto baciarle per la gratitudine: “Ma certo, non mi crea nessun tipo di problema!”
“Non avevamo dubbi, tesoro!” aggiunse Santana con voce seducente.
“Non sarebbe più logico che accompagnassi io Kurt a casa?” si intromise Finn, “In fondo viviamo insieme!”
Puck gli tirò l’ennesima gomitata sullo stomaco: “No che non sarebbe più logico! Tu devi accompagnare a casa me e Lauren.”
“Ma se siete venuti con la vostra macchina…”
Lauren si lanciò contro di lui, praticamente ringhiando: “Fai un regalo a te stesso e chiudi quella dannata bocca.”
Finn fissò per un attimo il vuoto, confuso, poi sembrò finalmente connettere: “Oh.”
Tutti gli altri scossero la testa, esasperati.
Dopo un breve giro di saluti il gruppo si divise ed ognuno si diresse verso la propria auto.
Blaine si voltò verso Kurt con uno sguardo speranzoso negli occhi: “Hai sonno?”
Kurt scosse il capo: dopo una serata come quella probabilmente non sarebbe stato in grado di dormire per almeno tre giorni.
Blaine gli sorrise: “Ti va di fare quattro passi?”
Kurt annuì e si incamminò al suo fianco.
“Questa passeggiata ha una meta o stiamo semplicemente girando a casaccio per il gusto di farlo?” si ritrovò a chiedere poco dopo.
Blaine ridacchiò, chinando il capo: “Che fine ha fatto la tua anima romantica, Hummel?”
“E’ stata seppellita sotto uno strato di ansia alto come un pony,” ammise lui, lo sguardo fisso sul marciapiede.
Blaine non rispose, ma prese la mano di Kurt nella sua.
Camminarono in silenzio ancora per alcuni minuti, poi Blaine si fermò: “Eccoci, siamo arrivati.”
Kurt per poco non si mise a ridere: “La caffetteria? Nel caso ti fosse sfuggito, ha chiuso più di un’ora fa.”
Blaine sbuffò, facendogli segno di tacere: “Ci ho pensato tanto, davvero: volevo trovare un posto che fosse perfetto, romantico e assolutamente stupefacente, ma non mi veniva in mente niente… tabula rasa. Poi però mi sono reso conto che se esiste un posto che ha visto davvero tutto di noi, nel bene e nel male, è proprio questo. E lo so che non è particolarmente suggestivo, che non ci sono candele, fiori e che le luci al neon mi sbattono anche un po’… ma giuro che in questo momento non vorrei essere da nessun’altra parte… non lo vorrei per niente al mondo!”
Si sporse in avanti, poggiando la sua fronte contro quella di Kurt: “Adesso che siamo qui non sono nemmeno sicuro di sapere come spiegartelo…”
Kurt gli sorrise e scosse leggermente la testa: “Forse non te ne sei mai accorto, ma l’hai già fatto.”
Si chinò verso di lui, annullando la distanza che li separava, accarezzando le sue labbra in una richiesta muta.
Blaine rimase immobile per un attimo, poi sorrise e gli posò una mano dietro la nuca, attirandolo a sé.
Lo baciò senza fretta, con la stessa pazienza con cui l'aveva sempre aspettato, prendendosi tutto il tempo per imparare a conoscere le sue labbra, stringendolo a sé ed assaporando il suo odore, che lo faceva sempre sentire come se si trovasse esattamente nel posto giusto.
Kurt cercò per un attimo di ricordare quello che gli aveva insegnato Brittany, poi sentì la lingua di Blaine sfiorare gentilmente il suo labbro inferiore e l’unica cosa che fu in grado di fare fu affondare le mani fra i suoi capelli e socchiudere le labbra, in un tacito invito ad approfondire il bacio.
Quando alla fine si allontanarono, Blaine continuò a tenerlo stretto contro di sé, come se non riuscisse a sopportare l’idea di separarsi da lui.
“Kurt?” lo chiamò con dolcezza.
“Mh?” mormorò l’altro, alzando lo sguardo ad incontrare il suo .
Blaine sorrise, posando di nuovo la fronte contro la sua: “Ricordami di mandare un mazzo di fiori a Rachel e a Mercedes.”
Kurt rise e lo afferrò per la camicia, attirandolo in un nuovo bacio.


Nda: la canzone che canta Blaine nel locale è "With Me" dei Sum 41 (potete trovare il video QUI)

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Capitolo 11
*** Undicesimo Capitolo ***


Kurt fu costretto a trascorrere la domenica in famiglia, lontano da Blaine, lottando contro la tentazione costante di avventarsi sull’iPhone ogni cinque minuti per controllare l’eventuale presenza di nuovi messaggi.
Il momento peggiore fu sicuramente la cena: Carole aveva preparato un pasto titanico composto da almeno 10 portate e suo padre aveva vietato sia a lui che a Finn di usare i cellulari a tavola.
La mente di Kurt era affollata da scene drammatiche in cui Blaine, stanco di cercare disperatamente di mettersi in contatto con lui, si convinceva del suo disinteresse, finendo per farsi consolare da una folla di avvenenti ragazzi gay in agguato dietro la sua porta.
Quando finalmente fu libero di alzarsi, corse al piano di sopra e si catapultò sul telefono con un notevole gesto atletico: diciassette chiamate e un messaggio.
Kurt cercò di non focalizzarsi eccessivamente sul carico di sfiga aggiuntiva portata dal numero diciassette e decise invece di aprire il messaggio, che diceva semplicemente: “Chiamami.”
Sibilò, imprecando contro la pigrizia di Blaine: non avrebbe potuto degnarsi di aggiungere una cavolo di emoticon che lo aiutasse a decifrare se il suo messaggio significava “Chiamami, sei l’uomo della mia vita!” o “Mi sono già rotto le scatole di te, chiamami così ti mollo”?!
In preda alle palpitazioni, selezionò il nome di Blaine dall’elenco dei contatti e chiuse gli occhi, in attesa del verdetto.
“Kurt!” Blaine riuscì a mettere in quell’unica parola talmente tanto entusiasmo che Kurt si ritrovò ad esalare un enorme respiro di sollievo, lasciandosi cadere sul letto.
“Kurt… ci sei?” lo apostrofò l’altro.
Rendendosi conto di essere rimasto in silenzio come un ebete, Kurt si sollevò a sedere di scatto: “Sì! Sì, presente.”
Lo sentì ridere piano dall’altro capo del telefono e si chiese ancora una volta come fosse possibile che un semplice suono potesse riscaldargli il petto in maniera così allarmante.
Tossicchiò, cercando di darsi un contegno: “Allora… come hai trascorso la giornata?”
Blaine tacque per un attimo, imbarazzato: “Sarei tentato risponderti che mi sono dedicato a tutta una serie di attività estremamente affascinanti, ma la verità è che ho sentito da morire la tua mancanza.”
Lo stomaco di Kurt si contorse piacevolmente (ma quella avrebbe anche potuto essere una conseguenza delle quattro porzioni di lasagne che Carole lo aveva costretto ad ingurgitare con la scusa che era il festeggiato) e non poté trattenersi dal chiedere: “Davvero?”

L’altro non poté fare a meno di sorridere: “Davvero.”

 

Kurt trascinò le valigie su per le scale, imprecando in tutte le lingue che conosceva: possibile che, nonostante la retta esorbitante pagata dagli studenti, la Dalton non si degnasse di costruire almeno un ascensore in quegli stramaledettissimi dormitori?
Improvvisamente sentì qualcuno alleggerirlo di una parte del suo carico. Si voltò e si trovò di fronte Blaine, che non poté trattenersi dal prenderlo un po’ in giro: “Mi spieghi cosa te ne fai di tutte queste valigie? Sembra che tu ti stia trasferendo oggi, non che sia stato a casa soltanto per due giorni!”
Kurt lo squadrò, inarcando un sopracciglio: “Una ragazza deve viaggiare con stile.”
Blaine rise e gli circondò la vita con un braccio ed insieme riuscirono a trasportare i bagagli fino alla camera di Kurt.
Non appena rimasero da soli, fra di loro calò un silenzio imbarazzato e Kurt abbassò lo sguardo a fissarsi le scarpe, che inspiegabilmente avevano cominciato ad esercitare su di lui un fascino magnetico.
D’improvviso le labbra di Blaine furono sulle sue e tutto il resto passò decisamente in secondo piano.
Si aggrapparono l’uno all’altro con un bisogno disperato, acuito dalla distanza forzata che li aveva privati della reciproca presenza per un intero, lunghissimo giorno.
Nel corso della sua vita Kurt aveva spesso sognato di baciare un ragazzo, ma le sue fantasie erano sempre state popolate da scene romantiche, che si spingevano al massimo fino ad un semplice sfiorarsi delle labbra, ma quello che stavano facendo lui e Blaine in quel momento… quello era decisamente tutta un’altra cosa.
Le mani di Blaine percorrevano febbrilmente la sua schiena e Kurt aveva l’impressione che se non avesse trovato qualcosa a cui aggrapparsi avrebbe finito per fare qualcosa di molto imbarazzante (tipo svenire o sciogliersi in una poltiglia informe).
Con loro sommo disappunto, furono interrotti dal suono della prima campanella, che avvisava gli studenti dell’imminente inizio delle lezioni.
Blaine imprecò in una maniera che decisamente non gli apparteneva e Kurt non poté fare a meno di sorridere.
“Mi sa che dobbiamo andare.” sospirò Blaine, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Facciamo così,” propose Kurt, accarezzandogli i capelli sulla nuca e strappandogli un brontolio soddisfatto, “adesso ce ne andiamo a lezione, ma stasera riprendiamo la nostra maratona Harry Potter.”
Blaine sollevò la testa di scatto, rischiando di spaccargli il naso:” Camera dei segreti e Prigioniero di Azkaban?”
Kurt tentennò, imbarazzato: “Ehm… credo che sarebbe meglio se rivedessi il primo… sai, per interiorizzare meglio i personaggi!”
Blaine inarcò un sopracciglio, ghignando: “Effettivamente l’altra volta a casa tua ti ho visto un po’ distratto… chissà perché!”
Kurt lo fissò con uno sguardo gelido: “Non osare proseguire o giuro che ti lascerò senza cibo per tutta la sera… e sai meglio di me come andrebbe a finire!”

Blaine lo prese per mano, invocando una tregua, e insieme si avviarono verso le rispettive classi, ridendo e pregustando il loro primo, inusuale appuntamento.



Alle sette di sera, puntuale come un orologio, Blaine si presentò alla porta di Kurt con due pizze in mano.
Aveva rinunciato alla divisa della scuola a favore di una felpa e di un paio di pantaloni della tuta e, non appena aprì la porta, Kurt lo squadrò con occhio critico: “Neanche due giorni e già ti lasci andare?”
Blaine si sporse in avanti e gli diede un bacio che troncò tutte le proteste sul nascere: “Posso entrare?”
Kurt non potè fare altro che annuire, con gli occhi sgranati come quelli di un coniglio di fronte ai fari di un camion.
Blaine oltrepassò la soglia e posò le pizze sulla scrivania, facendo bene attenzione a tenerle alla larga da qualsiasi tipo di vestito o accessorio presente nella stanza (cosa che avrebbe trasformato il timido ragazzo che aveva di fronte in una sottospecie di erinni assetata del suo sangue vergine).
Non appena ebbe le mani libere, pensò di impiegarle in maniera costruttiva e le usò per attirare a sé Kurt e trascinarlo in un bacio che li lasciò entrambi leggermente senza fiato.
Kurt indietreggiò, evitando di guardarlo negli occhi: “E’ meglio darsi da fare con quelle pizze, se non vogliamo che diventino colla.”
Blaine aggrottò la fronte, ma decise di soprassedere.
“Mi è arrivato uno strano mms oggi… per caso tu c’entri qualcosa?” gli chiese Kurt porgendogli l’iPhone, sul cui schermo faceva bella mostra di sé una foto di Rachel e Mercedes che reggevano in braccio due mazzi di rose grossi come due pecore scozzesi alla vigilia della tosatura.
“In effetti potrei…” ammise lui, fingendosi estremamente interessato all’intonaco del soffitto: ancora un paio di momenti di imbarazzo e sarebbero diventati entrambi degli eccellenti architetti d’interni.
Kurt ridacchiò, afferrando i cartoni delle pizze, e si lasciò scivolare a sedere sul letto. Blaine si accomodò accanto a lui, incrociando le gambe: “Mi concedi addirittura di mangiare sul letto?”
“Sì,” sospirò Kurt, “ma solo perché so che sei perfettamente cosciente del fatto che se anche la più minuscola goccia di pomodoro entrasse in collisione con le mie preziosissime lenzuola di seta tu non usciresti mai vivo da questa stanza.”
Blaine sogghignò, guardandolo maliziosamente: “Non che mi dispiacerebbe rimanere prigioniero nella tua stanza per sempre…”
Kurt cacciò fuori una risatina isterica e abbassò lo sguardo, cincischiando con la manica del suo pigiama.
Blaine decise che era decisamente giunto il momento di scoprire cosa frullasse nella testa del ragazzo e gli chiese con dolcezza: “Possiamo parlarne?”
Kurt continuò a tenere gli occhi bassi, mordicchiandosi il labbro inferiore: “Non ti sfugge mai nulla, vero?”
“Non quando si tratta di te, no.” mormorò Blaine, che cominciava a sentirsi decisamente preoccupato.
Kurt cacciò un sospirone e continuò a torturare il suo povero pigiama: “E’ che non sono sicuro di saper gestire questa… cosa.”
Blaine aggrottò la fronte: “In che senso?”
Kurt si decise finalmente ad alzare su di lui due occhioni sgranati che avrebbero fatto invidia ad un cerbiatto della Disney e vuotò il sacco: “Non sono mai stato coinvolto in una cosa come questa… non so come comportarmi, ho paura di fare qualcosa di sbagliato e di rovinare tutto.”
Blaine avrebbe voluto ridere di sollievo, ma aveva la vaga sensazione che Kurt non avrebbe gradito molto la sua reazione.
“Okay, innanzitutto smettila di definire cosa la nostra relazione… mi fa sentire come se stessi uscendo con il mostro della laguna. Punto secondo: Kurt, non è possibile che tu rovini quello che c’è fra di noi… se non l’avessi ancora capito io adoro tutto di te, quindi respira profondamente e rilassati.”
“Okay… okay.” mormorò Kurt, cercando di non iperventilare. Per un secondo sembrò essersi calmato, poi tornò a guardare l’altro con occhi colmi di orrore: “Oh mio Dio, e se ti stessi troppo appiccicato e ti mettessi in imbarazzo? E se ti dessi fastidio?”
Blaine si gettò su di lui, ridendo sollevato.
“La pizza!” strillò terrorizzato Kurt. Riuscì ad afferrare in extremis entrambi i cartoni e ad appoggiarli sul pavimento, poi si lasciò trascinare fra le braccia di Blaine.
Il ragazzo strofinò affettuosamente il viso contro il suo collo: “Forse non l’hai notato perché eri troppo occupato a farti mille paranoie, ma sono io quello che non riesce a fare a meno di toccarti costantemente. Dovrei cominciare a preoccuparmi che tu ti stanchi di me?”
Kurt scosse la testa, con un enorme sorriso stampato sul volto: “Dopo tutta la fatica che ho fatto per trovarti? Spero che tu stia scherzando!”
Blaine rotolò su di lui e gli diede un veloce bacio sulle labbra: “Bene! Ora che abbiamo appurato che l’unico rischio che corriamo è quello di far cadere in coma diabetico tutti i Warblers possiamo dedicarci alla nostra serata.”
Si impossessarono di nuovo dei cartoni delle pizze, che a quel punto sarebbero state adeguatamente in grado di fare le veci di una confezione formato famiglia di Super Attack.
Kurt aprì la scatola e si fermò per osservare inorridito il suo contenuto, timoroso che potesse prendere vita da un momento all’altro: “Salsiccia e cipolla? Spero che tu stia scherzando: non esiste che io mangi questa roba!”
“Guarda che quella è la mia.” lo corresse Blaine, allungandogli senza battere ciglio una più salutare, ma quanto mai insapore, vegetariana.
Si stava già dedicando con entusiasmo alla prima fetta, quando si rese conto che l’altro lo stava ancora fissando con riprovazione.
Sospirò rassegnato e fece una domanda di cui già sapeva che si sarebbe pentito: “Cosa c’è adesso?”
Kurt lo scrutò con fare accusatorio: “Hai intenzione di lavarti i denti dopo aver ingurgitato quella schifezza, vero?”
Blaine sbuffò, esasperato: “Non ti preoccupare, mi sono portato tutto il necessario… ora per favore possiamo mangiare?”
Riuscì a malapena a dare un morso prima di sentire l’altro borbottare: “E comunque quell’abbinamento è proprio improponibile…”
Blaine roteò gli occhi e tornò ad attaccare la sua pizza con più entusiasmo di prima.

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Capitolo 12
*** Dodicesimo Capitolo ***


Dopo le due notti che avevano trascorso insieme in albergo a Columbus, Kurt aveva pensato che sarebbero passati mesi (forse addirittura anni) prima che lui e Blaine avessero di nuovo l’occasione di dividere lo stesso letto, e la cosa lo aveva lasciato depresso per giorni, al punto che il pensiero di cedere alle lusinghe del dio colesterolo non gli sembrava più un’idea così malvagia.
Fu proprio per questo motivo che, quando arrivò l’ora di andare a dormire e Blaine lo guardò con espressione supplichevole, non disse nulla: si limitò semplicemente a spegnere la luce e a rannicchiarsi contro di lui senza fare domande.
Blaine, che si era aspettato di incontrare almeno un minimo di resistenza, si guardò bene dall’indagare sui motivi di questa resa miracolosa e lo accolse fra le sue braccia.
Nascose istintivamente il viso nell’incavo del suo collo e rimase così, nel buio, godendosi la confortante sensazione di quel corpo caldo stretto al suo.
Kurt si girò verso di lui, appoggiando la fronte contro la sua: “Posso farti una domanda?”
“Tutto quello che vuoi.” Rispose, sporgendosi per baciarlo brevemente sulle labbra.
L’altro rimase un attimo in silenzio, come per riordinare i propri pensieri: “Poco tempo dopo che ci siamo conosciuti, mi hai confessato che mi vedevi come una specie di fratellino minore. Ecco, mi piacerebbe sapere… com’è che le cose sono cambiate?”
Blaine trattenne il fiato per un secondo, spiazzato da quella domanda insolitamente diretta. Kurt sembrò avvertire il suo disagio e gli cinse le spalle con le braccia, stringendolo a sé: “Scusa, non volevo metterti in imbarazzo. Fai finta che non ti abbia chiesto niente.”
Blaine, scosse la testa, sorridendo: “Non mi hai messo in imbarazzo… è solo che non me l’aspettavo, tutto qui.”
Si mordicchiò il labbro inferiore con fare pensieroso: “Non ti so dire esattamente come tutto è cambiato, forse perché si è trattato di un processo graduale… o forse perché non c’era proprio niente da cambiare: sarei un grandissimo bugiardo se negassi che, fin dal momento in cui mi hai fermato ai piedi di quella scalinata, mi sono sentito come se fossimo inspiegabilmente legati. Però ricordo con esattezza il momento in cui mi sono accorto di quello che provavo veramente: ti va bene lo stesso?”
Kurt annuì e cominciò ad accarezzargli i capelli, come per invitarlo a parlare.
Blaine tacque per un attimo, assaporando per un attimo la sensazione delle dita di Kurt che scorrevano fra i suoi ricci, poi cominciò: “Lo sapevi che Wes e David hanno una malsana ossessione per il telefilm ‘Gilmore Girls’?”
Kurt aggrottò le sopracciglia, interdetto: “Scusami, e questo cosa c’entra?”
Blaine sospirò con rassegnazione: “Fidati: c’entra molto più di quello che potresti pensare…”
 
 
Blaine se ne stava sdraiato sul suo letto, completamente assorto nella lettura, quando la porta si spalancò di colpo, consentendo a Wes e David di fare irruzione nella sua stanza.
Sotto i suoi occhi increduli, i due si avventarono come delle furie sul telecomando, finendo per rovinare a terra in un groviglio informe di braccia e gambe.
David riuscì a liberarsi quel tanto che bastava da puntare il telecomando verso la televisione ed accenderla.
“Appena in tempo!” squittì tutto eccitato, mentre nella stanza si diffondevano le prime note della sigla di ‘Gilmore Girls’.
Blaine aggrottò le sopracciglia, contrariato: “Scusate, io qui starei leggendo!”
“Eh? Oh, sì, continua pure, non ci dai fastidio.” gli rispose Wes con aria distratta, voltandosi a malapena verso di lui.
Blaine inspirò profondamente, cercando di rimanere calmo: “Non potreste andare da qualche altra parte?”
David lo guardò con la faccia di chi è costretto a spiegare una cosa ovvia: “E dove dovremmo andare? Lo sai anche tu che la nostra televisione si è rotta.”
Blaine strinse i pugni, sull’orlo di una crisi di nervi: “La vostra televisione non
si è rotta… avete sfondato lo schermo con un mattarello mentre cercavate di ricostruire il duello fra Anakin Skywalker e Obi Wan Kenobi ne ‘La Vendetta Dei Sith’… e quando i circuiti hanno cominciato a sparare scintille, anziché prendere un estintore, avete cominciato ad urlare che era tutto più realistico perché avevate anche il vulcano!”
Wes lo squadrò, sgranando gli occhi: “Amico, dovresti fare qualcosa per i tuoi problemi di controllo della rabbia… stai diventando veramente
troppo irritabile!”
Blaine soffocò un urlo di frustrazione nel cuscino e riprese a leggere, tentando con tutte le sue forze di ignorare gli schiamazzi di Wes e David, che strillavano come due quindicenni di fronte al nuovo video di Justin Bieber.
“Ragazzi… ragazzi, potreste fare un po’ meno confusione?” chiese, sapendo bene che si trattava di una domanda retorica e che la risposta sarebbe stata un bel no.
Infatti David si voltò verso di lui con occhi luminosi: “Ma Blaine, come potremmo rimanere tranquilli?! Luke sta per capire cosa prova veramente per Lorelai!”
Blaine aggrottò le sopracciglia: “E quindi..?”
“E quindi,” proseguì Wes sbuffando “stiamo per assistere ad uno dei momenti più attesi e romantici della storia dei telefilm.”
Lo prese per un braccio e lo trascinò sul tappeto accanto a loro, costringendolo a guardare.
Blaine sbuffò sonoramente, ma venne zittito da due gomitate che raggiunsero simultaneamente le sue costole.
“Eccoci, eccoci!” mormorò David, battendo le mani.
Blaine si rassegnò a seguire i suoi amici in quel momento di follia, sapendo bene che ogni suo tentativo di opporre resistenza sarebbe stato perfettamente inutile.
L’unica alternativa a concentrarsi sull’episodio sarebbe stata fissare le crepe sul muro per i prossimi venti minuti, così decise di prestare almeno un po’ di attenzione a quello che stava guardando.
“State scherzando? Vorreste davvero farmi credere che questo tipo ha capito di essere innamorato di una donna che aveva avuto costantemente sotto gli occhi
per anni seguendo i consigli di uno stupido manuale di autosostegno? E’ semplicemente ridicolo!” si ritrovò a protestare alla fine della puntata.
Wes gli agitò un dito sotto il naso con aria di rimprovero: “Prima di definirla un’assurdità, dovresti almeno provare a rispondere alle domande del questionario… non dovresti mai permettere ai tuoi pregiudizi di parlare al posto tuo.”
Blaine alzò le mani, in segno di resa: “Se faccio questo stupido test, promettete che ve ne andrete e che mi permetterete di tornare al mio libro?”
“Lo giuriamo solennemente.” risposero i due, avvicinandosi a lui con un sorriso che non prometteva nulla di buono.
“Allora cominciate con le domande.” Sospirò, sdraiandosi sul pavimento, “Prima iniziamo, prima potrò tornare ad una vita di pace e di quiete.”
 “Le telefonate o le visite di chi non sono mai troppo lunghe?” chiese David, “Riesci a vederla?”
Blaine cominciò a ridere e protestò: “A parte il fatto che sarebbe vederlo… non vi sentite dei perfetti idioti a conoscere a memoria tutte le battute di un telefilm?.”
“Blaine… tu vuoi che noi ce ne andiamo,
vero?” intervenne Wes con voce gelida, “In questo caso sarebbe meglio che tu prendessi un po’ più sul serio l’intera faccenda.”
Blaine annuì, invitandoli a proseguire con un cenno della mano.
“Le telefonate o le visite di chi non sono mai troppo lunghe? Riesci a vederlo?” ripeté David.
L’altro chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi. Non era mai stato un amante del telefono, lo usava solamente quando era strettamente necessario. Ovviamente Kurt era un’eccezione alla regola, ma solo perché all’inizio della loro amicizia non avevano molte occasioni di vedersi e quello era l’unico modo di conoscersi, di mantenersi in contatto. Quando si era trasferito alla Dalton, tuttavia, le telefonate non avevano accennato a diminuire, anzi, si erano addirittura intensificate. Avevano davvero troppe cose di cui parlare e la pausa pranzo e i brevi intervalli fra le lezioni di certo non bastavano ad esaurire gli argomenti.
“Chi vorresti avere sempre vicino per proteggerti dalla solitudine? Riesci a vederlo?” proseguì David.
Quelle domande si stavano dimostrando sempre più inutili. Era ovvio che la risposta fosse di nuovo Kurt: era il suo migliore amico, era normale che preferisse passare il tempo con lui più che con chiunque altro.
“Quando viaggi, chi ti renderebbe il viaggio più piacevole? Riesci a vederlo?” continuò David, imperterrito.
Blaine sorrise fra sé, ripensando a quella volta in cui la macchina di Wes e David si era fermata chissà dove fra le montagne e lui e Kurt avevano dovuto accollarsi tre ore di viaggio per andare a recuperarli. Se fosse stato da solo avrebbe probabilmente passato il tempo a maledire i genitori dei suoi amici per non essere stati dei ferventi cinefili, ma per fortuna Kurt aveva accettato subito di accompagnarlo (e ancora adesso Blaine non riusciva a spiegarsi il perché di quel misericordioso atto di pietà). Avevano parlato, avevano riso e avevano cantato e quando finalmente erano arrivati Blaine si era sentito quasi dispiaciuto…
“Quando stai male, chi vorresti che ti confortasse? Riesci a vederlo?” domandò David, abbassando leggermente il tono della voce.
Di nuovo nessun dubbio: nessuno sapeva capirlo meglio di Kurt. All’inizio pensava che dipendesse solo dal fatto che erano entrambi gay e che quindi, come dire, viaggiavano sulla stessa lunghezza d’onda. Il tempo, però, gli aveva dimostrato che si sbagliava alla grande e che la loro affinità andava ben oltre la semplice condivisione di una preferenza sessuale. Kurt era un ottimo ascoltatore, sensibile e discreto, ma era anche diretto e sincero quando si trattava di dare consigli. E poi la sua presenza aveva sempre il potere di tranquillizzarlo, perfino quando brancolava nel buio più totale.
“Quando ti succede qualcosa di bello, una promozione sul lavoro, l’approvazione di un finanziamento, a chi vorresti comunicare la notizia? Riesci a vederlo?” lo interrogò David.
Blaine aggrottò la fronte: fino a poche settimane prima la risposta a questa domanda sarebbe stata sicuramente la sua famiglia. Quand’è che le cose erano cambiate? Quand’è che Kurt era diventato così importante per lui?
“Che viso ti appare davanti amico? Il viso di chi?” conclusero insieme Wes e David, le voci ormai ridotte ad un sussurro.
Sdraiato sul pavimento della sua stanza, con gli occhi chiusi, Blaine cercò la risposta a quell’ultima domanda che ancora gli risuonava nella orecchie. E scoprì che non era affatto difficile, perché c’era solo un volto che riusciva a vedere, una sola persona che riusciva ad immaginare accanto a sé.
Si sollevò a sedere di scatto, spalancando gli occhi: “Oh, cazzo… sono innamorato di Kurt!”

 
 
Kurt non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere irrefrenabilmente: “Complimenti, signor Anderson… davvero molto romantico!”
Blaine affondò la testa nel cuscino, mugugnando qualcosa di incomprensibile.
“Come hai detto, scusa?” gli chiese allegro Kurt, sdraiandosi sulla pancia e poggiando il mento sulle mani.
Blaine si sollevò, puntellandosi sui gomiti, e si voltò verso di lui: “Ho detto che se la mia storia è così scadente, puoi sempre raccontarmi la tua.”
Kurt arrossì furiosamente nel buio: non poteva raccontare a Blaine del momento in cui si era accorto dei suoi sentimenti per lui, perché quel momento non esisteva. Kurt aveva saputo fin da subito, fin dal momento in cui l’aveva fermato ai piedi della scalinata della Dalton, fin da quella corsa mano nella mano attraverso i corridoi deserti della scuola, che fra loro due ci sarebbe stato qualcosa di dannatamente speciale.
Una confessione del genere sarebbe risultata imbarazzante e presuntuosa oltre ogni dire, quindi preferì glissare: “No, la mia versione è molto noiosa e banale. Però ti posso rivelare perché ho accettato di accompagnarti a prendere Wes e David quel giorno.”
Blaine sembrò accettare di buon grado lo scambio: “Va bene, spara.”
Kurt si avvicinò al suo orecchio e bisbigliò: “Perché ci metto molto meno tempo di te a capire le cose.”
Si sdraiò di nuovo, ridacchiando soddisfatto.
Blaine scosse la testa: “Non so se sentirmi lusingato per la tua ammissione o offeso per la tua velata allusione al fatto che sono tardo.”
Kurt sorrise e lo attirò a sé: “Non prendertela, lo sai che non resisto mai alla tentazione di punzecchiare le persone, soprattutto quando si tratta di te.”
Blaine si sistemò più comodamente nel suo abbraccio e si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto: “Buonanotte, Kurt.”
Kurt lo strinse leggermente a sé e lo baciò sulla fronte: “Buonanotte, Blaine.”
 
 
Vennero svegliati bruscamente dalla suoneria dell’iPhone di Kurt.
Blaine allungò un braccio fuori dalle coperte e cercò a tentoni il telefono sul comodino. Controllò l’ora sul display e poi lo porse a Kurt, maledicendo chiunque fosse tanto incivile da chiamarli alle tre e mezza del mattino.
Kurt riemerse dal suo stato di catalessi quel tanto che bastava da accettare la chiamata e mugugnare qualcosa alla persona all’altro capo del telefono.
“Kurt…” la voce di Finn era incerta, scossa dai singhiozzi.
Kurt scattò subito a sedere come una molla e Blaine, intuendo che c’era qualcosa che non andava, si sporse di nuovo verso il comodino, stavolta per accendere l’abat-jour.
Kurt batté leggermente gli occhi per abituarli alla luce, poi tornò a dedicare la sua attenzione alla conversazione con il suo fratellastro: “Finn… Finn! Calmati. Se non mi dici cosa ti è successo non posso esserti di nessun aiuto.”
Per alcuni secondi Finn non disse niente, poi si lasciò sfuggire un singhiozzo più forte degli altri: “E’ Burt… tuo padre…”
Kurt si lasciò sfuggire il telefono di mano e nella sua testa tutto divenne nero.


Ringrazio sentitamente Mery (aka erienne1983) per avermi suggerito l'escamotage dell'episodio di 'Gilmore Girls'... non fosse stato per lei sarei stata ancora lì in cerca di un film/telefilm adatto al momento XD

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Capitolo 13
*** Tredicesimo Capitolo ***


Se non ci fosse stato Blaine con lui quella sera, Kurt non avrebbe davvero saputo come fare.
Fu Blaine a recuperare velocemente il telefono e a farsi spiegare per filo e per segno la situazione da Finn.
Si fermò per un attimo, indeciso, con le chiavi dell’auto di Kurt in mano, poi le posò sulla scrivania e afferrò il suo telefono.
“Mh… rontooo?” farfugliò Wes, ancora decisamente addormentato.
“Wes,” lo chiamò con urgenza, “svegliati, mi serve il tuo aiuto!”
Wes si riscosse velocemente, sollevandosi a sedere e accendendo la luce: “Blaine! Ti è successo qualcosa?”
“No, io sto bene.” lo rassicurò subito l’altro.
“Si tratta del papà di Kurt. Ha avuto un infarto ed è stato ricoverato d’urgenza in ospedale.” aggiunse poi, abbassando la voce e gettando uno sguardo nervoso verso il ragazzo, che non si era ancora mosso di un millimetro.
“Di cosa avete bisogno?” chiese subito lui. Negli ultimi mesi si era affezionato davvero molto a Kurt ed era più che deciso a fare tutto quello che poteva per aiutarlo.
Blaine sospirò, leggermente rassicurato dal fatto di avere qualcuno che lo aiutasse a gestire la situazione: “Abbiamo bisogno di un passaggio: guiderei io, ma preferisco tenere d’occhio Kurt. Ti dispiacerebbe..?”
“Dammi cinque minuti.” tagliò corto l’altro, attaccandogli praticamente il telefono in faccia.
David si era svegliato e lo stava fissando con aria preoccupata: “Che succede?”
Wes gli lanciò una felpa, invitandolo tacitamente a vestirsi: “Blaine e Kurt hanno bisogno di noi. Ti spiego strada facendo.”
David non ebbe bisogno di sentire altro: si vestirono velocemente e uscirono di corsa dalla stanza.
 
 
Il viaggio verso l’ospedale di Lima sembrava non dovesse finire mai. Kurt si era rinchiuso in un silenzio impenetrabile e le uniche cose che Blaine poteva fare erano stringerlo fra le braccia e mormorargli all’orecchio sciocchezze senza senso, tentando disperatamente di oltrepassare il muro che l’altro aveva eretto attorno a sé.
Quando arrivarono a destinazione, Kurt sembrò improvvisamente riscuotersi dal suo torpore e si lanciò praticamente fuori dalla macchina.
Blaine si lasciò sfuggire un’imprecazione e si voltò verso Wes e David: “Grazie mille del passaggio.”
Wes scosse la testa: “Non dirlo nemmeno per scherzo. Facci solo sapere se hai bisogno di qualcosa.”
Blaine annuì e scese dall’auto, gettandosi sulle tracce di Kurt: lo trovò al banco dell’accettazione, che stava urlando qualcosa ad un’infermiera.
Quando lo vide entrare nella stanza, Kurt gli si lanciò praticamente addosso, aggrappandosi freneticamente alla sua maglia: “Blaine, aiutami!”
Kurt lo stava guardando con così tanta disperazione e con una tale, assoluta fiducia, che Blaine sentì quasi il suo cuore spaccarsi in due. Gli circondò le spalle con un braccio e lo guidò di nuovo verso il bancone.
Si rivolse all’infermiera con il sorriso educato che aveva sempre avuto il potere di renderlo istintivamente simpatico alle persone adulte: “Buonasera, stavamo cercando Burt Hummel… ci hanno detto che è stato ricoverato qui.”
L’infermiera non poté fare a meno di sorridergli di rimando: “Controllo subito. Voi sareste..?”
“I figli.” rispose prontamente Blaine, consapevole che la donna non avrebbe mai fornito delle informazioni riservate a qualcuno estraneo al nucleo familiare.
La donna effettuò un veloce controllo sul suo computer: “Vostro padre si trova ancora in sala operatoria. Potete aspettare nella sala d’attesa al primo piano: non appena avranno notizie, i medici vi informeranno immediatamente.”
Blaine la ringraziò per la sua disponibilità e guidò gentilmente Kurt verso gli ascensori. Quando le porte si chiusero, Kurt scoppiò improvvisamente in singhiozzi.
Blaine lo fissò costernato per un secondo, poi gli prese il viso fra le mani, costringendolo con delicatezza a guardarlo negli occhi: “Kurt… ascoltami. Andrà tutto bene, ok? Io non ti lascio, rimango qui con te, ma devi essere forte per tuo padre e per Carole.”
Kurt tirò su col naso e sorrise debolmente: “Evidentemente non conosci Carole… probabilmente avrà già messo a ferro e fuoco tutto il reparto di chirurgia.”
Quando le porte dell’ascensore si aprirono, Kurt venne investito da una specie di fiume in piena: “Tesoro, sei arrivato! Ero così preoccupata… avevo paura che ti succedesse qualcosa durante il tragitto. Avrei dovuto chiamarti io!”
Kurt sciolse con gentilezza l’abbraccio in cui Carole l’aveva stretto e le chiese immediatamente informazioni sull’accaduto: “Cos’è successo? Come sta papà?”
Il viso di Carole si incupì leggermente, ma la sua voce rimase salda: “Tuo padre si è sentito male poco dopo mezzanotte. Abbiamo chiamato subito il 911 e i medici ci hanno detto che si è trattato di un altro attacco di cuore.”
“Ma come sta adesso?” chiese Kurt afferrandola per le braccia, con una nota di panico nella voce.
Blaine si fece avanti, posandogli delicatamente una mano sulla spalla: “Calmati, Kurt. Dalle il tempo di spiegarti.”
Kurt alzò lo sguardo su di lui, mortificato: “Hai ragione. Scusami, Carole.” mormorò poi contrito alla donna.
Lei lanciò un’occhiata incuriosita al ragazzo con i capelli scuri, ma tornò immediatamente a concentrare la sua attenzione sul suo figliastro: “I medici non hanno ancora saputo dirmi nulla. Al momento tuo padre è ancora in sala operatoria, quindi non ci resta che aspettare.”
La mano di Kurt cercò istintivamente quella di Blaine, che intrecciò saldamente le dita alle sue.
Carole sgranò leggermente gli occhi, stupita, ma proprio in quel momento le porte dietro di loro si aprirono e tutto il resto venne dimenticato.
“La signora Hummel?” chiese il medico a Carole. La donna annuì in silenzio, invitandolo tacitamente a proseguire.
“L’operazione si è conclusa senza intoppi,” li informò il chirurgo con tono professionale, “però per sciogliere la prognosi dovremo aspettare che suo marito si svegli.”
Blaine guidò con delicatezza Kurt verso una fila di sedie, mentre Carole chiedeva ulteriori informazioni al dottore.
I due ragazzi si sedettero vicini e Kurt si sporse verso Blaine, appoggiandosi contro di lui. Dopo un minuto di silenzio, Kurt si lasciò sfuggire: “Non posso farcela… se gli succedesse qualcosa…”
La sua voce si incrinò e Blaine gli circondò le spalle con un braccio, stringendolo a sé. Rimasero seduti in silenzio per alcuni minuti, poi vennero raggiunti da Carole: “Tesoro, sto andando alla caffetteria a recuperare Finn… l’ho spedito in cerca di cibo per evitare che scavasse un solco sul pavimento della sala d’attesa. Volete che vi porti qualcosa?”
Entrambi i ragazzi scossero la testa, mormorando dei ringraziamenti. Carole rivolse loro un sorriso e si diresse verso l’ascensore.
 
 
Finn sedeva ad un tavolo della caffetteria, praticamente deserta a causa dell’ora tarda. Quando vide sua madre avvicinarsi, si alzò frettolosamente in piedi, con un’espressione ansiosa stampata sul volto.
Carole gli accennò di tornare a sedersi e si accomodò di fronte a lui.
“Come sta Burt?” chiese Finn, dimenandosi a disagio sulla sedia.
Sua madre sospirò, evidentemente preoccupata, e mise al corrente il ragazzo di quello che le aveva riferito il medico.
“Oh.” rispose soltanto Finn, maledicendosi per la sua incapacità di essere di sostegno alla donna proprio nel momento di maggior bisogno. Per lui era sempre stato difficile trovare le parole giuste, ma non gli era mai pesato così tanto fino a quel momento.
“E’ arrivato anche Kurt.” lo informò Carole, ben sapendo quanto suo figlio fosse preoccupato per il fratellastro.
Finn scattò in piedi, come per correre da lui, ma Carole tornò a fermarlo con un cenno: “Siediti, tesoro… credo che Kurt in questo momento abbia tutto ciò di cui ha bisogno.”
Un raro lampo di comprensione attraversò immediatamente gli occhi di Finn: “Oh, certo. Dovevo immaginare che Blaine lo avrebbe accompagnato.”
Sua madre scrollò le spalle: “Non mi sono presentata… non mi sembrava esattamente il momento giusto.”
L’altro le lanciò uno sguardo eloquente: “Fidati, si tratta di lui. Qualunque cosa accada a Kurt, fosse anche solo una macchia sul suo maglione preferito, puoi essere sicura che Blaine si precipiti in suo aiuto nel giro di mezz’ora al massimo. Se Kurt sta male, Blaine c’è: è una cosa così evidente che l’ho capita perfino io.”
Senza contare il fatto che erano insieme quando li ho chiamati, pensò Finn, considerando, però, che forse sarebbe stato meglio tenere per sé quest’informazione di carattere pratico.
“Quindi è il ragazzo di Kurt?” chiese Carole, incuriosita. Si era affezionata molto a Kurt, che oramai considerava come un figlio suo, e aveva sempre sperato che trovasse qualcuno che lo amasse come meritava.
Finn aggrottò la fronte, incerto: “Non ne sono esattamente sicuro… l’ultima volta che li ho visti non stavano ancora insieme, ma, visto che Blaine gli ha fatto quella serenata nel bel mezzo del ristorante, credo proprio che…”
Si rese conto di aver detto troppo solo quando vide la madre portarsi una mano alla bocca, commossa: “Mi stai dicendo che quel ragazzo si è alzato in piedi in una sala piena di persone e ha cantato una canzone per Kurt?”
Finn si mosse a disagio sulla sedia, fissando con un certo grado di apprensione gli occhi lucidi della donna: “Ehm, più o meno… in realtà ha suonato anche la chitarra…”
Carole emise uno squittio deliziato e si strinse le mani al petto: “E’ la cosa più romantica che abbia mai sentito!”
Il ragazzo roteò gli occhi al cielo, infastidito: “Ancora?! Anche Rachel ha detto la stessa cosa! Onestamente, non mi sembra…”
L’altra lo zittì con un gesto deciso della mano: “Tesoro, hai lasciato Rachel per tornare con la ragazza che si è fatta mettere incinta da un altro e ti ha fatto credere di essere il padre del bambino… francamente non hai voce in capitolo!”
Finn alzò le mani in segno di resa e si alzò per ordinare un altro caffè.
Carole rimase seduta al tavolo, mordicchiandosi pensierosa le labbra. Quando la situazione si fosse calmata, avrebbe decisamente dovuto scoprire qualcosa di più… ancora non sapeva da dove saltasse fuori questo Blaine, ma una cosa era certa: se le parole di Finn corrispondevano a verità, sapeva già che l’avrebbe adorato.

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Capitolo 14
*** Quattordicesimo Capitolo ***


Kurt cercò inutilmente di lottare contro il sonno, ma alla fine la stanchezza e lo stress accumulati nel corso della nottata ebbero la meglio e il ragazzo si addormentò contro la spalla di Blaine, che lo fece scivolare con cautela in modo che appoggiasse comodamente la testa sulle sue gambe.
Quando cominciò ad accarezzargli i capelli, Kurt mormorò e si mosse leggermente e Blaine sorrise, consapevole che se l’altro fosse stato sveglio non gli avrebbe mai permesso di rovinare la sua preziosissima acconciatura.
Improvvisamente provò la sensazione di essere osservato e, a malincuore, si costrinse ad alzare lo sguardo dal volto rilassato di Kurt.
Carole lo stava fissando con una strana espressione concentrata sul volto. Quando si accorse di aver attirato la sua attenzione, gli si avvicinò sorridendo: “Tu devi essere Blaine.”
Il ragazzo annuì, chiedendosi come facesse la donna a sapere il suo nome.
Carole sembrò intuire il corso dei suoi pensieri e gli spiegò con un gesto noncurante: “Finn.”
Blaine annuì e sorrise timidamente, sentendosi improvvisamente in soggezione. Era sempre stato bravo a relazionarsi con le persone adulte, ma i genitori di Kurt… beh, quella era decisamente tutta un’altra storia e lui non riusciva a fare a meno di sentirsi decisamente nervoso.
I palmi delle sue mani stavano ormai cominciando a sudare in maniera incontrollabile, quando finalmente Carole si decise di nuovo a parlare: “Blaine, so che non ci hanno ancora presentati ufficialmente… ma potrei farti una domanda?”
“Rispondile di no!” gli sussurrò una vocina, che somigliava sospettosamente a quella di Wes. Ciononostante, si ritrovò ad annuire meccanicamente, pregando tutti i santi del Paradiso che la donna non se ne uscisse con qualcosa di dannatamente imbarazzante.
Lei lo fissò per un secondo, poi sganciò la bomba: “Sei innamorato di Kurt, vero?”
Blaine spalancò la bocca, disperatamente in cerca di qualcosa di intelligente da dire (una battaglia che sarebbe stata persa in partenza anche in condizioni decisamente più favorevoli). Avendo fallito miseramente nell’impresa, si limitò a balbettare che sì, stava uscendo con Kurt, blaterando poi qualcosa che somigliava sospettosamente a “La prego, prima di dirlo a suo marito nasconda il fucile”.
Carole lo fissò sconcertata per un attimo, poi si trovò a ridacchiare: “Tesoro, calmati: nessuno ha intenzione di spararti.”
“Almeno per il momento…” rettificò poi fra sé e sé.
Il ragazzo tirò un lungo sospiro di sollievo e alzò di nuovo lo sguardo sulla matrigna di Kurt, che lo stava ancora osservando con un’espressione divertita negli occhi.
“Comunque non ti ho chiesto se state uscendo insieme…” si affrettò a precisare la donna, le labbra incurvate in un sorriso malizioso, “Ti ho chiesto se sei innamorato di lui.”
Il blackout del suo cervello fu così totale che Blaine si convinse di stare sperimentando un’esperienza di premorte. La sua bocca si aprì un paio di volte (“Chiaramente gli ultimi spasmi muscolari prima di una completa dipartita” si ritrovò a pensare), ma non ne uscì nemmeno una parola di senso compiuto.
Carole si sedette al suo fianco e scostò con delicatezza i capelli dalla fronte di Kurt, poi tornò a dedicargli tutta la sua attenzione: “Mi spiace, non volevo metterti in difficoltà con la mia domanda leggermente indiscreta e Kurt mi ucciderebbe se venisse a sapere che ti ho chiesto una cosa del genere, ma…”
“Sì,” la interruppe bruscamente Blaine, “lo sono.”
“Bell mossa, genio!” lo apostrofò un’altra vocina, questa volta dannatamente simile a quella di David.
Inaspettatamente, la donna di fronte a lui si lasciò sfuggire uno squittio deliziato: “Lo sapevo! Voglio dire, lo avrebbe capito chiunque dopo aver visto come lo guardavi poco fa, ma ho pensato che non guastasse chiedere.”
Blaine si lasciò sfuggire un grugnito frustrato e si battè forte il palmo della mano sulla fronte: “E’ davvero così ovvio?”
“Abbastanza, caro, ma non ci pensare.” lo consolò Carole, affibbiandogli una piccola pacca solidale sulla spalla, poi proseguì: “Sai, sono sposata con Burt da soli due mesi, ma mi sono davvero affezionata molto a Kurt. E’ sempre stato molto dolce con me e a volte vorrei riuscire a fare qualcosa di più per lui.”
L’altro inclinò leggermente il capo, aggrottando la fronte in un’espressione interrogativa.
Carole sospirò, cercando di spiegarsi meglio: “Vedi, Kurt è sempre gentile e disponibile con tutti, ma quando qualcuno cerca di avvicinarsi a lui sembra ritirarsi in se stesso… non che si comporti in maniera scortese o sgarbata, diventa semplicemente distante. Sembra quasi che non riesca a fidarsi di nessuno al punto da lasciargli capire cosa c’è davvero dietro la facciata.”
Blaine annuì, ricordando quanto gli ci era voluto per convincere il ragazzo a smetterla di comportarsi come se si aspettasse da un momento all’altro che lui scomparisse o lo allontanasse in una qualche maniera.
“Proprio per questo mi sono stupita quando vi ho visti insieme.” proseguì Carole, “Voglio dire, guardalo! Di solito quando dorme ha sempre un’espressione corrucciata e si agita costantemente…  invece adesso se ne sta lì, acciambellato sulle tue ginocchia, nel bel mezzo della sala d’attesa di uno degli ospedali che odia tanto, e sembra la persona più serena che esista al mondo.”
Blaine appoggiò con un sorriso la testa sul muro alle sue spalle e chiuse gli occhi, cercando di articolare una risposta coerente nonostante la stanchezza e l’imbarazzo: “Vede, quando ho incontrato Kurt, lui era alla disperata ricerca di aiuto… il fatto che mi trovassi ai piedi di quella scalinata in quell’esatto momento è stato un vero e proprio miracolo. Se gli chiedesse come ci siamo conosciuti, lui comincerebbe a tessere le mie lodi e le ripeterebbe fino allo sfinimento quanto mi è grato per averlo salvato dall’inferno che stava attraversando, ma in un certo senso è stato lui a salvare me: la verità è che mi stavo in qualche modo perdendo e… non lo so, vorrei solo che si rendesse conto di tutto quello che ha fatto per me.”
Carole rimase in silenzio per un attimo, poi posò una mano sulla sua e gliela strinse leggermente: “Hai mai pensato di dirglielo tu stesso?”
Il ragazzo scosse il capo, scartando immediatamente l’idea: “Kurt ha già la sua buona dose di problemi, sarebbe egoistico chiedergli di farsi carico anche dei miei.”
L’altra lo fissò preoccupata, aggrottando la fronte: “Lungi da me farti una predica sul modo corretto di gestire una relazione, ma non pensi che sarebbe meglio essere sinceri? Kurt è molto più forte di quello che sembra… si merita almeno una possibilità.”
Blaine stava per ribattere che non era abituato ad avere qualcuno che si prendesse cura di lui, quando la porta del reparto si spalancò all’improvviso.
Il medico si diresse verso di loro con un ampio sorriso: “Signora Hummel, buone notizie! Suo marito si è svegliato.”
 
 
Non appena vide suo padre, Kurt volò praticamente attraverso la stanza, i piedi che a malapena toccavano il terreno. Si ricordò giusto in tempo delle sue condizioni e si trattenne dallo stritolarlo in un abbraccio che avrebbe finito per procurargli l’ennesimo infarto (se non altro per l’imbarazzo).
Burt tese una mano verso il ragazzo e gli fece cenno di sedersi al suo fianco sul letto, poi rivolse un sorriso alla moglie e a Finn, che se ne stava in un angolo, enormemente a disagio.
Carole si chinò a baciare l’uomo sulla fronte e gli posò affettuosamente una mano sulla guancia: “Come ti senti, tesoro?”
Burt si lasciò sfuggire un grugnito contrariato: “Sto alla grande! Questi dottori stanno facendo una tragedia per un nonnulla!”
“Papà, hai appena avuto un infarto…” gli fece notare Kurt, stringendo gli occhi in due fessure.
Burt grugnì di nuovo, roteando esasperato gli occhi. Stava per ribadire quanto trovava eccessiva la preoccupazione dei medici, quando si rese conto che suo figlio sembrava decisamente sull’orlo del pianto e che si stava mordendo furiosamente il labbro inferiore per non farsi sfuggire un singhiozzo.
A quel punto le parola gli morirono in gola e si ritrovò ad unirsi a Finn nella rituale danza dell’imbarazzo, che li faceva muovere costantemente come se si trovassero seduti sui carboni ardenti. Dopo pochi secondi Kurt cominciò a singhiozzare apertamente e il padre, che quando si trattava di emozioni non sapeva davvero che pesci prendere, si voltò verso Carole.
Lei gli rivolse un cenno perentorio con il capo, esortandolo con estrema gentilezza a fare qualcosa.
Burt, decisamente a disagio, posò goffamente la mano sulla spalla del ragazzo e cominciò ad assestargli delle leggere pacche sulla spalla: “Su, su… in fondo non è successo niente… no?”
Kurt cominciò a singhiozzare ancora più forte: “N-non è successo n-n-niente?! Potevo r-rimanere orfano e tu d-dici che non è successo n-niente?!”
L’uomo si voltò spaesato verso la moglie, in cerca di sostegno. Lei per tutta risposta gli lanciò uno sguardo che non prometteva nulla di buono e corse ad abbracciare il figliastro: “Tesoro, non ti preoccupare, andrà tutto bene. Tuo padre non voleva certo sminuire l’ansia che ci ha praticamente devastato nel corso delle ultime ore… sarebbe estremamente stupido eirrispettoso da parte sua!” concluse minacciosa.
Finn si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito che gli valse un’occhiataccia da parte della madre.
Carole tornò a dedicare tutta la sua attenzione a Kurt e gli circondò le spalle con un braccio, guidandolo verso la porta.
“Ehi, dove lo stai portando?” protestò Burt, indeciso se sentirsi triste per l’allontanamento del figlio o sollevato per essere uscito da una situazione problematica.
La moglie si voltò di scatto, incenerendolo con lo sguardo: “Lo porto da Blaine, che ha una maturità emotiva superiore a quella di un cucchiaino e che si merita davvero la presenza di Kurt.”
Detto ciò, uscì a passo di marcia dalla stanza, trascinandosi dietro il ragazzo.
I due uomini restarono paralizzati per un lungo secondo, con la bocca leggermente aperta in un’espressione di stupore. Finn fu il primo a riscuotersi e a protestare, in tono vagamente risentito: “Ehi… cosa cavolo c’entro io?”
Burt invece aveva ben altri pensieri per la testa: “Chi diavolo sarebbe questo Blaine?! Spiegamelo immediatamente!”
Finn scosse la testa con un’espressione di orrore dipinta sul volto: “Oh no, uccidetemi… uccidetemi subito!”

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Capitolo 15
*** Quindicesimo Capitolo ***


“Allora, Finn…” proseguì Burt, scrutandolo con fare inquisitorio, “Vuoi spiegarmi chi diavolo sarebbe questo Blaine?”
Finn cominciò ad oscillare sul posto, emettendo una serie di suoni incomprensibili e cercando una scusa plausibile per evitare il confronto, anche se si rendeva perfettamente conto che il padre di Kurt non avrebbe mollato la presa nemmeno se lo avesse visto cadere vittima di un aneurisma (circostanza che peraltro non gli sembrava poi così improbabile… non credeva che il suo cervello sarebbe riuscito a sopportare quello stress da superlavoro).
“Sto aspettando una risposta.” lo incalzò Burt, cercando di sollevarsi a sedere per sembrare più autorevole.
Finn, una volta tanto, scelse la via della saggezza e decise di rimanere sul vago, limitandosi a fornire una serie di informazioni neutre: “Blaine è un compagno di Kurt. L’ha aiutato molto nel suo periodo di inserimento alla Dalton e sono diventati ottimi amici.”
Il ragazzo si accarezzò mentalmente la testa, complimentandosi per la risposta a prova di bomba che aveva appena elaborato. Forse il suo cervello non era completamente da buttare…
“Al punto da scapicollarsi nel cuore della notte al capezzale di un perfetto sconosciuto?”
… o forse era il caso di affrettarsi a sganciarlo nel sacchetto dell’umido: il camion della raccolta differenziata sarebbe passato l’indomani e lui stava cominciando a sviluppare un forte senso civico.
“Per caso quei due dividono la stanza?” continuò imperterrito Burt, evidentemente deciso a prenderlo per sfinimento.
“Dio, no!” rispose Finn, senza pensare, “Non possono stare nella stessa stanza, sarebbe sconveniente!”
“Ah-ah!” esultò mentalmente l’altro, deciso più che mai a non mollare.
Il ragazzo, dal canto suo, si accorse della gaffe e cominciò a parlare a raffica nel tentativo di giustificarsi: “Cioè… loro… lui… insomma… quello che intendevo… ecco, potremmo anche dire che Blaine è… non so, tipo…”
La mano di Burt scattò e lo afferrò per il bavero, costringendolo a chinarsi verso il letto.
“… gay?” squittì Finn, con un filo di voce.
“Quindi mi stai dicendo che mio figlio si è precipitato qui nel cuore della notte con un ragazzo mai visto prima, ma che ha un fortissimo legame con lui e che per di più è gay?!” ruggì l’uomo.
“Beh, se sei davvero intenzionato a mettermi in bocca parole che non ho detto…” balbettò Finn, cercando con tutte le sue forze di non mettersi a piagnucolare come una ragazzetta in preda ad una crisi isterica.
Per sua fortuna Carole scelse proprio quel momento per entrare nella stanza e Burt mollò la presa, assumendo un’aria vagamente colpevole.
“Burt…” sibilò la donna, gli occhi ridotti praticamente a due fessure, “Ti stavi per caso accingendo a strangolare mio figlio?”
“Grazie a Dio!” mormorò Finn, lasciandosi cadere pesantemente su una sedia.
“Ma… ma nessuno mi dice mai niente qui!” protestò Burt, mettendo il broncio come un bambino di cinque anni.
“Hai mai pensato che potrebbe dipendere dal fatto che, quando la gente lo fa, tu la minacci di morte?” gli fece notare la moglie con un velo di sarcasmo.
L’uomo cominciò a fissarsi le ginocchia con fare contrito: “Voglio solo essere sicuro che questo tizio con un nome assurdo non si stia approfittando di mio figlio… lo sai anche tu che è un ragazzo vulnerabile e…”
“Nessuno si sta approfittando di Kurt, tesoro.” lo interruppe bruscamente la moglie, “Blaine è un ragazzo assolutamente adorabile e stravede per Kurt. Fine del discorso. Comunque non ti preoccupare… ho tutta l’intenzione di invitarlo a cena non appena verrai dimesso dall’ospedale.”
Burt borbottò qualcosa che suonava decisamente come una minaccia, ma, quando Carole si voltò verso di lui, si affrettò a rivolgerle un sorriso smagliante: “Credimi, non vedo proprio l’ora!”
 
 
 
Kurt si lasciò cadere sul letto con un sospiro: “Oddio, non ho mai amato tanto un mobile in tutta la mia vita… anzi, gli sono così grato che da oggi ti vieto formalmente di saltarci sopra!”
Blaine lo squadrò con un’espressione di totale smarrimento dipinta sul volto: “Mi spieghi perché diavolo dovrei mettermi a saltare sul tuo letto?”
L’altro gli restituì lo sguardo, inarcando un sopracciglio: “Ti prego… vorresti davvero farmi credere che sei totalmente incosciente della tua mania di scalare tavoli e divani come se fossero delle montagne e tu un aspirante alpinista?”
Il ragazzo arrossì violentemente: “Ne abbiamo già parlato, mi sembra! Si trattava solamente di un’esigenza scenica… da come parli sembra che io non faccia altro che saltare sopra ogni pezzo d’arredamento che intralci il mio cammino!”
Kurt si limitò a lanciargli uno sguardo scettico: “Se lo dici tu…”
“E va bene!” sbottò Blaine, incrociando le braccia, “Tieniti pure ben stretto il tuo stramaledettissimo letto! Vorrà dire che dormirò sul divano… da solo!”
Kurt ridacchiò e si sporse verso di lui, afferrandolo per la manica della felpa: “Smettila di essere così melodrammatico, quella è una cosa che spetta a me.”
Blaine finse di opporre resistenza per qualche secondo, poi si lasciò trascinare sulle coperte e si sdraiò accanto al suo ragazzo, sbuffando sonoramente: “Spero ti sia chiaro che se mi sono sdraiato è solo perché sono praticamente distrutto e che questo non significa minimamente che ti ho perdona..!”
Il suo sproloquio venne interrotto dalle labbra di Kurt, che si posarono con gentilezza e fermezza sulle sue. E come ogni volta, Blaine smise semplicemente di pensare e si immerse completamente in quel mare di sensazioni travolgenti ed assolute che lo investivano ogni volta che le sua bocca incontrava quella di Kurt.
La sua mano scivolò istintivamente sul fianco dell’altro ragazzo e le sue dita si trovarono a sfiorare la pelle nuda al di sotto del suo maglione. Lo sentì trattenere bruscamente il respiro contro le sue labbra e per un attimo rimase immobile, congelato, timoroso di essere andato troppo oltre.
Dopo alcuni interminabili secondi, però, sentì i muscoli tesi di Kurt rilassarsi contro il palmo della sua mano, che fece scivolare con titubanza fino al centro della sua schiena, usandola per attirare l’altro a sé, facendo aderire completamente i loro corpi l’uno all’altro.
C’era qualcosa di nuovo e di strano e di splendido e di terrificante nel modo in cui le loro lingue si stavano accarezzando, una lentezza e una meticolosità che sembravano quasi voler spingere l’altro a implorare per avere qualcosa di più.
E Blaine si accorse che in un certo senso lo stava già facendo, stava già implorando, perché dalla sua gola si era levato una sorta di brontolio sommesso e la sua mano libera si era fatta strada fino alla nuca di Kurt, le sue dita erano affondate nei suoi capelli e tutto quello che riusciva a pensare (non che si trattasse propriamente di un pensiero coerente) era che lo voleva ancora più vicino, che voleva sentirlo ancora più suo.
Socchiuse leggermente gli occhi per studiare il volto dell’altro ragazzo e lo vide lì, con gli occhi chiusi, totalmente rilassato e fiducioso. Fu proprio questo a riportarlo bruscamente alla realtà e a spingerlo ad allontanarsi di scatto, respirando affannosamente.
“Blaine..?” Kurt lo stava fissando con un’espressione interrogativa e leggermente ferita: “C’è qualcosa che non va? Ho fatto qualcosa che..?”
Blaine gli posò velocemente una mano sulle labbra: “Non dirlo nemmeno per scherzo! Tu non hai fatto niente di male, anzi… forse il problema è che hai fatto l’esatto contrario. Credo di essermi lasciato un po’… trascinare dalla situazione, ecco.”
Il ragazzo scosse la testa e aggrottò leggermente la fronte: “Non capisco, ci stavamo semplicemente baciando. E’ una cosa che abbiamo fatto altre volte, mi pare.”
Blaine si lasciò sfuggire un mugolio di frustrazione: certe volte avere a che fare con Kurt ti portava in delle situazioni decisamente troppo imbarazzanti.
Seppellì il viso fra le mani per nascondere il rossore e pensò a come spiegarsi in maniera più chiara, evitando contemporaneamente di fare la figura del pervertito (Dio solo sapeva quanto fossero alte le aspettative del suo ragazzo in fatto di romanticismo e corteggiamento): “Kurt, tu sai che non ti farei mai del male, vero? Che non cercherei mai di farti fare qualcosa che non vuoi.”
L’altro annuì con un’espressione seria, non riuscendo ancora a capire dove stava cercando di andare a parare Blaine.
“Diciamo che, nonostante i miei buoni propositi, quando mi capita di trovarmi in determinate situazioni con te, tendo a perdere il controllo e mi capita di pensare e di volere cose per cui entrambi non siamo ancora pronti.”
Kurt lo fissò per un momento con uno sguardo vacuo, poi sgranò gli occhi in un lampo di comprensione, arrossendo come mai in vita sua: “Oh… oh! Beh, grazie… suppongo?”
Blaine si lasciò cadere all’indietro sui cuscini, coprendosi il volto con le mani. Dopo alcuni secondi di incertezza, sentì Kurt rannicchiarsi al suo fianco, la testa affondata nella sua spalla, e si rilassò lentamente, lasciando scivolare via le ultime schegge di imbarazzo e di disagio.
Senza nemmeno pensarci, fece scivolare di nuovo le dita fra i capelli dell’altro e cominciò ad accarezzarli dolcemente.
Sentì Kurt sollevare la testa e aprì gli occhi per incontrare il suo sguardo, ma quello che vi lesse lo spaventò un po’, perché sembrava quasi che il ragazzo stesse combattendo per trovare la forza di dirgli qualcosa che sapeva non gli sarebbe piaciuta.
“Blaine,” sussurrò Kurt, mordicchiandosi leggermente il labbro inferiore, “posso dirti una cosa?”
L’altro si irrigidì, ma si costrinse a sbuffare: “Da quando in qua hai bisogno di chiedere il permesso per parlarmi di qualcosa?”
Kurt abbassò lo sguardo e cominciò a giocherellare con l’orlo della sua manica: “Diciamo che sono ragionevolmente convinto che quello che ti dirò non ti piacerà.”
“Lo sospettavo.” sospirò Blaine. Gli fece cenno di proseguire e, senza nemmeno rendersene conto,  incurvò leggermente le spalle, in attesa.
Kurt poggiò la fronte contro la sua spalla e chiuse gli occhi: “Ho deciso di tornare alla Mc Kinley.”

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Capitolo 16
*** Sedicesimo Capitolo ***


“Cosa?” Blaine lo stava fissando con espressione vuota, come se non riuscisse a capire appieno il significato delle parole che Kurt gli aveva appena detto.
Il ragazzo sospirò e allungò una mano per accarezzargli un braccio, ma l’altro si alzò di scatto, allontanandosi da lui.
“Ti prego… non reagire così.” lo supplicò Kurt, cercando di afferrarlo per un braccio.
“Così come?” lo apostrofò Blaine, alzando sensibilmente il tono di voce e allontanandosi ancora di più dal letto, “Come se il mio ragazzo mi avesse appena detto che ha intenzione di tornare in un posto che l’ha quasi ucciso?! Mi spiace, ma non riesco a restarmene qui tranquillo mentre tu cerchi di farti ammazzare senza motivo!”
“Pensi davvero che non sia assolutamente terrorizzato all’idea di tornare alla McKinley?” sibilò Kurt, cominciando a perdere decisamente la pazienza, “Pensi che mi piaccia l’idea di dover controllare dieci volte prima di attraversare un corridoio? Pensi che non veda l’ora di essere spintonato contro gli armadietti e di tornare a casa ogni giorno con un livido nuovo? E’ questo che pensi?!”
Blaine si avvicinò e gli prese una mano fra le sue, cercando di controllarsi: “E allora spiegami, perché proprio non capisco… non ti trovi bene alla Dalton? E’ successo qualcosa di cui non mi hai parlato?”
I suoi occhi adesso lo scrutavano carichi di apprensione e Kurt non poté fare a meno di sorridergli e di sporgersi per baciarlo brevemente sulle labbra: “La Dalton è un paradiso, dico davvero, e non mi passerebbe nemmeno per l’anticamera del cervello di lasciarla se non ci fossi costretto. Per la prima volta nella vita mi sono sentito completamente accettato per quello che sono.”
L’altro tornò a sedersi e alzò lo sguardo su di lui, in una richiesta muta di spiegazioni. Kurt sospirò e tentò di rispondere alla sua domanda inespressa: “Come ben sai, papà e Carole hanno dovuto rinunciare al loro viaggio di nozze per raccogliere i soldi sufficienti ad iscrivermi alla Dalton… e anche così ce l’hanno fatta a stento. Come pensi che se la caverebbero adesso che devono pagare anche le spese per il ricovero? Non posso permettere a papà di sottoporsi a turni massacranti solo per tenermi al sicuro da Karofsky: finirebbe di nuovo in ospedale nel giro di una settimana e io non riuscirei mai a perdonarmelo. Ora capisci perché non posso restare?”
Blaine annuì e chinò la testa, cercando di dire quello che gli passava per la testa senza fare la figura del perfetto imbecille e senza assumere il tono petulante di un bambino di cinque anni: “Il fatto è che non so proprio come farò a stare senza di te, Kurt. Mi sono comportato come un idiota e ci ho messo una vita a capire cosa provavo davvero per te, perché ero tutto preso da questa faccenda del mentore e adesso sembra quasi che il karma stia cercando di punirmi.”
Il cuore di Kurt si fermò per un attimo, tentando in tutti i modi di non sciogliersi in una poltiglia informe sul pavimento: Blaine Anderson sapeva decisamente cosa dire per arrivare al cuore di un ragazzo. Si inginocchiò accanto a lui sul letto e lo strinse e Blaine lasciò scivolare la testa sulla sua spalla con un sorriso soddisfatto.
“E’ tutto a posto fra di noi, vero?” chiese Kurt incerto. Sentì Blaine annuire e strofinare le labbra contro il suo collo in un gesto affettuoso.  All’improvviso però l’altro si irrigidì e si allontanò da lui.
Kurt lo osservò per un paio di secondi aprire e chiudere la bocca come un pesce rosso troppo cresciuto, poi si decise ad interrompere il suo stato di trance: “Blaine… hai appena avuto una rivelazione mistica sconvolgente di cui dovresti rendermi partecipe?”
Blaine spostò lo sguardo su di lui, gli occhi leggermente sgranati: “Ti sei dimenticato di un piccolo dettaglio, Kurt… se tu torni alla McKinley adesso, significa che alle Regionali saliremo sul palco come avversari!”
Kurt spalancò la bocca come per dire qualcosa, ma la richiuse bruscamente: gareggiare contro Blaine era qualcosa che decisamente non aveva messo in conto…
 
 
Seduto sul pullman che stava portando i Warblers alle Regionali, Blaine stava per la prima volta comprendendo appieno il significato della parola nervosismo. Dopo averlo visto cambiare posizione sul sedile per la centocinquantesima volta, David sembrò finalmente avere pietà di lui e si decise a fare un tentativo per calmarlo: “Blaine, lo sai, vero, che ogni danno arrecato ad una proprietà della scuola deve essere ripagato dallo studente che l’ha commesso?”
L’altro lo fissò per un attimo con uno sguardo vuoto, poi si rese conto che stava praticamente stritolando il bracciolo. Lo lasciò andare con aria mortificata e sollevò su David due occhioni umidi che avrebbero fatto invidia ad un labrador con la congiuntivite.
Il suo compagno scivolò accanto a lui con un sospiro e gli chiese, in tono insolitamente gentile e comprensivo: “Mi vuoi spiegare cosa ti passa per la testa?”
Blaine si rannicchiò contro di lui, cercando di trarre il maggior conforto possibile dalla presenza dell’amico: “E’ per le Regionali. Non sono sicuro di riuscire a reggere la pressione.”
David roteò gli occhi, spazientito: “Lo sai benissimo che non hai niente di cui preoccuparti! Abbiamo provato quelle canzoni fino alla nausea e, anche se negherò sempre di averlo ammesso, i tuoi assoli sono davvero incredibili. I giudici ti adoreranno.”
Blaine scosse il capo contro la sua spalla per fargli capire che non era quello il punto. David posò la testa sulla sua e attese in silenzio che l’altro si decidesse a dirgli cosa lo stava tormentando.
“Non mi sento del tutto a mio agio all’idea di gareggiare contro Kurt.” ammise alla fine il ragazzo, incapace di alzare lo sguardo dalle proprie ginocchia.
“Perché, hai paura di perdere?” lo prese in giro Wes, facendo capolino da sopra il sedile davanti al suo e appoggiando il mento al poggiatesta con aria curiosa.
David gli lanciò uno sguardo minaccioso, segnalandogli che non era il momento di comportarsi come una spina nel fianco.
“E’ solo che io e Kurt eravamo così eccitati all’idea di cantare insieme alle Regionali, invece il suo trasferimento ha rovinato tutto. Se anche riuscissimo a vincere stasera, non riuscirei mai a sentirmi completamente felice sapendo che lui non ce l’ha fatta. E forse ho anche un po’ paura che una nostra eventuale vittoria porti a qualche incomprensione fra di noi.”
Le ultime parole furono poco più di un sussurro e Blaine seppellì ancora di più la faccia nella spalla di David.
Wes sbuffò, alzando gli occhi al cielo: “Stai diventando semplicemente ridicolo!”
David lanciò al suo migliore amico un'altra occhiata omicida e sollevò senza pensare una mano per accarezzare i capelli di Blaine. Il gesto fu subito seguito da un’esclamazione inorridita: “Per l’amore del cielo, Blaine… siamo sicuri che questa roba che ti metti in testa sia in qualche modo approvata dallo legge? Se la testassimo su un normale essere umano secondo me rischierebbe di diventare calvo nel giro di una settimana!”
Blaine si allontanò di scatto e si rannicchiò contro il finestrino, sibilando in tono ostile: “Voi non capite il mio dramma interiore.”
“Tesoro, il tuo dramma interiore è dovuto al fatto che i tuoi ormoni hanno completamente destabilizzato quei due o tre neuroni sani che ancora ti rimanevano.” lo derise Wes.
David li interruppe con un rapido cenno della mano: “Basta così, ragazzi. Siamo arrivati.”
Wes e Blaine tornarono immediatamente seri e i tre rimasero in silenzio mentre l’autobus sfilava davanti al teatro in cui si sarebbero tenute le Regionali.

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Capitolo 17
*** Diciassettesimo Capitolo ***


Blaine ruotò su se stesso, passandosi le mani fra i capelli in un gesto pieno di frustrazione: possibile che quel posto fosse un tale labirinto?! Era ormai più di un’ora che stava cercando Kurt, ma il ragazzo sembrava introvabile, così come tutti i suoi compagni delle New Directions… l’intero gruppo sembrava essersi letteralmente dissolto nel nulla.
Proprio in quel momento David spuntò fuori da uno dei corridoi e si diresse rapidamente verso di lui: “L’hai trovato?”
Blaine cominciò a scuotere la testa in segno di diniego, ma proprio in quel momento notò una figura familiare appoggiata al bancone del bar.
“Mercedes!” la chiamò ad alta voce e si lanciò attraverso la sala nel disperato tentativo di raggiungerla, seguito a ruota da David.
 “Ciao, Mercedes, potresti dirmi dov’è Kurt? Lo sto cercando in lungo e in largo ma non riesco a trovarlo da nessuna parte.” le domandò Blaine con un’aria decisamente sollevata.
La ragazza gli rispose con un sorriso tirato, ma Blaine lo attribuì alla tensione per la gara imminente: “Purtroppo Mr. Schuester ci ha barricato all’interno dei nostri camerini… sai com’è, la concentrazione, la fusione spirituale e bla bla bla. Non ci permette nemmeno di rispondere ai cellulari e non ce li ha sequestrati solo perché abbiamo minacciato di non cantare mai più una canzone dei Journey… non che esista una loro canzone che non ci ha ancora costretto ad eseguire, ma…”
Blaine le posò le mani sulle spalle, interrompendo quel torrente in piena di parole: “Mercedes, respira. Ho capito. Potresti chiedere a Kurt di uscire solo per un momento? Vorrei… oh, al diavolo! Lo so che suona patetico, ma vorrei solo guardarlo per un secondo negli occhi e sapere che è tutto a posto. Per favore..?” aggiunse con un piccolo sorriso imbarazzato.
Mercedes si morse il labbro inferiore per un attimo, indecisa, poi gli sorrise debolmente: “Mi spiace, ma Mr. Schuester diventerebbe una belva se Kurt cercasse di sgattaiolare fuori.”
Quando l’altro le rivolse uno sguardo interrogativo, lei roteò gli occhi: “Lauren ha deciso che non avrebbe potuto assolutamente esibirsi senza prima mangiare un pacchetto di Oreo, quindi eccomi qua.”
Blaine la guardò allontanarsi con un piccolo cenno di saluto.
David gli batté una mano sulla spalla: “Forza, è ora che andiamo: fra un quarto d’ora tocca a noi.”
Blaine lo seguì di malavoglia, facendosi largo fra la gente che stava cominciando ad affollare l’enorme atrio dell’auditorium. Quando arrivarono dietro le quinte, Wes stava praticamente fumando di rabbia: “Dove diavolo eravate finiti?! Cominciavo a credere che avrei dovuto vedere avverarsi il mio incubo ricorrente e che avrei dovuto far cantare l’assolo a Trent!”
David scoppiò a ridere e si affrettò a raggiungere l’amico, dando il via alla solita sequenza di battibecchi che contraddistinguevano le loro normali conversazioni.
Blaine si attardò per un attimo ed estrasse il cellulare dalla tasca della giacca, fissando per un attimo i tasti con aria dubbiosa. D’improvviso sembrò prendere una decisione e digitò velocemente un messaggio, poi fece scivolare di nuovo il telefono nel blazer e si affrettò a seguire i suoi compagni.
Prese posto sul palcoscenico insieme agli altri Warblers e inspirò profondamente, cercando di svuotare la mente (non che si trattasse esattamente di un’impresa titanica…), poi chiuse gli occhi e reclinò il capo, in attesa dell’apertura del sipario.
Sentì il familiare fruscio delle tende e i Warblers cominciarono ad intonare le armonie.
Blaine aprì gli occhi senza realmente vedere il pubblico seduto in sala, sollevò la testa e cominciò a cantare.

 

I hear you breathing in
another day begins

the stars are falling out
my dreams are fading now, fading out

I've been keeping my eyes wide open
I've been keeping my eyes wide open

your love is a symphony
all around me
running through me

your love is a melody
underneath me
running to me

your love is a song


Mentre cantava, Blaine si ritrovò a pensare agli occhi di Kurt, a come si illuminavano quando lui entrava nella stanza, a come lo seguivano ogni volta che si allontanava da lui. Pensò al suo sorriso, alla sua dolcezza, al modo in cui faceva scivolare la mano nella sua, al suo rossore imbarazzato ogni volta che lo baciava.
 

the dawn is fire bright
against the city lights

the clouds are glowing now
the moon is blacking out

I've been keeping my mind wide open
I've been keeping my mind wide open

your love is a song

with my eyes wide open
I've got my eyes wide open
I've been keeping my hopes unbroken


Quando il suono dell’ultima parola della canzone si fu spento, il pubblico balzò in piedi e cominciò a battere freneticamente le mani, applaudendo con entusiasmo il gruppo dei Warblers.
Il sipario si chiuse di fronte a lui e Wes e David gli corsero incontro, gettandogli le braccia al collo: “Oh mio Dio, Blaine! Sei stato assolutamente fantastico!”
Blaine sorrise, scambiando abbracci e strette di mano di circostanza con i suoi compagni, ma la sua mente riusciva a concentrarsi solo su Kurt e sul messaggio che gli aveva spedito poco prima di entrare in scena.
Se non posso cantare con te, allora canterò per te.
 
Una volta dato sfogo all’entusiasmo, i Warblers scesero in sala e si accomodarono nei posti riservati al loro gruppo. Erano tutti innegabilmente ansiosi di vedere la performance delle New Directions: sapevano che la loro esibizione era stata assolutamente perfetta, ma sapevano anche che i loro avversari non sarebbero stati da meno e il pensiero che avrebbero avuto dalla loro la splendida voce di Kurt non li tranquillizzava di certo.
Il sipario si aprì sul palco vuoto e la musica cominciò a inondare l’auditorium. Blaine sentì una ragazza cantare alle sue spalle e si voltò con un sibilo: non avrebbe mai immaginato che Rachel potesse avere una voce così bella.
Finn cominciò ad intonare la seconda strofa e per un attimo i Warblers tirarono un sospiro di sollievo: la sua interpretazione, per quanto discreta, non era certo all’altezza di quella della compagna e Blaine cominciò a chiedersi perché le New Directions avessero affidato a lui il ruolo di solista in un’esibizione tanto importante.
Proprio in quel momento le loro voci si fusero insieme e Blaine semplicemente capì: le emozioni che correvano fra i due ragazzi erano talmente forti da scuoterti nel profondo e toglierti il fiato. Si domandò oziosamente come facesse Quinn a non accorgersene, a continuare a credere che Finn fosse innamorato di lei, ma il pensiero svanì quasi subito dalla sua mente, perché gli altri membri del gruppo stavano finalmente guadagnando il palco.
Gli occhi di Blaine corsero subito in mezzo a loro, alla ricerca dell’unica persona che veramente gli interessava, ma non riuscì ad individuare Kurt. Aggrottò la fronte e si voltò verso Wes e David, che alzarono le spalle in risposta alla sua domanda muta.
Il ragazzo tornò a fissare lo sguardo sul palcoscenico, agitandosi visibilmente sulla sedia, e quando l’esibizione terminò si lanciò praticamente come un proiettile fuori dalla sala per raggiungere i camerini del Glee Club avversario.
Entrò nella stanza come una furia e si avventò contro Finn, afferrandolo per il colletto della camicia: “Dove diavolo è Kurt?!”
“Whoa, calmati amico!” esclamò Finn, alzando le mani in segno di resa, “Kurt non è qui con noi, è a casa.”
A quelle parole Blaine sembrò infuriarsi ancora di più e strinse la presa sul tessuto della camicia dell’altro: “Dovreste vergognarvi! Cosa pensavate, che ci avrebbe favorito in qualche modo?”
Mercedes cercò di calmarlo, posandogli una mano sul braccio. Blaine si allontanò con uno strattone e si voltò per fronteggiarla con occhi carichi di rabbia: “Come hai potuto, Mercedes?! Sei la sua migliore amica! Lo sai quanto ci teneva a vincere le Regionali con voi… Kurt non è mai stato veramente uno dei Warblers, non avreste dovuto dubitare di lui ed impedirgli di gareggiare!”
Rachel si fece avanti e si piazzò di fronte a lui, con un’espressione irata sul viso: “Credi veramente che saremmo in grado di comportarci in modo tanto meschino? Il nostro Glee Club è un vero e proprio casino, non passa una settimana senza che si verifichi uno scandalo e che due di noi cerchino di scannarsi… ma siamo una famiglia. Kurt è uno di noi e non lo avremmo mai lasciato indietro.”
Blaine la guardò totalmente smarrito: “Allora perché Kurt non è qui con voi? Sta bene, vero?!” aggiunse poi, con una nota di panico nella voce.
Gli occhi di Rachel si addolcirono e Finn sospirò pesantemente, cercando le parole per spiegare a quel ragazzo cosa aveva fatto suo fratello per amor suo: “Amico, noi non abbiamo tagliato fuori Kurt… è stato lui a decidere di non partecipare alla gara. Non voleva che una stupida competizione rovinasse le cose fra voi due.”
Blaine lo fissò per un attimo, la bocca leggermente aperta in un’espressione di stupore: “Ma come… come ha potuto pensare..? Una cosa così stupida non avrebbe…”
Rimase ancora in silenzio per un secondo, indeciso sul da farsi, mentre i dodici ragazzi lo fissavano incuriositi, poi, senza dire una parola, si voltò e corse nel corridoio, finendo per investire in pieno i poveri Wes e David, che lo guardarono come se fosse un alieno: “Dove cavolo stai andando? Fra poco annunceranno i vincitori!”
Blaine fece ancora qualche passo, poi si voltò verso di loro, sorridendo luminoso: “Non mi importa di una stupida gara… devo vedere Kurt.”
Senza aggiungere altro voltò le spalle ai suoi amici e si catapultò fuori dall’edificio.
 
 
Kurt premette ancora una volta il tasto play per avviare il video che Mercedes e Rachel avevano avuto la gentilezza di inviargli. Dopo aver letto il messaggio di Blaine, non aveva proprio saputo resistere  ed aveva supplicato le due di sgattaiolare fuori dai camerini per registrare la performance del ragazzo.
Si lasciò cadere sui cuscini del divano con un sospiro e chiuse gli occhi, permettendo alla musica di accompagnarlo mentre sprofondava nei suoi pensieri.
Si era comportato da stupido: avrebbe dovuto saperlo che  Blaine non si sarebbe mai lasciato influenzare da una stupida competizione e si sentiva un po’ in colpa per aver avuto così poca considerazione di lui. Adesso non gli rimaneva che sperare che l’altro capisse che aveva agito così per una paura irrazionale e non per una reale mancanza di fiducia e che non si arrabbiasse eccessivamente.
Il suo rimuginare venne bruscamente interrotto dal suono impietoso del campanello. Kurt si alzò sbuffando sonoramente e si avviò verso l’ingresso.
Non fece nemmeno in tempo ad aprire la porta che venne travolto da un turbine blu e rosso. Per un attimo sentì una fitta di panico stringergli lo stomaco, poi due braccia familiari lo strinsero e si ritrovò a respirare il profumo di Blaine.
Si concesse il lusso di rilassarsi completamente nella stretta dell’altro e di godersi la familiare sensazione di conforto che lo inondava ogni volta che il ragazzo lo toccava, poi però si ricordò di un particolare non trascurabile e si staccò da lui.
“Cosa ci fai tu qui? Dovresti essere all’auditorium con tutti gli altri!” gli chiese, con gli occhi spalancati per la sorpresa.
Blaine scrollò le spalle con un gesto noncurante: “Non c’è problema, noi Warblers ci siamo già esibiti.”
Kurt scosse il capo in segno di disapprovazione: “Sai benissimo cosa intendo, Blaine. Tra poco verranno annunciati i vincitori e tu dovresti essere là con loro. Avete lavorato tanto per raggiungere questo momento e non è giusto che tu te lo perda.”
Blaine gli prese il viso fra le mani e fissò nei suoi due occhi talmente pieni di emozioni e di cose non dette che lui ebbe quasi paura: “Kurt, non prenderla nella maniera sbagliata, ma… stai zitto!”
L’altro spalancò leggermente la bocca e cercò di ribattere, ma Blaine gli posò il pollice sulle labbra, accarezzandogliele gentilmente, e gli sorrise con dolcezza: “Sono esattamente dove dovrei essere.” Lo baciò con dolcezza, stringendolo a sé, e Kurt si ritrovò ad esalare un sospiro di sollievo contro la bocca dell’altro. Lo sentì ridacchiare a bassa voce e per punizione gli assestò un morso non proprio delicato sul labbro inferiore.
Blaine scattò all’indietro, spalancando gli occhi in un’espressione di sorpresa, ma si riprese quasi subito, cercando di riprendere l’occupazione bruscamente interrotta dalla rappresaglia di Kurt. Proprio in quel momento, però, i cellulari di entrambi li avvisarono che avevano ricevuto un messaggio.
In altre circostanze i due li avrebbero forse ignorati, ma sapevano bene di cosa si trattava e che non sarebbe stato giusto rimandare. Blaine aprì l’sms di Wesley e rimase in silenzio per un minuto, fissando lo schermo, come se non riuscisse a comprendere appieno il significato delle parole scritte sullo schermo.
Quando finalmente alzò la testa, Kurt riuscì soltanto a sorridergli debolmente.
Le New Directions avevano vinto.



NdA: La canzone cantata da Blaine è "Your Love Is A Song" degli Switchfoot. Potete ascoltarla QUI.

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Capitolo 18
*** Diciottesimo Capitolo ***


Blaine si lasciò cadere sul divano, stringendosi la testa fra le mani. Kurt si sedette accanto a lui, incerto su cosa fare o cosa dire.
Blaine si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione, che a Kurt ricordò vagamente il verso emesso da Finn quando si trovava di fronte al libro di trigonometria (gemito per giungere al quale bastava anche il mero contatto visivo con la copertina).
Si riscosse quasi subito, pensando che far notare al suo ragazzo che stava diventando sempre più simile al suo mononeuronico fratellastro avrebbe potuto difficilmente essere catalogato come un segno di empatia e di supporto.
Decise quindi di optare per una diplomatica serie di piccole pacche sulla spalla, accompagnate da un circospetto e quanto mai eloquente: “Su, su.”
Blaine gemette di nuovo, ormai sull’orlo del delirio: “Oddio, come potrò affrontare gli altri? Mi uccideranno di sicuro!”
“Stai parlando dei Warblers? E perché dovrebbero ucciderti, scusa?” lo interrogò Kurt, con un’espressione confusa.
Blaine sospirò e si rassegnò al fatto che, complice forse l’aura di Finn che ormai impregnava quelle mura, quel giorno Kurt non sembrava brillare particolarmente per intuito e agilità mentale (e se lo aveva notato perfino lui, la cosa doveva essere davvero palese).
“Tesoro… sono il cantante solista… abbiamo perso… di chi dovrebbe essere colpa, della ragazza alla biglietteria?”
Kurt si dibatté ancora per un attimo nel dubbio, poi decise di optare per qualcosa che, come il nero, andava bene un po’ su tutto, e fece scivolare le mani sul collo di Blaine, sdraiandosi sul divano e trascinando il ragazzo con sé.
Blaine sembrò gradire quel cambiamento di programma e mugolò con voce sommessa, spostandosi sopra l’altro e strofinandosi istintivamente contro di lui. Il respiro si mozzò nelle loro gole e i due si ritrovarono a fissarsi con occhi leggermente sgranati per la sorpresa, entrambi stupiti dell’intensità della reazione del proprio corpo ad un gesto tanto piccolo.
Blaine si riprese per primo: “Scusami, Kurt, non avevo intenzione di… l’ho fatto senza rendermene conto, non volevo farti pressioni o…”
“Blaine.” lo interruppe Kurt con voce ferma.
“Sì..?” pigolò lui, temendo che la frase successiva avrebbe contenuto almeno un’esclamazione a scelta fra “Pervertito”, “Maniaco” o “Non farti vedere mai più”.
“Stai zitto.” mormorò Kurt, afferrandolo per il colletto della camicia e attirandolo a sé.
Blaine fu più che felice di soddisfare la sua richiesta e si chinò di nuovo verso di lui. Kurt catturò immediatamente le sue labbra in un bacio frenetico e sospirò soddisfatto quando sentì il corpo asciutto del ragazzo aderire contro il suo.
Non era esattamente sicuro di come la situazione avesse preso quella piega, ma la cosa decisamente non gli dispiaceva e questo lo stupiva un po’: vista la sua scarsa confidenza con ogni genere di attività fisica (ivi compresi il sesso, lo sport e la palla avvelenata) era convinto che ci avrebbe messo anni anche solo per abituarsi all’idea di dedicarsi a determinate fonti di intrattenimento.
Invece eccolo lì, sdraiato sul divano di casa sua, con un ragazzo decisamente gay e visibilmente interessato spalmato su di lui… per un attimo pensò di assestarsi un pizzicotto a titolo sperimentale per assicurarsi che non si trattasse di un sogno, ma decise che preferiva di gran lungo rimanere nel dubbio.
Quando sentì una mano infilarsi sotto il lembo della sua camicia e cominciare ad accarezzare la pelle che si trovava appena al di sopra della cintura, Blaine si lasciò sfuggire un brontolio soddisfatto dal fondo della gola e spinse di nuovo i fianchi contro quelli di Kurt, che rispose con un basso gemito di apprezzamento.
Proprio in quel momento una chiave girò rumorosamente nella toppa e la voce forte di Burt risuonò dall’ingresso: “Siamo a casa!”
Kurt spintonò via con forza Blaine, che si ritrovò a rotolare sul pavimento per un paio di metri prima di arenarsi contro il tavolinetto con uno sguardo sbigottito.
Nel frattempo la famiglia Hudson – Hummel al gran completo fece il suo ingresso nel soggiorno, rimanendo un po’ perplessa a causa della scena che si trovò davanti.
Burt tossì, rivolgendosi al figlio, che se ne stava seduto sul divano di pelle con le gambe accavallate e con un’aria perfettamente innocente stampato sul volto: “Potresti spiegarmi perché c’è uno studente della Dalton accasciato davanti al caminetto? E’ una specie di trofeo di guerra per festeggiare la vittoria di Finn?”
Blaine per un attimo sudò freddo, temendo che, se si fosse accorto di quello che aveva appena fatto con il suo adorato bambino, Burt avrebbe di buon grado provveduto a staccargli la testa a mani nude e ad appenderla alla parete con una sparachiodi.
Kurt ridacchiò, evidentemente ignaro del pericolo, e provvide a fare le presentazioni: “Papà, lui è Blaine Anderson. Il mio ragazzo.”
Burt si tolse l’onnipresente cappellino e si passò una mano sulla testa, mantenendo uno sguardo indecifrabile.
“Se fossi Burt, dove nasconderei un fucile a canne mozze?” pensò freneticamente Blaine, scrutando con aria terrorizzata ogni anta che avrebbe potuto considerarsi anche solo vagamente sospetta.
Carole gli arruffò i capelli in un gesto affettuoso: “Mi fa davvero piacere vederti, tesoro. Ti fermi a cena?”
Blaine sbatté velocemente le palpebre, spiazzato dalla domanda: “O-ok… se non sono di troppo disturbo.”
 “Non ti preoccupare, nessun disturbo.” gli sorrise luminosa la donna, prima di dirigersi canticchiando verso la cucina.
“Che splendida idea! Sto davvero morendo dalla voglia di conoscerti un po’, ragazzo.” esclamò Burt con un sorriso inquietante, prima di seguire la moglie nell’altra stanza.
Finn si fece avanti e lo aiutò ad alzarsi dal pavimento, scuotendo la testa: “Amico… sei davvero fregato.”
 
 
Blaine era più che sicuro che quella serata sarebbe stata la causa della sua prematura dipartita: l’unica cosa che non aveva ancora deciso era se a finirlo sarebbero stati Burt, l’ansia o i grassi insaturi che trasudavano dai maccheroni al formaggio di Carole.
Attualmente il padre di Kurt, approfittando di un momento di distrazione di sua moglie e di suo figlio, lo stava fissando attraverso il tavolo, facendo roteare con aria minacciosa un coltello fra le dita.
Finn, ignaro come al solito di tutto quello che avveniva intorno a lui che non riguardasse strettamente un pallone da football e un paio di gambe (non necessariamente in quest’ordine), stava cercando di grattar via con il fervore di un minatore gli ultimi microscopici residui di formaggio dal suo piatto, apparentemente incapace di sopportare l’idea di lasciarsi scappare anche la più piccola possibilità di un attentato alle sue coronarie.
“Allora, Blaine…” cominciò Burt in un tono che voleva essere decisamente intimidatorio, “che tipo di rapporto hai con mio figlio..?”
Il ragazzo si chiese se l’uomo soffrisse di una qualche forma di perdita della memoria a breve termine, perché ricordava più che bene di essergli stato presentato da Kurt come il suo ragazzo solo pochi minuti prima: “Ehm… sono il suo ragazzo.”
Burt grugnì, un suono a metà fra una  risata e un ringhio di disapprovazione: “Credi che non lo sappia questo? Guarda che c’ero anche io prima in salotto!”
Blaine lo guardò confuso: “Mi scusi, signore, allora non capisco proprio cosa…”
L’altro sbuffò esasperato, come se stesse parlando con… beh, con Finn.
“Quello che voglio sapere è la natura del vostro rapporto…” ritentò, calcando volutamente sulla parola natura con fare allusivo, “E sarà meglio che la tua risposta non sia fisica… perché ti avviso che non saresti in grado di lasciare questa stanza camminando con le tue gambe.”
Blaine lo fissò ancora per un attimo, poi si tinse di un rosso scarlatto e cominciò a balbettare, ansimando leggermente per l’imbarazzo e per lo sforzo di sembrare il più convincente possibile: “Ma… ma certo che no! Voglio dire… una cosa troppo recente… per chi… assolutamente no!”
“Ma vi siete baciati...” lo incalzò Burt, continuando a fissarlo con uno sguardo penetrante.
Blaine ormai non sapeva più che pesci prendere. Sapendo che affermare di non aver mai nemmeno baciato Kurt sarebbe risultato quantomeno poco credibile, decise che per una volta l’onestà poteva davvero essere la migliore politica e annuì brevemente.
Quando il padre di Kurt gli fece la domanda seguente, capì però di essersi sbagliato e che sarebbe stato preferibile continuare a negare con fervore fino alla morte: “E vorresti farmi credere che mentre vi baciavate le tue mani non sono mai andate su… beh, insomma… dove non dovrebbero mai andare a meno che tu non voglia vederle amputate prematuramente all’età di sedici anni?”
Per sua fortuna Carole entrò in cucina proprio in quel momento e non perse l’occasione per assestare al marito uno scappellotto piuttosto energico: “Burt Hummel! Non stavi approfittando della mia assenza per infastidire questo ragazzo, vero?”
Burt abbassò lo sguardo con l’aria vergognosa di un diabetico scoperto a strafogarsi di marmellata e scosse leggermente il capo con aria contrita.
Per tutta risposta, lei posò davanti a Blaine e a Finn due piatti che stavano letteralmente tracimando di pollo fritto e purè di patate.
Burt si sporse verso la portata con occhi lucidi, annusando voluttuosamente l’aroma di quel cibo divino.
“Puoi anche smettere di sbavare, papà.” lo ammonì Kurt, emergendo dalla cucina, “Tu devi mangiare questo.”
Burt gemette alla vista dell’enorme conca d’insalata costellata di pezzettini bianchicci di tofu che il figlio gli aveva posizionato di fronte.
“Ma Kurt!” piagnucolò l’omone, guardandolo devastato, “A me non piace questa roba!”
“E a me non piace che tu continui a farti venire un infarto dietro l’altro!” lo rimbeccò l’altro, “Rassegnati, la vita tende ad essere ingiusta.”
Con un ultimo sguardo carico di rimprovero scomparve di nuovo in cucina, seguito rapidamente da Carole.
Burt si girò di scatto verso Finn, che per una volta sembrò intuire rapidamente cosa stava succedendo: “Oh no… mi dispiace davvero, ma non ho intenzione di morire giovane! Lo sai cosa mi farebbero quei due…”
L’uomo si voltò allora verso Blaine e rimase a fissarlo per un lungo attimo, soppesandolo con aria meditabonda: “Ragazzo, ti propongo un affare… mio figlio in cambio di un pezzo di pollo.”
“Cos..?” tossì Blaine, praticamente strozzandosi con l’acqua che stava bevendo.
“Mi hai sentito bene,” proseguì Burt con sguardo leggermente allucinato, “Dammi quella coscia di pollo e Kurt sarà tutto tuo, nessun tipo di controllo, nessun coprifuoco nei week-end… gli metterò anche un bel fiocco regalo in testa! Di che colore lo preferisci, rosso? Basta che mi allunghi quella dannata coscia e avrai la mia entusiastica benedizione!”
Blaine gli porse il piatto come in uno stato di trance, ma venne interrotto da un secco colpo di tosse: Kurt se ne stava comodamente appoggiato allo stipite della porta e fissava la scena con occhi gelidi: “A parte il fatto che per costringermi ad indossare una cosa tanto orrenda dovresti prima passare sul mio cadavere… cosa stavate cercando di fare?”
I due colpevoli, beccati con le mani nel sacco, si fecero piccoli piccoli sulle loro sedie e cominciarono a mormorare una lunga sequela di scuse senza senso.
Kurt si rivolse al padre con uno sguardo di disapprovazione: “E poi, papà… mi avresti venduto per una misera coscia di pollo?”
Burt pensò di puntualizzare il fatto che non si trattava semplicemente di una coscia di pollo, ma di una coscia di pollo fritta, poi decise che forse sarebbe stato più saggio tenere quella precisazione per sé.
Lui e Blaine trascorsero tutto il resto della serata cercando di ammansire quella specie di furia scatenata che sembrava aver momentaneamente preso il posto del loro adorabile Kurt.
Dopo cena presero tutti posto sul divano per assistere all’ennesimo estenuante incontro di football. In altre circostanze Kurt avrebbe sbuffato sonoramente, alzando gli occhi al cielo, ma non poteva negare che vedere suo padre, Blaine e Finn discutere animatamente dell’incontro, avvolti da quella tipica aura di cameratismo che sembrava avvolgere inevitabilmente il maschio medio quando si trova ad assistere ad una partita con altri esemplari della sua specie, gli stava in un certo senso scaldando il cuore.
Giunta l’ora di tornare a casa, Blaine venne colto di sorpresa da un imbarazzatissimo Burt, che gli tese la mano e gli brontolò in maniera confusa che era il benvenuto e poteva passare a trovarli ogni volta che voleva.
Il ragazzo lo ringraziò con fervore e si diresse verso l’auto, accompagnato da Kurt, che sembrava trasudare soddisfazione da tutti i pori: “Hai visto? Te l‘avevo che gli saresti piaciuto!”
Blaine rise e gli posò le mani sui fianchi, attirandolo a sé ed impegnandolo in un lungo, languido bacio che lasciò entrambi con la testa leggera e il fiato corto.
Kurt fu stranamente il primo a riprendersi da quella sorta di trance e sporse all’infuori il labbro inferiore in un broncio adorabile: “Devi proprio andare a trovare i tuoi questo fine settimana?”
L’altro sospirò, evidentemente ancora meno entusiasta di Kurt all’idea: “Fidati, nemmeno io faccio i salti di gioia, ma devo pur vederli ogni tanto.”
“Lo so, scusami… è solo che non posso credere che dovrò aspettare due settimane per vederti di nuovo.” sospirò Kurt.
“Chi lo sa?” mormorò Blaine contro le sue labbra, facendo correre una serie di piacevoli brividi lungo la sua spina dorsale, “Le cose belle accadono quando meno te le aspetti.”

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Capitolo 19
*** Diciannovesimo Capitolo ***


Eccomi di ritorno dopo una luuuunga assenza! Purtroppo gli esami universitari mi hanno tenuta molto impegnata, ma adesso sono finalmente libera e posso tornare a dedicarmi con entusiasmo ed assiduità a questa (stramba) fan fiction :)



“Fermo dove sei, Porcellana.”
Kurt si fermò nel bel mezzo del corridoio, i muscoli irrigiditi, mentre un velo di sudore freddo cominciava a formarsi sotto la sua frangia perfettamente acconciata.
Si voltò lentamente, consapevole di cosa (perché sicuramente nessuno si sarebbe mai azzardato ad inserire quella donna nella categoria degli esseri umani) lo aspettava. I suoi peggiori timori si rivelarono fondati: davanti a lui c’era Sue Sylvester, che come al solito lo stava scrutando come se la sua sola esistenza fosse un insulto personale.
“Stamattina mi sono svegliata sentendomi particolarmente magnanima ed ho deciso di accettare la tue insistenti richieste per tornare a far parte dei Cheerios.”
Kurt la fissò, leggermente perplesso: “Veramente io non ho mai…”
L’allenatrice gli posò una mano sulla spalla, guardandolo con compassione: “Andiamo, Porcellana, non cercare di negarlo… credi davvero che non veda gli sguardi di supplica impotente tutte le volte che ci incontriamo nei corridoi? Il che, permettimi di dirlo, avviene con una frequenza davvero sospetta… ricorda: ho avuto una breve e torbida relazione di sesso con Michael Vartan ai tempi in cui ‘Alias’ andava ancora di moda e posso dire con orgoglio di avergli insegnato un paio di trucchetti sulla professione della spia.”
La mascella di Kurt si spalancò, come dotata di vita propria: “Coach, glielo ripeto, non mi è mai nemmeno passato per l’anticamera del cervello di…”
Sue alzò una mano di fronte al suo volto, zittendolo: “Ti dico solo questo: ti tengo d’occhio. Vedi di farti trovare pronto in palestra domani alle quattro o mi vedrò costretta a fare qualcosa di molto spiacevole ai tuoi pon pon.”
Detto questo girò sui tacchi e si avviò lungo il corridoio, spintonando un’ignara matricola e lanciandogli un ultimo sguardo intimidatorio.
“Incredibile…” mugugnò Kurt, trascinandosi stancamente verso il suo armadietto. Il suo umore migliorò decisamente quando vide che Mercedes lo aspettava appoggiata all’anta di ferro, sicuramente per discutere dei pettegolezzi del giorno.
“Non crederai mai a quello che mi è appena successo!” esclamò Kurt, lanciandosi immediatamente in un resoconto estremamente teatrale e dettagliato del suo incontro con Sue.
Dopo aver imperversato per alcuni minuti, si rese però conto che l’amica non sembrava aver ascoltato una sola parola e che continuava a fissarlo in maniera inquietante, sorridendo come la pazza che cercava sempre di vendergli le unghie del suo gatto quando la incrociava fuori dal Lima Bean.
“Tesoro… mi stai facendo paura…” mormorò, cominciando ad indietreggiare.
La ragazza gli rivolse un sorriso innocente: “Non capisco di cosa tu stia parlando… sto semplicemente sorridendo… c’è forse qualcosa di male nell’essere solari e ben disposti nei confronti della vita?”
Kurt avrebbe voluto farle notare che il suo stato d’animo oscillava sempre tendenzialmente fra il depresso con punte di manie di persecuzione e la follia omicida, ma l’altra non gliene diede il tempo: “Devo scappare, fra pochi minuti in mensa sforneranno il primo vassoio di crocchette e io non posso assolutamente perderle. Ci vediamo più tardi alle prove del Glee Club!”
Si allontanò  lungo il corridoio salutandolo con la mano, con quel ghigno che non prometteva nulla di buono ancora stampato sul volto.
Kurt sospirò, scuotendo il capo: ormai si era completamente rassegnato al fatto di essere destinato ad attrarre solo persone chiaramente squilibrate… a proposito, è un po’ che non sento Wes e David, dovrei proprio dargli un colpo di telefono.
Cominciò a sistemare i libri nel suo armadietto, canticchiando sottovoce il ritornello dell’ultima canzone di Pink e maledicendo fra sé e sé Blaine per averlo contagiato, trasformandolo in una sottospecie di sgualdrina della musica commerciale.
Proprio mentre stava ponderando se seguire Mercedes in mensa per evitarle di compiere un gesto sconsiderato dettato dal suo amore per quelle malefiche crocchette, una voce lo riscosse dai suoi pensieri.
“Scusami… posso farti una domanda? Sono nuovo qui.”
Kurt si immobilizzò, la mano sospesa a pochi centimetri dal libro di trigonometria, incapace di credere a quello che le sue orecchie e il suo cervello (a dire il vero piuttosto scosso) stavano cercando di suggerirgli.
Delle dita scivolarono fra le sue, stringendole, e adesso non poteva davvero più sbagliarsi, perché le avrebbe riconosciute ad occhi chiusi fra quelle di mille altre persone.
Quelle stesse dita si spostarono con leggerezza sul suo polso, sfiorando lungo il loro cammino il dorso della sua mano (e davvero, aveva sempre avuto tutte quelle terminazioni nervose in una zona che aveva sempre considerato tutto sommato inutile, o faceva parte di quella strana magia che quel ragazzo sembrava operare su di lui?) e lo costrinsero con dolcezza ad abbassarla.
Blaine posò il mento sulla sua spalla e strofinò il naso contro il suo collo, in quello che era ormai divenuto un abituale gesto di affetto fra di loro: “Mercedes mi aveva detto che ti avrei lasciato senza parole, ma non pensavo che intendesse qualcosa di così letterale.”
Kurt si voltò verso di lui e si limitò a fissarlo per alcuni secondi, aprendo e chiudendo la bocca più e più volte, in uno strano incrocio fra una carpa e Chucky la bambola assassina.
Alla fine però sembrò riprendersi quel tanto che bastava per dare una parvenza molto vaga di coerenza alle schegge di pensieri che si stavano dando battaglia nel suo cervello: “Tu… qui… perché, cosa, come?!”
Blaine sorrise, divertito e lusingato dalla reazione dell’altro, e si decise a spiegargli il motivo della sua presenza, anche se ormai sperava che fosse abbastanza palese: “Sono qui perché a partire da stamani sono diventato a tutti gli effetti uno degli studenti della McKinley High School.”
Kurt continuò a fissarlo per un momento che parve interminabile, poi gli domandò a bruciapelo: “Perché ti sei trasferito qui?”
L’altro rimase incerto per un attimo, mentre in lui cominciava a farsi strada il dubbio che il suo ragazzo non fosse poi così entusiasta della sua idea.
“Beh,” si ritrovò a balbettare, “Stando con te alla Dalton mi sono abituato a vederti tutti i giorni e anche se non me ne ero ancora reso conto, è diventato davvero difficile starti lontano e… oddio, adesso penserai che sono una specie di stalker! Scusami, non volevo metterti a disagio o farti pressioni, lo capisco se per te il nostro rapporto non è ancora a questi livelli, in fondo usciamo da poco tempo insieme e…”
Kurt interruppe quel delirio fonetico circondandogli il collo con le braccia e premendo con forza le labbra sulle sue. Blaine smise immediatamente di parlare (non di pensare, quello aveva smesso di farlo nell’esatto momento in cui il panico di essersi spinto troppo oltre aveva cominciato a sommergerlo), ma non di muovere le labbra, che si impossessarono senza indugi di quelle dell’altro.
Un secondo più tardi un’ondata dolorosamente fredda lo colpì alla tempia sinistra e qualcosa di viscido e gelido cominciò a farsi strada sotto il colletto della sua maglietta, colandogli lentamente lungo la schiena.
Aprì gli occhi dopo qualche secondo, shockato, e si accorse immediatamente del fatto che Kurt sembrava essere ricoperto da capo a piedi di granita al mirtillo.
Il ragazzo, infuriato come non mai, si era già voltato nella direzione da cui era partito il lancio, e stava sibilando epiteti decisamente offensivi alla volta di un gruppo di energumeni, capitanati da Azimio.
Quest’ultimo non perse tempo a ribattere alle invettive di Kurt (probabilmente perché il suo cervello non era stato in grado di coglierne appieno la portata) e si allontanò ridendo con i suoi compagni.
Kurt si voltò verso Blaine, terrorizzato dalla reazione che avrebbe potuto avere a questo primo duro impatto con la realtà della McKinley. In fondo il ragazzo aveva trascorso l’ultimo anno nella gabbia dorata delle Dalton e forse non aveva analizzato fino in fondo le conseguenze di questo suo improvviso trasferimento.
Con le mani che ancora gli tremavano tirò fuori dall’armadietto un asciugamano e cominciò a tamponargli il viso, cercando di impedire a quell’intruglio appiccicoso di farsi strada verso i suoi occhi abbassati.
Continuò a fissare con apprensione la sua testa china, finchè le spalle dell’altro non cominciarono a sussultare con forza. In un primo momento fu colto da un attacco di puro panico, pensando che il ragazzo stesse piangendo, ma poi si accorse che in realtà stava solo cercando di trattenersi dal ridere. Lo fissò affascinato per un attimo, chiedendosi se l’improvviso sbalzo di temperatura avesse dato il colpo di grazia a quei pochi neuroni che gli restavano.
“Tutto qui?” gli chiese Blaine, cominciando a ridere di cuore.
“Scusa?” gli domandò Kurt, perplesso e preoccupato allo stesso tempo.
“Mi stai davvero dicendo che l’unico prezzo da pagare per trascorrere con te la maggior parte delle mie giornate è beccarmi una granita in faccia ogni tanto?”
“Beh,” rispose Kurt, dondolando nervosamente da un piede all’altro, “Ci sarebbe anche la questione dei cassonetti, ma… fondamentalmente sì.”
Il ragazzo continuò a sghignazzare e lui non poté fare a meno di unirsi alla sua risata, sentendosi finalmente libero come non lo era mai stato fra le pareti di quell’edificio.
Blaine lo attirò a sé e nonostante il freddo, nonostante la sensazione sgradevole dello sciroppo che impregnava i loro vestiti, Kurt sentì di non essere mai stato più felice di così.
L’altro si allungò verso di lui per leccare scherzosamente via dal suo collo un residuo di granita: “Devo ammettere però che questa roba fa veramente schifo… potevi anche avvisarmi che il vero pericolo che correvo in questa scuola era la mensa!”
Kurt rise di nuovo e lasciò che Blaine lo baciasse sotto gli occhi di tutti, proprio lì, nel bel mezzo del corridoio della McKinley.

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Capitolo 20
*** Ventesimo Capitolo ***


Kurt ingoiò un boccone della sua insalata e puntò con fare accusatorio la forchetta in direzione del suo ragazzo: “Ok, non credere di passarla liscia, voglio sapere tutto.”
Blaine sorrise leggermente: “Quando hai lasciato la Dalton per tornare alla McKinley, ero sinceramente convinto che la lontananza non sarebbe stata un problema. Dopo qualche giorno, però, mi sono accorto che stare lontano da te mi aveva trasformato in un sorta di patetica ameba (credo che le parole esatte di Wes siano state ‘fastidiosamente disfunzionale’). Mi rimanevano due possibili soluzioni: continuare a vegetare sul letto fino ad incidermi stabilmente sulla guancia il logo della Dalton ricamato sul cuscino o trasferirmi qui e ricominciare ad affliggerti con la mia presenza assillante.”
Kurt rimase per un attimo a bocca aperta, cercando di ricomporsi, e decise che ribattere in maniera sarcastica era decisamente preferibile allo sciogliersi in una poltiglia informe e adorante: “Blaine, respira! Ti ricordi che ne avevamo parlato? I neuroni hanno bisogno di ossigeno, altrimenti si ammalano e muoiono… e noi non vogliamo sfidare la sorte con una specie in via di estinzione, vero?”
Blaine sorrise, per nulla turbato da quella risposta apparentemente poco gentile: sapeva benissimo che il sarcasmo era l’ancora di salvezza di Kurt nei momenti di estremo imbarazzo e non gli era sfuggito il modo in cui le guance del ragazzo si erano imporporate quando gli aveva confessato che la sua assenza lo aveva fondamentalmente ridotto ad un relitto umano… gli sembrò per un attimo di sentire le voci di Wes e David che si complimentavano con lui per quella splendida performance così densa di orgoglio ed autostima, ma decise di catalogarle come inquinamento acustico e ignorarle.
Ritornò sulla terra giusto in tempo per accorgersi che l’altro gli aveva appena fatto una domanda di cui lui non aveva capito neppure una parola.
“Ehm…” mugugnò, cercando freneticamente di elaborare una risposta anche solo vagamente inerente all’argomento.
Kurt cominciò a scuotere la testa rassegnato, mormorando qualcosa che suonava sospettosamente simile a ‘Un altro neurone che si aggiunge alla lista dei caduti’.
 “Potresti almeno ripetermi la domanda prima di dare completamente per perse le mie facoltà mentali?" sospirò esasperato Blaine, roteando gli occhi.
“Ti ho chiesto come hai fatto a convincere i tuoi a trasferirti da una scuola titolata ed illustre come la Dalton a questa sottospecie di riformatorio in incognito.”
Blaine scrollò le spalle con noncuranza, ma abbassò lo sguardo: “Ho spiegato a mio padre che ho deciso di comportarmi da uomo e di affrontare la vita vera… e tanto per andare sul sicuro ho aggiunto che sono stufo di passare le mie giornate in un posto frequentato solo da ragazzi e che comincio a sentire decisamente il bisogno di una compagnia femminile. Credo che se non lo ritenesse una cosa da donnicciole si sarebbe accasciato a terra frignando per la gioia e ringraziando il Signore!”
Quando vide un’intensa espressione di disapprovazione comparire sul volto del suo ragazzo, si affrettò a giustificarsi: “Ehi, vorrei vedere te al mio posto, costretto a passare intere giornate a parlare solo di football e di scalette! Non fraintendermi, adoro quel gruppo di squilibrati, ma Nick e Jeff sono capaci di parlare per ore e ore di una singola azione e nel corso dell’ultima riunione dei Warblers Wes ha picchiato così tante volte quello stramaledetto martelletto che ho pensato di usarlo per abusare del suo proprietario in modi che non oseresti nemmeno immaginare!”
Kurt decise di non approfondire ulteriormente e optò saggiamente per un repentino cambio di argomento: “E posso sapere come mai sei arrivato in un ritardo così mostruoso proprio il tuo primo giorno in un nuovo istituto?”
“Oh, ma io stamani sono arrivato puntuale!” rise Blaine, “Pare che l’organizzazione non sia esattamente il punto di forza di questo istituto. Sono rimasto ore ad aspettare che Figgins mi ricevesse, poi ho dovuto parlare con Mr. Shuester e prima ancora che potessi ritirare il mio orario in segreteria era già ora di pranzo.”
Kurt trattenne il respiro, speranzoso: “Come mai hai dovuto incontrarti con Mr. Shuester? Nutrivi forse qualche dubbio amletico sul programma didattico del corso di spagnolo?”
Blaine sorrise e si morse leggermente il labbro inferiore, poi si sporse fino a poggiare la fronte contro quella del suo ragazzo: “No, niente del genere. Spero che tu abbia un po’ di tempo, perché ho davvero bisogno che tu mi dia una mano con la mia audizione… fra meno di tre ore mi esibirò davanti alle New Directions.”
 
 
Blaine si mosse sulla sedia, evidentemente a disagio, mentre gli altri ragazzi cominciavano ad arrivare e prendevano posto.
Si voltò verso Kurt con un sorriso nervoso: “Ricordami esattamente perché non dovrei essere minimamente preoccupato all’idea di esibirmi di fronte a tutti i tuoi amici.”
L’altro alzò gli occhi al cielo, esasperato, e si accinse a tranquillizzarlo per la quindicesima volta nel giro di pochi minuti: “Non devi essere preoccupato perché li conosci già tutti, perché ti adorano e perché sanno che li ucciderei nel sonno se provassero anche solo a pensare di opporsi al tuo ingresso nel Glee club. Inoltre vorrei ricordarti che la nostra politica si basa sull’accettazione e che non abbiamo mai rifiutato a nessuno la possibilità di unirsi al gruppo.”
Blaine fece due respiri profondi e si impose di rilassarsi e di prestare attenzione alle parole di Mr. Shuester.
“Bene, ragazzi, come probabilmente avrete già avuto modo di scoprire oggi assisteremo alla performance di uno studente che vuole entrare a far parte del gruppo. Siete tutti pregati di comportarvi civilmente e di non spedirlo in mezzo ai tossicomani com’è successo l’ultima volta… sto parlando con te, Rachel!” concluse, rivolgendosi alla ragazza, che sbuffò sonoramente.
Blaine rivolse a Kurt uno sguardo che voleva chiaramente significare ‘questa voglio decisamente sentirla’, poi si alzò e si trascinò in mezzo all’aula come un condannato al patibolo.
Puck, a cui i due avevano deciso di chiedere aiuto per l’accompagnamento, si affiancò a lui, la chitarra già appesa al collo, e gli rivolse un sorriso di incoraggiamento.
Quando gli accordi della canzone che aveva scelto cominciarono a risuonare nella stanza, Blaine si sentì tutto ad un tratto molto più rilassato.
Afferrò con fare deciso l’asta del microfono in piedi di fronte a lui e cominciò a cantare:

It’s 72 degrees, zero chance of rain
It’s been a perfect day
We’re all spinning on our heels, so far away from real
In California
We watched the sunset from our car, we all took it in
And by the time that it was dark, you and me had something, yeah!

Le ragazze saltarono giù dalle loro sedie e si strinsero attorno a lui in un cerchio, ballando e scuotendo i capelli.
Mike si voltò per un attimo verso Sam, stringendosi nelle spalle, e i due si alzarono a loro volta, unendosi di buon grado alla follia generale.

And if this is what we’ve got, then what we’ve got is gold
We’re shining bright and I want you, I want you to know
The morning’s on it’s way, our friends all say goodbye
There’s nowhere else to go, I hope that you’ll stay the night

Blaine strizzò l’occhio a Kurt, che si ritrovò ad arrossire fino alla radice dei capelli: “Ok, rilassati, è solo una canzone, non te lo stava proponendo davvero… o sì?!”

We’ve been singing Billie Jean
Mixin’ vodka with caffeine
We’ve got strangers stopping by
And though you’re out of tune

Blaine ruppe il cerchio e si avvicinò lentamente a Kurt, le ginocchia che quasi si toccavano, e cantò i versi successivi con voce roca, rivolgendosi direttamente a lui:

Girl you blow my mind, you do
And I’ll say I don’t wanna say good night
There’s no quiet corner to get to know each other
And there’s no hurry I’m a patient man
Is your discover

Santana e Lauren si lasciarono sfuggire un fischio di approvazione e Blaine si affrettò a tornare verso il gruppo, permettendo ad una scatenatissima Brittany di coinvolgerlo in una coreografia improvvisata, mentre tutti gli altri univano le loro voci per cantare il ritornello.

Cause if this is what we’ve got, then what we’ve got is gold
We’re shining bright and I want you, I want you to know
The morning’s on it’s way, our friends all say goodbye
There’s nowhere else to go, I hope that you’ll stay the night
Just like the song on our radio set
We’ll share the shelter of my single bed

Blaine ripensò alle volte in cui lui e Kurt avevano effettivamente diviso lo spazio esiguo di un letto ad una piazza ed una piacevole sensazione di calore si diffuse nel suo petto.

But it’s a different tune that’s stuck in my head
And it goes…
If this is what we’ve got, then what we’ve got is gold
We’re shining bright and I want you, I want you to know
The morning’s on it’s way, our friends all say goodbye
There’s nowhere else to go, I hope that you’ll stay the night

Mentre le ultime note della canzone si spegnevano nell’aria, Mike  trascinò Rachel in un’ultima piroetta e la mandò a sbattere contro Finn, che la sorresse prontamente posandole le mani sui fianchi.
Rachel alzò sul ragazzo uno sguardo pienò di confusione e i due rimasero a fissarsi per alcuni lunghissimi istanti, sopraffatti per un attimo dal peso delle parole che avrebbero potuto dirsi se non fosse stato per la stanza piena di gente, se non fossero successe così tante cose, se non avessero avuto paura, se…
Quinn lanciò a Rachel un’occhiata furente e si affrettò ad afferrare il braccio di Finn, che lasciò immediatamente la presa e si allontanò con lei, senza nemmeno voltarsi indietro un’ultima volta.
Mercedes si avvicinò all’amica e le posò una mano sulla spalla per consolarla: “Vedrai, prima o poi si accorgerà di essersi comportato come un imbecille e tornerà sui suoi passi… devi solo dargli tempo, lo sai che ci mette un secolo anche solo per decidere cosa mangiare a pranzo!”
Rachel annuì e tornò a voltarsi verso gli altri, sorridendo leggermente alla vista offerta da Blaine e Kurt: i due se ne stavano uno di fronte all’altro sorridendo timidamente, le dita intrecciate e lo sguardo perso in quello dell’altro.
Mercedes scosse la testa, ridendo: “Non capirò mai come Blaine riesca a passare da una canzone in cui praticamente confessa senza tanti giri di parole di volere Kurt nel suo letto a questo comportamento da scolaretta… sembra che soffra di disturbi della personalità!”
“Okay, ragazzi,” li richiamò Will, alzando la voce per farsi sentire nello schiamazzo generale, “quanti sono a favore dell’ingresso di Blaine nel Glee club?”
Dal gruppo di ragazzi si levò un coro di incitamento e di esclamazioni di approvazione e Shuester si voltò sorridendo verso il ragazzo: “Blaine, ti do ufficialmente il benvenuto nelle New Directions.”

N.d.A.: la canzone cantata da Blaine è "Stay The Night" di James Blunt. Potete trovare il video QUI.

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Capitolo 21
*** Ventunesimo Capitolo ***


Gli spalti erano gremiti e Blaine stava cercando, senza successo, di individuare i suoi amici. Fortunatamente Finn riuscì a scorgerlo nonostante non svettasse esattamente in mezzo alla folla e gli fece cenno di unirsi a lui, poche file più in basso.
“Finalmente, amico, pensavo che te la saresti persa… Kurt ti avrebbe ucciso!”
Blaine sospirò, lasciandosi cadere sulla panca: “Siamo sicuri che non si tratti di un incontro dell’NBA? Cosa diavolo ci fa tutta questa gente ad una partita del liceo?!”
“Oh, non è solo per la partita… la maggior parte delle persone sono qui per i Cheerios.” lo informò Finn, guardandolo come se gli fosse spuntata una seconda testa... era davvero strano che fosse lui a dover spiegare qualcosa di così ovvio a qualcuno.
L’altro si voltò verso di lui con uno sguardo confuso: “Stai cercando di farmi credere che stanno facendo tutto questo casino… per delle cheerleader?”
Finn lo guardò incredulo, scuotendo la testa: “Amico, ma dove vivi? Quelle ragazze non sono solo delle cheerleader, sono… sono tipo le Jessica Alba di Lima… sexy e acqua e sapone?” proseguì con un’aria interrogativa e incoraggiante allo stesso tempo.
L’unica reazione proveniente da Blaine fu il fastidioso fischio di un encefalogramma piatto come il seno di Rachel (non che Finn si ritrovasse spesso a pensare a certe sconvenienti parti anatomiche della sua compagna, proprio no… semplicemente il paragone era troppo calzante per essere ignorato).
D’improvviso le luci si spensero e il ragazzo sorrise compiaciuto: “Aspetta solo un secondo e capirai.”
Il tintinnio di un tamburello e il suono profondo di un basso cominciarono a dettare il ritmo a tutto volume, seguiti a ruota dai colpi della batteria.
“Cosa diavolo..?” mormorò Blaine.  Le sue parole vennero coperte dall’esplosione di una chitarra elettrica.
Un occhio di bue si accese, illuminando un gruppo di cheerleader acciambellate a terra che facevano scivolare voluttuosamente le mani sulle gambe di un ragazzo, che fece scattare la testa in alto e cominciò a battere il ritmo con il piede.
Blaine sussultò visibilmente nel riconoscere Kurt e, avendo finalmente capito quello che stava per succedere, da brava scheggia qual era, protestò vivacemente: “Non esiste che riesca a cantare questa canzone! E’ completamente fuori dalle sue corde.”
“Oh, io non ne sarei così sicuro.” ribatté Finn, divertito, “E siccome è la tua prima volta eviterò di riportargli questo commento… forse così riuscirai ad evitare di farti staccare la testa dal collo… e altre cose da… beh, ci siamo capiti”
Un ultimo accordo e Kurt cominciò a cantare nel silenzio improvviso con un tono di voce impossibilmente basso:

So 1,2,3, take my hand and come with me
because you look so fine
and I really wanna make you mine.

Le ragazze si riscossero dalla loro immobilità e si sollevarono sulle ginocchia, ondeggiando a tempo di musica, per congelarsi immediatamente con l’interrompersi delle note.

I say you look so fine
that I really wanna make you mine.
Oh, 4,5,6 c'mon and get your kicks
now you don’t need that money
when you look like that, do ya honey.

L’ultima parola uscì come una sorta di brontolio sordo che scivolò con un brivido lungo la spina dorsale di Blaine.

Big black boots,
long brown hair,
she's so sweet
with her get back stare.

Le ragazze saltarono in piedi e cominciarono a strusciarsi addosso a Kurt e mio Dio, è stato davvero un docente ad ideare questa cosa?! Va talmente oltre il concetto di ‘appropriato’ che dovrebbe essere illegale!

Well I could see,
you home with me,
but you were with another man, yea!
I know we,
ain't got much to say,
before I let you get away, yea!
I said, are you gonna be my girl?

Di nuovo quel brontolio sordo, e Blaine cercò con tutte le sue forze di pensare al baseball (come se pensare a un gruppo di uomini armati di mazze fosse d’aiuto! si complimentò con se stesso), ma a quel punto Kurt cominciò a ballare e lui perse la capacità di concentrazione necessaria anche solo a pronunciarla, la parola baseball.

Well, so 1,2,3, take my hand and come with me
because you look so fine
and I really wanna make you mine.
I say you look so fine
that I really wanna make you mine.
 
Oh, 4,5,6 c'mon and get your kicks
now you don’t need that money
with a face like that, do ya.
 
Big black boots,
long brown hair,
she's so sweet
with her get back stare.

La scena ormai era talmente degenerata che più che in una palestra di un liceo sembrava di trovarsi in un bar per motociclisti sulla tangenziale: Kurt si era lasciato scivolare sul pavimento e stava gattonando in avanti con una serie di movimenti fluidi che costrinsero Blaine ad accavallare le gambe con quanta più nonchalance possibile per evitare che i presenti notassero il suo… problema.

Well I could see,
you home with me,
but you were with another man, yea!
I know we,
ain't got much to say,
before I let you get away, yea!
I said, are you gonna be my girl?

Cominciò ad agitarsi sulla sedia, pregando tutti i santi che conosceva perché facessero terminare quella stramaledettissima canzone.
Finn sembrò notare il suo disagio e si girò verso di lui, totalmente ignaro della lotta… interiore che stava affrontando: “Amico, che ti prende? Sembra che tu stia seduto sui carboni ardenti!”
Blaine si limitò a digrignare i denti e a sputare fuori un ‘Sto benissimo’ assolutamente poco convincente.
“Sei sicuro? Perché stai diventando di un colore strano, tipo rosso fotonico… non è che ti sta per venire un colpo o qualcosa del genere?’ si preoccupò l’altro, voltandosi completamente nella sua direzione e cominciando ad esaminarlo con aria preoccupata.
“Smettila immediatamente di fissarmi!” gli sibilò Blaine, piegando leggermente il busto in avanti e abbracciandosi le ginocchia.
Finn rimase per un attimo a bocca aperta, poi il suo sguardo scivolò sulle gambe strettamente incrociate dell’amico e un lampo di comprensione gli fece sgranare gli occhi: “Oh, andiamo, no! Cioè, stiamo parlando del mio fratellastro… ma non ce l’hai un minimo di autocontrollo?! Ora rimarrò traumatizzato per tutta la vita!”

Oh yea. Oh yea. C'mon!
I could see,
you home with me,
but you were with another man, yea!
I know we,
ain't got much to say,
before I let you get away, yea!
Uh, be my girl.
Be my girl.
Are you gonna be my girl?! Yea

Le note della canzone non si erano ancora spente e già Blaine si era lanciato giù dalle gradinate, in un tentativo disperato di raggiungere Kurt prima che si ritirasse negli spogliatoi.
Riuscì ad afferrarlo per una mano proprio un secondo prima che raggiungesse la porta.
Il ragazzo gli sorrise, entusiasta: “Allora, come ti è sembrata l’esibizione?”
Blaine lo attirò semplicemente a sé, premendo il corpo contro il suo: “Come starai di certo notando, l’ho apprezzata moltissimo.”
Kurt gli posò una mano sulla nuca e lo trascinò in un bacio che li lasciò entrambi senza fiato.
“Dammi solo cinque minuti,” mormorò contro le sue labbra, “il tempo di togliermi la divisa e possiamo andarcene.”
Blaine mugugnò qualcosa di incomprensibile e Kurt inclinò la testa di lato, perplesso: “Credo di non aver afferrato quello che hai detto.”
“Ho detto che in realtà speravo che la tenessi.” mormorò l’altro, muovendosi a disagio da un piede all’altro.
Kurt sgranò gli occhi per un secondo, poi scoppiò a ridere: “Blaine Anderson, sei un… un… pervertito!”
Blaine alzò di scatto la testa, preoccupato, ma fu rassicurato dalla scintilla divertita nello sguardo del suo ragazzo.
Il suddetto ragazzo si chinò verso di lui e lo baciò rapidamente sulle labbra.
“Dammi solo un secondo… prendo la mia roba.” Gli sussurrò, prima di sparire dietro la porta degli spogliatoi.
Blaine si appoggiò contro il muro con un sospiro di sollievo, un enorme sorriso ebete stampato sul volto.
Se fosse stato maggiormente in sé sarebbe forse stato in grado di notare che si era appena comportato come una sottospecie di inquietante feticista del poliestere, ma in quel momento era consapevole solo del fatto che avrebbe passato il pomeriggio a baciare Kurt fino allo sfinimento… Blaine Anderson era perfettamente felice.

La canzone cantata da Kurt è "Are You Gonna Be My Girl?" dei Jet. Potete ascoltarla QUI.

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Capitolo 22
*** Ventiduesimo Capitolo ***


Kurt Hummel non era mai stato particolarmente forte, ma quella sera, quando entrò in casa sbattendo la porta, riuscì a fare un baccano tale da svegliare perfino suo padre, che si era accasciato sul divano davanti a quel programma di approfondimento così stimolante che gli aveva consigliato Carole.
A metà fra l’allibito e il preoccupato, l’uomo osservò suo figlio transitare con la stessa foga di un uragano attraverso il soggiorno per tuffarsi in cucina (probabilmente in cerca di un’ignara vittima in cui affondare i suoi affilati artigli freschi di manicure).
Burt considerò per un attimo la possibilità di sgattaiolare come un ninja al piano superiore e fare finta di essere morto: se avesse avuto a che fare con un orso inferocito quella sarebbe di certo stata una tattica vincente, ma cominciava a sospettare di avere a che fare con una iena che si sarebbe probabilmente divertita un mondo ad infierire con sadismo sul suo cadavere indifeso.
Decise quindi di assecondare l’imprudente ondata di istinto paterno che gli aveva invaso il petto e seguì Kurt in cucina per porgli una delle domande che avrebbe potuto essere inserita a buon diritto nel manuale ‘Cose da non chiedere ad un adolescente se non vuoi che ti stacchi la testa dal collo e la usi come fioriera’: “E’ successo qualcosa?”
Il ragazzo si voltò con gli occhi pericolosamente iniettati di sangue, l’espressione rassicurante di un pluriomicida che ha appena ricevuto per posta il nuovo set di coltelli Shogun (Chissà se riescono davvero a tagliare una recinzione metallica, si chiese oziosamente Burt prima di tornare a focalizzarsi sulla possibilità molto più concreta di essere sventrato come un cervo nella stagione della caccia dalla sua stessa progenie).
“Secondo te?” sibilò la suddetta progenie, stringendo la busta del latte con tanta forza da far saltare via il tappo e schizzare il contenuto su ogni superficie nel raggio di due metri.
“Amico, è una domanda trabocchetto! Se vuoi un consiglio, non rispondere.” lo ammonì Finn, che era appena entrato in cucina.
Si diresse verso il frigo senza trovare apparentemente nulla di strano nel fatto che il tavolino e il fornello sembravano essersi magicamente tramutati in caseifici di fortuna: “Se gli rispondi di no ti chiederà come fai ad essere così insensibile, se invece opti per il sì rilancerà con un ‘E allora cosa lo chiedi a fare?’, per poi chiudere la questione aggiungendo che comunque non sono affari tuoi.”
“Come fai a sapere tutte queste cose?” si meravigliò Burt, guardando il figliastro con occhi colmi di un rinnovato rispetto e con un filo di incredulità.
Finn liquidò la questione alzando le spalle: “Prova a giostrarti anche solo per una settimana fra Quinn e Rachel… imparare queste cose è tipo un requisito fondamentale per sopravvivere senza riportare danni fisici e mentali permanenti.”
Kurt si voltò verso l’altro ragazzo come una furia: “Per caso mi hai appena paragonato a quelle pazze psicotiche delle tue fidanzate? E poi scusa, perché hai preso subito le sue parti?”
Finn alzò le braccia in segno di resa: “Scusa, amico... solidarietà maschile!”
“Solidarietà maschile?! E io cosa sarei, Candy Candy?!”
“Ti mancano il procione e l’istinto da crocerossina, ma… per il resto direi che ci siamo.” ridacchiò l’altro.
A quel punto Kurt si sentì decisamente punto sul vivo: “Ehi, io sono decisamente pieno di istinto da crocerossina. Digli come mi sono preso cura di te dopo il tuo primo infarto, papà!”
Burt si fece piccolo piccolo e cominciò a mormorare qualcosa di incomprensibile, in cui a Finn sembrò però di scorgere le parole regime dittatoriale. Per la sua stessa salute mentale decise comunque di non infierire sul fratellastro e tornò rapidamente all’argomento di partenza: “Allora, sputa il rospo: cosa è successo? Hai litigato con Blaine?”
Kurt tornò a strizzare con ferocia la busta del latte, fortunatamente ormai vuota: “Quel… quel… piccolo, lurido…”
Finn gli tappò prontamente la bocca con la mano e inarcò le sopracciglia: “Adesso rilassiamoci, facciamo un respiro profondo e ricominciamo da capo evitando di sfidare la sorte con dei termini che ci farebbero finire in punizione per un mese o giù di lì, ok?”
L’altro annuì e lui lo lasciò libero di parlare.
“Ieri sera Blaine mi ha portato a cena in un nuovo ristorante francese che hanno aperto vicino Westerville.” cominciò Kurt, dopo aver inspirato ed espirato profondamente un paio di volte, “Inizialmente stava andando tutto a meraviglia, il posto era davvero carino e nessuno ci ha minacciato di morte nonostante ci stessimo tenendo per mano… insomma, la serata sembrava decisamente promettente.”
“E poi? Cos’è successo?” chiese incuriosito Finn, addentando l’avanzo di un sandwich che probabilmente aveva già fatto la domanda per la cittadinanza nel frigo.
“Poi è arrivato quello.” concluse Kurt con aria tetra.
Quando gli altri due si limitarono a fissarlo con aria interrogativa, proseguì con un sospiro esasperato: “Il cameriere. Quello svergognato ha cominciato a flirtare spudoratamente con Blaine nonostante fosse palese che eravamo lì insieme. Si comportava come se io non esistessi: gli posava la mano sulla spalla, gli sorrideva allusivo e gli ha persino fatto un complimento per i suoi capelli!”
“Beh, effettivamente Blaine ha dei capelli splendidi.” si trovò a commentare molto virilmente Finn, ma venne subito zittito da un’occhiata omicida.
“C’è una riunione di famiglia e non sono stata invitata?” commentò Carole con un sorriso, entrando con la spesa.
“Un cameriere ha fatto il cascamorto con Blaine.” la aggiornò Burt in maniera estremamente coincisa.
“E lui cos’ha fatto?” chiese prontamente Carole, mollando la spesa in terra e inerpicandosi su uno sgabello.
“Ci credereste? Lui non ha fatto assolutamente niente!” esplose Kurt, spalancando le braccia in maniera teatrale.
Gli altri tre lo guardarono con espressione impassibile per un minuto.
“Definisci meglio il concetto di niente.” si arrischiò prudentemente a proporre Burt.
“Niente significa niente. Ha continuato a ringraziarlo tutto giulivo come se niente fosse e gli ha addirittura lasciato la mancia!” spiegò il ragazzo, completamente scandalizzato.
“Tesoro,” si intromise Carole, “hai pensato che Blaine a volte tende ad essere un po’, come dire, leggermente inconsapevole di quello che lo circonda?”
Kurt la guardò con gli occhi sgranati: “Vuoi dire che secondo te non si è nemmeno accorto che quell’idiota ci stava provando come un disperato? Fidati, era davvero troppo evidente, se ne sarebbe accorto anche un cieco, era tutta una… vibrazione!”
“Io non ne sarei così sicura. Blaine non è esattamente una persona… percettiva, quando si tratta di queste cose: probabilmente era talmente concentrato sulla vostra serata che non gli è passato nemmeno per l’anticamera del cervello che quel ragazzo ci stesse provando.”
Finn tornò ad inserirsi nella conversazione: “Ma tu con Blaine ci hai parlato?”
Kurt annuì secco: “Certo, non appena siamo usciti nel parcheggio l’ho affrontato.  Alla fine gli ho urlato contro e me ne sono tornato a casa, perché lui continuava a chiedermi cosa aveva fatto per farmi infuriare tanto. Cioè, riuscite a credere alla sua sfacciataggine?!”
I suoi familiari lo fissarono per un secondo, poi Carole si decise a pronunciare la frase più utile della serata: “Finn, mi prenderesti la griglia sullo scaffale più alto? Stasera voglio cucinare delle bistecche.”
 
 
Kurt si lanciò fuori dalla sua auto sistemandosi freneticamente il colletto della camicia: la sera prima non era riuscito ad addormentarsi e quella mattina non aveva sentito la sveglia, quindi ora si trovava a dover gestire un ritardo titanico.
Stava già per oltrepassare i familiari cancelli della McKinley, quando una voce familiare lo sferzò da dietro: “Kurt Hummel! Sei davvero in un mare di guai!”
Il ragazzo ruotò su se stesso e si ritrovò a fronteggiare Wes e David, che al momento lo stavano guardando come se fosse l’insetto più ributtante mai strisciato fuori dalle viscere della terra.
“Cos’hai fatto al nostro povero, piccolo Blaine?” ruggì Wes, che sembrava la versione asiatica e smilza di una leonessa che difende il suo cucciolo.
“Cos’ho fatto io a lui?” scattò subito Kurt, “Forse se avesse evitato di mettersi praticamente a sbavare sul cameriere del ristorante proprio davanti ai miei occhi, rovinando il nostro appuntamento, non ci troveremmo in questa situazione!”
“Come ho fatto a non pensarci?!” esclamò Wes, alzando le braccia al cielo, “E’ ovvio che Blaine ha passato tre ore a compatirsi sopra una vaschetta di gelato solo perché avevi scoperto il suo subdolo piano!”
“Blaine Anderson: come conquistare il mondo un cameriere alla volta…” continuò David con aria ispirata, per poi tornare a voltarsi verso di lui: “Spero che tu ti renda conto di aver commesso un errore ridicolo!”
Kurt batté il piede a terra, indispettito, e avanzò di un passo per fronteggiarli: “Non vedo proprio come le cose fra noi due possano essere affar vostro! Blaine è grande e vaccinato e mi sembra perfettamente in grado di affrontare la cosa da solo, senza bisogno che voi due gli facciate da balia.”
Wes e David si lanciarono uno sguardo nervoso e sembrarono immergersi per un attimo in una sorta di comunicazione muta, poi annuirono impercettibilmente e tornarono a voltarsi verso di lui: “Vedi, Kurt… Blaine non è sempre stato quello che conosci tu. Quando è arrivato alla Dalton, sembrava terrorizzato da tutto e da tutti: sobbalzava quando qualcuno sbatteva una porta, non incrociava mai lo sguardo del suo interlocutore e si tirava indietro come se si fosse scottato ogni volta che una persona si azzardava anche solo a provare a sfiorarlo.”
Il ragazzo spostò lo sguardo dall’uno all’altro, evidentemente confuso, ma fece loro segno di proseguire.
“Sono passati mesi prima che io e Wes riuscissimo ad avvicinarlo, e Dio solo sa se ci abbiamo messo impegno!” continuò David con un sospiro, “Alla fine siamo riusciti a vincere la sua diffidenza e lo abbiamo convinto ad unirsi ai Warblers: la nostra intenzione era solo quella di spingerlo a socializzare un po’, non immaginavamo nemmeno che dentro quel nanerottolo si nascondesse una voce del genere.”
Nonostante tutto, il cuore di Kurt si contorse disperatamente al pensiero di un Blaine tanto fragile e spaventato.  
“Anche dopo che siamo diventati amici, però, Blaine ha continuato a comportarsi in maniera composta e controllata.” riprese Wes, “Non si lasciava mai andare del tutto, non rideva mai apertamente e quando cantava stava sempre attento ad evitare di rivolgersi a qualcuno in particolare, come se avesse paura che gli altri avrebbero potuto avere chissà quale reazione violenta.”
Kurt si lasciò sfuggire una risata amara: “Credetemi, capisco fin troppo bene la paura di Blaine!”
David lanciò un’occhiata incerta a Wes e cercò di arrivare al punto: “E’ per questo che ci siamo stupiti così tanto quando vi siete incontrati: di punto in bianco Blaine ha alzato la testa e ha cominciato a cantare fissando negli occhi questo ragazzo che non aveva mai visto… e da allora non ha mai smesso. Ha sempre cantato solo ed esclusivamente a te.”
“Quindi non ci venire a raccontare che ha anche solo vagamente pensato di tradirti.” lo interruppe il compagno, “Tu non puoi saperlo, ma senza nemmeno rendertene conto l’hai preso per mano e l’hai aiutato a ritrovare se stesso: da quel momento in poi Blaine non ha più visto nessun altro. Forse a volte è un po’ goffo e non sa esattamente come dirtelo, ma te lo dimostra praticamente di continuo.”
Il senso di colpa sommerse Kurt fino a soffocarlo e il ragazzo dovette combattere contro l’impulso di lanciarsi dentro la scuola per cercare Blaine e implorarlo di perdonarlo per essersi comportato come il più enorme degli idioti.

Si trattenne solo per i pochi secondi necessari a ringraziare Wes e David, poi oltrepassò di corsa i cancelli della McKinley. 

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Capitolo 23
*** Ventitreesimo Capitolo ***


Kurt pensava che per sistemare le cose gli sarebbe bastato trovare Blaine, spiegargli la situazione e magari prostrarsi un po’ ai suoi piedi e leccargli le scarpe (scarpe decisamente orrende, peraltro, e questo avrebbe dovuto fornirgli l’esatta misura del suo grado di pentimento).
Entro l’ora di pranzo, però, si era accorto che il suo piano presentava un’unica, enorme falla: Blaine si era dimostrato scarsamente collaborativo e sembrava decisamente restio a farsi trovare e a parlare con lui.
“Dovresti vederlo, Mercedes,” sospirò, accasciandosi pesantemente sul tavolo della mensa, “mi evita come se fossi una specie di mostro crudele!”
“Non ti sembra di essere un tantinello drammatico, Kurt?” ridacchiò la ragazza, selezionando con cura una crocchetta di patate e cominciando a sgranocchiarla.
L’altro scosse la testa: “Non sto esagerando per niente! Stamani, dopo l’ora di scienze, sono riuscito a raggiungerlo nel corridoio e l’ho afferrato per un polso. Quando si è voltato mi ha guardato con un’espressione talmente… ferita che l’ho lasciata andare via. Penso di non essermi mai sentito tanto in colpa in vita mia!”
 “Bene, forse questo ti servirà da lezione!” esclamò Mercedes, dopo un attimo di silenziosa meditazione.
Kurt le lanciò uno sguardo di feroce disapprovazione, ma lei non si scompose per nulla: “Tesoro, lo sai che ti voglio bene, ma a volte tendi ad essere un tantino… prepotente? Viziato? Ti è praticamente capitato fra le mani (e spero non solo figurativamente) il ragazzo perfetto e tu continui a darlo per scontato, come se tutto quello che fa ti fosse dovuto. Ti sei forse dimenticato di com’era la tua vita prima di conoscere Blaine? Perché io non l’ho fatto!”
Il ragazzo la fissò a bocca aperta per un minuto, poi tornò ad accasciarsi sul tavolo in un impeto di autocompatimento: “Oddio, mi sono comportato da idiota! Se Blaine non volesse più vedermi avrebbe tutte le ragioni del mondo. Spero che i germi letali che popolano questa superficie abbiano pietà di me e mi uccidano.”
Mercedes roteò gli occhi in attesa che finisse quel momento di commiserazione, poi allungò distrattamente una mano e gli somministrò un paio di distratte pacche di consolazione sulla spalla: “Non disperarti, tesoro. Sono sicura che troverai un modo per mettere le cose a posto.”
“E se non volesse più vedermi? Se non mi parlasse mai più?” pigolò Kurt, ormai ridotto ad uno straccetto piagnucolante.
La ragazza ridacchiò, ormai sicura che Kurt si fosse completamente dimenticato di cosa li aspettava nel pomeriggio: “Non credo che potrà evitare nessuna della due cose… a meno che non sia in grado di duettare con te ignorandoti completamente.”
Kurt sgranò gli occhi in un moto di orrore: “Oh, no… ti prego, non dirmi che oggi dobbiamo esibirci per la gara di duetti al Glee Club! Non dirmelo, ti prego!”
“Se vuoi posso anche non dirtelo,” lo accontentò Mercedes, “ma non credo che lasciarlo da solo in una circostanza del genere aumenterebbe le tue possibilità di riconciliarti con lui.”
L’unica reazione di Kurt fu sbattere per l’ennesima volta la testa contro il tavolino.
 

 

Kurt si trascinò nell’aula del Glee Club come un condannato a morte verso il patibolo. Quando vide che Blaine non era ancora arrivato, si lasciò cadere pesantemente sulla sedia accanto a quella di Rachel e chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie.
Rachel lo fissò per un attimo, interdetta: “C’è qualcosa che non va?”
Lui si voltò a guardarla e si lasciò sfuggire un sospiro esausto: “Chiedimelo fra un paio d’ore.”
La ragazza decise di non indagare oltre e si limitò ad annuire.
Kurt si rese conto solo in quel momento che l’amica stava probabilmente attraversando un momento difficile: ovviamente Finn si sarebbe esibito con Quinn e questo la metteva in una posizione decisamente difficile.
“Con chi duetterai oggi?” le chiese, cercando di mantenere casuale il tono della voce.
Lei lo guardò, sorridendo stancamente: “Non è necessario che ti comporti come se stessi camminando sulle uova, Kurt. E’ una cosa carina, ma sapevamo fin dall’inizio che non avrebbe mai cantato con me. Mi esibirò con Artie, anche lui è senza una compagna.”
Proprio in quel momento entrò Blaine, che andò a sedersi vicino a Brittany senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
Rachel corrugò la fronte e si voltò di scatto verso Kurt, in cerca di una spiegazione, ma venne interrotta dall’ingresso in aula del professor Shuester, che con il suo solito, ingiustificato entusiasmo cominciò a blaterare sull’importanza del compito della settimana e sulla gioia che poteva nascere dall’unione di due voci.
“Dio… sembra un orsetto del cuore strafatto di crack.” mugugnò  Santana, evidentemente intollerante al glucosio che sembrava trasudare dalla voce di Will.
Lauren nel frattempo stava fissando con un’espressione sconvolta Puck, che si era portato una mano al petto e aveva gli occhi lucidi: “Strano, l’ultima volta che ho controllato ero sicura che ce le avesse le palle.”
Mercedes ridacchiò divertita al commento, mentre Sam e Mike, vista la reazione della compagne, stavano cercando disperatamente di non seguire l’esempio di Puck.
Tina fissò il suo ragazzo scuotendo la testa e limitandosi a mugugnare qualcosa sull’ideale asiatico dell’uomo duro e puro.
Mr. Shuester concluse finalmente la sua sviolinata e passò subito a chiamare la prima coppia che si sarebbe esibita, Mike e Tina.
I due, per non sfidare troppo la sorte (e le doti canore di Mike), avevano scelto “Something Stupid”, nella versione di Robbie Williams e Nicole Kidman. Le lacune vocali del povero Mike vennero compensate dal modo in cui fece volteggiare Tina nel più romantico passo a due che la sala avesse mai ospitato.
Alla fine del pezzo i due si strofinarono i nasi nel loro classico bacio asiatico e tornarono a posto fra gli applausi dei compagni.
Poi fu la volta di Rachel ed Artie, che si cimentarono con “Till We Ain't Strangers Anymore” di Bon Jovi e LeAnn Rimes: il loro duetto era sicuramente impeccabile dal punto di vista vocale, ma fra loro mancava completamente la chimica… anche perché tutti sapevano che avrebbero voluto cantare con un altro partner.
Rachel tornò a sedersi, delusa, sapendo bene di non avere la benché minima speranza di aggiudicarsi la vittoria con una prestazione del genere. 
Mr. Shuester esalò un sospiro di preoccupazione e chiamò in scena Lauren e Puck, rassegnandosi all’inevitabile.
Finn si alzò con loro e si accomodò alla batteria, mentre Puck si impossessò della chitarra elettrica, rendendo sempre più pessimistiche le ipotesi di sciagura che invadevano la mente di Will ogniqualvolta pensava alla coppia.
Puck e Finn cominciarono a suonare una musica decisamente rock e dopo poche note il resto del gruppo fu in grado di riconoscere con un certo orrore l’introduzione della canzone “I love rock’n’roll”.
Kurt fissava il palco con gli occhi sgranati: “Mi sento come un passante che si trova di fronte un incidente cruento: so che sarà una scena orribile e che quello che vedrò mi toglierà il sonno per svariate notti a venire, ma non riesco a distogliere lo sguardo!”
“Sono morbosamente affascinata… un po’ come in quei filmati in cui la mantide stacca la testa al maschio e se lo divora.” sussurrò Mercedes, inclinando leggermente il capo.
Nel frattempo Lauren si era lasciata cadere in ginocchio e stava cantando con voce alquanto discutibile, lasciandosi ad andare a movimenti ammiccanti ancora più discutibili.
Quando cominciò a roteare i fianchi come un’invasata sbattendo i capelli a destra e a manca, Will si lasciò sfuggire un gemito di disperazione e nascose il volto fra le mani, incapace di assistere oltre a quello spettacolo.
Alcuni minuti (e molte scene vietate ai minori) dopo, Puck e Lauren tornarono a sedere accompagnati dal silenzio attonito degli altri.
Brittany si sporse in avanti sulla sedia e picchiettò leggermente con un dito sulla spalla di Lauren, costringendo la ragazza a voltarsi con un’espressione truce stampata sul volto.
La cheerleader sorrise in modo innocente e batté le mani eccitata: “Devi sapere che la tua capellografia era assolutamente FANTASTICA! Fidati, io sono un’esperta nel settore: guarda!”
Detto questo saltò in piedi e cominciò a  scuotere i capelli come se la stessero sottoponendo ad un intenso elettroshock. Lauren si limitò ad alzare gli occhi al cielo e a scuotere la testa.
Nel frattempo Quinn aveva raggiunto Finn accanto al pianoforte. Ad un suo cenno Brad cominciò a suonare “Broken Strings” di James Morrison.
Fin dalle prime battute fu chiaro a tutti che la scelta non era stata delle più felici: la canzone si adattava perfettamente alle doti vocali di Finn, ma era totalmente al di fuori della portata di Quinn, che con la sua voce esile non riusciva a rendere assolutamente giustizia all’intensità della canzone.
“Stupida,” sospirò Rachel accanto all’orecchio di Kurt, “aveva praticamente la vittoria in tasca e l’ha buttata via perché ha voluto strafare.”
Proprio in quel momento lo sguardò di Finn incrociò il suo e i due restarono praticamente incatenati, disperdendo anche quella poca emozione che i due interpreti erano riusciti a ricreare e mandando su tutte le furie Quinn, che al termine dell’esibizione lasciò precipitosamente la stanza, fumante di rabbia, seguita a ruota dal suo ragazzo.
Mr. Shuester, ormai giunto ad indicibili livelli di frustrazione, decise di chiamare Sam e Mercedes, sperando che almeno loro avessero avuto un briciolo di buon senso nella scelta della canzone.
I due non lo delusero ed eseguirono una versione più che accettabile di “Against All Odds”. La canzone era forse eccessivamente diabetica per i suoi gusti, ma almeno erano riusciti ad evitare drammi e scene vietate ai minori. A tal proposito…
“Santana, Brittany… tocca a voi.” mugugnò il professore, non illudendosi nemmeno per un attimo che quelle due sarebbero riuscite a mantenere le cose entro i limiti della decenza.
Quasi a voler confermare i suoi sospetti, le ragazze fecero scivolare via dalle loro spalle i giubbotti, rimanendo avvolte soltanto da un paio di pantaloni di pelle che fasciavano loro i fianchi e da un microscopico top nero.
Will scattò in piedi cercando di protestare, ma le due ormai avevano fatto partire la base e una musica orientaleggiante si stava già diffondendo nella stanza.
“Qui si mette male, anzi, malissimo!” gemette Will, strappandosi quasi i capelli per la disperazione.
“Parli per lei, prof! Qua si mette da Dio!” commentò eccitato Puck, mentre le due cheerleader cominciavano a gemere ed ansimare in maniera sospetta a ritmo con la musica.
“Assomiglia stranamente ad un sogno che ho fatto l’altra notte…” mormorò Sam, fissando Brittany e Santana, che avevano cominciato a cantare e ad ancheggiare sinuosamente a tempo di musica, riproducendo in maniera più che fedele la sensuale coreografia di “Beautiful Liar”, il video di Shakira e Beyonce.
L’esibizione stava mettendo a dura prova tutti i maschi etero del Glee Club, che si ritrovarono a dover fare i conti con un copioso aumento della salivazione e si videro costretti  ad accavallare le gambe per nascondere un problemino che sarebbe probabilmente diventato un grosso, grosso problema (nei casi più fortunati) entro pochi minuti.
Le ragazze terminarono il pezzo strusciandosi contro il muro in una maniera che sarebbe stata probabilmente considerata un insulto alla morale perseguibile penalmente in almeno quarantatré dei cinquanta stati americani.
Sam, Puck e Mike saltarono in piedi applaudendo entusiasticamente, dimenticandosi per un attimo della loro condizione sconveniente. Tale condizione fu ben presto portata all’attenzione di tutti da Tina, che colpì in pieno il fidanzato con un destro nella zona suddetta.
Mike si accasciò al suolo, subito seguito da Puck (ovviamente Lauren non aveva visto di buon occhio l’entusiasmo con cui aveva seguito la performance vagamente erotica delle due fanciulle), mentre Sam cercava di resistere all’impulso di correre ad accasciarsi contro la parete per accarezzarla voluttuosamente.
Il professor Shuester, ormai totalmente devastato e incapace di imporre una qualsivoglia forma di controllo alla classe, alzò stancamente il capo: “Kurt, Blaine, mancate solo voi due. Fate del vostro peggio, finitemi… tanto ormai non ho più la forza di reagire!”
Kurt si alzò titubante e si diresse verso il centro dell’aula. Finn, che era tornato a sedersi al suo posto, gli strinse brevemente il braccio in segno di incoraggiamento e gli sorrise.
Kurt prese posizione accanto a Blaine, che continuò ad evitare il suo sguardo con fredda ostinazione e si limitò a dare il via a Brad con un cenno del capo.
I loro compagni sembrarono percepire la tensione fra i due e le prime note della canzone riecheggiarono in un silenzio decisamente inusuale.
Kurt e Blaine cominciarono a cantare e le New Directions si ritrovarono a trattenere il fiato senza nemmeno rendersene conto.

I find the map and draw a straight line
Over rivers, farms, and state lines
The distance from here to where you'd be
It's only finger-lengths that I see
I touch the place where I'd find your face
My finger increases of distant dark places

Blaine continuava a tenere ostinatamente la testa abbassata e Kurt stava ormai disperando di riuscire a superare le difese che il ragazzo si era costruito intorno: non importava quanto lui si sforzasse, sembrava che le sue parole non riuscissero nemmeno a raggiungerlo.

I hang my coat up in the first bar
There is no peace that I've found so far
The laughter penetrates my silence
As drunken men find flaws in science

Un attimo di distrazione e Blaine si trovò ad alzare gli occhi, incrociando immediatamente quelli di Kurt che lo cercavano ansiosamente. Da quel momento si ritrovò irresistibilmente calamitato, incapace di distogliere lo sguardo e di nascondere all’altro i suoi sentimenti e le sue debolezze. L’altro li lesse tutti in un solo attimo e cercò di infondere nella canzone tutto il suo rimorso.

Their words mostly noises
Ghosts with just voices
Your words in my memory
Are like music to me

Kurt si ritrovò a pensare che se avessero cercato apposta una canzone adatta alla loro situazione attuale, non sarebbero mai riusciti a trovarne una migliore. Senza nemmeno rendersene conto allungò una mano, sicuro che l’altro l’avrebbe ignorata e sarebbe tornato a fissare il vuoto di fronte a sé.
Blaine guardò per un attimo la mano tesa verso di lui e Kurt serrò gli occhi, incapace di affrontare il rifiuto. Dopo alcuni secondi, però, sentì delle dita stringere incerte le sue e si ritrovò a fissare Blaine che lo guardava con espressione titubante.

I'm miles from where you are,
I lay down on the cold ground
I, I pray that something picks me up
And sets me down in your warm arms

Kurt strinse forte la mano di Blaine e lo attirò più vicino. I due cominciarono a cantare la seconda strofa sussurrando, i visi separati solamente da una manciata di centimetri.

After I have travelled so far
We'd set the fire to the third bar
We'd share each other like an island
Until exhausted, close our eyelids
And dreaming, pick up from
The last place we left off
Your soft skin is weeping
A joy you can't keep in

Kurt capì che a discapito dei malintesi, delle gelosie e delle incomprensioni, quella corrente che scorreva inesorabile fra di loro quando cantavano sarebbe sempre stata lì, pronta a sostenerli e a ricondurli l’uno verso l’altro quando perdevano la strada.
Anche Blaine sembrava esserne cosciente, perché adesso stava infondendo nelle note e nelle parole un’intensità tale da dare loro l'impressione di non essere mai stati così vicini, nemmeno quando si stringevano e sentivano di essere completamente soli nel loro mondo.

I'm miles from where you are,
I lay down on the cold ground
And I, I pray that something picks me up
and sets me down in your warm arms
 
And miles from where you are,
I lay down on the cold ground
and I, I pray that something picks me up
and sets me down in your warm arms

Non appena le ultime note si furono spente nella stanza, Blaine buttò le braccia al collo dell’altro, stringendolo disperatamente a sé.
Kurt non riusciva a far altro che continuare a mormorare mi dispiace, incurante degli applausi e delle lacrime dei suoi compagni (perfino Lauren e Santana, a modo loro commosse dall’intensità delle esibizione, si erano astenute dal fare commenti sulla mancanza di attributi di questo o quell’esemplare di sesso maschile).
Blaine affondò il viso nell’incavo della spalla dell’altro e finalmente sussurrò: “Stai tranquillo, Wes e David mi hanno spiegato cos’è successo. Va tutto bene…”
Kurt si ritrovò per l’ennesima volta ad inviare una silenziosa preghiera di ringraziamento ai suoi due angeli custodi pesantemente squilibrati e strofinò le labbra contro la guancia di Blaine, in un gesto a metà fra un bacio e una carezza: “Mi dispiace di essere stato così stupido, ma avevo paura che…”
L’altro lo interruppe baciandolo brevemente sulle labbra e posò la fronte contro la sua, sorridendo dolcemente: “Hai bisogno di sentirtelo dire?”
Kurt annuì e chiuse gli occhi, vergognandosi della sua insicurezza che nonostante tutto non riusciva proprio a mettere da parte.
Il profumo che gli era mancato più dell’aria, il respiro caldo di Blaine contro il suo orecchio.
 “Kurt, io vedo solo te.” 

N.d.A. : Ecco di seguito tutte le canzoni nominate nel capitolo:

"Something Stupid" di Robbie Williams e Nicole Kidman --> VIDEO
“Till We Ain't Strangers Anymore” di Bon Jovi e LeAnn Rimes --> VIDEO
“I love rock’n’roll” di Joan Jett & the Blackhearts --> VIDEO
“Broken Strings” di James Morrison e Nelly Furtado --> VIDEO
“Against All Odds” dei Westlife e Mariah Carey --> VIDEO
"Beautiful Liar" di Shakira e Beyonce --> VIDEO
"Set The Fire To The Third Bar" degli Snow Patrol e Marta Wainwright  --> VIDEO

Un grazie a erienne1983 e a SweetKaaos, che hanno contribuito alla scelta delle canzoni 

Un grazie paricolare a erienne che mi ha supportato (leggi sopportato) durante la stesura di questo capitolo XD

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Capitolo 24
*** Ventiquattresimo Capitolo ***


In mostruoso ritardo a causa del lavoro estivo che non mi ha lasciato tregua, ecco a voi il ventiquattresimo capitolo. Se Dio vuole la stagione è finita e d'ora in poi sarò in grado di riprendere a pubblicare in maniera regolare :)



Il giorno dopo, i membri del Glee Club trovarono Mr. Shuester ad aspettarli nell’aula del coro.
“Uh… non promette per niente bene!” borbottò Mercedes, prendendo nota dell’aria eccitata del loro insegnante.
“Non avrà mica trovato un pezzo dei Journey che non abbiamo ancora cantato...? Non è possibile… vero?!”  sussurrò Kurt mentre prendevano posto, il volto contorto in una smorfia inorridita.
Rachel scosse il capo, rassicurandolo immediatamente: “No, ho effettuato dei controlli incrociati su tutti i motori di ricerca esistenti al mondo ed ho passato al setaccio anche tutte le performance live… fidati, non esiste una canzone di quel gruppo che non abbiamo eseguito, analizzato e sviscerato con slancio.”
“Oddio… e se avesse creato un nuovo medley? O peggio… un remix?” sibilò Quinn, sporgendosi leggermente in avanti e mordendosi le labbra in segno di nervosismo.
“Oh no, no me gusta!” esclamò Santana, saltando in piedi pronta a protestare vivacemente come al solito.
Finn la afferrò prontamente, costringendola a rimettersi a sedere, e Kurt la ammonì sottovoce, sventolandole un dito sotto il naso: “Non possiamo permetterci un rischio del genere! Se si trattasse di qualcos’altro e instillassimo in lui questa fantastica idea sareste costretti ad allontanarmi con la forza dall’espositore delle lamette al supermercato.”
Blaine li fissò per un attimo, confuso: “Scusate, ma credo di non seguirvi: cos’hanno che non va i Journey? Le loro canzoni non sono male…”
Tutti si voltarono immediatamente verso di lui con espressione omicida.
“Prova tu a cantare fino alla nausea l’intera discografia di una band che era sulla cresta dell’onda quando tu eri ancora un ovulo e poi ne riparliamo!” lo apostrofò Kurt in tono stizzito.
Blaine decise che tacere avrebbe indubbiamente giovato alla sua salute mentale e fisica e si mise a fissare con intensità inquietante i lacci delle sue scarpe.
Proprio in quel momento Will batté le mani per richiamare la loro attenzione: “Ragazzi, ho due splendide notizie per voi!”
“Fa che non siano un medley e un remix!” gemette Quinn, “Non potrei sopravvivere al trauma.”
“La prima notizia riguarda il premio per i vincitori della gara di duetti…” cominciò il professore, riuscendo a risolvere in un nanosecondo tutti i problemi di deficit dell’attenzione millantati dai suoi allievi, “Questa volta ho deciso di mettere in palio qualcosa di decisamente più interessante… la coppia che sceglierete avrà l’occasione di ripetere la sua performance davanti al pubblico delle nazionali.”
Il silenzio che seguì quest’affermazione venne rotto soltanto da un’imprecazione di Rachel talmente volgare che Santana si voltò a guardarla con rinnovato rispetto.
Will decise di ignorare l’episodio e proseguì imperterrito nella sua spiegazione: “Fra una settimana esatta ci ritroveremo in quest’aula e ad ognuno di voi verrà chiesto di votare.”
Artie alzò la mano, chiedendo il permesso di parlare: “Mr. Shuester, perché dobbiamo aspettare una settimana? Non possiamo votare subito?”
L’insegnante scosse la testa: “No, voglio che abbiate il tempo di pensare seriamente alla vostra scelta: voglio che teniate presente il fatto che da essa potrebbe dipendere il nostro successo alle nazionali. Inoltre, adesso devo darvi una nuova fantastica notizia!”
“Vada avanti, mi dia il colpo di grazia… faccia solo che sia rapido e indolore!” mugugnò Rachel, prendendosi la testa fra le mani.
“Come tutti voi ben sapete, sabato sera si terrà il ballo della scuola… il preside Figgins ci ha scelto come band per l’evento!” annunciò Will, gli occhi che gli brillavano per l’entusiasmo.
“Avevo detto indolore!” sibilò Rachel, alzando la testa con un movimento talmente brusco da rischiare di frantumarle l’osso del collo.
“Mr. Shuester, mi scoccia farle notare l’ovvio…” intervenne Kurt, “ma gli altri studenti ci odiano. E non è un modo di dire: ci odiano proprio ferocemente! Se salissimo su quel palco, ci tirerebbero giù dopo cinque secondi per sacrificarci a Satana… no, Santana, non stavo parlando di te!”
Il professore alzò la mano e proseguì in tono imperioso: “Non sono ammesse repliche! Ci servono soldi per il viaggio a New York, quindi voi salirete su quel palco! Non vi preoccupate, le esibizioni di gruppo saranno poche, quindi avrete tutto il tempo di ballare con il vostro partner.”
“Fantastico!” sibilò Mercedes, che sembrava voler esplodere da un momento all’altro per la frustrazione.
“Non potrei essere più d’accordo.” sospirò Rachel, lasciando cadere la testa all’indietro, “Essere costrette ad andare al ballo senza un accompagnatore sarà umiliantissimo.”
Blaine si voltò verso di loro con un sorriso a quarantadue denti che non prometteva nulla di buono: “Rachel, Mercedes, credo proprio di avere i ragazzi che fanno al caso vostro…”
 
 
Blaine rimase insolitamente silenzioso durante tutto il tragitto verso casa di Kurt.
Il ragazzo lo fissò perplesso per i primi cinque minuti, poi decise che tacere non avrebbe fatto bene a nessuno dei due: “Blaine… cosa c’è che non va?”
“Non c’è niente che non va.” mormorò l’altro, tenendo gli occhi fissi sulla strada.
Kurt sbuffò con aria impaziente: “Tesoro, se avessi anche solo per un momento considerato come valida l’opzione da te suggerita, ti avrei chiesto se c’è qualcosa che non va. Ma ti ho chiesto cosa non va… una sottile differenza semantica che equivale a dire ‘Sputa il rospo’… e intendo tipo ora, tipo subito!”
Per sottolineare la sua irremovibilità cominciò a fissarlo in silenzio con uno sguardo penetrante e le braccia incrociate sul petto.
Blaine si voltò brevemente verso di lui e aprì la bocca come per dire qualcosa, poi si limitò a scuotere la testa e a fingere di concentrarsi sulla guida.
“Blaine!” lo richiamò Kurt con un brontolio sommesso che non sembrava promettere assolutamente niente di buono.
Il ragazzo si fermò ad un semaforo rosso e si voltò verso di lui: “Ho intenzione di dirtelo, va bene? Però mi serve tempo per elaborare… e di certo non ho intenzione di parlartene nel bel mezzo di un viaggio in auto, quando la mia attenzione dovrebbe essere teoricamente focalizzata su come non farci ammazzare!”
Kurt rimase per un attimo a bocca aperta, poi si limitò ad annuire impercettibilmente e i due proseguirono in silenzio il viaggio.
Non appena entrati nella stanza di Kurt, Blaine si lasciò cadere sul letto e affondò la faccia nel cuscino, usandolo per soffocare un urlo di frustrazione.
L’altro lo fissò per un attimo con gli occhi sgranati, poi si sedette accanto a lui e cominciò ad accarezzargli la schiena nel tentativo di tranquillizzarlo.
Blaine fece un paio di respiri profondi e si voltò su un fianco. Lo fissò intensamente per un paio di secondi, poi si rannicchiò contro di lui e chiuse gli occhi, sentendosi stranamente rassicurato dal suo tocco gentile e dal suo profumo.
“Non sei costretto a parlarmene per forza… se non te la senti posso aspettare.” mormorò dolcemente Kurt, continuando a disegnare figure senza senso sulle sue spalle.
Blaine socchiuse gli occhi e voltò la testa quel tanto che bastava per incrociare il suo sguardo. La sua espressione sembrava uno strano misto di vulnerabilità e concentrazione e quando si decise a parlare la sua voce suonò innaturalmente quieta persino alle sue orecchie: “Quando ancora frequentavo la mia vecchia scuola, quella prima della Dalton, intendo, ho invitato un mio amico ad accompagnarmi al ballo. Inizialmente sembrava andare tutto bene e io mi sono quasi illuso che forse i miei compagni stavano cominciando ad accettarmi per quello che ero.”
Dalle labbra gli sfuggì una risata amara che fece accapponare la pelle di Kurt: “Ovviamente ero solo un ingenuo, patetico ragazzino. Ci stavano aspettando… quando siamo usciti dalla palestra ce li siamo trovati intorno e l’ultima cosa che ricordo è di aver pensato a quanto ero stato stupido a crederci, anche se solo per un attimo…”
Kurt si chinò per posargli un bacio sulla tempia, poi lo invitò con dolcezza a proseguire: “Cos’è successo dopo?”
Blaine tornò a chiudere gli occhi e sospirò, leggermente nauseato al ricordo di quei momenti: “Mi sono risvegliato il giorno dopo in ospedale, da solo. I miei genitori erano in viaggio e hanno pensato che sarebbe stato stupido rovinarsi la vacanza per una sciocchezza del genere.”
Gli occhi di Kurt si spalancarono fino a raggiungere le dimensioni di palline da tennis: “Scusami? Vuoi dire che hanno lasciato il figlio completamente da solo in ospedale?”
Il pensiero era totalmente inconcepibile per lui, abituato a vedere Burt accorrere nel panico non appena si sbucciava un ginocchio.
Blaine scrollò le spalle, fingendo un’indifferenza che era ben lontano dal provare: “Quando mi hanno dimesso sono stato trasferito alla Dalton, ho incontrato Wes e David e… come si suol dire, il resto è storia.”
“Ma… e quei ragazzi, quelli che vi hanno attaccato? Li avrete denunciati, no?” si informò Kurt, speranzoso.
Blaine scosse il capo impercettibilmente: “No, mio padre ha pensato che… se li avessimo denunciati, la gente avrebbe cominciato a chiedersi perché avevano attaccato proprio me e… e che la verità sarebbe venuta a galla. Così ha comprato il mio silenzio ‘regalandomi’ la Dalton, un posto sicuro dove nessuno avrebbe mai potuto farmi del male… solo dopo averti incontrato mi sono reso conto che quello che aveva fatto in realtà era nascondermi lontano, rinchiudermi in una gabbia dorata in modo che non potessi raccontare a nessuno quello che ero diventato.”
Kurt aprì e chiuse la bocca per un paio di volte, totalmente incapace di trovare le parole per commentare l’affermazione del ragazzo: avrebbe tanto voluto dirgli che si stava sbagliando, che in realtà suo padre si era comportato così solo perché era preoccupato per lui, ma nel profondo sapeva che l’altro aveva ragione.
Incapace di mentirgli, si limitò a stendersi accanto a lui e a stringerlo a sé, imprecando mentalmente contro il signor Anderson.
Dopo alcuni minuti di silenzio, si allontanò leggermente e posò due dita sotto il mento di Blaine, costringendolo gentilmente ad incrociare il suo sguardo: “Non siamo costretti ad andarci, se non vuoi. Possiamo semplicemente restarcene qui a guardare un film, oppure uscire e mangiare qualcosa da Breadsticks.”
Blaine gli rivolse un sorriso stanco: “Non credo sia possibile: dobbiamo esibirci, ricordi?”
“Allora andremo! Ma non devi preoccuparti, Blaine… non so come fosse la situazione nella tua vecchia scuola, ma qui non sei solo. Abbiamo l’intero Glee Club a proteggerci e se qualcuno dovesse azzardarsi anche solo ad alzare un dito su di noi Puck, Finn, Sam e Mike non esiterebbero nemmeno per un secondo a sbatterlo come un tappeto.”
L’altro gli rivolse un sorriso incerto, ma era chiaro che le sue parole non lo avevano convinto.
Kurt poggiò la fronte contro la sua, cercando disperatamente di fargli capire che era davvero al sicuro: “Ascoltami, Blaine: conosco quei ragazzi e so che faranno qualsiasi cosa in loro potere per tenerci al sicuro. Lo so che a volte non tengo in grande considerazione la mia incolumità e che continuo a fare cose che sembrano studiate apposta per attirare guai, ma non farei mai niente che possa mettere in pericolo te… devi credermi, se pensassi anche solo per un secondo che corri dei rischi partecipando a quel ballo, niente e nessuno potrebbe convincermi a lasciarti varcare quella soglia… e al diavolo il viaggio a New York!”
Blaine sgranò per un attimo gli occhi, sconvolto, poi cominciò a ridacchiare sommessamente, posando la testa sulla  spalla di Kurt: “Affare fatto, allora! Si va al ballo!”
 
 
Una volta tornato a casa, Blaine non perse tempo e chiamò Wes per chiedergli se lui e David fossero disposti a fare da accompagnatori a Rachel e Mercedes.
Wes non si mostrò del tutto restio all’idea: “Rachel sarebbe la loro solista, vero? Quella brunetta che non tiene mai la bocca chiusa…”
L’altro si massaggiò una tempia, pensando ad un modo per far apparire la ragazza sotto una luce migliore: “Beh, non è che lo faccia proprio per tutto il tempo… se la conosci ha anche dei lati divertenti… più o meno.”
“Scherzi?!” ribatté Wes, “Quando ci siamo incontrati dopo l’esibizione alle Regionali ha passato quarantatré minuti ad illustrarmi i punti deboli nella strategia dei Warblers! L’ho trovata…”
Seccante? Inopportuna? Insopportabile?” pensò Blaine, cercando mestamente di prevedere quale aggettivo avrebbe usato l’amico per chiudere la frase.
“… incredibilmente sexy!”
“Incredibilmente…” Blaine sgranò gli occhi, pensando che solo Wes in modalità capo del consiglio poteva trovare eccitante una Rachel Berry in modalità competitiva alla massima potenza.
“A quei tempi però pensavo stesse con quello spilungone che ha cantato la ballata di apertura con lei e non mi sono fatto avanti… ma adesso mi stai servendo l’occasione che aspettavo su un piatto d’argento!” concluse Wes con entusiasmo.
L’altro si lasciò sfuggire una risatina isterica: cominciava a sospettare che la sua idea grandiosa avrebbe finito per cacciarli tutti in un mare di guai.
“Ma parliamo di te!” cinguettò Wes, cambiando repentinamente argomento, “Il gossip alla Dalton è tristemente morto da quando tu e la piccola Joey ve ne siete andati, abbandonandoci in un mare di noia e frustrazione. Il minimo che tu possa fare è alimentare la piccola fangirl che c’è in me: come gli hai fatto la proposta?”
Blaine rimase per un attimo interdetto: “La proposta? A chi?”
Wes sbuffò a parlargli come se fosse un bambino di cinque anni: “A Kurt, tesoro. Perché tu hai compiuto un gesto estremamente romantico per convincere papà Kurt ad accompagnarti al ballo, vero?”
“In realtà non è che gliel’abbia proprio chiesto chiesto…” borbottò l’altro.
“Che cosa?” sibilò Wes con gli occhi praticamente fuori dalle orbite, “Il tuo ragazzo è praticamente la creatura più romantica di tutto l’Ohio, una sottospecie di unicorno raro e tu… non gli hai fatto una proposta come si deve?!”
Blaine si fece piccino piccino e provò a spiegare le sue motivazioni: “Beh, il Glee Club sarà costretto a partecipare al ballo per esibirsi… ho dato per scontato che saremmo andati insieme.”
“Tu hai dato… non ci posso nemmeno pensare!” sbraitò l’amico dall’altro capo della linea, “Esigo che tu attacchi immediatamente questo stramaledetto telefono e ti metta a pensare a un modo per rimediare a questa clamorosa idiozia!!”
“Sissignore!” scattò Blaine intimidito, interrompendo la chiamata.
Wes aveva ragione: Kurt aveva sempre sognato di poter andare al ballo con il suo ragazzo e Blaine era ragionevolmente certo che la sua fantasia comprendesse un invito almeno vagamente decente.
Combattendo contro il fastidioso senso di colpa che stava cominciando a farsi strada dentro di lui, si sdraiò sul letto e strinse le labbra in una linea sottile: avrebbe rimediato alla sua mancanza di sensibilità e avrebbe regalato a Kurt la serata che aveva sempre sognato.

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Capitolo 25
*** Venticinquesimo Capitolo ***


Kurt dormì poco e male quella notte, troppo impegnato a rimuginare sul racconto di Blaine per riuscire a rilassarsi per più di cinque minuti di fila.
Quando la sveglia suonò, diffondendo nella stanza le note di ‘Born This Way’, si lasciò scivolare immediatamente fuori dalle coperte.
Si concesse una lunga doccia bollente, nella speranza che lo aiutasse a lavare via gli effetti di quella notte disastrosa, e, forse per la prima volta nella sua vita, si vestì senza prestare la minima attenzione a quello che avrebbe indossato (eventualmente avrebbe potuto ovviare all’inconveniente infilando qualche camicia di ricambio nelle due capienti Samsonite che gli erano spuntate sotto gli occhi).
Afferrò la borsa con i libri e si trascinò stancamente in cucina, inesorabilmente attratto verso la sua personale stella polare, la macchina del caffè.
Rimase però totalmente spiazzato nel trovarci appiccicata sopra una busta con su scritto il suo nome. La fissò perplesso per un secondo, poi la prese (per un attimo valutò l’idea che Karofsky si fosse introdotto nel cuore della notte in casa sua per recapitargli una lettera contenente antrace, poi si rese conto che forse stava diventando un tantinello paranoico).
Al suo interno trovò semplicemente una cartina su cui era stato tracciato in un rosso sgargiante un percorso che sembrava partire proprio da casa sua.
Dopo un minuto di silenzio in memoria del buon gusto (il colore di quel pennarello faceva davvero a pugni con l’azzurro della cartina), lanciò un’occhiata veloce all’orologio e calcolò di avere tutto il tempo necessario per risolvere quel mistero prima dell’inizio delle lezioni.
Totalmente dimentico della colazione, saltò in macchina e spiegò la cartina.
Lasciando da parte ogni esitazione cominciò a seguire le indicazioni, ma quando giunse alla sua destinazione scosse il capo in un gesto incredulo: davanti a lui si stagliava la familiare facciata del Lima Bean.
Una volta all’interno decise di prendersi un po’ di tempo per studiare il da farsi e si avviò al bancone per ordinare il suo solito caffè.
Con sua somma sorpresa, la cassiera lo accolse con un sorriso a trentadue denti e lo salutò gioiosa (troppo gioiosa… erano solo le sette e mezza di mattina, e che diamine): “Buongiorno! Il suo ordine sarà pronto fra meno di un minuto.”
A Kurt quasi scocciò farle notare l’ovvio: “Guardi che io non ho ancora ordinato nulla…”
Lei si limitò a sorridergli luminosa e a ripetere: “Il suo ordine sarà pronto fra meno di un minuto.”
Detto questo gli fece segno di spostarsi nella zona di attesa per lasciar scorrere la fila.
Kurt, troppo allibito anche solo per pensare di protestare, si affrettò a fare come gli era stato chiesto, per poi tuffarsi in un mare di improbabili elucubrazioni per spiegare l’accaduto: che il Lima Bean fosse entrato a far parte di un programma di recupero per giovani mentalmente disturbati?
Si ritrovò a pregare una qualsiasi divinità superiore che almeno la persona addetta alla preparazione del caffè fosse mentalmente stabile, perché non aveva idea di come avrebbe fatto a sopravvivere alla giornata, che si preannunciava quantomeno curiosa, senza un’adeguata dose di caffeina in corpo.
Subito dopo, però, si rese conto che la cosa era irrilevante, visto che la cassiera si era rifiutata di prendere il suo ordine.
Stava quasi per tornare indietro pronto ad usare la forza pur di avere il suo dannato caffè, quando sentì chiamare il suo nome: “Kurt Hummel!”
Si avvicinò al bancone dove un ragazzo dall’aria vagamente annoiata gli piazzò in mano un bagel ed una tazza con sopra attaccata una nuova busta.
Una volta tornato in auto, Kurt azzardò un sorsetto esplorativo e constatò deliziato che l’organizzatore di quella specie di caccia al tesoro lo conosceva evidentemente molto bene… e a questo punto era ormai sicuro di sapere chi fosse.
Il Lima Bean quel giorno era pieno di clienti  e la fila arrivava quasi fin fuori dal locale, ma a Kurt quella lunga attesa non stava dispiacendo per niente.
Blaine si era lanciato nell’accorato resoconto di una partita di football a suo dire assolutamente cruciale che era stata giocata il giorno prima e Kurt, ovviamente, aveva smesso di ascoltarlo prima ancora che arrivasse al calcio di inizio – perché, davvero, per lui le partite erano un costante calcio d’inizio… un calcio dritto dritto nei gioielli di famiglia.
Decise quindi che sarebbe stato molto più costruttivo impiegare quei minuti lasciandosi ipnotizzare dal modo in cui le labbra del suo migliore amico (‘Chissà se sono davvero morbide come sembrano, chissà come sarebbe baciar… pensieri inopportuni, cattivo, cattivo Kurt!’ si schiaffeggiò mentalmente) sembravano sempre curvarsi in un sorriso gentile e da come le sue mani… no, non era assolutamente consigliabile seguire l’onda di quei pensieri nel bel mezzo di un locale per famiglie.
Era talmente preso che non si accorse nemmeno di essere arrivato al bancone. Blaine avanzò con aria sicura e ordinò per entrambi, lasciandolo sorpreso e stranamente compiaciuto.
L’altro sembrò non accorgersi di nulla e si avviò verso il tavolo continuando a berciare di azioni e mete mancate. Quando si accorse che Kurt non lo stava seguendo, si voltò verso di lui, inclinando la testa con aria interrogativa: “Va tutto bene?”
“Hai ordinato per me.” constatò Kurt, complimentandosi mentalmente con se stesso per la sua incredibile eloquenza.
Blaine si mostrò immediatamente contrito, come se avesse appena sottoposto un cucciolo ad indicibili torture: “Scusa, l’ho fatto senza pensarci, non credevo che ti avrebbe dato fastidio. Vuoi che torni indietro a prenderti qualcos’altro?”
Kurt scosse la testa, sentendosi improvvisamente molto stupido e forse rallegrandosi un po’ più del dovuto per il fatto che il ragazzo sarebbe stato disposto a rifare una coda chilometrica solo per accontentarlo: “No, è solo che… sai come prendo il caffè.”
Blaine lo fissò per un attimo senza dire niente, aggrottando la fronte, poi si inumidì le labbra (un gesto che mandò allegramente in delirio i suoi ormoni, che si scatenarono come se stessero ballando la conga): “Kurt, cosa ordino io di solito?”
“Medium drip.” rispose l’altro senza nemmeno pensarci.
Blaine gli sorrise felice e senza aggiungere altro cominciò a cercare un tavolo.
Sì, Kurt sapeva esattamente chi c’era dietro…
 
 
Quando arrivò a scuola, si diresse senza esitare verso l’armadietto di Blaine. Il ragazzo lo stava aspettando con un sorriso che grondava innocenza stampato in faccia.
Kurt roteò gli occhi con fare esasperato e gli si parò di fronte battendo il piede: “C’è  qualcosa che vorresti dirmi?”
L’altro continuò a fissarlo con lo stesso sorriso enigmatico, senza dire una parola.
“Andiamo, Blaine! Lo sai che detesto le sorprese!” piagnucolò Kurt, incapace di trattenersi.
Blaine si lasciò sfuggire una risata: “Tu non odi le sorprese, è solo che sei stato viziato fino alla nausea e non sopporti l’idea di dover aspettare.”
Fece una breve pausa per ammirare l’espressione sconvolta del suo ragazzo, poi aggiunse, come per un ripensamento: “E poi non ho la benché minima idea di cosa tu stia parlando!”
Kurt strinse gli occhi in due fessure e gli indirizzò un gesto che sembrava minacciare dolorose rappresaglie, poi girò sui tacchi e si allontanò lungo il corridoio con un incedere che avrebbe voluto essere altero – effetto che venne  decisamente guastato dalla risata sommessa di Blaine, che lo seguì fino a che non ebbe voltato l’angolo.
 
 
Nonostante il suo ufficiale risentimento nei confronti di quel nanerottolo infame del suo ragazzo, come l’aveva definito parlando con Mercedes durante la pausa pranzo, al suono dell’ultima campanella Kurt balzò dalla sua sedia come se avesse preso fuoco e si catapultò in macchina.
La seconda cartina presentava un percorso decisamente più lungo e sembrava terminare in una zona non  meglio definita fra Westerville e Lima.
Quando arrivò a destinazione non potè far nulla per impedire ad un enorme sorriso di farsi strada sulle sue labbra: come poteva pretendere di essere arrabbiato con Blaine quando lui continuava a fare cose del genere?
“Penso che dovremmo uscire.”
Kurt alzò gli occhi dal libro di matematica e inarcò il sopracciglio con aria interrogativa: “Adesso?”
Blaine scosse il capo: “No, intendevo un appuntamento. Uno vero.”
“Perché, esistono anche appuntamenti finti?” ribatté Kurt, non riuscendo ad impedire alla sua bocca di tendersi in un sorriso.
Blaine roteò gli occhi, esasperato: “No, ma nel corso del nostro primo e unico appuntamento hai ricevuto una chiamata che ti informava che tuo padre si trovava in ospedale, quindi non lo catalogherei esattamente come un successo.”
Si sedette più vicino e prese le mani dell’altro fra le sue, abbassando lo sguardo nel tentativo di arginare l’imbarazzo: “Mi piacerebbe portarti fuori a cena in un ristorante che non sia il Breadsticks e magari andare a vedere un film… sempre se ti va, ovviamente.”
A quel punto arrischiò uno sguardo in direzione di Kurt e fu premiato dal sorriso più raggiante che gli fosse mai stato rivolto: “Non c’è niente che mi andrebbe di più!”
Blaine aveva mantenuto la sua promessa e il sabato successivo lo aveva portato a cena nel posto più romantico che avesse mai visto e gli aveva tenuto la mano mentre il cameriere li accompagnava al tavolo, ignorando gli sguardi di disapprovazione provenienti dagli altri avventori.
Si erano divertiti ad ordinare i piatti con i nomi più strani e oscuri ed poi li avevano divisi, scambiandosi forchettate di cibo attraverso il tavolino, fregandosene dell’etichetta e ridendo ogni volta che un sapore inaspettato faceva storcere loro il naso.
Quando erano usciti dal ristorante, Blaine aveva preso di nuovo la sua mano, facendola dondolare in maniera spensierata e infantile.
“Cosa prevede la nostra serata? Non avrai mica intenzione di riportarmi già a casa?” lo provocò Kurt con una luce divertita negli occhi.
Blaine gli rispose con un sorriso enigmatico e avviò la macchina.
Trascorsero i venti minuti del viaggio parlando senza sosta e cantando a squarciagola ascoltando la radio.
Quando arrivarono a destinazione, Kurt si accorse che si trovavano di fronte ad un piccolo cinema che sembrava essere lì dall’alba dei tempi.  Rivolse a Blaine uno sguardo interrogativo, ma l’altro si limitò a scrollare le spalle e a trascinarlo dentro.
Avevano trascorso le due ore successive guardando “Sette Spose Per Sette Fratelli”, bevendo coca cola e dividendosi un pacco delle più malsane fra le caramelle gommose, che Kurt adorava ma che non avrebbe mai avuto il coraggio di comprarsi, temendo una rappresaglia violenta del suo sistema cardiocircolatorio.
Durante il viaggio di ritorno, Blaine gli spiegò che aveva sentito Wes parlare di questo piccolo cinema che trasmetteva solo vecchi film e che aveva subito pensato che Kurt lo avrebbe adorato.
E infatti così era stato e i due si erano ripromessi di ritornarci al più presto.
Kurt però non avrebbe mai pensato di tornarci in una situazione così surreale.
Si avvicinò alla cassa e non poté dire di essere veramente sorpreso quando la ragazza dietro al bancone lo salutò con un sorriso smagliante, porgendogli un biglietto per lo spettacolo successivo.
Visto che mancava davvero poco all’inizio del film, Kurt decise di accomodarsi in sala. Sulla sua poltroncina trovò ovviamente appoggiati un pacchetto di popcorn, un bicchierone di coca cola e un pacchetto di orsetti gommosi.
“Blaine Anderson, tu sì che sai come viziare una ragazza…” mormorò fra sé e sé mentre prendeva posto e affondava una mano nel sacchetto di caramelle.
Aveva scoperto con gioia che quel giorno era in programma il film “Kiss Me” (secondo lui le commedie romantiche degli anni novanta erano assolutamente imbattibili e Freddie Prinze Jr. era… beh, non c’era nemmeno bisogno di dirlo!)
Trascorse la maggior parte del primo tempo domandandosi oziosamente come avessero fatto tutti a non accorgersi che Laney era effettivamente già bellissima e che tutto quello che aveva dovuto fare Zach era stato toglierle gli occhiali e infilarla in un vestito decente.
Arrivato al punto in cui Zach passa a prendere Laney per portarla al ballo, solo per scoprire che lei ha preferito andarci con un altro, Kurt fu distratto dalla vibrazione del suo cellulare.
Lo sfilò dalla tasca con curiosità e si affrettò ad aprire il messaggio non appena si accorse che il mittente era Blaine.
“Hai notato come in questi film la sera del ballo succede sempre qualcosa di drammaticamente adolescenziale e i due protagonisti finiscono per non andare insieme?”
Kurt aggrottò per un attimo le sopracciglia, temendo che Blaine volesse scaricarlo a meno di una settimana dal prom, ma venne immediatamente rassicurato da un nuovo messaggio:
“Non so tu, ma francamente preferirei evitarlo, quindi forse è il caso che faccia le cose come si deve e te lo chieda in maniera adeguata…”
“Kurt Hummel, vorresti venire al ballo con me?” gli sussurrò Blaine all’orecchio, sporgendosi dalla fila di poltrone dietro la sua.
Kurt si lasciò sfuggire uno squittio spaventato – che in seguito avrebbe negato fino alla morte di essere stato lui a produrre – e si girò di scatto verso Blaine, che stava ridendo sommessamente con il mento appoggiato allo schienale della sua poltroncina.
“Blaine Anderson… tu…” gli sibilò in tono minaccioso.
“… sei assolutamente adorabile e muoio dalla voglia di venire al ballo con te?” finì l’altro al suo posto.
Kurt chiuse gli occhi e inspirò profondamente, poi si azzardò a lanciare un’occhiata al suo ragazzo, che se ne stava lì a fissarlo con i suoi grandi occhi sgranati e supplichevoli, le labbra incurvate in un sorriso assolutamente splendido.
“Al diavolo!” mormorò fra sé e sé, prima di prendere la mano di Blaine fra le sue e rispondergli con un sospiro: “Assolutamente sì!”
Blaine saltò la fila di poltrone con un’agilità che ricordava vagamente quella del vegliardo dell’Olio Cuore e lo strinse in un abbraccio entusiasta che rischiò di farli rotolare entrambi per terra.
Kurt ricambiò la sua stretta ridendo, ma si affrettò a precisare: “Sia chiaro: esigo che tu mi regali un corsage che faccia schiattare di invidia la povera Quinn!!”
L’altro lo fissò con un’espressione incerta: “Certo! Ehm… se tu potessi magari spiegarmi cosa sarebbe questo affare…”
“E’ quel bouquet di fiori che le ragazze si mettono al polso quando… lascia stare!” rinunciò Kurt, sollevando distrattamente una mano per accarezzargli i capelli e lasciandosi sfuggire un sospiro: “Blaine, Blaine… hai ancora tanto da imparare!”
Blaine si chiese fugacemente perché quelle parole suonassero spaventosamente simili ad una minaccia…

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Capitolo 26
*** Ventiseiesimo Capitolo ***


Kurt fissò per l’ennesima volta la sua immagine riflessa nello specchio, lisciando con scrupolo maniacale la giacca del suo smoking nero.
Mercedes alzò gli occhi al cielo in un preghiera esasperata, poi decise di essere magnanima e di salvarlo prima che andasse in autocombustione per l’ansia: “Giuro che se non la pianti di dare la caccia alle pieghe fantasma su quel completo ti costringerò ad andare al ballo travestito da Ghostbuster!”
“Non oseresti…” sibilò Kurt incerto, voltandosi verso di lei ed indietreggiando cautamente di un passo.
La ragazza puntò un dito contro di lui con fare minaccioso: “Oserei eccome, e tu lo sai benissimo. Quindi, se non vuoi presenziare all’evento sociale della stagione avvolto in un’orrenda tuta in poliestere di dieci taglie superiore alla tua, porta immediatamente il tuo culo smilzo lontano da quello specchio!”
 Il ragazzo eseguì l’ordine prontamente e lei concentrò la sua attenzione sulla porta del bagno, determinata a risolvere anche il secondo dei suoi problemi: “Rachel, se non esci da lì entro cinque secondi giuro che ti trascino al piano di sotto tirandoti per i capelli… sono stata abbastanza chiara?!”
La porta si aprì solo di pochi centimetri e Rachel fece capolino: “Ragazzi, davvero, non mi sento a mio agio ad andarmene in giro conciata così… mi sento ridicola!”
Gli altri due si limitarono a fissarla con uno sguardo gelido finché non si decise a trascinarsi nella stanza con un’aria a metà fra il disperato e il rassegnato che non sarebbe stata fuori luogo sulla faccia di un condannato alla ghigliottina.
Kurt si lasciò sfuggire uno squittio deliziato e batté le mani in segno di approvazione: “Rachel, sei un incanto!”
La ragazza, ancora insicura nonostante la reazione dell’amico, si mordicchiò il labbro inferiore e si girò verso lo specchio: Kurt aveva scelto per lei un vestito di un giallo chiarissimo, con uno stretto corpetto ricamato e un’ampia gonna che sembrava fatta di un velo impalpabile.
Mercedes le si affiancò, passandole un braccio intorno alla vita: “Non sono ammesse proteste: la tua carnagione è perfetta con questo colore! Sorridi: se lo indossasse Quinn sembrerebbe una meringa al limone sciapita.”
Rachel sorrise, leggermente rinfrancata.
Il trillo del campanello li colse totalmente impreparati.
“Sono loro!” squittì Kurt in preda all’agitazione.
“Non è possibile! Sono in anticipo di almeno un quarto d’ora!” bofonchiò Rachel, saltellando su un piede solo nel tentativo di allacciarsi un sandalo.
L’altro scosse il capo in segno di compatimento: “Tesoro, non so che razza di gente tu sia abituata a frequentare - anzi, aspetta, lo so! – ma la Dalton sarebbe in grado di trasformare un qualunque adolescente sostenitore delle serate di rutto libero nella quintessenza del gentiluomo. E lo sai qual è la regola numero uno del galateo degli appuntamenti?”
“Mai darla via al primo appuntamento?” suggerì Mercedes zelante.
Kurt la incenerì con lo sguardo: “No, Mercedes, l’altra regola! Mai far aspettare una signora! Dio, cosa c’è che non va in te?”
Lei roteò gli occhi e acchiappò la borsetta: “Andiamo, sono curiosa di vedere il mio accompagnatore. Spero vivamente che tu non mi abbia rifilato una fregatura.”
Il loro arrivo alla sommità della scalinata fu salutato dall’assai lusinghiero rumore delle mascelle dei  ragazzi che entravano in collisione con il pavimento.
Alla vista di Blaine, Kurt avrebbe volentieri seguito il loro esempio, lasciando volare la mandibola in caduta libera verso il suolo, ma una secca gomitata di Mercedes gli ricordò di mantenere un certo grado di dignità.
Rachel, dal canto suo, sembrava sul punto di svenire da un momento all’altro per la tensione e Kurt pensò che se non si fossero sbrigati a sciogliere il ghiaccio avrebbero finito per passare la serata al pronto soccorso.
Blaine fu il primo a riprendersi e si avvicinò a Kurt, porgendogli con sorriso timido il piccolo bouquet di fiori che aveva scelto per lui.
Il ragazzo aveva fatto letteralmente impazzire la vecchietta che gestiva il piccolo negozio di fiori vicino a casa sua: l’aveva costretta ad ascoltarlo per mezz’ora mentre blaterava sulla necessità di trovare il corsage perfetto e poi aveva sistematicamente bocciato tutte le sue proposte, costringendola a ribaltare il retrobottega come un calzino per trovare qualcosa che si intonasse con il colore degli occhi di Kurt.
Al momento di pagare le aveva subdolamente assestato la stoccata finale ringraziandola ed esclamando con espressione candida che il suo ragazzo lo avrebbe adorato: l’anziana signora gli era sembrata praticamente ad un passo dal suo primo attacco cardiaco.
Mentre faceva scivolare il nastro di raso attorno al polso di Kurt, non poté fare a meno di pensare che sarebbe valsa la pena di affrontare un intero esercito di fioraie omofobe pur di vedere il sorriso che il ragazzo gli stava regalando in quel preciso istante.
Lo fissò per un attimo con gli occhi sgranati, la voce ridotta ad un sussurro roco: “Sei bellissimo.”
Le guance di Kurt si tinsero immediatamente di un rosso acceso e lui si ritrovò per l’ennesima volta a maledire la sua carnagione, che rendeva evidente ogni suo minimo segno di imbarazzo.
Era sicuro che se avesse provato a parlare la sua voce lo avrebbe chiaramente tradito, trasformandosi in una specie di squittio incomprensibile, quindi si limitò a stringere le mani di Blaine fra le sue.
Un colpo di tosse discreto li riportò improvvisamente alla realtà. Blaine sentì le guance andargli a fuoco e si voltò di scatto verso i suoi amici, che lo stavano fissando con un ghigno divertito.
Kurt scosse il capo con rassegnazione e posò una mano sulla schiena di Rachel e Mercedes, spingendole gentilmente verso i due ragazzi: “Mie adorabili signore, sono dolente nel comunicarvi che questi due individui saranno i vostri accompagnatori nel corso di questa lunga serata. Confido che cercheranno di comportarsi in maniera meno riprovevole del solito e che non mi costringeranno ad inseguirli fino a Westerville armato solo di una mannaia e della mia sete di vendetta.”
Wes e David si mossero in perfetta sincronia, raggiungendo le loro compagne e baciando loro galantemente la mano.
Kurt sentì Blaine mormorare qualcosa che suonava curiosamente come ‘maledetti ipocriti’, ma decise di non approfondire.
Una volta fuori, non poté dirsi davvero stupito nello scorgere un’elegante limousine parcheggiata nel vialetto di casa sua: nel corso della sua breve esperienza alla Dalton si era infatti abituato alle stravaganti galanterie di cui sembravano essere capaci gli studenti della scuola.
La stessa cosa non poteva dirsi per le ragazze e Kurt fu in grado di sentire chiaramente un gemito strozzato sfuggire dalla bocca di Rachel prima che lei si affrettasse a tapparsela con una mano.
Con sua enorme sorpresa, Mercedes si diresse con passo sicuro verso Blaine e lo trascinò in un abbraccio che rischiò di mandargli le costole in frantumi e il cervello in ipossia: “La prossima volta che voglio uscire con un ragazzo, Anderson, ricordami di chiedere a te di trovarmelo.”
Blaine rise compiaciuto e fece loro segno di salire in macchina: il loro ballo li stava aspettando.
 
 
La mente di Kurt stava divagando, persa in sentieri decisamente poco opportuni.
La serata fino a quel momento era andata liscia come l’olio: lui e Blaine si erano tenuti moderatamente in disparte in modo da attirare il meno possibile l’attenzione dei trogloditi che popolavano il McKinley e si erano divertiti a commentare in maniera impietosa i vestiti degli altri studenti e la loro abilità come ballerini (Finn in particolare sembrava essere una fonte inesauribile di spunti in entrambi i sensi).
Ma poi Blaine era salito sul palco ed aveva cominciato a cantare, afferrando l’asta del microfono ed accarezzandola con un fare voluttuoso e totalmente inconsapevole che lo aveva mandato letteralmente fuori di testa.
Kurt aveva sgranato involontariamente gli occhi: era certo che se quell’asta fosse stata in grado di parlare avrebbe sicuramente gridato alla molestia sessuale… oppure si sarebbe semplicemente accasciata sul pavimento gridando ‘prendimi, sono tua!’
Da quel momento in poi non era più riuscito a distogliere lo sguardo dalle mani di Blaine, che continuavano a fare cose che facevano desiderare a Kurt di essere in grado di teletrasportare entrambi sul letto di camera sua per dare inizio… già, per dare inizio a cosa?
I suoi ormoni avevano subdolamente ingannato la sua mente, costringendola a guardare dall’altra parte mentre lui si poneva quella fatidica domanda, finalmente libero dalle sue solite inibizioni.
Fu proprio in quel momento che il ragazzo si accorse di volere qualcosa che non aveva mai nemmeno preso in considerazione: con Blaine ogni gesto riusciva ad essere magico, romantico ed intimo e Kurt era sicuro che anche per il sesso non sarebbe stato diverso.
Non avrebbe mai potuto trovare sporco o grossolano un momento di condivisione fra loro due e questa certezza aveva pian piano spazzato via le sue paure e le sue resistenze senza che lui se ne rendesse realmente conto.
Quando il suo ragazzo gli corse incontro, gli occhi ancora pieni di quell’eccitazione che lo pervadeva sempre quando si trovava ad esibirsi di fronte al pubblico, l’unica cosa che avrebbe voluto sarebbe stata trascinarlo in un angolo oscuro della palestra e baciarlo fino a perdere i sensi… ma sapeva benissimo che non sarebbe stata una mossa prudente e si costrinse ad aspettare almeno fino a quando sarebbero stati al sicuro fra le mura di camera sua.
Quando Blaine si fermò davanti a lui, si limitò quindi a prendergli la mano e a rivolgergli un sorriso luminoso… sorriso che si spense immediatamente non appena vide cosa stava succedendo nel bel mezzo della pista da ballo.
Finn si era fatto strada fino a Wes e Rachel e torreggiava minacciosamente sul capo del consiglio dei Warblers, che però non sembrava minimamente turbato dalla situazione.
Kurt si lanciò immediatamente verso di loro, subito seguito da Blaine, cercando di farsi largo in mezzo alla folla di studenti che si assiepava davanti al palco, consapevole che non sarebbe mai riuscito ad arrivare in tempo per evitare il disastro.
“Ehi, ti consiglio di tenere a posto le mani: la signorina è già impegnata!” sbottò Finn.
“Impegnata?” domandò Wes con un’espressione imperscrutabile, squadrandolo dal basso senza dare segni di disagio, “A me risulta che Rachel abbia accettato di partecipare a questa serata con me, quindi sì, effettivamente hai ragione: stasera lei è impegnata… ma con me!”
L’altro lo afferrò per la camicia , sollevandolo dal suolo di una decina di centimetri, ma lui non si scompose: “Se davvero vuoi continuare a comportarti in maniera così infantile, sei pregato almeno di aspettare il tempo necessario a spostare la questione fuori da qui: stai attirando troppo l’attenzione e con il tuo comportamento incivile stai spaventando la donna che dici tanto di volere.”
Quella frase bastò a calmare immediatamente la rabbia di Finn, che spostò lo sua attenzione su Rachel.
La ragazza stava praticamente tremando e si ritrasse di scatto quando lui allungò una mano per sfiorarla: “Non ti azzardare a toccarmi! Puoi provarci quanto ti pare, ma non ti permetterò di rovinare anche questa serata!”
Detto questo, afferrò la mano di Wes e lo trascinò via, senza voltarsi nemmeno una volta a guardare indietro.
Proprio in quel momento Kurt finalmente raggiunse il fratellastro e lo afferrò con decisione per il polso, cercando di attirare la sua attenzione: “Cosa diavolo credi di fare?!”
Finn si voltò verso di lui, furente: “E me lo chiedi? Tu, piuttosto: come hai potuto farmi una cosa del genere? Lo sai cosa provo per Rachel e nonostante questo…”
“Nonostante questo l’hai lasciata per tornare con Quinn.” proseguì l’altro al posto suo, “E adesso pretenderesti che lei rimanga ad aspettarti finché non ti sarai annoiato della tua Barbie bionda? Ti stai comportando in maniera ingiusta!”
Le sue parole sembrarono farsi lentamente strada nel cervello dell’altro, che si accasciò a sedere, prendendosi la testa fra le mani: “E’ solo che… fa male vederla felice senza di me.”
“Lo so,” mormorò Kurt, guardandolo impietosito, “ma devi capire che se continuerai a comportarti così finirai per fare del male non solo a Rachel, ma anche a te stesso e a Quinn.”
Finn annuì e si rialzò in piedi, allontanandosi con passo incerto in direzione dei bagni.
“Spero che stia semplicemente andando a darsi una rinfrescata e non a fare altro, perché dopo una scena così toccante sarebbe davvero una caduta di stile.” commentò David, che aveva osservato la scena da poco lontano, pronto ad intervenire in aiuto di Wes.
Blaine scosse il capo e fece scivolare la sua mano in quella di Kurt, mentre la voce calda di Mercedes intonava i primi versi di una romantica ballata.
“Mi concederesti questo ballo?” gli sussurrò dolcemente all’orecchio, sfiorandogli con il naso la pelle del collo e mandando una serie di piacevoli brividi a rincorrersi lungo la sua spina dorsale.
“Non credo che sarebbe una mossa prudente…” mormorò Kurt, mordendosi indeciso il labbro inferiore.
Ma l’altro gli aveva già passato un braccio attorno alla vita e lo stava guidando perfettamente a tempo con la musica e a lui non restò altro da fare che posare la fronte sulla sua spalla, lasciandosi sfuggire un sospiro soddisfatto.
Ballarono in silenzio per alcuni minuti, concedendosi il raro lusso di essere veramente loro stessi, senza preoccuparsi per le persone potenzialmente ostili da cui erano circondati al momento.
Purtroppo il mondo non tardò molto a interrompere quell’attimo di quiete perfetta: Blaine sentì una mano afferrarlo rudemente per una spalla e strapparlo dalle braccia di Kurt.
Si voltò e si trovò faccia a faccia con Karofsky, che aveva già sollevato il pugno, pronto a colpirlo.
 ‘Cosa mi aspettavo?’ pensò fra sé e sé, “Che le cose stavolta sarebbero state diverse? Sono stato uno stupido.”
Chiuse gli occhi, aspettando con rassegnazione che il bullo lo colpisse. Dopo alcuni secondi sentì la presa sulla sua spalla allentarsi e si costrinse a riaprire gli occhi.
Puck aveva afferrato saldamente il polso di Karofsky e lo stava torcendo con tutta la sua forza: “Dave, vedo che l’ultima volta io, Sam e Mike non siamo stati abbastanza chiari con te. Ti avevamo avvisato: tocca di nuovo Hummel e te la vedrai con noi.”
L’altro si lasciò sfuggire un grugnito sarcastico: “Teoricamente non stavo facendo un bel niente ad Hummel, me la stavo vedendo con questa specie di fatina che si comporta come se avesse il diritto di stare in mezzo alla gente normale.”
“Notizia dell’ultim’ora, idiota!” intervenne Sam, facendosi avanti, “Blaine ormai fa parte della famiglia, quindi anche per lui vale la stessa regola: se lo tocchi, dovrai fare i conti con tutti noi.”
“E cosa avreste intenzione di farmi?” ribatté Dave, cercando di nascondere ai ragazzi quanto fosse spaventato.
“Questo..” mormorò Puck quasi gentilmente, aumentando la pressione sul suo polso.
Karofsky lanciò un urlo e il ragazzo lo lasciò andare: “Ora che abbiamo chiarito questo piccolo concetto basilare, sparisci. Io e i miei amici vogliamo continuare a goderci la festa.”
Kurt si precipitò immediatamente verso Blaine, che stava fissando il vuoto con gli occhi sgranati: “Blaine, è tutto a posto? Oddio, lo sapevo che questo ballo sarebbe finito perfino peggio! Dimmi qualcosa, ti prego.”
Il ragazzo alzò su di lui uno sguardo pieno di stupore: “Non mi ha colpito.”
L’altro lo fissò per un attimo, interdetto: “Sì, Puck l’ha fermato, ma questo cosa…”
“Non capisci? E’ proprio questo il punto!” proseguì Blaine scuotendo il capo con forza, ancora incredulo, “Qualcuno è intervenuto e l’ha fermato. Quando mi hanno pestato alla mia vecchia scuola, alcune persone si sono accorte di quello che stava succedendo e hanno semplicemente scelto di voltare la testa dall’altra parte. Invece stavolta non è andata così, qualcosa è davvero cambiato… a qualcuno importava davvero.”
Kurt gli passò un braccio intorno alle spalle e lo strinse a sé, posandogli un bacio leggero sulla tempia: “Ti va di tornare a casa?”
“Possiamo restare, se vuoi.” protestò debolmente Blaine, “In fondo non è successo nulla di grave.”
Il ragazzo gli rivolse un sorriso malizioso: “Oh, non ti preoccupare: è da quando ti ho visto esibirti che muoio dalla voglia di tornare a casa!”
L’altro inclinò la testa, perplesso: “Non credo di capire.”
“Fidati,” ribatté lui con un sogghigno, “capirai molto presto.”
 


Finalmente mi è arrivata la mia mail da Pottermore! Il mio nickname è SpellEcho59: se vi va, aggiungetemi ^^

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Capitolo 27
*** Ventisettesimo Capitolo ***


Kurt aveva sempre amato la sua casa e mai, nemmeno nei suoi incubi peggiori, avrebbe immaginato di essere terrorizzato a tal punto dalla sua facciata.
“Ehm… va tutto bene?” si informò Blaine, che non riusciva davvero a spiegarsi perché se ne stavano immobili da almeno quindici minuti nel vialetto di ingresso.
L’altro si voltò verso di lui con aria spiritata: “Ti dispiace? Sto cercando di avere una profonda conversazione con me stesso e non credere che farmi pressioni velocizzerà in qualche modo il processo!”
Blaine lo guardò stranito, chiedendosi fugacemente se qualche bevanda offerta al ballo fosse stata pesantemente corretta con un’insana dose di allucinogeni.
Kurt inspirò profondamente ancora una volta, poi annuì con un cenno secco del capo: “Sono pronto!”
“Perché serve tipo… una preparazione atletica per entrare in casa?” chiese il suo ragazzo, ormai totalmente spiazzato, “Dovrei mettermi anche io a meditare ed entrare in contatto con il mio io più profondo? Con lo spirito protettore della casa? Con gli alieni?”
Kurt si limitò a scuotere il capo e a trascinarlo dentro. Lo guidò attraverso le stanze buie tenendolo per mano e in qualche modo era sicuro che anche a lui quella situazione stesse facendo ritornare in mente il loro primo incontro e la corsa surreale lungo i corridoi della Dalton.
Quando raggiunsero la sua stanza, lasciò andare la mano dell’altro e si voltò per accendere la luce e chiudere la porta alle sue spalle (non pensava che suo padre sarebbe stato entusiasta di incappare in una scena che avrebbe potuto con tutta probabilità procurargli il suo terzo infarto).
Si voltò verso Blaine e lo trovò intento a fissarlo, la testa leggermente inclinata e le labbra incurvate in un sorriso divertito: “Adesso che ti ho assecondato mentre cercavi di imitare Tom Cruise in Mission Impossible, saresti così gentile da spiegarmi cosa ti sta succedendo? Ti stai comportando in maniera un po’ strana…”
Kurt si lasciò sfuggire un sospiro tremolante e chiuse gli occhi, massaggiandosi stancamente la tempia: “Ok, hai presente oggi, quando ti sei esibito?”
Il ragazzo annuì, invitandolo a continuare con un cenno del capo.
“Ecco, in pratica ad un certo punto tu… come dire… hai fatto un gesto e io ho cominciato a pensare a quel gesto e i pensieri che stavo pensando erano strani! Cioè, non strani in generale, ma strani per me e non sapevo come gestire la cosa e tu continuavi a farlo e… e…”
Blaine posò una mano sulla spalla dell’altro, cercando di interrompere quella cascata di parole: “Kurt, stai delirando. Perché non cerchi di calmarti e mi racconti…”
“Il microfono!” sbottò lui senza più riuscire a trattenersi, “E’ stata tutta colpa di quel tuo stramaledetto microfono!”
Blaine sgranò gli occhi, leggermente sconcertato dalla veemenza dell’affermazione, poi gli rivolse un sorriso malizioso: “Tanto per essere chiari… quando parli di microfono stai usando una metafora?”
“Sì! Cioè, no! Cioè… aaaaaaaaaaaa!” urlò Kurt, lasciandosi cadere a pancia in giù sul letto e affondando la faccia nel cuscino.
L’altro si sdraiò al suo fianco e gli sfiorò gentilmente una guancia con le dita: “Sei arrossito.”
L’unica risposta che ottenne fu un verso a metà fra un gemito contrariato ed un urlo di frustrazione.
Si chinò verso di lui, sfiorandogli l’orecchio con le labbra: “La trovo una cosa adorabile.”
Kurt alzò di scatto la testa, ma ogni protesta fu troncata sul nascere dalle labbra di Blaine, che si impossessarono prontamente delle sue, trascinandolo in un bacio che gli fece immediatamente passare la voglia di discutere dell’argomento.
L’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi in quel momento era la deliziosa sensazione della dita dell’altro ragazzo che scivolavano sotto la sua camicia, disegnando figure senza senso sulla sua schiena ed incendiando ogni singolo centimetro di pelle che riuscivano a conquistare.
Si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto e Blaine ne approfittò per sfiorare la sua lingua con la propria e stringerlo a sé, in un tacito invito ad approfondire il bacio.
Le sue dita scesero fino ad incontrare l’ostacolo della cintura e si fermarono a giocherellare distrattamente con la fibbia, in attesa di un segnale da parte di Kurt. Quando vide che l’altro non sembrava intenzionato a fermarlo, permise  alla sua mano di superare quel limite che non aveva mai oltrepassato prima.
Il suo gesto mozzò il respiro nella gola di Kurt, che si lasciò sfuggire un gemito strozzato.
Blaine sorrise contro il suo collo e cominciò a muoversi e ad accarezzarlo con una sicurezza sempre maggiore.
Kurt gettò la testa all’indietro, totalmente sopraffatto dalle sensazioni che quel tocco gli stava trasmettendo, incapace di dare vita ad un pensiero o a una frase coerente.
Si limitò a far scivolare la mano sul collo e sulla nuca dell’altro e ad affondare le dita nei suoi capelli, avvicinando il volto al suo e baciandolo in una maniera totalmente incosciente ed istintiva.
La sua reazione strappò un mugolio soddisfatto a Blaine, che si sdraiò su di lui, cercando di far aderire completamente i loro corpi.
Dopo alcuni interminabili minuti, Kurt esercitò una lieve pressione sulla sua spalla, costringendolo a sdraiarsi su un fianco e spostandosi leggermente per fronteggiarlo, i nasi che si sfioravano in un contatto dolce e rassicurante.
I loro occhi non si lasciarono nemmeno per un secondo mentre le loro mani correvano sulla cintura dell’altro, nel tentativo di slacciarla, accompagnate dalle loro risate sommesse e complici ogni volta che incontravano qualche difficoltà.
Si separarono per un attimo per liberarsi dei rispettivi indumenti, che improvvisamente sembravano diventati decisamente superflui.
Blaine vide l’imbarazzo farsi strada sul volto di Kurt e fece scivolare due dita sotto il suo mento, costringendolo ad alzare lo sguardo.
Chinò il capo per incontrare la sua bocca e si concesse finalmente il lusso di esplorare quel corpo caldo che aderiva al suo, di accarezzare, stringere e di fare tutto quello che ormai desiderava ormai da molti mesi.
Kurt si trovò senza nemmeno accorgersene ad imitare i suoi movimenti, a ripetere quei gesti che lo facevano sentire come se camminasse sull’orlo del delirio.
Blaine si spostò di nuovo su di lui, incapace di privarsi ulteriormente del contatto con la sua pelle nuda e cominciò a tormentarlo in maniera deliziosa, coprendogli il collo di baci e di piccoli morsi.
Quando parlò, lo fece con una voce sommessa, quasi esitante: “Kurt, c’è una cosa che vorrei provare, ma non vorrei metterti a disagio…”
 L’altro fu capace solo di annuire debolmente, perché la semplice sensazione del respiro caldo sulla sua gola lo stava riducendo in una specie di poltiglia informe.
“Se faccio qualcosa di sbagliato o se vuoi che mi fermi… basta che tu me lo dica, ok?” mormorò Blaine.
Le sue labbra cominciarono a scendere, sfiorando il suo petto, sfiorando i suoi fianchi, sempre più giù, sempre più giù…
Kurt si lasciò sfuggire un gemito talmente alto da sembrare quasi un urlo e la bocca di Blaine fu di nuovo sulla sua: “Shhh, così finirai per svegliare tutto il vicinato!”
L’unica risposta che ottenne fu l’ansimare del suo respiro e per un attimo temette davvero di avergli fatto male in qualche maniera e maledisse mentalmente la sua inesperienza.
Le sue preoccupazioni vennero spazzate via dall’esile voce del suo ragazzo: “Puoi… puoi continuare, se vuoi. Cercherò di fare meno rumore, è solo che… non mi aspettavo che fosse...”
Tentò invano di trovare un termine adeguato a descrivere quell’esplosione sensoriale che l’aveva investito, ma ci rinunciò quasi subito e si limitò ad accarezzare con un sorriso la guancia dell’altro.
Blaine baciò il palmo della sua mano, il suo polso, sfiorò con le labbra e con la lingua l’interno liscio del suo braccio e le fece scivolare di nuovo sul suo corpo, esplorandolo con pazienza e desiderio, avvicinandosi senza fretta ma inesorabilmente alla sua meta.
Kurt riuscì solo a chiudere gli occhi, abbandonandosi alla sensazione della pelle di Blaine, del suo profumo e della sua bocca su di lui.
 
 
La mattina successiva, quando Carole scese per fare colazione, trovò suo marito seduto al tavolo, un’espressione decisamente preoccupata stampata sul viso: “Ti direi buongiorno, ma mi sembra un tantino inappropriato: che succede?”
Burt indicò con un grugnito ed un cenno del capo il piano superiore: “Non sono ancora scesi.”
“Amore, sono solo le sei e mezza… se fossero già scesi mi preoccuperei per la loro salute mentale!” gli fece notare lei con ovvietà.
“Non mi fido… vado a controllare cosa sta succedendo!” borbottò l’uomo e con uno scatto repentino si precipitò al piano di sopra, subito seguito a ruota da Carole, decisa ad evitare per quanto possibile spargimenti di sangue sotto al suo tetto.
Ruotarono piano la maniglia della camera di Kurt e aprirono la porta quel tanto che bastava per sbirciare all’interno della stanza.
“Oh mio Dio…” mormorò Carole, “Non ho mai visto niente di più dolce!”
I due ragazzi stavano dormendo strettamente abbracciati l’uno all’altro e Kurt aveva il viso affondato nei riccioli di Blaine, che nella notte erano riusciti a sfuggire alla prigione del gel.
I loro visi sembravano talmente sereni che Burt si sentì quasi in colpa per essersi intromesso in un momento tanto intimo e privato.
Carole richiuse silenziosamente la porta e sorrise affettuosamente al marito: “Visto? Non c’è motivo di preoccuparsi per loro.”
L’uomo si lasciò sfuggire un brontolio imbarazzato e la prese per mano, deciso a tornare alla sua colazione e pronto a negare fino alla morte che la vista di Kurt così evidentemente felice gli aveva fatto salire un groppo in gola.

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Capitolo 28
*** Ventottesimo Capitolo ***


Lo so, sono in ritardo mostruoso, ma il mio amato portatile è passato a miglior vita (mi mancherà quel piccolo ammasso di chip :( ) e ho voluto prendermi il tempo per buttare giù una one-shot che mi frullava per la testa da un po' di tempo (se vi va, potete trovarla QUI).
Detto ciò vi lascio al capitolo, sperando sia di vostro gradimento. Buona lettura!



Un raggio di sole riuscì a insinuarsi nella stanza e Blaine affondò il viso fra le scapole di Kurt, maledicendosi fra sé e sé per essersi dimenticato di chiudere le tende la sera precedente.
Disturbato dalla stessa impietosa lama di luce, Kurt si mosse nel suo abbraccio, girandosi verso di lui e rannicchiandosi contro il suo petto.
“E’ ufficiale: odio il sole!” mormorò in tono assonnato, “Stavo dormendo così bene…”
Il respiro caldo del ragazzo sulla sua pelle fece fremere Blaine, spingendolo ad abbassare il capo per posare le labbra sulle sue.
“Non ci pensare nemmeno,” bofonchiò l’altro, in tono per niente amichevole, “Ti proibisco severamente di accostarti a me prima che io abbia avuto il tempo di lavarmi i denti.”
Rimase per un attimo a bocca aperta, cercando un modo per ribattere, poi decise che protestare non sarebbe servito a niente e che sarebbe stato molto più produttivo usare le maniere forti.
Spinse le coperte ai piedi del letto con un gesto rapido, esponendo entrambi alla temperatura non esattamente tropicale di quella mattina. Ignorando il gemito drammatico di Kurt, lo sollevò fra le braccia, trasportandolo di peso in bagno e scaricandolo a sedere sul bordo della vasca.
Gli passò il suo spazzolino senza dire una parola, quindi afferrò il proprio e cominciò a prendersi cura dei suoi denti con estrema meticolosità.
“Non so nemmeno perché mi stupisco,” brontolò Kurt, “Cos’altro avrei potuto aspettarmi da un ragazzo che sembra un inno vivente all’utilizzo della Pasta del Capitano?!”
Blaine lo ignorò e si prese tutto il tempo necessario per risciacquarsi, poi gli rivolse un sorriso che sembrava grondare melassa e se ne tornò a letto, lasciandolo lì come un allocco.
Kurt imprecò fra sé e sé e si sbrigò ad afferrare il dentifricio, deciso a tornare il prima possibile all’abbraccio delle sue amate coperte (va bene, forse anche al petto nudo del suo ragazzo, che se possibile gli sembrava ancora più appetibile della sera precedente… ma questo non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto la più feroce delle torture).
Non appena scivolò sotto le lenzuola, Blaine gli cinse la vita con un braccio e lo attirò a sé, sospirando soddisfatto: “Adesso possiamo riprendere da dove eravamo rimasti prima che la tua intempestiva ossessione per l’igiene orale prendesse il sopravvento?”
Per un attimo Kurt ponderò la possibilità di ribattere in maniera pungente, ma la voglia di baciare quel ragazzo impossibile lo stava letteralmente divorando e decise che per una volta non l’avrebbe ucciso non avere l’ultima parola.
Lasciò quindi scivolare una mano dietro il collo dell’altro e si impossessò della sua bocca quasi con ferocia, premendo un bacio avido contro le sue labbra socchiuse.
Blaine non avrebbe voluto altro che perdersi nella marea di sensazioni che lo stavano travolgendo, ma sapeva bene che quello che era successo la sera prima aveva rappresentato un grande passo sia per la loro coppia sia per Kurt e lui aveva un disperato bisogno di sentirsi dire che non lo aveva forzato a fare qualcosa per cui non si sentiva ancora pronto.
Sapeva che a un occhio esterno sarebbe potuto sembrare eccessivamente ansioso e paranoico, ma l’unica cosa che gli interessava al momento era il benessere del ragazzo di fronte a lui, i cui occhi si erano riempiti di confusione e insicurezza non appena si era allontanato.
Si sporse per posargli un bacio leggero sulle labbra e posò la fronte contro la sua, sorridendogli in maniera rassicurante: “Tranquillo, è tutto a posto…. Volevo solo parlare un po’ di quello che è successo ieri sera.”
Le guance di Kurt di tinsero quasi immediatamente di un rosso intenso e lui abbassò lo sguardo, cominciando a giocherellare nervosamente con il bordo del lenzuolo: “Mi dispiace di non essere riuscito a… a ricambiare ieri sera, ma ero stanco e… tu sei stato fantastico e io avevo paura…”
Esitò per un attimo mordicchiandosi il labbro, poi proseguì in un sussurro umiliato: “… avevo paura di non essere capace di farlo nella maniera giusta.”
Blaine sgranò per un attimo gli occhi, preso completamente alla sprovvista. Gli prese delicatamente il volto fra le mani e lo costrinse ad alzare lo sguardo: “Non pensare mai, nemmeno per un momento, di essere obbligato a fare qualcosa che non ti senti pronto ad affrontare, mi hai capito? Ti posso garantire che quello che ho fatto ieri sera mi è piaciuto almeno quanto è piaciuto a te.”
Di fronte all’espressione scettica dell’altro, chiuse gli occhi e si fece coraggio, continuando a ripetersi mentalmente che certe cose andavano dette per il bene di entrambi: “Ieri sera avrei dovuto prendermi il tempo per chiederti se ti sentivi davvero completamente a tuo agio, ma non sono stato capace di fermarmi. Lo so che non ci sono scuse per il mio comportamento, ma la verità è che quando sono vicino a te mi sembra di non essere in grado nemmeno di pensare… a volte mi sembra quasi che la tua pelle abbia una specie di proprietà intossicante: mi basta baciarti o accarezzarti una volta e non riesco a smettere.”
Si passò le mani fra i capelli in un gesto di frustrazione, consapevole della sua totale incapacità di spiegare quello che provava ogni qualvolta Kurt lo sfiorava anche solo per sbaglio: “Stare con te è la cosa più bella e terrificante che mi sia mai capitata e anche se cerco di nasconderlo, a volte mi ritrovo a procedere completamente alla cieca… e in quei momenti sono letteralmente terrorizzato. Nemmeno io avevo mai fatto nulla di simile e ho passato la metà del tempo cercando di non svenire o iperventilare.”
“Sul serio?” gli chiese timidamente Kurt, con uno sguardo speranzoso.
“Te lo giuro,” gli confermò Blaine con una risata divertita, “Continuavo a chiedermi cosa diavolo stavo facendo e se lo stavo facendo bene. Ero nel panico più totale!”
Kurt roteò gli occhi, esasperato: “Certo, doveva essere estremamente difficile capirlo! Del resto non è come se tu mi avessi ridotto ad una sottospecie di poltiglia informe e gemente.”
Subito dopo, rendendosi conto di quello che aveva appena detto, si tappò la bocca con entrambe le mani, arrossendo furiosamente.
In condizioni normali Blaine si sarebbe affrettato a tranquillizzarlo e ad assicurargli che era tutto a posto, ma in quel momento tutto quello che riusciva a fare era starsene immobile a fissarlo con gli occhi spalancati.
“Tu… quindi… ti è piaciuto davvero?” balbettò in maniera timida e decisamente poco eloquente.
L’altro nascose definitivamente la faccia dietro le mani e si limitò a borbottare una lunga sequenza di improperi all’indirizzo della scarsa perspicacia del suo ragazzo.
“Comunque non devi…” riprese Blaine, con la voce sommessa resa sommessa dall’imbarazzo, “Voglio dire… al diavolo! Kurt, se non te ne fossi accorto, vado letteralmente fuori di testa ogni volta che mi tocchi… non credo che avrei la presenza mentale di valutare la tua… ehm, performance. E francamente non credo che ci sia un modo giusto e un modo sbagliato di fare certe cose… oddio, mi sto incartando!”
Si lasciò ricadere sui cuscini con un grugnito pieno di frustrazione e Kurt si rannicchiò sul suo petto, ridacchiando: “No, stai solo dando l’ennesimo sfoggio della tua impagabile eloquenza!”
Blaine gli rivolse uno sguardo truce: “E’ così che mi ripaghi per la mia delicatezza e la mia sensibilità?”
Senza scomporsi, lui gli rivolse un sorriso malizioso: “No, per quelle stavo valutando un altro genere di ricompensa…”
Si lasciò scivolare sotto le lenzuola e nella mente di Blaine tutto divenne bianco.
 
 
 
I membri del Glee Club non si erano mai distinti per la loro pazienza, ma in quella particolare occasione la curiosità li stava letteralmente divorando: mezz’ora prima si erano tenute le votazioni per la gara di duetti e Mr. Shuester, Mrs. Pillsbury e la coach Beiste si erano ritirati nell’ufficio del professore per procedere allo spoglio delle schede.
Quello che i ragazzi non riuscivano davvero a spiegarsi era come mai tre adulti con un quoziente intellettivo tutto sommato accettabile ci stessero mettendo così tanto per contare quattordici stramaledetti voti.
Nell’attesa, avevano deciso di sfogare l’ansia nell’unico modo che conoscevano, cioè rinfacciandosi relazioni e tradimenti avvenuti praticamente in era preistorica e urlandosi contro i peggiori insulti – accompagnati, nel caso di Santana, da colorite maledizioni in spagnolo che avrebbero dovuto far avvizzire tutte le loro colture o alcune delle parti anatomiche degli esponenti di sesso maschile.
Erano così impegnati a rivangare per la milionesima volta torti avvenuti eoni prima da non accorgersi nemmeno che i tre insegnanti erano rientrati nella stanza.
Mr. Shuester stava cercando invano di attirare l’attenzione del gruppo di ragazzi strepitanti, quando un familiare colpo secco fendette l’aria e Kurt e Blaine si ritrovarono istintivamente a scattare sull’attenti.
Rachel stringeva fra le mani un martelletto di legno, con il manico e la testa tempestati di pietre rosa.
Blaine rivolse alla ragazza uno sguardo carico d’odio: “Adesso so come si sentiva il cane di Pavlov…”
“Umiliato e impotente!” gemette Kurt, lasciandosi cadere con scarsa eleganza sulla sedia.
“Cosa diavolo sarebbe quell’aggeggio, Berry?” ringhiò Santana, che evidentemente non aveva mai assistito ad una riunione dei Warblers e non era a conoscenza dell’uso impietoso dell’inquinamento acustico fatto da Wes per richiamare all’ordine il gruppo.
 “Sono felice che tu me l’abbia chiesto.” le rispose Rachel, rivolgendole un sorriso estasiato, “Come tutti voi ben sapete, ho da poco intrapreso una relazione serena e assolutamente non disfunzionale con il capo del consiglio dei Warblers. Essendo consapevole della mia posizione di potere all’interno delle New Directions, il mio adorato Wes mi ha dato consigli estremamente utili su come disciplinare una massa di adolescenti imbizzarriti e mi ha anche spiegato alcune cose estremamente interessanti sul fenomeno del condizionamento.”
A quel punto la ragazza stava praticamente esplodendo di gioia repressa e nel suo sguardo era possibile scorgere quel luccichio allucinato che i suoi compagni avevano imparato a temere.
“Per aiutarmi a mettere concretamente in atto i suoi insegnamenti, mi ha anche regalato questo martelletto di squisita fattura realizzato appositamente per me. Non è adorabile?!” squittì, stringendosi al petto l’odiato oggetto come se si trattasse di una reliquia di valore inestimabile.
Kurt digrignò i denti e si chinò verso Santana, bisbigliando: “Giuro che se riesci a dare fuoco a quello stramaledetto affare ti permetto di assistere ad un pomeriggio di pomiciate fra me e Blaine.”
L’altro ragazzo si voltò verso di lui con un’espressione minacciosa negli occhi: “So che dovrei sentirmi offeso dal fatto che hai appena usato la nostra intimità come merce di scambio, ma al diavolo! Se può servire ad impedire la nascita di una nuova dittatura del martelletto, io ci sto. Ogni era ha bisogno dei suoi martiri.”
Ci volle un’ulteriore mezz’ora di minacce e piani criminali, ma alla fine Mr. Shuester riuscì a richiamare la loro attenzione: “Ragazzi, abbiamo finalmente i risultati della gara di duetti!”
“Alla buon’ora,” esclamò Santana, “Perfino Lord Tubbington sarebbe riuscito a contare le schede più in fretta di voi!”
“Si rifiuta di parlarmi da quando gli ho detto che doveva mettersi a dieta…” mormorò Brittany sconsolata, “Dice che è colpa mia, perché l’ho ripreso un sacco di volte per Fondue For Two e la telecamera aggiunge sempre almeno dieci chili.”
Il professore la fissò per un attimo sconcertato, poi decise di non farsi coinvolgere nella sua ennesima follia: “Sono sicuro che… ehm, riuscirete a lavorarci su. Comunque, come stavo dicendo prima di essere interrotto da Santana, finalmente abbiamo i nostri vincitori. Finn, rullo di tamburi, grazie.”
Il ragazzo afferrò subito le bacchette e un basso rullo carico di anticipazione si diffuse nella stanza.
Kurt afferrò la mano che Blaine gli stava porgendo e la strinse. Era sicuro che i suoi compagni non lo avessero votato per paura che un duetto fra due maschi diminuisse le loro possibilità di vincere le nazionali, ma non riusciva comunque ad impedirsi di sperare.
“Devo dire che mi avete piacevolmente stupito,” proseguì Mr. Shuester, “Per la prima volta da quando vi conosco la vostra decisione è stata completamente unanime e questo mi rende fiero di voi.”
Si concesse una breve pausa, poi finalmente annunciò: “Kurt, Blaine, complimenti: vi esibirete di fronte al pubblico di New York.”
Kurt ebbe solo un secondo per registrare il significato di quelle parole, poi Blaine lo strinse a sé ed entrambi vennero trascinati in un caotico abbraccio di gruppo dai loro compagni esultanti. 

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Capitolo 29
*** Ventinovesimo Capitolo ***


Sembra ieri che ho iniziato a scrivere questa fan fiction, invece siamo già arrivati al suo ultimo capitolo (lacrimuccia commossa :') ). Probabilmente il 90% di voi arrivati alla fine vorranno sgozzarmi con una mannaia da macellaio... prima di farlo sappiate che, contro ogni previsione, "Love... Eventually" avrà un seguito (e qui i più lungimiranti abbandoneranno la mannaia in favore di un lanciafiamme) e che quindi nulla rimarrà in sospeso. Non mi resta che augurarvi buona lettura e ringraziare la santa pazienza mostrata da Mery nel betare il parto della mia mente malata e nel sopportare i miei scleri XD



Blaine si appoggiò alla balaustra con un sospiro. Non era certo la prima volta che veniva a New York, ma lo spettacolo delle luci della città non aveva mai smesso di affascinarlo.
Sentì un rumore di passi alle sue spalle e sorrise quando le braccia di Kurt scivolarono a cingergli gentilmente la vita.
Il ragazzo posò il mento sulla sua spalla e Blaine si abbandonò completamente contro di lui, respirando soddisfatto il suo profumo e chiedendosi per l’ennesima volta se non fosse finalmente giunto il momento di racimolare il coraggio e confessargli quello che avrebbe voluto dirgli ormai da settimane.
Kurt interruppe il corso dei suoi pensieri posandogli un leggero bacio sul collo, sussurrando la sua domanda direttamente contro la sua pelle: “Come mai te ne stavi da solo qua fuori?”
Lui scrollò leggermente le spalle, accennando senza parlare al panorama che si stagliava sotto di loro. Rimasero in silenzio per alcuni secondi, godendo entrambi della vicinanza dell’altro, poi Blaine si voltò verso Kurt, stringendosi a lui e poggiando la fronte sulla sua spalla con un mugolio soddisfatto.
“Stanno ancora litigando?” mormorò alcuni secondi dopo, sentendo il rumore di qualcosa di pesante che si infrangeva contro una parete.
“Ferocemente.”
Blaine alzò il capo, incapace di nascondere la preoccupazione: “Credi che ce la faranno a salire sul palco domani?”
La risata di Kurt lo colse di sorpresa: “Assolutamente sì. Non è mai successo che ci presentassimo ad una competizione senza che si scatenasse un qualche tipo di dramma. Pensa che la prima volta che gareggiammo alle Provinciali, Rachel aveva appena rivelato a Finn che il bambino che Quinn portava in grembo non era suo, ma di Puck. Come se non bastasse i nostri avversari ci avevano rubato la scaletta e noi ci siamo ritrovati a dover improvvisare tre esibizioni senza nessun tipo di preparazione.”
“E nonostante questo siete riusciti a qualificarvi?” domandò incredulo lui, “Come diavolo avete fatto?!”
“Che posso dire? Sotto pressione tendiamo a dare il meglio di noi.” sorrise Kurt, arruffandogli i capelli. “Sei pronto per andare a dormire?” gli chiese con un sorriso.
Blaine annuì e si lasciò guidare fino ad uno dei letti singoli della stanza. Quando l’altro si stese al suo fianco, gli lanciò un’occhiata dubbiosa: “Purtroppo non credo che Mr. Shuester ci permetterà di dormire insieme stanotte.”
“Abbiamo ancora addosso tutti i nostri vestiti, senza contare che saremo circondati da sette ragazze che rimarranno sveglie fino all’alba a berciare e a farsi le trecce.” ribatté Kurt, raggomitolandosi sotto il piumone ed attirando di nuovo Blaine fra le sue braccia.
Quando le loro compagne tornarono finalmente in stanza, alcune ore dopo, li trovarono rannicchiati strettamente l’uno contro l’altro, le fronti che si sfioravano in una carezza inconsapevole.
 
Kurt si accomodò imprecando sul pianoforte a coda, domandandosi per l’ennesima volta come mai aveva acconsentito ad esibirsi arrampicato sullo strumento: sicuramente gli sarebbe venuto un malore per l’ansia e si sarebbe sfracellato sul palco in un lago di sangue.
“Qualche problema?” domandò in tono divertito Blaine, inarcando un sopracciglio.
“Puoi anche smetterla di gongolare. Non è che tu debba vantarti del fatto che passi una buona metà del tuo tempo a scalare montagne di divani e tavolinetti da caffè!” replicò lui in tono piccato.
L’altro sorrise e tese la mano ad afferrare la sua. “Sei preoccupato per l’esibizione?” gli domandò poi con voce sommessa, accarezzandogli il palmo con il pollice in maniera rassicurante.
Kurt gli sorrise, scrollando le spalle, e si sedette comodamente con le gambe incrociate: “Si tratta pur sempre del mio primo assolo… e dovrò eseguirlo di fronte al pubblico di New York mentre me ne sto abbarbicato in equilibrio precario su una cassa di legno.”
Blaine gli prese il volto fra le mani e si sporse per baciarlo con dolcezza sulle labbra: “Ascoltami bene! La tua voce è assolutamente meravigliosa e il pubblico presente in sala stasera è fortunato ad avere l’occasione di ascoltarti, perché un giorno potrà raccontare di aver assistito alla prima vera esibizione del grande Kurt Hummel.”
L’altro lo fissò per un attimo in silenzio, poi scoppiò a ridere, gettando la testa all’indietro: “Ok, questa è ufficialmente la frase più svenevole che abbia mai sentito…” Fece una pausa, sentendosi contemporaneamente divertito e in colpa per l’espressione ferita comparsa sul viso del suo ragazzo, “Ma devo ammettere che riesci a farla sembrare la cosa più dolce e romantica del mondo.”
Blaine gli regalò un sorriso assolutamente raggiante e gli strinse brevemente la mano fra le sue. Aprì la bocca come per dire qualcosa, ma venne interrotto da un improvviso brusio proveniente dalla sala.
Kurt voltò di scatto la testa verso la fonte del rumore. “Oh mio Dio… hanno aperto le porte!”, mormorò, impallidendo visibilmente.
Blaine accentuò la stretta sulle sue mani e lo costrinse a voltarsi verso di lui: “Ascoltami bene: quando inizierai a cantare voglio che tu non pensi a tutta quella gente là fuori…”
“Certo, la fai facile tu!” sbuffò l’altro, “Tu ti sei già esibito migliaia di volte di fronte…”
“Non pensare a tutta quella gente là fuori.” ripeté lui in tono deciso, “Voglio che tu chiuda gli occhi per un secondo e che ricordi il giorno in cui abbiamo scelto questa canzone per la gara dei duetti. Voglio che ricordi la prima volta che l’abbiamo provata, seduti sul letto di camera tua, e il modo in cui ci è subito sembrata perfetta per noi. Magari lascerei da parte il modo in cui tuo padre ha fatto irruzione nella stanza brandendo un mestolo da cucina perché pensava che stessi approfittando della sua assenza per strappare la tua innocenza.”
Kurt si lasciò sfuggire una risata e gli buttò le braccia al collo, rischiando di sbilanciare entrambi e di farli finire a gambe all’aria sul pavimento. Quando Blaine riuscì a ristabilire almeno una parvenza di equilibrio, gli affondò le mani nei capelli e lo attirò a sé, baciandolo con foga.
Dopo alcuni secondi si allontanò appena, sussurrando le parole successive sulle labbra dell’altro: “Blaine Anderson, sei una persona assolutamente fantastica. E ti amo.” Lo baciò velocemente per un’ultima volta prima di alzarsi di nuovo in piedi sul pianoforte,  pronto per affrontare l’esibizione.
Blaine rimase per un attimo a bocca aperta, completamente senza parole. Sapeva che se avesse cercato di mettere insieme un discorso elaborato in quel momento, avrebbe finito soltanto per blaterare per ore, dicendo probabilmente una marea di cose totalmente insensate. Decise quindi di limitarsi all’unica cosa che contava davvero.
Afferrò fra le dita la manica di Kurt e la tirò leggermente, costringendolo ad abbassare lo sguardo su di lui.
“Ti amo anch’io.” mormorò con un sorriso imbarazzato, sentendosi incredibilmente vulnerabile ed euforico allo stesso tempo.
Lui gli sorrise a sua volta ed annuì leggermente, mentre le prime note cominciavano a diffondersi in sala. Blaine inspirò profondamente, poi si sedette e cominciò a suonare la sua parte di accompagnamento.
Kurt alzò lo sguardo di fronte a sé. Il sipario si aprì e lui cominciò a cantare.

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