ATL Never Stop Invading My Head

di SkeSmartMistake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [Cap 1] I see your name in light. ***
Capitolo 2: *** [Cap 2] Call me a name. ***
Capitolo 3: *** [Cap 3] Now keep my fingers from making mistakes. ***
Capitolo 4: *** [Cap 4] Kill me with words ***
Capitolo 5: *** [Cap 5] My friends are a different breed, my friends are everything ***
Capitolo 6: *** [Cap 6] I walk around with your heart on my sleeve. ***
Capitolo 7: *** [Cap 7] Cause after all we are all actors on the stage. ***
Capitolo 8: *** [Cap 8] I wanna feel weightless, and that should be enough. ***
Capitolo 9: *** [Cap 9] When the world comes crashing down, who’s ready to party? ***
Capitolo 10: *** [Cap 10 ] And memories never seem to fade. You were the best part of my life. ***



Capitolo 1
*** [Cap 1] I see your name in light. ***


*BRRRRR BRRRRR*

Aprii leggermente gli occhi e li richiusi.

*BRRRRR BRRRRR*

Il telefono vibrava, ma la mia voglia di prenderlo e schiacciare il tasto per rispondere era pari allo zero, sentivo che era troppo presto per me, per intraprendere una conversazione sensata al telefono.

-Alex porca merda! Chi cazzo è a quest’ora? Rispondi a quel telefono prima che lo faccia io, ma poi non lamentarti se ti ritrovi un numero in meno in rubrica.

Jack, era di fianco a me arrotolato in una nuvola bianca di lenzuola. Durante la notte avevamo fatto una battaglia per il possesso delle coperte, anche se perfettamente addormentati. E lui aveva vinto lo dimostravano i miei grugniti per tirare su col naso.

-Alex! Rispondi a quel fottuto telefono!

Grugnii e con una mano allungata lo afferrai dal comodino e me lo poggiai svogliatamente all’orecchio.

-hnnn.- biascicai.

-Che? Pronto Alex, sei tu?-

.Lisa?- dissi a denti stretti, sentii da dietro Jack tirar giù una serie di parolacce.

-Alex  ma si può sapere dove sei? Ti ho cercato tutta la sera!- Sembrava tranquilla, ma la conoscevo abbastanza bene da sapere che era indispettita, molto indispettita.

-Ero con i ragazzi.- Dissi cercando di tirare fuori la voce, nonostante il naso tappato.

-Jack ti ha portato di nuovo a bere vero?-

-No, c’erano anche Zack, Rian e la Crew.- Risposta sbagliata.

-Mi stai dicendo che vi siete ubriacati in massa?- Il tono si stava facendo irritante.

- No, Tesoro che dici! Abbiam bevuto qualche birra, fatto qualche rutto.

-Guardato un video porno- Aggiunse sottovoce Jack, per fortuna Lisa non sentì.

-Mi posso fidare?- Disse con calma apparente.

-Certo Noel, dai…- Il mio cervello non aveva alcuna intenzione di rimanere completamente attivo ancora per molto.

-Amore sei sicuro che vada tutto bene?- Sembrava preoccupata.

-Lisa…- cercai di essere più rassicurante possibile.

-Ok, ti lascio in pace. Scrivimi se hai voglia.-

Perché le donne devono sempre fare inutili tragedie?

-         Ti amo.- Aggiunse dolcemente.

-         Anche io.- Risposi.

Mi salutò, e con una sensazione di pace estrema chiusi la chiamata e spensi definitivamente il telefono gettandolo a terra.

-Hallelujah.- Disse Jack con voce sommessa, cercando la posizione giusta per riaddormentarsi.

“Finalmente” pensai anche io. Non fraintendetemi, io amavo Lisa, l’amavo davvero; ma in certe occasioni diventava insopportabile, si trasformava nel peggiore incubo maschile.

“Quante ansie inutili” mi dissi, poggiando la faccia sul cuscino, nella speranza di riprendere sonno.

Ma quella mattina, il destino non voleva che io dormissi.

*BRRRRR BRRRRR*

Jack si tirò su dal letto, e non era felice di farlo.

-Cazzo Alex, ma chi è che rompe le palle alle 7 e mezza del mattino? Non hanno una fottuta vita?-

*BRRRRR BRRRRR*

Guardai lo schermo buio del mio telefono: era sicuramente spento.

-Jack è il tuo.- dissi senza neppure girarmi a guardare la sua faccia. Mi bastò sentire la risposta.

- Ma che cazz…-

-Pronto?- Rispose scazzato.

-Cosa?

-Oh merda-  Per una volta sembrava serio.

Non sapevo se dargli peso, o cercare di dormire.

-Merda, merda merda.

Mi voltai verso di lui, pronto a capire quale fosse il problema, ma non sembrava ci fosse un problema.

Jack era immobile, con il telefono all’orecchio e un enorme sorriso spiaccicato sulla faccia.

-Si cazzo! Siiii!- Urlò senza contenersi.

-Hei!- Gridai io.

Jack stacco la chiamata, e rivolgendosi verso me sfoderò il sorriso più grosso che avessi visto dal giorno in cui ci dissero che avevamo un contratto con la Hopless Record.

-Idiota perché non tieni il telefono acceso? Ha chiamato il produttore! Ce l’abbiamo fatta!-  Gridò.

Ero immobile, e imbambolato mentre lui mi sorrideva, sarà stata l’ora ma faticavo a recepire.

-  Che cazzo succede qui?- Disse Matt davanti alla nostra porta, strofinandosi gli occhi.

Per un attimo il tempo si fermò.

Ricordo solo l'urlo disumano di Jack: - Dear Maria è disco d’oro!

In meno di un secondo, tutta la Crew, Zack e Rian erano davanti alla nostra camera

La mia faccia doveva essere estremamente spassosa data la mia immensa felicità in quel momento.

-  Stai scherzando?- Disse Zack sorpeso.

- Fantastico!- Urlò Rian buttandosi nel letto su di noi.

Gli altri lo seguirono a ruota e una fragorosa colletiva risata riempì la stanza di entusiasmo e gioia.

Ce l’avevamo fatta.

Ed era anche merito suo, merito della dolce e orgogliosa Maria.

Il pensierò mi arrivò al cuore, solleticando i ricordi più vecchi e una lacrima scese silenziosa sulla mia guancia.

Un po’ di sano ricordare era lecito in quel particolare momento di gioia assoluta
.


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Capitolo 2
*** [Cap 2] Call me a name. ***


Per le 24 ore successive non abbiam avuto un solo minuto di pace.

I nostri Twitter erano intasati e nessuno di noi si era scordato di ringraziare i fans, li avremmo baciati uno ad uno se fosse stato possibile. Allo stesso modo i nostri telefoni cellulari erano in continua attività e non c’èra un attimo in cui non squillassero.

Per prima chiamò Juliet, poi Cassedee, mia madre, i We the Kings, i Good Charlotte ( che ci fecero un bel coro sul telefono di Rian), Lisa, gli Yellowcard, Holly, i nostri amici da casa, addirittura la nonna di Jack in diretta dalla sua sedia a dondolo.

Insomma tutti erano fieri di noi.

Tutti o quasi.

Diciamo che, c’era solo una persona che aveva ragione di non esserlo, o per lo meno non si sentiva in dovere di congratularsi.

Non sentivo Maria da quando nel 2008 avevamo deciso di inserire Dear Maria nella Track list.

Ricordo ancora le sue ultime parole: - Alex va a farti fottere.

Beh, non è mai stata molto eloquente, ne tanto meno la gentilezza era mai stata il suo forte, ma in quel momento credo che dentro di lei ci fosse una rabbia infinita nei miei confronti, che forse allora non riuscivo a concepire ma che col passare del tempo si era fatta più chiara.

Fissai lo schermo del pc colmo di complimenti e congratulazioni, ma non riuscivo a leggere altro che la parola Maria.

Maria.

Maria.

Maria.

Cazzo era ovunque, ovunque come i sensi di colpa che mi pervadevano.

Avete idea di cosa vuol dire mettere a nudo l’identità di una persona?

Io l’avevo brutalmente fatto, e Maria non era proprio una di quelle persone con una reputazione felice: era una fottuta stripper che ha passato la prima parte della sua vita sognando in un futuro più grande mentre si spogliava per uomini arrapati.

Forse tutta quella rabbia era concepibile.

-Hei, amico tutto bene?-  Rian mi guardava preoccupato con una mano sulla mia spalla.

-Tutto ok Rian, è l’emozione!- Dissi sfoderando un grande, grandissimo sorriso tristemente finto.

-Non mi fido di te Idiota,- esclamò Jack sbucando con la testa dalla porta della camera.

-non inganni il tuo migliore amico con quel sorriso del cazzo.-

Sgamato.

-Rian di a Zack di passarci i burritos che si sta mangiando in cucina, che ho fame.. e poi non si è mai visto un uomo che mangi in cucina per non sporcare!-

Io e Rian scoppiammo a ridere di gusto.

-Stronzo!- Urlò Zack dalla cucina.

-Cazzo ha sentito!- sussurrò Jack con occhi spalancati.

Zack entrò nella stanza sorridendo con una ciotola di burritos in mano.

-Ragazzi, seriamente.-  disse sedendosi sulla sedia di fianco al letto.

-Oggi non ho avuto il tempo di far nulla con la storia del disco d’oro, né foto, né pesi, né skate…

-Lo dici a me? Io è 24 ore che non cago.- rispose Jack.

Risata, impossibile trattenerla.

-Questa notte non ho chiuso occhio, tra la notizia, le chiamate e il concerto non so come farò sta sera a Newcastles.

-Vi conviene andare a dormire ragazzi!-  Disse una voce da dietro le nostre spalle.

Matt era fermo, appoggiato allo stipite della porta che respirava i fumi che uscivano dalla sua tazza di Mickey Mouse preferita.

-Direi di sì.- confermò Rian dandoci una pacca a ciascuno sulla spalla e tornando alla sua camera con uno sbadiglio.

-Idem- Così fece Zack abbandonando sul letto la ciotola con i nachos.

La stanza si era di nuovo svuotata.

Eravamo rimasti io, Jack e i miei scrupoli di coscienza.

-Ti ho capito amico, è per Maria.-

Ma come cazzo faceva a leggermi dentro?

-No è per Noel, mi sta troppo addosso in questo periodo.- Mentii ( in parte).

Jack mi guardò serio.

-Ok, hai ragione sono in preda ai sensi di colpa per aver reso la sua vita un piccolo show dal quale trarne profitto.- Ammisi.

-Cazzo Alex, starà bene ora. Abbiam fatto di tutto per mantenere la sua identità ignota. E’ solo una cazzo di canzone.- disse dandomi un pugnetto sulla spalla.

- Lo so…- dovetti assentire.

-Goditi il momento, non voglio vederti depresso, non questo giorno che è il NOSTRO giorno.- 

E così dicendo uscì dalla stanza.

Ora ero davvero solo.

Presi il telefono, da qualche ora aveva smesso di squillare.

*BRRRRR BRRRRR*

E’ lei. Deve essere lei.

Sperai con ogni fibra del mio corpo di leggere il suo nome sopra quello schermo.

Ma non fu così.

“ Ti amo, ancora tanti auguri. La tua Lisa”

 

 

 

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Capitolo 3
*** [Cap 3] Now keep my fingers from making mistakes. ***


 

Ignorai senza rimorsi il messaggio di Lisa, approfittai della mancanza dei sensi di colpa e decisi di continuare a torturarmi ancora un pò in attesa di un qualsiasi segno di vita da parte di Maria.

Il tempo sembrava non scorrere.

Avevo passato un intera mezz'ora fissando quel maledetto orologio sul telefono, sperando in un messaggio ma mi ero arreso all'evidenza dei fatti.

Maria non mi avrebbe scritto nè chiamato, ed era giusto così.

Avevo quasi convinto me stesso.

Per le ore che precedettero il concerto cercai di pensarci il meno possibile, ma non mi riuscì piuttosto bene.

In un primo momento, alzatomi dalla sedia decisi di tornare a parlare con Jack, ero certo che lui mi avrebbe distratto dai miei pensieri e contagiato con la sua energia positiva; ma Jack non era al momento reperibile.

Con una mano sul pacco e l'altra su una rivista di belle ragazze, Jack dormiva come il più innocente dei bambini e brontalava qualcosa simile a "burritos" di tanto in tanto.

Mi accucciai come un gatto di fianco a lui e tentai in ogni modo di prendere sonno.

Finalmente ci riuscii.

Al mio risveglio Jack non c'era più.

A dirla tutta non ero neppure più nella stanza dell' albergo ma nel letto del tourbus.

Non mi chiesi neppure come fossi arrivato fin lì, tante di quelle volte mi capitava di fare delle cose in dormiveglia senza neppure accorgemene.

Mi alzai e mi stropicciai gli occhi con le mani. Fuori dalla finestra c'erano un sacco di luci sfocate immerse in un buio opaco: eravamo in viaggio.

-Buuuuuuuuuuuuuuuh!

Un coro di voci intonò un verso disumano.

Sobbalzai, voltai la testa di scatto e risi fragorosamente.

Di fronte a me c'erano sei faccie sorridenti, con ognuna un bigliettino appiccicato alla fronte: "We- Just-Wanna-rape-you-!"

Inutile dire che saltarono ( o almeno ci provarono) tutti e sei, sul mio letto in tempo record e incominciammo a giocare come bambini con i cuscini e a ridere senza riuscire a smettere.

Era così fottutamente bello stare insieme a loro.

Non c'era una sola volta in cui rimpiangevo un ipotetico futuro diverso da questo che non contemplasse la presenza di Jack, Rian, Zack, Jeff, Matt e Vinny. Erano l'unica cosa che riuscisse a farmi stare davvero bene, che mi ricordasse quanto fossi vivo, quanto fosse splendida la mia vita tra scherzi, risate, birre, canzoni, parole e ricordi.

Non so che ora fosse quando iniziammo quella lotta all'ultima cuscinata, fatto sta che il tempò questa volta volò, e tra una gomitata sui denti e una piuma in bocca arrivammo in fretta a destinazione.

Ero felice cazzo.

Felice di avere così poco tempo dall'inizio del concerto a quel momento.

Felice di non avere un solo minuto per pensare a Maria.

Spensi il telefono, con i sette messaggi di Lisa non ancora letti, e mi recai insieme a gli altri all'interno dell' O2 Accademy per il soundcheck.

Fuori i fans erano entinaia,che emozione stupenda guardarli di nascosto. Come sempre.

- Alex alza il culo e vieni a darci una mano!- L'urlo di Evan attirò la mia attenzione.

Jack era lì vicino a lui che smanettava con i mixer. Si divertiva a mettergli i bastoni tra le ruote e a fare l'idiota come suo solito: prima cambiava le frequenze, abbassava gli alti e alzava i bassi e poi andava ai microfoni e iniziava a cantare This is how we do fiero di ascoltare come la sua voce squillante diventasse bassa e profonda.

-Coglione! torna qui e metti a posto le levette!- Gli urlò Evan dal mic dietro le quinte.

Quella sera ( perdonatemi l'espressione) spaccammo indubbiamente i culi.

Sentivo dentro di me una carica fenomenale che mi portava a dare il meglio di me ad ogni parola, per ogni canzone.

In quei momenti, intendo quando suoni è un pò come essere uno piscologo.

Guardi in basso e fissi con un sorriso tutte quelle faccette sorridenti, urlanti, lacrimose, addirittura lacrimose con sorriso.

Ogni volta e come essere immerso in un mix di emozioni che non ti appartengono e tu canti per loro. Canti perchè le tue canzoni sono la colonna sonora della loro vita.

Ma dimentichi spesso, che sono le colonne sonore anche della tua.

-E questa è Dear Maria per voi ragazzi...-  tentennai un attimo come se per un istante non riuscissi a pronunciare più nulla.

Per quell'istante vidi un pezzo della mia vita passarmi davanti, ma al contrario: lo scherzo, l'annunciato disco d'oro, la gita a Parigi con Lisa, le scorreggie di Jack sotto le coperte e poi veloce, veloce, veloce, ancora più veloce come una particolare macchina del tempo arrivai con la mente agli anni felici prima della fama, della notorietà, prima che le proposte di contratto fioccassero, prima ancora di Lisa.

Prima di tutto c'era lei.

-Per voi, ma anche per Lei.- Mi corressi.

-Siamo gli All time low. Ci vediamo la prossima volta!-

"I got your picture

Dear Maria, count me in

There's a story at the bottom of this bottle

And I'm the pen ."

Quella sera il concerto fu più bello del solito. Sentivo dentro di me una sorta di carica, di energia positiva che mi faceva sentire come nel passato, come se tutto fosse come prima.

-Complimenti Ragazzi!- Esclamò Matt sporgendo con la testa dalla porta delle docce.

-Grazie!-

Sorrisi piacevolmente stupito mentre l'acqua tiepida della doccia mi scorreva sulle spalle.

-Hei, Alex si è lasciato andare oggi eh!- Disse Rian passandosi la spugna sotto le ascelle.

-Bel colpo quello di parlare di Maria, era da un sacco che non te la sentivo nominare. Aldilà della canzone intendo.- Continuò.

-Già, bel colpo. Se non fosse che mi ha chiamato Lisa cinque minuti dopo lo show. Dire che fosse furiosa è poco.Disse Zack cercando di mantenere un tono calmo.

Non riuscivo a rispondere, era uno di quei momenti in cui la mia mente metabolizzava e nel frattempo elaborava pensieri più complessi.

- Ci risiamo.- Esclamò Rian.

- Che razza di rompi cazzo.- Disse Jack a denti stretti.

-Oh merda.- Fu l'unica cosa che riuscii a dire io mentre la rabbia iniziava a farsi sentire.

-Non è possibile reagire così solo perchè non le ho risposto per sei fottutissime ore.- dissi prendendo l'asciugamano e uscendo con furia dal bagno.

In cinque minuti, tutto quello che il mio cervello aveva elaborato prima con cura venne realizzato.

Mi infilai il primo paio di mutande che vidi in valigia, e mi arrampicai il più veloce possibile nella mia cuccetta.

Presi il telefono che avevo nascosto sotto il cuscino prima dello show e lo accesi:

quattro chiamate perse e cinque messaggi in più che sommati ai precedenti fanno dodici.

Non esitai un solo istante a cancellarli poi passai velocemente al tasto rubrica.

Scorsi i miei contatti fino ad arrivare alla lettera M.

Sentivo che era una priorità.

Eccola lì, di fianco a lei una foto

Era splendida, cazzo. Da quanto tempo, che non la guardavo bene.

Non ricordo se pensai a ciò che fosse giusto o sbagliato in quel momento.

Ricordo solo che premetti il tasto chiama e poggiai ansioso il telefono sull'orecchio.

Presi fiato,

-Pronto? Qui è Maria con chi parlo?

 

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Capitolo 4
*** [Cap 4] Kill me with words ***


M- m-maria…?- Balbettai sotto voce.

-Pronto? C’è nessuno?-

Ero paralizzato.

Sentivo la sua voce forte e lievemente roca echeggiarmi nelle orecchie.

Era come se non l’avessi mai dimenticata, anche dopo anni, era come se fosse sempre stata custodita gelosamente nelle mie orecchie nell’attesa di poterla un giorno risentire.

Non mi resi neppure conto che stavo sorridendo.

-Pronto?- Ripeté una terza volta.

-Maria.-

-Si? Sono io, con chi parlo?- Sembrava lievemente seccata, forse stavo allungando troppo i tempi.

-Maria, sono Alex.

Ci furono lunghi istanti di silenzio, imbarazzante silenzio.

-William, Alexander William Gaskarth?- 

Disse il mio nome per intero, era così strano sentirglielo dire così. 

In passato, quanto usava il mio nome e cognome era per sgridarmi o per prendermi in giro.

-Sì…- confermai a malincuore. 

Non sapevo come avrebbe reagito, ma in quel momento sapevo che ero l’ultima persona con cui le avrebbe fatto piacere parlare è questo era abbastanza per voler essere qualcun altro; qualcuno a caso anche solo il ragazzo del centro assistenza di una famosa compagnia telefonica, la tizia della pizzeria d’asporto o il fioraio.

Avrei preferito essere chiunque. Tranne me.

-Oh merda…- le sentii biascicare dall’altra parte del telefono.

-Io,- tentai di dire qualcosa, qualsiasi cosa ma non c’era nulla da dire, nulla che cambiasse le cose.

-Tu cosa Alex?- Esclamo con una risatina sarcastica tendente all’isterico.

- Vuoi forse congratularti con me? Vuoi dirmi forse “ Grazie Cara Maria per averci fatto vincere”? Non so Alex, mi spieghi cosa diamine vuoi da me?- 

Era furiosa, lo sapevo, lo sentivo. 

Lo sentivo perché ogni volta in cui si arrabbiava il suo tono di voce si faceva più squillante e incominciava a ridere di tanto in tanto istericamente.

A quei tempi lo trovavo estremamente irritante.

-No. Volevo chiederti scusa.- Forse avevo trovato le parole giuste.

-Chiederti scusa per averti reso la vita un piccolo inferno. Per averti imbarazzata. Delusa. O aver creduto anche per un solo istante di poter farmi perdonare con una stupidissima canzone. Mi dispiace.

La sentii deglutire e trattenere un singhiozzo. Ero quasi certa che stesse piangendo. 

E io avrei voluto essere lì ad abbracciarla, a consolarla a dirle che meritava molto di più di quello di cui si era accontentata. Questa volta gliel’avrei detto senza sbagliare, avrei trovato le parole giuste per esprimerle tutta la mia ammirazione.

-Troppo tardi Alex, troppo tardi.

Un piccolo rumore e poi nulla.

Solo il suono fastidioso del telefono che continuava a ripetersi.

*TUTUTUTU*

Nell’immensa tristezza di quel momento non c’era nulla che potesse farmi stare meglio.

Nulla. 

Presi il telefono e andai ai messaggi:

“Ho appena acceso il telefono, mi spiace per non averti risposto, non l’ho fatto di proposito.” Mentii spudoratamente, o quasi.

“Il concerto è andato bene, mi sei mancata. Buona notte.”

Nell’immensa tristezza di quel momento non c’era nulla che potesse farmi stare meglio: sono quelle volte in cui per quanto tu possa riflettere non troverai mai una soluzione utile, una di quelle perfette.

E tutto quello che mi restava da fare era recuperare ciò che mi era rimasto, ma che stavo per perdere.

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Capitolo 5
*** [Cap 5] My friends are a different breed, my friends are everything ***


M- m-maria…?- Balbettai sotto voce.

-Pronto? C’è nessuno?-

Ero paralizzato.

Sentivo la sua voce forte e lievemente roca echeggiarmi nelle orecchie.

Era come se non l’avessi mai dimenticata, anche dopo anni, era come se fosse sempre stata custodita gelosamente nelle mie orecchie nell’attesa di poterla un giorno risentire.

Non mi resi neppure conto che stavo sorridendo.

-Pronto?- Ripeté una terza volta.

-Maria.-

-Si? Sono io, con chi parlo?- Sembrava lievemente seccata, forse stavo allungando troppo i tempi.

-Maria, sono Alex.

Ci furono lunghi istanti di silenzio, imbarazzante silenzio.

-William, Alexander William Gaskarth?- 

Disse il mio nome per intero, era così strano sentirglielo dire così. 

In passato, quanto usava il mio nome e cognome era per sgridarmi o per prendermi in giro.

-Sì…- confermai a malincuore. 

Non sapevo come avrebbe reagito, ma in quel momento sapevo che ero l’ultima persona con cui le avrebbe fatto piacere parlare è questo era abbastanza per voler essere qualcun altro; qualcuno a caso anche solo il ragazzo del centro assistenza di una famosa compagnia telefonica, la tizia della pizzeria d’asporto o il fioraio.

Avrei preferito essere chiunque. Tranne me.

-Oh merda…- le sentii biascicare dall’altra parte del telefono.

-Io,- tentai di dire qualcosa, qualsiasi cosa ma non c’era nulla da dire, nulla che cambiasse le cose.

-Tu cosa Alex?- Esclamo con una risatina sarcastica tendente all’isterico.

- Vuoi forse congratularti con me? Vuoi dirmi forse “ Grazie Cara Maria per averci fatto vincere”? Non so Alex, mi spieghi cosa diamine vuoi da me?- 

Era furiosa, lo sapevo, lo sentivo. 

Lo sentivo perché ogni volta in cui si arrabbiava il suo tono di voce si faceva più squillante e incominciava a ridere di tanto in tanto istericamente.

A quei tempi lo trovavo estremamente irritante.

-No. Volevo chiederti scusa.- Forse avevo trovato le parole giuste.

-Chiederti scusa per averti reso la vita un piccolo inferno. Per averti imbarazzata. Delusa. O aver creduto anche per un solo istante di poter farmi perdonare con una stupidissima canzone. Mi dispiace.

La sentii deglutire e trattenere un singhiozzo. Ero quasi certa che stesse piangendo. 

E io avrei voluto essere lì ad abbracciarla, a consolarla a dirle che meritava molto di più di quello di cui si era accontentata. Questa volta gliel’avrei detto senza sbagliare, avrei trovato le parole giuste per esprimerle tutta la mia ammirazione.

-Troppo tardi Alex, troppo tardi.

Un piccolo rumore e poi nulla.

Solo il suono fastidioso del telefono che continuava a ripetersi.

*TUTUTUTU*

Nell’immensa tristezza di quel momento non c’era nulla che potesse farmi stare meglio.

Nulla. 

Presi il telefono e andai ai messaggi:

“Ho appena acceso il telefono, mi spiace per non averti risposto, non l’ho fatto di proposito.” Mentii spudoratamente, o quasi.

“Il concerto è andato bene, mi sei mancata. Buona notte.”

Nell’immensa tristezza di quel momento non c’era nulla che potesse farmi stare meglio: sono quelle volte in cui per quanto tu possa riflettere non troverai mai una soluzione utile, una di quelle perfette.

E tutto quello che mi restava da fare era recuperare ciò che mi era rimasto, ma che stavo per perdere.

 

Non averle risposto immediatamente mi costò una terribile telefonata- cazziatone della mirabolante durata di due ore in cui Lisa sfogò tutte le ire represse, i rancori reconditi, e potette dare il meglio di se. 

Diciamo che glielo permisi per i sensi di colpa nei suoi confronti.

In genere non ero la tipica persona che si lasciava insultare per ore restando in perfetto silenzio.

Però in fondo era come se me lo meritassi.

Cioè, non è che avessi fatto poi chissà cosa di così sbagliato non rispondendole per un intera giornata, pensando costantemente ad una vecchia ex grazie alla quale avevo vinto un disco d’oro.

Niente di male no?

Ok. Ero un piccolo bastardo.

Ma non era facile spiegare come mi sentissi in quel momento; tutta colpa delle canzoni che avevo scritto in passato.

Il brutto di essere un cantautore è questo, c'è il rischio di rinchiudere il passato nelle note della tua musica e non ritrovare la chiave per liberarlo.

Benchè lo volessi, benchè desiderassi con ogni parte di me dimenticarmi definitivamente di Maria non ci riuscivo, e più mi torturavo interrogandomi su come avessi mai potuto far finta di nulla con  Noel, per quanto avrei potuto continuare mentendole, fingendo che tra i miei pensieri ci fosse solo lei; più sentivo che i sentimenti per Maria tornavano.

Maledettamente forti.

-Hai la faccia di uno che ha fatto una cazzata- Mi disse Jack il giorno dopo La Cazzata (con la C maiuscola aggiungerei).

Mi voltai verso di lui con i miei tipici occhioni da vittima: un classico dopo aver combinato un disastro.

Jack era tranquillo che mi fissava dall'altra parte del divanetto, e mentre con una mano teneva l'indice puntato su di me, con l'altra si ingozzava di cereali al cioccolato.

-Ho chiamato Maria- 

Seguirono pochi istanti di silenzio.

-Ok, parliamone amico. In che punto hai battuto la testa quando sei nato?-

Mi ci volle un pò per assimilarne il sarcasmo, ma non feci in tempo perchè sussultai vedendo Jack balzare in piedi e venirmi incontro rapidamente.

-Ma si può sapere che cazzo c'hai in testa? Come ti è saltato in mente di chiamare quella sclerata di Maria subito dopo il disco d'oro?- Iniziò a scrollarmi le spalle energeticamente.

-Roba che se lo scoprisse quella cozza della tua ragazza, come minimo ti rinchiude l'uccello in gabbia a vita.-

-E' stato più forte di me.- era tutto ciò che mi venì in mente.

-Alex sei in mezzo a due donne ora capisci? Non ti fa bene, non ti fa bene per niente a meno che entrambe non siano d'accordo per una cosa a tre questo orrendo triangolo è fuori discussione cazzo.-

Tacqui. Forse Jack stava fraintendendo, o forse ero io che non mi ero capito.

-Jack io amo Lisa, davvero. Però è come in Dear Maria restasse tuttora rinchiuso l'amore che provo per Maria.- 

La faccia di Jack sarebbe stata spettacolare se non fosse stata vista dal mio punto di vista, io personalmente, in quel momento trovai tutta quella perplessità terribilmente frustrante.

-Oh merda, non guardarmi con quella faccia da cazzo.-

-Hei bello, è la mia faccia che posso farci.-

Mi sentii in colpa. doveva essere il periodo.

-Scusa.- dissi in modo sommesso.

-Quindi l'ami o no?- chiese.

-Chi?- Con una parola sola dimostrai la mia immensa confusione.

-Maria idiota.-

-Credo di si.- confermai.

-E poi mi vengono a chiedere perchè sto con una come Holly, insomma: è figa, ha due tette e me la da senza pretendere grandi cose. Che posso volere di più?-

Restai in silenzio, attendendo una risposta più seria.

-Che hai intenzione di fare?- 

Ma non ci fu, solo un altra domanda, un altro interrogativo che mi spaventava.

-Non lo so, suppongo che dovrei far finta di nulla. Con tutti.-

-Suppongo di sì, a  meno che non sia disposta al...- e disegnò un triangolo con la mano.

Partì come previsto un cuscino che gli si stampò dritto in faccia.

Ricambiò.

-Brutta checca!- Urlò Jack.

-Troia!- risposi con affetto.

-Puttanelle che fate senza di noi?- Disse Vinny con Rian alle sue spalle che sorseggiava una birra.

-Ci picchiamo stronzi.- Rispose Jack lanciandomi un cuscino.

Lo schivai, ma colpi Rian che rovesciò la birra.

-Gran pezzo di merda, vieni qui che ti pesto.- Esclamò Rian iniziando a rincorrere Jack che urlava come una femmina di balena in accoppiamento.

Presto si aggiunsero alla ressa di cuscini anche Zack che capitò sfortunatamente di lì e Matt che entrato nel salottino si riempì automaticamente di piume.

Inutile dire che ci vollero ore per mettere apposto la merda che avevamo combinato. 

Ma n'era valsa la pena finalmente ero riuscito a fare un sorriso sincero e a non pensare a Lei e neppure all'altra Lei.

Ero semplicemente felice, felice di essere impanato di piume e birra, felice di aver giocato a battaglia di cuscini come i bambini, felice di essere così spensierato solo grazie a loro: i miei amici. 

Una banda di rincoglioniti in grado di trasformare la merda in un piatto di nachos al formaggio.

Ero pronto, pronto per salire sul palco. 

Consapevole che quella sera avrei dovuto armarmi della mia migliore pazienza perchè ad aspettarmi nel back stage c'era Lisa. 

 

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Capitolo 6
*** [Cap 6] I walk around with your heart on my sleeve. ***


 

Lisa mi fissava con le lacrime agli occhi

Sarebbe stato impossibile non provare un po’ di pena per lei, avrei dovuto essere un perfetto stronzo e si da il caso che non lo fossi.

Ma in quel momento avevo torto, lo sapevo, sapevo di aver sbagliato e di averle mentito spudoratamente ma la cosa più triste e che non avevo la benché minima traccia di sensi di colpa.

Il rimorso non aveva colpito il debole Alex, non questa volta.

Ricambiai il suo sguardo cercando di restare impassibile, non dovevo lasciar trasparire nulla.

-Alex, parla chiaro. Mi stai lasciando? E’ questo che stai cercando di fare?

Restai pochi istanti di silenzio, forse troppi.

-No Lisa. Io Ho solo…- Non sapevo cosa dire, non avevo una scusa plausibile.

Vidi gli occhi di Noel riempirsi di lacrime fino all’estremo, la piccola Lisa tanto forte, tanto dura dietro un telefono non era riuscita a trattenersi di fronte alla sfrontata verità.

-Lisa, ti prego.- Sussurrai cerando di asciugarle una lacrima che le scorreva sul volto

- No Alex, lasciami in pace. Voglio sapere la verità.

La sapeva, la sapeva bene la verità.

Lisa Noel Ruocco, era forse tra le persone più sensibili che avessi mai conosciuto, era dotata di una capacità intuitiva fuori dalla norma, forse era di questo che mi ero innamorato, della sua dote particolare nel leggermi ogni espressione, ogni gesto.

Ed era proprio questo che odiavo di lei ora. Lo odiavo, perché era questa sua capacità che ora la stava facendo soffrire a dismisura.

-Non c’è nessuna verità Noel, ero un po’ stanco, avevo voglia di staccare la spina, di allontanarmi da tutto.

Non ero abbastanza convincente. Per niente.

-Mi dispiace- Aggiunsi tentando di sembrarlo davvero.

Finsi un sorriso dispiaciuto vedendo sul suo volto apparirne uno.

Ecco un'altra dote meravigliosa di Lisa, sapeva perdonare, sapeva ricominciare.

Un’altra dote che odiavo ora.

Ora, in cui tutto ciò che desideravo era sentire il CIAF di un suo schiaffo sulla mia guancia e il suono di un melodioso “Vaffanculo Alex” che però resto segreto nella mia mente.

Sarebbe stato tutto più semplice, nella mia mente.

La realtà era diversa da quello che volevo.

Nella realtà Lisa mi si avvicinò sussurrando: Ti prego Alex non mi lasciare, ho bisogno di te.

Avvenne tutto rapidamente e fu un gesto automatico, un po’ come si fa con una fan che piange davanti ai tuoi occhi un po’ per galanteria, un po’ per tenerezza qualcosa dentro di te ti spinge ad aprire le braccia e a stringertela al petto per consolarla.

E così feci.

L’abbracciai e lei si strinse forte alla mia camicia di flanella, iniziando a piangere sommessamente.

-Non fare così.- le sussurrai all’orecchio dandole un bacio sulla testa.

-Ti amo Alexander, non posso trattenermi-  disse alzando lo sguardo.

La guardai compassionevole, e lei senza aspettare una risposta mi baciò con passione prendendomi il viso tra le mani.

Disarmante.

 Uscimmo dal Back stage mano nella mano, perché lei me l’aveva presa mentre ci baciavamo, avrei dovuto aspettarmelo questo tipico gesto di “possessione” dopo una litigata di tal livello.

Ma seppur piccolo e insignificante ai miei occhi, quel gesto mi stava stretto.

-Vado a vedere se Jack e gli altri sono pronti, Matt mi ha scritto dicendo che ci aspetta sul bus. -Mentii.

E lasciandole la mano, mi allontanai da lei, cercando di dileguarmi prima che potesse replicare.

Tutto questo fuggire  non mi avrebbe portato a nulla.

Ciò che volevo non era lei, ciò che volevo era irraggiungibile.

Era arrivato il momento di prendere una decisione.

Scostai le tende del camerino di Jack e sorrisi.

Al suo interno vi si erano infilati Casse e  Rian per uno dei loro incontri “intimi”.

Quanto li invidiavo, quanto invidiavo la purezza e la sincerità con cui si scambiavano quei baci.

Dentro i loro occhi si leggevano i chiari segni dell’amore.

Rian parlava di lei come il tesoro più bello di tutti i tempi, come un dono del destino, esattamente come Jack parlava delle tette.

-C’è qualcuno…- sentii biasciacare a Casse.

E immediatamente mi allontanai, togliendo il disturbo.

Era assurdo, ma dovevo prendere una decisione.

E non avevo vie di fuga.

Guardai il telefono in cerca di un ultima speranza, ma non vi era nulla: lo schermo era vuoto.

E così presi la mia scelta.

Non sapevo se fosse definitiva.

Ma almeno quel giorno tra il fantasma di Maria e Lisa, avevo scelto il male minore.

Lisa.

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** [Cap 7] Cause after all we are all actors on the stage. ***


Non sapevo che fine avesse fatto Noel, ma lo scoprii quando mi inviò un messaggio piuttosto scazzato:” Sto tornando all’hotel,domani ho l’aereo per casa. Notte”

Cancellai il messaggio con una certa nonchalance e rinfilai l’i phone in tasca, fingendo che non fosse successo nulla, fingendo di essere felice e soddisfatto dell’altra parte della mia vita, quella che andava oltre l’amore per la musica, oltre il bene che volevo i ragazzi.

Uscii sospirando dalla porta secondaria, quella riservata allo staff e gli artisti che dava su un ampio parcheggio, e mi diressi verso il pullman illuminato, all’interno potevo chiaramente vedere la sagoma di Vinny che muoveva un pupazzo a forma di Topolino a pochi centimetri dal naso di Matt, avrei giurato che lo stesse prendendo in giro per quella sua piccola ossessione per Topolino che mi provocava un lieve trauma psicologico ogni volta che la mattina mi svegliavo e, cercando tra gli spazzolini nel contenitore, vedevo la faccia sorridente di Mickey Mouse stampata sopra. Impressionante.

Salito sul pullman mi ritrovai  sommerso da un mucchio di persone, tutte abbracciate, urlanti, sorridenti. Un perfetto ritratto dell'amicizia.

Non capii più nulla, sapevo solo che quella sensazione così familiare mi faceva stare bene e sorrisi anche io.

-Bella esibizione ragazzi, complimenti.- Disse Matt porgendo il pugno ad ognuno di noi attendendo che lo colpissimo.

-Al solito- Ammisi sorridendo ancora.

-Grazie Matt, modestamente i miei fantastici giri di chitarra sono portentosi- Disse la voce di Jack alle mie spalle.

-Zitto tu, che la prossima volta che parli ancora di mia madre sul palco ti stacco il microfono a vita- rispose Vinny spezzando un cracker a metà  per esplicitare il concetto.

Tutti ridemmo sonoramente.

Cazzo, era così bello i tourbus. Ogni giorno un emozione nuova, ogni giorno risate, risate e al massimo lacrime di gioia, quelle che ti vengono quando ti fanno il solletico fino allo stremo, o quando il tuo migliore amico inizia a raccontarti di quella volta in cui una ragazza con cui stava per combinare si era “dimenticata” di lavarsi le zone intime. Ecco da noi ogni fottuto giorno era così.

Feci lo slalom tra Vinny e Jack che fingevano di picchiarsi, e mi avvicinai furtivo a Rian  che stava preparando da mangiare dei Noodles, era particolarmente bravo a farli.

-Com’è andata con Lisa?- Mi chiese senza guardarmi negli occhi mentre continuava a mescolare nella pentola.

A volte era troppo serio, troppo adulto. Ecco come ora, mi ricordava mia madre che mi chiedeva com’era andata a scuola mentre mi preparava la merenda del pomeriggio.

-E’ andata, siamo tornati felici e contenti.- Mentii cercando di enfatizzare le parole “felici” ma non se ne  accorse.

-Quindi avete fatto pace, sicuro?-  Decisamente troppo serio e adulto per una serata come quella.

-Si- confermai sperando che sembrasse una risposta definitiva.

-Meno male, io e Casse invece ultimamente abbiamo qualche problema.

La mia mente viaggio al momento in cui li avevo visti beatamente pomiciare nel camerino di Jack.

-Beh non si direbbe, che succede?- Chiesi sinceramente curioso.

-E’ fredda, non mi ascolta più, e come se… come se fosse perennemente sovrappensiero. –

-Sarà la sindrome premestruale amico, non preoccuparti. Lisa sembra una Iena  quando le prende, a volte ho paura che morda.-

Sorrise tristemente e alzò la pentola urlando: - E’ prontoooo! Tutti a tavola!-

In men che non si dica la tavola si riempì delle nostre mani, ognuna delle quali aveva un piatto pronto per essere servito: la fame post-concerto è terribile, ti sfinisce.

-E’ mezz’ora che cucino per voi, il primo piatto è il mio-  E sorridendo allegramente con quei denti bianchissimi strappò di mano il piatto di Jack che per tutta risposta non si lanciò a riprenderlo ma piuttosto fece una risatina e si alzò per procurarsene un altro canticchiando.

Fu in quel momento che il mio sorriso si spense del tutto.

Fu in quel momento che la mia mente realizzò di avere un tassello mancante.

Guardai il volto sereno di Rian soddisfatto per la sua performance culinaria e provai compassione per lui, per tutti i suoi sforzi di essere una persona giusta e gentile, compassione per le sue parole così sincere, i suoi sentimenti così candidi per la sua piccola Casse.

Ecco come tutti i sacrifici nel cercare di essere una persona onesta vanno a puttane: nel camerino di colui che consideri un fratello.

Incrociai lo sguardo del Mio migliore amico, e lui lo lesse sapientemente.

Ora sapeva che sapevo.

 

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Capitolo 8
*** [Cap 8] I wanna feel weightless, and that should be enough. ***


“Ok. Prendi fiato.” Pensavo tra  me  e me.

“Respira e andrà tutto bene.”

Il mio sguardo non si dava pace. Continuava ad indugiare velocemente da Jack a Rian, mentre nel frattempo il mio cervello elaborava una soluzione per tirarsi fuori, e ripeto TIRARSI TUTTI fuori da questa merda. Come se di problemi non ne avessi già abbastanza.

-Stai giocando a trova le differenze?- mi interruppe Zack

- Perché se non l’avessi notato Jack è un po’ più peloso di Rian.-  continuò scatenando le risate di tutti.

-Vado fiero dei miei peli, essere un gorilla mi ha sempre portato un sacco di vantaggi con le donne intendete vero? – E ammiccò, mentre gli altri già ridevano tra un boccone di Noodles e l’altro. Poi alzò lo sguardo verso di me.

 Dovevo essere molto arcigno perché il suo sorriso si spense all’improvviso e tornò a mangiare.

Gli lanciai un occhiata fulminante e presi a mangiare anche io di malavoglia, terribilmente disgustato da tutto quello che mi stava succedendo.

Ok, non che io mi fossi comportato particolarmente bene nei confronti di Lisa, il desiderio di vedere Maria era ancora vivo e forte in me e ogni tanto ruggiva come un piccolo mostriciattolo pronto a combinare un disastro; ma cazzo, Rian è il nostro batterista, il nostro migliore amico, è come un fratello per noi. Che cazzo gli è passato per la testa a Jack?

Insomma ammettiamolo il fascino della battuta di Jack è letale sarebbe in grado di portarsi a letto Megan Fox solo iniziando a parlare della sua erezione, ma porca merda, perché? Perché proprio Cassadee?

Finito di mangiare aspettai che i tecnici della crew andassero a smontare gli strumenti, e non appena Rian si fu allontanato per andare nel Bus degli Hey Monday e Zack lo ebbe seguito, fermai in tempo Jack che se la stava svignando  con la scusa di andare a fare “due autografi”.

-Dove- cazzo- vai?- Lo presi per il braccio e lo spinsi sul divanetto dove fino a poco fa cenavamo.

Mi guardava con aria colpevole, senza dire una parola.

-Stronzo!- dissi sedendomi sul divanetto di fronte a lui fissandolo dritto nei suoi enormi occhi scuri.

-Ci hai visti vero?- Chiese sommessamente abbassando lo sguardo e infilandosi le mani tra i capelli neri.

Mi alzai in piedi di scatto mettendomi le mani sulle orecchie cercando in ogni modo di NON rievocare la scena.

-Cazzo si, eravate lì a succhiarvi la faccia come due… Ommioddio non ci voglio neppure pensare.-

-Alex cazzo tu non capisci-

Non riuscivo a guardarlo negli occhi e ne soffrivo ma era più forte di me. Per la prima volta nella mia vita trovavo qualcosa di sbagliato in lui.

-Jack porca merda, ti stai scopando Cassadee, lei è la fottuta vita di Rian da quando si è lasciato con Kara. Sei tu che non capisci. Stai rovinando tutto.-

-Sto rovinando cosa? Il gruppo? – questa volta lo vidi. Si era alzato in piedi ed era di fronte a me con le braccia spalancate e uno sguardo interrogativo.

-Alex, io davvero non so quanto continuerà questa cosa, e spero solo che Rian non lo venga mai a sapere perché gli voglio bene come se fosse mio fratello ma cazzo, cazzo, lei… è semplicemente entrata come  un proiettile dentro me, nessuna c’è mai riuscita. Tutte hanno semplicemente fatto una toccata e fuga nel mio letto ma lei, lei è molto di più. Giuro non sai cosa farei per cambiare le cose, per far sì che non sia la ragazza di Rian, perché so la merda che uscirebbe fuori se si venisse a sapere. Ma mentre ti chiedo di tenere il segreto, ti dico anche che in tutta la mia fottuta vita, Casse è la prima ragazza di cui mi sia davvero innamorato, l’unica che non mi manda in botta solo il pisello, ma tutto l’organismo, vederla è come svegliarsi con il sole del mattino dopo una notte burrascosa, è come il primo sorriso dopo un periodo di merda. Non so cosa provi Rian per lei, io non lo so. A dir la verità non so nemmeno se lei mi ami o se mi stia usando come ho fatto io con tutte le altre, ma se devo sperare in qualcosa, se devo sperare davvero, spero solo che continui così, perché finalmente sto bene.-

Il mio sguardo che fissava per terra vide i piedi di Jack muoversi verso l’uscita.

Se ne andò dal Bus sbattendo la porta e io rimasi immobile a fissare il pavimento ancora con le mani sulle orecchie.

E così Jack era innamorato.

Un sorriso mi schiuse leggermente le labbra: era la tenerezza.

Assurdo pensare di poter collegare un sentimento simile a Jack, ma finalmente, o forse no, era arrivato anche il suo momento.

Mi spostai da lì, se fosse entrato qualcuno sarebbe sembrato alquanto sospetto nonché inquietante vedermi là immobile a fissare il vuoto.

Presi la scaletta e mi infilai nella mia cuccetta sopra quella di Jack.

“se devo sperare in qualcosa, se devo sperare davvero, spero solo che continui così, perché finalmente sto bene” le parole di Jack continuavano a rimbombarmi nella testa come un martello pneumatico.

“Finalmente sto bene” mi aveva detto, finalmente anche lui sapeva cosa significasse sentirsi  felicemente completi.

Non sentii il rientro dei ragazzi perché mi addormentai con una certa rapidità ma non appena il bus si mise in moto mi svegliai.

E’ proprio vero il sonno, anche se molto breve, porta consiglio.

Cercai di catapultarmi il più in fretta possibile giù dal letto e scesi da Jack.

Il mio Jack, l’uomo che una volta non si sarebbe mai addormentato senza una rivista porno di fianco giaceva su un lato come un bambino, la bocca socchiusa, ma forse era solo un caso.

Sorrisi di nuovo mosso da tenerezza e con gentilezza gli toccai la spalla nella speranza che si svegliasse.

-Jack, hei Jack….- continuai punzecchiandoli la spalla.

-che cazzo vuoi Ma’?- disse  girandosi dall’altro lato.

-Idiota sono Alex-  

Qualche istante di silenzio, poi si girò mugolando.

-Eh, che c’è?- Mi disse con gli occhi socchiusi.

-Grazie.- gli risposi con un sorriso gigante.

-Per cosa? Perché mi sto facendo la ragazza di Rian?-

-Cazzo abbassa la voce coglione!- gli misi una mano sulla bocca e gliela tolsi non appena smise di mugolare.

-Comunque no, grazie per avermi fatto capire che qualche volta bisogna imparare a seguire la strada di ciò che ci fa star bene, perché anche se non sempre appare la strada giusta, con il tempo si rivelerà tale.-

Silenzio.

-Oh!- urlai scuotendogli le spalle.

-Ghnnn, amico c’ho sonno e non capisco perché ti fai gli svarioni alle 4 del mattino, dovresti smetterla di farti le pippe con le mani sporche di Tortillas, dicono che faccia male anche al cervello.-

-Ma cosa?- 

-Cià notte.- e così dicendo mi tirò le tendine davanti al naso.

Era pur sempre Jack, pensai.

E con la voglia di sentirmi realizzato, di sentirmi felice, mi addormentai con le cuffie nelle orecchie.

“i’ve got you picture, i’m coming with you. Dear Maria count me in…”

 

 

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Capitolo 9
*** [Cap 9] When the world comes crashing down, who’s ready to party? ***


 

Il giorno dopo era un giorno diverso.

Certo è sempre diverso il domani, soprattutto quando scopri che il tuo migliore amico se la fa con la ragazza del  tuo batterista,nonché tuo carissimo amico, soprattutto se scopri che una bestia da sesso come Jack che aveva vissuto nella più bastarda malizia per tutto questo tempo si era innamorato, soprattutto se scopri che tutto questo invece di farti incazzare ti da la spinta per rincorrere la tua dannata felicità, quella che non ricordi più da quando la Hopeless ti ha proposto il contratto.

Lo spettro della gioia di quei momenti mi attraversò gli occhi mentre ingoiavo il porridge che mi ero auto preparato.

-Certo che sei proprio un inglese Alex-  Disse Zack simulando l’accento britannico mentre con le braccia tirava su pesi da 5 kg l’uno.

-Che ci fai sveglio a quest’ora? Non ti ho mai visto alzarti alle 8.- Mi chiese vedendo che continuavo indifferente a trangugiare la mia colazione.

-Mi sentivo mattutino oggi, ho voglia di godermi la giornata, le mie 24 ore sono così piene che non me le sento scorrere addosso, e la cosa mi irrita.- Buttai giù l’ultima cucchiaiata mentre osservavo la faccia perplessa di Zack che continuava a tirar su e giù quei pesi.

Dall’altra parte del bus il ronfare fragoroso di Matt arrivava fino al saloncino.

-Mattutino e filosofo aggiungerei- Disse posando gli attrezzi e sedendosi di fronte a me.

Restai in silenzio, fissando tristemente la tazza di Porridge vuota.

-Come va con Lisa?-

“Subdolo, dove cazzo è la domanda di riserva?” pensiero istantaneo.

-Bene, abbiam fatto pace. – Pensiero ponderato.

Zack sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori e si alzò in piedi infialandosi la canottiera che aveva mollato prima sul divanetto.

-Bene, perché è proprio una splendida ragazza. Non merita di essere trattata così-

Lo guardai in silenzio e lievemente perplesso mentre si infilava le cuffiette alle orecchie e usciva dal bus per la sua corsa mattutina.

Ero ammutolito da tali parole. Che fosse una splendida ragazza non era in dubbio, ma ciò che mi domandavo era cosa ne sapesse Zack di lei dal momento che Lisa era sempre stata piuttosto snob nei suoi confronti. Qualche volta l’aveva pure preso in giro chiamandolo Ken.

Alzai le spalle e mi diressi in silenzio con passo felpato verso la mia cuccetta.

Il silenzio di tomba di quell’ora era inquietante, tutti dormivano nella maniera più profonda e sono certo che l’avrebbero fatto fino a mezzogiorno.

Non era una diceria qualsiasi che All time low e crews scambiassero spesso il giorno per la notte.

Mi rimisi a letto e iniziai a pensare.

Quella era l’ultima data del GK tour.

Nel giro di una settimana sarebbe incominciato il nuovo Tour: Dirty Work.

Sarebbe stato davvero l’inizio di una nuova vita? La rinascita del vecchio Alex?  Perché ammettiamolo, mancavo più a me stesso che a chiunque altro. Forse il mio dannato attaccamento al passato  era il risultato della voglia di ritrovarmi, di ritrovare quello che ero una volta, la felicità genuina che non riuscivo più a provare.

Forse era solo un illusione ma dovevo riuscirci.

-Ho mollato Holly-   La faccia segnata di Jack mi guardava con un aria rassegnata.

Non ebbi il tempo di sobbalzare, o di stupirmi, era arrivato il momento di essere seri.

Gli diedi una pacca sulla testa e mi alzai dal letto pronto per scendere giù, al suo livello.

-Fai sul serio allora.-  Era una felice affermazione e così doveva essere .

Da quando l’ho conosciuta la prima volta ad uno di quei party ai quali Jack ci aveva obbligato ad andare dicendo: “Ragazzi ha più curve lei di una strada di montagna” , ho sempre pensato che un ex coniglietta di Play boy, e sottolineo EX non fosse il massimo per il mio migliore amico

Jack mi abbracciò.

E io feci lo stesso.

Fu un abbraccio dei nostri, uno di quelli dove ci scambiavamo emozioni, idee, gioie, paure, era un dono la nostra empatia, il nostro riuscire a comunicare senza bisogno di usare le parole.

 

La quiete  che ci circondava rendeva tutto più intimo e fraterno.

-Ti voglio bene amico- mi sussurrò

-Anche io stronzo, ora mi spieghi che le hai detto per farla scollare da te e dai tuoi soldi?- 

-Le ho detto che aveva le tette troppo piccole per i miei gusti. So già come andrà a finire, fingerà di avermi fatto le corna, pubblicherà umilianti messaggi di scuse su quel cazzo di Twitter e tutto si risolverà.-

Il suo sorriso ironico ma vero mi contagiò, e scoppiammo a ridere insieme.

-Ghnnn, ma che ora è ragazzi?- Disse la voce roca di Rian da qualche letto più in là.

-Presto in effetti- risposi guardando l’orologio sul I phone.

-Comunque siamo alle soglie dell’aereporto si torna in America.

Rian si era riaddormentato.

 

Vidi Jack guardarlo con aria dispiaciuta e poi prendere in mano il cellulare.

Sono certo che stava per scrivere qualcosa a Cassee.

-No.- Lo fermai prendendogli la mano.

-Ti fa star bene, non rinunciare.-

La luce soffusa non mi permise di vedere bene la sua espressione, ma se non sbaglio vidi qualcosa scintillare nella penombra.

Forse una lacrima, non lo seppi mai.

Tre giorni alla fine del  tour.

Oggi saremo tornati in America con il volo delle 4. 30 pm.

Oggi saremo tornati a casa, un po’ diversi; qualcuno consapevole, qualcuno un po’  meno.

Sull’aereo mi sedetti vicino a Jack, a dirla tutta il meno rumoroso dal momento che si addormentò come un cucciolo sulla mia spalla.

Dietro sentivo il brusio di Rian che chiacchierava con Vinny e nei posti a fianco a loro vi erano Matt Jeff e Zack.

Li guardai con un sorriso e presi carta e penna.

E scrissi la prima frase che mi venne in mente:

“Quando il mondo sta per schiantarsi, chi è pronto a far festa?” 

 

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Capitolo 10
*** [Cap 10 ] And memories never seem to fade. You were the best part of my life. ***


Allora è così che ci si sentiva a casa.

I mobili lindi e intaccati sempre al loro posto, il mio amato divano di pelle, la mia  ricca dispensa, il frigo che avevo gentilmente chiesto ai miei di riempire prima del mio ritorno e i miei due cani che con sguardo languido mi chiedevano una carezza.

Mi mancava la mia casa, capita così spesso che in tour non ritorni a Baltimora per mesi.

Mi chinai su Sebastian che mi stava attaccato alle caviglie e gli diedi  un colpetto sulla testa a mo’ di coccola. Lui se ne andò felice zampettando verso la ciotola.

*BRRR BRRR*

Tirai fuori il telefono dalla tasca e guardai bene il mittente.

LISA.

La mia indesiderata numero uno.

 Da quella volta nel backstage sembrava che tra noi fosse tornato tutto come prima, ma questo solo perché ci sentivamo solo per telefono e via messaggi, e come spesso mi dicono sono bravo con le parole io.

Fingevo piuttosto bene di amarla ancora come un tempo.

“Amore sto arrivando da te, ti porto il milkshake gigante che ti piace tanto J “

Sospirai  e buttai il telefono sul divano.

Peyton  mi guardò perplesso.

Questa casa era troppo vuota per i miei gusti.

Mancavano i ragazzi, mancava la musica, l’allegria del passato, mancava il movimento che quando sei un ragazzino riesci sempre ad avere. Mancava quel particolare, quei dettagli che mi infondevano felicità.

Volevo tornare diciassettenne,  ai tempi in cui le azioni erano dettate dalle emozioni e non da doveri e responsabilità.

Mi affacciai alla finestra cercando di osservare oltre il mio vialetto, l’infinito sembrava accarezzare Baltimora con una linea delicata.

Eppure un tempo amavo quel paese, non fraintendetemi, lo amo ancora, è solo che l’ansia e le preoccupazioni avevano reso il mio soggiorno  a Baltimora più deprimente del solito.

Qualcuno bussò alla porta proprio mentre cercavo di arrivare ad una conclusione logica dei miei pensieri.

Sapevo già chi fosse perciò presi coraggio, finsi un sorriso ipocrita, e aprii la porta internamente insoddisfatto nel vedere che era Lei, Lisa e che non fosse nessun’altro di più interessante.

-Amoreeee!- Esclamò saltandomi addosso come una sanguisuga.

Rimasi impassibile conscio che avrei semplicemente dovuto ricambiare per non destare sospetti, e così feci.

Chiusi gli occhi della razionalità e lasciai che tutto avvenisse per uno strano piano del destino.

Quando arrivò il tramonto ero già in macchina sulla strada per Mission,  ero in viaggio da un po’ ormai e sarei dovuto arrivare a momenti.

Vedevo le macchine sfrecciarmi davanti come ricordi inafferrabili, cercai di raggiungerle, di superarle, ma mi sentivo debole come si mancasse qualcosa, quella carica, quello sprint che solo sul palco riuscivo a raggiungere.

Arrivato al luogo di incontro, feci un bel respiro e uscii dalla macchina cercando di risultare il più sereno possibile.

Ma sono pessimo in queste cose, sono particolarmente facile da interpretare, quasi come un libro per bambini.

-Alla buon ora marpione!- Mi urlò Vinny dallo stand allestito al fondo della sala.

-Le sarai mancato molto…- Disse con una sottile ironia Rian mentre avvitava meglio una vite sotto il rullante.

-Almeno te l’ha data? No perché altrimenti è proprio tempo perso.- Mi chiese Jack ridendo di gusto.

Gli diedi le spalle, con le mani gli avvolsi i polsi, e sorridendo agli altri lo spinsi dietro le tende nel backstage.

Mi guardò leggermente stupito.

-E’ inutile che fingi con me idiota, lo so che non sei lo stronzo tutto “tetteeculi” che vuoi far sembrare, piuttosto dimmi come procedono le cose.

Il flebile sorriso che era rimasto sul suo volto si spense lasciando spazio ad una smofia corrucciata.

-Sto imparando a convivere con i sensi di colpa.- Abbozzai un sorriso consolatore

Poi continuò: - E’ un po’ come per i drogati no? Ne vogliono sempre, sempre di più, poi però sanno che fa male, che non è sano e gli tocca nascondersi.

-Brutto, tristissimo paragone amico.- Dissi.

-Che devo dirti l’amore mi ha fatto fuori il senso dell’umorismo. Cazzo è davvero una droga per me.-

Lo guardai in silenzio, parlandogli con gli occhi, esprimendo tutto il mio appoggio, il mio sostegno nei suoi confronti.

-Poi non hai idea di quanto faccia male vederla con Rian, scherzare, ridere con lui addirittura baciarsi. Qualche volta ho l’istinto di mollargli un cazzotto sul naso poi mi rendo conto che non è giusto, che non ne ho il diritto. Perché non sono il suo ragazzo, perché sono io il terzo incomodo, quello di troppo. E fa ancora più male.

Restai a fissare i suoi grandi occhi scuri senza dire una parola.

Sentivo le voci da fuori ridere, scherzare, parlare, e mi rendevo conto che è inutile cercare la perfezione, perché anche nel mucchio di diamanti troverai la merda, o, detto in maniera più delicata: anche se tutto sembra andar bene ognuno di noi ha un cadavere nell’armadio.

E infondo era meglio non sconvolgere definitivamente questo insolito equilibrio. Questa assurda ricerca della felicità, di sentirsi leggeri e senza preoccupazioni perché come dice Weightless: “questo dovrebbe essere abbastanza”.

Guardai il cellulare per un ultima volta quella sera, come sfondo avevo una vecchia foto di noi quattro, allegri, uniti e spensierati.

Io non conoscevo ancora Lisa, e cazzo ridevo, ridevo davvero un po’ di più. 

Era il periodo in cui passavo le miei serate tra prove, pub e night club, roba da adolescenti arrapati in cerca di novità.

Spensi il telefono cercando invano di sedare il flusso di ricordi.

 

*

 

Quando si riaccesero le luci sul palco, afferrai il microfono con decisione e continuai l’ultima canzone con l’ultimo ritornello.

“I’ve got your picture i’m coming with you dear Maria count me in there’s a story on the bottom of this bottle and i’m the pen”

I riflettori si spostarono sul pubblico, un marasma di persone, una folla assatanata, un mucchio di ragazzine urlanti in calore.

 

Guardai meglio cercando di andare oltre i gruppi di ragazzi, cercando di non soffermarmi allo strato superficiale.

Sotto quegli occhioni ricoperti di ombretto ci sono amori, Dietro quei capelli scapestrati paure e sotto quei vestitini cosi  striminziti o appariscenti vi erano emozioni.

 

Ma la mia emozione, sobbalzava a passeggio  con il mio cuore  ad ogni nota, ad ogni parola, ad ogni sguardo.

Quello sguardo che si posò al fondo della sala, poco dopo Vnny.

In linea diretta con me c’era una bellissima ragazza dagli occhi castani, le labbra carnose rosse come fragole, la pelle diafana, e lunghi capelli tendenti al rossiccio che scendevano delicati dulle spalle.

-Grazie a tutti ragazzi.- Dissi al microfono salutando.

Il cuore riprese a battermi a ritmi ai quali non ero più abituato, un sorriso mi esplose gigante sulle labbra.

Gli occhi fissi su quella figura così meravigliosa che sembrava uscita da un sogno, o meglio, uscita dalla mia fervida immaginazione che ogni giorno rubava il suo ricordo alla memoria.

-Bentornata Maria.-  

 

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