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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Capitolo 1: EVENTI TRISTI E FORTUITI INCONTRI *** Capitolo 2: *** Capitolo 2: IL SEGNO NEFASTO *** Capitolo 3: *** Capitolo 3: IL LITIGIO *** Capitolo 4: *** Capitolo 4: DI NUOVO A HOGWARTS *** Capitolo 5: *** CAPITOLO 5: Incidente di Volo *** Capitolo 6: *** Capitolo 6: UN INQUIETANTE RISVEGLIO ***
Disclaimer:Questa
storia è basata sui personaggi e sulle situazioni create e di proprietà di JK Rowling, oltre che del suo editore e dei distributori
internazionali che ne detengono i diritti. Questa storia è stata redatta senza
fini di lucro e per mero diletto personale. Nessun copyright
si ritiene leso.
A Hogsmead era una bella giornata limpida
ma molto fredda. Le poche persone in giro si muovevano veloci per le
vie, ansiose di tornare a i loro caldi focolari.
Il rappresentante
locale della Squadra Speciale Magica guardava annoiato al di
là del vetro appannato del suo ufficio in cerca del vuoto da osservare
con insistenza. Era appena riuscito a svuotare la mente, quando un sospiro,
lungo e profondo, lo ridestò. Sua nonna, con aria
mesta, lo guardava affacciandosi dalla sua cornice appesa al muro. Non gli
disse nulla, lo osservò a lungo eloquentemente: si guardarono e gli occhi
dell’agente speciale Paciock si appannarono come
colpiti dalla fredda aria invernale. Le lacrime gli iniziarono
a sgorgare dagli occhi colmi e sua nonna avrebbe voluto staccarsi del
muro e abbracciarlo. Gli disse piano, poco convinta…:
«Su
avanti Neville, non fare il bambino…»
L’agente
Speciale della Squadra Speciale Magica Paciock si sentì invece proprio tornare bambino e prese a
piangere ancora più forte. Un gufo entrò infreddolito
nell’ufficio, Neville gli prese la pergamena legata alla zampa.
“Caro
Sig.Paciock,
Date
le ultime spiacevoli novità, le è concesso un permesso di tre giorni.
I migliori
saluti,
Arnaldo Araciock,
Ufficio Comunicazione Dipendenti,
Ministero della Magia”.
Questo recitava la pergamena.
Si
alzò e salì mollemente al piano di sopra per fare qualche bagaglio.
«Bagalius» sussurrò, ma così piano che niente si mosse.
Sospirò
così forte da far rantolare i suoi polmoni.
«Bagalius!» gridò subito dopo agitando la bacchetta. Le
poche cose scelte per il viaggio si sistemarono nel borsone. Il viso era rosso
di rabbia e di dolore. Decise di prendere il Nottetempo per allontanare di un
po’ il suo scontro con la realtà dura dei fatti. Quando
arrivò all’ospedale San Mungo non piangeva più e specchiandosi in una vetrina
gabbana si sorprese sereno, e rassegnato. Sbrigò presto le pratiche
amministrative, ma quando entrò nella camera mortuaria dell’ospedale, le sue
gambe non lo ressero più. Non c’era nessuno e si lasciò abbandonare su una
sedia, il più possibili lontane dalle bare. Non osò avvicinarsi. Aveva passato
tutta la vita a vedere i suoi genitori ricoverati in quell’ospedale,
con lo sguardo vuoto e triste come se fossero stati baciati dai Dissennatori. Già quelli però lui erano
gli unici ricordi “felici” dei propri genitori…non voleva che gli rimanesse
impressa anche l’immagine della loro morte.
Entrarono
gli addetti delle pompe funebri e, dopo brevi convenevoli, chiusero e portarono
via le bare, facendole lievitare come comuni bagagli.
Il
suo dovere lì era finito.
Si
alzò e uscì da quella stanza impestata da un’aria troppo pesante e lugubre. La
luce algida dei corridoi dell’ospedale lo accecò e lo fece barcollare: nessuno
fra i guaritori, addetti e pazienti parve accorgersene.
Cosa farò di questi tre giorni?
pensò.
Non
aveva tanta voglia di tornare a Hogsmead; pur
vergognandosi di quel suo pensiero, si disse che non
aveva voglia di vedere o parlare con il ritratto di sua nonna.
D’un
tratto si risvegliò dai suoi pensieri quando vide
passare accanto a sé una figura nota.
- Harry!- esclamò e d’istinto fermò con un braccio la persona
a cui si riferiva.
Per
un attimo fu certo di aver sbagliato persona. Gli stava davanti un uomo di
statura media ma molto slanciato, con i capelli neri, arruffati e sporchissimi,
gli occhi verdi…anzi…un occhio verde… L’altro non
c’era: quell’individuo aveva mezza faccia sciolta,
come un ammasso di cera caduta da una candela. Lo sguardo era penetrante e
Neville sussultò fra il ribrezzo e lo spavento. Poi, quando stava già per
porgere le sue scuse imbarazzatissime, una smorfia
stentata assomigliante ad un sorriso si storse sulla mezza faccia
del suo interlocutore.
-
Oh Neville- gemette
- Harry, sei proprio tu?-
La
smorfia si ripeté sul volto di Harry, unita ad un
breve cenno del capo.
- Cosa ti è successo! Per la barba di Merlino! Ti accompagno- Notò con orrore che, lievi e disordinati, rivoli di sangue
correvano sul suo viso lanciandosi poi a cascata sulla sua veste.
Neville,
che aveva preso sottobraccio Harry, si fermò un
attimo di fronte al cartello della reception dove
erano illustrati i vari piani con i reparti specializzati. Harry,
capendo la sua incertezza, rantolò:
-
Primo piano-
Paciock lesse
mentalmente “Lesioni da creature”.
- E’ stato un gremiso- aggiunseHarry sbrigativo.
Arrivati
al primo piano si dovettero dividere, poiché Harry si
era rimesso alle cure dei guaritori nell’ambulatorio del reparto.
Neville si mise ad aspettare stancamente
nel corridoio asettico di San Mungo. Si sentiva stranamente stanco e
consunto, come se avesse visto passare davanti a sé secoli inutili e stantii.
Una signora di mezza età rompeva il silenzio del reparto gridando
agitatissima contro uno specchietto da borsetta: chissà con chi stava parlando.
Neville la guardò per un po’, poi decise di astrarsi e
pensare ad altro.
Dopo
circa un’ora gli fu permesso di entrare e lo trovò seduto sul lettino con la
testa fasciata e la faccia mezza ricoperta di bende. Neville si rese conto per
la prima volta che il lato della faccia ferito era il destro, quello della
cicatrice.
Harry
lo informò con la voce ovattata dalle bende che presto sarebbe tornato come prima sul suo viso, o quasi (a queste parole
esitò un poco e Neville pensò di nuovo alla cicatrice). Gli avevano messo un
antidoto per il fuoco velenoso di gremiso e avrebbe fatto effetto nel giro di una settimana. Poteva, comunque, essere dimesso subito.
-
Dove abiti?- gli chiese Paciock, rendendosi conto di
aver fatto una domanda stupida.
-
Da Sirius- disse Harry con
un’intonazione noncurante, ma gelido. La sua risposta
e il tono lo fecero rabbrividire. Sirius
era morto maHarry pareva
non ricordarlo o lo ricordava ancora con tutto il dolore e i sensi di colpa di
quindici anni prima.
QUINDICI ANNI.
-
Potresti venire a stare da me a Hogsmead per la
convalescenza. Sai- disse prendendo fiato –i miei
sono, beh, appena morti…una casa vuota non fa bene né a me né a te- concluse
affrettatamente. Si sentiva di nuovo un ragazzino, tuttavia non di fronte ad un
suo compagno ma ad un professore…Harry lo guardava
fisso e monocolo, era torvo e inquietante, tuttavia qualcosa si schiarì nel suo
sguardo e sorrise perfino (per quanto gli fosse possibile). Non erano molto
vicini a scuola, almeno non quanto lo fossero Ron ed Hermione, ma un comune destino li
accomunava e li legava. Sperava in un soggiorno sereno, libero da tutti i guai
che Harryaveva avuto
ultimamente.
A Hogsmead si mostrava di nuovo luminosa
una giornata limpida ma gelida. Era passata quasi una settimana da quandoHarry si era stabilito
lì. Aveva chiesto un congedo per malattia e non aveva avuto problemi ad
ottenerlo, visto che era occorso un incidente sul lavoro. Non pensava molto ai
suoi impegni, né a Dobby e Winky
rintanati a GrimmauldPlace:
in quel momento non pensava a niente di preciso, ma un rimescolio indefinito
gli annodava lo stomaco.
Era
il giorno di San Valentino e Harry e Neville lo
osservavano inermi dietro i vetri appannati. Verso le nove le strade iniziarono
a gremirsi di ragazzini vocianti. Harry li guardò
fisso, quasi interdetto, come se fossero piombati da un altro mondo e poi si
voltò lievemente sulla destra, verso Paciock. Lui
parve non accorgersene: la burrobbirra e il bibo di centacolo (non gli erano
mai piaciuti li alcolici) fumavano nelle loro mani e
la nonna sonnecchiava nel suo quadro. Guardò di nuovo il suo amico e poi i
ragazzini per strada, ora con un’attenzione quasi morbosa. Quell’improvvisa
esplosione di vita per le strade doveva certo appartenere a Hogwarts.
Quanto erano diversi loro due dai tempi della scuola.
Neville Paciock era cambiato molto e ora che era
agente della Squadra Speciale Magica aveva assunto un’aria di
autorità verso i cittadini del luogo. Non era più paffuto e smarrito, maHarry notava che le
mani gli tremavano ancora e le sue guance arrossivano nei momenti più delicati.
Erano rimaste comunque inconfondibili la pancetta e
l’innata passione per l’erbologia (nel retro della
sua casa il giardino era un’unica vasta serra, piena delle piante più
stravaganti e rare).
Quanto
a lui, si sentiva strano senza la sua cicatrice.
La
sua ferita si era rimarginata quasi del tutto, ma gli unguenti che gi avevano
dato per ricostruire la faccia gli avevano portato via la saetta dalla fronte
(I Babbani sarebbero ricorsi alla chirurgia
plastica! Se le attrici avessero scoperto alcuni di quegli
unguenti magici…sorrise).
Aveva
passato tutta la vita odiandola spesso per le inimicizie i
guai, le maledizioni che gli aveva procurato, ma ora si sentiva un po’ vuoto:
privo di identità. Purtroppo, sentiva una vocina dirgli dentro sé, non era la sola cicatrice a renderlo così…
Quanto a Neville, egli percepiva i suoi pensieri e
capiva il suo stato d’animo, ma si sentiva troppo inadeguato per
aiutarlo. Ormai Harry era un Auror e i segreti che custodiva non erano certo per lui.
Non aveva il coraggio di chiedergli nulla perché aveva timore di ferirlo o, di
fronte ad un suo sfogo liberatorio, di non sapere comunque
cosa fare o dire. La mattina dopo però accadde qualcosa che cambiò prospettiva
ad ogni cosa.
Quando
Neville andò a chiamare Harry per la colazione, il
cuore gli si schiantò di colpo. Era disteso ancora sul letto tuttavia la
fronte, completamente guarita il giorno prima, era
ricoperta di sangue. Harry giaceva scomposto, come un
burattino buttato via senza cura, e con gli occhi vitrei e sbarrati.
Neville
pensò che fosse morto, poi con gioia gli vide muovere lentamente le palpebre e
sentì il suo lievissimo respiro. Dopo averlo chiamato a lungo riuscì a farlo
riprendere dallo shock con una pozione creata apposta da sua nonna per i suoi continui momenti di debolezza infantile e resa più
efficace da degli estratti di piante che lui stesso aveva incrociato fra loro.
A qualcosa servì visto che Harry riuscì a mettersi
seduto sul letto e a riprendere una compostezza umana. Neville lo lasciò allora
un attimo e tornò con una bacinella carica d’acqua. Si mise con cura a pulirgli
dalla fronte il sangue e si accorse con sollievo che la ferita sulla fronte si
riduceva solo ad un taglio.
A
forma di saetta.
La
cicatrice di Harry era tornata.
Harry
continuava a non essere molto cosciente di sé e della gravità della situazione.
Neville incominciò a sudare e le sue mani a tremare: l’unguento collacitrix, datogli all’ospedale, non aveva il benché
minimo effetto sulla saetta. Forse pensò il fatto
che gli sia rispuntata è normale…fa parte profondamente del suo
essere…Forse il suo stato di shock è dovuto al fatto che ha rivissuto la morte
dei suoi… Un sussurro quieto e sinistro di Harry
lo fece raggelare.
-…Crociatus…- disse e poi svenne. Sulla sua fronte il segno
continuava a sanguinare.
Neville
tornò un ragazzino e si fece prendere dal panico, poi un nuovo moto di orgoglio e dignità lo scosse. Dopo tutto
era un agente e avrebbe fatto qualcosa. Come prima cosa pensò di portarlo in ospedale, ma questo evento avrebbe fatto troppo rumore; un
conto era l’arrivo di un Auror , se pur di nome HarryPotter, con una ferita
procurata da un incidente sul lavoro, un conto era il ritorno così repentino di
un segno nefasto come quella cicatrice.
Pensò
di chiamare Hermione e Ron,
di certo più pronti e preparati di lui in quel momento (in quasi tutti
momenti a dir la verità, si disse sinceramente):
il problema era che forse non era il caso (forse sperò fortemente) di
richiamare l’Ordine, altrimenti non sapeva come contattarli. Poi gli venne in
mente, realizzando di essere in effetti un po’ lento,
che Hermione da quell’anno
insegnava ad Hogwarts. Decise di mandarle un gufo
circostanziato ma che la spingesse a venire
immediatamente da lui. “Vieni ora!”. Sperò che Hermione
non pensasse ad una sua incipiente pazzia visto che non si era mai rivolto a
lei in quel modo, ma in quel momento non gli venne
niente di più convincente da scrivere: d’altro canto non voleva esporre
apertamente la situazione, negli anni aveva imparato ad essere molto prudente.
Vide il suo gufo allontanarsi veloce verso Hogwarts,
del resto non molto lontano e poi tornò ad occuparsi di Harry.
Questi
intanto si era perso in un meandro oscuro di se stesso; aveva imparato, nel
tempo e con costanza, a crearsi un rifugio ovattato e asettico nel suo cervello
per far fronte ai momenti di bisogno. Non ricordava cosa gli fosse
successo, ma non tentava nemmeno di riprendere coscienza di sé. Il
dolore al capo era troppo forte e sentiva salirgli di nuovo dei tremiti che lo
scuoteva tutto. Difatti incominciò a tremare, tutto in
preda a quello che per un babbano sarebbe stata una
crisi epilettica.
Neville
trasalì e pensò alle recenti parole sussurrate da Harry.
Cruciatus!!!.Se
avesse subito uno di quegli incantesimi? Se quello ne
fosse il risultato? E se?Pensò
con terrore ai suoi genitori e al loro vegetare per trent’anni.
Si incupì e un’ira funesta lo impadronì. Si mise a
camminare avanti e indietro accanto al letto dove Harry
sembrava essere ricaduto in un calmo torpore. L’attesa dell’arrivo di Hermione si fece estenuante; le ore passavano lente ed
eguali. Neville si era lasciato andare su una poltrona accanto al letto e
guardava Harry con crescente preoccupazione: se non
fosse stato per il suono irregolare e sibilante del suo respiro, pareva
pietrificato o, peggio ancora, morto. Si avvicinava l’ora di pranzo ma Neville,
come poche volte nella sua vita, non aveva appetito: fissava con insistenza un
angolo della stanza proprio di fronte a lui, dove la carta da parati a
fiorellini si stava lentamente staccando ingiallita.
D’un
tratto un BANG proveniente dal piano di sotto lo fece
sobbalzare. Prima che potesse anche solo rendersi conto di cosa succedesse, un nuovo
suono lo fece trasalire: la voce di Hermione.
Acuta
e fredda, gridò - Paciock!- dal piano di sotto.
Neville guardò Harry disteso e con la fronte
sanguinante. Prese lo straccio bagnato dalla bacinella e tornò a pulirgli la
fronte.
-
Sali su! Prima porta a destra!-
La
sentì sbuffare e salire imperiosa le scale. Arrivata sulla soglia sentì il suo
passo bloccarsi interdetto. Lasciò lo straccio nella bacinella e si voltò. Hermione, col la divisa da
professoressa, era impeccabile nel suo ordine e nella sua compostezza. I
capelli erano tirati all’indietro sotto il cappello viola scuro a punta e, se
non fosse stato per la larghissima differenza di età,
ricordava la McGranitt : si vedeva che era entrata in
pieno nel ruolo di professoressa e che ci sguazzava dentro con enorme
soddisfazione. Il suo viso in quel momento si era impietrito come tutto il suo
corpo, in una posa di impotente stupore. Neville
sperava che i dissapori fra lei ed Harry, dei quali
gli era giunta voce ma di cui non conosceva la causa,
non la spingessero ad andare via. Nei lunghi secondi che trascorsero, la
tensione parve smorzarsi e Hermione, come si avesse ricevuto un contro incantesimo, si mosse ed entrò
nella stanza.
-
E’ per lui che mi hai chiamata?- disse a Neville.
Si
era posta in piedi accanto a lui, ma il suo sguardo era rivolto a Harry, disteso scomposto.
-
Beh, sì. Ho pensato di chiamarti sperando che arrivassi al più presto…E’ da
stamattina che si trova in questo stato- al lieve e timido rimprovero, che Hermione percepì nelle parole di Neville, si scusò frettolosamente e con poca convinzione. Infatti non aveva preso il suo messaggio con la dovuta
urgenza che avrebbe meritato.
-
Ho dovuto prima finire le lezioni della mattinata e poi non potevo
usare la metropolvere perché non hai nemmeno un
camino. Sono dovuta uscire da Hogwarts prima di
potermi materializzare qui-
Ci
fu una brave pausa. Paciock
sapeva cosa Hermione stava per dire e infatti lo disse:
-
Potevi essere più preciso nel messaggio! Cosa gli è successo?-
-
Beh, non so con esattezza, ma ho pensato ci volesse
qualcuno di più esperto; non so se è una cosa grave, ma…- e principiò a
raccontarle quello che era accaduto quella mattina. Quando pronunciò la parola
“crociatus”Hermione staccò per la prima volta gli occhi da Harry e lo guardò profondamentenegli occhi: Neville non riuscì a reggere lo
sguardo. Hermione aggirò il letto e si pose davanti a
Neville, con le spalle alla finestra: si inginocchiò.
- Harry- sussurrò e Neville guardandola pensò che forse le voci sui dissapori fra loro non erano veri poiché il viso di
Hermione era carico di una dolce apprensione. Ella si avvicinò ancora di più ad Harry.
- Harry- disse di nuovo sussurrandogli all’orecchio; le sue
labbra lo sfioravano. – Harry- di nuovo, piano, e
dolcemente gli pose la mano sul braccio. Harry,
semplicemente, aprì gli occhi. Neville trattenne un gesto di esultazione, in realtà non sapeva ancora se stava bene e se
era veramente sveglio. Ma poi parlò;
- Hermione- la sua voce sembrava provenire dal buio profondo
di una caverna. Harry vide una luce fioca e calda
penetrare con violenza nel suo rifugio e riemerse pian piano da quel suo
angolo, galleggiando verso la fonte di quel calore. Vide Hermione
affiorare nitida davanti ai suoi occhi: la luce proveniente dalla finestra dietro
di lei la circondava di un’aurea di splendore, algido. Tornò rapidamente alla
realtà, come se qualcuno lo avesse repentinamente scalciato via del liquido anmiotico nel quale si sentiva sommerso. Si tirò su e notò
la nonna di Neville che lo guardava curiosa e preoccupata dalla cornice sulla
parete di fronte a lui. Si rese conto di trovarsi a casa di Paciock
e di avere lui stesso accanto a sé, altrettanto preoccupato. La fronte gli
bruciava ai limiti dell’impossibile: se la toccò e vide le sue mani sporche di
sangue. Si sentiva debole. Il suo amico gli passò sulla fronte una benda
bagnata che un po’ lo ristorò; si pose a sedere sul letto e guardò con fare
interrogativo Hermione, come se non l’avesse notata
fino ad allora.
- Che cosa mi è successo? Professoressa Granger, che ci fa qui?-
Neville
pensò che Harry stesse scherzando, ma notò lo sguardo dei due che si stavano fronteggiando,
guardandosi duramente. Cercò di “alleggerire” l’atmosfera raccontando per
l’ennesima volta l’accaduto di quella mattina, al che Harry
si alzò e si mise davanti allo specchio.
-
La mia cicatrice- disse toccandosela, in realtà ora era un taglio profondo che
continuava a sanguinare. Il dolore spesso lo attraversava lancinante, ma un
sorriso gli sorse sul viso: si sentiva più sicuro e fermo con quel segno sulla
fronte.
-
Forse è meglio che le procuri una pozione Rimpollisangue.-
disse Hermione rompendo il silenzio e , senza aggiungere altro, senza salutarli e nemmeno
guardarli negli occhi, si smaterializzò. Rimasero soli e in silenzio per un bel
pezzo. Harry, non curandosi di
Neville parecchio interdetto, continuava a guardarsi allo specchio. I
suoi occhi seguivano attenti le gocce che uscivano
lentamente ma costantemente dalla sua fronte. Il sangue gli colava sul viso.
Poi con una semplicità che disarmò Neville, schiacciandolo ancora di più sulla
poltrona, disse:
-
Credo a questo punto che stanotte mi abbiano
torturato: devo indagare, ma ora mi sento troppo debole. Mangiamo qualcosa?-
Ciao a tutti!
Grazie alle due anime pie che mi
hanno lasciato un commento…
Aspetto altre recensioni per
migliorare il mio lavoro e avere uno stimolo in più.
Era
ormai l’imbrunire quandoHermione
si ripresentò. Harry parve non accorgersi di lei.
Neville invece la accolse con gioia, visto che ormai Harry,
che continuava a sanguinare, aveva un colore simile al bianchiccio della carta
da parati.
-
Hai un letto in più? Rimarrei qui stanotte.- chiese a Neville che assentì rincuorandosi: era contento ci fosse qualcun altro
quella notte con Harry. – Ho avvertito la McGranitt
che mi ha dato chiaramente subito il permesso. Ho invece faticato molto con
Madama Chips per farmi avere la pozione senza svelare
nulla! Per quanto riguarda la ferita, visto che la magia non sembra funzionare,
proverei caro e vecchio metodo gabbano: punti di
sutura.-
Harry
debolmente sollevò la testa e la guardò con un sorriso (come
a Neville parse) ammirato o forse un po’ scanzonato. Comunque
lasciò che armeggiasse sulla sua fronte senza troppe resistenze. Hermione comandava ago e filo come se stesse cucendo una
camicia. Neville preferì distogliere lo sguardo da quel metodo poco ortodosso,
e occuparsi di qualcos’altro. QuandoHarry si sembrò addormentarsi era ormai tardi. Neville ed Hermione lo lasciarono e andarono a preparare la stanza
degli ospiti per la notte. Prima di tornare nella sua stanza Neville si fermò e
si voltò, anche Hermione, intenta vacuamente a
guardare fuori, si voltò. Era fermo sulla soglia con una mano sulla maniglia e
l’altra sullo stipite , incerto
-
Lo hanno torturato, secondo me- disse con lentezza,
come se avesse dovuto calibrare ogni parola.
- Lo
suppongo anch’io- disseHermione,
tornando a girarsi verso la finestra. Neville avrebbe giurato di averle visto gli occhi gonfi di lacrime, ma non disse
niente e uscì.
La
notte passò lenta e irrequieta per tutti. Sembrava che qualcosa di nero e
viscido li avesse infettati e si trascinasse affamato all’interno delle loro
membra. Harry solo, forse per la debolezza
accumulatasi pesantemente sulla sua testa, riuscì poco prima dell’alba ad addormentarsi. Furono buttati giù dal letto verso le otto
da degli strepiti in mezzo alla via. Data l’apprensione che gli aveva presi,
saltarono giù tutti allarmati. Harry si sentiva bene
e notò con piacere che la sua ferita si era finalmente chiusa.
C’era
un vecchi che gridava in mezzo alla strada con la
neve, caduta nella notte, che gli arrivava alle ginocchia.
-
Al ladro! Mi hanno derubato!- l’agente Paciock risalì
in fretta, si vestì e andò in strada a placare la grande agitazione
dell’anziano signore. Hermione e Harry
si sorrisero con sollievo, poi, quasi ricordandosi la loro ostilità, si
divisero e andarono a prepararsi ciascuno nella propria stanza.
Harry, mentre si dava un’ultima
sistemata, si rese conto di quanto, pochi minuti prima, Hermione,
scompigliata ancora dal sonno, assomigliasse ancora sorprendentemente ad una
ventenne: i suoi capelli erano ancora oltremodo cespugliosi: forse lei ogni
mattina li incantava uno ad uno.
Rise pensando adHermione
alle prese con la sua indomabile criniera. Quando scese per la colazione,
Neville non era ancora tornato maHermione,
dall’aspetto impeccabile, era già scesa e controllava la colazione che si
preparava. Si sedette a tavola e Hermione lo
raggiunse porgendoli il piatto. L’aspetto non era molto invitante,
maHarry mangiò tutto lo stesso senza fiatare.
Quando ebbero finito il silenzio si fece troppo
pesante ed allora Harry decise di parlare di quello
che gli era capitato.
-
Penso di essere stato colpito con un incantesimo crociatus
la notte scorsa. Volevano sapere da me qualcosa, qualcosa che non ho ben
individuato. Non sono riuscito all’inizio a difendermi, non mi aspettavo un attacco e stavo crollando, anche se ormai ho
imparato l’arte dell’occlumanzia. Qualcuno frugava
nella mia testa e mi sentivo bruciare. Poi sono finalmente riuscito ad astrarmi
da tutto e ricusarlo via.-
-
Me l’ero immaginato- disse Hermione – e so anche chi può essere stato secondo te.- ci fu un breve
silenzio, di nuovo molto pesante. –Lord Voldemort è morto.- concluse
brevemente.
- No che non lo è!-ribattèHarry colpendo con violenza il palmo della mano sul tavolo;
si riapriva una vecchia discussione.
Intanto
Neville era tornato, ma nessuno dei due gli aveva dato molta attenzione.
-
L’ha ucciso Silente in punto di morte.-
-
Io non credo che sia morto -
-
Sei un AurorHarry, ed
anche molto bravo ed…esposto: in molti vogliono carpire informazioni da te!-
Sembrava
che presi dalla foga del litigio almeno avessero smesso di fingere un
formalismo freddo e inutile.
-…ma la cicatrice…-
-
Oh andiamo! Fa parte profondamente di te, sarebbe rispuntata comunque!-
Neville
si gongolò al pensiero di aver avuto la stessa idea di Hermione.
-
E’ stato Voldemort!-
-
E’ morto
-
No che non lo è!-
- Ma perché ti ostini ancora? Sono passati dodici anni!-
- Perché non è andata come avrebbe dovuto. Perché
avrei dovuto ucciderlo io, non Silente!- sbottò Harry
furioso.
A
Neville sembrò che fuori, attorno a loro, fosse calata una notte buia e pesta.
I due si guardavano quasi con odio.
Poi
con un fiotto di parole Harry riprese a parlare:
- Hermione- disse con calore e aria conciliante – io non ti
ho mai detto una cosa, una cosa che mi rivelò Silente
dopo la morte di Sirius.- gli tremò
impercettibilmente la voce. Neville fece per andarsene con
discrezione, ma il piede, già posto sul primo gradino della scala, gli si gelò.
–
Riguarda molto anche te, Neville Paciock-Perché
chiamarlo così solennemente?Harry riprese a
parlare con aria funesta: sembrava che tutto fosse sospeso nell’aria ancora più
nera.
- Ecco
giungere il solo con il potere di sconfiggere l’Oscuro Signore… nato da chi lo
ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del
settimo mese…l’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un
potere a lui sconosciuto…e l’uno dovrà morire per mano dell’altro, poiché
nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive…- declamò e poi fece una
pausa, aspettando che ognuno di loro assorbisse ogni parola. – Questo recitava
la profezia che andò infranta quella notte-
Per
un po’ il silenzio fu tale che sembrava si potesse
sentire cadere ogni singolo fiocco di neve fuori.
-
Per questo non credi alla sua morte? Per una stupida, futile ed insulsa
profezia? Io non credo a queste cose Harry e pensavo
non ci dessi importanza nemmeno tu!-
-
Io che centro?- chiese timidamente Neville, bloccando la sfuriata di Hermione.
-
Beh, mi spiegò Silente- adHarry
tremò nuovamente la voce – che date le caratteristiche elencate nella profezia,
potevamo essere sia tu che io- guardava Neville ancora vicino alla scala ed
evitava invece di volgersi verso Hermione che, sapeva,
lo guardava torva. Neville si sentì morire: il corpo gli si congelava e la
testa era invece tutta un fuoco.
- E
allora perché hai detto che non è morto perché TU non
l’hai ucciso?- la voce di Hermione era pungente e
sarcastica. Sapeva che da tempo per quella questione i dissapori fra loro erano
cresciuti fino ad allontanarli del tutto. Hermione credeva che la troppa fame gli avesse fritto il
cervello. Harry glielo aveva fatto credere…del resto
la reazione della sua amica lo aveva persuaso a non parlare più con nessuno: se
non le aveva creduto lei, chi lo avrebbe fatto?
Per fortuna il quegli anni non era successo niente e
anche lui si era convinto di essersi un po’ montato la testa. Ma ora…bisognava ritornare a parlarne
-
Silente era persuaso che Voldemort mi avesse
designato involontariamente con la cicatrice che ho sulla fronte-
Hermione
si alzò di scatto e si smaterializzò.
-
Le profezie sono stupidag…- BANG Ebbe il tempo di
dire, ma forse con un tono un po’ meno convinto.
- Perché non hai mai raccontato tutto ciò?- gli chiese Neville
avvicinandosi e sedendosi di fronte a lui.
-
Perché anch’io speravo che non fosse vero: significherebbe che se avessi la
fortuna dalla mia, diventerei comunque un assassino-
Neville
si chiese perché non ne avesse fatto parola con i suoi
amici Hermione e Ron, e se
questo era l’unico motivo dell’ostilità che li allontanava- Non disse nulla se
non – Gratta e netta!- puntando la bacchetta verso i piatti sporchi della
colazione.
Harry
decise di uscire per rimanere un po’ da solo e far sì che l’aria pungente gli
schiarisse un po’ le idee. Ripercorse gli anni trascorsi e si accorse di come
stupidamente si era allontanato dai suoi amici. Si sentiva già un povero
vecchio chiuso in una stamberga umida e ammuffita a pensare al suo passato. In
realtà era così (pensò con un brivido alla casa di GrimmauldPlace): da quandoVoldemort era scomparso aveva continuato la sua carriera
con sempre meno entusiasmo.
Era
il migliore nel suo mestiere perché in realtà non gli importava molto della sua
vita. Il periodo più bello della sua esistenza era legato a Hogwarts,
ma soprattutto a Lord Voldemort.
Raggelò
e pensò con orrore a quanto aveva appena pensato e alle parole della profezia:
erano legati l’uno all’altro e si rese anche conto che solo ora si sentiva di
nuovo rinascere…cercò di ricacciare via quest’idea
agghiacciante e si rese conto che quello che più di tutto in quegli anni lo
aveva corroso era stata la perdita degli amici.
Si
ricordò con dolore di chi era morto e di che stupidamente aveva lasciato
allontanare. Decise di essere un po’ più sincero con se stesso, e di accattare
gli errori fatti: capì che in quei giorni la rinnovata vicinanza a persone che
gli erano rimaste care lo avevano rincuorato e riscaldato. Non era stata la
(presunta) fine di Voldemort a spegnerlo, ma la solitudine.
Tornò a passo svelto, per quanto permettesse la neve,
da Neville e gli sorrise.
-
Voglio fare visita adHogwarts,
penso che la McGranitt me lo permetterà…Devo fare
qualcosa per la mia vita e …per la mia sanità mentale…- ora Neville, che lo
guardava dritto negli occhi, si sentì di nuovo un ragazzino di fronte ad un suo
coetaneo.
-
Oh Harry!- si trattenne dallo scoppiare in lacrime.
Si capirono a fondo, come mai era successo e come mai avrebbero creduto potesse succedere fra loro.
-
Non posso venire con te, ma passa a salutarmi, fammi sapere.-
Harry
salì nella sua stanza e usò il gufo di Neville per mandare un messaggio alla
preside di Hogwarts: sperava per una volta di essere privilegiato. La risposta arrivò rapidamente: era come se la McGranitt
si aspettasse già un biglietto del genere da parte sua. Si riempì ancor più di
gioia, corse giù, salutò Neville e fra mille preoccupazioni partì con la sua
scopa.
Grazie
alle 27 persone che hanno avuto la pazienza di leggere la mia storia
! Se devo essere sincera ero indecisa se continuare a scrivere
o no, ma ora mi sono rincuorata.
Neko_tensai, ti ringrazio molto e ti volevo avvertire che
Neville non sarà l’unico protagonista di questa storia: ciascun personaggio
entrato in scena avrà voce in capitolo durante la narrazione.
Quando
Harry arrivò a scuola decise
che la cosa più logica ed educata da fare era andare per prima cosa dalla
preside. Tuttavia, passando davanti al capanno di Hagrid,
non resistette alla tentazione di andare a bussargli. Sembrava rimasto tutto
congelato nel tempo: notò però con rammarico che non c’era più Thor ad alitargli addosso. Dopo aver bussato alla pesante
porta di legno, gli venne in mente che però il guardiacaccia poteva anche non
esserci: un tramestio all’interno lo rincuorò subito.
Non
vedeva Hagrid da quasi un anno, quando l’aveva
incontrato per caso a DiagonAlley.
Faceva da tenera guida ad un ragazzino magrolino e spaurito dai capelli
spettinati e rossi: era il piccolo Arthur, il figlio
primogenito di Charlie (che come tutti i Weasley era stato molto prolifico). La porta si aprì con un
cigolio asciutto e un po’ sinistro, e il faccione di Hagrid
apparve bonario.
- Harry!- gridò con gioia e lo strinse a sé con un abbraccio brusco, ma affettuosissimo. Harry
pensò che, se non lo avesse lasciato, sarebbe soffocato, maHagrid, per sua fortuna, lo lasciò.
-
Come mai sei qui? Nostalgia della scuola?-
-
Eh sì! Questo è l’unico posto dove mi sento sereno. Avevo voglia di tornarci e
una vacanza inaspettata e la bontà della McGranitt mi
hanno permesso di tornare.- rispose Harry – Anzi, penso che sia il caso che le vada a porgere i miei
i ossequi: non la vedo da un secolo!-
Hagrid
parve un po’ deluso dal fatto che il suo amico se ne stesse già andando, ma
trovò prontamente una soluzione.
-
Ti accompagno!- disse.
Arrivarono
velocemente davanti allo studio della preside. Hagrid
si fermò un attimo davanti al gargoyle e disse: – Giratempo!-.
*
Harry
si ricordò con un tuffo le bizzarre parole d’ordine di Silente: “apefrizzola”, “caccabombe”… di certo c’era stato un cambiamento dalla
nomina della nuova preside.
Ricordava
il giorno in cui il Cappello Parlante aveva vaticinato il nome della nuova
preside. Era uno dei giorni più lugubri della storia della
magia. La gioia per la morte di Voldemort pervadeva
le strade di ogni singola città nella quale fossero
insediati dei maghi, ma la scomparsa di Silente aveva comunque colpito tutti
nel profondo. La McGranitt l’aveva sostituito anche nel
periodo di malattia poiché era stata designata dal preside stesso come suo
sostituto. Ora però che la sua scomparsa dal mondo della magia e purtroppo
dalla vita di tutti loro non era più temporanea,
andava nominato ad Hogwarts il nuovo e definitivo
preside.
Come
stabilito dalla tradizione che a lungo regnava nella scuola, il Cappello
Parlante avrebbe dovuto designarne uno, scegliendolo fra i professori
presidenti delle case. A Silente successe allora ufficialmente la McGranitt.
Per
molti dei ragazzi che frequentavano la scuola, quel risultato era sembrato
scontato, ma in realtà non era così. Tutti però accettarono la decisione del
Cappello Parlante, perché sapevano essere insindacabile e perché la sua
saggezza proveniva direttamente, attraverso i secoli, dai fondatori di Hogwarts.
La
cerimonia di insediamento fu solenne e Harry non vide mai più una tale commozione così tangibile.
La McGranitt risplendeva di un’autorità forte e consapevole, ma la sua aria severa
era stemperata da un’emozione intensa e palpabile. Il cielo stellato della Sala
Grande, alla sentenza del Cappello Parlante, iniziò a vorticare: una musica
celeste si fece udire, la musica del tempo e della
saggezza delle stelle li sommerse. Il turbinio di luce e suoni calò sulla McGranitt inondandola:
il nuovo preside era ora investito della magia di tutto il mondo magico. Harry da allora non riuscì più a vederla con gli stessi
occhi.
Quando
cercò di commentare quella meravigliosa cerimonia con gli altri, restò di
sasso: scoprì essere l’unico ad aver udito tutta quell’energia
di stelle e pianeti. Hermione lo guardò sbigottita e
gli disse che nella storia di Hogwarts
si diceva che solo coloro che erano destinati a diventare Presidi o persone di
grande rilevanza e portata morale fossero in grado di sentirla. Harry di fronte a tutto ciò si sentì molto inadeguato, ma
presto se ne scordò. Solo ora gli era tornato in mente
con un sorriso.
*
Il gargoyle si scostò, la parete si spalancò e apparve la
scala mobile in pietra. Per Harry era la prima volta che
la saliva senza avere la tensione che gli correva per lo stomaco. Era ansioso,
questo sì, ma per fortuna non aveva niente di cui preoccuparsi.
Lo
studio era rimasto pressoché lo stesso, carico di gingilli magici di vario
genere (e molti per Harry dall’utilizzo ancora
ignoto). Notò con un piacere che però gli velava gli
occhi, un nuovo quadro tra quelli che decoravano le pareti in onore dei presidi
famosi: Silente, dall’alto della sua imponente cornice argentata, gli elargì un
sorriso dolce e profondo. Era così incantato a guardarlo che si smarrì per un attimo: la voce di Hagrid
lo scosse.
-
Preside, guardi chi le ho portato!-
La McGranitt si distese anche lei in un dolce e delicato sorriso.
-
Signor Potter! La aspettavo! Sono stata presa un po’
dall’ansia quando la professoressa Granger
mi ha avvertito della sua indisposizione. Ora sta bene, vedo.-
- Sì, per fortuna sì- rispose laconicamente Harry, non voleva approfondire ulteriormente quell’argomento oscuro. Probabilmente del reso i suoi timori più riposti erano infondati ed Hermione aveva ragione. Sulla questione, comunque,
avrebbe indagato in seguito. – La ringrazio molto per la sua disponibilità,
Preside. Io so che è una cosa inconsueta, ma sono felice di essere di nuovo
ospite qui…-
-
Non è insolito, è al di fuori di ogni regola della
scuola! Nessuno può soggiornare qui!- Hermione era
entrata silenziosamente e con fare cipiglioso aveva
preso a parlare: non aveva un tono di voce particolarmente aspro, ma era molto
dura.
- Oh, maHarry sarà momentaneamente
un nostro docente supplementare- disse la preside ed ad Harry
spuntò un sorriso incredulo e riconoscente. – Non solo può aiutarci per
l’orientamento del quinto anno (la sua carriera di Auror è un buon esempio per tutti), ma potrebbe aiutarci a
sostituire momentaneamente la nostra nuova docente di volo: una felce maculata,
scappata dalla serra di erbologia, l’ha colpita alla
caviglia. Ci vorrà un po’ prima che torni ad essere perfettamente in grado di
volare.- Spiegò ad Harry.
-
Ma, Minerva,,,-
-
Oh, andiamo Hermione! Metti da parte i tuoi dissapori
personali! Ritengo che Harry sia la persona migliore
per insegnare a volare.-
Harry
strinse grato la mano alla professoressa McGranitt,
ma rimase un po’ interdetto: non si aspettava un impegno così. Non sapeva se
sarebbe stato in grado, e poi non se la sentiva di usare la sua autorità di
professore con dei ragazzini che, di sicuro, erano pronti ad infrangere con
entusiasmo ogni regola. Lo fece sorridere, poi, il fatto che Hermione si rivolgesse con tanta confidenza alla preside:
per lui la McGranitt era sempre e incontestabilmente
su di un piedistallo irraggiungibile.
Hermione
se ne andò, dopo aver sussurrato le sue scuse. Hagrid, che era stato in disparte sino ad
allora, si scosse e pose la sua mano sulla spalla di Harry.
-
Lo accompagno agli alloggi degli insegnanti-
-
Sì Hagrid, grazie. Ah Harry,
ti voglio a cena con noi puntuale. Ti presenterò agli studenti, anche se sono
sicura che la voce per allora si sarà sparsa con la dovuta velocità.-
Uscendo
Harry percepì lo sguardo di Silente che lo seguiva e
alle sue spalle sentiva ancora sorridergli.
Gli
alloggi dei professori gli si aprirono come un misterioso scrigno segreto.
Qualche visita vietatissima e furtiva l’aveva fatta,
ma ora era tutto diverso. Gli sembrava che tutto luccicasse d’oro: non pensava
che avrebbe avuto quell’opportunità lì.
Quando
ebbe finito di sistemarsi era praticamente già ora di
cena: avrebbe voluto riuscire a palare con Hermione
prima del pasto, ma sembrava essersi eclissata fra i suoi impegni e le sue
lezioni. La Sala Grande
mostrava fiera un cielo grumoso e grondante di pioggia. I quattro lunghi tavoli
che si estendevano nella sala erano già gremitissimi
e tutti gli occhi presenti lì gli erano puntati contro. Fece finta di nulla,
abbozzando un sorriso, e raggiunse a passo svelto il tavolo degli insegnanti:
da lì tutto sembrava così diverso…Notò con piacere che i Grifondoro
avevano vinto la coppa delle case l’anno precedente e gli stendardi color
granata decoravano la sala più luminosa che mai.
Non
aveva mai pensato a come la prospettiva si potesse ribaltare da lì. I ragazzi
erano un unico brulicante chiacchiericcio indistinto.
La McGranitt gli aveva riservato un posto accanto a lei e gli
sorrise benevola, mentre si accomodava. Batté le mani e attirò l’attenzione di
tutti i presenti, come per incanto. Tutti sapevano perfettamente cosa stava per
annunciare loro, e forse per questo la fibrillazione crebbe.
-
Il signor Potter- lo indicò con un morbido gesto
della mano – è venuto qui a trovarci- si alzò un
brusio – Sarà il vostro professore di volo per un breve periodo.-
L’eccitazione
generale si fece molto forte, ma la McGranitt la smorzò
perentoria con il suo fare severo. La cena ebbe inizio. Anche
i professori, molti dei quali erano nuovi, erano molto curiosi e lo
investirono, se pur con delicatezza, di mille domande. La compagnia non fu affatto spiacevole e il pasto fu ottimo. Hermione alla fine gli sfuggì di nuovo e Harry si rassegnò a ritirarsi nel suo alloggio per studiare
il suo orario di lezione e il programma che avrebbe
applicato. Su quest’ultimo infatti
era piuttosto incerto…in realtà non sapeva da dove iniziare. La stanchezza ebbe
però la meglio su i suoi dubbi: con immenso sollievo scoprì, poi, la mattina
dopo, di aver avuto un sonno profondo e ristoratore, senza sogni.
DarthSteo:
Grazie mille! Non è una Harry/Hermione, mi spiace…ma forse nel passato… qualcosa…nulla!! Non
voglio rivelare nulla! Andando avanti scoprirai come sono andate
le cose…
Arc: Ti
ringrazio molto! Purtroppo/per fortuna parto per una settimana di vacanza ma prometto posterò il 3 agosto. Ti aspetto
puntuale!
VallyBeffy: Il protagonista di questa ff non è Neville, macmq è un personaggio
che apprezzo molto e che secondo me avrà un ruolo importante nell’ultimo libro.
Per ora è solo scomparso momentaneamente di scena…tornerà! In
effetti ho pensato a quegli investigatori privati dei vecchi gialli che
si trovano improvvisamente tra le mani una storia troppo grande per loro e che
vivono ricordando un bel tempo che forse non gli è mai appartenuto veramente…
I
ragazzini erano compostamente allineati nel cortile della scuola; Harry se ne meravigliò molto, ma scoprì presto che era solo
una conseguenza della reverenza che provavano per lui. Si sentì presto
imbarazzato e fuori luogo: in realtà, al contrario di quanto gli eventi della
sua vita sembravano mostrare, a lui non piaceva essere al
centro dell’attenzione. Ripresa la scopa in mano, ritrovò la sua
sicurezza e insegnò ai suoi attentissimi alunni
qualche mossa. Nonostante fossero tutti del secondo
anno, vi era qualcuno che sembrava non sapere nemmeno quale fosse il lato
giusto per impugnare la scopa. Un ragazzo in particolare se ne stava
imbambolato con i piedi ben saldi sul prato.
-
Come si chiama?- gli chiese Harry; e quello
avvampando balbettò:
- Jim, Jim Kalospax-
-
Signor Kalospax, mi vuole dire cosa ci fa ancora per
terra?-
-
Beh, beh io…-
-
Allora?- Harry si scoprì essere un po’ troppo brusco,
allora gli sorrise amabilmente: Jim
allora rispose.
-
…Soffro di vertigini…-
Da
quando Harry viveva nel mondo della magia non aveva mai sentito una storia del genere: un
mago con le vertigini! Gli venne da ridere ma si
trattenne per rispetto.
-
Venga, l’aiuto io-
Mentre
atterrava per aiutare il suo timoroso alunno, sentì un rumore. Si voltò di
scatto con orrore: aveva già intuito cosa stava accadendo. Si lanciò in
picchiata sulla sinistra: TomCarty,
approfittando della sua distrazione, si era arrischiato in acrobazie pericolose
troppo in alto, e ora stava cadendo. Tutto, agli occhi di Harry,
rallentò stranamente. Frazioni di secondo si
dilatavano davanti a lui, dissolvendo ogni cosa all’infuori di Tom: l’aveva quasi agguantato, impedendogli una tragica
caduta, quando fra loro si frappose un altro ragazzo ignaro. La testa della
scopa di costui colpì violentemente il petto di Tom e
anche l’altro alunno perse l’equilibrio. La mente di Harry
reagì con una straordinaria lucidità e prontezza: cambiò direzione, saltò in
piedi sulla sua scopa e, con un salto mortale all’indietro, si frappose col la scopa tra i ragazzi e il terreno. Atterrò con Tom sotto il braccio destro e l’altro giovane aggrappato
alla mano sinistra. Tutto tornò alla sua velocità normale e Harry
si sentì inzuppato di sudore. Attorno a lui tutti gli alunni atterravano lenti
e con cautela, facendo scrosciare, però, un forte applauso. Harry
li guardò torvo.
-
Mai più, nessuno di voi, per quanto si creda un
campione, deve azzardarsi a fare qualsiasi cosa senza il mio permesso!- la sua
voce tuonò di un’ira che sorprese tutti. Nessuno forse aveva capito la gravità
di quello che stava per accadere. – Incosciente!- urlò a Tom
disteso per terra, dolente e inerme. Poi gli puntò contro la bacchetta e lo
sollevò. – La lezione è finita- aggiunse e portò Tom in infermeria: aveva di sicuro qualche costola rotta.
Decise
di fare una passeggiata per far sbollire l’ira e si
trovò a camminare lungo la foresta proibita. Il fumo che fuoriusciva dal camino
di Hagrid attrasse la sua
attenzione, e senza accorgersene si trovo presto a bussare alla sua porta. Un
tanfo lo investì appena il guardiacaccia aprì la porta: si svegliò un po’ dalla
sua indolenza e si lasciò accogliere. Dentro la puzza era molto forte e si
chiese cosa diamine stesse cucinando.
-
Non è andato molto bene il tuo primo giorno “dietro la cattedra”, vero?- gli
disse Hagrid.
-
Vedo che le notizie continuano a spargersi con la stessa incredibile velocità,
qui adHogwarts…-
-
Ci credo! Hai fatto con la scopa una manovra veramente incosciente…e leggendaria-
- Incosciente è stato quello stupido ragazzino! Ma io non lo so! che cosa gli
passava per la testa?-
- Sei stato tu a mancare nel tuo dovere di sorvegliarlo- la voce di Hermione si eresse da dietro la poltrona voltata
verso il fuoco.
-
Stavo aiutando un altro alunno!- Harry incominciò a
scaldarsi
-
Un insegnante deve mantenere il suo occhio vigile su tutti!-
-
Io non sono un insegnante, ma un Auror! Se…-
-
Allora torna a fare l’Auror!-
Harry quasi non ci vide più. Che cosa mai
voleva Hermione da lui? Che cosa caspita era venuto a fare lui lì? Non valeva la pena riallacciare i
rapporti con quella!
-
Volevi riconquistare un po’ di fama, eh, signor Potter?
Farti adulare un po’?-
Se
non fosse stato per l’acutezza della voce di Hermione, ad Harry pareva di
parlare ancora con Piton. Portò la mano alla
bacchetta ed era pronto ad usarla, annebbiato da un’ira che mai lo aveva
offuscato nel corso della sua carriera di Auror. Fu la grande mano di Hagrid a fermarlo. Harry si voltò
a guardarlo; era sconcertato e gli teneva il braccio più che per trattenerlo,
per chiedergli un perché. Harry si calmò un poco.
-
Andiamo ragazzi! Come siete arrivati a questo?-
Cadde
un profondissimo silenzio. Hermione si alzò e, senza
guardarli in faccia, uscì, spingendo con violenza da un lato Harry, che si trovava ancora sulla soglia.
-
Avevo sentito che i rapporti fra voi non erano più gli stessi…- Hagrid si schiarì la voce rendendo inconsapevolmente chiaro
e manifesto quello che per pudore non aveva osato dire apertamente. – Ma non credevo foste arrivati a tanto.-
-
Nemmeno io.- disse Harry sprofondando nella stessa
poltrona sulla quale Hermione era seduta poco prima.
Era in preda allo sconforto. Era stata un’idea stupida quella di tornare lì:
maturò la decisione di ripartire subito l’indomani stesso, senza ulteriori indugi.
-
Vado a parlare con la preside. Devo andarmene da qui- disse
in tono mesto.
-
Oh andiamo Harry, se è per oggi…hai fatto la cosa
giusta! Non ricordi quanto fossi incosciente tu alla
loro età?-
AdHarry spuntò un sorriso dal cuore, subito velato. – Non è solo per quello…tutto è diventato così complicato…la mia
vita non è come me l’aspettavo. E non è per Hermione.-
disse anticipando l’obiezione di Hagrid – Sapevo che
sarebbe finita e soprattutto che era una cosa sbagliata…doveva essere Ron il compagno di Hermione, ma
durante la prigionia le cose sono cambiate.- stavano
riaffiorando eventi troppo tristi. Prima che gli si spezzasse la voce, si
affrettò a concludere – Vorrei solo riacquistare la
sua fiducia-
Si
sentì male e scoppiò a piangere e se ne vergognò: avrebbe
voluto scappare, ma si sentiva incollato lì, scosso dai singhiozzi. Hagrid era ancora più imbarazzato di lui e gli porse una
tazza di tè. Si sedette di fronte a lui e gli posò una
mano sul ginocchio. Harry incominciò il suo lungo
racconto: fatti vecchi e nuovi si ricongiunsero. Hagrid
stette a sentirlo con una pazienza e una resistenza
che era difficile aspettarsi da lui, così impaziente e impulsivo. Infondo
quello era un po’ il suo ragazzo e con la vecchiaia si
sentiva attaccato a lui più che in ogni altro momento.
-
Devi parlare con lei, e con Ron. E’ necessario. Non
capisco nemmeno come abbiate fatto a stare lontani per così
tanto tempo: da ragazzini eravate sempre assieme.-
-
Da ragazzini, Hagrid, eravamo solo ragazzini: era
un’altra cosa-
- Ma sono sempre i tuoi amici. Se tu gli parlassi
col cuore, come hai fatto con me, ti capiranno.- fece una pausa come se stesse
misurando con esattezza le parole e poi disse – Anche se le tue
fossero…beh…solo paranoie…loro saprebbero cosa dire o fare, certo meglio di me.
Siete cresciuti insieme-
-
Ho perso da molto questa versione incantata e illusoria dell’amicizia...Ron… dopo quello che è successo,
anche se io ufficialmente non gli avevo fatto nessun torto…io sapevo che nel
suo intimo l’avevo ferito…il rapporto con Ron non è
stato più lo stesso: alla fine non ci siamo più visti…-
- Dimmi Harry, tu saresti capace di
fare tutto per loro? Ed Hermione, nonostante tutto,
non è venuta a curarti aHogsmead?
Adesso va a letto, ormai è notte. Riposati, la notte
porta consiglio.-
Si
congedarono. Harry, sulla via del ritorno, non era
perfettamente convinto della veridicità dei consigli del buon vecchio Hagrid, ma un po’ rincuorato sì, lo era: quando arrivò in
camera, si addormentò con un sorriso
Ciao!
Scusate
per il ritardo, ma il ritorno dalle vacanze è stato un po’ traumatico…
In
questo capitolo la relazione tra Herry e Hermione si è un po’ inasprita, ma il rapporto tra i due è
destinato a risanarsi. Del resto Hagrid ha colto nel
segno: si vogliono ancora molto bene nonostante le apparenze.
Grazie
Neko_tensai e arc…sono contenta di avere delle
lettrici appassionate, mi stimola la creatività! E’ chiaro che non posso svelare
prima del dovuto i motivi profondi dell’astio tra Harry
e Herm, ma posso solo dire
che arc ha ragione a sospettare in qualcosa di più
profondo…
’indomani mattina, però, al suo risveglio non prese subito
consapevolezza di dove si trovava. Riusciva solo a guardare il soffitto poiché
la testa e il collo erano completamente immobilizzati dal dolore: emise un
gemito nel tentativo di muoverli. Solo allora vide Hermione
che si era sporta su di lui e lo guardava fisso. Scorse in lei una profonda
tristezza e fu colto da un déjàvu :
si rese conto di trovarsi in infermeria.
- Sembra che ci abbia fatto l’abitudine a questo posto-
- Ah Harry- sospirò Hermione – Ci hai fatto spaventare-
Ci fu una lunga pausa in cui Harry
si sforzò di ricordare cosa poteva averlo portato lì: in mente aveva solo
l’immagine di qualcosa di scuro che gli colava sugli occhi. Hermione
riprese a parlare: non la vedeva, ma la sentiva accanto a lui.
- Mi dispiace per quello che ti ho detto ieri sera. Non so
da dove mi sono venute quelle parole. Sembravo il professor Piton!
All’inizio pensavo che avessi completamente perso la testa…poi ti ho viso
sanguinare, i tuoi occhi…le tue grida…-
- Io non ricordo nulla. Ero sereno ieri. Non mi sembra…non
ricordo sia successo nulla…-
- Harry, io…io penso che tu stia
diventando pazzo…-
Ci mise un po’ a capire ciò che Hermione
gli stava dicendo: lo percepii lentamente e il cervello gli si annebbiò.
- Pazzo? Ma di cosa stai parlando? Mi vuoi spiegare che cosa
mi è successo-
Con voce sommessa Hermione
cominciò il suo racconto: la sua voce era carica di dolore e possedeva un
tremito di paura. – Stanotte, in un’ora imprecisata ma molto tarda, mi sono
svegliata. Sentivo rimbombare dei colpi sordi in corridoio, li sentivo
avvicinarsi: così mi sono alzata e sono andata a vedere. Ti ho trovato che camminavi in corridoio, scalzo…Sbattevi
violentemente contro le pareti del corridoio, camminavi barcollando: i tuoi
passi avevano il suono pesante di un tonfo sinistro. Ti ho chiamato, ma tu non
mi hai risposto, non ti sei nemmeno voltato: continuavi a camminare strisciando
lungo le pareti e sbattendoci contro. Allora ti ho raggiunto e ti ho messo un mano sulla spalla e…- Hermione
si arrestò di colpo. Le ritornava in mente la scena in un rallentyterrificante, dove ogni frammento riecheggiava in un
eco sinistro. Harry si era voltato violentemente e le
aveva afferrato la mano: gli occhi erano chiusi, incrostati di sangue rappreso
che gli colava vischioso dalla fronte. Si rivolse a lei feroce, prima
sussurrando, poi gridando parole sibilanti e acri. Hermione
si sentì morire dilaniata da mille aghi che sentiva lacerarle la carne. Ad un
tratto, sulle grida di Hermione e di Harry un suono potente si impose, assordante come un
improvviso silenzio assoluto. Harry cadde a terra,
accasciandosi su se stesso: sembrò schiantarsi al suolo. Hermione
si sedette lentamente appoggiandosi al muro: la McGranitt
troneggiava severa in corridoio, con la bacchetta in mano. Hermione
svenne con la sua immagine negli occhi, ma il volto di Harry
sfigurato dal sangue nel cuore.
Harry, dal suo letto, sentiva i
suoi singhiozzi e non osò chiederle di continuare: capì che era successo
qualcosa di terribile e aspettò l’arrivo di Hagrid
per avere chiare le idee sugli avvenimenti della notte. Hermione
scappò via e come previsto arrivò Hagrid con un’aria
molto grave. Quando ebbe tutto chiaro si sentì terrorizzato anche lui: Hermione aveva detto “penso che tu stia diventando pazzo”.
Aveva forse avuto una fase di delirio schizofrenico? Gli si gelò il sangue, ma
gli venne anche in mente quel velo scuro che ricordava avergli
oscurato la vista: era il sangue che scendeva dalla cicatrice sulla
fronte! Di nuovo Voldemort…o era solo suggestione e
pazzia? Seppe che Ginny era stata chiamata per un
vero e proprio consulto medico-psichiatrico: si sperava con il suo intervento
di stabilire una diagnosi e mantenere la massima discrezione. Harry si sentì turbato e sollevato allo stesso tempo: si
sarebbe fidato dell’opinione professionale di Ginny,
poiché non si fidava più di se stesso.
*
Le ore da quel momento iniziarono a scorrere imprecisate e
lente. Ogni tanto qualcuno lo veniva a spiare: probabilmente ragazzini
incuriositi. Gli portarono anche il pranzo, ma non ne aveva voglia. Il collo riprese a muoversi a si sentì i muscoli un po’ più
liberi: si sollevò dal letto e si guardò in giro. Non c’era nessuno in infermeria
e, arrivato l’imbrunire, i lumen si accesero. Durante tutto quel tempo non
riuscì a riflettere su nulla: pensava alle crepe sui muri, contava i fiori
sulle tende pesanti e scure, guardava indefesso i suoi piedi sporgere da sotto
le coperte. Ogni pensiero più importante di questi affondava miseramente: non
riusciva né voleva pensare ad altro.
Ad un tratto, però, senza un particolare motivo gli tornò in
mente un ricordo di un’epoca molto buia, ma a suo modo “viva”. Gli tornarono in
mente i Dissennatori che avevano sequestrato la
scuola durante il settimo anno e i lampi di magia che giorno per giorno
squarciavano il cielo. In quel momento, proprio in quell’attimo,
iniziò, tuonando, un temporale. Gli sembrò allora di sentire riecheggiare nel
cielo la voce di Silente, che cercava con sforzi estremi di riconquistare Hogwarts e di salvarli. Fu veramente un periodo terribile:
la prigionia era dura e molti, soprattutto i più piccoli, non riuscivano ad
affrontarla e crollavano spesso in crisi di pianto isterico. Lo colpiva però
anche il coraggio di alcuni che rimanevano al gelido pervadere dei Dissennatori: lo penetravano ancora, se pur nel ricordo,
gli occhi fermi di uno studente del primo anno. Non sembrava voler dare alcuna
soddisfazione al dolore, ma lo guardava, lo guardava intensamente come se si
aspettasse da lui una svolta decisiva a quell’agghiacciante
situazione. All’epoca si sentiva logorato e perso come era: Ron
e molti altri erano scampati alla prigionia perché si erano ammalati
precedentemente e i rimanenti, pochi e difesi alquanto malamente
(Silente si rimproverò sino all’ultimo di non essere riuscito a disincantarsi
in tempo per evitare tutto ciò) erano rimasti bloccati lì, compresi lui ed Hermione. I pochi patronus
evocati li proteggevano impedendo, per lo meno, di essere divorati dall’abisso
nero di quei maledetti, ma rimasero senza cibo per parecchio tempo. Il ricordo
di quel periodo non provocava in Harry dolore, ma un
po’ di malinconia: fu un periodo atroce, ma allora sapeva cosa era bianco e cosa nero, chi era il cattivo e chi il buono, dove era
localizzato il male. Ora non sapeva capire nemmeno se stesso ed ad aiutarlo non
c’era nemmeno l’affetto e l’appoggio di Hermione.
*
La notte passò tranquilla senza che nulla lo turbasse,
nemmeno al suo risveglio. Era completamente ritemprato, o così gli sembrava.
Fece colazione con gusto e si mise con impazienza ad aspettare: del resto, si
disse, non poteva fare altro.
Ebbe il sentore che qualcosa stesse
per succedere quando sentì un gran trambusto provenire dal cortile della
ricreazione. Si alzò e, a piedi nudi sul freddo pavimento di pietra, si diresse
alla finestra. Il piccolo Arthur correva incontro ad
una giovane donna che, in abiti da viaggio, chiacchierava con Hagrid. Ginny era più splendente
di quanto si ricordasse: fili d’oro nei suoi capelli
rossi rispendevano ad un riservato sole invernale ed un bel sorriso disteso si
faceva spazio fra le lentiggini. Accolse il suo nipotino fra le braccia e ci
chiacchierò un po’: poi proseguì con lui ed Hagrid, scomparendo
fra i portici del cortile. Passò molto tempo prima che
venisse da lui.
Era ormai tardo pomeriggio: Harry
aveva ormai capito che era stato relegato lì non solo per la sua guarigione, ma
soprattutto per tenerlo sotto controllo. Rassegnato, nell’attesa si mise a
giocare contro la sua scacchiera magica.
- Attento, stai per subire scacco al re!- esclamò Ginny entrando con foga. Harry
guardò la scacchiera giusto in tempo per vedere l’azione ormai portata a
termine. Era diventata brava quasi quanto Ron nel
gioco. Con una falcata sicura e allegra raggiunse il suo capezzale: si era
cambiata e portava un meraviglioso vestito babbano
che ne faceva risaltare la bellezza. Si era aspettato una commissione che
gravosa lo avrebbe esaminato: invece era semplicemente Ginny
che veniva a visitarlo con il suo sorriso.
- Come va, luce dei miei occhi?- esclamò Harry
col cuore.
- Benissimo, Harry. Sono al decimo
fidanzato e festeggio l’evento venendo a trovare il mio primo amore!-
E pensare a quanto era timida da ragazzina!
- Che stai combinando di bello? Io, come vedi, faccio il
malato.-
- Beh- rispose Ginny – forse sto
per diventare Primo Guaritore dell’ospedale di Bendar, è un piccolo ospedale,
però…-
- E’ un grande soddisfazione!-
concluse Harry.
- Già- disse tirando fuori dalla
sua borsetta incredibilmente piccola uno stetoscopio e un apparecchio per la
pressione. Rise incrociando gli occhi di Harry. – Non
dire a nessuno che mi porto dietro questa roba. Per certe patologie mi sono di
grande aiuto: per i guaritori è un grande disonore, ma
secondo me c’è qualcosa da imparare dai dottori babbani.
Avrò preso questa fissazione da mio padre.-
Harry si fece visitare e
chiacchierarono a lungo. Alla fine delicatamente si raggiunse il problema in
questione. Le parlò apertamente.
- Ammetto di essere stato sempre fissato su Voldemort.- Harry registrò nella
sua mente il fatto che Ginny non si fosse minimamente
turbata sentendo quel nome. – Sono ancora sicuro che si trovi da qualche parte
e che non sia morto. So anche di essere diventato sempre più solo per le mie
stranezze che ormai mi isolano: ma questa non è pazzia. Qualcuno sta cercando o
di scoprire qualcosa cercando di possedermi o di farmi diventare pazzo.-
- O di screditarti per poter agire indisturbato-
Harry guardò Ginny
dritta negli occhi, lei continuò – Per me è così, probabilmente. Questo è
quello che penso perché ti conosco e so come sei fatto. Non si può diventare
pazzi da un giorno all’altro. Io penso che tu abbia un grave esaurimento
nervoso e che sia anche molto depresso. Non fare quella faccia: lo si capisce al primo sguardo! Qualcuno invece pensa che la
tua pazzia latente, nutrendosi delle tue costanti ossessioni, si sia ormai
manifestata. No, non è Hermione: le ho parlato, in realtà ha molta più fiducia
in te di quanto voglia far trasparire.- gli disse anticipando ciò che leggeva
sul suo viso. – E’ qualcuno molto in alto. La McGranitt
ti vuole proteggere, ha chiamato me e non ha avvertito il ministero; ma sappi
che stanno cercando una scusa per toglierti il titolo di Auror.
Qualcosa si sta movendo, qualcosa di oscuro. Penso che sia meglio che tu
rimanga qui e ti rilassi, prima che, a furia di stare in quel tugurio a Londra,
impazzisci veramente. Ti avverto che sarai sotto il mio controllo, ti visiterò
costantemente. Questi sono i patti.- disse seria, con gravità.
Si guardarono e Harry le promise
con lo sguardo tutta la sua disponibilità e sorrise
mostrandole tutta la sua fiducia.
- Ti seguirò giorno e notte- gli disse – Chissà che tu non
diventi finalmente il mio ragazzo!- Gli diede un pacca
e uscì. Sulla soglia si voltò:
- Mi raccomando! Tra un’ora ti voglio a cena!-
*
La serata trascorse piacevole, si
sentiva tornato in vita. L’allegria di Ginny rese
gaia e spensierata la cena. Anche Hermione appariva
serena, anche se si rivolse adHarry
molto poco, scambiandoci poche parole più del necessario. Andò a dormire
disteso, confortato dal tepore della sua nuova stanza: Ginny,
per precauzione, alloggiava nella stanza accanto con Hermione.
AdHarry balenò un pensiero:
due donne come quelle sono pericolose assieme! Si addormentò
rassegnandosi all’idea che avrebbero parlato di lui quella notte.
Ciao a tutti!
Mi dispiace tanto aver fatto spettare, ma agosto si è
trasformato in un mese di duro lavoro e solo ora sono riuscita a ritagliarmi
1po’ di tempo!SIGH!!! Spero vogliate perdonarmi!
Grazie alla nuova adepta MagicaAlessiuccia : per il rapporto H/Herm dovrai
ancora aspettare 1po’, ma tutto sarà più chiaro fra poco…pazienta, spero di
essere più veloce a pubblicare d’ora in poi…
Grazie anche a te, Neko_tensai, e
a tutti quelli che mi leggono anche se non
recensiscono.