Lo stagista sexy

di AlexDavis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Salve ragazze rieccomi con un'altra storia, voi direte... ma non ti sei scocciata? Ehm no!
Mi piace troppo scrivere e poi ho centinaia di idee che mi vorticano per la testa e devo metterle per forza nero su bianco o scoppio, quindi eccone un'altra.
Isabella Swan è l'amministratore delegato della Cullen assicurazioni una delle aziende più famose degli Stati Uniti. Un giorno il presidente, Carlisle Cullen, le affida un compito quello di seguire un gruppo di stagisti tra cui c'è suo figlio Edward Cullen.
Isabella ed Edward si conoscono da molto, ma non sono mai andati daccordo così Bella decide di rendergli la vita un inferno, ma presto le cose le sfuggiranno da mano...
Spero vi piaccia.
Buona lettura.
xoxo Alex
ps le mie storie in corso sono 'Ladro di Cuori', 'Lezioni di piano', 'Inevitabilmente tua' e 'Due uragani a sconvolgerci la vita' (twilight cast)... fateci un salto, mi farebbe piacere.






Capitolo 1


Nell’ingresso dell’enorme palazzo si sentiva solo il ticchettio delle mie Louboutin nere che mi erano costate un occhio della testa, ma per me che ero l’amministratore delegato di una delle più famose e produttive multinazionali d’America non era nulla. Quella mattina avevo indossato un tailleur grigio perla con un camicetta di seta nera e camminavo a testa alta facendo oscillare i miei boccolosi capelli castani che mi arrivavano a metà schiena. Salutavo chi conoscevo e ignoravo chi credeva di conoscermi, avrei anche voluto ignorare la mia assistente che era alla pari di una piattola, ma non mi era possibile.
<< Buongiorno, signorina Swan. >> mi disse con educazione.
Credeva di prendermi in giro con il suo tono sottomesso, ma io sapevo che appena giravo la faccia ne diceva di tutti i colori sul mio conto, ma io la ignoravo. Non la degnai neanche di uno sguardo e continuai a camminare sotto lo sguardo di tutti i dipendenti per la maggior parte avevo assunto io e che potevo licenziare in un attimo. Avevano tutti paura di me.  
<< Gli appuntamenti della mattina? >> chiesi in tono freddo e distaccato mentre premevo il pulsante dell’ascensore.
<< Alle dieci ha appuntamento con il contabile, a mezzogiorno ha appuntamento con l’amministratore delegato della Denali&CO e oggi pomeriggio è libera. Ah dimenticavo, il signor Cullen la sta aspettando nel suo ufficio. >> mi disse tranquilla.
La fulminai con lo sguardo. << Il signor Cullen vuole vedermi e tu perdi del tempo prezioso? >> le chiesi già alterata.
Lei fece un passo indietro. << Mi scusi, signorina Swan. >> disse mortificata.
Sospirai. << Ti è andata bene perché non ho nessuna voglia di cercarmi un’altra assistente, ma che non si ripeta più. >> e feci chiudere le porte dell’ascensore facendola rimanere a bocca aperta.
Schiacciai l’ultimo pulsate,  presi il mio touch screen e trovai una chiamata persa, feci scorrere la sbarra e sorrisi.
Schiacciai sul nome la chiamata partì e subito una voce squillante rispose al telefono trapanandomi il timpano.
<< Dammi un buon motivo per non spaccarti il telefono in faccia e mettere fine alla nostra amicizia. >> mi disse.
Risi. << Il fatto che ti mancherei troppo? >> dissi.
La sentii sospirare. << Ti odio. >> mi disse ed immaginai il suo adorabile broncio.
<< Non è vero, mi adori. Come stai? >> chiesi.
<< Mi sento una mongolfiera e non faccio altro che mangiare. >> si lamentò.
Alice, la mia migliore amica dai tempi dell’asilo, era incinta di cinque mesi e aveva qualche problema a regolarsi con il cibo. Mentre stavo per risponderle mi arrivò un bip e sapendo chi fosse misi l’opzione a tre e la voce suadente di Rose, anche lei mia migliore amica proruppe dal telefono.
<< Be, dille anche tu che è normale. >>disse esasperata.
<< L’ho già fatto, Rose, ma è cocciuta. >>
<< Ehi io sono qui, ricordate, smettetela di sparlare di me. >>disse indignata Alice.
<< Lo faremo quando tu smetterai di … >> iniziai io.
<< … lamentarti. Hai un bambino nella tua pancia è normale avere il doppio … >>
<< ... della fame.  E poi sei sempre bella e non sei diventata una... >>
<< … mongolfiera. Fai ancora l’amore con tuo marito e non penso che si sia ancora… >>
<< … lamentato. Quindi smettila! >> conclusi la nostra arringa, e Rose fece un verso di assenso.
Alice sbuffò. << Vi odio quando concludete la frase per l’altra. >>
<< Non è vero, tu… >> iniziò Rose
<< ...ci adori. >> conclusi io e scoppiammo a ridere.
L’ascensore si aprì in quel momento e dovevo staccare.
<< Ragazze devo andare il grande capo mi vuole, ci vediamo alla festa? >> chiesi riferendomi alla festa dei quarant’anni di Jasper, il marito di Alice.
<< Certo, ciao Be. >>mi salutò Rose.
<< Ciao Bells. >>mi salutò Alice.
E riattaccai. Posai il telefono nella mia Louis Vuitton regalo delle mie amiche per il mio trentesimo compleanno che avevamo festeggiato a Las Vegas tutte e tre, divertendoci come delle bambine bevendo come scaricatrici di porto. Era ancora molto vivida la sensazione di bolla che avevo il giorno dopo, mi sembrava di essere in incubazione quella mattina.
Mi rassettai il mio cappotto nero e varcai la portavetri che portava nell’ufficio del grande capo, il signor Carlisle Cullen. Uno degli uomini più sexy e dolci che avessi mai incontrato nonché mio mentore. Era lui che mi ha insegnato tutto quello che so e mi ha preso come stagista appena uscita dall’università affidandomi uno dei settori di produzione, una cosa che nessuno aveva mai fatto. Aveva creduto in me e sarei sempre stata in debito con lui.
<< E’ permesso? >> chiesi buttando la testa dentro.
<< Entra, Isabella. >> mi invitò con voce dolce ad entrare.
Carlisle era seduto sulla sua sedia di pelle nera simile alla mia e mi rivolse un sorriso dolce e si vedeva che era contento di vedermi. Aveva dei capelli biondo platino e due occhi azzurri che sapevano scrutarti dentro e metterti in imbarazzo, aveva delle labbra sottili e rosee e il viso dai lineamenti dolci.
<< Mi volevi? >> chiesi ed entrai.
Solo allora mi resi conto che non eravamo da soli nello studio, c’era anche l’uomo più odioso che avessi mai visto:
Jacob Black, diciamo l’amministratore in seconda, l’uomo più pomposo e sbruffone con cui avessi mai avuto a che fare e per la cronaca a letto faceva anche schifo. Nulla da togliergli in fatto di bellezza, perché la sua carnagione scura e il suo sguardo nero e profondo gli davano la nomea di bello e bastardo, perché nessuno più di lui sapeva come fare carriera illegalmente.
<< Black. >> saluta fredda.
Lui fece un sorriso sornione. << Swan sei sempre più bella. >> disse malizioso.
Gli lanciai un’occhiataccia. << Questo è un complimento vero quanto inappropriato, Black. >>
Lui stava per ribattere, ma Carlisle pose fine alla discussione e mi fece cenno di accomodarmi ed io lo accontentai subendomi lo sguardo divertito di quell’animale in via d’estinzione.
<< Allora come saprete ogni anno prendiamo sotto la nostra ala un gruppo di stagisti e quest’anno non verremmo meno a questo.  Domani ne arriverà uno da Harvard e voglio che ve ne prendiate cura, okey? >>
Io lo guardai sconvolta.  << Carl non ne ho il tempo, l’operazione Denali me ne prende troppo. >> dissi
Lui mi guardò sorridendo. << Tesoro quante operazioni di acquisizioni o smistamento hai concluso nell’ultimo anno? >>
Sbuffai. << Non lo so, due? >> chiesi.
Lui mi sorrise come si fa ad un bambino. << Ne hai concluse sette, più di quanto dovresti in un anno è arrivato il momento di rilassarti un po’. Per questo ho deciso di passare l’operazione Denali a Jacob e tu ti occuperai degli stagisti. >> mi disse tranquillo.
Ritiro la mia opinione buona che avevo su di lui. << Non puoi farmi una cosa del genere, sai quanto ci tengo a quell’operazione.  >> dissi indignata. << Io ho studiato giorno e notte per quel caso e adesso lo dai a lui, che se gli dici variazione va a guardare se il tempo è cambiato! >> dissi indicandolo.
Carlisle trattenne una risata e Jacob mi guardò offeso. << Lo so cos’è una variazione! >> disse in sua difesa, ma io già non lo stavo ascoltando più, avevo gli occhi puntati su Carlisle.
<< Jacob potresti lasciarci da soli? >> chiese e Jacob dopo un’ultima occhiata verso di me uscì dalla porta sbattendola.
Non dissi una parola e lui si alzò avvicinandosi a me e sedendosi sulla scrivania.
Mi rivolse un sorriso dolce. << Tesoro tu sai quanto ci tenga a te e sai che ti reputo la migliore in questo campo forse anche più di me, ma il troppo stroppia. Sei stanca, Isabella, anche se non lo ammetti hai bisogno di riposare quella testolina. L’operazione Denali è quasi conclusa grazie a te, possiamo permetterci di passarla nelle mani di Jacob e tu puoi permetterti un po’ di relax. >>
Sbuffai. << Tenere a bada un branco di cani rognosi non è proprio la mia idea di relax, sai? >>
Lui sorrise divertito. << Questo è un si? >>
Io sbuffai. << Mi aspetto un aumento per questo. >> e lui rise e lo seguii anche io.
Quando smettemmo, Carlisle mi consegnò la cartella con i nomi e le credenziali di ogni ragazzo che avrei dovuto seguire da quel momento fino a tempo indeterminato e controvoglia lo afferrai.
<< Mi fido di te, Isabella. >>
Annuii. <>  lui annuì e con il suo solito sorriso mi congedò.
Mi diressi all’ascensore e li ad aspettarmi trovai quella faccia da schiaffi di Black che al solito sorrideva sornione, io gli rivolsi solo un’occhiata e schiacciai il pulsate per richiamare l’ascensore e mettere più spazio possibile tra di noi.
<< Swan non essere così fredda, non puoi avercela con me perché sono il migliore. >> mi disse divertito.
Mi girai verso di lui e gli puntai un dito sul petto. << Ascoltami attentamente, Black. Carlisle ti ha offerto questo lavoro non perché tu sia il migliore , ma solo perché sei l’unico rimasto dopo di me cioè la migliore. Una ruota di scorta, Black, solo questo sei.  Verrai sempre dopo di me, sempre e comunque. >> dissi con molta calma, lui deglutì segno che avevo afferrato il suo punto debole. Lui stava li da molto più tempo di me e si era visto soffiare da sotto il naso la carica di amministratore delegato da una stagista ed ero sempre io quella che si accaparrava le operazioni migliori e più redditizie.
L’ascensore arrivò ed io entrai.  << Ah un’altra cosa, Black. Fai saltare l’operazione e verrò a cercarti fin dentro la tua fogna per sotterrarti. >> e schiacciai il bottone per chiudere le porta.
Quando arrivai nel mio ufficio la mia segretaria mi passò i messaggi che mi erano arrivati durante l’assenza e le chiesi di chiamare il contabile per anticipare l’incontro e così passai le seguenti due ore a parlare di bilanci e fatturati. La nostra era l’azienda di assicurazioni più famosa e redditizia di tutti gli Stati Uniti ed io mi dovevo tenere aggiornata su tutte le entrate e le uscite o non avrei adempiuto al mio ruolo. A mezzogiorno accolsi l’amministrazione della Denali&CO e gli comunicai le novità e loro rimasero alquanto interdetti nel passare nelle mani di un perfetto  sconosciuto ed io mi adoperai ad elogiare le doti, inesistenti, di Black per non far saltare l’operazione di acquisizione. Erano le tre quando finii con gli appuntamenti così decisi di studiarmi un po’ la cartella degli stagisti che mi aveva dato Carlisle quella mattina, se dovevo farlo era meglio iniziare. Cominciai a scorrere e notai che la maggior parte dei ragazzi avevano nomi influenti e avevano anche dei voti altissimi, non sapevo se tutte quello lodi erano dovuti ai loro nomi, ma se Carlisle li avevi scelti voleva dire pur qualcosa.
Mentre stavo scorrendo i nomi mi bloccai leggendone uno, l’ultimo che mi sarei aspettava e l’ultimo che volevo veder, perfino Jacob veniva dopo di lui nella mia lista nera e ce ne voleva.
Edward Cullen.
Mentre rileggevo quel nome un’idea malsana si fece spazio tra i miei pensieri ed ero seriamente intenzionata a seguirla.
Avrei reso la vita di Edward in quell’azienda un inferno. 



ps. se vi piace la continuerò, sennò è stato un piacere :)

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Salve ragazze, come state? Io mi sento una pezza, la febbre è appena passata e mi sento uno straccio.
Cmq vedo che è piaciuta quindi lo metto il secondo capitolo e mentre lo scrivevo ho deciso una cosa... farò un capitolo ciascuno, cioè alternati i Pov Bella e i Pov Edward. Vi piace così?
Cmq spero vi piaccia.
Buona lettura.
xoxo Alex
ps. mi scuso per gli errori.



 

Capitolo 2


POV Edward


Finalmente stavo ritornando a New York dopo cinque anni e non vedevo l’ora di rincontrare la mia famiglia e di abbracciare la mia sorellina che stava per darmi un nipotino. Era quasi un anno che non tornavo e mi ero perso molto in quel periodo e adesso avevo in mente di recuperare tutto il tempo perso, partendo da mio padre. Mi aveva assunto come stagista nella sua azienda e questo non poteva che farmi piacere, mi sarei fatto perdonare di tutte le stronzate che avevo fatto da ragazzo e avrei trovato il modo di renderlo orgoglioso di me. Avevo ventinove anni da poco compiuti avevo appena conseguito una laurea in economia aziendale e management a pieni voti, ma avevo perso molto tempo a correre dietro alle ragazze e al sogno Americano, ma alla fine ce l’avevo fatta e adesso stavo per iniziare una nuova vita. Un nuovo Edward stava per approdare.
Nessuno sarebbe venuto a prendermi perché non avevo dato un orario preciso, così appena uscito dall’aeroporto chiamai un taxi e diedi l’indirizzo di mia sorella Alice. La prima tappa doveva essere lei e il mio nipotino. Decisi di chiamare mio padre per avvisarlo del mio arrivo.
<< Edward, figliolo? >> rispose.
<< Ciao papà, come stai? >> chiesi contento di sentirlo.
<< Io sto bene, tu? Dove sei? >> mi chiese.
<< Sono appena arrivato, sto andando da Alice. >>
<< Oh okey. Passi da noi? Dobbiamo darti una cosa io e tua madre e poi devo spiegarti un po’ come funziona l’azienda. Ti va? >> chiese.
<< Certo, ci vediamo dopo. >> e riattaccai.
Quando arrivai davanti al palazzo di Alice mi parve di veder uscire una chioma di capelli mogano molto familiare, ma non mi ci applicai molto. Pagai la corsa e salii direttamente senza neanche bussare al citofono e quando bussai alla porta, venne Alice ad aprirmi.
<< Cosa hai… Edward? Oh mio dio! >> e mi saltò letteralmente tra le braccia stritolandomi nella sua presa stile koala.
<< Ciao, Ali. Come stai? >> le chiesi mentre la stringevo a me.
La scostai da me per guardarla meglio e sorrisi vedendo con perfetto rigonfiamento al ventre che la rendeva ancora più bella di quanto non lo fosse già. Mia sorella Alice sembra un folletto nel suo metro e cinquanta e con il suo nasino all’insù, a profondi occhi verdi come i miei e corti capelli neri. E’ davvero bellissima.
<< Sei bellissima, Ali. >> le dissi accarezzandole il ventre.
Lei sbuffò. << Ma se sembro una botte. >> disse indicandosi.
Sorrisi notando che non fosse cambiata neanche di una virgola e l’abbracciai.
<< Mi sei proprio mancata, folletto. >>
<< Anche tu. >> e si strinse a me dandomi un dolce bacio sulla guancia.
Dopo un momento di commozione ci accomodammo sul divano davanti ad una tazza di the caldo e una fetta di torta che mangiai con gusto visto che non mettevo qualcosa nello stomaco da quella mattina ed erano quasi le sette.
<< Domani inizierai a lavorare con papà? >> chiese lei, ma era più un’affermazione che altro.
Annuii. << Non vedo l’ora. Sai a chi siamo stati affidati? >> chiesi.
Lei sorrise divertita. << Se te lo dico promettimi che non prenderai il primo aereo e tornerai indietro. >>
Sorrisi confuso. << Perché dovrei? >>
<< Ti ricorda qualcosa ‘Isabrutta’? >> mi chiese lei ed immediatamente le immagini della mia infanzia mi arrivarono alla mente.
Mi ricordavo una ragazzina con i brufoli e l’apparecchio ai denti, era davvero brutta. Si chiamava Isabella, ma io la chiamavo Isabrutta e lei scappava sempre via piangendo. Gliene avevo fatte passare di tutti i colori, era sempre uno spasso prendermela con lei. Adoravo vederla piangere e urlare contro di me.
<< Sarà lei ad occuparsi di noi? >> chiesi già pensando a cosa fare per renderle la vita un inferno.
Alice mi guardò male. << Edward Cullen so cosa stai pensando, non ti azzardare a fare nulla. Sei cresciuto ormai ed anche Bella, è arrivato il momento di fare le persone mature e poi potresti sorprenderti di quanti cambiamenti sono avvenuti in lei. Non è più la ragazzina brutta e timida, è diventata bellissima ed è anche bella tosta. >> mi disse mettendo freno già ai miei piani.
Le sorrisi divertito. << Non sono un bambino, Alice, non farò nulla. >> mentii.
Lei mi liquidò con un gesto della mano e continuammo a parlare fino a che non arrivò il momento di separarci anche perché prima di andare alla festa di mio cognato dovevo passare dai miei genitori. Salutai Alice stringendola ancora una volta a me e me ne andari, dieci minuti dopo stavo bussando alla porta dell’appartamento dei miei genitori. Venne ad aprirmi quello spettacolo di donna che era mia madre e mi abbracciò singhiozzante.
<< Oh tesoro, bentornato. >>
<< Ciao mamma, mi sei mancata. >> e la strinsi forte a me.
Entrammo in casa e subito mi venne incontro mio padre che mi abbracciò dandomi una pacca sulla schiena.
<< Bentornato, figliolo. >>  e mi sorrise amorevole.
Mi girai verso mia madre che mi osservò da capo a piede.
<< Come ti sei fatto bello. >> mi disse ed io risi abbracciandola.
<< Anche tu sei sempre più bella. >> e le diedi un bacio sulla guancia.
Ci accomodammo in salotto e mio padre prese parola.
<< Edward hai già un posto dove andare? >>
Io scossi la testa. << Pensavo di farmi ospitare da Emmett mentre non trovo un posto tutto mio. >>
Lui annuì. << In realtà ci abbiamo già pensato noi, ti abbiamo comprato un appartamento nei pressi dell’azienda. >> mi disse tranquillamente.
La mia famiglia era ricca di per se e con l’azienda di mio padre le nostre ricchezze erano aumentate notevolmente, ma non avrei mai pensato che mi comprassero un appartamento.
Sorrisi contento. << Grazie. >> e li abbracciai.
Mio padre mi porse le chiavi. << Ha già tuto quello di cui tu hai bisogno, okey? Se hai qualche problema sai dove trovarci. >>
Annuii e presi le mie valigie e chiami un taxi.
<< Ci vediamo stasera, okey? >>
Mia madre annuì e mi diede un bacio sulla guancia. << Sono contenta che tu sia tornato. >>
<< Anche io. >> e le sorrisi lasciandole una carezza sulla guancia.
Amo mia madre in un modo esasperante e stare lontano da lei in tutti quegli anni è stato tragico.
Mi accompagnò mio padre alla porta e mi consegnò una cartella. << Qui c’è una parte di tutto quello che devi sapere, domani Isabella ti informerà sul resto. >>
Annuii e lui continuò. << Edward non prendere Isabella sotto gambe perché è tosta è non si fa mettere in tasca da nessuno. Ama il suo lavoro e tende ad eliminare tutto ciò che non le permette di portarlo a termine, quindi evita di comportarti come hai sempre fatto. >> mi raccomandò.
Annuii ancora e me ne andai. Ma come poteva essere cambiata questa Isabella? Io me la ricordavo come una ragazzina timida ed impacciata terrorizzata dalla sua stessa ombra e adesso mi dicevano che era diventata una specie di pesce cane dell’economia, cosa che io stentavo a credere. Se era tanto tosta come dicevano io sarei stato più tosto di lei e ben presto avrei preso il suo posto come giusto che fosse come figlio del presidente. Quando arrivai al mio appartamento rimasi piacevolmente sorpreso dal buon gusto di mia madre nell’arredarlo. Il salotto aveva due divani di pelle nera posati su un tappeto grigio perla come la parete attrezzata con tanto di televisore al plasma, mi diressi in cucina e notai lo stesso arredamento, il bagno aveva i mobili neri e le pareti grigie e infine la mia stanza con un letto grigio perla e i mobili neri lucidi. Era davvero bello ed era buono per uno scapolo come me.
Disfai le mie valigie e poi mi andai a fare una doccia perché ero già in ritardo per la festa che si sarebbe tenuta in un locale del centro alle nove erano già le otto e mezza e sapevo quanto mia sorella odiasse i ritardatari e di certo non si sarebbe fermata davanti al nostro legame di sangue.
Alle nove ero pronto, avevo optato per un paio di pantaloni classici neri ed una camicia grigia infilai il mio cappotto nero e uscii nell’aria fredda della mia città che tanto mi era mancata. Quei cinque anni passati in Massachusetts non erano stati brutti, ma non era come la mia New York.
Arrivai al locale con quindici minuti di ritardo, ma siccome il locale era pieno Alice non se ne sarebbe accorta così lasciai che una ragazza prendesse il mio cappotto e cominciai a camminare cercando di vedere Jasper e lo trovai mentre parlava con mio padre.
<< Ehi cognato. >> lo salutai.
Lui si girò verso di me e sorrise. << Guarda un po’, il figliol prodico. >>
Io sorrisi e lo abbracciai. << Tanti auguri. >>
Lui mi ringraziò e restai un po’ con loro a parlare e mentre seguivo la loro conversazione che la vidi per la prima volta. La donna più bella e sensuale che avessi mai visto eri li davanti ai miei occhi con un bicchiere di vino tra le mani che sorrideva mentre stava parlando con un ragazzo. Aveva il suo corpo stupendo fasciato da un vestito blu che le faceva da seconda pelle, le sue gambe lunghe slanciate ancora di più dalle sue scarpe dal tacco altissimo; aveva la pelle nivea e potevo scommetterci anche morbida e liscia, aveva lunghi boccoli color mogano, labbra carnose e lucide e un naso perfetto. Mi scoprii a pensare ‘Girati, girati’ per vedere i suoi occhi che sapevo anzi speravo fossero magnifici e avevo ragione perché si girò verso di me per un attimo e mi parve di sprofondare in quelle pozze di cioccolato fuso.
<< Ehi Ed, cos’hai? >> mi chiese Jasper perché molto probabilmente mi ero incantato a guardarla.
Mi riscossi e lo guardai. << Ehm niente, io-io vado, ci vediamo in giro. >>
Lui annuì ed io mi incamminai verso di lei, volevo conoscerla volevo dare un nome a quella dea.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Salve ragazze, scusate se non sto più tempo, ma mi fa maledettamente male l'orecchio sono riuscita a scrivere solo questo capitolo.
Spero vi piaccia, buona lettura.
xoxo Alex
ps mi scuso per gli errori.




 


 

Capitolo 3



 

Jared si era appena allontanato ed ero rimasta da sola, come sempre ovviamente visto che non avevo un ragazzo fisso da più o meno due anni. Non riuscivo a legarmi con nessuno dopo che Eric mi lasciò per scappare con la sua segretaria oca e bionda, giustificandosi con il fatto che io fossi troppo presa con il lavoro per dare lui le dovute attenzioni. Avrei voluto vedere cosa avrebbe fatto senza il mio stipendio, sarebbe sicuramente andato a vivere sotto i ponti come i barboni.
<< Un penny per ogni tuo pensiero. >> mi distrasse una voce dietro di me, mi girai sbuffando credendo che fosse un altro ragazzo che non aveva altro che fare che rimorchiare.
Invece, davanti ai miei occhi c’era il mio incubo, Edward Cullen che mi stava sorridendo con uno dei sorrisi più sexy che avessi mai visto. Erano cinque anni che non lo vedevo ed era diventato bellissimo e sexy, la mia vendetta sarebbe stata difficile. Lui mi fissava ancora come se non mi conoscesse o forse davvero non mi riconosceva infondo ero cambiata molto dall’ultima volta che ci eravamo visti, allora ero si una donna, ma non ero proprio il prototipo della bellezza ero un brutto anatroccolo o come mi chiamava lui, Isabrutta.
Presi il bicchiere di champagne che mi stava offrendo e sorrisi come una donna fa quando vuole rimorchiare e lui deglutì.
<< Potrei sapere l nome di questa dea? >> mi disse con voce suadente.
Dentro di me esultai avendo la conferma che non mi aveva riconosciuto e anche perché avevo modo di iniziare la mia vendetta.
<< Marie, piacere. >> e gli offrii la mano che lui afferrò e sfiorò con le labbra da vero gentiluomo, ma io sapevo quanto potesse essere odioso.
<< Io sono Edward. >> e fece di nuovo quel sorriso.
Sorrisi maliziosa. << Nome adatto ad un gentiluomo come te. >> e gli accarezzai il petto.
Lui posò la sua mano sulla mia. << E’ tu sei bellissima. >> e non so perché, ma sentirmi dire una cosa del genere da lui mi fece un certo effetto.
Abituata a sentirmi ridicolizzare con quel nome orribile, vederlo nella veste di ‘predatore’ nei miei confronti mi riempiva di orgoglio. Tolsi la mano dalla sua e bevvi un sorso di champagne guardandolo negli occhi e avvicinando in modo sensuale le mie labbra al bicchiere e quasi mi venne da ridere quando lo vidi fissare le mie labbra come ipnotizzato e deglutire velocemente.
<< Allora, Edward, come conosci Jasper? >> chiesi per fare conversazione.
<< Sono suo cognato, il fratello di Alice. >> spiegò facendo spallucce. << Tu? >>
Feci spallucce. << Amica di famiglia. >>
Lui annuì e mi sorrise. << Ti va di uscire un po’ fuori? >>
Lo guardai sorridendo maliziosa. << Ci stai provando con me, Edward? >>
Lei fece il suo sorriso sghembo. << Ci sto riuscendo? >> disse avvicinandosi a me pericolosamente.
Sorrisi anche io. << Può darsi. >> NO.
Lui mi offrì il braccio ed io ne approfittai, così uscimmo sul terrazzino del locale dove c’erano sedie in vimini e  tavolini e c’era una bellissima vista sul mare. Di notte New York era stupenda e romantica. Edward mi fece segno di accomodarci su due poltroncine abbastanza appartate ed io sedendomi accavallai le gambe lentamente e sensualmente e mi girai con il mare e strinsi le labbra per non ridere. Edward è un bellissimo uomo e sa il fatto suo, ma su di me non aveva nessun effetto tratte quello forse di rendersi ai miei occhi ridicolo.
<< Allora, Marie, cosa fai nella vita? >>
Mi girai verso di lui e decisi di farla grossa. << Sono un’accompagnatrice, diciamo. >> dissi tranquillamente.
Lui mi guardò confuso. << Accompagnatrice in che senso? >>
Mi avvicinai a lui fino a posare la mia mano sul suo petto. << Nel senso che potrei farti passare una bellissima notte per mille dollari. >> sussurrai sensuale.
Lui deglutì. << Sei una prostituta? >>
Io scossi la testa. << In un certo senso. >> ed inspirai il suo odore facendolo rabbrividire.
Lui deglutì un paio di volte prima di poter aprire la porta, ma qualcuno ci interruppe.
<< Ecco dove eri finita. >> disse Alice avvicinandosi a noi.
Io le feci cenno di stare zitta. << Alice, cosa c’è? >>
<< Ho qualcuno da presentarti, vieni? >> mi chiese.
Io annuii e guardai Edward che si trovava nella stessa posizione di prima, mi avvicinai al suo orecchio.
<< Non è finita qui, Edward. >> mi alzai e sculettando rientrai nel locale seguita da Alice.
Appena fui abbastanza lontana scoppiai nella mia caratteristica risata ed Alice mi guardò confusa.
<< Cos’hai? Sei impazzita? >>
Scossi la testa, feci un grosso respiro. << non mi ha riconosciuta quindi ci ho un po’ scherzato su. >> e le raccontai cosa avevo fatto e alla fine rise anche lei.
<< Oddio ecco perché aveva una faccia spaventosa. L’hai fatto secco, Isabella Swan. >> e mi diede il cinque.
Intanto Alice mi aveva portato dove c’era suo fratello Emmett, Jasper, Rosalie e un altro ragazzo che non conoscevo. Quando mi avvicinai ed Emmett mi notò, mi abbracciò forte.
<< Bellina mia, sei uno schianto. >>
Io sorrisi. << Anche tu sei parecchio sexy stasera, orso. >> dissi notando il suo abbigliamento classico, giacca e camicia.
Lui rise e mi diede un bacio sulla guancia, poi mi lasciò andare. Mi avvicinai a Rosalie e le diedi un bacio sulla guancia.
<< Ciao Rose. >>
Lei sorrise materna. << Ciao Be, dov’eri? >>
Sorrisi sadica. << Con Edward. >>
Tre paia di occhi si girarono di scatto verso di me. << Cosa? >> domandarono all’unisono Jasper, Emmett e Rosalie.
<< E’ davvero tanto strano che io stessi con Edward? >> chiesi quasi offesa dalla loro opinione.
Loro annuirono. << Si. >> dissero ancora contemporaneamente.
Raccontai loro cosa era successo e quando smisi scoppiarono in una grassa risata, Emmett era quasi piegato sulle ginocchia e anche il ragazzo che era con loro rideva ed era davvero bello. Lo osservai meglio; era mulatto quasi quanto Jacob, aveva i capelli neri e corti e occhi marroni e profondi e aveva il viso spigoloso e affasciante; era alto quasi una testa più di me con i tacchi e aveva un corpo scolpito, ma non esageratamente da far schifo. Era bellissimo.
<< Eh tu chi sei? >> chiesi non trattenendomi visto che mi stava osservando anche lui.
Lui mi tese la mano. << Sono Paul, piacere. >> e mi sorrise facendomi vedere la sua dentatura perfetta.
Sorrisi colpita. << Io sono Isabella, ma preferisco essere chiamata Bella. >>
Lui mi si avvicinò. << Un affronto per te che sei bellissima. >> mi sussurrò all’orecchio facendomi rabbrividire.
<< Ti va di bere qualcosa con me? >>  
mi chiese poi offrendomi la mano.
Io annuii e lo seguii, ma prima mi girai verso le ragazze e feci l’occhiolino. Rose e Alice mi alzarono i pollici e Jasper ed Emmett mi fecero l’occhiolino, io sorrisi nella loro direzione e seguii Paul. Ci accomodammo al bancone del bar ed io ordinai un martini e lui un whisky liscio.
<< Allora, Paul, cosa fai nella vita? >>
Lui bevve un sorso. << Possiedo una catena di locali, anche questo è mio. >> disse indicando con un gesto della mano il locale.
<< Complimenti, è davvero bello. >> dissi sorridendo.
Lui ricambiò. << Tu? >>
<< Amministratore delegato della Cullen assicurazioni. >> dissi fiera di questo mio ruolo.
Lui fece un fischio di ammirazione. << Sei importante, allora. >>
Io sorrisi e feci spallucce. << In un certo senso. >> e sorrisi compiaciuta.
Restammo a parlare ancora un po’ e scoprii che aveva quasi quarant’anni ed era divorziato da tre, ma non avevano avuto figli. Vivere da solo in un appartamento nell’Upper East Side e che gli piaceva tanto viaggiare e il posto più bello che aveva visitato era la Spagna e nello scherzo mi promise che mi avrebbe portata con lui.  Per il resto della serata non vidi Edward e sinceramente non me ne preoccupai però molte volte mi sentii osservata, ma non mi girai mai intorno per vedere se avevo ragione. Paul era brillante e colto e sapeva mantenere tutta l’attenzione per se e quella sera mi scoprii a ridere come non facevo da molto.  A fine serata salutai tutti ed uscii fuori accompagnata da Paul e feci il gesto di chiamare un taxi, ma lui mi fermò.
<< Ti accompagno io, ti va? >> facendo il sorriso da ‘fidati di me’.
<< Certo. >>
Prese la sua bellissima Bmw e dopo avergli dato le indicazioni mi accompagnò a casa e scese con me e  da vero cavaliere mi accompagnò al portone del palazzo.
<< E’ stato un piacere conoscerti, Bella. >> mi disse con le mani nelle tasche. Era forse timido?
<< E’ stato divertente, si. >> risposi anche io in imbarazzo.
Avevo voglio di baciare quelle labbra piene, ma non volevo che poi avessi interpretato male i suoi gesti e quindi fare un figura vergognosa.
<< Ehm allora… >> iniziai.
<< Posso baciarti? >> mi chiese quasi imbarazzato.
Sorrisi e annullai la distanza tra me e lei e appoggiai le mie labbra alle sue, all’inizio fu solo uno sfioramento di labbra, ma poi la situazione precipitò e mi ritrovai attaccata al portone con il suo corpo che mi schiacciava e mi baciava con passione muovendo la sua lingua all’interno della mia bocca come se fosse un anguilla. Quando ci staccammo avevamo entrambi il fiatone.
<< Vu-vuoi salire? >> dissi in un sussurro.
Lui mi guardò poi scosse la testa.  << Voglio fare le cose come si deve, quindi prima di salire da te voglio un appuntamento. Ti va se ti passo a prendere venerdì alle otto e andiamo a cena fuori? >>
Io sorrisi. << Certo. >>
Sorrise contento, mi sfiorò le labbra con le sue e se ne andò. Lo osservai  salire sulla macchina e salutarmi con la mano prima di partire sgommando sulla sua macchina costosa e poi salii anche io da me, aveva sonno e il giorno dopo mi aspettava una giornata tosta. Dovevo essere preparata per affrontare quel latin lover di Edward Cullen.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Salve ragazze, eccomi con il quarto capitolo di questa mia nuova storia. RIngrazio tutte le ragazze che l'hanno letta e che l'hanno recensita, mi riempie di gioia vedere i vostri commenti.
Spero che questo capitolo vi piaci, buona lettura.
xoxo Alex.
ps. vi ricordo le mie storie 'Ladro di cuori' e 'Lezioni di Piano'.



 

Capitolo 4


POV Edward
 
La sveglia stava suonando insistentemente ed io no avevo nessuna voglia di alzarmi, ma non potevo deludere mio padre e poi avevo bisogno di quel lavoro, mi distraeva dalla mia vita passata tra svaghi e donne.
Mi alzai dal letto con ancora gli occhi chiusi e a tentoni arrivai al bagno e mi buttai sotto la doccia e subito un getto d’acqua gelata mi colpi e urlai, mi si erano congelati anche i peli sul petto. Subito spostai il getto sull’acqua calda e mi riscaldai immediatamente rilassandomi e lasciando i miei pensieri a briglia sciolta. Subito l’immagine di quella bellissima quanto sexy ragazza mi apparse e immediatamente sentii il mio corpo reagire e mi diedi dello stupido e del tredicenne arrapato, ma quella ragazza era qualcosa di eccezionale. Non mi aveva toccato ne fatto altro, ma solo la sua voce sexy e sussurrata mi aveva smosso tutto dentro facendomi eccitare come un cavallo. Quando l’avevo fissata negli occhi qualcosa era scattato in me come se i miei occhi avessero già avuto l’occasione di incrociarli, ma non riuscivo a capire quando o come fosse accaduta una cosa del genere. Chiusi il getto dell’acqua,  mi avvolsi in un asciugamano e mi guardai allo specchio per cercare di domare i miei capelli.
Pensai che magari avrei potuto farmi dare il numero di telefono da Alice, visto che era sua amica.
Edward, è una escort! mi disse la mia coscienza, ma io la ignorai. Poteva essere chiunque, ma avevo una voglia matta di andarci a letto e sapere se la sua pelle fosse davvero morbida e profumata come appariva e se era davvero brava come diceva.
Mi stavo allacciando la scarpa quando squillò il mio cellulare, era Alice.
<< Ciao sorellina, cosa c’è? >> risposi mentre mi infilavo la giacca.
<< Volevo solo essere la prima ad augurarti buona fortuna. Come ti senti? >> Ah la mia sorellina.
Diedi un ultimo sguardo alla casa e al mio abbigliamento per accertarmi che non avessi dimenticato nulla e mi chiusi la porta alle spalle.
<< Sto bene, Aly, non preoccuparti. >> dissi scendendo le scale perché l’ascensore occupato.
<< Stai attento con Bella, okey? >> mi disse apprensiva.
Risi. << Alice quando dura può essere diventata è pur sempre una racchia con la macchinetta. Adesso ti lascio, ti chiamo più tardi. Ti voglio bene. >> e riattaccai ancora prima di lasciarle il tempo di rispondere.
Siccome il palazzo che ospitava l’azienda non distava molto, solo un paio di isolati, decisi di andare a piedi e ne approfittai per prendere un caffè ed un muffin al cioccolato. Quando entrai nella grande hall del palazzo avevo appena finito il caffè e sorrisi compiaciuto e soddisfatto di essere arrivato finalmente a far parte di quel grande organismo chiamato ‘Economia Internazionale’. Mi incamminai verso gli ascensori, ma fui fermato da una ragazza carina quanto volgare.
<< Lei è? >> mi chiese lanciandomi un’occhiata maliziosa.
Le sorrisi freddamente. << Fuori dalla tua portata, cerco la signorina Swan. >>
La ragazza dopo un attimo di sorpresa dovuto alla mia risposta fredda e cattiva si schiarì la voce.
<< E’ uno degli stagisti? >> mi chiese con voce calma
Io annuii e lei anche. << Salga al secondo piano, la stanza numero 325. La signorina Swan verrà tra un po’. >> e se ne andò molto probabilmente a confidarsi con qualche sua amica.
Entrai in ascensore e schiacciai il pulsante che indicava i secondo piano e prima che si chiudessero le porte entrò un ragazzo vestito in modo impeccabile come lui, ma con un pecca, i suo capelli tirati tutti indietro incollati tra loro con uno spessissimo strato di gelatina.
Mi sorrise e le porte si chiusero ed io lo ignorai completamente, ma lui non era dello stesso avviso.
<< Sei qui come stagista? >> mi chiese con voce tremante, probabilmente se la stava facendo sotto dalla paura ed io sorrisi compiaciuto dentro di me, sarebbe stato facile vincere il posto nell’azienda se erano tutti come lui.
Feci un cenno con la testa e lui mi offrì la mano che io guardai, ma non afferrai.
<< Io sono John, tu? >>
<< Edward. >> non volevo dire il mio cognome, non volevo che incominciassero a girare voci non vere nel palazzo. Io ero stato preso come stagista perché ero il migliore del mio corso non perché ero il figlio del presidente ed io lo avrei dimostrato.
<< Sono un fascio di nervi. Ho sentito dire che Isabella Swan, la nostra domus, è tosta e che non esita a buttare nessuno fuori. >> mi disse per attaccare bottone.
Non risposi perché le porte dell’ascensore si aprirono e senza degnarlo di uno sguardo proseguii verso la stanza indicatami dalla ragazza e subito la trovai, dall’interno di sentiva un chiacchiericcio attutito dalla porta. L’aprii e dopo un attimo di silenzio dove tutti mi fissarono convinti che fossi Isabella, ritornarono ai loro discorsi senza senso. Mi avvicinai ad una delle sedie disposte in fila come nei cinema e mi sistemai in attesa di questa tanto tosta Isabella Swan.
Era passato un quarto d’ora quando sentimmo delle voci e tacchi picchiettare sul parquet.
<< Non me ne importa un cazzo, Black, risolvi la situazione. Se mandi a puttane il mio caso, ti stacco le palle mosce che ti ritrovi! >> sentimmo urlare da fuori.
L’ultimo volta che avevo sentito Isabella parlare non riusciva a spiccicare due parole una davanti all’altra per quanto fosse timida e adesso se ne andava in giro a minacciare e ad imprecare come gli scaricatori di porto. La porta si aprii, ma lei non entrò ancora.
<< Ripeto, Black, te le stacco! >>  e molto probabilmente riattaccò perché la porta si spalancò completamente come la mia bocca.
Davanti ai miei occhi in un sexy tubino grigio perla c’era la mia dea, la ragazza bellissima della festa. La mia dea era Isabrutta che di brutto non aveva nulla.  
Si chiuse la porta alle spalle e dopo aver fatto un grosso respiro si girò verso di noi che la stavamo guardando in silenzio e immobilizzati dalla furia di quella bellissima donna. Ci squadrò ad uno ad uno e quando arrivò a me potei notai una scintilla compiaciuta nei suoi occhi profondi e la mia sorpresa fu sostituita dalla rabbia, come si era permessa di prendermi in giro così spudoratamente?
Tu lo hai fatto per anni, si è vendicata! mi disse ancora la mia coscienza, ma io nuovamente la ignorai e tornai a guardai Isabella che ormai si ero avvicinata al tavolo dove posò la sua borsa e poi vi si appoggiò sopra in una posa decisamente sexy che metteva a dura prova il mio autocontrollo.
<< Sono Isabella Swan e da oggi mi seguirete in tutto quello che farò senza fiatare ne lamentarvi, non ho tempo da perdere a leccare le ferite a voi bambocci conviti che un centodieci con lode sia abbastanza per entrare a far parte di questo grande meccanismo chiamato ‘economia’.  Ubbidirete a tutti i miei ordini e se questo non verrà fatto non esiterò a sbattervi fuori a calci nel culo, sono stata chiara? >> disse con voce fredda e acida.
Sentii chiaramente trasalire la ragazza al mio fianco ed io deglutii. Aveva ragione Alice come ce ne aveva mio padre, Isabella Swan era tosta e metteva quasi paura, ma io sono Edward Cullen e non mi faccio mettere sotto da una ragazzina convita di avere tutto il mondo ai suoi piedi.
Estrasse dalla sua valigetta un plico di fogli che consegnò ai due ragazzi davanti e loro li passarono a noi, quando arrivò a me mi resi conto che era il programma, ma non riuscivo a capire quanto durasse.
<< Se avete qualche domanda, alzate pure la mano. >> disse ed io subito lo feci, lei spostò lo sguardo sulla mia figura.
<< Si, signor Cullen? >> mi disse con voce distaccata.
Tutti si girarono verso di me e non sapevo se era perché avevo chiesto di parlare o per il mio cognome comunque non me ne preoccupai. Ritornai a guardare lei e la sfidai con lo sguardo, ma lei rimase impassibile senza far trasparire nessuna emozione.
<< Questo è il programma per tutta la settimana?>> chiesi.
Lei scosse la testa ridendo divertita. << No, del giorno, signor Cullen. >>
La guardammo tutti sconvolti. << Stai scherzando, vero Bella? >> le dissi.
Lei mi fulminò con lo sguardo. << Signor Cullen pensa che portare quel cognome le dia qualche diritto in più? Per lei sono la signorina Swan e pretendo del lei, non tollero che mi si manchi di rispetto in nessun modo e in nessuna occasione. Quello è il programma del giorno se non le sta bene, la porta sa dov’è. >> mi disse facendomi rimanere a bocca aperta.
<< Sono stata chiara, signor Cullen? >> mi chiese ancora.
Io trattenni la mia rispostaccia e la guardai. << Si, signorina Swan. >>.
Lei sorrise compiaciuta e spostò l’attenzione su una ragazza che le aveva chiesto qualcosa che io non avevo ascoltato troppo preso a trattenermi dall’alzarmi e andare la per prenderla a schiaffi. La guardai mentre si passava la mano tra i capelli e mi ritrovai a fantasticare di quei capelli sparsi sul mio cuscino mentre godeva e ansimava sotto le mie spinte, ma poi scossi la testa dandomi del cretino. Come potevo voler fare sesso con lei dopo che mi aveva preso in giro il giorno prima e umiliato un momento prima davanti a tutti come se niente fosse. Dopo un po’ Isabella ritornò al centro della sala e ci squadrò ad uno ad uno.
<< Sul foglio ognuno ha scritto il proprio compito che lo terrà occupato per le prossime ore, io sarò sempre li. Se avete qualche problema o dubbio non esitate a chiamarmi, provvederò come posso. Buon lavoro. >> e fece il primo sorriso della mattina.
Ci fu un brusio nella sala e man mano tutti uscirono eccitati di iniziare il primo giorno di lavoro, io fui l’ultima ed invece di uscire chiusi la porta e mi girai verso di lei che non si voltò neanche verso di me.
<< Signor Cullen il tempo scorre, non vorrei essere costretta a licenziarla. >> mi disse con voce fredda e forse speranzosa che una cosa potesse succedere.
Mi avvicinai a lei e la girai bruscamente verso di me, lei mi incenerì con lo sguardo, ma io non demorsi.
<< Lasciami! >> mi intimò a denti stretti.
<< Cosa diavolo stai cercando di fare, eh? Mi hai fatto passare per uno stupido prima davanti a tutti! >> quasi urlai.
Lei sorrise compiaciuta. << Era quello che volevo. >>   
Digrignai i denti e lei rise. << Cosa c’è, Edward Cullen, l’umiliazione è brutta, vero? >> si scrollò dalla mia presa e si allontanò da me dirigendosi alla porta.
Si girò verso di me. << Ho più di vent’anni di umiliazioni da farti scontare, quindi preparati. >> e se ne andò sbattendo la porta alle sue spalle.
C’è un detto che in sintesi dice che a ruota gira e che prima o poi ti si ritorce contro, quello era esattamente quello che stava succedendo a me.  

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Salve ragazzette, come state? Io male, odio essere donna.
Cmq eccomi ritornata con un altro capitolo spero che vi piaccia come quelli precedenti e ringrazio tanto tanto tutte le ragazze che l'hanno letta, che l'hanno recensita e anche quelle silenziose. Mi rendete davvero felice.
Buona lettura ragazze, ci vediamo la settimana prox.
xoxo Alex.



 

 

Capitolo 5



 

POV Bella.
 
Mi trovavo nel mio ufficio e davanti avevo le cartelle contenenti i prospetti degli anni indietro e c’era il contabile davanti a me che mi metteva al corrente dei cambiamenti che erano avvenuti.
<< Lo sai che quando incominci a parlare con tutti questi vocaboli matematici tendo a perdere il segno. Parla da persona normale, per favore! >> dissi stizzita e Garrett sorrise.
Garrett era un uomo sulla trentina, anno meno anno più, con lunghi capelli castani legati da un nastro di pelle che faceva tanto hippy in motocicletta e pelle un pò dorata.  Eravamo andati a letto insieme  qualche volta, ma poi ci eravamo resi conto che io e lui potevamo essere solo amici.
<< Sempre la solita. >> e scosse la testa sorridendo. << Quello che voglio dire è che quest’anno abbiamo avuto un boom incredibile, le nostre azioni sono volate alle stelle e grazie a te il numero di clienti è aumentato notevolmente. >>
Sorrisi soddisfatta. << Vuol dire che tutti quegli anni a sgobbare sono serviti. >>.
Garrett mi scrutò attentamente. << C’è qualcuno qui che pensa che tu sia arrivata fin qui perché sei la figlioccia del capo, lo sai? >>
Io sorrisi divertita, ormai tutto quello che si diceva sul mio conto non mi interessata.
<< L’invidia ti porta ad ignorare l’evidenza e cioè che io sono la migliore di tutti ecco perché sono arrivata qui. >>
Garrett annuì. << Ti invidio, lo sai? >>
Lo guardai esasperata. << No, anche tu, no! >>
Lui scosse la testa e sorrise. << Non per questo, ma per come reagisci alle voci di corridoio. Io non riuscire a rimare impassibile come fai tu davanti ad un’accusa del genere. >>
Feci spallucce. << Perché sono la migliore, ecco perché! >> dissi con fare ovvio e lo feci sorridere. << E lo sei anche tu solo che non riesci ad importi. Tu sei il responsabile del tuo settore, ma veramente ti trattano come tale? No, Gar, non lo fanno. >> dissi sorridendogli dolce.
<< Ci ho provato, ma… >>
Lo interruppi. << Sei un uomo forte e intraprendente, solo che non riesci a rendertene conto. Io so che puoi fare molto di più, so quanto sai essere un capo. >> e gli sorrisi maliziosa facendo riferimento a quelle volte che eravamo andati a letto e lui sapeva comandarmi con un dittatore facendomi eccitare ancora di più. << Tira fuori quella grinta che hai a letto sul lavoro e vedrai come ti rispetteranno come fanno con me. >> e gli posai la mano sulla sua.
Lui la strinse. << Perché anche agli altri non fai vedere questo tuo lato dolce? >>
Feci spallucce. << Per essere migliore non ci vuole dolcezza, Gar, e adesso vattene da qui. >> dissi sorridendogli.
Garrett sorrise e mi diede un bacio sulla mano facendomi arrossire e lui rise, si avvicinò alla porta e l’aprì, ma non uscì si girò prima verso di me.
<< Mi sposerai, vero? >> disse divertito.
Io risi. << Certo che ti sposo. >> e se ne andò ridendo.
Scossi la testa sorridendo e ritornai a studiare quelle carte, mezz’ora dopo qualcuno bussò alla porta ed io senza alzai lo sguardo da quei fogli diedi il permesso di entrare a chiunque osava disturbarmi.
<< Spero per te che tu abbia una giusta motivazione per interrompermi. >> dissi irritata.
<< Isabella. >> mi disse la voce che meno mi sarei aspettata in quel momento.
Alzai il viso e me lo ritrovai li a pochi passi incavolato nero ed io trattenni un sorriso compiaciuto, molto probabilmente doveva aver  visto il compito che gli avevo assegnato.
<< Si, signor Cullen? >>
Lui si appoggiò alla scrivania. << Stai cercando di farmi irritare? >> disse a denti stretti.
<< Almeno ci sono riuscita? >> gli risposi senza scompormi.
<< Si, ci sei riuscita.  Non ho perso cinque anni della mia vita a sgobbare sui libri per mettere in ordine di tempo delle fottutissime cartelle! >> urlò quasi.
Mi alzai anche io irritata. << Vuoi sapere cosa ho fatto le mie prime due settimane da stagista? Portavo il caffe, Edward, il caffè. Laureata con il massimo dei voti costretta a portare del caffè quindi scusami per aver deluso le tue aspettative, adesso vattene perché io devo lavorare. >> e ritornai a sedermi.
Lo vidi stringere le mani a pungo e andarsene verso la porta.
<< Mi odi così tanto, Isabella? >> mi disse quasi amareggiato.
Non alzai lo sguardo dalle cartelle. << Se ti avessi odiato non avresti messo neanche piedi qui dentro e adesso vattene se non vuoi che faccia rapporto. >> e subito dopo sentii la porta sbattere ed io sospirai.
Vederlo li con quegli occhi verdi in fiamme e il viso sconvolto dalla rabbia mi aveva fatto un certo effetto, era davvero bello. Da ragazzo era bellissimo, ma in quel momento era un uomo, un uomo davvero sexy.
 
Dopo aver finito di esaminare le cartelle chiamai uno degli stagisti e gli diedi l’ordine di farli recapitare a Carlisle e lui facendo un piccolo inchino, tipico dei leccaculo, se ne andò sfrecciando praticamente verso l’ufficio del capo. Siccome per il momento non aveva nulla da fare decisi di fare un giro per vedere i ‘miei’ ragazzi come se la cavavano e nonostante l’impaccio del primo giorno di lavoro dove grava su di te una promozione o un licenziamento se la stavano cavando molto bene. Trovai Edward ad imprecare contro ad un armadietto che non si voleva aprire.
<< Ma porco cazzo! >> disse dando un pugno.
Trattenni una risata, mi avvicinai a lui e lo scostai e sotto il suo sguardo sorpreso ed irritato sbloccai in un attimo quell’armadietto che molte volte aveva fatto perdere la pazienza anche a me, ma Carlisle mi aveva insegnato come fare a sbloccarlo.
<< Ecco fatto. >> dissi sorridendo soddisfatta.
Lui alzò gli occhi al cielo. << Vorresti un grazie? >> mi disse acido.
Scossi la testa. << Un caffè, grazie. >> e me ne andai, prima di uscire dalla stanza mi girai verso di lui. << Con panna e pochissimo zucchero. >> e me ne andai, ma potei sentire un suo sbuffò e soffocai una risata.
Rientrai nel mio ufficio e chiamai Alice. << Ha già scoperto chi è Marie? >> mi disse senza neanche salutarmi. Tipico di lei.
<< Ciao Alice, come state? >> dissi riferendomi a lei e alla bambina che aveva nella sua enorme pancia.
<< Io mi sto annoiando, lei sta benissimo. Allora? >>
Io sorrisi divertita e le raccontai tutti e lei rise. << Avrei voluto vedere la sua faccia. Ah amica mia a stare in mia compagnia sei diventata diabolica. >>
Risi anche io. << L’allieva ha superato il maestro? >>
Rise anche lei. << Mi dispiace, ragazza, ma non è ancora arrivato il momento. Senti, ti va di andare a cena insieme stasera? Viene anche Rose. >>
<< Serata tra amiche come un tempo? >>
Lei annuì. << Certo. Ci vediamo alle otto da me? >>
Controllai la mia agenda e scossi la testa. << Facciamo alle otto e mezza al solito posto, okey? >>
Lei sbuffò. << Lavori troppo, Bells. Devo parlare con papà? >> mi disse.
<< Alice, lo sai come la penso su queste cose. >>
<< Si, lo so, non ti piacciono i favoritismi. Ma questa volta è a fin di bene. >>
Sorrisi divertita. << Alice! >> la richiamai.
Lei sbuffò ancora. << A stasera. Ti voglio bene. >> mi disse prima di riattaccare senza darmi il tempo di risponderle.
<< Ti voglio bene anche io. >> dissi sorridendo al telefono.
<< Parli da sola? >> mi richiamò un voce vicino alla porta.
Alzai lo sguardo e incontrai i suoi smeraldi che mi squadravano come se fossi una pazza squilibrata. Tra le mani aveva il mio caffè ed anche un cartoncino con il logo della mia caffetteria preferita, mi aveva comprato qualcosa da mangiare?
<< No, non parlo da sola. Il mio caffè? >> chiesi.
Lui si avvicinò a me e lo posò sulla scrivania davanti ai miei occhi e poi appoggiò il cartoncino.
<< Stai cercando di leccarmi il culo, Cullen? >> chiesi divertita.
Lui scosse la testa. << No, questo te lo manda qualcuno che vorrebbe leccare qualche altra cosa di tuo. >> disse in tono acido.
Aprii il sacchetto e l’odore del mio dolce preferito mi arrivò alle narici e sorrisi, pensando all’unica persona che avrebbe potuto mandarmi una cosa del genere. Mike, il mio migliore amico, che lavorava alla caffetteria a due isolati di distanza dove io andavo ogni mattina. Ci eravamo conosciuti li e da allora eravamo diventati grandi amici tanto da passare quasi tutti i venerdì a casa mia per riempirci di schifezze e vedere film strappalacrime. La prima volta che lo vidi non potei fare altro che pensare che era un bellissimo ragazzo e ci stavo quasi provando, ma lui mi bloccò dicendo di essere gay e dopo una risata imbarazzata e una divertita sua c’era stato il colpo di fulmine.
Estrassi da dentro il mio muffin al cioccolato e notai un foglietto dentro e lo presi.

 

Troietta dovrai spiegarmi
chi è questo bel fusto, okey?
Chiamami appena ti arriva il
biglietto.
Ti adoro, M.

Sorrisi divertita e lo posai sulla scrivania e allora mi accorsi che Edward era ancora li che mi stava osservando.
<< Che ci fai ancora qui? >> gli chiesi irritata.
<< Gira voce che tu ti sia scopata metà del palazzo, e al quel che vedo ti sei spinta anche fuori. >> disse sicuro di farmi arrabbiare.
Ma io gli sorrisi. << Oh Cullen sta sicuro che tu non farai mai parte di quella metà, sei troppo… aiutami con la parola, per favore! Ah si… piccolo. >> dissi facendo riferimento anche ai suoi attributi. << Eh per informazione, io mi scopo chi voglio. Adesso sparisci dalla mia vista e vai a lavorare. >> dissi riportando la mia attenzione al muffin.
Lo sentii imprecare ed uscire sbattendo la porta alle sue spalle. Imprecai anche io, non era vero che mi ero scopata metà del palazzo ero andata a letto con due di loro li dentro.
Se fosse geloso? si chiese come sempre la mia voce interiore ed io sorrisi compiaciuta. 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Oddio ragazze sono orribile, vero? Sono quasi due settimana che non mi faccio vadere!
Chiedo umilmente scusa, ma tra tre settimane ho un esame e direi anche tostissimo e sto studiando come una pazza. Spero almeno di essere promossa.
Cmq eccomi ritornata con un nuovo capitolo spero vi piaccia. In questo capitolo cominceremo a vedere dei cambiamenti nel rapporto tra i due.
Buona lettura.
xoxo Alex.
ps mi scuso per gli errori.


 


 

Capitolo 6






POV Edward
 

 

Era passata una settimana da quel primo giorno e il rapporto tra me ed Isabella non era migliorato, ma neanche peggiorato. Era come se tra noi ci fosse un tacito accordo dove lei smetteva di fare la stronza ed io la smettevo di lamentarmi. Era un buon compromesso.
Quasi tutto il palazzo si era svuotato ed io ero uno dei pochi ad esserci ancora. Il lavoro che mi era stato assegnato da quella vipera sexy era lungo e noioso e non avevo ancora finito e sicuramente avrei dovuto riprendere il giorno dopo rimandando ovviamente i compiti che poi mi avrebbe assegnato l’indomani. Il primo giorno di lavoro, la mattina prima di mettermi a lavoro aveva un po’ chiesto tra gli stagisti che ruoli avesse assegnato loro Isabella e quasi tutti mi aveva risposto con il sorriso sulle labbra dicendo che aveva assegnato loro dei buoni compiti e che qualcuno aveva anche parlato con il capo. La rabbia in quel momento era salita alle stelle ed ero stato quasi tentato di andare da lei e sputarle in faccia tutta la mia collera, ma proprio in quel momento mio padre mi aveva chiamato. Nervoso e in cerca di qualcuno con sfogarmi andai nel suo studio e lui notando la mia faccia afflitta mi ascolto e alla fine del racconto mi poggiò una mano sulla spalla e già quel gesto di per se mi confortò.
<< Figliolo te l’avevo detto di non prendere Isabella sottogamba. Per alcuni versi è una donna dannatamente presuntuosa e vendicativa e per questo credo di non poterla neanche biasimare. Dalle del tempo e fatti conoscere per quello che sei realmente vedrai che tutto si risolverà. Non è male come sembra se provi a conoscerla. >> mi disse poi dandomi una pacca nel punto in cui aveva la mano.
Sospirai afflitto. << E’ normale che nonostante mi stia facendo passare le pene dell’inferno abbia una voglia matta di fare l’amore con lei? >> dissi.
Non ero imbarazzato nel dire una cosa del genere a mio padre perché non avevamo mai avuto problemi a parlare di una cosa del genere. Da ragazzo era stato con lui che avevo parlato dei miei dubbi sul sesso e sul mondo femminile in generale ed era stata a lui che avevo confidato la mia prima volta. Lui mi aveva sempre parlato senza peli sulla lingue e non mi aveva mai fatto pressioni e ramanzine perché si fidava di me, si è sempre fidato del suo primogenito e lo aveva sempre fatto anche quando avevo perso qualche anno della mia vita viaggiando per il mondo e andando dietro a centinaia di ragazze. Mi aveva sempre incoraggiato a vivere la mia vita come meglio credevo e che lui non momento in cui mi fossi deciso a cambiare la mia vita lui ci sarebbe stato e mi avrebbe aiutato. Amo mio padre e lo farò sempre.
Lui sorrise divertito. << Isabella è una bella donna e sa come attirare su di se lo sguardo degli uomini, non posso fartene una colpa se provi attrazione per lei. >> e si riaccomodò alla sua poltrona.
Io mi alzai e mi diressi alla porta, ma lui mi fermò. << Ti va di cenare a casa stasera? >>
Annuii semplicemente e lo lasciai al suo lavoro per ritornare al mio.
Dopo il colloqui con mio padre ero arrabbiato ancora con lei e la cosa non cambiò quando mi mandò a prenderle il caffè come se fossi un semplice fattorino e non un dipendente vero e proprio. Quando ero entrato in quel bar e avevo visto quel ragazzo biondo lanciarmi uno sguardo malizioso per poi dammi quel dolcette per Isabella la collera era salita alle stelle. Avevo avuto una voglia incredibile di spaccare la faccia a quel biondo, ma poi me ne andai imprecando semplicemente perché non valeva a pena di fare a botte per… per cosa poi? Per Isabella che mi stava trattando alla stregua di uno schiavo? No, non lo avrei fatto e mi ripromisi quando uscii dal suo ufficio dopo averle portato il caffè che non le avrei permesso mai più di mettermi i piedi in testa. Io sono Edward Cullen e come tale pretendo rispetto.
 
Stavo sistemando delle cartelle che mio padre mi aveva detto di fare quando l’ultima persona che mi sarei aspettata in quel momento si affacciò alla mia stanza e cosa ancora più incredibile aveva un bicchiere pieno di caffè fumante.
Mi sorrise, il primo sorriso che le avevo visto sul suo bellissimo viso. << Ciao. >> mi disse.
Stavo cedendo ai suoi occhi dolci da incantevole diavolo. << Ciao. Che c’è? >> chiesi un po’ brusco.
Il sorriso le si spese immediatamente e poi sospirò. << Okey, si me lo merito. E’ una settimana che ti tratto male, ma puoi biasimarmi? >> mi disse ed io sospirando mi assunsi le colpe scuotendo la testa e lei sorrise ancora facendo perdere un battito al mio cuore per quanto fosse bella.
Quella sera aveva indosso un tailleur blue con una camicetta bianca di seta. Il blu donava un luce diversa alla sua pelle nivea da renderla ancora più bella di quanto non fosse già. A mettere a dura prova il mio autocontrollo erano anche i suoi bellissimi capelli color castagna che le ricadevano morbidi e bollosi sulle spalle e qualche ciocca sfuggita al suo controllo si appoggiava sensualmente sui suoi seni alti e sodi che tanto avrei voluto toccare e assaggiare. In quella settimana che avevo passato a stretto contatto con lei la mia voglia di farla mia era cresciuta a dismisura e quando la sera tornavo a casa molte volte mi ritrovavo a provvedere da solo perché ero eccitato come un cane. Lei sapeva di essere sexy e di piacere agli uomini e molte volte l’avevo sorpresa a sorridere compiaciuta dopo avermi sorpreso a guardarla con occhi famelici. In quella settimana avevo anche saputo da mio fratello Emmett che era uscita con un uomo, ma che le cose non erano andate bene perché lui era intenzionato a crearsi un futuro e una famiglia e Bella se ne era andata terrorizzata. Quando l’avevo saputo un sorriso compiaciuto era spuntato sul mio viso e la consapevolezza che fosse ancora sulla piazza mi aveva messo allegria.
<< Sono stata cattiva con te, vero?  >> mi chiese ridestandomi dai miei pensieri.
Feci spallucce. << Non più di tanto. >> dissi mantenendomi sul leggero, ma l’occhiataccia che mi lanciò lei mi fece sorrise. << Si, okey, un po’ troppo. >>
Sorrise anche lei e mi si avvicinò porgendomi il caffè. << In segno di pace. >>
Io guardai il bicchiere e poi lei inarcando un sopracciglio scettico. << Non è che ci hai messo del cianuro per togliermi da mezzo? >>
Lei rise con la sua risata cristallina e sensuale ed io deglutii. << No è innocuo. >> disse sempre sorridendo.
Io annuii e diedi un sorso e dopo aver aspettato un paio di secondi e aver costatato di essere ancora viso sorrisi verso di lei che ricambiò quasi offesa. << Che c’è? >> chiesi confuso.
Lei si accomodò sulla scrivania. << Pensavi davvero che ti avrei ucciso? >>
Feci spallucce alzandomi e avvicinandomi a lei. << Potresti, ma dopo ti mancherei troppo. >> dissi facendole il mio sorriso sghembo che avevo capito le piacesse infatti deglutì e distolse lo sguardo spostandolo sulle cartelle.
<< Cosa facevi? >> chiese cambiando discorso ed io avvicinandomi di più a lei glielo feci notare.
<< Stai cercando di depistarmi? >> chiesi sussurrando.
Lei alzò lo sguardo verso di me e la vidi deglutire. << Come, scusa? >>
Sorrisi ancora la vidi arrossire. Era bellissima. << Io lo so che ti piaccio, non negarlo. >> dissi avvicinandomi ancora di più a lei.
Fece un verso indubbiamente imbarazzata. << Co-cosa te lo cre-credere? >> chiese balbettando.
Sorrisi ancora e con le mani le sfiorai le gambe da sopra la sua gamba e lentamente senza tralasciare neanche un pezzo salii sopra passando per i fianchi, per il suo ventre piatto fin sotto al seno e su di esso facendola sospirare. Passai le dita sul suo collo regale e niveo e poi portai la mia mano nei suoi capelli avvicinando il suo viso al mio.
<< Io lo so l’effetto che il mio corpo ha su di te. Ammettilo! >> dissi quasi sfiorandola con le mie labbra e l’avrei baciata se qualcuno non si fosse schiarito la voce sulla porta.
Ci girammo entrambi di scatto e sulla porta c’era mio padre che ci guardava in attesa di una spiegazione. Isabella scese dalla scrivania e si rassettò la gonna ed i capelli e si avvicinò a Carlisle sorridendogli imbarazzata.
<< Ciao Carlisle. >> lo salutò.
Mio padre le rivolse un dolce sorriso. << Ciao Bella. >>
Lei annuì. << Ehm… io andrei, ci vediamo lunedì. >> disse e scappò letteralmente via.
Io scossi la testa sorridendo e poi dopo aver raccolto le mie cose seguii mio padre fuori che mi accompagnò a casa mia con la sua macchina.
<< Cosa stava succedendo li dentro? >> mi chiese quasi sotto il palazzo.
Feci spallucce. << Ero a tanto così.. >> e feci un gesto con la mano. << dal farle ammettere che le piaccio. >> e sospirai.
<< Mi dispiace, ragazzo, non lo sapevo. >> mi disse quasi mortificato.
Mi girai verso di lui e gli sorrisi. << Oh no papà, è tutto okey. Ho ancora molto tempo a disposizione. >> e sorrisi già pregustando la mia vittoria.
Mio padre scosse la testa sorridendo e fermò la macchina perché eravamo arrivati.
<< Fai il bravo, Edward. >> mi disse ammonendomi con lo sguardo ed io sorrisi. << Sempre, papà. Ciao. >> e scesi dalla macchina, lo sentii rimettere in moto e andarsene.
Salii fino al mio appartamento, ma mentre stavo per aprire la porta sentii delle voci familiari salire le scale. Ascoltai meglio o per meglio dire origliai per capire chi fossero e cosa si stessero dicendo.
<< E quindi? >> chiese la voce di ragazzo.
<< Eh quindi niente, non è successo nulla. >> disse una voca che io avrei riconosciuto tra mille. Bella.
Che ci faceva nel mio palazzo e chi ero il ragazzo con lei?
<< Ti sei rammollita tutto di un tratto? >> chiese ancora la voce maschile con una nota divertita.
Bella sbuffò. << Ma quando arriviamo? >>
Il ragazzo rise. << Non cambiare discorso, troietta. >> Troietta? Ma questo è fuori.
Finalmente arrivarono sul mio piano e Bella mi vide e sgranò gli occhi.  << Edward? >>
Sorrisi e annuii. Il ragazzo al suo fianco era lo stesso ragazzo del bar che io avrei volentieri ammazzato solo per aver dato alla mia Bella un dolcetto gratis. Mia? Oddio, aveva ragione Emmett, avevo bisogno di una donna.
<< Edward? >> chiese il ragazzo guardando Bella e poi spostando lo sguardo su di me e sorridere malizioso.
<< Quindi sei tu quel ragazzone che si vuole sbattere la mia ragazza. >> mi disse ed io mi irrigidii.
<< Che cazzo hai detto? >> dissi arrabbiandomi.
Il ragazzo rise divertito e Bella sorrise trattenendo una risata. << Mike perché non inizi ad andare? Ti raggiungo subito. >> e gli diede delle chiavi ed il ragazzo dopo avermi lanciato un occhiata maliziosa salii le altre scale scomparendo alla mia visuale.
Bella mi si avvicinò. << Abiti qui? >> mi chiese sorpresa.
Annuii. << Eh si. Tu, invece, che ci fai qui? >>
Fece spallucce. << Mi hanno detto che c’è un appartamento libero e siccome voglio cambiare casa sono venuta a dargli un’occhiata. >>
La guardai sorpreso. << Verrai a vivere qui? >>
Lei sorrise allontanandosi. << Chi lo sa. >> e se ne andò seguendo il suo amico.
Sorrisi divertito e anche speranzoso. Se Bella fosse venuta a vivere nel mio stesso palazzo nessuno l’avrebbe più salvata dalle mie imboscate.
Entrai in casa già pregustandomi il sapore della vittoria.  

 


 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Sono stata brava, vero? Eccomi ritornata prima del tempo, ho dovuto fare i salti immortali, ma ce lo fatta. Yuppi!!!!
Cmq ragazze eccomi ritornata con un nuovo capitolo spero vi piaccia come i precedenti e che non vi deluda tanto.
Buona lettura, carciofine :)
xoxo Alex.
ps. mi scuso per gli errori.
pps. ringrazio tutte le ragazze che recensiscono e che leggono. Mi scuso per non poter rispondere, ma non ne ho il tempo. Ma vorrei farvi capire che ne sono contenta e che apprezzo tutto quello che scrivete.
Grazie, davvero!!!


Capitolo 7


POV Isabella.

Appena Alice mi aveva avvisato che c’era un appartamento vuoto che faceva proprio per me mi ero subito informata e avevo subito fissato un appuntamento per vederlo. L’appartamento dove mi trovavo adesso aveva qualche problema di umidità ed io non avevo nessuna voglia di passare le giornate a letto perché ammalata e così mi ero subito precipitata, ma quando avevo visto Edward in tutto il suo splendore sul pianerottolo se avessi avuto Alice li con me l’avrei fatta partorire in anticipo. Quella nana malefica mi aveva incastrato, ancora una volta.
Lei aveva sempre avuto la speranza che un giorno io ed Edward ci saremmo messi insieme per poi sposarci e avere tanti bambina e nonostante io e lui passavamo la maggior parte del tempo che eravamo costretti a condividere a litigare e ad offenderci lei non aveva mai demorso. Diceva che io e lui eravamo fatti l’una per l’altro, che eravamo le due parti una stessa mela.
L’avevo sempre lasciata parlare ogni volta che tirava fuori questo argomento fino a quando non si stancava di parlare e cambiava argomento dove io avevo più voglia di parlare.
Ogni volta che le chiedevo perché avesse in testa questa insana speranza lei mi rispondeva con la sua faccia da schiaffi.
<< Perché siete entrambi stronzi. >> mi diceva ed io puntualmente le scoppiavo a ridere in faccia per la sua teoria stupida che non stava ne in cielo ne in terra.
Però era da un bel po’ che non riprendeva più l’argomento quindi avevo tirato un sospiro di sollievo almeno avrebbe smesso di tartassarmi, ma mi ero sbagliata. Lei non parlava più perché era passata direttamente ai fatti, quel diabolico folletto.
Dopo aver incontrato Edward ero salita sopra nell’appartamento e appena l’avevo visto mi ero subito innamorata di lui. Era enorme e aveva un bellissima vetrata che prendeva tutta l’ampiezza del salotto e girando per le stanze era la stessa cose. Era illuminata e calda grazie ai raggi del sole che entravano da ogni lato e ad ogni momento del giorno.
La fissavo ad occhi aperti e Mike come me.
<< Oddio, tesoro, è perfetta. >> disse fin troppo entusiasta saltellando come una ragazza.
Io annuii. << Ed è mia. >> dissi.
Chiamai l’agente immobiliare e si ripromise di mandarmi le carte al mio attuale appartamento il giorno dopo, ma potevo considerarla già mia. Costava un occhio della testa, ma non me ne fregava, con il mio lavoro potevo permettermela.
Mentre Mike girava per la casa già parlando da su come sarebbe stato bene un vaso li o una tendina la o un quadro, io chiamai Alice che mi rispose dopo due squilli.
<< Sono nei guai? >> disse già sapendo dell’enorme stronzata che aveva fatto.
Io sorrisi. << Non lo sei solo perché l’appartamento è perfetto. >>
<< Oh perfetto. Posso arredarlo io con mamma? >> mi chiese contenta.
Alzai gli occhi al cielo. << Bhe… >>
<< Oh dai ti prego, ti prego. >> disse ed io già immaginavo la sua faccia da cane bastonato a cui io non sapevo resistere.
Sospirai rassegnata, ma prima che dicessi qualcosa Mike mi aveva strappato il telefono da mano.
<< Alice, tesoro, ho già qualche idea. >> e se ne andò nell’altra stanza.
Lui ed Alice erano subito andati un amore anche perché erano identici e quando uscivano tutti e quattro insieme anche con Rose era un vero spasso vederli insieme.
Girai per l’appartamento, entrando in ogni stanza e quando ne vidi una bella grande ed illuminata subito si figurò nella mia mente arredata. Quella era la mia camera.
Stavo uscendo quando sentii dei rumori provenire dal piano di sotto, qualcuno aveva fatto cadere qualcosa e da come urlava doveva essersi fatto davvero male. Risi pensando che probabilmente avrei reso la vita un infermo al mio nuovo vicino.
Quella sera dormii a casa di Mike dopo aver mangiato una pizza e varie schifezze e aver visto un film dell’orrore cosa che io odiavo, ma che al mio Mike piaceva tanto. Quando ci infilammo nel letto lui mi abbracciò come sempre e mi diede un bacio sulle labbra.
<< Se non fissi gay, Bella, mi sarei già innamorato di te. >> disse come ogni volta che dormivo da lui.
<< Io già sono innamorata di te. >> gli risposi come facevo sempre e lui dopo avermi dato un altro bacio si addormentò ed io lo seguii dopo poco.
Il mattino dopo scendemmo presto, lui perché doveva lavoro io perché avevo un appuntamento con Alice e sua madre per cominciare a fare in inventario per la casa.
Quando arrivai nel mio appartamento trovai sotto la porta una busta gialla con dentro i documenti che io dovevo solo firmare e dopo averlo fatto li portai all’agenzia che mi consegnò definitivamente le chiavi. Osservai la mia casa e feci una lista delle cose da rifare e le cose da portare con me e mi resi conto che quasi tutto l’arredamento era da buttare visto che ne avevo poca cura così decisi di buttare tutto e di rifare tutto nuovo per la gioia di Esme, Alice e anche Mike. Mi feci una rapida doccia ed indossai qualcosa di comodo e scesi con il libretto degli assegni alla mano e le mie carte di credito e anche qualche contante nel portafoglio. Con Alice non sapevi mai a quanto ammontava il debito, meglio essere preparati.
 
Quando la sera tornai a casa mia mi sentivo a pezzi come anche il mio conto in banca. Alice ci aveva costretti a girare tutta la città e dintorni e nonostante le dicessimo che non doveva sforzarmi molto nel suo stato non aveva voluto dar retta a nessuno, ma alla fine era stata costretta a fermarsi perché le si erano gonfiati i piedi come due mongolfiere. Jasper era corso in nostro aiuto e l’aveva sollevata quasi di peso e portata a casa non senza proteste da parte del folletto, ma alla fine Jasper era riuscito con qualche moina e qualche promessa a portarsela con se. Mike aveva accompagnato Esme a casa ed io avevo fatto quattro passi visto che il mio appartamento era a pochi passi dal centro.
Dopo aver fatto una doccia e indossato qualcosa di comodo, mi buttai letteralmente sul letto senza neanche mangiare e caddi immediatamente in sonno profondo.
Qualche minuto dopo, per me, qualcuno mi stava chiamando al cellulare. Aprii gli occhi e guardai la sveglia che segnava le sette di mattina ed imprecai cercando il telefono.
<< Spero tu abbia una buona scusa per svegliarmi o ti denuncio. >> risposi a denti stretti con ancora gli occhi chiusi.
<< Non sei l’unica ad essere stata svegliata. >> disse una voce maschile dall’altro capo del telefono.
Appena la riconobbi mi alzai di scatto. << Edward? >>
<< In persona. >> disse irritato.
Alzai gli occhi al cielo. Io ero stata svegliata a notte fonda e lui era incazzato, ma tu guarda.
<< Cosa vuoi alle sette di mattina? >> chiesi incazzata.
<< C’è mia sorella nel tuo appartamento che mi sta rompendo l’anima. Se vado io da lei la sotterro viva, quindi ti prego vieni qui ed evitami l’ergastolo. >> e riattaccò.
Quando staccò mi ci volle un attimo in più per capire le sue parole e appena lo feci imprecando mi alzai per andare in bagno e farmi una doccia veloce, poi infilai un paio di jeans ed una felpa nera come le scarpette, lasciai i miei capelli sciolti e dopo un velo di trucco per coprire i segni della stanchezza uscii dal mio appartamento come un razzo e mi diressi al mio nuovo appartamento non mi prima di essere passata al bar a prendere tre caffè e un paio di dolcetti per farmi perdonare da Edward. Camminando chiamai Jasper che mi rispose assonnato.
<< Lo sai che tua moglie si trova nel mio appartamento? >> dissi senza neanche salutarlo.
Imprecò anche lui. << Arrivo in un attimo e la porto via. Scusami. >> disse ed io mi sentii in colpa per nonostante fosse una rompipalle era la mia migliore amica e l’amavo in tutto e per tutto.
<< No, Jazz, non preoccuparti. Volevo solo avvisarti, okey? Ci vediamo a pranzo da Carlisle, la porto io. >> dissi rendendomi disponibile per quel ragazzo che oltre ad aver fatto tombola ad averla sposata aveva avuto qualche effetto collaterale. L’esuberanza e l’iperattività di Alice.
Lui sospirò. << Grazie, Bells. >> e riattaccò molto probabilmente ritornando a dormire.
Quando arrivai al mio nuovo appartamento ritrovai Edward fuori la porta con un semplice pantalone della tuta e senza maglietta lasciando fuori il suo bellissimo corpo scolpito che avrei tanto voluto toccare e baciare. Ma che caz… dissi riscuotendomi e guardandolo in faccia e ancora assonnato era una visione. Aveva i capelli più ribelli del solito e gli occhi ancora con quel velo di stanchezza avanti che lo rendevano irresistibile.
<< Eccoti finalmente! >> disse esasperato.
Sorrisi. << Scusami. >>
Entrai nel mio appartamento e vidi Alice e… Mike? Girare per la casa armati di penna e di foglia segnando e parlando e qualche volta urlando eccitati su come sarebbe stato bello questo o come sarebbe stato bello quest’altro. Alzai gli occhi al cielo e guardando Edward chiusi la porta e li lasciai da soli.
Edward mi guardò sorpreso. << Che fai? >>
Feci spallucce. << Nessuno riuscirà a levarle da li dentro, quindi. >>
Lui inarcò un sopracciglio. << Levarle? >>
Io sorrisi divertita, perché Edward credeva ancora che Mike fosse qualcuno con cui andavo a letto di tanto in tanto.
<< Mike è completamente checca. >> dissi sorridendo.
E mi parve di vederlo tirare un sospiro di sollievo e quella cosa mi compiacque. Era cotto a puntino ed io non potevo che essere contenta, la mia vendetta era riuscita in pieno.
Lui si riscosse ed indicò il pacco che avevo tra le mani. << Colazione? >> chiese.
Io annuii. << Andiamo da te? >>
Lui mi sorrise malizioso avvicinandosi a me e facendomi mozzare il fiato in gola. Alzò lentamente la sua mano e scostò una ciocca ribelle di capelli che mi era scesa davanti agli occhi e fece il suo sorriso sghembo facendomi perdere per un attimo il contatto con la realtà.
<< Andiamo da me. >> sussurrò sensuale e chissà come nella mia mente si susseguirono centinai di immagine che vedeva me e lui come protagonisti a fare di tutto tranne che bere il cappuccino e mangiare i cornetti che avevo portato.
Lui si scostò da me e se ne andò ridacchiando ed io pestai il piede a terra indignata. Quel pezzo di merda mi aveva ingannata.  

 


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ehi non fate quelle facce, okey? Non sono ne un fantasma ne un miraggio, sono io in 3/4 di carne e 1/4 di ossa.
Chiedo umilmente perdono per il mio increscioso ritardo, mi faccio schifo da sola.
Ehi le asce no, però!!
Cmq non perdiamo altro tempo.
Eccoci con un altro capitolo spero vi piaccia come i seguenti.
xoxo Alex.
ps. auguri di buona Pasqua in ritardo.



Capitolo 8




POV Edward.
 

Andiamo da me? Ma che cazzo dici Edward.
Ma era stato più forte di me, vederla in tutta la sua bellezza mi aveva spiazzato.  Nonostante l’avessi tirata giù dal letto era di una bellezza devastante e più passava il tempo e più la voglia che avevo di lei aumentava fino a farmi quasi diventare pazzo a volte.
Aprii la porta del mio appartamento e la feci entrare e mentre passò la sua spalla sfiorò il mio petto nudo ed un brivido mi salii su dalla schiena fino a rizzarmi i capelli sulla nuca e lei molto probabilmente se ne accorse perché notai un sorriso compiaciuto incresparle le sue invitanti e sensuali labbra che avrei voluto baciare e leccare.
Chiusi la porta alle mie spalle e la vidi camminare e guardarsi intorno molto probabilmente per trovare qualcosa da rinfacciarmi, ma contro ogni mia aspettativa si limitò solo ad osservare e a toccare qualcosa di tanto in tanto.
 << Finito il giro turistico? >> chiesi divertito.
Lei si girò verso di me e sorrise tranquilla. << Pensavo che abitassi in un porcile. Sai, tutta questione di habitat naturale. >>
Feci una risata sarcastica fulminandola. << Ma come siamo simpatiche di primo mattino. >> dissi acido.
Fu suo il momento per fulminarmi. << Stai zitto, mi hai svegliato all’alba. Non farlo mai più o ti denuncio per stalking! >>
Scossi la testa e alzai gli occhi al cielo. << Facciamo colazione, và! >> le dissi e come se si fosse dimenticata di quel particolare mi porse la busta dei cornetti e si tolse la giacca leggera che aveva addosso e rivelò una semplice felpa blu, ma che risaltava magnificamente con il suo incarnato niveo.
Anche se involontariamente continuava a portarmi sull’orlo del precipizio e non potevo prevedere la mia reazione se mai ci fossi arrivato, ma sicuramente non sarebbe stato qualcosa di spiacevole.
<< So di essere sexy, ma smettila di sbavare. >> mi disse ed io mi riscossi rendendomi conto di averla osservato incantato. Idiota!
<< Sexy? >>
Lei annuì e si sporse verso di me per prendere il caffè, ma accuratamente per farmi vedere l’incavo dei suoi seni uscire dalla felpa. Deglutii e grattai la testa per impedirmi di avvicinarle per spogliarla  per immergermi in quel paradiso.
Salii con lo sguardo e mi soffermai sul suo candido collo all’apparenza morbido e forse sensibile al tocco, tornai al suo viso fino a soffermarmi di nuovo su quelle labbra tentatrici che si stavano muovendo probabilmente dicendo qualcosa, ma io non riuscivo a sentire nulla. Troppo impegnato ad immaginarle sul mio corpo mentre mi donava piacere.
<< Edward, ehi? Cullen! >> mi richiamò ed io finalmente mi ridestai da quei pensieri che mi stavano facendo risvegliare qualcos’altro.
La guardai negli occhi come se la vedessi per la prima volta. << Cosa? >>
<< Ho chiesto dove posso trovare dei tovaglioli per evitare di sporcarmi con la cioccolata. >> mi disse divertita, molto probabilmente me lo aveva chiesto molte volte.
Annuii. << Ehm sono nel primo pensile in alto di fianco al frigo. >>
Lei si alzò e sculettando con quel suo culo che era una scultura si avvicinò al mobile ed essendo bassina rispetto alla posizione di quello si alzò sulle punte e alzando il braccio un lembo di pelle uscì rivelando i buchi di venere, quelle graziose quanto sexy fossette che si trovavo alla base della schiena ed era segno di bellezza… E Bella è bellissima. Inizio a chiedermi se lo fosse sempre stata e se io non me ne fossi mai accorto troppo impegnato com’ero  a fermarmi all’involucro esteriore.
Scesi con lo sguardo al suo fondoschiena che stava gridando, stretto in quei jeans che la fasciavano così bene, di prenderlo e stringerlo tra le mie mani, sicuramente l’avrei fatto se lei non si fosse girata trattenendo una risata.  Mi stava provocando, la stronzetta. L’avrei fatto anche io.
Si avvicinò a me e mi porse un tovagliolo. << Così eviti di sporcarti. >> si giustificò maliziosa.
<< Oh gentile da parte tua, ma io non sporco mai. >> e le feci l’occhiolino per poi portare lo sguardo per la prima volta al mio cornetto accorgendomi che aveva un profumo buonissimo.
<< Allora, Cullen, non ti ho mai chiesto esplicitamente come ti trovi in azienda. >> iniziò per rompere quel silenzio che si era creato tra noi.
Feci spallucce. << Dici a parte un capo stacanovista e… presuntuoso? Mi trovo abbastanza bene. >> dissi sorridendole sghembo.
Lei mi lanciò un’occhiataccia. << Ci sarà un motivo se il tuo capo è così, no? >>
Presi un sorso dal mio caffè. << Anche io lo credo. >>
Lei inarcò un sopracciglio. << Qualche idea? >>
Annuii. << Molto probabilmente fa poco sesso e cerca una valvola di sfogo. >> e abbassai lo sguardo per non farle notare il mio sorriso divertito.
La sentii avvicinarsi a me sul divano ed io alzai lo sguardò su di lei confuso. Mi sarei aspettato tutto, anche una delle sue sfuriate, ma non ero pronto a quello sguardò così sexy e quel sorrisetto così sensuale incresparle le labbra. Era così bella ed eccitate.
Deglutii. << Cosa c’è? >> chiesi con voce roca.
Si scostò i capelli dalla spalla. << Può darsi che non abbia trovato qualcuno che sappia soddisfarla abbastanza. >> sussurrò.
A quelle parole la mia mente cominciò a viaggiare a piede libero immaginandola mentre me la scopavo in tutte le posizioni possibili ed immaginabili ed immediatamente sentii qualcuno ridestarsi nei pantaloni.
<< P-può darsi. >> dissi balbettando. Ma cosa mi fai Isabella?, mi chiesi.
Lei abbassò lo sguardo e sorrise compiaciuta, era arrivata al suo intento mi aveva fatto eccitare e non poco. La mia enorme erezione cominciava a darmi fastidio e farmi male.
<< Magari potresti farlo tu. >> mi sussurrò ancora eliminando la distanza, ma senza avvicinare il suo viso al mio.
Mi persi in quel cioccolato fuso che erano i suoi occhi e mi scordai completamente del posto in quei mi trovavo e perché, non vedeva altro che quella scintilla di eccitazione che ospitava i suoi occhi. Mi avvicinai lentamente a lei senza distogliere lo sguardo dalle sue labbra perfette, ero quasi arrivato a sfiorarle quando lei scoppiò a ridere.
<< Contaci, Cullen. >> e si alzò dal divano dirigendosi alla sua borsa dove estrasse il cellulare che mi resi conto stava squillando.
Quella stronza mi aveva ingannato facendomi credere di essersi eccitata e di volere fare sesso con me. Era tutta una montatura ed io ci ero cascato con tutte le scarpe accecato dall’eccitazione e da quelle strane emozioni che mi creava solo guardandomi.
La osservai mentre prendeva il cellulare e leggeva il numero con leggermente la fronte corrugata, ma poi rispose stampandosi un bellissimo sorriso sulle labbra.
<< Ciao tesoro. >> rispose. << Si, certo che mi va… certo, all’una. Ciao tesoro, un bacio. >> e riattaccò.
Con calma studiata depose il cellulare nella borsa e poi si riavvicinò a me accomodandosi al mio fianco e prendendo un sorso dal suo caffè.
<< Chi era? >> chiesi e forse la mia voce doveva far trasparire tutto il fastidio provato per quella telefonata perché sorrise compiaciuta.
Mi guardò negli occhi sorridendo divertita. << Sei geloso, Cullen? >>
Scossi la testa. << Io? Ma dai, geloso di te? >> e la liquidai con un gesto della mano.
Il suo sorriso si allargò. << Si, proprio così. >>
Feci spallucce. << Sono preoccupato solo per il futuro dell’azienda. Cosa succederebbe se l’amministratore delegato si distraesse diventando un pericolo? >> dissi parandomi il cosiddetto culo in tempo.
Vidi la sua espressione cambiare, prima diventò seria poi pensierosa ed infine scoppiò in una fragorosa risata facendomi vedere tutta la sua dentatura comprese le tonsille che non aveva.
Stava ridendo della mia stupida scusa e aveva ragione a farlo, era stupida ed insensata, ma dovevo pur dir qualcosa. Non potevo dire ‘Si, sono geloso perché agli altri la dai e a me no’.
Forse sarei stato più onesto, ma avrei fatto doppia figura di merda.
<< Questa è buona, Cullen, te lo concedo. >> e si asciugò una lacrima all’angolo dell’occhio destro.
Feci il mio sorriso storto o come lo aveva definito una ragazza con cui ero andato a letto ‘sghembo’ e per un attimo la vidi tentennare e dentro di me sorrisi compiaciuto. Non gli ero del tutto indifferente, allora.
<< Allora? Chi era? >> insistetti ricordandomi della sua non risposta.
Lei fece spallucce. << Un amico. >> disse tranquilla.
Annuii. << Te lo porti a letto questo amico? >>
Lei mi fulminò con lo sguardo. << Se pure fosse non credo sia un problema tuo. >> e sia alzò avvicinandosi alla borsa.
La osservai mentre si infilava il giacchetto e si aggiustava i capelli dando loro volume con le mani. Si avvicinò  allo specchio che avevo all’entrata e si osservò sorridendo compiaciuta. Le piaceva quello che vedeva e anche a me.
Si girò verso di me. << Ci vediamo lunedì, Cullen. >>
Non mi diede neanche il tempo di risponderle che era già uscita dal mio appartamento sbattendosi la porta alle spalle.
<< Ma porco cazzo! >> urlai dandomi del deficiente da solo.
Al liceo ero un vero stallone e negli anni avvenire avevo sempre mantenuto in alto il nome dei Cullen e al college non ero da meno. Con Isabella, invece, era tutto troppo complicato. Come avevo fatto a mettermi in una situazione del genere? Perché era diventata così bella e sexy , invece di rimanere una scrofa a vita?
Ah, Cullen, sei in un brutto pasticcio!
 
Quel pomeriggio andai a pranzo dai miei genitori dove c’erano anche i miei fratelli con i rispettivi consorte, mi sentivo tanto un pesce fuor d’acqua. Ero l’unico senza una compagna.
Mia madre come sempre non aveva perso l’occasione di ricordarlo e poi di conseguenza mia sorella e mia cognata si erano aggiunte.
<< Tesoro ti vedi con qualcuno? >> mi chiese mentre eravamo alla carne.
Scossi la testa e presi un sorso di vino. << Non al momento. >> liquidai la discussione convinto che sarebbe finita lì, ma mi sbagliavo, non avevo messo in conto mia sorella Alice.
<< Alla festa di Jasper non avevi conosciuto una certa Marie? >> chiese sorridendo divertita.
Mio fratello scoppiò a ridere, nella sua caratteristica risata da orso.
<< Oh si certo, Marie. >> disse ridendo ancora e lui si unirono anche Rosalie e Jasper.
Sbuffai. << La smettete di prendermi in giro? >>
A questa mia uscita se è possibile risero ancora di più. Mia madre e mio padre ci guardavano curiosi e divertiti.
<< Tesoro, chi è questa Marie? >> mi chiese mia madre curiosa.
Scossi la testa. << Nessuno, mamma. >> e sprofondai con la testa nel bicchiere.
Mio padre sorrise. << Dai Edward. >> cercò di convincermi.
Stavo per rispondere, quando mia sorella Alice mi precedette.
<< Al compleanno di Jasper ha conosciuto una ragazza di nome Marie che fa la prostituta di alto borgo. >> incominciò facendo sgranare gli occhi ai miei genitori.
<< Ma in realtà era Bella che lo stava prendendo in giro. Si è divertita un mondo. >> continuò Emmett e a quel punto anche i miei genitori cominciarono a ridere divertiti.
Io volevo sprofondare. Non solo ero stato preso in giro da Bella e dai miei fratelli che non erano altro che degli stupidi complici di quello scherzo idiota, ma anche i miei genitori si stavano divertendo sulle mie disgrazie.
Sbuffai. << Si, ridete pure.>> dissi esasperato.
Mia madre si diede un po’ di contengo e si schiarì la voce, ma la traccia di ilarità non sparì dai suoi occhi color caramello.
<< Tesoro, scusa, è che è troppo divertente devi ammetterlo. >> disse accarezzandomi il braccio per rincuorarmi.
Alzai gli occhi al cielo. << Possiamo cambiare discorso, per favore? >> chiesi scazzato.
Smisero di ridere tutti e cambiarono discorso, per modo di dire.
<< Perché Bella non è venuta? >> chiese Emmett addentando un pezzo di carne.
Alice fece spallucce. << Aveva un appuntamento. >> disse rimanendo sul vago.
<< Doveva uscire a pranzo con un suo amico. >> specificò Rosalie.
<< Amico di letto. >> mormorai infastidito.
Mi sentirono tutti e subito cinque teste e cinque paia di occhi si posarono sulla mia figura ed io li guardai terrorizzato.
<< Che c’è? >> chiesi innocentemente.
Alice mi lanciò un’occhiataccia maliziosa. << Vorresti essere al posto di quell’uomo, vero? >>
Io sbuffai alzandomi dal tavolo. << Adoro i nostri pranzi in famiglia, me ne torno a casa. >>
Mi alzai mi avvicinai a mia madre e le diede un bacio sulla fronte. << Ti chiamo domani. >>
Diedi una pacca sulla spalla a mio padre e dopo aver lanciato un’occhiataccia ai miei fratelli me ne andai, perché ne avevo abbastanza delle loro battute stupide sulla mia vita privata inesistenze oltretutto. Prima di tornare a casa passai al take away a prendere un panino con doppia porzione di patatine e passai da Blockbuster per prendere un dvd da vedere a casa nella più totale solitudine. In quel momento pensai che mi serviva assolutamente una donna con cui condividere la mia vita e magari mettere anche su famiglia. Ero in età da moglie.
 
Nella settimana successiva nel mio palazzo ci fu un via vai di gente, tutti diretti nell’appartamento di Bella. Una volta avevo beccato un ragazzo che saliva senza maglietta mentre portava sulle spalle una poltrona di pelle nera ed era davvero qualcosa di indecente se mettiamo a quel ragazzo massimo cento chili in più. Il suo petto nudo e sudato lo avevo sognato di notte togliendomi la voglia di dormire con la paura di rivederlo di nuovo.
In quei giorni avevo dato anche io una mano costretto da Emmett perché da solo non ce la faceva a salire un tavolino che pesava si è no un decimo di quanto non pesasse lui, ma non ce la faceva da solo. Fratello scansafatiche.
Non avevo visto quasi mai Bella, probabilmente impegnata ad impacchettare gli oggetti della sua vecchia casa per portarli in quella nuova. A lavoro ci eravamo a stento salutati perché era stata impegnata con un affare che un certo Jacob Black non era riuscito a portare a termine. Tra gli stagisti non si sapeva di preciso cosa fosse successo, ma le urla di Isabella e un linguaggio non propriamente degno del suo nome facevano intendere che fosse qualcosa di grave. Quando sentii le urla e sentii contro chi stava urlando mi ricordai di quel tratto di conversazione che sentii la prima volta che la vidi in ufficio. Aveva promesso a quel tale Jacob Black di staccargli le palle mosce che si ritrovava se avesse mandato a monte il suo affare e mi divertii un sacco ad immaginarmela mentre faceva una cosa del genere, ma si astenne dal farlo.
La settimana passò in fretta e mi ritrovai il venerdì sera mentre accompagnavo una ragazza a casa dopo averla portata a cena. Era un degli stagisti ed era davvero carina e simpatica ed era stato piacevole trascorrere qualche ora con lei.
Ci trovavamo davanti la porta del suo appartamento ed io avevo voglia di fare sesso, ma non sapevo come cominciare il discorso.
<< Ho passato una piacevole serata, Edward. >> mi disse sorridendo Anna.
Era di origini italiane, ma viveva in America da quando era nata. Era la tipica ragazza mediterranea, scura di carnagione con altrettanto scuri i capelli e gli occhi, era minuti, ma con le forme al giusto posto e aveva un grandissimo senso dell’umorismo e dell’autoironia. Sembrava perfetta per me.
<< Anche io. >> e le sorrisi sghembo. Ed era fatta.
Si spalmò immediatamente contro il mio corpo e prese possesso delle mie labbra coinvolgendomi in un bacio al sapore di curry. Cinque minuti dopo stavamo facendo sesso sul suo letto e finalmente mi liberai da tutta quella tensione che avevo accumulato in quelle settimane per colpa del mio arrogante e sexy capo.
Un’ora dopo stava tornando a casa mia, non me la sentivo di dormire da lei perché non sapevo se l’indomani avrei avuto ancora voglia di uscirci insieme. Era carina e mi piaceva, ma aveva un grosso difetto su cui difficilmente passavo su. Le piaceva che le dicessi delle parolacce mentre facevamo sesso, diceva che la eccitava di più. Che cazzo di sfizio è questo? Come puoi eccitarti se ti chiamo troia o puttane mentre ti scopo? Hai qualche problema, tesoro.
Quella sera prima di addormentarmi disattivai la sveglia perché il sabato è sacro, si dorme e dopo aver fatto una doccia mi ci tuffai completamente nel letto e mi addormentai immediatamente.
 
Qualcosa mi stava rimbombando nel cervello e non mi lasciava dormire. Schiusi lentamente gli occhi e con enorme sforzo spostai lo sguardo verso la sveglia che segnava le nove di mattina che tradotto nella mia lingua del sabato era l’alba.
Il frastuono veniva dal piano di sopra ed io sapevo benissimo chi era così mi alzai e dopo aver infilato un pantalone della tuta ed una maglietta salii di corsa sopra e bussai alla sua porta, ma non mi rispose anche perché aveva il volume dello stereo al massimo. Spinsi la porta e la trovai aperta così entrai e quello che vidi mi mandò seriamente in tilt.
C’era Isabella con un semplice pantaloncino addosso che a stento le fasciava quel sederino alto e sodo e una canotta blu che ballava e si muoveva sensualmente sulle note della canzone del momento. Mi appoggiai alla porta mentre la guardavo girare per la stanza posando oggetti sui mobili a tempo di musica.
La osservai per un bel po’ fino a che lei non si rese conto della mia presenza, ma non si fermò. Continuò a muovere il suo corpo sensualmente mentre si avvicinava a me con sguardo malizioso.
Sentii chiaramente il rumore sordo che la morte del mio neurone provocò nella mia testa.
Isabella mi aveva completamente in pugno.



Questa è la canzone http://www.youtube.com/watch?v=wHihZd9Arfs   


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


* me che si avvicina già con il cappio al collo pronta per la gogna*
Oddio ragazze sono imperdonabile, se fossi in voi non mi perdonerei, ma siccome io scrivo grazie al vostro sostegno, mi dovete perdonare.
Faccio schifo, ma tanto schifo.
Torno qui dopo quasi due mesi pretendendo che voi mi perdoniate e che continuiate a leggere quando poi avreste tutto il diritto di lasciarmi perdere.
Però se ancora ci siete e se ancora vi appossiona la storia di questi due ragazzacci, mi renderebbe davvero felice se continuaste a seguirmi.
Nello scorso capitolo eravamo rimaste che Bella, con fare sexy, si avvicina ad Edward per provocarlo. Come finirà?
Buona lettura, ragazze.
xoxo Alex






Capitolo 9



POV Bella.
 
Era appena passata la mezzanotte ed io mi trovavo ancora in ufficio a dover rimediare la grandissima cazzata che aveva fatto Jacob con il caso Denali. Avevamo rischiato di perderli per colpa della sua incompetenza e per il suo voler sempre ostentare una cultura ed un’intelligenza pressoché inesistente. Fortuna che aveva avuto la decenza di avvisarmi prima che succedesse il finimondo e adesso ero costretta a rimanere oltre l’orario di chiusura per mettere insieme un buon piano di convincimento.
Prima che tutti se ne fossero andati mi ero fatta portare qualcosa da mangiare e qualcosa da bere così da non essere costretta a sospendere il lavoro per poi non avere la forza di riprenderlo.
Edward, sempre rispettoso ed educato nonostante gli facessi passare le pene dell’inferno, ero uscito a prendermi qualcosa alla rosticceria più vicina e mi aveva anche preso un dolcetto dicendo testuale ‘Un po’ di dolcezza per compensare l’amarezza del tuo animo’. Non aveva tutti i torti perché non ero una santa nei suoi confronti, ma una bella punizione nessuno gliel’avrebbe tolta.
Mi tolsi gli occhiali da vista e mi appoggiai allo schienale della sedia girevole stropicciandomi gli occhi stanchi.
Quella mattina in cui Edward si era presentato al mio appartamento assonato e più sexy che mai ero stata davvero una gran bastarda dovevo ammetterlo.
 
Mi avvicinai sensuale a lui continuando ad ondeggiare a ritmo della musica che fuoriusciva dal mio i-pod. Quella mattina avrei finalmente finito di sistemare il mio nuovo appartamento e la musica mi aiutava con la mia creatività.
Lui mi guardava con occhi famelici e percorreva con il suo sguardo il mio corpo più scoperto che altro ed io dentro di me gongolavo soddisfatta.
Arrivai a pochi centimetri da lui, mi alzai sulle punte dei piedi e appoggiai le mani sul suo petto notando subito quanto fosse scolpito. Come sempre ogni volta che cercavo di fargliela pagare finivo sempre per buttarmi la zappa sui piedi desiderando di essere presa da lui in ogni modo umanamente possibile e non.
<< Edward. >> sussurrai a due centimetri dalle sue belle labbra.
Sentii le sue braccia spostarmi e stringermi a lui fino a farmi sentire la sua notevole erezione sotto i pantaloni della tuta.
<< Bella. >> sussurrò lui di rimando avvicinando il suo viso al mio.
<< Ti va di… >> iniziai il discorso, ma non lo finii.
<< Si. >> inspirò immediatamente senza darmi il tempo di finire la frase.
Mi scostai da lui e sorrisi soddisfatta.
<< Okey, meglio iniziare. Che ne dici di iniziare dallo studio? Gli scatoli sono già lì, tu devi svuotarli e sistemare la stanza. >> dissi sorridendo allegra e divertita dalla sua faccia che diventava sempre più sconvolta ad ogni mia parola.
Mi girai di spalle e mi trattenni dal ridergli in faccia, sarebbe stato davvero da bastarde ed io quella mattina lo ero stata abbastanza.
Lo sentii sbuffai dietro di me per poi vederlo superarmi e dirigersi verso lo studio dove gli avevo ordinato di andare.
<< Me la pagherai, Bella Swan! >> urlò dalla stanza e lì, non trattenendomi più, risi sonoramente.
 
Adesso nel mio studio pensando a quel giorno sorrisi divertita.
<< Sorridi da sola? >> chiese una voce facendomi sussultare.
Mi raddrizzai e guardai la porta dove appoggiato allo stipite in una posa davvero sexy c’era Edward che sorrideva sghembo. Non riuscii a trattenere un sorriso che subito nascosi facendo un colpo di tosse, ma lui non sfuggì perché lo vidi sorridere soddisfatto.
<< Che ci fai qua? >> gli chiesi ricomponendomi.
Si staccò dalla porta e si avvicinò dandomi l’occasione di guardare come fosse vestito. Avevo tolto il vestito elegante e aveva indossato un paio di jeans chiari ed una camicia azzurra lasciata fuori dai pantaloni e aveva infilato una giacca di pelle nera. Notai che aveva ancora un po’ i capelli umidi segno che non era neanche uscito dalla doccia che era già uscito. Chissà dove stava andando, mi chiesi.
<< Ero appena uscito dalla doccia quando mi è venuto in mente di aver dimenticato il cellulare qui e quindi sono sceso. >> disse con tranquillità sedendosi sulla scrivania al mio fianco dandomi una piacevolissima visione delle sue gambe sode e del…
<< Tu che ci fai ancora qui? >> mi distrasse in tempo o mi sarei inoltrata nel campo minato.
Gli indicai le cartelle e fogli vari. << Caso Denali. >> dissi semplicemente e lui annuì.
Mi appoggiai alla sedia e volsi lo sguardo verso di lui che ricambiò intensamente. Mi sentivo scrutare dentro dai quei bellissimi occhi verdi che molto spesso erano i protagonisti dei miei sogni.
<< Sei stanca. >> non era una domanda.
Non mi preoccupai neanche di negare, era evidente. Ero in quell’ufficio dalle nove e non avevo avuto un po’ di pausa.
<< Devo risolvere questo problema. >> dissi semplicemente.
Lui annuì. << Quando hai il prossimo incontro? >> mi chiese interessato.
Mi sporsi verso la scrivania e guardai la mia agenda. << Lunedì alle due del pomeriggio. >> e ritornai a guardarlo dal basso.
Lui annuì. << Che ne dici se adesso te ne ritorni a casa e domani mattina alle nove ci troviamo da te per risolvere tutto questo? >>
Lo guardai scettica. << Ti stai offrendo di aiutarmi? >>
Lui sorrise sghembo. << Mettiamola così. Io aiuto te a risolvere il macello che ha fatto Black ed io intanto mi esercito per il futuro. Una specie di accordo, ti va? >>
Lo guardai attentamente per cercare di scorgere qualcosa che mi facesse capire che mi stesse prendendo per il culo, ma il suo viso era rilassato e i suoi occhi erano limpidi e sinceri. Cosa avrebbe potuto farmi un intero giorno a stretto contatto con lui nella stessa casa? Niente se escludiamo il fatto che gli sbavi dietro e che saresti molto contenta se ti scopasse, rispose come il solito la voce completamente inopportuna della mia coscienza. La ignorai semplicemente.
Annuii. << D’accordo, Cullen, ma non farmene pentire. >>
Lui sorrise ancora sghembo. << Nessuna mai si è pentita. >> disse lasciandomi intendere pienamente il doppio senso.
Come potevano lamentarsi se a farle toccare il cielo con un dito era lui? Un Dio greco? Era pressochè impossibile lamentarsi, io almeno non lo farei mai.
Mi aiutò a sistemare le cartelle e a portarle fino alla mia macchina.
<< Sei a piedi? >> chiesi non notando la sua volvo.
Lui annuii. << Due passi non fanno male. >>
<< Ma adesso sembra un po’ una cretinata farsela a piedi quando ci sono io che abito nel tuo stesso palazzo. Sali. >> gli dissi convinta della mia teoria.
Lui mi guardò un attimo negli occhi poi annuì e senza aggiungere altro entrò in macchina. Il tragitto dall’azienda al garage del palazzo fu silenzioso e teso, non mi ero mai trovata da sola con lui in un ambiente così ristretto e mi sentivo un po’ in imbarazzo cosa alquanto strana per me che non mi ero imbarazzata neanche quando Esme mi trovò a letto con suo nipote, figlio del fratello venuto in vacanza da loro per un mese intero.
Quando scendemmo dalla mattina ed entrammo in ascensore, ambiente ancora più ristretto, mi resi conto che mi sentivo in imbarazzo con Edward perché lo desideravo ardentemente e quei spazi piccoli non aiutavano granché il mio autocontrollo già parecchio in bilico.
Gli lancia un’occhiata di traverso e notai la tranquillità che traspariva dal suo viso, ma potevo notare benissimo la vena pulsare sul collo segno di tensione. Forse anche lui provava la stessa cosa che stavo provando io, anche lui mi desiderava come lo desideravo io.
Quando arrivammo al suo piano e le porte si aprirono, Edward uscì fuori per poi girarsi verso di me.
<< Ci vediamo domani, allora? >> mi chiese conferma.
Annuii. << Facciamo colazione insieme? Cucino io. >> mi affrettai a specificare.
Le porte si stavano chiudendo e l’ultima cosa che vidi prima che lo facessero era il suo sorriso sghembo che mi avrebbe tormentato per tutta la notte.
 
Quella mattina mi svegliai alle sette e dopo aver bevuto del caffè cominciai a spadellare. Preparai delle frittelle ai frutti di bosco, una torta allo yogurt e poi andai a farmi una doccia, lasciando le omelette e il bacon quando sarebbe venuto così le avrebbe mangiate calde.
Feci un giro per l’appartamento per mettere in ordine, volevo fargli una buona impressione, volevo che la mia casa gli piacesse. Voglio piacergli, pensai, mentre aggiustavo i cuscini di pelle sul divano.
Mi fermai in mezzo al salotto e mi diedi della stupida. Come potevo pensare una cosa del genere per una persona che non mi interessava per niente?.
Edward era un bellissimo quanto sexy ragazzo con i suoi bellissimi ed intriganti smeraldi al posto degli occhi, non c’era dubbio, ma non doveva piacermi, non poteva. Edward era il mio incubo da adolescente ed io dovevo essere il suo in quel momento, dovevo fargli scontare la pena per tutto quello che mi aveva fatto.
Allora perché lo sogni tutte le santissime notti?, mi chiese una voce nella mia mente.
Non seppi darmi una risposta o la sapevo, ma non volevo crederci.
Dopo essermi osservata intorno notando che fosse tutto in ordine mi diressi in bagno dove mi feci una doccia rigenerante e ne approfittai per fare uno shampoo, non ne avevo bisogno perché lo avevo fatto il giorno, ma adoravo che i miei capelli profumassero di fragole e frutti di bosco, il mio shampoo preferito.
Quando tornai in camera in accappatoio mi fermai a contemplare il contenuto del mio armadio e mi sorse un dubbio. Che diavolo mi metto?
Non era un appuntamento galante, quindi niente cose complicate come gonne o vestitini; non era una scampagnata quindi niente tute e jeans larghi; non era un incontro di lavoro o un meeting quindi niente tailleur o pantaloni classici.
Chiamai l’unica persona che sapevo avrebbe potuto aiutarmi.
<< Sono le otto di mattina, sono andato a letto alle quattro, ho la schiena a pezzi perché il ragazzo con cui ho scopato era un animale del cazzo! Dammi un buon motivo per non staccarti il telefono in faccia! >>rispose al quinto squillo facendomi sorridere.
<< Amore mio, scusami, ma ho una specie di incontro con occhi belli. Mi dai una mano? >> dissi facendo la voce da gattina indifesa.
Sentii il fruscio delle lenzuola, segno che si era girato per trovare una posizione più comoda.
<< Occhi belli, dici? >>chiese conferma dopo aver sbadigliato. << Di che si tratta? >>
Sorrisi vittoriosa. << Tra meno di un’ora verrà qui da me per aiutarmi con del lavoro, faremo colazione insieme e se ne avremo per le lunghe anche il pranzo. Non c’è bisogno che ti elenchi cosa ho nell’armadio, vero? >>
Lo immaginai alzare gli occhi al cielo. << Tesoro te l’ho sistemato io. >> disse con fare ovvio. << Comunque perché non metti quella graziosa magliettina blu che ti ho regalato qualche mese fa? Abbinaci un jeans semplice e al piede un paio di ballerine. >>
Mentre lui parlava prendevo le cose che mi elencava e dovetti ammettere che era un bel abbinamento, non sexy ed elegante, ma neanche sciatto. Era l’abbinamento giusto.
<< Ti ho detto che ti amo immensamente e che sei il mio angelo? >>
<< Fanculo. >> e riattaccò, ma non mi sfuggii il tono divertito che aveva usato.
Buttai il cellulare sul letto e dopo aver indossato l’intimo abbinato alla maglia, mi vestii per poi truccarmi leggermente visto il mio viso cadaverico e asciugare i capelli lasciandoli sciolti sulle spalle.
Dopo essermi data uno sguardo allo specchio e consideratami soddisfatta andai in cucina per sistemare la tavola, con piatti, posate e bicchieri.
Guardai l’orologio che avevo in cucina e sospirai di sollievo vedendo che erano appena passate le nove, almeno non avrei dovuto aspettare in eterno, odiavo aspettare le persone.
Erano le nove e cinque quando bussarono alla porta e dopo aver dato uno sguardo in giro andai ad aprire trovandomelo davanti più bello che mai. Aveva indossato un paio di jeans neri che gli fasciavano le gambe in modo indecente ed una camicia nera che lasciava intravedere il suo petto scolpito e le sue spalle larghe. Aveva i capelli color bronzo più spettinati del solito che gli davano un’aria sexy, ma anche tenera. I suoi occhi erano limpidi e sorridenti e le sue labbra sottili sorridevano in quel modo illegale che riusciva a farmi contorcere lo stomaco ogni volta.
<< Ehi. >> mi salutò.
Mi riscossi e lo lasciai entrare. << Buongiorno. Affamato? >>
Lui annuì. << Abbastanza. >>
Annuii semplicemente e lo condussi in cucina dove si accomodò alla tavola mentre io mettevo su la padella per preparare le omelette e il bacon.
<< Dormito bene? >> cercò di intavolare una conversazione.
<< Certo, tu? >> risposi mentre versavo l’impasto delle uova nella padella.
Lui annuì. << Certo. >>
Calò di nuovo il silenzio. Non ci eravamo mai trovati da soli e non sapevamo come passare il tempo, eravamo imbarazzati o almeno io lo ero. Quando mi girai per versare il contenuto della padella nel suo piatto lo trovai tranquillamente spaparanzato sulla sedia mentre tamburellava con le dita sul tavolo.
<< Omelette, bacon, frittelle… cosa si festeggia? >> chiese quando mi accomodai.
Sbuffai. << Non si può essere semplicemente… ospitali? >> chiesi trovando la parola adatta.
Lui mi guardò divertito. << Tu ospitale con me? >> scosse la testa. << Non ci credo neanche se lo vedo con i miei occhi. Non devi trovare un modo per convincermi a fare del lavoro per te, mi sono già offerto. >>
Alzai gli occhi al cielo. << Mal pensante. >>
Lui sorrise ancora mentre addentava del bacon. << Dopo tutto quello che mi hai fatto passare in questo mese e mezzo è il minimo essere guardinghi nei tuoi confronti. O sbaglio? >>
Scossi la testa e non lo risposi mettendo nel mio piatto un paio di frittelle versando sopra un po’ di sciroppo d’acero. Cominciammo a mangiare senza proferire parola, io troppo imbarazzata per farlo, con la paura di fare qualche cretinata.
<< Allora, capo, qual è il problema? Cosa ha combinato Black? >> mi chiese portando la conversazione su un campo neutro e gli fui grata.
Passammo il resto della colazione a parlare del caso e devo ammettere che era davvero bravo nel suo lavoro. Mi aveva elencato i modi in cui lui avrebbe preferito risolvere il problema ed io mi trovai entusiasta perché era una buona soluzione. Avevo uno stagista niente male, ammisi alla fine.
Quando Edward finì di mangiare l’ultima frittella, se le era spazzolate quasi tutte, si massaggiò la pancia che non era aumentata neanche di un millimetro io invece sentivo il jeans andarmi stretto.
Ma come faceva?
<< Sono pieno come un uovo. >> poi mi sorrise. << Devo ammettere che cucini niente male. >>
Lo guardai inarcando un sopracciglio. << Niente male? Hai mangiato tutto ciò che ho cucinato come se da un momento all’altro potessero portartelo via e alla fine sai dire solo ‘niente male’? >>
Lui sorrise sporgendosi verso di me, fino a trovarsi a pochi centimetri dal mio viso. Il suo alito era caldo e zuccherato e i suoi occhi erano limpidi come uno specchio d’acqua.
<< Cucino meglio io. >> disse ritornando al suo posto.
Dopo un attimo di sbandamento dovuto a quella vicinanza, sorrisi divertita.
<< Dovrei crederci? >>
Lui annuì. << Nessuna mai si è lamentata. >> disse facendomi capire che sicuramente non ero la prima ragazza con cui faceva colazione o pranzava.
Quella frase mi fece irritare, quella sua frecciatina sulle sue ex era stata fuori luogo o almeno a me sembrava così.
<< C’è sempre una prima volta, Cullen. >> dissi irritata.
Lui si appoggiò al tavolo incrociando le braccia. << Se ne sei tanto sicura, niente ti vieta di accettare un invito a cena. Domani sera a casa mia, io e te. >> mi disse sfidandomi anche con gli occhi.
Assunsi la sua stessa posizione. << Pronto a perdere? >>
<< Pronta a cadere ai miei piedi? >> mi chiese con tono sicuro.
<< Si, ma prima lavateli. >> dissi in tono divertito.
Lui mi guardò un attimo poi proruppe in una roca risata, facendomi vibrare dentro. Era così bello da star male, non me ne ero mai resa conto anche perché fino ad ora sul suo viso avevo solo visto scherno e disgusto per me da adolescente e desiderio e rabbia per me da adulta.
Vederlo così tranquillo e sereno era una novità, una piacevole novità.
Quando ritornò in se con ancora quella scintilla di ilarità che gli illuminava gli occhi rendendolo ancora più bello di quanto non fosse, mi fissò.
<< Questa è una sfida vera e propria e per una sfida che si rispetti c’è bisogno di un premio o di un pegno finale. >>
Feci finta di pensarci. << Premi e pegni, dici? >>
Lui annuì. << Se vinci tu io sarò tuo schiavo in azienda e fuori per un mese, ma se vinco io… >> e si prese la fatidica ‘pausa di riflessione’ pe farmi arrovellare il cervello in cerca di qualcosa di terrificate che sicuramente mi avrebbe proposto.
<< Devo ancora pensarci, ti farò sapere quando vincerò. >> mi disse sicuro di se.
<< Non metterci la mano sul fuoco, Cullen, potresti bruciarti. >> dissi mentre mi alzavo e sparecchiavo la tavola.
Lui da gentiluomo mi aiutò a farlo così ci mettemmo meno tempo e ci dirigemmo nel mio studio che lui aveva appositamente sistemato quel giorno. Aveva fatto un ottimo lavoro rendendo quella stanza accogliente e ordinata.
Sulla mia scrivania avevo già sparso le cartelle e il pc era già acceso, avevo il bruttissimo vizio di accenderlo appena sveglia e non sapevo neanche il motivo.
Mi accomodai alla mia sedia e lui prese posto dall’altra parte sulla poltroncina girato verso di me così da darmi la visuale del suo bellissimo viso che avevo scoperto corrucciato e sexy ogni volta che era immerso nei suoi pensiero o era semplicemente concentrato su qualcosa.
<< Iniziamo, Cullen? >> chiesi indicandogli il ripiano della scrivania.
Lui annuì. << Si, ma smettila di chiamarmi Cullen. >> specificò prima di afferrare una cartella e aprirla per sfogliarla.
Mi presi un attimo per me per osservarlo. Osservai le sue dita lunghe e affusolate da pianista mentre sfogliavano i fogli, notai il suo braccio muscoloso lasciato scoperto dalla camicia arrotolata fino al gomito, notai la linea del collo perfetta e poi arrivai al suo viso squadrata e virile. Le sue labbra erano sottili, ma non avevano niente da invidiare a quelle carnose, erano ugualmente -se non di più- sexy. Osservai i suoi capelli bronzei spettinati a regola, li aveva sempre così, probabilmente non li toccava mai tranne quando li lavava. Molte volte quando lo osservavo avevo il desiderio di toccarli con le mani per vedere se erano morbidi e setosi come sembravano, ma poi mi trattenevo, perché non potevo. Nonostante tutta la vendetta e quello che ne comportava, ero il suo capo e lui era il figlio del mio, non avrei mai potuto fare una cosa del genere.
Lo osservai ancora un attimo poi mi riscossi e mi gettai a capofitto nel mio lavoro sperando di togliermi dalla mia mente l’immagine di me e di lui avvinghiati nel mio letto.
 
Dopo cinque ore passate a stilare un intero rapporto sul caso,  aver stilato un nuovo contratto con tanto di scuse per l’indecente accaduto e dopo aver mandato un e-mail di conferma dell’appuntamento del lunedì dopo, ci prendemmo una meritata pausa.
Edward si alzò il piedi e si stiracchiò ad arte facendomi ridere divertita seguita da lui, lo trovai ridicolo e divertente, ma poi mi ritrovai a fare la stessa cosa e dopo una sua occhiataccia gli feci una linguaccia facendolo ridere.
<< Okey, bambina. Ho fame. >> disse quando mi avvicinai a lui.
Alzai gli occhi al cielo e poi sbuffai. << Andiamo, pozzo senza fondo, ti offro il pranzo. >>
Lui annuì gongolante e mi seguì in cucina,  mi osservò mentre preparavo dei sandwich e poi mi aiutò a portare tutto in salotto dovevo avevo il tavolino. Appoggiai tutto li sopra e ci accomodammo a terra sul tappetto persiano che Alice mi aveva portato dal suo viaggio di nozze. Di solito quando si parte per un viaggio al ritorno si porta come regalino un portachiavi o una cornice, ma Alice era sempre stato un tipo di cose ‘alla grande’ e un tappeto era nel suo stile.
Neanche il tempo di sedermi che Edward aveva già addentato un panino sbrodolandosi tutto con la senape. Risi di quella scena buffa e prima che me ne rendessi  conto mi ero già avvicinata a lui con un tovagliolo pulendogli le labbra.
Quando gli avevo già pulito il mento dalle poche goccioline che erano scappate, mi resi conto di quello che stavo facendo e con timore alzai gli occhi incontrando i suoi sorpresi, anzi piacevolmente sorpresi di quel gesto.
Subito cercai di allontanare il polso, ma lui mi trattenne avvicinandomi a se ed io dalla sorpresa lasciai cadere il tovagliolo e mi persi in quel mare di smeraldi.
Lo vidi avvicinarsi a me lentamente senza mai staccare i suoi occhi dai miei forse per riuscire a trovare qualcosa che lo fermasse, ma non lo avrebbe trovato perché volevo quello che stava succedendo forse più di lui.
Finalmente dopo un interminabile attesa poggiò le sue calde labbra sulle mie e in quel momento scollegai completamente il cervello e lasciai fuori la porta tutti i dubbi, le incertezze e la mia coscienza che mi stava urlando che tutto quello era sbagliato.
Ma io non ci vedevo nulla di sbagliato nella sua lingua che stava percorrendo le mie labbra cercandomi un permesso che gli accordai facendolo entrare nella mia bocca e facendolo giocare con la mia lingua che subito lo trovò facendosi accarezzare e venerare; non ci trovavo nulla di sbagliato nelle sue mani che aveva appoggiato sui miei fianchi facendomi salire cavalcioni su di lui e facendomi sentire quanto mi desiderasse; non ci trovavo nulla di sbagliato nelle mie mani immerse in quel mare bronzeo che era morbido e setoso come avevo sperato; non ci trovavo nulla di sbagliato nella mia maglia ormai gettata da qualche parte nel salotto, né nelle sue mani che mi stringevano a se accarezzandomi la schiena e il ventre; non ci trovavo nulla di sbagliato nella sua camicia sbottonata, né nel suo petto scolpito che sentivo sotto le mie mani che lo accarezzavano; non ci trovavo nulla di sbagliato nei suoi sospiri, né nei miei gemiti strozzati bloccati dalle sue labbra perfette ancora intente a baciarmi come nessuno mai aveva fatto.
Quando la sua mano salì a accarezzarmi il seno qualcosa dentro di me scattò facendomi irrigidire.
Ma che cazzo stai facendo, Bella? E’ Edward Cullen, mi dissi, il ragazzo che ti ha fatto passare le pene dell’inferno e tu con un paio di moine ci vai a letto?
Lui si accorse del mio cambiamento e si fermò guardandomi negli occhi. << Cosa? >>
Scossi la testa e mi alzai recuperando la maglia che era finita sulla poltroncina e la infilai. Non riuscivo a guardarlo perché sapevo che avrei visto nei suoi occhi sorpresa e sgomento, ma anche eccitazione repressa.
<< Balla, ma che… >> iniziò.
Ma io lo fermai con la mano. << Non possiamo, Edward. >>
Lo sentii avvicinarsi e alzarmi il mento per guardarlo negli occhi e ci trovai tenerezza. Perché mi guardava in quel modo?
<< Cosa ce lo vieta? Tu mi piaci, Bella, tanto ed io piaccio a te. Qual è il problema? >> mi chiese accarezzandomi le braccia delicatamente.
Mi scostai da lui lasciandolo con le mani a mezz’aria.
<< Edward, ti prego, non complicare le cose. Il sono il tuo capo, tu sei il figlio del mio mentore. Per quanto ti desideri in questo momento, non posso fare una cosa del genere. Vattene, ti prego. >> sussurrai senza guardarlo negli occhi.
Lo sentii sbuffare e imprecare, così alzai gli occhi.
<< Come cazzo faccio, adesso? Sono arrapato come un cavallo e tu mi stai cacciando. Mi hai provocato, mi sei saltata addosso e stavi quasi per farti scopare e poi mi vieni a dire che non puoi. Certo che sei incredibile. >> disse arrabbiato abbottonandosi la camicia con stizza.
A quelle parole la calma venne completamente offuscata dalla rabbia.
<< Esci fuori da casa mia. >> dissi con calma terrificante.
Lui mi guardò sorpreso da quella mia uscita improvvisa. << Cosa? >> mi chiese come se cadesse dalle nuvole.
<< Porta il tuo fottutissimo culo fuori dal mio appartamento! >> urlai.
Lui mi guardò per un attimo ancora poi stizzito, come se ne avesse il diritto, prese le chiavi del suo appartamento che aveva poggiato sul tavolino all’ingresso e uscì da casa mia sbattendo dal porta.
<< Fanculo! >> urlai sicura che mi sentisse.
Avevo fatto male i conti. Edward Cullen non si meritava nulla se non freddezza e calci in culo, e io gliene avrei dati tanti. Parola di Isabella Swan. 

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Capitolo 10
*** Capitolo10 ***


Salve amori miei, come state? Scusate il ritardo, ma avevo qualche dubbio su questo capitolo. Non sapevo se renderlo un capitolo chiave o uno di passaggio, ma poi ci ho riflettuto bene e ho deciso di rimandare il pastroccchio più in là.
Bene... ma vi rendete conto? Stamattina sono andata all'università per fare l'esame di storia economica e il prof mi da una bellissima notizia... 'Quelli di Cleif (economia delle imprese finaziarie) l'esame lo faranno venerdì'.
E tu mi ha fatto svegliare alle 5 e 30 con una paura del cazzo per dirmi che non lo facevo oggi? Ma vaffanculo.
Cmq momento sfogo finito.
Eccovi il capitolo di passaggio.
Buona lettura, angioletti.
xoxo Alex
ps vi lascio il link della mia nuova storia The Show Must Go On http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=752065&i=1 


 

 

Capitolo 10



 

POV Edward

Stronzo, stronzo e…stronza!!!
Ero stato davvero uno stronzo a parlarle in quel modo, ma lei non era stata da meno. Mi aveva illuso facendomi credere che avremmo fatto sesso finalmente e poi mi avevarespinto come se la mia erezione si potesse spegnere con un click. Quel pomeriggio dopo quasi quindici anni mi ero masturbato in doccia pensando a lei, ero caduto proprio in basso.
Da quel giorno non mi rivolgeva più la parola e se lo faceva sembrava che le costasse un notevole sforzo, ma dispensava occhiatacce di fuoco a destra e manca e non mi commissionava più lavori declassandomi completamente.
Ormai il mio ruolo era il fattorino, andavo a prendere caffè è cornetti non solo per lei, ma anche per gli altri stagisti che non perdevano occasione per perdermi in giro.
Ne avevo parlato anche con mio padre, ma lui non aveva potuto fare nulla.
<< Figliolo ho affidato questo lavoro ad Isabella e le ho dato carta bianca, non posso farci nulla. >>
Avevo sbuffato. << Ma papà… >>
Scosse la testa. << Mi dispiace, Edward. >>
Ero uscito dal suo ufficio sbuffando e sbattendo la porta. Dopo ero andato da lui a scusarmi perché aveva ragione lui, non era colpa sua se Isabella era una zitella acida bisognosa di sesso.
Ma perché mi aveva respinto se ne aveva bisogno?
Il giorno dopo la grandissima cazzata che avevo detto ero andato da lei la sera perché le avevo preparato la cena sperando che mi avesse perdonato, ma quando aveva aperto la porta neanche il tempo di farmi dire una parola mi aveva già chiuso la porta in faccia e avevo sentito chiaramente la serratura che scattava. Non solo mi aveva sbattuto la porta in faccia, ma si era anche trincerata all’interno.
Non aveva detto nulla, ma era chiaro dal suo sguardo che avrei fatto meglio a non insistere così con la coda tra le gambe me ne ero ritornato nel mio appartamento e avevo invitato una mia cara amica a cena che appena le avevo raccontato la mia stronzata era scoppiata in una fragorosa risata.
<< Certo, Edward Cullen, che hai la grazia di un elefante in un negozio di cristalli. >>
Si chiamava Irina Stewart era un’ inglesina tutto pepe di origini scandinave. L’avevo conosciuta al primo anno di college e da quel giorno non l’avevo più lasciata, era il mio grillo parlante, la mia coscienza.
Era una bellissima ragazza dai capelli biondissimi e due grandissimi occhi azzurri come il cielo d’estate e la pelle pallida come la neve, ma era una delle ragazze più belle che avessi mai visto. Avevamo fatto sesso per un po’, ma poi ci eravamo resi conto che noi due insieme non eravamo fatti per il sesso ed eravamo diventati amici.
<< Senti non è solo colpa mia. Mi ha fatto arrapare e poi mi scarica, ero arrabbiato. >> mi giustificai.
Lei scosse la testa. << C’è bisogno che ti dica che questa giustificazione non sta in piedi e che ti sei comportato come un buzzurro? No, vero? >> aveva detto lei guardandomi con la sua solita faccia da schiaffi.
Avevo sbuffato. << Ti odio. >>
Lei scosse la testa e mi liquidò con un gesto della mano. << No, tu mi ami. >>. Ed era vero.
 
Erano ormai passate due settimane da quella sera e mio padre ci aveva convocati tutti nella sala riunioni perché doveva informarci di un caso molto importante per la nostra carriera.
Quando arrivai c’erano tutti i ragazzi in fibrillazione e chiacchieravano chiassosamente sparando cazzate a destra e a manca sul motivo di quella riunione. Io mi accomodai lontano dalla postazione di mio padre e bevvi tranquillamente il mio caffè che rischiò di strozzarmi quando la vidi entrare dalla porta.
E’ possibile che qualcuno diventi sempre più bello ogni giorno che passa? Non lo sapevo, ma di sicuro lei lo era.
Aveva la pelle leggermente dorata che faceva risaltare i suoi occhi cioccolato e i suoi fluenti capelli castagna. Il week-end precedente era andata al mare con dei suoi amici ed era tornata più bella che mai e appena l’avevo vista mi era quasi partito un embolo.
Aveva un leggerissimo vestito color del grano con una lunga collana dorata che si poggiava perfettamente sull’incavo dei suoi seni che molte notti avevo sognato toccare e venerare.
Stava parlando con uno degli stagisti e sorrideva, un sorriso così bello e sincero che a me era stato negato.
Perché sono stronzo? Perché sei così bella e irraggiungibile?
Mi incantai ad osservarla e quando si girò nella mia direzione per un attimo i nostri sguardi si incatenarono e vidi sparire man mano quel bellissimo sorriso e mi sentii uno schifo, perché volevo quel sorriso, ma sapevo che non ce n’erano per me perché l’avevo ferita.
Tentai di sorriderle, ma lei girò la faccia ed io sospirai affranto. Me l’ero cercata, ma non avevo fatto i conti con la mia mente che non faceva altro che pensarla ed il mio cuore che partiva come un razzo ogniqualvolta me la trovavo davanti o che la sentivo nominare. Ero regredito ai miei tredici anni, ero diventato una bambinetto scemo alla sua prima cotta. Perché ormai ne ero convito, ero completamente cotto di Isabella Swan.
Mi piaceva il suo modo di camminare così sensuale; mi piaceva il suo modo di mordersi il labbro quando era nervosa o imbarazzata o come avevo sperimentato personalmente quando era eccitata; mi piaceva il suo modo di storcere la bocca quando qualcosa non le piaceva o le dava fastidio; mi piaceva il suo modo di comportarsi da zitella acida che mi faceva letteralmente impazzire; mi piaceva il suo modo di baciare, sembrava che ci facesse l’amore con quella lingua; mi piacevano i suoi gemiti ed i suoi sospiri e mi eccitava da morire quando mi trattava come una panno da cucina. Mi piaceva tutto di lei e per la mia stupidità non avrei potuto dirglielo.
Non mi accorsi dell’entrata di mio padre fino a che non richiamò l’ordine e noi lo osservammo attenti senza fiatare.
<< Salve ragazzi, mi dispiace farvi perdere tempo, ma ho una comunicazione da farvi. >> ci guardò e noi annuimmo. << Tra una settimana a Roma si svolgerà un convegno sulle nuove scoperte nel campo dell’economia e delle finanze e come ogni anno vi partecipano tutte le aziende e multinazionali. >> si fermò e guardò Isabella.
<< L’anno scorso è toccato a Carlisle andare, ma quest’anno mi ha chiesto gentilmente se potevo sostituirlo e ho accettato. Con me verranno due stagisti, i migliori. >> ci guardò ad uno ad uno e chissà come mai mi superò senza guardarmi come se fossi invisibile.
Prese dei fascicoli con probabilmente le nostre schede. << In questo mese vi ho osservati tutti e vi ho valutati. Non siete di certo i maghi della finanza, ma non siete male. Ho dovuto scegliere i due migliori e quindi non me ne vogliate se non farò il vostro nome. >> ci guardò tutti con un sorriso dispiaciuto.
<< Jeremy Jones. >> disse e guardò il ragazzo con cui era entrata prima.
Il biondino tutti muscoli con un sorriso da pubblicità del dentifricio ed un cervello grande quanto un oliva, ma nonostante la stupidità era davvero bravo nel suo lavoro. Aveva uno spiccato fiuto per gli affari ed era molto furbo, la qualità che ci vuole per entrare in quel mondo.
Abbassai lo sguardò sospirando perché sapevo che non mi avrebbe mai portato dopo quello che c’era sta…
<< Edward Cullen. >> disse con voce ferma.
Alzai di scatto la testa e la guardai sconvolto. Non potevo crederci, aveva davvero fatto il mio nome? Mi riteneva davvero uno dei migliori anche se non avevo fatto altro che portale i cappuccini e le cartelle che mi chiedeva?
Continuai a guardarla sconvolto mentre continuava a spiegare la situazione ed io non riuscivo a capire nulla solo che lei mi aveva scelto. Sorrisi, forse una speranza per me c’era ancora.
Non notai che se ne erano andati tutti tranne noi tre più mio padre fino a che Bella non ricominciò a parlare.
<< Staremo via quattro giorni ci saranno due giorni di convegno, un pranzo di lavoro e alla fine un ballo l’ultima notte per poi ritornare a casa il pomeriggio seguente. >> ci passò per il tavolo due cartelle dove probabilmente c’era tutto quello di cui avevamo bisogno.
<< Jeremy sei un ottimo acquisto, ma ti pregherei di contenere la sua presunzione. Sei bravo, si, ma non facciamolo sapere al mondo intero. >> lo ammonì Bella.
Jeremy le fece un sorriso sexy, secondo lui e Bella alzò gli occhi al cielo. << Me ne sto pentendo. >> sussurrò ed io ridacchiai per poi bloccarmi quando mi guardò.
<< Non montarti la testa, Cullen. >> disse solo questo con voce fredda prima di andarsene e rimanermi irritato con lei e anche con me stesso.
Se ne andò anche Jeremy che la seguì come un gagnolino. Feci una smorfia, patetico.                          
Nella sala con me rimane mio padre che si accomodò accanto a me. << Edward? >> mi chiamò dolcemente.
Sospirai e mi presi la testa tra le mani. << Ripetimi quanto sono un deficiente? >> gli dissi.
Lo sentii ridacchiare. << Dimmi qualcosa che già non so. >>
<< Che mi ha completamente stregato? Che la penso giorno e notte? >> dissi confidandomi con mio padre.
<< Ritenta. >> mi disse lasciandomi allibito.
Lui mi guardò divertito. << Hai presente chi sono? Tuo padre, ti conosco da quando eri un piccolo spermatozoo. Riesco a capire quando qualcosa o qualcuno ti turba e a te Isabella turba parecchio. >>
Sospirai. << Lei mi odia. >>
Lui scosse la testa. << Isabella è una dalla testa dura ed è eccessivamente orgogliosa, ma la conosco come se fosse mia figlia e sono sicuro che la turbi tanto quanto lei con te. >>
Lo guardai scettico. << No, papà, mi odia. >> dissi mettendolo davanti alla realtà.
Lui si alzò dalla sedia e mi guardò con il suo solito sguardo da ‘Vedi e poi vieni a dirmi se avevo ragione o meno’.
<< Divertiti a Roma. >> mi disse semplicemente prima di uscire.
Se divertiti. Sprizzo gioia da tutti i pori.
 
Mi trovavo a casa mia da solo a guardare una partita di basket alla tv con una ciotola di pop-corn ed una birra quando sentii delle voci e delle risate sul pianerottolo.
Mi accostai alla porta, guardai dallo spioncino e quello che vidi mi lasciò l’amaro in bocca.
C’era Bella che sorrideva divertita verso un ragazzo abbastanza carino ed legante nel suo completo scuro senza cravatta. Mentre ridevano lui l’appoggiò con la schiena al muro e la bloccò con il suo corpo.
<< Ti posso baciare? >>le chiese.
Pff lo chiedeva anche? Io l’avrei baciata e basta.
Bella sorrise biricchina. << Si, ma…prima devi prendermi. >> disse scivolando e correndo al piano di sopra.
Lui scosse la testa ridendo. << Ti prendo, diavoletto. >> e sparì.
Dopo pochi minuti sentii la porta di casa sua sbattere e il mio cuore fare un tonfo.
Appoggiai la fronte alla porta e sospirai rassegnato. No, non ci sono speranze. 


 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Eddai non guardatemi così sorprese, sono già qui e allora?Sono ufficilamente in vacanza e quindi mi sono concessa un capitoletto, contente? Spero di si.
Cmq come state ragazze?Le vacanze sono già iniziate per voi?
Mi dispiace non aver ancora risposto alle recenzioni del capitolo precedente, le ho lette però. Appena torno stasera, vi rispondo, okey?
Un bacio grandissimo e un abbraccio stritolante.
Buona lettura, braciolette.




Capitolo 11



POV Bella

Stronzo, stronzo…stronza!
Era stato un grandissimo stronzo a trattarmi in quel modo dopo che gli avevo chiesto scusa e gli avevo fatto presente i miei sentimenti contrastanti in merito alla voglia che avevo di lui, ma lui mi aveva trattato come una sgualdrinella. Certo ero stata anche io una stronza a farlo eccitare in quel modo per poi non dargli nulla, ma lui si era comportato davvero come uno stronzo bastardo.
Quella sera dopo che se ne era andato avevo chiamato Mike che subito era accorso e avevamo passato la serata a parlare a riempirci di gelato e a farci la ceretta.
<< Tesoro  sei una gran gnocca, lascialo perdere. >> mi aveva detto prima di strappare la striscia di cera all’inguine.
Dopo avergli imprecato contro avevo annuito. << Hai ragione, sono una gran gnocca non ho bisogno di occhi belli. >>
La mattina dopo avevo fatto colazione con Alice e Rose che non si erano risparmiate negli insulti.
<< Non mi importa se è mio fratello è davvero uno stronzo. >> aveva urlato Alice facendo girare tutte le persone presenti nel bar.
<< Fortuna che il mio orso non è così. >> aveva detto Rose illuminandosi al solo pensiero di suo marito.
Avevo sorriso amaramente. << Troverò anche io qualcuno come Emmett o Jasper? Al solo pensiero di incappare in altri Edward Cullen mi vien voglia di prendere i voti. >>
Alice mi aveva sorriso maliziosamente e poi aveva guardato Rose che le aveva restituito lo stesso sguardo.
<< Cosa c’è? >> avevo chiesto curiosa e anche terrorizzata.
<< Bhe… nello studio di Emmett  e Jasper è arrivato un nuovo avvocato che non è niente male, potrebbe piacerti. Si chiama Jesse ed è metà americano e metà portoricano, un vero zuccherino. >> le aveva detto Alice.
Rose aveva rincarato la dose. << Ha un paio di occhi azzurri che ti incantano e ha un sorriso che ti stende ed è…single. >> disse battendo le mani seguita da Alice.
Le guardai prima sconvolta e poi feci spallucce. << Proviamo, dai, cosa potrebbe succedermi? >>
Alice aveva chiamato immediatamente Jasper e gli aveva dato il permesso di dare il mio numero al ragazzo e che lunedì sera avremmo cenato tutti quanti insieme a casa loro.
Passai l’intera giornata con loro in giro per i negozi e alla sera quando tornai nel mio appartamento ero stanca, ma ero davvero contenta. Non mi divertito così con loro, da molto.
Mi ero già infilata la tuta e messo qualcosa a riscaldare nel microonde quando suonarono alla porta e senza neanche chiedere chi fosse aprii, ma subito la richiusi.
Aveva avuto la faccia tosta di venire a bussarmi dopo tutto quello che aveva detto, stronzo. Mi venne quasi da ridere al pensiero che possa averci davvero sperato nella cena che avevamo organizzato il giorno prima.
Il giorno dopo Carlisle mi chiamò nel suo ufficio e mi comunicò che quell’anno non avrebbe potuto partecipare al meeting a Roma perché Esme non stava molto bene e voleva starle accanto, così io avevo accettato senza remore di sostituirlo e mi affidò il compito di scegliere i migliori stagisti tra quelli che mi aveva affidato. Quando tornai in ufficio mi maledii da sola perché sapevo chi fosse il migliore tra i miei stagisti, ma non avrei retto la sua vicinanza per quattro giorni lontano da casa. Sicuramente avrebbe fatto qualcosa che avrebbe minato il mio autocontrollo spingendomi tra le sue forti braccia.
Quella sera per la cena con i ragazzi e Jesse mi vestii con un semplice vestito color cipria con un fiocchettino sotto il seno nero come le scarpe, mi truccai leggermente e acconciai i capelli in morbide onde. Non volevo far vedere che mi fossi preparata perché volevo per forza fare colpa, ma anche così ci riuscii.
Jesse era davvero bellissimo con la sua pelle scura,  i capelli neri e ricci e graziosissime lentiggini sul viso. Era alto più o meno quindici centimetri più di me, aveva le spalle larghe ed il ventre piatto e delle gambe sode e muscolose.
Da gentiluomo mi aveva preso la mano e l’aveva sfiorata con le sue labbra. << Piacere di conoscerti Isabella. >> mi aveva detto con voce suadente.
Arrossii e sorrisi imbarazzata. << Ch-chiamami Bella. >>
Jesse annuì sorridendo. << E Bella sia. >>
Quella sera ci eravamo divertiti tanto tutti quanti e Jesse era stato davvero bravo a mantenere viva la conversazione, aveva uno spiccato senso dell’umorismo ed era molto intelligente e acuto. L’uomo dei miei sogni, in pratica.
A fine serata lui aveva insistito per accompagnarmi a casa visto che ero andata in taxi ed io avevo accettato anche perché se non lo avessi fatto Alice e Rose mi avrebbero linciato.
Arrivati sotto casa era piombato su di noi il solito silenzio imbarazzante in cui non sai cosa dire e hai paura di fare qualcosa di sbagliato.
<< Mi piacerebbe rivederti, Bella. >> mi aveva detto all’improvviso guardandomi con i suoi occhi azzurri ancora più lucenti nell’oscurità dell’abitacolo.
Avevo annuito. << Pacerebbe anche a me. >>
Lui aveva sorriso. << Ti va di pranzare insieme domani? >> disse non perdendo tempo.
Ci avevo pensato un attimo su. << Ci vediamo direttamente al ristorante perché ho del lavoro arretrato. Ti va all’una in quel grazioso ristorantino italiano davanti al palazzo dove lavoro? >>
Lui aveva annuito. << Certo. >>
Gli avevo sorriso ed ero scesa dalla macchina convinta che lui se ne andasse, invece mi seguì fino al portone del palazzo.
<< Allora, buonanotte. >> gli dissi imbarazzata più che mai.
Lui aveva annuito e si era avvicinato a me appoggiando le sue calde labbra all’angolo delle mie lasciandomi per un attimo scombussolata
<< A domani. >> soffiò a pochi centimetri dal mio viso per poi andarsene.
E il giorno dopo venne a pranzammo insieme, ci conoscemmo e ci scambiamo il primo bacio. Uno dei baci più belli e sexy che avessi mai ricevuto e da quel giorno ce ne furono tanti fino a che un sera dopo essere andati a teatro e poi a cena fuori lo invitai su da me e fu fino ad allora il miglior sesso della mia vita.
Mi piaceva Jesse, sapeva farmi ridere e sapeva mantenere un discorso serio. Mi sembrava davvero di aver trovato quello giusto, ma non volevo darmi false speranze perché avrei finto come sempre per rimanerci male.
Ci sentivamo quasi tutti i giorni, l’sms del buongiorno non mancava mai e mi metteva di buonumore fino a che non arrivavo a lavoro e trovavo lui e subito la rabbia montava facendomi diventare irritabile ed acida.
Finalmente era arrivato il momento di partire per Roma ed il giorno prima Jesse venne a cena da me portando con se anche la cena visto che non volevo rimanere il mio appartamento in condizioni pietose.
Ci sedemmo sul tappeto davanti al divano e mangiammo il nostro cibo cinese che avevamo scoperto una cosa in comune.
<< E così domani parti. >> buttò lì all’improvviso con indifferenza.
Sorrisi divertita. << Si, starò via quattro giorni. >>
Lui annuì e continuò a mangiare fino a che non parlò di nuovo. << E sarai con due ragazzi, giusto? >>
Stavolta risi. << Sei per caso geloso, Jesse Hamilton? >> gli dissi avvicinandomi a lui.
Lui scosse la testa. << Geloso, io? Nah. >> disse troppo convinto.
Lo guardai con il sopracciglio alzato in un’espressione scettica, di una che non crede a nulla di quello che sta dicendo.
Lui sbuffò. << Si, lo sono. Non voglio che la mia ragazza stia via quattro giorni con due maschi, lontana da me. >>
Lo guardai sconvolta. << La tua che? >>
Lui mi fissò un attimo e poi abbassò lo sguardo. << Bhe la m-mia ragazza. >>
Mi fece tenerezza e sorrisi da tanto imbarazzo. Non avevo pensato che fossimo passati dal ruolo di conoscenti che vanno a letto insieme ed escono a ragazzo e ragazza e questo mi aveva un po’ sconvolto. Per carità non mi dispiaceva come idea, ma sentivo che qualcosa mi bloccava e che mi serviva del tempo per pensarci.
<< Senti, Jess, io… >>
Lui mi fermò e scosse la testa. << No, aspetta. Ho affrettato le cose, lo so, ma sto così bene con te. >>
Sorrisi. << Anche io sto bene con te, ma… >>
Lui mi fermò ancora e mi prese le mani tra le sue. << Senti mi rendo conto di averti fatto delle pressioni per questo non rispondermi adesso, in questi quattro giorni lontana da me pensaci. Io ti aspetto. >> mi disse sorridendo dolcemente.
Annuì più sicura. << Grazie. >>
Lui sorrise facendo un cenno con la mano. << Vediamo un film? >>
Scossi la testa e mi avvicinai a lui gattonando. << Ho altro in mente per passare il tempo. >>
Lui scosse la testa divertito. << Sei un diavoletto. >>
 
Il mattino dopo Jesse mi accompagnò all’aeroporto e mi fece compagnia fino a che non vidi arrivare Edward e Jeremy.
<< Sono quei due? >> mi chiese mentre mi accarezzava i capelli.
Annuì. << Edward e Jeremy. >>
Lo sentii sbuffare. << E poi non dovrei essere geloso, guardali. >>
Ridacchiai e mi sporsi per lasciargli un dolce bacio sulle labbra, mi staccai quando qualcuno parecchio irritato si schiarì la voce. Con calma mi staccai dalle labbra di Jesse e dopo avergli dato un altro bacio a stampo mi girai verso i ragazzi.
<< Buongiorno, ragazzi. Pronti? >> chiesi tranquillamente.
Jeremy annuì. << Certo, capo. >> mentre Edward si limitò ad un cenno con la testa ed un occhiataccia a Jesse che sorrise divertito.
Quando chiamarono il nostro volo Jesse mi abbracciò. << Ci vediamo tra quattro giorni, piccola. >> mi diede un bacio sulla fronte. << Pensaci. >> e se ne andò lasciandomi con gli occhi a cuoricino.
<< Hai smesso di sbavare? >> mi chiese Edward con voce irritata.
Non lo risposi neanche e mi misi in fila per il check-in. Fortunatamente sull’aereo io avevo il posto vicino al finestrino e tra me e lui c’era Jeremy che subito si addormentò russando come un trattore.
Presi l’i-pod e lo misi ad alto volume per non sentire nulla e mi addormentai anche io visto che quella notte Jesse mi aveva tenuto sveglia per molto tempo.
Quando arrivammo all’aeroporto di Fiumicino a Roma fuori ci attendeva una macchina che ci portò in albergo e dopo aver preso la chiave della mia stanza mi ci chiusi dentro senza guardare o parlare con nessuno. Non avevo nessuna voglia di far finta di ridere alle battute senza senso di Jeremy o subire gli sguardi omicidi di Edward.
La mattina dopo, vestita e preparata scesi giù per fare colazione e sfortunatamente c’era Edward seduto ad un tavolino con un giornale tra le mani. Mi accomodai di fronte a lui e subito chiami il cameriere che prese la mia ordinazione e dopo un po’ ritornò.
<< Tenga. >> e mi offrì il cornetto che avevo chiesto e mi versò del caffè.
Gli sorrisi. << Grazie. >>
Lui mi fece l’occhiolino. << Prego. >> e se ne andò.
Scossi la testa divertita e mordicchiai il cornetto gustandomi la nutella che fuoriusciva dai bordi. Adoravo la nutella e ogni volta che venivo in Italia ne facevo una scorta per casa così da non sentirne la mancanza.
<< Ti sei sporcata tutta. >> disse una voce facendomi sobbalzare.
Edward mi osservava divertito mentre mi pulivo le labbra ed il naso dove si era attaccata la cioccolata. Non lo risposi, mi limitai a prendere il giornale che stava leggendo e mi nascosi dietro osservando la pagina economica e finanziaria.
<< Quando la smetterai di ignorarmi? >>
<< Quando pioverà e non si bagneranno le strade. >> dissi tranquillamente bevendo un sorso del mio caffè e continuando a leggere il giornale
<< Originale come modo di liquidarmi. >> si fermò un attimo, poi sospirò. << Senti, Bella, mi dispiace per quella sera. >>
Non risposi così lui continuò ed intanto io gongolavo. Mi piaceva quando Edward si comportava come una pecorella in cerca di perdono, era divertente.
<< Sono stato davvero uno stronzo a trattarti in quel modo dopo…non dovevo, ecco tutto. >>
Annuii. << Okey. >> dissi semplicemente.
Sbirciai da dietro il giornale e lo vidi guardarmi confuso. << Okey, cosa? >>
<< Okey, sei uno stronzo. >> dissi e prima che rispondesse mi alzai per ritornare in camera e lavarmi i denti.
Il convegno sarebbe iniziato alle dieci così noi tre alle nove e trenta ci avviammo nella sala che l’albergo aveva messo a disposizione e ci accomodammo sulle poltrone che ci avevano assegnato in terza fila. Man mano la sala si riempiva ed io salutavo chi conoscevo presentando i miei stagisti e facendo conversazione amabilmente. Stavo facendo le veci di Carlisle e lui era molto amabile e cortese a differenza mia che ero acida e scorbutica.
La conferenza iniziò ed io chiusi tutto il mondo intorno fuori quella sala e mi concentrai solo su quello che stavano dicendo per apprendere la maggior parte delle cose per poi metterle in pratica. Con me avevo un registratore che avevo posto su quella specie di scrivania che ospitava gli oratori di quel convegno e avevo un quadernino per scrivere ciò che mi colpiva di più o qualche domanda che avrei fatto a fine discorso per avere più chiarimenti. Vidi Edward fare la stessa cosa, mentre Jeremy ci provava con la ragazza seduta accanto a se e mi pentii di averlo portato con me.
Verso mezzogiorno ci diedero una pausa e ne approfittai per un caffè e per parlare con Jeremy, ma non lo trovai in giro come non vidi la ragazza seduta accanto a lui.
<< Cazzo. >> imprecai.
<< Ehi come sei scurrile. >> disse una voce dietro di me.
Era Edward che prese una tazza di caffè ed una tartina. << Cosa succede? >> mi chiese interessato.
<< Jeremy. >> dissi semplicemente.
Edward annuì. << L’ho visto entrare in ascensore con la biondina accanto a se. Molto probabilmente non assisterà alla seconda parte del meeting, troppo impegnato ad accrescere la sua lista di conquiste. >>
Sorrisi malefica. << Penso che non avrà più voglia di conquistare nessuno dopo che l’avrò licenziato. >>
Edward mi guardò intensamente che quasi mi sentii in imbarazzo perché sembrava che volesse leggermi dentro, ma non distolsi lo sguardo, non volevo dargliela vinta. Fu lui a distoglierlo e se ne andò velocemente senza darmi il tempo di fare nulla.
All’una il convegno cominciò di nuovo e fu il turno delle domande ed io ne feci un paio scrivendo tutto quello che mi dicevano e sorridendo gentilmente. Anche Edward ne fece qualcuna e rimasi affascinata dal suo modo di porsi e dal suo modo di formulare bene la domanda per poi ricevere una risposta esaustiva.
Erano le sei quando tutto finì e ci ritirammo nella nostre stanza, ma prima dovevo fare una cosa. Salii al piano di Jeremy con Edward, visto che la sua stanza si trovava accanto alla sua, e bussai non proprio gentilmente.
Aprì Jeremy tutto spettinato e assonato. << Capo? >> chiese sorpreso di vedermi là.
<< Hai mezz’ora per fare le valige e andartene e non presentarti più a lavoro, sei licenziato. >> dissi freddamente per poi girare le spalle e andarmene.
<< Ma, capo… >>
<< Mezz’ora, Jones, e non farti più vedere. >> e le porte dell’ascensore si chiusero alle mie spalle.
Quella sera decidi di rimanere in camera e che avrei chiamato il servizio in camera, così mi feci una doccia e mi lavai i capelli lasciandoli umidi sulle spalle. Mi passai la crema sulle gambe, un vizio che mi aveva fatto prendere Alice con le sue manie per la pelle morbida e liscia come la seta.
Avevo appena messo l’intimo quando bussarono alla porta. << Chi è? >> chiesi urlando.
<< Ehm… Edward. >> rispose in imbarazzo.
Sorpresa infilai un pantaloncino ed una canotte e aprì trovandomelo fuori la porta con un jeans ed un maglioncino ed i capelli ancora un po’ umidi per la doccia.
<< Ciao, cosa c’è? >> chiesi passandomi una mano tra i capelli.
Si grattò la nuca imbarazzato. << Sono appena le sette e mi chiedevo se… cioè se ti andrebbe di fare un giro con me per Roma. Niente di impegnativo, solo che non penso mi ricapiterà di venirci ancora e vorrei approfittarne. >> mi guardò negli occhi. << Vorrei che mi facessi compagnia, magari mangiamo anche una pizza. Ti va? >>
Perché lo trovavo così adorabile?
Stava davanti a me imbarazzato e adorabile che mi chiedeva in modo adorabile se volevo fargli compagnia per passare un’adorabile serate tra le strade di Roma per poi mangiare un’adorabile pizza con lui. Potevo essere così adorabilmente zuccherosa? No.
Guardai lo stato in cui ero e sorrisi anche io imbarazzata. << Mi dai…ehm… >>
Lui annuì vigorosamente. << Ti aspetto giù, fai con calma. >> e se ne andò.
Appena chiusi la porta andai nel panico. Cosa metto? Mi avvicinai alla valigia ed estrassi tutto quello che avevo e contemplai i vestiti per un po’ fino a che non optai per un jeans scuro, una camicetta a quadri blu e azzurra con una cinta di pelle blu sotto al seno e al piede non potei fare a meno di mettere i tacchi. Avevo portato solo quello.
Mi asciugai velocemente i capelli, li acconciai con la lacca e mi truccai leggermente anche perché non avevo il tempo di fare nulla di complicato. Afferrai la giacca nera, la borsa e dopo un’ultima occhiata allo specchio usci dalla stanza in ansia. Avevo il presentimento che quella sera avrei avuto le tanto agognate risposte alle domande che mi ponevo da tre settimane a questa parte.  


Jesse http://www.google.com/imgres?imgurl=http://blog.zap2it.com/frominsidethebox/greys-anatomy-jesse-williams-on-jackson-lexie-romance-abc-getty.jpg&imgrefurl=http://blog.zap2it.com/frominsidethebox/2011/03/greys-anatomys-jesse-williams-on-jackson-and-lexie-just-having-a-little-sex.html&usg=__kqmSMD52DwjUYzaiFS4U_rp_bVA=&h=396&w=275&sz=77&hl=it&start=51&sig2=fvN-urRxdsuILnnTx3a3Pw&zoom=1&tbnid=ihovMFJ_UfenoM:&tbnh=134&tbnw=104&ei=oWokTvvzF8ar-Qa09OWuAw&prev=/search%3Fq%3Djesse%2Bwilliams%26hl%3Dit%26biw%3D1441%26bih%3D619%26gbv%3D2%26tbm%3Disch&itbs=1&iact=rc&dur=120&page=3&ndsp=26&ved=1t:429,r:15,s:51&tx=34&ty=60  

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Ehilààààà bellissime!! Come state? Ma anche da voi piove? Non riesco ancora a crederci che il 25 luglio piove e fa freddo, echeccazzo!!!!!
Cmq come ve la passate, belle bimbe? Siete già partite o siete in procinto? Io non so ancora dove vado e sinceramente non so neanche se andrò.
Cmq eccomi ritornata con un nuovo capitolo a distanza di una settimana, record.
Non ho tempo di rispondere alle recenzioni del capitolo scorso, lo farò in serata.
Buona lettura, girls.
xoxo Alex




Capitolo 12

 

POV Edward

Ero seduto comodamente sulla poltrona della hall dell’albergo ad aspettarla e intanto bevevo un po’ di scotch magari mi avrebbe sciolto un po’ alla prospettiva di passare un’intera serata con lei per le strade di Roma. Quando mi ero ritrovato solo seduto al tavolo del ristorante per cenare e mi ero guardato intorno notando che la maggior parte dei presenti erano coppie o famiglie un senso di disagio e malinconia si era impossessato di me convincendomi ad andare da lei e dirle qualunque cosa pur di averla con me una sola sera.  Lei stranamente aveva accettato lasciandomi piacevolmente sorpreso e adesso la stavo aspettando teso come una corda di violino.
<< Edward. >> mi sentii chiamare da una voce dolce ed imbarazzata.
Alzai lo sguardo e le sorrisi dolcemente. << Pronta? >> le chiesi alzandomi.
Lei annuì e mi seguii fuori dove c’era una serata davvero perfetta per passeggiare, così ci incamminammo in silenzio osservando quella bellissima città.
<< Ci sei mai venuta? >> le chiesi all’improvviso.
Lei scosse la testa. << Sfortunatamente ho avuto pochissime occasioni di venire in Italia e quelle poche volte che ci sono stata ho solo avuto il tempo di vedere l’hotel e la sala meeting o l’azienda che mi interessava. Tu hai detto che non sei mai venuto qui a Roma, ma se ricordo bene hai dei parenti qui. >> mi chiese poi.
Annuii. << Ho dei parenti a Napoli e lì ci sono stato molte volte. Gran bella città, direi. >> la vidi storcere il muso. << Cosa c’è? >> chiesi curioso.
Lei fece spallucce. << Non mi è stata dipinta come ‘gran bella città’. >> disse.
Sbuffai. << Questa è una delle più grandi stronzate che i media hanno detto. La maggior parte delle persone che la dipinge come una brutta città, non l’hanno mai conosciuta fino in fondo come ho fatto io. Napoli è magica ed è…viva, ma nessuno se ne è mai preoccupato. >> le dissi irritato.
Lei mi guardò. << Scusami, non volevo. >> disse imbarazzata.
Scossi la testa e le sorrisi. << Non hai detto niente, solo che… mi dispiace che gli altri non apprezzino la bellezza quando c’è. >> le spiegai.
Lei annuii. << Uno dei problemi che affligge un po’ tutti. >> disse ed io fui daccordo.
Restammo ancora un po’ in silenzio godendoci il leggero venticello e osservando le persone che passeggiavano come noi. Ero io a guidarla verso il ristorante che avevo prenotato non appena lei mi aveva dato una risposta e avevo espressamente chiesto di essere soli e di non essere disturbati e loro mi avevano garantito un tavolo intimo e appartato. Volevo parlare con lei e farmi conoscere, volevo che conoscesse il vero Edward e non quello che l’aveva tormentata per anni senza un motivo valido.
<< Scusami. >> mi disse all’improvviso facendomi girare vero di lei.
<< Come? >> chiesi confuso.
Lei sospirò e si fermò guardandomi. << Scusami per queste ultime settimane, mi sono comportata davvero male con te. >>
Scossi la testa. << Non devi scusarti, me lo sono meritato. >>
Eravamo fermi in mezzo al marciapiede incuranti delle persone che stavano passando, costretti ad inversioni per non disturbarci. Ero completamente perso dentro i suoi occhi che mi guardavano davvero dispiaciuti.
<< Non è questione di meritarsi o no una cosa, non dovevo prendermela con te e il lavoro per una cosa privata. Sono stata poco professionale. >> mi disse riprendendo a camminare.
La seguii e mi accostai accanto a lei. << Questo vuol dire che mi hai perdonato? >> le chiesi sapendo già la risposta, ma il sorriso che mi concesse fu già un premio.
<< Devi ancora lavorare molto, Cullen. Il mio perdono è prezioso e non lo concedo al primo che passa. >> mi disse divertita.
Feci spallucce. << Almeno ci ho provato. >> e lei rise riscaldandomi il cuore.
Restammo in silenzio fino a che non arrivammo al ristorante ed un ragazzo ci accolse sorridendo.
<< Benvenuti. >> ci salutò in italiano.
Bella mi guardò confusa ed io le sorrisi, poi mi rivolsi al cameriere. << Cullen, per due. >> risposi in italiano.
Il ragazzo annuì e ci condusse dentro, attraversammo qualche sala fino a che non entrammo in una porta finestra che portava ad una stanza molto piccola, ma molto bella. C’era un solo tavolo per due posizionato vicino ad una fontana antica, che dava il nome alla sala.
Il cameriere scostò la sedia a Bella che arrossendo si accomodò sorridendogli, mi accomodai anche io e dopo aver sorrise in segno di congedo al cameriere quest’ultimo se ne andò lasciandoci i menù e  accendendo la candela al centro del tavolo.
Bella si guardava intorno con gli occhi sgranati dalla sorpresa. << Cosa c’è? >> le chiesi.
Lei portò lo sguardo su di me e sorrise divertita. << Stai cercando di sedurmi, Cullen? >>
La guardai intensamente. << Perché ci riuscirei? >> le chiesi con un tono di voce basso e suadente.
Lei deglutì. << Vedremo. >> mi rispose.
Annuii. << Vedremo. >> la imitai.
Per un po’ restammo in silenzio osservando il menù e c’era davvero l’imbarazzo della scelta, ma poi optai per delle tagliatelle prosciutto e tartufo e un orata alla piastra con contorno di insalata verde. Posai il menù e guardai Bella che si stava arrotolando una ciocca di capelli ad un dito e si mordeva il labbro inferiore mentre leggeva le pietanze scritte. Era davvero bellissima con quell’aria assorta e un po’ da ragazzina.
Forse sentendosi osservata alzò lo sguardo e mi guardò confusa. << Cosa? >>
Le sorrisi dolcemente. << Sei bellissima. >> le dissi semplicemente e mi beai del rossore che imporporò le sue guance rendendola ancora più perfetta ai miei occhi.
<< G-grazie. >> e mi sorrise imbarazzata.
Le sorrisi anche io ed indicai il menù. << Hai scelto? >>
Lei sbuffò affranta. << E’ possibile prendere tutto? >>
Risi divertito. << Se ne hai il coraggio, si. >>
Lei sbuffò ancora e poi riafferrò il menù decisa. << A noi due. >> e risi di nuovo alla faccia buffa che fece. Alla fine optò per degli spaghetti ai frutti di mare e una fetta di tonno alla piastra con contorno di patate al forno.
Quando il cameriere se ne andò con le ordinazione mi sporsi verso di lei e la guardai negli occhi.
<< Cosa hai fatto in tutto questo tempo in cui non ci siamo visti? >> le chiesi. Volevo conoscere goni cosa di lei.
Lei fece spallucce. << Ho vissuto, davvero. >>
Aggrottai la fronte. << In che senso? >>
<< Fino a che sei stato qui da noi io non ho vissuto davvero, tu non me lo permettevi. Avevo il terrore di uscire di casa, il terrore di camminare per i corridoi a scuola e il terrore di passare del tempo con le mie migliori amiche. Ma erano tutte cose che dovevo fare per forza e quindi subivo senza mai vivere tranquillamente. >> mi guardò begli occhi. << Quando te ne sei andato ho iniziato a respirare. >>
Mi parlò con calma, come se tutto quello non le facesse nessun effetto e sarebbe potuta passare per verità se non avessi visto la luce dei suoi occhi spegnersi improvvisamente.
Abbassai lo sguardo mortificato per tutto quello che le avevo fatto passare, mi sentii uno schifo a pensare che una volta ero davvero così cattivo.
Senza alzare lo sguardo verso di lei parlai. << Mi dispiace così tanto, Bella. Se potessi tornare indietro mi comporterei diversamente, ma non posso cancellare quello che è stato, non si può neanche volendolo con tutto me stesso. >> sospirai e finalmente la guardai. << Non posso cancellare quello che è stato, ma posso cambiare il futuro. Sono una persona diversa adesso e posso dimostrarlo se me ne darai a possibilità. >>
Dal suo viso non traspariva nessuna emozione. << Perché vuoi questa possibilità, Edward? >>
Sospirai. Perché la volevo? Non lo sapevo ancora all’ora perché volevo quella possibilità da lei, ma sapevo di volerla fortemente, più tardi capii il perché.
Scossi la testa. << Non lo so, Bella, non lo so. >> sospirai ancora. << Ma se me ne darai l’opportunità, lo scopriremo insieme. >>
Lei mi guardò con leggermente gli occhi sgranati. << Questi che significa? >>
Feci un grosso respiro. << Perché non… proviamo a frequentarci? Vediamo come và. >>
Lei mi osservò per un po’ di tempo, ma non disse nulla neanche per tutta la durata della cena. Parlammo di molte cose, ma lei non riprese mai il discorso ed io ormai ci avevo perso le speranze, ma non la biasimai dopotutto ero pur sempre quello che le aveva impedito di vivere per i primi suoi diciotto anni di vita. Non era facile cancellarlo e Bella era una persona rancorosa.
Pagai io quella sera e lei dopo varie lamentele si era arresa sbuffando, ma non ero stato in grado di convincerla quando prendemmo il gelato. Era stata categorica ed io mi ero arreso sbuffando, come lei.
Passeggiammo per le strade di Roma, allungando un po’ non ancora pronti a tornare in albergo e mettere fine a quella serata che era stata davvero bella. Ma si sa, le cose belle finiscono in fretta e ci ritrovammo ognuno nelle proprie stanze ed io ancora senza risposta alla mia domanda.
Decisi di farmi una doccia e dopo mi coricai a letto, ma senza prender sonno. Non ci riuscivo, la mia mente era rimasta in quel ristorante a quel lampo che avevo visto nei suoi occhi appena le avevo fatto quella proposta. Io le piacevo questo era poco, ma sicuro, ma c’era qualcosa che la bloccava e potevo metterci la mano su fuoco che non fosse per il mio passato poco discutibile.
Perso nei miei pensieri non sentii qualcuno bussare alla porta.
<< Edward, cazzo, apri! >> urlò Bella da fuori spazientita.
Subito corsi alla porta, l’aprii e lei senza neanche aspettare che la invitassi entrò chiudendosi la porta alle spalle. La osservai e notai che aveva ancora i vestiti di quella sera segno che forse anche lei aveva passato quel tempo a riflettere ed una piccola fiammella di speranza si accese in me.
Prese un grosso respiro. << Si chiamava Sam ed era il ragazzo più dolce e carino che avessi mai incontrato e chissà come, ma gli interessavo. A quell’epoca, se ben ricordi, non rientravo propriamente nei canoni di bellezza. Ero bassa, cicciottella e avevo l’apparecchio per non parlare dell’acne, ero davvero brutta. Comunque lui si era da poco trasferito e subito stringemmo amicizia ed io ero contenta, perché nessuno mai mi aveva guardato come mi guardava lui, più tardi a mie spese capii che era solo un ottimo attore. >> fece di nuovo un grosso respiro ed io non la interruppi certo che da li a poco mi avrebbe detto il motivo di tanta reticenza verso di me.
<< Stavamo insieme da tre mesi ed io mi sentivo pronta, ero innamorata e credevo che lo fosse anche lui. Così organizzai con l’aiuto di Alice una serata romantica, lui rimase davvero contento e quando gli comunicai che ero pronta per fare l’amore con lui, mi sembrò così fiero e felice che mi concessi a lui senza remore. Per un’adolescente come me romantica e convinta che da qualche parte ci fosse il principe azzurro, quella sera fu la più bella della mia vita. Il mattino dopo, però mi si parò davanti la cruda realtà. Appena aprii gli occhi non trovai Sam al mio fianco perché si trovava ai piedi del letto con i suoi due migliori amici che ridevano e sghignazzavano come dei deficienti. Mi guardò negli occhi con disprezzo ‘Davvero credevi che ti amassi, brutta racchia? Sei solo stata una scommessa’ e se ne andò lasciandomi in lacrime e con il cuore spezzato. Mi sentii così umiliata. Da quel giorno non ho permesso a nessuno di entrare nella mia vita a lungo termine, non ho mai avuto una storia seria per paura di soffrire ancora. >> finalmente si girò verso di me e notai i suoi occhi lucidi e mi sentii morire.
Come potevano averle fatto una cosa del genere? Con che coraggio si guardavano ancora allo specchio?
<< Ti starai chiedendo cosa centra questo con te e con noi, bene. Vuoi sapere cosa mi disse Sam quando cominciammo ad uscire insieme come coppia? ‘Perché non… proviamo a frequentarci? Vediamo come và’. >> mi disse ed io mi diedi dello stupido.
Imprecai. << Oddio, scusami. >> le dissi davvero dispiaciuto.
Le scosse la testa. << Non scusarti non lo sapevi, ma quando questa sera mi hai guardato con quegli occhi così belli e sinceri e mi hai detto questo subito il passato mi è piombato addosso. >> si accomodò sul letto ed io la seguii accomodandomi accanto a lei. << In questi due mesi ti ho osservato e ho capito che non sei più lo stesso Edward, che sei maturato. Ma puoi farmi una colpa se non mi fido ancora completamente di te? Tu mi piace, Edward, davvero tanto, ma ho una fottutissima paura di soffrire ancora. Riesci a capirmi? >> mi disse aprendomi il suo cuore ed io l’apprezzai ancora di più conoscendola.
Mi inginocchiai di fronte a lei e le presi le sue mani tra le mie. << Non so se sono il tipo da relazione seria perché non ne ho mai avuta una, ma sono caparbio e se voglio che una cosa vada bene ci metto tutte le mie forze per far si che accada. >> le presi il viso tra le mani e incatenai il mio sguardo al suo. << Mi piaci, Bella, mi piaci come non mi è mai piaciuta nessuna. Mi destabilizzi. Lotterò con tutte le mie forze per farti cambiare idea su di me e riuscirò a crearmi uno spazio nel tuo cuore. >> le dissi con tutta la determinazione di cui ero capace.
Restammo per un attimo ad osservarci poi lei sorprendendomi appoggiò le sue labbra sulle mie in un dolce e delicato bacio ed io non lo approfondii, lasciandole tutto lo spazio ed il tempo di cui aveva bisogno.
Quando si staccò da me mi sorrise dolcemente. << ‘Perché non… proviamo a frequentarci? Vediamo come và. >> mi disse ed io risi divertito stringendola a me.
<< Tutto quello che vuoi. >> le sussurrai all’orecchio.
Tutto quello che vuoi, amore mio 


 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Salve braciolette, come state? Io sto andando in fiamme... mi sono letteralmente ustionata in piscina e adesso ne sto pagando le conseguenze.
Cmq prima di lasciarvi al capitolo e alle mie solite chiacchiere inutili ho un avviso da farvi.
Domenica sette parto e torno il quattordici quindi lunedì otto non potrò aggiornare e neanche il quindici, non so quando aggiornerò di nuovo, ma molto probabilmente riprenderò a settembre a meno che non trovi un pò di tempo per farlo.
Mi dispiace tanto, ma penso mi capirete, in estate è sempre così.
Okey, questo è quanto.
Vi lascio al capitolo e vi auguro buone vacanza, divertitevi, spendete tanti soldi e baciate più ragazzi possibili ihih
Buona lettura, girls.
xoxo Alex
Vi adoro!!!!!


 

Capitolo 13


 

 POV Bella

Fissavo il soffitto della mia camera come per trovarci qualcosa di interessante a parte piccole crepe e qualche sbavatura di pittura. In realtà guardavo, ma non vedevo perché la mia mente era al piano di sotto in un’altra camera, una camera che avevo lasciato all’alba dopo aver passato tutta la notte a raccontare di me e della mia vita ad un perfetto sconosciuto che era stato capace di crearsi un piccolo spazio nella mia vita incasinata.
Chi poteva immaginare che cominciassi a frequentare il mio tormento dell’adolescenza? Se me lo avessero detto qualche tempo fa sarei scoppiata in una fragorosa risata o sarei scappata per quanto la ritenevo assurda una cosa del genere.
Era l’alba e non avevo dormito quella notte, ma non riuscivo a dormire e questo mi fece sorridere perché mi ricordava tanto la reazione di Alice quando ebbe il suo primo appuntamento con Jasper. Tenne me e Rosalie sveglie tutta la notte perché lei troppo euforica per farlo troppo presa dal raccontarci ogni minimo particolare della serata che a noi di certo non avrebbe cambiato la vita, ma se per lei era importante lo era anche per noi.
Certo, ero contenta anche io però c’era qualcosa che non mi faceva stare tranquilla ed era inutile che ci girassi intorno, sapevo benissimo cosa fosse. Era Jesse, il ragazzo che si aspettava da me una risposta  che a quel punto sarebbe arrivata, ma non come se l’aspettava lui.
Ma adesso, dopo quella notte passata con Edward, avevo finalmente capito cosa mi bloccasse con Jesse oltre al mio passato non tutto rosa e fiori. Era Edward, era sempre stato lui.
Già prima di ammetterlo, il mio cuore e la mia mente sapevano che era Edward quello con cui dovevo passare le serate a casa mia a mangiare cinese o a guardare un film o a fare l’amore.
Sono una persona intelligente e perspicace, ma non ero riuscita a capire me stessa. Come era possibile riuscire a trovare soluzioni a tutto e a tutti e non trovarne una per me?
Ma quella sera a cena quando avevo visto il vero Edward, quando ero riuscita a vederlo dietro il pregiudizio che avevo su di lui, qualcosa dentro di me era scattato. Qualcosa che finalmente mi ha aperto gli occhi e mi ha detto ‘Eccolo, lo hai trovato il tuo riscatto’.
C’era ancora molta strada da fare sia per me che per lui, ma mi fidavo. Mi fidavo di Edward e mi fidavo di… noi.
 
Mi alzai dal letto dopo aver dormire tre ore scarse, andai a farmi una doccia rigenerante e intanto accesi il mio Apple per vedere se mi era arrivata qualche e-mail.
Quando fui pronta, mi accomodai alla sedia e entrai nella posta elettronica. Cancellai qualche pubblicità, lessi e risposi ad una mail di Carlisle dove mi domandava come procedeva la situazione e se Edward si stava comportando bene. Lessi una e-mail di Alice che mi ricordava di mettere  nell’armadio il vestito che mi aveva preparato per il ballo per evitare che si sgualcisse ed io alzai gli occhi al cielo per la scarsa considerazione che aveva su di me.
L’ultima e-mail era di Jesse e dopo un grosso respiro la lessi:
Ehi tesoro, come procede? Spero tu ti stia divertendo perché qui senza di te non c’è nessuno che tiene a freno Emmett e Jasper ed è un vero inferno.
Non voglio essere assillante o altro, ma volevo solo sapere se hai pensato alla mia proposta. Spero che tu ci rifletta bene perché vorrei davvero che tu fossi la mia ragazza.
Con amore, Jesse.
Sbuffai, perché doveva essere sempre così difficile?
Non volevo mentire a Jesse perchè non sono il tipo, ma non mi sembrava giusto comunicarglielo per e-mail. Così gli scrissi che ci avevo pensato e gli diedi appuntamento per il giorno dopo il mio ritorno in un bar. Le cose dette di persona fanno meno male se dette senza guardarsi negli occhi.
Verso le otto e mezza uscì dalla mia stanza e per poco non mi venne un colpo. Mi ritrovai Edward sorridente in tutta la sua bellezza intento a bussare, ma avevo fatto prima io.
<< Mi hai sentito, per caso? >> mi chiese divertito.
Scossi la testa sorridendo e mi chiusi la porta alle spalle. << No, stavo uscendo proprio adesso. >>
Edward annuì e si avvicinò a me per poi lasciarmi un bacio sulla fronte. << Buongiorno. >> mi disse dolcemente.
Io arrossii come una ragazzina e sorrisi imbarazzata sfiorandogli il braccio con la mano. << Buongiorno a te. >> sussurrai.
Lui sorrise e mi porse il braccio che io afferrai e ci dirigemmo all’ascensore per scendere insieme a fare colazione.
Quella notte durante i nostri discorsi avevamo messo in chiaro di andarci piano e che si saremmo baciati di nuovo quando io fossi stata pronta e lui aveva acconsentito dicendo che mi avrebbe lasciato tutto il tempo necessario per abituarmi a questa nuova soluzione. Ed io avevo accettato anche se dopo quello che mi aveva detto la voglia di baciarlo era aumentata.
Quando ci accomodammo al tavolo subito il cameriere venne a prendere le ordinazioni e come sempre presi il cornetto alla nutella ed Edward mi imitò per provarlo.
Lo guardai sconvolta. << Non lo hai mai provato? >>
Lui scosse la testa. << E’ un reato? >>
Annuii. << Sei fortunato che non sono una persona cattiva o ti avrei denunciato. Non si può venire in Italia e non mangiare il cornetto alla nutella. >> dissi indignata.
Edward scosse la testa sorridendo divertito. << Esagerata. >>
In quel momento arrivò il cameriere con i due cornetti e i due cappuccini. Appena se ne andò mi accomodai accanto ad Edward, spezzai un pezzo di cornetto facendo attenzione a non fa uscire nulla e lo avvicinai alla sua bocca. << Assaggia! >> gli imposi.
Lui mi guardò negli occhi e senza distogliere lo sguardo aprì la sua bellissima bocca e diede un morso accarezzando con le labbra i mie polpastrelli ed io arrossi consapevole che il gesto che avevo fatto andava contro  il ‘ho bisogno di tempo che abituarmi’.
Masticò lentamente ed io mi sentii ribollire il sangue nelle vene al pensiero che un giorno quelle labbra avrebbero assaggiato me.
Quando ingoiò sorrise sorpreso. << Ma hai ragione, è… buonissimo. >> commentò.
Io sorrisi contenta e soddisfatta. << Che ti avevo detto? >>
Lo osservai e sorrisi divertita notando un sbaffo di nutella all’angolo della sua bocca, senza pensarci alzai la mano e con il pollice lo tolsi, ma subito me ne pentii perché Edward afferrò il mio polso e nel gesto più erotico che avessi mai assistito avvicinò il mio pollice alla sua bocca e leccò la nutella facendomi rabbrividire al contatto con la sua lingua.
Mi scostai scossa. << Cazzo, Edward, così non mi aiuti! >> commentai.
Lui abbassò lo sguardo. << Scusami, non volevo. E’ stato più forte di me. >> si giustificò.
Mi alzai barcollante e feci un grosso respiro. << Ci vediamo alla conferenza, tienimi il posto. >>
Lui si alzò con me. << Non scappare, Isabella. >> mi disse.
<< Non scappo, voglio solo un momento per me. Ci vediamo dopo. >> e mi costrinsi a sorridere per rassicurarlo.
Lui annuì senza sfiorarmi o altro capendo che se l’avesse fatto sarei scoppiata e ringraziandolo con gli occhi scappai in bagno. Mi sciacquai la faccia e mi osservai allo specchio domandandomi perché ero così, perché appena qualcuno si avvicinava di più a me scappavo?
Cosa c’è di sbagliato in me?
Presi il cellulare dalla borsa e fece il numero dell’unica persona che in quel momento poteva aiutarmi.
Dopo qualche squillo una voce femminile dolce e sensuale mi rispose. << Cosa hai combinato? >> mi chiese senza preamboli.
Veronica Scott, mia grande amica del college, che aveva la capacità di calmarmi in un niente. Non avevamo mai smesso di sentirci perché lei era quella persona che non aveva problema a dirti la verità anche se poteva farti star male. Lei diceva sempre che ‘ la verità è la miglior cura ad ogni male’.
<< Ho bisogno di sentirmi dire che non ho niente che non va in me. >> le dissi disperata.
La sentii sospirare. << Centra per caso occhi belli? >> mi chiese usando anche lei il diminutivo che gli aveva affibbiato Mike.
Le raccontai tutto quello che era successo dalla sera prima a due minuti prima al ristorante, lei mi aveva ascoltato senza dire nulla, ma sapevo per esperienza che stava analizzando ogni parola e comportamento per poi dirmi la sua.
<< … ed eccomi qui, in bagno, a pormi problemi esistenziali. >> conclusi stanca.
Restò in silenziò poi parlò. << Perché gli hai fatto una proposta del genere quando è palese che non sei pronta per fare entrare qualcuno nella tua vita? >>
<< Perché sono stupida? >> le chiesi buttandomi ancora più giù.
La sentii ridacchiare. << Questo è scontato, bambina. Senti, tu non hai nulla di sbagliato, okey? Hai solo bisogno di… esperienza. >> disse poi dopo un attimo di silenzio.
Aggrottai le sopracciglia. << Esperienza? >>
Me la immaginai annuire e scuotere la sua chioma rossa. << Si, esperienza. Tu non sai cosa vuol dire essere una coppia perché sei sempre stata solo tu. Adesso hai la possibilità di far parte di un noi e hai tutte le ragioni per essere spaventata, però sono convinta che potrà esserti utile. >>
<< In cosa precisamente? >>
<< Nel capire cosa si prova ad avere qualcuno che si prenda cura di te, tesoro. >> mi disse. << Tu hai estremamente bisogno di qualcuno che si prenda cura di te e so che adesso starai pensando che non ne hai bisogno e che sai cavartela benissimo da sola, ma credimi se ti dico che avere qualcuno che ti accoglie la sera dopo il lavoro con un sorriso dolce è una delle cose più belle e appaganti che ci possa essere. >> mi disse in tono dolce forse pensando a suo marito.
Sospirai. << E’ così bella come sembra? >> chiesi, ma era una domanda retorica.
Non avevo bisogno di risposta e Veronica lo capì. << Le cose possono essere estremamente facili quando segui il tuo cuore. >>
Annuii. << Ci hai preso in pieno con la tua laurea. >> le dissi e lei ridacchiò.
<< Adesso devo andare, tesoro. Chiamami quando vuoi. >> mi disse, la salutai e riattaccò.
Veronica era una psicologa ed io molte volte ero andata da lei per qualche seduta quando veramente ne avevo bisogno e lei riusciva sempre  a farmi ritornare sulla via della ragione. 
Rimasi ancora un attimo in bagno e dopo aver controllato che tutto stesse al suo posto mi diressi alla sala meeting e subito individuai Edward seduto hai primi posto. Mi accomodai accanto a lui e gli sorrisi. << Ciao. >> lo salutai.
Lui mi sorrise contento. << Come stai? >>
<< Adesso meglio, grazie. >> e gli sorrisi ancora.
La conferenza iniziò qualche minuto dopo e per le ore successive non parlammo e ascoltammo attentamente prendendo appunti e registrando.
Erano le tre quando tutto finì ed io ero davvero stanca, le ore perse a parlare quella notte si facevano sentire e non solo su di me. Avevo sorpreso Edward sbadigliare parecchie volte facendomi ridacchiare, ma poi succedeva anche a me e lui mi prendeva in giro.
Mi accompagnò fino in camera e dopo un bacio sulla fronte e un ‘ci vediamo stasera’ se ne andò. Appena entrai nella stanza mi tolsi le scarpe e senza neanche spogliarmi o altro mi buttai sul letto e mi addormentai immediatamente.
Quando aprii gli occhi la stanza era buia e i raggi della luna illuminavano il letto. Mi stiracchiai e accesi la luce per poi strabuzzare gli occhi alla vista dell’orario sulla sveglia digitale. Erano l’una di notte ed io avevo dormito per dieci ore senza mai svegliarmi e si notava visto che corsi immediatamente in bagno per svuotarmi.
Feci una doccia e uno shampoo e mi infilai un jeans con una maglietta rimanendo con solo un paio di calzini a piede. Presi le chiavi della camera ed il portafoglio e mi diressi alla stanza di Edward dove mi aprì con solo i boxer addosso e assonnato.
<< Bella? >> chiese come se non ci credesse.
Sorrisi divertita. << Sono quasi le due di notte, Cullen. >>
Lui strabuzzò gli occhi e guardò la sveglia sul comodino. << Cazzo! >> imprecò ed io risi divertita.
Entrai senza preoccuparmi di nulla e accesi la lampada, ma subito me ne pentii perché Edward mi si parò davanti in tutta la sua bellezza. Aveva spalle larghe e petto scolpito, addominali solo accennati  e quella sensualissima e intrigante v che scendeva dentro i boxer dove notai che era parecchio sveglio e arrossii.
<< Ehm… è sempre così quando mi sveglio. >> si giustificò correndo in bagno e chiudendosi dentro.
Per ammazzare il tempo mi accomodai sul letto e composi il numero del servizio in camera.  Mi rispose un ragazzo e con la scusa di essere una donna incinta con un certo tipo di voglie gli chiesi se poteva preparami qualcosa. Nonostante fossi parecchio fuori tempo mi preparò lo stesso qualcosa, non potendo ignorare che fossi una donna incinta. Gli diedi il numero della camera e mi feci preparare molte cose giustificandomi dicendo che non erano due bocche da sfamare, ma tre visto che erano gemelli.
Quando riattaccai alzai lo sguardo e sorrisi imbarazzata. << Che c’è? >>
Edward mi fissò divertito. << Due gemelli, eh? >>
Feci spallucce. << Non mi avrebbero cucinato e poi siamo in due a non aver mangiato, quindi ringraziami, papà. >> lo presi in giro.
Lui mi guardò inarcando un sopracciglio. << Papà? >>
Mi alzai e mi indicai il ventre piatto. << Ti pare che possa aprire, magra come sono? Aprirai tu e ti spaccerai per un marito mortificato. >> e sorrisi convinta delle mie parole.
<< Un marito disperato, vorrai dire. >> commentò beccandosi uno scappellotto dietro la testa.
Finì di vestirsi ed io intanto davo uno sguardo alla camera che per essere momentaneamente proprietà di un uomo era parecchio ordinata, non c’erano vestiti sparsi in giro come la mia. Notai sul tavolino un libro, mi avvicinai e sorrisi. << Joyce? >> gli chiesi facendoglielo vedere.
Lui mi guardò e annuì. << Mi piacciono i classici. >> si giustificò.
<< Anche a me. Questo l’ho letto una paio di volte, se non mi sbaglio. >> gli dissi posandolo di nuovo.
<< L’ho comprato in aeroporto l’altro giorno, volevo qualcosa che mi tenesse compagnia in camera. Ma adesso ho te, quindi lo leggerò quando tornerò a casa. >>
Sorrisi a quella piccola confessione. << Okey. >>
Edward si avvicinò alla porta finestra e l’aprì facendo entrare l’aria fresca della sera e immediatamente i raggi della luna ci illuminarono. Quella sera mi sembrava che brillasse di più come se si fosse avvicinata alla terra.
La guardai. << Com’è bella. >> sussurrai.
Lo sentii dietro di me,  mi strinse in vita avvicinandomi a lui ed io mi sciolsi sul suo petto appoggiandomi con il capo.
<< Si, è bella, ma tu lo sei di più. >> mi sussurrò.
Girai il capo verso di lui e mi ritrovai le sue labbra a pochi centimetri dalle mie ed era così invitanti che non mi imposi più nessun paletto. Mi avvicinai lentamente e quando stavo per toccarle qualcuno bussò alla porta rompendo il momento magico e non seppi dire se era un bene o un male, però ricominciai a respirare regolarmente.
Quando Edward andò ad aprire mi ricomposi e mi diressi al tavolino dove il ragazzo del servizio in camera posò quattro vassoio d’argento e qualche altro piatto e contenitore. Edward poi gli diede la mancia e se ne andò lasciandoci soli e in imbarazzo.
<< Vediamo un po’ cosa hai ordinato. >> disse Edward scoprendo i vassoi.
Avevo ordinato due cheeseburger, due porzioni di patatine maxi, due di ali di pollo e frittelle ed infine due fette di torta al cioccolato.
Edward ridacchiò. << Poveri i miei piccoli. >>
Risi seguita da lui e la tensione si sciolse lasciandoci mangiare in santa pace. Mentre mangiavamo ridevamo e parlavamo ed Edward molte volte aveva espresso qualche commento sul mio modo di mangiare da camionista.
<< Non mangio da… ieri mattina alle otto e mezza e ho fame. >> gli avevo risposto.
Ma comunque lui non era da meno solo che lui essendo maschio poteva permetterselo, sempre secondo la sua concezione maschilista.
Quando finimmo di cenare Edward sparecchiò, con il carrello portò tutto fuori e poi si richiuse la porta alle spalle ed immediatamente mi sentii in trappola. Intrappolata tra lui e il mio autocontrollo vacillante.
<< Ehm… adesso? >> chiesi.
Edward fece spallucce. << Non saprei.>> poi guardò l’orologio.
Seguii il suo sguardo e notai che erano quasi le cinque. << Penso che… dovrei tornare in camera. >>
Lui annuì. << Certo, ti accompagno. >> si offrì.
Due minuti e mezzo dopo ci trovavamo imbarazzati più che mai fuori la porta della mia stanza in silenzio senza saper cosa dire. Io trovavo molto interessanti le punte dei miei piedi coperti dai calzini, ma lui trovava più interessante la mia nuca perché sentivo chiaramente il suo sguardo su di me.
All’improvviso sentii due dita sotto il mento alzarmi il viso e portarmi a due centimetri dal suo. Eravamo occhi negli occhi ed i suoi sembravano ardere di fiamma propria ed io mi persi in quello sguardo dimenticandomi di tutto e di tutti consapevole soltanto del suo alito caldo sulle mie labbra e del tocco dei suoi polpastrelli sotto il mio mento.
<< Ho detto che ti avrei dato tutto il tempo di cui hai bisogno, ma sto bruciando dentro. Brucio dentro al solo pensiero di avere le tue labbra così vicine e  non poterle baciare, brucio al pensiero del tuo corpo sexy così caldo e non poterlo né toccare né venerare come vorrei e come sogno ogni notte da quando ti ho vista in quell’aula riunione. Iddio sa quando ti voglio, Isabella. >> prese il mio viso tra le mani e mi scrutò. << Ma ti rispetto e rispetto il tuo pensiero e adesso me ne tornerò in camera a farmi una doccia fredda sperando che questo desiderio di te si spenga perché rischio di impazzire. >> mi sussurrò con voce sensuale ed illegale.
Mi osservò ancora per un po’ poi fece un grosso respiro e mi lasciò un bacio sulla fronte, prima di girarsi di spalle e avviarsi verso l’ascensore.
Lo osservai camminare con leggermente le spalle ricurve e lo sguardo basso. Per l’ennesima volta mi aveva dimostrato di essere cambiato e di rispettarmi ed io non riuscivo ad aprirmi, cazzo.
Le cose possono essere estremamente facili quando segui il tuo cuore.
Mi vennero in mente le parole che Veronica mi aveva detto al telefono la mattina prima e prima che me ne rendessi conto le mie gambe stavano correndo verso di lui che si girò sorpreso accogliendomi tra le sue braccia.
Gli presi il viso tra le mani e appoggiai le mie labbra sulle sue che subito risposero con entusiasmo. Mi sollevò da terra per stare più comodo ed io mi aggrappai al suo collo senza smettere di baciarci anzi lui forzò con dolcezza le mie labbra ad aprirsi e immediatamente la sua lingua calda incontrò la mia e cominciò a giocarci. Baciava proprio come ricordavo, ma in quel momento fu qualcosa di davvero sconvolgente, sentivo il suo cuore eco del mio battere all’impazzata.
Immersi le mani tra i suoi capelli e li strinsi di più quando lo sentii gemere nelle mie labbra e la sua presa sui miei fianchi farsi più forte.
Dopo un tempo che mi parve interminabile, ma contemporaneamente troppo poco, ci staccammo restando fronte contro fronte.
Sorridemmo contemporaneamente e lui mi diede un tenero bacio sul naso. << Oddio! >> si lasciò scappare ed io ridacchiai. << Già. >> concordai.
Mi lasciò riappoggiare i piedi a terra e mi accarezzò un guancia. << Buonanotte. >> mi sussurrò ed entrò nell’ascensore che era appena arrivato.
<< Buonanotte. >> sussurrai sorridendo e le porte si chiusero.  

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Toc toc... è permesso?
Ma salve mie carissime fanciulle... eccomi ritornata tutta per voi.
Il mio computer è ritornato nuovo in un lampo già lunedì, ma non sapevo cosa scrivere in questa storia. Ma poi oggi mi sono svegliata e ho avuto un lampo di genio e subito ho aperto ward e ho scritto.
Secondo me è un bellissimo capitolo e ci saranno molte sorprese che spero vi piaceranno tanto, anche perchè le ho scritte per farmi perdonare per il troppo ritardo.
I'm so sorry, bimbe.
Mi siente mancate tanto, lo sapete?
Cmq prima che me ne vado vorrei postarvi il link della mia nuova storia, si chiama 'Innamorato di mia madre' http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=792987&i=1   mi piacerebbe se la leggeste.
Adesso scappo raga.
Buona lettura, fanciulle.
Vi adoro
xoxo Alex


CAPITOLO 14
 

POV Edward 

Il pranzo con i dirigenti era in pieno svolgimento e penso di non aver mai partecipato ad una cosa più noiosa di quella. Bella era costantemente al mio fianco, ma quando qualcuno la intratteneva ero costretto a cavarmela da solo e se per altri più essere un qualcosa di straordinario io avrei dato di tutto per avere una baby-sitter e se era Bella tanto di guadagnato.
Per la maggior parte del pranzo Bella era stata intrattenuta da alcuni uomini di affari che avevano in mente di cambiare la loro assicurazione e lei si era completamente calata nella sua parte di ‘acida assicuratrice’ e se li stava lavorando alla perfezione, tutti pendevano dalle sue labbra che stavano elencando i vantaggi di passare con noi la ‘Cullen Assurance’.
Solo a metà pranzo quando ormai nessuno aveva più voglia di parlare perché già troppo pieni Bella si liberò e mi raggiunse in terrazza dove mi ero nascosto per non farmi vedere da una graziosa quanto petulante vecchietta troppo stufa di stare accanto a suo marito.
Le diedi il benvenuto con un sorriso dolce e mi beai di quel dolce rossore che le imporporò le gote.
<< Ciao. >> la salutai.
<< Ehi. >> e si lasciò cadere su una poltrona alla mia destra, subito mi girai verso di lei.
<< Come procede dentro? >> le chiesi facendole un cenno verso l’interno.
Bella fece spallucce. << Uomini che parlano d’affari e donne che flirtano. Tutto normale. >> rispose ed io le sorrisi.
Notai la smorfia di dolore che fece togliendosi una scarpa dal tacco alto e senza pensarci le afferrai le gambe e le portai in grembo incominciando a massaggiarle i suoi piedi piccoli e perfetti con le unghia smaltate di rosso.
Lei mi guardò sconvolta, ma poi si rilassò sospirando di sollievo. << Sei bravo. >> commentò.
Feci spallucce. << Anni ed anni di esercizio con Alice. >> spiegai.
Poi proseguii. << Tu hai adocchiato qualcuno con cui flirtare? >>
Lei sorrise e annuì. << Direi che la scelta ricade sul signor Ausiello. >> disse convinta di quello che diceva.
Sgranai gli occhi e bloccai per un momento le mie mano, ma ad una sua occhiataccia ricominciai ridacchiando. << Ma avrà settant’anni. >> le dissi indignato, ma anche divertito.
Bella annuì. << Mi piacciono gli uomini maturi. >> spiegò.
Alzai gli occhi al cielo. << Lui è stagionato, Bella. >> e rise con me.
Restammo per un po’ in silenzio ed io continuai a massaggiarle i piedi e lei intanto aveva chiuso gli occhi e sospirava di piacere e sollievo.
<< Potrei assumerti a tempo pieno. >> mi disse.
Sorrisi. << Potrei prenderti in parola. >> e alzai un po’ lo sguardo verso di lei.
Bella mi guardò e sorrise maliziosa. << Io potrei prenderti e basta. >> sussurrò.
Per un attimo ci guardammo negli occhi senza proferire parola perché tutto quello che avevamo da dirci si leggeva nei nostri occhi. Avevamo desiderio l’uno dell’altra, ma sapevamo che era ancora presto. Non eravamo ancora pronti per cedere a quei desideri perché ancora troppo timorosi delle conseguenze.
Volevo Bella, la desideravo, ma desideravo ancora di più che lei non si sentisse in dovere di fare una cosa solo perché sentiva che io ne avevo bisogno per poi pentirsene immediatamente. Desideravo che Bella si sentisse pronta e a suo agio.
<< Non sei pronta. >> le dissi semplicemente e lei invece di inveirmi contro per il poco tatto annuì.
<< No, non lo sono. >> disse e sorrise imbarazzata come se si volesse scusare di quella cosa.
Spostai le sue gambe da me e mi avvicinai a lei prendendole una mano tra le mie. << Non devi scusarti o sentirti in imbarazzo per nulla, okey. Non essere pronti non è un male, Bella. >> le sorrisi dolcemente. << Io ti voglio, non nego di desiderarti tanto, ma io ti voglio mentre sei consapevole di quello che stiamo facendo. Consapevole del tuo desiderio per me. >>
Lei annuì e si sporse verso di me per sfiorarmi le labbra con le sue. << Sei un brav’uomo, Edward. >> mi disse ed io sorrisi contento.
Ero riuscito a farle cambiare idea su di me, finalmente.
 
Quel pomeriggio uscimmo per le strade di Roma perché Bella doveva comprare un vestito per i ballo, perché quello che le aveva messo Alice in valigia a detta sua era un scempio. Lo aveva indossato prima di scendere e si era immediatamente immedesimata in un lampadario di cristallo tanti erano i diamantini.
<< Alice è convinta che tutti noi abbiamo i gusti identici ai suoi. >> aveva detto irritata e subito mi aveva trascinato fuori dall’albergo.
Erano ormai le sette e mezzo di sera e Bella aveva comprato di tutto tranne un vestito che poi era il motivo per cui eravamo usciti. Le diedi un ultimatum o sarebbe tornata a casa da sola e lei dopo avermi fulminato lo sguardò accetto perché stava cominciando a stancarsi anche lei e aveva fame. Come sempre.
Entrammo in un negozio pieno di abiti da sera e sul retro c’era una vera e propria sala prove, stavo per entrare ma Bella me lo impedì perché aveva detto di aver visto l’abito perfetto, ma che non voleva che lo vedessi fino al ballo. Così rimasi in sala d’aspetto a leggere una rivista che avevo trovato lì e rimanendo sorpreso di quante cose sapessero le donne. Ne sapevano una più del diavolo.
Uscì dalla sala prove dopo mezz’ora ed era raggiante e con un enorme borsa con probabilmente il vestito dentro tentai di sbirciare, ma ottenni solo uno schiaffo sulla mano e la minaccia di averne altri.
Mangiammo una pizza in un ristorantino sulla strada e poi ritornammo in albergo un po’ stanchi così dopo aver passato qualche minuto fuori la sua porta a baciarci come degli adolescenti ai primi appuntamenti quando non è permesso andare oltre il collo, tornammo nelle nostre camere.
Dopo aver fatto la doccia mi buttai sul letto e stavo per addormentarmi quando il telefono della camera squillò ed risposi. << Ciao. >> mi salutò con la sua voce melodiosa.
 Subito mi svegliai, ma rimasi sdraiato. << Ehi piccola, non riesci a dormire? >> le chiesi.
Rimase in silenzio per un po’. << Mi piace… intendo, il ‘piccola’. E’ dolce. >> mi disse ed io sorrisi.
<< Comunque volevo solo sentirti prima di andare a dormire, ti ho disturbato? >> riprese.
Io scossi la testa, ma poi mi resi conto che non poteva vedermi. << Tu non disturbi mai. Vuoi che ti racconti una storia? >> le chiesi e lei rise divertita.
<< Potrebbe funzionare. Comincia. >> mi incitò
<< Tanto tempo fa durante una manifestazione un ragazzo dalla strana camicia rosa con un paio di pantaloni larghi color zucca incontrò una bellissima ragazza dai capelli color caramello e un sorriso dolcissimo e se ne innamorò. Lei era di buona famiglia e lui era un povero ragazzo laureato in economia che non aveva ancora un lavoro stabile e viveva in una roulotte scassinata quindi potrai immaginare che i genitori di lei non volevano. Così una notte di estate con un motorino scassinato e arancione scapparono a New York dove nove mesi dopo nacque il loro primo figlio. Non avevano un soldo, ma erano le persone più felici del mondo e… lo sono ancora adesso che hanno milioni di dollari e tre figli. >> conclusi.
<< Fammi indovinare lui si chiama Carlisle e lei Esme, eh? >> mi disse capendo a chi mi riferivo.
Annuii. << La storia d’amore dei miei genitori mi ha sempre affascinato. Loro erano senza un lavoro, senza una casa e senza soldi, ma hanno comunque rischiato perché si amavano. Loro hanno scommesso sull’amore, non ci sono molte persone sulla terra che possono vantarsi di aver fatto una cosa del genere. >>
<< Si, Esme e Carlisle sono un esempio da seguire. >> confermò.
<< Vorrei poter un giorno diventare almeno la metà del grande uomo che è mio padre. >> dissi.
<< Sei ad un buon punto, Edward. >> mi disse e questo mi fece davvero piacere.
<< I tuoi genitori? >> le chiesi.
Lei sospirò. << Madre isterica e ancora immatura, in giro chissà in quale parte del mondo con qualche surfista. Non la sento da due anni e non né sento la mancanza né la necessità di assicurarmi che sia ancora viva. >> disse, poi continuò e mi parva di sentirla sorridere. << Padre migliore del mondo, gentile, spiritoso, tenero e scorbutico. Amo mio padre in un modo inimmaginabile e ogni volta che posso vado a trovarlo e lo chiamo quasi ogni giorno. Non  mi ha mai fatto mancare nulla e ha fatto di tutto per mandarmi nelle scuole migliore ed io ho sempre fatto l’impossibile per renderlo fiero di me. >>
Sentii emozione dentro la sua voce al solo nominare suo padre e mi venne una gran voglia di conoscerlo perché nonostante frequentasse la mia famiglia da più o meno quando era nata, non mi ero mai interessato a lei ne alla sua famiglia. Avevo anche pensato a volte che fosse orfana e che vivesse in qualche casa famiglia perché nessuno la voleva. E invece aveva il padre migliore del mondo.
<< Siamo stati fortunati, in un certo senso. >> le dissi.
Lei rise. << Oh si davvero… avere una madre che ha sempre preferito uscire con le sue amiche che con me è una gran fortuna. Ma comunque, si, mi ritengo fortunata… anche adesso. >> e subito capii che si riferiva a me e a quello che stavamo costruendo.
Dopo qualche altro minuto a parlare riattaccammo. << Buonanotte, piccola. >> le dissi e già la immaginai con le gote colorate di rosso dall’imbarazzo e mi venne una gran voglia di vederla.
<< ‘Notte. >> mi disse dolcemente e riattaccò.
 
Mi trovavo al bar del ristorante nel mio smoking nero mentre bevevo del whisky liscio e mentre aspettavo Bella. Quella giornata non ci eravamo visti perché lei aveva un appuntamento con un pezzo grosso della finanza italiana ed io l’avevo lasciata stare sapendo in cosa si trasformava ogni volta che si parlava di lavoro.
Il ballo era iniziato da una mezz’ora e di lei ancora nessuna traccia, ma non mi preoccupai perché conosco le donne o almeno ne ho avuto una dimostrazione con Alice e quindi sapevo cosa aspettarmi. Solo che ne avevo abbastanza degli sguardi di quelle donne e vecchiette allupate che sembrava non avessero mai visto un uomo in vita loro, certo sono un figo da paura, però calmatevi.
Scossi la testa e sorrisi divertito. << Cos’hai da ridere, amico? >> mi chiese il barman.
Alzai lo sguardo verso di lui e feci spallucce. << Nulla. >>
Lui annuì. << Aspetti qualc… >> ma si bloccò con gli occhi sgranati mentre guardava qualcosa dietro di me.
Mi girai anche io curioso e assunsi la sua stessa posizione e smorfia. Vicino all’entrata della sala in un vestito da principessa grigio c’era la donna più bella che avessi mai visto e si guardava in giro in cerca di qualcuno o qualcosa. Era davvero meravigliosa con i suoi capelli legati in una crocchia larga con due ciocche ondulate ai lati dal viso che le conferivano un aria aristocratica, il vestito scendeva largo fino a terra senza spalline e con il corpetto lavorato con delle pietruzze.
Finalmente la dea individuò la persona che cercava e sorrise dolcemente incamminandosi lentamente senza distogliere lo sguardo da forse l’uomo più fortunato del mondo ad averla.
<< Dio, amico, ma è… >> incominciò il barman.
<< Mia. >> dissi e mi alzai per raggiungerla.
Quando ci fermammo a pochi centimetri di distanza le accarezzai una guancia con un dito e lei chiuse gli occhi ed io subito mi sentii morire perché mi celò i suoi bellissimi occhi esaltati ancora di più dal make-up.
<< Sei meravigliosa, piccola. >> le dissi e lei arrossì imbarazzata.
<< G-grazie. >> e mi sorrise. << Sei bello anche tu. >>
Lasciai scivolare la sua mano tra le mie e la condussi al bar dove le offrii un martini ed io ripresi il mio whisky.
<< Come è andata stamattina? >> le chiesi senza distogliere lo sguardo da lei.
Fece spallucce. << Abbiamo un nuovo cliente. Bella ha colpito ancora. >> e gongolò facendomi ridere.
Oltre alla mia sentii anche un’altra risata e mi girai verso il barman che rideva alla battuta di Bella e la guardava attentamente. Bella lo guardò confusa e divertita io invece gli lanciai un’occhiataccia e lui si ricompose allontanandosi.
<< Odio quel barman. >> brontolai e lei rise.
Passammo la maggior parte della serata a ridere e scherzare e a sorridere a chi ci salutava e a scambiare qualche parola con chi si fermava accanto a noi. Ad ‘animare’ la serata c’era un gruppo che cantava cover e vedendola mentre muoveva la testa a tempo di musica mi decisi ad invitarla, tanto cosa ci poteva succedere.
Le porsi la mano e le sorrisi. << Mi concede l’onore di questo ballo, mia bellissima signora? >> le chiesi con voce sensuale.
Lei arrossì e annuì porgendomi la mano. << Si, mio signore. >>
Andammo al centro della sala e quando la strinsi a me provai tranquillità e pace. Come se lei fosse la mia oasi felice.
Le posai un braccio intorno alla vita e con l’altra mano afferrai la sua libera e la strinsi tra la mia posandola sul mio cuore.
( Ascoltate questa canzone http://www.youtube.com/watch?v=4D_I6WASSf4&feature=related   )
Cominciammo ad ondeggiare e all’improvviso partì una delle canzoni d’amore più belle  di sempre e non mi dispiacque perché forse quello che provavo per lei si stava avvicinando all’amore o forse ci ero già dentro con tutte le scarpe.
Lei alzò lo sguardo e mi fissò con i suoi bellissimi occhi ora lucidi dall’emozione perché senza rendermene conto avevo cominciato a cantarla abbastanza a bassa voce da farmi sentire solo da lei.
Non vedevo nient’altro e non sentivo nient’altro, se non lei tra le mie braccia mentre mi lasciava affogare nei suoi occhi.
Lentamente senza distogliere lo sguardo da lei abbassai il viso fino a posare delicatamente le mie labbra sulle sue. Fu un semplice tocco, passionale e dolce allo stesso momento. Era da mandarti in tilt il cervello.
Quando mi staccai da lei mi sorrise dolcemente,  mi strinse le braccia intorno ai fianchi ed io dolcemente le presi il viso tra le mani e riunii le nostre labbra in un bacio dolcissimo e pieno di… amore. Perché adesso lo sapevo.
Mi ero innamorato di lei.
 
Dopo quel bacio lei mi aveva preso per mano e mi aveva condotto verso la piscina interna che in quel momento era chiusa, ma non per lei che prese delle chiavi dalla borsetta e aprì il lucchetto aprendo le porte.
La stanza era abbastanza grande e anche la piscina, sul bordo della vasca c’erano delle candele profumate accese. Poco lontano c’era una sdraio di legno a due piazze e mezzo con un materasso e dei cuscini bianchi. Quella stanza e quella situazione faceva tanto ‘Vi presento Joe Black’.
Vidi Bella avvicinarsi ad una specie di cassa su un tavolino e immediatamente la canzone che stavano suonando in sala si diffuse per la stanza.
Bella si girò e mi guardò intensamente. << Voglio fare l’amore con te. >> mi disse decisa.
Strabuzzai gli occhi. << Co-cosa? >>
La vidi portare le braccia dietro la schiena e dopo qualche secondo il vestito le scivolo giù dal corpo scoprendola completamente. Fece un passo avanti per uscire definitamente dal vestito e mi guardò ancora trapanandomi l’anima.
<< Voglio essere tua. Sono pronta ad essere tua. >> disse ancora più decisa.
E a quello sguardo non seppi resistere, mi tolsi la ciacca e sciolsi la cravatta. Mi avvicinai a lei e le presi il viso tra le mani, ma prima di baciarla la guardai dritto negli occhi.
<< Sei pronta, davvero? >>
Lei annuì. << Ti voglio, sono consapevole di volerti. >> e mi baciò.
Mi lasciai baciare e ricambiai con tutta la passione di cui ero capace. Ben presto mi ritrovai nudo con solo l’intimo come lei che indosso aveva un misero perizoma nero.
La presi tra le mie braccia senza staccare le mie labbra dalle sue ed entrai in piscina, era stato sempre il mio songo farlo in una piscina e adesso con lei potevo. Mi staccai dalle sue labbra per darle modo di respirare e scesi sul suo collo niveo torturandolo e beandomi dei suoi ansiti; scesi sulla spalla e la clavicola e le diedi un piccolo morso facendola gemere e sorrisi compiaciuto. Mentre io mi dedicavo a lei sentivo le sue mani scorrere sulla mia schiena, sulle mie spalle, sul mio petto e il mio ventre facendomi sospirare ogni volta che rifaceva il percorso. La sollevai ancora di più fino ad avere il suo seno alto e sodo davanti al mio sguardo e subito ne approfittai accarezzandolo con i polpastrelli che immediatamente sostituii con le labbra e lei sospirò tremante.
Cominciò a strusciarsi su di me facendomi gemere di piacere  e di dolore perché già troppo duro ed eccitato. Ero quasi al limite, ma volevo bearmi del suo corpo, dei suoi gemiti e delle sue mani sul mio corpo.
<< Ed-edward… ah. >> mi chiamò sospirante per poi gemere quando con il polpastrello arrivai a sfiorarle l’intimità da sopra la stoffa del perizoma.
Glielo tolsi definitivamente e lo lanciai lontano per poi ritornare con la mano li e trovandola bagnata non solo per l’acqua della piscina, ma perché era eccitata. Cominciai a muovere le dita sul suo punto sensibile e i suoi gemiti aumentarono di tono.
<< Vog – deglutì- voglio di più. >> mi implorò.
Ed io l’accontentai. Mi tolsi i boxer e li lanciai vicino ai suoi, la feci appoggiare alle pareti della piscina e le feci legare le sue gambe intorno ai miei fianchi.
Appena con la punta della mia erezione toccai la sua carne calda sospirammo entrambi e ci stringemmo di più.
<< Posso ancora tirarmi indietro, se solo me lo chiedessi. >> le sussurrai all’orecchio.  
Lei scosse la testa e mi guardò negli occhi. << Fammi sentire quanto mi vuoi. >> e così lo feci.
Senza distogliere lo sguardo da lei entrai piano piano tra le sue piaghe e mi sembrò di morire tanto era stretta e calda.
<< Dio… >> si lasciò scappare in un sussurro.
Cominciai a muovermi in lei lentamente mentre le baciavo il collo e le accarezzavo il seno con le mani. Bella assecondava le mie spinte sospirando e ansimando, ma senza dimenticare di coccolarmi con le sue mani.
<< Più… forte… >> implorò.
Mi mossi più in fretta e più velocemente e ben presto i nostri ansimi si trasformarono in gemiti. Bella si ancorò alle mie spalle e chiuse gli occhi, ma io la costrinsi ad aprirli.
<< Voglio guardarti negli occhi quando sarai completamente mia. >> le dissi e cominciai a muovermi più velocemente.
Qualche spinta dopo il mio orgasmo in un gemito più forte degli altri si riversò in lei in modo travolgente e Bella urlò dal piacere riversando il suo all’esterno. Tutto questo senza mai distogliere lo sguardo l’uno dall’altro rendendo la cosa ancora più bella ed intima.
Quella seraa non facemmo solo sesso, ma permettemmo all’altro di scavarci dentro e crearsi un posto che mai nessuno avrebbe preso.  


vestito Bella http://1.bp.blogspot.com/_0Dp5R4AONTw/S1TCEQ6VdvI/AAAAAAAAAVc/9P4xToP6v_I/s1600-h/jayma-mays-dianna-agron-2010-golden-globe-awards-red-carpet-04.jpg 


 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Ciao fanciulle, come state? Io sto male, cazzo, odio essere donna.
Cmq eccomi ritornara con un nuovo capitolo e spero vi piaccia come vi è piaciuto quello precedente dove finalmente i nostri protagonisti si sono dati ai piaceri della carne. Sembra una pubblicità per le bistecche ihih
Cmq in questo capitolo non succederà nulla di straordinario, ma ci sarà qualcosa che riprenderò più in là, non vi dico quale però ihih
Io vado a preparare i biscotti, mi è venuta voglia di insozzarmi le mani.
Buonaserata e buona lettura, girls.
xoxo Alex


 



 

Capitolo 15



 

Mi trovavo al bar dell’appuntamento con Jesse ed ero molto in anticipo. Avevo bisogno di un momento sola con me stessa, con i miei pensieri perché Edward non me ne aveva dato il tempo. Sorrisi al pensiero di quanto era stato bello quella notte e anche il giorno dopo, e anche la notte seguente fino al mattino dell’appuntamento. Edward era instancabile ed io non ne avevo mai abbastanza di lui, delle sue mani, delle sue carezze e dei suoi baci. Edward sapeva prendermi, sapeva cosa mi piaceva e sapeva essere perfetto.

 
La mattina dopo aver passato la notte ad amarci ci svegliammo abbracciati sulla sdraio a due piazze nella stanza, eravamo nudi senza nulla a coprirci, ma non avevamo freddo un po’ per la vicinanza dei nostri corpo caldi un po’ per l’aria calda della stanza.
Fui la prima a svegliarmi e rimasi ad osservare la linea rilassata e perfetta del suo viso, quel viso che quella notte avevo toccato, accarezzato e baciato. Con il polpastrello lo accarezzai e ridacchiai allo strano verso che gli uscì dalla bocca prima di afferrarmi la mano e portarsela alle labbra per poi dare un bacio ad ogni dita.
Si girò verso di me e aprì gli occhi resi lucidi dal sonno. << Buongiorno. >> mi salutò con voce roca.
Stava per avvicinarsi per darmi un bacio, ma io lo bloccai. << Alito pesante, magari dopo. Limitiamoci ad un bacio sulla guancia, okey? >> gli disse e lui sorrise divertito, ma mi accontentò.
Rimaniamo per un po’ silenzio fino a che non mi sento stringere a lui e poi le sue labbra posarsi sui miei capelli. << E’ stata la miglior notte della mia vita e spero ce ne siano altre, perché ora come ora sento di non poterne fare a meno. Capisci quello che intendo? >> mi chiese.
Mi alzai su un gomito e lo guardai, ma cercai di parlare a debita distanza per evitare di stenderlo con il mio alito. << Quando ho detto che volevo stare con te, che volevo provarci ero convinta e adesso lo sono ancora di più. >> mi fermai e sospirai. << Non sono brava ad esprimere i miei sentimenti e le mie emozioni perché fondamentalmente sono un pezzo di ghiaccio, ma provo la tua stessa cosa, credimi. >> e gli sorrisi.
Lui ricambiò il sorriso e con le sue dita mi accarezzò il fianco nudo fino alle natiche per poi aprire completamente il palmo e avvicinarmi a lui e arrossii sentendo la sua erezione premere sul mio ventre.
Avvicinò le labbra al mio orecchio e sussurrò. << Io so quanto puoi essere calda, Isabella. >> e un brivido mi percorse la schiena al pensiero di quello che avevamo fatto quella notta e di cosa ero stata capace di farli.
 
A letto non sono mai stata frigida o altro, ma non mi sono mai spostata oltre il normale sesso o quello manuale, ma con Edward mi sono spinta oltre perché con lui mi veniva spontaneo dargli piacere in ogni modo possibile. Lui non mi aveva imposto nulla anzi aveva sempre pensato a me e al mio piacere, ma io lo avevo voluto ed era stata una grande soddisfazione vederlo arrendersi sotto le mie carezze. Edward in preda all’eccitazione e all’orgasmo era la cosa più erotica ed eccitante che avessi mai visto e in quei giorni me ne inventavo una più del diavolo per vederlo in quello stato.
Sorrisi al quel pensiero. << Ehi perché sorridi, bella donna? >> mi chiese una voce che conoscevo e immediatamente ritornai alla realtà, a quel tavolino dove ero seduta mentre aspettato quello che credeva di essere il mio ragazzo e che non si aspettava assolutamente di essere scaricato.
Alzai lo sguardo e vidi Jesse che se ne stava in piedi accanto a me aspettando una mia reazione, così mi alzai e mi avvicinai a lui per dargli un bacio sulla guancia. Lui rimase un po’ interdetto aspettandosi probabilmente un bacio sulle labbra, ma non disse nulla ed io lo apprezzai.
Ci accomodammo e lui ordinò un caffè, io avevo ancora il mio così mi limitai a sorridere alla cameriera e scuotere la testa quando mi chiese se volevo altro.
Quando la ragazza se ne fu andata dopo aver versato il caffè a Jesse, presi in grosso respiro e inizia a parlare, ma lui mi interruppe.
<< Come è andato il viaggio? >> mi chiese sorridendo.
Feci spallucce. << Stancante, direi. >> e lui annuì.
Abbassai lo sguardo. << Abbiamo una questione in sospeso io e te, ricordi? >> gli chiesi e lui annuì.
Lui annuì. << Hai pensato alla mia proposta? >> mi chiese serio.
Annuii. << Ci ho pensato molto. >>
Lui annuì. << Cosa hai deciso? >>
Mi mossi sulla a sedia irrequieta perché lasciare qualcuno che ti guarda con occhi così belli e speranzosi è davvero una tortura, ma quando a casa hai qualcuno con occhi ancora più stupendi e pieni d’affetto per te non puoi fare altro.
Alzai lo sguardo verso di lui e vidi chiaramente il suo sorriso svanire segno che qualcosa aveva capito, quindi continuai. << Sono pronta per una relazione, ma non con te. >> dissi semplicemente.
Dirgli semplicemente che non volevo stare con lui avrebbe potuto dargli qualche speranza per il futuro, ma dicendo così avrebbe capito che non era quello giusto e che non avrei cambiato nulla dal momento che ero in cerca di quello giusto che avevo già trovato.
Lui mi guardò arrabbiato. << Come fai a capire che non sono quello giusto se non ci hai mai provato, Bella? Potrebbe andare bene tra noi, potremmo avere un futuro. >>
Scossi la testa. << Non rendere le cose più complicate. Non sei l’uomo giusto per me, Jesse. >> gli dissi seriamente
Lui sbattè un pugno sul tavolo. << Cazzo, Bella, provaci! >>
Ecco qual era la differenza tra Edward e Jesse. Mentre quest’ultimo mi stava facendo pressioni e si stava rendendo ridicolo Edward mi avrebbe capita e mi avrebbe lasciata andare con un ‘Sii felice’.
Con tranquillità presi la borsa, afferrai qualche banconota dal portafoglio e le appoggiai sul tavolo fermandole con il bicchiere per evitare che volassero con il leggero venticello che c’era. Mi alzai lentamente sotto lo sguardo di Jesse e mi aggiustai la gonna che si era leggermente sgualcita mentre ero seduta.
<< Dove cazzo vai? >> mi chiese Jesse arrabbiato, alzandosi e attirando ancora di più gli sguardi delle persone presenti quella mattina al bar.
Odiavo stare al centro dell’attenzione e odiavo fare figure di merda, così lanciandogli un’occhiata di ammonimento e arrabbiata me ne andai lasciandolo da solo a sbraitare. In quel momento di compiacqui di non avergli dato una risposta quando me l’aveva chiesto perché avrei fatto un grosso errore.
 
Quando arrivai a lavoro più sollevata del solito salutai con un sorriso sulle labbra tutti quelli che conoscevo facendoli rimanere stupiti da quel cambiamento. Entrai in ascensore e ridacchiai, l’influenza positiva di Edward aveva i suoi effetti collaterali, mi stavo rammollendo. Ma non mi dispiaceva, mi dava una bella sensazione sorridere e comportarmi non più da despota.
Quando attraversai il corridoio che portava la mio ufficio vidi gli stagisti correre in lungo e in largo per farmi vedere che era indaffarati, ma io sapevo che prima che arrivassi io erano ad oziare davanti a qualche macchinetta del caffè. Ma lasciai loro credere che non lo sapevo, e salutando tutti e complimentandomi con qualcuno per il lavoro arrivai al mio ufficio dove con mia grande gioia seduto sulla mia poltrona dietro la mia scrivania c’era Edward in una posa davvero sexy mentre leggeva dei fascicoli.
Prima di entrare mi sporsi verso la mia segretaria e le sorrisi. << Non ci sono per nessuno per diciamo le prossime due ore, okey? >>
Lei annuì. << Neanche per il capo? >> chiese riferendosi a Carlisle.
Scossi la testa. << Neanche per lui. >> e chiusi la porta del mio ufficio a chiave.
Mi premurai che tutte le tapparelle fossero abbassate e poi mi girai verso Edward che mi stava osservando con il suo sorriso sghembo.
<< Eccola la mia ragazza. >> mi disse facendomi cenno di avvicinarmi a lui.
Lo accontentai e mi accomodai sulle sue gambe appoggiandogli le mani sulle spalle, poi mi abbassai con il viso vicino a lui e lo baciai. Non lo baciavo da quella mattina quando ero uscita rimanendolo a letto nudo e più bello che mai e quindi ne avevo bisogno.
Quando mi staccai lui mi sorrise con gli occhi lucidi. << Come è andata stamattina? >>
Gli raccontai tutto quello che era successo per sommi capi e lui annuiva interessato e si irritò alquanto quando gli raccontai che Jesse era diventato violento.
<< Stai calmo, è tutto okey e poi se avesse fatto qualcosa io so difendermi. >> gli dissi atteggiandomi a supereroina.
Lui sorrise divertito. << Non ho dubbio su questo, io mi stavo preoccupando per lui. >> e questo mi fece ridere.
Ridendo mi mossi un po’ troppo su di lui e lo vidi irrigidirsi. << Che c’è? >> chiesi.
Lui scosse la testa e tentò di scostarmi, ma troppo tardi perché mi accorsi che qualcuno si era svegliato e sorrisi divertita. << Ma sei insaziabile. >>
Lui fece spallucce imbarazzato. << Scusa, ma neanche tu aiuti. >> si giustificò.
<< Vorrei tanto poter fare qualcosa, ma sono indisposta. >>
Lui annuì. << Già. >>
<< Potremmo approfittare di questo momento per parlare e chiarire alcune cose, ti va? >>
Lui annuì. << Certo, capo. >>
Mi alzai e mi accomodai sulla scrivania lasciandolo libero di muoversi nel caso quello che stavo per dire gli avesse dato fastidio.
<< Per il momento vorrei che la nostra ‘relazione’ rimanesse segreta, non perché mi vergogni o altro, ma perché… vorrei essere davvero sicura di noi, capisci? >>
Edward annuì. << Tu vuoi tenerla nascosta ad Alice, vero? >>
Io annuii. << Si, in special modo a lei. Sai com’è….il troppo entusiasmo potrebbe fare male alla bambina. >> spiegai.
Edward annuì. << Okey, aspetteremo il momento giusto. Hanno aspettato una vita intera per vederci insieme cosa sarà qualche giorno in più. >>
Lo guardai curiosa. << Anche a te dicevano che un giorno io e te ci saremmo messi insieme? >>
Edward annuì. << Non hai idea di quanti pugni e pizzicotti ho ricevuto da Alice e Emmett quando ti prendevo in giro, ricordo che una volta Alice mi ha detto: ’Come puoi prendere in giro così tua moglie!’… le scoppiai a ridere in faccia dall’idea così assurda, ma adesso non la vedo assurda come una volta. >> disse poi lasciandomi sconvolta.
<< Ti ha detto così Alice? >> gli chiesi stupita e divertita.
Edward mi guardò sorpreso. << Ho appena detto che l’idea che tu sia mia moglie non è tanto assurda e tu mi chiedi se Alice me lo ha detto davvero? Una ragazza normale avrebbe fatto i salti di gioia e avrebbe cominciato ad affittare la chiesa per quel giorno. >>
Lo liquidai con la mano. << Una ragazza normale che sogna il matrimonio ed una casa di mattoni rossi e la staccionata bianca forse, ma a me piace il mio loft e mi piace fare sesso con te senza pezzi di carta e senza nessuna benedizione dal Padre Eterno. >>
Lo vidi rabbuiarsi. << Non… non vuoi sposarti? >>
Scossi la testa. << Io ed il matrimonio siamo un binomio che non va bene. Amo la mia vita, amo la mia casa con le mie comodità e sto bene con te, perché dovei rovinare tutto sposandomi? >> e gli sorrisi, lui ricambiò con un sorriso un po’ tirato, ma non mi preoccupai.
Quello era un discorso da fare in un altro momento e più in là, era da due giorni scarsi che stavamo provando a stare insieme e non mi andava di rovinare tutto con discorsi così seri e pesante, perché sapevo che avremmo finito per litigare ed io mi sarei richiusa di nuovo a riccio lasciando tutti fuori davanti ad un enorme cartello con scritto ‘Vietato l’accesso’.
Mi alzai con un saltello, gli offrii le mie mani che lui afferrò e lo tirai su per poi abbracciarlo e sfiorargli le labbra con un bacio. << Che ne dici di ritornare a lavoro? Dobbiamo iniziare la relazione sul meeting e poi indire una riunione per aggiornare gli altri. >>
Edward annuì e mi diede un bacio sul naso. << Tutto quello che vuoi. >> e sorrise.
 
Eravamo nel suo appartamento quella sera sdraiati sul tappeto abbracciati mentre mangiavamo del cinese che eravamo passati a prendere dopo il lavoro.
<< Oggi pomeriggio mi ha chiamato Alice, sai? >> gli dissi mentre afferravo degli spaghetti.
Edward scosse la testa. << Cosa voleva? >>
Feci spallucce. << Voleva sapere perché avessi lasciato Jesse, le voci corrono. >> gli spiegai.
Edward alzò gli occhi al cielo. << Tu cosa le hai risposto? >>
<< Che non era l’uomo giusto per me… e vuoi sapere cosa mi ha risposto quel folletto? >>
Edward ridacchiò. << Qualcosa alla Alice Cullen, suppongo. >>
Io annuii. << ‘Lo sapevo, l’uomo giusto per te è Edward’… te ne rendi conto? >> dissi indignata.
Edward scoppiò a ridere e mi strinse a se. << Il folletto però non ha tutti torti, schizofrenia a parte. >>
Lo guardai divertita. << Sicuro di essere quello giusto? >>
Edward ritornò serio. << Dubiti di questo? Io sono l’uomo per te, Isabella, sono stato creato per te, mettiti l’anima in pace. >> mi disse ed io mi sciolsi tra le sue braccia.
Porsi il viso verso di lui e ci baciammo. Restammo a baciarci per non so quanto tempo e avremmo continuato se qualcuno non avesse bussato alla porta.
<< Edward, apri! >> urlò la voce del folletto da fuori la porta.
<< Fratello, mi sto congelando il culo! >> urlò Emmett.
Io ed Edward ci guardammo negli occhi e sospirammo rassegnati e anche terrorizzati. Cosa avremmo fatto?
Ci alzammo dal divano ed Edward per evitare che tutto il palazzo uscisse fuori urlò: << Arrivo! >>
Poi si girò verso di me. << Nasconditi nella stanza da letto, non verranno lì. >>
Sbuffai. << Mandali via in fretta. >> gli diedi un bacio sulle labbra e corsi nella stanza da letto chiudendomi dentro, ma lasciando un po’ aperto giusto lo spazio necessario per sentire.
Edward aprì la porta e subito i ragazzi entrarono dentro maledicendo il tempo di merda e la grande idea di venire a New York, ridacchiai dalla battuta di Emmett, ma subito mi chiusi la bocca con la mano per paura che mi sentissero
<< Ragazzi che ci fate qua? >>  chiese Edward parecchio irritato.
<< Siamo venuti per… chi c’è con te? >> chiese Alice, attivando immediatamente il suo radar.
Immediatamente mi guardai i piedi e mi maledì, avevo dimenticato le scarpe in salotto. Cazzo, cazzo, cazzo!
<< Nessuno. >> si affrettò a dire Edward, ma senza risultare convincente.
<< C’è una ragazza di là, eh fratello? Com’è, carina, sexy? >> subito Emmett che era entrato in modalità pettegola del quartiere.
<< Emmett, ti prego. >> disse Edward esasperato.
Sentii Alice sbuffare. << Edward chi c’è con te? >> chiese con un tono di voce davvero sospettoso. Che  avesse capito che le scarpe erano mie? Se era così eravamo fottuti, non perché stavamo insieme, ma perché non glielo avevamo detto.
<< Una ragazza che ho incontrato ieri sera ad un pub, nulla di che. >> disse Edward con il tono di voce più convincente che aveva.
<< Posso conoscerla? >> e sentii dei passi venire verso la stanza, ma Edward lo fermò.
<< Ragazzi, basta! Ditemi cosa volete e andatevene, okey? >> disse irritato.
Alice sbuffò. << Isabella ha lasciato Jesse dicendo che non era l’uomo giusto per lei. >> disse contenta.
Immaginai la faccia finta confusa di Edward e mi venne da ridere, ma mi trattenni. << E allora? >>
Alice sbuffò ancora. << Allora non può essere una coincidenza questo. Prima di partire per Roma sembrava che lo adorasse, ma torna da Roma e lo lascia dicendo che non è l’uomo giusto. Non ti fa capire nulla? >>
<< Ehm dovrebbe? >> chiese il mio uomo ancora reggendo perfettamente il gioco.
<< Uh Edward, ma sei duro! >> si lamentò.
<< Eh modestamente. >> si compiacque Edward ed Emmett lo assecondò facendomi ridere sommessamente.
<< Fratello porta in alto la bandiera dei Cullen. >> disse Emmett e li sentii darsi il cinque.
Alice sbuffò e li richiamò all’ordine. << Ragazzi, vi prego. Emmett aspettami giù, okey? >>
Emmett sbuffò. << Okey. Ci vediamo domani sera a cena Edward. >> e se ne andò sbattendo la porta.
<< Alice dimmi perché sei venuta qui, senza giri di parole. >>
Probabilmente si accomodò sul divano e sospirò di sollievo. Alzai gli occhi al cielo, per la sua mania di mettersi in mezzo alle situazioni finiva per stancarsi e non poteva permetterselo nel suo stato di gravidanza avanzata.
<< Isabella prova qualcosa per te, me lo sento e so che tu provi qualcosa per lei. Perché non ci provi? Sei diventato un bravo ragazzo e hai mezzo la testa a posto, potresti conquistarla. >>
Mi ha già conquistata, dissi a bassa voce.
<< Alice stai sbagliando completamente, a me Isabella non piace e poi… ho già una ragazza e mi piace davvero tanto, anzi credo proprio che sia quella giusta. >> sapevo che aveva detto quelle cose a mio beneficio e sorrisi emozionata.
Ah il mio ragazzone.
<< Ma… >> cominciò Alice, ma Edward la interruppe.
<< Alice smettila di crearti aspettative e speranze su di me e Bella, non succederà mai nulla. Lei è il mio capo e rimarrà tale fino alla fine. Smettila di assillare sia me che lei, okey? Pensa alla bambina e a tuo marito, sono loro le cose più importanti in questo momento. >>
Alice sbuffò afflitta. << Fratello cattivo. >>
Edward ridacchiò. << Andiamo, ti accompagno fino alla macchina. >>
Dopo qualche secondo sentii la porta chiudersi ed io uscii fuori contenta di non stare più al buio. Ne approfittai per ripulire il tappetto e per servire nei piatti la torta al cioccolato che avevo preparo quella notte mentre Edward mi osservava. Avevamo impiegato un po’ di tempo in più perché troppo presi ad amarci in ogni angolo ed in ogni momento, ma era venuta fuori perfetta.
<< Tesoro, sono a casa! >> urlò Edward vicino alla porta ed io sorrisi.
<< Caro, sono in cucina. >> dissi e dopo poco entrò in cucina con il suo sorriso sghembo.
Mi girai verso di lui e gli sorrisi. << Come è andata la giornata, tesoro? >>
Lui si avvicinò a me e mi afferrò per i fianchi. << Poteva andare meglio se ci fossi stata tu. >>
Risi divertita da quella scenetta da neosposini. << Siamo carini, però. >>
Edward annuì. << Già. >>
Lo abbracciai e mi alzai sulle punte per cercare le sue labbra che subito si fecero trovare e ci lasciammo andare ad un dolce bacio.
Eh si, era l’uomo giusto.  

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Saaaaaaalve ragazze!!!!!!!
Come state? Spero tutto bene.
Scusate il ritardo, ma non sapevo che scrivere in questo capitolo, non ne avevo la più pallida idea. Poi ieri mi è venuta l'ispirazione e lo avrei finito entro ieri sera, ma sono stata trattenuta dalla mia famiglia e oggi sono stata ipnotizzata da Hannah Montana.... lo so, ragazze, è il colmo... ma è troppo carino quel telefilm.
Okey, basta adesso.
Questo capitolo è lungo, su word sono 8 pagine.... ed è molto pieno, ci sono parecchie cose.
Spero vi piacciano.
Buona lettura e buonanotte, girls.
xoxo Alex.
ps. se vi fa piacere potete aggiungermi su fb Alex Davis http://www.facebook.com/#!/profile.php?id=100000482385010 



Capitolo 16


Bella si muoveva sensualmente su di me provocandomi scariche di eccitazione in ogni punto sensibile del mio corpo, come se fosse capace di stimolarli tutti contemporaneamente senza bisogno di toccarli.
Ci trovavamo nel suo appartamento e sul suo letto ed io ero completamente alla sua mercé, mi ero arreso alla sua sensualità.
Cominciò a muoversi più velocemente ed un gemito più lungo e rumorose degli altri mi uscii dalle labbra mentre mi beavo dei suoi ansimi e dei suoi sospiri, le arpionai i fianchi con le mani, le dettai un ritmo più veloce e dopo poche spinte il mio orgasmo eco del suo esplose dentro di lei. Continuai a spingere in lei fino a che mi fu possibile poi la lasciai scivolare sul mio petto sudato e la strinsi a me scostandole i capelli umidi dal viso.  
Restammo in quella posizione senza fiatare fino a che i nostri respiri non si regolarizzarono e i nostri cuori che durante l’amplesso avevano battuto all’unisono, si calmassero.
Poi lei ridacchiò ed io le alzai il viso per chiederle perché. << Pensavo ad Alice e al suo discorso dell’altro giorno. >>  mi rispose.
Sorrisi divertito. << Cos’è che ti fa ridere? >>
<< Il pensiero della faccia che farà quando glielo diremo. >> e ridacchiò ancora.
Restammo ancora un po’ a coccolarci nel suo letto fino a che ci fu possibile cioè fino a quando i muscoli non incominciarono ad urlare dal dolore.
Si staccò da me, ma inciampò nelle lenzuola e cadde malamente sul letto scoppiando a ridere seguito da me.
<< Sono una frana. >> commentò mentre cercava di districarsi da quel cumulo di lenzuola e facendolo mi arrivò un suo piede sul naso e per poco non piansi dal dolore.
<< Cazzo! >> imprecai.
Lei si avvicinò. << Oddio tesoro, ti sei fatto male? >> mi chiese lei allarmata avvicinandosi a me, ma la fermai.
<< Stai lontana da me, pericolo pubblico. >> le intimai.
Lei si bloccò. << Scusami, non l’ho fatto a posta. >>
Mi alzai dal letto imprecando e mi diressi in bagno, la sentii seguirmi a debita distanza per paura di un mio scatto d’ira. Non ero arrabbiato con lei ma, cazzo, faceva male.
Mi osservai allo specchio del bagno e storsi la bocca in una smorfia di dolore e disgusto. Mi stava colando del sangue e il mio perfettissimo naso si era gonfiato come un pomodoro, visto il bellissimo colore rosso che aveva assunto.
<< Ma dai! >> dissi sbuffando e cercando un asciugamano che Bella, guardandomi mortificata, mi passò.
<< Vuoi che ti aiuti? >> mi chiese timorosa.
La osservai per un attimo e poi sospirai sorridendole. << Cerca di non farmi male, Attila. >> le dissi e mi accomodai sul bordo della vasca in ceramica rosa pallido.
Lei si fece spazio tra le mie gambe e in quel momento mi resi conto che eravamo ancora nudi e odoravamo ancora di sesso.
Cominciò a tamponare delicatamente il mio povero ed innocente naso ed io ne approfittai per guardarla.
Era così bella tutta corrucciata per la concentrazione, si mordeva il labbro inferiore e aveva il naso teneramente arricciato. Era una visione.
<< Sei bellissima. >> le dissi con la voce tipica da raffreddore quando hai tutto intasato.
Bella ridacchio, in effetti potevo apparire comico. << Grazie. >> disse imitando la mia voce ed io le diedi uno schiaffetto sul fianco facendola ridere.
<< Stai fermo, devo ancora finire. >> mi rimproverò divertita.
Mi fermai, immobile e continuai ad osservarla accarezzandole il fianco con le mani. Sapevo che soffrisse il solletico in quel punto e quindi mi stavo divertendo a guardarla mentre cercava di non spostarsi e di non ridere, era così adorabile.
Da quando stavo con lei mi ero rammollito davvero, avevo inserito nel mio vocabolario personale parole come ‘adorabile’ e ‘insieme per sempre’ o altre cose, mi facevo schifo da solo per quanto fossi sdolcinato a volte. Ma Bella riusciva a portare fuori quella parte romantica di me, che non sapevo neanche esistesse, anche perché mi ero sempre fermato ad un po’ di sesso. Con Bella mi ero spinto un po’ oltre il bigliettino con delle scuse del giorno dopo, mi ero spinto oltre il ‘ti chiamo io’ per poi non chiamare più e sparire, mi ero spinto oltre ogni limite che mi ero imposto. Bella era….non lo sapevo neanche io cos’era, ma era qualcosa che mi faceva stare in pace col mondo e con me stesso. Bella non era la persona giusta, ma la cosa giusta della mia vita, forse l’unica.
<< Ecco fatto. >> mi disse contenta mentre osservava il suo capolavoro.
Mi sentivo il naso gonfio e non riuscivo a respirare perché mi aveva chiuso le narici con due palline di… carta? per evitare che uscisse altro sangue anche se il flusso si era stoppato. Era stato solo un attimo, dovuto al forte impatto con il suo piedino che tanto ino non era più.
Mi alzai e strinsi il suo corpo a me. << Ti va di andare al cinema e magari a mangiare qualcosa? >> le proposi.
Lei annuì contenta. << Certo, mi va. Ci vediamo da te per le otto? >> mi chiese guardando la piccola sveglia che aveva sul lavandino di ceramica della stessa tonalità di rosa della vasca per regolarsi.
Annuii. << Ti aspetto giù. >> le diedi un bacio a fior di labbra e la lasciai.
<< Mi compri il gelato? >> mi urlò dalla doccia che aveva già aperto.
Scossi la testa divertito, era una bambina nel corpo di una splendida donna.
 
Era passato un mese da quando ci eravamo messi insieme e non avevamo ancora parlato dei sentimenti che provavamo nei confronti dell’altro e nonostante avessi una gran voglia di dirle di essere innamorato perso di lei avevo paura di una sua reazione negativa, avevo paura che scappasse escludendomi dalla sua vita. Io le avevo fatto capire che l’amavo e nei suoi comportamenti verso di me, nella sua premura nel trattarmi, nel suo modo di prendersi cura di me facendomi la spesa o comprandomi qualcosa che mi piaceva o semplicemente preparandomi la cena quando si rendeva conto che ero stanco anche per parlare, avevo capito che per me provassi molto di più del semplice bene. Si prendeva cura di me come farebbe una donna innamorata del suo uomo.
Era un venerdì sera e avevo deciso di prepararle la cena, e farle il suo piatto preferito che sapevo era la mia lasagna, ma qualcosa quella sera mi distrasse durante la preparazione e la bruciai tutta, stavo ancora contemplandola quando lei entrò in casa.
<< Ehi tesoro. >> mi salutò contenta avvicinandosi a me.
La guardai con uno sguardo afflitto. << Avevo preparato il tuo piatto preferito.  >> le dissi mortificato.
Lei ridacchiò. <<  Non fa niente, tesoro, prenderemo una pizza. >> mi tranquillizzò.
Sbuffai. << Ma io volevo fare qualcosa per te, volevo che tu fossi contenta. >>
Lei mi guardò dolcemente. << Lo so, tesoro, e ti amo per questo. Ma…. Che c’è? >> mi chiese quando vide la mia faccia sconvolta.
Sbaglio o mi aveva detto chiaramente che mi amava? No, perché il mio cuore era schizzato in cielo dalla felicità e se me l’ero solo immaginato sarebbe scoppiato definitivamente.
<< Edward, che succede? >> mi chiese confusa guardandosi per vedere se aveva qualcosa che non andava.
<< Hai appena detto che mi ami? >> le chiesi.
Lei sbiancò immediatamente indietreggiando. << N-no... avrò detto chiamo. S-si…. Chiamo la pizzeria. >> e fece per allontanarsi da me, ma la bloccai per il polso.
<< Isabella. >> la chiamai con il suo nome intero.
Lei mi guardò e sbuffò. << Te l’ho detto, okey? Ma non volevo è stato un riflesso involontario… cioè questo non vuol dire che non ti amo, cioè… non volevo adesso… tu ed io non… >> cominciava a balbettare e a dire cose senza senso ed io mi stavo divertendo un mondo.
<< Bella, smettila di balbettare e ammettilo che mi ami. >> le dissi divertito.
Lei mi guardò infuriata. << Mai! >> e se ne andò chiudendosi nella sua camera.
Ridacchiai divertito e la seguii bussando dolcemente alla porta. << Bella, tesoro. >> la chiamai, ma lei non rispose.
Entrai nella stanza e la vidi seduta sul letto che si torceva le mani nervosa e quella scena mi parve così tenera e bella che non mi trattenni dal ridere, non sapevo neanche io il motivo di quella risata. Bella mi lanciò un’occhiataccia ed io andai da lei abbracciandola forte a me.
<< Non c’è nulla di male a dirmi che mi ami, Bella. >> le dissi accarezzandole la testa.
Lei annuì. << Si, se poi tu ti diverti. >> mi disse e già immaginavo il suo adorabile broncio.
Le alzai il viso e la guardai dritto negli occhi. << Sono divertito perché mi sono fatto tanti problemi, avevo paura che tu non mi amassi tanto quanto ti amo io e invece… >>
Lei mi guardò illuminandosi. << Mi ami? >>
Annuii. << Tanto. >> e in un attimo me la ritrovai addosso che mi riempiva il viso di baci e rideva contenta come una bambina.
Era davvero una bella cosa.
 
Era una domenica mattina ed io e Bella stavamo dormendo alla ben e meglio quando squillò il telefono. Aprii lentamente gli occhi mentre Bella mugugnava qualcosa e si girava dall’altra parte, così risposi io.
<< Pronto? >>
<< Ehm… Edward? >> chiese mia sorella Alice.
Sbuffai. << Si, che vuoi? >>
Rimase un attimo in silenzio. << Che ci fai da Bella? >> mi chiese confusa, ma anche euforica.
Aprii di scatto gli occhi e svegliai Bella che mi guardò nervosa. Le indicai il telefono, ‘Alice’, le dissi e lei sgranò gli occhi spaventata immaginando già cosa avrebbe detto quel terremoto di mia sorella.
Bella prese il telefono. << Alice, cosa c’è?... abbiamo lavorato fino a tardi e non ci siamo resi conto di esserci addormentati fino ad ora… No, Alice, non abbiamo fatto sesso…. Oddio, Ali, smettila e dimmi cosa vuoi…. A pranzo? Si, okey, ci saremo… separati, Alice, separati. Ciao. >> e riattaccò.
Posò il telefono sul mobiletto e si lasciò andare con la testa sul cuscino mentre imprecava silenziosamente contro mia sorella, non mi ci applicai perché conoscevo Alice ed ormai avevo fatto l’abitudine al lato scurrile di Bella.
<< Cosa voleva? >> chiesi dopo aver sbadigliato.
<< Siamo invitati a pranzo da lei, oggi. Ci saranno anche Emmett e Rosalie. >> disse restando con gli occhi chiusi.
Annuii. << Una specie di rimpatriata? Tipico di Alice. >> dissi sbuffando.
Bella non mi rispose, ma non mi sfuggii la sua difficoltà a respirare, così mi sporsi verso di lei e le accarezzai una guancia.
<< Cos’hai? >>
Bella scosse impercettibilmente la testa. << Un piccolo calo di pressione, adesso passa. >> disse debolmente senza aprire gli occhi.
Immediatamente mi preoccupai. << Sei sicura? Hai bisogno di qualcosa? Vuoi che chiami qualcuno? >>
Mi fermò con la mano e sorrise debolmente. << Sei carino, ma è tutto okey. Solo un bicchiere d’acqua andrà bene, magari con un po’ di zucchero. >>
Mi alzai immediatamente e corsi in cucina a procurarle quello che mi aveva chiesto per poi aiutarla a berlo. Bevve lentamente aprendo leggermente gli occhi, la osservai e aveva il viso più pallido del solito e aveva una patina di sudore sulla fronte.
<< Posso chiamare Alice e dirle che non andiamo. >> le proposi.
Lei scosse la testa. << No, non preoccuparti. Solo, fammi riposare un altro po’… >> disse riappoggiando la testa sul cuscino a chiudendo di nuovo gli occhi.
Annuii. << Vengo a prenderti verso mezzogiorno, okey? Riposa. >> le diedi un bacio sulla fronte e la lasciai riposare staccando anche il telefono.
Quando scesi nel mio appartamento mi saltò all’occhio il lampeggiante rosso della segreteria telefonica, così schiacciai il pulsante e immediatamente la voce di mia sorella che mi avvertiva della cena si sparse per la casa. Era ormai inutile, perché mi aveva trovato da Bella e già cominciavo a sudare freddo al pensiero di quello che ci aspettava una volta arrivati da lei.
Amo mia sorella, ma a volte non si può davvero tollerare e poi in quel momento odiavo darle ragione quando diceva che io e Bella eravamo fatti per stare insieme.
Odiavo darle ragione perché era insopportabile con il suo gongolare e le sue ridicole canzoncine che inventava per farti sentire ancora più incazzato.
Partì il secondo messaggio ed era di Emmett: ‘ Fratello, sei in guai davvero seri. Alice è convinta che tu e Bella le state nascondendo qualcosa e oggi a pranzo entrerà in azione, non vorrei essere al tuo posto. Volevo solo ricordarvi di essere convincenti quando negherete di stare insieme’.
Alzai gli occhi al cielo, se Alice era insopportabile Emmett era un tormento con le sue continue battutine a doppio senso e il suo essere invadente. Aveva dato per scontato che io e Bella avremmo mentito quando Alice ci avrebbe chiesto qualcosa, certo lo avremmo fatto sicuramente, ma non mi stava bene il fatto che mi ritenesse così prevedibile.
Per passare il tempo e per non andare da Bella a controllare se stesse bene ogni due minuti, misi in ordine un po’ l’ appartamento, non ci misi molto anche perché da quando stavo con Bella era diventato uno splendore. Era una maniaca dell’ordine o appena completava il suo appartamento scendeva da me e mi cacciava fuori letteralmente perché doveva pulire.
Dopo aver sistemato un po’ mi feci una doccia e ne approfittai per farmi la barba, a Bella piaceva che si sentisse un po’, ma io odiavo vedere quella patina rossiccia come i miei capelli.
Dopo aver concluso ed essermi pure vestito decisi di stendermi due minuti sul divano a leggere un libro, avevo bisogno di distrarmi perché il pensiero di Bella da sola nel suo appartamento in quello stato mi faceva stare in ansia.
Erano le undici e mezza quando bussarono alla porta. << Edward, ci sei? >> . Bella.
Mi alzai di scatto, andai ad aprire la porta e sorrisi spontaneamente vedendola così bella e fresca. Aveva un vestitino bianco con una giacca blu come le ballerine che aveva al piede. Aveva lasciato i capelli sciolti che le ricadevano su una sola spalla e si era truccata leggermente dando un po’ di colore e luminosità al suo volte pallido.
Mi sorrideva. << Ciao. >> mi salutò e si sporse verso di me per sfiorarmi le labbra.
<< Come ti senti? >> le chiesi mentre le afferravo un mano e la facendo entrare dentro.
<< Meglio, grazie. Hai fatto ordine? >> mi chiese indicando il salotto.
Annuii. << Si, ne ho approfittato del tempo in più che avevo. >>
Lei si girò verso di me e sorrise, ma non era il suo solito sorriso radioso che dedicava solo a me. Era più debole, era un’imitazione venuta male.
Mi avvicinai a lei e le sfiorai la guancia. << Sei pallida, tesoro, sicura di voler andare? >> le chiesi premuroso.
Lei annuì e si appoggiò con il viso al mio petto. << Sto bene, tranquillo. Andiamo? >>
Annuii, presi la giacca e prendendole la mano uscimmo dal mio appartamento. Lei sembrava tranquilla, ma io non mi sentivo tanto tranquillo, avevo il brutto presentimento che dicesse di stare bene solo per non farmi preoccupare, ma la conoscevo ormai come me stesso e sapevo quando mi mentiva e lo stava facendo.
 
Quando arrivammo a casa di Alice feci scendere Bella che subito salì facendo credere di essere venuta sola, ed io persi tempo ad una pasticceria comprando una torta al cioccolato preferita dalla mia bambina. Quando arrivai da Alice mi aprì lei e mi guardò con uno sguardo omicida che mi feci tranquillamente scivolare addosso e le sorrisi tranquillamente.
<< Ciao Alice, ciao piccola. >> dissi poi abbassando lo sguardo sul suo pancione e accarezzandolo dolcemente.
Lei mi sorrise addolcendosi. << Ciao Edward. >> e si sporse verso di me per darmi un bacio sulla guancia.
<< Come state? >> chiesi.
Lei fece spallucce. << Siamo stanche e lei non vuole uscire. >> disse dandosi un buffetto leggero sulla pancia.
<< Ci credo, nessuno vorrebbe uscire con una mamma così insopportabile. >> la presi in giro.
<< Non ti conviene prendermi in giro, Cullen, perché sono già incazzata. >> mi disse puntandomi un dito sul petto.
Sbuffai e la lasciai vicino la porta dirigendomi in cucina dove posai in frigo la torta e poi mi diressi in terrazza dove sentivo delle voci, molto probabilmente avremmo pranzato lì.
Quando uscii fuori vidi il mio angelo che parlava con Emmett e rideva ad una sua battuta, forse era l’unica persona che rideva di cuore alle sue battute senza senso e questo sembrava far piacere a mio fratello che dire l’adorava era poco. Aveva una specie di venerazione per la mia Bella e a volte ne ero un po’ geloso, ma poi vedevo il modo in cui Emmett guardava Rosalie con amore e devozione, e non ci pensavo più.
<< E’ bella, eh? >>
<< Bellissi…. Rose! >> la richiamai rendendo conto del suo tranello.
Lei ridacchio e mi battè una mano sulla spalla. << A chi credi che Bella l’abbia detto appena tornati da Roma? >> e mi fece l’occhiolino avvicinandosi a suo marito e alla mia piccola che in quel momento si girò verso di me e mi lanciò un’occhiataccia per poi guardarsi in torno forse in cerca di Alice e dopo essersi resa conto che non c’era mi sorrise dolcemente ed io le feci l’occhiolino sorridendo.
Mi stavo avvicinando a lei approfittando dell’assenza di Alice, quando la vidi vacillare sul posto e sbiancare in viso. Subito scattai verso di lei perché sapevo cosa stava succedendo glielo leggevo negli occhi, e l’afferrai un secondo prima che cadesse a terra come un peso morto. Era svenuta.
La strinsi a me e la chiamai dandole dei leggeri buffetti sulla faccia. << Bella, tesoro… Ehi piccola, mi senti… Amore… >>
Non mi importava che Alice o gli altri potessero sentire, la mia piccola doveva svegliarsi e doveva dirmi che cazzo stava succedendo perché mi stavo facendo prendere dall’ansia e non era un buon momento per farmi prendere dall’ansia, non quando la mia ragazza mi era svenuta tra le braccia e non si voleva svegliare.
Qualcuno venne con dell’aceto e lo presi per passarglielo sotto al naso e sospirai di sollievo quando aprì lentamente gli occhi e deglutì.
Le sorrisi dolcemente. << Ehi piccola… >>
Lei mi sorrise debolmente. << Ed… mi stai soffocando… >> disse e subito allentai la presa sul suo corpo scusandomi.
La presi tra le braccia e la feci stendere sulla sedia a sdraio in vimini che Alice aveva messo come abbellimento, ma che usava sempre in estate per abbronzarsi.
Non mi importava degli altri che ci stavano guardando e non mi importava della scenata che mi avrebbe fatto Alice sul mentire alla propria sorella, mi importava solo di Bella che mi stava osservando mortificata.
<< Come ti senti, piccola? >> le chiesi scostandole i capelli dalla fronte umida.
<< Debole e stanca e… affamata. >>
<< Ma no, cazzo, di nuovo! >> disse Alice parecchio incazzata alle mie spalle.
Mi girai e c’era Alice parecchio incazzata e la stessa espressione era disegnata sul viso di Rose e questo mi fece pensare che non era la prima volta che succedeva.
<< Da quando non mangi? >> le chiese Rose.
Bella abbassò lo sguardo mortificata. << Da venerdì mattina. >> sussurrò.
<< Che cosa? >> chiesi incavolato. << Non mangi da quarantotto ore, e di grazia sapresti dirmi il perché? >>
Bella sbuffò. << Avevo del lavoro arretrato e non ho avuto tempo. >>
Mi alzai infuriato e cominciai a gesticolare. << Ma porco cazzo, Bella, come si fa a non avere tempo di mangiare? Andava bene anche un fottutissimo panino mangiato in cinque dannatissimi minuti, cazzo! >> le urlai contro facendo stupire tutti e facendo spaventare lei che mi guardò ad occhi sgranati e terrorizzati.
Sospirai per calmarmi e mi accovacciai di nuovo accanto a lei prendendole una mano tra le mie. << Bella, amore, scusa… solo che mi sono spaventato e… >> sospirai ancora. << Non farmi mai più una cosa del genere, okey? >> le dissi cercando di sorridere.
Lei annuì a mi accarezzò una guancia. << Scusami. >>
Annuii poi sorrisi divertito. << Sei consapevole che adesso ci aspetta una bella strigliata? >>
Lei mi guardò sconvolta. << Oddio. >>
Ci girammo contemporaneamente verso Alice che passato il pericolo era già entrata in azione con le braccia conserte sotto il seno, il viso corrucciato e il piede che batteva a terra minacciosamente.
Le rivolsi un sorriso angelico. << Le dai il tempo di mangiare? >> le chiesi.
Lei sbuffò. << Certo, traditore di un fratello. >> e se ne andò dentro probabilmente a cucinare. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Salve ragazze, come state?
Eccomi ritornata con il nuovo capito con un giorno in anticipo.
Molte di voi mi hanno lanciato la leggera frecciatina della sfuriata di Alice.
Molto probabilmente rimarrete davvero deluse....
Ragazze vi lascio il capitolo e ci vediamo di sotto, vi prego di fermarvi a leggere xkè è estremamente importante.
xoxo Alex


 





Capitolo 17

 

Mi trovavo comodamente seduta sul divano nell’appartamento di Edward, lui era sceso a prendere qualcosa in rosticceria perché non avevamo nessuna voglia di cucinare e poi avevamo passato quasi tutto il pomeriggio a letto a fare l’amore ed eravamo stanchi. Quella mattina a lavoro avevamo avuto un importante riunione e dopo ci eravamo congedati anche perché Carlisle ce lo doveva dopo aver passato l’ultima settimana in ufficio anche fuori orario per la sua mania di perfezionismo. Per me non era un problema restare in ufficio oltre l’orario, molte volte in quegli anni lo avevo fatto, ma questa volta era stato più divertente perché c’era Edward anche se a volte avrei preferito che sparisse. Da quando ero svenuta per mancanza di zuccheri era diventato troppo apprensivo e insopportabile e in ufficio non mancava mai di portarmi una merendina o una caramella e non mi lasciava mai resistere quando non avevo voglia di uscire a pranzo durante la pausa. Usciva lui, comprava qualcosa e ritornava e non se ne andava fino a che non finivo di mangiare tutto.
Era carino e adorabile, ma facilmente superava i limiti della mia pazienza.
In ufficio ormai tutti sapevano che avevamo una storia e molto probabilmente giravano voci maligne su di noi e soprattutto su Edward. Garrett, il contabile, mi aveva riferito che aveva sentito due ragazze parlare e spettegolare sulla nostra storia dicendo che Edward stava facendo carriera perché mi scopava. Non mi aveva detto chi erano ed io neanche volevo saperlo, perché a farle parlare era solo invidia. Mi invidiavano perché io ero riuscita a finire nel letto di Edward quando loro non erano riuscite neanche a farsi considerare. Perché avevo capito un’altra cosa di Edward in quel periodo in cui ogni momento libero lo dedicavamo a noi.
Edward con il resto del mondo era egoista, cinico e presuntuoso. Sapeva di essere bello e bravo e non perdeva occasione di fartelo capire, comportandosi da vero stronzo. Quando camminava per l’ufficio non sorrideva quasi mai e se proprio doveva farlo si limitava ad accennarlo senza mai arrivare ai suoi bellissimi occhi. Non sopportava chi lo guardava insistentemente senza parlare e odiava gli scansafatiche. Il altre parole era la mia copia al maschile e in un certo senso ne ero orgogliosa.
Le poche persone che in azienda potevano vantarsi di essere nel pieno della mia fiducia mi avevano chiesto in confidenza come facessi a trovare affascinate Edward con quel suo atteggiamento da despota. Ma non avevo mai risposto perché quello che mi aveva fatto innamorare di Edward doveva rimanere una cosa mia e sua.
Perché amavo Edward? Perché lui con me era se stesso senza fronzoli e occhiatacce. Edward per me era un sorriso luminoso, era una colazione a letto, era una carezza dopo aver fatto l’amore, era un passaggio a casa dopo una giornata di lavoro dura, era un pranzo coi fiocchi la domenica, era una passeggiata sotto la luna il sabato sera. Edward era il lato luminoso della terra, della mia terra.
Come potevo spiegare ad una persona tutto questo? Non mi avrebbero mai capito perché nessuno di loro aveva avuto la possibilità di conoscerlo, nessuno sapeva che sotto quella maschera di cinismo e presunzione, c’era un ragazzo dal cuore d’oro e dai modi dolci e gentili.
Edward era…. appena entrato con due buste di cartone piene e una busta con del gelato.
Alzai gli occhi al cielo. << Stai un po’ esagerando, Edward. >> gli dissi esasperata.
Lui scosse la testa. << No, perché abbiamo ospiti. >> disse e subito dopo dalla porta entrò una bellissima ragazza dalla chioma bionda e due bellissimi occhi azzurri e con in mano altre due buste di cartone e una busta con delle birre.
Mi alzai dal divano e posai il portatile sul tavolino in salotto posto sul tappeto davanti al divano. << Chi saresti tu, biondina? >> chiesi con voce fredda.
Lei posò le buste e mi squadrò da capo a piede. << Chi saresti tu, brunetta. >> mi chiese atteggiandosi.
Mi avvicinai a lei e sorrisi. << Finalmente ti conosco. >> le dissi.
Anche lei mi sorrise illuminandosi tutta e inaspettatamente mi abbracciò. << E’ un onore conoscere il tormento del mio Eddy. >>
Mi staccai da lei e sorrisi. << Oh bhe grazie. >>
Era Irina, una cara amica di Edward che ogni tanto veniva in città e non perdeva occasione di incontrarlo, ma ogni volta che succedeva io ero impegnata e quindi non avevo mai avuto il piacere di conoscerla. Edward mi aveva detto della loro storia, ma non mi ero mai sentita minacciata da lei anche perché quando Edward ne parlava non aveva la stessa luce che aveva quando parlava di me. Erano amici come lo eravamo io e Mike.
<< Se sapevo se saresti venuta avrei cucinato io. >> le dissi e poi guardai Edward. << Hai dimenticato di dirmelo, vero? >> lo accusai.
Lui mi guardò offeso. << Come osi insinuare che io… si, okey, l’ho dimenticato. >> ammise poi guardando la mia faccia.
Scossi la testa. << Come devo fare con te? >> e sospirai girandomi verso Irina che stava sorridendo divertita. << Scusami, non lo sapevo. >>
Lei mi liquidò con un gesto della mano. << Non preoccuparti, mi accontento di poco. >> mi disse e cominciò a darmi una mano ad apparecchiare mentre Edward metteva in congelatore le bibite.
Mi avvicinai ai cassetti e porsi ad Irina le tovagliette che avremmo messo sul tavolo ed io presi i bicchieri.
<< Come mai sei in città? >> le chiesi interessata.
Lei sbuffò. << Edward non è l’unico a lavorare nell’azienda di famiglia, così sono qui per concludere un affare con un azienda farmaceutica. >>
Le sorrisi comprensiva. << Una spasso, eh? >>
Lei annuì. << Si, davvero uno spasso. >> poi mi osservò attentamente ed io arrossii abbassando lo sguardo.
Sono una tipa tosta, ma mi imbarazza essere osservata così attentamente.
<< Arrossisci addirittura! A questo punto voglio sapere quanto ti ha pagata per farti spacciare per la sua ragazza. >> mi disse divertita.
<< Ehi… non ho pagato nessuno. >> disse Edward offeso ritornando in cucina.
Ridacchiai. << Sarei tentata di dirti che mi ha pagato profumatamente, ma… mi ha conquistata senza sotterfugi. >> dissi osservandolo con probabilmente un sorriso ebete sulla faccia.
Edward mi guardò e mi sorrise dolcemente. << Grazie, tesoro. >> e si avvicinò per darmi un bacio sulla guancia, poi si rivolse ad Irina. << Hai visto? L’ho conquistata senza pagarla. >> le disse facendole la linguaccia da vero bambino pestifero.
Irina alzò gli occhi al cielo. << Non è cresciuto per niente. >> commentò.
Io storsi il naso. << Oh penso proprio che sia abbastanza cresciuto da rendermi una ragazza abbastanza… appagata. >>
Irina fece un espressione disgustata. << Oddio… >>
<< Hai sentito, uccellino del malaugurio? E’ appagata! >> urlò Edward dal salotto.
Irina scosse la testa sorridendo rassegnata. << Ho perso le speranze, ormai. >>
Ridacchiai e le diedi un buffetto incoraggiante sulla spalla. << Pensa il lato positivo per te… sono io quella che lo sopporta tutti i giorni. >>
Irina mi guardò dispiaciuta. << Mi dispiace davvero, tesoro. >> mi disse sinceramente.
Scoppiammo a ridere divertite ed Edward accorse da noi per saperne il motivo, ma lo liquidammo contemporaneamente con le stesse parole e una altra risata ci prese facendolo uscire dalla cucina offeso e amareggiato.
Dopo aver recuperato tutto quello che serviva per apparecchiare il tavolino davanti alla tv, mi occupai di riscaldare la cena mentre Edward conduceva Irina nella camera che le aveva offerto per quei giorni per evitare che passasse le giornate in albergo. Mi faceva piacere che rimanesse con noi, almeno non sarebbe rimasta da sola e mi piaceva come persona era di ottima compagnia e parecchio simpatica. Mi sarei divertita in quei giorni.
 
Erano già una decina di minuti che avevamo smesso di mangiare e stavamo seduti a terra sul tappeto ed io ero comodamente appoggiata al petto di Edward mentre quest’ultimo mi accarezzava distrattamente i capelli.
<< Come siete carini. >> commentò all’improvviso Irina tutta emozionata.
Sorrisi imbarazzata. << Grazie. >>
Edward ridacchio e si rivolse a Irina. << E’ arrossita, vero? >> chiese riferendosi a me.
Irina annuì. << Si, come un peperone. >>
Diedi un buffetto sulla gamba ad Edward. << Smettila di prendermi in giro. >> gli dissi offesa.
Lui ridacchiò e mi girò il viso verso il suo. << Adoro quando arrossisci. >> mi sussurrò prima di darmi un bacio all’angolo della bocca.
Sentii in lontananza l’ Oooh emozionato di Irina, troppo presa da quella miriade di emozioni che un suo solo sfioramento mi provocava. Ogni volta era sempre la stessa storia, sempre lo stesso vuoto allo stomaco, lo stesso battito sfrenato del cuore e il pulsare frenetico del sangue nelle vene. Edward era una vera e propria malattia per me.
Si staccò da me e sorrise dolcemente, ma con una punta di ilarità negli occhi.
<< Chiudi la bocca, sciocchina. >> mi sussurrò ed io arrossi ancora imbarazzata.
Lui ridacchio e mi abbracciò. << Bella la mia timidona. >> e mi scompigliò i capelli.
<< Sentite, adesso basta essere sdolcinati, ci sono io qui. >> si lamentò Irina.
E noi ridacchiammo girandoci verso di lei. << Non hai un ragazzo? >> chiesi interessata.
Edward sbuffò. << Chi mai avrebbe il coraggio di uscire con lei. >>
Gli diedi un buffetto sulla gamba e sorrisi incoraggiante ad Irina che stava fulminando Edward con gli occhi. << Stronzo! >> commentò, poi guardò me. << Non ho ancora trovato quello giusto, ma… so divertirmi. >> disse e sorrise maliziosa.
Ridacchiai. << Ti capisco. >>
<< Potremmo evitare di parlare della tua vita prima di me? Mi da leggermente fastidio. >> commentò Edward ed io annuii accarezzandogli la gamba.
Parlammo ancora un po’ fino a che Irina non disse di essere stanca e si ritirò nella sua stanza. Edward mi aiutò a sparecchiare e dopo aver sistemato tutto ci ritirammo in camera sua, ma io prima mi feci una doccia.
Quando ritornai in camera, Edward mi stava aspettando tutto sorridente già sotto le lenzuola.
<< Mi piace Irina. >> commentai mentre mi toglievo la vestaglia e rimanevo in intimo.
Edward mi squadrò da capo a piede. << Dobbiamo parlare di Irina? No, perché… >> e non finì la frase perché si tolse le coperte da dosso ed era nudo ed… eccitato.
Deglutii. << Già attivo? >>
Edward fece spallucce. << Se tu ti presenti in quel modo, non posso essere altrimenti. Vieni qui che voglio… mangiarti tutta. >> mi disse con voce roca.
Sorrisi maliziosa. << Vuoi mangiarmi, eh? >>
Lui annuì. << E leccarti e… toccarti… >> disse mentre osservava me che mi stavo lentamente spogliando davanti ai suoi occhi.
Portai le braccia dietro la mia schiena e sganciai il reggiseno facendolo cadere a terra, senza mai staccai gli occhi da Edward che mi guardava famelico come ogni volta che ci trovavamo soli in camera sua o in qualsiasi altra parte.
Mi accarezzai lentamente l’incavo tra i seni, il ventre fino ad arrivare al bordo del mio tanga, che lasciai scivolare a terra scoprendo la mia parte più delicata dove pochi giorni prima Mike mi aveva depilato a dovere non lasciando nulla all’immaginazione. Ero completamente depilata, senza neanche un piccolo pelo fuori posto.
Edward abbassò lo sguardo e strabuzzò gli occhi. << Nuda… >> sussurrò.
Annuii. << Già. >> confermai e lentamente mi avvicinai a lui.
Salii sul letto e mi avvicinai a lui fino a sfiorare le sue labbra con le sue. << Mangiami, leccami, toccami… fa di me quello che vuoi. >> sussurrai prima di appoggiare le mie labbra sulle sue in un bacio che avrebbe sciolto i ghiacciai per quanto fosse infuocato.
Mi afferrò per le natiche e mi schiacciò con la schiena al materasso senza mai smettere di baciarmi. Quando ebbi bisogno di respirare mi lasciò un po’ di ossigeno e cominciò a torturarmi con le sue labbra scendendo sempre più giù. Arrivò al mio seno e mi torturò toccandolo, baciandolo, leccandolo e mangiandolo facendomi mugolare di piacere. Ormai il fuoco che avevo tra le gambe era arrivato a picchi altissimi, ma non potevo strofinare le gambe per trovare sollievo perché avevo Edward che mi bloccava.
Scese con le sue labbra tentatrici sul mio ventre e mi diede un piccolo morso sul fianco per poi passarci la lingua  facendomi ansimare.
<< Da-dammi….sollievo. >> ansimai.
Lui scese ancora di più fino a trovarsi con il viso tra le mie gambe e quando sentii le sue labbra su quel punto sensibile già gonfio inarcai la schiena per la forte scossa di piacere. Cominciò a mangiarmi dandomi piccoli morsi sulle labbra intime facendomi contorcere, mi toccò con le sue labbra dandomi piccoli baci infuocati su tutto il mio interno e mi leccò con la sua lingua calda. La sua lingua calda che si muoveva esperta su quel pezzo di carne dove erano concentrare tutte le mie terminazioni nervose.
Posai le mie mani tra la sua chioma bronzea e scompigliata e gli dettai il ritmo che più mi stava portando al limite e lui mi accontentò aumentato le lappate.
<< Oh cazzo! >> ansimai prima di sentire quel famigliare calore che si ammassava su quel punto.
Altre poche lappate e l’orgasmo arrivò facendomi gemere e ansimare vergognosamente mente Edward aveva preso tra le labbra il mio clitoride e succhiava portandomi a gemere il suo nome come una preghiera a non smettere più.
Crollai sul cuscino stanca, sudata e appagata. Edward riemerse con il viso e mi guardò soddisfatto. << Sono bravo, eh? >> m disse mentre si coricava su di me e la punta del suo membro toccò la mia parte sensibile ancora indolenzita per il forte orgasmo.
Ansimai. << Sei un maestro. >> dissi sorridendogli poi.
Fece la solita faccia da ‘Lo so, tesoro, lo so’. << Hai fatto un ottimo affare, no? >>
Storsi la bocca. << Mmm… non saprei. >>
Lui mi guardò male. << Cosa stai insinuando? >>
Ridacchiai. << Scommettiamo che se adesso facciamo l’amore non riuscirai a farmi venire l’orgasmo? >>
Lui mi guardò sicuro di se. << Hai proprio voglia di perdere, eh? >>
Feci passare la mia mano tra i nostri corpi e gli afferrai il membro ancora turgido e lo feci ansimare. << Se vinci, farò tutto quello che vuoi… se vinco io, farai tutto ciò che voglio. >>
Lui annuì. << A tuo rischio e pericolo. >> mi disse prima di baciarmi.
Quella notte persi… per ben tre volte.  



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Prima di tutto vorrei parlarvi della copertina.
Questa bellissima copertina mi è stata donata dalla mia rossa preferita, la mia Abigail che molti conosceranno su efp come bambola_ e_ bibola e ve la consiglio. Ha fatto un bellissimo lavoro e ha saputo davvero mettere su qualsiasi cosa abbia usato ihih i miei gusti e il mio pensiero.
Ti adoro tesoro e grazie.
Adesso arriva la parte che mi manda davvero in confusione. Allora scorrendo le recensioni del capitolo ne ho notate due praticamente identiche a parte qualche parole, scritte da due persone differenti. Adesso ve le riporto... perchè vorrei districare la massa di dubbi che ho nella mente.
Che è successo? 

 

wolfvale [Recensore Master]
 12/09/11, ore 22:27 - Capitolo 16: Capitolo 16
 
Ciao...allor che dire...questo capitolo è molto carino...diciamo che tra loro va bene e si sono chiariti anche i sentimenti che provano l'uno per l'altra...l'unica pecca è stato il comportamento di Bella sul fatto del mangiare...direi che non è una bella cosa quella di non mangiare perchè non si ha tempo a lavoro...io proprio non riesco a capire come le persone riescano a fare così...anche perchè io sverrei...ad un certo orario ne sento proprio il bisogno fisico...oltre che mentale...e poi che carino EDWard...è troppo tenero quando si tratta di Bella...e Rosalie è stata troppo furba...peccato che non sono riusciti a tenerlo nascosto ad ALice anche se secondo me hanno sbagliato a non dirglielo subito...tanto prima o poi lo doveva venire a sapere...ma va bhè ora sono curiosa di sapere cosa diranno ad ALice...1bacio alla prossima

 AnnaMalfoy 21 [Recensore Junior]
 15/09/11, ore 15:06 - Capitolo 16: Capitolo 16  
 
Ciao...allor che dire...questo capitolo è molto meraviglioso ...diciamo che tra loro va bene e si sono chiariti anche i sentimenti che provano l'uno per l'altra...l'unica cosa è stato il comportamento di Bella sul fatto del mangiare...direi che non è una bella cosa quella di non mangiare perchè non si ha tempo a lavoro...io proprio non riesco a capire come le persone riescano a fare così...anche perchè io sverrei...ad un certo orario ne sento proprio il bisogno fisico...oltre che mentale...e poi che carino Edward da morire ...è troppo tenero quando si tratta di Bella...e Rosalie è stata troppo furba...peccato che non sono riusciti a tenerlo nascosto ad ALice anche se secondo me hanno sbagliato a non dirglielo subito...tanto prima o poi lo doveva venire a sapere...ma va bhè ora sono curiosa di sapere cosa diranno ad ALice...bacio alla prossima tua Anna <3 

Ho messo in grassetto le parole differenti.
Io non so cosa sia successo e vorrei saperlo.
Grazie in anticipo.


  che molti su efp conosceranno  

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Ecco che è tornata la vostra ragazza. Come state, donzelle?  Io sono assonnata, troppo. Il ragazzo della pubblicità questa mattina ha bussato ed evidentemente ha rimasto il dito incollato perchè con la smetteva più. Scusami, eh, ma se uno non ti risponde vuol dire che non c'è. Gentaglia.
Cmq eccomi con un nuovo capitolo molto carino, direi. Mentre lo scrivevo pensavo '  Vorrei essere trattata così', ma poi penso che vengo trattata così dal mio angelo e faccio gli occhi a cuoricino.
Okey, basta adesso parlare perchè già vedo qualcuna di voi con le lance.
Vi lascio al capitolo.
Buona lettura e buona giornata, angioletti.
xoxo Alex


Capitolo 18



Ero comodamente sdraiato sulla poltrona, con le gambe distese e i piedi poggiati sul tavolino a leggere il giornale, mentre Bella era seduta con le gambe rannicchiate sul divano e leggeva un libro mentre mangiava dell’uva.
Eravamo soli in casa perché Irina era uscita a fare compere per il viaggio di ritorno e poi aveva bisogno di andarsene da casa mia perché, testuale ‘In giro c’è troppo zucchero, rischio di prendere il diabete’ ed era uscita sbattendo la porta e facendomi ridere.
Guardai Bella e mi ritrovai a sorridere e a dar ragione ad Irina. In casa mia o in qualsiasi luogo ci trovassimo io e la mia ragazza si respirava nell’aria il profumo della felicità e dell’amore. Eravamo costantemente innamorati, mi innamoravo di nuovo di lei ogni giorno, era inevitabile.
Appena apriva gli occhi la mattina e mi sorrideva assonnata mi innamoravo di nuovo di lei, come se ogni mattina Bella fosse diversa dal giorno precedente e quella diversità la rendesse ai miei occhi degna di tutto l’amore del mondo.
Ma Bella non cambiava di giorno in giorno, era sempre la stessa ero io che la vedevo in modo diverso. La guardavano con i famosissimi ‘occhiali rosa’.
Abbassai lo sguardo quando lei alzò il suo, non volevo che mi sorprendesse ad osservarla, sapevo quanto le dava fastidio. Amava essere guardata da me, ma odiava che la fissassi. Era un po’ strano e contorto come ragionamento, ma Bella era strana e contorta. In senso buono, ovviamente.
Appena fui sicuro che non mi guardasse alzai di nuovo lo sguardo e la guardai. Sembrava davvero a suo agio in casa mia forse era dovuto al fatto che passasse quasi tutte le sere lì, ormai solo per cambiarsi la mattina andava da lei anche se da qualche giorno a quella parte aveva preso il vizio di portarsi il ricambio per svegliarsi un po’ più tardi la mattina.
A me non dava fastidio che stesse da me e quante volte ero stato sul punto di chiederle di venire a vivere da me definitivamente, ma avevo un po’ il terrore. Sapevo della sua idea sull’impegnarsi seriamente, cioè il matrimonio e non sapevo se questa idea comprendesse l’andare a convivere. Irina mi aveva consigliato di provaci, nel caso peggiore mi avrebbe risposto di no, però ero frenato. Nonostante Bella si fosse calmata e fosse diventata più dolce e malleabile, avevo ancora il terrore che la sua parte fredda e da despota uscisse fuori a farmi il culo.
Continuavo a guardarla, ma quando fece per alzare il viso spostai lo sguardo ancora, ma la vidi sorridere con la coda dell’occhio.
<< Edward. >> mi chiamò con la sua dolce voce, ma con una nota di ilarità nel tono.
Alzai lo sguardo e le sorrisi. << Cosa c’è? >> chiesi appoggiando il giornale sulle mie gambe.
Lei chiuse il libro e lo appoggiò in grembo. << Stavano leggendo questo libro e c’era questa ragazza che divide la casa con i suoi ragazzi… >>
Strabuzzai gli occhi. << Che cavolo leggi? >>
Lei mi lanciò un’occhiataccia. << Osi infangare il nome della grandiosa Anita Blake? >>
Inarcai un sopracciglio. << Se sapessi chi è questa Anita Blake, potrei risponderti a dovere. >>
Lei sbuffò. << Non ha importanza, adesso, non posso spiegarti la sua magnificenza in poche parole, la offenderei. >> mi disse come se stesse parlando di chissà quale entità superiore.
Ridacchiai. << D’accordo… cosa volevi dirmi? >>
Lei annuì. << Già, lo stavo dimenticando. Ti dicevo che convive con i suoi due ragazzi e da come la descriveva non era una brutta cosa dividere la propria vita con una persona. Quindi… >> e mi fece cenno di continuare.
La guardai confuso. << Non riesco a capirti, tesoro. >>
Lei sbuffò. << E se provassimo a vivere insieme? >> mi chiese con naturalezza.
La guardai sconvolto. << Mi stai chiedendo di andare a convivere? >>
Lei mi guardò offesa. << La cosa ti disgusta tanto? >> mi chiese irritata.
<< Oh no, no… >> mi affrettai a dire.
Mi avvicinai a lei, le presi il libro dal grembo e lo posai sul tavolino, dopodiché la presi tra le mie braccia fino a farla accomodare sulle mie gambe.
<< Erano settimane che volevo chiedertelo, ma avevo il terrore che mi dicessi di no. Adesso mi rendo conto che non dovevo fare altro che aprirti il mio cuore… sono stato un cretino. >> dissi afflitto.
Odiavo essere codardo, avrei voluto almeno metà del coraggio e della faccia tosta che aveva lei. Ero un vero squalo a lavoro e con gli altri, ma con lei diventavo un innocuo pesciolino.
Lei mi sorrise dolcemente e mi accarezzò la guancia. << Non posso certo biasimarti, anche io avrei paura di me. >> e ridacchiò seguita da me.
<< Ma sai benissimo che sono creta nelle tue mani. Tu puoi farmi e dirmi tutto quello che vuoi, Edward, io accetterò tutto perché non posso fare altrimenti. >> mi prese il viso tra le mani e mi guardò negli occhi. << Ti amo così tanto, Edward, che per te rinuncerei al mio I-phone. >> mi disse e ridacchiai stringendola a me.
Cosa avevo detto? Bella era strana e contorta.
 
Era mattino presto molto probabilmente, perché la luce filtrava debole dalle finestre. Sentivo chiaramente Bella tra le mie braccia mentre ronfava leggermente, era periodo di allergia e quindi aveva tutti i canali respiratori otturati. Era stata costretta a prendersi qualche giorno di ferie perchè si era leggermente gonfiata in viso e aveva costantemente il naso gocciolante.
Qualcosa mi aveva svegliato, ma non sentendo più alcun rumore, cercai di riaddormentarmi, ma dopo qualche secondo sentii ancora quel rumore sordo.
Belle mugugno tra le mie braccia. << Ba che ore sono? >> chiese con voce nasale.
Alzai mezza palpebra destra e guardai la sveglia che segnava le sei e mezzo, circa un’ora prima che suonasse.
<< Torna a dormire, è presto. >> le sussurrai stringendola ancora di più a me.
<< Babbene. >> disse e ridacchiai ricevendo un buffetto sul braccio.
Chiusi di nuovo gli occhi e provai  a riprendere sonno, ma probabilmente non era giornata perché quel rumore divenne più forte ed insistente e capii che qualcuno stava bussando alla porta.
Feci un lungo sospiro e mi alzai dal letto cercando di non smuovere troppo Bella, che aveva bisogno di dormire visto che il raffreddore non le dava tregua neanche di notte.
Mi infilai i pantaloni della tuta e in stile zombie mi avvicinai alla porta per aprire a molto probabilmente il prossimo morto in città.
<< Un attimo! >> urlai disperato e aprii la porta.
Davanti ai miei occhi c’era un Mike con uno strato di barba, occhiaie profonde e una puzza di alcool vecchia di qualche giorno.
<< Mike? >> chiesi sorpreso.
Lui mi lanciò un’occhiataccia ed entrò dentro barcollando, chiusi la porta ancora confuso e feci in tempo a sostenerlo prima che si schiantasse con la faccia sul pavimento.
<< Dov’è quella troietta? >> chiese e sapevo che si riferisse a Bella.
<< Dorme, non sta bene. >> spiegai, sperando che se ne andasse.
Lui sbuffò. << Non me ne importa un cazzo. Devo parlare con lei, adesso! >> sbraitò.
Mi irritai ancora di più, non solo si era permesso di venire a quell’ora della mattina si permetteva anche il lusso di sbraitare rischiando di svegliarla. Bella non aveva dormito per gran parte della notte e solo quella mattina era riuscita a dormire qualche oretta, aveva bisogno di riposo e lui la stava disturbando.
<< Stammi a sentire, finocchio, o la smetti di urlare o ti mando a calci in culo fuori da qui! >> dissi a voce bassa, ma minacciosa.
Non sono omofobo o altro, ma quando sono nervoso parlo a sproposito e forse più tardi se lui si fosse calmato mi sarei scusato per il modo in cui lo avevo chiamato.
Lui mi guardò sconvolto, non si aspettava una sfuriata del genere da me che con lui mi ero sempre comportato in modo impeccabile. Sono per la teoria ‘Gli amici suoi sono anche i miei’ quindi avevo cercato di istaurare un rapporto con lui.
<< Bike… >> un sussurrò proveniente dalla porta che dava al corridoio.
Ci girammo entrambi e c’era Bella sulla soglia con un fazzoletto tra le mani, gli occhi che le lacrimavano, una coperta sul pigiama di lana antistupro e due comiche pantofole con la faccia di topolino. Per qualcuno poteva apparire sciatta, ma a me appariva sexy e molte volte l’avevo costretta ad indossarlo perché adoravo sfilarglielo.
Mike abbassò le spalle e lo sguardo. << M-mi… ha lasciato… >> e un singhiozzo gli uscì dalle labbra.
Bella sgranò gli occhi sorpresa, si avvicinò a lui con le braccia aperte e subito Mike si strinse a lei disperato cominciando a piangere.
<< Va tutto bene, piccolo mio, tutto bene. >> gli sussurrava all’orecchio mentre gli accarezzava i capelli come un madre avrebbe fatto con un figlio.
Li guardavo appoggiato all’isolotto della cucina e mi sentii una merda per averlo trattato in quel modo quando lui voleva solo essere abbracciato e sentirsi dire che tutto si sarebbe risolto.
Bella, stringendolo sempre a se, lo portò in camera da letto. Prima di entrare in camera si girò verso di me. << Ti spiacerebbe prepararmi del caffè, deve smaltire la sbornia. >>
Annuii. << Arrivo subito. >> Bella annuì e chiuse la porta dietro di se.
Mi diressi alla caraffa e mi adoperai a fare del caffè anche per me, visto che adesso non mi sarei più addormentato. Intanto che il caffè usciva andai in bagno a farmi una doccia veloce, evitai di fare la barba quella mattina, non ne avevo voglia.
In accappatoio afferrai un paio di tazze di caffè e mi diresse in camera nostra, si perché ormai era una settimana che Bella abitava da me definitivamente, ma non aveva venduto il suo appartamento. Non sapevo perché e non glielo avevo chiesto forse per paura della risposta che mi avrebbe dato.
Quando entrai in camera trovai Bella che accarezzava dolcemente i capelli di Mike, mentre quest’ultimo si stringeva  lei mentre singhiozzava. Mi avvicinai al letto e posai le tazze sul comodino, la guardai e lei mi sorrise. << Grazie. >>
Mi sporsi verso di lei e lei sfiorai le labbra con le mie. << Buongiorno. >> e lei sorrise dolcemente facendomi una carezza in viso con la mano libera.
Le bacai la mano. << Vado a prepararmi. >> e mi diresse all’armadio per prendere il completo delle riunioni visto che ne avevo una quella mattina con il contabile e altri dirigenti.
In quei giorni avevo preso momentaneamente il posto di Bella, visto che lei non poteva e quindi mi ero accollato tutti i suoi appuntamenti e le sue responsabilità e ne erano davvero tante. Mi chiedevo a volte come facesse a gestire tutto quel caos, ma poi mi dicevo che lei era Bella e che era in grado di fare tutto. Aveva cambiato me, il resto era una barzelletta per lei.
Vestito e profumato, andai in cucina e misi a riscaldare dei croissant al cioccolato, erano l’unica cosa che Bella accettava la mattina. Dopo averli riscaldati, li rimasi nel microonde, li avrebbe mangiati quando voleva.
Presi la mia ventiquattrore e controllai che ci fossero tutti i fascicoli e le cartelle che mi servivano, poi presi il portafoglio, il cellulare e le chiavi e mi diressi in camera dalla mia ragazza.
Mi avvicinai a lei e mi resi conto che si stava addormentando, ma dovevo dirle alcune cose così le feci una carezza sul viso. Lei aprì lentamente gli occhi e mi sorrise con la faccia assonnata, era davvero tenera.
<< Nel microonde ci sono i cornetti, nel frigo ci sono le lasagne di ieri se hai fame devi solo riscaldarle. Avrò la giornata piena quindi non potrò portarti le medicine, ma incaricherò qualcuno per farlo. Tornerò ad ora di cena, cosa preferisci? >> le chiesi poi.
Le ci pensò un attimo su. << Pizza. >> sussurrò.
Ridacchiai. << Era scontato. Salame e funghi, vero? >>
Lei annuì. << Mi prendi anche le patatine e il gelato al cioccolato? >>
Scossi la testa. << Certo, piccola mia. A stasera… >> e le diedi un bacio sulla fronte.
Mi diressi alla porta, ma lei mi fermò. << Ti amo. >> mi disse quando mi girai verso di lei.
Le sorrisi dolcemente. << Ti amo anche io. >> e me ne andai lasciandola riposare.
Era davvero bello iniziare la giornata così.
 
Erano ormai le otto ed ero stanco morto, ma comunque avevo portato a termine tutti i compiti. Bella poteva ritenersi soddisfatta di me. Quella giornata non avevo avuto un po’ di tregua, solo dieci minuti nel primo pomeriggio e ne avevo approfittato per chiamarla e sembrava peggiorare invece che guarire. Mike era ancora a casa e ci sarebbe rimasto anche quella notte e qualcosa mi diceva che sarei stato costretto a dormire nella stanza degli ospiti dove qualche settimana prima aveva dormito Irina.
Stavo mettendo alcuni documenti nella valigetta quando mio padre entrò nel mio ufficio. << Edward. >> mi chiamò.
Alzai il viso verso di lui e sorrisi. << Papà. >>
Lui mi sorrise di rimando e si accomodò sul divanetto facendomi segno di avvicinarmi.
<< Cosa c’è? >> iniziavo a preoccuparmi.
<< Non so come dirtelo, Edward, ma…tua madre…vi vuole a cena domenica, tutti quanti. >> mi disse con vece grave.
Alzai gli occhi al cielo, sospirando di sollievo. << Papà, ma sei scemo? Pensavo fosse successo qualcosa di grave… >>
Lui mi guardò inarcando un sopracciglio. << C’è bisogno che ti ricordi cosa vuol dire cenare tutti insieme la domenica? >>
<< Oh. >> e finalmente capii.
Cenare tutti insieme quando c’era una new entry, in questo caso Bella, era davvero una cosa imbarazzante. Mia madre cominciava a cucinare il giorno prima, e cucinava per un intero esercito e poi quando tornavamo a casa ci riempiva di ciotole con gli avanzi. Mia madre è una donna stupenda, ma quando è eccitata per qualcosa, diventata parecchio imbarazzante. Cominciava a ricordare il passato, di quando eravamo piccoli e a fine serata ci ritrovavamo a vedere video di quando eravamo piccoli e album zeppi di foto compromettenti che cercavamo da sempre di nascondere.
Ma in quel caso non dovevo preoccuparmi, perché Bella era cresciuta con noi e conosceva Esme.
<< Papà non devi preoccupati, è Bella. >> gli dissi sollevato.
<< Ecco perché dovresti preoccuparti di più… vedi, figliolo, sono venuto a conoscenza di molti video compromettenti su te e Bella. >> mi disse preoccupato.
<< Che video? >> chiesi sempre più divertito dalla preoccupazione inutile di mio padre.
<< Non lo so cosa contengono, ma tua madre è troppo euforica e la cosa non mi piace. >>
Sbuffai ancora. << Senti, vecchio, penso tu stia cominciando a dare di matto. E’ Bella, è cresciuta in casa nostra e poi ci odiavamo. Non preoccuparti e dormi a sonni tranquilli. >> gli dissi dandogli una pacca sulla spalla.
Lui alzò le mani in segno di resa. << Io ti ho avvertito, ragazzo. E non chiamarmi vecchio, figlio ingrato. >> disse offeso uscendo dal mio ufficio.
Se mia madre è stupenda, mio padre è un mito.  

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Ehilà angeli, come state? Io sto lentamente morendo... ho un dolore atroce alle gengive che mi porta il mal d'orecchio, ecchecazzo!!
Cmq eccomi con un nuovo capitolo e finalmete scoprirete cosa c'è di così imbarazzante in quei video ihih
Vi lascio al capitolo e ci vediamo alla prossima storia che aggiornerò.
Buona lettura.
xoxo Alex


Capitolo 19


Un raggio di sole mi svegliò ed io mugugnai infastidita. Il giorno prima io e Edward eravamo andati all’opera, dopo a cena fuori e poi avevamo passato quasi tutta la notte ad amarci, quindi ero parecchio stanca anche perché l’allergia non se ne era andata completamente.
Cercai di riaddormentarmi girandomi dall’altra parte, ma qualcuno me lo impediva, qualcuno che si era completamente sdraiato su di me chiudendo ogni passaggio e rischiando di farmi morire senz’aria.


<< Ehm… Edward? >> lo chiamai picchiettando sulla mano che aveva stretta alla mia.
Lui non diede segni di vita e sbuffai infastidita. Con un letto enorme perché doveva invadere il mio spazio schiacciandomi? Era un fuscello paragonata a lui, che diamine!
Ci provai ancora e lui cominciò a mugugnare infastidito fino a che non scivolò dal suo lato e mi lasciò respirare. Mi girai verso di lei e il respiro mi manco di nuovo. Le coperte gli erano scivolate un po’ troppo durante il movimento e adesso tutto quello che aveva di bello era in mostra. Le sue spalle larghe, il suo petto glabro scolpito, i suoi addominali non troppo accentuati, ma abbastanza da farmi perdere la testa. Il suo ventre cosparso di radi peli rossicci che finivano lì, in quel posto che avevo imparato a stimolare e che riusciva a farmi toccare il cielo con un dito quando lo usava. Avevo sempre trovato l’organo genitale maschile una cosa strana e dalla forma a dir poco orrenda, ma su Edward… era tutta un’alta storia.
Come ogni mattina era leggermente in erezione ed io nonostante avessimo passato quasi tutta la notte a fare l’amore, ne avevo ancora voglia. Da quando stavo con lui ero diventata una ninfomane pervertita.
Mi avvicinai lentamente a lui e con la mano gli accarezzai la mascella, il collo, le spalle, il petto, gli addominali, il ventre e prima che arrivassi lì una sua mano mi bloccò il polso e così la mia discesa verso il mio paradiso personale.
<< Ho bisogno di lavarmi i denti e anche tu. >> mi disse con gli occhi chiusi e la voce impastata dal sonno.
Mi imbronciai. << Ma così dopo non avremo più… no, non è vero, vado a lavarmi i denti. >> dissi saltando dal letto e dirigendomi in bagno e in un attimo feci tutto.
Quando tornai in camera da letto era sdraiato sul letto come l’avevo trovato e aveva le labbra leggermente dischiuse. Si era riaddormentato, che stronzo!
Imbronciata mi avvicinai a lui e gli diedi uno schiaffo sul petto. Lui ridacchiò e prendendomi per i fianchi mi fece stendere sotto di lui, alitandomi sul viso e sorrisi. Aveva l’alito che profumava di menta e di lui.
<< Hai usato l’altro bagno? >> gli chiesi mentre gli accarezzavo la mascella coperta da un leggero strato di barba.
Lui annuì mentre si posizionava meglio sopra di me. << Potevo mai guardare le tue bellissime labbra a non baciarle? >> mi chiese come se il solo fatto di pensarlo fosse una cosa oltraggiosa.
Ridacchiai. << E adesso vorresti darmelo questo bacio? >> chiesi impaziente.
Lui sorrise divertito e mi accontentò appoggiando le sue morbide labbra sulle mie in un dolce bacio. Amavo quei baci, in quei baci Edward metteva tutto l’amore e il sentimento che provava per me e questo mi faceva sciogliere come neve al sole. Quando la mia amica mi aveva detto che era bello avere qualcuno che ti ama e che si prende cura di te, non avevo mai pensato fino a questo punto. Avere qualcuno che si prende cura di te e che ti ama sopra ogni cosa e la cosa più straordinaria e magica che ti possa accadere.
Edward sapeva fare l’amore in ogni modo possibile, sapeva essere passionale, rude e dolce come in quel momento. Mi baciava e toccava come se fossi la cosa più fragile e preziosa esistente e si muoveva dentro di me lentamente e dolcemente.
Mi era capitato con i miei numerosi amanti di non arrivare all’orgasmo quando volevano comportarsi da gentiluomini e quindi muovendosi lentamente. Ma con Edward ci ero riuscita sempre e sapevo anche perché. Oltre ad essere bravo io, Edward, lo amavo.
Lo amavo davvero tanto e non era quell’amore che provi perché ormai sei ‘vecchia’ e quindi ti convinci che è meglio amare una persona e starci insieme che rischiare di rimanere sola a vita. Ma era quell’amore vero, quello che solo le ragazzine appena adolescenti possono provare, perché è il più puro e il più sincero. Senza compromessi o cattiveria o malizia.
Nei miei ventisette anni non avevo mai provato nulla del genere, neanche con quel disgraziato con cui persi la verginità.
Edward era davvero tutta un’altra cosa.
Prima che raggiungessi l’orgasmo, Edward si fermò senza uscire e mi guardò fisso negli occhi. Gli restituii lo sguardò e mi innamorai ancora di più di quegli occhi liquidi di piacere, ma anche pieni di amore e devozione per me.
<< Come fai ad essere così? >> gli chiesi sussurrando.
Lui mi accarezzò il viso. << Sei tu che mi rendi così. >> e mi diede un bacio sul naso.
Ridacchiai e lo strinsi a me, così forte che rischiavo di strozzarlo. << Ti amo tanto, Ed. >> gli sussurrai all’orecchio e gli diedi un bacio sul lobo.
<< Ti amo tanto anche io, piccola. >> e cominciò a muoversi di nuovo fino a che non esplodemmo insieme scambiandoci un bacio dolce e pieno di amore.
 
Eravamo in macchina ed eravamo diretti a casa Cullen, per quella famosa cena dove Esme aveva preparato per noi una sorpresa.
<< Chissà che video ha trovato, quella sciagurata di tua madre. >> dissi ridacchiando al pensiero di quella donna.
Per me Esme era sempre stata un mito di donna e l’adoravo, era come una madre per me.
Edward alzò gli occhi al cielo. << Non preoccuparti, mio padre esagera come sempre. >>
Annuii e poi ridacchiai. << Ti ricordi quello che combinò quando Alice portò Jasper a casa? >>
Esme oltre ad aver cucinato per un intero esercito compreso i cuochi e i servienti, aveva cacciato gli album e filmini che aveva girato quando eravamo piccoli tutti. Alice per poco non moriva di vergogna mentre Jasper se la rideva con Esme alla vista delle scene parecchio imbarazzanti di Alice. Da piccola, il mio adorato folletto, era leggermente in sovrappeso ed Esme continuava a vestirla con colori come il rosa, il giallo e il bianco facendola somigliare ad una grossa meringa. Per me Alice è sempre stata bellissima, certo sono di parte perché è una sorella per me, ma lo è davvero.
Edward ridacchiò con me. << Ricordo, eccome… mia madre è imbarazzante. >> e sospirò afflitto.
Gli diedi un buffetto di incoraggiamento sulla gamba. << Non preoccuparti, amore, io sono a prova di Esme. >>
<< Lo spero. >> sussurrò e parcheggiò nel vialetto di entrata.
Non arrivammo neanche sul portico che la porta si aprì ed un Esme in vestito bianco e grembiule rosso uscì fuori sorridendo raggiante e aprendo le braccia come un prete in una Chiesa.
<< Oh bambina, vieni qui. >> disse mentre si avvicinava a me e mi stritolava in uno dei suoi abbracci stritolanti,
<< Ehm… ciao Esme… mi stai soffocando. >> le disse cercando di staccarmi da lei.
Si rese conto di stringere troppo e mi lasciò andare dandomi un sonoro bacio sulla guancia. << Scusami, tesoro, ma sono troppo contenta. >> e mi abbracciò di nuovo, ma entro la norma.
Poi toccò ad Edward e lui non poteva sottrarsi agli abbracci e ai baci di Esme. << Come stai, tesoro? Mangi? Dormi? Fai cacca regolarmente? >>
Edward alzò gli occhi al cielo. << Mamma. >> disse esasperato.
Lei mise su il broncio. << Mi preoccupo, tesoro, scusami. >>
Eh si, Esme sapeva essere davvero imbarazzante quando era contenta.
 
Stavamo tutti a tavola, compreso Alice ed Emmett con i rispettivi partner. Fino a quel momento avevamo parlato e scherzato ed Esme si era mantenuta calma, quindi eravamo ancora al coperto.
<< Hai preso l’antistaminico, oggi? >> mi chiese Edward all’improvviso.
Lo guardai colpevole. << L’ho dimenticato. >>
Edward alzò gli occhi al cielo poi si alzò,  si diresse alla sua giacca e prese la scatola di pillole. Se l’era portata con se?
Si accomodò di nuovo al mio fianco, armeggiò con lo scatolino, poi mi riempì il bicchiere d’acqua e me lo porse con la pillola.
<< Avanti, ragazzina, prendila. >> mi disse in tono autoritario.
Sbuffai, ma feci come disse. << Contento? >> chiesi irritata.
Lui mi sorrise soddisfatto. << Adesso si. >> e si sporse a darmi un bacio sulla guancia che immediatamente mi fece sciogliere.
Dei sospiri sognanti ci fecero girare e trovammo Alice, Rosalie ed Esme che ci guardavamo con una aria da drogate.
Alzai un sopracciglio. << Avete fatto abuso di qualcosa? >> chiesi scettica.
Alice scosse la testa. << Non abbiamo mai visto Edward così, faccelo godere. >> mi rimproverò.
Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa, potè vedere Edward fare la stessa cosa e lanciare un’occhiataccia a suo padre che si stava davvero divertendo e con lui Emmett e Jasper.
<< Devo ricordarvi che anche io al vostro tempo, vi ho aiutati? >> chiese Edward a quest’ultimi che subito scattarono.
<< Mamma, il dolce? >> chiese Emmett depistandola.
Esme parve riscuotersi. << Oh si, certo. >> e si alzò incominciando a sparecchiare seguita da Rosalie e me.
Alice rimase seduta perché quel giorno si sentiva fuori fase, il momento era quasi arrivato e quindi si sentiva stanca. Jasper l’aiutò ad alzarsi e la portò in salotto dove avremmo mangiato il dolce e bevuto il caffè.
Dopo aver sparecchiato completamente la tavola, andammo in cucina e cominciammo a sistemare, mettendo i piatti sporchi nella lavastoviglie e gli avanzi nelle ciotole che avremmo portato poi a casa.
<< Bella, tesoro, come si comporta mio figlio? >> mi chiese Esme all’improvviso mentre decorava la torta con le fragole.
Sorrisi. << In modo impeccabile, devo dire. Lo hai cresciuto davvero bene, Esme, davvero. >> e le sorrisi riconoscente.
Esme si commosse ed io le accarezzai un braccio. << Ehi… >>
Lei mi sorrise con le lacrime agli occhi. << Scusa… è che ho aspettato così tanto questo momento che avevo cominciato a perdere le speranze. >> e mi abbracciò ancora.
Rimase ancora un attimo in silenzio mentre io e Rosalie finivamo di sistemare, evitandole poi fatica doppia quando ce ne saremmo andate. Non mi sembrava giusto lasciarle fare tutto il lavoro quando avevamo mangiato e altro.
<< Cosa ti ha fatto cambiare idea? >> mi chiese ancora mentre cominciava a tagliare la torta a fette.
Cosa mi aveva fatto cambiare idea? Ancora oggi non lo so.
<< Edward si è semplicemente trovato nel momento giusto. Nel momento in cui avevo deciso che la mia vita non mi bastava e che volevo qualcosa di più, Edward era lì con il suo sorriso e i suoi modo da duro dal cuore tenero. >> e sorrisi intenerita al pensiero del mio ragazzo.
Esme sospirò commossa. << Il mio bambino. >> e lo guardò attraverso la vetrata mentre parlava con Emmett in giardino.
Seguii il suo sguardo e sorrisi vedendolo così rilassato e divertito da qualche battuta senza senso di Emmett. Forse si sentì osservato perché si girò e quando intercettò il mio sguardo mi sorrise dolcemente e mi mandò un bacio ed io gli sorrisi arrossendo.
<< Oddio… è arrossita! >> esclamò Rosalie sorpresa non potendo crederci.
Mi girai verso di lei e le feci una linguaccia e lei mi restituì una smorfia. Era sempre stato così tra me e Rosalie, ci volevamo davvero tanto bene.
<< Calme, bambine. >> ci ammonì divertita Esme.
Ridemmo divertite e ancora ridendo andammo in salotto dove si erano riuniti tutti e qualcosa mi diceva che era arrivato il momento del video imbarazzante ed Esme me lo confermò perché ci lasciò e salì al piano di sopra tutta euforica.
Mi girai verso Carlisle. << Lo hai nascosto, vero, il video? >>  gli chiesi ricordandogli la telefonata che avevamo avuto qualche giorno prima.
Carlisle mi guardò mortificato. << Potrei averlo dimenticato. >> mi giustificò.
Sbuffai. << Devo annotarmi di non fidarmi più di te per quando riguarda la mia vita privata. >>
Carlisle annuì. << Hai ragione, non sono affidab… >>
<< Eccomi qua! >> trillò Esme tornando con un videocassetta e un album che nessuno aveva visto che lo stesso mio sguardo confuso lo avevano anche gli altri.
L’album era marroncino, un po’ vecchio e impolverato, segno che era da tanto che nessuno lo prendeva, la custodia della videocassetta era nelle stesse condizioni. Ma dove cazzo le teneva ste cose?
<< Sedetevi tutti, prego. >> ci ordinò e noi l’accontentammo.
Presi, come tutti gli altri, il piattino con la mia fetta di torta e cominciai a mangiarla, mentre Esme litigava con il videoregistratore e avrei voluto che litigasse ancora perché quando le immagini partirono volevo morire.
In primo piano c’ero io, dovevo avere massimo tre anni e avevo indosso una tutina rosa come i fiocchetti che avevo in testa. Stavo giocando con le bambole con Alice, la bambina cicciottella che aveva tra le mani Ken.
<< Salutate, piccole. >> disse una voce, che era Esme.
Noi ci girammo e sorridemmo cacciando i dentini fuori. A me ne mancavano due, ad Alice uno.
<< Che carine che eravamo. >> commentai.
Alice annuì. << Eh già. >> disse confermando.
Ritornai a guardare lo schermo e in quel momento entrò in scena un ragazzino smilzo con i capelli rossicci e gli occhioni verdi. Doveva avere massimo sei anni ed era bellissimo.
<< Posso giocare? >> chiese Edward.
Alice lo ignorò completamente impegnata a pettinare i capelli delle barbie, io invece lo guardai e gli feci la linguaccia. << No… >> e ritornai a giocare.
Edward non demorse e si accomodò accanto a me. << Me lo dai un bacio? >> chiese con la sua vocetta verso di me.
Io lo guardai e storsi il naso. << No.. tu butto… >> e mi alzai lasciandolo solo e seguita da Alice che rideva divertita dalla faccia sconvolta di Edward.
Nel salotto ci furono delle risatine e anche io sorrisi divertita. Mi girai verso di Edward e notai che era imbronciato e non era per niente divertito, e non potevo biasimarlo, si era appena visto rifiutare un bacio da una bimbetta di tre anni.
<< Amore? >> lo chiamai.
Lui mi guadò. << Sei sempre stata senza cuore, anche da bambina. >> mi disse offeso.
Ridacchiai e lo abbracciai dandogli tanti bacetti sul viso. << Se può farti sentire meglio, se potessi tornare indietro te lo darei. >> e gli diedi un bacio sulla bocca.
Lui sbuffò. << Tu sei la causa della mia avversione verso le donne. >> mi accusò.
Sorrisi divertita. << Ma sono anche quella che ti ha fatto credere di nuovo in loro. >>
Lui sbuffò ancora, ma si rilassò e si lasciò abbracciare da me. Ma le sorprese non erano finite perché Esme prese l’album e lo mise sulle nostre gambe.
<< Queste fotografie l’ho scattate in segreto e le ho tenute nascoste per questo momento. Sono sempre stata convinta che un giorno voi avreste aperto gli occhi vi sareste resi conto di essere fatti l’uno per l’altra. >> mi disse commossa mentre ci guardava abbracciati.
Edward guardava l’album e aveva paura di aprirlo. << Sono terrorizzato. >> disse, infatti.
Ridacchiai e presi l’album aprendolo alla prima pagina. C’era scritto in modo elegante ‘Edward & Bella’, quindi era un album dedicato interamente a noi.
Girai la pagina e la prima fotografia che mi capitò davanti era di quando avevo massimo un anno e accanto a me c’era un bambino che ne doveva avere massimo quattro che mi stringeva la manina e mi faceva le facce buffe facendomi ridere.
<< Che carino che eri. >> dissi accarezzando la foto.
<< Tu eri stupenda. >> mi sussurrò dandomi un bacio sulla tempia.
Girai ancora la pagina e c’era Edward che doveva avere sei anni e stava rintanato in un angolino a piangere mentre si toccava il ginocchio sbucciato. Accanto a lui c’era una bambina di tre anni con un pantaloncino di jeans ed una magliettina blu come il codino che aveva in testa. La bambina era seduta accanto a lui e gli stringeva la mano per confortarlo.
<< Quanto ero dolce. >> dissi complimentandomi da sola.
Edward sorrise. << Davvero. >> confermò mentre girava la pagina.
Quella forse era la foto più imbarazzante che c’era in quell’album. C’ero io che dovevo avere quattro anni in una vasca da bagno e c’era Edward che mi stava facendo ridere facendo le smorfie con una papera gialla. Ero nuda e lui se ne stava tranquillamente seduto a bordo vasca.
<< Neanche in bagno un po’ di privacy? >> chiesi girandomi verso di lui.
Edward ridacchiò. << Scusa. >>
La voce di Esme ci richiamò e la guardammo. << Quando eravate piccoli eravate l’uno l’ombra dell’altra. Edward ti seguiva ovunque tu andassi per paura che ti succedesse qualcosa e cercava in ogni modo di proteggerti e tu lo consideravi il tuo angelo custode. >> sospirò. << Non ho mai capito perché crescendo vi foste allontanati e non sai quante volte avrei voluto prendere mio figlio e scrollarlo per fargli capire che doveva smetterla di trattarti male. >>
Edward sbuffò. << Grazie, mamma. >>  
Esme sorrise. << Scusa, tesoro, ma è la verità. E’ stata una sera che ho capito che infondo mio figlio non ti aveva mai dimenticata e che con il tempo ti avrebbe di nuovo conquistata. >>
La guardai confusa e anche Edward. << E’ imbarazzante? Perché se è così, passo. >> disse il mio uomo.
Esme scosse la testa. << Vi ricordate quando Bella arrivò in lacrime a casa nostra perché sua madre se ne era andata lasciandola? >> domandò guardando tutti.
Annuirono tutti e lei fece un cenno soddisfatto. << Vietai a tutti di entrare nella sua camera quella notte, perché avevo fatto tanto per farla addormentare e non volevo che si svegliasse. >> e tutti annuirono ancora.
Esme guardò Edward. << Beh… qualcuno disubbidì ed entrò nella sua camera… >>
Edward si irrigidì. << Ehm… potremmo, che ne so, evitare di raccontare questa cosa? >> chiese imbarazzato.
Esme scosse la testa. << Rimase con lei tutta la notte stringendole la mano e canticchiandole una ninna nanna ogni volta che si agitava. Rimasi a guardarli per ore intere, erano così carini. >> e intrecciò la mano a mò di preghiera.
Sorrisi commossa e guardai il mio ragazzo che mi sorrise imbarazzato. Mi strinsi a lui e mi lasciai abbracciare. << Per tutto questo tempo ho creduto di averlo sognato e invece eri davvero lì. >>
Edward fece spallucce. << Sono umano, dopotutto, e mi dispiaceva vederti così. >> si giustificò.
Qualcosa dentro di me, però, mi diceva che nonostante avesse passato tutto quel tempo a prendersi gioco di me non aveva mai smesso di volermi bene e di proteggermi.  

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Allora angeli miei prima di tutto devo dirvi qualcosa...
Da domani comincerò a lavorare dalle nove di mattina alle sei di sera e quindi questo potrebbe influire sulle storie, potrei non postarle con assidua frequenza. Un'altra cosa è che ho problemi con la linea e sto postando appoggiandomi alla linea della mia vicina che mi ha fatto sto favore anche per gli altri aggiornamenti.
Per questo motivo non posso rispondere alle vostre recensioni perchè non mi sembra giusto approfittarne ancora di più.
Ricordate che vi adoro e che farò tutto il possibile per non scomparire, anche perchè mi manchereste troppo.
Ciao angeli miei e buona lettura.

 

CAPITOLO 20


 

Quel giorno ero uscito con mio padre, mio fratello e mio cognato Jasper. Eravamo andati ad una fiera dell’antiquariato, era un po’ la passione che accomunava tutti e quattro e quando potevamo ci andavamo volentieri. Anche perché dovevamo frenare papà o avrebbe prosciugato tutto il conto in banca, perché non sapeva mai dire di no.
Quella mattina io avevo intenzione di comprare a Bella qualcosa, lei amava molte le macchine da scrivere antiche e gliel’avrei regalata.
Stavo pagando quando mi squillò il telefono e sorrisi notando il suo nome sullo schermo e la sua fotografia tutta sorridente.
<< Ehi piccola. >> risposi.
<< Edward potresti spiegarmi perché tua madre è in casa nostra a prendere le misure e a discutere sui colori adatti? >> mi chiese irritata senza neanche salutami.
Ridacchiai. << Ciao anche a te, amore, si qui e tutto okey. >>
La sentii sbuffare. << Scusami, tesoro, ma sono parecchio irritata. Sai quanto odio essere svegliata di primo mattino e di sabato. >> e sospirò.
<< Comunque, angelo, non ne ho idea. >> le dissi salutando il signore dietro la bancarella e seguendo i ragazzi.
Non rispose, ma la sentii parlare con qualcuno e poi quel qualcuno venne al telefono. << Edward, tesoro. >> mi salutò mia madre.
<< Mamma, che ci fai a casa nostra? >> chiesi e così dicendo attirai l’attenzione dei miei compagni di guerra.
<< Sto prendendo le misure per rifare l’arredamento. >> mi disse con ovvietà.
<< Che cosa? >> sentii urlare Bella e ridacchiai.
<< Mamma, non credi che dovresti prima parlarne con l’altra donna della mia vita? E’ lei la padrona di casa. >> cercai di farla ragionare.
<< Ma, tesoro… >> cominciò, ma qualcuno le strappò il telefono da mano.
<< Esme, esci fuori da qui… >> sentii urlare Bella.
<< Ma, Bella cara, non… >> cominciò mia madre.
<< Vuoi che dica a Carlisle dove vai tutti i giovedì sera al posto del corso di uncinetto? >> le chiese Bella con voce maligna.
<< Ciao tesoro, io vado. >> disse mia madre andandosene.
Sentii la porta chiudersi e poi la voce di Bella chiamarmi. << Amore? >>
<< Si, sono qui. Ehm… dove va mia madre il giovedì sera? >> chiesi curioso.
Bella ridacchiò. << Va a giocare a poker con le amiche. >>
Ridacchiai anche io. << Sei un demonio. >>.
<< Bhe… questo demonio ti sta aspettando a casa con un completino davvero sexy. >> mi disse con voce roca.
Deglutii in difficoltà. << Ehm…dieci minuti e sono da te, piccola. >> e riattaccai.
Guardai i miei compagni e mi guardarono delusi e amareggiati. Li stavo comunque per abbandonare dopo aver detto che niente avrebbe potuto farmi cambiare idea, ma non si poteva rinunciare ad un completino sexy.
<< Completino sexy, ragazzi. >> dissi loro.
Loro annuirono consapevoli. << Corri, amico. >> disse Jasper.
<< Sei ancora qui? >> disse Emmett.
<< Una bel maschietto, grazie. >> mi disse mio padre pensando già ai nipotini.
Alzai gli occhi al cielo e mi diressi alla macchina, misi in moto e sfrecciai per le strade.
Per il completino sexy questo ed altro.
 
Un’ora dopo eravamo sdraiati sul tappeto nudi, coperti da un piccolo plaid che Bella aveva messo sul divano. Non le avevo dato neanche il tempo di aprire la porta che le ero saltato addosso e molto presto il completino sexy era volato nella stanza con i miei vestiti.
<< Devo mettere completini sexy più spesso. >> disse Bella divertita mentre si appoggiava con la testa al mio petto.
Ridacchiai. << Eh già… >>
Restammo in silenzio ancora un po’, Bella mi accarezzava il petto con i polpastrelli ed io le accarezzavo i lunghi capelli castani. Erano cresciuti molto e quindi avrebbero dovuto diventare stopposi, ma i suoi erano morbidi e lucenti come sempre.
<< Nonostante tua madre sia una pazza, ha ragione. >> disse all’improvviso.
<< Su cosa? >> chiesi.
Avevo gli occhi chiusi ed ero parecchio rilassato, stavo prendendo in seria considerazione l’idea di addormentarmi. Avevo sonno ed ero stanco, chi me lo impediva?
<< Quest’appartamento è troppo da uomo, potremmo renderlo più femminile. Potremmo renderlo davvero nostro, che dici? >> mi disse.
La feci scostare da me e la guardai in viso. << In che senso femminile? Non accetto lenzuola o coperte con i fiori, ne tende della doccia con gattini o altri animale e preferirei non avere fiori in casa. >> le dissi mettendo in chiaro le condizioni.
Lei ridacchiò. << Sono un tipo molto semplice, sobrio e raffinato non uso coperte con i fiori o tendine della doccia con gli animale. Per quanto riguarda i fiori per la casa, non posso permettermelo con l’allergia. >> mi disse rassicurandomi.
Le porsi la mano. << Bene, allora siamo d’accordo. Rifacciamo l’arredamento, signorina. >>
Lei mi strinse la mano e si portò sopra di me. << Direi di sancire questo patto, signor Cullen. >>
Ridacchiai e la riportai sotto di me. << Direi anche io. >>
A ritornammo a fare l’amore senza l’ostacolo di qualche completino sexy.
 
Il giorno dopo andammo al centro commerciale con Alice e Jasper in cerca di cose nuove per la casa. Bella ed Alice sembravano essere in un mondo tutto loro fatto di carte da parati, lenzuola e tappeti quindi noi restavamo in ombra e così ci stava bene.
<< Le fa bene tutto questo sforzo? >> chiesi a Jasper indicando mia sorella che camminava stretta al braccio di Bella e sembrava parecchio provata.
Jasper scosse la testa. << No, ma hai mai provato a far ragionare Alice? >>
Lo capivo, mia sorella era davvero dura di testa e niente l’avrebbe smossa se aveva qualcosa da fare. In un certo senso l’ammiravo, perché aveva una gran forza d’animo e molto spirito di iniziativa, ma era incinta ed era quasi arrivato il momento, aveva bisogno di riposo.
<< Come ti senti? >> chiesi a mio cognato mentre osservava alcuni vasetti di piante.
Lui fece spallucce. << Ci sono momento in cui non riesco a frenare la mia gioia e altri in cui sono completamente terrorizzato. Come si fa a crescere un figlio? Sarò un buon padre? Riuscirò a farmi amare? >>
Sorrisi divertito e gli diedi una pacca sulla spalla. << Te la caverai, amico. >>
Lui mi fece un cenno di assenso. << Lo spero. >>
Continuammo a seguire le nostre signore in silenzio, fino a che lui non mi chiese qualcosa che mi fece perdere il sonno per parecchie notti.
<< Voi avete parlato di queste cose? Cioè matrimonio e bambini. >> e mi guardò.
Non ne avevamo mai parlato perché Bella non ne voleva parlare, lei non le voleva quelle cose o almeno non le voleva in quel momento. Ma io si, le avrei volute, le avevo sempre volute.
Avevo trent’anni, un posto di lavoro sicuro e buono, una casa e una donna che amavo più della mia stessa vita, l’unica cosa che mi mancava era il matrimonio con bambini connessi. Già me li immaginavo con i suoi capelli ed i miei occhi o viceversa; forti e sicuri come lei.
La sua teoria sul matrimonio me l’aveva esposta all’inizio della nostra relazione e non ne avevamo più parlato quindi non sapevo se avesse cambiato qualcosa. Certo, la nostra situazione aveva cambiato molte cose quindi tutto faceva sperare in un cambio di opinione.
Scossi la testa. << Non ne abbiamo parlato, ma… non so se per il momento ne parleremo. >>
Jasper annuì comprensivo. << Alice mi ha parlato dell’idea di Bella sul matrimonio ed il resto. >> mi disse.
Sbuffai. << Come si fa a non volere il matrimonio o una famiglia? Cosa c’è di più bello dei bambini? >>
Jasper fece spallucce. << Perché non ci provi una sera di queste? Magari ha cambiato idea, no? >>
Annuii. << Magari. >> e sospirai.
Jasper mi diede una pacca di incoraggiamento sulla spalla. << Vedrai che in un batter di ciglio ti ritroverai con una decina di marmocchi che ti pisciano per casa. >> e ridacchiò.
Sorrisi anche io divertito e mi parve di rilassarmi un po’, ma qualcosa nel viso di Bella che avevo appena incrociato mi fece cambiare ide.
Bella manteneva per un braccio Alice che aveva una mano sulla pancia e a aveva il viso contratto dal dolore. Corremmo accanto a loro e ci accorgemmo della piccola pozzanghera ai piedi di Alice, segno che aveva rotto le acque.
<< Penso proprio che sia arrivato il momento. >> disse Bella con uno strano luccichio negli occhi.
Un quarto d’ora dopo eravamo all’ospedale ed Alice era stata portata con una sedia a rotelle in una stanza, Jasper era andato con lei. Bella si era prodigata di chiamare tutti e di chiedere ad Esme di passare a casa di Alice a prendere la borsa con i ricambi.
Sembrava parecchio agitata anche perché stava rischiando di creare un fosso sul pavimento tanto erano le volte che lo aveva percorso avanti e indietro.
Mi avvicinai a lei e la bloccai per le spalle. << Respira, Bella, respira. >> le dissi dolcemente.
Lei si fermò e fece dei grossi respiri, ma poi scosse la testa. << Non ci riesco. >> e continuò a camminare avanti ed indietro.
Qualche minuto dopo Rose arrivò e si abbracciarono, dandosi man forte a vicenda. Erano agitate come se dovessero partorire loro e non mia sorella. Oh cazzo, mia sorella stava per partorire.
Appena realizzai  mi ritrovai a respirare in modo irregolare e a camminare in modo frenetico per il corridoio come aveva fatto Bella poco prima.
<< Amore? >> mi chiamò la mia ragazza.
La guardai senza mai fermarmi. << Cosa? >>
Lei mi guardò divertita. << Sei agitato? >>
Scossi la testa. << Perché dovrei? Non è mia sorella che quella sta partorendo per la prima volta. >> dissi in tono sarcastico e acido.
Lei ridacchiò. << Immagino cosa farai quando nascerà tuo figlio. >> mi disse.
Mi bloccai sul posto sorpreso, alzai lo sguardo verso di lei, ma non c’era. Rose l’aveva presa ed erano andate da Alice perché quest’ultima aveva chiesto che loro assistessero al parto al posto di Jasper che era stato categorico, non voleva assistere perché avrebbe sofferto troppo a vederla in quello stato senza poter fare qualcosa.
Bella aveva appena detto qualcosa in riferimento ad un ipotetico figlio? Che ci stesse pensando anche lei alla possibilità di costruirci una famiglia? Non lo sapevo, ma non avrei perso altro tempo. Appena poteva glielo avrei chiesto.
 
Dieci ore dopo ero davanti alla nursery con Bella ad osservai la mia bellissima nipotina. Aveva tanti capelli in testa di un biondo come Jasper e gli occhietti vispi erano verdi, come Alice e me. Aveva un bellissimo nasino e delle guanciotte rosee, era una visione di bambina.
<< E’ bellissima. >> disse Bella commossa.
Annuii e le passai un braccio sulle spalle stingendola a me. << E’ meravigliosa. >>
Restammo ancora un po’ lì davanti fino a che un’infermiera non la prese e la portò da noi. Ci sorrise. << Siete i parenti? >>
<< Sono lo zio. >> le dissi senza distogliere lo sguardo da quella bambolina.
<< Io sono la sua madrina. >> rispose Bella.
L’infermiera ci sorrise ancora. << Volete? >> e fece il gesto di darcela.
Bell annuì e la prese delicatamente tra le braccia, la piccola subito la guardò e le fece una specie di sorriso, se poteva chiamarsi così. Era nata da un’ora e quindi ancora doveva rendersi pienamente conto di essere nata.
<< Ciao piccola. >> la salutò Bella toccandole la manina paffutella. << Sono la tua madrina e sono quella che ti ha dato il nome. >> e le sorrise intenerita.  
Alice, sorprendendo e commuovendo Bella, aveva dato alla bambina il suo secondo nome, Marie. Bella era andata completamente in brodo di giuggiole appena l’aveva saputo e aveva pianto come una bambina stringendo a se Alice e la sua figlioccia.
Erano lì davanti a me, così belle e felici che non ebbi il coraggio di chiedere a Bella nulla per la paura di interrompere quel sereno equilibrio.
Avevo Bella che mi amava e mi bastava. Per il momento.
 
 
 
 
  

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Ciao angeli miei.
Sono tornata giusto dopo una settimana anche se questo capitolo è uno scempio totale, non mi piace, ma cmq qualcosa dovevo mettere.
La linea ancora deve tornare e infatti oggi sto aggiornando da casa del mio ragazzo che mi ha prestato gentilmente (gliel'ho gentilmente imposto) la sua linea.
Oggi è finita la mia prima settimana di lavoro e sono davvero a pezzi, che brutta idea andare a lavorare.
Volevo dirvi qualche parolina prima di lasciarvi al capitolo.
Questa storia è quasi finita, per il dispiacere di tutti e anche di me, ma cmq appena finirò questa ne comincerò un'altra che mi è venuta in mente mentre lavoravo. Eh bhe si lo so, dovrei applicarmi sul posto di lavoro, ma la mia mente vaga senza permesso.  Cmq continuerò le altre, ma dovete aspettare ancora un pò per gli aggiornamenti.
Adesso vado proprio.
Buona lettura, tesori.
xoxo Alex


Capitolo 21




Erano passate due settimane dalla nascita della mia figlioccia e l’adoravo ogni giorno di più. Era un angelo, la bambina più bella che avessi visto e sapere che avesse il mio stesso nome mi riempiva di orgoglio. Quando Alice me lo aveva comunicato il mio cuore aveva fatto una capriola dalla felicità e avevo pianto come un bambina abbracciandola e ringraziandola.
Avrei cresciuto quel piccolo frugoletto che in quel momento stringevo a me, trasmettendole sani valori e principi e facendole capire che non sempre la vita è facile e che bisogna sempre stringere i denti e andare avanti. Non potevo considerarmi un modello da seguire, ma avrei fatto in modo di esserlo per lei.
<< Si è addormentata? >> chiese Alice rientrando in salotto dopo aver fatto una doccia rigenerante.
Quel pomeriggio mi aveva chiamato disperata dicendo di aver bisogno di una doccia, ma Marie glielo impediva. Così ero arrivata da lei, avevo preso la piccola tra le braccia e avevo lasciato ad Alice il tempo di riattivare la batteria.
Alzai lo sguardo verso di lei e annuii. << E’ un angioletto questa bimba. >> le dissi alzandomi e salendo le scale verso la stanza della piccola.
Alice mi seguì, ma non la guardai troppo presa ad osservare i lineamenti perfetti e finalmente rilassati della mia figlioccia. Dolcemente la depositai sulle coperte e la coprì per non farle prendere freddo, le accarezzai la guancia e sorrisi intenerita.
<< Buonanotte, piccola. >> sussurrai e uscii dalla stanza.
Seguii Alice nella sua camera da letto dove si stava vestendo e dopo ci sdraiammo sul suo letto a guadare il soffitto.
<< Sei brava. >> mi disse all’improvviso.
La guardai confusa. << In cosa? >>
Si girò verso di me e si aggiustò meglio il cuscino sotto la testa, era stanca e si notava dalla sua difficoltà di rimanere con gli occhi aperti. La piccolina la teneva sveglia quasi tutta la notte e dopo due settimane stava incominciando a cedere, ecco perché appena mi aveva chiamato ero accorsa.
<< Ci sai fare con i bambini, saresti una madre stupenda. >> mi disse per poi sbadigliare e chiudere gli occhi.
Sorrisi intenerita e le accarezzai i capelli. << Ci sono io qui, dormi pure. >>
Lei annuì. << Ti voglio bene. >> e scivolò in un sonno profondo.
Ritornai a guardare il soffitto e riflettei sulle parole di Alice. Mi piacevano i bambini ed io stranamente piacevo a loro, ci sapevo fare davvero, ma mi sapevo comportare così con i bambini degli altri. Chi mi poteva giurare che mi sarei comportata così anche con i miei? Nessuno.
Da quando stavo con Edward molte cose erano cambiate tra cui la mia idea del ‘per sempre’. Con lui avevo cominciato a pensare di essere degna della felicità eterna, degna di qualcuno che mi amasse e degna di crearmi una famiglia mia. Ma chi mi diceva che tutto sarebbe durato? Che Edward avrebbe continuato ad amarmi come in quel momento e che lo avrebbe fatto sempre e comunque? Nessuno.
Non sono un tipo facile e chissà come Edward riusciva a sopportarmi. Ma chi mi diceva che Edward mi avrebbe sopportato sempre, anche quando sarei diventata petulante e lamentosa? Nessuno.
Era quel ‘nessuno’ che mi bloccava, volevo che almeno qualcuno mi promettesse che tutto sarebbe andato bene.
Bhe forse qualcuno c’era, quel qualcuno era proprio Edward. E non c’era bisogno di chiedergli se sarebbe rimasto al mio fianco sempre perché lui mi avrebbe risposto che avrebbe preferito morire pur di lasciarmi.
In quel momento, in quel letto, non avrei mai immaginato cosa mi aspettava ancora.
 
Quel pomeriggio Alice riuscì a dormire per più di quattro ore di continuo e quando era ormai arrivato il momento di andarmene l’avevo vista più rilassata e mi ero rincuorata. Non mi piaceva vederla in quello stato, ma poi pensavo alla mia figlioccia e ne valeva la pena di perdere qualche ora di sonno.
Quando tornai a casa quella sera trovai la tavola nel salotto apparecchiata con il servizio buono e delle candele al centro, le luci erano soffuse e per la casa si sentiva una canzone classica. Una di quelle canzoni che sentiva Edward la sera por rilassarsi dopo una giornata di lavoro faticosa.
<< Edward? >> chiamai mentre posavo la giacca e la borsa sul divano.
<< Sono in cucina. >> mi rispose.
Mi diressi in cucina e sorrisi divertita e intenerita da quella scena. C’era Edward con un ridicolissimo grembiule rosa, regalo di sua madre per me, intendo a spalmare su delle costine di maiale del sugo.
<< Ehi. >> lo salutai.
Alzò lo sguardo e mi sorrise dolcemente. << Ciao piccola, come stai? >> mi chiese mentre prendeva le costine e le portava vicino la piastra.
Edward era un ottimo cuoco e molto spesso mi deliziava con una delle sue cenette, ma quella sera con la tavola e la musica aveva superato se stesso e forse aveva qualcosa da dirmi. Immediatamente mille immagine mi si formarono in testa e cominciai ad agitarmi per non so che cosa, ma una strana ansia mi pervadeva.
<< S-sto bene…ehm… senti, vado a farmi una doccia, okey? >> dissi balbettando e prendendomi qualche pausa.
Edward lasciò tutto quello che aveva tra le mani e mi si avvicinò guardandomi preoccupato. << Che succede? >> mi chiese accarezzandomi una guancia.
Scossi la testa e cercai di sorridere. << Niente, ho solo bisogno di una rinfrescata. >> mi alzai sulle punte e gli fiorai le labbra con le mie. << Continua a cucinare, ci vediamo dopo. >> e me ne andai di corsa in bagno senza neanche prendere nessun cambio.
Mi appoggiai al lavandino e chiusi gli occhi facendo un grosso respiro sperando che il pulsare frenetico del sangue delle vene si arrestasse perché rischiavo veramente di andare sotto shock. Mi aveva preparato la cena e avevo notato sul tavolino in cucina la torta al cioccolato e peperoncino, la mia preferita, aveva apparecchiato la tavola in modo elegante e raffinato con tanto di candele, la musica di sottofondo e lui aveva addosso una pantalone elegante con un camicia altrettanto costosa. Il tutto faceva pensare ad un occasione speciale, ma non era né il nostro anniversario né il mio compleanno o il suo. Quindi? Perchè aveva fatto tutto quello? Perché voleva farmi morire di infarto a trent’anni?
Qualcuno bussò alla porta. << Tesoro è tutto okey? >> mi arrivò la voce ovattata di Edward.
Mi schiarii la voce e tentai di sorridere, ma poi mi resi conto che non poteva vedermi. << Ehm… si, è okey. >> e aprii immediatamente il getto della doccia.
<< Fatti bella, okey? >> mi disse prima di andarsene.
Fatti bella un paio di palle!
 
Quando tornai in salotto con un paio di pantaloni neri ed un maglioncino panna come le ballerine, Edward mi stava aspettando vicino alla porta con un bicchiere di vino in mano ed aveva lo sguardo più sexy che gli avessi mai visto.
Mi si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia. << Bellissima. >> commentò ed io gli sorrisi leggermente agitata.
<< Ehm… a che devo tutto questo? >> chiese prendendo il bicchiere di vino che mi stava porgendo.
Fece spallucce. << Volevo passare una serata romantica con la mia ragazza. E’ vietato? >> mi chiese poi.
Scossi la testa. << Per niente. >> e gli sorrisi avvicinandomi alla tavola.<< Che si mangia? Ho una fame che mangerei anche la tavola con le sedie.  >> dissi leggermente affamata.
Lui ridacchiò. << Ed io che mi ostino con il  romanticismo. >> e sbuffò sparendo nella cucina e facendomi ridacchiare.
La cena come avevo predetto, era stata squisita ed Edward era stato fantastico. Dopo quasi tre mesi che stavamo insieme lui continuava a fare il carino con me come se volesse ogni volta conquistarmi, ma ancora doveva capire che mi aveva conquistato trent’anni prima. Adesso mi rendevo conto di averlo segretamente amato sempre, solo che ero troppo delusa dalla vita e da tutto per rendermene conto.
Dopo cena ci eravamo accomodati sul divano con un bicchiere di caffè e un fetta di dolce. Ero accoccolata su di lui mentre mi lasciavo accarezzare i capelli, amavo il modo in cui le sue dita passavano attraverso quei fili castagna. Mi davano un senso di pace.
<< Piaciuta la cena, signora? >> mi chiese.
Annuii. << Davvero sublime, signore. >>
Restammo ancora un po’ in silenzio a goderci quel momento, poi lo stereo mandò una delle mie canzoni preferite ed Edward, leggendo nella mente, mi fece alzare, mi porse la mano e cominciò ad ondeggiare per il centro del salotto. Stavamo ballando senza fretta e mi piaceva davvero tanto, mi piaceva stare stretta lui e posare la testa sul suo petto.
<< Ehm… Bella, tesoro, devo chiederti una cosa. >> mi disse leggermente nervoso.
Alzai lo sguardo verso di lui e gli sorrisi incoraggiante. << Cosa c’è? >>
Nei suoi occhi c’era agitazione e paura, qualunque cose mi stesse per chiedere molto probabilmente non mi avrebbe fatto piacere.
Gli accarezzai la guancia. << Che succede, Edward? >>
Lui sospirò, alzò lo sguardo verso il mio. << Voglio un bambino. >> mi disse lasciandomi completamente spiazzata.
Cazzo, quello davvero non me lo aspettavo.
Vedendo il mio irrigidirmi e il mio silenzio si staccò da me e cominciò a muoversi in modo agitato.
<< Ricordo benissimo cosa mi dicesti all’inizio della nostra storia e ricordo anche che ti dissi che avremmo fatto tutto quello che vuoi che avrei fatto tutto quello che volevi perché volevo solo che tu stessi bene, ma… Adesso, non mi sta più bene… mi sta stretta la vita di coppia, capisci? >> si girò verso di me. << Ho più di trent’anni, Bella, e voglio una famiglia mia, voglio dei bambini di cui prendermi cura, voglio sentirmi chiamare papà, vo… >>
Lo fermai. << Voglio anche io un bambino. >> dissi velocemente per evitare che mi bloccasse.
Mi aveva già convinto non c’era bisogno di nessuna spiegazione, volevo anche io quello che voleva lui e adesso che eravamo in due la cosa mi sembrava meno lontana.
Mi guardò con gli occhi sgranati. << Davvero? >>
Mi avvicinai a lui e mi abbracciai. << Voglio crearmi una famiglia e voglio farlo con te. >> dissi alzando poi lo sguardo e incatenandolo con il suo.
I suoi occhi verdi brillavano di luce propria e di felicità ed io sorrisi contenta, mi faceva stare bene vederlo così felice e sapere che ero stata io a renderlo così mi riempiva di orgoglio. Mi strinse a se e mi alzò da terra facendomi girare in tondo e ridendo, risi anche io cercando di scendere a terra, ma non ci misi tutta la forza perché mi piaceva.
Quando mi riappoggiò a terra mi diede un bacio sulle labbra. << Sei davvero sicura? >> mi chiese conferma.
Sbuffando mi scostai da lui e mi tolsi il maglioncino. << Sei ancora qui? >> dissi dirigendomi poi nella stanza da letto.
Non lo vidi, ma lo sentii seguirmi, prendermi tra le sue braccia e correre in camera da letto. Mi buttò letteralmente sul letto e mi imprigionò sotto il suo corpo, mi afferrò i polsi e li porto sopra la mia testa bloccandoli.
<< Ti andrebbe di fare qualche giochetto? >> mi chiese.
Lo guardai confusa. << Giochetto? >>
Lui annuì. << Si, tipo qualche gioco di ruolo. Io sono il dottore e tu la paziente o altro, capito? >>
Ridacchiai per l’assurdità dell’idea, ma poi un’idea geniale mi venne in mente e con tutta la mia forza spostai Edward dal mio corpo e respirai un po’.
<< Che c’è? Ho detto qualcosa di sbagliato? >> chiese subito il mio ragazzo preoccupato.
Mi alzai dal letto e mi infilai una maglietta. << Infila un pigiama, io arrivo subito. Voglio trovarti disteso sotto le coperte. >> e poi andai in salotto, afferrai le chiavi del mio appartamento e corsi sopra.
Qualche anno prima io, Alice e Rose eravamo andate ad un ballo in maschera e quella pazza della mia migliore amica aveva cucito personalmente i nostri vestiti. Lei si era vestita da coniglietta, Rose da cameriera sexy ed io da infermiera. Avevo conservato il vestito perché era davvero bello e poi ci aveva perso del tempo, non mi sembrava giusto. Mi congratulai con me stessa in quel momento per averlo conservato, così avrei potuto giocare con Edward.
Lo trovai in una sacca per vestiti infondo al mio armadio, lo presi e scesi di nuovo giù. Entrai in bagno, lo infilai e dopo essermi truccata un po’ e aver aggiustato i capelli in una crocchia per infilare la cuffietta bianca con un croce rossa, uscii fuori lasciando Edward completamente spiazzato.
<< Oh cazzo! >> esclamò ed io ridacchiai.
Mi avvicinai lentamente a lui. << Come si sente oggi, signor Cullen? >> chiesi con voce sensuale.
Edward deglutì, ma poi si ricompose e fece una faccia leggermente dolorosa. << Ho dolori dappertutto, infermiera. Lei ha qualcosa per darmi sollievo? >>
Annuii. << Si rilassi, signor Cullen, ci penso io. >>
Quasi due ore dopo con un urlo venni su di lui e lui mi seguì. Era stato l’orgasmo più travolgente e doloroso che avessi mai avuto ed Edward doveva pensarla come me perché era completamente accasciato sul letto con gli occhi chiusi ed una mano sullo stomaco.
<< Oh signore… >> sospirai coprendomi con sforzo con le lenzuola e coprendo anche Edward.
Il mio uomo annuì. << Mi fa male il pisello, è normale? >> mi chiese poi con voce roca.
Ridacchiai. << Non lo so, forse sono stata troppo… >>
<< Troppo brava. >> continuò lui.
Sorrisi compiaciuta. << Eh bhe anni ed anni di esperienze. >>
Lui mi diede un buffetto sulla gamba ed io ridacchiai. Lentamente mi spostai verso di lui e mi accoccolai sul suo petto, Edward mi strinse a se con il braccio.
<< Sono stanca. >> sospirai.
Edward annuì. << Anche io. Dormiamo? >> mi propose.
Non gli risposi neanche ero già entrata in modalità ‘coma’ e lui mi seguì dopo poco. Quando la mattina dopo mi svegliai non presi la pillola e non lo feci neanche per i giorni seguenti, né per le settimane seguenti. Se volevamo avere un figlio dovevo smettere di prendere alcuna precauzione.
Quando raccontai alle mie migliori amiche che stavamo cercando di avere un bambino dopo un attimo di sorpresa, si dichiararono contente per noi e mi strapazzarono tutta di abbraccia e baci come se fossi già incinta o l’avessi partorito già.
Qualche giorno dopo quella decisione chiamai mio padre che mi rispose al primo squillo. << Figlia ingrata. >> mi disse.
Ridacchiai. << Ciao papà, anche io ti voglio bene. >>
Ridacchiò anche lui ed ogni volta che succedeva il mio cuore traboccava di amore. Mio padre era il primo uomo della mia vita e lo amavo più di qualsiasi altra cosa e sentirlo così contento era una boccata d’aria fresca per me.
<< Sono tre giorni che non ti fai sentire, mi stavo preoccupando. >> mi rimproverò.
Alzai gli occhi al cielo. << Neanche tu hai fatto qualche telefonata. >> lo rimbeccai.
Lo sentii sbuffai. << Comunque come stai? >> mi chiese cambiando discorso.
Odiava essere contradetto.
Sorrisi. << Sto bene, papà, tu? >>
<< Ho qualche acciacco, ma vado avanti. Novità? >> mi chiese poi.
<< Una ce ne sarebbe. >> dissi iniziando il discorso.
Quando avevo detto a mio padre che stavo insieme ad Edward e che me ne o innamorata, si era leggermente arrabbiato. Non aveva mai sopportato il modo in cui Edward mi aveva trattato in passato e quindi non voleva che stesse con la sua bambina, ma poi aveva avuto modo di incontrarlo e di parlarci in privato e adesso si trovavano in una situazione di amore ed odio.
<< Riguardo il tuo ragazzo, per caso? >> mi disse in tono acido.
Sbuffai. << Papà, per favore. >> lo ammonii.
Sbuffò ancora. << Scusami, continua. >> mi concesse.
<< Stiamo cercando di avere un bambino. >> gli dissi senza giri di parole.
<< Che cosa?! >> chiese sorpreso.
Aveva ragione ad esserlo perché conosceva la mia idea sulla famiglia e sui figli e adesso gli venivo a dire che stavo cercando di avere un bambino, primo o poi avrei mandato mio padre al manicomio.
<< Sono pronta per crearmi un famiglia, papà. >> gli ripetei.
Rimase un attimo in silenzio. << Sei sicura? >> chiese poi.
Annuii. << Sono sicura di Edward, papà, e questo basta. >> gli dissi, così avrebbe evitato altre domande inutili che servivano solo a farmi esaurire.
<< Ti ho chiesto se sei sicura della tua scelta non di Edward. Rispondimi! >> mi impose.
Dimenticavo che era mio padre e che mi conosceva meglio di me stessa e poi eravamo identici caratterialmente, chi poteva capirmi meglio di lui.
<< Si, papà, ne sono sicura. >> dissi esasperata.
Rimase a meditare per un po’ e non lo disturbai, aveva bisogno di silenzio per metabolizzare la cosa. Non era da tutti giorni sentirsi dire dalla propria figlia una cosa del genere, non solo era vecchietto e quindi debole di cuore, ma era anche difficile come persona. Era me al maschile.
<< Ho sempre accettato tutte le tue scelte e accetto anche questa. Se la cosa ti rende felice, rende felice anche me. >> mi disse all’improvviso.
Sorrisi intenerita. << Sei il migliore papà. >>
Borbottò qualcosa imbarazzato ed io risi divertita. Lo adoravo quando faceva così.
<< Ti voglio bene, papà. >> gli dissi ridendo ancora.
Lui sbuffò, ma poi lo sentii sorridere. << Anche io, figlia ingrata e traditrice. >>
Questa cosa mi fece ridere ancora di più e alla fine staccò per disperazione offeso, ma anche felice. Era così il mio papà, difficile, ma anche molto dolce e comprensivo.
Era il papà perfetto ed io avrei fatto di tutto per essere brava con i miei figli almeno la metà di quanto era stato lui con me.  

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Ragazze ho letto tutte le recenzioni, ma non posso rispondere.
QUesto capitolo penso proprio che non vi piacera perchè è quello decisimo....
Mi scuso, ma devo andare.
Vi amo tutte.
xoxo Alex
ps. non ho tempo di mettere la copertina.

Capitolo 22



  Quel giorno ero andato via da lavoro un po’ prima perché Emmett mi aveva chiesto di andare con lui a comprare il regalo per Rosalie, sua moglie.
Non riuscivo a capire la mia utilità in tutto questo visto che la moglie era sua, ma non avevo obiettato. Dovevo uscire da quell’ufficio perché si respirava un’aria bruttissima.
Bella, da una settimana a quella parte, era diventata una belva. Era costantemente nervosa e ci affidava incarichi su incarichi non lasciandoci neanche il tempo di respirare. Anche io, nonostante fossi il suo compagno, avevo avuto il mio da fare ed ero davvero stanco sia fisicamente che mentalmente. Per uscire prima quel giorno avevo dovuto chiedere il permesso più in alto, ero andato ad implorarlo a mio padre che vedendomi disperato aveva accettato.
Se Bella a lavoro era un belva a casa era costantemente nervosa, ma era docile. Parlava se le chiedevo qualcosa, ma non cominciava mai un discorso da sola. La sera andava a dormire tardi e la mattina si svegliava presto ed usciva come se non volesse parlarmi. Mi sembrava di essere ritornato a quando ci odiavamo e questa cosa mi stava preoccupando. Io continuavo a comportarmi normalmente con lei, non avevo fatto nulla di male, ma questo comportamento mi stava facendo riflettere parecchio. E se si fosse stancata di me? Se si fosse resa conto che stare con me non era più bello e stimolante?
Tutte queste domande mi tormentavano giorno e notte facendomi stare costantemente in ansia ed ero anche terrorizzato. Avevo il terrore che lei potesse lasciarmi, perché se lo avesse fatto non avrei saputo cosa fare. Ormai la mia vita era incentrata su di lei e se lei se ne fosse andata tutto sarebbe crollato lasciandomi nella disperazione più totale.
Non mi resi conto di essere arrivato al luogo dell’incontro fino a che Emmett non mi scosse facendomi accorgere della sua presenza e di quella di Jasper che se ne stava tranquillamente appoggiato al muro del centro commerciale.
<< Ed, ma che hai? Sono dieci minuti buoni che sei fermo qui e non mi rispondi. >> si lamentò Emmett.
Scossi la testa. << Scusate, ragazzi. >> mi scusai.
Emmett mi scrutò attentamente. << Che hai, fratello? >> mi chiese preoccupato.
Feci un grosso respiro. << Ho dei problemi con Bella. >> dissi confidandomi.
Jasper si scostò dal muro e mi si avvicinò dandomi una pacca sulla spalla. << Ti va di andare a bere qualcosa? Magari ci racconti tutto. >> mi chiese comportandosi da vero psicanalista.
Ma comunque mi serviva, così annuii e dieci minuti dopo sedevamo ad un bar con dei caffè fumanti tra le mani e dei biscotti che Emmett non aveva lasciato resistere. Mio fratello è davvero un orso quando ci si mette.
Jasper scosse la testa guardandolo. << Non cambierai mai. >> commentò.
Emmett sbuffò ed ingoiò il biscotto con un sorso di caffè. << Se li hanno messi vuol dire che si devono mangiare. >> disse con ovvietà sbuffando.
Jasper alzò gli occhi al cielo. << Siamo qui per tuo fratello, orso mangione. >> lo rimbeccò.
Emmett sbuffò e mi concesse finalmente tutta la sua attenzione così come fece Jasper. Guardandoli non ero convinto più di voler parlare con loro dei miei problemi perché sicuramente Emmett se ne sarebbe uscito con una delle sue battute a sfondo sessuale e Jasper avrebbe fatto qualche paragone con lui e mia sorella e poi mi avrebbe dato qualche consiglio che io non avrei seguito per niente perché troppo plateali e inopportuni.
Ma comunque avevo bisogno di parlare con qualcuno così mi confidai con loro. Raccontai loro di quest’ultima settimana e di come Bella mi stava mandando al manicomio sia sul lavoro che nella vita privata. Raccontai loro che era più di una settimana che non facevamo l’amore e che lei a stento rispondeva ai baci che le davo la mattina o la sera. Mi stava allontanando da lei e non sapevo cosa fare.
<< Amico, quando le donne non vogliono fare sesso, hanno un altro. >> commentò Emmett mangiando un biscotto.
Lo guardai sconvolto e Jasper lo stesso, ma lui si allungò a dargli uno scappellotto dietro la nuca. << Deficiente, lo vedi come sta? Senti, perché non vai a comprare il regalo a Rosalie? Abbiamo bisogno di parlare tra uomini, no tra trogloditi. >> disse in modo acido e scocciato.
Emmett sbuffò e si alzò, ma prima di andarsene afferrò qualche biscotto e se ne andò proprio come avrebbe fatto un bambino. Imbronciato e… scemo.
Quando la schiena di Emmett non si vide più Jasper si girò verso di me ed io sospirai. << E’ davvero così? >> chiesi riferendomi a quello che aveva detto mio fratello.
Lui scosse la testa. << No, lascia perdere quello che dice Emmett. >> mi disse dandomi una pacca di incoraggiamento sul braccio.
Scossi la testa e mi lasciai andare sulla sedia. << Cosa vuol dire, Jasper? Si sta scocciando di me? >>
Lui fece spallucce. << Non lo so, Edward, dovrei chiederglielo. >>
Lo guardai inarcando un sopracciglio. << Questo è il tuo grande consiglio? >> chiesi in tono acido.
Lui scosse la testa afflitto, ma poi parve rallegrarsi. << Da quanto tempo state provando ad avere un bambino? >> mi chiese così all’improvviso.
Mi feci qualche conto. << Un mese circa, perché? >> ma prima che mi rispondesse ci ero arrivato anche io. << Mi stai dicendo che forse è incinta? >>
Lui fece di nuovo spallucce. << Non lo so, ma ti posso dire che quando Alice scoprì di essere incinta mi lasciò. >> mi confessò.
Strabuzzai gli occhi. << Ti lasciò? >> chiesi incredulo.
Lui annuì. << Ancora oggi non so cosa le sia preso, ma qualche giorno dopo ritornò da me dicendomi che sarei diventato papà. Le donne sono complicate, Edward, e se Bella si avvicina anche minimamente ad Alice, allora… >> e lasciò la frase in sospeso.
<< … è incinta. >> conclusi per lui.
Lui annuì. << Esatto. >> confermò.
Possibile che fosse già incinta dopo tutti quegli anni passati a prendere la pillola? Possibile che fossi così potente da fare strike al primo colpo?
Se veramente Bella era incinta avrei dovuto fare in modo di farle capire che sarei stato l’uomo più felice del mondo e che non aveva nessun motivo di essere nervosa. Ma forse quando si scopre una cosa del genere non servono a molto le rassicurazioni è comunque un evento di enorme portata e ti innervosisce a prescindere da tutto.
Però volevo comunque rassicurarla, così mi ripromisi di farlo quella sera e forse tutto sarebbe tornato come prima.
Guardai Jasper. << Spero sia così, perché altrimenti… >>
Lui mi sorrise incoraggiante. << Andrà tutto bene, Edward, tranquillo. Adesso andiamo da Emmett o finirà per comprarle un trapano. >> disse facendomi scoppiare a ridere.
Eh si, mio fratello ne era capace.
 
Quella sera quando tornai a casa Bella era già arrivata, visto che sul divano c’erano la sua giacca e la sua borsa. Aguzzai l’udito, ma non riuscivo a sentirla. Così mi feci un giro per la casa non trovandola da nessuna parte, l’ultima spiaggia fu il bagno e quando bussai una bassa imprecazione provenne da dentro. Era lì dentro.
<< Bella, amore, sono io. >> le dissi.
<< Ehm… si, ciao. >> mi disse con una voce strana, roca.
Provai ad aprire la porta, ma era chiusa. Che stava facendo la dentro? Subito il dubbio si insinuò in me e forzai la porta. << Apri la porta! >> le ordinai.
<< Cinque minuti e sono da te. >> mi arrivò la sua voce ovattata.
Imprecai e forzai ancora di più rischiandola di buttarla a terra. << Apri questa maledetta porta, Isabella! >> le dissi ancora chiamandola per nome.
<< Cinque minuti, cazzo, cinque fottutissimi minuti ti ho chiesto! >> urlò aprendo finalmente la porta.
Aveva la faccia segnata dalle lacrime, aveva indosso una tuta e tra le mani aveva un test di gravidanza. Cosa c’era che non andava?
Mi lanciò un’occhiataccia e mi scansò andando in camera da letto, gettando il test nel cestino in bagno. La lasciai andare, ma mi abbassai e presi quella stecca che segnava negativo. Non era incinta.
Gettai anche io il test nel cestino e la seguii trovandola seduta sul letto con le mani in grembo e dei singhiozzi a scuoterle il corpo. Mi avvicinai a lei e cercai di abbracciarla per rassicurarla che era tutto okey e che ci avremmo riprovato, ma lei si scostò da me.
<< Bella, ti prego. >> le dissi cercando di avvicinarmi di nuovo a lei, ma mi scansò ancora alzandosi dal letto e allontanandosi da me.
Rimasi inginocchiato sulla moquette della camera da letto e alzai lo sguardo verso di lei. << Cosa ti succede? >> chiesi ormai non sapendo più cosa fare.
Lei scosse la testa. << Non… non posso. >> mi disse con voce rotta.
Mi alzai, ma non mi avvicinai a lei. << Certo che puoi. Sono il tuo compagno, Bella, puoi dirmi tutto quello che vuoi. Lo affronteremo insieme. >> le dissi cercando di farle capire che io c’ero e che non doveva allontanarmi.
<< No, non hai capito. >> mi disse tirando su con il naso.
Sospirai. << Allora spiegamelo. >> le dissi stanco.
<< Non posso avere un bambino… non…voglio. >> mi disse in un sussurro.
Non riuscivo a capire quello che stava dicendo perché piangeva e sussurrava ed io stavo impazzendo. Non mi piaceva vederla così, ma se non mi spiegava davvero qual era il suo problema non potevo aiutarla.
<< Bella, dimmi, cosa succede? >> le chiesi di nuovo.
Lei scosse la testa. << Non voglio. >> disse con voce più forte.
Imprecai. << Cosa non vuoi? Che cosa? >> quasi urlai, ma me ne pentii immediatamente.
<< Non voglio un bambino! Non lo voglio più! >> urlò lei disperata.
Tutto intorno a me si fermò anche il mio cuore. Con poche parole aveva sgretolato tutte le mie convinzione e tutto il mio mondo era molto peggio se mi avesse lasciato per un altro.
Deglutii e quel gesto mi costò molto. << C-che… cioè, c-come… >> feci un grosso respiro. << Perché? >> chiesi in un sussurro.
Lei scosse la testa confusa. << Non lo so… non sono pronta… non fa per me, Edward, non ce la faccio. >> disse guardandomi con gli occhi pieni di lacrime.
In quel momento la tristezza e l’angoscia per quella notizia furono offuscate dalla collera.
<< E tu hai aspettato un mese per dirmelo? Mi hai illuso per un mese parlando di culle, pannolini e altro e adesso mi dici che non vuoi? Cos’è, ti diverte vedermi soffrire? Ma che razza di donna sei? >> urlai. << Cosa pretendi che faccia adesso? Che mi faccia addolcire da quelle lacrime di coccodrillo? Ma porca di quella puttana troia, Bella! >>
<< Amore, ti prego… >> mi disse avvicinandosi a me.
Io feci un passo indietro e la fermai con le mani. << Amore un fottuto e stramaledettissimo cazzo, Bella! Mi hai fatto male, maledizione, male davvero. >> dissi uscendo dalla stanza e poi dall’appartamento non lasciandomi frenare dalle sue lacrime a dai suoi tentativi di fermarmi.
Scesi in strada e cominciai a camminare senza un meta e con il freddo che mi entrava nelle ossa, ma non mi importava. Avevo già tutto ghiacciato, Bella mi aveva completamente congelato con quella notizia e adesso non riuscivo a provare nulla. Ero diventato un pezzetto di ghiaccio senza emozioni e senza nient’altro da perdere.
Volevo una famiglia e per un po’ avevo avuto la speranza che questo sogno si sarebbe avverato, ma quella sera non mi sarei mai aspettavo di perdere tutto perché ora come ora non sarei riuscito più a guardarla negli occhi. Mi aveva fatto troppo male e non sapevo se sarei mai riuscito a perdonarla, stavo male al solo pensiero di rivederla.
Amavo Bella più della mia stessa vita, ma quella sera la odiavo e odiavo me per aver sperato che primo o poi sarebbe cambiata e che mi avrebbe offerto il suo cuore, ma evidentemente non era stato così.
 
Dopo aver girato per la città fino a notte fonda, ritornai a casa e appena entrai trovai Bella seduta sul divano. Appena mi vide si alzò di scatto e cercò di avvicinarsi, ma la freddai dirigendomi direttamente nella camera da letto e chiudendo la porta alle mie spalle. Mi gettai direttamente e senza forze sul letto e chiusi gli occhi sperando di addormentarmi e poi svegliarmi scoprendo che tutto quello che era successo era solo un sogno.
Dopo qualche secondo di silenzio sentii la porta aprirsi, dei passi ovattati sulla moquette e poi il peso di un corpo che si sdraiava sul letto.
Bella si avvicinò a me e mi strinse da dietro, immediatamente le lacrime che avevo trattenuto uscirono fuori e un singhiozzo proruppe dalle mie labbra. Bella pianse con me e mi strinse a se dandomi dei baci sulla spalla.
<< Mi dispiace. >> sussurrò quando ci calmammo.
Non mi girai verso di lei e né ricambiai il suo abbraccio. << Anche a me. >> risposi.
Rimase in silenzio ancora un po’ poi sospirò. << Io ti amo. >> mi disse.
Feci un grosso respiro e chiusi gli occhi cercando di recuperare l’ energia che lo sfogo di poco prima mi aveva portato via. << Anche io ti amo. >> le dissi.
Ci addormentammo così ed io speravo che svegliandomi il giorno dopo avrei scoperto che era stato tutto un brutto sogno e che stavamo cercando ancora di avere un bambino e che magari era incinta, ma quando quella mattina aprii gli occhi Bella non c’era più e con lei tutte le sue cose.
Era finita.  
  

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Ragazze sono di nuovo qui e di nuovo non posso rispondere alle vostre recensioni, è un periodo strano e la linea ancora non c'è.
Mi farò perdonare.
Cmq il capitolo precedente vi ha rimaste sconvolte, lo so, in questo capitolo ci saranno delle spiegazioni.
Vi amo tutte.
xoxo Alex


 

Capitolo 23
 

 

Me ne ero andata, senza dirgli nulla, me ne ero andata. Me ne ero andata da lui, da quella casa e da me stessa. Me ne ero andata da tutto quello che mi faceva stare bene. Me ne ero andata da tutta la mia vita.
Non potevo restare da lui, non dopo aver visto quello sguardo, non dopo averlo sentito piangere, non dopo aver sentito quel ti amo come se fosse l’ultimo. Non potevo perché guardarlo ancora negli occhi mi avrebbe fatto sentire ancora più inutile e stupida di quanto non mi sentissi già.

In casa mia quella mattina regnava il caos come regnava nella mia testa. Non sarei andata a lavoro perché non potevo, avrei dovuto incontrarlo ed era ancora troppo presto, avevo bisogno di tempo per rendermi conto che tutto era finito.
Chiusi le imposte, staccai il telefono e andai in camera mia e senza neanche metterci delle lenzuola mi lasciai andare sul letto stanca, stanca di tutto e di me stessa. Stanca della mia abilità nel rovinare sempre tutto, stanca della mia capacità di allontanare da me le persone che amo, ero stanca della mia vita e basta.
Caddi in un sonno profondo senza sogni, lasciandomi tutto alle spalle, ma quando mi svegliai improvvisamente quello che era successo mi piombò addosso e l’aria cominciò a mancarmi, annaspavo e la gola mi bruciava come gli occhi. Non riuscivo a respirare e subito delle vertigini mi colpirono, come la nausea, ma non riuscii ad arrivare al bagno perché svenni a metà strada. Forse il buio mi avrebbe fatto dimenticare ogni cosa.
 
Qualcuno mi stava scuotendo delicatamente e mi chiamava, ma non riuscivo a vedere. Era come se uno strato spesso di qualcosa mi comprimesse e non mi lasciasse lo spazio per muovermi o anche solo respirare.
Mi scossero ancora più forte fino a che non riuscirono a riportami tra loro. Aprii lentamente gli occhi mugolando qualcosa, davanti ai miei occhi c’era Alice e appena vidi i suoi occhi verdi qualcosa dentro di me si spezzò ulteriormente e scoppiai in lacrime stringendomi a lei.
Lei mi strinse a se senza dire nulla dondolando sul posto come si faceva con i bambini. Sentivo qualcuno accarezzarmi i capelli, ma non mi importava, non mi importava più di nulla.
<< Non ce la faccio… non ci riesco… >> mi sentivo dire tra i singhiozzi.
Piansi per quelle che mi parvero ore e forse fu così perché quando mi calmai fuori era buio e la luce era accesa.
Adesso a stringermi era Mike, perché Alice era andata a prepararmi una camomilla e qualcosa da mangiare, ma io non volevo nulla. Volevo solo lasciarmi andare, volevo non sentire più quel dolore atroce al petto, ne quel vuoto allo stomaco. Volevo addormentarmi e non svegliarmi più, solo così avrei smesso di soffrire.
Mike mi fece alzare e mi accompagnò sul letto dove qualcuno aveva messo delle lenzuola pulite, mi fece sdraiare e mi rimboccò le coperte.
Mi accarezzò i capelli. << Come ti senti? >> mi chiese
Non risposi, ma lui capì lo stesso e rimase in silenzio accarezzandomi i capelli. Quando Alice tornò aveva un vassoio tra le mani con un piatto di tramezzini e un bicchierone di camomilla fumante, lo pose sul comodino e me lo indicò.
<< Perché non mangi qualcosa? >>
Scossi la testa, lei sospirò. << Non puoi stare digiuna. >>
Annuii. << Voglio morire. >> dissi con voce roca sprofondando con la testa sul cuscino.
La sentii imprecare e poi non sentii più le coperte, Alice me le aveva tolte. << Stammi a sentire, stronza, o mangi o te lo ficco in bocca con la forza. Io potrei stare da mio fratello che si trova nelle tue stesse condizione, ma sono qui con te, apprezza il gesto. >> mi disse arrabbiata e poi mi porse un tramezzino.
Lo lanciai in aria. << Vattene da tuo fratello, allora. >> e mi ripresi le coperte. << Andatevene tutti, voglio stare da sola. >>
Ma non se ne andarono, rimasero lì con me tutta la notte senza dire nulla semplicemente osservando sperando che prima o poi avrei detto o fatto qualcosa. Sapevo che Edward non aveva detto nulla e quindi toccava a me spiegare il motivo di quella rottura, ma non me la sentivo ancora, la ferita era troppo fresca per poter parlare senza soffrire.
La mattina Alice mi lasciò con Mike dicendo che aveva una bambina a casa che aveva bisogno di lei, mi promise di chiamarmi più tardi e che mi avrebbe preparato qualcosa per pranzo. Mike se ne era andato già da un bel po’ perché aveva il turno di mattina al caffè. In quel momento mi trovavo da sola, finalmente.
Avevo bisogno di calmarmi e loro con quegli sguardi di pietà a compassione non mi aiutavano. Avevo bisogno di sentirmi una merda da sola, non che mi facessero sentire gli altri.
Rimasi quasi tutto il giorno sul letto alternavo le ore di sonno alle ore di pianto. Non mangiai ne andai in bagno, non ne avevo la forza, non risposi neanche al telefono che probabilmente qualcuno aveva riattaccato il giorno prima.
Non volevo sentire nessuno, solo l’eco nella mia testa che mi diceva che ero una stronza e che mai nessuno mi avrebbe amato più.
Il telefono squillò per tutto il giorno e anche per quasi tutta la notte, ma io non mi alzai. Evidentemente qualcuno stanco del mio silenzio si decise a bussare alla porta, ma neanche in quel caso andai ad aprire. Non stavo dormendo, ma ero in uno strato di trance che non mi faceva capire e vedere nulla, stavo dormendo con gli occhi aperti.
<< Bella? >> mi chiamò dolcemente qualcuno.
Non risposi perché non vedevo nessuno e poi quella voce volevo solo sognarla.
<< Bella, amore mio, mi senti? >> mi chiamò con quel suo modo di fare.
Sentivo tremare il letto e degli strani suoi, solo quando Edward mi prese il viso tra le mani mi resi conto di essere io che stavo piangendo e singhiozzando.
Mi strinse a se e mi cullò. << Angelo mio, mi hai fatto prendere un colpo, non rispondevi al telefono né alla porta. >>
Mi strinsi a lui potandolo con me sul letto continuando a piangere disperatamente. Lui continuò a stingermi a se ed io continuavo a piangere, l’unica cosa che mi era rimasta da fare.
Edward non doveva essere lì, non doveva abbracciarmi ed io sapevo già cosa avrei fatto appena mi fossi stancata e appena sarei riuscita a staccami da lui. Lo avrei lasciato perché il senso di colpa e il disgusto che provavo per me era troppo forte e non sarei riuscita più a guardarlo negli occhi.
Quando riuscii a calmarmi mi staccai da lui e abbassai lo sguardo. Sentivo il suo sguardo su di me, lo sentivo scrutarmi con preoccupazione.
<< Perché stai facendo così? Perché te ne sei andata? >> mi chiese.
Aveva ragione non gli avevo dato nessuna spiegazione, me ne ero solo andata lasciandolo con un pungo di mosche.
<< Pensavo di volere un bambino, ma quando ho scoperto di avere una settimana di ritardo, il panico mi ha preso. Quando ho fatto il test di gravidanza ed è uscito negativo ho sospirato di sollievo, ero contenta di non essere incinta. >> spiegai.
Alzai finalmente lo sguardo verso di lui, ma vedere quegli occhi pieni di compassione, mi fece male così distolsi lo sguardo. << Vattene, Edward, vattene. >> gli dissi.
<< Ma che stai dicendo? Perché… >> mi chiese sconvolto.
Scossi la testa. << Non ti voglio vedere più, non voglio più stare con te. >> gli dissi facendogli capire che non lo amavo, ma ad ogni parola che gli diceva un pezzo di me moriva.
Rimase un attimo su quel letto, poi si alzò, si avvicinò alla porta e sperai che se ne andasse subito o mi avrebbe visto piangere di nuovo e non volevo umiliarmi ancora di più. Non volevo fargli capire quanto questa cosa mi stesse facendo male.
<< Ho sperato troppo nel tuo cuore di pietra. >> mi disse prima di andarsene.
Due secondi dopo sentii il tintinnio che provoca il tonfo delle chiavi nella bolla all’entrata e poi la porta sbattere.
Se ne era andato e la colpa era solo mia.
 
Non andai a lavoro il giorno dopo, ne la settimana seguente. Non chiamai nessuno e staccai il telefono e non aprii a nessuno che venne alla mia porta. Avevo chiuso a chiave e con il catenaccio una delle mie tante volte in cui ero andata in bagno a vomitare. A metà settimana Alice si era appostata alla porta per tutto il giorno, ma alla fine si era rassegnata andandosene, ma promettendomi che non avrebbe mollato. Rosalie ed Emmett avevano cercato di sfondare la porta, ma appena arrivata li l’avevo fatta mettere blindata. Mike aveva passato un’intera notte e cantarmi una canzone che molto spesso mi aveva cantato quando mi sentivo triste, ma non era servito a nulla.
Quella settimana non avevo mangiato nulla, mi ero concessa solo dell’acqua, ma le volte che avevo bevuto si potevano contare sulle dita di una mano.
Quando il lunedì dopo mi decisi a riprendere il lavoro, indossai un tailleur pantalone giacca nero ed una camicia dello stesso colore. Non mi truccai e legai i capelli in una coda di cavallo. Afferrai la mia ventiquattro ore e inforcando gli occhiali da sole che mi coprivano quasi l’intera faccia uscii in strada fermandomi un attimo disturbata dalla troppa luce dopo aver passato una settimana intera in casa a porte e finestre sprangate.
Quando arrivai in ufficio tutti si ammutolirono e si girarono verso di me squadrandomi da capo a piede. << Che cazzo avete da guardare? >> chiesi aggredendoli. << Tornate a lavorare! >> imposi e loro ritornarono, ma sempre lanciandomi qualche occhiata.
Prima di entrare in ufficio la mia segretaria mi fermò, mi porse dei fascicoli, centinai di post-it con messaggi di persone che mi avevano cercato in quei giorni.
<< Il capo la sta aspettando nel suo ufficio. >> mi disse.
Feci un grosso respiro e dopo aver posato le mie cosa in ufficio mi diressi all’ascensore che mi spedii direttamente all’ultimo piano. La segretaria di Carlisle appena mi vide, compose il numero e quando riattaccò mi fece cenno di entrare.
Carlisle mi stava aspettando alzato, mentre guardava lo skyline newyorkese dandomi le spalle. Mi schiarii la voce e lui si girò verso di me, rimase in silenzio ad osservarmi poi si avvicinò a me lentamente e quando mi fu a qualche centimetro mi abbracciò.
<< Come stai? >> mi chiese preoccupato.
Mi staccai da lui e mi ricomposi. << Niente abbracci né domande di questo genere, ti prego. Cosa volevi di preciso? >> chiesi con voce fredda, volevo andarmene da lì.
Lui mi scrutò un attimo e poi sospirò rassegnato. Si avvicinò alla scrivania, prese un fascicolo bello pieno e me lo porse.
<< Questo è l’intera vita della nostra filiale a Chicago. >>
Lo guardai sconvolta attraverso gli occhiali da sole. << Mi stai trasferendo? >>  chiesi stupita.
Lui scosse la testa. << In questa filiale c’è  qualche problema, entro una settimana dovrai trovare una soluzione e se sarà giusta o almeno accettabile, ti trasferirai. >> mi disse districando un po’  la matassa di dubbi e pensieri che avevo nella mente.
Guardai il fascicolo, quello poteva essere il mio nuovo inizio lontano da tutti e da lui. Era quello che mi serviva in quel momento e ci avrei messo tutta me stessa per riuscirci a costo di sacrificare tutto, ma ci sarei riuscita.
<< L’ho data anche ad Edward. Sarete in due, il primo che finirà se ne andrà. >> mi disse poi lasciandomi sconvolta.
Me ne andai da quell’ufficio senza salutare o altro. Avevo bisogno di assimilare la cosa e mi serviva del caffè visto che quella mattina non ne avevo preso neanche un goccio.
Quando arrivai alla macchinetta del caffè trovai l’ultima persona che avrei voluto vedere mentre parlava con alcuni stagisti.
Appena mi videro tutti, tranne lui che era girato di spalle, si ammutolirono. Edward sorpreso si girò verso la mia direzione e prima che potessimo scontrarci con gli sguardi, abbassai il mio e me ne andai.
Dovevo vincere quella gara perché se me ne fossi andata a Chicago le occasione di vederlo e di soffrire diminuivano drasticamente, ma se fossi rimasta a New York avrei rischiato di vederlo ogni volta che lui sarebbe tornato.
Dovevo vincere, dovevo salvarmi, dovevo smettere di soffrire.  

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Ragazze mi dispiace, ma devo andare e non ho neanche il tempo di correggere quindi sorvolate sugli orrori.
Vi adoro e adoro le vostre recensioni.
xoxo Alex.
vi penso sempre.

ps. non ho neanche il tempo di mettere la copertina.

Capitolo 24



Era notte fonda ed io continuavo a rigirarmi nel letto cercando di dormire, ma non ci riuscivo. Erano ormai due settimane che se ne era andata ed io avevo dormito si e no cinque ore in tutto ed ero davvero stanco e spossato. Ma più ero stanco e più il sonno ritardava come se non mi volesse concedere un po’ di pausa dal dolore che stavo provando. Bella andandosene mi aveva completamente messo fuori uso, ero perso ed inutile.
Per l’ennesima volta mi rigirai nel letto, guardai la sveglia digitale che segnava le tre e mezzo di notte e decisi di alzarmi visto che ormai era inutile perdere tempo in quel letto mi sarei messo a lavorare per il progetto ‘Chicago’.
Sapevo che quel progetto era stato affidato anche a lei e che era una specie di competizione a chi era più bravo. Bella dalla sua aveva il fatto che si trovava in quel campo da più tempo di me ed era davvero bravissima, ma io ero tenace e quando volevo qualcosa la ottenevo. Volevo andarmene da New York per non vederla più per non soffrire ancora e ancora.
Lavoravamo nello stesso palazzo, ma avevamo fatto una specie di tacito patto, dove c’era lei non c’ero io e viceversa. Cercavamo di non scontrarci nei corridoio né alla macchinetta del caffè come era successo qualche giorno prima. Cercavamo di presenziare alle cene con la mia famiglia in giorni diversi e di non scontrarci per caso da Alice o da Rose. Ma sapevo da fonti attendibili come mio fratello e Jasper che Bella raramente si faceva vedere, ormai si sentivano solo per telefono e neanche molto spesso. Era come se avesse tagliato i ponti con tutti per evitare cosa poi? Che qualcuno l’accusasse o che la compatisse? Aveva fatto tutto lei cosa voleva?
Lei mi aveva fatto illudere su una possibile famiglia insieme? Lei mi aveva lasciato così all’improvviso dicendo di non volere un bambino? E lei si permetteva di comportarsi in questo modo, da vittima?  
Mi stava davvero deludendo, si stava comportando come una ragazzina e non riuscivo a capire dove fosse finita la donna forte e indipendente che mi aveva fatto innamorare. Non lo sapevo e sinceramente in quel momento non mi interessava perché la delusione e la rabbia che provavo nei suoi confronti erano più forti dell’amore.
Mi recai nel mio studio e accesi la lampada e il computer, mi sarei messo a lavorare perché volevo vincere, me ne volevo andare da New York, me ne volevo andare via da lei.
 
Era domenica ed ero stato invitato a cena da Alice, prima di accettare mi ero informato se ci fosse Bella e lei mi aveva assicurato che era da tanto che non veniva e quindi potevo stare tranquillo. Prima di andare da lei passai ad una pasticceria per prendere un dolce, non l’avessi mai fatto.
Appena entrai una chioma castana mi attirò e subito pensai al peggio, ma poi quando si girò mi specchiai in due bellissimi e dolci occhi blu come il mare.
Mi sorrise. << Salve. >> mi salutò.
Mi schiarii la voce. << Salve a lei. >> la salutai educato.
Dopo mi resi conto che aveva una divisa e quindi lavorava lì dentro. Mi sorrise ancora e aveva un bellissimo sorriso e subito mi attirò.
<< Ha già in mente cosa prendere? >> mi chiese educatamente.
Guardai il bancone pieno di torte e dolcetti e sbuffai indeciso. Se adesso c’era Bella avrebbe sicuramente scelto qualcosa al cioccolato e con il diabete assicurato, ma lei non c’era e quindi era completamente spaesato.
<< No-non lo so. >> dissi sorridendo imbarazzato.
La ragazza annuì. << Si fida di me? >> mi chiese sorridendo e prendendo già un vassoio con una pinza.
Feci spallucce. << Cosa potrebbe succedermi? >> dissi e le diedi via libera.
Lei annuì ancora e cominciò a riempire il vassoio a modo suo e feci un grosso sospiro quando mi resi conto che stava scegliendo le stesse cose che avrebbe scelto lei.
La ragazza alzò lo sguardo. << Qualche problema? >>
Scossi la testa e poi sospirai ancora. << E’ esattamente quello che avrebbe scelto la mia ragazza se ci fosse stata. >> dissi rassegnato ormai.
Tutto quello che vedevo mi ricordava lei in un modo o nell’altro e la cosa stava cominciando a darmi i nervi e mio padre oltretutto aveva posticipato l’esposizione del progetto alla settimana successiva alla data prevista. Quindi per sapere se avevo vinto dovevo aspettare altro tempo ed intanto stavo rischiando di impazzire.
Alzai lo sguardo per specchiarmi di nuovo nell’ennesimo sguardo di pietà, ma stranamente lei mi stava guardando con lo stesso sguardo stanco che avevo io.
<< Ti capisco. Tutto il mondo ti ricorda lei, vero? >> mi chiese poi posando il vassoio e la pinza e cominciando a confezionarlo.
Annuii. << Ogni cosa. >> sospirai.
Lei annuì. << Ci sono passata e non è piacevole, quindi posso capirti. >> poi si fermò e mi guardò. << Posso dirti una cosa però… >>
Sbuffai. << Cosa? Che passerà? >> chiesto irritato.
Ormai ogni persona che mi conosceva e sapeva cosa era successo mi rifilava sempre la solita frase : ‘Passerà, vedrai’. 
Lei annuì. << Si, passerà.  Prima o poi anche le peggiori ferite si cicatrizzano. >> e poi ritornò come se niente fosse ad incartare il pacco.
Me lo porse e dopo aver pagato me ne andai. Non scambiai altre parole con quella ragazza perché ero ancora leggermente intontito dalle sue parole. Aveva ragione, prima o poi tutto passa, ma è il mentre che è doloroso.
 
Finalmente quel giorno c’era l’esposizione dei nostri progetti ed io ero un fascio di nervi anche perché dopo tre settimane dalla nostra rottura quella era la prima volta che ci vedevamo e non sapevo come avrei reagito. Dalle voci che sentivo in giro Bella era diventata una belva, peggio di quanto ricordavo e molti ragazzi avevano deciso di passare sotto le ali ignoranti di Jacob pur di non stare con lei. Quindi la situazione era critica. Da fonti più attendibili, come le pettegole del palazzo inclusa la sua segretaria avevo appurato che era dimagrita parecchio e che portava perennemente un paio di occhiali da sole grandi da coprirle quasi tutta la faccia. Quindi non se la stava passando bene neanche lei, quindi mi chiedevo. Perché? Perché si stava facendo così del male?
Il primo ad entrare nell’ufficio di mio padre ero io quindi appena mi chiamò entrai anche perché avevo sentito dei passi per il corridoio e volevo ritardare l’incontro ancora di qualche minuto.
Appena entrai mio padre mi trattò come un qualsiasi dipendente e mi fece esporre la mia idea, mi pareva abbastanza soddisfatto e sperai ardentemente che fosse così. Stavo mettendo in ordine i fogli e altre cose che mi erano servite per la presentazione quando mio padre mi si avvicinò.
<< Come stai, figliolo? >> mi chiese preoccupato.
Feci spallucce. << Meglio di ieri, peggio di domani. >> dissi criptico e lui non mi chiese nient’altro anche perché se avessi voluto parlare delle mie pene lo avrei chiamato nei giorni passati e mi sarei sfogato.
Ma non lo avevo fatto, non l’avevo fatto con nessuno, volevo soffrire da solo ed in silenzio.
Prima di uscire feci un grosso respiro e mi preparai al nostro incontro. Quando uscii fuori la trovai seduta sulla sedia con il capo chino su delle carte, molto probabilmente il discorso della sua presentazione.
Mi schiarii la voce e lei alzò lentamente lo sguardo, anche lei non voleva vedermi. Ci guardammo per qualche secondo,  senza dire una parola solo guardando cosa eravamo diventati dopo la rottura. Era davvero dimagrita e non di poco, mi sembrava quasi che si spezzasse sui tacchi altro e oltretutto a rendere la cosa più terrificante era il completo nero che aveva indosso e la cosa di cavallo che mai le avevo visto perché la odiava.
Ma cosa sei diventata? Avrei voluto chiederle, ma rimasi in silenzio.
Feci un cenno verso l’ufficio di mio padre. << Ti sta aspettando. >> le dissi.
Lei annuì prese la sua ventiquattrore ed entrò senza fami nessun cenno e senza dirmi nulla. Di cosa aveva paura? Che le dicessi qualcosa? Che la insultassi?
Non avevo più la forza di fare nulla figurarsi inveire contro di lei per avermi lasciato solo come un cane dopo che ci eravamo promessi di non lasciarmi mai e di amarci sempre.
Mi accomodai sulla poltroncina e aspettai che finisse per poi entrare e sapere il verdetto. Bella rimase nello studio per un’ora quasi e quando uscì stava leggermente tremando e respirava a fatica.
Subito mi avvicinai a lei, ma prima che potessi dirle o fare qualcosa si scansò da me. << N-no… ehm… con-congratulazione. >> mi disse poi senza alzare lo sguardo.
La guardai confuso. << Cosa? >>
Lei scosse la testa e a passo svelto se ne andò, ma non mi sfuggirono i suoi singhiozzi. Rimasi un attimo immobile a cercare di capire cosa fosse successo, poi entrai nell’ufficio di mio padre e lo trovai con il viso affranto mentre guardava la porta.
<< Cosa è successo? >>
Scosse la testa. << Non l’ho mai vista così, non credevo… è stato orribile. >> disse senza farmi capire nulla.
Sbuffai. << Cosa, papà? Cosa è stato orribile? >> chiesi sempre più preoccupato.
<< Ha incominciato ad espormi la sua idea, ma si è bloccata ad un certo punto e le è venuta una crisi di panico. Non ha più detto una parola ed è scappata via dicendo che non ce la faceva e che avrei fatto meglio a offrire a te il posto. >> mi guardò poi. << Fa qualcosa, Edward. >> mi implorò poi.
Cosa avrei dovuto fare? Avrei dovuto lasciarla andare e farla soffrire come aveva fatto soffrire me?
No, non lo feci. Cominciai a correre per i corridoi sperando di raggiungerla, ma non la trovai da nessuna parte. Era come sparita nel nulla così decisi di andare a casa e vedere se c’era, ma di lei nessuna traccia neanche lì. Chiamai Alice, poi Rose anche Mike, ma nessuno mi seppe dire niente e non ottenni altro che far preoccupare anche loro. Provai a chiamarla sul cellulare, ma era spento. Era sparita ed io mi sentivo morire dentro al pensiero che potesse succederle qualcosa.
Quando quella sera tornai a casa dopo aver passato la giornata a cercarla e guardare il cellulare ogni secondo per vedere se c’era qualche telefonata che mi dicesse che stava bene e che non mi dovevo preoccupare, mi sento a pezzi e stanco come non mai. Quella sera dormii per qualche ora in più, ma lo squillo del telefono mi svegliò verso le due di notte. Subito mi alzai di scatto per rispondere, magari era lei che mi diceva che stava bene.
La segreteria telefonica scattò e la sua voce si sparse per l’appartamento: ‘Non alzare la cornetta, ti prego. So che se ti sentissi tutto il coraggio che ho racimolato per questa telefonata sparirà e farò scena muta riattaccando. Volevo dirti che sto bene e che non devi preoccuparti, anche se per come ti ho trattato non dovresti farlo a priori. Sto bene, ma mi sono presa qualche giorno per me, sono fuori città. Non telefonarmi e non cercarmi, quindi smettila di chiamare tutti. Un’ultima cosa… congratulazioni per Chicago. Ciao Edward, abbi cura di te’ 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Salve angeli miei, questa è l'ennesima settimana che posto, ma non rispondo alle vostre recenzioni e mi sento uno schifo.
A casa non ho ancora la linea e quando riesco a trovare qualcuno che mi fa appoggiare posso stare solo qualche secondo e mi dispiace davvero tanto perchè voi scrivete ed io non vi ripago con nulla.
Cmq in questi giorni mentre ero immersa sotto la doccia ho pensanto: 'Vorrei tanto incontrare i miei angeli'.
E' vero ragazze vorrei tanto incontrarvi e parlare con voi apertamente senza nessuna pagina a separarci. Sarebbe bello, no?
Cmq un'altra cosa prima che me ne vado.... Avete già i biglietti per BD? Io si, già da una settima e non vedo l'ora di andare, questa attesa mi sta logorando dentro.
Vabbè basta adesso, vi lascio alla lettura....
Nono, aspettate ho dimenticato una cosa.... questa capitolo che leggerete è il penultimo, poi ci sarà l'ultimo ed infine l'epilogo.
Buona lettura, vi adoro sempre di più.
xoxo Alex



   

CAPITOLO 25

   


 

Un insolente raggio di sole mi svegliò dal mio tepore, un tepore che avevo faticato ad ottenere. Ero stata costretta a prendere un sonnifero per riuscire a dormire o almeno per riuscire ad annullarmi per qualche tempo, giusto per dimenticare la sensazione delle mani di Edward sulle mie braccia. Era stato un contatto fugace, ma era bastato a farmi dimenticare ogni cosa. Quando ero entrata nell’ufficio di Carlisle ero terrorizzata e non mi succedeva dai tempi del liceo, quando ero una cicciona sfigata. Avevo avuto un attacco di panico alla veneranda età di trent’anni e per cosa? Per un semplice contatto.
Mi girai dall’altra parte per cercare di dormire, ma un paio di occhi gialli mi scrutarono sospettosi. Sussultai allontanandomi per poi rilassarmi quando notai quella palla di pelo che non era altro che il gatto della mia ospite che mi aveva gentilmente ospitato nonostante per lei potessi rappresentare il nemico. Il gatto al mio movimento improvviso era scappato miagolando infastidito come se ne avesse il diritto. Ero io che ero stata terrorizzata non lui.
Poco dopo dalla porta entrò con un vassoio in mano la padrona della palla di pelo. Mi sorrise sollevata e potevo darle ragione, mi ero presentata alla sua porta in un aspetto davvero orrido e l’avevo terrorizzata.
Mi si avvicinò e appoggiò il vassoio sulle mie gambe. << Mangia prima qualcosa e poi parliamo. >> mi disse e dal suo tono di voce non ammetteva nessuna replica.
C’erano un paio di toast e un bicchiere di caffè fumante. Mangiai senza alcuna voglia e fame, ma se volevo che mi lasciasse in pace dovevo accontentarla. Per tutto il tempo che mangiai sentii i suoi occhi scrutarmi preoccupati, odiavo essere fissata, ma la lasciai fare in un certo senso glielo dovevo. Mi aveva ospitato senza esitazione e senza che l’avvisassi, era il minimo.
Quando finii di mangiare mi veniva quasi da vomitare, e mi distesi con la testa sul cuscino, poco dopo lei mi imitò.
<< Mi dici cosa è successo? >> mi chiese poi.
Sospirai. << Hai mai avuto la sensazione di fare a cazzata più grande della tua vita, ma che nonostante lo sapessi, hai continuato a farla? >> le chiesi senza guardarla.
Rimase in silenzio. << Lo faccio continuamente. >> mi disse ridacchiando.
Ma la cosa non mi divertii affatto. << L’ho lasciato… >> dissi e dopo aver preso un grosso respiro le raccontati tutto, da quando avevamo deciso di avere un bambino fino al giorno prima.
Mi ascoltò in silenzio senza mai dire nulla, senza mai interrompermi capendo che se lo avesse fatto mi sarei fermata lasciandomi travolgere dalla disperazione e dal pianto isterico che mi aveva accompagnato per tutto il viaggio in treno durato una notte intera. Non avevo preso l’aereo perché avevo bisogno di più tempo per riflettere, ma adesso a pensarci bene l’idea del treno era stata pessima. Avevo ottenuto solo un tremendo mal di schiena e occhiate di compassione da parte degli altri passeggeri.
Quando finii il racconto mi sentivo leggermente più leggera, quella specie di confessione mi aveva aiutato.
<< Da uno a dieci quanto ti ritieni stupida? >> mi chiese.
<< Molto più del dieci. >> commentai la sua uscita infelice.
La sentii girarsi verso di me. << Sai perfettamente che Edward avrebbe capito, perché te ne sei andata? Cos’è la tua? Un specie di autopunizione? >>
Ecco perché ero andata da lei. Se fossi andata da mio padre o da Alice o da qualcun altro mi avrebbero consolato dicendo che non era colpa mia e che tutto si sarebbe sistemato, ma lei no. Lei mi avrebbe messo di fronte alla realtà, cioè che ero stata davvero una stronza e che adesso meritavo tutta la quella sofferenza.
<< Hai fatto una grandissima cazzata, Bella, lo sai questo? E stai continuando a farla scappando dai tuoi problemi. Ti facevo una persona forte, indipendente e che non ha paura di nulla e adesso mi stai davvero deludendo, ma non è questo il problema. La persona che stai deludendo più di tutte in questo momento sei te stesse. >> si fermò un attimo poi sospirò forse notando che lacrime che silenziose mi stavano bagnando le guance. << Puoi restare qui tutto il tempo che vuoi, ma fatti un favore. Metti fine a tutta questa sofferenza, va da lui e digli quanto lo ami e quanto lasciarlo sia stata la cosa più difficile che hai fatto. >>
La sentii alzarsi dal letto, avvicinarsi all’armadio e prendere qualcosa. Poi si avvicinò alla porta, ma non se ne andò potevo capirlo nonostante non la stessi guardando.
<< Sei una brava persona Bella e ormai siamo amiche, ma prima di tutto sono la sua migliore amica quindi devo occuparmi principalmente di lui. Lo chiamerò dopo, non gli dirò niente, ma promettimi che farai in fretta. >> e se ne andò lasciandomi sola, dopo poco la sentii chiudersi alle sue spalle.
Irina aveva ragione, dovevo smetterla di fare la ragazzina e assumermi le mie responsabile. Ma come potevo fare quando mi ero difficile anche pronunciare il suo nome senza sentire una fitta allo stomaco?
 
Erano passati dei giorni da quella mattina, precisamente cinque e durante la notte qualcosa mi aveva fatto svegliare. Non era stato nessun rumore o movimento strano era stato qualcosa che avevo sentito dentro, una specie di pressione sullo stomaco. Mi alzai per dirigermi in cucina e poi sul piccolo terrazino per avere un po’ d’aria, ma  qualcosa attirò la mia attenzione. Una scritta rossa sul calendario che Irina aveva appeso al muro. Il quindici Maggio era cerchiato di rosso e c’era scritto ‘Edward’. Che significava non riuscivo a capire, ma qualcuno alle mie spalle mi tolse tutti i dubbi.
<< Domani sera Edward partirà per Chicago. >> mi disse Irina con la voce assonnata.
Era arrivato già momento? Il momento in qui Edward sarebbe uscito definitivamente dalla mia vita? Ero disposta ad accettare tutto questo, ad accettare la sua lontananza?
E immediatamente la consapevolezza che non potevo lasciarlo andare, che dovevo almeno provarci mi piombò addosso e immediatamente quel senso di oppressione che mi aveva svegliato ripiombò su di me e mi accasciai su me stessa stringendo una mano sul cuore.
Irina mi si avvicinò. << Ehi, tutto okey? >>
Scossi la testa e corsi in camera prendendo la borsa che avevo portato con me e riempendola. Irina mi raggiunse. << Che stai facendo? >>
Scossi la testa. << Chiama l’aeroporto e prenota un posto per il primo volo per New York. Vado a riprendermi il mio uomo. >> dissi dirigendomi in bagno e  spogliandomi per farmi una doccia.
Quando uscii sentii Irina parlare con qualcosa e discutere, così con ancora solo l’asciugamano addosso mi diressi in cucina dove Irina aveva appena riattaccato.
<< Che succede? >> chiesi preoccupata.
Mi guardò afflitta. << Il primo volo è solo domani a mezzogiorno. >>
Imprecai. << Adesso come faccio? >>
Irina scosse la testa, ma poi si illuminò e guardò l’orologio. << Potresti prendere di nuovo il treno potresti farcela per le quattro, cioè l’orario del volo di Edward. >>
Guardai anche io l’orologio e annuì convinta. << Prenoti il biglietto, mentre mi vesto? >>
Irina annuì ed io più tranquilla tornai in camera, dieci minuti dopo ero pronta e stavo aspettando Irina perché mi avrebbe accompagnata alla stazione con la macchina. Quando mi salutò mi fece promettere che avrei fatto di tutto per riprendermi Edward e mi disse che se fossi tornata di nuovo in lacrime da lei mi avrebbe tagliato la testa dandola in pasto al suo gatto. La cosa mi fece sorridere, il primo sorriso dopo molto tempo.
Quando salii sul treno e mi accomodai mi sentivo più leggera, mi sentivo sollevata perché sapevo che Edward mi amava e che mi avrebbe perdonato per la grandissima cazzata che avevo fatto. Mi stavo perdonando io stessa, perché non avrebbe dovuto farlo Edward?
Nel vagone era sola ed era ancora buio visto che erano le cinque e mezzo, ma poi mi venne in mente che mio padre quella notte era di turno in caserma. Stavo per chiamarlo quando una bambina di appena tre anni forse con graziose treccine bionde e due occhioni blu mi si avvicinò succhiandosi il pollice e tenendo stretto al petto con il braccio destro un delfino di peluche morbido.
La guardai e sorrisi. << Ciao piccola. >>
Lei si tolse il dito dalla bocca e mi sorrise facendomi notare che le mancavano due dentini. Ridacchiai, era così buffa.
<< Ciao. >> mi salutò.
Poi cercò di sedere sulla poltrona blu del treno muovendo quel suo bellissimo sederino e lamentandosi perché non ce la faceva. Così mi sporsi verso di lei e l’aiutai a sedersi, poi mi accomodai di nuovo al mio posto.
<< Come ti chiami? >> le chiesi dolcemente.
Lei mi stava rispondendo, ma qualcun’alto disse il nome al posto suo. << Caroline! >>
Mi girai e vidi una ragazza, di appena trent’anni, ed era la copia spiccicata della bambina seduta di fronte a me.
La bimba sorrise imbarazzata. << Scusa, zia. >> disse e abbassò lo sguardo.
Avrei scommesso tutto il mio conto in banca che fosse la madre, invece era la zia. La ragazza si accomodò vicino alla bambina e posò la borsa a terra tra le sue gambe.
<< Quante volte ti ho detto che non mi devi lasciare? >> chiese la ragazza terrorizzata da chissà cosa.
La piccola fece spallucce e ritornò a succhiarsi il dito. Ridacchiai dal suo modo strafottente di fare, mi ricordava tanto me da piccola. La zia mi guardò e sorrise esasperata. << La scusi, è un monella questa bimba. >>
La ragazza girò il viso verso la bimba e la guardò con amore, quasi con venerazione, come avrebbe fatto una mamma. Quello sguardo mi fece sentire a disagio e in un certo senso malinconica, ma non mi seppi spiegare il perché.
Scossi la testa. << Non si preoccupi, non mi ha dato alcun fastidio. >>
La ragazza annuì e poi mi porse la mano. << Sono Matilde, piacere. >>
Le strinsi la mano. << Bella, molto lieta. >>
Rimanemmo in silenzio per un po’, lei immersa nei suoi pensieri ed io nei miei. Per spingere qualcuno a prendere il treno a quell’ora doveva essere qualcosa di grosso come nel mio caso e se poi centrava una bambina, qualcosa non andava.
<< Ce l’hai il fidanzato? >> chiese la bimba facendomi notare il leggero problema che aveva con la z.
La guardai e sorrisi malinconica. << Spero di si. >> dissi.
Matilde mi guardò in modo strano, ma non fece domande, era molto discreta e lo apprezzai.
Sorrisi poi alla piccola. << E tu, ce l’hai il fidanzato? >>
Lei annuì convinta. << Si chiamo Anthony. >>
Ridacchiai seguita dalla zia che la guardò sconvolta. << Ma sei troppo piccola. >> disse quasi scandalizzata.
Ridacchiai ancora di più e questa volta anche la bimba rise. Passammo ancora del tempo a parlare di questo fantomatico ragazzino, poi la bimba stanca crollò sulle gambe della zia.
Appena la piccola si addormentò, il viso di Matilde si incupì e delle silenziose lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi azzurri.
<< Ehi… >> le dissi toccandole il braccio.
Lei mi guardò mortificata. << Scusa, è che… non so se riesco a farcela. >> disse poi lasciando cadere altre lacrime.
Mi avvicinai a lei e la guardai sorridendole incoraggiante. << Non so cosa ti sia successo e non voglio saperlo se non vuoi dirmelo, ma posso dirti che tutto prima o poi passa. Più una cosa ti sembra impossibile, più è facile da superare. >> e le sorrisi ancora.
Lei annuì e tirò sul con il naso. << Ma io non so nulla, non so come si cresce una bambina. >>
<< Con amore, con tanto amore. >> le disse. << Non c’è un manuale dove ci sono scritti i passi per essere una buona madre, devi solo saperla amare e trattarla come la cosa più rara e preziosa esistente.  >>
Lei mi guardò sciugandosi le lacrime. << E’ fortunata tua figlia ad averti. >> mi disse poi sorridendo forse pensando di aver detto qualcosa di carino.
Non avevo una figlia perché ero stata tropo stupida , troppo tardi avevo capito di volerla una bambina e di volerla con lui. Adesso che vedevo Matilde guardarmi con quegli occhi pieni di gratitudine e osservando quel piccolo corpicino che dormiva, non mi sentii poi così sicura della risposa di Edward. Lo avevo deluso, gli avevo fatto credere di essere cambiata, gli avevo fatto credere che insieme avremmo creato il nostro futuro. E invece al primo dubbio avevo mollato tutto, come una vera codarda, come una ragazzina.
Non risposi al complimento di Matilde, né al suo sguardo. Mi appoggiai allo schienale della poltrona e guardai fuori al finestrino il paesaggio reso una massa informe di colori dalla troppa velocità del treno. Non fiatai per il resto del viaggio perché non mi fidavo della mia voce né della mia emotività leggermente in bilico su un burrone.
Quando arrivammo alla stazione di New York ero sola, perché Matilde e la piccola erano scese qualche fermata prima.  Erano le tre e mezzo, ero in ritardo e sperai di trovare un taxi e di non trovare traffico per le strade. Ebbi fortuna con il taxi, ma non con il traffico e dovevo prevederlo, neanche a notte fonda New York era calma.
Quando arrivai all’aeroporto erano le quattro e dieci e sperai che l’aereo avesse fatto ritardo così corsi fino al gate delle partenze per Chicago e non ci vidi nessuno, se ne era andato e con lui anche un pezzo di me.
<< B-bella? >> mi chiamò una voce e mi sentii morire.  

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Eccomiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!
Amori miei dopo quasi due mesi la linea è ritornata ed io posso fare tutto quello che cavolo mi pare senza dare conto a nessuno.
Allora.... oddio oddio oddio oddio.... avete visto Bd? Io si, due volte e tutte e due volte sono morta completamente.
Quel film è il più bello e il più completo in assoluto... è romantico, divertente, drammatico... è tutto.
Adoro Charlie con le sue battutine e ho adorato Bella in versione sexy ed Edward era così carino e spensierato mentre si è rotolato nel letto ridendo. Ah... basta adesso con gli spoiler, perchè forse qualcuno non lo ha visto ancora. Però vorrei dire solo una cosa: 'Se David Slade si mertiava una statua d'oro per il capolavore di Eclipse, Bill Condon si merita una scuola o un palazzo in suo onore'.
Un'alttimacosa: Che vi ricordaa questa bellissima canzone? http://www.youtube.com/watch?v=7ftCj_lYMAs&feature=related
Cmq adesso passiamo al capitolo... questo è l'ultimo capitolo, ragazze mie, e non sapete come mi dispiace. Perchè adoravo anche io questa storia burrascosa, ma tutto ha una sua fine.
Per i saluto ci penserò all'epilogo.
Buona lettura angeli.
xoxo Alex
ps. questa è la mia storia originale, mi farebbe piacere la leggeste http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=864887&i=1 


 


 

 

Capitolo 26


 

Era già una settimana che mi trovavo a Chicago e le cose nell’azienda procedevano a rilento, ma i dipendenti erano ben disposti a collaborare. C’era un grosso problema di organizzazione che aveva portato con il tempo alla perdita di clienti e quindi di soldi portandola quasi sull’orlo del fallimento ed io con l’aiuto di un equipe scelta da me personalmente stavo cercando di arginare il possibile e ci stavo riuscendo. Nell’equipe oltretutto avevo conosciuto una ragazza davvero carina e simpatica e il giorno precedente ci eravamo baciati non so neanche io come, ma mi ero ritrovato seduto sulla scrivania con lei tra le mie gambe mentre mi infilava la lingua in bocca. Subito dopo mi ero sentito uno schifo perché io sapevo perché mi piaceva e non era una cosa da esserne fieri. Mi piaceva perché le assomigliava, aveva gli stessi capelli e gli stessi tratti del viso ed io la stavo prendendo in giro.
Non vedevo Isabella da quella mattina nell’ufficio di mio padre e fino all’ultimo all’aeroporto avevo sperato di vederla arrivare di corsa con il fiatone e dirmi che mi amava e che aveva sbagliato e che non voleva perdermi. L’avrei accolta tra le mie braccia e stretta a me fino a farle mancare il respiro e le avrei detto che non era successo niente, che l’avevo perdonata e che non avevo mai smesso di amarla. Saremmo tornati a casa nostra e avremmo passato l’intero giorno e quelli a seguire a fare l’amore, a parlare, a coccolarci a recuperare tutto il tempo perso.
Ma non era venuta e tutti i miei sogni erano caduti sommersi dalla tristezza e dalla consapevolezza che mai più l’avrei vista e che mai più avrei potuto toccarla e stringerla a me come la notte nel nostro letto quando scavava letteralmente uno spazio tra le mie braccia e si stringeva a me per trovare calore.
<< Capo? >> qualcuno mi chiamò ed io distolsi lo sguardo dalla vetrata che dava sull’intera città.
Avevo scelto quell’ufficio perché mi dava l’impressione di essere nel mio ufficio a New York, ma la vista di quella città non era niente in confronto a quello della mia città.
Ad avermi chiamato era un ragazzo dello staff, uno dei più qualificati. Aveva più o meno la mia età e aveva preso il posto di dirigente fino al mio arrivo, ma questo non aveva creato nessun equivoco o disguido tra di noi. Si era comportato in modo professionale e mi aveva aiutato ad ambientarmi in quel nuovo mondo che non aveva nulla a che fare con il mondo di New York.
<< Cosa c’è? >> chiesi dandogli la mia completa attenzione.
<< Sono arrivati i dirigenti della Jonson. >> mi informò.
Annuii e gli dissi che subito sarei andato da loro. Quelli erano i dirigenti di una delle innumerevoli compagnia che avevo rintracciato per darci una mano a risollevare le sorti dell’azienda. Era da una settimana che andavo avanti così, tra appuntamenti e scartoffie. Era un vero inferno.
Presi tutte le carte e il mio Apple e mi diressi nell’aula riunione dove trovai la mia equipe e i tre dirigenti dell’azienda.
Mi accomodai a capo tavolo e sorrisi a tutti. << Innanzitutto vi ringrazio di essere qui e di avermi dato l’opportunità di spiegarmi. >>
Il più anziano annuì. << La reputazione di suo padre la precede, signor Cullen, non potevamo fare altro che accettare. >>
Annuii e dopo altri convenevoli cominciai ad elencare il mio piano e i benefici che avrebbero tratto in seguito loro e le altre aziende che ci avrebbero aiutati. Ero fiero del mio discorso e dalla mia idea e loro sembravano essere abbastanza interessati e questo non poteva che farmi piacere perché se la cosa non fosse andata in porto io sarei dovuto tornare a New York e lavorare con lei e non ne avevo la forza. Ero troppo innamorato di lei per stare al suo fianco senza sfiorarla o parlare come una volta.
<< Entro quanto tempo ci verrà restituito il prestito? >> chiese il più giovane, che poteva avere massimo quarant’anni.
Feci un cenno ad Anna, la ragazza che mi ricordava tanto lei, che consegnò ai dirigenti dei fogli con sopra dei grafici.
<< Avevamo previsto di restituire il tutto entro quattro anni. >> dissi semplicemente perché tutto quello che avevo da dire era segnato su quei fogli ed erano abbastanza esplicativi.
Rimasi in silenzio ad osservarli mentre si mettevano d’accordo e dopo minuti interminabili il più vecchio mi guardò. << Come ho detto ad inizio riunione, la reputazione di suo padre la precede e da come ho potuto vedere lei è la sua copia spiccicata. Ci vogliamo fidare di lei, signor Cullen. >> disse.
Annuii senza lasciar trasparire il mio compiacimento e la mia soddisfazione. << Non se ne pentirà, signor Jonson. >> disse con voce ferma.
La riunione durò un’altra ora in cui ci mettemmo d’accordo sul procedimento del pagamento e firmammo innumerevoli carte in cui si attestava il nuovo contratto di lavoro e le annesse clausole. Quando se ne andarono erano le tre ed avevo fame come anche la mia equipe così chiamammo il ristorante cinese che dopo una mezz’ora ci portò quello che avevamo ordinato.
<< Oh se non mangio subito, svengo. >> commentò Anna.
Mi rabbuiai, anche lei non mangiava e sveniva. Chissà se Bella aveva cominciato a mangiare e se si era ripresa, non mi faceva stare tranquillo il pensiero di lei a casa da sola con nessuno che la controllasse e che le ricordasse di mangiare o di prendersi cura di se stessa.
<< Ehi capo, ci sei? >> mi chiese un altro ragazzo.
Mi riscossi e lo guardai rendendomi conto che mi stavano guardando tutti e che era rimasto con le bacchette a mezz’aria e con lo sguardo perso nel vuoto.
Cercai di sorridere. << Si, eccomi. Cosa c’è? >> chiesi addentando i miei spaghetti.
<< Sei stato davvero bravo, prima. >> commentò Anna guardandomi con occhi sognanti.
Annuii. << So quello che faccio. >> e i ragazzi annuirono confermandolo.
Continuammo a mangiare e a chiacchierare ed evitai di perdermi nel vuoto, perché le voci che giravano sul mio conto e sulla mia precaria sanità mentale cominciavano a girare e volevo evitare di incrementarle.
Stavamo commentando la prossima riunione quando la mia segretaria, Julia ci interruppe. << Signor Cullen c’è una persona che la sta cercando. >>
Sbuffai. << Sono in pausa, Julia, dille di chiamare più tardi o domani mattina presto. >> e ritornai a guardare i ragazzi, ma la mia segretaria mi interruppe di nuovo.
<< Non è al telefono, è giù nell’atrio. >> disse ancora.
<< Le dica la stessa cosa. >> commentai stanco.
Julia annuì ed uscì fuori lasciandomi in pace. Non sopportavo le persone che pretendevano, molto probabilmente erano uno di quei ragazzi che cercavano lavoro o che avevano qualche problema con noi. Ma io non potevo occuparmi di tutto, ero umano, santo cielo, un po’ di rispetto.
I ragazzi mi stavano esponendo il programma per la serata, volevano uscire e mi avevano chiesto di unirmi a loro. Lo avevano fatto molte volte da quando mi ero trasferito, ma avevo detto sempre di no, non me la sentivo, non ero nel pieno delle forze per divertirmi.
<< Allora, capo, ci sei stasera? >> mi chiese Jeff.
Mi girai verso di loro. << Dove andate? >>
<< Un pizza e poi in qualche locale a bere qualcosa. >> continuò Donald.
<< Non lo so, io… >> ma qualcosa che si disperse nell’aria mi fece zittire.

http://www.youtube.com/watch?v=4D_I6WASSf4&feature=related
  (sentitela mentre leggete)

La dolce melodia della nostra canzone si sparse per la sala e dai commenti proveniente da fuori la porta, doveva sentirsi anche lì. Mi irrigidii immediatamente e la mia mente cominciò a fare mille congetture, ma il mio cuore non voleva credere a nessuna di queste per non rimanerci a pezzi scoprendo che non era nulla.
Ma la sensazione che avevo era troppo forte da ignorare così in poche falcare arrivai alla porta e la spalancai trovandomi la maggior parte dei dipendenti di quel piano e non affacciati alle loro porte che guardavano un punto preciso davanti a loro.
Seguii lo sguardo e quando la vidi il mio cuore cominciò a battere più forte e il mio sangue scorrere più velocemente nelle vene.
<< Chi cavolo è? >> chiese uno.
<< Bho, chi cerca? >> domandò l’altro.
Uscii definitivamente dalla porta e mi feci largo tra i miei dipendenti fino ad arrivare a qualche metro da lei che mi stava guardando con gli occhi lucidi.
Aveva un vestitino nero ad una spallina che scendeva dolcemente sulle sue curve fino a fermarsi sopra il ginocchio e al piede un paio di sandali viola. I capelli erano lasciati sciolti sulle spalle morbidi e lucenti e sul viso aveva un leggero strato di trucco. Era bellissima ed era lì davanti ai miei occhi.
Feci un passo verso di lei, ma mi bloccò. << No, fermo lì. >> mi impose. << Se ti avvicini non riuscirò a dire nulla. >>
Annuii, non dicendo nulla anzi facendo un passo indietro. Potevo sentire gli occhi di tutti i dipendenti puntati su quella scena, ma non importava, Bella era lì davanti a me e stava per dirmi qualcosa, qualcosa che forse mi avrebbe cambiato la vita un vita che forse avrei vissuto con lei.
Fece un grosso respiro e cominciò a parlare. << Non ho mai fatto una cosa del genere perché sono sempre stato il tipo di persona che non dice quello che prova e lo sai benissimo.  Ma proprio questo mio modo di fare ti ha allontanato da me. Fin dall’inizio della nostra storia tu sei sempre stato quello che ci metteva di più in tutto, di più nel prenderti cura di me, di più nell’amarmi, di più in tutto. Io no, non ci sono mai riuscita perché avevo sempre paura di scottarmi, di perderti. Avevo la costante e fottutissima paura che tu mi lasciassi, ma alla fine l’ho fatto io e ho mandato tutto a puttane.  >> si fermò un attimo e mi guardò negli occhi. << Ti ho lasciato senza darti spiegazioni, perché non ne avevo neanche io. Non lo so perché l’ho fatto, e non lo so perché ho continuato ad ignorare quel dolore lancinante al petto quel vuoto allo stomaco per settimane. Non lo so perché ho continuato a mentire a me stessa dicendomi che ti avrei dimenticato, che tutto sarebbe passato. Ma non passava, cazzo, più passavano i giorni e più il dolore cresceva mozzandomi il fiato e impedendomi di vivere. Sono andata via da New York per dimenticarti, ma neanche lì ci sono riuscita. Mi ero detto che una volta che tu fossi partito per Chicago tutto sarebbe passato e che molto presto avrei trovato qualcun altro, ma anche lì mi sono sbagliata. Perché sai cosa, Edward? La mancanza di una persona non ti passa se sei profondamente, fottutamente e irreparabilmente innamorata di lei. >> si fermò ancora e riprese fiato.
Sapevo quanto le costasse dire quello che stava dicendo, perché come aveva detto lei non era il tipo da esprimere i suoi sentimenti. Avrei voluto fermarla, dirle che andava tutto bene e che poteva stare zitta perché l’unica cosa che voleva era stringerla a me e baciarla. Ma mi aveva detto di stare zitto e poi volevo prendermi almeno una vittoria e quella era senz’altro la più piacevole.
<< Ti ho detto che non volevo bambini che non ero pronta, ma mentivo. Perché io lo volevo un bambino, ma non so perché ti ho detto così. Ero così felice quando avevamo deciso di averlo, ma qualcosa mi ha bloccato. Per l’ennesima volta la paura mi aveva frenato, mi aveva preso in giro. Mi aveva fatto credere di non volerne, di non essere capace di crescerne uno e di non essere capace di amarti anche dopo. >> man mano che parlava si avvicinava a me e il mio cuore batteva sempre più velocemente.
<< Sono venuta all’aeroporto quando sei partito, ma non ho fatto in tempo. Sono arrivata troppo tardi e pensavo di essere arrivata tardi in tutto, ma poi lì ho incontrato Alice che mi ha fatto capire che non è mai troppo tardi. Che non è mai troppo tardi per dire alla persona che ami ‘Ti amo e non posso stare senza di te’; non è mai troppo tardi per dire ‘Mi dispiace ho fatto una cazzata, perdonami’; non è mai troppo tardi per nulla. >> ormai a separarci non era neanche un metro. << Ho messo una settimana per venire qui, ho messo un’intera settimana per perdonare me stessa e per capire cosa dirti. L’ho capito, ma nulla di quello che mi ero preparata è uscito fuori qui oggi, perché appena ti ho visto sapevo già cosa dirti. >>
Rimase in silenzio ed io trattenni il respiro quando la vidi inginocchiarsi davanti a me porgermi un scatoletta blu. Sapevo cosa stava per fare, ma non volevo crederci.
<< Edward Cullen prometto di non scappare più, di non chiudermi in me stessa quando ho un problema e di parlarne con te, prometto di starti accanto e prendermi cura di te e di noi. Prometto di non farti soffrire più e di abbracciarti quando ne hai bisogno, prometto di non farti saltare i nervi e di comportarmi bene. Infine,  prometto di amarti sempre e comunque e di credere in noi anche quando l’unica cosa da fare è mollare. >> si fermò prese un grosso respiro e aprì la scatoletta di velluto e sopra la seta c’erano appoggiati due gemelli d’oro bianco. << Edward Cullen mi concederesti lo straordinario onore di diventare mio marito? >> mi chiese con voce spezzata dall’emozione.
Ero come pietrificato, non mi aspettavo una cosa del genere e la nostra canzone di sottofondo non aiutava per niente il mio stato emotivo. Seppi di trattenere il respiro quando la testa cominciò a girarmi e cominciai a respirare regolarmente.
Afferrai la scatoletta e la chiusi, poi presi la sua mano e l’aiutai ad alzarla. La guardai intensamente negli occhi senza mai lasciare la sua mano, mi beai dei suoi bellissimi occhi lucidi, delle sue guance rosse per l’imbarazzo e del suo labbra che si martoriava tra i denti. Era la donna più bella del mondo e mi aveva appena chiesto di sposarla.
<< Avanti, capo, rispondi. >> mi sussurrò qualcuno incitandomi.
Alzai la mano e le accarezzai la guancia, la osservai chiudere gli occhi e appoggiarsi al palmo beandosi del contatto.
<< Solo se mi darai la possibilità di farti una proposta come si deve, perché oggi hai minato profondamente la mia virilità. >> le sussurrai.
Lei sgranò gli occhi e rise e pianse. Ed io l’abbracciai, ispirando il suo profumo e stringendo il suo esile corpo che mi era tanto mancato. Sentii uno scoscio di applausi e urla di incoraggiamento, ma non mi importava, l’unica cosa che aveva senso era Isabella stretta tra le mie braccia mentre singhiozzava felice.
<< Mi sei mancato tanto. >> mi sussurrò.
<< Anche tu, amore mio, anche tu. >> la scostai da me quel tanto per permettere alle mie labbra di toccare le sue.
Ci scambiammo un bacio, dolce e passionale, voluto e desiderato, un bacio che avevo sognato tanto in quelle settimane, un bacio che non aveva niente a che vedere con la mia fantasia. Un bacio che sapeva di noi, della nostra vita e del nostro amore.
Quando ci staccammo la guardai negli occhi e sapevo che erano specchio dei miei. Lucidi, felici e innamorati.
<< Ti amo. >> un sussurro pieno di amore e desiderio.
Mi sorrise dolcemente. << Ti amo. >> e ritornammo a baciarci.  


vestito Bella     scarpe         gemelli



 

Cmq ad 

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Capitolo 27
*** Epilogo ***


Ci vediamo giù

 




Epilogo




 

Era ormai il tramonto e loro stavano guardando quei due ragazzi che due espressioni più differenti non potevano avere sul loro viso. La ragazza aveva il viso sognante e gli occhi lucidi e stringeva le mani a mò di preghiera, il ragazzo era annoiato con la testa appoggiata sulla mano sinistra e le gambe accavallate.
<< Tre mesi dopo ci siamo sposati e sei mesi dopo il matrimonio sei nato tu. >> disse la madre indicando il ragazzo.
Il ragazzo sentendo quella cosa si rianimò e guardò il padre malizioso. << Ci hai dato dentro, eh, Cullen? >>
Edward alzò gli occhi al cielo e guardò suo figlio. Era un adolescente di diciotto anni ed era ormai da un pezzo nel pieno della ribellione, ma comunque lui era sempre stato abbastanza testa dura da fronteggiarlo senza mai lasciarsi coinvolgere come succedeva a sua moglie che cedeva al minimo accenno di occhi da cucciolo.
Suo figlio si chiamava Trey ed era un bellissimo ragazzo. Capelli color bronzo come il padre e gli  occhi color cioccolato come la madre, viso squadrato e zigomi alti. Era più o meno alto uno e ottantasette, grazie al basket, aveva il corpo scolpito e uno stuolo di ragazzine che gli correva dietro anche perché a mettercisi era la sua aria da bello e dannato. Era la copia spiccicata di suo padre quando era adolescente, menefreghista e sciupafemmine.
<< Si, ci ho dato dentro. >> disse Edward vantandosi e strinse la mano che gli offriva suo figlio per congratularsi. 
La ragazzina guardò indignata suo fratello. << Pensi solo a quello? E’ stata una storia bellissima e tu hai capito solo quello. >> poi si girò verso i suoi genitori. << Sicuri che sia mio fratello, questo troglodita? >>
Bella ridacchiò. << Si, tesoro, è tuo fratello. >>
Jordin sbuffò e si lasciò andare sul divano. Jordin aveva sedici anni ed era una vera bellezza, aveva lunghi capelli castani e occhi di un verde speranza costantemente ospiti di una scintilla di curiosità che le aveva trasmesso sua madre fin dai primi tempi. Era alta quanto bastava per la sua età e aveva il corpo fatto a posta per la danza classica che praticava da quando aveva cinque anni ed era una delle più brave del suo corso. Tanto che aveva vinto una borsa di studio per andare a studiare alla Julliard, una delle scuole più famose in quel campo.
Era bravissima, si, era bellissima, su questo non c’erano dubbi, ma non aveva mai usato queste sue qualità. Era umile e modesta e questo le aveva dato l’opportunità di crearsi un folto seguito di amici che l’adoravano come lei adorava loro.
Trey guardò sua sorella e sbuffò. << Femminuccia. >> commentò.
Jordin lo guardò inarcando un sopracciglio. << Sono una donna, Trey. >> gli fece notare.
Bella alzò gli occhi al cielo guardando i suoi figli discutere ancora. Non facevano altro quando si trovavano nella stessa stanza o nella stessa casa, ma in fondo si adoravano. Quando Trey usciva, al ritorno le portava sempre qualcosa che poteva essere un ciondolo vicino alle chiavi o magari un semplice cornetto al cioccolato i suoi preferiti. Lo faceva di nascosto posandoli sulla tavola, ma Jordin sapeva, lo aveva sempre saputo e per ringraziarlo gli faceva sempre trovare due cioccolatini sul cuscino la sera. Era così che si dicevano ‘Ti voglio bene’.
Edward sbuffò. << Okey, basta, adesso andate. >> li liquidò stanco di quel battibecco.
Trey ringraziando tutti i santi si alzò dal divano e fece per correre su, ma sua sorella lo bloccò.
<< Che c’è? >> chiese scocciato con già un piede sul primo gradino delle scale.
Jordin abbassò lo sguardo dispiaciuta e suo fratello sospirò avvicinandosi a lei e alzandole il viso. Poi le sorrise << Che c’è, mostriciattolo? >> chiese con voce più morbida.
Jordin sorrise. << Mi porteresti con te? >>
Trey la guardò strano. << Ma è una partita di basket tra amici, ti annoieresti. >>
Jordin fece spallucce. << Non è vero, dai posso? >>
Trey la guardò un attimo poi sospirò. << Ti do cinque minuti, stronzetta. >>
Jordin sorrise contenta e si sporse verso la sua guancia dove ci posò un bacio, poi scappò sopra lasciando suo fratello piacevolmente sconvolto. Poi sorrise scuotendo la testa e salì sopra con più calma.
Bella osservò la scena con uno sguardo tenero mentre si stringeva a suo marito. Edward guardò la scena sconvolto perché non aveva mai visto i suoi figli parlare civilmente e sorridersi anche, senza poi contare il bacio di ringraziamento di Jordin. Il mondo stava per cambiare ed era meglio costruire un bunker per ripararsi.
Cinque minuti dopo la casa era vuota e loro era ancora seduti sul divano abbracciati, in silenzio.
<< Siamo soli. >> le sussurrò Edward all’orecchio.
Bella ridacchiò e si accomodò a cavalcioni sulle sue gambe. << Lo so. >> e lo baciò.
Edward rispose al bacio con entusiasmo e con altrettanto entusiasmo spogliò sua moglie assaporandola, baciandola e leccandola beandosi dei suoi sospiri e dei suoi gemiti che per lui erano il suo più bello ed eccitante.
Mentre le baciava il seno sua moglie si muoveva impercettibilmente su di lui strusciandosi sulla sua erezione già dura e pulsante.
<< A-andiamo…. sopra…. >> gli disse sua moglie tra i sospiri.
Edward scosse la testa. << Le scale sono troppe ed io ho problemi alla schiena. >>
Bella si bloccò e lo guardò sconvolta. << Non c’era modo migliore per freddarmi. >>
Edward ridacchiò, ma poi con la mano arrivò tra le gambe della moglie e l’accarezzò facendola sussultare. << Sicura? >>
Bella scosse la testa e si lasciò andare a quelle carezze. Finirono di spogliarsi e si ritrovarono sul tappeto a terra mentre si baciavano e si toccavano.
<< Come è possibile volerti ancora così intensamente dopo tutto questo tempo? >> le chiese Edward mentre le baciava il collo.
Bella scosse la testa. << Smettila di parlare e fai il tuo dovere. >> gli impose.
Edward ridacchiò e con le labbra cominciò a scendere, sul seno, sul ventre morbido e suoi fianchi rotondetti. Aveva avuto due bambini, e il suo corpo aveva ceduto di qualche centimetro, ma era sempre bella e sexy forse ancora di più. Alla fine Edward immerse il viso tra le gambe di sua moglie e fece il suo dovere fino a che sua moglie non esplose urlando il suo nome. Ma prima che tutto quel piacere finisse, Edward si alzò e la penetrò senza darle un po’ di tregua. Ormai Bella stava urlando e implorando di smetterla, perché ormai la soglia tra piacere e dolore era minima.
Quando Edward venne e sua moglie ebbe un po’ di pace dal quell’ intenso piacere, si accasciarono abbracciati e ansanti.
<< Oh signore… >> sussurrò Bella sventolando la mano per darsi un po’ di refrigerio.
Edward ridacchiò. << Già. >> poi la strinse a se.
Bella si lasciò coccolare. << Certo che per essere un vecchietto ci sai fare. >>
Edward la scostò da lei e la guardò indignato. << Io sarei un vecchietto? >>
Bella ridacchiò e annuì. << Un gran bel vecchietto, però. >>
Edward sbuffò e si scostò da lei girandosi e dandole le spalle. Bella ridacchiò e si strinse a lui. << Non fare l’offeso. >>
<< Mi hai dato del vecchio. >> commentò acido.
Bella sorride divertita. << E’ un dato di fatto, amore. Hai quarantotto anni e per quanto tu possa portarteli bene, sei sempre e comunque sotto i cinquanta. >>
Edward sbuffò ancora, ma poi si girò verso sua moglie e l’abbracciò coccolandola e Bella si lasciò stringere perché non c’era posto migliore, non c’era posto più pieno di amore come le braccia di suo marito.
<< Ti amo. >> gli disse dandogli un bacio sul collo.
<< Anche io ti amo, come il primo giorno. >> le rispose lui.
<< Come il primo giorno. >> sussurrò continuando a farsi stringere
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Adesso a noi....

Ho già messo fine ad altre storie, quindi dovrei essere abituata, ma non è così.
Riesco ad inventare trame dal nulla e scrivere storie, ma non riesco a scrivervi due paroline.
Ho sempre avuto questo problema, anche il mio ragazzo ne risente, mi considera una senza creatività.
Ma devo comunque scrivervi qualcosa quindi…
Ogni storia che ho scritto è stata importante per me, ma ce ne sono alcune che mi hanno dato più soddisfazione. Questa ne è una.
Non so come mi sia uscita questa storia, forse in una delle mie docce o per strada durante la pioggia. Dovete sapere che le migliori idee mi vengono con l’acqua e come ho già scritto in un’introduzione di ‘Scambio di coppia’: ‘l’acqua mi apre la mente’
In questa storia ho cercato di scostarmi completamente dai personaggi dipinti dalla Mayer.
Ho creato una Bella forte, indipendente e che sapeva il fatto suo perché ero stufa della Bella timida, ingenua e impacciata.
Ce l’ha descritta già così zia Steph, perché continuare?
Per Edward però  stato un po’ più difficile perchè per quanto potessi allontanarmi dalla visione dell’ Edward della Mayer, la sua riflessività e la sua tendenza ad annullarsi per la persona che ama era sempre lì.
Non sapevo come dipingerlo, ma alla fine ho deciso di lasciarlo così, di lasciare che la storia e le parole che scrivevo lo descrivessero e modellassero.
Per raggiungere il loro obiettivo i miei personaggi ne hanno passate tante, hanno pianto, sofferto, riso, ma alla fine si sono ritrovati è la cosa importante è questa.
Posso dire anche io di aver raggiunto il mio obiettivo….
Mi sono fatta conoscere, ho fatto conoscere quello che c’è nella mia testa, mi sono fatta amare spero.
Ma ho avuto anche la possibilità di conoscere voi, di conoscere cosa ne pensavate delle mie parole.
Ho imparato che la maggior parte di voi ha un lato ninfomane e pervertito come il mio;
ho imparato a conoscere quella parte intuitiva che avete;
ho imparato a decifrare le vostre parole e a capire quando cercavate di dirmi qualcosa; ho imparato e basta.
Mi sono affezionata a voi, con voi mi sono fatta le migliori risate e le migliori chiacchiere.
Siete state un’ottima compagnia in tutti questi mesi di questa storia.
Questo non è un addio perché continuerò a scrivere, continuerò a sperare in una vostra parolina o ad una vostra battuta.
Questo è un arrivederci, arrivederci alla prossima storia.
Grazie di esserci sempre state,
Mary. 


 

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