Cicatrici

di IlMalee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Litania ***
Capitolo 2: *** Quiete ***
Capitolo 3: *** Furia ***



Capitolo 1
*** La Litania ***


La donna correva saltando ogni tanto per evitare di calpestare un tronco o un masso.
Il volto era ricoperto di piccoli tagli che sanguinavano, e la maglietta che indossava era quasi del tutto strappata.
Le gambe ormai le dolevano e i polpacci sembravano sul punto di scoppiare.
Ad un certo puntò rischiò di inciampare, era incappata in una radice.
Strinse ancora più forte a sè l’involto che teneva al petto.
“Non piangere, non piangere ti prego...” sussurrò.
Ma dal fagotto che stringeva tra le braccia cominciarono a provenire prima un lamento, poi un vagito ed infine il pianto acuto di un neonato.
“Ssshh...No, no ti prego. Non adesso.”
Pregava gli spiriti che lo facessero tacere, ma era inutile.
Ogni volta che dal suo piccolo fagotto provenivano dei gemiti, sentiva una fitta di dolore colpirla al petto, ed era costretta a trattenere le lacrime a sua volta.
Un suono in lontananza la fece sobbalzare. Si fermò all’improvviso, tesa all’ascolto, mentre il cuore le stava per esplodere in gola.
Un ululato. Poi un altro, e un altro ancora.
Erano vicini.
Venivano da tutte le direzioni.
“Spiriti, proteggeteci ve ne prego.”
Ricominciò a correre, mossa dalla disperazione.
Riusciva a sentirne l’odore. Erano lì tutti quanti, nel buio.
Sentì il rumore di foglie calpestate e di rametti spezzati. Poi arrivarono le ringhia, basse e minacciose, e l’ansimare dei suoi inseguitori.
Sentì un dolore lancinante perforarle la gamba, con un urlo cadde a terra. Qualcuno la aveva azzannata al polpaccio. Non aveva ancora smesso di stringere a sè il fagotto e lo aveva protetto col suo corpo durante la caduta.
Non appena ne fu in grado, si rialzò.
Aveva le fauci spalancate, e una folta peluria bianca le era spuntata sulle braccia, sulle gambe e sul volto. Ringhiò furiosa, e quelli che le stavano attorno fecero un passo indietro, rintanandosi nelle ombre tra gli alberi.
Li vide. Vide gli occhi gialli come i suoi, brillare nel buio.  Tutti la fissavano severi, nello stesso modo in cui si fissa una preda o un nemico. Poi alzò gli occhi e riuscì a intravedere un gruppetto di uomini che scendevano da un sentiero per venirle incontro. Erano vestiti con abiti eleganti e scuri, e sarebbero potuti facilmente passare per uomini.Ma i loro occhi erano esattamente come i suoi, e come tutti quelli degli altri lì presenti. Gialli e crudeli.
 I  tratti ricordavano i popoli nordici, avevano capelli biondi come lei.
Uno di quelli che sembrava precedere gli altri,con una lunga barba bianca, parlò a voce alta:
“Perchè fuggi, guerriera?”
Lei rimase in silenzio, a fissare l’uomo anziano con uno sguardo carico di odio.
Il fagotto tra le sue braccia aveva ripreso a piangere,  il suo pianto era l’unico suono oltre a quello del ringhiare e ansimare dei lupi.
“Tu fuggi, ma sai di non poter fuggire per sempre. Fuggi da noi, dalla tua famiglia, dalla tua tribù. Ma come puoi andare avanti? Potrai davvero fuggire da te stessa? Dal tuo stesso sangue?”
La donna si abbassò mostrando i denti, poi ringhiò.
“E lui, non è forse figlio del mio sangue? Non è forse un figlio di Fenrir come me, come te?”
I lupi attorno a lei avevano cominciato a sbuffare e  ringhiare furiosi all’udire quelle parole. Qualcuno aveva anche tentato di avvicinarsi con le zanne in vista.
“Vedi come reagiscono i tuoi fratelli? Non senti il disprezzo degli spiriti e degli antenati su di te?”
“Non m’importa.”
“Ciò che tu pensi non importa. Sei una guerriera di Gaia, e conosci la Litania. Tutti i difensori di Gaia devono sottostare alle regole che lei ha scelto per noi.”
“E’ mio figlio. Mio figlio. La legge impone forse alle madri di non allattare i propri figli?”
La donna aveva scoperto l’involucro che teneva in braccio, e illuminato dalla luce della luna, il bambino era visibile a tutti i presenti.Aveva braccia e gambe umane, della grandezza di un neonato, ma la testa era quella di un lupo, un cucciolo di lupo, e il corpo era interamente ricoperto da del pelo nero. Vicino all’occhietto destro chiuso, vi era una macchia di pelo bianca.
“Guardalo, guardatelo! Avreste forse il coraggio di uccidere il sangue del vostro sangue???”
Gli altri ulularono, poi vi fu un marasma di ringhia e latrati, e i lupi nel buio scalpitarono scuotendo il terriccio.
L’anziano parlò ancora.
“Egli non è un membro della nostra tribù, e nemmeno un membro di Gaia. E’ un abominio. Un mostro. Il Verme lo ha toccato, ed è stato maledetto. Fai un favore a quella povera creatura, e fai un favore anche a te stessa. Pulisci quest’onta e riguadagna il tuo onore e il tuo rispetto davanti agli dei.”
“Come osi parlare degli dei e dell’onore dinanzi a me? Proprio tu, che oseresti sollevare la mano contro un neonato!”
“Questa è la legge.”
“La legge è stata creata dai lupi, e non viceversa. La legge serve a preservare e guidare il Popolo, non a distruggerlo. ”
“Ma ti senti?Parli come una cucciola che ha perso il senno. Sei una vergogna per la tribù e per il nostro intero clan. Ora fai ciò che devi fare, e fallo alla svelta.”
L’anziano sollevò la mano, poi lanciò qualcosa in direzione della donna.
Lei lo afferrò al volo. Era un enorme pugnale affilato, con delle rune incise lungo la lama.
Rimase immobile.
“Avanti sbrigati, Gaia e gli spiriti ti guardano. Fai la tua scelta, ma sappi che se non sarà quel coltello a lavare il tuo disonore, saranno le nostre zanne a farlo.”
I lupi avevano iniziato ad agitarsi nel buio. Le giravano attorno con le lingue penzolanti.
La donna scoppiò in lacrime, mentre sollevava il pugnale.Le tremava la mano.
Il cucciolo non la smetteva di piangere.
Lo sguardo della donna passava dagli occhi furiosi attorno a sè al pugnale e infine al bambino, senza sosta.
Il cucciolo agitava le zampette, cercava il seno della madre.

“Smettila di piangere, ti prego. Ti prego, ti prego, smettila.”
I lupi ululavano, tra le tenebre, stringendosi sempre di più.

“Ti prego,non piangere.”



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Bene bene inauguriamo questa nuova sezione della mia pagina dedicata interamente al meraviglioso mondo di Werewolf the apocalipse. Che dire? Ho scelto forse una scena piuttosto strana per iniziare a mostrare questa ambientazione, magari qualcuno, specie chi già conosce il gioco di riferimento- potrebbe obiettarmi che avrei potuto mostrare la scena di una prima muta, o di un combattimento selvaggio tra lupi e spiriti del Wyrm, invece ho voluto scegliere questa breve e crudele storiella di madre e figlio.

Premetto che il tutto è venuto fuori semplicemente per una immagine che vidi su uno dei manuali di Werewolf, nella fattispecie l'immagine di questo video
 http://www.youtube.com/watch?v=S1JxztKnV8I  a 1:28, dove una donna impugna un pugnale puntandolo verso un neonato metis.

Innanzitutto una piccola spiegazione: nel mondo Werewolf della white wolf i lupi vivono in una società tribale fortemente incentrata su valori come famiglia, tradizioni e unità di clan, e hanno delle regole che Gaia (la dea primeva, l'essenza di questo mondo che ha generato tutto) ha imposto loro, il suo Popolo prediletto. Tra queste, una regola prevede esplicitamente che tra loro i lupi non possano assolutamente accoppiarsi, questo atto viene visto quasi come un incesto o un aberrazione specie da alcune tribù.  Ai lupi è concesso di accoppiarsi solo con altri "lupi" veri, quelli presenti in natura nei documentari, o con umani.

Nel caso due lupi si uniscano tra di loro e la madre rimanga incinta, partorirà un Metis, ovvero un lupo perennemente in forma "lupesca" classica del licantropo alto due metri con zanne e artigli. I metis hanno anche molto spesso deformazioni o deficit di altro tipo, come in un certo senso i "ritardati" degli umani.

A seconda dei casi e delle epoche (nei tempi moderni le cose sono cambiate), i metis venivano trattati come reietti, pariah della società o addirittura uccisi alla nascita.

Giusto? Nemmeno un pò. La società di Werewolf Apocalypse non è certo idilliaca o tranquilla, anzi. E' una società fortemente tribale e chiusa, dove forza e sottomissione sono concetti normalmente accettati da (quasi) ogni lupo, e dove l'autorità degli anziani o degli "alfa" non viene messa in discussione.  Credo di averne dato un piccolo assaggio anche qui, d'altronde quale madre avrebbe il coraggio di uccidere il proprio figlio appena nato? Regole antiche e insensate, una società che ricorda la crudeltà dei popoli antichi e la loro spietatezza.

Bene, prometto che col prossimo raccontino di questa sezione forse forse vi stupirò, vedremo :)

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Capitolo 2
*** Quiete ***


Il suo petto si alzava e poi si riabbassava dolcemente.
Le piaceva tenere la testa appoggiata vicino al cuore.
Le piaceva sonnecchiare lì, tra le sue braccia, nel calduccio delle lenzuola.
Si sentiva protetta, una sensazione che a volte le metteva quasi a disagio. Si sentiva così al sicuro solo quando gli altri del branco erano con lei e dormivano al rifugio.
"Sei sveglia?"
"Adesso sì."
Si girò a guardarlo. Lui la stava fissando con i suoi occhi neri.
"Allora?"
"Allora cosa?"
"Beh. Ti è piaciuto o no?"
Lei rimase in silenzio.
Poi dopo avergli dato un morso sul naso si rialzò.
"Ahi!"
Si sistemò il reggiseno,poi raccolse i lunghi capelli rossi in una coda di cavallo.
"Mi hai fatto male! Perché lo fai ogni volta?"
"Chissà."
Raccolse da terra il vestito nero con la lunga gonna, e lo indossò.
Lui la osservava come rapito. Specie quando si era reinfilata i collant neri e aveva ripassato le gambe con le mani, accarezzandole.
"Dove vai adesso?"
"Devo andare, sono già in ritardo per colpa tua."
"Si può sapere cosa devi fare?"
"Tocca a me pattugliare il territorio stasera. Siamo io e Nathan di ronda."
"Ah!"
"Lascia stare, preferirei anche io stare qui. Ma l'altra volta per poco non entrava un… Un coso, sembrava una banshee uscita dai libri."
"Un che cosa?"
"Nevermind"
"Ottimo album quello."
"Spiritoso."
Aveva finito di allacciarsi gli anfibi e chiuso la custodia della chitarra.
"Senti una cosa…"
"Dimmi."
"Non pensi che dovremmo dirlo agli altri?"
"Dire che cosa?"
"Bèh, che io e te… Insomma…"
Lei lo guardò con aria severa.
"Sì certo, come no. Pessima idea."
"Ma perché? Tanto prima o poi lo saprebbero comunque. E poi il tuo… Il tuo… come si chiama?"
"Chi?"
"John, il tuo capo… Come lo chiamate voi?"
"Il mio alfa."
"Sì insomma, mi guarda sempre male. Secondo me ha già capito tutto, lo vedo fare certe facce quando ci sono io in giro…"
Lei si sedette sul letto. Gli accarezzò i capelli.
"Ne abbiamo già parlato. Non credo sia una buona idea, non per ora almeno."
"Ma io…"
"E tu, perché non lo hai ancora detto a tua nonna?"
"Sei fuori? "Sai nonna, sono fidanzato con un lupo mannaro e ogni volta che esci a giocare a bridge ci fiondiamo in camera mia a fare sesso selvaggio.Pensavo ci tenessi a saperlo"
Lei rise.
"Sai, ci ho pensato su."
"Su che cosa?"
"Su quello che mi hai detto, e sulla mia famiglia. E' vero, erano umani, ma insomma, prima o poi magari anche io…"
Rimase in silenzio, fissando le coperte.
"Tu cosa?"
"Ieri sera c'era la luna piena."
"E allora?"
"Bèh, mi sono messo a fissarla, e poi mi sono sentito tutto strano… Sentivo che la bestia ribolliva in me… Stavo per trasformarmi, te lo giuro!!!"
"Sì, sì certo."
Lei si alzò sbuffando, e guardandolo con aria compassionevole.
"Abbiamo già discusso anche di questo, e lo sai anche tu. Sei un sangue di lupo al massimo, niente più. Accettalo, e basta. Poi…"
"Poi?"
"Chissà, magari un giorno accadrà anche a te."
"Lo dici?"
"Spero vivamente di no."
"Io spero di sì, invece. Cavoli, sono l'unico sfigato che conosco che può essere ridotto a brandelli dalla sua stessa ragazza. Ti pare? Va bene la parità dei sessi, ma qua si va oltre."
Lei rise,lo baciò e poi si diresse verso la porta.
"Chissà. Vedi di rivestirti intanto, piccola pecorella."
"Fanculo."
"Io scappo! Ti amo, ricordatelo."
"Fanculo."

Lei chiuse la porta e scese le scale di corsa, mentre ancora sorrideva.



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Capitolo 3
*** Furia ***


Li sento. Sento già la loro puzza di merda.
Puzza di vermi.

Dietro di me gli altri corrono a più non posso. Sono furiosi.
La puttana ha quasi accecato uno del branco.
Nessuna domanda, né il tempo di reagire. Ha colpito e poi è saltata fuori dalla finestra. Un salto di dieci metri.
L'odore dei toccati, l'odore dei corrotti. Falli a pezzi.
Voglio fare a pezzi quella troia del cazzo.
Voglio sentire le ossa scricchiolare e cedere sotto le mie zanne.
Voglio inondare la mia gola col suo sangue, staccarle prima le gambe e poi le braccia, e vederla soffrire come la puttana corrotta che è.
Poi le staccherò la testa e farò esplodere il suo cervello nella mia bocca, assaporo già quel disgustoso gusto amarognolo di cranio maciullato.
Sono qui. Sono dietro. Sono giù. Uccidi.
La puttana si butta giù nel vicolo sotto di noi.
Buio, puzzolente. So già la merda che troverò lì sotto.
E questo mi fa solo incazzare di più.
Gli altri dietro di me hanno già cambiato forma.
Sono pronti al massacro.
John mi sorpassa,  una massa di pelo bianco si getta giù dall'edificio prima di me.
Bastardo, gli piace essere il primo negli assalti.
Fammi uscire. Fammi uscire. Uccidi.
Mi abbandono anche io, e sento i peli ricoprirmi subito tutto il corpo. I vestiti si strappano. Non importa.
Li sento  sibilare sotto di noi, soffiano, sanno che stiamo arrivando.
Probabilmente si tratta di una trappola.
Saranno almeno in venti lì sotto, armati fino ai denti.
Cinque volte superiori in numero.
Una vera Tana del Wyrm.

Falli a pezzi.

Poverini, non sanno cosa li attende.










Questo capitolo tenta, anche visivamente in parte, di cogliere la furia che brucia costantemente dentro ogni guerriero di Gaia, la maledizione e la benedizione dei lupi mannari. Perchè i caratteri modificati, il grassetto e tutto il resto? In realtà tutto questo racconto è ispirato a una pagina del manuale di Werewolf the forsaken, un raccontino brevissimo e impaginato a mio parere in maniera egregia, dove la furia del personaggio viene risaltata anche con caratteri più grandi, e la narrazione è ugualmente cripitca (anche l'episodio è simile). Non è chissà che cosa questo pezzo, considerando che la mente di un lupo in furia è in grado di fare ragionamenti del tipo "mangia" "scappa" o "uccidi". Spero però di essere riuscito a far capire la rabbia e la frenesia del protagonista.

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