Cicatrici di IlMalee (/viewuser.php?uid=151499)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Litania ***
Capitolo 2: *** Quiete ***
Capitolo 3: *** Furia ***
Capitolo 1 *** La Litania ***
La donna
correva saltando ogni tanto per evitare di calpestare un tronco o un
masso.
Il
volto era ricoperto di piccoli tagli che sanguinavano, e la maglietta
che indossava era quasi del tutto strappata.
Le
gambe ormai le dolevano e i polpacci sembravano sul punto di scoppiare.
Ad
un certo puntò rischiò di inciampare, era
incappata in una radice.
Strinse
ancora più forte a sè l’involto che
teneva al petto.
“Non
piangere, non piangere ti prego...” sussurrò.
Ma
dal fagotto che stringeva tra le braccia cominciarono a provenire prima
un lamento, poi un vagito ed infine il pianto acuto di un neonato.
“Ssshh...No,
no ti prego. Non adesso.”
Pregava
gli spiriti che lo facessero tacere, ma era inutile.
Ogni
volta che dal suo piccolo fagotto provenivano dei gemiti, sentiva una
fitta di dolore colpirla al petto, ed era costretta a trattenere le
lacrime a sua volta.
Un
suono in lontananza la fece sobbalzare. Si fermò
all’improvviso, tesa all’ascolto, mentre il cuore
le stava per esplodere in gola.
Un
ululato. Poi un altro, e un altro ancora.
Erano
vicini.
Venivano
da tutte le direzioni.
“Spiriti,
proteggeteci ve ne prego.”
Ricominciò
a correre, mossa dalla disperazione.
Riusciva
a sentirne l’odore. Erano lì tutti quanti, nel
buio.
Sentì
il rumore di foglie calpestate e di rametti spezzati. Poi arrivarono le
ringhia, basse e minacciose, e l’ansimare dei suoi
inseguitori.
Sentì
un dolore lancinante perforarle la gamba, con un urlo cadde a terra.
Qualcuno la aveva azzannata al polpaccio. Non aveva ancora smesso di
stringere a sè il fagotto e lo aveva protetto col suo corpo
durante la caduta.
Non
appena ne fu in grado, si rialzò.
Aveva
le fauci spalancate, e una folta peluria bianca le era spuntata sulle
braccia, sulle gambe e sul volto. Ringhiò furiosa, e quelli
che le stavano attorno fecero un passo indietro, rintanandosi nelle
ombre tra gli alberi.
Li
vide. Vide gli occhi gialli come i suoi, brillare nel buio.
Tutti la fissavano severi, nello stesso modo in cui si fissa una preda
o un nemico. Poi alzò gli occhi e riuscì a
intravedere un gruppetto di uomini che scendevano da un sentiero per
venirle incontro. Erano vestiti con abiti eleganti e scuri, e sarebbero
potuti facilmente passare per uomini.Ma i loro occhi erano esattamente
come i suoi, e come tutti quelli degli altri lì presenti.
Gialli e crudeli.
I
tratti ricordavano i popoli nordici, avevano capelli biondi come lei.
Uno
di quelli che sembrava precedere gli altri,con una lunga barba bianca,
parlò a voce alta:
“Perchè
fuggi, guerriera?”
Lei
rimase in silenzio, a fissare l’uomo anziano con uno sguardo
carico di odio.
Il
fagotto tra le sue braccia aveva ripreso a piangere, il suo
pianto era l’unico suono oltre a quello del ringhiare e
ansimare dei lupi.
“Tu
fuggi, ma sai di non poter fuggire per sempre. Fuggi da noi, dalla tua
famiglia, dalla tua tribù. Ma come puoi andare avanti?
Potrai davvero fuggire da te stessa? Dal tuo stesso sangue?”
La
donna si abbassò mostrando i denti, poi ringhiò.
“E
lui, non è forse figlio del mio sangue? Non è
forse un figlio di Fenrir come me, come te?”
I
lupi attorno a lei avevano cominciato a sbuffare e ringhiare
furiosi all’udire quelle parole. Qualcuno aveva anche tentato
di avvicinarsi con le zanne in vista.
“Vedi
come reagiscono i tuoi fratelli? Non senti il disprezzo degli spiriti e
degli antenati su di te?”
“Non
m’importa.”
“Ciò
che tu pensi non importa. Sei una guerriera di Gaia, e conosci la
Litania. Tutti i difensori di Gaia devono sottostare alle regole che
lei ha scelto per noi.”
“E’
mio figlio. Mio figlio. La legge impone forse alle madri di non
allattare i propri figli?”
La
donna aveva scoperto l’involucro che teneva in braccio, e
illuminato dalla luce della luna, il bambino era visibile a tutti i
presenti.Aveva braccia e gambe umane, della grandezza di un neonato, ma
la testa era quella di un lupo, un cucciolo di lupo, e il corpo era
interamente ricoperto da del pelo nero. Vicino all’occhietto
destro chiuso, vi era una macchia di pelo bianca.
“Guardalo,
guardatelo! Avreste forse il coraggio di uccidere il sangue del vostro
sangue???”
Gli
altri ulularono, poi vi fu un marasma di ringhia e latrati, e i lupi
nel buio scalpitarono scuotendo il terriccio.
L’anziano
parlò ancora.
“Egli
non è un membro della nostra tribù, e nemmeno un
membro di Gaia. E’ un abominio. Un mostro. Il Verme lo ha
toccato, ed è stato maledetto. Fai un favore a quella povera
creatura, e fai un favore anche a te stessa. Pulisci
quest’onta e riguadagna il tuo onore e il tuo rispetto
davanti agli dei.”
“Come
osi parlare degli dei e dell’onore dinanzi a me? Proprio tu,
che oseresti sollevare la mano contro un neonato!”
“Questa
è la legge.”
“La
legge è stata creata dai lupi, e non viceversa. La legge
serve a preservare e guidare il Popolo, non a distruggerlo. ”
“Ma
ti senti?Parli come una cucciola che ha perso il senno. Sei una
vergogna per la tribù e per il nostro intero clan. Ora fai
ciò che devi fare, e fallo alla svelta.”
L’anziano
sollevò la mano, poi lanciò qualcosa in direzione
della donna.
Lei
lo afferrò al volo. Era un enorme pugnale affilato, con
delle rune incise lungo la lama.
Rimase
immobile.
“Avanti
sbrigati, Gaia e gli spiriti ti guardano. Fai la tua scelta, ma sappi
che se non sarà quel coltello a lavare il tuo disonore,
saranno le nostre zanne a farlo.”
I
lupi avevano iniziato ad agitarsi nel buio. Le giravano attorno con le
lingue penzolanti.
La
donna scoppiò in lacrime, mentre sollevava il pugnale.Le
tremava la mano.
Il
cucciolo non la smetteva di piangere.
Lo
sguardo della donna passava dagli occhi furiosi attorno a sè
al pugnale e infine al bambino, senza sosta.
Il
cucciolo agitava le zampette, cercava il seno della madre.
“Smettila
di piangere, ti prego. Ti prego, ti prego, smettila.”
I
lupi ululavano, tra le tenebre, stringendosi sempre di più.
“Ti
prego,non piangere.”
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Bene
bene inauguriamo questa nuova sezione della mia pagina dedicata
interamente al meraviglioso mondo di Werewolf the apocalipse. Che dire?
Ho scelto forse una scena piuttosto strana per iniziare a mostrare
questa ambientazione, magari qualcuno, specie chi già
conosce il gioco di riferimento- potrebbe obiettarmi che avrei potuto
mostrare la scena di una prima muta, o di un combattimento selvaggio
tra lupi e spiriti del Wyrm, invece ho voluto scegliere questa breve e
crudele storiella di madre e figlio.
Premetto
che il tutto è venuto fuori semplicemente per una immagine
che vidi su uno dei manuali di Werewolf, nella fattispecie l'immagine
di questo video
http://www.youtube.com/watch?v=S1JxztKnV8I
a 1:28, dove una donna impugna un pugnale puntandolo verso un neonato
metis.
Innanzitutto
una piccola spiegazione: nel mondo Werewolf della white wolf i lupi
vivono in una società tribale fortemente incentrata su
valori come famiglia, tradizioni e unità di clan, e hanno
delle regole che Gaia (la dea primeva, l'essenza di questo mondo che ha
generato tutto) ha imposto loro, il suo Popolo prediletto. Tra queste,
una regola prevede esplicitamente che tra loro i lupi non possano
assolutamente accoppiarsi, questo atto viene visto quasi come un
incesto o un aberrazione specie da alcune tribù.
Ai lupi è concesso di accoppiarsi solo con altri "lupi"
veri, quelli presenti in natura nei documentari, o con umani.
Nel
caso due lupi si uniscano tra di loro e la madre rimanga incinta,
partorirà un Metis, ovvero un lupo perennemente in forma
"lupesca" classica del licantropo alto due metri con zanne e artigli. I
metis hanno anche molto spesso deformazioni o deficit di altro tipo,
come in un certo senso i "ritardati" degli umani.
A
seconda dei casi e delle epoche (nei tempi moderni le cose sono
cambiate), i metis venivano trattati come reietti, pariah della
società o addirittura uccisi alla nascita.
Giusto?
Nemmeno un pò. La società di Werewolf Apocalypse
non è certo idilliaca o tranquilla, anzi. E' una
società fortemente tribale e chiusa, dove forza e
sottomissione sono concetti normalmente accettati da (quasi) ogni lupo,
e dove l'autorità degli anziani o degli "alfa" non viene
messa in discussione. Credo di averne dato un piccolo
assaggio anche qui, d'altronde quale madre avrebbe il coraggio di
uccidere il proprio figlio appena nato? Regole antiche e insensate, una
società che ricorda la crudeltà dei popoli
antichi e la loro spietatezza.
Bene,
prometto che col prossimo raccontino di questa sezione forse forse vi
stupirò, vedremo :)
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Capitolo 2 *** Quiete ***
Il suo petto si alzava e poi si
riabbassava dolcemente.
Le piaceva tenere la
testa appoggiata vicino al cuore.
Le piaceva sonnecchiare
lì, tra le sue braccia, nel calduccio delle lenzuola.
Si sentiva protetta, una
sensazione che a volte le metteva quasi a disagio. Si sentiva
così al sicuro solo quando gli altri del branco erano con
lei e dormivano al rifugio.
"Sei sveglia?"
"Adesso sì."
Si girò a
guardarlo. Lui la stava fissando con i suoi occhi neri.
"Allora?"
"Allora cosa?"
"Beh. Ti è
piaciuto o no?"
Lei rimase in silenzio.
Poi dopo avergli dato un
morso sul naso si rialzò.
"Ahi!"
Si sistemò il
reggiseno,poi raccolse i lunghi capelli rossi in una coda di cavallo.
"Mi hai fatto male!
Perché lo fai ogni volta?"
"Chissà."
Raccolse da terra il
vestito nero con la lunga gonna, e lo indossò.
Lui la osservava come
rapito. Specie quando si era reinfilata i collant neri e aveva
ripassato le gambe con le mani, accarezzandole.
"Dove vai adesso?"
"Devo andare, sono
già in ritardo per colpa tua."
"Si può
sapere cosa devi fare?"
"Tocca a me pattugliare
il territorio stasera. Siamo io e Nathan di ronda."
"Ah!"
"Lascia stare,
preferirei anche io stare qui. Ma l'altra volta per poco non entrava
un… Un coso, sembrava una banshee uscita dai libri."
"Un che cosa?"
"Nevermind"
"Ottimo album quello."
"Spiritoso."
Aveva finito di
allacciarsi gli anfibi e chiuso la custodia della chitarra.
"Senti una
cosa…"
"Dimmi."
"Non pensi che dovremmo
dirlo agli altri?"
"Dire che cosa?"
"Bèh, che io
e te… Insomma…"
Lei lo guardò
con aria severa.
"Sì certo,
come no. Pessima idea."
"Ma perché?
Tanto prima o poi lo saprebbero comunque. E poi il tuo… Il
tuo… come si chiama?"
"Chi?"
"John, il tuo
capo… Come lo chiamate voi?"
"Il mio alfa."
"Sì insomma,
mi guarda sempre male. Secondo me ha già capito tutto, lo
vedo fare certe facce quando ci sono io in giro…"
Lei si sedette sul
letto. Gli accarezzò i capelli.
"Ne abbiamo
già parlato. Non credo sia una buona idea, non per ora
almeno."
"Ma io…"
"E tu, perché
non lo hai ancora detto a tua nonna?"
"Sei fuori? "Sai nonna,
sono fidanzato con un lupo mannaro e ogni volta che esci a giocare a
bridge ci fiondiamo in camera mia a fare sesso selvaggio.Pensavo ci
tenessi a saperlo"
Lei rise.
"Sai, ci ho pensato su."
"Su che cosa?"
"Su quello che mi hai
detto, e sulla mia famiglia. E' vero, erano umani, ma insomma, prima o
poi magari anche io…"
Rimase in silenzio,
fissando le coperte.
"Tu cosa?"
"Ieri sera c'era la luna
piena."
"E allora?"
"Bèh, mi sono
messo a fissarla, e poi mi sono sentito tutto strano…
Sentivo che la bestia ribolliva in me… Stavo per
trasformarmi, te lo giuro!!!"
"Sì,
sì certo."
Lei si alzò
sbuffando, e guardandolo con aria compassionevole.
"Abbiamo già
discusso anche di questo, e lo sai anche tu. Sei un sangue di lupo al
massimo, niente più. Accettalo, e basta. Poi…"
"Poi?"
"Chissà,
magari un giorno accadrà anche a te."
"Lo dici?"
"Spero vivamente di no."
"Io spero di
sì, invece. Cavoli, sono l'unico sfigato che conosco che
può essere ridotto a brandelli dalla sua stessa ragazza. Ti
pare? Va bene la parità dei sessi, ma qua si va oltre."
Lei rise,lo
baciò e poi si diresse verso la porta.
"Chissà. Vedi
di rivestirti intanto, piccola pecorella."
"Fanculo."
"Io scappo! Ti amo,
ricordatelo."
"Fanculo."
Lei chiuse la porta e
scese le scale di corsa, mentre ancora sorrideva.
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Capitolo 3 *** Furia ***
Li sento. Sento già
la loro puzza di merda.
Puzza di
vermi.
Dietro di me gli altri corrono a più non posso. Sono furiosi.
La puttana ha quasi accecato uno del branco.
Nessuna domanda, né il tempo di reagire. Ha colpito e poi
è saltata fuori dalla finestra. Un salto di dieci metri.
L'odore dei toccati, l'odore dei corrotti. Falli a pezzi.
Voglio fare a pezzi quella troia del cazzo.
Voglio sentire le ossa scricchiolare e cedere sotto le mie zanne.
Voglio inondare la mia gola col suo sangue, staccarle prima le gambe e
poi le braccia, e vederla soffrire come la puttana corrotta che
è.
Poi le staccherò la testa e farò esplodere il suo
cervello nella mia bocca, assaporo già quel disgustoso gusto
amarognolo di cranio maciullato.
Sono qui.
Sono dietro. Sono giù. Uccidi.
La puttana si butta giù nel vicolo sotto di noi.
Buio, puzzolente. So già la merda che troverò
lì sotto.
E questo mi
fa solo incazzare di più.
Gli altri dietro di me hanno già cambiato forma.
Sono pronti al massacro.
John mi sorpassa, una massa di pelo bianco si getta
giù dall'edificio prima di me.
Bastardo, gli piace essere il primo negli assalti.
Fammi uscire.
Fammi uscire. Uccidi.
Mi abbandono anche io, e sento i peli ricoprirmi subito tutto il corpo.
I vestiti si strappano. Non importa.
Li sento sibilare sotto di noi, soffiano, sanno che stiamo
arrivando.
Probabilmente si tratta di una trappola.
Saranno almeno in venti lì sotto, armati fino ai denti.
Cinque volte superiori in numero.
Una vera Tana del Wyrm.
Falli a pezzi.
Poverini, non sanno cosa li attende.
Questo capitolo tenta, anche visivamente in parte, di cogliere la furia che brucia costantemente dentro ogni guerriero di Gaia, la maledizione e la benedizione dei lupi mannari. Perchè i caratteri modificati, il grassetto e tutto il resto? In realtà tutto questo racconto è ispirato a una pagina del manuale di Werewolf the forsaken, un raccontino brevissimo e impaginato a mio parere in maniera egregia, dove la furia del personaggio viene risaltata anche con caratteri più grandi, e la narrazione è ugualmente cripitca (anche l'episodio è simile). Non è chissà che cosa questo pezzo, considerando che la mente di un lupo in furia è in grado di fare ragionamenti del tipo "mangia" "scappa" o "uccidi". Spero però di essere riuscito a far capire la rabbia e la frenesia del protagonista.
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